Notizie di Prato - Speciale autunno 2010

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Supplemento Autunno 2010

NOTIZIE DI PRATO.it IL QUOTIDIANO ON LINE DELLA TUA CITTà

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DOCG 2010 Le Eccellenze Enogastronomiche del territorio Dal vino all’olio, alle castagne Viaggio tra i prodotti tipici che impreziosiscono le nostre tavole


THOMAS RUFF PRATO 16.10-11.12/2010 A cura di Pier Luigi Tazzi Un progetto della Provincia di Prato

Palazzo Buonamici, Prato Biblioteca Comunale Lazzerini, Prato Bibilioteca Comunale Bartolomeo Della Fonte, Montemurlo Spazio d’arte Alberto Moretti | Schema Polis, Carmignano Dryphoto arte contemporanea, Prato Info

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Provincia di Prato

Comune di Montemurlo

Comune di Carmignano


3. Editoriale o pici e turism 4. Prodotti ti gna della monta 7. Le risorse rantiti 9. Marchi ga corta 11. La filiera nano 12. Il Carmig o verde 15. Olio, l’or di Sofignano io to n a r F Il 17. a del pane 19. La regin o della Badia 20. Il Mulin Saraceno 21. Il Grano e 23. Castagn nina 25. La Calva cchi 27. I fichi se iele 29. Dolce m ratese” 30. Il caffè “p di Notizie di Prato numero odierno l 14/02/2009 Supplemento al di Prato n° 4 de le na aut. Tribu quotidiano on line nnacci abile: Claudio Va direttore respons srl (Ufficio Stampa editore: Media Inn : Moira Pierozzi la collaborazione ntana), mu si ringrazia per mpa Co nità Mo igeri (Ufficio Sta Alt a rtin Ma io) ), erc Provincia Camera di Comm i (Ufficio Stampa Melania Mannell design grafica: Morgana niela Pasquini commerciale: Da Prato a Baroni&Gori rafi og Tip stampa:

L’autunno è la stagione che più di ogni altra esalta i sapori e i prodotti del nostro territorio: dall’olio alle castagne senza dimenticare il miele e il vino, ma anche i fichi secchi e tante altre eccellenza che fanno di Prato e della sua provincia una nicchia privilegiata per gourmet e buongustai. Ed è proprio per questa ragione che Notizie di Prato, il quotidiano online della città (www.notiziediprato.it) ha deciso di dedicare questo inserto cartaceo autunnale a presentare una breve carrellata di quelli che sono i prodotti tipici della nostra tradizione. Non solo: come risulta chiaramente dalle parole degli intervistati, proprio le eccellenze pratesi nel campo enograstronomico possono risultare una carta vincente da giocare sia a livello di turismo - e parliamo di un turismo di qualità sia a livello economico tout court.

Con il valore aggiunto di essere tutte produzioni che in sé comportano la salvaguardia e il mantenimento dell’ambiente naturale. Ecco, quindi, che quella della valorizzazione dei prodotti tipici diventa una strada quasi obbligata in quel processo di diversificazione dalla “monocultura” del tessile che tutto il distretto sta portando avanti da qualche tempo. Naturalmente quella che questo inserto offre è una semplice carrellata, senza nessuna ambizione di voler indagare a fondo un terreno quantomai articolato e complesso. Ma ci è piaciuta l’idea di mettere insieme prodotti e preparati che sicuramente fanno parte del nostro dna e del nostro essere pratesi. Buona lettura e... buon appetito!

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C I p i T i T t o D o TerriTori i Prd l E A S L’autunno dorato che sfuma di rosso e arancio i boschi di castagno della Val di Bisenzio e punteggia di un verde inconfondibile gli oliveti delle colline del Montalbano è la stagione del raccolto per il territorio della provincia di Prato. Un cesto colmo di tesori della natura: fichi, castagne, olive donano colore, sapore e profumo alle settimane più importanti per i prodotti della nostra terra. “Se volessimo tracciare un itinerario ideale alla scoperta della produzione pratese, alla ricerca della qualità e della tradizione, l’autunno sarebbe senz’altro il momento ideale per percorrerlo – spiega l’assessore al Turismo e alla Promozione dei prodotti della Provincia Antonio Napolitano – La Provincia sta scommettendo da anni sulle potenzialità delle eccellenze pratesi, giocandosi la carta più blasonata, quella dei vini di Carmignano e del Pinot, ma anche il poker di fichi, castagne, bozza pratese e olio, solo per nominarne alcuni. In via Ricasoli, nel cuore di Prato accanto all’ingresso della sede 4

della Provincia, abbiamo anche aperto, grazie alla gestione della Strada dei vini di Carmignano e dei sapori tipici pratesi, un punto vendita, una ‘vetrina’ dove mostrare la qualità e la varietà pratese”. “Negli ultimi anni la produzione agricola e l’allevamento sono tornati ad essere settori di interesse anche per i giovani – aggiunge l’assessore all’Agricoltura Stefano Arrighini – E anche gli straordinari boschi che coprono gran parte del territorio stanno tornando ad essere luoghi di lavoro oltre che di svago, grazie all’avanzare di nuove tecnologie di risparmio energetico. Inutile dire che l’attrazione che la terra ricomincia a esercitare su chi cerca una propria identità lavorativa e professionale, complice anche la crisi del tessile, va incentivata e sostenuta con decisione. Si tratta di un pezzo interessante, anche dal punto di vista economico, del nostro futuro”. L’amministrazione provinciale sta investendo risorse ed energie per favorire l’incontro fra la

produzione pratese e le accresciute esigenze dei visitatori italiani e stranieri, soprattutto promuovendo la qualità. Prato è un grande distretto industriale europeo ma anche un luogo dove i percorsi enogastronomici offrono uno spaccato della storia locale, legandosi naturalmente alla tradizione toscana. In particolare la Provincia ormai da undici anni è la promotrice di Di Vini Profumi, una due giorni dedicata al vino con degustazioni anche di piatti tipici, che per l’edizione 2010, a cui hanno partecipato duemila persone, ha inaugurato una nuova location, il giardino di palazzo Buonamici. Prato è una meta di fascino insomma per il turismo appassionato di natura, basta pensare ai castagneti, che in questa stagione offrono uno spettacolo di colori e profumi ineguagliabile, e ai vigneti che solcano le colline medicee, dove ancora in ottobre si scalda all’ultimo sole l’uva destinata al Vin Santo di Carmignano. In Val di Bisenzio l’annuale Sagra della polentina rievoca la storia del feudo dei

L’autunno esalta le produzioni caratteristiche pratesi. Da sfruttare in chiave turistica.


r o S i r Ci io

conti di Vernio e rinnova la tradizione di un piatto preparato con la farina di castagne che per secoli ha sfamato la gente di qui. A Carmignano si celebrano i fichi, aspettando Natale per gustare quelli secchi, una vera prelibatezza, e poi il vino della più antica docg d’Italia e l’olio delle tante fattorie. Parlavamo dell’allevamento, e a questo proposito non bisogna dimenticare lo sforzo che allevatori ed amministratori stanno facendo per promuovere la carne di razza Calvanina, anch’essa tradizionale dei pascoli impervi della Val di Bisenzio, protagonista della fiera del bestiame che si tiene per San Giuseppe a Vernio e che ha conquistato qualche anno fa il terzo presidio Slow Food, dopo i fichi secchi e la mortadella di Prato, salume di antica tradizione prodotto esclusivamente nel nostro territorio. Ma

anche la produzione di miele, ormai diffusa in tutto il territorio provinciale con risultati di grande qualità, ha la sua vetrina, la manifestazione DolceVernio, che ogni anno premia il nettare migliore. All’olio è invece dedicata Oleum Nostrum, altra rassegna di prodotti ormai di altissimo livello, premiati alle più importanti manifestazioni del settore, che incorona l’olio extravergine dell’anno. L’autunno dunque a Prato non è solo una stagione di grande fascino, ma anche l’occasione per passeggiare nei boschi e nei vigneti e gustare i magnifici doni che la natura ha voluto dare al territorio pratese.

