Broadcast & Production - Numero 5-6/2014

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EDIZIONE ITALIANA DI RADIO WORLD & TV TECHNOLOGY Anno XVI - Numero 5/6 - Inverno 2014

SCOMMETTIAMO? LA FORTUNA AIUTERÀ GLI AUDACI

Segnali Impossibili: al centro di Milano a caccia di frequenze

PRIX ITALIA 2014: dove stanno andando la Tv e la Radio

BVMedia: nuova sede e soluzioni per il broadcasting 3.0

Conferenza: Conf erenza: 11-16 11--16 Aprile Aprile 2015ÛÝÛ<phg Û13-16 2015ÛÝÛ<phg Û13-1 3 6 Aprile Aprile

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Presidente Steve Palm Vice Presidente Carmel King Direttore Vendite Eric Trabb Direttore Responsabile e Publisher B&P Andrea Rivetta Vendite Italia e CEO Raffaella Calabrese Produzione e diffusione Dagmar Hänle Stampa e Fotolito Tipografia Sady Francinetti di L. e S. Francinetti snc (MI) NewBay Media Italy srl S. Felice - Prima Strada, 12 I 20090 Segrate (MI) Tel. 02 92884940 broadcast@broadcast.it World Headquarters NewBay Media LLC 5285 Shawnee Road, Ste 100 Alexandria - VA 22312 USA Iscrizione al R.O.C. nr. 16523 del 23/10/2007 Registrazione presso il Tribunale di Milano n. 275 del 16 aprile 1999 Copyright NewBay Media Italy Srl. Tutti i diritti diriproduzione e traduzione sono riservati. Gli elaborati inviati, anche se non pubblicati, non si restituiscono. Associato all’Unione Stampa Periodica Italiana

INDICE INSERZIONISTI Aldena Telecom. pag. 27 Bel Power Europe pag. 33 BitOnLive III cop. BLT Italia pag. 11 BV Media II cop. Diem Technologies pag. 7 Fischer Connectors pag. 25 Italtelec pag. 39 Lemo Italia pag. 21 Lupo Light pag. 13 M-Three Satcom I cop. Midiware pag. 9 NAB Show pag. 5 NAB Show pag. 16 Network Electronics pag. 35 Prase Engineering IV cop. Sitel pag. 37 Tedes pag. 31

Sommario OPINIONI&RUBRICHE I segnali impossibili 04 EVENTI&EXPO PRIX ITALIA 2014: La Televisone 10 PRIX ITALIA 2014: La Radio 29 FLASH&NEWS Neuman U47 fet 38 BVMedia 3.0 40

EDITORIALE. Nell’industria radiotelevisiva nazionale e locale è ormai al capolinea il sistema di comunicazione tradizionale, fatto di canali generalisti, il cui modello di business è sostenuto esclusivamente dalla pubblicità. Inutile girarci in giro: solo un radicale processo di adattamento alle mutate esigenze ed una propensione all’innovazione radicale potranno permettere agli editori radiotelevisivi di mantenere in vita le proprie imprese. Come sempre qualche eccezione ci sarà, ma la regola oggi è che solo una rivoluzione di tecnologia, linguaggio e capacità nel trovare adeguati ricavi permetterà la prosecuzione dell’impresa. In questo scenario, in costante mutamento, anche l’autocritica è di rigore: le riviste specializzate e i siti web informativi che “aspettano” il visitatore-lettore per raccontargli le novità, spesso “con tutta calma” rispetto alla realtà che corre veloce, sono decisamente obsoleti. Scrivevo, nel mio primo editoriale, co-firmato dall’allora direttore Dario Calabrese, che era il momento di dire addio al caro buon vecchio Mille (era il 1999) e salutare l’avvento del secondo Millennio. Tre lustri sono bastati a scardinare oltre un secolo di broadcasting tradizionale. Adesso è il momento di tirare le somme e affrontare l’approccio al fatidico 2020 (vedi il report dal Prix Italia) con quel giusto mix di incoscienza e intraprendenza che i tempi ci impongono, mettendo in gioco ciascuno la propria esperienza e imboccando con fiducia ed un pizzico di ottimismo il sentiero non ancora battuto. Buon 2015 (anzi, buon 2020) a tutti noi! (andrea@rivetta.it)

INFORMATIVA SULLA PRIVACY. Ai sensi dell’art.13, d. lgs 196/2003. I dati saranno trattati da NewBay Media Italy srl - titolare del trattamento - San Felice - Prima Strada, 12 - 20090 - Segrate MI per gestire il servizio da voi richiestoci, per informarvi su iniziative e progetti, per inviare il catalogo prodotti, la rivista ed il materiale informativo riservati agli abbonati. Previo consenso, le informazioni potranno essere inviate anche via e-mail. I dati saranno trattati, manualmente ed elettronicamente, esclusivamente da NewBay Media Italy srl e dai responsabili preposti ai servizi connessi a quanto sopra, non saranno comunicati né trasferiti all’estero senza dietro vostro esplicito consenso e saranno sottoposti a idonee procedure di sicurezza. Gli incaricati del trattamento possono essere preposti ai rapporti con gli abbonati, call center e sistemi informativi, alla stampa, all’imbustamento e all’invio di materiale informativo. Ai sens idell’art.7, d. lgs 196/2003, si possono esercitare i relativi diritti fra cui consultare, modificare, cancellare i dati od opporsi al loro trattamento per l’invio di materiale informativo rivolgendosi al Responsabile del Trattamento, presso la sede legale della Società NewBay Media Italy srl più sopra specificata.

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O&R

A passeggio con l’ospite (2a parte)

I SEGNALI IMPOSSIBILI

Prosegue e qui si conclude il nostro resoconto dell’uscita fatta a Milano, sotto un violento acquazzone, in Piazza Gae Aulenti, considerata il fulcro della “skyline” del capoluogo lombardo: è una piazza circolare di 100 metri di diametro situata accanto alla stazione Porta Garibaldi. Rialzata di 6 metri rispetto al livello della strada, è circondata da grattacieli di cemento armato e acciaio: in teoria, una perfetta gabbia di Faraday. La nostra solita antenna di misura Aldena ALP 1847710 avrebbe reso le cose troppo facili: ci siamo dotati di una comunissima antenna singola a stilo: meno di un metro quando la si mette “tutta fuori”, ma spesso noi la tenevamo tutta chiusa. Se siamo a caccia di segnali impossibili, vediamo di complicare tutto quello che possiamo. Anche per lo strumento di misura abbiamo fatto una scelta diversa dal solito: allo scopo di esplorare tutto quanto ci fosse nell’aria a frequenze “umane” (diciamo fino a 3 GHz) ci siamo dotati di un analizzatore di spettro 0-6 GHz di nobile ed autorevole stirpe teutonica.

Siamo andati a ricercare le cose più impensate e lo abbiamo fatto nei posti più strani. Mare, montagna e autostrade tedesche. Ci mancava qualcosa. Quello che succede a tutti quando andiamo a passeggio. Una cosa possiamo dirvela fin da ora: SECONDO TEMPO non siete soli La scorsa puntata abbiamo visto cosa succede nelle bande

più “classiche” del broadcast, vale a dire la banda FM e la banda TV. Adesso, guardiamo oltre. Iniziamo con una specie di sommario (Fig. 1, a pag. 6): non è tutto quello di cui ci occuperemo oggi ma dà un’idea di quello che si trova dai confini della banda TV fino alla soglia dei 2,5 GHz, cioè della banda “libera” utilizzata fra l’altro per le connessioni Wi-Fi. Fra i diversi segnali, quelli che spiccano maggiormente sono i segnali per telefonia mobile: in corrispondenza del marker M1 (957 MHz circa) ci sono i segnali per lo standard GSM 900. Il marker M2 (1,84 GHz circa) evidenzia i segnali per il GSM 1800, ed il marker M3 (2,15 GHz circa) i segnali UMTS, utilizzati soprattutto per le connessioni dati. Come vedete i livelli sono tutt’altro che disprezzabili: ricordiamo che stiamo effettuando misure ad altezza d’uomo con una comune antenna a stilo completamente ritratta. Va considerato che i dispositivi che questi

