Ski-alper 83

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JUNGFRAU ALETSCH

4 giorni con le pelli sui ghiacciai della Svizzera

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SKI-TOURING > MARMOLADA | LAGUNA DI VETRO PEOPLE > Michel Parmentier | Mirco De Col | Lorenzo Holzknecht SKI-ALP RACE > Sellaronda | Coppa del Mondo Etna | Europei Pelvoux TECNICA > Coltelli sì, coltelli no PROVE SUL CAMPO > K2 Wayback e Backup | Comparativa lampade frontali MATERIALI > Speciale ISPO 2012, LE novità dalla fiera di Monaco di Baviera

MARZO 2012

mensile n.83 I € 6,00 ISSN 1594-8501

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Skiing Cortina/ Italy, Javier Martin de Villa.


INSPIRED BY BALTORO Laila Peak 6069 m, Pakistan


Le abbiamo pesate, smontate, maltrattate e costrette alla massima potenza fino allo sfinimento. Da pagina 80 una dettagliata comparativa tra otto lampade frontali da ski-alp destinate alle brevi e medie distanze. servizio e foto di Sebastiano Salvetti

REDAZIONE

Direttore responsabile: Davide Marta - davide.marta@mulatero.it Vice-direttore: Claudio Primavesi - claudio.primavesi@mulatero.it Marketing: Simona Righetti - simona.righetti@mulatero.it Ski-alp race: Carlo Ceola - carlo.ceola@mulatero.it Ski-touring: Umberto Isman - umberto.isman@mulatero.it Tecnica: Enrico Marta - enrico.marta@mulatero.it Materiali: Sebastiano Salvetti - sebastiano.salvetti@mulatero.it

Segretaria di redazione: Elena Volpe - elena.volpe@mulatero.it Collaboratori: Leonardo Bizzaro, Renato Cresta, Fabio Meraldi, Flavio Saltarelli, Riccardo Selvatico, Martina Valmassoi Impaginazione: business-design.it Webmaster: Silvano Camerlo Hanno collaborato a questo numero: Giorgio Daidola, Roberto Galdiolo Test materiali: Guido Salvetti, Niccolò Zarattini

Distribuzione in edicola: MEPE - Milano - tel. 02 895921 Stampa: Reggiani - Brezzo di Bedero (VA) Autorizzazione del Tribunale di Torino n.4855 del 24/11/95. La Mulatero Editore srl è iscritta nel Registro degli Operatori di Comunicazione con il numero 21697.


IN copertina Le pelli ad asciugare in una stanza del rifugio Mönchsjochhütte, nel gruppo dello JungfrauAletsch. Una lama di luce dalla finestra. Un'immagine intensa dello ski-alp primaverile. photo©Umberto Isman

ski - a Lper

Ski-alper N. 83 - MARZO 2012

SKI TOURING 12 Jungfrau-Aletsch, quattro giorni tra i ghiacciai per un tour dal sapore himalayano 32 Marmolada, alcune proposte di itinerario sulla regina delle Dolomiti 40 Laguna di vetro: 5 km sui ghiacci salmastri tra Grado e la terra ferma!

PEOPLE 22 Michel Parmentier, lo sciatore errante 42 The Trab Brothers: Adriano e Daniele Trabucchi 52 Estremo solitario. Intervista a Mirco De Col

RUBRICHE 8 Neve e diritto - La responsabilità della guida alpina 48 Sicurezza - Attenzione alle ‘rughe’ 90 Tecnica - Coltelli sì, coltelli no?

SKI-ALP RACE 100 Pelvoux 2012, gli Europei di nessuno 106 Per gli amici Holz. Intervista a Lorenzo Holzknecht 112 Sellaronda - La spedizione dei 1000 122 Cose dell’altro mondo. Coppa del Mondo sull’Etna MATERIALI 58 Italia vs resto del Mondo: le novità dall’ISPO di Monaco di Baviera 76 K2 Wayback e Backup, prova sul campo 80 Bagliori nella notte: le 8 migliori lampade frontali messe a confronto

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6 > rubriche

editoriale testo: Davide Marta

EVOLVERSI. O ESTINGUERSI...

