SalutePiù - Giugno 2012

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benessere cultura costume

CAPENA

FABIO MELILLI

Intervista al Presidente della Provincia di Rieti

NON MI GIOCO IL CUORE OLTRE LA PILLOLA

SPECIALE ALLERGIE 1

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Sommario 6

La Rinite Allergica

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Quando l’allergene è un animale

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Nutrirsi bene da piccoli per crescere sani

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Oltre la pillola

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Pet therapy e Ippoterapia

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Non mi gioco il cuore

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l’Arteriopatia Obliterante Cronica

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degli Arti Inferiori 20

Fabio Melilli Presidente della Provincia di Rieti

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Città condivisa: Urban lab

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Capena

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Intervista al Sindaco di Capena

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Antonella Bernardoni 30

L’educazione della Vergine torna a Fara Sabina

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SALUTE PIÙ - BENESSERE CULTURA COSTUME Anno III - Num. 13 - Giugno 2012

Direttore Responsabile Fabrizio Sciarretta Segreteria di Redazione Filippa Valenti valenti@laboratorionomentano.it T 06 90625576 Art director e impaginazione Alessia Gerli Editore Laboratorio Clinico Nomentano Srl Via dello Stadio 1 00015 Monterotondo (RM) Iscritto al registro della stampa e dei periodici del Tribunale di Tivoli n. 97/2009 Stampa Graffietti Stampati S.n.c. S.S. Umbro Casentinese km.4.500 01027 Montefiascone (VT) Per la pubblicità su questa rivista rivolgersi a: GERLI COMUNICAZIONE a-gerli@libero.it T 338 5666568

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Hanno collaborato

ARTERIOPATIA OBLITERANTE CRONICA DEGLI ARTI INFERIORI Dott. MARCO DECUZZI

Il Dr. Marco Decuzzi, si è laureato in Medicina e Chirurgia presso l’Università degli studi di Bari, e successivamente si è specializzato in Medicina Nucleare. Ufficiale Medico dell’Esercito, assistente di reparto di chirurgia vascolare presso il Policlinico Militare di Roma “Celio”, ha conseguito il diploma nazionale di ecografia clinica Siumb (Società Italiana di Ecografia in Medicina e Biologia), ed ha frequentato il corso specialistico di EcocolorDoppler Siumb, il corso di ecografia di medicina di base Siumb, e si è perfezionato in dietetica e dietoterapia presso l’Università degli Studi di Padova. Ha al suo attivo 40 pubblicazioni in riviste nazionali ed internazionali su argomenti di ecografica clinica e diverse presentazioni sui medesimi temi in congressi nazionali ed internazionali.

NUTRIRSI BENE DA PICCOLI PER CRESCERE SANI Dott.ssa MAYME MARY PANDOLFO

QUANDO L’ALLERGENE È UN ANIMALE Dott. MARCO GARUFI BOZZA

La Dott.ssa Mayme Mary Pandolfo si è laureata in Medicina e Chirurgia e specializzata in Scienza dell’Alimentazione presso l’Università degli Studi di Roma “La Sapienza” con il massimo dei voti. Responsabile del Programma di Educazione Terapeutica Strutturata (ETS) in Diabetologia presso la UOC Diabetologia, Dietologia e Malattie Metaboliche dell’Ospedale “Sandro Pertini” di Roma ove svolge anche attività di ricerca in campo diabetologico. Esercita, inoltre, la sua attività professionale presso diverse strutture mediche della Capitale. E’ co-autrice di diversi articoli scientifici pubblicati su riviste mediche internazionali ed ha presentato relazioni in congressi nazionali ed internazionali. E’ Responsabile della Branca di Scienza dell’Alimentazione presso lo Studio Medico Polispecialistico Cappuccini.

Il Dottor Marco Garufi Bozza si è laureato in Medicina e Chirurgia presso l’Università degli Studi di Roma “La Sapienza” ove, sempre con il massimo dei voti, ha anche conseguito le specializzazioni in Tisiologia e Malattie dell’Apparato Respiratorio ed in Medicina del Lavoro. Ha partecipato e presentato relazioni in numerosi congressi scientifici nazionali ed internazionali. Svolge la sua attività professionale presso numerose strutture mediche della Capitale ed è il Responsabile della Branca di Allergologia e Pneumologia del Poliambulatorio Specialistico “Laboratorio Clinico Nomentano” di Monterotondo..

LA RINITE ALLERGICA

ARTERIOPATIA OBLITERANTE CRONICA DEGLI ARTI INFERIORI Dott. ssa MARIANNA GAZZETTI

La Dr.ssa Marianna Gazzetti è laureata in Medicina e Chirurgia e specializzata in Chirurgia Vascolare. Vincitrice del concorso per il Dottorato in “Fisiopatologia Chirurgica AngioCardio-Toracica ed Imaging”, svolge attività clinica e di ricerca presso il reparto di Chirurgia Vascolare dell’Ospedale “San Camillo-Forlanini” di Roma. Autore di articoli scientifici e presentazioni a congressi nazionali ed internazionali, è membro delle società scientifiche SICVE (Società Italiana di Chirurgia Vascolare ed Endovascolare) e ESVS (European Society for Vascular Surgery). Esercita la sua attività professionale in diverse strutture di ricovero ed ambulatoriali e presso la “Clinica delle Vene”, associazione di medici chirurghi specializzati nella cura dell’insufficienza venosa degli arti inferiori Presso il Poliambulatorio Specialistico “Laboratorio Clinico Nomentano”, svolge la sua attività nell’ambito del Servizio di Radiologia per quanto attiene la diagnostica ecografica angiologica e vascolare.

Dott. ssa MARZIA RUGGERI

NON MI GIOCO IL CUORE

Dott. EMANUELE GRAZIANI OLTRE LA PILLOLA Dott. EMANUELA FERAUDO La Dr.ssa Emanuela Feraudo, si è laureata in Medicina e Chirurgia presso l’Università degli studi di Roma “La Sapienza”, ove si è successivamente specializzata in Ginecologia ed Ostetricia con il massimo dei voti. Esercita la sua attività presso diverse case di cura ed ambulatori specialistici della Capitale nonché nell’ambito del Servizio di Radiologia del Poliambulatorio Specialistico Nomentano per quanto attiene l’ecografia ginecologia ed ostetrica. 4

Il Dottor Emanuele Graziani è laureato in medicina e chirurgia e specializzato in medicina dello sport, ha conseguito un master in “agopuntura e moxibustione”. Fa parte dell’Equipe Medica della Federazione Italiana Scherma e collabora in progetti che vedono le attività sportive condotte in ambienti climatici particolari. Esercita la sua attività di Medico dello Sport presso il Poliambulatorio Specialistico Nomentano.

Marzia Ruggieri si è laureata in Medicina e Chirurgia e si è specializzata in Otorinolaringoiatria e Chirurgia Cervico-Facciale presso l’Università di Roma La Sapienza Dal 2003 al 2006 ha lavorato presso la Divisione di Otorinolaringoiatria e Chirurgia Cervico Facciale dell’Istituto Tumori di Roma “Regina Elena”. Attualmente svolge attività libero professionale presso diverse strutture sanitarie ed è Responsabile della Branca di Otorinolaringoiatria del Poliambulatorio Specialistico Nomentano. Sta svolgendo inoltre un Dottorato di Ricerca in “Tecnologie avanzate in Chirurgia” presso l’Università di Roma” La Sapienza”, Dipartimento di Otorinolaringoiatria, Audiologia e Foniatria “G. Ferreri.”

PET THERAPY E IPPOTERAPIA Dott. ssa LAURA TRAINA La Dottoressa Laura Traina è laureata in Psicologia ed ha frequentato diversi corsi e seminari nell’ambito delle tecniche e delle metodiche di riabilitazione psico-fisica che prevedono l’impiego delle arti e degli animali. Da alcuni anni si dedica attivamente all’ippoterapia impegnandosi sia nella sua qualità di psicologo che operando direttamente “in campo” in supporto ai suoi allievi. 5


LA RINITE ALLERGICA Dott. MARCO GARUFI BOZZA Specialista in Malattie dell’Apparato Respiratorio Responsabile della Branca di Allergologia e Pneumologia del Poliambulatorio Specialistico “Laboratorio Clinico Nomentano”

Dott.ssa MARZIA RUGGIERI Specialista in Otorinolaringoiatria

La rinite allergica è una patologia rilevante non solo per la sua diffusione – si può ipotizzare che addirittura due persone su dieci ne siano affette - ma anche perché spesso si presenta collegata ad altre patologie (asma, otite, sinusite, poliposi nasale) e può generare disturbi diversi da essa. Essendo il naso in stretta continuità sia anatomica che funzionale con i seni paranasali e con l’orecchio, l’interessamento pressoché costante dei seni paranasali con un quadro di sinusite e dell’orecchio con la comparsa di otite mettono in luce il fatto che la rinite allergica non appartenga solo alla sfera d’attività propria dell’allergologia ma coinvolga necessariamente anche quella dell’otorinolaringoiatria. Ostruzione nasale, gocciolamento di tipo acquoso (idrorrea), prurito intranasale (spesso anche congiuntivale e palatale), ostruzione nasale, ripetuti starnuti, sono i sintomi più comuni della rinite allergica che può essere definita una malattia infiammatoria della mucosa nasale. A questi sintomi, possono far da contorno cefalea frontale (mal di testa), riduzione dell’olfatto (iposmia) e congiuntivite (lacrimazione, prurito e arrossamento degli occhi). La rinite è, da un lato, scatenata da allergeni quali pollini, acari della polvere, muffe, peli di animali domestici e, dall’altro, aggravata da diversi fattori tra cui fumo, aria fredda, odori forti. 6

