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Le analisi per sottopopolazioni

Nella seconda parte del simposio si è passati ad analizzare se, all’interno della popolazione arruolata nello studio EMPOWER-Lung 1, potessero esserci dei gruppi di pazienti in grado di beneficiare, più di altri, del trattamento con cemiplimab. Più in dettaglio, si è discusso dei risultati dello studio all’interno dei seguenti sottogruppi di pazienti:

„ con metastasi cerebrali;

„ con malattia localmente avanzata non candidabili a chemio/radioterapia;

„ con istologia squamosa;

„ con diversi livelli di espressione di PD-L1 oltre il 50%;

„ che hanno proseguito cemiplimab oltre la progressione.

I pazienti con metastasi cerebrali da NSCLC rappresentano un problema poiché spesso rispondono poco e male ai trattamenti sistemici. Il sistema nervoso centrale (SNC), infatti, è un “santuario” nel quale accedono con difficoltà molti farmaci oncologici sia per le loro caratteristiche molecolari (idrosolubilità vs liposolubilità) sia per i meccanismi di difesa espletati tramite la barriera ematoencefalica. Lorenza Landi ha esposto le caratteristiche e i risultati dello studio EMPOWER-Lung 1 nei pazienti con metastasi al SNC. Lo studio ha arruolato il 12% di pazienti con metastasi encefaliche in entrambi i bracci di trattamento. Queste metastasi dovevano essere trattate e clinicamente stabili prima dell’ingresso in studio, criterio simile a quella che è la nostra pratica clinica quotidiana. In relazione all’obiettivo primario dello studio (OS), dal forest plot si evidenzia un dato straordinario nei pazienti con metastasi encefaliche. Sebbene i numeri siano abbastanza piccoli, il vantaggio in sopravvivenza di cemiplimab rispetto alla chemioterapia si manifesta con un Hazard Ratio pari a 0,17 6 (Figura 5).

Il messaggio, al di là della scarsa numerosità dei pazienti, del fatto che il trial non aveva tra gli endpoint la valutazione dell’attività intracranica e del fatto che i pazienti erano tutti trattati con radioterapia, è che i pazienti con metastasi encefaliche hanno comunque buone probabilità di avere lo stesso beneficio dal trattamento con cemiplimab rispetto ai pazienti che non le hanno. È importante anche porre l’attenzione sul dato di ORR nei pazienti con metastasi al SNC: in relazione a questo parametro, il divario tra il braccio cemiplimab e il braccio chemioterapia è veramente marcato (41.2% vs 8.8%). Attenzione: stiamo parlando non di attività intracranica ma di attività sistemica; tuttavia, in ogni caso, questi pazienti che in teoria sono prognosticamente sfavoriti sembrano beneficiare come e più degli altri dalla terapia offerta.

Un problema difficile nella pratica clinica quotidiana è quello relativo ai pazienti con metastasi encefaliche sintomatiche e/o che necessitano di alte dosi di cortisone. In questi casi, come si può conciliare al meglio l’immunoterapia con la radioterapia e con le dosi di cortisone necessarie a ridurre l’edema perilesionale? Questi pazienti, in relazione alla sede di diffusione intracranica e all’entità dell’edema cerebrale, andrebbero eventualmente prima stabilizzati con la radioterapia. D’altronde, il trattamento con gli steroidi non può essere di lungo periodo; essi dopo un po’ vanno sospesi e il problema di interferenza con l’immunoterapia non si pone. I componenti del panel ritengono anche che non vi siano problemi di tollerabilità nel far partire, eventualmente, una radioterapia in contemporanea all’immunoterapia. Un altro setting di pazienti che potrebbe beneficiare dell’immunoterapia è quello dei localmente avanzati non candidabili a trattamento chemio/radioterapico, concomitante o sequenziale. Paolo Maione ha presentato i dati dello studio EMPOWER-Lung 1 relativi a questo sottogruppo di pazienti,7 che potrebbero essere molto utili per la pratica clinica quotidiana. È cosa nota che, nello stadio localmente avanzato, anche in presenza di una espressione PD-L1 uguale o maggiore del 50%, lo standard di cura è rappresentato dalla chemio/radioterapia concomitante, strategia da sempre sottoutilizzata per varie motivazioni: logistiche, compliance dei pazienti, condizioni generali, età e comorbidità. Quando non si riesce a fare la chemio/radioterapia concomitante si può utilizzare la strategia sequenziale, che è sicuramente una valida opzione. Ma c’è anche una quota di pazienti, piccola ma non trascurabile, in cui non ci sono le condizioni per poter erogare una chemioterapia a base di platino oppure una radioterapia, e proprio questi pazienti sono stati trattati in questo studio con cemiplimab o con chemioterapia. Si tratta di una percentuale di pazienti intorno al 15% in entrambi i bracci. Le caratteristiche erano sovrapponibili a quelle della popolazione generale, eccezion fatta per i fumatori attivi, maggiormente rappresentati, e per la percentuale dei tumori squamosi, che è del 60% contro il 40% della popolazione intentionto-treat (ITT). L’analisi (post-hoc) del sottogruppo con malattia localmente avanzata evidenzia un risultato a vantaggio di cemiplimab nei confronti della chemioterapia, seppur non statisticamente significativo per la ridotta dimensione del campione 6 (Figura 6).

