La Musica nell'Anima.... Booklet per il Cd dedicato a Giovanni Pierazzi

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“La Musica è’ forse l’esempio più’ unico di cio’ che avrebbe potuto essere la Comunicazione delle anime” (Marcel Proust, La Prisonnière)

“La Musica nell’anima e’ l’amica più’ intima” (Giovanni Pierazzi)

a cura di Elena Mantoni



Corriere della Sera, 29 Novembre 2003 Il «professore» trascinava quattro carrelli di libri e appunti

Morto il clochard che regalava poesie. Componeva versi, rifiutava l’ elemosina. MILANO - Anche la sua ultima notte l’ha voluta trascorrere a comporre poesie d’ amore a lume di candela. Con una vecchia macchina per scrivere rimasta sotto il grande platano di via Tommaso Pini, una strada alla periferia est di Milano dove tutti lo conoscono come «il barbone intellettuale». Ieri mattina è morto carbonizzato. Dopo otto anni vissuti da clochard con una laurea in Scienze matematiche in tasca. Giovanni Pierazzi, 60 anni, nato a Domus Novas (Cagliari) e milanese d’ adozione, si è dato fuoco ieri all’ alba in un giardinetto incolto all’ angolo con via Rombon, nella zona di Lambrate. «Sono stanco di vivere», ha detto prima di chiudere gli occhi al Centro grandi ustionati dell’ ospedale Niguarda, dove si è spento alle 11. Dal 1996 trascorreva le giornate a leggere e le notti a battere sui tasti di una Olivetti verde anni Cinquanta. In quattro carrelli del supermercato sono ancora incelofanati gli oggetti di una vita. Libri ed enciclopedie riposti in sacchi. Agende fitte di annotazioni in cui i riferimenti a formule matematiche vanno di pari passo con racconti tipo «La cricca magica». Un opuscolo con informazioni su un corso di laurea in Chimica applicata. I fogli con le sue poesie. Frasi scritte a mano su biglietti che vende per pochi centesimi agli abitanti del quartiere. Lì, al semaforo. «La musica nell’ anima è l’ amica più intima», scrive su uno degli ultimi volantini. In anni di strada, l’ elemosina la rifiuta sempre. Giovanni, che risponde con secchi «no» a chi gli offre cibo o soldi, accetta soltanto due regali. Blocchi e penne. Che usa per scrivere seduto davanti a un vecchio banco di scuola. Senzatetto per scelta. Otto anni fa Giovanni lascia l’ apparta-

mento di via Conte Rosso e vende tre appartamenti di ringhiera. Da allora vive in solitudine, anche i rapporti con la sorella sono sporadici. I suoi ultimi anni di vita li raccontano gli abitanti del quartiere con decine di immagini che lo vedono indaffarato in azioni quotidiane. La cura quotidiana del proprio aspetto. La pulizia del marciapiede tutte le mattine. La ricerca di avanzi di frutta tra gli scarti del mercato rionale. La distribuzione di briciole di pane ai piccioni. L’ acquisto dei quotidiani all’ edicola vicina nei giorni in cui sono allegate le enciclopedie. Alla cartolaia di via Rombon insegna a usare la fotocopiatrice, a un bambino delle elementari restituisce un quaderno che aveva perso. Alle 7.45 di ieri Giovanni viene trovato in fin di vita. Nudo, il corpo pieno di bruciature. A chiamare il 118 è la signora Antonietta, impiegata nella scuola elementare di via Tommaso Pini: con Giovanni non ha mai parlato ma ormai lo considera uno del quartiere. «Un uomo con la barba lunga, i capelli brizzolati, gli abiti usati di colore grigio - dice -. Serio e orgoglioso non ha mai dato fastidio a nessuno e ha sempre mostrato grande dignità», dice con le lacrime agli occhi. I soccorsi sono immediati ma per Giovanni non c’ è più nulla da fare. Nel giardinetto rimangono cartoni bruciati e resti di vestiti davanti a cui nessuno del quartiere riesce a passare senza commuoversi. Simona Ravizza