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Quando si parla di Val di Bisenzio, si pensa prima di tutto al verde territorio appenninico regolato da tre amministrazioni comunali, Vaiano, Cantagallo e Vernio. Non molti sanno però che le attività di tutti e tre i Comuni sono collegate in maniera molto stretta ad un ente superiore che gestisce i rapporti con il governo regionale: stiamo parlando della Comunità Montana. Il suo ruolo è complesso e per meglio comprenderne l’operato, ci siamo rivolti direttamente al

delega regionale sul demanio, in maniera specifica per ciò che riguarda la Riserva naturale dell’Acquerino-Cantagallo. Ha la delega regionale sulla bonifica, essendo così ente gestore per tutta la parte legata al contributo del Consorzio. Tengo a sottolineare che per oltre il 70% la cifra raccolta viene reinvestita nella sicurezza idrica e per la manutenzione del reticolo idrografico del fiume Bisenzio e dei suoi affluenti”. Molti dei compiti dell’ente

Tra i compiti della Comunità Montana vi sono anche quelli fondamentali della tutela e della valorizzazione del territorio. Cosa si sta facendo in questo senso per la Val di Bisenzio? “Principalmente, in sinergia con i Comuni, si sta lavorando per prevenire i danni ambientali. Siamo impegnati sul versante della bonifica e, in più, abbiamo lavorato in questi ultimi anni per far nascere il Consorzio forestale, utile per la tutela dell’ambiente e della zona. Siamo inoltre un’agenzia del territorio e ci muoviamo per lo sviluppo del turismo. Questo può agire da volano anche per altri che decidano di investire nel settore”. Nella Val di Bisenzio ci sono delle eccellenze che

O R o S e il T de della vErlATa Val suo presidente, Marco Ciani. Quali sono i compiti principali della Comunità Montana Val di Bisenzio? “I suoi compiti sono molteplici. In base alla legge sull’ordinamento degli enti locali, la Comunità montana coordina per conto della Regione Toscana diverse competenze che riguardano il settore agricolo e quello dello sviluppo rurale. Ha inoltre la

sono strettamente collegati anche ai Comuni. In che modo? “Gestiamo per conto delle tre amministrazioni comunali della Val di Bisenzio più di venti servizi associati. Questo permette di ottimizzare le risorse economiche che invece vengono investite per la collettività. Sono i cittadini i veri beneficiari di questa razionalizzazione burocratica e amministrativa.

possono favorire lo sviluppo del territorio? “Certo. Penso prima di tutto all’olio che, negli ultimi quindici anni è diventato il motore di tante aziende agricole. Penso anche alla castagna e a tutti i suoi derivati. Abbiamo infatti favorito e appoggiato la costituzione dell’Associazione Castanicoltori della Val di Bisenzio. Siamo stati l’ente che ne ha curato il marchio e elaborato un disciplinare per la produzione della

farina di castagne che è stato depositato anche in Camera di Commercio. Non dimentico di parlare poi dei biscotti. Esiste di fatto la “Strada dei biscotti della Val di Bisenzio” che collega gli zuccherini di Montepiano e di Vernio, ai dolci della Pasticceria Ciolini di Cantagallo e a quelli del Forno Steno di Vaiano. E poi ancora penso al miele di qualità prodotto in tutta la valle e come Comunità Montana ci siamo impegnati a mettere a disposizione dei tanti produttori una stanza della smielatura all’interno del Frantoio consortile di Vaiano. Per ultimo cito la Calvanina. In sei anni siamo stati in grado di rilanciare una razza pressoché scomparsa e di sottoscrivere degli accordi fra gli allevatori e importanti centri di vendita come Unicoop Firenze. Negli ultimi anni si è lavorato molto sulla riscoperta della tipicità dei prodotti della zona. E’ sufficiente quanto è stato fatto o si può investire ancora in altri settori? “Tanto è stato fatto, ma ci manca una rete di vendita vera. Questo è l’anello debole della filiera: ci manca una rete commerciale strutturata. Ancora non riusciamo a farci notare nella vendita di carne di selvaggina, come capriolo, cervo, cinghiale, ma anche dei funghi. Ancora non abbiamo saputo sfruttare al meglio questi prodotti. Cosa pensa che manchi alla zona che potrebbe darle un ulteriore impulso? “Serve lavorare ancora tanto sulle infrastrutture della Val di Bisenzio. Bisogna agevolare gli scambi, i rapporti commerciali e i movimenti di persone”. 7


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i d O i h C R a M LITà MadE Qua raTo in P è ormai lontana l’immagine riduttiva che ritrae Prato in un abito monocolore, quello di distretto industriale. La città indossa infatti una veste più ricca ed eclettica, tessuta anche di cultura, arte e paesaggio. Dunque di una tradizione che non poteva che rendere speciale la sua gastronomia.

E’ in particolare negli ultimi anni che i prodotti tipici della cucina pratese sono stati riscoperti e valorizzati, grazie al lavoro delle istituzioni. La Camera di Commercio di Prato non ha mancato di dare il suo contributo, realizzando attività promozionali, accompagnando le

aziende in fiere di settore e impegnandosi sul fronte del riconoscimento del marchio IGP per prodotti come la Mortadella di Prato e il Biscotti di Prato. “L’importanza di tutte queste attività sta anche nell’accrescere l’attenzione e la sensibilità dei cittadini nei confronti dell’enogastronomia locale – commenta Maurizio Fantini, membro di Giunta della Camera di Commercio di Prato – Si tratta di una consapevolezza, accresciutasi soprattutto negli ultimi anni, che ci consente di esprimere la qualità dei nostri prodotti con più convinzione anche nelle manifestazioni all’estero. Attraverso questi prodotti è possibile inoltre raccontare una Prato in cui le bellezze ambientali sono in grado di produrre una cucina altamente genuina”. Per quanto riguarda l’iter per il riconoscimento della Indicazione Geografica protetta per la Mortadella di Prato, nel mese di marzo

è stato espresso il parere favorevole dalla Regione Toscana. La pratica è ora al vaglio del Ministero delle Politiche agricole, alimentari e forestali. Nello stesso tempo è stata avviata la collaborazione con Dintec, società consortile del Sistema Camerale per l’ Innovazione Tecnologica, che ha portato all’elaborazione del disciplinare e di tutti gli altri documenti necessari per intraprendere la strada del riconoscimento dell’IGP anche per il Biscotto di Prato. Ma veniamo ad altri due prodotti tipici del territorio, il vino di Carmignano - le cui caratteristiche ne fanno un piccolo gioiello nel panorama enologico italiano - e l’olio d’oliva pratese, la cui produzione sta raggiungendo velocemente risultati importanti in termini qualitativi. La Camera di Commercio di Prato, come fa da anni, rinnoverà anche per il 2011 la partecipazione con un proprio spazio

al Vinitaly e al SOL (Salone Internazionale dell’Olio d’Oliva extravergine di qualità), i principali appuntamenti europei dove le produzioni vinicole e olivicole italiane hanno modo di farsi conoscere e apprezzare. “Di certo in queste occasioni – conclude Maurizio Fantini – l’alta qualità dei prodotti del nostro territorio non teme il confronto con nessuna produzione nazionale”.

