1 minute read

Dislivelli

Ricerca e comunicazione sulla montagna

La Narrazione

Advertisement

un ruolo non irrilevante (come nel caso dei cosiddetti “montanari per necessità” e “montanari per forza”), in relazione complessa con altri fattori (culturali, economici, di mobilità e, oggi, legati anche alla pandemia)

Queste nuove forme di migrazione e di mobilità residenziale interessano in larga parte territori colpiti da decenni di spopolamento e invecchiamento della popolazione residente rimasta, fenomeno che ne ha indebolito drammaticamente la struttura socio-demografica, l’economia e conseguentemente la capacità di cura e manutenzione di paesaggi fortemente antropizzati. Le aree interne e montane del Paese sono dunque per la maggioranza divenute territori fragili, oggi ancora più esposti a molteplici rischi (frane, incendi, siccità…), in relazione al crescente manifestarsi di eventi estremi collegati al cambiamento climatico. Secondo l’ISPRA, ben il 91% dei comuni italiani è infatti soggetto a dissesto idrogeologico (dati al 2017) ed oltre 3 milioni di nuclei familiari vivono in queste aree ad alta vulnerabilità. Complessivamente, il 16,6% del territorio nazionale (50.000 km2) è mappato nelle classi a maggiore pericolosità per frane e alluvioni. Consideriamo poi che la nostra penisola si colloca in un’area mediterranea,che si configura come un hotspot del cambiamento climatico: sempre secondo i dati di ISPRA, dal 2010 al 2018 sono stati 198 i comuni italiani - in grandissima parte in aree interne e montane - colpiti da eventi climatici disastrosi, con 157 vittime e oltre 45.000 sfollati a causa del maltempo; considerando invece le aree urbano-metropolitane, essenzialmente di pianura o costiere, tra il 2005 e il 20016 si sono contati oltre 4.000 decessi, in 23 città, collegabili a ondate di calore. Dunque le migrazioni interne al Paese, sia a livello attuale sia previsionale, interessano in modo crescente la relazione tra aree urbano-metropolitane e aree interne/montane, evidenziando da un lato le molteplici opportunità ad esse collegate rispetto alla resilienza e a un nuovo sviluppo dei territori marginalizzati (a partire da micro-imprenditorialità, cura del territorio e dei beni comuni, innovazione sociale, ecc., innescate dal neo popolamento), ma d’altro canto anche i rischi, dovuti al loro possibile impatto critico rispetto ad ecosistemi e comunità fragili, sotto diverse angolazioni, e nei quali gli effetti del climate change possono tradursi in minacce crescenti per gli abitanti storici e neo insediati.

Sulla base di queste analisi (e considerati i dati di una precedente indagine, condotta da GSSI e IOM lo scorso biennio negli Appennini meridionali), è stato concepito e avviato a gennaio 2023 MICLIMI (Migrazioni Climatiche e Mobilitià Interna nella Metromontagna padana); il progetto, finanziato da Fondazione CARIPLO, è promosso dalla neonata associazione EU.Cli.Pa.it APS (European Climate Pact Italy), che riunisce un gruppo di “amba-