La pedagogia della lumaca

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leggendo Marina Zulian responsabile della BibliotecaRagazzi di BarchettaBlu

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Leggere, fare e raccontare Le mille possibilità di stare (bene) nella biblioteca di BarchettaBlu

Mi piace moltissimo l’espressione bisogna perdere tempo per guadagnarne. Spesso ho l’impressione che, soprattutto nel mondo adulto, ma anche con i bambini, si tenda a considerare tempo perso un tempo lento; invece, un tempo rallentato, è adatto a favorire lo sviluppo della creatività e dei naturali processi di apprendimento. A casa come a scuola i bambini hanno bisogno di rallentare i ritmi e di apprendere nel rispetto dei loro tempi. L’ascolto reciproco tra adulti e bambini è la base di una conoscenza serena e di una relazione positiva. E ciò necessita

di molto tempo. L’adulto legge una storia, il bambino commenta le situazioni; l’adulto propone una attività creativa e il bambino esprime le proprie emozioni nel farla. Parlare con i bambini significa farsi conoscere e conoscere la loro storia; raccontarsi le vicende quotidiane e conversare sui propri sentimenti e sui propri stati d’animo permette una crescita di entrambi. I ritmi sempre più frenetici costringono invece genitori ed educatori a tempi sempre più ristretti, catapultando tutti in realtà artificiali che non tengono conto dei reali bisogni di ciascuno. Nelle relazioni educative il perdere tempo a parlare e la capacità di ascolto rappresentano i fondamenti per l’instaurarsi una necessaria empatia. Dopo tanti anni di insegna-

mento nella scuola d’infanzia, il dirigente scolastico Gianfranco Zavalloni ha voluto elaborare una profonda riflessione su questi tempi. Ha così scritto e poi pubblicato La pedagogia della lumaca, derivante da studi approfonditi ma soprattutto da un contatto continuativo con il mondo della scuola. Nella sua biografia si racconta della sua infanzia felice passata a giocare con la terra e l’acqua, con un tavolo da falegname dove potersi costruire giochi e giocattoli. In tutto il suo lavoro, Zavalloni ha cercato di intraprendere un nuovo cammino educativo e di rispondere ad alcune domande: Sapremo ritrovare tempi naturali? Sapremo attendere una lettera? Sapremo piantare una ghianda sapendo che saranno i nostri pronipoti a vederne la ma-


estosità secolare? Sapremo aspettare? Nel contempo l’autore ha chiesto a tutti gli adulti di riflettere sulla necessità di adottare strategie didattiche di rallentamento. Sembra che la famiglia, la scuola e più in generale la società, spingano i bambini alla velocità e alla competizione, educandoli fin dai primi anni di vita ad un modo di vivere senza attesa, in una dimensione del tutto e subito. I nostri bambini ancora una volta ci insegnano invece a non farsi prendere dalla fretta e a osservare la realtà con meraviglia. Tutto ciò è possibile, ma ha bisogno di un tempo lungo e lento, di un tempo che permetta ancora di stupirsi e di apprezzare le piccole cose della vita. Perdere tempo per darsi tempo. Perdere tempo per parlare, per conoscersi,

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per giocare, per crescere. Perdere tempo per guadagnare tempo, perché la velocità si impara nella lentezza. Anche secondo Zavalloni, per apprendere bisogna giocare, studiare, fare. In particolare la scuola dovrebbe essere un concentrato di esperienze, una grande avventura che può essere vissuta come se fosse un viaggio, un libro da scrivere insieme, uno spettacolo teatrale, un orto da coltivare, un sogno da colorare. Quando allora ci fermiamo a leggere un libro con i bambini, quando poi facciamo una attività manuale con loro, quando ci diamo il tempo che serve per fare tutto questo, allora forse attuiamo almeno in parte il prezioso e saggio insegnamento di Zavalloni. Sempre di più le scienze dell’educazione si rivolgono ad una pedagogia del fare e del creare piuttosto che a quella del comprendere e dell’interpretare. Inventare delle situazioni che portino i bambini a nuove esperienze, organizzare situazioni aperte dove i bambini si possano muovere liberamente attratti da materiali e spazi stimolanti, permette di far emergere i veri bisogni. Il bambino deve poter fare