La diagnosi La visita dall’otorinolaringoiatra metterà in evidenza una mucosa nasale tipicamente pallida (cioè di colorito roseo), con ipertrofia cioè ingrandimento dei turbinati nasali con presenza di secrezioni nasali chiare e fluide ed a volte la presenza di polipi nasali (strutture di consistenza molle di aspetto gelatinoso che provengono dall’eccessivo rigonfiamento della mucosa nasale sotto lo stimolo degli allergeni). La rinite, spesso, si associa ad altri fenomeni allergici: congiuntivite allergica, problemi cutanei (dermatite allergica) e, soprattutto, asma (oltre il 70% di coloro che soffrono di rinite allergica, svilupperanno nel corso della vita un asma). La correlazione tra rinite ed asma è dovuta al fatto che le strutture microscopiche del naso e dei bronchi sono molto simili e l’infiammazione si manifesta con il medesimo meccanismo. Inoltre le secrezioni nasali causate dalla rinite provocano uno scolo continuo nel rinofaringe (post nasal drip) e di lì verso le strutture tracheo-bronchiali che scatenano e alimentano il fenomeno asmatico. E’ dunque facilmente comprensibile come sia necessaria, oltre alla valutazione allergologica (Prick Test e RAST), anche la stretta collaborazione tra le due branche specialistiche di Allergologia ed Otorinolaringoiatria al fine di una valutazione globale del paziente e per stabilire

un’ottimale iter terapeutico. In sintesi, l’iter diagnostico completo in un paziente che mostri i sintomi della rinite è: 1 test allergometrici cutanei 2 visita otorinolaringoiatrica con fibrorinolaringoscopia ed eventuale rinomanometria. La fibrorinolaringoscopia è un esame importante per la visualizzazione delle modificazioni all’interno del naso dovute all’infiammazione (ipertrofia dei turbinati, poliposi nasale, ecc.) 3 visita pneumolgica 4 spirometria con test bronco dinamici Eventualmente, la richiesta degli specialisti potrà essere quella di una TAC del Massiccio Facciale ed una radiografia standard del torace.

La terapia

Attualmente, l’uso di farmaci quali antinfiammatori, antistaminici, ecc. migliora notevolmente la sintomatologia. Ma tutto ciò non basta in quanto l’adozione di alcune semplici norme comportamentali aumentano l’efficacia del trattamento e soprattutto la qualità della vita per il paziente.

Comportamenti anti-allergia Alcuni comportamenti mirati possono aiutarci a combattere le allergie o, perlomeno, a ridurre i loro effetti: si tratta, fondamentalmente, di utilizzare alcune semplici precauzioni per diminuire l’esposizione ai pollini se si è affetti da allergia stagionale. Innanzitutto, bisogna individuare la specie vegetale alla quale appartiene il polline che scatena l’allergia: ciò consente di stabilire la stagione di impollinazione e quindi quale sarà il periodo in cui rischiamo di subire i suoi effetti. Ovviamente, per quanto possibile, va evitato di soggiornare in luoghi aperti e con vegetazione durante il periodo di impollinazione della pianta a cui si è allergici: una misura molto importante per i bambini che giocano nei parchi e nei giardini. A tal proposito è bene comunicare al personale sco-

lastico lo stato di allergia dei ragazzi e degli eventuali provvedimenti da adottare. Nel viaggiare in auto è bene mantenere i finestrini chiusi, usare se è il caso l’aria condizionata dopo aver effettuato la manutenzione dei filtri della stessa. Per gli appassionati delle due ruote, è consigliato l’uso del casco integrale. Prima di un viaggio, è necessario informarsi sul tipo di vegetazione e sul livello dei pollini nella località di destinazione. Queste notizie sono facilmente reperibili su molti siti internet dedicati alla meteorologia: consultando i “calendari dei pollini” è possibile saper quando il loro livello si innalza. Per quanto riguarda l’abitazione, è buona norma mantenere porte e finestre chiuse quando il livello dei pollini è più alto. Inoltre, è meglio arieggiare la casa in tarda

serata in quanto il polline raggiunge la sua massima concentrazione nell’aria tra le ore dieci e le sedici. Per chi soffre di asma allergico è necessario non fumare e non effettuare esercizio fisico all’aria aperta. Ultimo consiglio è di cambiarsi i vestiti appena rientrati in casa, se si è stati all’aperto in presenza di pollini, ovviamente non in camera da letto per non fare stratificare i pollini nella polvere domestica. Buona norma è anche quella di lavarsi i capelli, anche solo con acqua al rientro in casa. Un evento raro, ma da prendere in considerazione, sono le cosiddette “reazioni crociate” che i soggetti sensibili ad allergeni stagionali hanno con l’assunzione di alcuni alimenti nel periodo di pollinazione. Prendendo ad esempio le più frequenti sensibilizzazioni

ai pollini alle nostre latitudini possiamo dire che un soggetto allergico alle graminacee durante il periodo pollinico deve astenersi dall’assumere cibi come agrumi, albicocche, anguria, ciliegie, frumento, kiwi, mandorle, melone, pesca, pomodoro e prugna. Per gli allergici alla paretaria è sconsigliato mangiare gelsi, melone, ciliegie, basilico e ortica. Queste precauzioni possono migliorare lo stato di salute di chi soffre di allergie stagionali nel periodo critico. Bisogna ricordare, però, che queste misure non sostituisco la terapia farmacologia che il medico assegna ai propri pazienti allergici, ma ne aumentano indubbiamente l’efficacia.

Dott. MARCO GARUFI BOZZA 7


Quando l’allergene è un animale Tra gli allergeni che non conoscono stagione vi sono anche quelli di origine animale. Non sono i nostri piccoli amici domestici in quanto tali ha provocare le allergie, piuttosto la colpa è da attribuire alle squame di forfora , alle particelle di sebo, sudore e urina che si staccano dagli animali e rimangono sospese in aria o aderiscono agli abiti o ai tessuti d’arredamento. Allora come fare se i nostri bambini allergici ci chiedono che la famiglia sia “allargata” alla presenza di un piccolo amico? La prima cosa da fare è accertarsi con l’esecuzione di test diagnostici dell’effettiva sensibilizzazione all’animale (cane, gatto, coniglio ecc.) o piuttosto agli acari della polvere o alle tuie del nostro vicino di casa che nulla hanno a che vedere con i nostri eventuali ospiti. Se la richiesta si fa incessante vale la pena tentare. Citiamo a tal proposito una ricerca condotta dal centro medico dell’ospedale pediatrico di Cincinnati 8

su 636 bambini figli di genitori allergici e quindi sottoposti ai test per l’alta probabilità di soffrire a loro volta di allergie. L’indagine ha dimostrato che i piccoli risultati allergici ai cani erano meno a rischio di sviluppare eczemi entro i quattro anni, se fin da neonati avevano vissuto con un cane. Per quelli tenuti lontani dai cani il rischio era invece quattro volte superiore. Purtroppo questo effetto protettivo non sembra valere per i bambini sensibili al gatto; per loro crescere con una “piccola tigre” sembra fare aumentare notevolmente il rischio di sviluppare eczemi.

Di seguito riportiamo un elenco di razze di cani considerate ipoallergeniche. Chissà se non ve ne sia una che faccia al caso vostro? Barbone di varie taglie Basenji Bichon frisé/Bischon avanese Cane d’acqua portoghese

Chiuhuahua Labradoole (incrocio tra Labrador e barbone) Levriero inglese e italiano Maltese Nudo messicano Schnauzer nano Shitzu Spaniel irlandese West Highland White Terrier Yorkshire Terrier

Dott. MARCO GARUFI BOZZA Specialista in Malattie dell’Apparato Respiratorio Responsabile della Branca di Allergologia e Pneumologia del Poliambulatorio Specialistico “Laboratorio Clinico Nomentano”

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NUTRIRSI BENE DA PICCOLI PER CRESCERE SANI in un’epoca in cui l’immagine e le pressioni dei mass media influenzano lo stile di vita di grandi e piccoli, sono soprattutto questi ultimi i più indifesi e indotti a preferire un’alimentazione ricca in grassi e in zuccheri semplici e a ridurre le occasioni quotidiane di attività fisica. Dott.ssa Mayme Mary Pandolfo Responsabile Branca di Scienza della Nutrizione Studio Medico Polispecialistico Cappuccini

C

iò ha portato, negli ultimi decenni, ad un aumento nel mondo dei casi di sovrappeso e obesità, anche in età infantile ed adolescenziale. Del resto, i dati del 2010 sull’obesità infantile italiana, in ragazzi tra gli 11 e i 15 anni, parlano chiaro: • la frequenza dei ragazzi in sovrappeso e obesi è elevata, con percentuali maggiori negli 11enni (29,3% nei maschi, 19,5% nelle femmine) rispetto ai 15enni (25,6% nei maschi, 12,3% nelle femmine) • anche l’attività sportiva è in calo con i giovani di 15 anni (47,5% dei maschi e 26,6% delle femmine) che fanno meno attività fisica rispetto ai ragazzi di 13 (50,9% dei maschi e 33,7% delle femmine) • si riscontra un minor consumo quotidiano di verdura nelle regioni del Sud e tra i maschi • tra i quindicenni, il 40% dei maschi e il 24% delle femmine dichiara di consumare alcol almeno una volta a settimana • il 19% dei quindicenni (sia maschi che femmine) dichiara di fumare almeno una volta a settimana.

