Aderenza, deprescribing e PDTA

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A cura di Fondazione ReS e Il Pensiero Scienti co Editore
MAPPE 6 TAVOLA 5 PROPOSTA FINALE PROPOSTA TECNICA TAVOLA 5 MACRO SCOPIO Osservatorio sulla cronicità Il Pensiero Scientifico Editore BRAND GUIDES BRAND IDENTITY MACROSCOPIO FEBBRAIO 2020

Aderenza, deprescribing e PDTA

A cura di Graziano Onder Team di Fondazione ReS

Carlo Piccinni, Silvia Calabria, Giulia Ronconi, Letizia Dondi, Alice Addesi, Immacolata Esposito, Irene Dell’Anno, Leonardo Dondi, Antonella Pedrini, Aldo Pietro Maggioni, Nello Martini

Componenti del Gruppo di Lavoro ADERENZA, DEPRESCRIBING E PDTA

Massimo Carollo, Camilla Cocchi, Salvatore Crisafulli, Irene Dell’Anno, Letizia Dondi, Carlotta Lunghi, Nello Martini, Enrica Menditto, Sara Mucherino, Alessandro Nobili, Graziano Onder, Luca Pasina, Carlo Piccinni, Elisabetta Poluzzi, Margherita Selleri, Gianluca Trifirò, Maria Beatrice Zazzara

Con la supervisione di Advisory Board “Progetto Macroscopio”

Antonio Addis, Ettore Attolini, Carlo Luigi Bottaro, Renato Botti, Ovidio Brignoli, Pasquale Caldarola, Annalisa Capuano, Flavia Carle, Giovanni Corrao, Roberto Da Cas, Maria Giovanna D’Amato, Marina Davoli, Mirko Di Martino, Daniela Donetti, Francesco Enrichens, Paolo Francesconi, Antonio Gaudioso, Gian Franco Gensini, Andrea Lenzi, Giada Li Calzi, Paolo Marchetti, Chiara Marinacci, Carlo Nicora, Alessandro Nobili, Graziano Onder, Marcello Pani, Roberta Rampazzo, Paolo Stella, Ugo Trama, Francesco Trotta, Stefano Vianello

Direzione Scientifica ed Editoriale “Progetto Macroscopio”

Luca De Fiore, Luciano De Fiore, Immacolata Esposito, Benedetta Ferrucci, Aldo Pietro Maggioni, Nello Martini, Maria Nardoianni, Antonella Pedrini, Carlo Piccinni

Prima edizione: luglio 2023

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Progetto di copertina: Argenis Ibanez

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ISBN 978-88-490-0760-2

Il progetto Macroscopio è coordinato da Fondazione Ricerca e Salute in collaborazione con Il Pensiero Scientifico Editore e Think2it ed è dedicato ad una nuova cultura della cronicità.

Con il supporto non condizionato di

Autori

Massimo Carollo

Dipartimento di Diagnostica e Sanità Pubblica, Università degli Studi di Verona

Camilla Cocchi

Fondazione

Policlinico Gemelli IRCCS

Salvatore Crisafulli

Dipartimento di Medicina, Università degli Studi di Verona

Irene Dell’Anno Fondazione Ricerca e Salute

Letizia Dondi Fondazione Ricerca e Salute

Carlotta Lunghi

Dipartimento di Scienze Mediche e Chirurgiche, Università degli Studi di Bologna

Nello Martini Fondazione Ricerca e Salute

Enrica Menditto Dipartimento di Farmacia, Università degli Studi di Napoli Federico II

Sara Mucherino Dipartimento di Farmacia, Università degli Studi di Napoli Federico II

Alessandro Nobili Istituto di ricerche farmacologiche Mario Negri IRCCS

Graziano Onder Fondazione Policlinico Gemelli IRCCS, Università Cattolica del Sacro Cuore

Luca Pasina Istituto di ricerche farmacologiche

Mario Negri IRCCS

Carlo Piccinni Fondazione Ricerca e Salute

Elisabetta Poluzzi

Dipartimento di Scienze Mediche e Chirurgiche, Università degli Studi di Bologna

Margherita Selleri Dipartimento di Diagnostica e Sanità Pubblica, Università degli Studi di Verona

Gianluca Trifirò Dipartimento di Diagnostica e Sanità Pubblica, Università degli Studi di Verona

Maria Beatrice Zazzara Fondazione

Policlinico Gemelli IRCCS

Indice Premessa e obiettivi del documento IX 1. Politerapia come strumento di stratificazione 1 Politerapia: un fenomeno in costante crescita 1 Le linee guida: causa e soluzione della politerapia 3 Politerapia come “lente” per la lettura della stratificazione del bisogno assistenziale 5 Conclusioni 12 2. Strumenti di valutazione: i criteri di inappropriatezza 15 Criteri per l’identificazione delle prescrizioni potenzialmente inappropriate 16 Conclusioni 24 3. Aderenza alle terapie farmacologiche: dall’epidemiologia agli interventi 27 Introduzione 27 Fattori di rischio e barriere per l’aderenza alle terapie farmacologiche 29 Strategie per il miglioramento dell’aderenza alle terapie farmacologiche 32
ADERENZA, DEPRESCRIBING E PDTA VIII 4. Deprescribing: linee guida e organizzazione dei servizi 39 Introduzione 39 Deprescribing: evidenze, raccomandazioni e strumenti di monitoraggio 40 Organizzazione dei servizi di deprescribing 43 5. Indicatori per la valutazione di aderenza e appropriatezza prescrittiva all’interno dell’intero percorso assistenziale 51 Gli indicatori di aderenza e appropriatezza prescrittiva nell’ottica del PDTA 51 Gli indicatori di aderenza e appropriatezza nel NSG LEA 54 Gli indicatori di aderenza e appropriatezza in OsMed 61 I limiti dei dati amministrativi per la verifica di aderenza e appropriatezza 64 La necessità di integrare i dati amministrativi con dati clinici e socio-assistenziali 66

Premessa e obiettivi del documento

La popolazione italiana utilizza molti farmaci: il Rapporto OsMed segnala che nel corso del 2021 più di 6 cittadini su 10 hanno ricevuto almeno una prescrizione di farmaci e ogni cittadino ha consumato in media 17 confezioni di farmaci tra quelli in regime di assistenza convenzionata. Sono in particolare gli anziani ad utilizzare molti farmaci: circa due terzi della popolazione di età pari o superiore ai 65 anni ha ricevuto prescrizioni di almeno 5 diverse sostanze (condizione nota come politerapia ) nel corso dell’anno 2021 e circa un quarto ha assunto almeno 10 principi attivi diversi.

L’assunzione contemporanea di molteplici farmaci, se pure importante per trattare patologie croniche o acute nella popolazione, può però aprire molteplici problemi. L’uso contemporaneo di molti farmaci diversi può infatti portare a errori terapeutici, legati alla conservazione o all’assunzione non corretta da parte del paziente, o indurre il paziente a sospendere in maniera autonoma trattamenti farmacologici che possono avere effetti positivi sulla sua salute. Inoltre, un farmaco usato per trattare una malattia può aumentare o ridurre gli effetti di altri farmaci assunti contemporaneamente

o avere un effetto negativo su un’altra malattia o sintomo (condizione nota come interazione farmacologica). Le conseguenze di tali fenomeni possono essere importanti. Si stima infatti che una percentuale tra il 5 e il 15% di tutti i ricoveri ospedalieri sia legata ad eventi avversi da farmaci. Quindi, sebbene i farmaci siano estremamente utili nel trattamento di moltissime patologie, il loro uso è talvolta inappropriato, vale a dire che i rischi associati alla loro assunzione superano i possibili benefici.

In questo contesto si inserisce la presente pubblicazione che vuole offrire una guida allo sviluppo di percorsi che abbiano come focus i problemi sopra menzionati (politerapia, eventi avversi da farmaci, utilizzo di farmaci inappropriati) attraverso strategie mirate a un ottimale utilizzo dei farmaci e a un miglioramento della qualità di vita dei pazienti. In particolare, sono due i temi trattati: il miglioramento dell’aderenza terapeutica e il deprescribing. Per aderenza si intende il conformarsi del paziente alle raccomandazioni del medico riguardo ai tempi, alle dosi e alla frequenza nell’assunzione del farmaco per l’intero ciclo di terapia: perché un farmaco funzioni deve essere assunto in maniera costante e come indicato dal medico. Il deprescribing (o deprescrizione) è invece un approccio finalizzato all’ottimizzazione del trattamento farmacologico, che prevede una valutazione critica, sistematica e periodica dei trattamenti in corso. Tale processo consente di ridurre o riorganizzare in modo pianificato il numero o il dosaggio dei farmaci potenzialmente inappropriati, al fine di migliorare l’aderenza e promuovere la salute e la qualità di vita del paziente. È evidente quindi che aderenza e deprescribing sono concetti complementari, che possono essere affrontati attraverso strategie simili.

Questa pubblicazione fornisce degli elementi cardine al fine di definire dei percorsi focalizzati al miglioramento dell’ade-

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renza terapeutica e al deprescribing, considerando in particolare i seguenti aspetti:

1. Identificazione di pazienti che debbano essere coinvolti nei percorsi di miglioramento dell’aderenza terapeutica e deprescribing. Perché un intervento abbia successo deve focalizzarsi sulla popolazione che maggiormente può beneficiarne. Di questo tratta il capitolo 1, che fornisce elementi per la stratificazione della popolazione e l’identificazione di chi possa maggiormente giovarsi di percorsi finalizzati al miglioramento dell’uso dei farmaci.

2. Definizione di strumenti che possano valutare la qualità e appropriatezza dell’uso di farmaci. Nel capitolo 2 sono identificati gli strumenti di valutazione che possono essere utilizzati per valutare la terapia farmacologica e che sono fondamentali per identificare quando l’utilizzo di un farmaco sia potenzialmente problematico.

3. Identificazione di possibili interventi e strategie finalizzati a migliorare l’aderenza e al deprescribing. I capitoli 3 e 4 descrivono queste strategie e modelli di intervento e riportano alcune esperienze nazionali su questi temi.

4. Misurazione di esito, vale a dire l’identificazione di strumenti che possano essere utilizzati per misurare se l’intervento messo in atto sia stato valido e di impatto o meno e per monitorare i problemi legati alla terapia farmacologica nella popolazione. In questo contesto, nel capitolo 5 vengono riportati indicatori per la valutazione di aderenza e appropriatezza prescrittiva.

Questi sono gli elementi necessari per sviluppare percorsi e strategie di ottimizzazione dell’uso dei farmaci, attraverso un modello che porti all’identificazione di chi meglio possa beneficiare di un intervento, alla definizione di possibili interventi e strategie da mettere in atto per fronteggiare questi problemi e alla misurazione dei loro effetti.

PREMESSA E OBIETTIVI DEL DOCUMENTO XI

1. Politerapia come strumento di stratificazione

Politerapia: un fenomeno in costante crescita

Nei Paesi più sviluppati si è assistito, negli ultimi anni, a un cambiamento demografico importante, che ha visto aumentare considerevolmente il numero delle persone anziane. In Italia la popolazione con età uguale o superiore ai 65 anni ha raggiunto nel 2021 circa 13,9 milioni di individui, pari al 24% della popolazione totale.1

Il graduale invecchiamento della popolazione va di pari passo con l’aumento di patologie e sindromi croniche nei pazienti, che si trovano, quindi, in una condizione di “multimorbilità”. Quest’ultima, definita come la presenza di due o più condizioni croniche,2 interessa il 75% dei sessantenni e la quasi totalità degli ultraottantenni. La sua naturale conseguenza è l’utilizzo di un cospicuo numero di farmaci. Tale fenomeno, indicato con i termini “politerapia” o “polifarmacoterapia”, è la contemporanea assunzione da parte dello stesso individuo di 5 o più farmaci differenti impiegati cronicamente. Questa soglia, in alcuni casi, è ampiamente superata, per raggiungere 10 o più medicinali assunti contemporaneamente, condizione molto comune tra gli anziani,

tanto da richiedere l’impiego del termine specifico “iperpolifarmacoterapia”.

