SalutePiù - Novembre 2010

Page 1

IL CARDIOLOGO La Fibrillazione Atriale IL MEDICO DELLO SPORT Camminare IL GINECOLOGO RU 486?

LE INTERVISTE: Fiorello Primi -“I Borghi più Belli d’Italia” Tris d’Assi - Cicchetti, Nobili, Perilli I tre Consiglieri Regionali Reatini a confronto


6

benessere cultura costume

5

L’Ortopedico

Hanno collaborato con noi la medicina

6

L’Ortopedico - La Pallavolo, il muro e le “insaccate”

7

Il Dentista - La sedazione con Protossido

8

Il Cardiologo - La Fibrillazione Atriale

10

Medicina del lavoro - Un diritto di civiltà

13

L’Otorinolaringoiatra - Previeni l’inverno: Aerosol-Inalazioni è il periodo giusto!

16

Il Ginecologo - RU 486?

20

Il Medico dello Sport - Camminare in sabina

22

Monterotondo, Federico Zeri e gli affreschi di Girolamo Siciolante da Sermoneta a Palazzo Orsini terme

14

Fabrizio Sciarretta

il territorio e creare nuova occupazione 18

Tiro a segno alle Terme di Cretone le interviste

24

Fiorello Primi – “I Borghi più Belli d’Italia”

27

Tris d’Assi - Cicchetti, Nobili, Perilli intervista ai tre Consiglieri Regionali reatini

24

“I Borghi più Belli d’Italia”

novembre 2010 Direttore Responsabile

Un “sistema a rete” per rilanciare

5

numero Segreteria di Redazione

Filippa Valenti valenti@laboratorionomentano.it T 06 90625576

Art director e impaginazione: Alessia Gerli Editore

Laboratorio Clinico Nomentano Srl Via dello Stadio 1 00015 Monterotondo (RM) Iscritto al registro della stampa e dei periodici del Tribunale di Tivoli n. 97/2009

Stampa

Graffietti Stampati S.n.c. S.S. Umbro Casentinese km.4.500 01027 Montefiascone (VT)

Per la pubblicità su questa rivista rivolgersi a: GERLI COMUNICAZIONE gerlicomunicazione@gmail.com T 0774 608028


P Fabrizio Sciarretta Direttore Responsabile

ersonalmente, guardo sempre con una certa preoccupazione coloro che, un bel giorno, decidono di partire per la loro “Crociata”. Sarà perché la storia ci narra di imprese spesso non finite benissimo, sarà perché temo sempre il famoso “armiamoci e partite”, sarà perché prediligo la linea dei piccoli fatti concreti di ogni giorno alle grandi declamazioni, ma mi ritrovo sempre a guardare un po’ scettico il gran rullar di tamburi. Così, ho deciso di ritornare sui miei passi e di non annunciarvi che SalutePiù parte per la sua personale Crociata ma, più modestamente, opto per comunicarvi che, da ora in poi, numero dopo numero, troverete sempre un impegno preciso per la difesa ed, anzi, la “ripresa” di quei tanti e suggestivi borghi che si stagliano ancora fieri sulle colline e tra i boschi della Sabina. Lo faremo secondo il metro che ci è proprio: parlando delle cose fatte bene, portando esempi ed idee concrete da seguire (anche da copiare, senza timore di finire dietro la lavagna..), incontrando e discutendo con quei personaggi che sono i protagonisti di queste iniziative. L’idea è di creare dibattito e confronto intorno al tema della preservazione storica ed artistica dei borghi ma anche (forse soprattutto) di quali condizioni vadano instaurate perché essi possano essere opportunità di sviluppo economico per il territorio e luoghi d’elezione per coloro i quali cercano una soluzione di vita che consenta di godere di un contesto d’eccezione a cui la tecnologia permette nel contempo di essere in comunicazione continua con il mondo. Non parleremo, dunque, di ecomostri e scempi perpetrati ai danni del nostro territorio, né di coloro che per ignoranza o speculazione ne sono colpevoli. Faremo il contrario: parleremo dei “buoni” perché sia poi il lettore – mettendo al confronto i nostri esempi con la sua esperienza quotidiana –giudichi e, magari, si faccia parte diligente perché queste idee si “innervino” nell’agire delle nostre Amministrazioni. Così, in questo numero, partiamo intervistando Fiorello Primi, Presiedente del Club de “I Borghi Più Belli d’Italia”, per capire obiettivi e progetti di questa associazione che da dieci anni si impegna in favore dello sviluppo di oltre 200 borghi italiani. Troverete poi il tema ripreso in modo significativo nell’intervista parallela che abbiamo condotto con i tre Consiglieri Regionali reatini, Antonio Cicchetti, Lidia Nobili e Mario Perilli. Infine, affidiamo alla consumata penna di Salvatore Vicario, medico e scrittore, di narrarci degli affreschi di Girolamo Siciolante nella Stanza di Adone di Palazzo Orsini a Monterotondo anche perché attualmente gli affreschi sono in fase di restauro mentre si è recentemente proceduto al restauro della torre e del cortile interno del Palazzo. Non vorrei che qualcuno temesse che SalutePiù abbia tradito il suo nome è non sia più attenta ai temi del nostro benessere: non sia mai, troverete numerosi spunti per volervi un po’ più bene ! Permettetemi, per iniziare, di consigliarvi la lettura degli articoli di Rita Leonardi sugli effetti positivi di un semplice esercizio fisico quale il camminare regolarmente e di MariaGrazia Ciullo sugli effetti benefici che poche applicazioni di aereosol con l’acqua sulfurea possono avere per la nostra salute invernale.

HANNO COLLABORATO

“LA PALLAVOLO, IL MURO E LE INSACCATE” Dott. FABIO SCIARRETTA Il Dott. Fabio Valerio Sciarretta è specializzato in Ortopedia e Traumatologia presso l’Università di Roma “La Sapienza”. Chirurgo ortopedico, ha prestato servizio in qualità di dirigente sanitario presso l’Ospedale San Giovanni Battista di Roma, presso il Reparto di Ortopedia e Traumatologia dell’Ospedale Civile di Velletri e presso l’Ospedale Israelitico di Roma. Svolge attualmente la sua attività professionale presso diverse Case di cura romane. Ha curato l’edizione italiana di oltre 20 trattati di Ortopedia e Traumatologia americani ed internazionali ed è stato relatore in oltre 100 congressi nazionali ed internazionali. Ha al suo attivo 50 pubblicazioni. Il suo interesse professionale è concentrato verso la Chirurgia del Ginocchio e l’Artroscopia, in particolare sulle tecniche di ricostruzione del legamento crociato e di riparazione delle lesioni del menisco e, successivamente, verso la Chirurgia della Cartilagine, dedicandosi alle diverse tecniche di ricostruzione del danno cartilagineo nelle articolazioni. Nell’ultimo decennio si e’ in particolar modo dedicato allo studio dei sostituti sintetici della cartilagine.

“UN’ATTIVITA’ FISICA COME STRUMENTO DI PREVENZIONE E TERAPIA: “IL CAMMINARE”” Dott.ssa RITA LEONARDI La Dott.ssa Rita Leonardi si è laureata in Medicina e Chirurgia presso l’Università degli Studi di Roma “La Sapienza” e successivamente ha conseguito la Specializzazione in Medicina dello Sport presso l’Università degli Studi de L’Aquila. Ha sviluppato la sua esperienza sia nella medicina dei servizi presso ASL che nella medicina generale. Svolge inoltre attività di Volontario Medico della Croce Rossa Italiana. Esercita la sa attività di Medico dello Sport presso il Poliambulatorio Specialistico Nomentano.

“RU 486?” Dott.ssa MANUELA STEFFÈ Medico, specialista in Ostetricia e Ginecologia, la dr.ssa Manuela Steffè da quindici anni svolge la sua attività principale nell’ambito dell’infertilità, della diagnosi alle terapie di 1° e di 2° livello. Coautrice di 27 lavori originali pubblicati su riviste nazionali ed internazionali. Ha partecipato, quale relatrice, ad 11 congressi presentando lavori originali, tutti di interesse ostetrico-ginecologico. E’ responsabile del Centro per la Procreazione Medicalmente Assistita di 1° Livello presso il Laboratorio Clinico Nomentano

. “LA SEDAZIONE CON PROTOSSIDO” “LA FIBRILLAZIONE ATRIALE” Dott. ANTONIO SAPONARO Il Dr. Antonio Saponaro è laureato in Medicina e Chirurgia presso l’Università di Roma “Tor Vergata” e specializzazato in Cardiologia presso la seconda Facoltà di Medicina dell’Università “Sapienza” di Roma. E’ in servizio presso il reparto di cardiologia del Policlinico Militare “Celio”. Svolge la sua attività professionale presso il Poliambulatorio Specialistico Nomentano ed in altri ambulatori romani. Ha al suo attivo alcune pubblicazioni sul Giornale di Medicina Militare e su Minerva Cardiologica.

Dott. ROSARIO MELA Il dr. Rosario Mela è laureato in medicina e chirurgia presso l’Università di Firenze e specializzato in Odontostomatologia presso la Facoltà di Medicina e Chirurgia dell’Università di Padova. Frequentatore di numerosi corsi specialistici di chirurgia orale ed implantologia si è perfezionato in queste discipline presso l’ università di Chieti. Ufficiale medico dell’Aeronautica Militare Italiana attualmente è capo sezione di Ortognatodonzia presso l’infermeria principale Roma. Svolge la sua attività libero professionale presso il proprio studio in Sabina e collabora in altri studi come consulente.


La Pallavolo, il muro e le “Insaccate” Dott. Fabio Sciarretta Chirurgo Ortopedico

L’ORTOPEDICO

L

e lesioni delle dita della mano rappresentano una delle patologie acute più comuni in tutti gli sport in cui sia frequente l’impatto della mano contro il pallone nel tentativo di deviarlo, afferrarlo o fermarlo: sono, pertanto, caratteristiche della pallavolo, della pallacanestro, della pallanuoto, della pallamano e anche del calcio (portiere) e, seppur con minor frequenza, delle arti marziali. Si tratta per lo più di traumi distorsivi che vanno ad interessare i legamenti di sostegno laterale delle articolazioni tra le falangi (i “legamenti collaterali”), situati sul versante interno ed esterno della capsula articolare. Le dita più colpite sono, generalmente, il mignolo e l’anulare, sede di distorsioni di I° o II° grado (le classiche “insaccate” delle dita). Più raramente, quando l’energia traumatica è maggiore, si possono verificare distorsioni di III° grado con una lesione legamentosa più completa oppure si possono verificare lussazioni o sublussazioni delle articolazioni interfalangee (che richiedono una manovra di riduzione che molto spesso è lo stesso atleta a compiere trazionando il dito quando si accorge della deformità) fino ad arrivare a vere e proprie fratture, più frequenti nella porzione prossimale del pollice, del terzo e del quarto dito, che, se scomposte, possono richiedere anche un trattamento chirurgico. Per questo motivo, in tutti questi traumi, è sempre opportuno un controllo medico e radiografico e/o ecografico. Sicuramente, nel corso degli anni l’incidenza di tale traumatologia è mano a mano aumentata. Ciò e’ dovuto alla maggior velocità del pallone, in ragione della maggiore fisicità degli atleti di oggi, al crescente numero di ore trascorse in allenamento e in gioco e, nella pallavolo, per la evoluzione della tecnica del “muro” e degli intensi e specifici lunghi allenamenti praticati proprio per migliorare tale fase del gioco. Ciò da solo significa che la prima prevenzione di tali traumi deve risiedere nell’effettuare la tecnica del muro nella maniera corretta: e’ quindi compito degli allenatori preparare