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dinosauri non sapevano che si sarebbero estinti quando scorrazzavano indisturbati sulla terra. Erano troppo impegnati nella lotta per la sopravvivenza, per il cibo, a guardarsi le spalle dagli animali più grossi e pericolosi. Erano tanti, e forti. Non lo sapevano nemmeno i numerosi partecipanti alle gare di snowboard alpino, una disciplina che ha conosciuto un autentico boom negli anni '90, fino ad incoronare il primo campione olimpico della disciplina nel 1998 a Nagano (il canadese Ross Rebagliati, poi 'beccato' per positività alla marijuana, ma questo è un altro discorso). Un calendario fittissimo di appuntamenti, uno dopo l'altro. Ricordo amici che gareggiavano in notturna il venerdì sera, poi la mattina del sabato, si sobbarcavano un centinaio di chilometri per gareggiare di nuovo la sera, stessa cosa la domenica. Quattro o cinque gare nello stesso fine settimana, trasferte folli, un entusiasmo contagioso che non conosceva ostacoli. Nell'ambiente si respirava quella passione vera, la voglia di fare qualcosa di diverso, gli organizzatori delle gare erano spesso concorrenti a loro volta, imprenditori o maestri di sci che durante il giorno non potevano 'surfare', ma la notte… si scatenavano in battaglie sul filo dei centesimi. Tutto bello: premi, sponsor, entusiasmo. E poi? «Non c'è stato ricambio, invece di subentrare i giovani a sobbarcarsi lo stesso impegno in chiave amatoriale, siamo rimasti sempre gli stessi e ad un certo punto vuoi la famiglia, vuoi il lavoro, si è dedicato il tempo ad altro» mi ha raccontato uno di loro. Addio volontariato, addio gare notturne. Nessuno ha colto la palla al balzo per mettere in piedi un'organizzazione professionale, pronta a gestire quel bacino di appassionati e guidarli in un circuito serio, all'altezza delle loro aspettative. «Passavano gli anni e il livello si alzava sempre di più. Non era più come all'inizio, quando si ritrovavano una cinquantina di amici, si tracciava un gigante, tutti in pista e poi a farsi qualche birra alla premiazione. La gente iniziava a pretendere. Pago, voglio un tracciato all'altezza, cronometraggi, giudici, sicurezza, pacco gara…». Un servizio professionale, insomma. Richieste a cui i primi entusiasti della disciplina non sono stati pronti a rispondere e si sono fatti da parte. Contemporaneamente andava avanti la 'guerra' tra la vecchia Fisne (Federazione italiana surf da neve) e la FISI, che 'fiutando' la potenzialità olimpica, aveva messo gli occhi sul nascente movimento dei 'tavolari'. Olimpiadi uguale CIO, uguale poltrone, uguale politica, uguale interessi (e soldi…). Invece di coinvolgere chi si era speso fin dall'inizio per la crescita della disciplina, la federa-

zione ha sostituito le persone nella stanza dei bottoni, i circuiti si sono divisi in due, si è alzato un polverone di incertezza e confusione. I campioni 'leggendari' dell'orbita Fisne sono rimasti da una parte, dall'altra sono cresciute nuove leve secondo i canoni più tradizionali della FISI. Per carità, i risultati sono anche arrivati, qualche medaglia qua e là, ma la frittata era pressoché fatta. Lo snowboard alpino, gli hard-booters, i pistaioli, chiamiamoli un po' come vogliamo, sono velocemente scomparsi, finendo per essere sovrastati dall'altra faccia della medaglia, quella freestyle con la tavola soft che in breve è diventata l'unica espressione dello snowboard. Le aziende, i media e il marketing sono andati dritti in quella direzione e delle gare di 'hard' nel giro di un paio di anni non si è più saputo nulla. Certo, è sopravvissuto qualche atleta di vertice, per lo più in Alto Adige (Fischnaller sta vincendo la Coppa del Mondo quest'anno!), ma in pista fa quasi strano incontrare un 'tira-curve'. Proprio qualche settimana fa ho scoperto che a distanza di quindici anni il mitico 'Matiù' ha organizzato due gare notturne in Val Susa, al Frais. «Ma sai che c'erano almeno 50 persone?». Certo, un piccolo ritorno di fiamma, più nostalgico che altro, dei tempi che furono. Quasi come le band musicali di settantenni che si riuniscono per un tour celebrativo rievocando gli anni del 'sex, drugs and rock n'roll'… Cosa vi ricorda tutto questo? Le gare notturne di ski-alp, magari? Quelle che nascevano come un ritrovo di amici per l'allenamento e «già che ci siamo mettiamoci un cronometro e chi vince ha la birra gratis»? Può darsi. Oggi è tutto un pullulare di manifesta-