Secondo il Rapporto OsMed 2021,1 la popolazione con più di 64 anni assorbe oltre il 70% della spesa e dei consumi farmaceutici. Infatti, quando l’età supera i 75 anni, la spesa pro capite per i medicinali a carico del Servizio Sanitario Nazionale (SSN) arriva a triplicare il valore medio nazionale e si stima che, per ogni individuo con età maggiore di 64 anni, la spesa farmaceutica sia oltre 6 volte quella sostenuta per una persona di età inferiore ai 40 anni. Inoltre, nella popolazione over 70, il consumo di farmaci è di oltre 3000 DDD/1000 abitanti die (DDD = Defined Daily Dose), che è un valore piuttosto alto se confrontato con quello della fascia 40-49 anni dove varia tra le 325 e le 496 DDD/1000 abitanti die. Nel 2021, secondo lo stesso Rapporto OsMed, in Italia il numero medio di farmaci utilizzati dai pazienti tra 65 e 69 anni è 5,8, che sale a 7,6 nella fascia 75-79 e raggiunge 8,4 tra le persone con età pari o superiore agli 85 anni. Inoltre, il 66,6% degli utilizzatori con più di 65 anni ha ricevuto prescrizioni di almeno 5 diverse sostanze e circa il 26,8% di questi assume almeno 10 principi attivi diversi. Analizzando in modo specifico le categorie terapeutiche, si può notare che, nei soggetti che assumono 5 sostanze, le principali combinazioni prevedono almeno due antipertensivi, un ipolipemizzante e un antiaggregante; mentre, tra i soggetti che assumono 8 sostanze, alle categorie sopra citate si aggiungono gli antidiabetici, i farmaci per l’ulcera peptica e gli antigottosi.1

In sostanza, questi dati sono indicativi di un frequente ricorso alla politerapia negli over sessantacinquenni. È necessario considerare anche che la politerapia, in un organismo debilitato e con multimorbilità, aumenta in modo considerevole il rischio di reazioni avverse e interazioni tra farmaci

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con conseguenti ospedalizzazioni, disabilità e mortalità.2 Inoltre, poiché i farmaci sono spesso prescritti da più professionisti che lavorano in modo indipendente l’uno dall’altro, si genera un costante rischio di interrompere il percorso assistenziale del paziente cronico, il cui regime terapeutico subisce continue modifiche con possibilità di discrepanze ed errori. Altro aspetto cruciale associato alla politerapia è la perdita dell’aderenza alle terapie croniche, in quanto il numero dei medicinali assunti costituisce una delle barriere “modificabili” al mantenimento dell’aderenza, con tutte le conseguenze cliniche note. A questo si aggiunge anche che la politerapia negli anziani è associata a declino funzionale, degenerazione cognitiva (delirium e/o demenza), aumentato rischio di cadute e malnutrizione.3-7

Dunque, sarebbe auspicabile passare da una modalità di prescrizione farmacologica centrata sulla singola patologia da trattare a una valutazione “multidimensionale”, che consideri il paziente nella sua complessità, cercando un equilibrio tra l’indispensabilità di trattamento delle malattie croniche e i danni correlati ai farmaci, per evitare una “prescrizione inappropriata”.2

Le linee guida: causa e soluzione della politerapia

Tra i fattori alla base dell’aumentata politerapia tra gli anziani occorre ricordare anche il gran numero di linee guida evidence-based che raccomandano l’uso di più di un farmaco per il trattamento di malattie croniche. Il conseguente regime polifarmacologico può diventare di difficile gestione, soprattutto quando i singoli trattamenti sono prescritti da più specialisti che operano in modo indipendente l’uno dall’altro. Da qui la necessità di dotarsi di linee guida per la gestione della politerapia.

POLITERAPIA COME STRUMENTO DI STRATIFICAZIONE 3

Nel 2021 il Sistema Nazionale Linee Guida dell’Istituto Superiore di Sanità (ISS) ha pubblicato la “Linea guida intersocietaria per la gestione della multimorbilità e polifarmacoterapia”, finalizzata a migliorare la pratica clinica e la qualità delle cure offerte al paziente con multimorbilità e/o polifarmacoterapia.2 Tale documento si ispira alle linee guida del National Institute for Health and Care Excellence (NICE), presenti nel Regno Unito già dal 2016.8

Le linee guida italiane riportano raccomandazioni rivolte al paziente, ai professionisti sanitari e al sistema sanitario, suggerendo che la corretta gestione della polifarmacoterapia potrebbe essere la strategia cardine della cura alla persona affetta da multimorbilità. Si introduce così il nuovo concetto di deprescrizione farmacologica, o deprescribing, ossia un processo sistematico che porta alla sospensione o alla riduzione della posologia di un farmaco in circostanze in cui evidenti o potenziali effetti negativi superino i benefici. L’intervento di deprescribing, basandosi su una valutazione a tutto tondo del paziente, deve avvenire mediante un approccio multidisciplinare finalizzato a ridurre il numero di farmaci assunti e ottimizzare il trattamento farmacologico a carico del paziente. Una strategia di deprescribing consiste, ad esempio, nell’identificare la prescrizione inappropriata, anche attraverso l’applicazione di criteri di appropriatezza e/o l’utilizzo di strumenti di supporto informatico alla prescrizione. L’uso ragionato dei farmaci potrebbe ridurre le ospedalizzazioni, garantire cure migliori e aumentare la qualità di vita dei pazienti anziani con multimorbilità e in polifarmacoterapia, nonché contribuire alla riduzione della spesa farmaceutica a carico del SSN.

Tuttavia, ad oggi esistono diverse lacune circa le conoscenze sul deprescribing dei farmaci cronici più frequentemente prescritti nelle persone anziane. In futuro, pertanto, si do-

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vrebbero identificare strategie utili a guidare adeguatamente i medici nella realizzazione di tale pratica, favorendo una rivalutazione periodica del profilo beneficio-rischio dei diversi farmaci prescritti. È indubbio che questo passaggio richieda la collaborazione di team multidisciplinari che comprendono medici specialisti, medici di medicina generale, farmacologi clinici, farmacisti e infermieri, oltre al coinvolgimento attivo di pazienti e caregiver, nonché al ricorso a sistemi informatizzati di supporto alle decisioni.9

Politerapia come “lente” per la lettura della stratificazione del bisogno assistenziale

La multicronicità e la conseguente politerapia impongono al SSN importanti sfide, dal pianificare nuovi modelli organizzativi al definire percorsi diagnostico-terapeutici assistenziali (PDTA) per la reale presa in carico del paziente. Questi concetti, seppure noti da diverso tempo, stanno trovando una loro collocazione nella riforma dell’assistenza di prossimità, prevista dal Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) e dettagliata dal conseguente Decreto 23 maggio 2022, n. 77, “Regolamento recante la definizione di modelli e standard per lo sviluppo dell’assistenza territoriale nel Servizio sanitario nazionale” (DM 77).

Infatti, la gestione di questi pazienti, spesso caratterizzati da una elevata complessità clinica, sociale e assistenziale, rappresenta un problema crescente per caregiver e professionisti sanitari coinvolti nel processo di cura, nonché per il SSN che è chiamato a riformare la medicina di prossimità considerando anche questi aspetti.

Tuttavia, gli stessi strumenti dei PDTA devono tener conto di un cambiamento di visione che passa dalla singola pato-

POLITERAPIA COME STRUMENTO DI STRATIFICAZIONE 5

logia alla complessità del paziente. Questo approccio, che può essere definito case management in opposizione al più classico disease management, richiede necessariamente una stratificazione della popolazione sulla base della complessità clinica e dei rischi conseguenti.

Le stesse linee guida italiane sulla multimorbilità e polifarmacoterapia si sono poste l’obiettivo di identificare strumenti di stratificazione del rischio applicabili alle persone affette da multimorbilità, riconoscendone l’importanza a supporto delle decisioni cliniche e della programmazione sanitaria.2 Nello specifico, le raccomandazioni si sono concentrate sugli strumenti validati e dotati di buona precisione, accuratezza e calibrazione per il rischio di ospedalizzazione non pianificata e per il rischio di decesso. Seppure sottolineando la differenza esistente tra fragilità e multimorbilità, lo strumento raccomandato dalle linee guida per stratificare il rischio di ospedalizzazione nei pazienti con multimorbilità è il “Frailty Index”.10 Mentre gli strumenti raccomandati per stratificare il rischio di decesso tra i pazienti ospedalizzati (o dimessi dall’ospedale) sono la Clinical Frailty Scale (CFS),11 lo stesso Frailty Index10 e il Multidimensional Prognostic Index (MPI),12 quelli per stratificare il rischio di decesso tra le persone con multimorbilità che vivono a domicilio sono l’Indice di Comorbilità di Charlson,13 il Frailty Index10 e la velocità del cammino.14

Tutti gli strumenti raccomandati, tuttavia, riguardano la stratificazione del rischio e possono non tenere conto di altri aspetti come il differente bisogno assistenziale. Pertanto, a livello regionale sono stati sviluppati altri sistemi di stratificazione che non sempre sono stati oggetto di una pubblicazione nella letteratura scientifica e non potevano quindi essere inclusi nella valutazione delle linee guida italiane.2

ADERENZA, DEPRESCRIBING E PDTA 6

È dunque importante riconoscere che popolazioni con diverso grado di complessità clinica, oltre ad avere diversi rischi, prevedono anche differenti bisogni assistenziali, che devono essere presi in considerazione dal SSN per una programmazione sanitaria opportunatamente dimensionata, strutturata e soddisfacente.15

La stratificazione della popolazione per la sola complessità clinica, però, non è sufficiente a programmare in maniera adeguata i bisogni socio-assistenziali, pertanto occorre osservare i diversi strati mediante apposite “lenti” costruite per una valutazione di tipo qualitativo. Tra le diverse possibili “lenti” che è opportuno applicare, quella del ricorso alla politerapia è cruciale per comprendere meglio come i diversi “strati” siano trattati farmacologicamente e come è possibile agire per migliorare l’assistenza e ridurre il carico assistenziale.

L’impiego della lente della politerapia per leggere gli strati di complessità della popolazione con patologie, e programmare in modo più adeguato l’assistenza, è corroborato dai seguenti aspetti:16

n il trattamento delle comorbilità è un importante parametro da monitorare, poiché può dar luogo a rischi di interazioni farmaco-farmaco o farmaco-patologia;17

n il dato relativo all’uso concomitante di farmaci può dare un’informazione sulla distribuzione e co-occorrenza delle principali patologie;

n il numero dei trattamenti concomitanti può influenzare l’aderenza alle terapie farmacologiche per determinate patologie.18

Per tali motivi i diversi sistemi di stratificazione in uso presso le Regioni italiane includono l’aspetto della politerapia tra le variabili da tenere in considerazione, ad esempio il

POLITERAPIA COME STRUMENTO DI STRATIFICAZIONE 7

Risk-ER della Regione Emilia-Romagna,19 oppure il sistema di stratificazione della Regione Lazio.20

Al fine di comprendere come sia possibile impiegare la lente della politerapia per leggere gli strati di complessità della popolazione e programmare di conseguenza l’assistenza, è possibile partire da una rappresentazione grafica della popolazione come quella mostrata nella figura 1.1A, che si riferisce all’intera popolazione del database di Fondazione ReS (Ricerca e Salute) contenente i dati amministrativi sanitari di alcune realtà italiane, la cui distribuzione per sesso ed età risulta sovrapponibile a quella della popolazione italiana censita da Istat. Applicando gli algoritmi per l’identificazione di 62 condizioni croniche sviluppati dalla Regione Lombardia (DGR 6164/2017), è possibile suddividere la popolazione in base al numero di patologie croniche, distinguendo quattro “strati”: nessuna patologia cronica (57%), 1-2 cronicità (28,5%), 3-4 cronicità (9,5%) e 5 o più cronicità (5,0%).

Analizzando le prescrizioni di farmaci ricevute in un anno, si nota che la popolazione senza nessuna patologia assume in media in un anno 1,6 principi attivi pro capite, numero che sale a 5,6 pro capite in presenza di 1 o 2 cronicità, a 9,6 principi attivi pro capite tra coloro che hanno 3-4 cronicità, fino a toccare il picco di 13,4 sostanze pro capite nei pazienti con 5 o più condizioni croniche. Di conseguenza, applicando la lente della politerapia (figura 1.1B) è possibile leggere questi strati, osservando che il ricorso ad essa cresce considerevolmente all’aumentare del numero di condizioni croniche da cui è affetto lo specifico strato di popolazione, fino a interessare quasi la totalità delle persone con 5 o più cronicità.

Quanto presentato riguarda l’intera popolazione. Tuttavia, un’analoga strategia di analisi si può applicare anche a specifiche popolazioni, come ad esempio quella affetta da dia-

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Figura 1.1

Stratificazione della popolazione adulta generale contenuta nel database ReS per numero di cronicità e di principi attivi (p.a.) pro capite (A) letta mediante la lente della politerapia (B)

bete mellito di tipo 2 (DMT2) che, come si evince dalla figura 1.2A, risulta differente dalla popolazione generale. Infatti, l’11,8% presenta solo il DMT2, mentre il 43,0% dei pazienti ha 1 o 2 cronicità oltre al DMT2, il 26,8% 3 o 4 cronicità e il 18,4% più di 5. Al crescere di questa complessità clinica aumenta il numero medio di principi attivi pro capite assunti in

POLITERAPIA COME STRUMENTO DI STRATIFICAZIONE 9
8,8% Almeno 5 cronicità; 13,4 p.a. pro capite 3 o 4 cronicità; 9,6 p.a. pro capite 1 o 2 cronicità; 5,6 p.a. pro capite 5,0% A B 9,5% 28,5% Nessuna cronicità; 1,6 p.a. pro capite 57% 0 10 Nessuna cronicità % 1 o 2 cronicità Almeno 5 cronicità 3 o 4 cronicità 30 50 70 100 90 20 40 60 80 Almeno 10 principi attivi Tra 1 e 4 principi attivi Tra 5 e 9 principi attivi Nessun principio attivo 46,0% 44,0% 15,4% 37,9% 41,4% 45,4% 42,1% 11,7% 73,2% 23,8%

un anno: da 4,6 in presenza del solo DMT2 a 15,4 quando oltre al DMT2 sono presenti 5 o più cronicità. Di conseguenza, come illustra la figura 1.2B, la percentuale di pazienti con DMT2 in politerapia aumenta da circa il 40%, se è presente il solo DMT2, al 99%, se oltre al DMT2 sono presenti anche 5 o più condizioni croniche.