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O&R Fig. 1

Fig. 2

Fig. 3

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segnali si prefiggono di raggiungere (i telefoni portatili o i modem USB) non sono tipicamente dotati di antenne estensibili, né si può pensare che l’utilizzatore tipico debba orientarsi in un modo specifico per poter usufruire della connessione (non che a volte non accada…) e quindi la copertura deve essere garantita anche e soprattutto da un livello robusto di segnale. Una migliore idea dei livelli ce la possiamo fare soffermandoci sulle frequenze intorno ai 900 MHz (Fig. 2). Il marker M1 (865 MHz circa) è posizionato su un segnale del quale vi sappiamo dire poco: la banda LTE (ex banda V – TV) dovrebbe fermarsi a 862 MHz, il GSM comincia a 880 MHz. Potrebbe essere un canale utilizzato per radiomicrofoni, ma è troppo ampio, oppure per applicazioni RFID. Il marker M2 (890 MHz circa) testimonia invece il grande fermento di telefonini accanto a noi. Siamo in piena banda GSM 900, come vedete ancora intensamente utilizzata, ed in particolare siamo nella zona “uplink”: le reti di telefonia mobile utilizzano infatti blocchi di frequenza separati e distinti per le comunicazioni da stazione radio base a terminale mobile rispetto a quelle da terminale a stazione radio base. In questa zona siamo dalle parti dell’”uplink”, cioè il segnale trasmesso dai telefonini. Anche il marker M3 (912 MHz) individua una zona di “uplink” per il segnale GSM 900, evidentemente di un diverso operatore, sulla cui rete il traffico è visibilmente meno intenso (relativamente alle nostre condizioni di misura, ovviamente) rispetto all’operatore che opera sulle frequenze individuate dal marker M2. Parlando di reti di telefonia mobile, con l’attrezzatura che usiamo oggi è possibile rilevare il traffico generato dai dispositivi utente (i telefonini) solo se si è in presenza di dispositivi impegnati in conversazioni. Il relativo livello dipende da vari fattori, fra cui la vicinanza al telefonino stesso. Invece la banda di frequenza utilizzata per il “downlink”, cioè le trasmissioni da stazione radio base verso dispositivo mobile è molto più facilmente rilevabile: il gran numero di apparati registrati su una cella fa sì che almeno un certo numero di essi sia statisticamente impegnato in conversazioni, e quindi che la cella sia quasi costantemente in trasmissione. Lo vediamo molto bene dalla Fig. 3. La curva blu è la lettura MaxHold. Quello che sembra un unico segnale televisivo digitale (con qualche problema di riflessioni vicine) è in realtà l’intero spettro di “downlink” del sistema GSM: sulla carta va da 925 a 960 MHz, e a 10 MHz/divisione il nostro strumento conferma la piena occupazione. A prima vista sembra di distinguere le bande di frequenza di cinque operatori di rete. In effetti i conti tornerebbero: oltre ai pionieri Tim e Vodafone, appositi slot in banda

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O&R Fig. 4

Fig. 5

Fig. 6

I SEGNALI IMPOSSIBILI “I Segnali Impossibili" è l’evoluzione di un progetto di Davide Moro, realizzato in collaborazione con Telecomunicazioni Aldena per le antenne.

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900 MHz sono stati successivamente assegnati anche a Wind e a Tre. Il quinto? Potrebbe essere il sistema GSM-R, utilizzato fra l’altro per garantire l’esercizio dei treni ad alta velocità: siamo accanto alla Stazione Porta Garibaldi, dove transita sia Trenitalia che NTV (e non manca nemmeno il TGV francese). La Fig. 4 ci mostra un altro piccolo sconosciuto: le frequenze dal marker M1 in su sono utilizzate per la banda GSM 1800 (DCS o DECT), ma il segnale individuato dal marker M2 a circa 1,34 GHz è di difficile attribuzione. Possiamo dedicare invece la Fig. 5 alle connessioni dati: la zona dalle parti del marker M1 (fino a circa 2,2 GHz) è utilizzata dalle reti 3G (UMTS e HSDPA). Poi c’è il silenzio, fino ai 2,39 GHz del marker M2: un altro segnale difficilmente identificabile, considerato che la banda Wi-Fi inizia a 2,4 GHz. Dal marker M3 in su, siamo invece in piena zona Wi-Fi, ben ricevibile anche all’esterno di edifici (dove ci troviamo noi): è possibile che vi sia anche il contributo di reti a disposizione del pubblico realizzate da strutture cittadine o da esercizi commerciali. Il salto verso la frontiera dei 3 GHz lo facciamo con la Fig. 6: la frequenza di centro banda è qui 2,6 GHz, e sulla sinistra vediamo chiaramente il contenuto (trasposto e scalato) della precedente Fig. 5. Oltre i 2,6 GHz troviamo invece almeno due zone di attività. La prima vede (come minimo) due segnali distinti nella zona dei 2,6 GHz, la seconda un segnale a banda più stretta (marker M1), intorno ai 2,8 GHz. La banda 2,6 GHz è stata identificata dall’ITU come destinata alla telefonia mobile, ed è possibile che questi segnali siano a standard LTE. Da capire infine la natura del segnale a 2,8 GHz. Potrebbe essere un radar meteorologico, ma è difficile che un segnale di questo tipo arrivi con intensità non disprezzabile al centro di una piazza, a livello del suolo.

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E&E

Televisione: messaggi per il futuro

EVENTI&EXPO

Tecnici e creativi esperti di nuove tecnologie hanno discusso al Prix Italia di Torino sui prossimi traguardi per la radio e la televisione, analizzando casi concreti e discutendo sulle possibili scelte per il futuro

Il Prix Italia è uno di quegli eventi difficili da classificare all’interno di una definizione precisa. Anzi, per essere più precisi: se chiedete ad un buon numero di addetti ai lavori del settore radiotelevisivo cosa sia davvero il Prix Italia, cioè cosa si faccia, cosa si dica in quei giorni a Torino, noterete probabilmente un discreto numero di punti interrogativi sul viso dei fortunati cui avete posto la domanda. Di base il Prix Italia è un concorso - festival per contenuti radiotelevisivi. Programmi radio e TV, ideati e prodotti in tutto il mondo, ven-

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E&E gono visionati e valutati da una giuria internazionale, che attribuisce specifici riconoscimenti. Ma il Prix Italia è molto più di questo. Ad esempio, è stata una delle prime realtà ad accorgersi delle potenzialità del Web come mezzo espressivo e comunicativo, dedicando ad esso appositi seminari e riconoscimenti. Poi al Prix Italia si parla e ci si confronta molto anche sui linguaggi della comunicazione radiotelevisiva e delle nuove forme e possibilità espressive. In aggiunta, e questo è il lato che a noi di Broadcast&Production risulta più affine, si parla dello stato dell’arte delle tecnologie di produzione e radiodiffusione, e si esplora cosa di nuovo e di innovativo è stato fatto nei diversi Paesi del mondo su questi temi. Non si parla tipicamente di standard, ché l’impostazione del Prix Italia è sempre orientata al prodotto radiotelevisivo: si esplorano possibilità ed esempi concreti di cosa si è fatto o cosa si progetta di realizzare camminando ai confini di quello che la tecnologia attuale rende economicamente possibile per un operatore del settore. L’edizione 2014 del Prix Italia ha visto una intera giornata dedicata ad esplorare il futuro dei due caposaldi storici del bro-


E&E adcasting, la radio e la televisione. Due distinte sessioni che hanno permesso di confrontare idee, modi di fare e, soprattutto, risultati fin qui ottenuti. Questi incontri, entrambi ospitati nella prestigiosa e unica cornice del “Museo della Radio e della TV” (presso la sede RAI di Via Verdi, e il museo da solo vale il viaggio a Torino), hanno visto la partecipazione di vari esperti provenienti da tutto il mondo.

IMMAGINI 2020

Una delle cose che tutti noi dovremmo cercare di cambiare per il futuro è la comunicazione fra ingegneri e creativi

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La sessione della mattina, organizzata sotto la bandiera congiunta Prix Italia – EBU, era intitolata “Sorprendenti tecnologie televisive all’orizzonte 2020”, ed era moderata da Hans Hoffmann, Responsabile Media Fundamentals and Production technology presso l’EBU Technology and Innovation department. Hoffmann ha così introdotto l’incontro: “Questa sessione interessa le nuove tecnologie in senso lato, come usarle e come tradurle in qualcosa di utile per il broadcasting, e per parlare di questo sono con noi diversi ospiti da vari continenti. Il format che useremo è un laboratorio, siamo fra esperti e parleremo insieme delle varie proposte, discutendo i diversi aspetti di quello che abbiamo ascoltato. La parola chiave è “futuro”. Una delle cose che tutti noi dovremmo cercare di cambiare per il futuro è la comunicazione fra ingegneri e creativi: noi siamo tecnici, e parlando fra di noi abbiamo un approccio molto tecnico. Viceversa quando dobbiamo parlare con i creativi dobbiamo riuscire a parlare il loro linguaggio, se serve cambiando anche il nostro approccio. C’è una sfida che dobbiamo vincere: dobbiamo riuscire a creare un ponte fra la tecnologia e la capacità di creare contenuti che al pubblico possano piacere. Non possiamo limitarci però al contenuto: dobbiamo pensare da subito che quel contenuto potrà essere fruito attraverso una moltitudine di canali e formati diversi. Verrà visto seduti sul divano di casa, guardando il televisore, ma anche osservando lo schermo del computer, in streaming, poi mentre siamo su un mezzo di trasporto, attraverso il telefonino, e magari in una sala d’attesa, utilizzando un tablet. Per ciascuno di questi canali esistono delle possibilità di appassionare e coinvolgere lo spettatore che i creativi devono conoscere, e che i tecnici devono poi rendere possibile. Dobbiamo anticipare il momento in cui tecnici e creativi iniziano a parlarsi. Tecnici e creativi devono iniziare a parlarsi fin dai primissimi momenti in cui si progetta un nuovo contenuto: sviluppare insieme le idee e le proposte, oltre a far capire subito se e a quale prezzo una determinata cosa sia

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E&E realizzabile, costituisce uno stimolo reciproco per sviluppare nuove soluzioni (da un lato) e nuovi linguaggi (dall’altro).”