zioni, sull'arco alpino e sull'Appennino. Calendari congestionati, atleti che si devono dividere tra un appuntamento e l'altro. Nessuna regola: si paga (sempre di più, è una lamentela che sentiamo spesso…) e si parte, firmando magari una liberatoria che - malauguratamente succedesse qualcosa - vale carta straccia. Già, la passione, per la passione questo e altro. Ma la FISI? Sembra che gli organizzatori non ne vogliano sentire parlare: troppi problemi, troppi cavilli, se chiami nessuno sa rispondere alle domande. Non credo che in via Piranesi qualcuno sia consapevole di un movimento agonistico di questa portata, che andrebbe seguito e supportato, che andrebbero capite le esigenze di concorrenti e organizzatori, che bisognerebbe adeguare e aggiornare i regolamenti. Negativo. Se a questo aggiungiamo una federazione internazionale come l'ISMF in palese crisi di identità, sì associata a Sport Accord ma in attesa di riconoscimento da parte del CIO, che non pare in grado di dare alla Coppa del Mondo, ai Mondiali o agli Europei uno standard all'altezza, con il pool di sponsor che 'perde i pezzi' a favore della Grande Course e degli appuntamenti che ne fanno parte, il quadro si fa preoccupante. Se poi aggiungiamo le frizioni tra 'tutine' ed escursionisti in seno agli stessi praticanti e aggiungiamo che magari qualcuno dei 'vecchi' che organizzano gare notturne a un certo punto si possa stancare di problemi, polemiche e responsabilità, cosa ne viene fuori? Chi si sta organizzando a livello professionale per raccogliere il testimone? La storia dello snowboard alpino dovrebbe insegnare qualcosa. Quella dei dinosauri anche. Entrambi si sono estinti e lo sapete perché? Non sono stati capaci di evolversi.


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8 > opinioni

PENSIERI BIZZARRI testo: Leonardo Bizzaro

ROBA DA CHIODI

alpinistica patagonica ‘personas non gratas’ e invitati ad andarsene. Il finale è da sfida all’Ok Corral, con la gran parte degli alpinisti italiani che giudicano inqualificabile il gesto di Kruk e Kennedy e grandi nomi come Bonington, Messner, Chouinard che invece ne apprezzano il coraggio. Polemiche calcistiche? Magari. Chi pensa ancora che l’alpinismo è una nobile arte si dovrà ricredere.

UNA LEGGE CHE NON C’È

Due ventenni che tolgono I CHIODI dalla via del compressore, sul Cerro Torre, l’eliski in Piemonte e le nevicate ‘canadesi’ in Appennino: appunti per una discussione POLEMICHE CALCISTICHE

È stato il tema in assoluto più dibattuto sui siti internazionali di montagna negli ultimi mesi. L’ennesima, coinvolgente all’inizio, poi pure noiosa, polemica tra le vette. Teatro: il Cerro Torre. Protagonisti: un cast da kolossal hollywoodiano. C’è Maestri assieme all’austriaco Toni Egger con la sua salita del 1959, senza prove e poco creduta fin da allora. C’è di nuovo lui, nel 1970, che sfida il senso comune e il mondo alpinistico trascinandosi su quella stessa montagna un compressore da settanta chili per infilarci i chiodi con il trapano. Un’impresa folle e comunque grandiosa. Per comprenderla, trasportate in autobus lo stesso peso e poi pensate di farlo sul granito verticale in Patagonia, tra bufere di neve e venti a cento e oltre chilometri orari. C’è Ermanno Salvaterra, vicino di casa di Maestri nelle Dolomiti di Brenta e suo difensore a oltranza, finché nel 2005, con Rolando Garibotti e Alessandro Beltrami, non prova a ripercorrere l’itinerario del 1959. Si convince che da lì Maestri non è passato, o almeno non ha raggiunto la cima, e il suo compagno Garibotti, argentino di origine italiana residente in Colorado - uno degli alpinisti più influenti tra gli appassionati di cosas patagonicas - cancella dalle guide i toponimi dello scalatore trentino e ribattezza addirittura la sua via. Uno strappo al galateo alpinistico, ma non basta. Lo scorso gennaio due giovanotti nordamericani, Jason Kruk, canadese ventiquattrenne, e Hayden Kennedy, statunitense di 21, ripetono la ‘Via del compressore’ in libera e scendendo estraggono 106 degli oltre trecento chiodi a pressione piantati da Maestri. Un altro schiaffo, di due ventenni oltretutto, a un grande vecchio ultraottantenne. Che avrà lasciato attorno alle sue imprese sul Torre un alone di mistero, ma è stato comunque tra gli alpinisti più importanti della generazione dei Sessanta. Poco importa che, a valle, i chiodi siano stati sequestrati dalla polizia e i due ragazzi giudicati dalla comunità