Europa e Solitudine

di Umberto Broccoli da “Con Parole Mie”, del 13 Dicembre 2003 su Radio1 Rai

Cara la mia vecchia Europa, è una piccola storia, della quale non si parla già più. Una piccola storia tirata giù con una vecchia macchina per scrivere. La ricordi, mia cara vecchia Europa? Una macchina per scrivere verdina, con i tasti neri e le lettere bianche. Una macchina per scrivere di quaranta anni fa, oggi un relitto preistorico di epoche remote. Le epoche nelle queli si cambiava il nastro (sporcandosi le dita di inchiostro), e si battevano le parole con le dita, invidiando chi riusciva a farlo con tutte e cinque le dita, riservando l’ uso del mignolo alla barra spaziatrice. Altri tempi, mia cara vecchia Europa’ E’ restata lei, la macchina per scrivere “Lettera 32” della Olivetti. E’ sopravvissuta lei, normalmente finita in cantina, fra vestiti vecchi e faldoni carichi di carte’ E’ sopravvissuta con il suo carrello, il suo nastro sempre più scolorito dall’ uso, i tasti dal sostegno di metallo, tasti simili alle zampe di un fenicottero. Su quella macchina per scrivere un europeo di nazionalità italiana faceva cadere i suoi pensieri diversi. “La musica dell’ anima è l’ amica più intima” si leggeva. Poi, parole in rima, vagamente sconnesse dalla malinconia del vivere fuori. Fuori dai confini di una Europa e di una società in grado di apprezzare un uomo quasi solo ed esclusivamente per il suo prezzo: “apprezzare”, appunto. Giovanni Pierazzi, sessantenne, sardo e vivente a Milano, per l’ anagrafe. Laureato in scienza matematiche, per l’ Università. Barbone intellettuale, per la gente comune. Perché Pierazzi (anzi, il dottor Pierazzi) aveva rinunciato a tutto, per vivere senza tetto, in compagnia di quella macchina per scrivere con cui riempiva pagine di pensieri dattilografati. Regalava briciole di pane ai piccioni e foglietti sparsi a chi passava accanto a lui: rifiutando rigorosamente ogni tipo di elemosina. A meno che non fossero penne, blocchi di fogli di carta e materiali vari per scrivere. Vivere per scrivere e non scrivere per vivere. Poi la stanchezza. Chissà quale delle tante, fra quelle offerte in maniera subliminale dalle tue attrazioni moderne, mia cara Vechia Europa. Stanchezze in grado di cancellare ogni tipo di musica dell’ anima. Perché tanto la musica quanto l’ anima sono in via di esitinzione: assediate come sono dai cartellni dei prezzi e quindi, anche loro largamente “apprezzate”. E allora ha deciso di togliere il disturbo. Giovanni Pierazzi se ne andato, di notte, dopo aver letto e scritto ancora una volta parole in libertà. Se ne è andato, forse rendendosi conto di come libertà sia solamente una parola e la parola (anche se scritta a macchina) non lascia traccia in un mondo dove (sia detta che data) la parola vale molto poco. E’ rimasta lei, sotto un platano di un viale di Milano. Lei, la “Olivetti Lettera 32” di color verdino pallido, con il nastro consumato dal battere parole. Se ne è andato, mia cara vecchia Europa, dopo aver regalato migliaia di parole ai passanti, in poesie facili, con rima baciata, costruita su parole tronche: “bontà, fedeltà, lealtà, tranquillità, serenità”. Parole in libertà, mia cara Vecchia Europa. E Giovanni Pierazzi se ne andato scoprendo come anche la sua libertà aveva un prezzo. Il prezzo di altre due parole accentate, nascoste fra i tasti della sua “Olivetti lettera 32”. Scrivendo, involontariamente le ha fatte riaffiorare nella sua anima, segnata dalle solitudini: povertà e infelicità. Le ha rilette, le ha sussurrate col pensiero ed è scappato via.



Il lavoro presenta una compilation di canzoni scelte da persone incontrate casualmente nella zona di Ventura/Lambrate, adiacente a Via Tommaso Pini, nella quale per 7 anni fino al 2003 Giovanni Pierazzi, ex docente di scienze, visse come barbone per scelta consapevole ai margini della suddetta strada, nel parchetto. Con lui solo un carrello colmo di libri, un banchetto e una macchina da scrivere Olivetti Lettera32. Le sue giornate trascorrevano tra la lettura e componimenti liberi sia poetici che politici che regalava ai passanti. Non accettava nulla in cambio se non fogli di carta e penne per continuare a scrivere. Fino all’ultimo giorno, trovato bruciato su una panchina, e nella sua Olivetti l’ultimo componimento: La Musica nell’anima è l’amica più intima. Di questa grande testimonianza di dissidenza poetica, passando quotidianamente da questa via, non ho ritrovato più nulla che potesse lasciarla rivivere, anche solo per un breve istante nel quotidiano di tutti coloro, ogni giorno, attraversano questo luogo. Il mio lavoro si intende come Monumento al ricordo di Giovanni, non attraverso la celebrazione, ma cercando di riattivare semplicemente, in maniera discreta come sempre lui ha vissuto, la sua poesia. Ne risulta così una compilation che le persone che ho incontrato hanno dedicato a Giovanni: alcuni di loro ricordavano bene la sua figura, altri non ne avevano mai sentito parlare ed è stata l’occasione per ricordare o per conoscere questa esperienza di vita. Al termine di ogni conversazione, chiedevo semplicemente di lasciarmi il titolo e l’autore di una canzone da dedicare a Giovanni. Nell’attivazione consapevole del ricordare risiede la potenza del Monumento.