CI, confidence interval; ECOG PS, Eastern Cooperative Oncology Group performance status; OS, overall survival.

†Post-hoc analyses; all others are prespecified exploratory analyses. Limitations: subgroup analysis was not powered to show a statistically significant difference between or within individual subgroups. The small number of events precludes drawing any firm conclusions on the benefit of cemiplimab in these subpopulations (female patients and patients enrolled in Asia).

CI, confidence interval; ECOG PS, Eastern Cooperative Oncology Group performance status; OS, overall survival.

†Post-hoc analyses; all others are prespecified exploratory analyses. Limitations: subgroup analysis was not powered to show a statistically significant difference between or within individual subgroups. The small number of events precludes drawing any firm conclusions on the benefit of cemiplimab in these subpopulations (female patients and patients enrolled in Asia).

In base al risultato di questa analisi di sottogruppo, AIFA ha approvato l’utilizzo di cemiplimab anche nei pazienti localmente avanzati che non possono essere sottoposti a chemio/radioterapia. Si è trattato di una decisione molto apprezzata dagli oncologi poiché ritenuta in grado di cambiare la pratica clinica quotidiana. Con cemiplimab, infatti, si offre un’opzione valida ed efficace ai pazienti non idonei a chemio/radioterapia che, fino ad oggi, non avevano alcuna alternativa terapeutica. L’esame delle curve di sopravvivenza nel sottogruppo con malattia localmente avanzata mostra, a un anno, il 78% di pazienti vivi nel braccio cemiplimab verso il 58% nel braccio chemioterapia (Figura 7).

Si potrebbe obiettare che il braccio di controllo di questo gruppo di pazienti non è la chemio/radiote - rapia ma, certamente, si tratta di un beneficio clinicamente utile per una piccola parte di pazienti. I risultati sono ancora più netti se andiamo ad esaminare la PFS, dove il vantaggio è statisticamente significativo a favore di cemiplimab (38% a 1 anno verso il 6% della chemioterapia), e le ORR (44% cemiplimab verso 3% chemioterapia, non statisticamente significativo). Alla luce del dato relativo alle risposte obiettive si può ipotizzare che, ove ci si trovasse in presenza di una riduzione della malattia localmente avanzata, si dovrebbe comunque valutare la possibilità di inserire, in seconda battuta, un trattamento locale.

CI, confidence interval; ECOG PS, Eastern Cooperative Oncology Group performance status; OS, overall survival.

†Post-hoc analyses; all others are prespecified exploratory analyses.

Limitations: subgroup analysis was not powered to show a statistically significant difference between or within individual subgroups. The small number of events precludes drawing any firm conclusions on the benefit of cemiplimab in these subpopulations (female patients and patients enrolled in Asia).

CI, confidence interval; ECOG PS, Eastern Cooperative Oncology Group performance status; PFS, progression-free survival.

†Post-hoc analyses; all others are prespecified exploratory analyses.

Limitations: subgroup analysis was not powered to show a statistically significant difference between or within individual subgroups. The small number of events precludes drawing any firm conclusions on the benefit of cemiplimab in these subpopulations (female patients and patients enrolled in Asia).

L’istologia squamosa è un altro dei sottogruppi che potrebbero beneficiare maggiormente del trattamento con cemiplimab. Bisogna innanzitutto ricordare che cemiplimab ha già una sua storia di efficacia nell’istologia squamosa, in particolare nei carcinomi della cute. Nel trial EMPOWER-Lung 1, come detto, la percentuale di pazienti con istologia squamosa è piuttosto importante, superiore al 40% in entrambi i bracci. Quando guardiamo i dati di sopravvivenza negli altri trial clinici con l’immunoterapia, l’attività nell’istologia squamosa è in genere un po’ più bassa, cosa che sembra invece non suc- cedere in questo studio. In EMPOWER-Lung 1, infatti, l’analisi post-hoc sembra mostrare un’attività importante di cemiplimab nei pazienti con istologia squamosa, sia in termini di OS (Figura 8a) che di PFS (Figura 8b).