L’impegno della Camera di Commercio per promuovere i prodotti tipici del territorio. 9


Alessio Cammelli, titolare della Azienda Agricola Cammelli, è anche il presidente di Agrimercato di Firenze-Prato, ed è a lui che rivolgiamo alcune domande sui Mercati di Campagna Amica. D: Cos'è Agrimercato? R: Agrimercato è un’associazione di imprenditori agricoli con decine di associati che ha per scopo la valorizzazione e la promozione dell’attività di vendita diretta da parte dei propri associati, favorendo la costituzione e lo sviluppo di mercati in cui questi possano vendere i loro prodotti ai consumatori finali, senza passaggi intermedi e secondo la filosofia del “km zero”. D: Chi ha avuto questa idea? R: I mercati dei contadini, i cosiddetti “farmers’ markets”, sono un fenomeno molto conosciuto e sviluppato all’estero, che adesso sta prendendo campo anche in Italia, grazie a Coldiretti che con i Mercati di Campagna Amica intende far incontrare le esigenze dei consumatori, alla ricerca di prodotti di qualità acquistabili al giusto prezzo, con quelle dei produttori, per i quali questi si rivelano spesso un’interessante forma di integrazione del proprio reddito. D: Chi sono i “contadini” che possiamo incontrare al mercato? R: Sono aziende agricole, tradizionali e biologiche, provenienti esclusivamente dalle provincie di Firenze e Prato, che mettono in vendita i prodotti coltivati e realizzati da loro, freschi o trasformati, e ai quali è possibile chiedere direttamente informazioni sulle tecniche di produzione impiegate, consigli sull'utilizzo o ogni altro tipo di domanda che possa venire in mente. Abbiamo produttori che offrono prodotti tutto l'anno e altre che invece partecipano solo quando è il momento giusto: penso per esempio alle castagne o a chi produce solo pesche...

D: Che cosa possiamo trovare sui banchi di Campagna Amica? R: Frutta e verdura, naturalmente, ma anche salumi e formaggi, carne, pane e pasta, miele, confetture, farine e cereali, birra e vino, olio extravergine di oliva, fiori e piante. Tutto sempre e rigorosamente di stagione e a “km zero”. Le persone le prime volte ci chiedono le zucchine e i pomodori anche a febbraio, o addirittura le banane, ma basta un attimo per spiegare che non siamo un supermercato e che nessuno di noi vende prodotti che fanno centinaia, se non migliaia, di chilometri per arrivare qui. Come detto precedentemente, il limite di provenienza è la provincia, generalmente entro i 30-40 km per gli agricoltori che vengono da più lontano. D: Dove possiamo trovarvi? R: Da questa estate anche a Prato, dopo i mercati che già abbiamo inaugurato nell'ultimo anno a Sesto Fiorentino, Lastra a Signa, Scandicci e Greve in Chianti. Siamo ospiti tutti i mercoledì mattina della parrocchia della Madonna dell'Ulivo, all'incrocio fra via Zarini e via delle Fonti. Il mercato è aperto dalle 8 alle 12 e vi partecipano 10-15 produttori, provenienti da Prato, da Carmignano, dalla Val di Bisenzio ma anche da Campi, dal Mugello e dal Chianti. Stiamo anche cercando nuove locations, per cui non ci fermeremo certamente qui... D: Un consiglio da dare ai potenziali clienti? R: Venite a trovarci, assaggiate i prodotti e prima di acquistarli fatevi raccontare la loro storia da chi li ha pensati, allevati e coltivati. Capire l'impegno, la passione e la dedizione che ci sono dietro ad una patata, ad un barattolo di miele o ad un salame fa parte del valore aggiunto che solo la filiera corta può dare.


a à T i QuaLø Km Uno si svolge il terzo sabato di ogni mese in piazza del Mercato Nuovo ed è organizzato dal Comune. L’altro c’è ogni mercoledì mattina negli spazi della parrocchia della Madonna dell’Ulivo ed è promosso dalla Coldiretti. Si tratta dei due principali mercati della filiera corta presenti sul territorio, dove è possibile acquistare prodotti a km zero, provenienti da aziende e singoli coltivatori della zona, tutti a produzione biologica. I loro nomi sono “Terra di Prato” e “Campagna amica” e con il tempo sono diventati appuntamenti fissi per un alto numero di pratesi, che possono

trovare prodotti garantiti e a prezzi accessibili. Tra le bancarelle di “Terra di Prato” si trova un po’ di tutto: dalla frutta e verdura, che offrono sempre i prodotti freschi di stagione, alla carne proveniente dagli allevamenti di razza Calvana e ai salumi tipici toscani. E poi le uova fresche e le marmellate e le confetture realizzate in maniera artigianale. Spesso è anche presente un bando dei pescatori di Viareggio che offrono il pescato di giornata e ogni volta sono in programma degustazioni e iniziative collaterali. All’incirca la stessa offerta si trova al mercato di

“Campagna amica” con i banchi che offrono ortaggi e frutta di stagione, vino e olio, confetture e salumi, birra artigianale e formaggi. Le aziende che partecipano all’appuntamento settimanale sono provenienti dalle provincie di Prato e Firenze, dalla Fattoria delle Ginestre di Carmignano all’Agriturismo Corboli di Vernio e alla Bottega del miele di Cantagallo, passando per la Birra Granducato di Cafaggio e la pasta e gli ortaggi di Paolo Colzi di San Giusto. “Gli acquisti diretti sono una opportunità con un aumento della concorrenza che va a beneficio delle imprese agricole e dei con-

sumatori che possono così garantirsi una spesa sicura e di qualità al giusto prezzo - spiega il segreto del successo Roberto Nocentini, Presidente Coldiretti -. I mercati di Campagna Amica sono un’occasione per far conoscere i veri sapori della tradizione italiana, per poterli riconoscere in tutte le altre forme di vendita senza cadere nell’inganno del falso Made in Italy”.

Spopolano i mercati della filiera corta 11


O N a n G i m r A C pLoit iN l’ExtiGLiA Bot Il vino pratese si sta ritagliando uno spazio sempre più importante nel panorama enologico nazionale. Merito della Docg Carmignano, sicuramente, ma anche delle varie iniziative che negli ultimi anni ruotano proprio intorno al “nettare di Bacco”, prima fra tutti la kermesse “Di VIni Profumi” ormai diventata appuntamento irrinunciabile nel panorama degli eventi legati al vino. Quella del Carmignano è la più piccola docg del nostro paese, meno di 200 ettari di vigneto, ma con una produzione che per la provincia di Prato è un patrimonio inestimabile. Dieci anni fa i produttori del Carmignano sono stati protagonisti di una scommessa ormai vinta: rilanciare la produzione, che in effetti è cresciuta di 12

pari passo con la qualità, e sviluppare il mercato italiano e straniero, ormai di livello mondiale. Ma il territorio pratese è un punto di riferimento anche per altre produzioni di rilievo, prima fra tutte quella del marchese Pancrazi, capofila delle aziende nel Comune di Montemurlo, con il suo Pinot Nero. Negli ultimi anni il Carmignano è stato protagonista di un vero e proprio exploit. Da poco più di 100 ettari di superficie vitata la docg ha raggiunto gli oltre 150 (in quest’area la coltivazione a vite supera i duecento ettari). La ricerca della qualità ha significato investimenti nel rinnovo delle vigne, con filari distanti 1 metro e 80 centimetri (come si usava ai tempi della mezzadria), e la scelta di potature decise,