tecnicamente gli atleti. Per effettuare correttamente il muro sarà, quindi, opportuno mantenere in massima tensione il polso e le dita della mano in modo da proteggere il più possibile le articolazioni più a rischio, le articolazioni interfalangee. Che fare nel caso delle distorsioni più frequenti, le cosiddette “insaccate” ? In genere, il dolore dopo qualche minuto si attenua e l’atleta può anche continuare la partita dopo aver applicato sulle dita lese un taping (bendaggio funzionale o cerottaggio) che ha la funzione di rendere solidali il dito lesionato con il dito vicino, creando al tempo stesso dei tiranti che riducono le sollecitazioni sui legamenti e limitando anche la mobilità del dito danneggiato nel piano laterale, lasciando il più possibile il movimento sul piano frontale, cioè la flesso-estensione del dito. Ciò significa, e da qui ne deriva anche l’estensione dell’uso, che il taping svolge una seconda funzione: la prevenzione delle recidive delle lesioni distorsive. Alla fine della partita sarà poi opportuno applicare un piccolo tutore che andrà mantenuto per alcuni giorni, senza la necessità di dover sospendere allenamenti e competizioni. Nel caso di traumi che coinvolgono più dita, ciò che in genere si fa è unire un dito all’altro vicino (definita “sindattilia”) mediante dei cerottaggi circolari di ancoraggio. In genere, il dito di supporto e’ quello adiacente di maggiori dimensioni (nell’esempio del V dito lo si unisce al IV dito). Nel caso, invece, dei traumatismi più gravi sarà necessario mantenere un’immobilizzazione adeguata per almeno tre settimane. Terminata la fase della immobilizzazione, sarà importante impostare un trattamento riabilitativo individualizzato mirante alla ripresa del movimento delle articolazioni danneggiate, allo scongiurare la comparsa di limitazioni o rigidità articolari e a recuperare la piena efficienza e forza delle dita danneggiate. Si tratterà sempre di programmi intensi, ma graduali perché l’eccedere negli esercizi di allungamento o di rinforzo può sempre nuovamente danneggiare le articolazioni, la capsula articolare od i legamenti

I tempi dell’odontoiatria legata all’improvvisazione sono, per fortuna, finiti e col tempo la cultura della preparazione e della professionalità si è sempre più radicata nelle coscienze dei pazienti che sempre più desiderano una bocca sana e curata. Dott. Rosario Mela Specialista in Odontostomatologia

D

i pari passo le tecniche legate all’anestesia si sono evolute ed ora quest’ultima rende meno “dolorosa” anche la semplice visita dal dentista. Eppure, la paura del dentista continua ad esistere nella sua drammatizzazione fobica, presentandosi, secondo dati forniti dall’OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità), nel 1520% della popolazione. Per le persone che ne soffrono il dentista costituisce un vero e proprio incubo, tanto che non riescono nemmeno a formulare l’idea di sottoporsi ad una semplice visita di controllo. Purtroppo questa paura è gestita dal paziente fobico con un atteggiamento che consiste nel rimandare continuamente le cure, appigliandosi a terapie farmacologiche, soprattutto antibiotici e antidolorifici che, spostando in avanti la soluzione del problema, portano ad un progressivo peggioramento del quadro iniziale, fino alle conseguenze più gravi sul piano funzionale,

estetico e anche finanziario. Sicuramente il primo passo verso la soluzione del problema è parlarne semplicemente con il proprio dentista. I dentisti conoscono le problematiche legate alla odontofobia e non ne sottovalutano assolutamente la gravità, proponendo sempre nuove tecniche di intervento, spesso studiate ad hoc, per chi soffre di questo disturbo, affinché aghi e trapani siano sempre meno considerati stimoli ansiogeni. Tra le nuove tecniche capaci di alleviare l’incubo dentista e relative cure si deve evidenziare la SEDAZIONE COSCIENTE per via inalatoria che regala al paziente, una situazione di piacevole rilassamento psichico e muscolare con mantenimento della collaborazione attiva. È il protossido d’azoto il gas inodore ed incolore noto anche come Gas Esilarante o Aria Dolce che con potenti proprietà analgesiche ed ansiolitiche è usato per la Sedazione Cosciente inalatoria. La Sedazione Cosciente trattando la paura e l’ansia

connesse alla terapia praticata di fatto concorrono ad un innalzamento della soglia dolorifica in quanto è la paura stessa a potenziare la sensazione dolorosa e a determinare ansia anticipatoria per le successive cure. Al trattamento della paura e dell’ansia bisogna aggiungere altre importanti azioni quali una diminuzione del riflesso faringeo e una serie di altre interessanti sintomatologie, quali la stabilizzazione del battito cardiaco, della pressione arteriosa, la contrazione temporale e il non ricordo dolorifico ne il suo accumulo. Tutte queste ulteriori azioni fanno della Sedazione Cosciente inalatoria la tecnica sedativa più prossima a quella ideale, essendo il paziente sia esso adulto che bambino a godere della semplicità nella somministrazione e della estrema sicurezza del protossido essendo quest’ultimo eliminato dal corpo umano in tempi velocissimi e non lasciando strascichi di alcun tipo.

OTTOBRE MESE DELLA PREVENZIONE - Visita Gratuita per tutto il mese Studio: VIA FERRARA, 03 - BORGO QUINZIO FARA IN SABINA (RI) Tel. 0765.39420 - Orari: ALLE 16,00 ALLE 19,00 TUTTI I GIORNI SU APPUNTAMENTO


La Fibrillazione Atriale

IL CARDIOLOGO

(quando il cuore perde il ritmo)

Raddoppia il rischio di morte, moltiplica di oltre 3 volte la probabilità di scompenso cardiaco, quintuplica il pericolo di ictus. Il nemico si chiama fibrillazione atriale, è l’aritmia cardiaca più diffusa e colpisce da 600 mila a 1,2 milioni di italiani. Un’epidemia che aumenta al ritmo di 120mila nuovi casi all’anno, con costi annuali superiori ai 3 miliardi di euro. I pazienti sono soprattutto anziani con cuore e arterie già a rischio, ma per il 10% si tratta di under 60 in apparenza sani, a volte giovani nel pieno della vita. Non mancano poi i fulmini a ciel sereno: persone senza alcun sintomo, che all’improvviso scoprono per caso, magari con un ictus, di avere il ‘cuore che trema’. E spesso è troppo tardi.

Dott. Antonio Saponaro Specialista in Cardiologia

L

a fibrillazione atriale è un disturbo del ritmo cardiaco che si manifesta con una completa irregolarità del battito del cuore. Se normalmente la cadenza dei battiti è regolare, in corso di fibrillazione atriale diventa caotica, ovvero l’intervallo tra un battito e l’altro è continuamente diverso. Nel cuore, normalmente, ogni battito inizia in un punto ben preciso dell’atrio destro in cui ha sede un gruppo di cellule specializzate capaci di mandare ciclicamente impulsi elettrici (60-80 al minuto in condizioni di riposo) che si propagano in tutto il muscolo cardiaco provocandone la contrazione. Nel cuore in fibrillazione atriale tanti piccoli gruppi di cellule dislocati nei due atri inviano impulsi in maniera disordinata e indipendente, ma dei tanti impulsi, fortunatamente solo alcuni riusciranno a propagarsi nelle restanti zone del cuore (ventricoli) provocando un numero di contrazioni al minuto irregolari e variabili. E’ come se al posto di un singolo interruttore di una lampadina ce ne fossero tanti che si accendono e spengono caoticamente così da far accendere la lampadina in maniera disordinata.

Una delle domande più frequenti che i pazienti colpiti da fibrillazione atriale pongono allo specialista riguarda le cause della patologia che li affligge. E’ difficile spiegare che questa aritmia il più delle volte non riconosce una causa specifica. E’ talmente tanto difficile che proprio recentemente un paziente dalle chiare origini siciliane, dopo avergli spiegato con dovizia di particolari che il suo cuore era normale e funzionava bene, che il suo elettrocardiogramma non presentava elementi patologici, che il suo stato di salute era ottimale, mi ha risposto “ma allora dottori, se sto cosi bene comu dici vussia, mu dici cu è sta camurria ca mi sentu nta u piettu”. Non ho trattenuto una gran bella risata anche perché la somiglianza del paziente con Andrea Camilleri era quasi inverosimile. Sia le persone con cuore sano che quelle con cuore malato possono andare incontro a questa turba del ritmo cardiaco. Più precisamente le probabilità di insorgenza aumentano progressivamente con l’età, sono quasi nulle nei bambini e nei giovani non cardiopatici, mentre nella popolazione adulta e anziana riscontriamo

una incidenza che va dall’ 1 al 6% tra i 60 e gli 80 anni. Gli uomini sono più colpiti delle donne. Ovviamente ci sono diverse malattie cardiache che possono determinare l’innesco di una fibrillazione atriale per esempio i difetti delle valvole del cuore, in particolare la stenosi o l’insufficienza mitralica; la cardiopatia ischemica, ossia le stenosi delle coronarie che abbiano determinato o no un infarto; l’ipertensione arteriosa da lunga data specie se non correttamente trattata; la pericardite, e ancora gli interventi di cardiochirurgia (sostituzioni valvolari, by-pass aorto coronarico). Esistono poi malattie extracardiache che possono comportare fibrillazione atriale, tra queste l’ipertiroidismo o l’embolia polmonare e numerosi fattori di rischio come l’abuso di alcol, fumo, droghe o la sempre più frequente obesità. La fibrillazione atriale può essere sintomatica o asintomatica. I sintomi variano con la frequenza di risposta ventricolare, con il preesistente stato funzionale del cuore, con la durata della fibrillazione atriale e con la percezione individuale del paziente. Il disturbo del ritmo può avere come prima

manifestazione una complicanza embolica (vedi dopo) o l’esacerbazione di un’insufficienza cardiaca sottostante. I sintomi principali che il paziente può lamentare sono palpitazioni, dolore toracico, affanno, affaticamento. L’aumentato rilascio di un ormone (peptide natriuretico atriale) prodotto all’interno delle camere cardiache può determinare un aumento della diuresi. La fibrillazione atriale può portare a una particolare forma di cardiopatia responsabile di scompenso cardiaco, la cosiddetta “cardiomiopatia tachicardia-indotta”, più frequente nei pazienti che non si accorgono di essere affetti dall’ aritmia. La sincope (improvvisa perdita di conoscenza con caduta a terra) è un evento raro ma grave, che di solito indica una eccessiva diminuzione della risposta ventricolare. Sebbene certamente l’ictus cerebri costituisca la complicanza più temibile della fibrillazione atriale, anche lo stesso disturbo del ritmo è in grado di diminuire la qualità della vita dei pazienti affetti, sia in termini di impedimento funzionale, sia come fastidiosa irregolarità del ritmo cardiaco associata a palpitazioni. Alcune persone, una minoranza, non hanno sintomi, e l’aritmia può essere un riscontro casuale durante una visita di routine o in occasione di malattie emboliche come l’ ictus cerebrale o le ischemie acute degli arti inferiori. La fibrillazione atriale può durare pochi secondi, minuti, ore, giorni, mesi, anni fino a diventare permanente o cronica e che durerà quindi tutto il resto della vita della persona. A seconda della durata si parla di fibrillazione isolata (1 singolo breve episodio), di fibrillazione parossistica (che dura al massimo 7 giorni e passa da sola), di fibrillazione persistente (durata di oltre 1 settimana che passa grazie ai farmaci o alla cardioversione elettrica) e di fibrillazione cronica o permanente non più passibile di