ATTORI FOTOREALISTICI Il primo relatore a prendere la parola è stato Paul Debevec, Direttore del Laboratorio di grafica presso l’Istituto di Tecnologie Creative dell’Università della California. California vuol dire Major cinematografiche, e Debevec è entrato subito nell’argomento, per far capire come invece nel cinema si sia cominciato molto tempo fa a “far parlare” fra loro tecnici e creativi fin dai primissimi momenti in cui si progetta qualcosa di nuovo. Secondo Debevec, probabilmente già nel 2020 sarà possibile pensare di produrre un film utilizzando unicamente attori “fotorealistici”: cioè senza un attore in carne ed ossa, ma con tutte le scene realizzate interamente in computer grafica. Prima di entrare nel dettaglio della tecnologia utilizzata, e di proporre alcuni esempi concreti già realizzati, Debevec ha sottolineato come questa possibilità ponga interrogativi di vario genere. La pos-

Paul Debevec, a sinistra

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E&E sibilità di effettuare la scansione completa del corpo di un attore ed utilizzare i dati acquisiti per costruire in computer grafica una qualsiasi sequenza, mette a disposizione personaggi fotorealistici cui poter far eseguire virtualmente ogni azione. È anche possibile congelare le sembianze di un attore per l’intera sua vita, o “recuperare” in un dato momento le sembianze che quell’attore aveva dieci anni prima. Eventualmente anche dopo la sua morte. È inoltre possibile creare attori fotorealistici partendo da qualsiasi persona: non importano le capacità attoriali, posso prendere le sembianze di una persona, digitalizzarle, e “far muovere” quel personaggio sia completamente in computer grafica che riprendendo i movimenti e le espressioni di un generico attore, cui il computer attribuirà le sembianze della persona digitalizzata. Se e quando queste cose siano accettabili è una domanda che la tecnica fa sorgere, ma a cui la tecnica, da sola, non può rispondere. Attualmente siamo lungo la strada che porterà a questa completa virtualizzazione degli attori, che ha visto i primi passi alcuni anni fa: il primo grande progetto è stato una piccola versione del body scanner, limitata al viso degli attori; in sostanza quello che sarebbe servito per digitalizzare le sembianze di una generica persona e applicare

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quel viso su qualsiasi personaggio, il cui corpo ed i relativi movimenti sarebbero però stati quelli effettivamente ripresi dalla macchina da presa. Il viso da digitalizzare viene illuminato con luce polarizzata e vengono ripresi ed analizzati tutti i dettagli del video: non solo i lineamenti e le proporzioni, ma anche i riflessi, il tipo della pelle, la texture, i colori…. E viene poi raccolta una specie di mappa delle emozioni: viene registrato come la pelle “reagisce” alle emozioni, ad esempio goccioline di sudore o cambiamenti di colore, di tensione, di espressione. Mediante un opportuno processamento si può poi “collocare” quel viso sul corpo di un generico attore. Il primo risultato di questo progetto è stato “Digital Emily”, che risale al 2008. Anche uno dei più grandi successi del botteghino, Avatar, è stato realizzato in questo modo, cioè prendendo le visual texture degli attori e poi applicando i diversi effetti ed i colori, compreso il blu caratteristico di Avatar. Per quanto riguarda le singole scene, a volte ci si trova a fare (per comodità) scelte che danno un’idea di quanto complessa ed avanzata sia ormai la tecnologia nell’industria del cinema. Sempre in Avatar, una scena di lotta inizia con materiale effettivamente girato, ma subito la complessità di quello che accade ha richiesto il passaggio alla computer grafica. All’interno di questa seconda parte vi sono alcuni

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E&E istanti in cui gli attori, che potrebbero senza problemi “girare” quelle scene, sono invece stati digitalizzati ed inseriti all’interno del contesto di computer grafica. Il motivo è semplice: inserire il “girato” reale all’interno di una sequenza dove tutto è computer grafica avrebbe creato più problemi, e richiesto sforzi maggiori, rispetto a digitalizzare gli attori reali e spostare così l’intera sequenza nel dominio della computer grafica. In ogni caso, ha detto Debevec, sono molti i film in cui il medesimo attore è “reale” in certe scene, mentre è digitalizzato in altre, soprattutto per quanto riguarda il viso. Debevec ha mostrato alcuni filmati per rendere l’idea delle potenzialità che questa tecnologia è in grado di offrire. Uno di questi filmati mostrava lo schermo diviso in due: sui due lati vi era da una parte il viso di un attore reale e dall’altra lo stesso viso riprodotto dalla computer grafica. La camera segue il viso dell’attore mentre questi viene fatto ruotare di 360° all’interno di una stanza. La luce ambiente varia in modo continuo, per la presenza di finestre e di varie sorgenti di luce, permettendo così di osservare sul viso dell’attore “vero” una grande varietà di riflessi, luci, ombre in continua variazione. Dal confronto diretto fra le due immagini si poteva verificare come in ogni momento, ed in ogni condizione di luce, la digitalizzazione riuscisse a rendere in maniera assolutamente realistica la luce ed i riflessi. Impressionante. Debevec ha spiegato che le scene, spesso quelle più rischiose,

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E&E sono spesso “girate” con una telecamera sulla mentoniera di un casco che riprende l’attore e ne coglie le espressioni ed ogni altro dettaglio mentre questi simula la scena: addirittura la camera rileva come il colore della pelle cambia per la diversa vascolarizzazione mentre si gira una scena e al susseguirsi delle diverse emozioni. Questo sistema è in grado di coglierlo in diretta e di utilizzare poi tutte le informazioni raccolte per restituire una visione assolutamente realistica di quell’attore nell’elaborazione di una scena che, a quel punto, è completamente virtualizzata. Anche in “Gravity” un numero altissimo di fotogrammi è computer generated: in particolare lo sono tutti i riflessi, la terra, lo spazio e anche i riflessi all’interno del casco degli attori. Anche il viso degli attori è stato digitalizzato ed inserito all’interno di quei fotogrammi. Data la particolare ambientazione, però, la realizzazione di queste scene è stata particolarmente complessa. È stato costruito un intero cubo di illuminatori LED, pilotabili singolarmente: una realtà virtuale al cui interno l’attore “vero” poteva trovare riferimenti per sapere dove girarsi e dove guardare in base a quello che accade nella scena. Nella realtà “vera” un sistema di luci così non esiste, ma vista l’ambientazione nello spazio e la necessità di simulare ombre, riflessi e particolari tagli di luce in situazioni non convenzionali è stato necessario ricreare un sistema in grado di simulare (e generare) praticamente qualsiasi tipo di sorgente luminosa. In ambiente di pre-produzione sono state fatte moltissime simulazioni per rilevare quale sarebbe stata di volta in volta la specifica condizione di illuminazione o la sorgente di luce riscontrabile, l’effettiva provenienza e l’effettivo tipo di riflessi che si sarebbe avuto sul viso del protagonista, in modo da pilotare correttamente i led durante la ripresa del viso dell’attore. L’attore è stato poi ripreso da una camera mentre agiva all’interno del “cubo” di luci. Le scene venivano poi interamente ricreate in computer grafica, tranne il viso che veniva catturato ed inserito nel posto giusto. La tecnologia di scansione del viso arriva a centesimi di millimetro e riesce ad investigare la texture della pelle in modo realistico, tridimensionale e con un risultato impressionante. Queste ricerche non vengono promosse solo per esigenze cinematografiche: una grande spinta a questa tecnologia arriva anche dall’industria dei videogiochi, che stanno diventando sempre più simili al cinema di altro livello. Si catturano espressioni, riflessi, movimenti, increspature della pelle e tutto quello che in sostanza serve a rendere realistico un personaggio. Fino ad effetti di dubbio gusto, ma dalla valenza

Queste ricerche non vengono promosse solo per esigenze cinematografiche: una grande spinta a questa tecnologia arriva anche dall’industria dei videogiochi

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E&E tecnica incontrovertibile: agli Emmy Award in mezzo alla scena è improvvisamente apparsa una “versione” di Michael Jackson che si esibiva in un balletto, a cinque anni dalla morte. Un balletto come quello non era mai stato eseguito da Jackson, quindi non poteva essere una semplice registrazione. I dettagli non sono del tutto noti, ma pare che il balletto sia stato eseguito da un ballerino cui sia stato applicato in computer grafica il viso di Jackson, in modo fotorealistico. Un proiettore riproduceva la scena, in modo non tridimensionale quindi (vista di lato la sagoma sembrava piatta), ma gli spettatori hanno avuto l’idea che tutto fosse vero.