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(p.a.)
politerapia
Almeno 5 cronicità; 15,4 p.a. pro capite 3 o 4 cronicità; 12,1 p.a. pro capite 18,4% B 26,8% 1 o 2 cronicità; 8,9 p.a. pro capite 43,0% Nessuna cronicità; 4,6 p.a. pro capite 11,8% 0 10 Nessuna cronicità 1 o 2 cronicità Almeno 5 cronicità 3 o 4 cronicità 30 50 70 100 90 20 40 60 80 Almeno 10 principi attivi Tra 1 e 4 principi attivi Tra 5 e 9 principi attivi Nessun principio attivo 9,4% 33,7% 47,8% 9,2% 39,4% 45,4% 14,3% 67,1% 29,4% 85,6% 13,2% A %
Figura 1.2 Stratificazione della popolazione adulta con diabete mellito di tipo 2 (DMT2) contenuta del database ReS, per numero di cronicità (oltre il DMT2) e di principi attivi pro capite (A) letta mediante la lente della
(B)

Nel caso di patologie che interessano pazienti ancora più complessi la politerapia può rappresentare un fenomeno piuttosto esteso. Ad esempio, il 99,6% della popolazione affetta da scompenso cardiaco presenta almeno un’ulteriore comorbilità (figura 1.3A) e il 100% di essa ricorre alla politerapia. Tra i soggetti con più di 5 comorbilità (54,0%

Figura 1.3 Stratificazione della popolazione adulta con scompenso cardiaco contenuta nel database ReS, per numero di cronicità (oltre lo scompenso cardiaco) e di principi attivi (p.a.) pro capite (A) letta mediante la lente della politerapia (B)

Almeno 5 cronicità; 15,1 p.a. pro capite

3 o 4 cronicità; 11,6 p.a. pro capite

1 o 2 cronicità; 8,9 p.a. pro capite

cronicità; 3,9 p.a. pro capite

POLITERAPIA COME STRUMENTO DI STRATIFICAZIONE 11
54,0% A B 31,5% 14,1% Nessuna
0,4% 0 10 Nessuna cronicità 1 o 2 cronicità Almeno 5 cronicità 3 o 4 cronicità 30 50 70 100 90 20 40 60 80 Almeno 10 principi attivi Tra 1 e 4 principi attivi Tra 5 e 9 principi attivi Nessun principio attivo 7,8% 27,4% 38,1% 26,7% 39,3% 44,1% 14,7% 61,3% 33,8% 82,9% 15,6% %

della popolazione con scompenso cardiaco), la quasi totalità (82,9%) assume almeno 10 principi attivi differenti (figura 1.3B).

Ai fini della programmazione sanitaria, disporre di informazioni dettagliate sui diversi strati della popolazione multicronica, con la relativa presenza di politerapia, potrebbe essere di aiuto per pianificare nuovi modelli organizzativi e soddisfare i bisogni assistenziali dei pazienti. Infatti, la conoscenza del numero di soggetti ad alta complessità clinica è fondamentale per dimensionare in maniera adeguata le risposte assistenziali sul territorio e programmare i trasferimenti, auspicabilmente temporanei, tra i diversi setting assistenziali. Inoltre, l’attenzione alla presenza di politerapia richiamerebbe alla necessità di valutare non solo l’adesione alle raccomandazioni presenti nelle linee guida per le singole patologie da cui è affetto il paziente, ma anche la necessità di pianificare e implementare politiche di deprescribing e riconciliazione terapeutica. Tutto ciò nell’ottica di giungere a una semplificazione della terapia e, conseguentemente, del percorso assistenziale, per arrivare alla realizzazione di un modello realmente centrato sul paziente e sulle sue necessità.15

Conclusioni

In conclusione, politerapia e multimorbilità sono due fenomeni interconnessi tra loro che devono essere necessariamente tenuti in considerazione nella valutazione del bisogno assistenziale, al fine di giungere a un’adeguata pianificazione dell’assistenza che tenga conto della complessità clinica e terapeutica della popolazione, specialmente di quella anziana. In tale contesto la politerapia rappresenta una lente utile a osservare più nel dettaglio i diversi strati di popolazione e stabilirne il diverso biso-

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gno di salute, tenendo in considerazione i diversi livelli di rischio, di complessità terapeutica e di vulnerabilità dei singoli individui. Infatti, solo con una visione dettagliata del problema è possibile mettere in atto strategie per il suo contenimento, come ad esempio il deprescribing, e al contempo strutturare la nuova assistenza di prossimità che risponda alle reali necessità dei pazienti, in linea con gli obiettivi specifici della Missione 6 del PNRR.

Bibliografia

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ADERENZA, DEPRESCRIBING E PDTA 14

2.

Strumenti di valutazione: i criteri di inappropriatezza

Nel presente capitolo sono identificati gli strumenti di valutazione che possono essere utilizzati per valutare la qualità della terapia farmacologica e che sono fondamentali per identificare quando l’utilizzo di un farmaco non sia appropriato. Un farmaco viene definito potenzialmente inappropriato quando “il rischio di sviluppare eventi avversi supera il beneficio atteso dal trattamento, soprattutto se vi sono evidenze scientifiche a supporto di trattamenti più sicuri e/o efficaci per la stessa condizione clinica”. L’inappropriatezza prescrittiva è spesso la conseguenza dell’uso contemporaneo di più farmaci che interagiscono fra loro (interazione farmaco-farmaco) e/o con le patologie da cui il paziente è affetto (interazione farmaco-patologia), come pure la non prescrizione di un farmaco indicato per una delle patologie presenti e un uso inadeguato di un farmaco per durata, dosaggio o frequenza delle assunzioni, con errori nelle modalità di assunzione o scarsa aderenza.1-4

Criteri per l’identificazione delle prescrizioni potenzialmente inappropriate

Al fine di migliorare la prescrizione dei farmaci nel paziente geriatrico e ottimizzare la politerapia sono stati sviluppati e validati diversi strumenti che permettono di valutare la presenza di farmaci inappropriati, controindicati o con un rapporto di beneficio-rischio sfavorevole.5 L’inappropriatezza prescrittiva può essere valutata mediante misure esplicite (basate su criteri predefiniti) o implicite (basate sulla valutazione del caso clinico):

n i criteri espliciti sono orientati al farmaco o alla malattia, possono essere applicati su grandi banche dati, anche in assenza di un giudizio clinico e/o della conoscenza delle caratteristiche cliniche del paziente;4

n i criteri impliciti sono invece focalizzati sull’analisi dei pazienti piuttosto che su quella di farmaci o malattie e sono meno facilmente standardizzabili.

Di seguito viene riportata una breve descrizione dei principali metodi impliciti ed espliciti utilizzati a livello internazionale per ottimizzare l’uso dei farmaci nel paziente anziano.

CRITERI IMPLICITI

Il MAI* (Medication Appropriateness Index),6 sviluppato negli Stati Uniti nel 1991, si basa sulla valutazione di 10 criteri con lo scopo di assistere il clinico nella valutazione della qualità delle prescrizioni farmacologiche. Misura l’appropriatezza di ciascuna prescrizione sulla base di uno score ottenuto dalla somma di valutazioni che considerano differenti aspetti della terapia farmacologica (via di somministrazione,

* https://globalrph.com/medcalcs/medication-appropriateness-index-calculator/

ADERENZA, DEPRESCRIBING E PDTA 16

dosaggio, presenza di interazioni o di duplicati). Una prescrizione può risultare appropriata (score 1), parzialmente appropriata (score 2) o inappropriata (score 3). Uno dei maggiori limiti del MAI è il tempo richiesto per la valutazione (prevede un tempo medio di circa 10 minuti per la valutazione di ogni singolo farmaco), rendendolo di fatto utilizzabile solo in progetti di ricerca, visto l’elevato numero di farmaci assunti dai pazienti anziani. Il MAI è risultato efficace per controllare l’appropriatezza prescrittiva, ma non è ad oggi dimostrato se a ciò corrisponda una riduzione anche degli effetti avversi.

Il POM (Prescribing Optimization Method)7 è stato proposto come supporto della pratica clinica per aiutare il medico a porsi quesiti specifici al fine di ottimizzare la politerapia nel paziente anziano. Si basa su 6 domande (vedi box 2.1) che guidano nella revisione terapeutica.

BOX 2.1 - PRESCRIBING OPTIMIZATION METHOD

Domande:

1. Il paziente è adeguatamente trattato o ci sono ulteriori farmaci che potrebbero risultare utili?

2. Il paziente assume regolarmente i farmaci che gli sono stati prescritti?

3. Ci sono farmaci che possono essere sospesi o che sono inappropriati?

4. Il paziente presenta degli effetti indesiderati ad uno o più trattamenti?

5. Sono possibili interazioni potenzialmente rilevanti dal punto di vista clinico?

6. È opportuno modificare il dosaggio o la frequenza di somministrazione di qualche farmaco?

STRUMENTI DI VALUTAZIONE: I CRITERI DI INAPPROPRIATEZZA 17

L’applicazione di questo metodo risulta essere più rapida rispetto al MAI, circa 20 minuti per paziente, e ha dimostrato di favorire una semplificazione della terapia, con una riduzione nel numero di farmaci prescritti; anche in questo caso si hanno pochi studi sugli esiti.

CRITERI ESPLICITI

I criteri espliciti sono elenchi di principi attivi da evitare o usare con cautela negli anziani, sia in generale sia in presenza di specifiche patologie. Si tratta di criteri di più facile applicazione, spesso utilizzati in studi farmacoepidemiologici per valutare il grado di appropriatezza prescrittiva.

Attualmente sono disponibili circa 36 liste di farmaci, ma i più utilizzati in letteratura sono i criteri di Beers e i criteri

STOPP and START.5 8

I criteri di Beers sono stati il primo set di indicatori espliciti proposti per la popolazione geriatrica. Elaborati inizialmente negli Stati Uniti nel 1991, vengono periodicamente aggiornati (ultimo aggiornamento maggio 2023) e sono applicabili in qualunque setting assistenziale.2 Sono composti da 5 liste:

1. farmaci o classi farmacologiche potenzialmente dannosi per la maggior parte degli anziani indipendentemente dalle condizioni cliniche del paziente;

2. farmaci potenzialmente pericolosi solo in determinate condizioni (come l’utilizzo di FANS in soggetti con insufficienza cardiaca);

3. farmaci che devono essere utilizzati solo con estrema cautela (ad esempio l’utilizzo di acido acetilsalicilico nella prevenzione primaria di eventi cardiaci in soggetti di età ≥80 anni);

4. combinazioni di farmaci associate a interazioni potenzialmente gravi;

ADERENZA, DEPRESCRIBING E PDTA 18

5. farmaci che dovrebbero essere evitati o di cui sarebbe opportuno aggiustare il dosaggio in caso di insufficienza renale.

Questi criteri hanno lo scopo di informare/educare il medico più che limitarne la libertà prescrittiva. Per ciascun criterio sono riportate:

n la motivazione per la quale il farmaco è potenzialmente inappropriato;

n la raccomandazione (evitare in tutti i soggetti o in determinate circostanze);

n la qualità dell’evidenza (bassa, moderata o alta);

n la forza della raccomandazione (forte o debole).

Nonostante i costanti aggiornamenti, i criteri di Beers risentono di alcuni limiti: non fanno riferimento all’inappropriato sottoutilizzo di farmaci, non contemplano l’uso di duplicati terapeutici, si riferiscono principalmente alla disponibilità dei farmaci nella realtà americana e non propongono alternative terapeutiche.

I criteri STOPP/START sono stati proposti da un gruppo di esperti in Irlanda nel 2008 per la popolazione di età superiore ai 65 anni.3

I criteri STOPP (Screening Tool of Older Person’s Prescriptions) consistono di elenchi di farmaci da evitare o usare con cautela e sono applicabili a diversi contesti di cura. Sono suddivisi in differenti aree clinico/terapeutiche: 9 aree appartenenti ai diversi sistemi anatomici e 3 destinate a specifiche situazioni che espongono i soggetti ad alto rischio di manifestare reazioni avverse (farmaci che possono causare cadute, farmaci analgesici e farmaci con effetti anticolinergici).

STRUMENTI DI VALUTAZIONE: I CRITERI DI INAPPROPRIATEZZA 19

Contestualmente gli stessi autori hanno proposto i criteri START (Screening Tool to Alert doctors to Right Treatment), che identificano le prescrizioni che potrebbero essere utili in determinate condizioni cliniche ma potenzialmente omesse.

L’uso dei criteri START/STOPP ha dimostrato di ridurre prospetticamente il numero di prescrizioni inappropriate, le reazioni avverse e il costo medio della terapia alla dimissione.9 Gli stessi autori successivamente hanno elaborato anche i criteri STOPP Frail10 per i pazienti anziani con limitata aspettativa di vita.

I criteri Fit fOR The Aged (FORTA)11 differiscono dai classici criteri espliciti e si propongono come strumento per aiutare i medici nello screening di farmaci non necessari, inappropriati/dannosi e/o omessi nei pazienti più anziani.

È il primo sistema di classificazione in cui sia l’etichettatura negativa che quella positiva sono combinate a livello di singoli farmaci o classi terapeutiche. Le classi FORTA sono riassunte nel box 2.2.

BOX 2.2 - CLASSI FORTA

• Classe A (A-bsolutely): farmaci indispensabili, con un netto beneficio in termini di rapporto efficacia/ sicurezza dimostrato nei pazienti anziani per una data indicazione.

• Classe B (B-eneficial): farmaci con efficacia provata, ma limitata entità dell’effetto o problemi di sicurezza.

• Classe C (C-areful): farmaci con dubbia efficacia/sicurezza nell’anziano, da evitare o omettere in presenza di una politerapia; per questi farmaci gli autori consigliano di rivedere la terapia o trovare delle alternative.

• Classe D (D-on’t): farmaci da evitare e da omettere; gli autori consigliano di rivedere la terapia o trovare delle alternative.

ADERENZA, DEPRESCRIBING E PDTA 20

I criteri FORTA tengono in considerazione le indicazioni d’uso e le patologie del soggetto, così un farmaco può essere classificato in diverse classi, a seconda delle indicazioni o delle patologie del soggetto. Essendo dei criteri relativamente recenti, gli studi a supporto della possibile efficacia nel ridurre eventi avversi o migliorare outcome clinici importanti sono ancora pochi.

