SalutePiù - Maggio 2010

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SALUTE

benessere cultura costume

IN SABINA

Montopoli

Intervista al Sindaco

ANTIMO GRILLI

le o n o r ir ap TONE io CRE g g M DI 2 2 E M R TE

FONDI SANITARI INTEGRATIVI Intervista a SIMONPAOLO BUONGIARDINO L’ORTOPEDICO: Il legamento crociato

IL GINECOLOGO: L’Endometriosi

IL CARDIOLOGO - IL LIFE COACH - LO PSICOLOGO - IL RADIOLOGO - IL TECNICO ORTOPEDICO



5 Hanno collaborato con noi il life coach

6 Francesco Licata - Un numero o un numero uno? medicina

7 Lo Psicologo - Hypnose et Thérapie 8 L’Ortopedico - Il crociato recuperato 10 Il Radiologo - Vedere il legamento 11 Il Tecnico Ortopedico - Ma cosa sono questi tutori?

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L’Ortopedico

12 Il Cardiologo - Bacco, tabacco e Venere 20 Il Ginecologo - Endometriosi i fondi sanitari integrativi

14 Cura certa, portafoglio salvo! 15 Intervista con Simonpaolo Buongiardino in sabina

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numero maggio 2010 Direttore Responsabile Fabrizio Sciarretta

Segreteria di Redazione

18 Montopoli 19 Antimo Grilli - Intervista al Sindaco di Montopoli

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fondi sanitari integrativi

Filippa Valenti valenti@laboratorionomentano.it T 06 90625576

Art director e impaginazione: Alessia Gerli Editore

Laboratorio Clinico Nomentano Srl Via dello Stadio 1 00015 Monterotondo (RM) Iscritto al registro della stampa e dei periodici del Tribunale di Tivoli n. 97/2009

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C Fabrizio Sciarretta Direttore Responsabile

redo sia chiaro a tutti che non è possibile continuare così: nel solo 2009 la spesa sanitaria della Regione Lazio ha generato un disavanzo di 1.6 miliardi di euro, cioè 3.000 miliardi del vecchio conio. Ma non sono poche le risorse destinate dalla Regione alla sanità, infatti superano gli 11 miliardi di euro all’anno: sono i costi ad essere fuori controllo. Vi è però una speranza “bipartisan”: se guardiamo a Lombardia ed Emilia Romagna – due regioni di segno politico opposto - scopriamo che il Servizio Sanitario Regionale può funzionare bene senza generare perdite che, alla fine, vengono ripianate mettendo le mani nelle nostre tasche ! Non è pensabile che la spesa sanitaria pubblica possa ancora crescere di molto: in totale, nel 2009, il Servizio Sanitario Nazionale è costato oltre 103 miliardi di euro, cioè 200.000 miliardi di lire. Però, mentre la spesa non può crescere all’infinito, crescono invece i bisogni dei cittadini: infatti grazie a capacità diagnostiche e terapeutiche sempre migliori ma anche sempre più costose, è cresciuta l’aspettativa di vita e quindi anche l’età media degli italiani. Questo significa anche dover assistere un crescente numero di anziani più a lungo. Dunque, la domanda di sanità è in crescita e lo sarà sempre di più, ma come finanziarla? Evidentemente, è necessario cambiare direzione, innanzitutto nel Lazio, una delle “pecore nere” tra le nostre regioni. Occorre subito rivedere i meccanismi attraverso cui le ASL acquistano beni e servizi, ridisegnare le reti di assistenza ospedaliera e territoriale (ambulatori) accrescendone l’efficienza, sviluppare l’assistenza domiciliare, integrare le risorse della sanità pubblica con quelle della sanità privata. Questi ultimi sono due mondi che, fino ad oggi, sono stati tenuti separati senza prendere in considerazione né il diritto del cittadino di scegliere da chi e dove farsi curare, né il principio di buon senso per il quale un servizio pubblico va reso da chi garantisce la qualità migliore al costo più competitivo. Infine, è necessario integrare le risorse finanziarie dello Stato con quelle dei privati, ovvero delle aziende: per questo sono nati i fondi integrativi sanitari, sicuramente una delle risorse determinanti per risolvere una situazione ormai al limite del sostenibile come l’articolo che pubblichiamo in questo numero racconta.


HANNO COLLABORATO Francesco Licata


Sei un numero o...

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IL LIFE COACH

UN NUMERO

Se hai dieci…dodici…sedici anni. . . o giù di lì, queste righe sono per te.

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ontento di essere uno dei tanti ? Allora continua a rotolare: barattolo vuoto in caduta libera senza fine. Primo (unico) comandamento: stor-dimen-to-per-ma-nen-te ! E nessun senso di colpa: lo fanno tutti ! Facebook, Twitter, You tube notte e giorno, (s)ballo in discoteca, brillo sulle strade, bullo a scuola. Scuola ? Messaggiarsi, ammazzare il tempo, fare casino, timpani incollati su Ipod e cellulari. Parla ! Parla ! Più parli, più ti ricarichi ! Confuso ? E chi non lo è ? Insicuro ? Ma dai, passerà ! E poi, puoi sempre esibire la forza che non hai, gonfiare di botte i più deboli e tagliarti di risate all’ombra del branco. E se proprio vuoi fare colpo, bestemmia: ne basta una ogni tre parole. e, invece, non vuoi essere uno qualunque, impara a distinguere la vita dalla fiction. L’insicurezza è normale alla tua età, non lo è allenarsi a diventare cialtroni, barbari e vigliacchi. Hai paura ? Ammettilo tranquillamente. Sarai già più forte, avrai già meno paura. Tu ora sei in un vortice di emozioni: venti squassanti e mutevoli ti proiettano in un lampo ai confini di orizzonti mai immaginati. Mordi con gusto i frutti dell’età: quelli polposi e dolcissimi e quelli più agri, ti faranno crescere. Senti spuntare le ali, ma chiediti: “è già tempo di volare ?”. Ecco, il tempo. Quando si hanno i tuoi anni, il tempo, come l’amore, sembra non dover mai finire. E’ talmente tanto che puoi lasciarlo scorrere senza farci caso o, più saggiamente, dividerlo fra allegria e impegno. Spendilo con intelligenza e avrai un fisico forte, una mente aperta, un cuo-