Provando a fare un confronto indiretto che, ricordiamo, può avere valore solo dal punto di vista pratico e non scientifico, rispetto a tutti gli altri studi di immunoterapia cemiplimab sembra avere il vantaggio in OS più evidente nell’istologia squamosa rispetto alla chemioterapia (Figura 9).

All’interno di EMPOWER-Lung 1 si è provato anche a definire se potesse esserci un beneficio variabile dell’immunoterapia in funzione del livello di espressione di PD-L1. I pazienti arruolati in studio avevano tutti PD-L1 maggiore o uguale al 50% e sono stati stratificati in tre gruppi: i due estremi, abbastanza piccoli (50-59% e >90%), e il gruppo centrale, più numeroso (60-89%). Francesco Grossi sottolinea come, man mano che aumenta l’espressione di PD-L1, si ottiene un maggior beneficio in termini di OS, PFS e risposte obiettive.1 I pazienti che vanno meglio in assoluto sono quelli con espressione maggiore del 90% (ORR 46% vs 32% nei pazienti con espressione 50-59%). La risposta obiettiva è stata ottenuta dopo la prima rivalutazione, indipendentemente dall’espressione di PD-L1, come si evince dal grafico seguente (Figura 10).

La profondità della risposta, come è facile ipotizzare, risulta più evidente nella curva inferiore, cioè nei pazienti che hanno espressione maggiore del 90%; tuttavia, anche negli altri sottogruppi si può notare una riduzione importante.

Il panel degli esperti ha poi discusso sul fatto che, in relazione all’espressione di PD-L1, da questo studio emerga in maniera più rilevante il valore prognostico o il valore predittivo di PD-L1. Verosimilmente emergono entrambi, ma l’aspetto predittivo sembra avere importanza maggiore. Infatti, il paziente che ha una forte espressione, superiore al 90%, è quello in cui il beneficio si apprezza in maniera molto più netta. Inoltre, la predittività di PD-L1 nei pazienti in trattamento con cemiplimab è rafforzata dal fatto che non si ottiene lo stesso andamento nel braccio con la chemioterapia. PD-L1, con i suoi difetti, ad oggi resta il marcatore migliore che abbiamo per definire l’efficacia dell’immunoterapia, ed è anche il più facile da ottenere perché ormai arriva contestualmente al referto istologico. Semmai, un problema può essere rappresentato dal fatto che, alcune volte, ci capita di vedere pazienti con valori di PD-L1 molto elevati (ad esempio 90%) ed il dato di biologia molecolare non ancora disponibile. In questi casi non ci si dovrebbe far prendere dall’euforia di iniziare subito l’immunoterapia ma si dovrebbe attendere, se possibile, il risultato dei test di biologia molecolare. Infatti, è frequente avere pazienti oncogene addicted, soprattutto ROS1 positivi, che presentano elevata espressione di PDL1. Questo dato potrebbe assumere particolare significato nei pazienti con malattia al terzo stadio. Un paziente con queste caratteristiche di malattia, magari sintomatico e con un’istologia squamosa, non candidabile ad un trattamento integrato e con un PD-L1 espresso al 90%, potrebbe giovarsi in prima linea di un trattamento con cemiplimab, rivalutando successivamente un trattamento integrato sulla base della risposta ottenuta. Un altro argomento molto delicato nei pazienti con NSCLC è quello dell’appropriatezza delle richieste di analisi molecolare. Molto spesso, infatti, si abusa con l’uso della Next Generation Sequencing (NGS) e si ripetono esami su esami per ricercare mutazioni in pazienti spesso in terza o quarta linea, senza un criterio ben definito. Un marcatore, per essere applicabile, deve avere una potenzialità terapeutica valida in ogni parte d’Italia, perché altrimenti non è utile per la maggior parte dei pazienti. Riguardo al PD-L1 ancora oggi, dopo anni di studi, probabilmente si ragiona in maniera imperfetta sull’espressione basale del PD-L1 e, cosa ancor più grave, non si ragiona in maniera dinamica. Infatti, nessuno di noi sa cosa succede all’espressione di PD-L1 dopo vari cicli di trattamento ed è una cosa sbagliata poiché il concetto di eterogeneità tumorale esiste anche in questo contesto. A tutt’oggi non sappiamo ancora se PD-L1 è un marcatore dinamico oppure no e, di conseguenza, non sappiamo se molte di quelle risposte complete dopo un prolungato follow-up sono espressione di un cambiamento del microambiente dovuto anche al trattamento. Riallacciandoci a questo aspetto, una suggestione che emerge dal- lo studio EMPOWER-Lung 1 è quella di continuare cemiplimab oltre la progressione di malattia. Paolo Maione ha riportato brevemente i dati presentati all’ESMO 2022 relativamente a questo aspetto peculiare dello studio. Va sottolineato che, sebbene i dati della sottopopolazione che ha continuato cemiplimab oltre la progressione in aggiunta alla chemioterapia siano molto interessanti, questi non possono essere trasferiti nella pratica clinica in quanto si tratta di un’analisi esploratoria.

