1 minute read

Dislivelli

Ricerca e comunicazione sulla montagna

La Narrazione

Advertisement

qualcuno si fosse premurato di andare a controllare i dati statistici la risposta alla domanda sarebbe stata, già nel 1962: “impiantare una stazione sciistica in questa zona sarà nel tempo assolutamente insostenibile”. E infatti “la Battaglia” comincia quasi subito e si combatte tutta attorno a un’illusione che contiene una pretesa identitaria che si scontra con pratiche e azioni che nulla hanno a che fare con la nostra identità, con un ambiente estremamente fragile che mal si concilia con una pressione antropica che per forza di cose si concentra in un periodo brevissimo dell’anno, con una realtà amministrativa che non possiede risorse culturali ed economiche per stare dietro ad una realtà esotica e alloctona come quella di una stazione sciistica. Dopo i primi anni in cui la stazione comincia ad assumere la sua forma, anche nello stile architettonico, di un pezzo di Trentino misteriosamente atterrato in Sicilia e sembra volere e potere decollare, cominciano le difficoltà. Ricordo personalmente, già più di trenta anni fa, accese riunioni in cui arrabbiatissimi amministratori locali chiedevano con urgenza azioni atte a favorire una più lunga permanenza del manto nevoso attraverso l’utilizzo dei cannoni sparaneve. Eravamo già negli anni novanta, quando, che piaccia o no, la Regione Sicilia aveva istituito il Parco regionale delle Madonie all’interno del quale il comprensorio ricadeva. Da quel momento in poi si attivano tutta una serie di scontri fra le amministrazioni competenti alla gestione degli impianti e società private che negli anni si sono alternate nel tentativo, appunto, di gestirli materialmente che hanno portato nel 2006 alla chiusura più che decennale degli impianti stessi. Poi nel 2017 la “riapertura” che metto fra virgolette perché in realtà è stata una lunga teoria di finte riaperture, riaperture ritardate, diatribe legali fra società gestore ed ex Provincia di Palermo. Quest’inverno la neve è arrivata a febbraio. Sono riusciti a riaprire gli impianti quindici giorni dopo, e dopo una settimana, grazie ad una sciroccata di febbraio, la neve era già andata via. La speranza a questo punto è legata alle improbabili nevicate di marzo.

E’ questa dunque la vocazione della mia terra? Sta in questo la nostra identità? E’ in questo che vogliamo investire risorse sempre più difficili da reperire per rivitalizzare il nostro entroterra? E’ questo che pensiamo di fare per promuovere luoghi di incredibile bellezza, significato, ricchezza di valori naturalistici e storici come il Parco delle Madonie e il Parco dell’Etna? Per vedere quello che questa idea di importazione ha prodotto negli anni basta fare un giro nelle zone circostanti il comprensorio madonita. Un’ecatombe di rifugi in stile svizzero e di alberghi dall’immane capacità ricettiva completamente abbandonati, realtà imprenditoriali che hanno creduto all’illusione (molto diffusa in Sicilia anche in ambito costiero dove la destagionalizzazione è più un esercizio retorico che un progetto