Pizza e Pasta Italiana

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Poste Italiane s.p.a. - Spedizione in Abbonamento Postale - D.L. 353/2003 (convertito in Legge 27/02/2004 n° 46) art. 1, comma 1, NE/PD - mensile - € 2,00

n°2 febbraio '15




p. 4

feb. 2015

pizza e pasta italiana

AZIENDE Ambrogi Forni

p. 55

Avanzini Bruciatori

p. 45

Bigolin

p. 2

Cad

p. 49

Caseificio Sabelli

p. 27

Ceky Forni

p. 65

Cuppone

p. 39

Dr Schar

p. 31

Eurochef

p. 19

Familia

p. 68

Fiera di Amburgo - Internorga

p. 90

Fiera di Copenhagen

p. 47

Fiera di Las Vegas - International Pizza Expo

SOMMARIO 16 6 EDITORIALE

p. 77

Fiera Massacarrara - Tirreno Trade p. 53

di Giampiero Rorato

8 AZIENDE

Fiera di Milano - Host

p. 34

IN VETRINA

Fiera di Milano - Tuttofood

p. 60

10 PIZZA NEWS

Fiera di Parma - Pizza World Show p. 81 Fiera di Pordenone - Cucinare

p. 74

Fiera di Shangay

p. 69

Grandi Molini Italiani Lidia

p. 100 p. 8

Lilly Codroipo

p. 37

Liner Italia

p. 41

Love It

p. 57

Margot

p. 15

Molino Agugiaro e Figna Molino DallaGiovanna Molino Pasini

p. 7

Moretti Forni

p. 29

Novaltec

p. 61 p. 8

Prontofresco Greci

p. 35

Refrattari Pavesi Modena

p. 71

Rispo

p. 87

Sanfelici Franco Sitta Smoky Elettromeccanica

SPECIALE EXPO 2015

p. 79 p. 99

p. 3 p. 51, 70 p. 75

Techfood

p. 9, 11

Ventidue

p. 25

di Giampiero Rorato

12

p. 23, 91

Molino Polselli

Pavesi Luciano

a cura di Patrizio Carrer

— Un piatto da gourmet della cucina friulana

— I problemi reali del mondo – la fame e la difesa della natura – in primo piano nell’evento milanese. di Giampiero Rorato

20 — A cena con Juan Lapin di D.ssa Elsa Emanuela Cugola


p. 5

26 — In Svezia, il nord a tavola di Caterina Vianello

46 — La grande

72 QUESTIONE DI GUSTO

rassegna dei formaggi veneti

— Non per le guide ma per i clienti

di Caterina Vianello

di Nives Piva

52 — Vernaccia di San Giminiano di Virgilio Pronzati

70 LA SCIENZA DELL’ALIMENTAZIONE — Impariamo a conservare (sesta parte) Dott.ssa Marisa Cammarano biologa Nutrizionista

84 — Le tante bellezze d'Italia di Gianandrea Rorato

32 OSSERVATORIO HOST

58 L'ANGOLO DEL VINO

88 — Pizza e Pasta

— Pulizia e sanificazione

- Moscato di Trani Doc Passito Liberty 2008

36 — Il ritorno

- Grignolino del Monferrato Casalese Doc Bricco Mondalino 2013

Italiana: una lunga storia editoriale nei suoi primi 25 anni di vita

degli antichi grani italiani di Laura Nascinben

- Botticino Doc 2007 Tenuta Bettina di Virgilio Pronzati

42

62 LA STORIA DELLA BIRRA — L'arrivo della birra negli USA di Laura Nascimben

66 IL BAR — I liquori a base di anice di Gianandrea Rorato

70 NOVITÀ DALLE AZIENDE — Sitta di Giovanna Allegra

92 –98 SCUOLA ITALIANA PIZZAIOLI — Tutti i corsi per neo pizzaioli in Italia e all’estero


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pizza e pasta italiana

EDITORIALE

C

redo sia doveroso sottolineare l’impegno del Governo per rinnovare le nostre istituzioni, nel pieno rispetto della prima parte della Costituzione che fissa con sapiente precisione i principi della civile convivenza. L’Italia deve rinnovarsi, a cominciare dal Parlamento e dagli altri gradi della burocrazia, lo esige il buon senso quale passo indispensabile per risolvere i tanti problemi degli italiani e lo esige la nostra credibilità internazionale. La macchina del rinnovamento si è messa finalmente in moto, ma non si comprendono le tante resistenze se non come paura di certe lobby, anche dentro il corpo dello Stato, di perdere privilegi e laute prebende, non sempre oneste. I cittadini chiedono a gran voce uno Stato più moderno, più snello, più all’altezza dei tempi; solidamente legato ai principi della democrazia partecipativa e del solidarismo; strenuo difensore delle libertà personali, con una giustizia più rapida e certa; con scuole più funzionali e con docenti meglio preparati e più rispettati; con un fisco decisamente più equo e assolutamente non vessatorio; con maggior attenzione alla vita della gente, specie la meno fortunata; più rispettoso delle famiglie; deciso a rilanciare ovunque e con i mezzi necessari la legalità; impegnato a sostenere con decisione il mondo del lavoro dal Nord al Sud, e protagonista autorevole nelle istituzioni europee e internazionali. L’Europa e il mondo guardano con simpatia all’Italia che è il Paese più bello, con straordinari tesori d’arte e di cultura, con prodotti agroalimentari di altissima qualità, con la cucina più raffinata e godibile, con attività industriali ovunque apprezzate e ammirate, con una moda raffinatissima e da tutti invidiata, con straordinari luoghi per le vacanze, ma se vogliamo raggiungere gli obiettivi indicati – rendere l’Italia più moderna, efficiente e più protagonista nel mondo - dobbiamo impegnarci tutti, ma tutti davvero, non solo il Governo e il Parlamento, rispettando ciascuno le leggi, rispettando il territorio, rispettandoci a vicenda, vivendo con impegno e serietà il lavoro, solidali con chi è meno fortunato. Ed ora, anche a nome della nostra redazione, desidero inviare un caloroso saluto e un grazie sincero a Giorgio Napolitano che da Presidente della Repubblica, ha saputo rappresentare l’Italia con grande dignità e senso dello Stato, meritandosi pienamente l’affetto degli italiani e la stima delle istituzioni internazionali. Nel contempo formuliamo un fervido e forte augurio a che venga presto eletto il nuovo Presidente della Repubblica, che sia una personalità di grande spessore umano e culturale, stimata dagli italiani e a livello internazionale, capace di svolgere con sapienza ed equilibrio l’alta e delicata missione affidatagli dalla nostra Costituzione,

PIZZA E PASTA ITALIANA Mensile di Pizza, Pasta, Enogastronomia e Cultura edito da PIZZA NEW S.p.A. Autorizzazione Tribunale di Venezia n. 1019 del 02/04/1990 Anno XXVI - n.2 Febbraio 2015 Repertorio ROC n. 5768 DIRETTORE EDITORIALE Massimo Puggina DIRETTORE RESPONSABILE Giampiero Rorato SEGRETARIA DI REDAZIONE Manuela Pelosin PUBBLICITÀ Manuela Pelosin, Patrizio Carrer, Caterina Orlandi RESPONSABILE PROGETTO David Mandolin REDAZIONE 30021 CAORLE (Venezia) via Sansonessa, 49 Tel. 0421/ 212348 - Fax 0421/81007 E-mail: r edazione@pizzaepastaitaliana.it www.pizzaepastaitaliana.it

COMITATO TECNICO E REDAZIONALE Giovanna Allegra, Marisa Cammarano, Patrizio Carrer, Elsa Emanuela Cugola, Giuseppe Dell’Aquila, Tony Gemignani (U.S.A.), David Mandolin, Gianandrea Rorato, Gianluca Rorato, Federica Zanata, Caterina Vianello, Laura Nascimben, Fabio Iacozzilli AFFILIAZIONI INTERNAZIONALI Jim Winship (Pizza & Pasta Association, Inghilterra) Pete La Chapelle (N.A.P.O. - Pizza Today, U.S.A.), P.M.Q. Steve Green (U.S.A.)Abbie Jarman (Pizza, U.S.A.) Hidenao Takahashi (Pan World Inc., Giappone) Kazuko Nagamoto (ICT, Giappone) Takeshi Tanaka (Quattro Stagioni, Giappone) Drew McCarthy (Canadian Pizza Magazine, Canada) Roberto Bresciani (Pizza y Restauration, Spagna), Valeria Vairo (Buongiorno Italia). ASSOCIATO ALL’UNIONE ITALIANA STAMPA PERIODICA

PROGETTO GRAFICO Manuel Rigo e Paola Dus PER LA PUBBLICITÀ SULLE RIVISTE ITALIA Pizza e Pasta Italiana SPAGNA RRR Revista de Restauración Rapida, Pizza y Restauración U.S.A. Pizza Today, Pizza, P.M.Q. Steve Green INGHILTERRA Pizza, Pasta & Italian Food GERMANIA Buongiorno Italia

— Mediagraf lab DIGITAL PUBLISHING Maura Trolese — Mediagraf lab IN COPERTINA illustrazione di Pierluigi Longo STAMPA MEDIAGRAF S.p.A.

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di Giampiero Rorato

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Nessuna come lei

Sai, la gente forse è troppo insoddisfatta. Si perde in congetture, in paure. Crede non esistano più farine che sappiano davvero di farine. Ma poi accade: si accorge di Lei. Sente quel profumo e sente quella materia. Sente che è Lei e che è diversa dalle altre. “Non cambierai e sempre sarai sincera”, i più grandi maestri pizzaioli ne sono certi.

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l brandy, come si sa, è un distillato di vino invecchiato. Per ottenere lo cherry, le ciliegie vanno private del picciolo, lavate, p. 8 feb. 2015 asciugate e pestate, quindi si utilizza la polpa senza il nocciolo, ma c’è chi utilizza pizza e pasta italiana anche con il nocciolo pestato, mettendo il tutto in infusione nel brandy. Si aggiunge dello zucchero (c’è anche chi non ne fa uso) e si pone in vasi ben chiusi, lontano PASTA se al freddo e si lascia lug —PIZZA ago eEmeglio dalla luce p. 38 2012 ITALIANAlavori pian piano arricchendo che l’infuso il brandy degli aromi delle ciliegie. L’infuso pizza e pasta italiana STORIA deve restare DEL PANEfermo assolutamente non meno di due mesi (se realizzato artigianalmente VIAGGIO in casa), ma molto di piĂš, anche un anno, se prodotto in grandi contenitori, quindi con metodo industriale.

— Aziende —Cherry in — Brandy Vetrina —

—

re al visitatore di assaporare i suoi piatti e prodotti tipici, come il ciaffagnone ed il e quando mancava si suppliva chicchi diil buglione frumento pecorino toscanocon di Manciano, d’agnello e lo sfratto di Pitigliano, Fagioabbrustoliti e intinti nell’aceto e l’ebreo, seppuril di umili lo cannellino tuttidel piatti da accondizioni, se aveva un servodieSorano, possedeva pane, avecompagnare con i vini tipici locali. va diritto al massimo rispetto. L’alta Maremma, con i suoi tanti tesori stoĂˆ interessante e rici, curioso allo stesso tempo notare che fra urbanistici, architettonici e gastronomici è damolto visitare senzachiedere fretta, godendo gli Ebrei era abitudine diffusa pane in appienosposata anche panorami mozzafi prestito, che la donna aveva diritto al ato. panePercola sosta ci sono molti ottimi agriturismi e niugale e solo innetempo di estrema miseria essa si impesegnaliamo uno che sappiamo interesgnava a vivere con il pane proprio, sapeva cheFattoera suo sante per piĂš motivi:ma l’Agriturismo dovere sorvegliare casa e “non mangiare il pane della ria ladell’Orsa Maggiore (www.ursamaior. a Manciano, dove nel loro Ristoro “Il l’obFipigriziaâ€? e che ilit)castigo divino si manifestava con schiottoâ€? sono disponibili i vini aziendali bligo, per le donne, di vendere il pane cotto da loro. da accompagnare con un’ampia selezione

Non si può concludere questo sguardo fugace alla storia del Oltre pane aiindue Palestina senza menzionare quello che può Cherry prima ricordati, ci semessere fatto centrale umana, la braconsiderato corretto nonildimenticare undella altrostoria ottimo nascita di GesÚ Cristo. Cherry Ebbene,Marnier, come aveva prodotto il francese oltre,profetizzato

degli ottimi formaggi e salumi locali e carni alla brace. A Pitigliano c’è l’eccellente Michea (5,1) e come confermano cucina di Alessandro e Chiara nel loro ri-i Vangeli di Matteo storante (2,6) eIldiCeccottino Giovanni(www.ceccottino. (7,42), GesĂš, il figlio di Maria e com), e terminare l’itinerario Giuseppe, discendente di reall’Ottava Davide, nacque in una citRima a Sorano (www.cantinaottavarima. tadina che si trova a circa dieci chilometri a sud di Geit) dove Nicola con la sua selezione di rusalemme e che si gli chiama Betlemme. Il fatto sorprenprodotti tipici accoglie ospiti nella suo caratteristico nel tufo, dente è cheambiente il nomericavato Betlemme, in lingua ebraica Beth magari servendo un bicchiere assenzio. Lehem, significa casa deldipane, legando questo fondaInsomma buona esplorazione a tutti! L’Almentale alimento umano a un evento straordinario e ta Maremma è uno scrigno di tesori che misterioso, nascita del figlio di Dio. Vi è dunque nel merita scoprirelae godere!

nome del luogo natale di GesĂš quasi un preannuncio del suo messaggio: ÂŤIo sono il pane della vita; chi viene Fabio Iacozzilli da me non avrĂ piĂšdifame... e il pane che io darò è la mia carne per la vita del mondoÂť. Ma vedremo meglio, nel prossimo mese, il valore, reale e simbolico, del pane per il popolo ebraico, un valore che appartiene tutt’oggi a questo popolo.

naturalmente, all’italiano Luxardo, di cui abbiamo presentato lo scorso aprile il suo celebre Maraschino.

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| 56 GIUGNO 2012



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pizza e pasta italiana

pizza

NEWS Molino Polselli, “Eccellenza del Sud” alla fiera Sigep 2015. L'azienda Polselli diventa partner di Eccellenze del Sud, un network ideato appositamente per le imprese d’eccellenza presenti sul territorio meridionale e per quelle realtà imprenditoriali che si distinguono per la loro “high quality Italian guarantee” e che favoriscono la valorizzazione di tutto ciò che è parte intrinseca della tradizione e della cultura delle terre del Sud Italia. Eccellenze del Sud è un concept che ha preso vita in seno all’ambizioso Terronian Project, un progetto socio-culturale finalizzato a mettere in luce tutto il buono presente nel Sud attraverso la valorizzazione delle eccellenze provenienti da ogni campo e settore. Il Terronian Project nasce nel 2011 dall’idea dell’artista partenopea Shara (Sarah Ancarola) e dal maestro pizzaiolo Salvatore Di Matteo. Il progetto è stato presentato al pubblico alla fiera SIGEP di Rimini, dove l’azienda Polselli, ha proposto ai numerosi visitatori, alcune tipicità Made in Sud: la pizza a libretto e la pizza fritta, due piatti che insieme alla nota frittattina di pasta, sono tra i più conosciuti e apprezzati esempi di street food partenopeo.