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Francesco Licata

Autore televisivo e Life Coach

re acceso. Il tempo, se lo riempi di sogni, fa miracoli. Lo sai ? Le imprese che hanno cambiato il mondo prima di essere realizzate sono sempre state sognate ad occhi aperti. Kipling diceva che ogni giorno offre dodici ore per sognare e dodici per realizzarli i sogni. Ma tu, sei capace di sognare ? Per i sogni ci vuole silenzio. Saprai trovarlo ? Nella nostra società non c’è più, applaudono perfino ai funerali ! edi, oggi la vita è per te un film girato a livello della strada: frenesia di uomini e cose, rombo di motori, clacson, sirene, stridio di freni, aria pesante. Ma sali di un piano e già cambia. Più sali, più il clamore si attenua, l’orizzonte si dilata, l’aria migliora. Se riesci ad arrivare all’attico, poi, le persone che si agitano laggiù ti sembrano formiche e la visuale, che prima non oltrepassava i negozi di fronte, ora è grande quanto il cielo. Lo sguardo spazia fino all’orizzonte e l’aria è talmente leggera che puoi sentirci il mare. Lassù, pensieri, sensazioni, immagini prendono forma d’infinito. Allora ? Rimani a terra o ti prepari al decollo? Sei per una vita usa e getta, intruppato nel gregge o per il volo avventuroso che può fare di te un essere speciale? A te la scelta. Io posso solo augurarti buon viaggio !

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La Tua Vita nelle Tue Mani

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enoso, doloroso e amaro il disagio della mente attanaglia l’uomo che ne patisce i sintomi. Attacchi di panico, ossessioni, fobie di ogni tipo, insonnie, disturbi d’ansia, disturbi di personalità, disturbi sessuali, disturbi post-traumatici da stress, manie, paranoie solo per citarne alcuni sono i nemici della serenità umana. In cosa si differenziano dagli altri mali bio/medici? Perché è così difficile trovare la cura definitiva? Il malessere psichico è una costruzione architettonica complessa, stabile e, cosa bizzarra, funzionale all’esistenza dell’individuo che lo patisce. Il sintomo è la soluzione più adattiva che la mente ha rintracciato per gestire i tumulti emozionali ed ambientali, il sintomo è un’amara forma di equilibrio mentale, ed è comunque una difesa dalla disintegrazione psichica. La mente che non trova soluzioni “intelligenti” per gestire la sua vita sviluppa il sintomo, ma una mente che non è in grado di sviluppare il sintomo si disgrega e cade in follia, si generano così le vere e proprie psicosi. Le persone sofferenti dei disturbi psicologici conducono un’esistenza totalmente legata al sintomo, sono incatenate ad esso, pianificano e progettano tenendo la loro ombra in obbligatoria considerazione, sono condi-

LO PSICOLOGO

HYPNOSE ET THÉRAPIE Dott. Stefano Trasei

specializzato in Ipnosi e Psicoterapia Ercksoniana

zionate dal loro fardello, lo favoriscono perché non possono fare altrimenti, si sentono soffocare perché non hanno scelta. Il sintomo asfissia, spegne, abbatte, distrugge, recinta, limita e divora la sua vittima. Se soffri di un disturbo di questo tipo sai bene che la tua vita non è nelle tue mani, è nelle sue. Perché lasciar trascorrere in balia di un disturbo la tua esistenza? Perché non riprendersi la capacità di gestire felicemente gli atti quotidiani? Perché rimanere nel cupo e tenebroso freddo del malessere? Esiste una psicoterapia ad alta efficacia, una terapia d’impatto, breve, strategica, una terapia che utilizza le straordinarie capacità dell’Ipnosi Clinica. In una nota struttura medica della Bassa Sabina, il Dr. Trasei, specializzato in Ipnosi e Psicoterapia Ercksoniana, sarà lieto di aiutarvi in poche sedute a riporre la “Vostra Vita nelle Vostre Mani” facendovi scoprire quanto sia straordinario e piacevole stare bene. Riceve per appuntamento al 334.6107843


Il crociato recuperato Dott. Fabio Sciarretta Chirurgo Ortopedico

Al centro dell’articolazione del ginocchio vi sono due legamenti, i legamenti crociati, rispettivamente anteriore e posteriore, che hanno la funzione di impedire lo spostamento anteriore e posteriore della tibia rispetto al femore. Essi sono, quindi, responsabili del mantenere la stabilità del ginocchio. La notorietà del legamento crociato anteriore deriva dal fatto che esso viene maggiormente sollecitato durante le attività sportive e proprio durante gli sport si verificano la maggior parte delle sue rotture. La rottura del legamento crociato anteriore, nella gran parte dei casi, porta con sé altre lesioni a carico dei menischi o della cartilagine che riveste le superfici articolari del ginocchio e di tutte le articolazioni. Si tratta, quindi, di una lesione importante in grado di compromettere la stabilità del ginocchio e che necessita di un attento piano di trattamento. Quando tale rottura e’ totale, o comunque causa di frequenti cedimenti del ginocchio, la cura richiede un intervento chirurgico di ricostruzione. Nel caso in cui si decida di non sottoporre il ginocchio alla ricostruzione, si consiglia l’abbandono delle maggiori attività sportive. Il rischio nel praticare sport con una rottura del legamento crociato anteriore è quello di continuare ad avere distorsioni che possono portare, in alcuni casi e dopo diversi molti anni, ad una precoce artrosi dell’articolazione. Ma torniamo al momento del trauma: il ginocchio compie una torsione innaturale, viene superata la

resistenza meccanica del legamento, esso cede e si rompe. In quel momento il paziente avverte, in genere, un “crack” ed assiste al cedimento del proprio ginocchio avvertendo un dolore immediato ed un possibile successivo gonfiore, che, nella realtà, è il responsabile del minor o maggiore dolore. La diagnosi di lesione totale del legamento crociato anteriore si basa sull’esame obiettivo clinico eseguito dallo specialista: dopo un’accurata anamnesi, lo specialista può ricercare - nelle prime ore -l’emartro (presenza di sangue all’interno dell’articolazione) ed eseguire diverse manovre cliniche che permettono di porre la diagnosi di rottura del legamento crociato anteriore: il test di Lachman, il test del cassetto anteriore, il jerk test o pivot shift. Con queste poche manovre, un chirurgo del ginocchio esperto, e’ in grado con certezza di porre diagnosi di rottura del legamento crociato anteriore o lassità anteriore del ginocchio. A questo punto il chirurgo ortopedico spesso richiede la collaborazione di un medico radiologo esperto nello studio dell’apparato muscolo-scheletrico. Perché, come detto prima, la rottura del legamento crociato anteriore nella maggioranza dei casi non e’ isolata. La semplice radiografia, ma, ancora meglio, la risonanza magnetica nucleare consentirà di evidenziare lesioni ossee, lesioni dei menischi (che oggigiorno possono richiedere interventi delicati e complessi di sutura meniscale), lesioni della cartilagine (che oggi vengono affrontate in tanti modi, a seconda della loro estensione, dalla abrasione, alle radiofrequenze fino al trapianto di impianti o “scaffold” sintetici o cellule cartilaginee). Come si opera la rottura del legamento crociato anteriore? Le tecniche chirurgiche che mirano a ricostruire il legamento crociato anteriore si eseguono attualmente in artroscopia, cioè tramite due piccole incisioni di circa 1 cm. che permettono, in una l’introduzione dello strumento ottico collegato alla telecamera


