Murgia territorio divino

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Mostra Murgia territorio divino nelle foto di Angelo Antelmi e Francesco Bosso (Castel del Monte / Andria, 3 dicembre 2006 – 3 febbraio 2007) a cura di Michela Tocci, Direttore di Castel del Monte Organizzata in occasione del X Anniversario dell’iscrizione di Castel del Monte nella Lista UNESCO Promossa da Ministero per i beni e le attività culturali Direzione Regionale per i beni culturali e paesaggistici della Puglia Soprintendenza per i beni architettonici e per il paesaggio per le province di Bari e Foggia Comune di Andria In collaborazione con Cantine Carpentiere Corato Mostra Fotografie/ Photos Angelo Antelmi, Francesco Bosso Progetto grafico /Graphic design Patrizia Ricco Testi/Forwards Michela Tocci , Attilio Maurano, Alfredo De Giovanni, Angelo Antelmi Ufficio stampa Antonio Procacci Stampa/ Print Stampa Sud SPA ISBN Mario Adda Editore-Via Tanzi, 59 –Bari Tel. e Fax.080-5539502 Web: www.addaeditore.it e-mail: addaeditore@addaeditore.it


Ringraziamenti Vorrei ringraziare Vincenzo e Luigi Carpentiere per avermi sostenuto nel progetto e nella realizzazione di questa mostra, Francesco Bosso per aver sposato immediatamente il progetto, per aver scattato con me e per aver stampato tutte le foto in bianco e nero, Alfredo Degiovanni, geologo ed artista creativo e dinamico, per aver redatto i testi, la Dott.ssa Tocci curatrice della mostra, l’editore Adda per aver colto in pochi secondi lo spirito del progetto, Patrizia Ricco per il progetto grafico e Paolo Pasculli di Stampa Sud per la sua infinita disponibilità . Angelo Antelmi


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Il vino è la poesia della terra. Wine is the poetry of land. Celati


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In order to keep the architectural, artistic and historical values of a monument untouched it is fundamental to protect its environmental context: this principle has also been recently stressed by UNESCO and everybody should inspire to it with the awareness that in order to defend a cultural identity it is necessary to combine development requests with preservation needs. The tenth anniversary of Castel del Monte’s registration in the World Heritage List is not only a reason to celebrate an important acknowledgment, but also a chance to think about the needs of a due and common engagement for the protection and enhancement of the landscape embracing the monument. The choice of the Superintendence for Architecture and Landscape of Bari and Foggia provinces to host in the rooms of the castle the “Murgia Territorio Divino” photography exhibition represents a clear message towards this direction. The special location on a hilltop, making the castle visible in the distance, places the castle nearly in “symbiosis” with that area of Murgia, which during the thirteenth century was characterised by the presence of water-courses and woods: an ideal habitat for the building of the most representative castle of Frederick II, great expert and passionate of falcon hunting, author of De arte venandi cum avibus and attentive to territory safeguarding to the extent that he created the defensae, protected woodlands. A context which, even if deeply changed by the anthrophical action, nowadays still preserves some areas of great naturalistic interest, characterised by natural vegetation and vine growing areas handing down the centuries old history of Apulia and of its people, of a production and business milieu where wine is the drawing factor. The camera lens of Angelo Antelmi and Francesco Bosso have cleverly captured these details characterising Castel del Monte’s territory in 55 photographs exhibited at the Show “Murgia Territorio divino”, alongside with the bilingual catalogue published by publisher Mario Adda. Divided into two sections, one black and white section focused on vine growing and wine production processes, and one colour section dedicated to botanical essences, to animals and to Murgia’s stones, this Exhibition not only seizes many fascinating and often hidden aspects of nature, but also invites to think about the need for a common engagement for the protection of our environment.

