Édouard Manet. Sulla strada dell'impressione

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Édouard Manet sulla strada dell’impressione Arte & Architettura

Édouard Manet, Autoritratto (1879 circa); olio su tela (1819-1823)

ÉDOUARD MANET - SULLA STRADA DELL’IMPRESSIONE Appunti dal Corso di DISEGNO e STORIA DELL’ARTE arch. Tiziana Di Bella


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Nasce a Parigi nel 1832 da una famiglia colta e benestante ma nonostante ciò il padre non vede di buon occhio la passione di Édouard per la pittura e l’arte. A circa 17 anni il padre lo fa imbarcare su una nave mercantile diretta in Brasile nella speranza di farne un buon comandante di navi poiché era uno studente tutt’altro che modello. Il viaggio fu importante per la formazione pittorica di Manet ma si rivelò fallimentare per gli scopi che il padre aveva in mente per suo figlio. Édouard, infine, riuscirà a seguire gli studi artistici. Animato da uno spirito ribelle frequentò l’atelier del pittore Thomas Couture e viaggiò in Europa per rafforzare la sua formazione. Il bevitore di assenzio (1859), olio su tela, Ny Carlsberg Glyptotek, Copenaghen ÉDOUARD MANET - SULLA STRADA DELL’IMPRESSIONE Appunti dal Corso di DISEGNO e STORIA DELL’ARTE arch. Tiziana Di Bella


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Dai tempi di Luigi XIV, il noto Re Sole, la vita artistica parigina ruotava intorno alle esposizioni del Salon organizzate presso il Louvre le quali decretavano o meno il successo degli artisti. Nel 1863 fu organizzato il cosiddetto Salon des refusés dove furono esposte le opere non accettate al prestigioso Salon. Il Salon des refusés fu aperto nei locali del Palais de l’Industrie, inaugurato a Parigi nel 1855 per la prima Esposizione Universale. francese.

A sx, il Palis de l’Industrie . A dx E.J. Dantan, Un angolo del Salon, Collezione privata

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Al Salon des refusés viene esposta, catturando l’attenzione di un vasto pubblico, un’opera di Manet dal titolo Le bain (Il bagno), nota poi come Le déjuner sur l’herbe. Il dipinto portò alla notorietà Manet anche se la sua tela destò lo scandalo fra i «benpensanti» dell’arte, non pronti ad un cambiamento così radicale della pittura. Émile Zola, nel 1867, dirà di questo dipinto che «è la più grande opera di Manet, quella in cui ha realizzato un sogno comune a tutti i pittori: dipingere delle figure a grandezza reale in un paesaggio». Le déjuner sur l’herbe (Colazione sull'erba), 1863; olio su tela, Musée d'Orsay, Parigi

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Le fonti di ispirazione, oltre a scene di vita vissuta, sono sicuramente modelli antichi riconducibili a Tiziano e Raffaello di cui avvertiamo le evidenti affinità. In alto a sx, Tiziano, Il Concerto Campestre, (1510), olio su tela, Louvre , Parigi In basso a sx, M. Raimondi , Giudizio di Paride, (1513) particolare da un dipinto perduto di Raffaello, Uffizi, Firenze

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Le déjuner sur l’herbe è uno dei capolavori di Manet che è divenuto simbolo della pittura dell’ottocento per la ventata di novità che porta nel modo di dipingere, a partire dalle larghe, pastose e rapide pennellate che appiattiscono i le figure stagliandole sullo sfondo di una natura rigogliosa e tranquilla. Nella scena i personaggi non comunicano fra loro. Agli uomini vestiti di tutto punto corrispondono due donne nude o seminude delle quali una guarda verso lo spettatore con un’aria disinibita e assolutamente contemporanea. Le déjuner sur l’herbe , particolari.

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Gli atteggiamenti liberi che Manet rappresenta, destarono notevole scandalo tra i visitatori della mostra, in modo particolare per lo sguardo che la donna in primo piano getta fuori dal quadro mentre siede nuda, a terra, in compagnia dei due signori. Manet viene considerato un pittore impudico e ciò lo sorprenderà in quanto pensava di essere accolto come un pittore, sì innovativo, ma legato comunque alla tradizione. Fu oggetto di biasimo anche il trattamento di contorni, rifiniture e chiaroscuri che conferiscono freschezza e vitalità al dipinto rendendolo vicino alla nostra sensibilità. Amato dagli intellettuali fu però visto come un provocatore nei confronti dei costumi borghesi. Le déjuner sur l’herbe , particolari.