che consente di osservare l’interno dell’articolazione e, nell’altra l’introduzione di tutti quegli strumenti miniaturizzati usati durante l’intervento. Nella maggior parte dei casi, si ricorre al prelievo di un tendine del paziente stesso. I tendini più comunemente utilizzati sono i tendini dei muscoli semitendinoso e gracile (di cui vengono prelevati circa 20 cm mediante un apposito strumento introdotto dal ginocchio che ripercorre il loro decorso lungo la faccia interna della coscia) che, suturati insieme, danno luogo a quattro fasci (prelievo quadruplicato) oppure la parte centrale del tendine rotuleo. Il trapianto viene poi fatto passare all’interno dell’articolazione lungo il percorso che era proprio del legamento originale e quindi fissato al femore e alla tibia secondo diverse possibili tecniche. Fino a qualche anno fa, dopo l’intervento l’articolazione del ginocchio veniva immobilizzata, un tempo in gesso più recentemente in un tutore. Oggigiorno ciò non è più sempre necessario, mentre è ancora obbligatorio graduare il

Il ginocchio in un’immagine di Radiologia Tradizionale

carico sull’arto operato utilizzando le stampelle. Subito dopo l’intervento comincia però la riabilitazione. La riabilitazione del ginocchio operato di una ricostruzione del legamento crociato anteriore è essenziale per ottenere un buon risultato e viene effettuata secondo protocolli ben precisi al fine di consentire il corretto recupero dell’articolarità del ginocchio e la sua funzione fino al momento della ripresa della attività sportiva, Ciò comporta per il paziente un impegno costante nel compiere, inizialmente, esercizi per il rinforzo del tono muscolare degli estensori e dei flessori dell’articolazione e per il recupero del movimento dell’articolazione operata e, successivamente, la ripresa della corsa rettilinea e di esercizi, guidati dal preparatore, sport specifici. L’impegno viene, però, ripagato: se ci si e’ applicati intensamente dopo quattro mesi si e’ in grado di iniziare a riprendere lo sport, circa un terzo del tempo necessario fino a soli pochi anni fa!

L’ORTOPEDICO

Il ginocchio in un’immagine di Risonanza Magnetica


IL RADIOLOGO

VEDERE L

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a diagnostica per immagini dell’articolazione del ginocchio, ha subito notevoli cambiamenti negli ultimi 25 anni. Mentre agli albori della radiologia, l’unica metodica disponibile era la “lastra al ginocchio”, a partire dai primi anni ‘80, ci si è potuti avvalere sia della Tomografia Computerizzata (TAC) che, in seguito, della Risonanza Magnetica Nucleare (RMN). La TAC ha portato una rivoluzione in campo ortopedico, poiché consente risultati migliori della radiologia tradizionale per quanto riguarda la visualizzazione dei tessuti molli ed ha reso possibile osservare l’articolazione del ginocchio anche nella sua componente interna oltre che nella componente squisitamente ossea. Risultava però piuttosto difficoltosa e soggetta al giudizio personale del radiologo, la valutazione dei legamenti e dei menischi con il rischio che venissero sottovalutare le problematiche connesse.

Con l’avvento della Risonanza Magnetica è stato possibile visualizzare in maniera ottimale la totalità delle articolazioni e del ginocchio in particolare, data la maggior flessibilità di questa tecnologia che permette di ottimizzare l’esecuzione dell’esame con le sequenze adatte a seconda del sospetto clinico e dalla sintomatologia espressa dal paziente. I fattori che possono essere variati durante l’esecuzione della risonanza, aiutano moltissimo sia il radiologo che l’ortopedico nel confermare o escludere alcuni importanti patologie e pertanto a consigliare il paziente sul trattamento più opportuno sia di natura chirurgica o meno. Va anche segnalato che la risonanza , a differenza della TAC, non impiega i “raggi X” ma campi magnetici e, quindi, non presenta le controindicazioni tipiche dell’esame radiologico legate all’assorbimento di radiazioni da parte del paziente. La fedeltà con cui le strutture del ginocchio risultano visibili e pertanto valutabili, ha reso il rapporto tra ortopedico e radiologo ancora più stretto

in termini di collaborazione e molto precisa la valutazione dei tempi di recupero del paziente. A tale riguardo, dal punto di vista radiologico, possiamo dividere la patologia dell’articolazione del ginocchio in due gruppi principali, Quella riguardante i menischi e quella che riguarda i legamenti. La frattura di un menisco sia totale che parziale, la lesione più o meno completa dei legamenti crociati o collaterali, risulta, in mani esperte, diagnosticabile con particolare precisione. L’esame, articolato secondo sequenze prestabilite in termini di tempo e di campo elettromagnetico, si è avvalso negli ultimi tempi di magneti particolarmente potenti, tutto ciò ha portato ad una accuratezza diagnostica invidiabile e sostanzialmente non presente in altri campi della medicina.


MA COSA SONO QUESTI TUTORI?

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l tutore è un dispositivo medico, utilizzato in ortopedia nel trattamento di alcune patologie:si tratta di uno strumento esterno che garantisce una immobilizzazione relativa di un’articolazione a seguito di un trauma o una artrosi o per chi ha subito un intervento chirurgico con lo scopo principale di ridurre il carico sull’articolazione e quindi diminuirne il dolore. Per l’arto inferiore esistono moltissimi tipi di tutori, ma se l’articolazione interessata è il ginocchio, il tutore più idoneo alla cura è la “ginocchiera”. Nell’antichità la ginocchiera era intesa come la parte posta a protezione del ginocchio nell’armatura. Oggi esistono molti tipi di ginocchiere che variano in relazione all’uso a cui sono destinate. Và considerata ginocchiera “sportiva” o, meglio ancora “preventiva”, quando la ginocchiera è una protezione che si indossa su una o entrambe le ginocchia per proteggerle dall’impatto conseguente a una caduta o altro (si pensi allo sport di pallavolo, di pattinaggio o motocross) o quelle usate per lavoro, dove la persona è costretta a stare lungo tempo in ginocchio. (un esempio tipico il “pavimentista”). In ambito medico, di solito, le ginocchiere vengono utilizzate per un contenimento dell’articolazione. In commercio ne esistono di tantissime marche e numerosi modelli, dalla più semplice in materiale neoprene, drytex o elasti-