QUALI RISCHI PER LA SALUTE IN UN BAMBINO OBESO? La conseguenza più frequente dell’obesità infantile è che un bambino obeso ha maggiore probabilità di essere un adulto obeso. Inoltre malattie tipiche dell’adulto insorgono precocemente nei bambini e nei ragazzi obesi. In particolare, gli adolescenti potrebbero aver bisogno prestissimo di terapia farmacologica per il diabete mellito, l’ipertensione arteriosa, il colesterolo elevato, le irregolarità mestruali, la precocità o il ritardo della crescita e dello sviluppo sessuale. Accanto a questi aspetti bisogna considerare anche gli importanti risvolti sullo sviluppo psicologico del bambino-adolescente sovrappeso. Spesso si tratta di bambini presi in giro dai coetanei e giudicati dagli adulti che crescono, con difficoltà relazionali e caratterizzati da bassa autostima. QUAND’È CHE UN BAMBINO È OBESO E COSA FARE? Per una corretta valutazione della crescita del bambino e del suo stato di nutrizione il medico nutrizionista si riferisce alle curve di crescita staturale e del peso, relative alla

popolazione infantile italiana. Lo specialista inoltre valuta anche il Body Mass Index (BMI), confrontandolo con la relativa curva di crescita, per ottenere l’eventuale diagnosi di sovrappeso od obesità. Poiché l’obesità è anche definita come un eccesso di tessuto adiposo, nel bambino come nell’adulto può essere utile, ma non indispensabile, la valutazione della composizione corporea attraverso la plicometria al fine di monitorare le modificazioni di massa grassa e massa magra del giovane paziente durante la sua crescita. Altri parametri da valutare periodicamente sono gli esami ematochimici, la pressione arteriosa, alcune circonferenze corporee (vita, fianchi, etc..) per tenere sotto controllo l’eventuale aumento del rischio di patologie associate al sovrappeso. Ulteriori indagini, infine, possono essere effettuate in caso di deficit della crescita (es: intolleranza al glutine e altre intolleranze con malassorbimento di nutrienti) e anche gli esami ormonali della crescita da condividere col pediatra curante con cui è sempre importante collaborare. GLI STILI DI VITA Una volta accertata la diagnosi, l’approccio migliore in caso di obesità infantile è quello dell’ educazione ad un sano stile di

STUDIO MEDICO POLISPECIALISTICO

CAPPUCCINI 10

vita. Il bambino e tutto il suo nucleo familiare, inclusi nonni ed amici, possono aver bisogno di informazioni corrette sul tipo di alimentazione e di attività fisica più adeguate alla sua età. La prescrizione di una dieta strutturata in età infantile non è utile e anzi è spesso controindicata per il rischio di insorgenza di disturbi latenti del comportamento alimentare. Inoltre, per non indurre nel bambino la percezione di essere malato, è utile che il medico nutrizionista fornisca ai genitori indicazioni alimentari in termini di porzioni e di unità di misura di uso domestico (es: mestolo, cucchiaio, bordo del piatto, bicchiere, etc. etc.). In generale, piuttosto che dare indicazioni strettamente quantitative, si preferisce che tutta la famiglia acquisisca maggiore conoscenza della dieta mediterranea, dei gruppi alimentari, dei macro e micronutrienti che ne fanno la dieta cardine per la prevenzione di molte malattie. In tal modo, la cura del bambino attraverso uno stile di vita sano, anche in assenza di specifiche patologie, costituisce un’opportunità per tutta la famiglia e garantisce una crescita sana ed equilibrata dei bambini, permettendo la prevenzione di molte patologie nell’individuo adulto.

Via Fausto Cecconi 3 Monterotondo 06 9066229 www.studiocappuccini.com 11


“Oltre la Pillola”

L

a scelta di un contraccettivo per una donna è come la scelta di un vestito. non è mai lasciata al caso, e soprattutto non segue regole preordinate: come non esiste il vestito “giusto” per tutte le donne, non esiste neppure il contraccettivo “GIUSTO”. Inoltre ci sono situazioni, momenti, occasioni diverse nella vita nelle quali indossare un vestito piuttosto che un altro. E lo stesso è per il contraccettivo: quello che si sceglie a vent’anni non è necessariamente adatto quando se ne hanno trenta e magari si sentirà la necessità di cambiarlo quando se ne avranno quaranta. Ma su una cosa tutte le donne concordano: la necessità di avere sempre il vestito giusto per sentirsi a proprio agio con se stesse e con la situazione che si vive; e lo stesso è per il contraccettivo. Ecco perché oggi le scelte possibili si arricchiscono di un contraccettivo di nuova concezione. Si tratta di un impianto sottocutaneo, cioè un bastoncino, un polimero ottenuto con un’avanzata tecnologia, morbido, flessibile, lungo 4 cm. e largo 2 mm. (un fiammifero per intenderci), che contiene un farmaco, l’etonorgestrel, cioè un derivato sintetico ad azione progestinica, che viene rilasciato a piccolissime dosi in modo continuo e costante per un periodo di tre anni. Il progestinico entra quindi diretta12

mente nella circolazione sanguigna andando ad inibire a livello ovarico la maturazione dei follicoli,e quindi bloccando l’ovulazione ed agendo anche sul muco cervicale rendendolo meno penetrabile dagli spermatozoi. L’impianto viene inserito esclusivamente dal ginecologo , previa piccola anestesia locale sotto la cute nella parte interna del braccio (fig.1-2) con l’utilizzo di un applicatore pre caricato, sterile (fig. 3-4) e non lascia cicatrici. L’impianto risulterà invisibile, ma sempre palpabile con le dita, inoltre l’impianto è radiopaco cioè è visualizzabile mediante radiografia, ecografia e Tac e quindi sempre controllabile. Questo contraccettivo non contiene estrogeni, fattore questo molto importante, perché consente l’utilizzo anche alle donne che presentano delle controindicazioni proprio all’uso degli estrogeni; per esempio donne che soffrono di emicrania con aura, con rischio cardiovascolare e/o trombotico, ipertensione grave, diabete complicato, obesità, forti fumatrici specie dopo i 35 anni, inoltre può essere utilizzato anche qualora si allatti o si sia appena avuto un aborto. Anche coloro che non tollerino l’assunzione di estrogeni possono trovare benefici nell’utilizzo dell’impianto sottocutaneo: infatti non si registra un significativo aumento del peso corporeo. Prima di procedere all’in-

Dott. ssa Emanuela Feraudo Specialista in Ginecologia e Ostetricia Branca di Diagnostica per Immagini Poliambulatorio specialistico L. C. NOMENTANO

Fig. 2

Fig. 3

Fig. 4

Fig. 1

• post-aborto: inserimento nello stesso giorno • post-partum: 21° - 28° giorno In conclusione questo contraccettivo rappresenta una novità importante e offre alla donna e al ginecologo una

possibilità in più di scelta, legata alla durata di protezione, tre anni, con evidente “alleggerimento mentale” e calo di ansia. Ci sono però dei limiti, infatti il prodotto è adatto in modo particolare alla donna che vuol programmare per

lungo tempo e a differenza dei contraccettivi ad assunzione quotidiana (pillola), mensile (anello) o settimanale (cerotto), non è possibile assumere e sospendere autonomamente il contraccettivo, manca cioè l’autogestione.

Piccole donne crescono... serimento dell’impianto è in ogni caso fondamentale un colloquio con il ginecologo che possa chiarire alla paziente anche gli effetti di questo contraccettivo sul ciclo mestruale. Infatti, con il contraccettivo in questione il rivestimento interno dell’utero (endometrio) rimane sottile, quindi lo “sfaldamento”, cioè la comparsa del ciclo, può non verificarsi. Mentre vi saranno donne (circa il 70%) che continueranno ad avere il ciclo, in un 30% di casi o il ciclo sarà saltuario o scomparirà: tuttavia la non comparsa del ciclo non deve preoccupare perché l’efficacia del contraccettivo è mantenuta. Peraltro questo tipo di contraccettivo raggiunge un’efficacia superiore al 99%, più affidabile dei contraccettivi orali (pillola) ed appare particolarmente indicato nei casi in cui si ricerchi una solu-

zione a lungo termine ma reversibile. Infatti in qualunque momento l’impianto può essere rimosso (sempre dal ginecologo) e ciclo e fertilità riprenderanno in brevissimo tempo (circa tre settimane). Il momento giusto per inserire l’impianto dipende dal tipo di contraccezione adottata fino a quel momento: • se non si assume alcun contraccettivo: inserimento dal 1° al 5° giorno del ciclo • se si sta assumendo estro progestinici (pillola, anello, cerotto): inserimento nell’intervallo libero • se si assume solo progestinici orali: inserimento in qualunque momento • se si è portatrici di dispositivo intrauterino: inserimento nello stesso giorno della rimozione.