DOPPIO SCHERMO, MONO APP

Ignazio Sanchez

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Dopo la panoramica di Debevec, che ha creato fra il pubblico un silenzio ed una attenzione da sala cinematografica, la discussione si è spostata in campo prettamente televisivo. Ignazio Gomez, direttore Strategy and Innovation del broadcaster di servizio pubblico iberico RTVE ha illustrato ai presenti le esperienze con le applicazioni e con i servizi per second screen maturate dalla televisione in Spagna. “Abbiamo fatto una app unica per servire tutti i nostri programmi, insieme ad alcuni progetti sperimentali di second screen. La scelta è indubbiamente controcorrente: i nostri concorrenti sono arrivati a mettere 200 app su itunes, e la gente è tipicamente abituata ad avere una app specifica per ogni cosa. Abbiamo però visto che ogni nuovo sviluppo è molto dispendioso, anche in termini di tempo: quindi realizzare una app specifica per ogni programma e per ogni produzione sarebbe stato molto pesante. Abbiamo allora pensato di fare una sola applicazione che facesse da base all’intera piattaforma della nostra programmazione.” In sé, la app di RTVE non presenta aspetti rivoluzionari, e come diverse alte applicazioni analoghe permette ad esempio di ricevere informazioni contestuali relativamente ai vari soggetti che appaiono sullo schermo televisivo, con funzionalità di voto, possibilità di interazione e aspetti social. Non mancano la possibilità di commentare, condividere clip, inserirsi in discussioni e altre funzionalità tipiche di questi strumenti. Dal punto di vista dell’approccio verso gli spettatori, l’esperienza di RTVE ha chiaramente evidenziato le diverse peculiarità delle tre fasi temporali (prima, durante e dopo lo spettacolo cui ci si riferisce) che caratterizzano ogni evento. La tentazione potrebbe essere quella di investire molte risorse, anche da parte dello staff che cura la produzione dell’esperienza digi-

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tale o di second screen, nella fase “now”, cioè mentre il programma sta andando in onda: l’interazione in tempo reale con gli spettatori potrebbe essere considerata un importante fattore di fidelizzazione. In realtà si è visto che gli spettatori di programmi che prevedono un svolgimento secondo una trama o un copione ben strutturati (“scripted program”) preferiscono non essere disturbati e seguire con la massima attenzione lo sviluppo del programma. In questi casi hanno tipicamente molto più successo le fasi “prima” e “dopo” lo show. Monitorando l’andamento delle interazioni, si vede chiaramente che in quest’ultima gli spettatori ricominciano rapidamente a commentare, scrivere, fare domande anche allo staff di produzione, quindi vi è la necessità di tenere aperte le porte della comunicazione per finalizzare compiutamente il desiderio di interazione da parte degli spettatori. Con la app di RTVE, quando il programma finisce è possibile rivedere le clip preparate e rese disponibili nel frattempo dallo staff, e lanciarle sui social aggiungendo i propri commenti e linkando direttamente il collegamento alla clip in questione dalla mia applicazione. Sulla parte “prima” ha dimostrato una buona efficacia aggiungere documenti (anche storici) che spiegano il pregresso, o anche curiosità sul come si è arrivati al punto dove la storia ed il programma cominciano, come pure le biografie dei personaggi drammatizzati. “Isabella di Castiglia e Ferdinando d’Aragona” è il titolo di una serie che ha avuto un grande successo in Spagna, e che ha suscitato un grande interesse anche per il particolare periodo storico. RTVE ha lavorato da subito a stretto contatto con la società di produzione della serie per costruire anche una serie di contenuti accessori, materiali e documenti destinati alla fruizione su second screen. Gomez ha detto: “Volevamo aggiungere le parti mancanti che in una fiction normalmente non ci possono stare. Abbiamo coinvolto la società di produzione, gli autori e anche il direttore di produzione: quest’ultimo, in particolare, è un

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E&E

Non tutti i contenuti sono uguali, anche dal punto di vista delle app e delle interazioni

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entusiasta di social media, e quindi si è prestato volentieri. Per altri programmi abbiamo invece utilizzato soprattutto materiale nostro di archivio: dipende dalla natura del programma, dall’interesse che si pensa potranno avere gli spettatori, e anche dalla collaborazione che si riesce ad instaurare con l’intero team di produzione”. Non manca la possibilità di esprimere tramite la app voti o preferenze (hanno iniziato tre anni fa con il festival musicale dell’Eurovisione), come pure di rispondere a domande o cimentarsi in piccole gare famigliari durante i canonici “game show”. Gomez con schiettezza ha poi condiviso con il pubblico quelle che, a suo parere, sono le cose che RTVE ha imparato sul campo durante le proprie esperienze di crossmedialità. La prima: non tutti i contenuti sono uguali, anche dal punto di vista delle app e delle interazioni. Quello che “tira” di più è lo sport e soprattutto il calcio: qui interazioni, commenti, scambi, discussioni arrivano ad un numero e ad una intensità elevatissimi. Anche Masterchef non ha avuto un risultato disprezzabile, ma dal punto di vista di RTVE in massima parte è tutto sport-centrico: potrebbe essere un driver o un qualcosa cui conformarsi in futuro. La seconda: il second screen può diventare il first screen: ci permette di coinvolgere ed attirare verso il programma mainstream le persone che normalmente passerebbero (comunque) il tempo a twittare o interagire sui social media, e solo di tanto in tanto alzano la testa per vedere la tv. In questo modo diamo loro la possibilità di divertirsi durante la messa in onda dello spettacolo, ad esempio gestendo le camere e scegliendo il loro punto di visione personalizzato; in sostanza, e l’insegnamento non va sottovalutato, sembra che alla gente piaccia giocare. La terza: senza il first screen non c’è il second screen: si può commentare in vari modi quello che si vede in TV, ma con la app è molto più intrigante (ad esempio) inviare i link direttamente per invitare altri a vedere le clip. Dopo una partita, in conferenza stampa, l’allenatore può vedere quali sono state le clip più twittate o postate, e lui o il giornalista possono commentare la tendenza, o comunque prendere spunto da essa. Ai concorsi cinematografici posso rendere disponibili online delle backstage camera con le quali si fanno interviste ad attori o si propongono altri spunti, mentre la regia principale sta seguendo l’evento. Se allo spettatore interessa una delle interviste in backstage può passare a vederla sul second screen, ma senza perdere il filo conduttore con l’evento mainstream. La quarta: progettare un’unica app che faccia da comune denominatore a

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E&E tutte le proposte di una emittente consente grandi vantaggi, sia di costo che di facilità di accesso a nuovi contenuti. Ma a volte la scelta migliore è, ancora, sviluppare un’app personalizzata per lo specifico programma. Consideriamo un game show che è sulla breccia da 15 anni e ha una community di appassionati molto forte: non sarebbe impossibile o fuori luogo sviluppare una app dedicata dove questi appassionati possono ad esempio proseguire a giocare in ogni momento del giorno, da soli o interagendo fra di essi. In casi come questi può avere senso sviluppare un’esperienza personalizzata per community molto radicate e per programmi simbolo. La quinta: riconoscere la differenza fra “conversare” e “commentare”. Premesso che diffondere sui social network i post con i link alle nostre clip è un ottimo modo per raggiungere le persone che altrimenti non avrebbero guardato i nostri programmi, anche la possibilità di inserire commenti direttamente sull’applicazione (invece che unicamente su piattaforme social) può avere un senso. Postare su Twitter commenti (ad esempio) sui Mondiali di calcio non comporta inserirsi in una conversazione, ma solo aggiungere un elemento a milioni di commenti inseriti da altri utenti come messaggi in bottiglia. Se invece offro sulla app la possibilità di accedere a una chat room “riservata” per quello specifico programma, le persone possono veramente interagire fra di loro: si ritrovano in un ambiente più intimo, ristretto, ma efficace per stimolare e realizzare conversazioni su quello specifico tema. La sesta, ma andrebbe sempre tenuta presente: Gomez dice che “qualcosa andrà male: preparatevi a riprovare. È normale che agli inizi le cose non vadano tutte bene, o non facciano presa; è normale in un mondo tutto da esplorare. Un nostro programma ha provato tutti i social, fino a vedere che Instagram era quello che “agganciava” di più; allora si sono concentrati su quello e hanno sviluppato molto la proposta in questa direzione. È andata bene, ma agli inizi non lo si sarebbe detto.”

È normale che agli inizi le cose non vadano tutte bene, o non facciano presa; è normale in un mondo tutto da esplorare

SUPERIMMAGINI L’intervento successivo ha spostato l’attenzione sulle potenzialità artistiche, tecniche ed espressive di un formato di ripresa e trasmissione che è più vicino di quanto si potrebbe pensare. Toru Kuroda, direttore generale dell’Ingegneria di NHK (il broadcaster di servizio pubblico giapponese) ha parlato del sistema Super HiVision (8K), da alcuni anni una bandiera dell’operatore nipponico. Rispetto alla conosciuta HD, il sistema 8K utilizza è 16 volte più pixel, ma non solo.