La nuova Linea Uniqa di Molino Dallagiovanna al Sigep Molino Dallagiovanna ha presentato alla fiera Sigep/Abtech 2015, la nuova linea Uniqua: 5 farine multiuso da grano e cereale lavato, per i professionisti dell’Arte Bianca. Il focus che l’azienda piacentina ha fornito ai visitatori della kermesse riminese, ha spaziato dal pane ai dolci con Matteo Berti di Alma, Gabriele Bozio per la linea senza glutine, Denis Dianin, assieme ad Achille Zoia, Walter Zanoni per la linea pasta, Giancarlo De Rosa al pane e ai dolci e Alberto Campagnolo e Mattia Masala per pane e pizza. La linea Uniqua comprende una linea integrale, 3 farine di forza tipo 1 e la nuova farina di Tritordeum, un cereale di origine spagnola derivato dall’ibridazione tra un grano duro e un orzo selvatico. In dettaglio, ha un basso contenuto di glutine, è ricco di fibre dietetiche e di antiossidante.

Paolo Crepet, Grandi Molini Italiani e “l’impasto della felicità”. Grandi Molini Italiani (GMI), primo produttore di farina nazionale , protagonista all’edizione 2015 di SIGEP. Oltre alla nuova e innovativa gamma di farine per pizza presentate in occasione della fiera, sabato 17 gennaio lo stand di Grandi Molini Italiani è stato animato dagli interventi di Paolo Crepet, psicologo, psichiatra, scrittore e ospite di numerose trasmissioni televisive di approfondimento, dal Presidente di GMI, Antonio Costato, da Luca Vecchiato (ex presidente FIPPA) e da Franco Costa (Costa Group). Un tema inedito, quello proposto in occasione dell’incontro con il famoso psicologo: può la ricerca della felicità passare anche dal recupero di gesti semplici come fare un impasto a mano con acqua e farina? Gesti semplici e quotidiani, che possono dare alla vita di tutti i giorni maggiore sicurezza e tranquillità, un equilibrio da riscoprire nel forno o nella pizzeria sotto casa.

Da New York la pizza patrimonio dell’umanità

La pizza e' uno dei prodotti piu' conosciuti dell'Italia nel mondo, ma presto potrebbe diventare addirittura un bene patrimonio dell'umanita'. L'iniziativa di raccolta firme in favore del riconoscimento dell'Unesco per la pizza napoletana dal Belpaese è arrivata anche oltreoceano, a New York, dove lo scorso 20 gennaio si è tenuto un evento a sostegno della petizione nel ristorante Rossopomodoro. Nel locale del West Village erano presenti l'amministratore delegato di Rossopomodoro, Simone Falco, il presidente e fondatore della societa', Franco Manna, e l'ex ministro dell'agricoltura Alfonso Pecoraro Scanio. "Il riconoscimento dell'arte della pizza I N N O V A T I O napoletana da parte dell'Unesco tutelerà il prodotto e l'economia ad esso associata", ha affermato Scanio in un comunicato sottolineando che "i prodotti di qualità inferiore che utilizzano nomi italiani minacciano l'economia del nostro Paese". I N N O V A T La falsificazione dei prodotti cosiddetti 'italian sounding', si sta allargando a macchia d'olio, producendo enormi danni alla nostra economia: "secondo le ultime stime Coldiretti - come ha spiegato Scanio - costerebbe all'Italia 300 mila posti di lavoro, con un fatturato del falso Made in Italy nel settore agroalimentare che ha gia' raggiunto i 60 miliardi di euro".


SMART FOOD CONCEPT

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pizza e pasta italiana

TITOLO DELLA RUBR.

VERSO L’EXPO

DI MILANO

PROBLEMI REALI DEL MONDO –

LA FAME E LA DIFESA DELLA NATURA

– IN PRIMO PIANO NELL’EVENTO MILANESE. ANCHE PAPA FRANCESCO È INTERVENUTO CON CHIAREZZA SUL TRAGICO TEMA DELLA FAME NEL MONDO

di Giampiero Rorato


speciale expo 2015 titolo della rubrica

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L’

apertura dell’Expo di Milano è alle porte: il 1 maggio è ormai vicinissimo e fra poche settimane tutto sarà pronto per la solenne inaugurazione della grande rassegna mondiale. In Italia, in Europa e in tante parti del mondo si guarda con estremo interesse e con viva speranza all’evento milanese, con l’augurio che non sia soltanto una straordinaria vetrina di belle cose, che tuttavia esaurisce il suo compito il 31 ottobre. Dall’Expo devono uscire dei progetti seri, capaci di produrre risultati concreti proprio sul tema che sarà il motivo conduttore dell’evento: debellare la fame dal mondo.

L’accorato invito di Papa Francesco Credo sia doveroso non dimenticare quanto affermato da Papa Francesco nella Conferenza Internazionale sulla Nutrizione tenutasi alla FAO di Roma nella giornata mondiale dell’infanzia, il 20 novembre scorso: “Ci sono pochi temi sui quali si sfoderano tanti sofismi come quello della fame”. E ha aggiunto: “C’è cibo per tutti, ma non tutti possono mangiare mentre lo spreco, lo scarto, il consumo eccessivo e l’uso di alimenti per altri fini sono davanti ai nostri occhi”. Francesco, col suo linguaggio chiaro e diretto, ha denunciato con forza uno dei veri mali del nostro tempo: “È doloroso constatare che la lotta contro la fame e la denutrizione viene ostacolata dalla priorità del mercato e dalla preminenza del guadagno che hanno ridotto il cibo a una merce qualsiasi, soggetta a speculazione, anche finanziaria.” Quindi, guardando in faccia l’assemblea che aveva davanti, ha continuato: “Mentre si parla di nuovi diritti, l’affamato è lì, all’angolo della strada, e chiede diritto di cittadinanza, di essere considerato nella sua condizione di ricevere una sana alimentazione di base. Ci chiede dignità, non elemosina!” Parlando ai rappresentanti delle nazioni presenti al Convegno, ha denunciato i “limiti di impostazione basata sulla sovranità, intesa come assoluta, e sugli interessi nazionali, condizionati spesso da ridotti gruppi di potere”. Perché la fame nel mondo che interessa ancora in questo XXI secolo un miliardo di persone e fa morire ogni giorno uno spaventoso numero di bambini, è all’interno del grande tema dell’ecologia umana. Ha infatti aggiunto, con un invito alla generale riflessione: “Penso alla nostra sorella e madre Terra, al pianeta. Bisogna essere liberi da pressioni politiche ed economiche per custodirlo, per evitare che si autodistrugga.” Chiudendo la cartella con il suo intervento, Francesco ha aggiunto a braccio: “Ricordo che un anziano mi disse anni fa: Dio perdona sempre, gli uomini a volte, ma la Terra non perdona mai!”


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pizza e pasta italiana

SPECIALE EXPO 2015

Progetti per il futuro “Nutrire il pianeta. Energie per la Vita” è, lo ricordiamo, il tema dell’Expo 2015 e a Milano, nei padiglioni della grande manifestazione, vedremo la straordinaria disponibilità di alimenti prodotti nel mondo per nutrire tutti gli abitanti del pianeta e ancora gli altri che nei prossimi decenni s’aggiungeranno agli abitanti attuali. E scopriremo che oggi il pianeta con i frutti del genio umano sta già producendo una grande quantità di energia capace di alimentare tutti i viventi. Ma riuscirà l’Expo a produrre progetti da consegnare alle Organizzazioni internazionali e ai Capi delle nazioni, capaci di debellare la fame o, comunque, di farla progressivamente ridurre in tutto il globo terrestre? Saprà produrre progetti che aiutino l’umanità a salvaguardare il pianeta, ritornando a un sano equilibrio ecologico, garantendo nel contempo a tutti i viventi quella dignità cui hanno diritto e che oggi è ancora negata a troppi uomini, donne e bambini, oltre un miliardo? Credo si comprenda quanto sia importante l’Expo che sta per aprirsi, quanto enorme il suo valore anche immateriale, essendo in gioco non solo il problema alimentare per l’umanità, ma anche il ruolo dell’Italia che questa Expo ha voluto e l’ha voluta con un tema molto ma molto impegnativo.

Il ruolo dell’Italia Con l’Expo 2015 l’Italia si è assunta infatti un compito importantissimo e molto nobile: essere il Paese che si fa carico d’uno dei massimi problemi del nostro tempo: garantire il cibo a tutti gli uomini che vivono nel nostro pianeta. E dovrà essere una delle bandiere che l’Italia innalzerà a tutti i livelli, a cominciare dall’Europa, ancora vittima dei propri numeri di bilancio, incapace di aprirsi ai problemi veri del Vecchio Continente e non ancora consapevole che in Europa vivono persone che non hanno lavoro e che, in troppi casi, vivono al di sotto della soglia di sopravvivenza. Questa bandiera dovrà innalzarla anche a livello internazionale, a cominciare dall’ONU e dalle sue

organizzazioni di settore, come la FAO e l’UNICEF. Avendo a suo tempo scelto per la propria Expo il tema Nutrire il Pianeta. Energie per la Vita, l’Italia era consapevole di imboccare una strada difficile, impegnativa, ma, nel contempo, esaltante. Tenga dunque a mente, il nostro Paese, ma lo tengano a mente anche tutti gli altri Paesi e le organizzazioni internazioni il monito di Papa Francesco che abbiamo prima riportato. Quelli enunciati e denunciati dal Santo Padre sono problemi reali, la cui mancata soluzione significherebbe il fallimento della nostra civiltà e la consegna del pianeta alle multinazionali e alle lobby del denaro.


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pizza e pasta italiana

Un piatto da buongustaio della cucina friulana gli

“gnocchi di cipollotto” di Alberto Tonizzo La primavera è quasi alle porte e dopo una stagione agraria abbastanza negativa, come quella dello scorso anno, ci si attende che la natura offra quest’anno abbondanza di doni a cominciare dalle erbette spontanee di primavera per procedere poi con la gran varietà della nostra frutta e dei nostri ortaggi che in Italia sono davvero stupendi e ricercati anche all’estero.

di Giampiero Rorato


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L’eccellente cucina del Friuli

resentiamo in questo mese il piatto di uno chef friulano, anche per ricordare ai soloni delle Guide gastronomiche che il Friuli-Venezia Giulia ha una tal varietà e ricchezza di ristoranti da poter soddisfare qualsiasi esigenza, anche quelle dei gourmet internazionali che arrivano in questa bella regione italiana per le proprie vacanze al mare – Marano, Lignano Sabbiadoro, Grado, ma anche nel litorale da Duino a Miramare e poi a Trieste e a Muggia – con possibilità di piacevoli escursioni; o per scoprire una montagna davvero unica, dalla Carnia alle Alpi Giulie. E, ovunque, lo scriviamo con piacere per personale conoscenza, ci sono ristoranti di ottima qualità. A Udine ci sono Là di Moret, di Franco e Margherita Marini col figlio Edoardo, il ristorante-albergo storico (attivo dal 1904) più conosciuto e frequentato da un pubblico internazionale; il Vitello d’Oro, attivo dal 1847, un ambiente di grande cucina marinara, curata dallo chef-patron Massimiliano Sabinot e Agli Amici nella borgata di Godia, della famiglia Scarello, due stelle Michelin; nella provincia poi, fra i tanti, troviamo Al Ferarut, di cui riportiamo una bella ricetta primaverile dello chef-patron Alberto Tonizzo, stella Michelin, considerato la punta di diamante della cucina di pesce a Nordest, con l’Antica Osteria Cera a Lughetto di Campagna Lupia (VE); da Toni, a Gradiscutta di Varmo, di Aldo Morassutti, la vera, solida eccellenza della tradizione; Al Grop a Tavagnacco, attivo da prima delle guerre del Risorgimento e ora diretto con bravura dalle sorelle Simona e Silvia Del Fabbro, il tempio degli asparagi friulani e di una godibilissima tradizione gastronomica friulana; Al Paradiso di Pocenia, con la lady-chef Annamaria, una splendida cucina del territorio; il Campiello, della famiglia Macorig, a San Giovanni al Natisone, un’irrinunciabile ottima cucina marinara; il Carnia, di Livio Treppo, a

guarda tutte le foto nella rivista digitale

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Gli gnocchi di Alberto

Venzone, punto d’incontro fra la tradizione carnica e quella alto adriatica; il Costantini a Collalto di Tarcento, dello chef-patron Pio Costantini, legato alla tradizione, rivista con tecniche innovative; Da Nando, a Mortegliano, dei fratelli Sandro e Ivan Uanetto, una splendida cucina del territorio; la Taverna, a Colloredo di Monte Albano, di Piero Zanini, stella Michelin, una cucina d’autore che sa interpretare con intelligenza la tradizione del territorio; Sale e Pepe, a Stregna, di Teresa Covaceuszach e Franco Simoncig, la straordinaria cucina delle Valli del Natisone, godibilissimo punto d’incontro tra Friuli e Slovenia. Pochi nomi di ristoranti, fra i tanti attivi nella provincia di Udine, espressione di una cultura gastronomica di alto livello qualitativo, con punte anche altissime, che onorano la cucina italiana. Ma Udine è lontano dai luoghi ove risiedono coloro che programmano le Guide gastronomiche, peggio per loro perché le pagine delle loro guide restano monche e imperfette. Ma, ricordando alcuni ristoranti significativi, desideriamo far conoscere ai buongustai che ci seguono, l’alto valore della splendida cucina friulana che merita d’essere conosciuta e non si resta delusi.

I

n questo mese abbiamo scelto di presentare un piatto molto legato al territorio e all’ormai imminente primavera e basta leggere gli ingredienti per capire come tutti i prodotti impiegati siano friulani. Quello che ci ha spinto a presentare questo piatto è il fatto che anche le preparazioni più legate alla tradizione possono evolversi, anzi, lo debbono, perché cambia anche il mondo, cambiano le esigenze nutritive, cambiano i gusti e oggi la cucina rincorre anche le novità, purché conservino la poesia della tradizione. Credo sia bene ricordare che fin quasi alla metà dell’Ottocento gli gnocchi, nel Nordest chiamati “maccheroni “, erano ottenuti, come ovunque, da pane vecchio e avanzi di carne o verdure (come sono ancor oggi gli gnocchi di pane raffermo e i knödel mitteleuropei, presenti anche in Trentino Alto Adige e nell’Ampezzano, lì chiamati canederli). Dalla metà dell’Ottocento il pane è stato sostituito dalle patate e, più recentemente da altri ingredienti, come la ricotta o anche, come ha fatto lo chef ricercatore Alberto Tonizzo del Ristorante Al Ferarut di Rivignano (UD), con il cipollotto. Piatto eccellente, assolutamente da provare, capace di suggerire a chi ci legge ulteriori interessanti esperimenti.


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pizza e pasta italiana

Gnocchi di cipollotto con capperi di tarassaco e giardino di erbe spontanee Ingredienti per porzione: 40g di cipollotti freschi, 10g di ricotta fresca di pecora, 5-6 capperi di tarassaco, foglie di menta, cerfoglio, dragoncello, levistico (sedano di monte), cetriolini sotto aceto di mela, olio extravergine d’oliva ed ancora foglie di acetosa, piantaggine, cerfoglio, dragoncello e fiori, sale. Per la salsa al Vermout: 2 scalogni, 100g di vermout extra dry, 100g di vino bianco secco, 0,5lt di panna di soia, 8g di sale.

Preparazione: Prepara un brodo vegetale con acqua, carote, sedano, prezzemolo e un mazzetto di erbe aromatiche (bouquet garni). Cucina i cipollotti e frullali a freddo assieme al brodo vegetale. Versa il composto in un tegame e fa ridurre mescolando di continuo. Successivamente incorpora delicatamente impastando a mano la ricotta fresca di pecora e modella gli gnocchi.

