SalutePiù - Luglio 2012

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Hanno collaborato Mario Monti, la palude ed il cambio di “paradigma” Paradigma - dal greco paràdeigma, “esempio” – si-

Fabrizio Sciarretta Direttore Responsabile

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“modello di riferimento”. Il problema del Governo Monti, che molti ritengono in fase di empasse (dal dizionario: “Situazione complicata da cui non si sa come uscire”), temo sia proprio una faccenda di paradigma. Una nostra parlamentare (“nostra”, in quanto signora) ha ricordato qualche giorno fa, a proposito di Monti, un vecchio adagio: “chi sa fare fa, chi non sa fare insegna”. Io, francamente, non mi ci ritrovo: un po’ perché cerco di essere rispettoso delle istituzioni repubblicane, un po’ perché mi sembra ingeneroso nei confronti di un signore a cui abbiamo chiesto di risolvere un problema immane. Resta però il fatto che, tra la teoria e la pratica, si sa, il passo è lungo e che, alle volte, l’applicazione di una teoria, magari giusta, si scontra contro la vile pratica quotidiana ed i suoi trabocchetti. Così un gruppo di illustri accademici ed (ex) top manager, chiamati a governare, si sono trovati a dover navigare in palude, ma non a caccia di anatre. Perché qui la palude è la burocrazia italiana che tutto blocca e giammai reagisce. E così principi sacrosanti quali la libertà d’impresa, che sono diventati legge dello Stato grazie al Governo Monti, (vedi D.L sulle liberalizzazioni) si sono andati ad impantanare nella pratica di tutti i giorni dove avere un bollo su un pezzo di carta richiede esattamente gli stessi tempi di prima e la corsa a “coprirsi le spalle” ed a non prendersi responsabilità è sempre la medesima. Alla faccia dello sviluppo. A questo aggiungiamo un

quantitativo di misure restrittive dell’economia (dette anche “tasse”) che ero capace di individuare anch’io come chiunque abbia frequentato economia. La maggior imlato consente allo Stato di pagare gli interessi sul debito pubblico, dall’altro, massacra lo sviluppo. E’ come un antibiotico: oltre a distruggere i batteri c’è il rischio che faccia altri danni ed è quindi necessario assumere anche farmaci che evitino questi ultimi. Alla nostra economia, però, questi farmaci non li ha somministrati nessuno, alE quindi, veniamo al “cambio di paradigma”: continuando nella direzione di oggi difci sorprenderà con effetti speciali e temo che dall’empasse all’implosione il passo sarà breve. Qui ci vuole un “cambio di paradigma”, cioè un’idea veramente fuori da ogni schema per far ripartire il Sistema Italia. Quest’idea non ce l’ha nessuno dei pur competentissimi membri del nostro Governo. Non ce la possono avere perché sono “vecchi” come me o più di me (hanno più di mezzo secolo se non tre quarti) e perché hanno studiato nelle mie stesse università, però lo hanno fatto, come me, trent’anni fa ! Qui bisogna essere umili: bisogna cercare tra i più brillanti giovani economisti internazionali un “portafoglio” di idee fuori dalle righe e prendere tutti insieme il rischio di metterle in opera, anche se il rischio sarà grosso. Perché questo non è più il

corsa. Bisogna che il Professor Monti, come professore e non come capo di governo, cerchi nella maggiori università internazionali questi cerL’AMBLIOPIA O “OCCHIO PIGRO”

provarlo nella pratica. Ma adesso, non domani, quando quel che resta della nostra politica casareccia sarà tornata ai posti di comando per riprendere il solito tran tran. (*)

(*) dal Dizionario del Corriere della Sera: “trantran [trantràn] o tran tran, onom., s. Voce che riproduce il rumore ritmico e monotono di un veicolo in costante movimento. Routine quotidiana: il solito t. di tutti i giorni

IL CUORE A 40 ANNI

Dott. ALDO CANZIO

Dott. ANTONIO SAPONARO

Il Dr. Aldo Canzio si è laureato in Medicina e Chirurgia e si è specializzato in OCULISTICA presso la Facoltà di Medicina e Chirurgia dell’Università “LA SAPIENZA” di Roma. E’ Dirigente Medico di I Livello presso l’Ospedale San Giovanni Addolorata di Roma dove svolge la sua attività professionale e dove è il responsabile della sezione di diagnostica retinica con l’O.C.T.

Il dottor Antonio Saponaro si è laureato in Medicina e Chirurgia presso l’Università di Roma “Tor Vergata” e specializzazato in Cardiologia presso la seconda Facoltà di Medicina dell’Università “Sapienza” di Roma. E’ in servizio presso il reparto di cardiologia del Policlinico Militare “Celio”. Svolge la sua attività professionale presso il Poliambulatorio Specialistico Nomentano ed in altri ambulatori romani. Ha al suo attivo alcune pubblicazioni sul Giornale di Medicina Militare e su Minerva Cardiologica.

MANGIARE D’ESTATE

DISMENORREA

Dott.ssa MAYME MARY PANDOLFO

Dott.ssa ANTONELLA CARNEVALE

La Dott.ssa Mayme Mary Pandolfo si è laureata in Medicina e Chirurgia e specializzata in Scienza dell’Alimentazione presso l’Università degli Studi di Roma “La Sapienza” con il massimo dei voti. Responsabile del Programma di Educazione Terapeutica Strutturata (ETS) in Diabetologia presso la UOC Diabetologia, Dietologia e Malattie Metaboliche dell’Ospedale “Sandro Pertini” di Roma ove svolge anche attività di ricerca in campo diabetologico. Esercita, inoltre, la sua attività professionale presso diverse strutture mediche della Capi-

La Dr.ssa Antonella Carnevale, si è laureata in Medicina e Chirurgia presso l’Università degli studi di Roma “La Sapienza”, e successivamente si è specializzata in Ginecologia ed Ostetricia nel medesimo ateneo con il massimo dei voti. Esercita la sua attività presso diverse case di cura ed ambulatori specialistici della capitale nonché nell’ambito della Branca di Radiologia del Poliambulatorio Specialistico Nomentano per quanto ostetrica.

pubblicati su riviste mediche internazionali ed ha presentato relazioni in congressi nazionali ed internazionali. E’ Responsabile della Branca di Scienza dell’Alimentazione presso lo Studio Medico Polispecialistico Cappuccini.

paese che non riesce più a crescere ed a creare opportunità e che quindi può soltanto, forse, consentire a

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L’Ambliopia o “Occhio Pigro” L’ambliopia o “occhio pigro” è un deficit dell’apparato visivo, che colpisce un solo occhio, in cui la funzione visiva è gravemente ridotta o assente. Il cervello, non riuscendo a interpretare correttamente le informazioni che gli giungono, ignora i segnali che provengono dall’occhio in questione. Nei bambini il danno è spesso reversibile, ma purtroppo solo fino ai 6 anni di età, in virtù della plasticità della funzione visiva, nel corso dello sviluppo.