Ha fatto un’altra vittima l’allegro menefreghismo di amministratori che continuano a non varare in Piemonte una legge sullo sci capace di andare oltre il facile contributo per la produzione di neve artificiale. Il 10 febbraio scorso uno sciatore danese è morto, travolto da una valanga, mentre scendeva in valle Argentera, Alta Val Susa, dopo essere sceso da un elicottero. La società, francese, ha base a Sauze, perché in Francia l’eliski è vietato. Anche in altre regioni italiane, in Piemonte no. Né la legge lo regolamenta severamente. Nemmeno in Veneto: nei pressi del Monte Grappa lo scorso 18 febbraio un’eliambulanza del Soccorso alpino ha rischiato una tragedia, sfiorando una ragnatela di cavi di teleferica abusivi che la legge non obbliga a segnalare.

LA NEVE APPENNINICA

Ha molto meravigliato i giornali la neve caduta sull’Appennino in quantità ‘canadese’. Ha meravigliato i giornali, appunto, non gli abitanti che sono pazientemente sopravvissuti, talvolta con tecniche da survival, per essere messi in salvo dal soccorso alpino provvidenzialmente sceso dalle Dolomiti. Roberto Mantovani ricorda su Segnavia 54, un bel portale dedicato alla montagna nato di recente, un’intervista fatta a Fosco Maraini in cui lo scrittore gli raccontava dei suoi esordi sciistici sull’Appennino toscano dove la neve, come quest’inverno, si depositava in maniera copiosa. Lo testimoniano le foto della ‘Guida all’Abetone per lo sciatore’, uno dei primi libri di Maraini, scritta nel 1934. Belle e poetiche come quelle dei suoi volumi più famosi, da ‘Ore giapponesi’ a ‘Segreto Tibet’. Ma se la guidina sull’Abetone è ormai impossibile da trovare, le storie nevose di Maraini si possono ancora leggere sulle pagine della sua autobiografia romanzesca ‘Case, amori, universi’, pubblicata da Mondadori.

Leonardo Bizzaro, torinese da vent’anni, è nato a Trento nel 1958. Nella redazione di Repubblica sotto la Mole scrive di spettacoli e cultura, ma l’attenzione maggiore la dedica alla montagna. Ha collaborato con le riviste del settore, scritto libri, è stato per lungo tempo nel consiglio direttivo del Filmfestival di Trento, colleziona smodatamente libri, e non solo, dedicati alla sua passione. Alpinista, con e senza gli sci ha salito vette e attraversato ghiacciai in varie parti del mondo, dalla Patagonia all’Himalaya.



10 > rubriche

NEVE E DIRITTO

testo: Flavio Saltarelli

La responsabilità della guida alpina I professionisti della montagna hanno l’obbligo di garantire l’incolumità dei clienti. Per la legge sono ‘presunti colpevoli’ a meno che non dimostrino di avere fatto tutto il necessario per evitare l’incidente