per ottenere meno grappoli a vantaggio della qualità. Il lavoro più meticoloso e complicato si svolge nelle cantine, anch’esse rinnovate negli ultimi anni e spesso dotate di attrezzature avanzate e che hanno visto raddoppiato il numero di addetti, proprio perché la qualità si ottiene anzitutto seguendo attentamente ogni fase della produzione. Il Carmignano nasce da una miscela di Sangiovese (almeno per il 50%), Cabernet (dal 10 al 20%), Canaiolo nero (fino al 20%) altri vitigni rossi (fino al 10%). La composizione rispetta i dettami del disciplinare in vigore, pubblicato il 9 luglio 1998 sulla Gazzetta Ufficiale, che ha dato risposta alle richieste dello stesso Consorzio dei vini di Carmignano, modificando

il primo disciplinare di produzione risalente al 20 ottobre 1990. Il testo del disciplinare individua come componenti del Carmignano docg: Sangiovese minimo 50%, Canaiolo nero fino al 20%, Cabernet Franc e Cabernet Sauvignon, da soli o congiuntamente, dal 10 al 20%, Trebbiano toscano, Canaiolo bianco e Malvasia del Chianti da soli o congiuntamente, fino ad un massimo del 10%. Inoltre possono concorrere alla produzione le uve di altri vitigni a bacca rossa raccomandati o autorizzati per la provincia di Prato fino a un massimo del 10% del totale. Il Carmignano docg, detta ancora il disciplinare, all’atto dell’immissione al consumo deve rispondere alle seguenti caratteristiche: colore rubino


vivace, intenso, tendente al granato con l’invecchiamento; odore vinoso con profumo intenso, anche di mammola, e con pronunciato carattere di finezza per l’invecchiamento, sapore asciutto, sapido, pieno, armonico, morbido e vellutato, titolo alcolometrico volumico totale minimo 12,50% vol., acidità totale minima 5,0 g/l estratto secco mino 22 g/l. Infine il periodo di invecchiamento deve essere effettuato in botti di rovere e/o di castagno, rispettivamente per almeno otto mesi per il Carmignano e per almeno dodici mesi per il Carmignano tipologia riserva. Dalle stesse uve con cui si produce il Carmignano si ottiene anche il Barco Reale doc, fratello più giovane del docg, vino di più rapido consumo, ma sempre con caratteristiche di alta qualità, il cui nome deriva dalla grande proprietà medicea che copriva gran parte del territorio dei Comuni di Carmignano e di Poggio a Caiano e che era circondata dal Muro del Barco Reale, lungo più di trenta miglia. Se ne producono dai tre-quattrocento ai mille ettolitri all’anno. E ancora dalla stessa materia prima nasce il Vin Ruspo, Rosato di Carmignano doc (circa 500 ettolitri all’anno), che viene prodotto svinando il

5 o 10% del mosto delle vasche del Carmignano docg prima della fermentazione, e che deriva il proprio nome dall’usanza dei mezzadri di rubare, e da qui vino ‘ruspato’, cioè ‘grattato’, una o due damigiane dagli ultimi tinelli che venivano portati in fattoria. Un ‘furto’ che col tempo si codificò in un diritto. Il 40% della produzione viene oggi commercializzato sul mercato italiano, mentre a quello straniero è destinato il 60%. Il Carmignano viene esportato attualmente in tutta la Comunità europea, Francia, Svizzera, Inghilterra, Austria, Belgio, Olanda, Lussemburgo e, con risultati particolarmente lusinghieri anche di immagine, nei paesi del nord Europa, Svezia e Norvegia. Oltre Oceano si esporta negli Stati Uniti, in Canada, Brasile e Messico. Inoltre negli ultimi anni, favorito dal turismo enogastronomico in Toscana, sta avendo un forte sviluppo anche il mercato giapponese.

Il vino nato da un errore che ha conquistato il mercato mondiale

PINOT NERO VILLA DI BAGNOLO Ormai è una storia nota, ma ancora, dopo quasi quarant'anni fa sorridere il marchese Pancrazi quando la racconta. Nel 1970, quando si volle reimpiantare i vigneti della fattoria di Bagnolo, il vivaista, al posto del tradizionale sangiovese coltivato in queste zone, consegnò del pinot nero. Solo dopo qualche anno in azienda ci si accorse dell’errore, ma ormai la storia di questo vino era cominciata. Oggi il clone di pinot nero originale è stato affiancato da borgognotti, che hanno reso il vino di Bagnolo più complesso e costante nelle differenti annate. Il Pinot Nero Villa di Bagnolo fortunatamente nasce in un cru particolare che mette in valore tutte le caratteristiche peculiari di questo vitigno così difficile da coltivare. Il vigneto è ubicato alle pendici del Monte Calvana a circa 350 metri sul livello del mare, su terreni ben strutturati, esposti a sud, ricchi di scheletro in una situazione pedoclimatica favorevole che consente una graduale maturazione e l'ottenimento di un prodotto strutturato di buona gradazione e con

profumi particolari. I terreni argillo-scistosi, poveri di azoto e potassio, ma ricchi in ferro mettono in valore l’armonicità tipica del pinot nero. Le concimazioni si limitano ad apporti di elementi per la compensazione naturale del dilavamento e dell’asportazione vegetale. La ricchezza di acqua in tutti i periodi dell'anno non crea difficoltà idriche a questo vitigno così sensibile alla siccità. Le caratteristiche del cru di Villa di Bagnolo danno un vino intenso, dal colore violaceo, con aromi di frutta, come more e prugna; anche toni di menta, tè con leggera presenza di vaniglia dovuta all'affinamento in barriques. La morbidezza e la lunghezza in bocca sono le caratteristiche importanti della degustazione. La vendemmia è effettuata manualmente, vigneto per vigneto, secondo la maturazione dei differenti cloni, in cassette forate di 20 Kg, senza nessun tipo di travaso dei grappoli. Le uve raccolte in cassetta sono totalmente diraspate e poste a fermentare in tini di legno. La macerazione si protrae per circa 15 giorni secondo le caratteristiche dell'annata. Il vino nuovo è posto rapidamente in barriques di rovere francese, dove poi svolgerà la fermentazione malolattica e completerà il suo affinamento per un anno. Viene imbottigliato dopo 15-18 mesi dalla data di raccolta senza nessuna filtrazione. Prima di essere commercializzato riposa nelle cantine a temperatura costante ancora per 12 mesi. 13


a n g a t s a C a l l e d e s e M ai il Comune di Da diversi anni orm collaborazione Cantagallo con la ntana della Val Mo à nit della Comu a il Mese della di Bisenzio organizz Castagna. ttivo di quest Naturlamente l’obie ello di proqu è e ion manifestaz la filiera delre muovere e sostene sua duplice lla ne ra, olu la castanic del tessunto natura, come eleme emblema me co e ico to econom

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NOVEMBRE 20

CASTAGNE NE L

10

PIATTO

Tradizionale rassegna di piatti a base di castagna co conosciuti n la libera con una nu adesione di ova luce. ristoranti La sugges e tione sarà strutture agrituristic assicurata he. dal fatto ch e saranno L’elemento organizinnovativo zate delle di questa passeggia edizione so ta a lume no i percors di fiaccola, i delle in luoghi al castagne “L tamente o stupore evocativi pe di una r poi gusta notte” si tr re delizie atta di un’o lo ca li pr esso i vari ccasione d’oro per po ristoratori aderenti. ter visitare luoghi

24> 31 OTTOBRE

Migliana 14.30

SBRUCIATATA

la fiera della castagna Tradizionale sagra delle “bruciate” organizzata dalla Pro Loco di Migliana Con mercato di artigianato, prodotti locali.