Infanzia ed adolescenza sono due fasi della vita delicate e caratterizzate da problematiche specifiche. Dal punto di vista dello sviluppo femminile, il supporto di una specialista ginecologa può essere importante sia per prevenire potenziali malattie che stili di vita sbagliati i quali, alla lunga, risultano causa a loro volta di patologie specifiche. In questo ambito, lo specialista ginecologo deve occuparsi sia della diagnosi e della cura, laddove necessario, ma anche dedicare particolare attenzione agli aspetti psicologici ed all’impatto che tali problematiche possono avere sulle giovani pazienti. Il LABORATORIO CLINICO NOMENTANO, dedica a bambine e ragazze ed ai loro genitori, un momento d’incontro pensato per le loro esigenze nell’ottica della prevenzione medica e dell’impostazione di corretti stili di vita.

Fino al 30 giugno 2012 bambine e ragazze tra i 10 ed il 16 anni di età, accompagnate dalla propria madre,

potranno incontrare le specialiste ginecologhe, eseguire un’ecografia pelvica a fini della prevenzione di possibili patologie specifiche della loro età, e ricevere dalla specialista consiglio sugli stili di vita e le condizioni alla base di uno sviluppo femminile sano e rispettoso della propria fertilità.

Incontro ed ecografia pelvica sono proposti alla tariffa di favore di € 60,00

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quando gli animali curano l’uomo

Dott.ssa Laura Traina Laureata in psicologia, operatrice di Ippoterapia

La relazione che unisce l’uomo all’animale è senza dubbio un processo complesso e molto articolato. Secondo diversi studi antropologici l’essere umano possiede una sorta di sensibilità ad accudire in senso “genitoriale” le altre specie animali. Il prendersi cura dell’eterospecifico, determinerebbe un aumento del benessere e della zoofilia stessa, dimostrando, come questa interazione naturale ed istintiva generi effetti benefici e tranquillizzanti.

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icerche, effettuate nel corso degli anni, hanno dimostrato i benefici che una relazione uomoanimale può portare. Negli Stati Uniti la terapia assistita per mezzo degli animali (Animal Assisted Therapy, AAT) è un trattamento ufficiale per i pazienti malati terminali da circa tre decenni. Vi sono studi scientifici che dimostrano come accarezzare un animale può addirittura diminuire la percezione del dolore, tale azione infatti aumenterebbe la nostra produzione di endorfine, sostanze chimiche che sopprimono la risposta al dolore e che stanno alla base delle nostre sensazioni piacevoli. La pet-therapy è un trattamento che prevede una serie di utilizzi del rapporto uomoanimale in campo medico e psicologico. I benefici che tali terapie offrono ai propri pazienti, riguardano l’ambito cognitivo in quanto migliorano 14

abilità mentali, come la capacità di memorizzazione, la capacità di comprendere, utilizzare linguaggi simbolici e gestuali. Per ciò che concerne la sfera emotiva, invece, si può affermare che il rapporto con l’animale permetta l’instaurarsi di alcune esperienze positive, che aiutano ad affrontare emozioni e sentimenti negativi, si sviluppano inoltre alcune doti dell’intelligenza emotiva, come l’empatia ed il controllo emotivo; si riscontra anche una vera e propria crescita affettiva sia nei bambini che negli adolescenti. Il rinforzo di comportamenti emotivamente adeguati permette il superamento delle tendenze egocentriche tipiche dell’infanzia; i soggetti acquisiscono infine buoni livelli di autostima ed imparano a costruire un immagine positiva di sé. Con il termine ippoterapia, si identificano quell’insieme di tecniche che utilizzano il cavallo per migliorare lo stato di

salute di un soggetto umano. Il rapporto che si crea genera benefici non solo ad un livello esclusivamente fisico (coordinamento muscolo-articolare, stimolazione della motilità globale, coordinazione e integrazione di schemi di azione) ma si riscontrano notevoli benefici anche a livello psicologico. Prendersi cura di un animale genera un’indubbia competenza relazionale e un notevole aumento dell’autostima. Infatti, da una posizione di dipendenza che la persona con disabilità quasi sempre vive nella propria famiglia, si passa ad una posizione in cui qualcun altro (l’animale) ha bisogno di cure e attenzioni. Pulire gli zoccoli del cavallo, strigliarlo, curarne il pelo, nutrirlo, montarlo, sono solo alcune tra le tante attività che permettono a questi bambini e ragazzi con non poche difficoltà alle spalle, di sentirsi utili e importanti per un altro essere vivente che ha bisogno di loro. E’ proprio questo sen-

so di competenza e di padronanza nell’atto di accudire e relazionarsi con l’animale, che li rende soddisfatti e appagati di se stessi. In conclusione potremmo dire che le tendenze di temperamento tipiche dei nostri amici animali, contribuiscono in modo sempre maggiore ad agevolarci nelle cure riabilitative. Questi compagni di sempre stanno infatti diventando sempre più nostri co-terapeuti, affiancando figure specializzate come medici, psicologi, veterinari, fisioterapisti, operatori equestri, educatori e volontari che si impegnano ogni giorno nella cura di chi è meno fortunato.

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Non mi gioco il Cuore Dott. Emanuele Graziani Medico dello Sport Poliambulatorio Specialistico L.C. Nomentano

Ci uniamo al rispettoso saluto della comunità sportiva a due grandi personalità dello sport internazionale, che abbiamo avuto l’onore di ammirare nelle loro gesta per anni nei campi italiani: Vigor Bovolenta pallavolista della Yoga Forlì, deceduto il 24 marzo scorso durante una partita del campionato di B2, e Piermario Morosini, scomparso il 14 aprile sul campo di gioco mentre si disputava la partita di calcio PescaraLivorno.

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igor lascia la moglie e quattro figli. Nella sua carriera da professionista aveva disputato 553 partite in serie A1 in 21 anni, fino al 2011. Nel suo curriculum due scudetti, due coppe campioni, altre coppe europee, un Mondiale per Club, un argento alle Olimpiadi di Atlanta 1996, un Europeo e quattro World League. Piermario nella sua carriera ha militato al Vicenza, Reggina, Piacenza e Livorno, oltre ad essere stato in forza nella nazionale under 21. Le tragiche morti di Piermario Morosini e Vigor Bovolenta accendono di nuovo i riflettori sulle tristi vicende delle morti improvvise degli sportivi, un elenco di visi giovani e sorridenti che hanno fermato il trascorrere del tempo in foto da album Panini. Mai capelli bianchi, mai rughe sul viso, mai sentirsi chiamare nonno, o spesso, ancor più triste, papà o mamma. Scomparse assurde, come a volte capita nella vita di tutti i giorni, ma ancor più incomprensibile per un atleta, simbolo di forza e giovinezza per antonomasia. Cogliamo l’occasione per

ricordare alcuni atleti scomparsi in maniera analoga a Vigor e Piermario, stringendoli tutti in un ideale abbraccio. Giuliano Taccola, calciatore, data decesso 16 marzo 1969. Renato Curi, calciatore, data decesso 30 ottobre 1977. Carlos Alberto Barbosa, calciatore, data decesso 4 marzo 1982. Beto, calciatore, data decesso14 settembre 1985. Barry Welsh, calciatore, data decesso 1 novembre 1987. Andrea Ceccotti, calciatore, data decesso 8 novembre 1987. John Ikoroma, calciatore, data decesso febbraio 2000. Mike North, arbitro, data decesso aprile 2001. Denis Zanette, ciclista, data decesso 10 gennaio 2003. Fabrice Salanson, ciclista, data decesso giugno 2003. Marc-Vivien Foe, calciatore, data decesso 26 giugno 2003. Paulo Sergio D Silva, detto Serginho, calciatore, data decesso 27 ottobre 2004. Antonio José Puerta Pérez, calciatore, data decesso 25 agosto 2007. Simona Senoner, azzurra di salto, data decesso gennaio 2011.

Wes Leonard, giocatore di basket, data decesso 3 marzo 2011. Per non parlare dei tanti casi di atleti dilettanti portati via alla vita e allo sport su un campetto di periferia. Famosi o anonimi, ma accomunati da un destino che sconvolge. Qualcuno potrà certamente pensare che: “se capita ad atleti “importanti”, non c’è scampo per nessuno!”, ma non è così: la visita di idoneità agonistica è un primo step, un controllo rapido ma scrupoloso, che può mettere in luce alterazioni e difetti cardiaci, ed eventualmente aprire un percorso diagnostico e terapeutico finalizzato a ridurre in maniera più efficace possibile il rischio di morte improvvisa, non solo in mezzo ad un campo di gioco, in una piscina, o in una palestra, ma anche al parco, o sotto casa, per le scale o in auto. Non abbassiamo mai la guardia, non trascuriamo noi e i nostri figli, facciamo in modo di regalarci e regalargli un futuro più sicuro. Ciao Bovo, Ciao Super Mario.