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Dott. ALDO CANZIO Responsabile Branca di Oculistica Studio Medico Polispecialistico Cappuccini

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’ambliopia si presenta quando il bambino “non usa” un occhio, le cui immagini vengono soppresse nella corteccia cerebrale. Questo avviene di solito in 3 casi, ovvero quando: • il bambino non vede bene a fuoco con uno dei due occhi rispetto all’altro • il cervello non riesce più a “fondere” le immagini che provengono dall’occhio deviato con quelle fornite dall’occhio sano • alla retina non arrivano affatto le immagini a causa di ostacoli anatomici. Rispettivamente, le tre cause più frequenti sono pertanto: • un difetto di rifrazione di un occhio (cioè l’occhio è incapace di focalizzare le immagini sul piano della retina, dove, in condizioni di normalità, dovrebbero cadere) che sia molto più elevato dell’occhio controlaterale (si parla di “anisometropia”, quando tale differenza è superiore alle 3 diottrie) • una deviazione del bulbo oculare o strabismo (nell’infanzia il più comune è quello convergente o “esotropia”, generalmente causato da un’ipermetropia molto elevata), • patologie che impediscano il passaggio dei raggi luminosi sulla retina (cataratta, ptosi, cicatrici corneali).

La diagnosi e la terapia dell’ambliopia, pertanto, non può prescindere da una visita oculistica completa con il fondo oculare, che dovrà essere sempre necessariamente completata da un esame ortottico approfondito con i test relativi corredati. La prima cura consiste nel diagnosticare correttamente e correggere totalmente il difetto di rifrazione, con lenti a fronte montate su occhiali, che vanno portati a permanenza, ed eliminare ove presenti tutti gli ostacoli e le opacità che impediscono la corretta visione, tramite intervento chirurgico. Parallelamente, è di capitale importanza far lavorare l’occhio pigro; per fare questo si copre l’occhio sano, con una tecnica chiamata “occlusione”,consistente nell’applicazione di un bendaggio totalmente coprente sull’occhio migliore, che può essere prescritto a permanenza, o solo per fasce orarie, a seconda della gravità.

Questa terapia deve essere approntata immediatamente e precocemente, dato che per essere efficace essa infatti va effettuata entro i 6 anni di età, ed è molto importante che tutte le indicazioni vengano seguite con la massima attenzione e precisione dai genitori del bambino, che ovviamente cercherà di opporsi ad essa. Se non corretta bene e per tempo, l’ambliopia può essere irreversibile, e pertanto può causare la notevole riduzione o la perdita della capacità visiva di un occhio. Inoltre, verrà in seguito a meno anche la visione binoculare, cioè la capacità di vedere in modo tridimensionale gli oggetti, e di apprezzare la profondità e le distanze degli oggetti.

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Dismenorrea La dismenorrea è una condizione nella quale il ciclo mestruale risulta essere particolarmente doloroso: è un disturbo piuttosto frequente tra le donne ma in alcune può addirittura diventare invalidante tanto da limitarne le quotidiane abitudini e stili di vita. Dott.ssa Antonella Carnevale Specialista in Ginecologia e Ostetricia Branca di Diagnostica per Immagini Poliambulatorio specialistico L. C. NOMENTANO

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a sindrome dolorosa può manifestarsi qualche giorno prima dell’inizio della mestruazione e protrarsi fino ai primi tre giorni dall’inizio del flusso mestruale. I disturbi che si presentano più frequentemente sono dolore addominale (spesso molto intenso), mal di schiena, mal di testa, nausea e diarrea. La dismenorrea viene distinta in primaria e secondaria: se la sintomatologia dolorosa ha inizio con il menarca, cioè la prima mestruazione, o entro i primi due anni di funzione mestruale, la dismenorrea viene detta ”primaria“ (o anche fisiologica o primitiva) se invece compare più tardivamente, è detta “secondaria”.

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Le cause di dismenorrea possono essere funzionali od organiche. Sono di natura “funzionale“, quando non sussistono alterazioni dell’apparato genitale apprezzabili alla visita specialistica e/o alla diagnosi strumentale che l’accompagna. La causa è quindi da ricercarsi in un eccesso di produzione di prostaglandine, sostanze ormonosimili che stimolano la muscolatura uterina provocando contrazioni spastiche e dolorose dell’utero, probabilmente per predisposizione genetica. In questo caso, i dolori compaiono nel periodo premestruale o anche al primo giorno del ciclo. Le più colpite sono le adolescenti ma spesso tale sintomatologia viene riferita anche dalle donne che non hanno concepito figli, da quelle che hanno mestruazioni di lunga durata e con flusso abbondante o dalle fumatrici. Fortunatamente però, la dismenorrea funzionale,

non solo risulta di scarso valore clinico ma non influenza assolutamente la capacità riproduttiva della paziente. Generalmente tende a ridursi con il passare del tempo fino a scomparire dopo la gravidanza. La terapia ha lo scopo di diminuire la concentrazione di prostaglandine responsabili della contrazione e del dolore uterino attraverso l’ utilizzo di farmaci antinfiammatori non steroidei (FANS) o della pillola anticoncezionale la quale, inoltre, esercita un controllo del ciclo mestruale in termini sia di regolarità che di riduzione del flusso. La dismenorrea primaria è generalmente di natura funzionale. Diversamente, il dolore mestruale da causa organica può rappresentare la spia di una patologia di altri apparati, ovvero di altri “organi”. L’apparato genitale (in condizioni come processi infiammatori a carico della pelvi femminile, presenza di cisti ovariche, retroversione uterina, varicocele pelvico, fibromatosi uterina, malformazioni uterine congenite, presenza di dispositivo intrauterino come la

spirale, ecc.) può esserne responsabile, come anche apparati come quello urinario, intestinale, ecc. (in condizioni come appendicite, infezioni delle vie urinarie, coliche intestinali, coliche renali, coliche biliari, sindrome dell’ intestino irritabile ecc.) per la vicinanza alla pelvi femminile. In questo caso, la sintomatologia tende ad insorgere nel corso del flusso mestruale e la sua risoluzione è chiaramente subordinata alla risoluzione della problematica relativa all’organo responsabile. La dismenorrea secondaria generalmente è di origine “organica”. Se poi invece il dolore mestruale compare o persiste dopo la mestruazione può suggerire la presenza di endometriosi pelvica e/o adenomiosi. Grazie ad un’attenta raccolta dei dati anamnestici, e con l’ausilio dell’ecografia pelvica e degli esami di laboratorio, nonché di un approccio multidisciplinare, si è in grado di fare una corretta diagnosi che consenta di dimenticare “quel doloroso appuntamento mensile“ e, non meno importante, indirizzare le pazienti allo specialista di riferimento.