21 NOVEMBRE

Luicciana dalle 10.30 Antichi Borghi Antichi Sapori Inaugurazione del Punto Informativo del Sistema Museale del Comune di Cantagallo nell’ambito del Museo Diffuso. All’interno del Museo sarà visitabile l’area di documentazione sul Circuito dell’Arte Contemporanea di Cantagallo e la sezione dedicata alla Rocca di Cerbaia. ore 11.00 apertura degli stand espositivi e gastronomici pranzo a cura delle Associazioni di Luicciana presso lo spazio polivalente Don Balleri ore 15.30 concerto sfilata della Filarmonica G.verdi di Luicciana.


E D r e V L’OrO i c i t T chE ItduiANO InV Ricercato dai gourmet e buongustai di tutto il mondo, l’olio della Toscana rappresenta indubbiamente uno dei prodotti più caratteristici del nostro territorio, al punto da essere definito “oro verde”. E il territorio pratese non fa eccezione. Tra le nostre eccellenze agroalimentari, infatti, spicca la coltivazione dell’olivo che caratterizza, da secoli, gran parte del paesaggio rurale delle tre aree geografiche della provincia: le colline del Montalbano, la piana, la Val di Bisenzio. I numeri parlano di 9 frantoi presenti nella provincia e una produzione annuale di circa 3.000 quintali, comprendendo aziende grandi e piccole. Se consideriamo l’aspetto qualitativo dell’olio prodotto nella provincia di Prato ci troviamo di fronte a un prodotto dalle caratteristiche organolettiche eccezionali, con una elevatissima qualità sostanzialmente omogenea tra le varie produzioni del territorio. Caratteristiche di eccellenza possono essere considerate l’acidità bassissima, il gusto fruttato e intenso e le proprietà organolettiche e salutari inalterate che rispondono pienamente alla millenaria

tradizione olivicola della terra Toscana. La tradizione toscana si riflette anche nelle varietà presenti sul territorio, che danno luogo ad un grande patrimonio genetico sviluppatosi nel corso dei secoli. Abbiamo infatti la varietà Frantoio, di elevata e costante produttività, da cui si ricava un olio fine ed aromatico, la varietà Moraiolo, di larga diffusione, con un’elevata resa in olio grazie alle particolari capacità produttive, la varietà Leccino, anch’essa ampiamente diffusa grazie alla particolare resistenza alle avversità climatiche, con produzione elevata e costante e la varietà Pendolino, originaria del comprensorio fiorentino, diffusa in tutte le zone olivicole della Toscana e largamente usata come impollinatore. Ancora oggi le olive vengono in gran parte raccolte a mano, con l’ausilio di pettini, scale e reti, o in taluni casi di attrezzature che attraverso una vibrazione meccanica non dannosa della pianta compiono questa operazione più rapidamente. Per una migliore qualità del prodotto le olive raccolte vengono portate in tempi

molto brevi direttamente al frantoio. Prima della fase di frangitura vengono lavate con acqua, in modo da eliminare le impurità e poi macinate allo scopo di ridurle ad una pasta omogenea. La frangitura può avvenire con il metodo tradizionale con molazze di granito e presse idrauliche attraverso le quali si estrae poi l’olio, oppure attraverso il sistema continuo che utilizza frangitori a dischi dentati, a martelli o a coni e un successivo passaggio di centrifugazione.

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La struttura di Sofignano impegnata a valorizzare tutte le produzioni del territorio

i d O i o T N a R iL f tA imPResa VEn Dal 2001 esiste nell’antico borgo di Sofignano, nel territorio comunale di Vaiano, il Frantoio consortile Valle del Bisenzio. Questo è gestito dal Consorzio dei produttori, un’organizzazione costituitasi nel 1998 grazie alla collaborazione della Comunità Montana Val di Bisenzio, della Camera di Commercio di Prato, della Provincia e delle amministrazioni di Vaiano, Cantagallo e Vernio, e che raccoglie oggi circa 150 aziende agricole valbisentine e pratesi. Scopo principale del Frantoio è quello di essere il luogo deputato per la trasformazione delle olive locali in olio extravergine di oliva e per la distribuzione e la promozione di questo prodotto. In realtà, la

struttura lavora per la conoscenza e la valorizzazione di molte altre produzioni tipiche della zona, come possono essere la farina di castagne, il miele, le confetture, i tartufi della Calvana, nonché quelli del territorio pratese con quel suo ricco ventaglio di eccellenze enogastronomiche. Dal 2006 ha qui sede anche la stanza della smielatura realizzata dalla Comunità Montana per permettere agli apicoltori della zona di confezionare le proprie produzioni. Questa è attrezzata infatti con i macchinari necessari per le varie operazioni legate alla commercializzazione del miele Più di recente ha poi aperto in alcuni locali annessi al Frantoio lo spaccio agricolo della Valle del Bisenzio

denominato “Bottega dei tipici”. Si tratta di uno spazio in cui i produttori della zona possono vendere le proprie tipicità direttamente sposando il principio, oggi molto apprezzato, della filiera corta ovvero, prodotti agricoli di alta qualità a costi contenuti rispetto a quelli di mercato. In vendita si possono quindi trovare oltre all’olio, prodotti dolciari da forno, formaggi e salumi ottenuti da animali allevati in Val di Bisenzio, marmellate e confetture confezionate con frutta di bosco o coltivata nelle aziende agricole valbisentine.

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E h c A z Z o B La EvA impAZFaCE i MediCI ziR La fama del pane pratese è ancora così alta che ogni anno, durante i giorni di Pitti a Firenze, stilisti e compratori da tutto il mondo fanno incetta delle “bozze” preparate dai nostri fornai. Una curiosità, ma che dà idea di una fama che affonda le sue radici nel passato. Il pane pratese, infatti, fin dall’antichità era apprezzato e richiesto in tutta la Toscana. Si racconta che fosse un fornaio di Porta Santa Trinità, sulle mura più esterne della città, il fornitore della villa medicea di Poggio a Caiano quando vi dimoravano i Medici. Forma rettangolare, colore bruno scuro, toppatura bianca di farina e sapore leggermente acido: sono queste le caratteristiche della bozza pratese, il pane della tradizione contadina che anche oggi viene quotidianamente consumato nel territorio. Si tratta di un prodotto tipico che è inserito nell’elenco dei prodotti agroalimentari tra-

dizionali redatto dall’Arsia, l’Agenzia regionale per lo sviluppo e l’Innovazione nel settore agro-forestale della Toscana. La bozza si ottiene impastando la farina di grano tenero con acqua e lievito naturale. L’impasto, dopo essere stato a riposo, viene lavorato nuovamente e poi tagliato a mano, prima di passare nel forno a legna per la cottura. Un’altra caratteristica del pane di Prato è quello di essere senza sale, per accompagnarsi meglio a cibi saporiti come quelli della tradizione toscana. Tra le molte varietà che oggi sono preparate dai fornai pratesi, le più diffuse sono le semelle adatte per la colazione e per spuntini leggeri, il cazzottino e il filoncino, la ciabatta, la ciambella con la crosta screpolata, la schiacciata all’olio e quella con i ciccioli. Adatto ai crostini con i fegatini, ottimo raffermo riutilizzato nelle zuppe o in un dolce, bagnato con il Vin

Santo e ricoperto di crema, zucchero e uvetta, il pane diventa anche saporita schiacciata con i ciccioli o pan di ramerino, una semplice pagnottella dolce con la quale facevano merenda i ragazzi. Il pane si fa anche santo, con i Panini di Sant’Antonio Abate, che venivano fatti benedire alla messa mattutina a picce, cioè a coppie. Infatti fino a qualche anno fa il 17 gennaio, giorno di Sant’Antonio le prime voci che echeggiavano nelle strade cittadine erano quelle dei fornai che vendevano i panini gridando “bell’e benedetti”. La cucina pratese onora il pane in ogni momento della giornata: dalle bruschette e i crostini per stuzzicare l’appetito, alla zuppa lombarda, e alla Minestra di pane. Ma si mimetizza anche nei ripieni, tra le verdure, si colora nella panzanella e nella pappa al pomodoro e per finire diventa dolce utilizzato nel Dolce di pane.