cura. Per far tornare il cuore al suo ritmo normale, detto sinusale, abbiamo a disposizione i farmaci antiaritmici, la “cardioversione elettrica” (ripristino del ritmo sinusale attraverso l’erogazione di una corrente elettrica) e l’ablazione. I farmaci hanno una buona probabilità di efficacia nei casi in cui l’aritmia è insorta da pochi giorni fino a 3-6 mesi. La cardioversione elettrica è altamente efficace anche nei casi di più lunga durata, diciamo da 6-18 mesi, si effettua in anestesia generale di pochi minuti, richiede un breve ricovero di 24-36 ore. Altri farmaci che abbiamo a disposizione sono efficaci nel controllare la frequenza cardiaca in quei casi in cui non sia stato possibile o non vi sono ragionevoli possibilità di ripristinare il ritmo sinusale. L’ablazione consiste nella eliminazione delle vie elettriche anomale tramite applicazione di calore con cateteri che raggiungono l’interno del cuore attraverso una vena della gamba, si effettua in sale operatorie appositamente attrezzate in centri specialistici, non richiede quasi mai l’ anestesia generale, necessita di ricovero di 2-3 giorni; le possibilità di guarigione nel lungo periodo sono variabili da un 40 all’80% dei casi. I pericoli del convivere con l’aritmia sono prevalentemente legati alla formazione di trombi all’interno del cuore da cui possono staccarsi dei frammenti e determinare il così detto fenomeno dell’embolia. Gli emboli possono andare ad occludere piccole e medie arterie del cervello, delle gambe, degli organi interni, determinando i quadri clinici dell’ictus cerebrale o delle ischemie degli arti. Anche il cuore ovviamente soffre della presenza della fibrillazione potendosi quindi deteriorare la sua funzione peculiare di pompa del sangue e comportare nel tempo il quadro dello scompenso cardiaco con affanno e gonfiore delle gambe. Ciò non toglie che molte persone riescano a

vivere normalmente anche per anni e anni con la fibrillazione. Proprio a causa della frequenza di eventi embolici, in particolare di ictus cerebri, in corso di fibrillazione atriale, uno dei capisaldi della terapia di questa aritmia è rappresentato dai farmaci anticoaugulanti orali. Lo scopo di questa terapia è quello di prevenire la formazione di coaguli (trombi) all’interno dell’atrio sinistro del cuore durante gli episodi di fibrillazione. L’utilizzo di una terapia anticoagulante orale, che costringe il paziente a frequenti esami del sangue per regolare la dose di farmaco da assumere, è un altro fattore che ha importanti implicazioni sulla qualità della vita dei pazienti in fibrillazione atriale. Alcuni studi mostrano che di 97 pazienti solo il 61% ha preferito seguire la terapia anticoagulante proposta piuttosto che non assumere la terapia, dunque una percentuale decisamente inferiore a quella per cui il trattamento è raccomandato secondo le linee guida più recenti. In un gruppo selezionato di pazienti, la terapia anticoagulante orale può essere sostituita dalla terapia con un antiaggregante come l’aspirina. Questa scelta, comunque, andrebbe sempre riservata allo specialista e non lasciata alla volontà del paziente vista l’enorme portata del problema e le catastrofiche conseguenze che possono derivare da un evento embolico cerebrale.


MEDICINA DEL LAVORO

. . Il decreto legge 81/2008 “Testo Unico sulla Salute e Sicurezza sul Lavoro” si pone come evoluzione della più famosa legge 626 del 1994 strutturando in modo integrato l’insieme delle norme che regolano la materia.

Un diritto di civiltà

C

redo che in una società che voglia definirsi “civile” sia superfluo discutere sul perché la tutela della salute dei lavoratori sia un obbligo etico prima ancora che giuridico per qualsiasi imprenditore e dirigente aziendale. Inoltre, predisporre e garantire condizioni di lavoro sicure ed agevoli per i lavoratori è alla fine, in termini di produttività e di riduzione dei tassi di assenza dal lavoro per malattia ed infortuni, nell’interesse primario dell’azienda. Ciò detto, l’introduzione del nuovo Testo Unico – la cui conoscenza non si è ancora purtroppo diffusa adeguatamente – credo renda utile cercare di sintetizzare i doveri dei datori di lavoro e dei dirigenti aziendali e quali gli approcci e le modalità da seguire. Innanzitutto, occorre aver chiaro che l’intero sistema disegnato dal legislatore prende le mosse dalla valutazione di tutti i rischi per la salute e sicurezza del lavoratore legati al luogo fisico di lavoro ed alle mansioni svolte e che il datore di lavoro è personalmente responsabile di ciò. Infatti, la legge individua come responsabilità specifica del datore di lavoro (non delegabile ad alcuno) la valutazione di tutti i rischi con la conseguente elaborazione del documento di valutazione dei rischi (art. 17) nonché la designazione del responsabile del

“servizio di prevenzione e protezione dai rischi” (ovvero la funzione aziendale deputata alla gestione dei rischi ambientali e di lavoro) qualora non svolga in prima persona questa funzione. Evidentemente, nella redazione del documento il datore di lavoro potrà avvalersi di consulenti ma la responsabilità della correttezza delle analisi eseguite e delle decisioni conseguentemente assunte, sarà in ultimo sua. Quali sono i contenuti del documento di valutazione dei rischi? In estrema sintesi (art. 28): a) l’individuazione e la valutazione di tutti i rischi per la sicurezza e la salute durante l’attività lavorativa; b) l’indicazione delle misure di prevenzione e di protezione attuate; c) il piano azioni adottato per garantire il miglioramento nel tempo dei livelli di sicurezza; d) l’individuazione delle mansioni che espongano i lavoratori a rischi specifici che richiedono una specifica capacità professionale. E’ dunque sulla base di quanto definito all’interno del documento di valutazione dei rischi che si svilupperanno le azioni necessarie a minimizzare questi ultimi. In questo ambito, rientra la cosiddetta “sorveglianza sanitaria” ovvero, per usare la defi-

. .

Gli “Obblighi” in sintesi

. . . . . . . . . .

Gli articoli 17 e 18 del DL 81/2008 individuano gli obblighi specifici del datore di lavoro e dei dirigenti preposti alla sicurezza. I punti che seguono, sono intesi a fornire agli interessati, in estrema sintesi, un “prontuario” degli obblighi in questione: valutazione di tutti i rischi legati all’attività lavorativa con la conseguente elaborazione del documento relativo (compito non delegabile del datore di lavoro); designazione del responsabile del Servizio di Prevenzione e Protezione dai rischi (compito non delegabile del datore di lavoro) nomina del medico competente per l’effettuazione della sorveglianza sanitaria nei casi previsti dalla legge; designazione dei lavoratori incaricati dell’attuazione delle misure anti incendi, primo soccorso e, comunque, gestione dell’emergenza nonché adozione delle misure necessarie ai fini della prevenzione incendi e dell’evacuazione dei luoghi di lavoro (misure adeguate alla natura dell’attività, alle dimensioni dell’azienda e al numero delle persone presenti); fornire ai lavoratori i necessari dispositivi di protezione individuale; adempiere agli obblighi di informazione, formazione e addestramento dei lavoratori e prendere misure appropriate affinché solo i lavoratori con adeguato addestramento accedano a zone che li espongono ad un rischio grave e specifico; richiedere l’osservanza da parte dei lavoratori delle norme vigenti, delle disposizioni aziendali in materia di sicurezza ed igiene e di uso dei mezzi di protezione collettivi e individuali; inviare i lavoratori alla visita medica entro le scadenze previste dal programma di sorveglianza sanitaria e richiedere al medico competente l’osservanza degli obblighi previsti a suo carico; prendere provvedimenti per evitare che le misure tecniche adottate possano causare rischi per la salute della popolazione o deteriorare l’ambiente esterno verificando periodicamente la perdurante assenza di rischio; aggiornare le misure di prevenzione in relazione ai mutamenti organizzativi e produttivi che hanno rilevanza ai fini della salute e sicurezza del lavoro, o in relazione al grado di evoluzione della tecnica della prevenzione e della protezione.

MEDICINA DEL LAVORO

10

nizione data dal d.l. 81/2008, l’ “insieme degli atti medici, finalizzati alla tutela dello stato di salute e sicurezza dei lavoratori, in relazione all’ambiente di lavoro, ai fattori di rischio professionali e alle modalità di svolgimento dell’attività lavorativa”. Tali “atti medici”, svolti da un medico specialista in Medicina del Lavoro e detto “medico competente”, comprendono: il supporto al responsabile del servizio di prevenzione e protezione per la determinazione dei rischi lavorativi e delle relative contromisure; la visita medica preventiva ed i connessi accertamenti diagnostici volti a constatare l’assenza di controindicazioni al lavoro cui il lavoratore è destinato ed fine di valutare la sua idoneità alla mansione specifica; la visita medica periodica ed i connessi accertamenti diagnostici per controllare lo stato di salute dei lavoratori ed esprimere il giudizio di idoneità alla mansione specifica; l’attività formativa da effettuare a favore dei lavoratori sulle tematiche specifiche della prevenzione sanitaria. Se, come ho già detto, garantire condizioni di lavoro rispettose della salute dei lavoratori è una questione anzitutto etica, non mancano però nel nostro ordinamento sanzioni gravi nei confronti di chi non assolva agli obblighi previsti. Trattare questo argomento nel dettaglio richiederebbe un articola a se ma, per capire l’entità delle sanzioni, basti dire che il datore di lavoro che non predisponga il documento di valutazione dei rischi o non provveda alla nomina del responsabile del servizio di prevenzione e protezione (o svolga in proprio tale compito senza aver effettuato la specifica formazione) è punito con l’arresto da tre a sei mesi o con l’ammenda da 2.500 a 6.400 euro) e con l’arresto da due a quattro mesi o con l’ammenda da 1.500 a 6.000 euro per la mancata nomina del medico competente. Fin qui, s’intende, se l’inadempienza non viene riscontrata in seguito ad un incidente sul lavoro, perché allora le conseguenze del mancato adempimento aggravano le responsabilità e le conseguenze per la dirigenza aziendale. Non credo, però, che il motivo che dovrebbe animare un imprenditore ad occuparsi attivamente di sicurezza sul lavoro debba essere quello di evitare multe e sanzioni. Credo, piuttosto, che debba essere la presa di coscienza che un’attenta analisi dei processi produttivi della propria azienda e dei rischi ad essi connessi sia una grande opportunità per identificare nuove soluzioni organizzative e tecnologiche che, parallelamente alla sicurezza, siano anche in grado di accrescere la produttività. GFS

Il T.U. 81/2008, in versione interattiva, è disponibile sul sito www.laboratorionomentano.it alla pagina “Medicina del Lavoro”

11


Previeni l’Inverno: Aerosol-Inalazioni è il periodo giusto ! Le acque sulfuree, cioè quelle acque che possiedono una quantità pari o superiore ad 1 mg di acido solfidrico per litro, sono in grado di produrre importanti azioni biologiche, soprattutto se utilizzate sul posto con apparecchi direttamente alimentati dalla sorgente. Dr.ssa Mariagrazia Ciullo Direttore Sanitario, Terme di Cretone