I criteri AIFA: AIFA ha proposto nel 2021 alcuni indicatori di appropriatezza e qualità che possono essere impiegati nell’analisi dei dati di prescrizione a livello territoriale, ospedaliero e della RSA.12 Fra gli indicatori troviamo:

n politerapia, numero di molecole contemporaneamente prescritte in un singolo assistito;

n interazioni farmacologiche, per le quali vengono considerate tre interazioni rilevanti dal punto di vista clinico, legate all’utilizzo contemporaneo di più farmaci che possano portare a un aumentato rischio di sanguinamento, ad allungamento dell’intervallo QT cardiaco o a un aumentato rischio di insufficienza renale;

n farmaci potenzialmente inappropriati, identificati fra le molecole il cui uso negli anziani porta più rischi che potenziali benefici e tra i quali vengono inclusi: antidepressivi triciclici, antipertensivi inappropriati (alfa-bloccanti o reserpina o nifedipina a rilascio immediato), alfa-antagonisti centrali, digossina a determinati dosaggi, ketorolac, dronedarone, sulfaniluree a lunga durata di azione, ticlopidina e dipiridamolo;

n uso concomitante di almeno tre psicofarmaci fra benzodiazepine, antidepressivi, antipsicotici, antiepilettici, oppioidi;

n carico anticolinergico farmaco-indotto, poiché prove crescenti in letteratura mostrano come i farmaci con attività anticolinergica contribuiscano ad alterare in vari ambiti le funzioni cognitive, svolgendo un ruolo rilevante nel-

STRUMENTI DI VALUTAZIONE: I CRITERI DI INAPPROPRIATEZZA 21

lo sviluppo dei disturbi cognitivi, fino ad aumentare il rischio di demenza. Negli anziani esposti a un elevato carico anticolinergico, gli effetti negativi sul versante cognitivo si possono tradurre anche in una peggiore performance fisica. È stato infatti dimostrato che, anche in assenza di reazioni avverse manifeste, i farmaci con attività anticolinergica possono portare a un peggioramento della mobilità, della forza muscolare e dell’equilibrio, con un impatto negativo sul grado di autosufficienza.

L’analisi delle prescrizioni con questi indicatori rappresenta un prerequisito essenziale per progettare interventi volti a migliorare la qualità delle prescrizioni nella popolazione anziana.

SOFTWARE PER LA REVISIONE DELLA TERAPIA E IL DEPRESCRIBING

Gli strumenti informatizzati13 che tengono in considerazione diversi aspetti della farmacoterapia possono risultare utili nella riduzione del carico farmacologico. Ne esistono diversi che si differenziano per il tipo di informazioni fornite (interazioni, farmaci potenzialmente inappropriati, duplicati terapeutici), per le modalità di accesso (gratuita o con accesso riservato), per la possibilità di essere integrati nelle cartelle cliniche di prescrizione e per la valutazione dell’appropriatezza in specifiche categorie di pazienti (ad esempio, anziani in politerapia, pazienti oncologici, con HIV o covid). Tra questi vale la pena menzionare INTERCheck WEB (www. intercheckweb.it), uno strumento di valutazione dell’appropriatezza prescrittiva sviluppato dall’Istituto di Ricerche Farmacologiche Mario Negri IRCCS e disponibile gratuitamente per tutti gli operatori sanitari coinvolti nella gestione del farmaco (medici, farmacisti e infermieri). Questo sistema di supporto alla prescrizione è stato sviluppato con l’obiettivo

ADERENZA, DEPRESCRIBING E PDTA 22

di bilanciare rischi e benefici di una terapia attraverso una valutazione di diversi aspetti della farmacologia, risultando particolarmente adatto a valutare le terapie complesse che spesso troviamo nei soggetti anziani. Oltre ad essere presente l’elenco delle domande dei criteri impliciti POM, lo strumento consente di registrare le terapie di un soggetto e ricevere informazioni su:

a. Interazioni tra farmaci: il database interazioni è realizzato e aggiornato dall’Istituto Mario Negri e consente di valutare potenziali interazioni tra più farmaci prescritti contemporaneamente; fornisce un giudizio sulla gravità dell’interazione, sui possibili effetti indesiderati, sui parametri da monitorare per ridurre il rischio di eventi avversi e su come comportarsi (sospensione o sostituzione di uno dei due farmaci, modifica della dose).

b. Farmaci potenzialmente inappropriati nell’anziano (secondo i criteri Beers, START/STOPP, STOPP Frail).

c. Valutazione del carico anticolinergico (Anticholinergic Cognitive Burden scale).

d. Modalità di sospensione dei farmaci che necessitano riduzione graduale delle dosi.

e. Dosaggio dei farmaci in soggetti con alterata funzionalità renale.

f. Raccomandazioni di Choosing Wisely-Italy sulla terapia farmacologica.

g. Valutazione dei benefici e dei rischi attesi dalla terapia farmacologica in relazione a NNT&NNH,* indicatori utili a quantificare benefici attesi e rischi di una determinata terapia.

* NNT = Number Needed to Treat (ovvero il numero di pazienti da trattare per ottenere un beneficio terapeutico) e NNH = Number Needed to Harm (ovvero il numero di pazienti da trattare per osservare un effetto avverso del trattamento):

https://www.evidence.it/articoli/pdf/2009_7_2.pdf

STRUMENTI DI VALUTAZIONE: I CRITERI DI INAPPROPRIATEZZA 23

Al fine di valutare l’utilità di INTERCheck nel ridurre i potenziali rischi associati alla terapia farmacologica sono stati condotti studi in diversi setting. In due studi prospettici si è osservata una riduzione significativa del numero di pazienti trattati con farmaci potenzialmente inappropriati, di quelli che ricevevano duplicati terapeutici e dei soggetti esposti a interazioni tra farmaci potenzialmente gravi.14 15 Un terzo studio, per valutare il grado di corrispondenza tra la rilevanza clinica delle interazioni secondo INTERCheck e il giudizio dello specialista ospedaliero, ha evidenziato un elevato grado di corrispondenza, concludendo che l’uso di INTERCheck avrebbe portato a una diversa gestione delle prescrizioni (ad esempio, sospensione di almeno uno dei farmaci coinvolti nelle interazioni, aggiustamento dei dosaggi o avvio di un più attento monitoraggio).16 Gli studi condotti suggeriscono che, avendo a disposizione informazioni utili a valutare il rapporto rischio/beneficio delle terapie, è possibile modificare le scelte prescrittive nei casi di terapie complesse.

Conclusioni

Un obiettivo importante nel processo di razionalizzazione e miglioramento della prescrizione dei farmaci nel paziente anziano è senza dubbio quello della riconciliazione e revisione periodica dei farmaci assunti dal paziente. Questo processo di valutazione può aiutare i medici e gli operatori sanitari a riconsiderare quali farmaci sono ancora veramente necessari, quali sono inappropriati o a rischio di interazioni, e quali sarebbe opportuno sospendere. I criteri illustrati sono stati sviluppati principalmente da geriatri e farmacologi clinici per supportare il medico nel difficile lavoro di revisione della terapia. Anche se, a tutt’oggi, non esiste uno strumento perfetto, il loro impiego con spirito critico può rappresentare un’utile bussola per il medico nell’orientare le proprie scelte.

ADERENZA, DEPRESCRIBING E PDTA 24

Il medico di medicina generale, il geriatra e l’internista hanno indubbiamente un ruolo chiave in questo processo di revisione e sintesi, in quanto hanno a disposizione tutti gli elementi per procedere con una visione orientata al paziente e non alle singole patologie, come invece succede nella maggior parte dei casi da parte degli specialisti. Nelle situazioni più complesse, il medico dovrebbe chiedere il supporto di altre figure professionali, come per esempio il farmacista o il farmacologo clinico, ma soprattutto aprirsi a un approccio multidisciplinare e integrato con le diverse professionalità socio-sanitarie, in modo da praticare veramente un approccio olistico ai problemi/bisogni del paziente.

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ADERENZA, DEPRESCRIBING E PDTA 26

3. Aderenza alle terapie farmacologiche: dall’epidemiologia agli interventi

A cura di Sara Mucherino, Enrica Menditto, Salvatore Crisafulli, Margherita Selleri, Gianluca Trifirò, Carlotta Lunghi e Elisabetta Poluzzi

Introduzione

L’aderenza alla terapia farmacologica è un elemento cruciale nel percorso di cura del paziente, in grado di influenzarne gli esiti. La mancata aderenza può, infatti, comportare la riduzione dell’efficacia e della sicurezza della terapia con conseguenze negative sia da un punto di vista clinico che economico. È noto che livelli più bassi di aderenza al trattamento siano associati a costi sanitari più elevati, importanti complicanze e un peggioramento della qualità della vita del paziente, nonché ad una maggiore prevalenza e recidiva della malattia. Si stima, infatti, che il costo della scarsa aderenza sia pari a 125 miliardi di euro/anno in Europa e 105 miliardi di dollari/anno negli Stati Uniti.1 Pertanto, strategie efficaci per valutare, monitorare e implementare interventi di miglioramento dell’aderenza iniziano ad essere un imperativo per i sistemi sanitari.

La ricerca ha iniziato a rispondere a tale necessità partendo dalla definizione di aderenza e dei suoi metodi valutativi.

Da oltre un ventennio, l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) ha definito l’aderenza come “il grado in cui il comportamento di una persona, che include l’assunzione dei farmaci, il seguire una dieta e/o l’esecuzione di cambiamenti nello stile di vita, corrisponda alle raccomandazioni concordate dal fornitore di assistenza sanitaria”. 2

Tuttavia, le attuali definizioni nella letteratura non consentono una valutazione quantitativa precisa dell’aderenza al trattamento, rendendo difficile una descrizione accurata e un confronto tra gli studi.3 Per superare questa sfida, è emersa la necessità di una nuova base concettuale e di una tassonomia chiara per garantire coerenza e misurabilità nella terminologia e nei metodi di ricerca sull’aderenza.4 Su questo fronte, il progetto europeo Ascertaining Barriers for Compliance (ABC) ha proposto una nuova tassonomia incorporata nelle linee guida sull’aderenza alla terapia farmacologica ESPACOMP (EMERGE).

Tali linee guida, disponibili in diverse lingue, definiscono l’aderenza come un processo con tre componenti essenziali: l’inizio, l’implementazione e la persistenza. 5-7

Le tre fasi richiedono l’utilizzo di metodi di stima specifici per ciascuna di esse, a seconda dei dati sanitari disponibili. Complessivamente, i metodi di stima e misurazione delle fasi di aderenza possono essere classificati in diretti e indiretti o, secondo l’OMS, in soggettivi e oggettivi. I metodi soggettivi coinvolgono la valutazione del paziente o del provider di assistenza sanitaria tramite sondaggi, questionari o self-report, ma possono essere influenzati da bias soggettivi che portano a una sovrastima o sottostima dell’aderenza reale. Al contrario, i metodi oggettivi, come la misurazione degli outcome clinici, il conteggio delle dosi, i registri delle farmacie e il monitoraggio elettronico dell’assunzione dei farmaci, forniscono dati oggettivi sull’aderenza effettiva alla terapia farmacologica, scevri dei suddetti bias. Tra questi ultimi, i database ammini-

ADERENZA, DEPRESCRIBING E PDTA 28

strativi sono strumenti fondamentali per misurare l’aderenza terapeutica in quanto forniscono informazioni dettagliate sulle prescrizioni e dispensazioni dei farmaci, includendo dosaggi e frequenza delle assunzioni.8 9 Grazie a specifici indicatori, questi strumenti consentono una misurazione oggettiva dell’aderenza nelle sopracitate fasi (tabella 3.1).

Gli strumenti digitali hanno permesso un notevole miglioramento nell’ambito dell’aderenza terapeutica. Questi strumenti, infatti, consentono una valutazione più accurata dell’aderenza, offrendo supporto tempestivo e personalizzato ai pazienti. Tali tecnologie comprendono una vasta gamma di soluzioni digitali, come la telemedicina, le chatbot, gli assistenti virtuali, i dispositivi indossabili, le app mobili, i software e l’analisi dei dati. Tali tecnologie sanitarie mirano a migliorare l’erogazione delle cure sanitarie attraverso una maggiore accuratezza nella misurazione dell’aderenza, accessibilità ed efficienza del farmaco, e nell’engagement dei pazienti nelle cure sanitarie.10

Fattori di rischio e barriere per l’aderenza alle terapie farmacologiche

È ben noto che la popolazione anziana presenta un maggior rischio di non aderire alle terapie farmacologiche, soprattutto in caso di multimorbilità e polifarmacoterapia. L’Italia è al secondo posto in Europa per indice di vecchiaia, con conseguenze prevedibili sull’assistenza sanitaria a causa del numero crescente di pazienti affetti da malattie croniche. Pertanto, l’aderenza alle terapie risulta fondamentale per la sostenibilità del Servizio Sanitario Nazionale.