Fin dall’antichità il pane pratese è stato apprezzato e richiesto in tutta la Toscana. E’ alla base di tante ricette della nostra tradizione

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r e p a T i V a V NUouliNO deLla il MiA Bad Uno dei fiori all’occhiello della Comunità Montana della Val di Bisenzio è il Mulino della Badia di Montepiano. L’ente lo ha acquistato nel 2006 da un privato e lo ha restaurato impegnandosi con circa 150mila euro per farne uno dei perni del “Progetto castagna” dal punto di vista produttivo, ma anche didattico e promozionale, insieme ai Comuni della vallata. L’opificio ha origini medievali ma fu modificato nel Settecento, come dimostra una lapide muraria sulla porta d’ingresso. La sistemazione ha permesso di recuperare il ritrecine originario, il meccanismo con le pale di legno che, mosse dall’acqua del vicino torrente Chiaramonte, sfruttano il movimento delle macine di pietra. Nella parte esterna è stata poi sistemata e ripulita la gora che porta l’acqua al mulino e il cosiddetto “bottaccio”. Nel mulino sono tornate a funzionare le due macine. Esse si occupano principalmente della molitura delle castagne, uno dei prodotti principe del bosco, e ne ottengono la deliziosa e pregiata farina con cui 20

vengono confezionati tanti dolci e biscotti della tradizione. La seconda macina è entrata in funzione da poco e questa è stata destinata alla molitura del grano saraceno prodotto per la prima volta nel 2010 da un’azienda vaianese. Il Mulino ha quindi assunto una sua particolare e definita specificità, può essere destinato alla macinazione di farina per celiaci che necessitano l’esclusione dal contatto con altre farine ottenute da cereali. Oltre ad essere un luogo fondamentale per la lavorazione della farina di castagne e di grano saraceno, è anche un importante luogo didattico in cui i ragazzi delle scuole possono andare in visita per capire e vedere da vicino il funzionamento del complesso macchinario meccanico e idraulico. In esso è stato realizzato un sistema video integrato con una telecamera fissata all’interno del meccanismo che fa muovere le pale. In questo modo, grazie ad un monitor piazzato nella sala delle macine, è possibile vedere il movimento del ritrecine e degli altri sistemi idraulici.


MirACoLo a VaiANo: ColTivATo il GrANo SarACeNO L’amore e la passione per la terra e l’agricoltura hanno compiuto un piccolo miracolo, riuscendo in un’impresa che a molti appariva follia, vale a dire far nascere e crescere il grano saraceno anche in Val di Bisenzio. E invece lo scorso luglio, per la prima volta a memoria d’uomo, è stata effettuata la battitura di grano saraceno interamente prodotto nel territorio di Vaiano. L’evento è avvenuto all’interno dell’azienda agricola Il Mulinaccio, che è riuscita a far germogliare e poi crescere una piccola quantità di questo particolare grano che ha la caratteristica di essere privo di glutine. I prodotti realizzati con la farina di grano saraceno, così, possono essere consumati senza conseguenze anche da chi soffre di celiachia, un problema che purtroppo colpisce sempre più persone, compresi tanti bambini. Proprio per ovviare a questo, la Comunità montana, in collaborazione con l’azienda agricola

Del Bello, dalla scorsa primavera porta avanti il Progetto “Naturalmente insieme”, una serie di incontri di approfondimento sulla celiachia e sulle opportunità di vivere serenamente e in condivisione questo disturbo alimentare. Tornando alla coltivazione del grano saraceno, i fratelli Franco ed Enrico Tatti, titolari dell’azienda Il Mulinaccio, non nascondono la soddisfazione per quanto fatto. “Il grano saraceno – dicono – di solito cresce a 800-1000 metri di altitudine. Noi siamo riusciti a coltivarlo ad altezze molto più basse. Quest’anno abbiamo fatto un esperimento seminando circa 50 kg di seme in un terreno che per microclima ci sembrava adatto. E i fatti ci hanno dato ragione, visto che il grano saraceno è cresciuto ad un’altitudine di 4-500 metri”. Visto il successo dell’esperimento, il prossimo anno la quantità di grano saraceno seminato sarà notevolmente più alta. “La nostra

intenzione – afferma Franco Tatti – è di produrre una linea di pasta senza glutine, studiata apposta per i celiaci, da commercializzare nel nostro punto vendita, dove già è disponibile il nostro olio, il miele, il farro e anche la birra artigianale che un’azienda produce a Vernio utilizzando i nostri cereali. Un vero e proprio esempio di filiera a chilometri zero”. Quello raccolto quest’anno, invece, sarà “decorticato” e poi venduto in sacchetti per fare zuppe, minestre e altri preparati. L’azienda agricola Il Mulinaccio si conferma così come una delle eccellenze

agricole del territorio. Basti pensare che da qualche anno, in collaborazione con Cnr e Università di Firenze, viene portato avanti un progetto per recuperare due particolari varietà di olivo - il Frullino di Vaiano e l’Olivone - che erano tipici proprio della zona e che erano praticamente estinti. Invece, adesso circa 200 piantine di queste varietà autoctone sono state impiantate grazie alla clonazione del seme e tra qualche anno arriveremo ad avere un olio monovarietà realizzato proprio con questi olivi.

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e L i D N a il “oP” ha FAtTo Gn RierA Car ‘Pan di legno e vin di nuvoli’, vale a dire polenta di farina di castagne e acqua, è la poetica forma popolare che descrive la povertà di tanta popolazione nei tempi antichi quando le castagne erano una delle principali risorse nutritive a disposizione di chi abitava nelle zone montane del nostro territorio. E proprio il ciclo di produzione e consumo della castagna ha messo per centinaia di anni in relazione armoniosa l’uomo con l’ambiente naturale. Parte di questo ciclo era rappresentato dalla seccatura delle castagne, operata mediante l’utilizzo delle canicciaie dove per trenta giorni venivano posti i frutti a seccare, grazie al fuoco acceso sotto i canicci. Le castagne venivano poi molite per ottenere la farina dolce nei mulini idraulici in vallata, ed erano alla base dell’alimentazione durante i lunghi inverni appenninici. Queste antiche lavorazioni sono vive ancora oggi. Nei pressi di Schignano sono rimasti imponenti castagni nella zona di Vallupaia, alle falde del monte Javello, oggi area attrezzata per visite e