I

12

nfatti i composti sulfurei vengono assorbiti attraverso la cute, le mucose delle vie respiratorie, vaginali e dell’apparato gastroenterico ed aiutano l’organismo a difendersi sia nei confronti degli stimoli infiammatori endogeni che degli agenti proinfiammatori esterni. Hanno quindi importanti caratteristiche terapeutiche, godendo di proprietà anticatarrali, mucolitiche, antinfiammatorie, riattivanti la microcircolazione mucosa, immunostimolanti e antiossidanti (combattono i radicali liberi). In particolare, per l’apparato respiratorio sono importanti le proprietà immunostimolanti e mucolitiche – anticatarrali. L’infiammazione delle mucose rende il muco più abbondante e vischioso, assumendo le caratteristiche del cosiddetto catarro: l’idrogeno solforato contenuto nelle acque fluidifica il muco e ne consente così l’eliminazione. Le acque sulfuree sono dunque efficaci nel trattamento di molte patologie croniche riguardanti orecchio, naso e gola (riniti, rinofaringiti, sinusiti, faringotonsilliti, laringiti, otiti catarrali); bronchi e polmoni (bronchiti croniche catarrali e broncopatie ostruttive). La rinosinusite cronica, caratterizzata da dolore facciale,

ostruzione nasale con secrezioni catarrali dense; la rinofaringite cronica, che si manifesta con dolore e senso di costrizione a livello del faringe; l’otite catarrale, dovuta ad accumulo di liquido sieroso o mucoso nella tuba e nella cavità timpanica, che si manifesta con riduzione della capacità uditiva; sono tutte patologie che beneficiano delle acque sulfuree utilizzate sotto forma di inalazioni (aerosol) e di insufflazioni endotimpaniche. L’aerosol determina la produzione di particelle di acqua sulfurea che, per le piccolissime dimensioni (circa 2 micron) possono raggiungere facilmente sia le alte che le basse vie respiratorie. Le insufflazioni consistono nell’immissione di gas sulfureo nella tuba di Eustachio e, attraverso di essa, nella cassa

timpanica, dove, nelle otiti catarrali, si accumulano le secrezioni. Quando l’insufflazione endotimpanica con il catetere presenta notevoli difficoltà (pazienti pediatrici, condizioni nasali sfavorevoli, ipersensibilità) si può ricorrere alla tecnica non invasiva detta politzer crenoterapico sulfureo. A seconda della gravità delle affezioni si prescrivono cicli di 10 – 12 o più applicazioni. Spesso il beneficio è evidente fin dall’inizio della cura, ma è necessario completare il trattamento e ripeterlo di solito con periodicità annuale perché queste affezioni croniche hanno sovente un substrato anatomico o biologico (esposizione ad agenti irritanti, deviazione del setto nasale, ipertrofia dei turbinati ecc.) che ne favorisce le recidive.

13


Terme di Cretone Un “sistema a rete” per rilanciare il territorio e creare nuova occupazione Ci si può incontrare semplicemente per il “gusto” di stare insieme, per il piacere di ritrovarsi tra amici, alle Terme di Cretone questo modo di relazionarsi non è un’eccezione: è la regola.

S

trategia aziendale? Operazione di marketing? Macché! E’ uno stile di vita. Che si è tradotto, da subito, in una filosofia imprenditoriale. Nella struttura di via dell’Acqua Sulfurea il “valore aggiunto” è il sentirsi a casa propria. Sempre e comunque. Non clienti ma graditi Ospiti. Questo piccolo preambolo spiega

14

il successo della 3a edizione della “Festa di arrivederci all’Estate”, tenutasi lo scorso 26 settembre nel complesso termale. Un appuntamento che ha coinciso con la “Giornata Mondiale del Turismo”, giunta alla sua 31a edizione. La manifestazione è stata organizzata in collaborazione con la Diocesi Sabina-Poggio Mirteto, la Caritas Diocesana e la parrocchia “Immacolata Concezione” di Cretone. Oltre 150 persone hanno partecipato alla Santa Messa e al Forum che ha analizzato i temi interessanti il turismo, la biodiversità e gli aspetti legati alla solidarietà e alle emergenze sociali. Tra gli intervenuti: Mons. Lino Fumagalli, Vescovo della Diocesi Sabina-Poggio Mirteto; i Consiglieri Regionali Gianfranco Gatti e Francesco Pasquali; Don Gesino Teodori, Direttore dell’Ufficio Pastorale del Turismo; Don Rocco Gazzaneo, Direttore della Caritas Diocesana; Don Gaspare Margottini, missionario; Salvatore Vicario, medico e cultore di storia e

Tra i partecipanti al Forum, S.E. Mons. Lino Fumagalli, Vescovo della Diocesi Sabina – Poggio Mirteto, i Consiglieri Regionali On.li Gianfranco Gatti e Francesco Pasquali, il giornalista e moderatore della serata Carlo Argeni, il Prof. Salvatore Vicario e Giovanni, Enrico e Alessandro Sammartino proprietari delle Terme di Cretone.” archeologia; i giornalisti Francesco Guidotti e Carlo Argeni; Antonio Capitano, scrittore. Raffaele D’Ambrosio, vice presidente della Regione Lazio, impossibilitato a partecipare, ha inviato un telegramma nel quale ha plaudito all’iniziativa e indirizzato alla famiglia Sammartino (Giovanni, Enrico e Alessandro), proprietaria dell’impianto termale, parole di stima personale e di apprezzamento per il loro impegno imprenditoriale. Gli interventi hanno offerto più spunti di riflessione. Ribadita la necessità di creare un “sistema a rete” che consenta di valorizzare le bellezze e le attività presenti nell’hinterland laziale, con particolare riguardo alla Sabina. Un sistema che, in sintesi, crei ulteriore ricchezza e occupazione anche attraverso l’indotto che può sviluppare. Sollecitata una maggiore attenzione da parte delle Amministrazioni comunali, provinciali e regionali nel favorire uno sviluppo armonico del territorio in grado di promuovere turismo qualificato e di contribuire ad un significativo incremento dei livelli occupazionali. Gli On.li Gatti e Pasquali hanno confermato, in tal senso, l’attenzione della Regione alle tematiche evidenziate durante il Forum ed hanno assicurato un impegno personale per dare adeguata risposta alle necessità evidenziate nel corso del convegno. E’ seguita, poi, la premiazione di

quanti hanno collaborato all’attività delle Terme o che hanno contribuito a porre in essere iniziative, sportive, culturali e sociali, che rappresentano occasione di crescita per la realtà locale. Ne citiamo qualcuno: Sirio Veroli, per l’associazione sportiva “Guidoni”; Remo Abbondanza, per l’associazione calcistica “Cretone-Castelchiodato”; Umberto Marchionni, per la scuola di calcio “Marchionni”; Pietro Montenau, per la scuola Fitet; Renzo Massimi, per l’associazione “La Palombella”; Letizia Gilardi, per la cooperativa “Il Girasole 2006”. Un lungo e convinto applauso è stato indirizzato ai rappresentanti delle Forze dell’Ordine (i marescialli dei Carabinieri Angelo Squeia, Rosario Verenuso, Antonio Iannone) per l’impegno finalizzato a garantire la sicurezza nel territorio e negli scenari internazionali nei quali il Paese è presente con contingenti militari. Applausone pieno di affetto quello incassato dalla Signora Delfa, moglie dell’Ing. Giovanni Sammartino (festeggiatissimo da tutti), per il riconosciuto impegno sociale a favore della comunità locale. Per lei, commossa e imbarazzata da tanta attenzione, parole piene di stima da parte di Mons. Fumagalli. L’incontro si è concluso con una cena di beneficenza il cui ricavato è stato devoluto alla Caritas.

15


possibile ritenzione di materiale che potrebbe infettarsi; è quindi necessaria un’ecografia dopo due settimane per essere sicuri che nulla sia rimasto in utero.

IL GINECOLOGO

Dott.ssa Manuela Steffè Responsabile del Centro per la procreazione medicalmente assistita di I° livello presso il Laboratorio Clinico Nomentano

Il Mifepristone, meglio noto come RU 486, è uno dei farmaci che ha destato maggiore interesse nella stampa e gli aspetti scientifici sono stati oscurati da motivazioni politiche ed ideologiche. Credo sia doveroso da parte degli operatori sanitari fornire un’informazione corretta, al di là delle proprie convinzioni personali.

L

’RU 486 induce l’interruzione della gravidanza bloccando l’attività di un ormone (il progesterone) necessario al mantenimento della gravidanza stessa. La sua azione è efficace solo nelle prime settimane di gravidanza, ma non va confuso con la “pillola del giorno dopo”: infatti, quest’ultima va somministrata entro 48-72 ore dal rapporto sessuale e non è quindi assimilabile ad una pratica abortiva, ma bensì impedisce l’impianto ad un eventuale concepimento. L’RU 486, invece, è utilizzata come alternativa all’aborto chirurgico ed è efficace solo per interrompere gravidanze non superiori ai 50 giorni (7 settimane).

16

La sua storia L’RU 486 viene scoperto nel 1980 e posto sul mercato in Francia nel 1988. Attualmente è utilizzato nella maggior parte degli stati europei e negli Stati Uniti. Nel 2003 l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) conferma la sua sicurezza e definisce le relative linee guida. Nel 2005 la stessa OMS inserisce RU 486 e misoprostolo nella propria lista dei farmaci essenziali e ne raccomanda l’uso combinato e sotto stretta osservazione medica: il fine è offrire un’alternativa all’ aborto chirurgico nei paesi in via di sviluppo. Nel novembre 2002 il Comitato Etico della Regione Piemonte approva la sperimentazione dell’RU 486, in base alla Legge 194 del 1978, ma il progetto viene bloccato dal Ministero della Salute. La sperimentazione prende il via nel 2005. Nel giugno 2007 l’ente europeo per il controllo sui farmaci (EMEA) autorizza l’uso del mifepristone e ne ribadisce la sicurezza ed il 30 luglio 2009 la RU 486 viene approvata dall’Agenzia Italiana del Farmaco. Nel novembre 2009 la commissione Sanità del

Aborto chirurgico (aspirazione) Senato chiede al Governo di fermare la commercializzazione della RU 486 in attesa di un parere tecnico del Ministero della Salute circa la compatibilità con la legge 194, per poter stabilire profili di utilizzo coerenti con la stessa (in particolare il ricovero obbligato in ospedale durante il ciclo di assunzione del farmaco). Dal 10 dicembre 2009 l’RU 486 entra a far parte dei farmaci utilizzabili in Italia.