Le analisi contenute nel Rapporto OsMed 2021 hanno evidenziato una scarsa aderenza alla terapia farmacologica a

ADERENZA ALLE TERAPIE FARMACOLOGICHE 29

Tabella 3.1 Misurazione delle fasi di aderenza attraverso l’utilizzo di database elettronici sanitari

Fase di aderenza e definizione

Inizio (accettazione o aderenza primaria)

Assunzione della prima dose del farmaco prescritto

Implementazione (storia del dosaggio)

Regime posologico prescritto fino all’assunzione dell’ultima dose

Fonte di dati

Prescrizioni e dispensazioni

Dispensazioni

Persistenza (interruzione)

Periodo compreso tra l’inizio e l’ultima dose, immediatamente prima dell’interruzione

Dispensazioni

lungo termine, soprattutto per le patologie croniche. In particolare, le percentuali più elevate di pazienti con bassa aderenza alla terapia riguardavano principalmente quelli in trattamento per patologie polmonari croniche come l’asma e la broncopneumopatia cronica ostruttiva, pari al 43,5%, e i pazienti in terapia con antidiabetici, pari al 28%. Inoltre, è stato osservato che solo il 53% dei pazienti ipertesi e circa il 43% dei pazienti in terapia con ipolipemizzanti seguivano regolarmente il trattamento. Soprattutto per queste classi di farmaci, la bassa aderenza tende ad aumentare con l’età ed è più frequente nelle donne rispetto agli uomini.11 Per le medesime classi farmacologiche sono stati riportati tassi analoghi di aderenza anche in contesti internazionali.12-14

L’aderenza alle terapie farmacologiche può essere influenzata da diversi fattori, che possono dipendere dalle terapie stesse, dal paziente, dall’organizzazione del sistema sanitario e

ADERENZA, DEPRESCRIBING E PDTA 30

Indicatore Misura

Differenziale tra prima dose prescritta ed effettiva erogazione/ assunzione della prima dose

Proportion of days covered (PDC)

Medication possession ratio (MPR)

Daily Patient Possession Ratio (DPPR)

Continuous Medication Availability (CMA)

Traiettorie longitudinali di aderenza

Metodo dei gap

Il farmaco viene assunto entro un periodo accettabile dopo l’emissione della prescrizione (Misura dicotomica: sì/no)

La proporzione calcolata è superiore a un valore di soglia predeterminato (Misura dicotomica: sì/no)

Misure continue nel tempo espresse in un valore medio (Misura dinamica e longitudinale)

Tempo intercorso tra due prescrizioni più un gap consentito (Misura dicotomica: sì/no)

da barriere socioculturali (figura 3.1). Alcuni dei principali fattori predittivi di scarsa aderenza sono i seguenti: (1) la complessità dei regimi terapeutici; (2) l’insorgenza di effetti collaterali o reazioni avverse; (3) una bassa alfabetizzazione sanitaria (health literacy) che, unita a una comunicazione insufficiente tra medico e paziente, può portare ad una comprensione incompleta delle informazioni sulla terapia e delle istruzioni per la corretta aderenza; (4) l’età avanzata e la mancanza di supporto familiare e sociale, che potrebbero scoraggiare il paziente dal seguire il trattamento; (5) le credenze personali dei pazienti riguardo alle terapie farmacologiche; (6) problemi di natura psicologica, come l’ansia e la depressione, che possono ridurre la motivazione del paziente a seguire il trattamento farmacologico.15 16 Per abbattere le barriere che impediscono il raggiungimento di un’aderenza ottimale sono necessarie soluzioni multifattoriali, di tipo organizzativo e relazionale.

ADERENZA ALLE TERAPIE FARMACOLOGICHE 31

Figura 3.1 Principali fattori predittivi di scarsa aderenza alle terapie farmacologiche

Preoccupazione per l’insorgenza di effetti collaterali o reazioni avverse

Fattori associati al paziente Disturbi cognitivi e psicologici

Età avanzata

Complessità dei regimi terapeutici

Insorgenza di effetti collaterali e/o reazioni avverse

Fattori associati alla terapia

Polifarmacoterapia

Strategie per il miglioramento dell’aderenza alle terapie farmacologiche

Diverse strategie sono state esplorate o messe in atto per migliorare l’aderenza alle terapie farmacologiche.17 18 Tra le varie tipologie di intervento, alcune sono più studiate o più promettenti, come il coinvolgimento attivo del paziente nella pianificazione del trattamento, la riduzione della com-

ADERENZA, DEPRESCRIBING E PDTA 32
Aderenza

Comunicazione medico-paziente inefficace

Fattori associati al sistema sanitario

Difficoltà nella programmazione delle visite di follow-up

Potenziale sottostima delle necessità del paziente

terapeutica

Convinzioni personali sull’utilità e l’efficacia delle terapie farmacologiche

Assenza di supporto familiare e sociale

plessità dei regimi terapeutici e del pill burden, la programmazione di regolari follow-up, l’utilizzo di terapie cognitivocomportamentali e l’uso di strumenti digitali o di pilloliere per l’assunzione dei farmaci.

Educazione del paziente. L’educazione del paziente è indirizzata a consentire ai pazienti di assumere il controllo della propria assistenza sanitaria in seguito ad un processo decisionale

ADERENZA ALLE TERAPIE FARMACOLOGICHE 33
Fattori socioculturali Bassa alfabetizzazione sanitaria

condiviso. Gli interventi possono includere informazioni educative sulla malattia da cui il paziente è affetto e sugli aspetti relativi al trattamento farmacologico. Tali strumenti si sono dimostrati efficaci nel migliorare l’aderenza,17 19 ma gli effetti maggiori si riscontrano quando integrati con altri interventi.20

Semplificazione dei regimi terapeutici. La semplificazione del regime terapeutico è un altro esempio di approccio che può contribuire a ridurre la complessità del trattamento e renderlo più semplice e accettabile da parte del paziente, soprattutto per malattie croniche. L’utilizzo di pillole contenenti dosi fisse di più principi attivi combinati è un esempio di semplificazione del regime terapeutico studiato e messo in atto per trattamenti complessi, come quello delle malattie cardiovascolari, che richiedono spesso l’utilizzo di farmaci con attività su vari sistemi fisiopatologici (antipertensivi, antiaggreganti piastrinici, ipoglicemizzanti, ipolipemizzanti, ecc.).21

Coinvolgimento dei farmacisti. In letteratura sono stati molto descritti interventi da parte di operatori sanitari per migliorare l’aderenza del paziente, con particolare interesse per quelli gestiti da farmacisti.22 23 Nello specifico, gli interventi a componente singolo (ad esempio l’educazione del paziente svolta dal farmacista), benché validi nell’aiutare a migliorare l’aderenza alla terapia, sono meno efficaci degli interventi a più componenti, per esempio aggiungendo degli strumenti digitali (applicazioni di avviso sonoro al momento della prevista assunzione del farmaco) o la terapia cognitivo-comportamentale.24 In molti casi, gruppi multidisciplinari, spesso con l’inclusione di farmacisti clinici, svolgono delle attività di ricognizione, riconciliazione e deprescribing su pazienti anziani o con terapie complesse.25 Queste attività, oltre al miglioramento della qualità della vita del paziente e alla diminuzione degli effetti avversi, delle interazioni far-

ADERENZA, DEPRESCRIBING E PDTA 34

macologiche e delle cascate prescrittive, hanno anche come effetto di migliorare l’aderenza terapeutica. Infatti, spesso l’utilizzo di un numero elevato di farmaci e di una terapia complessa è associato ad una diminuzione dell’aderenza terapeutica.26 27 Purtroppo, la sostenibilità economica e l’impatto sugli esiti clinici di ciascuna strategia non sono ancora fortemente dimostrati.28

Ausili per la gestione della terapia. Soprattutto per i pazienti anziani in polifarmacoterapia, gli ausili per la gestione terapeutica giornaliera o settimanale, come i portapillole o i dosatori, sono una risorsa importante, particolarmente in caso di politerapia.29 30 Tali dosatori possono essere preparati da operatori sanitari come medici, farmacisti o infermieri, o dai pazienti stessi ed i loro caregiver. 31 Con l’avanzare delle nuove tecnologie digitali, sono stati sviluppati nuovi tipi di dosatori o pilloliere con microsensori, che generano allarmi visivi o sonori al momento della prevista assunzione, oppure che possono registrare le aperture del contenitore per tracciare più direttamente la reale assunzione e periodicamente generare un report per il paziente stesso o il medico.32

App. La digitalizzazione nel campo della medicina ha compiuto significativi progressi negli ultimi anni e rappresenta un’opportunità per migliorare l’aderenza alla terapia farmacologica. Esistono ad esempio nuove applicazioni mobili che utilizzano microsensori per monitorare vari parametri corporei, come la glicemia, la saturazione periferica e la pressione sanguigna, a riposo e durante l’attività fisica. Queste applicazioni sono particolarmente utili poiché possono inviare tali parametri direttamente nella cartella clinica elettronica del medico curante, così da evidenziare eventuali fallimenti terapeutici potenzialmente dovuti alla mancata aderenza alle terapie.33 Gli strumenti digitali sono comunque utili sia per gli operatori sanitari che per i pazienti per la gestione

ADERENZA ALLE TERAPIE FARMACOLOGICHE 35

delle terapie complesse. Sebbene l’efficacia di ciascuna strategia non sia ancora del tutto stabilita in termini di risultati clinici e sostenibilità economica, la necessità di strategie integrate è ampiamente riconosciuta in letteratura.

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4. Deprescribing: linee guida e organizzazione dei servizi

Introduzione

La prescrizione appropriata è un compito imprescindibile del medico nel suo ruolo di assistenza al paziente. Nei soggetti affetti da multimorbilità, soprattutto se anziani, non è possibile ricondurla esclusivamente al rispetto delle specifiche linee guida terapeutiche della singola patologia. Si tratta invece del raggiungimento e del mantenimento di un equilibrio dinamico tra la condizione del paziente (non solo medica in senso stretto) e le opportunità terapeutiche disponibili. Poiché questo equilibrio richiede continue rivalutazioni del caso specifico, talvolta occorre considerare l’opportunità di sospendere alcune terapie laddove cambino le condizioni del paziente e con esse il rapporto rischio/beneficio di specifici medicinali. Questa attività è denominata deprescribing ed è definita come il processo pianificato e supervisionato di riduzione della dose o sospensione del medicinale che potrebbe causare un danno oppure che non è più di beneficio.

Se potenzialmente il deprescribing costituisce un naturale passaggio del processo di scelta e rivalutazione delle terapie farmacologiche nel singolo paziente, le diverse difficoltà che

si incontrano nella pratica clinica (ad esempio, contrarietà del paziente o del caregiver, timore di comparsa/ricomparsa degli eventi acuti) suggeriscono di definire un percorso strutturato per supportare il medico nella sua realizzazione.1

A questo scopo, è possibile procedere come indicato di seguito:

1. definizione e formazione dello staff coinvolto nel percorso;

2. valutazione del paziente basata su anamnesi clinica e ricognizione di tutti i medicinali assunti, comprese l’aderenza alle indicazioni del medico e le diagnosi per cui il medicinale è stato inizialmente prescritto;

3. identificazione dei farmaci potenzialmente inappropriati (vedi capitolo 2) che potrebbero essere sospesi sulla base del rapporto rischio/beneficio nello specifico paziente;

4. definizione di un piano di sospensione (tempi e modalità, personale di riferimento, alternative non farmacologiche);

5. condivisione del piano con il paziente/caregiver (con colloquio e materiale informativo, anche digitale, per la gestione dell’eventuale ricomparsa dei sintomi), documentando il processo di deprescribing e mettendo così le informazioni a disposizione degli altri professionisti sanitari coinvolti nei servizi assistenziali;

6. monitoraggio della effettiva realizzazione del piano di sospensione e dell’evoluzione dello stato di salute del paziente;

7. condivisione periodica all’interno dello staff degli interventi di deprescribing realizzati e dei loro esiti clinici.

Deprescribing: evidenze, raccomandazioni e strumenti di monitoraggio

Sono documentate diverse esperienze di successo nel campo della deprescrizione in termini di riduzione dei farmaci potenzialmente inappropriati, del rischio di cadute, delle

ADERENZA, DEPRESCRIBING E PDTA 40

ospedalizzazioni e della mortalità.2 3 Ad esempio, nel setting delle RSA sono state riportate significative diminuzioni nella prescrizione di farmaci inappropriati, nonché una riduzione del tasso di Adverse Drug Reactions (ADR) e ospedalizzazioni in seguito a interventi di deprescribing. 4-7 Per quanto riguarda il setting ospedaliero, diversi trial clinici hanno documentato una riduzione dei farmaci inappropriati prescritti dopo interventi di deprescribing, sebbene le evidenze relative all’impatto clinico a lungo termine di tali interventi siano ancora limitate, probabilmente a causa dei brevi periodi di follow-up.8-10 Spesso i risultati più soddisfacenti sono stati ottenuti attraverso un coinvolgimento attivo dei pazienti nel processo di deprescribing, seguito da un attento monitoraggio cadenzato.

Nell’ultimo decennio, a livello internazionale sono state pubblicate diverse linee guida finalizzate a formulare raccomandazioni essenziali per valutare, gestire e ottimizzare le cure dei pazienti affetti da multimorbilità e/o in polifarmacoterapia.11-18 Tali raccomandazioni sono state concepite per migliorare la qualità delle cure, fornendo ai professionisti sanitari una guida pratica, e, allo stesso tempo, favorire un miglioramento significativo nella qualità di vita dei pazienti. La Società Italiana di Gerontologia e Geriatria (SIGG) ha promosso l’elaborazione di linee guida specifiche per l’Italia, pubblicate nel 2021. Questa iniziativa ha coinvolto le principali società scientifiche nazionali operanti nei campi della geriatria, della medicina interna e generale e della farmacologia.18 Alcuni aspetti possono essere sintetizzati sulle base di queste linee guida.