scampagnate dove è presente anche una sorgente perenne. Ricordiamo poi l’antica strada che univa Schignano a Migliana, collegati dal Passo del Vado ancora oggi segnato dall’enorme Sughera (di circa 200 anni, venti metri di altezza e oltre un metro di diametro) per arrivare poi tra le case di Ghiffia, poco prima del borgo principale di Migliana. Qui la castagna viene oggi coltivata nelle aree di Pian della FossaFontanelle, Masseto-Pian di Valicaia, valle del Canvella e val di Trogola, con la presenza di diverse varietà. Alla fine di ottobre la castagna è celebrata in varie sagre come quella della Sbruciatata, organizzata dalla Pro Loco di Migliana. In queste feste si possono gustare le ricette migliori, dalle frittelle al castagnaccio, dalla polenta dolce alle castagne secche cotte. Anche nella Riserva naturale di Acquerino-Cantagallo sono presenti magnifici castagneti secolari, veri e propri monumenti arborei salvaguardati e protetti. La Comunità montana della Val di Bisenzio e i Comuni di Cantagallo, Vernio e Vaiano hanno lavorato in-

tensamente per realizzare il disciplinare di produzione dei prodotti della castagna e l’associazione dei castanicoltori della Val di Bisenzio. Nella primavera del 2008 il disciplinare è diventato una realtà e una garanzia per la tipicità della castana e dei suoi derivati come la farina dolce. Già costituita anche l’associazione. C’è poi anche un marchio, che identifica la produzione della valle attraverso il logo ‘castagne della Val di Bisenzio’, che costituisce il primo passo verso altre iniziative come la certificazione d’origine, in particolare per la farina. La farina di castagne di Prato è stata inserita nella lista dei 365 prodotti tradizionali della Toscana, la mappatura realizzata dall’Agenzia regionale per lo sviluppo e l’innovazione nel settore agricolo-forestale. Oggi sono attivi 4 molitori nei comuni di Vernio e Cantagallo che arrivano a produrre 200-300 quintali di farina, caratterizzata dal colore marrone chiaro e dal sapore dolce. La canicciaia è l’antica struttura mediante la quale le castagne raccolte in autunno venivano essicate.

Ancora oggi alcune rare canicciaie sono in attività, altre si sono conservate cambiando la funzione come la canicciaia dei Poggi a Gricigliana, divenuta rifugio per escursionisti. Attualmente sono in funzione durante la stagione una ventina di strutture di cui 17 nel comune di Cantagallo. Sul fondo della canicciaia veniva acceso un fuoco lento che per circa trenta giorni ardeva sul pavimento, ovviamente con legna di castagno, essiccando gradualmente le castagne soprastanti. I canicci sono sempre realizzati vicini o in mezzo ai boschi di castagno e sono dei veri e propri monumenti di architettura spontanea, fortemente legata al proprio ambiente naturale attraverso un bio-equilibrio straordinario.

Le castagne per secoli hanno sfamato la gente delle nostre montagne 23


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a Z n e l L e c C E SuaCALvaNiNa La La razza bovina autoctona è diventata presidio slowfood Un tempo molto diffusa nell’Appennino toscano, oggi rappresentata da piccoli allevamenti localizzati fra i monti della Calvana e del Mugello ad est di Prato, la razza bovina Calvana è una delle eccellenze del territorio provinciale. Attualmente sono circa 470 i capi distribuiti in 20 allevamenti, di cui 150 nella sola Val di Bisenzio, protagonisti di un programma di rilancio e valorizzazione fortemente promosso dalla Provincia di Prato, dalla Comunità montana e dall’Associazione allevatori bovini Calvana con la collaborazione della Regione attraverso l’Arsia, l’Agenzia per lo sviluppo e l’innovazione nel settore agricolo-forestale toscano. ll progetto di recupero sta già dando risultati interessanti e il numero delle aziende e dei capi è in crescita, mentre contemporaneamente si stanno avviando interventi per la

commercializzazione della pregiata carne di questi animali, straordinariamente ben ambientati in un territorio ‘difficile’ come quello della Calvana.Taglia e piede piccolo, adatto a terreni scoscesi, mantello di colore bianco porcellana, mucose pigmentate nere, unghioni ed estremità della corna nere, oltre alla grande resistenza alle escursioni termiche. Ecco le caratteristiche della razza Calvana. Le sue carni sono state riconosciute di grande qualità grazie al fatto che sono più muscolose e meno grasse rispetto anche a quella della Chinina. Nel 1930 nell’area allargata attorno a Prato si allevavano almeno 10 mila capi (era famosa, oltre che per la carne, per la grande capacità di lavoro). La Calvana è stata considerata per molto tempo un ecotipo della Chianina, con una mole più ridotta a causa dell’ambiente di allevamento più difficile, ma recenti indagini genetiche hanno dimostrato che non è proprio così. Dal punto di vista della commercializzazione al momento la carne Calvana ha la stessa scheda tecnica della Chianina e alla macellazione riesce a

spuntare lo stesso prezzo, ma ha caratteristiche diverse. Morfologicamente ha una struttura ossea più leggera e una resa al macello più alta a parità di peso (lo spolpo infatti è migliore, data la ridotta presenza di osso e di pelle). Inoltre le carni possono essere macellate in tempi più brevi, già dai 16-18 mesi contro i 18–20 dei vitelloni di razza Chianina. Un obiettivo importante è dunque una scheda specifica che identifichi e codifichi la razza. La Calvana è inoltre dotata di caratteristiche di resistenza alle malattie e di adattamento all’ambiente che la rendono ottimale per la realizzazione

di produzioni biologiche di alta qualità ed è inserita nel Registro anagrafico delle popolazioni bovine autoctone e gruppi etnici a limitata diffusione, istituito nel 1985 per salvaguardare le razze bovine minacciate di estinzione. Quello della razza Calvana è il terzo Presidio Slow Food della Provincia di Prato, con l’approvazione del disciplinare gli allevatori s’impegnano a rispettare regole che permettono di migliorare la carne della Bovina Calvana sia da un punto di vista organolettico che culturale soprattutto puntando sul benessere dell’animale.

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e i h c C e S i H C Fi migNAno CaROre AnTiCO Am La lavorazione dei fichi è rimasta inalterata nel corso dei secoli

Dici fico secco e subito scatta l’associazione immediata con Carmignano che vanta una tradizione i cui albori si perdono nell’antichità. La produzione di fichi secchi a Carmignano ha infatti origini antichissime. La lavorazione del prodotto è rimasta a livello quasi familiare e in larga parte simile all’antica procedura descritta dal latino Columella nel “De rustica”. Dei fichi di Carmignano parla il noto mercante medievale Francesco di Marco Datini e lo stesso territorio veniva chiamato ‘Carmignan da fichi’, identificandone così la peculiarità. Il prodotto viene solitamente messo in commercio nell’Antica Fiera di Carmignano, il primo martedì di dicembre, quando ormai sulla superficie delle ‘picce’ si è formata la tipica efflorescenza zuccherina (bruma). Attualmente vengono realizzati circa 10 quintali di prodotto all’anno, una quantità nettamente inferiore alla domanda e che ha fatto diventare il fico secco di Carmignano una vera prelibatezza