Per i capperi di tarassaco: raccogli i boccioli dei fiori gialli del tarassaco, sbollentali in acqua bollente e riponili sotto sale per 8 ore, lavali dal sale con aceto e conservali in una salamoia liquida.

Per la salsa verde: metti nel pakojet della menta, cerfoglio, dragoncello, levistico e un trito fine di cetriolini acidulati con aceto di mela, chiudi con dell’olio extravergine, lascia congelare. Inoltre: erbe spontanee fragranti della bella stagione, acetosa, piantaggine, cerfoglio, dragoncello e fiori.

Ricetta di Alberto Tonizzo, chef-patron del ristorante “Al Ferarut”, di Rivignano, UD

Per la salsa al Vermut: trita finemente due scalogni e ponili in un tegame, aggiungi 100 g di vermut extra dry e 100 g di vino bianco secco e fa ridurre fino ad imbiondire il composto, quindi aggiungi ½ litro di panna di soia, mescola bene e lascia sobbollire per otto minuti, aggiungi 8 g di sale e passa al colino cinese. La salsa è pronta per l’uso.

Presentazione: Cuoci gli gnocchi in acqua bollente leggermente salata e quando iniziano a galleggiare levali con la schiumarola e mettili in tegame con l’acqua di cipollotto rimasta e fa ridurre. Versa sul piatto la salsa di vermut e scalogno a specchio, aggiungi alcune gocce di salsa verde disponi gli gnocchi, i capperi di tarassaco e le fragranze raccolte, versa alcune gocce di olio extravergine e servi subito.


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pizza e pasta italiana

A cena con Della dott.ssa Elsa Emanuela Cugola

— L’INVIATA DI ELLA SPERIMENTA LA MAGIA DI UNA CENA MILANESE, DOVE LA SENSORIALITÀ DEL PIATTO SI INTRECCIA CON LE EVOCAZIONI DELLA SALA

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dicembre 2014, arrivo allo Chateau Monfort di Milano: palazzo dalla struttura maschia e lucerne pesanti sul patio, in ferro arzigogolato. Ho deciso di cenare qui, incline a provare una alternativa all’imbandigione natalizia, spesso ostentata. Si narra che questo palazzo fosse alcova di maghi; proprio in occasione di un gioco di prestigio, il coniglietto Juan Lapin stanco di essere tirato per le orecchie, se ne scappò via. Oggi il Juan Lapin, dello stesso colore di Bianconiglio in Alice


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Juan Lapin del paese delle Meraviglie, è divenuto la mascotte della residenza; per questo raffigurato in ninnoli e arredi di alcuni ambienti. La reception risponde al mio interrogativo iniziale di come avrebbero dato il benvenuto al Natale; niente addobbi abbaglianti come la kriptonite. Piccole mongolfiere in tessuto pendono dal lucernario: ricordano le fantasie decorative dell’Art Nouveau, che ben si sposano con lo stile liberty degli arredi del salottino. Un albero di Natale manifesta importanza per la sua posizione di centralità. Gli addobbi sono in tessuto, domina il velluto a fantasia bordeaux e carminio.

Ristorante Rubacuori. Nella prima sala del

ristorante, forchette e cucchiai pendono alle pareti, disposte in apparente ordine casuale: non sono liquidi come quelli di Dalì, piuttosto animati da plasticità come in un cartoon ottocentesco. Lampade a forma di teiera e tazze (rigorosamente con piattino) avvolgono la luce calda centrale: agli oggetti è affidata una narrazione fiabesca e indubbiamente romantica. Al tavolo, mi dà il benvenuto un pendolo animato in legno colorato; è una damigella di festa vestita. Vi è un pendolo in ogni tavolo: che sia un monito di Juan Lapin per “non fare tardi”? Non credo, “perchè mai dovrebbe essere tardi, (per un coniglio)1”, in un atmosfera così soffice in una sera di un giorno di festa? Il fantasticare è rotto dalla valutazione di un “intermezzo culinario”, più che da un antipasto. Un cucchiaio di “vaporoso” di pesce spada compare come ingabbiato da una crosta impalpabile sopra, e da una muosse di pistacchio, nel fondo del piatto.

1 Bianconiglio in Alice del paese delle meraviglie è un coniglio vestito con tanto di panciotto e orologio da tasca. È ossessionato dal “fare tardi”. Alice domanda al coniglio “ Perchè mai signor coniglio dovrebbe essere tardi per un coniglio”?

in questa foto

Alcova


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pizza e pasta italiana

PIATTO LARGO “SFONDATO” centralmente, per ospitaSecondi piatti

PIATTO QUADRATO, BIANCO.

Al centro, due nocchette cilindriche di carne di agnello, posizionate verticalmente. Struttura morbida: assenza di gradiente di durezza dall’interno all’esterno (della porzione), a indicazione di una cottura assai premurosa. A lato, due gomitoli di cavolo nero: foglie perfettamente arrotolate su se stesse, a spira di serpente: croccanti, profumate di “lavorato da fresco”. Sul bordo superiore del piatto: 6 pezzettini di castagne bollite e aromatizzate, parcellizzate a distanza di 2 cm circa le une dalle altre, in fila. Due macchie molto dense di salsina di quinoa. Presentazione provata molte volte, a beneficio della geometria. Indulgo su una seconda proposta del menù muta la scenografia.

sotto

Sala dolce risveglio

re un taglio perfettamente squadrato di baccalà, pulito. A lato è presentata una mousse di topinambur, centrifugata con l’estratto di cottura del pesce: il tubero conferisce struttura, le proteine del pesce effetto legante, ma senza l’invisa sensazione di collosità. La delicatezza delle nuance è puntata da qualche seme, 5 direi non di più di melograno; sono particolarmente piccoli e aromatici. Profumo denso di mare in bocca, avvolgenza del grasso del pesce, asciugata dal tubero. Masticando il melograno la freschezza del succo lava il palato come un ad un cambio di sipario. Finalmente un baccalà senza la sapidità violenta, che brucia in bocca e manda in sciopero le papille gustative, tutte in un colpo solo. Evocazioni della tradizione culinaria italiana, legata alla stagionalità, (delle verdure, della frutta secca) rivisitate con la coreografia di un araldo dell’innovazione. Un sacchettino di tela ecrù, ben rimborsato, offre una cornucopia di sensazioni somestetiche: croccantezza di un grissino di segale bucciardato da qualche semino crudo e pelato, di sesamo, palatabilità di un quadrotto all’olio di oliva, morbidezza di un panino multicereali dalla crosta ruvida ma con “il cuore soffice”. Un calice di vino friulano bianco, scelto dal maitre di sala: è uno Chardonnay Jurasa, Lis Negris del 2012. Vitigno della terra dell’Isonzo. E’ scrigno liquido di molti profumi, quanto mai in sintonia con le pietanze.


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pizza e pasta italiana

Dessert Attendo la consegna della mia scelta per il dessert. Ho optato per il titolo più lungo nella carta: “l’orto dell’ortolano rivisitato dallo chef con la dolcezza del cioccolato etc...” che mai serberà tanta facezia di presentazione? In un bicchiere trasparente e panciuto, un orto in miniatura, sistemato in un terrapieno al cioccolato fondente e mousse al fagiolo. Che si sono lambiccati! Sono proprio io Alice nel paese delle meraviglie, quando mangiato un pezzettino di pasticcino, diventa “gigantesca”. Affondo il cucchiaino e trovo una carotina, con il suo ciuffo verdino in cima, piccola quando un mignolo di bambino. “Plaf” sorge un finocchietto poi un sedanino filamentoso completo nelle sue forme; il tutto raffrescato da un’aria leggera di anice, (senza retrogusto pungente di alcol e saporacci impertinenti). È una giga di contrasti: troppo semplice scarmigliare il palato con note di testa stucchevoli e pungenti che fanno a botte tra di loro. Il tempo del “passo a due” dello schiaccianoci di Tchaikovsky perfeziona l’atmosfera suggestiva. Avevo bisogno della conferma che il cerimoniale natalizio ègioioso anche senza crapule interminabili ed abbuffa-

te conviviali. Ringrazio per il tovagliato chiarissmo, che evita lo sconquasso di coloracci sgargianti, le candele non profumate, i colori pastello e la musica avvolta nelle luci soffuse della sala, tutta per me. E ancora, la cura nel presentare le creazioni culinarie con innovazione, senza scadere nell’apparenza scenica. La brigata di cucina di Juan Lapin ha allientato una esploratrice del mondo e del gusto, che tanto ancora deve peregrinare. Sento molto parlare di mal di spirito, e di rimedi alla malinconia; talvolta può bastare, lasciarsi trasportare da una curiosità. Auguri a tutti di conoscere degustando perchè sapore è sapere.

sopra e accanto

Una delle sale del Rsitorante Rubacuori


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pizza e pasta italiana

LA CUCINA DEGLI ALTRI

In Svezia, il nord a tavola

I

colori pastello e le forme eleganti senza alcuna leziosità disegnano edifici che sembrano appartenere ad una scenografia più che ad una città reale. Gli occhi incontrano la semplicità e ne rimangono affascinati. Passeggiare per Gamla Stan, il cuore storico e geografico di Stoccolma, fondato nel 1252 nel lembo di terra in cui le acque del lago Mälaren, ad ovest, incontrano quelle del Mar Baltico, ad est, è il modo migliore per capire la cucina della Svezia. Formata da 14 isole maggiori e da un territorio che arriva a comprendere in totale 30 mila isolotti, la capitale svedese mostra un volto aperto, accogliente e cordiale: il centro medievale

in questa pagine Stortorget Gamla Stan Buildings

– staden mellan broarna, letteralmente “la città tra i ponti” – oltre a rappresentarne il nucleo fondativo, è anche la miglior chiave di lettura attraverso la quale conoscere ed apprezzare piatti e ricette che affondano le loro radici in una tradizione antica e che, con poco clamore e senza chiasso, sanno fare lentamente breccia nel cuore del visitatore curioso. I piatti svedesi ripropongono i sapori inconfondibili dei boschi, delle radure, degli altipiani, delle acque fredde e delle terre nordiche: se il passato remoto parla di difficoltà, in cucina il presente racconta la caparbietà e l’inventiva degli svedesi nel riuscire a trarre il meglio da una natura e da un clima meno favorevoli che in

di Caterina Vianello

altri paesi. Così quelli che erano semplicemente degli utili metodi di conservazione, utilizzati per allungare il più possibile la disponibilità degli alimenti nel corso dell’anno, sono diventati nel tempo dei sapori caratteristici: agrodolce (dove zucchero e aceto si alleano per garantire durata e sapore), marinato (in cui la coppia diventa quella di sale e aceto) e affumicato (nel quale il tipo di legno usato conferisce aroma e gusto agli ingredienti), tratteggiano dunque una gastronomia semplice, nella quale le materie prime sono esaltate e valorizzate. Protagonista assoluto della tavola svedese è il pesce: su tutti svettano salmoni e aringhe.



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pizza e pasta italiana

LA CUCINA DEGLI ALTRI

Assaggiate il gravad lax, salmone marinato con sale, zucchero e aneto, il laxpudding, sformato di salmone e la silltallrik (aringa) servita con le cipolle (löksill), con le spezie (kryddsill) o con la mostarda (senapsill). Saporito anche il janssons frestelse, uno sformato di patate, spratti (o papaline) sott’aceto e cipolle. Gli amanti della carne non temano di restare a bocca asciutta: vera e propria istituzione (tanto da essere inserita nella lista dei prodotti europei a marchio STG) è il falukorv una salsiccia di maiale che viene servita bollita, alla griglia o al forno; ancora maiale nel pytt i panna, una sorta di pasticcio, con patate e cipolle, o barbabietola tagliata a fette, assieme ad un uovo fritto; nel rotmos och fläskkorv, una saporita salsiccia bollita con le rape; nelle köttbullar, polpettine di carne (al maiale può essere aggiunto anche del manzo), fritte e servite con purè di patate, salsa a base di panna e confettura di lingon (un frutto di bosco simile al mirtillo).

a destra

Artsoppa med Flask, zuppa del giovedì con piselli gialli e maiale sotto

Gravad lax - salmone marinato con sale, zucchero e aneto

Provate infine le kåldolmar, foglie di cavolo ripiene di carne tritata di maiale (o manzo) e riso, cotte in padella o fritte e servite con patate e marmellata di lingon: una volta assaggiate, riconoscerete subito la tradizione dei dolma (o sarma), gli involtini di tradizione ottomana che prevedono l’utilizzo di foglie di vite o cavolo come gustoso involucro all’interno del quale cuocere carne e riso, arrivate in Svezia intorno al 1800. Sempre presenti sulla tavola svedese sono anche le zuppe: vi consigliamo la svampsoppa (ai funghi, ottima quella di porcini freschi), la tisdagssoppe, a base di orzo, latte e patate (è la zuppa del martedì, e la ärtsoppa med fläsk, con piselli gialli e maiale, tradizionalmente servita solo il giovedì. Se il freddo vi immobilizza e rende più difficili gli spostamenti (e gli assaggi), non temete di perdere i piatti descritti: in vostro aiuto arriva smörgårbord, un’invenzione gustosamente geniale. Si tratta infatti di un ricchissimo buffet, che riunisce in un’unica tavola quasi tutte le ricette calde e fredde più golose.



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pizza e pasta italiana

LA CUCINA DEGLI ALTRI Aggiungete il pane (il croccante e sottile knackebrod o quelli di segale, d'orzo tostato e il classico pane di frumento) e i formaggi (il più famoso è il västerbottens ost, stagionato, in genere servito insieme alle aringhe), e la vostra colazione si trasformerà in una abbuffata memorabile. La tradizione dolciaria svedese non è particolarmente ricca: da provare il kanelbulle, una sorta di focaccia dolce arrotolata a chiocciola e arricchita con cannella e uva passa e lo spettkaka, in cui un impasto fluido di fecola, uova e zucchero viene cotto allo spiedo attorno ad un cono metallico (raggiungendo un’altezza di un metro circa) e quindi glassato. Il periodo natalizio regala maggiori soddisfazioni: ecco i pepparkakor, i biscotti allo zenzero, cannella e chiodi di garofano, le lussekatter, pagnottine con zafferano e uva passa, e il risgrynsgröt, una sorte di budino di riso dolce arricchito dalla cannella. Grandi consumatori di caffè, gli svedesi amano molto i superalcolici: la produzione locale di birra svedese si concentra in particolare nella starköl (birra forte), mellanöl (birra media), e lättöl (birra leggera). Molto amata anche la brannvin (o schnapps), distillato ottenuto dalla fermentazione delle patate o cereali: sicuramente un ottimo antidoto contro il freddo, ma da consumare con moderazione.

a destra

Janssons Frestelse, sformato di patate sott'aceto e cipolle sotto

Koettbullar, polpette con contorno di patate


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OSSERVATORIO HOST 2015

Pulizia e H

ost 2015 sarà la vetrina internazionale delle attrezzature professionali dedicate al mondo della ristorazione e non solo: infatti troveranno spazio le più importanti novità nel settore della pulizia, dalle lavatrici alle lavastoviglie, dai prodotti per la pulizia fino agli abbattitori di fuliggine, questi ultimi strumenti diventati sempre più indispensabili per le pizzerie con forno a legna. Le normative igienico sanitarie vigenti in Italia sono molto rigide al riguardo, e molto spesso per aprire una pizzeria con forno a legna è obbligatorio addentrarsi in normative locali che variano non solo da regione a regione, ma da comune a comune, rendendo complicato e in taluni casi anche impossibile pensare di servire nel proprio locale pizze cotte con forno a legna, oppure qualsiasi altro tipo di alimento cotto sempre con le stesse modalità. Il problema che per molti anni è stato riscontrato riguardava soprattutto l’emissione di fuliggini dai camini e dalle canne fumarie dei forni, spesso incompatibili con le regolamentazioni condominiali e comunali. A questo problema che per anni ha pregiudicato l’attività di molti locali ha proposto la propria soluzione un’azienda che negli anni ha letteralmente conquistato il mercato, la Smoki di Cattolica.