Come detto, lo studio prevedeva la possibilità, per i pazienti che andavano in progressione con cemiplimab, di proseguire il farmaco in aggiunta a 4 cicli di chemioterapia. È un disegno molto interessante dal punto di vista pratico poiché, soprattutto nei pazienti con elevata espressione di PDL1 che rispondono all’immunoterapia per lungo tempo con buona qualità di vita, è veramente difficile pensare di sospendere il trattamento, come pure è difficile accettarlo per i pazienti. Spesso, infatti, è prassi comune andare oltre la progressione strumentale quando il beneficio clinico persiste nel tempo. Quando poi, dal punto di vista strumentale e sintomatico, la progressione diventa troppo evidente siamo “costretti” a passare alla chemioterapia. Nel braccio con cemiplimab 64 pazienti su 357 (18%) sono andati in progressione, ed è stata aggiunta la chemioterapia per 4 cicli. Le caratteristiche di questi pazienti erano sovrapponibili a quelli della popolazione generale, tranne che per l’istologia (57% erano squamosi vs 43% non squamosi). I risultati, ovviamente, vanno esaminati con cautela ma sono promettenti.5 In questo gruppo di pazienti, la OS calcolata dalla randomizzazione fino al decesso è pari a 27 mesi, ma se la calcoliamo dall’inizio di cemiplimab + chemioterapia fino al decesso (di fatto, una 2nd-line OS) abbiamo un risultato pari a 15 mesi. Si tratta di un dato interessante, che può stimolare ulteriormente la ricerca in tal senso. Anche la probabilità di essere vivi a 6, 12 e 24 mesi nel periodo della seconda linea è, rispettivamente, del 92%, 60% e 32%. Per quanto riguarda la PFS, il dato del periodo 1 (solo cemiplimab) e quello del periodo 2 (cemiplimab + chemioterapia) sono più o meno sovrapponibili (6,2 vs 6,6 mesi, rispettivamente), con una probabilità di essere liberi da progressione nel periodo 2 piuttosto alta anche a 18 mesi. Anche le risposte obiettive sono sovrapponibili tra i due periodi (circa 30% per entrambi). Non sono state evidenziate criticità particolari in termini di tossicità associando la chemioterapia a cemiplimab, con un 35% di eventi avversi di grado severo (attesi) ed un 4,7% di pazienti che hanno discontinuato il trattamento per tossicità. I dati relativi alla prosecuzione dell’immunoterapia oltre la progressione non sono ancora così solidi, ma in molti centri c’è una tendenza a proseguire l’immunoterapia nei pazienti con progressione non conclamata, soprattutto se con un’espressione molto alta di PD-L1. Esistono, peraltro, sempre più esperienze in cui, nel medesimo contesto, si combina l’immunoterapia con la chemioterapia e con nuovi farmaci biologici con risultati interessanti. Probabilmente l’immunoterapia, pur essendo caratterizzata da un decremento graduale di efficacia nel corso della malattia, dovrebbe continuare ad essere sfruttata soprattutto in quei pazienti che hanno risposto in modo particolarmente favorevole. In una fase di malattia metastatica peraltro è sempre molto importante, in un’ottica palliativa, rispettare la qualità di vita dei pazienti proponendo trattamenti il meno tossici possibile.