e prodotto ricercato in tutto il mondo. Nonostante il successo, infatti, la pianta del fico non è mai stata oggetto di specifica coltivazione ed ha sempre occupato le zone marginali del podere: i capofilare dei ‘doppioni’ delle viti, i margini dei ciglioni e dei muri a secco e le parti più aride e sassose del campo. L’amministrazione provinciale si sta impegnando per la salvaguardia del prodotto. L’inserimento dei fichi nell’elenco regionale dei prodotti da tutelare è stato il primo intervento. L’obiettivo è garantire il futuro di una produzione così antica attraverso azioni di salvaguardia, l’apporto di nuovi produttori e di una rete di commercializzazione moderna. A Carmignano si destinano all’essiccazione esclusivamente i fichi della varietà dottato, raccolti tra la fine di agosto e la metà di settembre. I frutti, naturalmente i migliori, vengono spaccati longitudinalmente - partendo dal picciolo - con un taglio non superiore ai due terzi. I siconi, par-

zialmente aperti, vengono collocati in piedi su stuoie di cannucci (canniccioni), messi in ambiente confinato e sottoposti all’azione dei vapori di zolfo (si accende lo zolfo in una ciotola di coccio e si fa sviluppare anidride solforosa). Questo procedimento serve a ottenere fichi secchi con la buccia bianca. Successivamente i frutti si collocano in pieno sole, avendo cura di riporli al chiuso la sera. I frutti essiccati, dopo un periodo di stoccaggio in luogo fresco e asciutto, vengono accoppiati (appicciati) longitudinalmente con l’interposizione di semi di anice che conferiscono il caratteristico aroma. Si ottengono così le picce di fico secco. I fichi secchi vengono proposti nei tradizionali abbinamenti con vin santo e con noci. Recenti degustazioni locali li hanno visti associati al lardo di Colonnata, alla mortadella di Prato e alla ricottina di latte crudo della montagna pistoiese.

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Di Acacia o di Castagno il miele prodotto a Prato è ai vertici nelle preferenze dei consumatori

l o D e N O i s PaSche Non TrACE Ta Mai moN Di acacia o di castagno, il miele pratese si è ritagliato negli ultimi anni un ruolo di primo piano nella produzione di eccellenza di un prodotto sempre più amato dai consumatori e che si presta a più utilizzazioni. Nel territorio provinciale il miele viene prodotto da oltre 150 apicoltori suddivisi fra Val di Bisenzio, piana pratese e Montalbano. La produzione si aggira sui trentamila Kg all’anno. Riguardo alla tipologia i più frequenti sono di acacia, di castagno, la melata e i diversi tipi di millefiori. Ci sono poi anche piccole produzioni di nicchia come il miele di girasole, dalle caratteristiche davvero particolari. In Val di Bisenzio c’è grande attenzione per l’apicoltura, recentemente è stata

inaugurata una stanza della smielatura all’interno del Frantoio consortile di Sofignano, realizzata dalla Comunità Montana. Una struttura importante per sostenere gli apicoltori, soprattutto quelli di piccole dimensioni. Il miele di castagno è molto diffuso, grazie alla presenza di estesi castagneti nella Val di Bisenzio e nel Montalbano. Di consistenza liquida, ha gusto tipicamente forte con punte di amaro, odore persistente e profumo di bosco. Il miele di acacia è forse quello più tradizionale, in provincia di Prato si presenta con un colore chiaro, di consistenza liquida, dal sapore delicato e il profumo fine e persistente. Il millefiori, diffuso in quasi tutto il territorio, ha una consistenza più fluida,

col tempo granulosa, con colori che variano sensibilmente in base alle diverse tipologie di flora spontanea dell’areale di pertinenza. Il miele di girasole lo ritroviamo nella piana pratese, in base alla consistenza annuale delle coltivazioni di girasole. Ha la particolarità di cristallizzare piuttosto rapidamente, e il gusto è molto gradevole. Tra la produzione dolciaria pratese come non ricordare i biscotti di Prato, a base di mandorle e pinoli, tuttora prodotti in laboratori di antichissima tradizione sparsi un po’ ovunque sul territorio. I biscotti di Prato si ottengono tagliando trasversalmente dei filoncini di pasta farcita di mandorle intere e pinoli. Sono croccanti e dorati nella parte esterna, in corrisponden-

za del taglio, si nota la caratteristica sezione delle mandorle. I Brutti Boni, invece, hanno forma rotondeggiante e vengono immancabilmente associati ai Biscotti di Prato.

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A r P “ è è f F a iL c e” da QuaSi tES aNni 100 Dici Padovani e subito pensi al caffè. Che non è sicuramente un prodotto tipico pratese, ma che proprio grazie alla famiglia che ormai da tre generazioni gestisce lo storico negozio di piazza del Comune e quello più recente di via Paolo dell’Abbaco, può considerarsi a ragione come qualcosa di profondamente legato alla tradizione enogastronomica della nostra città. Perché dal 1924 i Padovani il caffè lo preparano in maniera artigianale interamente all’interno dei loro negozi: miscelando le migliori qualità di “arabica” e tostandole con una passione tramandata di padre in figlio. Ma insieme alla tradizione, che non è mai venuta meno, il Padovani ha saputo nel tempo restare al passo con le innovazioni, sia a livello di macchinari sia livello di marketing e commercio. Così ecco con il tempo associarsi al caffè e ai generi coloniali, che già dal nome testimoniano la storicità dell’esercizio, la vendita del vino, con una

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enoteca che è diventata tra le meglio fornite di Prato. E poi, cosa recentissima, la decisione di fare l’apertura continuata nel negozio di via dell’Abbaco, dove all’ora di pranzo è possibile mangiare i migliori affettati, salumi e formaggi accompagnati da un bicchiere di vino proposto da un sommelier. C’è poi il negozio online sul sito www.caffepadovani.it, che ha permesso di allargare i confini del mercato a tutta Italia. La storia del negozio Padovani ci fa tornare all’inizio del ‘900 quando Ubaldo Padovani all’età di sei anni divenne ragazzo di bottega nella drogheria che aveva sede sotto il primo loggiato in piazza del Comune a Prato. Nei primi anni ’20 ormai venticinquenne, rilevò insieme a suo fratello minore Pietro l’attività e continuò nel commercio dei coloniali e generi alimentari, che in seguito fu completato dalla torrefazione del caffè. I due fratelli cominciarono a tostare il caffè con una torrefattrice artigianale che

poteva cuocere poco più di 10 kg per volta. Il tamburo o contenitore, dove all’interno cuoceva il caffè, veniva fatto girare a mano per mezzo di una manovella su una specie di fornello alimentato a legna. Da subito il sistema di lavoro dei fratelli Padovani fu indirizzato alla ricerca delle migliori provenienze di caffè da tutto il mondo, prediligendo la qualità arabica. Fu così che il “caffè dei Padovani” cominciò ad entrare nelle case dei pratesi, i quali iniziarono a distinguerlo per la sua qualità. Proprio così, la scelta dei migliori tipi di caffè arabica provenienti da tutto il mondo, l’accurata miscelatura unita ad un’attenta cottura eseguita settimanalmente, sono stati i punti di forza

della Torrefazione Padovani dall’inizio della sua attività fino ai giorni nostri. Ancora oggi dopo tre generazioni, il caffè Padovani viene prodotto esclusivamente a Prato, venduto ancora nell’antico negozio in piazza del Comune nel centro storico e dal 1987 anche nell’altro punto vendita in via Paolo dell’Abbaco, dove ha sede la nuova macchina torrefattrice. E come la gestione del negozio si è tramandata di padre in figlio, la stessa cosa si è verificata anche per la clientela: “Capita - dicono i cugini Franco Azzini e Luca Padovani - di servire clienti i cui padri erano stati serviti dai nostri genitori e i cui nonni venivano dai nostri. Un legame forte che si è consolidato nel tempo”.




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