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sanificazione L’azienda romagnola infatti da 20 anni offre la soluzione al problema delle emissioni di fuliggine, e sarà presente ad Host 2015, forte anche dei nuovi importanti traguardi raggiunti nel mercato americano. La soluzione proposta da Smoki è semplice e “green”: Il sistema di filtraggio si basa sull’acqua di rete riciclata dall’impianto, che filtra e depura i fumi e le particelle di fuliggine prodotte dalla combustione. Questa intuizione ha permesso a tanti proprietari di locali di rispettare le normative vigenti in fatto di emissione di fumi, anche perché tutti i sistemi di filtraggio by Smoki sono riconosciuti dall’Azienda Sanitaria Locale, su tutto il territorio. In cucina e in pizzeria vanno affrontate diverse problematiche relative all’igiene, si pensi che solo in Italia le normative che regolano questi aspetti fondamentali del lavoro, negli ultimi anni si sono moltiplicate. Diventa fondamentale per le aziende che operano nel settore della pulizia, proporre ai propri clienti soluzioni immediate, che garantiscano la massima igiene ed operatività. Un problema comune che molti pizzaioli avevano era il lavaggio delle vasche dove riporre la palline da pizza. Con misure che superavano di gran lunga le dimensioni delle più grandi lavastoviglie, molto spesso le vasche in pla-

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stica bianche, dovevano essere riposte in un angolo e lavate a fine serata. Krupps, nell’edizione 2013 di Host ha presentato la lavastoviglie Koral K1500 E, con vasca stampata, progettata per lavare piatti e stoviglie di dimensioni extralarge, dai piatti pizza, alle teglie, ai cesti da pane fino alle cassette per pizza. Fornita di cesto 50x60 in grado di lavare diverse tipologie di stoviglie, come piatti pizza, teglie GN 1/1 e pasticceria 60x40, cesti pane, cassette pizza e per macelleria e pentole, riesce a trattare un più elevato numero di stoviglie, grazie alle sue dimensioni, una profondità tradizionale di 77cm ed una maggiore larghezza di 72cm.

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pizza e pasta italiana

Il ritorno degli antichi grani italiani

— Crescono i fornai, i pasticcieri e i pizzaioli che impiegano gli antichi grani italiani e quelli selezionati nel corso del tempo da genetisti italiani —

L

a cultura alimentare italiana sta riscoprendo il valore della propria identità e la sta valorizzando, privilegiando sempre più, per quanto riguarda l’arte bianca, le farine degli antichi grani italiani o di quelli prodotti in Italia nel secolo scorso da genetisti italiani, il cui massimo rappresentante è stato Nazareno Strampelli (1866-1942). Prima, tuttavia, apriamo una finestra sull’antica Roma, dove troviamo il Farro (Triticum turgidum ssp dicoccum) che, fra i grani coltivati in Italia oltre duemila anni fa, era di gran lunga il più diffuso ed era la base dell’alimentazione delle legioni romane e trova ancora vasta richiesta nell’Italia centrale e ancor più in Garfagnana (area montuosa della provincia di Lucca).

di Laura Nascinben



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pizza e pasta italiana

Dal Khorasan al Senatore Cappelli — Grazie soprattutto all’americano Bob Quin, che, dal Montana (USA) ha lanciato nel mondo col marchio Kamut, ottenendo un incredibile successo, un grano antichissimo (importato dal Mediterraneo), anche in Italia è stata riscoperta l’esistenza da sempre di quello stesso grano, coltivato soprattutto nelle regioni centro meridionali e nelle isole. È il grano Khorasan: originario dell’omonima regione dell’Iran, un grano che nel corso dei secoli si è diffuso sulle sponde del Mediterraneo orientale, giungendo anche in Italia, dove è coltivato con crescente meritato successo ancora attualmente. Al grano Khorasan (Triticum turgidum, ssp turanicum), viene riconosciuto un elevato contenuto proteico e buoni valori di beta-carotene e selenio. Attualmente il grano duro Khorasan è, infatti, molto apprezzato dagli operatori dell’arte bianca e, soprattutto in Puglia, la sua coltivazione va progressivamente estendendosi, vista la crescente richiesta da panificatori e pizzaioli di semola di questo grano, davvero straordinario. Il Khorasan in Abruzzo e in altre aree è chiamato anche Saragolla e si tramanda che sia stato introdotto nel V secolo dopo Cristo in questa regione da una immigrazione di protobulgari provenienti dall’Egitto. Il nome Saragolla deriverebbe da Sarga che significa giallo e Golyo che significa seme, da cui “chicco giallo”. Altro grano molto interessante è il Graziella Ra, di antichissima origine egizia, portato in Italia meno di cinquant’anni fa da un archeologo di ritorno da una missione di scavi in Egitto, valorizzato e lanciato alla fine degli scorsi anni ’70 dal partigiano-agronomo Paride Allegri (1920-2012), uno dei massimi esponenti dell’Associazione italiana biodinamica. Attualmente questo ottimo grano è coltivato soprattutto nelle Marche ed è particolarmente ricco di proteine, sali minerali e selenio. Il nome gli è stato dato da Paride Allegri in ricordo della figlia dell’archeologo, morta tragicamente nel corso della guerra partigiana sull’Appennino.

a lato Nazareno Strampelli

Molto importante e apprezzato dai produttori di pasta è il grano Senatore Cappelli, uno degli incroci più riusciti di Nazareno Strampelli. Si tratta è una cultivar di grano duro autunnale ottenuta agli inizi del secolo scorso presso il Centro di Ricerca per la Cerealicoltura di Foggia, per selezione genealogica della popolazione nord-africana “Jenah Rhetifah”. Lanciata nel 1915, la nuova varietà di frumento fu dedicata al marchese abruzzese Raffaele Cappelli, senatore del Regno d'Italia, che, negli ultimi anni dell'Ottocento, assieme al fratello Antonio, aveva avviato le trasformazioni agrarie in Puglia e sostenuto lo Strampelli nella sua attività, mettendogli a disposizione campi sperimentali, laboratori ed altre risorse. Questo grano davvero straordinario è ancora coltivato dopo un secolo, in particolare nel meridione d'Italia (Basilicata, Puglia, Sardegna) ma anche nelle Marche, per la produzione di pasta di qualità superiore, pane e pizza biologici, nicchia questa per la quale si va sviluppando un mercato in continuo aumento. Dagli inizi del secolo scorso fino agli anni '60 il Senatore Cappelli ha rappresentato la base del miglioramento genetico del frumento duro ed è infatti presente nel patrimonio genetico di quasi tutte le cultivar di grano duro oggi coltivate in Italia e di numerose altre a livello internazionale.



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pizza e pasta italiana

Ardito, Mentana e San Pastore — Ci soffermiamo, infine, su tre varietà di frumento tenero, che non solo hanno fatto la storia del grano in Italia nel secolo scorso, ma trovano ancora numerosi amatori. Cominciamo da l’Ardito, frumento tenero autunnale, costituito da Nazareno Strampelli nel 1920 con l'incrocio (Wilhelmina x Rieti) x Akagomughi. Fu una delle prime varietà costituite da incrocio, migliorando nettamente le scarse rese ottenute dalle popolazioni locali fino ad allora coltivate. Questa varietà si diffuse anche nel Veneto a partire dal 1930, ricoprendo per alcuni anni il 10-15% della superficie a frumento, prima di essere sostituita dalle nuove costituzioni dello Strampelli. Il Mentana è una varietà di frumento tenero ottenuta da Nazareno Strampelli nel 1923. Diffusa maggiormente intorno al 1940, la sua coltivazione ha raggiunto ben presto nel territorio nazionale 900.000 ettari, superando le altre varietà coltivate. La precocità di questa varietà consigliava semine ritardate o primaverili in particolare nell'Italia centromeridionale dove ha mantenuto nel tempo la maggiore diffusione. Concludiamo questa breve rassegna storica con il San Pastore 14. Questa varietà è stata ottenuta per rielezione ad opera di Cirillo Maliani, discepolo dello Strampelli, dalla varietà S. Pastore ottenuta da Nazareno Strampelli nel 1931 con l'incrocio Balilla x Villa Glori. Il S. Pastore famiglia 14 fu una delle più importanti varietà costituite nel nostro paese. È stata ampiamente coltivata in tutto il territorio nazionale dal 1954 al 1975, trovando diffusione anche all'estero. Nel periodo di massima diffusione ha superato largamente il milione di ettari. Nel Veneto era coltivato su circa 155.000 ettari (oltre il 50% della superficie a frumento). Il S. Pastore fam. 14 è caratterizzato da una ottima produzione, adatto alla pianura e alla media collina, con buona rusticità della pianta e tolleranza verso le malattie.

Verso il futuro — C’è voglia di identità, che non significa becera chiusura nel localismo paesano. L’Italia è una parte importante dell’Europa, è Europa, immersa nella globalizzazione, ma ha il dovere di conservare la propria identità, nella cultura, nell’alimentazione, nella moda, nel solco di una civiltà che è nata in Grecia, s’è sviluppata a Roma, s’è evoluta col Cristianesimo, acquistando poi ulteriori apporti che fanno dell’Italia un Paese fra i più moderni e avanzati. Uno dei valori che caratterizzano l’Italia è l’alimentazione, infatti ovunque viene esaltata e presa ad esempio la “dieta mediterranea” italiana che si basa su prodotti del territorio. Ed anche il pane, i grissini, le pizze, i dolci devono allora essere figli di questa straordinaria dieta salutistica, prodotti con farine e semole da grani italiani. Per questo il futuro vedrà crescere ulteriormente nella Penisola gli antichi frumenti di casa nostra.

— Fine —



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IL DOLCE


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di Giovanna Allegra

I dolci vegani fanno naturalmente parte della cucina vegana che esclude totalmente l'uso di prodotti animali e loro derivati, come carne, pesce, latticini, uova, miele e pappa reale e si propone di puntare senza tentennamenti sulla qualità e la varietà dei cibi che si assumono. Privilegia il consumo di prodotti coltivati secondo il metodo di produzione da agricoltura biologica, per la maggior ricchezza di vitamine e minerali, punta all'uso di prodotti non raffinati, non idrogenati, non pastorizzati e privi di glutammato. Non è l’occasione adatta per affrontare qui il tema della cucina vegana che ha un suo spazio e una sua indubbia validità, premendoci di più sottolineare il fatto che dai primi singoli piatti vegetariani – in verità sempre esistiti – si è passati nel tempo a una dieta vegetariana con qualche permissione, come uova e formaggi, poi si è imposta decisamente la dieta totalmente vegetariana, quindi esclusivamente prodotti vegetali senza assolutamente latticini e uova, infine è arrivata la dieta vegana. Con questa dieta – cioè con questa scelta alimentare – i vegani non si accontentano di piatti con soli ingredienti vegetali, poiché viene compiuta una scelta anche fra questi, privilegiando i prodotti biologici e biodinamici.

Ma veniamo al dolce. Abituati come siamo a vedere i dolci carichi di burro – si pensi, ad esempio, al Panettone e al Pandoro – eliminare completamente questo ingrediente rende impossibile avvicinarci a un buon numero di dolci tradizionali eppure è possibile avere ugualmente dei dolci che rispettano le regole del veganismo che è non solo una scelta alimentare, ma, in un certo senso, un movimento ideale basato su uno stile di vita che rifiuta lo sfruttamento degli animali (per alimentazione, abbigliamento, spettacolo e ogni altro scopo). E poiché coloro che seguono questa cucina sono numerosi, anche fra i nostri lettori, mi piace in questo mese presentare loro un dolce che risponde in pieno alla loro linea nutrizionale. Credo poi che il dolce di questo mese, realizzato da un’ottima pasticcera, vada bene per tutti i commensali e i clienti di ristoranti e pizzerie, perché la bontà quando c’è, come in questo caso, piace sicuramente a tutti i buongustai. Mi permetto di aggiungere che, oltre che buona, questa torta al cioccolato e al profumo d’arancia è anche facile da realizzare e farebbe ottima figura e piacerebbe molto anche nel mondo della ristorazione, per cui mi permetto di consigliarla vivamente.


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feb. 2015

pizza e pasta italiana

IL DOLCE

Ingredienti per circa 8 persone 200 g di farina 150 g di fecola 200 g di zucchero 50 g di cacao amaro 50 ml di cointreau 150 ml olio di mais 150 ml complessivi tra acqua e il succo di 1 arancia spremuta Rapatura di 1 arancia 1/2 bustina di lievito Zucchero a velo per guarnire

Preparazione — In una ciotola mescola lo zucchero con il cacao amaro, quindi unisci la farina, la fecola e il lievito, poi anche gli ingredienti liquidi: acqua e succo d’arancia, cointreau e olio di mais. — Dà una mescolata e fa incorporare la rapatura d’arancia. — Amalgama il tutto fino a ottenere un impasto omogeneo. — Versa l’impasto in una tortiera oliata e infarinata e fa cuocere in forno preriscaldato a 170°C per circa 55 minuti. — Controlla il grado di cottura facendo la prova con lo stecchino. — Sforna, lascia raffreddare e cospargila, se gradito, con lo zucchero a velo.

Ricetta di Maria Teresa Sonego e foto di Paolo De Bastiani


La fiamma del gas dolce come la legna

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feb. 2014

pizza e pasta italiana

La grande rassegna dei formaggi veneti

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di Caterina Vianello

er primo arriva il profumo, anzi i profumi: dolce, di latte fresco, accanto ad un accenno di stagionatura più marcata, fino ad arrivare alla saggezza ruvida dei vecchi e degli stravecchi. A seguire, i colori: una tavolozza di sfumature, dal bianco all’avorio, dal giallo paglierino all’ocra, dal grigio al violaceo. Infine, munendosi di stuzzicadente, ecco obbligatorio l’assaggio, che apre ad un elenco infinito di sapori - di burro e di fieno, dolce e piccante, acidulo e vinoso – e di consistenze – morbide e fondenti, o più decise e dalla grana visibile. Questa autentica festa per naso, occhi e palato si chiama Caseus Veneti: da 10 anni il Veneto dedica infatti ai suoi migliori formaggi a marchio DOP e STG una manifestazione ad hoc, in cui caseifici, malgari e consorzi di tutela si sfidano a colpi di latte e caglio per ottenere il prestigioso riconoscimento di “migliore formaggio dell’anno”. Ospitato nel corso degli anni in sedi diverse, l’evento è l’occasione non solo per far conoscere le eccellenze casearie regionali ma anche per sottolineare il loro valore

culturale e territoriale: le ville che si sono succedute in questi dieci anni nell’offrire una dimora alla manifestazione (Villa Contarini a Piazzola sul Brenta, Castello Colleoni a Thiene, Villa Farsetti a Santa Maria di Sala e Villa Emo a Fanzolo di Vedelago, teatro dell’edizione 2014) sono altrettanti palcoscenici di grande fascino che ben raccontano il patrimonio architettonico veneto e rappresentano le più forti province d’origine dei formaggi in gara. Il numero dei “partecipanti” del 2014 – oltre 360 formaggi - testimonia l’incredibile ricchezza del Veneto in ambito caseario. Suddivisi in categorie tematiche - che comprendono i formaggi a marchio DOP, i tipici, gli stagionati, i freschi, le paste filate, gli erborinati, gli affinati: gli aromatizzati (al pepe, al fieno, alla birra), quelli con crosta fiorita o lavata, quelli di capra e gli affumicati - i concorrenti sono stati giudicati da una giuria di esperti Onaf che ha decretato i migliori 38, rosa dalla quale è stato poi selezionato il vincitore dell’edizione del 2014: il Piave DOP, prodotto da Lattebusche.