Piccole donne crescono... Infanzia ed adolescenza sono due fasi della vita delicate e caratterizzate da problematiche specifiche. Dal punto di vista dello sviluppo femminile, il supporto di una specialista ginecologa può essere importante sia per prevenire potenziali malattie che stili di vita sbagliati i quali, alla lunga, risultano causa a loro volta di patologie specifiche. In questo ambito, lo specialista ginecologo deve occuparsi sia della diagnosi e della cura, laddove necessario, ma anche dedicare particolare attenzione agli aspetti psicologici ed all’impatto che tali problematiche possono avere sulle giovani pazienti. Il LABORATORIO CLINICO NOMENTANO, dedica a bambine e ragazze ed ai loro genitori, un momento d’incontro pensato per le loro esigenze nell’ottica della prevenzione medica e dell’impostazione di corretti stili di vita.

Bambine e ragazze tra i 10 ed il 16 anni di età, accompagnate dalla propria madre, potranno incontrare le specialiste ginecologhe, eseguire un’ecografia pelvica a fini della prevenzione di possibili patologie specifiche della loro età, e ricevere dalla specialista consiglio sugli stili di vita e le condizioni alla base di uno sviluppo femminile sano e rispettoso della propria fertilità.

Incontro ed ecografia pelvica sono proposti alla tariffa di favore di 60 euro.

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Il cuore presenta il conto a 40 anni L’aterosclerosi è una malattia legata all’invecchiamento e come tale colpisce prevalentemente soggetti anziani attraverso l’irrigidimento delle arterie e deposito di grassi sulle loro pareti. Sebbene la patologia sia meno frequente tra i più giovani interessa comunque un’ampia fascia della popolazione. Dott. Antonio Saponaro Specialista in Cardiologia

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pesso, quando si parla di aterosclerosi, vengono riportati i risultati di uno studio condotto su soldati americani morti in Corea e Vietnam che evidenziò una percentuale significativa di lesioni coronariche in giovane età. Ancor più sorprendenti sono i risultati di un altro studio in cui il 50% dei feti di madri ipercolesterolemiche presentava già strie lipidiche nelle pareti dell’aorta. I dati citati rivestono particolare interesse perché rappresentano la prova che il danno alle pareti delle nostre arterie è precoce, molto precoce, rispetto allo sviluppo della malattia coronarica e della cardiopatia ischemica. È per questo che le ragioni di infarti, angina pectoris e altre manifestazioni di danno miocardico, vanno ricercate anche nello stile di vita che si conduce in giovane età. Molti dei fattori di rischio cardiovascolare, oramai arcinoti e che più volte abbiamo citato nei nostri articoli, sono modificabili e sono legati ad abitudini e stili di vita non propriamente corretti dei giovani. Essere sregolati a 20 anni mette a rischio il cuore a 40. Ad 10

essere sotto accusa sono alcol, fumo, attività sedentaria e peso eccessivo mantenuti per qualche anno. Lo conferma una ricerca di una importante università statunitense, la Northwestern University Feinberg School of Medicine, pubblicata su Circulation: il 60 per cento delle persone che mantengono uno stile di vita sano a 20 anni raggiunge i 40 con un rischio più basso di sviluppare patologie a carico del cuore e delle sue arterie rispetto al 5 per cento di chi si è dedicato agli eccessi da giovane. Lo studio ha monitorato lo stile di vita di 3.000 persone con una età media di 24 anni rilevando i valori della pressione sanguigna, del colesterolo e degli zuccheri nel sangue, l’indice di massa corporea, l’abitudine ad alcol e tabacco e la pratica di esercizio fisico e misurandoli nuovamente dopo 20 anni. Una conferma, insomma, che uno stile di vita sano paga. Ma perché il cuore chiede il conto dopo 20 anni delle sregolatezze compiute da giovani? E quali sono le poche semplici regole da seguire? Il motivo del ritardo nelle manifestazioni cliniche degli eccessi “giovanili” va ricercato nei tempi di sviluppo della malattia coronarica. Il processo di per se, fatte salve alcune eccezioni, non è velocissimo. Ci vogliono anni perché i danni provocati dal fumo di sigaretta, dall’eccesso di grassi e zuccheri nel sangue, dall’obesità e dagli squilibri metabolici che comporta, dagli elevati valori di pressione sanguigna, provo-

chino lesioni alle pareti interne delle arterie coronarie con il successivo accumulo di grasso ed altre sostanze tossiche al loro interno. E ci vogliono anni, affinché queste lesioni si ingrandiscono al punto tale da compromettere in maniera significativa il calibro di quelle arterie, le coronarie, che sono deputate al trasporto di sangue al muscolo cardiaco. Il problema principale è poi legato alla pressoché totale irreversibilità del processo. Una volta iniziata, la formazione della placca aterosclerotica, ha solitamente un decorso evolutivo e con la rimozione degli stimoli dannosi, l’evoluzione della lesione può eventualmente arrestarsi e stabilizzarsi, ma quasi mai regredire. E per questo che uno stile di vita sano è auspicabile e raccomandabile sin dalla giovane o giovanissima età. Evitare alcune abitudini come il fumo di sigaretta, l’eccessivo consumo di alcolici, o un’alimentazione basata prevalentemente su zuccheri complessi e grassi ed unire a queste limitazioni un’attività sportiva regolarmente praticata, significa da una parte consentire all’organismo una migliore performance fisica e una crescita più armonica anche dal punto di vista estetico e dall’altra ridurre in maniera significativa la probabilità di sviluppare malattie cardiovascolari dai 40 anni in poi.