IL PERSONAGGIO TECNICO ORTOPEDICO

Dott. Giuseppe Zito Dottore in Tecniche Ortopediche Master di Posturologia

cizzate per patologie di minore intensità , a quelle più complesse in “composito di carbonio”, che servono per severe instabilità di LCA (Legamento crociato anteriore), LCP (Legamento crociato posteriore), LCL (Legamento collaterale laterale), LCM (Legamento collaterale medio). Quasi tutte mirano all’ immobilizzazione dell’articolazione nella posizione più idonea o, alla limitazione dei movimenti sia in flessione che estensione,. La maggior parte delle ginocchiere prescritte in ambito post–chirurgico ha lo scopo di proteggere l’articolazione “debole” da eventuali traumi distorsivi, da inappropriate eccessive flessioni o iperstensioni, scaricando tutto il carico attraverso due aste metalliche poste una laterale e l’altra mediale. Alcune presentano anche la possibilità di mantenere in sede la rotula, evitando delle lussazioni e altre ancora si distinguono per avere in più un cinturino rispetto ad un’altra (tipico il cinturino sul polpaccio). La ginocchiera oltre a essere importante, nella fase post–intervento, diventa anche importante nella funzione psicologica. Il paziente vede il proprio ginocchio protetto ed è più fiducioso nel recupero accettando più volentieri sia la riabilitazione che il carico. Di solito dopo un intervento, il medico, oltre alla ginocchiera, consiglia l’utilizzo delle stampelle. Le stampelle permettono al paziente di appoggiare il peso del corpo su tutta la pianta del piede , nella misura in cui questo è tollerato. Le stampelle di norma vengono abbandonate dopo 1-2 settimane. Le stampelle possono essere affittate, mentre non è possibile, per i tutori, sia per ragioni igieniche, sia perché la maggior parte dei modelli, vanno personalizzati dal tecnico ortopedico laureato. Nella fase post-intervento, alcuni medici, prescrivono l’utilizzo del plantare (in questo caso materiali anti shock) al fine di distribuire nel piede i giusti carichi, in modo tale da ridurre al minimo la sollecitazione sia sul piede stesso che sulle ginocchia. Non è certo la “panacea”, ma sicuramente alleviando la pressione del piede al suolo si contribuisce a rendere meno dolorosa la fase riabilitativa.

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Bacco,Tabacco e Venere

Dott.Francesco Ruggiero

IL CARDIOLOGO

Responsabile Branca di Cardiologia Poliambulatorio Clinico Nomentano

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pesso i vecchi proverbi nascono dalla saggezza popolare basata sull’osservazione della vita quotidiana, quindi sull’esperienza. Questo principio calza a pennello nel caso del detto “Bacco, tabacco e Venere riducono l’uomo in cenere” applicato alla prevenzione cardiovascolare, con la sola eccezione di Venere. Difatti, ad esclusione dell’abuso della “pillola blu” e di eventuali sussulti emotivi dinanzi all’estratto conto della carta di credito improvvidamente lasciata nelle mani della coniuge, il sesso non è un fattore di rischio cardiovascolare. Infatti, secondo i dati dell’Organizzazione Mondiale della Sanità e delle maggiori società scientifiche cardiologiche (AHA, ESC, ESH, JNC) le principali cause dell’infarto e dell’ictus sono costituite dal fumo di tabacco, dall’alimentazione sbagliata, dal sovrappeso, dalla sedentarietà. Il fumo di sigaretta determina un’accelerazione dei processi dell’aterosclerosi, oltre a poter precipitare la condizione di relativa stabilità della placca ateromasica verso la fissurazione e la conseguente formazione del trombo, vero responsabile degli

accidenti cardiovascolari. E’ dimostrato che l’abolizione dell’abitudine tabagica prima della mezza età conduce ad un’aspettativa di vita sovrapponibile a a quella dei non fumatori. Il “bicchierino” a tavola sembra avere effetti positivi sull’apparato cardiovascolare, ma, come in tutte le cose, purchè sia fatto “cum grano salis”. Modeste quantità di vino (1 bicchiere ai pasti) determinano una riduzione del colesterolo LDL (quello cattivo) ed incrementano il livello di HDL, riducendo, pertanto, il rischio di aterosclerosi. Tuttavia, quantità maggiori o l’assunzione di superalcolici alterano il metabolismo dei carboidrati e possono condurre ad un aumento della pressione arteriosa sistolica. Inoltre, spesso l’alcol riduce l’efficacia dei farmaci antipertensivi. È quindi accertato che un eccessivo consumo di bevande alcoliche (anche occasionale) si associa ad un maggiore rischio di ictus. Nel corso degli ultimi 10 anni, l’introduzione di alcuni accorgimenti dietetici proposti dallo studio DASH (dieta ricca in frutta e verdura, vegetali e alimenti a basso contenuto di grassi per ridurre l’apporto quotidiano di


grassi saturi e di colesterolo) e l’incremento dell’impiego di cibi ad elevato contenuto di potassio si sono dimostrati strumenti efficaci per ridurre i valori pressori e globalmente il rischio cardiovascolare. Come già sottolineato in precedenza, la classica dieta mediterranea “povera” caratterizzata da carboidrati semplici (la pasta), fibre e vitamine (frutta e vegetali) e grassi polinsaturi (pesce) si conferma vincente quale elisir di buona salute.

rapia farmacologica. La sedentarietà, intesa come assenza di allenamento fisico, è un predittore piuttosto importante della mortalità cardiovascolare, indipendentemente dalla pressione arteriosa e dagli altri fattori di rischio. Un esercizio fisico moderato non solo ha effetti favorevoli sui valori pressori ma può indurre anche una riduzione del peso corporeo, dell’eccesso di grasso viscerale e della circonferenza addominale, incrementando