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feb. 2015

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CASEUS VENETI

in queste pagine: Ritratti dell'evento di Villa Emo

Pur dovendo inevitabilmente arrivare a un giudizio finale, vale la pena di ricordare che l’alto livello qualitativo dei formaggi presentati e la corrispondente competenza e maestria dei casari, dei malgari e degli affinatori ha reso piuttosto arduo il compito di decretare un migliore: il valore di una manifestazione come Caseus Veneti, quindi, va al di là della premiazione e diventa un’occasione preziosa per far conoscere, accanto ai prodotti a marchio DOP forti del sostegno dei consorzi di tutela, anche i formaggi di nicchia, frutto del lavoro faticoso dei piccoli caseifici di tradizione artigianale e delle malghe d’alpeggio. Se il Piave, nelle sue cinque stagionature (Fresco, tra 20 e 60 giorni; Mezzano, tra 61 e 180 giorni; Vecchio, oltre i 180 giorni; Vecchio Selezione Oro, oltre i 12 mesi; Vecchio Riserva, oltre 18 mesi) è stato incoronato in modo quasi unanime, raccontando la lunga tradizione bellunese delle latterie cooperative, le altre 6 DOP del Veneto non sono state da meno. Se la Casatella accompagna con dolcezza e profumo di latte la provincia di Treviso; l’Asiago fa scoprire l'altopiano vicentino, moltiplicandosi per quattro (dal delicato e pressato Fresco con almeno 20 giorni di stagionatura, a quello d'allevo, più deciso, che comprende il Mezzano – 4/6 mesi – il Vecchio – oltre i 10 mesi – e lo Stravecchio

– oltre i 15 mesi). Il Montasio conduce tra Treviso, Belluno, Venezia e Padova, anche se le sue origini sono decisamente friulane. Nato attorno al 1200 dalla perizia dei benedettini dell’Abbazia di Moggio Udinese, trova le prime certificazioni relative alla denominazione già nel 1775. Fresco (oltre i 60 giorni di stagionatura), Semistagionato (oltre i 4 mesi), Stagionato (oltre i 10 mesi) e Stravecchio (oltre i 18 mesi), assicura varietà di gusto e buona versatilità in cucina. Il Monte Veronese fa esplorare le Prealpi circostanti la città scaligera, un territorio che dalla zona montana della Lessinia si estende alla provincia settentrionale di Verona. Di origine cimbra e risalente al 13° secolo secondo alcuni, o lombarda e più recente (1400) secondo altri, il Monte veronese viene prodotto Fresco (da 25 giorni a 2 mesi) e Stagionato, da 2 a 4 mesi. Se Grana Padano, e Mozzarella STG non hanno bisogno di presentazioni, il Provolone Valpadana merita un breve cenno. Nato verso la seconda metà del secolo XIX, è il risultato del connubio tra la cultura casearia delle “paste filate” proveniente dal meridione d’Italia, e la vocazione lattiero-casearia del territorio della pianura padana. Il nome ne definisce la dimensione: più grande infatti della provola, diffusa nel Meridione, è prodotto in forme che possono raggiungere e superare anche i 100 kg di peso.


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feb. 2015

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CASEUS VENETI Per chi voglia approfondire la conoscenza del territorio veneto e per quanti, dopo aver assaggiato formaggi freschi, mezzani e stagionati, siano ancora “in forze” per altre esplorazioni gastronomiche, ecco un consiglio, anzi due: cercate, tra gli stand (e poi nelle gastronomie specializzate), il Morlacco del Grappa e il Bastardo. Il primo, risalente alla fine del 1400, racconta la storia della migrazione degli abitanti della Morlacchia, antica regione balcanica, riconoscibile nell’odierna Dalmazia, verso il massiccio del Grappa al tempo della Serenissima. I morlacchi lavoravano il latte delle vacche burline per ottenere e vendere burro: il morlacco, prodotto con il latte restante totalmente scremato era quindi un formaggio povero, di recupero. Provatelo e scoprirete come la povertà possa regalare grandi soddisfazioni. a lato Un trionfo di formaggi veneti in esposizione

Dalle dure condizioni della vita di malga deriva il Bastardo: il nome, secondo alcuni, deriva dall'usanza di mescolare latte di vacca a quello di pecora o capra; altri lo riconducono all'astuzia dei malgari, che trovandosi nell'impossibilità di produrre il morlacco per ragioni ambientali, realizzavano un ibrido, ispirandosi alla lavorazione dell'Asiago o del Montasio. Se i viaggi tra le forme del latte vi appassionano, vi consigliamo di appuntare in agenda Caseus Veneti 2015: scoprire una regione attraverso i suoi formaggi è infatti uno dei modi più intelligenti e gustosi per conoscere persone ed esplorare luoghi e territori.


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feb. 2015

pizza e pasta italiana

Vernaccia di San Giminiano: — la signora in bianco origini e storia

di Virgilio Pronzati

<…bacia, morde, lecca e picca e punge>. Così descrisse la Vernaccia Michelangelo Buonarroti il Giovane, ne “L’Aione” edito nel 1643. Un giudizio che, umanizzando il vino, gli si addice. Non fu il solo. Lo precedette nel 1541 Sante Lancerio bottigliere di Sua Santità Paolo III, elogiandone le qualità. Lo stesso il Redi nel suo Ditirambo. La fama del Vernaccia di San Gimignano ha almeno cinque secoli. Pochi altri vini possiedono un così ricco bagaglio storico. Già nel 1276 il commercio della Vernaccia prosperava. In certi documenti di quell’epoca, per la precisione gli “Ordinamenti della Gabella del Comune di San Gimignano” si parla dell’imposizione di una tassa di “tre soldi per ogni soma di Vernaccia fuori Comune” e dell’istituzione di un registro dei Provveditori o Pesatori di Vernaccia. Anche se controversa l’origine del vitigno, i secoli di ambientazione in loco, ne fa ormai un vitigno autoctono.


Orari manifestazione: dal 22 al 25 febbraio dalle ore 10:00 - 19:00 26 febbraio dalle ore 10:00 - 17:00 Con il patrocinio di:

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feb. 2015

pizza e pasta italiana

IL VINO

prima Doc d’Italia Il Vernaccia di San Gimignano è stato il primo vino italiano a essere insignito con la Doc nel 1966, e nel 1993, con la Docg. Il Disciplinare di produzione prevede quale area di produzione delle uve esclusivamente il territorio comunale di San Gimignano, e che il vino sia prodotto in vigneti composti per almeno l’85% dal vitigno Vernaccia di San Gimignano, consentendo una presenza massima del 15% di altri vitigni a bacca bianca non aromatici, idonei alla coltivazione per la Regione Toscana. Non è consentito l’impiego dei vitigni: Traminer, Muller Turgau, Moscato Bianco, Malvasia di Candia, Malvasia Istriana, Incrocio Bruni 54. I vitigni Sauvignon e Riesling possono concorrere nella misura massima (da soli o congiuntamente) del 10%. La gradazione alcolica minima 11,5%.

disciplinare Con le migliori uve selezionate si ottiene la tipologia Riserva, per la quale è previsto un periodo di affinamento non inferiore a 11 mesi in cantina (in acciaio o legno) ed un ulteriore periodo di affinamento di almeno 3 mesi in bottiglia prima dell’immissione al consumo. La resa per ettaro non deve superare i 9.000 kg. La vinificazione delle uve e l’affinamento del vino devono avvenire all’interno dell’area di produzione. La gradazione alcolica minima 12,5%. L’annata 2013 derivata da una vendemmia con un decorso stagionale non facile per una primavera fredda e piovosa, ma poi migliorata con giusta temperatura e insolazione, a quattro mesi dalla vendemmia ha confermato le positive attese. Il Vernaccia di San Gimignano 2013 si presenta al naso con spiccati profumi floreali, fruttati e vegetali di fiori d’acacia, pesca bianca, ananas, banana, mela e lieve d’erbe e fiori di campo, mentre in bocca si esprime con molta freschezza e sapidità, leggera nota minerale e di buona struttura e persistenza.


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feb. 2015

pizza e pasta italiana

IL VINO

dati e numeri del Vernaccia di San Gimignano I produttori di Vernaccia sul territorio sono 177 (di cui 130 imbottigliatori). Le aziende associate al Consorzio della Denominazione San Gimignano sono 115, di cui 70 imbottigliatori. Gli ettari coltivati sono 768, con un potenziale produttivo di 6,9 milioni di kg di uva, pari a 4,8 milioni di litri di vino. Nel 2009 la produzione di uva si è attestata sui 5,5 milioni di kg per una produzione totale di 3,8 milioni di litri di vino (5,1 milioni di bottiglie). Nel corso del 2013 sono stati imbottigliati 34.382 ettolitri di Vernaccia di San Gimignano dell’annata 2012, per un giro di affari di 27 milioni di Euro, pari alla metà di quello globale legato alla produzione del vino del territorio di San Gimignano, dove vengono prodotte anche le doc San Gimignano Rosso, Chianti e Chianti Colli Senesi, oltre agli IGT e al Vin Santo, per un valore complessivo di 54 milioni di Euro.

Le prime stime confermano un aumento della produzione del 10% rispetto al 2012. La certificazione delle partite di Vernaccia di San Gimignano 2013 è partita già nel mese di novembre, con 6.520 ettolitri certificati a fine gennaio (in linea con l’annata 2012), a dimostrazione del buon andamento del mercato della Vernaccia di San Gimignano registrato nel corso del 2013 e negli anni precedenti, con giacenze minime o nulle a fine anno dei prodotti delle annate precedenti. Il mercato principale della Vernaccia è quello italiano, cui è destinato circa il 60% delle bottiglie vendute (da rilevare che circa il 20% delle bottiglie è venduta sul territorio di San Gimignano). Il restante 40% è destinato al mercato estero ed è suddiviso principalmente tra due stati, la Germania (40%) e gli Usa (35%). Il terzo stato importatore è il Giappone, seguito da Inghilterra, Belgio, Olanda e Svizzera. Come per altri vini toscani Docg, il Vernaccia di San Gimignano ha sua Anteprima, giungendo quest’anno all’ottava edizione. In assaggio l’annata 2013 e, per la Riserva, le annate precedenti.

il Vernaccia di San Gimignano a tavola Riequilibria ed esalta primi e secondi piatti dai sapori paciosi e limitatamente sapidi come torte di verdure e ortaggi, riso e linguine con seppie, tortelli di patate e d’erbette, moscardini e mitili, zuppe di pesce in bianco, anguille e sgombri al verde. Godibile con pizza alla pugliese. Se d’annata e con piatti freddi o a temperatura ambiente, servirlo a 10°C (a 12°C), se Riserva a 12-13°C, sempre in calici con stelo alto.

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feb. 2015

pizza e pasta italiana

Moscato di Trani Doc Passito Liberty 2008

L’ Angolo del Vino

Franco Di Filippo www.mascatotrani.it info@moscatotrani.it

CATEGORIA Bianco dolce. Vitigno: Moscato

ASPETTO Limpidezza 4 Colore 5 PROFUMO Intensità 5 Persistenza 5 Finezza 5 Armonia 5 SAPORE Persistenza 5 Pienezza 5 Sapidità 4 Acidità /morbidezza 4 Armonia 4 GRADIMENTO Ottimo 4 PUNTI TOTALI

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di Virgilio Pronzati

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Reale. Bottiglia: 50 cl. Alcol: 14%. Lotto: 76/2013. Bottiglie prodotte: 10.000. Prezzo medio in enoteca: € 21,00 Conservazione: nella cantina, in posizione coricata su ripiani adibiti ai vini bianchi passiti di lungo affinamento, a una temperatura compresa tra i 12 e i 14°C. Evoluzione: quasi pronto. Tempo di consumo: ancora 3-4 anni. Servizio: mescere a 8°C in calici a tulipano con stelo alto. Abbinamento: pastiera napoletana, biscotti di mandorle, torta Elena, dolci di pasta di mandorla. Ottimo da conversazione.

ESAME ORGANOLETTICO Alla vista è cristallino, di colore giallo dorato intenso e vivo. Al naso si presenta intenso, persistente, fine, ampio, discretamente complesso, varietale, con netti sentori fruttati, vegetali e speziati di buccia d’arancia amara candita, confettura di albicocca e pesca bianca, mela cotogna matura, zafferano, e lievi di foglie d’alloro e mentastro secche, minerali e oleandro. In bocca è equilibratamente dolce, sufficientemente fresco, molto sapido, caldo, di buona struttura e persistenza aromatica, con gradevole fondo sapido-amarognolo. Retrogusto: vena dolce e note fruttate, vegetali e speziate.

CONSIDERAZIONI Molto buono. Ottenuto da selezionate uve omonime raccolte in ottobre e completamente passite. Vinificazione: le uve diraspate e pigiate sono fatte macerare a freddo per 24 ore. Dopo la pressatura soffice e la pulizia del mosto, avviene la lenta fermentazione alcolica (durata di circa due mesi) a temperatura controllata in botti d’acciaio inox. Seguono la maturazione del vino per alcuni anni in botti d’acciaio inox, e altri 6 mesi d’affinamento in bottiglia.


l’angolo del vino

Grignolino del Monferrato Casalese Doc Bricco Mondalino 2013

Botticino Doc 2007 Tenuta Bettina

Azienda Agricola Gaudio

Azienda Vinicola Emilio Franzoni snc

Cascina Mondalino

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ASPETTO Limpidezza 4 Colore 5 PROFUMO Intensità 5 Persistenza 5 Finezza 5 Armonia 4 SAPORE Persistenza 5 Pienezza 5 Sapidità 4 Acidità /morbidezza 4 Armonia 4 GRADIMENTO Ottimo 4 PUNTI TOTALI

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/60

CATEGORIA Rosso secco. Vitigno: Grignolino - Bottiglia: 75 cl - Alcol: 13,5%. Lotto: 03/09/14 - Fascetta Doc AAIM 05787980. Bottiglie prodotte: 4.000. Prezzo medio in enoteca: € 15,60. Conservazione: nella cantina, in posizione coricata su ripiani adibiti ai vini rossi di leggero affinamento, a una temperatura compresa tra i 12 e i 14°C. Evoluzione: giovane. Tempo di consumo: ancora 3-4 anni. Servizio: mescere a 16-17°C in calici con stelo medio. Abbinamento: salumi di media stagionatura, ravioli e cannelloni con ragù di carne, carne alla pizzaiola, pollo allo spiedo.

ESAME ORGANOLETTICO Alla vista è limpido, di colore rubino abbastanza intenso. Al naso si presenta molto intenso e persistente, fine, con netti sentori di rosa selvatica, mora di rovo, ciliegia e corbezzolo maturi, umori boschivi balsamici e pepe bianco macinato. In bocca è secco, giustamente fresco e sapido, con netta e tipica vena tannica, caldo, pieno ma snello, persistente, con gradevole fondo amarognolo. Retrogusto: vena fresca e tannica, e note floreali, fruttate, vegetale-balsamiche e speziate.

CONSIDERAZIONI Molto buono. Ottenuto da scelte uve omonime di vitigni dell’età media di 40 anni, pigiadiraspate, fatte macerare prima per 8 giorni a 16-20°C e poi fermentate per 14 giorni in botti d’acciaio inox, con agitazione delle fecce per altri 30 giorni. Segue una maturazione di vari mesi in acciaio e 4 mesi d’affinamento in bottiglia.

