I Padroni del Fumo

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12.11.2010

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baracche di legno o in casette di dimensioni variabili a seconda del numero di famiglie ospitate. Le condizioni igieniche erano minime: i letti erano semplici pagliericci ed i servizi igienici comuni si trovavano all’esterno. Una casa si trovava quasi sempre all’interno del terreno della fornace e ospitava un guardiano che era spesso anche un fuochista. I lavoratori si occupavano della buona manutenzione degli attrezzi messi a loro disposizione dal proprietario e si assumevano i rischi dei danni provocati dalle intemperie77. Il salario era abbastanza basso e simile a quello di un bracciante delle campagne. Sfortunatamente i documenti consultati ci forniscono poche informazioni circa l’ammontare dei salari. Vi si trovano piuttosto delle indicazioni sul costo del lavoro di un operaio che erano utilizzate dai proprietari per determinare il costo finale dei laterizi. Una nota di calcolo del 1831 riporta che il salario giornaliero di un ‘infornatore’ ammontava a 1 lira 15 centesimi e quello di un fuochista a 3 lire. Verso il 1890 i salari giornalieri oscillavano tra i 60 centesimi e le 3 lire e 50 centesimi. Nel 1900 si calcolava un salario di 18 centesimi all’ora per un bracciante impiegato nella preparazione dell’argilla e di 25 centesimi per un mattonaio78. Con l’apparizione delle prime macchine per la fabbricazione dei mattoni solo i bârtulè continuarono a lavorare a cottimo e la giornata di lavoro si ridusse a 9 ore. I mattonai, i tegolai, i bârtulè e i fuochisti erano organizzati in squadre dirette da un capo. Quelle dei fuochisti erano di due o tre persone per poter garantire un controllo continuo della cottura. I bârtulè formavano delle squadre di dieci fino a dodici persone e il cui orario di lavoro dipendeva dalla loro efficienza: dopo aver caricato e scaricato le camere del forno potevano spesso tornare a casa79. I mattonai e i tegolai erano invece organizzati per nuclei famigliari. Le donne e i bambini aiutavano nei compiti che richiedevano meno abilità tecnica, ma spesso molta forza fisica: ad esempio, il trasporto e la posa sull’aia dei prodotti per l’asciugatura. Questi gruppi erano costituiti da due, tre o più raramente un solo fornaciaio80. Il pagamento a cottimo era fatto per ogni gruppo. Il lavoro infantile traspare poco dalle fonti ufficiali, ma è ben descritto in alcune testimonianze. Dopo alcuni anni mio padre formò la sua prima squadra completa con i suoi tre figli: io ero l’ultimo, del 1913 e avevo il compito di ‘posare’ i coppi, mentre gli altri due fratelli, Luigi del 1903 e Celestino del 1907, confezionavano i coppi al banco e mio padre lavorava l’argilla. Per un ragazzo di 12 anni era in realtà un lavoro molto duro: io dovevo prendere il coppo dal banco e con la forma portarlo sul piazzale e posarlo con la dovuta precauzione per non farlo rompere o deformare. Si lavorava a cottimo e le giornate erano lunghissime: 12, 14 o forse più ore al giorno, non ricordo bene, comunque quello che ricordo bene è che quell’anno posai 196’000 coppi nei quattro mesi di lavorazione: anche 200 coppi all’ora!81 [...] vi prendeva piacere anche ad ajutare mio padre a passare i mattoni nella fornace per cuocerli; caricare i carri che venivano a prenderne e annotava nei registri la qualità e la quantità. [...] Durante tutta l’estate mi toccò lavorare più di quel che poteva, ed era troppo per la mia età; ajutava a passare i mattoni, e stava assiduo al par dei giornaglieri dall’alba alla sera, che in quei tempi non si aveva orarii. Talvolta si sentiva i muscoli addoloriti dal troppo e lungo pesante lavoro, e soprattutto quando si tiravan le terre cotte dalla fornace, oltre alla stanchezza si respirava una continua polvere, ed a forza di passare e ripassare nelle mani avveniva che la pelle delle dita si consumava, e ne sorgeva il sangue recandomi acutissimi dolori, allora li legava uno ad uno e ripigliava, quante volte non piansi di nascosto!82

77 La responsabilità era a carico del proprietario solo durante i mesi in cui il rischio era minore (Tozzi Fontana, La produzione dei laterizi in Italia attraverso l’inchiesta ministeriale del 1908, cit., p. 9). 78 Queste cifre sono state estrapolate da differenti fonti, ma un lavoro preciso ed esaustivo rimane da fare (Boccalari, Fornaci & Fornaciai, cit., pp. 22-24. Gri, In fornace nel primo Ottocento, cit., p. 116. Maurizio Buora, Dall’espansione ottocentesca alle crisi del Novecento: il caso delle fornaci di Paisano, in Fornaci e fornaciai in Friuli, cit., pp. 121-133). Nel 1882 al mercato di Mede (Pavia) i prezzi di alcuni prodotti erano: riso lire 22,34 per 100 kg; legna da ardere lire 3,70 per 100 kg; fagioli lire 19,59 per 100 kg; pane lire 0,44 al chilogrammo; carne di manzo lire 1,43 al chilogrammo (Giuseppe Amisani, Mede alle origini, «Bollettino d’agosto 1974», Mede 1974). 79 Tiziana Ribezzi, Continuità di una produzione artigianale: le fornaci Cattarossi di Qualso, in Fornaci e fornaciai in Friuli, cit., pp. 142-143. 80 Tozzi Fontana, La produzione dei laterizi in Italia, cit., p. 8. 81 Zinni, L’uomo dei ‘coppi’, cit., p. 172. 82 Memorie di Giovanni Lepori, Capriaschese, a cura della Scuola media di Tesserete, Lugano 2009, pp. 62-66.

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