Come fare il deprescribing. Il deprescribing deve essere basato su alcuni aspetti fondamentali, quali:

a. l’identificazione della prescrizione inappropriata tramite strumenti validati (vedi capitolo 2);

DEPRESCRIBING: LINEE GUIDA E ORGANIZZAZIONE DEI SERVIZI 41

b. il coinvolgimento attivo del paziente e/o del caregiver;

c. un approccio multidisciplinare;

d. un adeguato follow-up.18

Popolazione target. Le linee guida forniscono inoltre indicazioni circa la popolazione target per questo tipo di interventi. I pazienti maggiormente a rischio di sviluppare eventi avversi per la salute, in particolare quelli legati all’uso dei farmaci, dovranno essere i principali destinatari di questi interventi. I pazienti in polifarmacoterapia rappresentano un target primario di tali interventi. In aggiunta a questo criterio, la fragilità, misurata attraverso strumenti standardizzati come in particolare il Frailty Index, può essere particolarmente utile per identificare i pazienti a rischio di eventi avversi per la salute.

Monitoraggio degli esiti. L’avvio di iniziative di deprescribing impegna ingenti risorse per formare professionisti dedicati e destinare il loro tempo a queste attività. Ciò comporta una necessaria valutazione degli effetti di tali iniziative nel breve e nel medio termine, intesa come efficienza del processo ed esiti clinici.

Gli indicatori di processo includono:4 19

a. la numerosità di pazienti coinvolti nel percorso di deprescribing;

b. la reale deprescrizione (numero medio di farmaci deprescritti e percentuale di pazienti in cui è stato ridotto il numero di farmaci, riduzione del numero di farmaci inappropriati per paziente);

c. il mantenimento del numero di farmaci nel medio termine.

Gli indicatori di esito sono principalmente di natura clinica e includono:20

ADERENZA, DEPRESCRIBING E PDTA 42

a. la riduzione delle potenziali ADR dei farmaci deprescritti (ad esempio, cadute causate da farmaci sedativi);

b. il mancato aumento di eventi che i farmaci deprescritti avevano l’obiettivo di ridurre (ad esempio, infarti del miocardio a seguito della deprescrizione di statine).

Il progetto di deprescribing deve prevedere la raccolta di tutti questi indicatori, pur nella consapevolezza che gli esiti clinici potrebbero non essere immediatamente disponibili ma diventare evidenti solo nel medio termine e potrebbero essere soggetti a distorsione (soprattutto per perdita di soggetti al follow-up e aumento delle variabili difficilmente identificabili che potrebbero influenzare i risultati, ad esempio ulteriore modifica delle condizioni del paziente o contatto con altri medici).

È importante inoltre raccogliere le esperienze di professionisti sanitari, pazienti e caregiver per verificare l’accettabilità del percorso e accertare così la sua sostenibilità nel tempo. Infine, occorre procedere con una valutazione economica della sostenibilità del processo di deprescribing, includendo: (1) i costi delle attività aggiuntive (formazione e tempo lavorativo dei professionisti); (2) i risparmi in termini di farmaci deprescritti; (3) i costi relativi agli esiti clinici (aumento dei costi per gli esiti non evitati, riduzione dei costi per le ADR evitate).21 22

Organizzazione dei servizi di deprescribing

Evidenze scientifiche provenienti da tutti i setting assistenziali indicano che la riduzione del numero di farmaci inappropriati assunti dal paziente comporta una diminuzione del rischio di ADR e degli esiti clinici correlati, quali gli accessi al pronto soccorso, le ospedalizzazioni e la durata del rico-

DEPRESCRIBING: LINEE GUIDA E ORGANIZZAZIONE DEI SERVIZI 43

vero ospedaliero, nonché un contenimento dei costi sanitari associati.23 24 Pertanto, l’implementazione di un Servizio di deprescribing rappresenta un’opportunità preziosa per ottimizzare la terapia farmacologica dei pazienti, migliorare la qualità dell’assistenza sanitaria e ridurre, in ultima analisi, le spese associate all’erogazione di servizi sanitari.

Chi accede al servizio. L’organizzazione del Servizio di deprescribing deve partire dall’identificazione dei pazienti che potrebbero maggiormente beneficiare dell’intervento. Come detto sopra, questi sono generalmente quelli che assumono più specialità medicinali, generalmente cinque o più principi attivi differenti nel corso della giornata, e i pazienti fragili. La selezione della popolazione dovrà inoltre essere modulata anche in base alla documentata capacità del Servizio, che dipende dalla disponibilità di risorse umane ed economiche e dalle necessità dei vari setting assistenziali per garantire la presa in carico globale dei pazienti e la continuità di cure all’interno della rete dei servizi operativi in ciascun contesto.2 25

Multidisciplinarietà. Tutti i servizi assistenziali, tra cui gli ospedali, le RSA e la medicina generale, possono trarre beneficio dall’attuazione dei servizi di deprescribing. 2 26 Per garantire un approccio multidimensionale e una gestione efficiente delle terapie farmacologiche, è fondamentale promuovere la collaborazione di un gruppo di lavoro multidisciplinare composto da professionisti sanitari specializzati nella gestione della polifarmacoterapia, tra cui medici, farmacologi, farmacisti ospedalieri e infermieri.27 Giocano un ruolo importante anche i pazienti/caregiver, dai quali dipende la qualità del processo di ricognizione e che devono esprimere le proprie preferenze sulle possibili scelte di deprescribing. 28

Nella figura 4.1 è fornito un esempio di approccio al deprescribing nel contesto ospedaliero, basato sulla multidisciplina-

ADERENZA, DEPRESCRIBING E PDTA 44

Richiesta di consulenze farmacologiche e anamnesi del paziente

Valutazione dell’appropriatezza prescrittiva e stesura di report in cui evidenziare criticità, suggerimenti e/o raccomandazioni

Valutazione del report formulato dal farmacologo clinico e formulazione della terapia alla dimissione

Monitoraggio e rivalutazione periodica del paziente (home monitoring)

Legenda: In blu sono riportate le attività di competenza del medico, mentre in verde quelle di competenza del medico farmacologo. Nella fase di follow-up, altre figure professionali, tra cui l’infermiere, possono fornire un importante contributo.

DEPRESCRIBING: LINEE GUIDA E ORGANIZZAZIONE DEI SERVIZI 45
Figura 4.1 Attività principali del Servizio di deprescribing in ambito ospedaliero

rietà dell’intervento. Il medico che ha in carico il paziente esegue l’anamnesi farmacologica, comprensiva di farmaci e integratori, ed eventualmente interviene per ridurre il numero di prescrizioni potenzialmente inappropriate in base alle condizioni cliniche del paziente. Il farmacologo clinico e il farmacista ospedaliero forniscono consulenza ai medici sulla scelta e la posologia dei farmaci, nonché sull’eventuale eliminazione graduale degli stessi.29 Infine, l’infermiere può supportare il paziente durante il processo di deprescribing, monitorando attentamente la sua risposta alla terapia e fornendo informazioni sui possibili eventi avversi.30

Strumenti di valutazione. Per la valutazione dell’appropriatezza sono disponibili vari strumenti (vedi capitolo 2). È necessario che il servizio si doti di tali strumenti per valutare l’appropriatezza del regime farmaceutico. In particolare, nel contesto ospedaliero, è importante che il processo di deprescribing venga pianificato sulla base di un’approfondita valutazione del profilo beneficio-rischio associato a ciascun farmaco, al fine di ridurre l’insorgenza di eventi avversi e migliorare il profilo di sicurezza e tollerabilità della terapia farmacologica.31 32

Definizione degli esiti clinici. La definizione degli esiti clinici per monitorare l’efficacia dell’intervento è un altro aspetto fondamentale per l’organizzazione di un Servizio di deprescribing. Una lista di possibili esiti clinici è presentata nel paragrafo precedente, ma questi sono modulabili da setting a setting. Ad esempio, la riduzione del numero dei farmaci prescritti riveste una particolare importanza nelle RSA, dove i pazienti sono, per definizione, fragili e particolarmente vulnerabili alle ADR.26 In questo contesto, il deprescribing può rappresentare una strategia di intervento altamente efficace per migliorare la qualità della vita e ridurre il rischio di cadute, delirium, insufficienza renale e altri eventi avversi correlati alla polifarmacoterapia.33

ADERENZA, DEPRESCRIBING E PDTA 46

Ruolo del medico di medicina generale. Il medico di medicina generale, che rappresenta il punto di riferimento delle cure primarie, sia per le famiglie che per l’intera comunità, assume un ruolo cruciale nella gestione del deprescribing. In particolare, il medico di medicina generale ha il compito di monitorare regolarmente la terapia farmacologica del paziente e intervenire tempestivamente, se necessario, al fine di ridurre il numero di farmaci prescritti o la frequenza di somministrazione. Per questa ragione deve lavorare in stretto contatto con il Servizio di deprescribing. 34 35

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ADERENZA, DEPRESCRIBING E PDTA 50

Gli indicatori di aderenza e appropriatezza prescrittiva nell’ottica del PDTA

Individuare i sistemi per misurare e valutare l’aderenza e l’appropriatezza prescrittiva è il primo passo per poter intraprendere azioni volte al miglioramento delle stesse. La misurazione e la valutazione, anche nel caso della prescrizione di farmaci, si avvalgono di “indicatori”, ossia di variabili misurabili che consentono una valutazione/misurazione sintetica di fenomeni complessi e forniscono gli elementi necessari a orientare le decisioni. Gli indicatori, difatti, sono utili per confrontare un fenomeno nel tempo (in momenti diversi) e nello spazio (tra realtà diverse).1 Lo scopo di queste valutazioni non dovrebbe essere però quello di produrre report classificativi (ad esempio tra medici o tra strutture), bensì di favorire un miglioramento della pratica prescrittiva, mettendo in atto strategie adeguate; per questo motivo è fondamentale che la misurazione degli indicatori sia seguita da momenti di audit.

Affinché il miglioramento si possa tradurre in un vantaggio reale per il paziente, e non solo nel rispetto di eventuali

5. Indicatori per la valutazione di aderenza e appropriatezza prescrittiva all’interno dell’intero percorso assistenziale
A cura di Carlo Piccinni, Graziano Onder, Letizia Dondi e Nello Martini
Indicatori per la valutazione di aderenza e appropriatezza

obiettivi aziendali, gli indicatori di appropriatezza prescrittiva e di aderenza dovrebbero essere inseriti nell’ottica più ampia di valutazione dell’intero percorso diagnostico terapeutico assistenziale (PDTA).2 L’appropriatezza prescrittiva e l’aderenza sono influenzate dal contesto sociodemografico, dalle peculiarità assistenziali e dalla complessità clinica del paziente e, nella loro misurazione, occorre tenere in considerazione anche questi aspetti, considerandole quali variabili di un processo più complesso. Inoltre, una loro modifica dovrebbe tradursi in un vantaggio clinico misurabile tramite appositi indicatori di esito. Di conseguenza, risulta importante effettuare studi in grado di verificare l’associazione degli indicatori di processo su appropriatezza prescrittiva e aderenza con quelli di esito clinico ed economico.

Un aspetto non secondario è rappresentato dall’applicabilità degli indicatori di appropriatezza prescrittiva a diverse realtà (ad esempio Regioni e ASL). A tale scopo l’ampia a e capillare disponibilità dei dati amministrativi sanitari, che caratterizza il Servizio Sanitario Nazionale (SSN) italiano, consente di creare indicatori di appropriatezza prescrittiva riproducibili in tutte le realtà, così da costituire un valido sostegno per le politiche del farmaco e per la gestione dei percorsi clinici. Tuttavia, sono diversi i limiti intrinseci a questa fonte di dati che devono essere presi in considerazione al momento della creazione e interpretazione di questi indicatori.

L’ampia disponibilità dei dati, in particolare quelli relativi alla dispensazione dei farmaci a carico del SSN, nel tempo si è tradotta in una vasta realizzazione di indicatori di appropriatezza, a volte ridondanti e con scarse ricadute nella pratica clinica. Questo proliferare di indicatori sui farmaci, in taluni casi, si è tradotto in una minore considerazione di questi strumenti di misurazione, che spesso sono vissuti

ADERENZA, DEPRESCRIBING E PDTA 52

dai medici come sistemi di controllo del loro operato, e non come viatico di miglioramento della propria attività clinica. Per scongiurare ciò è importante scegliere accuratamente gli indicatori da calcolare.

Una prima considerazione da fare è che spesso si parla di indicatori di appropriatezza, ma nella realtà ci si affida ad indicatori di “inappropriatezza”, in quanto le evidenze disponibili non sempre sono solide e si preferisce selezionare quali comportamenti prescrittivi occorra ridurre al mimino, piuttosto che individuare quali pratiche prescrittive suggerire.3 A tale proposito, occorre ricordare che spesso risulta utile associare all’indicatore di inappropriatezza anche eventuali strategie alternative da suggerire al clinico; si pensi ad esempio agli indicatori in grado di individuare le interazioni farmacologiche e per i quali spesso si consiglia di evitare taluni farmaci, senza al contempo suggerire valide alternative terapeutiche che potrebbero essere necessarie per lo specifico caso, sebbene in alcuni studi questo sia stato tentato.4

Un ulteriore aspetto che occorre valutare nella costruzione degli indicatori di appropriatezza è quello relativo al livello di applicazione del dato indicatore, in funzione al fatto che esso si riferisca al singolo caso o all’intera popolazione.

In ultimo, nella costruzione e nella valutazione degli indicatori di appropriatezza e aderenza, anche il setting assistenziale ha ricadute non trascurabili; basti pensare a come potrebbero variare i risultati di indicatori di appropriatezza tra pazienti anziani che vivono al proprio domicilio, rispetto a quelli istituzionalizzati in residenze sanitarie assistite.

In altri termini, quando si affronta il tema degli indicatori di appropriatezza e aderenza, è fondamentale spostare l’attenzione da ciò che è più facilmente misurabile (ad esempio la

INDICATORI PER LA VALUTAZIONE DI ADERENZA E APPROPRIATEZZA 53

dispensazione di farmaci erogati dal SSN) a ciò che ha senso misurare, considerando complessivamente il percorso di cura del paziente; solo in questo modo gli indicatori potranno avere un reale impatto sulla salute e sulla qualità della vita delle persone.