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E&E Utilizza anche un audio multicanale 22.2, con audio sia verticale che orizzontale, registrando quindi i suoni in modo tridimensionale. Il sistema si propone di offrire una esperienza altamente immersiva: per l’HD la distanza di visione ottimale è pari a tre volte l’altezza dello schermo, con un angolo di visione di circa 30°. Il 4K passa a una distanza ottimale di 1,5 l’altezza dello schermo e a un angolo di visione di 60°. Per il sistema 8K la distanza di visione ottimale diventa 0,75x l’altezza dello schermo, per un angolo di visione pari a circa 100°, cioè più di un angolo retto. Koroda dice: “Abbiamo allestito i primi schermi di visione pubblica proprio nel 2014, in occasione dei mondiali di calcio. Vogliamo arrivare alla piena operatività del sistema 8K nel 2020, quando ci saranno le olimpiadi a Tokio. A rendere così complesso l’8K, però, non è solo l’elevato numero di pixel, ma anche una serie di altri aspetti. La cadenza di ripresa è pari a 120 fotogrammi al secondo, cioè pari a quattro volte cioè l’HD attuale, ed inoltre viene utilizzata una gamma colore molto più estesa, fino a 12 bit.” Koroda ricorda che la prima camera in grado di riprendere con questo standard risale al 2002, e pesava 80 kg: era difficile anche da trasportare. Nel 2010 si era già scesi a 20 kg, e adesso il corpo camera più leggero (solo la testa) pesa 2 kg, pur essendo pienamente a specifica con il formato 8K, ed è anche silenzioso al punto da poter essere usato in concerti o teatri senza arrecare alcun disturbo. Grandi sfide anche dal punto di vista della trasmissione e della gestione del segnale. L’8K richiede una banda di 24 Gigabit/s come minimo, che diventano 140 Gb/s per il segnale “ full spec”. Anche registrare o riprodurre da server un flusso dati di questa portata è una sfida molto impegnativa. La compressione non fa eccezione: NHK si aspetta che con la tecnologia HEVC si possa arrivare a livelli di bitrate compatibili con il broadcasting, pari a circa 100 Mbit/s. Sono state fatte prove con trasmissioni via satellite, terrestre e cavo (e fibra), e comprensibilmente la diffusione terrestre non sarà una scelta facile. Quando si inizia a parlare di schermi di dimensioni importanti la domanda inevitabile è: ci staranno all’interno delle case normali? Koroda dice che hanno provato a mettere uno schermo da 70 pollici all’interno delle case dei loro collaboratori per capire

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come stava e che effetto faceva. La conclusione è stata sorprendente: ci sta perfettamente bene, l’unica difficoltà è stata fare entrare il nuovo schermo in ascensore. Koroda ritiene che con i display OLED flessibili anche questo aspetto potrà essere superato. Sino ad ora NHK ha prodotto in 8K alcuni eventi in condizioni di luce controllata, come il Carnevale di Rio de Janeiro, eventi sportivi di grido, performance teatrali, ed il risultato è comprensibilmente eccezionale. NHK ha in programma di effettuare un test broadcast 8K in occasione delle Olimpiadi di Rio de Janeiro del 2016, per arrivare alla piena e generalizzata operatività in occasione delle Olimpiadi di Tokio 2020.

GIPO DOCET Giocava letteralmente in casa il successivo relatore: Gino Alberico, vice-direttore del Centro Ricerche RAI di Torino, che ha presentato un prototipo di game/app sviluppato da RAI a partire da un fortunato programma per bambini: “Le storie di Gipo”. Alberico ha presentato un video che racconta l’evoluzione del gaming dal 1952 ai giorni nostri. Si è partiti con qualcosa di simile alla sweep di un oscilloscopio per evolvere verso situazioni che diventano sempre più dinamiche, con grafica e colori più ricchi, e con l’esponenziale crescita della complessità dei giochi e delle texture; dopo il 2000 i videogiochi puntano apertamente al realismo, e cambiano anche le cifre investite dai produttori. Ormai i videogiochi vengono realizzati con budget paragonabile a quello dei film di Hollywood, e si parla di cifre nell’ordine dei 100 milioni di dollari. Cifre ampiamente compensate dai successi di vendita: per alcuni titoli si sono registrate vendite di un miliardo di esemplari in pochi giorni. Il fenomeno è ovviamente impressionante, e questi giochi stanno diventando sempre più disponibili anche sui telefonini, che hanno ormai la potenza sufficiente a far scorrere velocemente ed in modo realistico le trame e gli scenari dei giochi (senza al contempo prosciugare la batteria), come pure per-


E&E

Il programma di Gipo ha un target prescolare, quindi il gioco realizzato è estremamente semplice

Il gioco di Gipo

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mettono di connettersi con altri giocatori per giocare con loro o contro di loro. Anche i bambini, spesso tramite lo smartphone o il tablet dei genitori, sono ormai diventati fruitori di videogiochi. E RAI, per la prima volta, ha deciso di fare un passo in questa direzione. Lo spunto è stato offerto da un programma di successo, “Le storie di Gipo” appunto. Gipo è un cantastorie, che evoca magicamente atmosfere, nonni e messaggi da un pozzo incantato. Dice Alberico: “Abbiamo realizzato questo prototipo in collaborazione con il Centro di Produzione di Torino, RAI Yoyo e Animoka, la società di produzione. Il programma di Gipo ha un target prescolare, quindi il gioco realizzato è estremamente semplice: c’è una modellazione tridimensionale della scena, degli attori, di tutto il contorno, più altri oggetti come il sole che possono essere mossi dal bimbo. Si può far suonare un ragnetto, si può far camminare Gipo, farlo muovere in vari modi (correre, cadere, …), chiedergli di suonare una canzoncina. Il risultato è semplice e a misura di bimbo, ma visto che per noi era una “prima volta” ci abbiamo messo alcuni mesi. In particolare per realizzare il modello 3D ci abbiamo messo 400 ore, anche se ci aspettiamo di avere acquisito un sufficiente know-how che ci permetterà di ridurre molto i tempi per le eventuali realizzazioni successive. L’idea iniziale di fruizione del gioco era pensata per l’uso su tablet e smartphone, quindi con interfaccia “touch”, ma ci siamo chiesti se si poteva fare qualcosa anche per le connected tv, che ormai hanno un proprio mercato. In aggiunta i televisori 4K sono molto potenti in termini di processori e algoritmi a bordo, quindi non sarebbe impossibile usarli per caricare codici di gioco”. Parlando di Smart TV Alberico ha considerato due possibili tipi di realizzazione: il sistema HbbTV per piattaforme aperte (anche nel mercato verticale dei produttori, ma lì si entra in un mondo che si chiude alle proprie spalle) oppure HTML5. Quest’ultimo, in particolare, è uno standard aperto, e ci sono librerie che permettono di fare molto, “anche se utilizzandole – prosegue Alberico - abbiamo visto che ci sono dei limiti, tipo la velocità di risposta delle memorie. Stiamo cercando di scoprire quanto costerebbe e se sarebbe possibile portare una computer grafica tridimensionale sulle connected tv, ovviamente sfruttando la loro potenza di calcolo.” Scoglio ancora da superare, l’interfaccia utente per applicazioni di gioco: con smartphone e tablet è tutto più semplice, complice

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E&E l’interfaccia “touch”. Per la tv è invece ancora tutto da scoprire ed inventare.

VELOCE-MENTE Dopo Alberico ha preso la parola Pietro Grignani, Direttore Centro di Produzione Rai Torino. Ha inizialmente evidenziato le differenze fra operatori di servizio pubblico e commerciali (“Noi non cerchiamo di fare soldi, ma ci servono soldi per lavorare e fare cose che piacciano alla gente.”) e di come questa diversità di fondo imponga un ritmo di marcia specifico a chi si occupa di servizio pubblico. “Dobbiamo imparare, dobbiamo essere più attenti e furbi degli altri, dobbiamo cambiare, essere pronti a cambiare e velocemente” ha detto, e ha citato un libro (“che ho letto da bambino”) di Alvin Toffler: “Future shock”. “Parla della velocità, di quanto dovremo essere veloci a cambiare, qui produciamo molte cose e le opportunità tecnologiche ci devono dare lo spunto e l’occasione per creare una società dove vivere sia migliore di quanto non fosse tempo prima, le cose devono cambiare per far diventare il mondo (un poco) migliore. Il progetto della game/app per Gipo è stato per noi utile perché ci ha spiegato che collaborando possiamo fare cose nuove e diverse.