A questa va abbinato uno stretto controllo delle quantità di cibo assunto e soprattutto un’adeguata attività fisica che consenta di smaltire il superfluo. Infatti, Numerosi studi hanno descritto l’esistenza di una relazione diretta tra l’incremento ponderale e pressorio evidenziando inoltre che l’obesità predispone ad un aumento della pressione arteriosa e allo sviluppo di ipertensione. È altrettanto noto che nei soggetti obesi il calo ponderale ha un impatto favorevole non solo sui valori pressori ma anche sui fattori di rischio associati, quali l’insulino-resistenza, il diabete e l’aumento delle dimensioni del cuore. Un recente studio ha evidenziato che una perdita di peso di circa 5.1 kg si associa ad una riduzione media dei valori pressori sistodiastolici pari rispettivamente a 4.4 e 3.6 mmHg. Inoltre, una modesta perdita di peso, associata o meno ad una riduzione nell’apporto alimentare di sodio, è in grado di prevenire la comparsa di ipertensione (uno dei maggiori fattori di rischio cardiovascolari) nei soggetti in sovrappeso con pressione arteriosa nomale-alta (140/90 mmHg) e può ritardare l’instaurazione della te-

inoltre i livelli di colesterolo HDL e riducendo il rischio di diabete. L’allenamento fisico riduce i valori pressori a riposo di 3.5/3.2 mmHg il che spesso si traduce nell’evitare l’inizio di una terapia farmacologica. E’ quindi consigliabile svolgere regolarmente un’attività fisica aerobica di entità moderata per 30-45 min al giorno. Inizialmente si dovrebbero programmare attività ad impegno aerobico (cammino, jogging, nuoto), per poi associare esercizi di resistenza. In conclusione, voler bene al proprio cuore significa sostanzialmente volersi bene, ovvero dedicare quelle attenzione e quel tempo necessari al proprio benessere sia in termini qualitativi (adeguatezza della nutrizione, astensione dal fumo) sia in termini quantitativi (attività fisica costante, calo del peso).

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I FONDI SANITARI INTEGRATIVI Cura certa, portafoglio salvo!

I FONDI SANITARI INTEGRATIVI

Fabrizio Sciarretta

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nche se fino ad oggi non tutti se ne sono resi conto, nel nostro paese sta rapidamente crescendo un nuovo strumento che si rivelerà prezioso per far fronte alle nostre esigenze di salute. Tipicamente, infatti, vengono alla mente solo due alternative quando si abbia necessità di una “prestazione” sanitaria: rivolgersi al Sistema Sanitario Nazionale, pagando il “ticket” o usufruendo delle esenzioni a cui si abbia diritto, oppure metter mano alla tasca o utilizzare l’assicurazione malattia o infortuni a suo tempo prudentemente sottoscritta. La realtà, invece, non è più così. In questi ultimi anni, un poco alla volta, sono diventati 5 milioni gli italiani che possono usufruire di un fondo di assistenza sanitaria integrativa per pagare il conto della propria spesa sanitaria. Sono infatti oltre 500 gli enti che operano in questo ambito con diverse “nature giuridiche”: fondi sanitari integrativi del Servizio Sanitario Nazionale oppure casse e società di mutuo soccorso. Altrettanto interessante è rilevare come ormai questi enti facciano fronte a circa 4 miliardi di euro all’anno di spese sanitarie. Le realtà più dinamiche e che

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in questi ultimi quattro - cinque anni hanno generato la grande crescita del fenomeno, sono i fondi che nascono dalla contrattazione collettiva, cioè vengono previsti all’interno di un contratto collettivo nazionale di lavoro di un determinato settore. In questi casi, il finanziamento del fondo di assistenza avviene attraverso i contributi versati dalle aziende che fanno capo a quel c.c.n.l. mentre ai dipendenti delle aziende va il beneficio di poter accedere alla copertura di determinate spese sanitarie. Ovviamente, i benefici per il dipendente variano da caso a caso ma, in genere, è prevista la copertura delle spese ambulatoriali (visite, diagnostica specialistica, ecc.) fino ad arrivare alle spese relative a interventi chirurgici e relativa degenza. Ma in quali strutture bisogna andare perché il fondo paghi le spese? Questa è un’altra buona notizia. Infatti, ci si può ovviamente recare presso le strutture pubbliche e, in questo caso, sarà coperto il costo dei ticket ma, viceversa, ciascun fondo consente ai suoi iscritti di scegliere tra molte, alle volte moltissime, strutture private distribuite sul ter-

ritorio nazionale. L’iscritto potrà così scegliere la soluzione che più lo convince: finalmente viene applicato quel principio della “libera scelta” sancito dalle nostre leggi e che prevede che ciascuno possa scegliere da chi e dove farsi curare. Un diritto che, purtroppo, le politiche sanitarie del nostro paese hanno fin qui spesso negato. Così, anche in Italia, al sistema pubblico si sta affiancando un sistema “privato” o “volontaristico” che potrà rappresentare una risposta forte al nostro bisogno di salute soprattutto in una situazione in cui la crescita dell’aspettativa di vita, il conseguente incremento dell’età media della popolazione ed il rapporto sempre più sfavorevole tra popolazione attiva ed in pensione, mettono a dura prova la capacità dello Stato di continuare a finanziare una sempre crescente spesa sanitaria pubblica. Non a caso, infatti, le ultime leggi emanate per questo settore impongono ai fondi di destinare una quota significativa delle proprie risorse (il 20%) all’erogazione di prestazioni dove è più debole la copertura del Servizio sanitario nazionale quali l’assistenza odontoiatrica e quella socio-sanitaria.


I FONDI SANITARI INTEGRATIVI

Intervista a Simonpaolo Buongiardino Presidente di FONDO EST

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en oltre un milione e centomila iscritti di cui 230.000 nel Lazio, Fondo Est nasce nel 2005 in attuazione del Contratto Nazionale di Lavoro per i dipendenti delle aziende del Terziario e del Turismo ed è oggi il maggior fondo di assistenza sanitaria integrativa italiano. Per approfondire logiche e prospettive di questo settore, abbiamo incontrato il suo presidente, Simonpaolo Buongiardino. Presidente, i fondi integrativi sono uno strumento ancora giovane e forse non da tutti conosciuto. Come procede l’adesione da parte delle aziende? Riscontrate una sufficiente sensibilità a questo tema?