Michela Tocci Castel del Monte Director Attilio Maurano Superintendent ad interim


Perché un monumento possa conservare inalterati i suoi valori architettonici, artistici, storici, è indispensabile salvaguardarne il contesto ambientale: un principio, recentemente sottolineato anche dall’UNESCO, cui tutti dovrebbero ispirarsi, nella consapevolezza che per difendere un’identità culturale occorre coniugare le istanze di sviluppo con le esigenze di conservazione. Il decimo anniversario di iscrizione di Castel del Monte nella Lista del Patrimonio Mondiale dell’Umanità, oltre che motivo di celebrazione di un riconoscimento importante, deve costituire anche occasione per riflettere sulle esigenze di un doveroso e comune impegno di tutela e valorizzazione del paesaggio in cui il monumento ricade. La scelta da parte della Soprintendenza per i beni architettonici e per il paesaggio per le province di Bari e Foggia di ospitare nelle sale del castello la Mostra fotografica Murgia Territorio divino vuol essere un messaggio in tal senso. La particolare collocazione sulla sommità di una collina, che lo rende visibile a grande distanza, pone infatti il castello quasi in “simbiosi” con quell’area della Murgia, caratterizzata nel ‘200 dallacpresenza di corsi d’acqua e dalla natura boscosa. Un habitat ideale, quindi, per la costruzione del più rappresentativo dei castelli di Federico II, grande esperto ed appassionato di caccia col falcone, autore del De arte venandi cum avibus, attento alla tutela del territorio tanto da aver creato le defensae, aree boschive protette ma impegnato anche nella conversione di aree improduttive in coltivazioni cerealicole, avviata proprio nel comprensorio di Castel del Monte. Un contesto che, pur profondamente mutato dall’azione antropica, tuttavia conserva ancor oggi aree di grande interesse naturalistico, caratterizzate dalla vegetazione spontanea, e “fazzoletti” di terra coltivati a vigneto che tramandano la storia secolare della Puglia e della sua gente, di una realtà produttiva e commerciale che ha avuto nel vino un fattore trainante. E proprio questi aspetti caratterizzanti del territorio in cui Castel del Monte ricade sono stati colti abilmente dall’obbiettivo di Angelo Antelmi e Francesco Bosso in cinquantacinque fotografie esposte nella Mostra Murgia Territorio divino, accompagnata dal catalogo bilingue pubblicato da Mario Adda Editore. Articolata in due sezioni, una in bianco/nero incentrata sulla coltivazione della vite e sui processi di produzione del vino, l’altra a colori dedicata alle essenze botaniche, agli animali, alle pietre della Murgia, questa Mostra, dunque, non solo consente di cogliere tanti affascinanti aspetti della natura spesso nascosti, ma vuol essere anche un invito per riflettere sulla necessità di un impegno comune a difesa dell’ambiente. Michela Tocci Direttore di Castel del Monte Attilio Maurano Soprintendente ad interim