Profilo di tollerabilità

L’ultima parte di analisi dello studio EMPOWER-Lung

1 è stata affidata a Lorenza Landi, che ha presentato e commentato i dati di safety cercando di estrapolare soprattutto notizie utili alla pratica clinica. In caso di un farmaco nuovo come cemiplimab, uno degli aspetti più importanti è l’incidenza di eventi avversi di grado severo e la probabilità di doverlo sospendere a causa di questi ultimi. Il profilo di tollerabilità generale di cemiplimab nello studio EM -

POWER-Lung 1 è riportato in figura 11.5

Il primo dato interessante è che la percentuale di discontinuazione del trattamento a causa di eventi avversi di tipo immunomediato è inferiore al 5%, assolutamente comparabile ai trial registrativi di altri farmaci immunoterapici e ai dati della real-life. Esaminando più nel dettaglio gli eventi avversi e confrontandoli con quelli della chemioterapia, emerge chiaramente che i due profili sono differenti e che, probabilmente, questo studio ha goduto favorevolmente della curva d’apprendimento da parte degli sperimentatori nel gestire le tossicità dell’immunoterapia. Una particolarità di questa analisi è che la fatigue, evento avverso soggettivo e perciò difficile da graduare, viene valutata separatamente rispetto all’astenia. Inoltre, iniziano ad essere finalmente raccolte alcune tossicità immunomediate che potremmo definire emergenti ma che in realtà, probabilmente, prima non venivano tracciate, come ad esempio il prurito. Stessa cosa per i dolori articolari e le forme di artrite, cioè quei quadri infiammatori che a volte mimano la riacutizzazione di una patologia degenerativa. Al concetto di evento avverso si correla direttamente la qualità di vita del paziente. Per questo studio esiste un’analisi di qualità di vita, 8 in cui il dato che emerge è a vantaggio dell’immunoterapia rispetto al trattamento chemioterapico.

Figura 11. Studio EMPOWER-Lung 1: profilo di tollerabilità ad un follow-up mediano di 3 anni

*Although each pair of neutropenia and decreased neutrophil count; and thrombocytopenia and decreased platelet count might reflect the same condition, they were listed as distinct events for the safety report of the study AEs, adverse events; PD-L1, programmed death-ligand 1

Conclusioni

Lo studio EMPOWER-Lung 1 ha portato alla luce l’esistenza e ha dimostrato l’efficacia di un altro farmaco immunoterapico nei pazienti con NSCLC metastatico o localmente avanzato non candidati a chemio/radioterapia ed espressione di PD-L1 uguale o maggiore di 50%, non meno attivo di quelli che avevamo finora a disposizione. Il vantaggio rispetto alla chemioterapia si evidenzia in termini di OS, di PFS, di risposte obiettive, di tollerabilità e di qualità di vita. Sarà importante capire come scegliere, nell’ambito della malattia metastatica, tra farmaci che non hanno e non avranno mai un confronto diretto e che sembrano complessivamente ottenere risultati sovrapponibili e molto più favorevoli rispetto alla chemioterapia. Con tutti i limiti delle analisi per sottogruppi, alcune categorie di pazienti come quelli con metastasi encefaliche stabilizzate e con istologia squamosa sembrerebbero beneficiare dell’uso di cemiplimab in modo particolare. Anche nei pazienti con malattia localmente avanzata che non possono giovarsi di un trattamento chemio-radioterapico, concomitante o sequenziale, cemiplimab rappresenta un’opportunità nei pazienti che iperesprimono PD-L1 Per questo motivo, AIFA ha concesso solamente a cemiplimab la rimborsabilità in questo setting. Più difficile stabilire il ruolo di cemiplimab oltre la progressione di malattia ma anche questa, alla luce dei dati presentati, rappresenta una prospettiva importante in un’ottica di preservazione della qualità di vita nei pazienti metastatici.

Bibliografia

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6. Özgüroğlu M, Sezer A, Kilickap S et al: Cemiplimab monotherapy as first-line (1L) treatment of patients with brain metastases from advanced non-small cell lung cancer (NSCLC) with programmed cell deathligand 1 (PD-L1) ≥ 50%: EMPOWER-Lung 1 subgroup analysis. Proc ASCO 2021, abstract 9085

7. Bondarenko I, Sezer A, Kilickap S, et al. Clinical benefit of first-line cemiplimab in patients with locally advanced NSCLC: subgroup analysis from EMPOWERLung 1. Presented at: 2021 IASLC World Conference on Lung Cancer; September 8-14, 2021. Abstract FP04.03.

8. Gumus M, Chen IC, Ivanescu C et al: Patient-reported outcomes with cemiplimab monotherapy for first-line treatment of advanced non-small cell lung cancer with PD-L1 of ≥50%: The EMPOWER-Lung 1 study. Cancer 2022; Oct 29. doi: 10.1002/cncr.34477. Online ahead of print