delle scelte autonome anche nei piccoli eventi quotidiani. Per esempio, ritornando ai nostri momenti di lettura e di fare creativo, il bambino deve poter scegliere il libro che più lo incuriosisce e l’attività che più stimola la sua fantasia. Naturalmente il fare creativo si può realizzare solo in un clima di sicurezza affettiva e di relazione significativa. Possiamo leggere un colorato albo illustrato e giocare con la farina gialla, i colori a dita o le costruzioni di legno, ma dobbiamo sempre ricordarci che, ancora più del cosa, è importante il come si fa quella cosa. Zavalloni racconta anche di come a scuola e a casa, in giardino o in terrazza si possa coltivare un piccolo orto. Lui li chiama anche orti di pace, in contrapposizione agli orti di guerra ma in contrapposizione anche alla frenesia a favore del rallentamento. Seminare e coltivare sono esperienze altamente significative che al tempo stesso sviluppano abilità manuale, conoscenza scientifica e pensiero logico. Ma nell’ottica della pedagogia della lumaca servono soprattutto per far riflettere sui tempi dell’attesa e sulla capacità di previsione.

Nell’albo illustrato Vorrei essere un fiore, Eric Battut affronta proprio il tema della natura e della crescita utilizzando parole e immagini semplici. Si racconta di una piccola piantina nata un giorno di primavera. La piantina amava il sole, il cielo azzurro e l’aria fresca e a farle compagnia un bel momento spuntò un fiore che fu subito attorniato da farfalle coloratissime. Arrivarono l’estate, l’autunno e l’inverno; neanche con la nuova primavera alla piccola piantina spuntarono dei fiori. La piantina era sempre più triste, ma con molta pazienza seppe aspettare; un giorno aprì gli occhi e si accorse di essere molto cresciuta, di essere diventata un albero con foglie e fiori e di avere attorno a se un sacco di farfalle. Con i bambini si può fare un piccolo esperimento: in poco tempo potranno ammirare la trasformazione del seme in una vera e propria piantina. Serve un piccolo contenitore di plastica, del cotone e dei semi di mela, dei fagioli secchi o dei ceci. Bisogna appoggiare nel contenitore l’ovatta leggermente bagnata e appoggiare sopra i semi distanziati fra di loro di qualche centimetro l’uno


Bibliografia La pedagogia della lumaca. Per una scuola lenta e solidale. G. Zavalloni, EMI, 2008 Vorrei essere un fiore. E.Battut, Bohem Press, 2003 Link www.pedagogiadellalumaca.org www.scuolacreativa.it

perdiamo tempo “per...guadagnarne! dall’altro. Poi si deve mettere il contenitore in un posto dove arriva la luce solare. Mettendo la piantina al buio crescerebbe priva del colore verde poiché non potrebbe captare l’energia luminosa che serve alle piantine per svolgere la fotosintesi clorofilliana. Che bello alzarsi la mattina e controllare quanto il piccolo filo verde sia cresciuto. Che emozione parlare della crescita della piantina, di quando era un seme e del dentino che sta spuntando in bocca al bambino. Che fantastica occasione per parlare con i propri figli e i propri alunni di come cambiamo e ci modifichiamo quotidianamente.

I bambini, dal canto loro, potranno sentirsi liberi di raccontare di come fino a ieri avevano paura di addormentarsi da soli e di come ora riescono a dormire anche al buio. I bambini potranno identificarsi con il piccolo filo verde che cresce e si modifica. È facile intuire come i bambini si possano identificare nella piccola piantina. Ma non ci deve sfuggire di come con la lettura del libro e l’esperimento della trasformazione, noi adulti siamo riusciti a creare un’imperdibile occasione di scambio e di condivisione. E allora perdiamo tempo per guadagnarne!


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