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In Vacanza con la

Dieta Mediterranea! Benvenuta estate e con essa finalmente il sole, il mare, le passeggiate in montagna, le giornate lunghe e l’agognata vacanza! È consigliabile un’alimentazione particolare in questo periodo in cui molti hanno meno fame e tollerano solo bevande e alimenti freddi? E per chi invece è di buon appetito tutto l’anno? E ancora: siamo più dinamici in estate o siamo sedentari come in inverno o viceversa? Andiamo con ordine e proviamo a fare qualche considerazione. Dalle previsioni metereologiche sentiamo che la temperatura atmosferica è elevata, variando da 17 a 35 ° C fino ai 40 ° C e più, mentre sappiamo che la temperatura corporea umana è circa 37° C, ossia molto simile alla temperatura esterna. Sappiamo inoltre che il grado dell’ umidità dell’aria può farci percepire la temperatura più elevata dei livelli effettivamente raggiunti. In queste condizioni il nostro corpo non può cedere calore all‘esterno poiché l’esterno non è più freddo di noi. La dispersione del calore è uno dei modi in cui il nostro metabolismo brucia energia (misurata come ‘calorie’) e se abbiamo un minor dispendio di energie anche il bisogno di assumerne con l’alimentazione si riduce, ossia abbiamo meno appetito. Ecco perché in estate si tende a mangiare pasti più ridotti e comunque dalla temperatu12

ra più bassa rispetto a quella interna al nostro corpo. Occhio però a quanto freddi sono gli alimenti che mangiamo e attenzione ad evitare le bevande ghiacciate! In questi casi lo shock termico che imponiamo al nostro tratto gastro-enterico è elevato e i nostri vasi sanguigni intestinali si restringono repentinamente congestionandosi e riducendo il flusso di sangue all’intestino stesso mentre deve lavorare per digerire. Ciò può provocare cattiva digestione, sofferenza e dolori addominali fino alla vera e propria ischemia dell’intestino. E così la bevanda o il pasto freddo non sono più un piacere ! Tutti noi sperimentiamo che in condizioni di intenso caldo la sudorazione aumenta; è questo infatti il modo principale con cui l’organismo cerca di disperdere un pò del calore accumulato. La perdita di liquidi può raggiungere livelli importanti (dal 3-4 % del peso corporeo di un adulto, ossia 2-2,5 litri, fino al 15% del peso corporeo di un bambino) e in genere la sete dà il campanello di allarme inducendoci a reintegrare le nostre riserve, quando ormai le perdite di liquidi sono state ingenti. Perciò è bene cercare di anticipare il senso della sete bevendo spesso soprattutto nel caso di anziani o bambini (in questi ultimi, il segnale fisiologico della sete

può essere meno riconoscibile). Si raccomanda perciò di bere circa 2 litri di acqua o tè o altre bibite, meglio se preparate in casa senza zuccheri aggiunti oltre il necessario per renderle gradevoli al palato. Le bibite commerciali in genere sono molto zuccherate ed un loro consumo abituale non solo non soddisfa la sete ma si può tradurre in un eccesso di grasso corporeo che predispone all’ iperinsulinismo e alla Sindrome Metabolica. Con i liquidi persi nella sudorazione si perdono anche molti sali minerali e la semplice acqua del rubinetto o quella minerale, naturalmente effervescente o meno, può ripristinare gran parte del nostro fabbisogno quotidiano. Un’altra importante fonte di sali minerali e anche di vitamine sono la frutta e la verdura. Come indicato dalla Piramide della Dieta Mediterranea, due porzioni di frutta al dì fino ai 600 g. giornalieri e 2 porzioni medie di verdure crude o cotte assicurano la dose giornaliera di questi micronutrienti raccomandata per un adulto sano, insieme ad acqua, fibra e antiossidanti naturali. Divertiamoci quindi a variare tra i molti tipi di frutta estiva, assumendoli magari durante gli spuntini per assicurarci la quota di zuccheri semplici necessaria nelle ore di digiuno tra un pasto princi-

pale e l’altro. L’uso di assumere integratori polivitaminici, quindi, spesso non è necessario e dovrebbe essere riservato solo a stati di carenze nutrizionali diagnosticate mediante le analisi del sangue e che, appunto, richiedano una ‘integrazione’. Non dimentichiamo però che anche i legumi consentono un buon apporto di micronutrienti e di fibra e anche in estate possono far parte di ricette fredde, assumendoli ad esempio in insalate o comunque come contorno di carne in gelatina o pesce o uova o formaggio, specie se sgocciolati e conditi con olio extra vergine di oliva, aceto, sedano, cipolla, pepe nero e mille altre spezie o erbe, seguendo i nostri gusti e la “fantasia del palato”. Ed i macronutrienti? Come assumiamo la razione giornaliera raccomandata di carboidrati, proteine e lipidi? La fonte principale è costituita dai tre pasti principali della Dieta Mediterranea che, se variata e bilanciata nella quota percentuale dei macro e micronutrienti, ci fornisce tutto ciò di cui abbiamo bisogno per mantenerci sani, in estate come durante tutto l’anno. Svegliarsi più tardi in una tipica mattina estiva si concilia benissimo con una colazione più tardiva senza dover rinunciare al valore nutrizionale di un bicchiere di latte, magari freddo, o yogurt accompagnati da biscotti o pane e marmellata o cereali o frutta. Se poi andiamo al mare e volessimo assumere un pranzo leg-

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gero che ci consenta di fare una nuotata poco dopo, possiamo scegliere alimenti facilmente digeribili come della pasta fredda condita con verdure crude o appena scottate in padella o una insalata di riso o di cereali integrali (orzo, farro, avena, ecc.) o ancora del cous-cous con verdure. I carboidrati complessi contenuti in questi alimenti hanno tempi di digestione più rapidi rispetto a quelli richiesti dai secondi piatti in cui prevale il contenuto di proteine e grassi (carne, pesce, uova, formaggio). Inoltre i farinacei appena menzionati e anche il pane e i crackers o altri prodotti da forno ci forniscono glucosio essenziale per le nostre attività pomeridiane, secondo orari adeguati. Non è utile, né nutrizionalmente valido, infatti, pranza14

re soltanto con del gelato o con frutta o ancor peggio con sola verdura per ‘restare leggeri’. Questi alimenti, come già detto ci danno zuccheri semplici in quantità esigue e in tempi molto rapidi, adatti allo svolgimento di attività di breve durata e sono quindi da considerarsi validi spuntini e non sostituti di un pasto. E se volessimo essere particolarmente sbrigativi nel preparare il nostro pranzo? Possiamo ricorrere al panino che, da solo, come pane con verdure, sarebbe digeribile quanto un piatto medio di pasta. Se invece volessimo aggiungere del secondo basterà non esagerare con le quantità per non prolungare i tempi di digestione evitando anche di aggiungere maionese o altre salse grasse o abbondante formaggio poiché

i grassi rallentano i tempi di svuotamento dello stomaco. Quindi potremo goderci a pranzo un panino con modiche quantità di salmone o tonno o di affettato magro come bresaola, tacchino e prosciutto crudo (occhio al contenuto di sale e ad integrare con sufficiente acqua!) e poi a cena potremo assumere quantità maggiori di secondo per mantenere e tutelare la nostra massa magra così preziosa per sostenere il nostro metabolismo basale e per costruire il nostro scheletro e formare muscoli, tendini, anticorpi, ormoni e il nostro sistema nervoso. A questo scopo, dovremo alternare i secondi durante la settimana secondo una frequenza che prevede: 3 volte il pesce (inclusi tonno e salmone), 2 volte la carne,