Attualmente risultano iscritte più di 120.000 aziende, per un totale di oltre un milione e centomila lavoratori, e considerando che Fondo Est è attivo da Aprile 2007 direi che la risposta delle imprese è stata piuttosto positiva. Seguendo l’andamento delle iscrizioni abbiamo riscontrato un’adesione piuttosto forte nel Nord, dove gli iscritti sono circa il 70% dei lavoratori impiegati nei settori Terziario e Turismo, mentre nel Meridione abbiamo registrato una partecipazione più bassa con adesioni che non superano il 24%. Probabilmente il motivo risiede nel fatto che molte imprese e molti consulenti non ci conoscono. Per questo uno dei nostri obiettivi consiste

nella diffusione capillare delle informazioni e dei servizi riguardanti Fondo Est, volta ad aprire un dialogo diretto con le aziende ed i Consulenti del territorio per dare loro tutto il sostegno ed ausilio di cui necessitano. Ci dia una sua stima. Cosa succederà da qui a cinque anni considerando il complesso del sistema dei fondi integrativi? Quanti lavoratori potranno usufruire della copertura di un fondo nel nostro paese? L’idea è che oggi l’assistenza sanitaria integrativa possa fare la differenza, in quanto il sostegno economico è importante non solo per le famiglie ma per il bilancio dello Stato più in generale. La nascita di

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I FONDI SANITARI INTEGRATIVI

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Fondo Est, come degli altri fondi di assistenza sanitaria, è stata caratterizzata dalla loro natura integrativa e di supporto rispetto al Sistema Sanitario Nazionale. Credo che in una prospettiva futura l’assistenza sanitaria integrativa si debba occupare, in modo sempre più completo, di quegli aspetti non coperti dai LEA (Livelli essenziali di assistenza) della sanità pubblica, anche alla luce del recente Decreto Sacconi (27 ottobre 2009) che fornisce un nuovo ed importante impulso a questo ambito proseguendo il percorso di attuazione del complesso sistema dei fondi integrativi avviato dal precedente Governo. Il nostro obiettivo futuro è di arrivare a coprire tutto il potenziale bacino di utenza impiegato nei settori terziario e turismo, che secondo il dato Istat 2001 conta circa 2,2 milioni di lavoratori dei quali, fino ad ora, abbiamo intercettato oltre la metà. Evidentemente, oltre al dipendente dell’azienda è necessario – all’interno del più generale sistema del Welfare – pensare anche ai suoi familiari. Come si muovono i fondi in questo ambito? Alcuni Fondi hanno già incluso, nell’ambito dei loro piani sanitari, l’iscrizione dei familiari dei loro assistiti. Fondo Est attualmente non prevede questa possibilità, ma posso dire che essa rientra nei nostri progetti futuri. Per ora stiamo cercando di migliorare i nostri piani sanitari per garantire coperture sempre più complete ai nostri iscritti. La legge vi affida ormai anche il compito di supportare il SSN in ambiti in cui incontra maggiori difficoltà. E’ il caso delle cure odontoiatriche e dei servizi socio-sanitari. Come evolverà lo scenario del rapporto fondi-SSN?

Credo che il rapporto tra i Fondi di assistenza integrativa e il SSN tenderà ad essere sempre più solido ed articolato come dimostrato dalle regole di funzionamento del sistema, individuate dal Decreto Sacconi. Posso dire che la risposta del Fondo è stata immediata rispetto alle nuove esigenze. Il nostro piano sanitario che già prevede: il rimborso dei ticket, le visite specialistiche, la diagnostica, la chirurgia e pacchetti per la prevenzione e la maternità, è stato ampliato con un interessante pacchetto odontoiatrico, che comprende visita annuale con ablazione del tartaro ed un sostegno importante per gli interventi di implantologia, e con prestazioni mirate all’inabilità temporanea in caso di infortunio (fisioterapia, agopuntura, presidi e ausili medici).

Un’ultima domanda. Ci spieghi il vostro segreto: le aziende vi versano un contributo di 10 euro al mese per iscritto e voi dal 2007 ad oggi avete erogato ben oltre 700.000 prestazioni. Allora esiste un modo per contenere i costi della sanità? Il nostro segreto deriva in parte dal fatto che abbiamo oltre un milione e centomila iscritti. Infatti, condizioni di mercato normali non consentirebbero alcun tipo di prestazione sanitaria con solo centoventi euro l’anno, mentre un milione di assistiti, non selezionati statisticamente (tutti i lavoratori debbono essere iscritti a prescindere dallo stato di salute), consentono un calcolo del rischio che ci permette di offrire un ampio ventaglio di prestazioni a costi contenuti. GFS

La tabella mette in relazione i dati ISTAT (censimento 2001) relativi ai lavoratori dei settori Terziario e Turismo e i dati sui lavoratori iscritti a Fondo Est. Circa il 50% dei lavoratori risulta iscritto.


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IN SABINA

MONTOPOLI D a dieci secoli arroccata sul crinale che divide l’Abbazia di Farfa dalla Valle del Tevere e dal suo Monte Soratte, Montopoli vive del colloquio costante tra questi tre simboli della Sabina. Infatti, proprio su questa magnifica terrazza che domina da un lato l’Abbazia e dall’altro il Fiume, l’Abate Ugo I, intorno al mille, costruì una torre di guardia per consentire ai frati di accorgersi di quei pericoli che la posizione di fondovalle dell’Abbazia non permetteva loro di avvistare. Si trattava del nucleo primigenio, tutt’ora in loco, intorno al quale si sviluppò il borgo, L’Abate aveva ovviamente scelto bene: infatti, dal Belvedere di Montopoli si possono osservare più di quaranta località, come riporta Don Carmelo Cristiano ne “I Territori di Montopoli di Sabina e Bocchignano”, il testo da leggere per conoscere la storia di questi luoghi. A metà del X secolo, sempre ad opera degli Abati di Farfa, intorno alla torre sorse il castello sia con la costruzione di mura che sfruttando le “rupi” che cingevano una parte dell’area. Così, fino al 1119, Montopoli fu tra i castelli nell’orbita di Farfa. Poi, in un momento di crisi del potere politico dell’Abbazia, il borgo si costituì in libero Comune ed in questo assetto seguitò per oltre un secolo. Intorno al castello sorsero le contrade di Santo Stefano (oggi Via San Bonaventura) e San Michele (oggi Via Pacifica). Il Comune durò fino al 1243 quando i Colonna occuparono Montopoli e Bocchignano imponendo la loro signoria. In quegli anni sorsero il Palazzo della Signoria (Via della Torre).ed il Palazzo del Capitano (Piazza Cacciatori del Tevere). Nel 1345 l’Abbazia di Farfa, riuscì a riprendere Montopoli e la tenne fino al 1477. Fu un periodo fiorente per il borgo anche perché gli stessi Abati spesso risiedevano nel Palazzo della Signoria e tenevano il loro tribunale nella piazza di Campo dei Fiori. A partire dal 1477 – grazie all’allora Abate di Farfa Cosimo Orsini – la cittadina entra nell’orbita di questa famiglia e, con essa, nel Rinascimento. Gli Orsini vi costruirono i loro tre palazzi che occupano l’area tra Via Orsini ed il Palazzo Comunale ed il borgo assunse la sua attuale conformazione con l’edificazione anche dell’area dell’attuale Piazza del Municipio. Il 1589 segna il passaggio di Montopoli dagli Orsini a signori più vicini a Papa Sisto V. Infatti, il Cardinale Farnese, Commendatario di Farfa, ne affida il governo al capitano di ventura fiorentino Angelo Felici. La famiglia Felici, a cui si deve nel 1631 la chiesa di Santa Maria degli Angeli, rinunciò ai suoi poteri agli inizi del ‘700 ma ormai Montopoli, come tutta la Sabina, era entrata nell’ “era moderna”. Dunque, questo antico borgo, ricco di storia, merita certamente una visita, magari in congiunzione con l’Abbazia di Farfa per ammirarla dall’alto. Da non dimenticare che per la festa del Santo Patrono, San Michele Arcangelo, Montopoli organizza una nutrita serie di manifestazioni che occupano la seconda metà di settembre.