Di seguito vengono analizzate le principali esperienze in termini di indicatori di appropriatezza prescrittiva e di aderenza realizzate dalle istituzioni sanitarie italiane, sottolineandone pregi e difetti e suggerendo eventuali strategie migliorative, per rendere questi strumenti sempre più efficaci e, al contempo, assicurarne una corretta interpretazione.

Gli indicatori di aderenza e appropriatezza nel NSG LEA

La principale iniziativa del Ministero della Salute in tema di indicatori per l’assistenza sanitaria è rappresentata dal “Nuovo Sistema di Garanzia per il monitoraggio dei Livelli

Essenziali di Assistenza” (NSG LEA), introdotto con il DM del 12 marzo 2019.5

Questo nuovo sistema rappresenta un aggiornamento del precedente Sistema di Garanzia, previsto dal D.Lgs. 56/2000,6 quale strumento con cui il Governo assicura a tutti i cittadini italiani che l’erogazione dei LEA avvenga in condizioni di qualità, appropriatezza e uniformità. Infatti, via via che il Sistema Informativo Sanitario del Ministero (NSIS) ha modificato la sua architettura, introducendo flussi informativi su base individuale e con maggiori dettagli informativi, si sono realizzate l’opportunità e la necessità di individuare l’insieme di indicatori più adatto a descrivere le performance e le capacità di risposta dei servizi sanitari regionali ai bisogni di salute della popolazione.7

ADERENZA, DEPRESCRIBING E PDTA 54

Il NSG LEA attualmente prevede al suo interno 88 indicatori, 10 dei quali utili al monitoraggio e alla valutazione dei PDTA. Questi ultimi si riferiscono a 6 PDTA: broncopneumopatia cronica ostruttiva (BPCO), scompenso cardiaco, diabete, tumore della mammella nella donna, tumore del colon e tumore del retto (tabella 5.1). Questi 10 indicatori, tuttavia, rappresentano solo una selezione di diversi indicatori per i PDTA per i quali è in corso una sperimentazione. Infatti, sotto la Direzione generale della programmazione sanitaria del Ministero della Salute, un gruppo di esperti continua a lavorare per la definizione di indicatori condivisi da utilizzare nel monitoraggio e nella valutazione dell’assistenza a livello regionale e nazionale; tali indicatori sono descritti nel dettaglio all’interno di un manuale operativo, 8 con lo scopo di mettere a disposizione delle Regioni una metodologia condivisa per il loro calcolo.

Tutti gli indicatori proposti dal gruppo di esperti impiegano gli archivi sanitari elettronici amministrativi attivi in tutte le Regioni e Province autonome italiane e che alimentano i flussi informativi nazionali verso il Ministero della Salute.

Tra i 10 indicatori di processo delle patologie sopra riportate, 2 riguardano l’appropriatezza prescrittiva e l’aderenza. In particolare, per i pazienti affetti da BPCO è stato individuato un indicatore (PDTA 01) di aderenza al trattamento farmacologico con broncodilatatori a lunga durata d’azione (Long-Acting Beta-2 Agonists - LABA in monoterapia; Long-Acting Muscarinic Antagonists - LAMA in monoterapia; LABA + LAMA; LABA + LAMA + corticosteroidi inalatori - ICS) calcolato su 12 mesi di osservazione. Questo indicatore nasce con l’obiettivo di verificare l’omogeneità dell’offerta della principale cura farmacologica della BPCO.

INDICATORI PER LA VALUTAZIONE DI ADERENZA E APPROPRIATEZZA 55

Tabella 5.1 I 10 indicatori di processo sui PDTA presenti nel NSG

LEA DM 12 marzo 2019 (in evidenza gli indicatori sull’aderenza alle terapie)

Patologia Id. Indicatore di processo Significato

BPCO PDTA 01 Percentuale di pazienti con diagnosi di broncopneumopatia cronica ostruttiva (BPCO) che aderiscono al trattamento farmacologico come previsto dal manuale PDTA del Ministero della Salute (PDTA Broncopneumopatie cronico-ostruttive BPCO)

L’indicatore misura l’aderenza al trattamento farmacologico nei pazienti con diagnosi di BPCO individuati secondo il manuale PDTA del Ministero della Salute (pubblicato su www.salute. gov.it). La copertura con i farmaci adeguati consente di verificare l’omogeneità dell’offerta della principale cura farmacologica della BPCO. L’aderenza al trattamento farmacologico si associa a una riduzione del rischio di ri-ospedalizzazione dopo la diagnosi e/o del rischio di morte

PDTA 02 Percentuale di pazienti con diagnosi di broncopneumopatia cronica ostruttiva (BPCO) che sono sottoposti alla visita pneumologica secondo la tempistica prevista dal manuale PDTA del Ministero della Salute (PDTA Broncopneumopatie cronico-ostruttive BPCO)

L’indicatore misura

l’adeguatezza della tempistica delle visite pneumologiche nei pazienti con diagnosi di BPCO individuati secondo il manuale PDTA del Ministero della Salute. Il numero di visite pneumologiche consente di valutare la presa in carico del paziente con BPCO. L’adeguatezza del numero di visite pneumologiche si associa a una riduzione del rischio di ospedalizzazione dopo la diagnosi e/o del rischio di morte

ADERENZA, DEPRESCRIBING E PDTA 56
(segue)

Tabella 5.1 (Segue)

Patologia Id. Indicatore di processo Significato

Scompenso cardiaco PDTA 03

Percentuale di pazienti con diagnosi di scompenso cardiaco che aderiscono al trattamento farmacologico (con ACEinibitori o sartani; con beta-bloccanti) come previsto dal manuale PDTA del Ministero della Salute (PDTA Scompenso cardiaco)

L’indicatore misura l’aderenza al trattamento farmacologico nei pazienti con diagnosi di scompenso cardiaco individuati secondo il manuale PDTA del Ministero della Salute. La copertura con i farmaci adeguati consente di verificare l’omogeneità dell’offerta della cura farmacologica dello scompenso cardiaco. L’aderenza al trattamento farmacologico si associa a una riduzione del rischio di ri-ospedalizzazione dopo la diagnosi e/o del rischio di morte

PDTA 04

Percentuale di pazienti con diagnosi di scompenso cardiaco con un adeguato numero di ecocardiogrammi come previsto dal manuale PDTA del Ministero della Salute (PDTA Scompenso cardiaco)

Diabete PDTA 05 Percentuale di pazienti diabetici che seguono almeno 4 delle seguenti 5 raccomandazioni di controllo di emoglobina glicata, profilo lipidico, microalbuminuria, monitoraggio del filtrato glomerulare o della creatinina o clearance della creatinina, fondo oculare, come previsto dal manuale PDTA del Ministero della Salute (PDTA Diabete)

L’indicatore consente di valutare una componente dell’adeguatezza della presa in carico del paziente con scompenso cardiaco. L’aderenza al controllo ecografico si associa a una riduzione del rischio di ri-ospedalizzazione dopo la diagnosi e/o del rischio di morte

L’indicatore misura complessivamente l’aderenza alle raccomandazioni di controllo, definite in base alle evidenze scientifiche disponibili, nei pazienti diabetici individuati secondo il manuale PDTA del Ministero della Salute. L’aderenza alle raccomandazioni è associata alla riduzione della probabilità di esiti sfavorevoli (ricovero per complicanze a breve termine o per diabete non controllato o per complicanze a lungo termine o per amputazione non traumatica degli arti inferiori) (segue)

INDICATORI PER LA VALUTAZIONE DI ADERENZA E APPROPRIATEZZA 57

Tabella 5.1 (Segue)

Patologia Id. Indicatore di processo

Tumore della mammella nella donna

PDTA 06 Percentuale di pazienti operate per la prima volta per tumore della mammella per le quali i seguenti 4 interventi sono eseguiti secondo la tempestività prevista dal manuale PDTA del Ministero della Salute: primo intervento chirurgico dalla diagnosi, inizio della terapia medica, inizio della radioterapia, follow-up mammografico dopo il primo intervento chirurgico (PDTA Tumore operato della mammella nella donna)

Significato

L’indicatore descrive la proporzione di pazienti operate per tumore alla mammella, individuate secondo il manuale PDTA del Ministero della Salute, per le quali complessivamente gli interventi terapeutici sono eseguiti secondo la tempistica definita in base alle evidenze scientifiche disponibili. La tempestività di intervento sia chirurgico che medico riduce la probabilità di re-intervento per tumore alla mammella e aumenta la probabilità di sopravvivenza

Tumore del colon

PDTA 07 Percentuale di pazienti per i quali il primo intervento chirurgico dopo diagnosi di tumore del colon è stato eseguito secondo la tempistica prevista dal manuale PDTA del Ministero della Salute (PDTA Tumori operati del colon e del retto)

L’indicatore descrive la proporzione di pazienti operati per tumore del colon, individuati secondo il manuale PDTA del Ministero della Salute, per i quali l’intervento chirurgico è stato eseguito secondo la tempistica definita in base alle evidenze scientifiche disponibili. La tempestività di intervento chirurgico riduce la probabilità di re-intervento per tumore del colon e aumenta la probabilità di sopravvivenza

PDTA 08 Percentuale di pazienti operati per la prima volta per tumore del colon sottoposti a follow-up endoscopico secondo la tempistica prevista dal manuale PDTA del Ministero della Salute (PDTA Tumori operati del colon e del retto)

L’indicatore descrive la proporzione di pazienti operati per tumore del colon, individuati secondo il manuale PDTA del Ministero della Salute, che sono sottoposti a un follow-up attivo, finalizzato all’identificazione precoce di recidive di malattia. Un followup adeguato è associato alla riduzione del rischio di morte

ADERENZA, DEPRESCRIBING E PDTA 58
(segue)

Tabella 5.1 (Segue)

Patologia Id. Indicatore di processo Significato

Tumore del retto PDTA 09 Percentuale di pazienti per i quali il primo trattamento medico o chirurgico dopo la diagnosi di tumore del retto è stato eseguito secondo la tempistica prevista dal manuale PDTA del Ministero della Salute (PDTA Tumori operati del colon e del retto)

L’indicatore descrive la proporzione di pazienti operati per tumore del retto, individuati secondo il manuale PDTA, per i quali il trattamento medico o chirurgico è stato eseguito secondo la tempistica definita in base alle evidenze scientifiche disponibili. La tempestività di trattamento medico o chirurgico riduce la probabilità di re-intervento per tumore del retto e aumenta la probabilità di sopravvivenza

PDTA 10 Percentuale di pazienti operati per la prima volta per tumore del retto sottoposti a follow-up endoscopico secondo la tempistica prevista dal manuale PDTA del Ministero della Salute (PDTA Tumori operati del colon e del retto)

Modificata da: Ministero della Salute, 2023.7

L’indicatore descrive la proporzione di pazienti operati per tumore del retto, individuati secondo il manuale PDTA, che sono sottoposti a un follow-up attivo, finalizzato all’identificazione precoce di recidive di malattia. Un follow-up adeguato è associato alla riduzione del rischio di morte

Per calcolare il livello di copertura viene impiegata la Proportion of Days Covered (PDC) come numero di giorni distinti in cui il paziente era coperto con almeno un broncodilatatore a lunga durata di azione, sul numero di giorni di osservazione accumulati da quel paziente tra la data di dimissione del ricovero indice per esacerbazione della BPCO e l’uscita dall’osservazione (per decesso, trasferimento in altra Regione, emigrazione o perché trascorsi 365 giorni dalla data di dimissione del ricovero indice). L’indicatore tiene conto anche di eventuali periodi di ospedalizzazione del paziente in cui non è possibile verificare la copertu-

INDICATORI PER LA VALUTAZIONE DI ADERENZA E APPROPRIATEZZA 59

ra con i farmaci (questo perché i flussi della farmaceutica ospedaliera non sono riferibili al singolo soggetto, ma fanno riferimento al reparto), sottraendo il periodo del ricovero dal numero di giorni di osservazione. Nel computo dell’indicatore, sono considerati aderenti i pazienti con PDC ≥75%. È importante sottolineare che, proprio per limiti intrinseci dei database amministrativi, i pazienti con BPCO sono individuati mediante le ospedalizzazioni e pertanto l’indicatore si riferisce a pazienti affetti da BPCO esacerbata. Nonostante tale limite, questo indicatore è stato validato dimostrando che l’aderenza al trattamento farmacologico si associa a una riduzione del rischio di ri-ospedalizzazione dopo la diagnosi e/o del rischio di morte.

In modo simile è stato individuato anche un indicatore (PDTA 03) di aderenza al trattamento con ACE-inibitori o sartani e al trattamento con beta-bloccanti per i pazienti affetti da scompenso cardiaco. Anche in questo caso è stata individuata come misura la PDC, definendo aderenti i pazienti con valori ≥75% nei 12 mesi di osservazione. Il significato alla base dell’indicatore è rappresentato dalla necessità di verificare l’omogeneità dell’offerta della cura farmacologica dello scompenso cardiaco, consapevoli che una copertura adeguata è correlata a una riduzione del rischio di ri-ospedalizzazione dopo la diagnosi e/o del rischio di morte. Tuttavia, anche nel caso dello scompenso cardiaco, i pazienti sono individuati impiegando le schede di dimissione ospedaliera e pertanto non possono essere considerati rappresentativi dell’intera popolazione affetta da tale patologia.