bianca e rossa (inclusa quella in gelatina se ci piace), 2 volte i legumi, 1 volta 2 uova, 1-2 volte il formaggio, 1 volta i salumi. In sintesi, a pranzo e a cena non dimentichiamo la verdura e l’acqua per il nostro transito intestinale e per coprire il fabbisogno di micronutrienti. Poi, qualunque sia la pietanza principale del pasto (primo o secondo o entrambi), la giusta quantità di pasta o riso o di pane o di patate o di legumi potranno completare il corretto bilancio dei tre macronutrienti e mantenere attivo il nostro metabolismo. Insomma, godiamoci la varietà della Dieta Mediterranea e portiamola con noi in vacanza!

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On line il portale dell’Istituzione Culturale Monterotondo

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revista nel Testo Unico degli Enti Locali, l’Istituzione ha l’obiettivo di incrementare efficacia ed economicità dei servizi culturali erogati dal Comune. Tra le attività specifiche la gestione dei rapporti con le associazioni culturali e sportive, l’incremento del patrimonio librario, documentale e archeologico comunale, ed inoltre studi, ricerche, convegni e manifestazioni.

Da metà giugno, l’ICM, ha messo on-line il suo portale - www.icmcomune.it - dedicato all’informazione culturale e turistica della città. “Abbiamo pensato al sito - afferma l’assessore alla Cultura Riccardo Varone – come ad una vetrina promozionale della città. L’intento è quello di promuovere Monterotondo, le sue tradizioni e il suo patrimonio culturale. Il sito risponde all’esigenza di comunicare in maniera

www.icmcomune.it

Operativa da poco meno di sei mesi, l’ICM, ovvero l’Istituzione Culturale Monterotondo, è l’ente “strumentale” che il Comune di Monterotondo ha deputato a gestire servizi, eventi e spazi culturali comunali (museo archeologico, biblioteca, auditorium).

dinamica, agevolando la pianificazione degli eventi e rafforzando la rete relazionale che lega le associazioni e le realtà che operano nel settore della cultura”. Diverse le opportunità offerte dal sito, ricco di informazioni sugli appuntamenti e sui luoghi d’interesse. Dai link attivi sull’home page è possibile ricavare la mappa e le informazioni sui luoghi di interesse turistico della città, informazioni sul museo archeologico, sulla biblioteca comunale e sui suoi servizi, sugli avvisi pubblici e sui bandi in ambito culturale. Tra le particolarità più rilevanti il calendario elettronico degli eventi e il “censimento” degli artisti locali, grazie ai quali le realtà associative e gli artisti

possono promuovere le proprie iniziative e proposte. «Con il sito dell’Istituzione – ha detto il sindaco Alessandri presentando l’iniziativa– si amplia ulteriormente l’offerta dei servizi web che l’Amministrazione comunale mette a disposizione della città, già estesa con la presenza del Comune sui social network. Per l’ICM il portale rappresenta uno strumento di grande potenzialità, che contribuirà ad ottimizzare strategie promozionali ed organizzazione degli eventi, in una logica di condivisione che rappresenta la natura del modus operandi dell’Istituzione».

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FARA MUSIC The Collective School of Music di New York

Mercoledì 1 Agosto Jonathan Kreisberg Quartet

30 Luglio - 5 Agosto

Clinic, Concerti, Premio Jazz Live, Jam Session...

Info: www.faramusic.it

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Mercoledì 1 Agosto aprirà le serate il Jonathan Kreisberg Quartet, con lui Will Vinson al sax, Orlando Le Fleming al contrabasso e Mark Ferber alla batteria. Giovedì 2 Agosto sarà di scena Antonella Ruggiero, una delle più belle voci della musica italiana, che ha fondato e reso famosi i Matia Bazar, suonerà in Trio con Fabio Zeppetella alla chitarra e Ramberto Ciammarughi al pianoforte. Il repertorio spazierà dagli Anni ‘30 agli Anni ‘50, con il musical di Broadway, il fado portoghese, il repertorio cubano, la canzone francese, il tango argentino e la canone italiana. Venerdì 3 Agosto, Billy Hart, suonerà in

Direttore artistico Enrico Moccia

Giovedì 2 Agosto Antonella Ruggiero

Seminari di Strumento e Laboratori di Canto

al 30 luglio al 5 agosto Fara in Sabina ospiterà la VI edizione del Fara Music Festival, una manifestazione che ormai merita di essere considerata un “classico” nel panorama del Jazz in Italia. Come negli anni passati il Festival si contraddistinguerà per una fusione tra scelte artistiche internazionali e proposte che contraddistinguono la cultura musicale italiana. Le edizioni precedenti hanno visto infatti alternarsi ospiti mondiali come John Scofield, Yellow Jackets, Tuck & Patti, Stochelo Rosenberg ed artisti italiani quali Enrico Rava, Danilo Rea, Gegè Telesforo, Roberto Gatto, Fabrizio Bosso.

www.faramusic.it

Venerdi 3 Agosto Billy Hart Trio, con Dario Deidda al basso e Max Ionata al sax. Batterista, Billy Hart ha iniziato la sua carriera nella soul music suonando per Otis Redding e Same and Dave. E’ stato membro del sestetto di Herbie Hancock dal ‘69 al ’73, ha suonato nelle formazioni di Stan Getz dal ’74 al ’77 ed ha registrato per Miles Davis album come “On the Corner” e “Tutu”. Sabato 4 Agosto, sarà la volta di Jonathan Kreisberg. Chitarrista e compositore newyorkese tra i più attivi della sua generazione, nel corso degli anni ha saputo lasciarsi influenzare da compositori classici come Claude Debussy e da musicisti jazz come Bill Evans, Miles

Sabato 4 Agosto Jonathan Kreisberg

Davis, John Coltrane. Domenica 5 Agosto, chiuderà il Festival, Chihiro Yamanaka Trio. Tredici dischi all’attivo, miglior pianista giapponese e ac-

clamata in USA, nativa di Tokyo ma residente a New York, Chihiro Yamanaka, negli ultimi anni ha effettuato concerti in piano solo, in trio e con Orchestra

in jazz festival e venue tra le più importanti al mondo. Si è esibita con importanti nomi del jazz, tra cui Clark Terry, Gary Burton, George Russell, Cur-

tis Fuller, Ed Thigpen, Nancy Wilson, George Benson ed Herbie Hancock.