LABORATORIO CLINICO

NOMENTANO

letture consigliate: www.nonmigiocoilcuore.it

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L’essere umano ha l’età delle sue arterie: l’Arteriopatia Obliterante Cronica degli Arti Inferiori

L A DIAGNOSI Viene fatta attraverso la visita, tenendo conto delle caratteristiche del dolore riferito dal paziente e della sua autonomia nel camminare, ed effettuando specifiche valutazioni dello stato della muscolatura della gambe e delle arterie. In termini di diagnostica strumentale, l’esame di primo livello è costituito dall’indagine ecografica con color-Doppler (il cosidetto Ecocolor-Doppler) che permette di valutare la sede, l’estensione e l’entità della stenosi (restringimento) delle arterie con misurazione specifica del flusso sanguigno. Ulteriori approfondimenti vengono effettuati attraverso la TAC e la risonanza magnetica con mezzo di contrasto.

Dott. Marco Decuzzi Chirurgo Vascolare - Branca di Diagnostica per Immagini, Poliambulatorio Specialistico Lab. Cl. NOMENTANO Dott. ssa Marianna Gazzetti Chirurgo Vascolare - Branca di Diagnostica per Immagini, Poliambulatorio Specialistico Lab. Cl. NOMENTANO

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’essere umano ha l’età delle sue arterie: la prova del nove di questo “proverbio medico” è costituita dall’arteriopatia obliterante cronica periferica (AOCP). Proviamo a tradurre in termini più comprensibili il nome di questa malattia all’apparenza complicato. Evidentemente, si tratta di una patologia che colpisce le nostre arterie e ne riduce la capacità di trasportare sangue (“obliterante” vuol dire proprio questo: cioè cancellare e quindi stringere, ridurre) in particolare verso le gambe. In termini più tecnici, la malattia è caratterizzata dalla stenosi (restringimento) od ostruzione (completa occlusione) del lume (diametro) dell’arteria a causa del processo di aterosclerosi (irrigidimento delle arterie e deposito di grassi sulle loro pareti, fenomeno che si sviluppa abitualmente con il trascorrere degli anni). 18

Infine, questa malattia è detta “periferica” perché colpisce gli arti inferiori, ovvero le gambe. Chiarita la natura dell’argomento che vogliamo affrontare, va subito detto che il problema sta nel fatto che l’ostruzione (stenosi) di un’arteria riduce l’afflusso di sangue ai tessuti con conseguente sofferenza degli stessi. Dunque, questa patologia e’ espressione di un avanzato processo di aterosclerosi che può interessare contemporaneamente anche i distretti cerebrovascolare, con i vasi arteriosi che nutrono il cervello e quello cardiaco con i vasi che nutrono il cuore (le coronarie), con elevato rischio di serie complicanze, importante quindi una diagnosi quanto più precoce per intraprendere un adeguata terapia. L’incidenza delle malattie arteriose degli arti inferiori aumenta con l’età. Circa il 9%

delle persone con età tra i 65 ed i 75 anni e’ affetto da stenosi cronica delle arterie degli arti inferiori. Dunque, si tratta di una patologia epidemiologicamente rilevante: se a ciò aggiungiamo il già menzionato rischio di complicanze a livello cerebrovascolare e cardiaco, diviene evidente l’importanza di “sorvegliare” questa problematica. I SINTOMI L’arteriopatia obliterante cronica degli arti inferiori si può presentare dal punto di vista dei sintomi o completamente asintomatica o con dolore durante la deambulazione o, come nei casi più gravi, con dolore a riposo. Il dolore è di tipo crampiforme in corrispondenza dei muscoli del gluteo, della coscia o della gamba ed, in genere, aumenta durante la deambulazione, a tal punto che i pazienti arrestano il loro

cammino per riposarsi e poi riprendere il cammino. La lunghezza del percorso che i Pazienti riescono a percorrere in metri viene chiamato “autonomia di marcia” ed è utile per inquadrare la gravità della malattia. La sede del dolore corrisponde alla sede della stenosi o della ostruzione arteriosa: così il dolore ai quadranti inferiori della schiena e/o a livello dei glutei e/o delle coscie e/o impotenza funzionale sono espressione di patologia dell’asse aorto-iliaco; mentre il dolore al polpaccio manifesta una patologia a carico dell’asse femoro-popliteo. Le condizioni che facilitano l’insorgere dell’AOCP sono l’aterosclerosi (irrigidimento delle arterie e deposito di grassi sulle loro pareti) causata dall’eta’, il sesso maschile, fumo di sigaretta, dislipidemia, ipertensione arteriosa, diabete mellito e non per ultimo lo stress.

LE COMPLICANZE Le complicane che questa malattia può portare sono legate al grado di riduzione di flusso di sangue ai tessuti. Le più serie sono ulcere cutanee e necrosi muscolari in cui può anche essere necessario intervenire chirurgicamente. In pazienti affetti da importanti stenosi/occlusioni arteriose agli arti inferiori, spesso si evidenzia scarso afflusso di sangue al cervello per stenosi dei vasi cerebrali o pregresse sofferenze cardiache per patologie aterosclerotiche delle coronarie. Importante quindi una valutazione di insieme delle arterie, tramite approfondimento ecocolor-Doppler di altri distretti arteriosi come i vasi del collo che portano sangue al cervello. PREVENZIONE E TERAPIA La prevenzione si basa sul controllo dei fattori di rischio dell’aterosclerosi cioè fumo di sigaretta, dislipidemia, ipertensione arteriosa e diabete mellito. Abolire il fumo di sigaretta, adottare un’alimentazione con assunzione bilanciata di grassi, proteine e zuccheri

che consenta di raggiungere il peso corporeo corretto, magari con l’aiuto di uno specialista in Scienza della Nutrizione, controllare la pressione arteriosa con l’aiuto di un Cardiologo ed uno stile di vita che eviti lo stress, rappresentano le colonne portanti per prevenire e contrastare il processo di invecchiamento delle arterie. Una regolare attività fisica ha sia funzione di prevenzione che di terapia per

questa patologia. Di fondamentale importanza è dunque il rapporto con il proprio Medico di Famiglia, il quale valutando le condizioni cliniche del Paziente, i parametri pressori, il peso corporeo e con semplici indagini di laboratorio può valutare il rischio di malattia arteriosa e quindi consigliare adeguati approfondimenti diagnostici. La terapia inizia con il controllo dei fattori di rischio

per poi proseguire con la somministrazione di farmaci specifici. Nei casi di stenosi critica, la terapia chirurgica, con tecniche specifiche, può rappresentare la soluzione per la “rivascolarizzazione” ovvero per recuperare almeno in parte la capacità delle arterie di trasportare sangue.

CONVENZIONI SANITARIE CASPIE DAY MEDICAL EUROPASSISTANCE FASDAC FISDE FONDO EST NEWMED PREVIMEDICAL SARA ASSICURAZIONI UNISALUTE UNIVERSITA’ POPOLARE ERETINA

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FABIO MELILLI

Presidente della Provincia di Rieti GALILEO FABRIZIO SCIARRETTA

Fabio Mellili è al suo secondo mandato come Presidente della Provincia di Rieti. Già Sindaco di Poggio Moiano, vanta un percorso professionale che lo ha portato fino all’incarico di Direttore Generale dell’Associazione Nazionale Comuni Italiani: un interlocutore di esperienza per affrontare il tema del profondo cambiamento che interesserà a breve l’ente “provincia” in Italia ed il ruolo di questa amministrazione pubblica per la salvaguardia e la valorizzazione del patrimonio storico, artistico ed ambientale. 20

Presidente Melilli, in questi ultimi due o tre anni il tema del ruolo delle Provincie nel sistema dell’Amministrazione Pubblica è stato spesso sulle prime pagine dei giornali. A questo punto una decisione sembra presa: da quando e come cambierà l’organizzazione delle Provincie? In termini pratici, da ottobre prossimo entrerà in vigore il nuovo sistema elettorale delle provincie dove il presidente verrà eletto dai consiglieri comunali dei comuni appartenenti al territorio della provincia e non più dai cittadini. Nello specifico, a Rieti verranno nominati, oltre al presidente, dieci consiglieri provinciali, pressappoco uno ogni 15 mila abitanti quindi, diciamo così, in grado

di rappresentare sufficientemente i vari ambiti territoriali della provincia. Viceversa, è il peso della provincia stessa ad essere ridotto dal mancato suffragio popolare con un’evidente diminuzione della sua autorevolezza nel coordinamento del territorio: c’è una fragilità, insomma. Per quanto riguarda invece le competenze amministrative, queste saranno compiutamente definite attraverso un apposito codice delle autonomie che individuerà gli ambiti di responsabilità. Le provincie, in generale, opereranno nelle materie della gestioni delle reti territoriali, ovvero acque, trasporti, rifiuti, nel campo dell’ambiente e del lavoro e dei servizi sociali. Questo scenario di cambiamento, coinvolge a loro volta anche i comuni

più piccoli che sono chiamati dalle nuove norme a formare aggregazioni, le cosiddette Unioni, per la gestione dei servizi territoriali. Nel complesso, l’intero sistema di gestione del territorio ne uscirà ridisegnato. Mi permetta di focalizzare più da vicino i temi dell’ambiente e dei beni storici. Che azioni ha sviluppato in questo ambito la Provincia di Rieti? In campo ambientale, la provincia gioca un ruolo importante dal momento che rientrano tra le sue competenze argomenti quali la regolamentazione delle immissioni in aria, degli impianti di trasformazione delle biomasse, della gestione dei rifiuti e dei siti inquinati. Parallelamente a