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uide alpine e maestri di sci sono accomunati dal fatto di essere professionisti che stipulano rapporti contrattuali con gli allievi-clienti diventando garanti della loro incolumità nel corso dell’attività svolta in montagna. Guide e maestri che accompagnano in fuoripista devono pertanto agire sulla scorta di diligenza, prudenza e perizia tecnica per essere sollevati da eventuali responsabilità nel caso di incidenti che colpiscano i loro assistiti. L’obbligo di garanzia di cui sono onerati è imposto dalla legge a determinate categorie di soggetti dotati dei necessari poteri e delle necessarie cognizioni per impedire il verificarsi di eventi dannosi a soggetti affidati alla loro tutela. Pensiamo, per esempio, al di fuori della pratica sportiva, agli insegnanti, ai tutori e ai curatori. Il presupposto nei casi che ci riguardano è la stipula di un contratto (anche verbale, ovviamente, non richiedendo la legge la forma scritta per la validità) tra le parti in base al quale l’accompagnato si affida al professionista per essere condotto in una escursione o per imparare una pratica sportiva che si svolge in montagna. In seguito a questo incarico, la guida ha potere direttivo prima e durante la gita. Prima: nel momento in cui si deve scegliere l’itinerario in base alle caratteristiche del medesimo e a quelle del cliente. Durante: quando sul campo occorre assumere tutte le decisioni, anche quella di rinunciare. La guida deve dunque valutare se il cliente sia idoneo (tecnicamente e fisicamente) ad affrontare una certa escursione; se l’itinerario prescelto sia sicuro in base al rischio potenziale di valanghe; se il cliente sia adeguatamente attrezzato. Anzi, alla luce della miglior giurisprudenza, dovrebbe fornire il cliente di ogni strumento utile ad evitare o a prevenire rischi fisici: artva, ramponi, piccozza, zaino con air bag… La guida, inoltre, deve effettuare le valutazioni empiriche più corrette sulle condizioni del manto nevoso nel corso della gita. Tutto ciò anche per poter dimostrare che il pro-

prio agire è stato improntato alla massima diligenza e perizia tecnica. Infatti, sebbene la valutazione della condotta colposa (e dunque della responsabilità civile e penale) del professionista vada per principio normativo verificata in base alla prevedibilità ed evitabilità o meno dell’incidente, spesso i giudici pongono in capo al professionista una vera e propria presunzione di colpevolezza. Una presunzione di colpa da cui il professionista medesimo può liberarsi solo dimostrando di aver fatto tutto quanto era possibile per evitare il danno. La Corte di Cassazione (sez. IV, 19 febbraio 1991) riguardo a un incidente mortale a clienti che praticavano ski-alp con una guida ha ritenuto, con una sentenza che costituisce una pietra miliare in materia, che «la guida alpina ha l’obbligo di vigilanza sugli allievi che si esercitano sotto il suo controllo». I giudici in questo caso hanno detto che la guida, in presenza di pendenze superiori ai 30°, su terreno privo di vegetazione boschiva, con bollettini niveometeorologici che segnalavano pericolo valanghe, aveva il dovere di vigilare sugli allievi. Gli allievi sono morti, la guida ne è responsabile. È un sillogismo preoccupante, semplicistico, ma secondo la Suprema Corte maestri di sci e guide hanno il primario dovere di proteggere l’incolumità dei clienti. A meno che dimostrino che l’incidente si è verificato per fatto fortuito; che l’incidente si è verificato nonostante la guida abbia assunto tutte le precauzioni consigliabili dalla miglior scienza ed esperienza; che l’incidente è accaduto perché il cliente non ha rispettato volontariamente (e non per sua imperizia, altrimenti la guida sarebbe ugualmente incorsa in un errore di valutazione, questa volta sull’accompagnato) le direttive sul campo dell’istruttore. Un problema diverso è infine quello di stabilire se maestro di sci e guida alpina siano anche titolari di un obbligo di garanzia per i reati commessi dai loro clienti. E per reati intendo il distacco di valanga qualora si verifichi con modalità tali da costituire illecito penale (cioè in area antropizzata). Si pensi ad esempio ai clienti che durante una discesa scialpinistica si stacchino dalla guida e, sollecitando un pendio con evidenti accumuli, causino una slavina. Ebbene, anche in questo caso la guida rischierebbe di essere incolpata ai sensi dell’art. 2048 del Codice Civile che statuisce che «i precettori sono responsabili del fatto illecito cagionato dai loro allievi nel tempo in cui sono sotto la loro vigilanza». Da quanto appena evidenziato emerge dunque la necessità da parte dei professionisti della montagna di severe valutazioni preventive per la scelta del cliente e dell’itinerario.