Pietro Grignani, a destra


E&E

Non sappiamo se la cosa potrebbe essere fattibile, ma dobbiamo pensarci e capire; potrebbe essere lo sviluppo di un modello

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CRIT e Rai Ragazzi sono due parti di Rai, ma non avevano mai collaborato insieme proprio fin dal principio, iniziando a pensare insieme le cose dal principio. Credo poi che sia fondamentale collaborare con aziende private per sviluppare un progetto che sia il “nostro” progetto, invece di limitarsi a comprare cose da aziende private.” Grignani cita una serie di video su YouTube, che mostrano un match di improvvisazione teatrale. Durante lo show viene detto di volta in volta a uno degli attori cosa dovrà fare poco dopo, ma nessuno degli altri attori sul palco ne è a conoscenza: quando uno degli attori fa qualcosa, pure qualcosa di imprevisto, ognuno degli altri attori deve “inventarsi qualcosa” per rispondere a tono e proseguire con lo spettacolo. “Reagire, cambiare ed adattarsi. – prosegue Grignani - Anche i bambini forse hanno una possibilità simile. Nello show è in realtà il pubblico a dare istruzioni ai diversi attori su cosa devono fare. Per la TV ai bimbi si potrebbe chiedere: ‘cosa preferisci che succeda adesso?’ Non sappiamo se la cosa potrebbe essere fattibile, ma dobbiamo pensarci e capire; potrebbe essere lo sviluppo di un modello. Nello show di improvvisazione, al termine delle scene il pubblico in sala si mette a parlare di tutto quello che è successo. Adesso i bambini giocano al computer per molto tempo, mentre noi ai nostri tempi giocavamo con altri bambini. Quindi adesso ci preoccupiamo di come farli socializzare, perché socializzano virtualmente e parlano con altri che non hanno mai conosciuto di persone. I figli unici stanno aumentando, è un dato di fatto, e dobbiamo pensare a come usare le tecnologie perché le persone possano imparare a vivere insieme e ad interagire; e anche per aiutare i bambini a giocare insieme.” Hofmann ha provato a chiedere a Grignani: “In due-tre anni i broadcaster di servizio pubblico avranno l’enorme problema di raggiungere i giovani, i bambini, i più piccoli. Cosa pensate di fare?” Ci è piaciuta la risposta: “Noi operatori di servizio pubblico dobbiamo fare di più per portare la comunità dei creativi più vicino a chi gestisce e crea la tecnologia. Io credo che non ci siano altre possibilità: dobbiamo smetterla di essere orgogliosi e boriosi per difendere una intangibilità che non c’è più. Noi facciamo entertainment, e dobbiamo fare entertainment in un modo che alla gente possa piacere, che possa sentirsi coinvolta.”

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Radio non convenzionale

E&E EVENTI&EXPO

Nel pomeriggio, sempre presso il Museo della Radio e della TV, è andato in scena un laboratorio Prix Italia–EBU–URTI, dal titolo “La radio non convenzionale. E se domani fosse oggi?”

Moderava l’incontro Wojciech Markiewicz, di Polskie Radio, che ha rapidamente introdotto i diversi relatori.

RADIOSTAMPA Nick Dunkerley, Direttore creativo di Hindenburg Systems (Danimarca) ha presentato un esempio di un software per fare radio giornalismo. In collaborazione con URTI (Union radiophonique et télévisuelle internationale) questo software ha permesso di dare vita ad un progetto innovativo, semplificando l’approccio ai mezzi tecnologici da parte di emittenti che normalmente non avrebbero le possibilità per accedervi. Dice Dunkerley: “Abbiamo sviluppato il

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E&E

software in stretta collaborazione con gli utilizzatori finali, chiedendo a loro di cosa avevano bisogno, e poi adattandolo alle loro richieste e suggerimenti. Insieme all’URTI abbiamo così sviluppato i diversi aspetti relativi alla visualizzazione della radio, e per creare nuovi modelli sperimentali di radio. Oggi la radio può essere (vista e) ascoltata su dispositivi come gli smartphone. La radio è audio, ma dobbiamo prendere atto che la gente usa cose diverse dalle radio convenzionali per ascoltarci. E allora dobbiamo prendere atto che il nostro pubblico ci chiede di essere visivamente gradevoli, con bottoni da schiacciare, aree su cui scorrere il dito eccetera.” Il software in questione si chiama Hindenburg Player: è stato pensato per consentire di “arricchire” i file audio (tipici dei programmi radiofonici) con contenuti testuali, video, immagini ed ipertesti che contribuiscano a rendere più accattivante, intrigante, piacevole e coinvolgente l’esperienza di ascolto, muovendola su piani multisensoriali. Come prima caratteristica permette di fare una cosa che in sé è tutt’altro che rivoluzionaria, ma che nel podcast di programmi radiofonici trova raramente applicazione. Si può dividere il programma in capitoli, ciascuno con proprie caratterizzazioni testuali, video e di immagini. Nella fruizione on-demand si può scegliere a quale capitolo “puntare” e ascoltare subito quello. C’è poi una parte wiki, dove è possibile inserire informazioni aggiuntive (scritte) su

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E&E un personaggio o un oggetto menzionato ad esempio dal conduttore, in modo che chi ascolta possa leggerle immediatamente, ampliando a richiesta con un apposito link ad una fonte più estesa. “Non faccio push, è la gente che sceglie cosa vedere mentre sta ascoltando, non si è obbligati, ad esempio posso vedere la mappa di un territorio di cui mi stanno parlando” dice Dunkerley. Il software punta tutto sull’immediatezza e sulla facilità d’uso da parte di chi realizza il programma e le relative appendici multimediali. Il programma appare diviso in capitoli sulla timeline. “Per caratterizzare un capitolo – prosegue Dunkerley - posso fare “drag and drop” di un testo, posso aggiungere immagini semplicemente trascinandole sul capitolo, e collegarle all’istante preciso della timeline. Anche per il link il funzionamento è analogo: posso aggiungerli facendo copia-incolla, per i wikilink prendiamo i puri e semplici link da Wikipedia. Poi è sufficiente aggiungere i metadati che occorrono e pubblicare il tutto.” Secondo Dunkerley la sfida dell’arricchimento dell’esperienza di ascolto radio si sposta sul piano della facilità per i produttori di trovare rapidamente foto accattivanti, che si prestino a caratterizzare il contesto e che si possano vedere bene (non sgranate) su telefoni e tablet. Per avere un buon risultato,

Il software punta tutto sull’immediatezza e sulla facilità d’uso da parte di chi realizza il programma e le relative appendici multimediali


E&E l’intero processo deve poi essere integrato nel workflow in modo trasparente: dal punto di vista del produttore di un programma è comprensibile che se sono sufficienti alcuni minuti per trovare ed inserire immagini e altri contenuti attraenti, si troverà il modo di gestire questo ulteriore passaggio. Se invece l’impegno richiesto diventerà eccessivo, è difficile che presso la specifica emittente l’arricchimento visuale dei programmi radiofonici prenderà piede.

RADIOSCAMBIO

Sara Lacomba

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Il software Hindenburg Player è stato utilizzato all’interno del progetto Francophonie 3.0 dell’URTI, che è stato presentato da Sara Lacomba. Francophonie 3.0 è finalizzato a creare un network di stazioni radio che si indirizzano ad un pubblico giovane e di lingua francese (circa 132 milioni di persone in tutto il mondo). Il progetto, ed il relativo portale web www.francophonie3.org è pensato per i giovani professionisti che lavorano in tutti i campi delle produzioni radiofoniche e il cui lavoro quotidiano è lo sviluppo e la produzione di programmi per giovani. Le emittenti coinvolte sono sei: CRTV (Camerun), Radio Romania, Radio Dakar (Senegal), Radio Tirana (Albania), Tunisian Radio e SNRT (Marocco). Dice Lacomba: “Tutti producono secondo standard diversi, e cercando di fare interscambio di contenuti radio abbiamo visto che era un grosso problema. Le emittenti coinvolte nell’interscambio mettono a disposizione poi i loro (spesso enormi) archivi, che tipicamente non sono oggetti attraenti per il pubblico. Come facciamo a renderli tali? Usando il software di Hindenburg (che abbiamo reso disponibile a ciascuna delle emittenti affiliate) abbiamo chiesto di lavorare i contenuti messi a disposizione sul portale di scambio, compilando metadati e informazioni extra, dividendo in capitoli e caratterizzando con informazioni, aggiungendo mappe per spiegare ad ascoltatori di paesi lontani a quali luoghi si riferisca il contenuto, aggiungendo poi foto, link, e altre suggestioni visive. Idealmente l’obiettivo sarebbe riuscire a coinvolgere le diverse persone che prendono parte ad ogni livello della produzione, in modo che anche i dati “aggiuntivi” (rispetto all’audio) vengano il più possibile inseriti durante le fasi di produzione.” Ogni radio fa una scelta autonoma dei programmi da proporre ed inserire nel portale. Poi ciascuna emittente arricchisce i programmi con contenuti multimediali e li mette a disposizione sul sito; il target sono persone di età compresa fra 18 e 35 anni, cioè la fascia tipica delle persone che normalmente utilizzerebbero il pod-

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E&E cast per ascoltare la loro playlist, invece di un contenuto radio. Lacomba ha concluso con una stima sui costi: “Nel complesso, il progetto è costato circa 120.000 Euro, cui vanno sommati l’impegno personale ed il contributo, spesso entusiastico, delle diverse radio coinvolte, che hanno messo a disposizione diverse persone”.