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ASPETTO Limpidezza 4 Colore 5 PROFUMO Intensità4 Persistenza 4 Finezza 4 Armonia 4 SAPORE Persistenza 5 Pienezza 4 Sapidità 4 Acidità /morbidezza 4 Armonia 4 GRADIMENTO Ottimo 4 PUNTI TOTALI

50

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CATEGORIA Rosso secco. Vitigni: Barbera, Marzemino, Sangiovese e Schiava gentile. Bottiglia: 75 cl. Alcol: 13%. Lotto: 0942. Prezzo medio in enoteca: € 10,00. Conservazione: nella cantina, in posizione coricata su ripiani adibiti ai vini rossi di medio-lungo affinamento, a una temperatura compresa tra i 12 e i 14°C. Evoluzione: quasi pronto. Tempo di consumo: ancora 2-3 anni. Servizio: mescere a 16-17°C in calici con stelo medio. Abbinamento: primi piatti di pasta farcita con sugo d’arrosto, coniglio in casseruola, pollo al forno e Bitto di media stagionatura.

ESAME ORGANOLETTICO All’aspetto è limpido, di colore rubino carico. Al naso si presenta intenso e persistente, sufficientemente fine per leggera pungenza, con sentori fruttati, vegetali, speziati di ribes rosso, amarena, mora e corbezzolo giustamente maturi, erbe quasi secche di campo, pepe bianco e lieve boisé. In bocca è secco, molto fresco, sapido, abbastanza caldo, leggermente astringente, discretamente pieno e continuo, con fondo amarognolo. Al retrogusto: vena tannica e note fruttata, vegetale e speziata.

CONSIDERAZIONI Buono. Ottenuto da scelte uve Barbera (35%), Marzemino (30%), Sangiovese (25%) e Schiava gentile (10%). Dopo le fermentazioni alcolica e malolattica, il vino matura alcuni anni in botti d’acciaio di cui dieci mesi in botti di rovere da 30 ettolitri.


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feb. 2015

pizza e pasta italiana

L’arrivo della Birra negli USA Nell’America del Nord birra e politica s’intrecciarono fin dai tempi di George Washington

di Laura Nascinben


la birra

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L

a storia della birra nell’America del Nord – in questo mese ci soffermiamo sugli Stati Uniti – è legata all’arrivo dei primi colonizzatori inglesi, i quali venivano da un paese, l’Inghilterra, molto legato alla birra. Ma gli esordi della birra nel Nord America non furono certo facili, tutt’altro, per una serie di motivi. Innanzi tutto il territorio dove si fermarono i coloni – lungo la costa orientale del Nuovo Continente e, soprattutto, in Virginia – non aveva un’agricoltura in grado di produrre gli ingredienti principali per ottenere la birra: una buona acqua, l’orzo e il luppolo. Pur tentando di seminarlo, l’orzo faticava a crescere sia in Virginia, che è stata la prima colonia, che più a Nord, nel New England ed era difficilissimo poi importarlo, sia perché risultava troppo costoso sia anche perché la madrepatria, cioè l’Inghilterra, ne utilizzava quasi l’intera produzione e la quantità esportabile era troppo poca. Ma quei primi coloni e i loro discendenti s’ingegnarono a produrre delle bevande che assomigliassero in qualche modo alla birra, impiegando melassa, zucca essiccata e anche, si tramanda, dei pezzi di legno dell’albero del noce.

Birra, rum e whisky

C

ol passare del tempo e il susseguirsi delle generazioni cambiarono anche i gusti e i superalcolici – whisky, rum ed altre bevande ricche di alcool - entrarono decisamente nelle preferenze degli abitanti, anche perché costavano meno della birra e sul finire del ‘700 il rapporto birra-superalcolici era di 1 a 10 e, basandosi sull’alcool consumato si è scoperto che all’inizio dell’800 era di 1 a 200. Per produrre la birra servono non solo orzo, luppolo e della buona acqua, ma anche un clima favorevole e delle strutture produttive stabili, tutte cose di difficile reperibilità, per cui nelle 13 colonie della fascia orientale whisky, rum ed altri liquori la fecero da padroni per lungo tempo.


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pizza e pasta italiana

George Washington e Thomas Jefferson

A

questo punto della nostra storia entra in scena un dinamico uomo d’affari, poi militare e politico, George Washington (1732-1799), il futuro primo Presidente degli Stati Uniti d’America. Aveva iniziato la sua attività come distillatore e aveva a sua disposizione numerosi prodotti e la birra era uno dei prodotti più richiesti dai suoi clienti. Per averne, s’era impegnato a produrre una bevanda che le assomigliasse e che fosse gradevole e, nel contempo, igienicamente sicura sia per i proprietari terrieri come per gli schiavi. Il suo impegno non diede tuttavia i risultati sperati e, quando abbracciò la carriera militare – diventò il comandante dell’esercito nella guerra di indipendenza americana – che lo portò poi a diventare il primo Presidente americano, abbandonò la precedente attività di imprenditore e distillatore. Dopo la dichiarazione di indipendenza delle colonie americane dall’Inghilterra del 1776, un altro giovane imprenditore, Thomas Jefferson (1743-1826) si interessò alla produzione di birra. Jefferson s’era accorto che l’esagerato consumo di superalcolici produceva non pochi danni nella popolazione e non solo a quella maschile, per cui fece fare degli esperimenti nella sua tenuta di Monticello, con lo scopo di produrre le materie prime necessarie per confezionare una buona birra. Gli esperimenti non diedero però risultati apprezzabili e anche Jefferson preferì impegnarsi in politica, tanto da diventare, nel 1801, il terzo Presidente americano, eletto per due mandati, fino al 1809.

Tedeschi e Olandesi

S

e i discendenti dei coloni inglesi non ebbero fortuna con la produzione della birra, non così successe ai coloni di origine tedesca e olandese che si fermarono soprattutto nel Massachusetts e anche a New York. Coloro che erano arrivati da Germania e Olanda non privilegiarono, come gli immigrati dalla Gran Bretagna i superalcolici, restando legati alle loro birre. Alcuni di loro, che conoscevano sia le materie prime che le tecniche di produzione, si stabilirono in zone dove c’era della buona acqua e si poteva coltivare positivamente l’orzo per cui riuscirono a produrre finalmente della birra gradevole. Gli Olandesi poi, approdati nel

1630 sulla costa in una zona che apparve favorevole, vi costruirono un nucleo abitato che chiamarono Nuova Amsterdan (l’attuale New York) e appena due anni dopo, nel 1632, cominciarono a produrre birra in gran quantità e i nuovi birrifici davano su una strada molto frequentata che venne chiamata Brouwer Street, cioè Via dei Birrai. Trent’anni dopo, nel 1664, la Nuova Olanda fu ceduta agli inglesi che continuarono a produrre birra, ma il più importante centro produttivo divenne allora Philadelphia dove si producevano delle porter e delle ale vendute fino all’interno del continente nordamericano, per arrivare, infine, alla rivoluzione delle lager.



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pizza e pasta italiana

IL BAR

I liquori a base di anice Sambuca, anisetta, pastis, mistrà, pernod sono solo alcuni nomi di liquori aromatizzati con l’anice.

di Gianandrea Rorato

F

in dai tempi antichi l’anice ha rappresentato un aromatizzante di grande interesse e già gli Egizi, poi i Greci ed anche i Romani di duemila anni or sono lo utilizzavano per dare gusto alle vivande a base di pollo, maiale, verdure e piccoli biscotti digestivi. Sempre i Romani amavano bere vino con acqua e anice e preparavano il vinum hippocraticum aromatizzandolo anche con l’anice. Dal Medio Oriente antico si diffuse nel bacino del Mediterraneo e da lì in Europa, tanto che nel Medioevo era un ingrediente di numerose ricette in quasi tutti i paesi. Fin dall’antichità, dunque, nei Paesi bagnati dal Mediterraneo si producono bevande aromatizzate con anice, come il raki, bevanda nazionale della Turchia, il rak o rakia in Egitto, l’arak in Libano, la mastika nei Paesi balcanici. In Grecia è diffuso l’ouzo, mentre prodotti analoghi si trovano in Spagna e in Portogallo.


il bar

Illicium verum

sambuca e anisetta

I

nnanzi tutto va detto che esistono diverse varietà di anice e precisamente: l’anice verde (Pimpinella anisum) della famiglia delle Apiaceae, il più conosciuto in Occidente; l’anice stellato (Illicium verum), i cui frutti hanno la ben nota forma a stella ed è arrivato in Occidente solo alla fine del ‘600, molto amato in Oriente; l’anice pepato ((Xanthoxylum piperitium), molto presente nella cucina orientale assieme all’anice stellato. In Italia l’anice gode di buona fama nell’arte liquoristica A partire dalle sambuche, liquori dolci ottenuti da essenze di anice stellato e/o anice verde (le due varietà della pianta impiegate in liquoristica), con l’aggiunta di alcool e di almeno 350 grammi di zucchero per litro. La marca più conosciuta di sambuca è senz’altro Molinari, leader storica di mercato; altri brand importanti sono la sambuca Ramazzotti, la sambuca Romana, prodotta dalla Pallini, particolarmente orientata all’export, e la sambuca Marchesi de’Bianchi. Un altro liquore dolce a base di anice, anche se con una quantità di zucchero inferiore rispetto alla sambuca, è l’anisetta, per la quale è impiegato l’anice verde. L’azienda italiana storica a questo riguardo è la Meletti di Ascoli Piceno, che vanta una lunga tradizione risalente al 1870, quando Silvio Meletti decise di migliorare un liquore a base di anice venduto nella bottega della madre e di creare così un prodotto in grado di competere con i migliori brand esteri. Mise dunque a punto un tipo particolare di alambicco e una ricetta che ancora oggi viene seguita fedelmente: il risultato è l’anisetta, le cui essenze sono estratte tutte a caldo per valorizzare al massimo il bouquet e il gusto della materia prima d’origine.

Sambuca flambeado

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pizza e pasta italiana

IL BAR

mistrà, pastis, pernod

D

ifferenti dalle sambuche e dalle anisette sono invece il mistrà e l’anice secco. Il mistrà prende probabilmente il nome dalla cittadina greca di Mistrà, conquistata nel 1687 dai Veneziani che importarono poi in Italia una bevanda locale secca al gusto di anice; tuttavia il nome alla francese fa pensare pos-

sa essere vero che il mistrà sia nato a Marsiglia, città battuta dal vento mistral (maestrale), che avrebbe dato il nome al prodotto. Il mistrà è un liquore secco ottimamente equilibrato, che soddisfa sia l’olfatto sia il palato ed è privo di sostanze zuccherine. Relativamente all’anice secco, molti sono i produttori artigianali che realizzano creazioni liquoristiche di pregio, custodendo gelosamente le loro ricette e i loro metodi di lavorazione. Un esempio di quanto abbiamo appena affermato è l’Anice Unico Tutone, prodotto a Palermo da 202 anni nel solco dell’antica usanza degli acquaioli siciliani di miscelare acqua e anice. Se valichiamo le Alpi troviamo in Francia un’altra grande e consolidata tradizione nel settore delle preparazioni alcoliche a base di anice, basti pensare che nel lontano 1263 è stato costituito l’Ordine transalpino degli Anisettieri del Re, che testimonia l’importanza assunta in Francia da queste bevande fin dal Medioevo. A Bordeaux si produce dal 1755 l’Anisette Marie Brizard, ottenuta dal pregiato anice verde dell’Andalusia: si tratta dell’anisetta più internazionale, conosciuta e apprezzata in tutto il mondo per la sua estrema delicatezza.

SI RI CA ONA R CE SSI CE ON

La Francia produce un’altra bevanda alcolica che da tempo è entrata nello stile di vita locale: si tratta del Pastis, ottenuto per macerazione in alcool di anice stellato, liquirizia e alcune altre piante aromatiche della Provenza. In Francia le aziende produttrici e marche di Pastis sono numerose e fra le più note ricordiamo Berger, Pastis 51 e Ricard. Diverso dal Pastis è il Pernod, conosciuto in tutto il mondo e distribuito in oltre 160 Paesi: tutti i suoi ingredienti vengono distillati, anziché macerati, e il suo contenuto di liquirizia è piuttosto limitato. Il suo bouquet è decisamente complesso, e il suo gusto è tipicamente secco. Le bevande alcoliche a base di anice, se non vengono filtrate a freddo, reagiscono a contatto con l’acqua fresca assumendo un aspetto opalescente. La ragione è data dalla presenza del principio attivo dell’anice, l’anetolo, che vi si trova in sospensione, e che a contatto con l’acqua forma dei cristalli opachi. Questa reazione chimica è considerata un segno evidente di genuinità e quindi di qualità. Ecco dunque come anche attualmente la liquoristica europea impiega l’anice con risultati decisamente interessanti.

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NOVITÀ DALLE AZIENDE

La famosa azienda friulana Sitta, che da più di 40 anni produce tronchetti e materiale per il riscaldamento, ha riunito l’intero comparto commerciale per creare una forza sinergica strategica. Lo scorso 19 dicembre Sitta ha dato vita ad un incontro davvero interessante con tutta la forza vendita, tenutosi nel lussuoso Castello di Spessa sede anche della tenuta vinicola Pali, nel cuore del Collio Goriziano, poco distante dal confine con la Slovenia. L’azienda propone una vastissima gamma di prodotti, tra i quali mettiamo in evidenza i tronchetti per la pizzeria, riguardando da vicino il nostro settore. La nostra rivista era presente alla giornata assieme al Direttore Tecnico della Scuola Italiana Pizzaioli Graziano Bertuzzo il quale, assieme alla proprietà, ha dato dimostrazione del vantaggioso utilizzo dei tronchetti Sitta e di come sfornare ottimi prodotti da forno utilizzando tale combustibile.

sotto Da sx Graziano Bertuzzo, Direttore Tecnico della Scuola Italiana Pizzaioli; Paolo Aggio, Export Manager di Sitta e Gianni Gattel, CEO & General Manager

La storia di Sitta in breve Dal 1976 SITTA Srl a San Giovanni al Natisone, nel cuore del Friuli Orientale, produce trucioli, segature, farine di legno, tronchetti e pellet ricavati dal recupero degli scarti di lavorazione del legno vergine, de-cortecciato ed essiccato di pregiata qualità. Tutto è nato da un'idea semplice, sviluppata e migliorata nel corso degli anni attraverso studi mirati, esperienza e una buona dose di lungimiranza:

il recupero di una preziosa materia prima che veniva considerata come un costoso rifiuto da eliminare. I soci fondatori di SITTA hanno restituito valore a questi scarti recuperandoli, selezionandoli e trasformandoli in lettiere di qualità per cavalli e bovini. Nel corso degli anni, poi, la produzione si è evoluta fino ad arrivare a prodotti più raffinati e tecnicamente più evoluti quali pellet, tronchetti per pizzeria e panifici e prodotti per l'industria ed infine lettiere per piccoli animali domestici. Benessere eco innovativo SITTA vuole fornire ai suoi clienti l'esperienza di prodotti unici per i settori della cottura dei cibi, del riscaldamento domestico, dell'ippica e degli animali domestici. Tutti i prodotti sono caratterizzati dall'uso responsabile di materie prime - faggio e abete - risultanti dal recupero di legni vergini essiccati. SITTA vuole essere il punto di riferimento per lo sviluppo di prodotti innovativi attraverso la ricerca, aumentando così il grado di benessere degli utilizzatori in modo sostenibile. L'innovazione di SITTA è scritta nella storia dei suoi prodotti, tra i primi a produrre pellet e prima a proporre un'idea innovativa come i tronchetti di legno per la cottura della pizza in forno. Il lavoro in azienda è oggi completamente automatizzato per garantire una qualità costante dei prodotti e delle confezioni. Fiducia dei clienti, presenza sul mercato e continuità nella ricerca sono i cardini della società.