Come si utilizza? (Aborto medico o farmacologico) Data la precocità dei test di gravidanza in commercio, un numero crescente di donne scopre la propria gravidanza già nei primi giorni del mancato flusso mestruale. Per questo motivo, se richiesto, è possibile intervenire precocemente. Da parte sua, la legge 194/78 non fa riferimento al metodo da impiegare e nemmeno se debba essere medico o chirurgico. Il metodo farmacologico (il cosiddetto “aborto medico”) è divenuto una alternativa alla tecnica chirurgica. Proprio per la sua efficacia nelle IVG (interruzione volontaria di gravidanza) precoci, sta diventando in tutto il mondo il metodo più utilizzato. Per interrompere la gravidanza va assunta una dose di RU 486 seguita, due giorni dopo, da un secondo farmaco, una prostaglandina (il misoprostol), che aiuta l’utero a contrarsi. La sua efficacia è valutata tra il 98 e il 95% dei casi. Dopo qualche giorno avviene quindi l’espulsione, generalmente paragonabile ad una mestruazione abbondante accompagnata dalla sensazione delle contrazioni uterine che può essere diversa da donna a donna. Uno dei possibili effetti collaterali è legato alla

L’intervento viene eseguito in ospedale, generalmente in day hospital. A volte, per facilitare l’intervento, il collo dell’utero viene rilassato con un farmaco (prostaglandina), da prendersi o il giorno precedente o il giorno stesso dell’intervento. L’intervento operatorio avviene in anestesia generale, più raramente in anestesia locale. Il collo dell’utero viene dilatato con dilatatori metallici fino ad un diametro da 6 a 12 mm. Viene in seguito inserita una fine canula per l’aspirazione che rimuove i tessuti embrionali dalla cavità uterina. L’operazione dura circa 20 minuti. Il rientro a casa avviene tra le 2 a 8 ore seguenti l’intervento oppure il giorno dopo. E’ prescritta una visita di controllo da effettuare nelle due settimane seguenti.

Mercato nero on line!?! Per procurarsi una pillola RU 486 e poter abortire a casa, bastano internet e un centinaio di euro circa. Tra i vari siti, almeno due specificano che possono recapitare il farmaco in Italia. Flavia Amabile, giornalista, riferisce il 18 marzo scorso l’esito della sua indagine: con un semplice clic, ha ordinato e ricevuto l’RU 486 a casa sua senza alcun controllo! Ma il dato interessante è un altro. Trovato un laboratorio del CNR disponibile, ha chiesto un’analisi del contenuto. Il risultato è stato “rilevata presenza di mifepristone”. La quantità del farmaco contenuto è quindi imprevedibile, certamente scarso e quindi non efficace. Sempre che non sia dannoso. Eppure il Ministro della Salute il primo febbraio annunciava la nascita di una task force per evitare la vendita della RU 486 attraverso canali clandestini come la rete !

. .

Che cos’è la 194? Prima del 1978, l’interruzione volontaria di gravidanza, in qualsiasi forma, era considerata in Italia un reato. Il 22 maggio del 1978 fu invece varata la legge n. 194. Questa consente alla donna, nei casi previsti (tutela fisica e psichica), di poter ricorrere alla IVG, anche in anonimato, in una struttura pubblica, nei primi 90 giorni di gestazione; tra il quarto e quinto mese è possibile ricorrere alla IVG solo per motivi di natura terapeutica. La legge prevede inoltre che “il medico che esegue l’interruzione della gravidanza è tenuto a fornire alla donna le informazioni e le indicazioni sulla regolazione delle nascite”. Il ginecologo può esercitare l’obiezione di coscienza. Questa legge è stata poi confermata da un referendum il 17 maggio 1981.

Cosa è successo dopo la legge 194/78?

. . .

La legge 194 si prefiggeva di: stroncare la criminalità dell’aborto clandestino evitare che l’aborto fosse usato per la limitazione delle nascite promuovere la tutela sociale della maternità consapevole. In effetti, il numero degli aborti è in calo costante, ma l’applicazione della 194 è sempre più faticosa. Il problema riguarda soprattutto la certificazione necessaria per arrivare alla IVG e l’esecuzione dell’aborto nelle strutture pubbliche. Aumentano i tempi di attesa e aumenta il numero dei medici obiettori (in Italia lo sono 6 ginecologi su 10) e ciò contribuisce ad alimentare il mercato degli interventi illegali (o clandestini). Inoltre, le donne che si presentano con un certificato per l’IGV in una fase molto iniziale debbono

in molti casi attendere alcune settimane, arrivando quindi all’interruzione in una fase più avanzata, con un intervento più complesso e più traumatico fisicamente e psicologicamente. Ma, nonostante ciò, l’Istat scriveva già nel 2002: “Si può quindi affermare che in Italia sta cambiando il modello di abortività volontaria: si sta passando da un modello di tipo “tradizionale”, caratterizzato da un ricorso all’IVG soprattutto delle donne coniugate con figli, a un modello, più simile a quello dei paesi nord europei, in cui l’aborto è più estemporaneo e legato a situazioni di “emergenza”, ovvero non viene più utilizzato per controllare le dinamiche di pianificazione familiare”. A sua volta, l’Istituto Superiore di Sanità afferma: “Dalla legalizzazione fino al 1982 l’andamento delle IVG ha mostrato una più o meno rapida e completa emersione dalla clandestinità. Questa, prima del ’78, era stimata tra i 220.000 e i 500.000 aborti l’anno. Una conferma di ciò e della sua diminuzione dopo l’emanazione della Legge 194 può essere dedotta dal

dimezzamento delle notifiche di aborto spontaneo che, prima del 1978, celavano un ricovero per le complicanze dell’aborto volontario clandestino. Nel 1983, verificata la stabilizzazione del fenomeno, è stato necessario quantificare l’aborto clandestino residuo: 100.000 aborti clandestini, ridotti nel 2001 a 21.000 unità. Nel 1982 il tasso di abortività (ossia 17,2 IVG per 1.000 donne comprese nella fascia d’età 1549 anni) e il numero assoluto di IVG (234.801) hanno raggiunto i valori più elevati. Da allora si è avuto un decremento costante dell’abortività: nel 2006 sono state notificate 131.018 IVG e nel 2007 127.038, pari a un tasso di 9,1 per 1.000 donne tra 15-49 anni, con una riduzione rispetto al 1982 del 47,1%. Dalla legalizzazione a oggi, considerando i livelli di abortività precedenti alla legalizzazione, si può stimare che sono stati evitati ben 3.300.000 aborti, di cui 1 milione clandestini con conseguente eliminazione della mortalità e morbosità materna a esso associata”.

17


Generale Alessandro Guidoni

18

i è conclusa il 5 settembre la manifestazione che ha visto protagonista l’Associazione Sportiva Alessandro Guidoni che con la collaborazione di A.S.I. Alleanza Sportiva Italiana Comitato Provinciale di Roma e della F.I.S.A.T. Federazione Italiana Storia Armi e Tiro, dall’8 agosto ha allestito due poligoni di tiro all’interno delle Terme di Cretone. Un poligono dedicato al tiro a segno con aria compressa, l’altro poligono destinato al tiro con l’arco. Presenti ed a disposizione degli Ospiti delle Terme Istruttori qualificati è Maestri Arcieri. “Un successo ed una soddisfazione al di la di ogni aspettativa - ha dichiarato Sirio Veroli, Presidente dell’Associazione Sportiva - molte persone hanno apprezzato l’iniziativa e si sono avvicinate, grazie a noi, allo sport del Tiro a Segno. I risultati confermano la buona riuscita dell’evento infatti in 20 giorni di attività abbiamo ospitato 754 persone, abbiamo fatto 112 lezioni di tiro a segno con armi ad aria compressa e 92 per il tiro con l’arco, hanno partecipato alle nostre Gare di Tiro a Segno 437 neo tiratori, abbiamo iscritto 9 nuovi soci all’Associazione, utilizzato cir-

ca 7000 piombini e scoccato circa 1900 frecce, il tutto con incidenti zero!” Gradito ospite della manifestazione il Maestro Arciere Giuseppe Bianchi, ex Campione del Mondo di tiro con l’arco.

www.asdalessandroguidoni.it

19


Una società a forte sviluppo tecnologico come la nostra, è caratterizzata dalla riduzione progressiva delle energie necessarie per svolgere le normali attività quotidiane, sia di lavoro che di svago. Siamo di fronte all’assenza di quella attività fisica regolare che caratterizza la sedentarietà.

I

n Italia e in tutto l’Occidente sono in rapido aumento diverse categorie di malattie, quali quelle del metabolismo, obesità, diabete, ipertensione arteriosa, malattie cardiovascolari, la depressione ed altre patologie che, in un soggetto geneticamente predisposto, trovano il modo di manifestarsi grazie alla presenza di fattori che le favoriscono, insiti proprio nelle società dei consumi e nello stile di vita che conduciamo. La prolungata inattività è, infatti, uno dei fattori determinanti nella genesi di alcune malattie, che oggi vengono definite malattie croniche da sedentarietà. Per combattere la sedentarietà, l’OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità), ha diffuso lo slogan “Move for health”, in quanto l’esercizio fisico, essendo in grado di “allenare” l’apparato cardiocircolatorio e di aumentare la spesa energetica, diventa una componente terapeutica a tutti gli effetti nella cura o nella remissione di alcune malattie. Infatti, studi eseguiti sugli effetti preventivi dell’attività fisica e di una dieta adeguati hanno dimostrato che sarebbero evitati nel 70% dei casi i tumori del colon, il 70% di ictus cerebrale, l’80% di infarto del miocardio e il 90% dei casi di diabete dell’adulto. Oltre agli effetti preventivi è accertato che l’attività fisica è strumento efficace per curare le malattie cardiovascolari e dismetaboliche e per rimediare alle situazioni anormali che ne facilitano lo sviluppo. Infatti l’attività fisica riduce il grasso corporeo; permette un buon controllo

20

sudorazione. La camminata può anche essere suddivisa in più frazioni, svolte in tempi diversi nell’arco della giornata (per esempio andando e tornando dal lavoro, magari allungando un po’ la strada, evitando le vie trafficate). La durata di ogni camminata sia però di almeno 15 minuti, una durata sufficiente a chiamare “in servizio il cuore” e quindi ad allenarlo. In seguito, il camminare deve diventare una abitudine quotidiana, irrinunciabile come bere, mangiare e dormire e si devono arrivare a percorrere almeno 7 km al giorno anche in maniera discontinua. Già dopo un mese di costante attività si constaterà che si farà meno fatica a percorrere lunghe distanze, migliorerà l’umore e il peso comincerà a scendere. Dopo qualche mese di camminate quotidiane si avrà un calo di peso più evidente, una riduzione dei valori di colesterolo totale, colesterolo LDL (quello “cattivo”), la riduzione dei trigliceridi e l’aumento del colesterolo HDL (quello “buono”). Inoltre, negli ipertesi si noterà una riduzione della pressione arteriosa e, nei diabetici, un facile controllo della glicemia. Gli effetti positivi sono dovuti ai miglioramenti che tale attività apporta sulla funzionalità cardiaca, garantendo un buon apporto di ossigeno a tutto l’organismo e con questo un buon funzionamento di tutti i tessuti (cervello, fegato, reni…) e di tutte le funzioni organiche. E’ da segnalare che, nel caso di una ma-

lattia già manifesta, l’esercizio deve essere adeguato alla situazione della singola persona e deve essere corredato dalla prescrizione (proprio come per un farmaco) dello specialista in medicina dello sport, in modo da evitare che l’attività fisica sia inutile e dannosa. Altresì è raccomandabile che il medico dello sport segua coloro che praticano attività fisica regolare per valutarne gli effetti positivi, ad esempio su peso corporeo, circonferenza addominale, pressione arteriosa o per indirizzare coloro che per varie ragioni non possono camminare verso forme di esercizio alternative. Quindi, il camminare lo si può consigliare al sedentario, ai pazienti cardiopatici che hanno una condizione clinica stabile, in assenza di crisi anginose recenti, di aritmie gravi, di scompenso cardiaco con difficoltà di respiro, per chi soffre di ipertensione arteriosa e diabete mellito, per chi è in soprappeso ecc., in quanto chiunque è in grado di farlo, bastano un po’ di buona volontà e di tempo, oltre ad un parere medico favorevole, meglio se di un medico dello sport.