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Racconta un’antica leggenda che l’Imperatore Federico II di Svevia, nel bel mezzo di una battuta di caccia tra i colli aspri ed assolati della sua amata Apulia, si imbatté all’improvviso in una grande pietra, uno scoglio appuntito balzato fuori, come per magia, dalle profondità della terra. Federico, in un lampo, si ritrovò sul terreno buttato giù dal suo cavallo imbizzarrito, poi, vinto l’iniziale sconcerto, si avvicinò con prudenza e si accorse che la pietra recava delle lettere scolpite: “Nudus ara, sere nudus”. “Lavora nudo, semina nudo” tradusse a gran voce l’Imperatore. Capì che quel Murex, quella pietra divina, era un segno del cielo. Si spogliò e inginocchiandosi sul suolo sacro ne avvertì all’istante le correnti vitali. Si lasciò pervadere dall’energia della terra, ne assaporò i profumi soavi e permise che il vento e la luce lo colpissero un po’. Alzatosi, fece un cerchio attorno a quel sasso e decise che quel posto era buono per farvi crescere la vigna ed il grano. Un Castello avrebbe protetto per sempre quella pietra sacra, quel Murex da cui proviene il nome “Murgia”. Oggi, dopo quasi otto secoli, altri uomini percorrono le orme del grande svevo. Si inerpicano, solitari, tra i pascoli arborati, lì dove crescono i fragni e le roverelle, superano i canali lambiti dai cardi e dalle ferule e immersi nel profumo del timo valutano il territorio migliore che permetterà alla vite di fiorire, dando il meglio di sé. Misurano l’esposizione più adatta per accogliere l’abbraccio del sole e infine scelgono quel suolo vitale che offrirà alla pianta il giusto Spirito divino. Anche loro cercano il Murex, quella Murgia che è Territorio Divino. Le immagini che seguono raccontano la storia di questi uomini e di questa terra. Lo stesso Spirito ha accompagnato le mani e lo sguardo di due appassionati fotografi che avvolti da un comune sentimento di amore verso questo territorio e dall’aria tersa che vi ci soffia senza tregua, sono riusciti a descrivere quella luce meravigliosa che da’corpo alla materia, quella storia operosa che dà sostanza agli uomini.Uno sguardo complice ha permesso loro di scrutare il volo reale di un grillaio, lo sviluppo quinquenario delle foglie della vite, la sua fioritura connessa al ritmo cosmico delle stagioni, le mani nerborute intente a reciderne i grappoli, il paziente lavoro della vinificazione. L’obiettivo della camera si è posato via via sul


vitigno acerbo appena impiantato, su una distesa di asfodeli agitati dal vento, su colline rosa di ciliegi, su armenti di lana bianca e farfalle dai colori inverosimili. Ha ripreso da vicino la nascita del fiore nel giorno del solstizio d’estate, la crescita dei piccoli acinidivenuti poi grappoli maturi, sfere violate ricolme di succo, ha accompagnato lo svolgersi della vendemmia, i suoi umori, i suoi tempi, i suoi sapori. Immagini che ritraggono il lavoro nei vigneti, che è come una preghiera. “La vite prepara l’uva come una madre prepara la venuta del suo bambino” scrive Louis Charpentier nel suo “Le mystere du Vin”. E mentre si attende che i lieviti facciano il loro lavoro, attaccando lo zucchero dell’uva, depurandolo dal tartaro e dalla feccia, come in un lento processo alchemico, ecco che la macchina fotografica trova il tempo per disegnare geometrie improbabili di muretti a secco, di jazzi, di masserie, di giardini. O di rubare immagini a quel Ottagono di pietra, il cui cortile gioca ogni giorno con il sole per scandirne i ritmi stagionali, come un’analemma proiettato da un antico astrolabio. E’ la Murgia magica che appare in tutta la sua abbagliante bellezza, quella ritratta da Angelo Antelmi e Francesco Bosso, due artisti in grado di vedere attraverso, di “scrivere quella luce” che fa pulsare la nostra Madre Terra. Se le foto a colori restituiscono la natura della Murgia nella sua cruda verità, in quella apparente freddezza resa tale dalle pietre calcaree, che ne costituiscono la più intima essenza, pronta, però, a trasformarsi in uno spot rosso-sangue, grazie ai colori di un tramonto o all’affiorare di papaveri scarlatti, le foto in bianco-nero riescono a squarciare il velo dell’invisibile e a farci avvertire il sudore della vendemmia, il mistero della fermentazione, la trepida attesa per la nascita del vino. Ogni gesto dell’uomo, dalla scelta del suolo, all’innesto della pianta, dalla potatura, alla raccolta, al travaso negli immensi tini, è seguito con uno sguardo che ne accresce il senso di sacra ritualità. Il tutto immerso in uno spettacolo senza tempo, dove la natura partecipa impermanente al dipanarsi delle vicende umane. Sono immagini che celebrano il mistero. Quello della terra e dei suoi frutti, quello dell’uomo e della sua sapienza, quello del vino, che sin dai giorni di Noè continua a regalarci quell’ebrezza sacra che ci permette di dire: “In vino veritas!”. Alfredo De Giovanni