393 0387512 (Pro Loco) e-mail: info@prolocomontopoli.it www.prolocomontopoli.it

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IL SINDACO DI MONTOPOLI

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icesindaco di Montopoli per dieci anni, da giugno dell’anno scorso Antimo Grilli, 42 anni, è assurto al rango di Primo Cittadino. Sindaco, quali iniziative hanno caratterizzato questo suo inizio di mandato ? Credo che anzitutto vada evidenziata la continuità dell’azione amministrativa che collega il mio mandato ai due precedenti. E’ sia una questione di coerenza di obiettivi di lungo periodo che un elemento fortemente positivo perché consente di portare a compimento iniziative che richiedono un impegno pluriennale. Per quanto riguarda il primo aspetto, il nostro comune è innanzitutto concentrato sullo sviluppo di quei servizi essenziali collegati alle esigenze della gente: l’acquedotto, le scuole, con la relativa messa in sicurezza, le mense scolastiche di qualità e gli scuolabus gratuiti. C’è da sottolineare come negli ultimi dieci anni siamo riusciti a fornire un crescente livello di servizi senza aumentare in alcun modo le relative tariffe. E per quanto riguarda le iniziative pluriennali ? E’ il caso degli interventi di recupero dei centri storici di Montopoli e Bocchignano a cui va aggiunta l’attenzione verso le problematiche legate alla gestione del traffico nei centri urbani. Si tratta di un insieme articolato di interventi che devono essere finalizzati alla creazione di parcheggi, al miglioramento degli accessi alle zone residenziali e degli accessi dalla viabilità locale alle strade provinciali, soprattutto nella zona degli impianti sportivi. Una sottolineatura specifica merita il progetto per l’eliminazione del traffico pesante dal centro storico di Bocchignano attraverso un apposito variante di collegamento nella strada provinciale mirtense. Poi, credo sia necessario sottolineare un aspetto che spesso sfugge, ovvero che per le amministrazioni locali un impegno significativo in termini di risorse ma spesso poco visibile da tutti è la manutenzione continuativa alle infrastrutture esistenti senza la quale vi è la certezza di gettare al vento quanto realizzato negli anni dalle amministrazioni precedenti. Passando dalle infrastrutture all’economia, certamente Montopoli ha una sua naturale vocazione turistica. Montopoli ha un suo antico e profondo rapporto con l’Abbazia di Farfa e proprio in virtù di quest’ultima stiamo sviluppando un’azione di riqualificazione di un tratto del corso del torrente Farfa volta a fornire un ulteriore stimolo a visitare il nostro territorio. Si tratta, infatti, della creazione di un percorso naturalistico e di una pista ciclabile in parte già percorribili oggi. Inoltre, stiamo realizzando la viabilità necessaria per collegare l’Abbazia con la riserva naturalistica del Tevere-Farfa passando per i territori dei comuni di Montopoli e di Torrita Tiberina. Insomma, una magnifica opportunità per passare un fine settimana tra cultura, natura e sport. Ed in termini di ricettività, com’è l’offerta montopolese ? E’ all’altezza della situazione. Abbiamo già sul territorio diversi agriturismi ed altri se ne vanno aggiungendo. Anche l’offerta di ristorazione è notevole. Si tratta di un fatto importante per la nostra economia che è comunque da sempre legata all’agricoltura ed all’olivicoltura in particolare. In più, il Comune dispone di due ostelli di cui uno con venticinque posti letto attualmente utilizzato per un progetto a favore di cittadini richiedenti asilo politico, l’altro ostello con venti posti letto che mettiamo a disposizione di chi ce ne fa richiesta. E’ di prossima pubblicazione una guida proprio per promuovere la nostra offerta turistica che supporterà ulteriormente il già eccellente lavoro che svolge la nostra Pro Loco e le tante altre associazioni presenti nel nostro territorio.

Il Sindaco di Montopoli Antimo Grilli

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IL GINECOLOGO

ENDOMETRIOSI

Dott.ssa Manuela Steffè Ginecologa, Responsabile Centro per la Procreazione Medicalmente Assistita – Laboratorio Clinico Nomentano

L’endometriosi colpisce circa il 10% delle donne in età fertile ed in Italia si stima in circa 3 milioni il numero di coloro che ne sono affette ma, per contro, forse il problema maggiore nel fronteggiare questa malattia sta nella scarsa conoscenza che ne hanno le donne. Così, spesso, i sintomi della malattia vengano sottovalutati ed accettati come facenti parte dell’essere donna. Ciò può portare a far sì che anche molti anni trascorrano tra i primi sintomi e la diagnosi definitiva. Non a caso, il 60% dei casi di endometriosi si diagnosticano tra i 25 e i 35 anni di età, ma si valuta che nel 45% dei casi i sintomi erano già presenti dall’adolescenza.

Che cos’è ? L’endometriosi è causata da una crescita anomala del rivestimento interno dell’utero (endometrio) al di fuori dell’utero stesso. Così, spesso le aree endometriosiche si trovano nel basso addome, nelle ovaie, nelle tube o negli spazi tra utero e vescica o tra utero e intestino. Più raramente, all’interno della vagina, della vescica o dell’intestino. In questi casi, le cellule dell’endometrio si impiantano nelle aree in que-

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stione e si sviluppano arrivando anche a formare cisti di grandi dimensioni. Nessuna delle ipotesi fin qui prodotte spiega interamente la malattia che, probabilmente, ha alla base una serie di concause: di certo c’è che l’endometriosi si “nutre” degli ormoni sessuali femminili, gli estrogeni. Tra le cause possono trovarsi, la metaplasia, ossia la capacità di un tessuto normale di trasformarsi in un altro tipo di tessuto sempre normale; una predisposizione geneti-

ca, statisticamente, infatti, è frequente riconoscere l’endometriosi tra le parentele di primo grado; la diffusione linfatica o vascolare, ossia la possibilità che gruppi di cellule endometriali, durante la mestruazione, possano essere trasportate dai vasi linfatici o sanguigni in zone lontane del corpo e lì possano svilupparsi; alterazioni immunologiche sono spesso presenti anche se non è ancora chiaro se siano una causa o una conseguenza della malattia.