MEDICINA IN SABINA DELLO SPORT

Dott.ssa Rita Leonardi Medico Chirurgo, specialista in Medicina dello Sport

glicemico; aumenta la sensibilità all’insulina (consentendo ad una maggior quantità di sostanze nutritive di arrivare ai muscoli, e riducendo, per converso, quelle che saranno immagazzinate nelle cellule adipose); abbassa il colesterolo totale, colesterolo LDL (“colesterolo cattivo”) e i trigliceridi; aumenta il colesterolo HDL (“colesterolo buono”); abbassa la pressione arteriosa. Un ottimo mezzo per uscire dalla quotidiana sedentarietà, che ci permette di prevenire e curare molteplici patologie, è rappresentato dal camminare. Camminare costituisce una forma semplice, economica ed ideale di esercizio fisico quotidiano. E’ un’attività fisica aerobica (cioè aumenta la richiesta di ossigeno da parte dell’organismo) accessibile a tutti (si può esercitare ad ogni età, praticare durante tutto l’anno) che non sovraccarica la colonna vertebrale e le articolazioni degli arti inferiori ed è particolarmente indicata per le persone in soprappeso. Inoltre non richiede (almeno all’inizio) tanto tempo per le uscite e, i benefici, come allenare il cuore e il bruciare i grassi di deposito, sono immediatamente misurabili ed apprezzabili. Al principio basta camminare 30 minuti a passo sufficientemente veloce, almeno tre volte alla settimana, alternando i giorni. Preferire le prime ore del mattino e la sera, indossare scarpe comode e un abbigliamento che evita un’eccessiva

UN’ATTIVITA’ FISICA COME STRUMENTO DI PREVENZIONE E TERAPIA: “IL CAMMINARE”

21


Monterotondo, Federico Zeri e gli affreschi di Girolamo Siciolante da Sermoneta a Palazzo Orsini

Si tratta di uno stile che, lontano da quel “curioso accento ottocente sco e purista ante litteram assunte da certe sue opere destinate al culto”, gli consente di soddisfare i gusti di quella sceltissima “cerchia di aristocratici delle più vetuste casate romane di Roma”.

IN SABINA

Salvatore G. Vicario Medico e Scrittore

22

L

’Europa agli inizi del Cinquecento, turbata in campo religioso dalla Riforma luterana che ormai si diffondeva a macchia d’olio negli stati del Nord Europa, giunse a quello spartiacque della sto ria medievale che fu il sacco di Roma (1527) ad opera dei Lanzichenecchi (luterani) che si abbandonarono ad una saccheggio così efferato da far scrivere al Guicciardini “Tutte le cose sacre, i sacramenti e le reliquie de’ santi, delle quali erano piene tutte le chiese, spogliate de’ loro ornamenti, erano gittate per terra; aggiugnendovi la barbarie tedesca infiniti vilipendi” Lo sconvolgimento religioso chiuse un’epoca anche nelle arti figurative, e non bastò a frenarlo neppure il sopravvissuto genio di Michelangelo; ma se il Buonarroti poteva anche permettersi di non recepire il vento nuovo — pur se contestato —, lo stesso non poteva accadere per i giovani artisti che s’affacciavano alla ribalta. Infatti l’esame diretto dei dipinti sacri eseguiti nel corso della prima metà del secolo XVI a Roma rivela un progressivo accentuarsi di motivi pietistici e “divozionali”. La decisa conversione dei vecchi modi di dipingere al vento nuovo e difficile spetta ad alcune personalità mino ri, nelle quali il riflesso del mondo michelangiolesco s’innesta sul tronco dell’eredità raffaellesca. Il primo di questi pittori è Girolamo Siciolante da Sermoneta, l’opera del quale si matura nella metà del secolo XVI: è il momento in cui il concetto di pittura va naufragando verso quella “maniera” definita in senso negativo — dal Bellori — come “fantastica idea appoggiata alla pratica e non all’imitazione”. L’arte cioè sarebbe discesa al grado di “pratico e tecnicistico imparaticcio di imitatori”. Questo giudizio negativo sul manierismo ha coinvolto l’intero Cinquecento romano, sì che tutti i pittori di quel tempo sono stati spinti, in fascio, nel dimenticatoio. Eppure il fermento di quel tempo non poteva non mettere sul chi vive quegli artisti! Ed ecco che nell’arte, dal tronco del raffaellismo, si stacca come nuovo virgulto l’arte sa-

cra, capitolo nuovo nella storia della critica dell’arte, che giudica l’opera dal suo valore “divozionale” e secondo un metro che ignora il livello di qualità e le esigenze stilistiche. Pertanto nella seconda metà del secolo XVI l’arte cosiddetta “sacra” — che quindi non è frutto di imposizione conciliare tridentina, come per troppo tempo s’è voluto sostenere — era caratterizzata da una castigata semplificazione dei dati formali secondo vie che anticipano singolarmente i “nazzareni” e i “puristi” di più di trecento anni dopo. Così la pittura religiosa veniva riformata ed era resa chiaramente intelligibile a cerchie sempre più vaste, “sfrondandola della veste aulica e letterata cui l’aveva condotta l’aristocratica moda che nella seconda metà del Quattrocento aveva dettato legge dalle mura di Palazzo Medici”. Ma nel Cinquecento l’arte non era solo il prodotto della ispirazione dell’artista, anzi questo mol to spesso creava a richiesta del committente: “le esigenze, gli interessi e le aspirazioni del commit tente venivano tramutati dall’artista in creazione pittorica”. E i gusti, nel tempo dell’ascesa al pon tificato di Paolo III Farnese, erano dettati dal quel revival neo-feudale che caratterizzò la ripresa dello Stato Pontificio dopo il triste sacco. Ecco quindi due modi di dipingere, a seconda del tipo di committenza: in Girolamo Siciolante ve li troviamo in maniera emblematica. Girolamo Siciolante iniziò la sua carriera sotto buona stella, protetto da Camillo Caetani, potente signo re di Sermoneta, al quale tale potenza derivava dall’essere cugino di Paolo III Farnese; prudente e fedele al suo protettore, quasi l’intera sua carriera si sviluppò a Roma nell’arco di 35 anni, tranne che per il tempo della realizzazione di due soli viaggi a Piacenza e a Bologna. Lo Zeri, che nel Manierismo Romano del pieno Cinquecento — nel quale si trovò a lavo rare il Sermoneta — evidenzia il raggiunto accordo fra raffaellismo e mi-

chelangiolismo, trova nel no stro pittore, dopo il benefico influsso derivatogli dalla conoscenza degli affreschi dell’Oratorio di S. Giovanni Decollato a Roma di Jacopino del Conte, “una misura e una compostezza che più tardi saranno la prima virtù del Siciolante”. Una virtù, un’arte pittorica che, a mano a mano che viene conosciu ta, è sempre più valorizzata sia nella sua componente “sacra” che manieristica “laica”. La committenza al Sermoneta, nel campo laico, riguardò i personaggi più importanti del Vaticano (Paolo III, Pio IV, membri del collegio cardinalizio), non ché le migliori famiglie romane; fra quelle documentate cito Caetani, Colonna, Cen ci, Massimo e Orsini. La committenza Orsini di Monterotondo, nel palazzo oggi comunale, è invece fra quelle non documentate: non ha trovato nulla fra le carte dell’Archivio Caetani il Fiorani, né Pier Nicola Pagliara fra quelle dell’Archivio Barberini. La restituzione del ciclo al Sermoneta è stato fatto dall’occhio infallibile di Federico Zeri. Il Pagliara, che ha pubblicato il ciclo di affreschi nel 1981 nella Storia dell’arte italiana (Einaudi ed.), propenderebbe a datare gli affreschi intorno al 1553-55 e ipotizza che anche il soffitto possa essere coevo agli affreschi e opera della bottega del Siciolante. Gli affreschi sono nella cosiddetta “stanza di Adone”. La stanza è la seconda dell’appartamento nobile: su quattro pannelli è raffigurato il mito del dolce amante di Venere, in quello stile aulico, colto, neofeudale tipico del momento. Gli affreschi sono adoperati come arazzi inframmezzati da dee in stile raffaellesco e da grandi mascheroni con putti e festoni di fiori e frutti.

Il mito di Adone I quattro pannelli narrano la storia di Mirra che, orgogliosa della pro pria bellezza, aveva disprezzato il culto di Venere. Questa vol le punirla facendole nascere in cuore una sfrenata passione per il proprio padre, Cinira, re di Cipro, del quale divenne amante. Riconosciuta però da questi, è inseguita nuda nell’alcova, spada in pugno. Gli dei, mossi a compassione, mutano Mirra, ferita, in albero: dall’amore incestuoso nasce Adone, bellissimo, che divie ne pastore-cacciatore. Della sua grazia se ne in vaghisce Venere, provocando l’ira e la gelosia di Marte che invia contro il giovane uno smisu rato cinghiale: nella lotta Adone rimane ferito a morte. Venere sul suo cocchio d’oro tirato da due cigni accorre presso il suo amore morente, accompagnata da Cupido e da putti che pian gono e raccolgono fiori.

23


comunali che si pongono il problema dello sviluppo dei loro borghi storici?

Castel di Tora

Con questa intervista a Fiorello Primi, Presidente del Club de “I Borghi più Belli d’Italia” inizia “ufficialmente” l’impegno di SalutePiù per creare attenzione e sensibilità intorno al futuro dei borghi della Sabina. La loro salvaguardia, la loro sopravvivenza, la possibilità che questa sopravvivenza diventi sviluppo, è solo nelle nostre mani, nella nostra capacità di difenderli. SalutePiù si pone l’obiettivo di dedicare da ora in poi uno spazio specifico a questo tema che è necessario affrontare in un’ottica multidisciplinare perché valorizzare questi borghi significa occuparsi contemporaneamente di architettura ed urbanistica, ambiente, arte, cultura, storia, e tradizioni ma anche di sviluppo economico, comunicazioni, servizi sociali. Contiamo, dunque, di ospitare contributi diversi, di affrontare questo tema, che è anche un’opportunità per tutti noi, dai diversi possibili punti di vista con l’impegno a creare dibattito, impegno ed iniziative concrete.

24

Presidente Primi, partiamo dalle origini: quali sono i principi ispiratori e gli obiettivi che hanno portato alla costituzione ormai quasi dieci anni fa del club de I Borghi più Belli d’Italia?