questi compiti di regolamentazione e sorveglianza, la provincia di Rieti ha sviluppato una forte azione di valorizzazione del suo patrimonio ambientale in una direzione sinergica con lo sviluppo del settore turistico e con la qualità della vita in generale. I primi due esempi che mi vengono in mente sono la pista ciclabile di 21 chilometri che percorre la piana di Rieti ed il Parco Fluviale del Velino il cui progetto abbiamo recentemente presentato alla Regione e che tutelerà un’area particolarmente ampia e significativa che si estende da Cittareale a Piediluco. Per quanto attiene i beni storici ed artistici, abbiamo messo a frutto e stiamo ancora continuando ad utilizzare i residui fondi per il sisma del ’97: siamo intervenuti su oltre 200 edifici storici con restauri e ripristini: la Curia di Rieti e quella di Poggio Mirteto sono due esempi per tutti ed operiamo anche su complessi più ampi quali il borgo di Farfa e quello di Fianello. Poi c’è il tema dei beni archeologici che vede il progetto della Via del Sale, cioè la valorizzazione dei siti archeologici prossimi alla via Salaria. In questo ambito abbiamo aper-

to il Museo Archeologico di Cittareale ma moltissimo resta ancora da fare in una situazione, purtroppo, di assoluta mancanza di fondi. Alle Provincie competeva fino ad oggi anche la responsabilità di approvare i Piani Regolatori dei Comuni: evidentemente una possibilità in più di tutelare i nostri Borghi Storici da “assalti” di varia natura. Le nuove norme come modificheranno questo iter? Nello specifico l’approvazione dei Piani Regolatori è una delega alle provincie di una competenza regionale. Bisognerà vedere nel prossimo futuro come verranno gestite queste dele-

ghe. Io mi auguro che il processo di ridisegno dei poteri delle amministrazioni locali non porti ad una riduzione della capacità di incidere di comuni e provincie attraverso un accentramento a livello regionale di poteri decisionali che, invece, per essere più efficacemente ed efficientemente attuati, dovrebbero rimanere a contatto con il territorio. Tornando allo specifico della Provincia di Rieti,, quali sono i risultati di maggior importanza ottenuti durante la sua presidenza nel campo della valorizzazione dei beni artistici ed ambientali ? Prima le ho citato alcuni esempi significativi. Credo che per capire meglio la nostra strategia, sia necessario partire da un presupposto, cioè che il territorio reatino, di cui la Sabina rappresenta una componente importantissima, debba essere valorizzato nel suo complesso, cioè nel suo paesaggio complessivo, che è fatto di ambiente, storia, beni artistici ed il connesso sviluppo turistico, similmente a quanto si è fatto in Toscana ed Umbria. Tutto ciò richiede certamente grandi investimenti ma

prima ancora la capacità di creare una visione del futuro. Ad esempio la risorsa Acque. Negli scorsi anni abbiamo reso navigabile il Tevere all’interno della Riserva del Tevere Farfa, poi abbiamo lanciato il progetto del Parco Fluviale di cui le ho detto. Adesso abbiamo avviato la progettazione di interventi specifici per il laghi del Salto e del Turano con l’obiettivo di creare un volano per il turismo attraverso la realizzazione di due Villaggi delle Acque che consentano di posizionare sui laghi stessi strutture tali da creare un’offerta turistica attrattiva. Concludo con un ultimo progetto, già in fase avanzata, che è quello di aprire tre show room, diciamo così, dove presentare tutta la provincia e commercializzare anche i suoi prodotti tipici che sono molto variegati come variegata è la natura del nostro territorio. Così, apriremo tre sedi: a Fiano, ad Amatrice ed al Terminillo per avere una presenza significativa su tre direttrici turistiche per noi fondamentali.

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Con piacere SalutePiù ospita in questo numero le considerazioni del Sindaco di Poggio Mirteto, Fabio Refrigeri in tema di partecipazione diretta dei cittadini nell’assunzione delle decisioni chiave per il futuro delle loro comunità

nostro essere. Un terzo tema importante è quello che chiamerei dei “diritti e doveri a km. 0”, ovvero di accrescere i servizi al cittadino che l’amministrazione è in grado di erogare direttamente qui sul territorio di residenza. La seconda fase di lavoro è incentrata sulla formulazione di possibili scenari. A partire dalle indicazioni ottenute dalla prima fase, saranno individuati i caratteri fondamentali del

progetto determinando un ordine di priorità degli interventi di trasformazione possibili. Saranno messe in chiaro sia condizioni, vincoli, opportunità che possono influire sui caratteri del progetto che il quadro di informazioni completo relativo alle attività economiche insediate nel paese e istruita una ricognizione sulle opportunità di finanziamento (bandi,incentivi regionali.) disponibili.

La terza fase prevede la predisposizione della soluzione progettuale specifica, sulla base delle opinioni e dei commenti raccolti dalla comunità locale, individuando i caratteri fondamentali del progetto e mettendo a fuoco il Piano d’Azione condiviso. Il mio obiettivo, è di portare a compimento sia la seconda che la terza fase entro quest’anno. Si avvierà così la quarta fase, quella realizzativa.

Anche la realizzazione di quanto progettato, però, andrà sviluppata mantenendo aperto il dibattito cittadino al fine di rendere più agevole l’attuazione stessa con particolare attenzione a monitorare e valutare la gestione del 1 Piano nella sua progressiva realizzazione.

CITTÀ CONDIVISA: URBAN LAB un processo di pianificazione partecipata

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redo che ogni amministratore pubblico senta – o dovrebbe sentire – l’esigenza di condividere con i suoi concittadini le grandi scelte che influenzeranno per molti anni a venire l’evoluzione della sua comunità. Si tratta di comunicare chiaramente e rendere trasparenti le modalità attraverso le quali l’amministrazione decide, e ciò a maggior ragione quando la comunità ha dimensioni tali da rendere la condivisione un obiettivo realizzabile nella pratica attraverso la partecipazione diretta di tutti quei cittadini che lo desiderino. Da queste premesse nasce Urban Lab, un processo di pianificazione ispirato, come ho detto, ad un principio di trasparenza per il quale lo sviluppo di una comunità 22

deve essere necessariamente pubblico e partecipato: non può più essere prerogativa di tecnici ed esperti, poiché si tratta di gestire in modo efficace, trasparente e condiviso risorse, beni e spazi che appartengono alla comunità e nei quali la comunità deve poter rintracciare la propria identità locale. La pianificazione si pone dunque come cerniera tra territorio e società e porta alla creazione di un contesto generale più stimolante e migliorativo della qualità degli elementi che lo compongono. URBAN LAB è un laboratorio urbano che studia i bisogni e le trasformazioni della città, progettando secondo criteri di sviluppo sostenibile. Un luogo fisico - non solo ideale - aperto alla partecipazione dei cittadini, un’officina urbana di idee

e di discussione, la regia che coordina e sintetizza le esigenze di tutti i soggetti coinvolti per raggiungere l’obiettivo più alto: la creazione di un unico disegno di città condivisa, che racchiuda in sé i concetti fondamentali di qualità della vita, di riconoscimento e valorizzazione dell’identità locale e delle potenzialità territoriali. Da poche settimane è terminata la prima delle quattro fasi (“Conoscere la Città”; “Pensare la Città”; “Scegliere la Città”; “Realizzare la Città”) in cui il progetto si articola e, come avverrà anche per ogni altra fase, i risultati ottenuti sono stati presentati alla cittadinanza. La prima fase è stata dedicata a conoscere il territorio e a comporne un’ immagine il più possibile completa, costruita a par-

tire dal punto di vista di coloro che vivono e abitano il paese. Credo di poter sintetizzare ciò che più mi ha colpito dei risultati emersi, dicendo che si è evidenziata fortemente la coscienza di tutti i “singoli” di essere nodi di una tessitura, parte di una comunità ed il desiderio che questa comunità possa disporre di nuovi spazi, nuovi luoghi dove ritrovarsi ed agire insieme. E’ emersa anche una particolare attenzione ad una “qualità dell’ambiente” in un senso diverso rispetto a quello a cui siamo normalmente abituati: infatti, alla concezione tradizionale, si è aggiunta l’attenzione alla disponibilità ed all’impiego di nuove tecnologie che possano accrescere le capacità di muoversi, comunicare, vivere e quindi, in generale, la qualità del

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Capena GALILEO FABRIZIO SCIARRETTA

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La porzione del territorio di Capena più frequentata da coloro che – oltre a recarvisi per lo shopping – cercano, grazie a Dio, un po’ di cultura, è probabilmente quella a ridosso della via Tiberina. Qui infatti si trova il sito archeologico di Locus Feroniae ed anche l’Art Forum Wurth sede di mostre d’arte e di eventi ad esse connessi. Così, il borgo storico di Leproniano, dal 1933 più noto come Capena, rischia di fare la parte del fratello minore nonostante, la sua bellezza tanto particolare quanto, viceversa, l’urgenza di un suo totale recupero e lo sviluppo dei servizi per la sua fruibilità turistica.