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Negli anni successivi al 1863 Manet ritenta la strada del Salon con due opere: un Cristo Morto con due Angeli, che suscitò grande disappunto fra la critica per il realismo, considerato dissacrante, per i colori, le pose e per l’invenzione nelle figure degli angeli. Oltre al Cristo Morto, un altro dipinto di Manet lasciò tutti scossi: Olympia. Olympia è un quadro dove si mostra nuovamente un nudo femminile, questa volta in un interno, accompagnato da una domestica che tiene un bouquet di fiori colorati. Ai contemporanei di Manet sembrò un dipinto «piatto», senza spessore. Cristo Morto con Angeli, (1864), Metropolitan Museum, N.Y.

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Olympia, che ricorda la celebre Venere di Urbino di Tiziano, e la Maya desnuda di Goya, rappresenta una prostituta molto giovane ritratta con uno sguardo provocatorio rivolto verso chi guarda il dipinto. I fiori sono probabilmente il regalo del cliente che sta aspettando, verso il quale sembra tuttavia disinteressata. Sopra: Olympia, (1864), Musée d’Orsay, Parigi A sx in basso, , F. Goya, Maya desnuda, (1800), olio su tela, Museo del Prado, Madrid Al centro in basso, Tiziano, Venere di Urbino, ,(1538), olio su tela, Uffizi, Firenze

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Olympia è nuovamente in contrasto con la tradizione artistica accademica e con la morale borghese anche se la provocazione non era nelle intenzioni di Manet. Egli ambiva a rappresentare il «vero», il vero che la fotografia non avrebbe potuto cogliere. La tecnica pittorica è simile a quella del dipinto Le déjuner sur l’herbe. Pennellate morbide e rapide, chiaroscuri semplificati, contrasti di colori netti e figure colori che emergono dal contrasto con lo sfondo scuro nel quale, a fatica, distinguiamo un gatto nero. Olympia, particolari

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L’ultimo quadro, dopo molti, dipinto da Manet fu Un bar aux Folies Bergère, realizzato fra il 1881 e il 1882. Un opera che è quasi il testamento di Manet che morirà nel 1883 dopo grandi sofferenze. Il tema del quadro sembra piuttosto leggero poiché rappresenta la Parigi spensierata che ama divertirsi. Per Manet questi sono, comunque, luoghi dove si può leggere l’animo umano con le sue contraddizioni. Un bar aux Folies Bergère, (1881-82), olio su tela, Courtauld Gallery, Londra

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Una ragazza, Suzon, modella di Manet, posa dietro un bancone col piano di marmo sul quale si dispongono bottiglie, fiori, frutta e oggetti in vetro. La scena è ricostruita nello studio dell’artista, il luogo cioè dove egli dà nuova forma al mondo reale come ormai si era fatto da Caravaggio in avanti. Altro elemento di rilievo è lo specchio che riflette la vita nella sala con la folla compatta e brulicante alla luce di grandi lampade e lampadari. Un bar aux Folies Bergère, (1881-82), olio su tela, Courtauld Gallery, Londra

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La folla è rappresentata con macchie veloci di colore che amplificano la sensazione del movimento. Sulla destra, nello specchio, Suzon è vista di spalle e si intravede, riflesso, l’interlocutore con cui sta parlando, probabilmente un corteggiatore. Cosa c’è allora di importante in questo quadro?

Un bar aux Folies Bergère, (1881-82), olio su tela, Courtauld Gallery, Londra

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C’è l’intenzione di portare alla luce la quotidianità dell’esistenza, l’abbandono dei temi «alti» per avvicinarsi a ciò che ci tiene legati alla vita, sia esso piacevole o spiacevole. In Manet risuona il Bacco di Caravaggio. Caravaggio, dunque, si conferma una delle più grandi radici della pittura moderna. Il gioco di sguardi, oltre che i richiami delle nature morte (frutta, oggetti, vetri e trasparenze), è la materia viva del quadro che cerca con insistenza la relazione con i «vivi» fuori dalla tela, nello spazio reale. Così si congeda Manet, affidando ad una giovane e bella ragazza, forse un po’ triste, il suo ultimo saluto alla vita che sta per lasciare. Morirà il 30 aprile 1883 dopo aver spalancato le porte dell’impressionismo. A sx, Caravaggio, Bacco, (1595), Uffizi, Firenze. A dx, Un bar aux Folies Bergère, particolare

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