Oltre a questi indicatori che rientrano tra i 10 monitorati del NSG LEA per i PDTA, il gruppo di esperti sta lavorando ad altri indicatori di appropriatezza e aderenza anche su altre patologie croniche per le quali la sperimentazione non è ancora conclusa.

ADERENZA, DEPRESCRIBING E PDTA 60

Nonostante l’attuale numero esiguo di indicatori relativi all’aderenza al trattamento farmacologico, la scelta di includerli tra i processi essenziali da monitorare per garantire un’adeguata assistenza ai pazienti con patologie croniche dovrebbe indicare una maggiore sensibilità delle istituzioni sanitarie centrali su questo tema. Ciò risulta in linea con quanto auspicato in un Expert Opinion Paper che aveva lo scopo di avanzare una proposta di indicatore sintetico per l’aderenza, facilmente implementabile nella popolazione italiana.9 Per delineare meglio tale proposta, è stata eseguita una revisione sistematica della letteratura, passando in rassegna tutte le possibili misurazioni dell’aderenza (con dati amministrativi sanitari o con questionari) del trattamento farmacologico delle principali patologie croniche (diabete, asma/BPCO, malattie cardiovascolari, osteoporosi, malattie reumatiche, patologie metaboliche e renali, malattie urologiche, patologie psichiatriche e patologie croniche multiple). I risultati di questa revisione hanno evidenziato come in Italia la problematica della mancata aderenza sia significativa, con ricadute cliniche ed economiche; inoltre la sua misurazione avviene in modo eterogeneo creando confusione nell’interpretazione dei dati. Per tali motivi risulta importante misurare in maniera uniforme l’aderenza al trattamento, per promuoverla come obiettivo strategico di sanità pubblica e riconoscerla tra gli indicatori NSG LEA, come progressivamente si sta verificando.

Gli indicatori di aderenza e appropriatezza in OsMed

Il Rapporto annuale sull’uso dei farmaci in Italia, a cura dell’Osservatorio OsMed dell’Agenzia Italiana del Farmaco (AIFA), costituisce la principale sede in cui è possibile ritrovare gli indicatori di aderenza e appropriatezza d’uso dei farmaci a cura di un’istituzione sanitaria centrale.

INDICATORI PER LA VALUTAZIONE DI ADERENZA E APPROPRIATEZZA 61

Nella sua ultima versione relativa ai dati 202110 è presente una sezione specifica con un set di indicatori per la valutazione dell’appropriatezza d’impiego delle principali categorie di farmaci prescritte nella medicina generale, basati sui dati di HealthSearch/IQVIA Health LPD della Società Italiana di Medicina Generale e delle Cure Primarie (SIMG), riferibili ai farmaci per la prevenzione del rischio cardiovascolare (ad esempio antipertensivi e ipolipemizzanti), farmaci per i disturbi ostruttivi delle vie respiratorie, farmaci antiacidi/antisecretori/gastroprotettori, antidepressivi, farmaci sedativo-ipnotici e ansiolitici e farmaci per il trattamento dell’osteoporosi.

Oltre agli indicatori basati sui database della medicina generale, nel Rapporto OsMed sono da sempre presenti indicatori di appropriatezza per diverse categorie terapeutiche basati sui database amministrativi, diversi dei quali riguardanti l’aderenza e la persistenza.

Gli indicatori di aderenza e persistenza del Rapporto OsMed sono costruiti utilizzando il database delle prescrizioni dei farmaci di classe A dispensati sul territorio nazionale per il trattamento delle principali malattie croniche. Mediante questi dati viene effettuata un’analisi sui nuovi utilizzatori, di almeno 45 anni, considerando un follow-up di 1 anno. L’aderenza viene valutata attraverso l’indicatore Medication Possession Rate (MPR), definito come il rapporto tra il numero di giorni di terapia dispensati (calcolati in base alle Defined Daily Dose, DDD) e il numero di giorni nell’intervallo temporale tra l’inizio della prima e la conclusione teorica dell’ultima prescrizione, erogate durante il periodo di follow-up. La bassa aderenza al trattamento è definita come copertura terapeutica inferiore al 40% del periodo di osservazione, mentre l’alta aderenza è definita come copertura terapeutica maggiore o uguale all’80% del periodo di osservazione.

ADERENZA, DEPRESCRIBING E PDTA 62

È importante sottolineare come la scelta di condurre l’analisi dell’aderenza solo sui nuovi utilizzatori over 45, e non su tutta la popolazione che impiega un dato farmaco (utilizzatori prevalenti), se da un lato consente un confronto più accurato tra le diverse realtà dall’altro rappresenta una criticità, in quanto genera una minore rappresentatività dell’intera popolazione trattata con quel farmaco o classe di farmaci. Anche il periodo di osservazione limitato a 1 anno di follow-up, sebbene i dati di prescrizione e dispensazione siano disponibili per un ampio periodo temporale, potrebbe essere un potenziale limite di questa misurazione. Di contro, la scelta di impiegare l’MPR e di definirne cut-off specifici rende gli indicatori di aderenza di OsMed facilmente riproducibili e applicabili ai dati sanitari amministrativi.

Oltre agli indicatori di aderenza, in OsMed sono presenti anche indicatori di persistenza, definita come “tempo intercorrente fra l’inizio e l’interruzione di un trattamento farmacologico prescritto”, utile a verificare che i gap tra due prescrizioni non superino un numero di giorni fissato a priori, che nel caso di OsMed è pari a 60 giorni.

Un punto di forza degli indicatori di aderenza e persistenza disponibili in OsMed è certamente rappresentato dalle numerose categorie terapeutiche prese in considerazione. Infatti, nell’ultimo rapporto disponibile questi indicatori hanno riguardato le seguenti categorie terapeutiche: farmaci antidepressivi; farmaci ipolipemizzanti; farmaci per il trattamento dell’osteoporosi; farmaci antipertensivi; farmaci per l’ipertrofia prostatica benigna; farmaci anticoagulanti; farmaci antiaggreganti; farmaci antidiabetici e farmaci per i disturbi ostruttivi delle vie respiratorie. Tuttavia, trattandosi di farmaci di classe A dispensati a carico del SSN, è facile comprendere come queste misure non possano tenere in considerazione la quota di farmaci acquistati direttamente dal paziente, così come quelli di altre classi di rimborsabilità.

INDICATORI PER LA VALUTAZIONE DI ADERENZA E APPROPRIATEZZA 63

I limiti dei dati amministrativi per la verifica di aderenza e appropriatezza

Nel contesto dello studio dell’aderenza e della persistenza al trattamento tramite l’analisi dei dati amministrativi, come evidenziato dalle esperienze delle istituzioni sanitarie sopra descritte (NSG LEA – PDTA del Ministero della Salute e OsMed di AIFA), i sistemi di misurazione più comunemente utilizzati sono stati il MPR e la PDC.

Entrambi questi indicatori forniscono una stima del consumo farmacologico basandosi sulle dispensazioni di farmaci in un determinato periodo di tempo, sebbene presentino alcune lievi differenze. Il MPR rappresenta il rapporto tra il numero di unità di trattamento dispensate durante un periodo specifico e la durata di tale periodo. D’altra parte, la PDC rappresenta il rapporto tra il numero di giorni in cui il paziente è coperto dal trattamento e la durata del periodo di osservazione. In entrambi i casi, un valore pari al 100% indica aderenza totale, ossia il paziente ha avuto accesso al trattamento prescritto per l’intero arco temporale. Tuttavia, va considerato che il MPR potrebbe superare il 100% qualora, ad esempio, il farmaco venga ritirato dal paziente prima della fine del trattamento precedentemente dispensato. Questa problematica non si applica alla PDC, poiché conteggia una sola volta le unità di trattamento, anche in caso di sovrapposizioni tra una dispensazione e quella successiva. È importante sottolineare che sia il MPR che la PDC stimano l’aderenza terapeutica indirettamente, basandosi sulle dispensazioni di farmaci che si presume il paziente assuma.

Inoltre, sia il MPR che la PDC utilizzano solitamente la metrica delle DDD, definita dall’Organizzazione Mondiale della Sanità come la “dose di mantenimento giornaliera media di un farmaco utilizzato per la sua indicazione principale nell’a-

ADERENZA, DEPRESCRIBING E PDTA 64

dulto”.11 Tuttavia, questa definizione di copertura può risultare limitante quando al paziente è prescritto un dosaggio inferiore (sottostimando l’aderenza) o superiore (sovrastimando l’aderenza) rispetto alla dose di mantenimento media giornaliera definita per quel particolare farmaco.

La modalità di somministrazione, lo schema di dosaggio del farmaco in valutazione nonché l’analisi dell’aderenza a una politerapia sono tutti fattori da tenere in considerazione per un utilizzo corretto delle stime di aderenza tramite interrogazione di database di tipo amministrativo, su cui non esistono ancora un consenso e una definizione univoca a livello scientifico. Ad esempio, il periodo di studio richiesto per un farmaco somministrato al bisogno sarà diverso rispetto a un farmaco che deve essere assunto per un periodo di tempo finito, come la terapia per il virus dell’epatite C, o a tempo indeterminato, per tutti i farmaci usati nelle patologie croniche. La scelta di un periodo di tempo appropriato richiede una valutazione accurata del farmaco nonché degli stadi della malattia e delle eventuali ricadute o riacutizzazioni a cui il paziente è andato incontro.

Per quanto riguarda l’analisi dell’aderenza a uno schema complessivo di trattamento con più di un farmaco, occorre valutare la modalità con cui definire l’aderenza: se come media delle aderenze ad ognuno dei farmaci o, seguendo una strategia più restrittiva, come l’aderenza registrata come la più bassa tra i valori di ogni farmaco.

Nonostante i limiti discussi e la mancanza di definizioni comuni nel mondo scientifico, l’applicazione degli indicatori di aderenza ai dati amministrativi offre un notevole vantaggio nel fornire stime rapide del livello di aderenza e persistenza ai trattamenti farmacologici. L’analisi dei dati sanitari amministrativi consente infatti di valutare l’aderenza su larga sca-

INDICATORI PER LA VALUTAZIONE DI ADERENZA E APPROPRIATEZZA 65

la, coinvolgendo un ampio campione di pazienti e un lungo periodo di osservazione. Questo approccio fornisce una panoramica dell’aderenza nella pratica clinica reale, al di fuori di studi controllati o basati su autovalutazioni dei pazienti, offrendo un approccio efficiente ed efficace per monitorare i comportamenti dei pazienti e identificare eventuali criticità. Queste informazioni possono essere utilizzate per sviluppare strategie di intervento mirate e aumentare la qualità delle cure, promuovendo una maggiore aderenza ai trattamenti e il conseguente miglioramento dei risultati sanitari.

La necessità di integrare i dati amministrativi con dati clinici e socio-assistenziali

Alla luce delle esperienze descritte e dei limiti dei sistemi di misurazione degli indicatori di appropriatezza e aderenza, emergono diverse criticità che ad oggi non consentono la completa contestualizzazione di questi indicatori come parte di un processo più complesso. Queste criticità sono dovute alla natura stessa della fonte dati generalmente impiegata dalle istituzioni sanitarie per costruire gli indicatori di appropriatezza: i database amministrativi sanitari.

Tali banche dati, presenti in tutte le Regioni e ASL, da una parte hanno il vantaggio di poter essere interconnesse tra loro, in modo da seguire il paziente attraverso i diversi accessi al SSN, dall’altra risultano carenti di una serie di informazioni cliniche. Questa carenza a volte può inficiare il significato clinico dell’indicatore stesso e può comprometterne la validazione, ossia la verifica dell’associazione tra processo ed esito. Ad esempio, la mancanza di informazioni cliniche in questa fonte dati non consente di tenere in considerazione la gravità di una data patologia e non permette di conoscere l’esatta indicazione per la quale il dato farmaco

ADERENZA, DEPRESCRIBING E PDTA 66

è stato prescritto. Pertanto, per considerare correttamente gli indicatori di aderenza e appropriatezza all’interno di un percorso, risulta necessario integrare i dati amministrativi sanitari con ulteriori dati capaci di restituire indicazioni di gravità e di fragilità (ad esempio dati clinici essenziali, valori degli esami effettuati, compresi quelli derivanti dalla valutazione multidimensionale per le persone fragili, indicazione specifica alla base della prescrizione). Per raggiungere questo obiettivo, nell’immediato futuro, sarà necessario individuare, per le principali patologie croniche, un “minimum dataset clinico” contenente le variabili cliniche essenziali da includere all’interno dei database amministrativi.

In aggiunta alle informazioni cliniche, considerando che la mancata appropriatezza prescrittiva e la scarsa aderenza sono fenomeni multidimensionali influenzati da svariati determinanti, nella valutazione degli indicatori che le descrivono è importante tenere in considerazione anche variabili di carattere sociale e organizzativo. A tale scopo sarebbe utile giungere a integrare le informazioni sanitarie anche con quelle sociali (ad esempio situazione reddituale, condizioni di deprivazione, stili di vita).

In conclusione, solo raggiungendo una reale integrazione di tutti i dati disponibili sarà possibile costruire indicatori in grado di fornire una misura accurata dell’appropriatezza prescrittiva e dell’aderenza, così da indirizzare adeguatamente le scelte di politica del farmaco, aiutare i medici nella loro pratica clinica e porre in primo piano le reali necessità del paziente, realizzando così la corretta presa in carico terapeutica delle persone.

INDICATORI PER LA VALUTAZIONE DI ADERENZA E APPROPRIATEZZA 67

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ADERENZA, DEPRESCRIBING E PDTA 68
Finito di stampare nel mese di luglio 2023 da Ti Printing S.r.l. Via delle Case Rosse 23, 00131 Roma per conto de Il Pensiero Scientifico Editore, Roma
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