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l Fundus Fianus o Flavianus viene è riportato per la prima volta nel diploma di Lotario I dell’anno 840 che ne assegna la proprietà all’Abbazia di Farfa: dunque un’origine documentale molto antica, alto medievale, ma certamente la zona era abitata molto prima, in epoca etrusca e romana, come la storia della vicina Capena ci dimostra. Nei secoli subito successivi non mancano le citazioni, alcune interessanti per la capacità di datare fatti specifici: nel 1081, una bolla di Papa Gregorio VII riconosce la proprietà del “Castellum” Flaianum al Monastero benedettino di S. Paolo fuori le Mura (evidentemente ormai, non si trattava di un semplice “fundus” ma si era già sviluppato un abitato con una qualche capacità difensiva) ma già prima il monastero doveva avere interessi a Fiano perché nel 1058 i conti di Galeria avevano donato ai monaci la Chiesa di “Sancta Maria ad Pontem de Flaiano” e quella di S. Biagio “infra castellum de Flaiano” Passano i secoli e tra il XIV ed il XV gli Orsini acquistano Fiano dai monaci e la tennero fino al 1600, quando questi lo vendettero a Caterina de’ Nobili, madre del Cardinale Francesco Sforza, il quale nel 1607 ottenne il titolo di Duca di Fiano per Sforzino, suo figlio naturale. Nel 1621, Orazio Ludovisi, fratello di Gregorio XV e Governatore Generale delle

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Il Fundus Fianus o Flavianus viene è riportato per la prima volta nel diploma di Lotario I dell’anno 840 che ne assegna la proprietà all’Abbazia di Farfa: dunque un’origin

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armi e di tutte le milizie di Santa Romana Chiesa, comprò il Ducato per poi cederlo nel 1690 a Papa Alessandro VIII, il quale lo regalò successivamente al nipote Marco Ottoboni, Generale delle Galere e della Marina Pontificia e Castellano di Castel S.Angelo. Gli Ottoboni furono signori di Fiano fino al 1897 quando vendettero sia il castello che i terreni. Il Castello, oggi proprietà del Comune di Fiano, come possiamo attualmente ammirarlo è il frutto di una somma di interventi. A Niccolò III Orsini (1442-1510), uomo d’arme e capitano generale della Serenissima, dobbiamo, tra il 22

1489 ed il 1493, il principale di questi interventi con l’ampliamento della rocca medievale allora con l’inserimento di un palazzo rinascimentale in base ad un progetto di Giuliano da Sangallo. dal duca di Fiano Marco Ottoboni, il quale, alla fine del ‘600 aggiunse al castello aggiungendo l’ala prospicente Porta Capena e via Roma.

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Intervista al Sindaco di Fiano Romano OTTORINO FERILLI

GALILEO FABRIZIO SCIARRETTA

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indaco Ferilli, Fiano possiede un antico ed ampio borgo storico. Quali iniziative avete in mente per la sua valorizzazione? La riqualificazione del centro storico è un impegno importante nel Piano di Mandato del sindaco. Il Centro Storico ricopre un punto fondamentale nelle azioni che questa Amministrazione ha messo in campo. A breve, chiuderemo l’accesso ai non residenti tramite paletti disabilitatori ed avvieremo un progetto specifico per far divenire il nostro castello un vero attrattore turistico. Innanzitutto trasferiremo da lì gli uffici comunali che il castello ospita e svilupperemo poi una gamma di attività che consenta al castello di autofinanziarsi: non si può far vivere una realtà di questo tipo aspettando i contributi regionali o provinciali per fare manutenzione. Abbiamo poi già approvato il progetto per realizzare una struttura di servizi al pubblico che funga da punto di articolazione della passeggiata intorno alle mura ed adesso andremo a gara per appaltare i lavori.

che non voglia diventare una specie di museo di se stesso privo proprio di quella dimensione dell’abitare per la quale è stato costruito in origine. Il nostro borgo ha avuto la fortuna di essere stato oggetto di acquisti da parte sia di fianesi che di persone di fuori che hanno ristrutturato gli immobili valorizzando l’insieme. Più recentemente abbiamo avuto il fenomeno degli affitti abusivi delle cantine che però è in via di eliminazione. Io credo che, anche attraverso la pedonalizzazione ed il recupero delle aree naturalmente vocate all’incontro ed alla socialità, ci stiamo mettendo sulla strada giusta proprio per sviluppare una situazione contraddistinta dall’opportunità di poter godere di un abitare di particolare qualità. In questo senso va anche l’impiego che facciamo del centro storico come contenitore per eventi culturali, quali lo “Schermo è donna”, la rassegna cinematografica italiana da anni punto di incontro dei più grandi nomi del cinema italiano, il Borgo Festival che fino a metà luglio offre manifestazioni di diverso genere praticamente tutte le sere.

Ed in termini di “residenzialità” è ipotizzabile che divenga un luogo dove sviluppare un abitare di particolare qualità ? Quali sono le dinamiche in corso? Il tema della residenzialità è centrale per qualsiasi borgo storico

In tema di qualità del territorio, il Comune di Fiano si sta impegnando nella raccolta differenziata. A che punto siete e quali gli obiettivi 2012? Debbo dire di essere molto soddisfatto di come vanno le cose:

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credo che alla base dei risultati di oggi ci sia stata una buona impostazione iniziale. Siamo partiti con un’iniziativa di formazione nelle scuole, poi abbiamo fatto una vasta campagna d’informazione dedicate sia alle famiglie che agli operatori economici. Siamo andati subito molto bene nella raccolta della carta, tanto da vincere un concorso ad hoc della Provincia di Roma, le Cartoniadi: con i 40.000 euro del premio stiamo realizzando isole ecologiche nei condomini i quali, insieme ai centri storici, sono logisticamente le situazioni in cui è più complesso gestire la differenziata. Con un altro contributo della Provincia, di 250.000 euro, contiamo di costruire una isola ecologica nella zona industriale. Insomma, credo che l’obiettivo del 2012 di arrivare al 60% di raccolta differenziata non dovrebbe sfuggirci. Fiano continua a crescere dal punto di vista abitativo ma è anche sede di una vasta Zona Industriale. Il Come come si impegna per garantire uno sviluppo territoriale armonico e rispettoso dell’ambiente? Quand’ero ragazzino, l’idea imperante a Fiano era che l’abitazione doveva essere una casa unifamiliare con l’orto. Temo che i tempi che viviamo non con-

sentano di tener fede a queste concezioni del vivere che, peraltro, sono bellissime. Però, non da meno, non abbiamo alcuna intenzione di consentire uno sviluppo indiscriminato: Fiano ha ancora aree edificabili da piano regolatore e l’edilizia che il Comune metterà in campo sarà equilibrata ed all’interno delle effettive capacità infrastrutturali del territorio. Vi è poi da considerare un altro aspetto che può sembrare un po’ tecnicistico ma che invece è fondamentale. Infatti, Fiano come ogni altro comune non può più aspettarsi trasferimenti di fondi dallo Stato tali da consentire grandi interventi, quindi è necessario utilizzare opportunamente la collaborazione pubblico-privato. Così abbiamo approvato una delibera quadro che definisce quali siano le contropartite che l’Amministrazione può concedere ai privati che si offrano di realizzare opere pubbliche a vantaggio della comunità. Quindi niente discorsi ad personam ma chiarezza e univocità di comportamenti nei confronti di tutti coloro disposti a mediare il loro interesse personale con gli interessi collettivi del nostro territorio.