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a presenza umana nel territorio di Capena è antichissima, addirittura preistorica. Ma, non potendola ripercorrere tutta, vi rimandiamo al sito del Comune – www. comunedicapena.it – dove la pagina “La Macchina del Tempo” ripercorre le diverse epoche in modo esaustivo. Noi ci concentreremo dall’anno mille in poi per sintetizzare quegli elementi necessari a visitare l’attuale borgo storico articolato intorno al Palazzo dei Monaci. Dovremmo altrimenti partire dal IX secolo a.C. per parlare di un’area abitata (con un centro sito a circa 3 km. da quello attuale) a cui faceva capo, una popolazione italica, i Capenati, che si trova-

va ad abitare un territorio di confine tra quelli Falisci, Etruschi, Latini e Sabini e la quale, inevitabilmente, finì per essere annessa al sistema romano intorno al 400 a.C.. Saltiamo a questo punto 14 secoli e veniamo alle origini dell’attuale borgo Capena: Gregorio VII (il cui pontificato va dal 1073 al 1085) in una bolla cita alcuni beni da lui donati al monastero benedettino di San Paolo fuori le Mura: tra questi il castrum di Lepronianum. Un caso storico singolare – se pensiamo alla numerosità del “passaggi di mano” tra feudatari che caratterizzano la storia di molti castelli – fece si che invece Lepronianum rimanesse per nove secoli nel patrimonio dell’monastero: infatti, ne uscì solo nel 1818 per rinuncia da parte dell’abate di San Paolo entrando a far parte direttamente dello Stato Pontificio. Passando dalla storia alla visita, dal punto di vista urba-

nistico, il borgo medievale ha purtroppo subito, nella prima metà del 1900 la demolizione di parte del suo nucleo ed il progressivo abbandono. Il colpo d’occhio è comunque notevole: l’antico castrum (detto in parte “Paraterra”) sorge infatti su uno sperone di tufo che si erge all’interno di una vallata. I suoi primi abitanti risalgono al “periodo villanoviano”, cioè tra il IX ed il VII secolo a.C., proprio per la naturale sicurezza del luogo. Vi sono poi testimonianze romane date da un Colombario (sistema di tombe) situato nella parete di tufo nonché da un muro successivamente inglobato nel Palazzo dei Monaci. E’ proprio questo palazzo ed il borgo ad esso interno (Paraterra) a costituire il gioiello di questo centro medievale. Per descrivervelo, utilizzeremo direttamente il testo tratto dalla pagina “La Macchina del Tempo” nel sito del Comune di Capena. 25


Capena

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l tessuto urbano tipicamente medioevale è caratterizzato da strade strette e improvvise aperture (piazzette), nella cui pavimentazione si notano ancora numerosi basoli e tratti di selciato. Interessante è anche la presenza di numerose case a schiera, dove si notano piccole finestre, archetti e tratti di strade coperti con archi, sopra i quali si trovano alcune case. Qualcuno di questi “passaggi coperti” ha ancora un soffitto di legno. Per tutto l’abitato si notano elementi marmorei anche più antichi, riutilizzati nelle costruzioni. Si conserva ancora parte delle mura di cinta con un ingresso ad arco rotondo di peperino con la traccia di una caditola (usata per sbarrare il portone). Sopra l’arco c’è ancora l’impronta dell’antico scudo, che aveva lo stemma della città di Leprignano. Attorno al nucleo medioevale si sviluppò la parte Rinascimentale, con la sistemazione della Rocca dove furono aperte due piazzette e fu costruita una chiesa, ora diroccata, dedicata a S. Michele Arcangelo, di cui si conserva l’elegante portale di marmo con un’iscrizione sull’architrave che riporta anche la data di costruzione, 1477: “MCCCLXXVII T(empore) - SIXTI PP IIII”. Nella chiesa si trovavano molti affreschi di cui non ne rimangono adesso che poche tracce. Testimonianze di rifacimenti negli ambienti sottostanti la chiesa consistono nell’apertura di finestre, su una delle quali si nota la data di tali lavori: 1642. Durante questo periodo fu ampliato e sistemato il poderoso Palazzo dei Monaci. La costruzione del Palazzo Abbaziale presenta diverse fasi: la più antica risale all’Alto Medioevo ed è quella adiacente all’antico borgo e terminava con l’utilizzazione del muro romano in opera 26

quadrata come sistema difensivo. L’unico punto d’entrata era dall’arco in peperino a sinistra. La seconda fase è di epoca rinascimentale come risulta dalla data posta sulla bugna del portale di ingresso: 1599. E’ questo il periodo più importante della storia del palazzo che assume l’aspetto e la struttura attuale, perdendo quasi totalmente le caratteristiche difensive originarie. Si costruisce, in relazione alla piazza antistante creata contemporaneamente, un secondo accesso al palazzo, effettuando un taglio nel muro romano che viene a trovarsi ora all’interno. Queste due fasi distinte sono evidenti in pianta: la seconda ha strutture e ambienti più regolari, mentre nella prima, le stanze sono disposte più irregolarmente. Il palazzo è a due piani, con sotterranei che attraversano tutto lo sperone di tufo, con sboc-

chi in vari punti della Rocca. Nel 1851 furono eseguiti importanti lavori di restauro, ai quali si deve l’attuale sistemazione del palazzo. Al palazzo si accede tramite una moderna rampa in cemento che ricalca l’antico ponte levatoio. Nell’ingresso si nota un’interessante pavimentazione a raggiera in sampietrini e cotto.

Sulla destra c’è una scala cordonata completamente scavata nel tufo, con una pavimentazione in parte a tufelli e in parte in “opus spicatum”, con il pianerottolo coperto con volta a botte e crociera, che porta al piano superiore. Il primo piano è diviso al centro da un corridoio, che è l’unico punto di attraversamen-

to dell’antico muro romano. Lungo questo corridoio si nota un’apertura circolare di circa 1 metro di diametro, ora chiusa da sampietrini: è forse l’antico trabocchetto difensivo di cui ancora parlano gli anziani del luogo? Questo piano era diviso da ampie arcate in tufo - ora chiuse - ed era adibito a magazzini di servizio, stalle, granai, dispense. Il corridoio sfocia in un cortile interno da dove si accede al piano superiore, attraverso due rampe contrapposte di scale. Il secondo piano era usato come abitazione per i monaci ed eventuali ospiti. La rampa di destra porta a un corridoio dove c’è una lapide che ricorda i lavori del 1851. Il palazzo fu abitato dai Monaci fino alla fine dell’800. Successivamente fu usato prima come Residenza Comunale, poi come scuola pubblica e infine fu venduto a privati.

a chiesetta dedicata a San Leone (Magno, Papa, famoso per aver fermato l’invasione di Attila) è uno degli edifici sacri più antichi dell’area tiberina ed anche della adiacente Sabina. Per visitarla, dovete recarvi al cimitero “vecchio” (a poche centinaia di metri dal centro storico) avendo prima avuto cura di accertarvi presso il Comune che sia in sede il guardiano per aprirvi. La datazione più probabile della costruzione la fa risalire all’VIII-IX sec. d.C.: deporrebbero a favore di questa ipotesi elementi quali la cornice di pietra bianca lavorata con rilievi a croce greca intorno alla porta ed i materiali utilizzati per la costruzione dell’abside probabilmente tardo romani. Disponiamo, viceversa, solo di testimonianze d’archivio assai più tarde: la prima, del 1218 è dovuta a Papa Onorio III il quale conferma al Monastero di San Paolo il possesso dei suoi beni, tra i quali “EccJesiam Sanctì Leonis de Liprignano, cum suis pertinentis”. All’interno, la chiesa si presenta con due navate (e non tre, come è assai più frequente) e conserva intatta l’iconostasi (ossia quella “struttura di separazione”, tipicamente bizantina, che divide il presbiterio dov’è situato l’altare e l’area che ospita i fedeli). Nel caso di San Leone, l’iconostasi taglia trasversalmente ambedue le navate e risulta essere una delle poche di epoca alto medievale ancora nella sua collocazione. Essa è inoltre completamente decorata a bassorilievo con una varietà di elementi geometrici e naturalistici. La tipologia di tali decorazioni corrisponderebbe anch’essa alla datazione della chiesa intorno all’VIII-IX sec. ma la loro qualità e caratteristiche inducono – secondo alcuni studiosi – ad avvicinarle alle decorazioni (sopravissute) del Monastero di San Silvestro sul Monte Soratte. Particolare intrigante, appare lecito ipotizzare che l’opera possa essere stata realizzata da maestranze richiamate

nell’area tiberina dalla presenza di Carlomanno (figlio di Carlo Martello, fratello di Pipino il Breve e, quindi, zio di Carlo Magno) il quale nel 747 si ritirò a vita monastica fondando sul Monte Soratte il nucleo originale del Monastero di San Silvestro. San Leone è ricco di numerosi affreschi, alcuni risalenti alla fine del IX secolo. I più antiche sono quelli contenuti nell’area dell’abside Iniziando dalla volta dell’abside sono rappresentati: al centro il Redentore Benedicente, alla sua destra S. Paolo e S. Scolastica, alla sua sinistra, S. Pietro e S. Leone Magno. Ai lati della volta, in quattro formelle, a sinistra l’Annunciazione, a destra due Santi. Sotto la volta, ai fianchi della finestrella dell’abside, da sinistra S. Giovanni Battista; una Santa con un’ampolla e un rotolo di bende (la Maddalena ?); a destra S. Luca e S. Michele Arcangelo. Ai lati delle formelle, a sinistra S. Liberato e, più in basso, una donna (affresco datato al X sec.), forse un’imperatrice bizantina. A destra, ci sono S. Giuliano e la Madonna che allatta il Bambino. Nell’altra navata, c’è un affresco che occupa tutta una parete ed ha al centro la Vergine con il Bambino: alla sua estrema destra, ormai quasi cancellato, c’è un personaggio che recava un giglio: torse San Giuseppe, poi si nota benissimo S. Paolo. A sinistra S. Leone e un altro personaggio in veste ecclesiastica non identificabile. Tutto il complesso degli affreschi fu commissionato da una certa Suffia, come attesta un’iscrizione posta nella volta dell’abside ai piedi del Redentore, con caratteri del XIV sec.: “Queste peture a facte fare Suffia”.