Fiorello Primi, Presidente del Club de I Borghi più Belli d’Italia

Il Club si è costituito all’interno dell’ ANCI (Associazione Nazionale Comuni d’Italia) per iniziativa di alcuni sindaci, tra cui il sottoscritto, che allora ricopriva tale carica a Castiglione del Lago in Umbria. L’obbiettivo era ed è quello di valorizzare e promuovere i piccoli centri italiani che hanno caratteristiche architettoniche, ambientali, di servizi e qualità della vita di eccellenza. La creazione di una rete, che oggi conta 200 comuni, era il mezzo attraverso il quale si pensava di moltiplicare il valore del singolo piccolo centro che, a causa degli scarsi mezzi disponibili, non aveva alcuna possibilità di mettersi in evidenza. In che modo il Club dà supporto ai Borghi associati? Ci sono dei “casi di successo” che potrebbero essere di ispirazione per altre amministrazioni

Le azioni che compie il club per “vendere” sul mercato turistico nazionale ed internazionale la rete sono, prima di tutto, finalizzate all’affermazione del marchio come elemento identitario della provincia italiana dove la qualità è la principale caratteristica del borgo e del territorio. Molti sono gli strumenti in campo: dalla guida annuale (600 pagine e carte stradali vendute in circa 40.000 copie all’anno), al sito web www.borghitalia.it visitato, ogni anno, da circa 1,5 milioni di persone. Oltre a questo stampiamo circa 200.000 brochures e partecipiamo alla BIT, al TTI a ECOTUR ed organizziamo il festival nazionale annuale. Insomma vi sono molte possibilità per ciascun comune di mettersi in evidenza e di “bucare” l’informazione turistica nazionale ed internazionale. Ogni anno infatti, insieme all’ENIT , organizziamo delle presentazioni nelle diverse capitali Europee e di varie parti del mondo ed educational tours che interessano diversi borghi nelle varie parti d’Italia. I casi di successo ve ne sono molti ma il successo vero è quello della rete. In termini pratici, cosa deve fare un comune il quale, avendo ovviamente caratteristiche storico-urbanistiche di pregio, voglia entrare a far parte della vostra organizzazione? In questo momento abbiamo bloccato le visite di certificazione e di ammissione per consolidare l’ associazione e decidere le strategie future tenendo conto che 200 comuni sono già un bel numero e la gestione comporta diversi problemi organiz-

Ascrea

Castello di Nerola

zativi che oggi siamo in grado di affrontare serenamente. Aumentare il numero è una scelta che attiene alla assemblea generale dei soci. Credo che questi quasi dieci anni di attività del club de I Borghi più Belli d’Italia vi diano un osservatorio particolarmente privilegiato per capire quali sono le tendenze in atto. Come sta evolvendo la situazione? Lei vede segni che ci possono lasciar ben sperare per la sopravvivenza e, magari, anche per lo sviluppo dei nostri borghi antichi più piccoli? Il mercato turistico sta evolvendo verso destinazioni che abbiano “un senso”. Le persone oggi si muovono soprattutto seguendo degli interessi , avendo delle motivazioni e cercando esperienze da raccontare. La vacanza come narrazione di un breve periodo trascorso raccogliendo “storie” da raccontare ai propri amici e da rivivere con i propri co-viaggiatori. Per questo i borghi storici italiani e i loro territori sono assolutamente in linea con questa tendenza poiché , ciascuno, può raccontare una propria storia ed è custode di tradizioni e di cultura millenarie e sicuramente originali- Il compito delle amministrazioni pubbliche e dei cittadini è quello di tutelare e valorizzare questo patrimonio e la rete de I Borghi più Belli d’Italia ha quello di promuoverlo e commercializzarlo. L’altro impegno importante sul quale focalizzare impegno ed investimenti è quello di garantire un sistema di informazione ed accoglienza adeguato sia in termini di quantità che di qualità.

25


TRIS D’ASSI

Cicchetti - Nobili - Perilli

I tre Consiglieri Regionali reatini a confronto Fabrizio Sciarretta

Castello di Collalto Sabino

Credo anche che Lei sia stato e continui ad essere testimone di iniziative importanti e positive ma anche di gravi errori commessi tanto dalle amministrazioni quanto dai singoli. Cosa si dovrebbe fare di fronte ad un borgo confrontato da fenomeni di spopolamento ed impoverimenti ma ancora forte della sua bellezza per garantirgli un futuro? Esiste un decalogo? A mio parere è una questione di priorità che la pubblica amministrazione deve fissare nel campo del governo del territorio (piani regolatori, regolamenti di igiene, piano arredo urbano e del traffico ecc.) e dei servizi pubblici e privati. Spesso occorre avere il coraggio di andare “contro” il parere della gente che magari chiede cose che sono contrarie ad uno sviluppo equilibrato basato sulla crescita di un turismo sostenibile e solidale. I piccoli centri in periferia hanno la sola chance di scegliere la qualità per avere una speranza di continuare ad essere i contenitori di una piccola-grande storia che vale la pena di continuare a raccontare. GFS

26

www.borghitalia.it

Boville Ernica Campodimele Castel di Tora Castel Gandolfo Civita di Bagnoregio Collalto Sabino Monte S.Giovanni Campano Orvinio San Donato Val di Comino Sperlonga Torre Alfina Palombara Sabina

A

ntonio Cicchetti è stato consigliere comunale di opposizione a Rieti dal 1975 al 1994. Nel 1994 è eletto Sindaco di Rieti ed il mandato gli viene rinnovato nel 1998 quando è il sindaco più votato d’Italia con il 62% di voti al primo turno. Dopo i due mandati di primo cittadino, ha continuato a far parte dell’amministrazione comunale in qualità di Assessore ai Lavori Pubblici della Giunta Emili fino al 2004, In quell’anno è il candidato del centrodestra alla presidenza della Provincia di Rieti, perdendo al ballottaggio. Nel 2005 è eletto Consigliere Regionale nelle liste di Alleanza Nazionale con 10.100 voti nel collegio di Rieti. Nel 2009 entra nel PDL e nel 2010 è riconfermato Consigliere Regionale.

L

idia Nobili, laureata in Pedagogia, docente di Materie Letterarie nelle scuole secondarie, è attualmente Preside del Liceo Classico Marco Terenzio Varrone di Rieti. Tra i fondatori di Forza Italia nel 1994, in quell’anno viene eletta Consigliere Comunale di Rieti. Dal 2002 al 2007 è Presidente del Consiglio Comunale ed Assessore alle Politiche Scolastiche-Attività Socio Ricreative e pari Opportunità dal 2007. E’ eletta Consigliere Provinciale di Rieti nel 2004. Nelle scorse elezioni regionali viene eletta Consigliere Regionale. Membro del Direttivo Nazionale Unione delle Provincie d’Italia è membro del Direttivo Regionale ANCI (Associazione Nazionale Comuni d’Italia) e della Consulta Pari Opportunità dell’ANCI

LE INTERVISTE

Dopo l’intervista parallela ai tre Consiglieri Regionali Eretini pubblicata nel numero dello scorso giugno, abbiamo incontrato i tre Consiglieri Regionali Reatini per completare il giro d’orizzone su cosa “bolle in pentola”, dal punto di vista regionale, nelle due aree geografiche su cui SalutePiù è maggiormente focalizzata. Abbiamo così incontrato Antonio Cicchetti, Lidia Nobili e Mario Perilli per confrontare idee e punti di vista su alcuni degli argomenti centrali nell’agenda reatina: sviluppo economico, salvaguardia del patrimonio architettonico ed ambientale e spopolamento dei borghi, sanità e comunicazioni. Come constaterete leggendo le interviste, i nostri interlocutori, con grande senso civico, non si sono in alcun modo lasciati andare a polemiche di parte affrontando invece gli argomenti in modo assolutamente concreto con proposte che quasi sempre non sono in antitesi tra di loro ma anzi assai complementari. In termini pratici, SalutePiù ha condotto tre interviste parallele, sottoponendo ai tre Consiglieri Regionali le medesime domande e pubblicando una di seguito all’altra (in rigoroso ordine alfabetico) le loro risposte.

M

ario Perilli, impegnato in politica fin da ragazzo, ottiene la sua prima carica elettiva nel 1979 quando diviene Consigliere Comunale a Fara Sabina della quale è poi eletto Sindaco per due mandati dal 1988 al 1998. Nel 2000, dopo aver coordinato la Federazione PDS di Rieti, viene nominato Vice Presidente della Provincia reatina incarico in cui viene riconfermato nel 2004. Nell’aprile 2005 è eletto Consigliere Regionale del Lazio nella lista Uniti nell’Ulivo e ed ottiene l’incarico di Presidente della Commissione Agricoltura. Gli elettori lo hanno riconfermato anche in quest’ultima tornata elettorale e ricopre attualmente l’incarico di VicePresidente della Commissione Agricoltura della Regione Lazio.

27


LE INTERVISTE

Fede, che attraversando la Francia, arrivano a Santiago di Compostela Perilli. Evidentemente, proprio il fatto di parlare di “cardini” al plurale evidenzia come sia necessario muoversi in parallelo su più ambiti ricercando un equilibrio tra di loro. Certamente esiste l’esigenza di ripensare lo sviluppo industriale della provincia partendo dal rilancio del polo industriale di Rieti. Poi si tratta di puntare sull’agricoltura di qualità, anche in funzione delle zone di collina e bassa montagna, e sul turismo attivando, in questo caso, un grande progetto di albergo diffuso utilizzando le tante proprietà immobiliari vuote dieci mesi l’anno. Se riusciremo a muoverci su questi percorsi, sicuramente, oltre allo sviluppo economico, otterremo anche una maggiore attrattività per i nostri borghi come luoghi dove abitare o soggiornare ancora oggi. Il territorio reatino ha una forte vocazione agricola e turistica. Più di recente vi è stato uno sviluppo industriale che ha visto sorgere le zone industriali di Rieti e Borgorose mentre sta nascendo il polo logistico di Passo Corese. E’ pensabile che queste diverse ed in parte contrapposte vocazioni possano trovare una sintesi efficace? Quant’è a rischio l’ambiente naturale? Come va tutelato?

Cicchetti. Non vedo questa contrapposizione: una collettività si deve basare su diverse vocazioni ed attività. Nel reatino non c’è un’industria che possiamo definire tradizionale e invece noi dobbiamo proprio arrivare a “tipicizzare” un settore di riferimento. Io credo che dobbiamo rifarci all’esperienza che abbiamo avuto nel campo dell’industria elettronica che ha lasciato nel nostro territorio un bagaglio importante di competenze. Dobbiamo intercettare aziende in questo settore, ovviamente senza preclusioni verso chiunque altro voglia venire a insediarsi nel reatino. Nobili. Solo da qualche anno si sta puntando sullo sviluppo turistico reatino, l’area industriale di Rieti-Cittaducale aveva creato occupazione e benessere ed ottimisticamente erano state trascurate altre eccellenze che pure si posseggono. Non ultima l’agricoltura, con i prodotti più noti: vino olio, formaggi, ma anche con colture “di nicchia” quali castagne, lenticchie, tartufo, patate. Non ho dubbi sulla necessità che i diversi settori produttivi, agricoltura, industria, turismo, debbano e possano trovare una sintesi indispensabile, nella salvaguardia e nel rispetto di un ambiente, quale quello reatino, ecologicamente indenne. Ritengo che sia la sola sfida che dobbiamo cercare di vincere, se vogliamo che le nostre Terre non si spopolino e i nostri giovani non