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Le unioni dei comuni Intervista a Santino Desideri, Presidente dell’Unione dell’Alta Sabina

Cos’è un’Unione di Comuni? Per dirla con i concetti del Diritto Amministrativo, è un “ente territoriale di secondo grado”, cioè un organismo che si situa tra comune e provincia, ma, in termini pratici, è il futuro (prossimo) dell’amministrazione dei nostri territori. In più, per legge, è la soluzione attraverso la quale i comuni più piccoli dovranno strutturarsi da ora in poi per mettere insieme le loro risorse ed offrire servizi ai loro cittadini.

CONVENZIONI SANITARIE CASPIE DAY MEDICAL EUROPASSISTANCE FASDAC FISDE FONDO EST NEWMED PREVIMEDICAL SARA ASSICURAZIONI UNISALUTE UNIVERSITA’ POPOLARE ERETINA

Il concetto di unione di comuni nasce nel 2000, con la legge 267, che le assegna l’obiettivo di esercitare congiuntamente una pluralità di funzioni originariamente di competenza dei comuni. In altre parole, servizi e funzioni di pertinenza dei comuni vengono trasferiti all’unione e da questa gestiti in modo di scala ed un livello di servizio che il singolo piccolo comune non potrebbe provvedere. Nel 2010, la legge 122 è tornata sull’argomento stabilendo che a 5.000 abitanti sono obbligati a svolgere in forma associata, attraverso convenzione o unione di comuni, le funzioni generali di amministrazione, di gestione e di controllo, di polizia locale; di istruzione pubblica, della viabilità e dei trasporti, la gestione del territorio e dell’ambiente e le funzioni del settore sociale. Il Lazio conta 21 Unioni: di queste 4 sono localizzate nella Sabina Reatina, una nella Sabina Romana ed una nella valle del Tevere in provincia di Roma. Per capirne di più, abbiamo incontrato Santino Desideri, sindaco di Poggio Moiano e presidente dell’Unione dell’Alta Sabina. Presidente Desideri, partiamo facendo un pò di storia, sia delle unioni in generale che di quella dell’Alta Sabina. In realtà, se parliamo di storia, allora quella delle unioni ha or-

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mai più di dieci anni durante i quali è però cambiato di molto il contesto generale. Infatti, le unioni nascono come un’opportunità discrezionale di cui i comuni più piccoli potevano o meno avvalersi. Con gli ultimi delle amministrazioni locali e ridurre i costi ad ogni livello, invece le unioni sono divenute un fatto cogente. Infatti, i comuni con meno di 1.000 gestione di tutti i servizi con altri comuni, non disporranno più di un bilancio proprio e non avranno più nemmeno una giunta ma solo il sindaco ed il consiglio comunale. I comuni con oltre 1.000 abitanti metteranno invece insieme solo i servizi principali e manterranno l’assetto istituzionale di oggi. Detto questo, iniziano subito i problemi perché abbiamo si una legge di riferimento ma non i regolamenti attuativi e neanche, per lo meno nel Lazio, quelle leggi regionali che devono fare da corollario alla legge nazionale. Così, per esempio, cosa faremo quando un’unione associa comuni con più e meno di 1.000 abitanti ? si dovranno comportare tutti come se avessero meno di 1.000 abitanti o a seconda dei casi si adotteranno soluzioni diverse ? Solo per cronaca, la prego di notare, che il sistema elettorale è già stato riformato. Così in un comune con meno di 1.000 abitanti il sindaco si trova a governare senza giunta, con un

G. F. Sciarretta potere particolarmente ampio, ma non è ancora chiaro come questo suo potere locale trovi un contrappeso nei meccanismi decisionali propri dell’unione. Insomma, stiamo aspettando, ma speriamo di non dover aspettare troppo. Lei però ha alle spalle dieci anni di esperienza. Quali ritiene siano le maggiori difficoltà ed invece le opportunità? L’Unione dell’Alta Sabina nasce nel 2000 ed ha messo insieme i comuni di Casaprota, Poggio Moiano, Scandriglia, Orvinio, Poggio Nativo e Torricella Sabina. Dieci anni di esperienza mi dicono che il problema maggiore è superare il campanile. Poi, va anche confessato che spesso le come un luogo da dove prendere piuttosto che dove dare e mettere in comune. Lo spirito, invece, deve essere quello di unire le forze, umane ed economiche, per gestire al meglio un territorio. Nel nostro caso, per esempio, Osteria Nuova potrebbe rappresentare un volano di sviluppo per tutti i comuni che vi fanno territorialmente riferimento concentrando e nel contempo accrescendo i servizi che verrebbero ad essere collocati in un punto di passaggio comune. Mi fa un esempio per tutti? Si, certo. La parola d’ordine è il concetto di poli di accentramento, cioè di concentrare certi servizi, per esempio l’istruzione superiore o gli asili nido, in certi punti e lasciare distribuiti sul territorio gli altri livelli scolastici. Nell’esperienza to, abbiamo operato in questo modo sul servizio scolastico e sui servizi sociali. In quest’ulti-