I Sintomi

La Diagnosi Purtroppo, l’indagine “principe” per una diagnosi certa rimane la laparoscopia che permette di effettuare delle biopsie con conseguente esame istologico. E’ difficile però proporre da parte dello specialista e, al contem-

La Terapia Non essendo chiare le cause dell’endometriosi, non esiste parimenti una terapia definitiva. Si sviluppano quindi approcci clinico-terapeutici caso per caso adattando la terapia alla risposta della paziente. Le terapie possono essere chirurgiche o farmacologiche e sono mirate a contenere il dolore e/o a contrastare l’infertilità. Tra le terapie farmacologiche le sostanze ormonali più comunemente impiegate comprendono la pillola contraccettiva spesso utilizzata senza pausa; pillole ad esclusivo contenuto progestinico; il danazolo; i dispositivi intrauterini a rilascio di progesterone. Creare uno stato pseudo-menopausale temporaneo per lunghi periodi talvolta è necessario per ridurre la malattia e mantenerla sotto controllo. Utili sono anche gli antinfiammatori e antidolorifici, che spesso però causano gastri-

te. La terapia chirurgica è quasi sempre conservativa e laparoscopica; comporta l’asportazione o la distruzione delle lesioni; può alleviare i sintomi e, in alcuni casi, permettere una gravidanza. Ciò nonostante, come per le altre modalità terapeutiche, le recidive sono frequenti. Poiché la gravidanza di frequente causa una remissione temporanea della sintomatologia e poiché si pensa che l’insorgenza di sterilità diventi più probabile con il perdurare della malattia, spesso si consiglia alle donne con endometriosi di “avere una gravidanza” il più presto possibile. Durante la gravidanza generalmente i sintomi legati all’endometriosi migliorano, in particolare negli ultimi mesi. Tuttavia, in alcune donne i dolori pelvici sono violenti, in particolare durante il primo trimestre. Nel complesso, comunque, gli effetti benefici della gravidanza sono solo temporanei e spesso, dopo un paio d’anni dal parto, ritorna la malattia.

IL GINECOLOGO

Il dolore pelvico è il sintomo più comune. Spesso, ma non sempre, è in associazione con il flusso mestruale. Perché il dolore? Ogni mese l’endometrio dell’utero, per regolazione ormonale, si stacca, sanguina e fuoriesce con le mestruazioni. Anche il tessuto endometriosico al di fuori dell’utero risponde agli ormoni nello stesso modo: durante il mese cresce e poi si stacca e sanguina. Essendo piccole aree situate in posizioni bizzarre, al sanguinamento segue immediatamente una reazione infiammatoria che circoscrive l’area e la isola dagli organi circostanti: si forma quindi la cisti endometriosica dal contenuto fluido-denso color cioccolato (ossia sangue vecchio). La reazione infiammatoria continua nella cisti e intorno ad essa è causa di dolore. Si capisce quindi perché il dolore possa essere associato al flusso mestruale, oppure essere riferito all’intestino, o essere presente durante l’ovulazione o i rapporti. Ci sono poi anche altri sintomi importanti: dolore durante e dopo l’atto sessuale, infertilità, aborti spontanei, affaticamento cronico, periodi di stitichezza alternati a diarrea. Questi ultimi sintomi possono far sospettare di “colon irritabile” in quanto simili ai sintomi di questa patologia.

po, accettare da parte della paziente un intervento chirurgico come strumento di diagnosi, specialmente se i sintomi non sono severi. Quindi spesso si scelgono inizialmente altri approcci che possono condurre ad un ragionevole “sospetto” di endometriosi. Fondamentale è il colloquio con lo specialista per analizzare i sintomi sotto tutti gli aspetti, e metodiche quali l’ecografia o, eventualmente, la risonanza magnetica. E’ importante poter identificare fin da subito le donne in cui esiste una sospetta endometriosi, specie se molto giovani, perché è possibile attuare una strategia terapeutica diversa per ogni stadio della malattia prevenendo i danni che possono prodursi nel tempo.

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Endometriosi ed Infertilità

IL GINECOLOGO

Si stima che circa il 30- 40% delle donne con endometriosi abbia problemi, più o meno gravi, ad avere una gravidanza. Essere affette da endometriosi non significa però automaticamente che non si potrà avere una gravidanza, bensì che è molto probabile che si abbiano problemi, più o meno complessi, per ottenerla. Nella maggior parte dei casi, ancora non è noto perché con l’endometriosi ci sia difficoltà nel concepire. In alcuni casi la causa è evidente poiché l’endometriosi ha causato un danno alle tube importante, mono o bilaterale. La strategia terapeutica è necessariamente personalizzata, in base allo stadio della malattia, precedenti terapie mediche o chirurgiche effettuate, età della paziente. Nell’endometriosi minima o lieve l’inseminazione intrauterina (AIH) associata ad una terapia per l’ovulazione dà buone possibilità di gravi-

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danza (meglio se preceduta da un intervento chirurgica per la rimozione delle lesioni esistenti) anche se con probabilità di successo inferiori rispetto alle pazienti non affette da endometriosi. Qualora falliscano i programmi di AIH oppure si abbia un’endometriosi media o severa, si possono effettuare dei programmi di fecondazione in vitro (FIVET- Fertilizzazione In Vitro con Embryo Transfer, consistente nella fecondazione in vitro dell’ovulo con successivo trasferimento dell’embrione nell’utero della donna). Purtroppo, anche con la fecondazione in vitro la probabilità di ottenere una gravidanza rimane inferiore rispetto alle pazienti non affette.

Laparoscopia La laparoscopia è una metodica chirurgica assai meno invasiva delle tecniche tradizionali di chirurgia “aperta”. Essa consiste nell’impiego congiunto di un laparoscopio e di specifici strumen-

ti chirurgici. L’uno e gli altri vengono introdotti nel corpo della paziente attraverso piccole incisioni. Il laparoscopio è un tubo molto sottile che consente, contemporaneamente, di portare una fonte di luce all’interno degli organi interessati dall’intervento e, viceversa, di trasmettere all’esterno l’ immagine degli organi in modo tale che il chirurgo possa visualizzarla su un monitor ed eseguire l’intervento attraverso strumenti da presa e da taglio della tipologia necessaria per l’intervento.


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