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pizza e pasta italiana

Non per le Guide ma per i Clienti Più che agli ispettori delle Guide gastronomiche la ristorazione deve lavorare con serietà per i propri clienti

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ovrebbe essere una regola universalmente condivisa, ma non sempre è così: certo, sarebbe l’ideale piacere agli ispettori delle guide gastronomiche e farli uscire contenti, magari entusiasti, dal proprio locale. Ma la ricerca di un loro positivo giudizio non deve essere la prima preoccupazione, ma la conseguenza di un comportamento professionale che impegna chi opera in ristorante tutti i giorni dell’anno. E conviene ribadire subito che far bene o far male ha gli stessi costi, ma far bene attira clienti e li conserva, mentre far male fa perdere clienti e può far fallire il ristorante. Per fare bene ci sono da sempre alcune regole da seguire, ben conosciute dai ristoratori e ci piacerebbe

che venissero diligentemente illustrate e inculcate agli allievi e agli studenti degli Istituti e delle Scuole Alberghiere, oltre che essere sempre tenute presenti dai titolari dei ristoranti e dalle brigate di cucina e di sala.

di Nives Piva


questione di gusto

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Educazione, cortesia e professionalità in sala

I

n questo mese ci soffermiamo su alcuni aspetti che riguardano in particolare il personale che lavora in sala – maître, camerieri, sommelier – mai dimenticando che i ristoranti sono, come pure le pizzerie, le enoteche, ecc., oltre a tante altre cose, delle colonne portanti del movimento turistico e quindi occasione di lavoro per molti, soprattutto giovani, e fonte di reddito per la proprietà e per l’economia italiana. Giova dunque ribadire che il personale che lavora in sala deve presentarsi sul posto di lavoro in modo ineccepibile nella persona e nell’abbigliamento e avere un comportamento e un linguaggio parimenti ineccepibile, come avviene nei ristoranti più famosi (porto come esempio La Pergola dell’Hotel Cavalieri Rome, uno dei migliori anche sotto questo aspetto). Chi opera in sala deve dunque presentarsi sempre in ordine, ben sbarbato (i maschi), assolutamente senza piercing infilzati nelle parti visibili del corpo, con i capelli in ordine e non al vento (il personale maschile con capelli corti e ben curati, quello femminile con capelli raccolti), con un abito adatto (la divisa di servizio) pulito e non stropicciato, con calzature adeguate e ciascuno deve emanare un odore di pulito, quindi senza profumi che infastidiscano i clienti. E non basta essere puliti e in ordine, ma occorre che il personale di sala dia ai clienti l’immagine della pulizia e dell’ordine e credo non serva motivare questa esigenza se non aggiungere che queste persone, oltre ad essere a contatto coi clienti, sono a contatto con il cibo che portano in tavola. È molto importante e qualificante che il personale sia solare e faccia intendere a chi entra che quel ristorante è un luogo sereno e tranquillo e lo faccia intendere accogliendo i clienti con un bel sorriso, in modo che i nuovi arrivati si trovino subito a proprio agio e non si sentano in imbarazzo (come succede in qualche ristorante stellato che richiede ai clienti, traguardati dall’alto in basso, oltre spesso prezzi elevati, anche comportamenti più severi che in chiesa, a volte addirittura superbi e sprezzanti). Se poi qualcuno del personale ha dei problemi propri

non deve assolutamente farli pesare sui clienti che entrano in ristorante per trascorrere un’ora serena, con attorno persone serene. È ottima pratica evitare che i clienti appena entrati restino fermi e insalutati sulla porta, per cui la sala non deve mai essere sguarnita e la bravura del personale è quella di fare in modo che ci sia sempre qualcuno fin quando c’è la possibilità che arrivino nuovi clienti, per poterli immediatamente

accogliere e accompagnare al tavolo. È evidente che ogni cliente deve essere accolto bene, come un ospite atteso e desiderato, facendo attenzione che non succeda quello che ho purtroppo avuto l’occasione di vedere e cioè che entrando in un ristorante, trattoria o pizzeria, si abbia l’impressione di fare un dispiacere, come se si recasse un disturbo. In casi simili è bene che il locale chiuda i battenti per sempre.

La professionalità del personale di sala

O

ggi chi opera in sala deve essere un vero professionista, anche in pizzeria, dove spesso lavorano degli studenti o dei giovani volonterosi che non hanno frequentato le Scuole Alberghiere. E la bravura dei titolari del locale o di un anziano dipendente qualificato sta proprio nell’addestrare il personale più giovane o avventizio, insegnando come accogliere, come salutare, come accompagnare al tavolo, come proporre la Carta dei piatti e, se ci sono, quella dei Vini, delle Birre, dei Dessert e delle Acque, come poi raccogliere gli ordini e come servire al tavolo sia i piatti che le bevande. La professionalità non si ferma a far bene le operazioni appena descritte, poiché da

tempo in ogni locale italiano – ristorante, pizzeria, bar, enoteca, ecc. – arriva sempre qualche straniero, per cui la conoscenza delle lingue estere, sicuramente l’inglese, ma anche il tedesco nelle regioni di Nordest, il francese nel Nordovest e magari ormai ovunque il russo, il cinese e l’arabo, risulta indispensabile. Essere bravi professionisti esige dunque una seria preparazione, una buona cultura, un deciso impegno, una grande dedizione e la volontà di emergere e, come è già successo, più d’un giovane entrato come aiuto cameriere ha scalato la carriera fino a diventare grande e stimato direttore. E questa deve essere la meta cui dovrebbe guardare ogni giovane che inizia il proprio servizio in sala ristorante.



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pizza e pasta italiana

S E S TA PART E

IMPARIAMO A

CONSERVARE L

a scelta degli ingredienti è una fase assolutamente cruciale per il processo di produzione delle conserve.

Dott.ssa Marisa Cammarano biologa nutrizionista

Per ottenere conserve di frutta e di verdura che mantengano intatti i sapori, gli aromi e le fragranze delle materie prime, è ideale scegliere sempre prodotti di stagione, perché più ricchi di sali minerali, vitamine e nutrienti. Nel periodo di massima produzione, oltre a poter essere acquistate a prezzi più convenienti, sicuramente frutta e verdura subiscono trattamenti di conservazione pre-vendita minori. Se si scelgono prodotti nazionali o locali (magari a km zero), tale rischio diminuisce sensibilmente. Il rischio che i vegetali possano contenere residui di pesticidi e antiparassitari può essere superato scegliendo prodotti biologici. Se infine si riesce ad utilizzare i prodotti del proprio orto, è consigliabile preparare le conserve entro 6-12 ore dalla raccolta. In caso contrario è consigliabile conservare le materie prime in frigorifero fino al momento dell’utilizzo. I vegetali devono avere una giusta maturazione. Prodotti troppo maturi potrebbero perdere la loro caratteristica

consistenza dopo i trattamenti di preparazione, mentre prodotti poco maturi, potrebbero risentire di una diminuzione del sapore. Non è consigliabile utilizzare le primizie perché hanno un contenuto di acqua più elevato ed una fragranza minore rispetto ai prodotti reperibili nel periodo di massima produzione. La conservazione dei vegetali freschi deve essere basata sull’azione combinata e sinergica di diversi trattamenti con l’obiettivo di ostacolare i microrganismi e ritardare la comparsa di alterazioni. Per ottenere conserve di ottima qualità, le materie prime devono essere di prima scelta, dovrebbero essere ispezionate con cura eliminando le parti che presentano ammaccature, imperfezioni e marciumi. Per facilitare la preparazione e le fasi di cottura, i vegetali dovrebbero essere selezionati in base alla taglia ed al grado di maturazione. L’aceto deve essere di vino, meglio se bianco. L’aceto di vino rosso infatti


A SHOW FLOOR WITH EVERYTHING PIZZA

Jason Dorsey brings his highenergy and comic observations about generational differences to our kick-off session at Pizza Expo 2015. His edgy humor leads to useful recommendations for better managing young staff members and wooing Millennial customers. Jason will tailor his message to pizza-concept restaurant owners and managers, providing a booster shot of fun and provocative ideas to get you started at Pizza Expo.

Co-owner of 37 Chicago deepdish, Lou Malnati’s pizzerias, Marc Malnati has appeared on Food Network and Travel Channel shows. Marc recently made a splash for Chicago pizza by going video-to-video with Jon Stewart after Stewart dismissed the Windy City’s deep-dish pizzas during a Daily Show segment. Marc will discuss his role in successfully branding Lou Malnati’s and describe the company’s growth.

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PIZZA EXPO BLOCK PARTY & WORLD PIZZA GAMES FINALS

SIP AND LEARN Devoted to the natural pairing of your crafted-with-care pizzas and the proliferating selection of craft beers, the Pavilion features samples for attendees from top U.S. breweries. You’ll get to taste flavorful lagers, ales and other styles that match the artisan caliber of your pizzas— and in the process find some new labels to add to your beer cooler. In addition, craft beer will be a topic in the seminar hall and on the demonstration stage.

BEER & BULL IDEA EXCHANGE You’ve just complete a simultaneously exhausting and exhilarating day at Expo. Your feet hurt, but your head is overflowing with ideas to consider for your business. Well, take a load off with a brew (a craft beer if you prefer) and enjoy the opportunity to sit at a table with your peers to discuss topof-mind issues. You’ll be amazed at how willingly your colleagues share concerns and solutions.

PIZZERIA INDUSTRY EXPERTS SHARE THIER KNOWLEDGE AT INTERNATIONAL PIZZA EXPO KEYNOTE 2: MARC MALNATI

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You’ll have access to the industry’s biggest marketplace—for businessenhancing products, services and ideas—7,500-plus attendees and 1,100 booths in a space the size of nearly six football fields. Everything a pizzeria owners needs or wants to run a more profitable business will be right here. It’s all pizza and it’s all for you at the world’s largest pizza trade show. Find deals, make purchases, forge connections at Pizza Expo.

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Exhibit Hall Open March 24-26 • Las Vegas Convention Center www.PizzaExpo.com • (800) 489-8324 • (502) 736-9500

BRATI LE

FACEBOOK AND

2015’S HIGHLY COVETED WORLD CHAMPIONSHIPS — CULMINATING WITH THE PIZZA MAKER OF THE YEAR BAKE OFF Plan to see—and taste—the entries in the IPC Traditional, Non-Traditional, Pizza Napoletana and Pan divisions. The winners of each division takes home a cash prize and becomes a qualifier in the World Champion Pizza Maker of the Year mystery-ingredient bake-off at show’s end. And returning for a second year in 2015: a GlutenFree Division competing on Thursday. In addition, four past champions will take part in a special “Best of the Best” blindbox competition on Thursday.

We’ve lined up our best-ever roster of presenters for the 2015 regularsession education program, free for all registered attendees. During the Tuesday through Thursday morning and afternoon sessions you’ll hear from 23 of your peers, each a working pizzeria professional, sharing knowledge on a variety of subjects. There also will be 15 restaurant industry experts and consultants covering on-target topics for your business. Don’t miss out on your opportunity to learn from Pizza Expo’s in-the-know speakers.

FOLLOW US ON

Our big thank-you to all attendees for coming to Pizza Expo serves up a stimulating variety of food, drink, entertainment and games in a causal setting where you can relax with fellow pizza professionals. The main stage will feature music by the energetic contemporary pop band Dollface as well as the finals of ever-popular Freestyle Acrobatic Dough-Tossing competition. Cornhole and money booth contests will be ongoing, beer, wine and spirits flowing, and specialty food items handed out at booths and stations throughout the big party space. Wind down and socialize as we celebrate the annual coming together of the pizza universe.

TWITTER@PIZZAEXPO


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pizza e pasta italiana

LA SCIENZA DELL’ALIMENTAZIONE contiene sostanze, chiamate antociani, che si ossidano facilmente. Inoltre l’utilizzo dell’aceto di vino bianco impartisce alle verdure un colore più naturale. Essenziale nella scelta dell’aceto è il quantitativo di acido acetico dichiarato in etichetta (sotto l’indicazione acidità), che non deve essere inferiore al 5%. L’olio deve essere di primissima qualità. Si raccomanda l’utilizzo di olio extravergine di oliva. Per quanto riguarda lo zucchero, è consigliabile usare quello semolato perché non altera il sapore e il profumo della frutta. In sostituzione si può trovare in commercio uno zucchero speciale per confetture che contiene anche la pectina. Per le conserve sotto sale si consiglia l’uso di sale marino. Il sale raffinato può, tuttavia, essere utilizzato per insaporire le conserve.

SELEZIONE E LAVAGGIO DEI PRODOTTI Le materie prime utilizzate per la preparazione delle conserve dovrebbero essere processate al più presto possibile dopo la raccolta per evitare la perdita di alcune delle loro caratteristiche organolettiche e nutrizionali. È necessario lavare le materie prime sotto acqua corrente in modo da eliminare le particelle di terra ed altri eventuali residui. L’immersione per qualche minuto in acqua contenente bicarbonato di sodio può essere utile per ridurre le tracce di pesticidi dalla superficie esterna dei vegetali. Durante le operazioni di lavaggio, maneggiare i vegetali con cura onde evitare di provocare rotture delle relative parti. Dopo averli asciugati accuratamente, eliminare le eventuali parti danneggiate e quelle non edibili

come torsoli, noccioli e, a seconda dei casi, la buccia. In alcuni casi dopo questa fase, può essere utile risciacquare velocemente i prodotti per eliminare tutte le tracce delle parti tolte. In ultimo, è opportuno tagliare le materie prime con modalità diverse a seconda del tipo di prodotto e di preparazione che deve essere ottenuta. Se si preparano le confetture, è consigliabile non togliere la buccia della frutta (la buccia infatti contiene molta pectina che è responsabile dell’addensamento della confettura stessa). Alcuni prodotti dopo la sbucciatura e il taglio tendono ad assumere una colorazione bruna dovuta a fenomeni di ossidazione che possono essere rallentati fortemente trattando con succo di limone o mediante scottatura.



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pizza e pasta italiana

LA SCIENZA DELL’ALIMENTAZIONE

SCOTTATURA O BLANCHING La scottatura o blanching consiste nello scaldare i vegetali in acqua bollente o vapore per un breve periodo di tempo. Questa operazione è essenziale per tutti i vegetali che devono essere congelati e serve a bloccare l’azione degli enzimi che possono causare la perdita di sapore, colore e consistenza dei vegetali stessi. La scottatura, inoltre, lava la superficie esterna dei vegetali privandoli di eventuali residui di terra e microrganismi, conferendo lucentezza, contribuendo a ritardare la perdita delle vitamine ed infine rendendo morbidi i prodotti, facilitando così le operazioni di confezionamento. Il tempo di trattamento è cruciale e varia con il tipo di vegetale ed in funzione della sua pezzatura. Un trattamento più breve di quello necessario può essere addirittura dannoso poiché stimola l’attività enzimatica. Un trattamento troppo lungo può causare la perdita di colore, sapore, vitamine e minerali. Nella scottatura con acqua bollente è importante rispettare il giusto rapporto acqua/prodotto, che generalmente è di 5 litri di acqua per 500 grammi di prodotto. Per un corretto trattamento, i vegetali devono essere messi in acqua solo quando questa bolle. È inoltre necessario scoprire la pentola, per evitare uno scurimento dei vegetali stessi, dal momento in cui l’acqua ritorna a bollire.