mo caso, abbiamo creato un bacino anche più ampio mettendo insieme le due unioni dell’Alta Sabina e della Valle dell’Olio ed il Comune di Fara Sabina. Oggi, comuni che non disponevano di servizi sociali possono così offrirli ai loro cittadini. Se per i servizi mi sembra che il modello sia chiaro, che ruolo possono giocare le unioni per generare sviluppo economico? Guardi, può sembrare un esempio lontano, ma lei pensi ai comprensori sciistici. Si tratta di territori ed infrastrutture più comuni ma messi a sistema e venduti ai loro frequentatori come un tutto unico. Lei va a sciare in quel comprensorio, in quella valle, non in “comune di .. “. Mi sono spiegato ? Noi dobbiamo guardare a quel modello. L’unione può proporre un’offerta turistica ampia, articolata, che un singolo comune non ha, può proporre, appunto, dei comprensori,valorizzando nel contempo le peculiarità dei singoli comuni. Lo stesso vale per le produzioni alimentari tipiche. Viceversa, se un comune ha una risorsa unica nel suo genere, questa può fare da volano per l’intera unione. Mi viene in mente il mattatoio di Poggio Moiano che potrebbe diventare la struttura intorno ni di provenienza e di criteri di allevamento. Come le dicevo, dobbiamo superare il campanile. Dobbiamo saper rinunciaè comunque qualcosa di piccolo, per creare qualcosa di più grande. E non dobbiamo fermarci al primo passo: credo che nel nostro caso sia giunto il momenti di capire se non sia il caso di mettere insieme alcune delle unioni che esistono in Sabina per crearne una che abbia le dimensioni necessarie a fare davvero la differenza.

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il suo perimetro alla ricerca dei frammenti romani inseriti nell’opera e dei differenti materiali impeigati nella costruzione. L’interno della chiesa – articolato su diverse altezze dei pavimenti testimonianza di articolazioni successive del nucleo originale – è anch’esso ricco di vestigia. L’atrio, custodisce gli affreschi probabilmente più antichi: due sante (Vittoria e Anatolia) sulla destra, una crocefissione sulla sinistra e la lunetta con la Madonna con Bambino fra i Santi Vittorino e Vittoria. La chiesa si articola su tre

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Santa Vittoria

a chiesa di Santa Vittoria in Trebula, nel territorio di Monteleone Sabino, è antichissima: la proma testimonianza archivistica è dell’817 quando Papa Stefano IV conferma la proprietà della chiesa all’Abbazia di Farfa. L’origine è però molto più antica: infatti, nel III secolo d.C. una giovane romana, Vittoria, viene martirizzata nella città (sabina prima e poi romana) di Trebula Mutuesca i resti del cui anfiteatro si possono ancora oggi visitare a poche centinaia di metri dalla chiesa di Santa Vittoria. La martire viene dunque sepolta a Trebula ed intorno alla sua tomba si origina un culto il quale genera, alcuni secoli più tardi la costruzione della chiesa. Quest’ultima si evolve e si abbellisce 28

Santa Vittoria. Dietro l’altare è posto un affresco tardo trecentesco di Santa Vittoria. Al termine della navata destra, una santa ed un vescovo probabilmente tardo quattrocenteschi mentre è settecentesco l’affresco della cappella che chiude la navata sinistra.

nel tempo: distrutta dai Saraceni (IX secolo), viene ricostruita e nel XII secolo dotata del campanile. Diversi interventi riguardano la navata sinistra e la cappella in cui la stessa termina, la cui struttura attuale è databile al 1400. Santa Vittoria si presenta ricca di suggestioni e di particolari da scoprire: costruita in buona parte attraverso l’utilizzo di materiali romani, quali i marmi, l’edifico è incastonato di elementi preziosi. La facciata, arricchita dal portale decorato, è caratterizzata da una molteplicità di elementi: l’agnus dei che sormonta il portale, le quattro finestre cieche, la scultura del leone, il volto con le forme del sole. La visita della chiesa non può che partire dal percorrere

navate. Quella centrale ospita un pozzo, probabilmente di origine particolarmente remota e, a sinistra un’acquasantiera ricavata scavando una porzione di colonna romana. Scenografico il ciborio su colonne di marmo e particolare il leggio ottenuto anch’esso da una colonna. Prima del ciborio, a destra, una porticina immette nelle catacombe cristiane, il nucleo primigenio accanto al quale successivamente è sorta la chiesa. Aprendo la porta, si accede immediatamente al “Sacello di Santa Vittoria” che ospita un sarcofago in marmo bianco che la tradizione vuole custodisse il corpo della Santa. Sopra il sarcofago, un affresco rappresenta il martirio. Altri affreschi adornano

www.santuariodisantavittoriainmonteleonesabinorieti.it www.comune.monteleonesabino.ri.it

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ino al 4 novembre potete visitare a Rieti la mostra “Francesco, il Santo. Capolavori nei secoli e dal territorio reatino” inaugurata il 16 giugno, un’occasione importante sia dal punto di vista artistico che per approfondire la conoscenza e contestualizzare la vita del Santo in terra reatina. “Il territorio reatino - ha spiegato infatti Anna Imponente, soprintendente per i beni storici artistici ed etnoantropologici del Lazio, presentando la mostra - è ricco di testimonianze e della simbologia del francescanesimo. Le opere esposte colgono tutti gli aspetti di San Francesco in un percorso di capolavori lungo i secoli”. L’esposizione, che si articola in tre diverse sedi, propone così circa cento opere legate alla figura del Santo di Assisi, allo scopo di promuoverne la conoscenza sul piano iconografico e artistico e di valorizzare l’importanza del territorio reatino nella sua vicenda biografica e nella storia del francescanesimo. Nella prima sede, presso li Museo Civico, viene presentato un nucleo di capolavori provenienti da tutta Italia: opere di grandi artisti tra cui Cimabue e Margarito d’Arezzo per il Medioevo, Antoniazzo Romano, Correggio e Tiziano per il Rinascimento, Annibale Carracci, Pietro da Cortona per il Seicento, Giambattista Tiepolo per il Settecento, Domenico Morelli per l’Ottocento; per il Novecento Duilio Cambellotti e Adolfo Wildt, per giungere all’originale interpretazione fornitane ai nostri giorni da Mimmo Paladino e da Norberto. Nella seconda sede, il Salone delle udienze del Palazzo Papale della Curia, che ospita il museo dei Beni Ecclesiastici, sono esposte le opere provenienti dal territorio reatino selezionate tra quanto di più interessante è stato espresso in onore di San Francesco. Nella terza sede, negli spazi espositivi della Fondazione Varrone, sono raccolti oggetti preziosi: codici, incisioni, stampe, reliquiari, abiti, testimonianze vive e concrete della storia del movimento francescano nel territorio reatino dalle origini ai giorni nostri. L’elenco delle opere esposte è consultabile mediante l’applicazione “Francesco il Santo”, su ipad e smartphone, utilizzando la funzione e il lettore codici Qr che permette di visualizzare in tempo reale la scheda informativa dell’opera che si sta vedendo. A ciò si aggiunge un’altra app, denominata “Verso Francesco”, nella sezione viaggi dell’Apple store, contenente circa 200 punti di interesse e approfondimenti per categoria.

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