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immagine: 28novembre2003-28novembre2010, performance, still da video, 2010


Andrej: Non capisco; la fede, che cos’è? Eugenia: Fede vuol dire.. “Viera”. Andrej: Allora perché dicono che lui è pazzo. Non è pazzo, ha fede. tratto da “Nostaglhia”, un film di Andrei Tarkovskij, 1983, Urss-Ita



http://www.letterealdirettore.it/forum/showthread.php?t=10186


“Dopo il silenzio ciò che si avvicina di più nell’esprimere ciò che non si può esprimere è la musica.” Aldous Leonard Huxley

Ogni tanto mi ritrovo a pensare che non siamo stati noi a trovare la storia di Giovanni, ma che sia stata lei a trovare noi, e che l’abbia fatto nello stesso modo disarmante e discreto che ha contraddistinto, almeno negli ultimi anni, la vita di questo silenzioso uomo. Eppure Giovanni dentro urlava. Urlava contro un’umanità che l’aveva deluso, ma che comunque non riusciva ad abbandonare del tutto. Ed ecco dunque che, seduto sull’erba di un’aiuola, in una delle tante vie periferiche di Milano, aspettava che quest’umanità si riscattasse. Che capisse che la sua non era elemosina, non era un diversivo ad una vita ‘normale’ che ormai lo annoiava. A me piace pensare che quello di Giovanni sia stato l’ultimo, disperato tentativo di regalare alle persone, al caos, alla città, una silenziosa attesa. Giovanni Pierazzi diviene infatti osservatore. Negando la parola orale, rifugia pensieri ed emozioni in fogli di carta scritti attraverso una vecchia macchina da scrivere. Quando incontrava delle persone che forse ne avevano più bisogno di altre, anche se non lo sapevano, donava loro brevi stralci di poesie. Poesia e musica, come uniche muse a cui rimanere fedele. Fino alla fine. Forse Giovanni stava semplicemente aspettando che gli uomini attorno a lui, nella loro frenesia quotidiana, se ne ricordassero, riprendessero possesso delle proprie, assopite, coscienze individuali attraverso un processo di riattivazione di una memoria poetica, più profonda e intima, da tempo dimenticata.


Pierfabrizio Paradiso, che da tempo concentra il suo lavoro artistico attorno al ripristino di legami emotivi e alla riattivazione di riscoperte memorie dei luoghi in cui viviamo, si rende propaggine sensibile delle ultime volontà di Giovanni. Recuperando però l’oralità, attraverso il racconto e la ricerca di dialogo (non sempre facile), con gli abitanti o i semplici passanti del luogo, egli ristabilisce un contatto tra la poetica di Giovanni e il contesto cittadino, restituendo una grande, eterogenea, sinfonia collettiva, dalla quale nessuno possa sentirsi escluso. ‘La musica nell’anima’ diventa quindi momento di condivisione in una sorta di grande coro di anime che finalmente ricominciano a parlare tra loro, senza più maschere nè barriere che quotidianamente costruiamo in un’immotivata lotta alla sopravvivenza. Davanti alla poesia e alla musica crollano le difese, non più necessarie. Rimane solo la nostra sensibilità più intima e incontestabile. La creazione di nuove dinamiche sociali, svincolate da quelle socialmente e istituzionalmente riconosciute rimane il fulcro dell’opera di Pierfabrizio Paradiso. Il cd da lui creato diventa forma concreta, elemento fisico di un ricordo che deve rimanere vivo affinchè, anche solo per un breve momento, una riappropriazione emotiva e creativa dello spazio sia di nuovo concessa e possibile.

Elena Mantoni


Intro: il Discorso di Domenico

(da “Nostalghia”, un film di Andrei Tarkovskij, 1983)

1- Shipbuilding - Elvis Costello (da Michele, artigiano, Via Conte Rosso)

2- Come Sinfonia - Pino Donaggio

(da Paola, ottico, Piazza Rimembranze di Lambrate)

3- La Libertà - Giorgio Gaber

(da Dilyana, badante, Via Muzio Scevola)

4- Society - Eddie Wedder (Into The Wild OST) (da Carlo, tatuatore, Via G. Ventura)

5- E’ la mia vita - Al bano

(da Teresa, grossista ittico, Mercato Comunale di Via T. Pini)

6- Via - Claudio Baglioni

(da Ivana, panettiera, Mercato Comunale di Via T. Pini)

7- Sei nell’Anima - Gianna Nannini

(da Niccolò, panettiere, Mercato Comunale di Via T. Pini)

8- Lovely Allen - Holy Fuck

9- Vivere - Vasco Rossi

(da Elena, studentessa, Via G. Ventura)

(da Nas, libero, Via G. Ponzio)

10- Changes - 2pac

(da Rosalba, postina, Via G. Ponzio)

11- Vola Colomba - Nilla Pizzi (da Dora, custode, Via G. Pacini)

12- Le Nuvole - Fabrizio De André

(da Arianna, studentessa, Via Conte Rosso)

13- Romagna Mia - Raoul Casadei

(da Maria, macellaio, Mercato Comunale di Via T. Pini)

14- Field of Gold - Sting

(da Roberta, abitante, Via E. Folli)

15- La Notte - Modà

(da Sara, barista, Via Muzio Scevola)

16- Heartbeats (live) - The Knife

(da Pierfabrizio, abitante, Via N. A. Porpora)

Bonus Track Ain’t No Sunshine - Milano Centrale feat. Naima Faraò

(dalla performance “28 novembre 2003-28 novembre2010” in ricordo di Giovanni)


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