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An ancient tale narrates that Emperor Frederick II of Swabia during a hunting beating amidst the dry and sunny hills of his beloved Apulia, suddenly run across a big stone, a sharp rock coming out, as if by magic, from the depths of the land. In a flash, Frederick found himself on the ground unsaddled from his bolted horse. Then, recovering from the initial perturbation, he approached the stone and discovered that it bore some engraved letters: “Nudus ara, sere nudus”. “Work bare, sow bare” translated the Emperor loudly. He understood that said Murex, that divine stone was a sign in the sky. He undressed and kneeling down on the sacred land he immediately felt its living soul. He let himself go to the energy of the land, tasted its sweet smells and allowed the wind and the light to slightly touch him. Standing up, he made a circle around the stone and decided that the spot was suitable to grow vine and wheat. A castle would shelter the holy stone forever, that Murex from where the “Murgia” name comes. Today, nearly eight centuries later, other men tread in the big Swabian Emperor’s footsteps. They climb lonely between arboreal pasture-lands, where oaks and roaches grow up, climb over the channels lapped by thistles and ferulas and soaked with thyme smell in search for the most suitable area where vine can grow at best. They verify the best exposure to be kissed by the sun and finally select the vital land, which will give to the land itself the right divine Soul. They, too, look for Murex, that Murgia which represents the Divine Territory. The following pictures tell the history of those men and of this land. The same Soul has guided the hands and the eyes of two passionate photographers, who surrounded by a common feeling of love towards this land and by the clear air unceasingly blowing on it, succeeded in describing that wonderful light giving shape to matter, that laborious history giving substance to men. A complicity glance allowed them to scan the real flight of crickets, the five-year development of vine leaves, its blooming linked to the cosmic rhythm of the seasons, the muscular hands intent upon cutting its bunches of grapes, the patient work


of vinification. The camera lens stopped on the just set up unripe vine, on a stretch of asphodels shook by the wind, on pink cherry hills, on white wool herds and on butterflies in unlikely colours. It has photographed closely the birth of a flower on the summery solstice day, the growth of small grapes now ripe bunches, spheres rich in juice. It followed the development of vintage, its humours, its times, its tastes. Images portraying work in the vineyards looking like a prayer. “Vine prepares grapes like a mother prepares the birth of her child” writes Louis Charpentier in “Le mystere du Vin”. While waiting for yeasts to make their work, attacking the grape sugar, purifying it from the tartar and from the dregs, as in a slow alchemic process, the camera is able to draw unlikely geometries of dry stone walls, jazzi*, manor farms and gardens. Or it is able to capture images of that stone Octagon whose courtyard plays everyday with the sun in order to scan its seasonal rhythms like an analemma projected by an ancient astrolabe. This is the enchanting Murgia appearing in all its dazzling beauty, the land shoot by Angelo Antelmi and Francesco Bosso, two artists who are able to look through, to “write that light”, which makes our Mother Land beat. While colour photos give back the nature of the Murgia land in its harsh reality, in that appearing coldness due to calcareous stones, which are its deepest essence, ready to change into a blood red spot thanks to the colours of a sunset or the emerging of scarlet poppies; black and white photos succeed in tearing the veil of invisible and conveying the feeling of vintage labours, the mystery of fermentation, the anxious wait for the birth of wine. Every human gesture, from the choice of the land to the grafting of the vine, to pruning, to grape-harvesting, to decanting into very large tuns is followed with a glance, which increases the sense of holy rituality. Everything is plunged into a timeless show, where nature temporarily participates into the unravelling of human events. It is about images that celebrate mystery. The mystery of land and its fruits, of man and his wisdom, the mystery of wine, which since Noè’s time continues to offer us that holy ecstasy allowing us to state: “In vino veritas!”. Alfredo De Giovanni

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