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Intervista al Sindaco di Capena Antonella Bernardoni

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indaco Bernardoni, contrariamente a quello che accade in tanti borghi che tendono a spopolarsi, Capena ha conosciuto una notevole crescita urbanistica, spesso anche con insediamenti di pregio. Quali sono le dinamiche in atto nel suo territorio? Se guardo all’ultimo decennio, i numeri non lasciano dubbi: Capena nel 2001 contava circa 5.000 abitanti mentre oggi abbiamo superato quota 10.000. Credo anche che, nella grande maggioranza dei casi, siamo riusciti a gestire uno sviluppo urbanistico rispettoso dell’ambiente e di una buona qualità di vita. Anzi, credo che sia proprio quest’ultimo elemento ad aver generato la crescita demografica: siamo un centro che offre una servii di qualità come, ad esempio, è testimoniato dagli oltre 100 studenti provenienti da fuori Capena che quest’anno si sono iscritti al nostro istituto comprensivo. Nel territorio comunale ha sede un poliambulatorio della ASL ed i trasporti e la viabilità sono poi un altro aspetto ben strutturato. Mi sembra anche importante tener presente che Capena, grazie al mondo della scuola, alla parrocchia, alle numerose associazioni, è riuscita ad operare una buona integrazione tra tutte le persone che nel corso degli anni sono entrate a far 28

parte della nostra comunità. Questo vale anche per i cittadini stranieri: in occasione della celebrazione del 150° dell’Unità d’Italia, metà del coro delle voci bianche del nostro istituto scolastico era composto da ragazzi nati da genitori stranieri ma del tutto italiani nei sentimenti. E l’Amministrazione Comunale come garantirà che le cose continuino così e che lo sviluppo territoriale sia armonico e rispettoso anche dell’ambiente? Le costruzioni realizzate fino ad oggi, che presentano caratteristiche di una residenzialità di buon livello, si sono basate sulle norme contenute nel vecchio piano regolatore. In questo momento, siamo impegnati a discutere ed approvare quello nuovo che conterrà apposite linee guida: prima dobbiamo pensare a realizzare ed organizzare i servizi, poi a costruire, stando attenti a mantenere una tipologia di costruzioni residenziale. Un grande aiuto nella direzione della salvaguardia del territorio ce la darà il Parco Archeologico che vogliamo realizzare facendo perno sul sito di Lucus Feroniae e preservando un’ampia estensione di territorio. Peraltro, per sviluppare la conoscenza di questi scavi, il comune organizza visite guidate gratuite con il

coinvolgimento di archeologi e studiosi capenati. Capena è però anche frequentata per i suoi centri commerciali che, diciamo così, “mangiano” territorio, lo consumano. Evidentemente esiste una intrinseca conflittualità tra la creazione di insediamenti produttivi o commerciali e la preservazione dell’ambiente: credo che si tratti di un fatto più che evidente. Il problema è che, in un qualsiasi territorio, è anche necessario attuare iniziative che favoriscano l’attività economica e l’occupazione. Bisogna però stare attenti a come si realizzano gli insediamenti stessi, garantendo la presenza di spazi a verde, di parcheggi pubblici e creando una viabilità adeguata. SalutePiù si occupa in modo specifico della salvaguardia e valorizzazione dei Borghi Storici. Quali iniziative avete realizzato o programmato per la difesa e valorizzazione del centro storico? Il borgo di Capena ha una posizione che lo rende particolarmente bello ed origini storiche

remotissime. E’ necessario tutelarlo e valorizzarlo, anche in un momento come questo caratterizzato da fortissime ristrettezze economiche e dall’esigenza di finanziare comunque i servizi sociali di base. Nel corso degli anni, sono stati effettuati diversi interventi, dal consolidamento alla ripavimentazione. Nelle prossime settimane, partirà il recupero di Piazza del Popolo, con il rifacimento delle facciate ed il ricollocamento di elementi antiestetici quali le antenne. Mi sembra importante sottolineare come per il nostro borgo vi sia una crescita di attenzione da parte dell’associazionismo capenate: così la prima domenica di luglio si terrà la nostra Festa Medievale, mentre dal 13 al 15 luglio la Banda Musicale di Capena terrà una serie di concerti. Infine, ad ottobre, in corrispondenza del vendemmiale, si terrà la settimana della Biblioteca Comunale con conferenze e visite guidate. Sono tutti segni d’attenzione importanti per il futuro del nostro borgo storico: credo, infatti, che sia possibile tutelarlo e valorizzarlo solo se vi sarà piena sinergia tra l’impegno dell’amministrazione pubblica e l’azione di tutti i cittadini. GFS

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L’EDUCAZIONE DELLA VERGINE TORNA A FARA SABINA

E

tornato a riprendere il suo posto nel Duomo di Fara Sabina, lo scorso 24 marzo, splendidamente restaurato, il dipinto L’Educazione della Vergine di Vincenzo Manenti. La tela era stata commissionata nel 1634 al pittore sabino proprio per adornare il Duomo, ma, successivamente, nella seconda metà del ‘700, forse perché già danneggiato, il dipinto era stato ritagliato ed adattato ad un altare diverso dalla sua collocazione iniziale. La riduzione delle dimensioni del dipinto avvenne tagliando la tela in corrispondenza delle due figure di Santi dipinti dal Manenti ai lati della Vergine e di Sant’Anna. Probabilmente, proprio a causa di questa “amputazione”, la porzioni rimanenti delle figure erano anche state nascoste ricoprendole. Le indagini riflettografiche eseguite in occasione del restauro effettuato dalla Soprintendenza per i Beni Artistici, Storici ed Etnoatropologici del Lazio, hanno invece evidenziato proprio la presenza dei due personaggi, ovvero San Giacomo sul lato sinistro e San Francesco sul lato destro, che sono stati riportati alla luce. La figura di San Giacomo – meno rimaneggiata rispetto a quella di San Francesco – ha rivelato un viso di grande fora ed intensità, come nello stile del Manenti, che si pone quasi a controcanto al prezioso viso seicentesco della Vergine ancora bambina intenta ad apprendere da Sant’Anna l’arte del cucito. Tra i motivi per il quale il pittore possa aver rappresentato proprio San Giacomo, merita citare il fatto che pochi anni prima (1619) a Fara era stata costruita la Chiesa dedicata a questo Santo e, quindi, poteva esservi in loco una devozione particolare che il dipinto aveva il compito di celebrare. 30

Vincenzo Manenti

(Orvinio 1600 - 1674) figlio di Lucia ed Ascanio, a sua volta pittore di arte sacra e del quale numerose opere sono conservate a Rieti (Vescovado, Chiesa di San Francesco, Oratorio di San Bernardino, Museo Civico). Si formò inizialmente nella bottega paterna specializzandosi, come il genitore, nella pittura sacra con particolare attenzione al ritratto. I suoi maestri furono poi probabilmente il Cavalier d’Arpino, con il quale, potrebbe aver collaborato nella Basilica di San Pietro, ed il Domenichino. La sua attività di pittore spaziò al di fuori dei confini reatini dove però ebbe sempre il suo baricentro: introno al 1630 è a Poggio Mirteto ed a Fara Sabina, poi dopo un periodo a Roma, a Fano (Chiesa di S. Maria Nova), nella Certosa di Trisulti, a Subiaco (Sacro Speco, S. Maria della Valle) dove intorno al 1655 dipinse, nel refettorio di Santa Scolastica, una delle sue opere di maggior pregio, la Mensa di San Gregorio Magno. Intorno alla metà del secolo opera in Umbria (Narni, Norcia e Ancarano). Nel 1643 dipinse ad Orvinio, (Chiesa di S. Maria di Vallebona), a Montopoli Sabina (1645), ed a Farfa (1648) decorando il refettorio dell’Abbazia. Tra le numerose opere realizzate a Rieti, vi sono quelle di Palazzo dei Priori e di Palazzo Vincentini, la cupola di S. Antonio al Monte e la Comunione della Beata Colomba, nella Chiesa di S. Pietro Martire.

GFS

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