È proprio da questo punto che si inizia a misurare il tempo per controllare la durata del trattamento. Se l’acqua non torna a bollire entro un minuto, probabilmente si è utilizzato uno scorretto rapporto acqua/prodotto. La scottatura mediante vapore è, invece, raccomandata solo per pochi vegetali come per esempio broccoli, zucca, patate dolci. Questo tipo di scottatura necessita di un tempo più lungo di quella con acqua bollente. È sconsigliato l’utilizzo del microonde per questo tipo di trattamento. Quando la scottatura è stata completata, i vegetali devono essere raffreddati velocemente per bloccare l’effetto del calore. A questo scopo è possibile immergere i vegetali in abbondante acqua fredda a temperatura minore di 15 °C, oppure in acqua e ghiaccio (utilizzare un quantitativo di ghiaccio pari a quello del prodotto vegetale). Immediatamente dopo il raffreddamento, i vegetali devono essere scolati per evitare la perdita di sali minerali... continua.

a titolo di esempio sono riportati nella tabella accanto alcuni tempi di scottatura dei più comuni prodotti vegetali

TEMPO DI SCOTTATURA IN MINUTI

PRODOTTO ASPARAGO COLTIVATO A GAMBO PICCOLO

2

A GAMBO MEDIO

3

A GAMBO GRANDE

4

BARBABIETOLA

LESSARE

BROCCOLO

3

CARCIOFO

7

CAROTA INTERA

5

TAGLIATA A DISCHI O A STRISCE

2

CAVOLINO DI BRUXSELLES TESTA PICCOLA

3

TESTA MEDIA

4

TESTA GRANDE

5

CAVOLFIORE CAVOLO AFFETTATO CAVOLO RAPA CIPOLLA FAGIOLO SCHIACCIATO O VERDE

3 1½ 3 3-7 3

FUNGO INTERO

5

SENZA GAMBO

MELANZANE

4

PEPERONE

3

PISELLO

RAPA

2

ZUCCA

LESSARE



24째 CAMP MONDIAL PIZZA #24CMP #CMP15 25-26-27 maggio


PIONATO LE DELLA PALA CASSA PARMA Iscrizioni aperte per le seguenti gare:

• • • • • • • • • • •

I regolamenti delle varie specialità saranno on-line a partire dal 1 dicembre e su questa rivista nel numero di gennaio 2015.

Pizza Classica Per informazioni, regolamenti e dettagli Pizza in Teglia scrivi a info@campionatomondialedellapizza.it Pizza in Pala o visita il sito: www.campionatomondialedellapizza.it Pizza Napoletana Stg o www.pizzaworldchampionship.com Pizza senza glutine Telefono dall’Italia 0421 83148 Pizza a due dall’estero 0039 0421 83148 Presentazione Pizza più larga Stile Libero Individuale e a Squadre Le gare saranno Trofeo Heinz Beck “I primi in pizzeria” valide anche per l’assegnazione dei Velocità titoli relativi alla terza

In contemporanea la seconda edizione


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pizza e pasta italiana

Le tante

bellezze

d’Italia

di Gianandrea Rorato

Ciascuno si senta impegnato a valorizzare e promuove le cose belle che ci sono ovunque nel nostro paese

C

i avviciniamo a grandi passi all’Expo di Milano – apre il 1 maggio – e milioni di persone arriveranno in Italia per visitarla e visiteranno altre città, luoghi d’arte e paesaggi italiani e dobbiamo essere pronti, in ogni angolo d’Italia, ad accoglierli, sapendo che sono arrivati anche per godere le straordinarie bellezze del nostro Paese. Questi visitatori hanno compiuto una scelta intelligente perché l’Italia è il “Paese della Bellezza”; infatti basta che ci guardiamo attorno e troviamo, anche nella pianura più piatta, cose belle capaci di affascinare. È sufficiente entrare anche nella più umile chiesa di campagna e si scoprono opere d’arte, antichi affreschi, splendide tele, sculture lignee, altari romanici, rinascimentali o barocchi, ornamenti raffinati che le generazioni precedenti hanno voluto per onorare al meglio il Signore nella propria casa di preghiera. Tutte cose rimaste per chi è venuto dopo e sono stupendi esempi di un amore per il bello che, oltre a soddisfare la curiosità e la nostra cultura di visitatori attuali, entrati magari casualmente, costringono a riflettere. Proprio così, perché generazioni vissute in secoli ormai lontani, in paesi anche


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minuscoli, privi di scuole, abitati da poveri contadini, hanno lasciato ai posteri esempi di sapienza e di amore per il bello che in questi tempi non riusciamo a imitare. È vero che siamo presi da mille preoccupazioni, a volte però di secondaria importanza, ma stiamo perdendo il senso del vivere civile, che è non solo conservazione dell’esistente (magari lo facessimo!), non solo valorizzazione del nostro patrimonio di valori (fra i quali la cultura e l’arte dovrebbero essere in cima alla piramide), perché è anche creazione di ulteriori cose belle da offrire alle generazioni future, come nostro dono, come espressione del nostro amore per coloro che verranno dopo di noi. Ogni paese d’Italia ha tante cose belle, solo che, purtroppo, molte restano ignote anche agli stessi residenti, come quei tesori d’arte sepolti nei sotterranei dei musei che nessuno conosce e, come passa il tempo, dimenticate anche dagli stessi responsabili e dai guardiani. E questo è un problema che andrebbe affrontato decisamente da chi può decidere, proprio per aumentare le cose belle a disposizione di tutti.

La cultura del bello Se è vero che all’estero il turismo d’arte è voce importante dell’economia, cominciamo, non solo i responsabili ufficiali, ma ciascuno di noi, nel nostro Paese, ad avere cura delle nostre cose belle, delle case, delle strade, del verde privato, del nostro modo di comportarci, rispettando le aree pubbliche, tenendole pulite, valorizzando col nostro impegno quanto di bello ci sta attorno. Questo atteggiamento non lo si inventa, ma

sotto

David di Michelangelo


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pizza e pasta italiana

nasce da una cultura che dev’essere dentro di noi, deve far parte del nostro personale Dna e, quindi, va insegnata fin dalle scuole elementari, e poi nelle scuole medie e nelle superiori. La scuola ha forti responsabilità, avendo troppo spesso trascurato come del tutto inutile l’insegnamento del bello che è stile di vita, comportamento sociale, capacità di godere quanto di bello abbiamo ricevuto dal passato, capacità di regalare nuove cose belle a chi verrà dopo di noi. Ma nelle scuole i docenti insegnano quello che sanno e quello di cui sono convinti e quindi tocca all’Università, tocca alle scuole di specializzazione – tutte quelle che a qualsiasi titolo formano i futuri docenti – insegnare a conoscere il bello e ad amarlo per poi insegnarlo ai loro futuri scolari e studenti. sopra

Basilica Patriarcale di Santa Maria Asdsunta ad Aquileia - Mosaico raffigurante Giona gettato sulla spiaggia dal mostro marino in sembianze di pistrice - Storie di Giona a sinistra

Bellezza, turismo e benessere L’amore per la bellezza, la capacità di difendere, valorizzare e promuovere le tante cose belle che ci sono ovunque in Italia deve essere un preciso impegno di ciascuno di noi. È, infatti, quasi solo per vederle, ammirarle e goderle che dall’estero arrivano, oltre nei prossimi mesi per l’Expo, ogni anno milioni di persone e questo straordinario flusso turistico – che potrebbe raddoppiare in pochi anni si traduce in un duplice nostro vantaggio. Un primo vantaggio ci è dato dalla fortuna di vivere in mezzo alla bellezza; poi, altro vantaggio, è dato dal fatto che la bellezza, come la straordinaria bontà della nostra cucina, attirando un numero

La Madonna Nera di Loreto

crescente di turisti crea nuovi posti di lavoro per i giovani, risolve molti problemi occupazionali, accresce il benessere generale e, soprattutto, rilancia l’Italia nel mondo. Non basta una bella Expo come quella che ci attendiamo dal 1 maggio, serve un lavoro di fondo che non può prescindere dalla scuola. Se pensiamo in positivo, se mettiamo al bando le troppe polemiche spesso inutili e addirittura dannose e a volte anche vergognose, se ciascuno di noi dà il proprio convinto contributo, l’Italia sarà davvero e a giusto titolo riconosciuta all’estero come il Paese più bello del mondo, perché di fatto lo è.



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pizza e pasta italiana

Pizza e Pasta Italiana:

una lunga storia editoriale nei suoi primi 25 anni di vita

P

izza e Pasta Italiana ha alle spalle una lunga e seria storia editoriale e nei suoi primi 25 anni di vita, come sanno coloro che ci seguono da tempo, è costantemente cresciuta nella forma e nei contenuti. L’aspetto grafico si è progressivamente rinnovato e affinato così come gli articoli pubblicati spaziano, anche su richiesta dei lettori, sui tanti campi dell’attualità, dell’agroalimentare, dell’alimentazione e dell’enologia, con lo scopo preciso di informare correttamente e puntualmente i lettori e, nello stesso tempo offrire quella “formazione continua” che è indispensabile a chi lavora nel vasto e complesso mondo della ristorazione. Ed è anche per aver sempre puntualmente assolto a questo compito che Pizza e Pasta Italiana gode della simpatia e della stima di tanti lettori in Italia e nel mondo e della collaborazione e del sostegno di tante aziende del settore. Superati dunque i primi 25 anni di vita, Pizza e Pasta Italiana vuole compiere quest’anno un ulteriore importante passo in avanti, non solo potenziando la linea editoriale fin qui positivamente seguita, ma offrendo ai propri lettori un nuovo importante strumento culturale che si concretizza in preziosi volumetti monotematici, uno ogni trimestre, per approfondire i principali argomenti professionali che devono essere patrimonio di ogni

operatore del settore. Questi volumetti sono stati attentamente studiati e finalizzati al lavoro di imprenditori, albergatori, cuochi e personale di cucina, pizzaioli, maître, personale di sala e sommelier, nonché per i giovani che frequentano le Scuole alberghiere e ristorative e desiderano avvicinarsi con serietà alla professione. Le nostre nuove proposte editoriali sono realizzate col contributo di illustri e riconosciuti esperti italiani dei singoli temi trattati, i quali, con un linguaggio chiaro e preciso, comprensibile a tutti, daranno ogni utile informazione sull’argomento affrontato. Si tratta di uno sforzo che l’Editore di questa Rivista ha voluto affrontare per contribuire ad elevare la professionalità oggi richiesta, tanto più che, grazie anche all’Expo di Milano, arriveranno in Italia milioni di stranieri e Pizza e Pasta Italiana desidera contribuire, anche con questa sua nuova iniziativa, a garantire ai tanti ospiti dell’Italia, che frequenteranno più numerosi che in passato alberghi, ristoranti e pizzerie del nostro Paese, una felice e soddisfacente presenza nel nostro Paese per tornare a casa loro con un ottimo ricordo dell’accoglienza, dell’ospitalità, della cucina, dei vini e dei servizi dei ristoranti e delle pizzerie italiane. E, ne siamo certi, anche questo nuovo impegno, troverà l’apprezzamento dei nostri lettori.

Le Guide, preziosi volumi monotematici della collana “I Professionisti della Pizza”, sono riservate solo agli abbonati alla rivista Pizza e Pasta Italiana. Le 4 Guide avranno una cadenza trimestrale a partire da marzo 2015. Le prime 4 Guide della collana trattano i seguenti argomenti:

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· Le farine – I loro usi più indicati per pizza, pane, biscotti, lievitati vari, ecc. · Pulizia ed igiene nella tua pizzeria – Leggi e regolamenti in vigore per garantire ai clienti cibi perfettamente sani, di qualità ed igienicamente perfetti · Il lievito madre in pizzeria – Le informazioni utili per produrre, conservare e impiegare il lievito madre in pizzeria · Il servizio in tavola – Le regole relative al bon ton con l’indicazione dei comportamenti da evitare Per informazioni sull’iniziativa e sulle offerte riservate ai nostri lettori contatti il nostro servizio abbonamenti al numero di telefono 0421 212348 (dalle 10 alle 12 e dalle 15 alle 17) o via e-mail all’indirizzo abbonamenti@ieoinf.it


Le prime 4 Guide della collana “I PROFESSIONISTI DELLA PIZZA” Le Farine (caratteristiche e usi nell’arte bianca) Guida che illustra le varie tipologie di farine, i grani da cui derivano dalle varietà di grano tenero e di grano duro, farro, mais, segale, ecc. e, ancora, grani italiani e grani importati, quali additivi possono e non possono contenere e loro usi più indicati.

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Pulizia ed igiene nella tua Pizzeria Contiene una semplice spiegazione sulle leggi e i regolamenti in vigore, per avere sempre in ordine il proprio locale, compresi i magazzini, per superare positivamente le ispezioni degli appositi incaricati, ma soprattutto per garantire ai clienti cibi perfettamente sani, di qualità ed igienicamente perfetti.

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Il servizio in tavola Cosa sapere e cosa evitare. Le regole ampiamente collaudate che il personale di sala deve seguire per preparare correttamente i tavoli; come rivolgersi ai clienti nel prendere la comanda; come porgere i piatti e le bevande; come, quando e cosa togliere dai tavoli.


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PIZZAIOLI Scuola Italiana Pizzaioli ha iniziato la sua attività di insegnamento nei primi anni 90, e sin dagli esordi, si è posta l’obiettivo di divulgare agli allievi la comprensione dell’importanza dell’applicazione di un corretto metodo di lavoro necessario per ottenere un prodotto finale di qualità e costante nel tempo. Le nostre lezioni metteranno gli allievi nelle condizioni, non solo di realizzare gli impasti sulla base di ricette divulgate durante i corsi, ma anche e soprattutto di raggiungere una consapevolezza dei diversi risultati che potrà ottenere a seconda di variazioni volute, quali ad esempio la scelta delle materie prime, od impreviste, quali ad esempio diverse situazioni climatiche, e con le quali si dovrà confrontare nel corso della sua futura esperienza di pizzaiolo.

La certificazione garantisce che lo svolgimento complessivo del corso è sottoposto a procedure di controllo da parte di un ente terzo, che verifica la corretta applicazione della tenuta dei corsi stessi, con l’obiettivo di rispondere alle aspettative del corsista. È quindi indice di qualità e serietà!

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SONO CERTIFICATI DA SGS – ACCREDIA

Lo Staff della Scuola responsabile didattica e coordinamento attività

responsabile area tecnica

coordinamento e segreteria

David Mandolin

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Patrizio Carrer Manuela Pelosin

Caterina Orlandi Donatella Dorigo

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Anche conosciuta come Spianata o Pizza alla Romana, in quanto tipica dei panifici a Roma. Si tratta di un impasto molto idratato, semplice in termini di ricettazione ma con una serie di possibili varianti nella fase realizzativa che ne condizionano la qualità, l’estetica e personalità del prodotto finale.

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SEDE NAZIONALE - Caorle - 18 feb. / 22 apr. Il segreto di una buona pizza in teglia sta nell’ottenere uno sviluppo in altezza mantenendo, però, la leggerezza della pizza. La perfetta combinazione di questi aspetti differenzia la qualità del prodotto finale.

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Come ottenere un impasto croccante e digeribile utilizzando la farina di soia e farcirlo con le delizie dolci, un tipo di pizza da proporre come dessert per conquistare i palati più golosi.

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Come ottenere un pane leggero e gustoso utilizzando gli impasti per pizza? Nel corso della giornata verrano spiegate delle tecniche da adottare per migliorare il prodotto proposto ai clienti.


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