CONFEDERAZIONE RADIOFONICA Samuel Vuillermoz, CEO e fondatore di mx3.ch-mxlab (azienda svizzera che si occupa di nuove piattaforme per musica e radio) ha offerto una rapida panoramica delle proposte che la propria azienda ha sviluppato negli ultimi anni. Si è soffermato in particolare su un progetto presentato due anni prima, nel 2012, proprio al Prix Italia: una stazione radiofonica online “virtuale”; che ciascun ascoltatore può personalizzare come desidera. DIY.fm è un aggregatore di contenuti che consente a ciascun ascoltatore di creare una propria programmazione attingendo fra elementi trasmessi in diretta da radio “reali”, podcast di emittenti radiofoniche, brani e clip disponibili sul web. L’ascoltatore decide liberamente l’orario di inizio di ciascuno di questi contenuti e la relativa successione. Mx3.ch è invece un punto di incontro fra


E&E musicisti e radio. Dice Vuillermoz: “In Svizzera abbiamo relativamente poche persone ma con quattro lingue diverse; le persone si parano e si conoscono poco. Nel territorio possiamo contare circa 21.000 “band” musicali, con mx3.ch offriamo la possibilità ai musicisti di inserire qui le proprie canzoni”. Il sistema mxLinear è invece basato su una app dall’interfaccia volutamente giocosa che consente al pubblico di scegliere il prossimo brano da mandare in onda; a seconda delle scelte dell’emittente il sistema può essere utilizzato per un calale esclusivamente digitale oppure per la canonica programmazione “on air”.

FARSI SOCIAL

La voce è praticamente l’unico strumento non ancora usato sui social media

Sophia Halliot, al centro

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Sophia Halliot, direttore generale di @Bobler, ha presentato un modello innovativo di social media, che potrebbe avere importanti sbocchi radiofonici. Secondo Halliot, “la voce è la prossima rivoluzione digitale.” Bobler è un social media basato sulla voce. La voce è praticamente l’unico strumento non ancora usato sui social media, che attualmente gestiscono contenuti basati su testo, foto, video e suoni. “Con i social si fa di tutto, ma ci si dimentica della propria voce. Con Bobler stiamo creando un social network dove si postano clip della propria voce, con un limite nella durata come Twitter, e si sceglie se renderle disponibili a tutti o solo ai propri amici. Ci sono milioni di tweet e di foto che vengono inviati ogni giorno in tutto il mondo: io penso che le clip vocali forse potrebbero essere ancora di più. Gli studi dicono che la radio è un media tuttora molto amato, e probabilmente lo è anche perché ci consente di fare altre cose mentre lo utilizziamo. Allo stesso modo è molto facile parlare al proprio telefono per registrare una clip vocale o ascoltarne una da esso piuttosto che digitare o leggere un testo. Gli strumenti per raccogliere le clip non mancano: i dispositivi “connessi” sono in aumento esponenziale, non solo gli smartphone, presto avremo anche orologi e cose simili. La voce trasporta molte più emozioni di un testo scritto, è più intuitiva. Radio France sta utilizzando questo sistema per chiedere ai propri ascoltatori di inviare clip vocali, e ogni giorno ne scelgono una che mandano in onda.”

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E&E TUTTI PER UN’APP Un messaggio piuttosto prudente è arrivato invece dall’intervento di Natacha Mercure, responsabile offerta digitale di Radio Canada, una emittente in lingua francese. Anche in Canada hanno seguito un approccio tutto sommato comune per quanto riguarda le piattaforme digitali per la radio: l’idea di base era fare una radio che fosse facile, attraente e accessibile su tutte le piattaforme. Al centro di tutto c’è il contenuto, gli strumenti di ascolto ormai sono tanti e di molti generi diversi (tablet, smartphone, …). È quindi molto importante ottimizzare la catena di produzione per rendere facile e veloce la predisposizione dei vari contenuti in formato adatto a ciascuna delle possibili piattaforme di fruizione, conservando però un elevato grado di flessibilità per poter ricevere (ed offrire al pubblico) nuovi stimoli che la tecnologia rendesse attuabili. Radio Canada ha sviluppato


E&E La mia impressione è che la creatività dei radiofonici vada in realtà molto oltre quello che le radio riescono poi effettivamente ad agganciare e a sfruttare utilizzando la tecnologia

un’app, che permette di ascoltare tutte le 21 stazioni del Canada francofono, e che raggiunge un picco superiore a 50.000 ascolti al minuto nell’ora di punta, al mattino. La app consente anche il catch-up per i file audio. Mercure ha poi parlato di un prototipo di ebook che si riprometteva di fungere da “guida turistica”: inquadrando un edificio o un monumento, l’applicazione riproduceva un file audio che descrive e racconta l’oggetto inquadrato, “ma non ha avuto un grande successo”, per dirla con parole della Mercure“. La mia impressione è che la creatività dei radiofonici vada in realtà molto oltre quello che le radio riescono poi effettivamente ad agganciare e a sfruttare utilizzando la tecnologia. Molte idee non trovano la risposta sperata da parte del pubblico. Abbiamo fatto anche noi diversi esperimenti, ma in questo momento è difficile trovare ‘the next big thing’, anche e soprattutto dal punto di vista della ‘presa’ nei confronti del pubblico”.

CRACKOPOLIS

Silvain Gire

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Silvain Gire, responsabile editoriale ARTE Radio/Arte France ha presentato un caso in cui l’attenta gestione della confezione e della promozione di un prodotto “web only” ha consentito di incontrare un enorme successo di pubblico ed un interesse che, a distanza di mesi dalla messa in onda, sta ancora proseguendo. Crackopolis è un documentario realizzato sulla storia di un giovane tossicodipendente. Realizzato con cura e capacità radiofoniche, è stato diviso in quindici episodi pubblicati come podcast, di durata libera e senza vincoli, due episodi a settimana (come una serie radio). Ha detto Gire: “Abbiamo poi pubblicizzato molto la cosa con Soundcloud, Youtube e Twitter, e a distanza di quattro mesi la gente sta ancora parlando di questa serie sui vari social. Questo contenuto ha avuto un enorme successo, e lo ha fatto senza cannibalizzare altri contenuti della radio. A me non piacciono Facebook o Twitter, ma alla gente non interessa la mia opinione: se la gente scegliere di essere in un posto, il nostro contenuto deve essere dove c’è la gente. Con i sistemi di fruizione basata sul web noi controlliamo la produzione, ma perdiamo di vista la distribuzione. Dobbiamo essere là dove si trova la gente. Dobbiamo pensare molto bene al

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E&E modo in cui si informa la gente di un prodotto, su come lo si confeziona, su come lo si fa arrivare a destinazione. Parlando di servizio pubblico è fondamentale ricordarsi che facciamo servizio per altri, e dovremmo preoccuparci di piĂš di come e se questo servizio ‘arriva’ alle personeâ€?.

TUTTO L’ARCHIVIO Andrea Borgnino, Strategie Web Radio RAI, ha concluso l’incontro illustrando alcuni esempi di programmi e contenuti innovativi sviluppati dai canali Radio RAI. Le Web Radio RAI hanno consentito di creare una radio speciale per diffondere l’immenso patrimonio contenuto negli archivi RAI: invece di limitarsi a rendere disponibili questi contenuti per la fruizione “on demandâ€? è stato creato un canale radio fatto solo di archivi. Tramite i social network si chiede agli ascoltatori di esprimersi sui contenuti che vorrebbero trovare in questo canale speciale; l’iniziativa sta rivelando una buona accoglienza da parte del pubblico. Twitter viene anche utilizzato come sorgente di informazioni o come spunti per dei “flashâ€?, ad esempio citando quella che viene scelta come migliore “battutaâ€? del giorno circolata nei tweet, a volte con la voce dell’attore o del comico che per primo l’ha pubblicata.

Andrea Borgnino

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F&N FLASH&NEWS

Il Neumann U 47 fet è tornato! Il magico suono di fine anni ’60, ’70 è ora a portata di mano in edizione limitata Gli anni ‘60 e ‘70 sono considerati uno dei periodi più innovativi nella storia della musica. Molti concetti sonori di questo periodo pionieristico vengono ora riscoperti ed utilizzati per la creazione dell’attuale discografia, in particolare nel mondo dell'audio digitale; l'interazione tra le tecnologie di diverse generazioni costituisce la base di una libertà sonora senza precedenti. Un'icona di quell'epoca, decisiva nel contribuire a plasmare il suono degli anni ’70, è stato il Neumann U 47 fet, successore a transistor dell’ U 47 a valvola, nato per consentire di lavorare con livelli di pressione sonora fino ad allora inimmaginabili. L’U 47 fet Collectors Edition è la riedizione del classico e storico omonimo presentato per la prima volta nel 1969. Neumann ha ripreso la produzione di questo microfono leggendario seguendo schemi e documenti di produzione originali, e fornisce