siano costretti a lasciare i propri paesi per trovare lavoro altrove. Perilli. La scelta di progettare il consorzio industriale della provincia di Rieti come un nucleo policentrico che si articola su Rieti, Borgorose, Passo Corese ed in futuro Osteria Nuova è stata un’intuizione importante che ci permette già oggi ed ancor più in futuro distribuire le opportunità di sviluppo industriale sull’intero territorio reatino. Viceversa non credo che uno sviluppo industriale programmato e controllato possa trovarsi in contrapposizione con la tutela del nostro ambiente che passa invece anche per lo sviluppo di attività economiche, quali appunto l’agricoltura di qualità, che rappresentano una difesa dell’ambiente stesso. A questo proposito, giocherà un ruolo importante l’attivazione del Distretto Rurale della Montagna Reatina, costituito da un territorio di 44 Comuni nella parte occidentale della Provincia di Rieti per il quale sono previsti circa 800.000 euro di finanziamenti regionali. Disporremo così di un nuovo strumento per la promozione dello sviluppo locale in un’area caratterizzata dall’omogeneità del territorio e dalla particolare interrelazione che esiste tra attività agricole, artigianali, economiche in genere ed il territorio stesso. Preservare dall’abbandono e dalla conseguente distruzione centinaia di borghi è certamente un compito immane. Ritiene che sia possibile individuare delle soluzioni specifiche? Cosa si è fatto fin qui e cosa bisognerà fare in futuro? Cicchetti. Alcuni borghi, come quelli della Sabina, cresceranno naturalmente grazie alla loro posizione. Per le zone più interne, difficilmente suscettibili di mutamenti, credo che una soluzione possa essere trovata nell’edilizia popolare: invece di utilizzare terreni agricoli spesso altamente produttivi per realizzare nuovi edifici, bisogna rendere possibile la ristrutturazione di immobili esistenti nei borghi ed oggi abbandonati ed il loro affidamento

a chi ne ha bisogno come case popolari. Secondo la FAO, abbiamo bisogno di 4.000 mq. di terra coltivata pro capite. In Italia siamo già scesi a quota 2.000 mq., forse è giunto il momento di individuare soluzioni originali. Nobili. Rieti è una provincia che sta invecchiando e va spopolandosi sempre più, soprattutto a causa della grave crisi occupazionale che obbliga tanti giovani ad abbandonare il luogo natale, salvo poi a tornarci dopo la pensione. La conservazione dei nostri antichi borghi passa attraverso incentivi e fondi europei e regionali, che ci sono e vengono utilizzati, ma ritengo che la vera salvaguardia di questo ricco patrimonio storico-architettonico paesaggistico si possa ottenere permettendo alle giovani famiglie di ricominciare a vivere nelle loro terre d’origine. Perilli. Credo che sia necessario lavorare per un legge regionale ad hoc e questo è il mio impegno personale. Bisogna però dire che stiamo iniziando a vedere sul nostro territorio nascere delle esperienze positive e da imitare. Mi vengono in mente gli esempi di Ritrosi, una delle frazioni di Amatrice, ed alcuni interventi della Comunità Montana del Turano dove si è operato il recupero dei centri storici attraverso ristrutturazioni degli edifici e l’avvio di attività di albergo diffuso. La provincia di Rieti è caratterizzata dall’avere una popolazione molto distribuita su un territorio spesso orograficamente complesso. Le scelte di sanità pubblica regionale sembrano invece volgersi verso l’aggregazione delle ASL e la riduzione del numero degli ospedali mentre le soluzioni per una gestione efficace del territorio mi sembrano ancora fumose. Cosa serve alla provincia di Rieti? Cicchetti. L’unificazione delle ASL laziali con quelle romane è un progetto già evaporato. Alla provincia di Rieti serve il rispetto delle leggi che fissano il rapporto

necessario tra posti letto e cittadini: noi, oggi, siamo al di sotto dei livelli previsti quindi le modifiche che la Regione certamente farà non possono passare per una riduzione delle strutture reatine. L’attuale rete ospedaliera regionale è stata disegnata per creare posti da primario e da infermiere: l’unico a non essere stato preso in considerazione è il malato. Oggi dobbiamo ripensare la rete sulle esigenze di quest’ultimo, comunque, dalla ristrutturazione della rete chi non può rimetterci è Rieti perché ha già meno di tutti. Nobili. L’offerta sanitaria reatina è condizionata da un territorio orograficamente complesso, da collegamenti difficili, da una popolazione stagionale estremamente variabile, nei piccoli comuni. Il grave disavanzo sanitario non ci aiuta in questo caso e il Piano di rientro appena presentato certamente penalizza le zone periferiche, riconvertendo parte dei posti letto, lasciando il primo soccorso e l’osservazione breve, gli ambulatori e prevedendo, come ad Amatrice, un’elisuperficie. L’auspicio è che possa essere ripensata la situazione dell’Ospedale di Magliano, anche con una diversa distribuzione dei posti letto regionali. Perilli. Molto chiaramente, io credo che sia assolutamente sbagliata la scelta operata dalla Regione di unire, in termini di gestione delle infrastrutture sanitarie, la provincia di Rieti con Roma Nord che finisce solo per redistribuire su un’area più vasta le risorse ospedaliere di Roma Nord senza affrontare i problemi specifici del territorio reatino con soluzioni, appunto, distribuite sul territorio e non concentrare come al solito sugli ospedali. Non si può continuare a tirare in ballo il passato e l’entità del disavanzo che ciascuna giunta ha ereditato dalla precedente: anche nel 2010 il deficit della sanità regionale supererà il miliardo di euro che non si risolverà riducendo i posti letto di Magliano ed Amatrice mentre, viceversa, nessuno tiene conto delle esigenze della

LE INTERVISTE

28

73 comuni che comprendono circa 460 borghi che in molti casi si popolano solo nei mesi estivi, un territorio di grande bellezza che arriva a lambire Roma la quale rappresenta al tempo stesso un’opportunità di sviluppo economico ma anche un polo di attrazione che fagocita le aree circostanti. Quali sono i cardini su cui si deve fondare il futuro della provincia di Rieti? Cicchetti. Il territorio reatino è la somma di più territori con caratteristiche diverse e quindi è caratterizzato da dinamiche di sviluppo differenziate. Certamente, però, quando parliamo di spopolamento e di futuro, dobbiamo dire che se non si attiva una politica per la montagna fatta anche di significativi sgravi fiscali la gente continuerà ad abbandonare le zone più disagevoli: bisogna offrire opportunità, anche economiche, perché va affrontato anche il problema della manutenzione ambientale di questi luoghi. In caso contrario, ci esponiamo a rischi di disastri naturali. Per quanto riguarda il futuro, credo che dobbiamo esaltare i punti di forza che già abbiamo: nel turismo, ad esempio, il nostro territorio è attrattivo per il segmento della terza età ed è proprio in funzione delle esigenze specifiche di questi potenziali turisti che dobbiamo costruire le infrastrutture di accoglienza. Nobili. Il territorio reatino possiede delle innumerevoli risorse, solo parzialmente conosciute e valorizzate: bellezze ambientali incontaminate, laghi, fiumi, montagne, testimonianze storico-culturali dall’antica Roma, ai castelli e rocche medievali; al palazzo papale di Bonifacio VIII. Il futuro di Rieti si dovrà sicuramente basare su un corretto sviluppo turistico, con tutto l’indotto economico-occupazionale che ciò comporta, rilanciando per primo il comprensorio sciistico del Terminillo e promuovendo anche il turismo religioso, legato alla Valle Santa Reatina con i suoi 4 Conventi Francescani, il cammino di Francesco e gli altri Cammini di

29


L’INTERVISTA

30

nostra provincia in termini di aumento della disponibilità di posti nelle RSA, nella riabilitazione e nella lungodegenza. Le strutture ambulatoriali “private accreditate” che offrono un capillare servizio sul territorio in tutta la regione a costi competitivi per il Servizio sanitario Regionale, sono state fin qui condannate ad un ruolo ancillare e secondario rispetto alle strutture pubbliche. Ritiene che possano rappresentare una risorsa importante per la futura politica sanitaria regionale? Come? Cicchetti. La sanità lombarda ha il suo plus in una forte collaborazione tra pubblico e privato dove il privato esercita anche funzioni tipiche del pubblico quale il pronto soccorso. Dobbiamo guardare a questo modello ma al privato dobbiamo chiedere di essere sempre all’altezza della situazione, Vanno poste al privato condizioni più severe, ma in realtà più giuste, per ricevere l’accreditamento. Nobili. Le struttura ambulatoriali “private accreditate” in un territorio complesso e mal collegato come quello reatino spesso offrono un servizio non solo più capillare, ma a volte è l’unico facilmente raggiungibile dagli anziani o non autosufficienti, vedi centri riabilitativi o laboratori di analisi. Ritengo che sia necessario analizzare le diverse realtà locali, valorizzando quelle strutture private che possono offrire un servizio efficiente e di qualità ai cittadini, spesso anche economicamente vantaggioso.

Perilli. Purtroppo questo è un problema che a Rieti non abbiamo: le strutture private accreditate sono pochissime nonostante nel reatino la popolazione sia distribuita in modo molto diffuso su un territorio orograficamente anche difficile. In più, temo che vi siano strutture che non rispondono neanche realmente alle esigenze del territorio in cui sono localizzate. E’ un tema che va rivisto nel suo complesso all’interno di un ripensamento dell’intera rete di sanità territoriale regionale. I collegamenti stradali e le infrastrutture di trasporto in generale sono indubbiamente una condizione indispensabile per lo sviluppo di un territorio. Ritiene che il Reatino richieda nuove soluzioni ed interventi importanti? Quali? Come verrà garantita la minimizzazione dell’impatto ambientale? Cicchetti. Guardi che oltre alle strade ci vogliono le idee: Borgorose sta sull’autostrada ma la zona industriale è deserta, Ravello è il posto più difficile da raggiungere in Italia ma è sempre pieno di turisti ! Ciò detto, e avendo presente i vincoli ambientali, il reatino è in una situazione di debolezza. Con la Rieti–Terni quasi ultimata e la Rieti–Torano programmata, bisogna ora intervenire sulla Salaria. Il problema sono i collegamenti con la Bassa Sabina ed al suo interno: serve una Rieti – Bassa Sabina con un traforo sotto il Monte Tancia in direzione di Stimigliano per poi riallacciarsi alla A1. Leonessa, poi, ha bisogno di un collegamento agevole con il capoluogo attraverso una galleria sotto Lisciano. Il momento economico non è favorevole alla costruzione di grandi infrastrutture ma è ne-

cessario realizzare subito la fase di progettazione per poi passare in un momento più propizio alla realizzazione, magari affidando l’opera ai privati con una concessione trentennale. A quel punto saremmo entrati in un circuito virtuoso dove almeno avremmo eliminato le scuse: poi se non ci sono le idee … Nobili. Buoni collegamenti ed infrastrutture moderne indubbiamente agevolano lo sviluppo del territorio, Rieti è isolata rispetto alle naturali vie di comunicazioni, verso L’Aquila, Terni e Roma. Per le prime due direzioni i lavori procedono, pur con estrema lentezza, mentre il collegamento verso la capitale ha subito il contraccolpo delle varie alternanze politiche che hanno visto progettata e finanziata la ferrovia fino ad Osteria Nuova, poi accantonata a favore del raddoppio della Salaria. Ritengo altresì che questo forzato isolamento, se opportunamente veicolato possa favorire uno sviluppo turistico legato a percorsi naturalistici e paesaggistici, in un territorio ecologicamente intatto. Perilli. Dopo tanti anni di polemiche spesso incomprensibili, da qualche tempo c’è una convergenza unanime sul raddoppio della Salaria. Il problema vero è che l’Anas e il Governo debbono metterci le risorse necessarie sarebbe opportuno che nel frattempo la Regione erogasse all’ANAS una parte dei mezzi finanziari già stanziati nel bilancio regionale, in tutto 60 milioni di euro, in modo date da realizzare la progettazione definitiva considerato che il progetto preliminare è già stato approvato con la condivisione di tutte le comunità ed amministrazioni locali interessate dal percorso della Salaria.

31


32


Issuu converts static files into: digital portfolios, online yearbooks, online catalogs, digital photo albums and more. Sign up and create your flipbook.