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oggi il nuovo U 47 fet in un elegante case in legno, completo di un certificato individuale con il numero di serie del microfono. Si tratta infatti di una limited edition destinata ad arricchire la collezione dei più appassionati. In termini tecnici, l’U 47 fet è un microfono a condensatore con caratteristica direzionale cardioide e circuitazione fet. Questa tecnologia, utilizzata anche nell’U 87, è caratterizzata soprattutto da un’ampia gamma dinamica. La K 47, doppia capsula a diaframma largo, è già stata utilizzata nell’ U 47 ed ha la precisa caratteristica timbrica di fornire un leggero incremento sopra i 2 KHz. Se necessario, un filtro lowcut commutabile aumenta elettronicamente la frequenza di taglio da 40 Hz a 140 Hz. L’attenuazione commutabile è in grado di ridurre i livelli pressione di 10 dB. Inoltre, per evitare di sovraccaricare il preamplifica-

tore, il segnale di uscita può essere ridotto di 6 dB tramite un interruttore sul fondo del microfono. Il microfono è disponibile nel colore nickel classico. La lista degli artisti che hanno fatto la storia della musica con il suono dell’U 47 fet – tra cui AC/DC, Kate Bush, Bruce Springsteen, e più tardi R.E.M, the Pretenders, a-ha, Dire Straits, Metallica, Michael Bublé e molti altri – può ora ricominciare a crescere. I prodotti Neumann sono distribuiti in Italia da Exhibo (www.exhibo.it)

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F&N FLASH&NEWS

BV Media 3.0: più spazio, più servizi, più social Mentre alcune aziende del settore “tirano i remi in barca”, qui assistiamo ad un rilancio imprenditoriale basato sull’evoluzione tecnologica dei media e su un’analisi del futuro prossimo

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Il nemico è la crisi da transizione che la nostra società sta vivendo. Reagire al nemico che avanza impone una scelta: ritirarsi in buon ordine o, studiata una strategia adeguata, partire all’attacco e fare leva sulle opportunità comunque offerte dall’avversario. Questa seconda scelta è quella perseguita da BVMEDIA, azienda di system integration voluta da Roberto Bellotti, Mario Volo e Pietro Grassi. Li abbiamo incontrati nella nuova sede di via Plinio 38 in centro a Milano (a pochi passi da corso Buenos Aires) per capirne di più.

B&P -Molte Aziende dell’industria broadcasting in Italia chiudono, altre tagliano le spese, il personale e i servizi. BVMEDIA ha traslocato in una sede più grande, in centro a Milano, ha acquisito nuove e illustri collaborazioni e sta investendo al fine di poter erogare di nuovi servizi. La prima domanda, ovviamente provocatoria, è: siete pazzi? Pietro Grassi - Se ottimismo, fiducia e passione sono indici di pazzia, allora si, possiamo dire che siamo pazzi...

Pietro Grassi

Roberto Bellotti

B&P -Ottimismo fiducia e passione per voi in cosa si traducono? Roberto Bellotti - In questo settore adesso è vero più che mai il detto crisi come opportunità. Le nuove tecnologie impongono cambiamenti, ovvero e meglio li rendono possibili. Se dovessi sintetizzare con degli hashtag, certamente sceglierei: #socialmedia #streaming e #multiplatform. B&P – Clicchiamo idealmente su queste parole chiave e capiamone il senso. RB -“#socialmedia” sta a dire che chi diffonde contenuti (anche tramite media tradizionali) oggi deve necessariamente prevedere una partecipazione attiva del suo fruitore, il quale deve poter rendere personale e condivisa l’esperienza col media audiovisivo. Un esempio: i gruppi che na-

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scono attorno a serie tv o a programmi. La community, più che il singolo utente, diventa oggetto di un progetto audiovisivo contemporaneo. Oggi non solo bisogna “convincere” una persona a farsi utente, ma anche a farsi “ambasciatrice” nella sua cerchia di relazioni. L’effetto moltiplicatore fa la differenza nel successo di una proposta. Poi c’è “#streaming“, perché il web oggi è lo spazio per fare quello che faceva il broadcastingdi ieri, in quanto la rete è passata da relazioni interpersonali oneto-one a relazioni one-tomany, pur salvaguardando per ciascuno una totale autonomia di fruizione. Streaming reso possibile al pieno della sua efficienza grazie allo sviluppo delle tecnologie media over IP. Infine ecco “#multiplatform“ poiché oggi nessun contenuto audiovisivo ha ragion d’essere se non è sin dall’origine pen-

sato per una distribuzione plurale nel mondo digitale. Sia in termini di formato tecnico, sia in termini di modalità di fruizione, dall’altissima qualità dei grandi schermi fissi, alla mobilità in contesti differenti, sia di ripresa (si pensi alle immagini di unaGoPro o di una Action Cam), sia in termini di fruizione (smartphone e tablet). B&P - E nei rapporti con i clienti come si realizza questo salto di qualità? PG - In questo momento di crisi finanziaria noi diamo risposte, soprattutto al cliente storico e ben conosciuto e col quale s’è sempre fatto un lavoro di partnership, in base alle quali siadottano misure elastiche di relazione. In questo ovviamente i nostri fornitori si rendono a loro volta disponibili. Quella che si crea è una relazione fiduciaria forte, che unisce broadcaster e aziende

produttrici attraverso BVMEDIA. Siamo noi stessi a fare da mediatori e a sollecitare innovazione da parte del fornitore: in questo siamo un laboratorio di idee e di innovazione.

PARLANDO DELLA STRUTTURA La nuova sede si sviluppa su circa 250 mq, inclusiva di: uno studio tv, due studi dipostproduzione audio e video, una sala regia e una master control room; ovviamente oltre agli spazi della direzione e a quelli commerciali. Il senso di questa nuova sede è di proporsi contemporaneamente come spazio di produzione per

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F&N progetti audiovisivi che possanoincludere la filiera completa (dalla produzione al delivering), ma anche una sorta di openhouse permanente, in cui il cliente possa venire quando vuole e trovare sempre la struttura a sua disposizione. In tal modo la sede diventa un laboratorio catalizzatore di nuoveidee per la produzione e distribuzione audiovisiva digitale. Questo è uno spazio dove rispondere alle domande dei clienti, ma anche elaborare con loro nuove idee e nuove soluzioni. E non dimentichiamo che è in arrivo Expo2015 e per quell’occasione sarà importante mettere a disposizione in centro a Milano una struttura di produzione e postproduzione flessibile di supporto.

esperienza, ma anche ricche di creatività. Perché da un lato si devono costruire risposte alle domande già chiare degli editori, ma spesso bisogna disegnare assieme a loro delle soluzioni “work in progress”. Per farlo servono persone che abbiano tantaesperienza, maturata dal punto di vista editoriale, ma anche la fantasia e le competenze tecnologiche per percorrere le strade nuove”. Gallorini e Zeccara si affiancano a Marco “Markino” Sacchi IT manager molto conosciuto tra “radiofonici” italiani, Gino Nuzzo, project manager e responsabile del supporto e del training ai clienti, e a Chiara Pratesi, marketing e comunicazione con i media.

CATALOGO CAMPAGNA ACQUISTI Tra le novità più importanti, vanno segnalate anche due nuove collaborazioni di pregio in BVMEDIA: Valerio Gallorini (carriera a Radio105, Radio Deejay, Endemol, RTTR) e Roberto Zeccara (da Radio Deejay e Finelco-RMC, sino a Match Music). Precisa Roberto Bellotti: “Sono due scelte che vanno nel senso di rispondere alle richieste sempre più sfidanti del mercato. Abbiamo cercato persone di

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BVMEDIA nasce nel marzo 2010 dall'idea di professionisti di offrire prodotti, soluzioni e servizi per il mercato del broadcast radiofonico e televisivo. L'esperienza trentennale ha permesso loro di individuare ed acquisire importanti partnership con i migliori attori del settore, creando un portafoglio di prodotti e servizi unico nel panorama radiotelevisivo del nostro paese. Tra i marchi già noti ricordiamo MusicMaster (gestione e programmazione di contenuti audio e

video musicali), ZenonMedia (playout radiofonico leader in Europa), StirlitzMedia (per monitorare tutto quello che viene distribuito attraverso i media), MediaSales (manager per la gestione del workflow pubblicitario), Broadcast Bionics (call management system voip di altissimo livello per l’ interattività con gli ascoltatori) e Tools on air (soluzione completa per la produzione di una tv in ambiente OsX). Tra le interessantissime new entry ecco Wigepa (che in Europa rappresenta i marchi Flipps, piattaforma di contenuti audiovisivi fruibili in mobilità e tramite smartTv, e StreamPartner, servizi di connettività e cloud, e FileZilla, delivering di contenuti), XeuxMedia (soluzione per il playout televisivo in ambiente Windows) e Metus (soluzioni per il media asset management). BVMEDIA srl ha la sua sede operativa in via Plinio 38 a Milano. Telefono 02 87078550, email info@bvmedia.it e sito web www.bvmedia.it

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PER OGNI LAVORO IL GIUSTO STRUMENTO. L’IMMAGINE DETTAGLIATA DEL SUONO. Un valore che Shure ha imparato da oltre 85 anni nella produzione di dispositivi professionali e che ha contribuito alla ripresa delle più leggendarie performance al mondo. Questo è il motivo per cui Shure continua a fornire agli ambienti del broadcast e delle produzioni radiotelevisive tutto il necessario per emergere nelle condizioni di lavoro sempre più esigenti al giorno d’oggi. Dalle soluzioni portatili ai microfoni e headset per applicazioni specifiche fino agli avanzati sistemi wireless progettati per affrontare le sfide più ardue. Perchè ora, come sempre, il mondo è in ascolto.

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