Flavio Saltarelli, classe 1963, avvocato civilista, pratica scialpinismo dall’età di 18 anni. Si occupa per passione delle problematiche legate alle responsabilità connesse agli sport in ambiente montano e ha partecipato a diverse competizioni di ski-alp. Per eventuali quesiti studiolegalesaltarelli.grassi@ fastwebnet.it


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abbonamenti

ABBONAMENTI A SKI-ALPER Per non perdere neppure una delle 5 uscite invernali di ‘Ski-alper’ potete scegliere una delle seguenti opzioni:

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L’abbonamento decorrerà dal primo numero raggiungibile dopo il ricevimento della richiesta completa di ricevuta di pagamento.

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PARETI DI CARTA testo: Leonardo Bizzaro

SNOWALP IN TRENTINO ALTO ADIGE

di Guido Colombetti Versante Sud, 384 pagine,

31 euro.

K2 TRADIMENTI E BUGIE

di Robert Marshall - Dalai Editore, 272 pagine,

18 euro.

LUOGHI SELVAGGI

di Robert Macfarlane Einaudi, 328 pagine,

21 euro.

LA STRADA ALLA FINE DEL MONDO

di Erin McKittrick, Bollati Boringhieri, 222 pagine,

16,50 euro.

SPOSTARE LE MONTAGNE

di Reinhold Messner Mondadori, 212 pagine,

29 euro.

PSYCHO VERTICAL

di Andy Kirkpatrick - Edizioni Versante Sud, 280 pagine,

19 euro.

SNOWALP in Trentino Alto Adige Non è frequente trovare riuniti in un solo volume itinerari tracciati sulle montagne di entrambe le province che compongono - ormai solo da un punto di vista amministrativo - il Trentino Alto Adige. Scelta utilissima invece per chi non è della zona e vorrebbe spostarsi da un’area all’altra senza sobbarcarsi più volumi. Questa è una bella guida moderna di scialpinismo, che offre discese dal facile al quasi estremo, scegliendole fra quelle più adatte alla pratica dello snowboard (‘snowboard alpinismo’ tiene a definirlo l’autore), con più di un tocco di originalità.

K2, polemiche senza fine Si chiuderà mai la questione Bonatti-K2? Forse quando si comincerà davvero a far combaciare tutte le tessere del mosaico, anziché dare ragione a ogni costo a tutti gli attori della vicenda: Bonatti stesso, Lacedelli e Compagnoni, Desio, il CAI. Non possono essere tutti nel giusto e lo spiega bene Marshall nella traduzione di questo suo libro uscito in Gran Bretagna nel 2007, che esce in Italia al momento opportuno. Tanto più con la spietata prefazione di Luigi Zanzi, uno dei ‘tre saggi’ che firmarono la famosa ‘chiarificazione storica’. Quella che oggi il CAI vorrebbe che venisse dimenticata.

Luoghi selvaggi Un magnifico viaggio attraverso i luoghi selvaggi delle isole britanniche, a dimostrazione che l’avventura esiste anche dietro l’angolo. Robert Macfarlane si muove a piedi tra isole, vette, brughiere e foreste, guidato non da un GPS, ma dalle pagine di chi ha saputo meglio raccontare l’incanto della natura non toccata dall’uomo, da Thoreau a Coleridge e Calvino. Un itinerario nell’ambiente e nell’anima, da imitare oltre i confini di casa nostra.

Seimila chilometri a piedi È un viaggio a piedi anche quello di Erin McKittrick e di suo marito Hig, scienziati entrambi, che, sposati da poco, si incamminano lungo le coste occidentali dell’America settentrionale, da Seattle alla Columbia Britannica, in Canada, all’Alaska fino alle isole Aleutine. Seimila chilometri per quattro stagioni. A piedi, sugli sci e con due fragili canotti. Partiti con l’idea di farne una sorta di manifesto ambientalista, vedono il loro itinerario trasformarsi in un viaggio iniziatico alla ricerca di se stessi.

Ancora Messner Sinonimo di bestseller, nonostante il proliferare di titoli nuovi e riedizioni - nell’ultimo anno è uscito per Mondadori, Priuli&Verlucca e Corbaccio - Messner non delude quasi mai. Spostare le montagne, già pubblicato quindici anni fa, interesserà soprattutto chi ha in animo di organizzare una spedizione, anche se è nato come una sorta di vademecum per il management, se diamo retta al sottotitolo: ‘Come si affrontano le sfide superando i propri limiti’. Dice molto però a chi è curioso di capire il fenomeno Messner, il suo venire a patti con gli sponsor, la soluzione dei problemi di finanziamento.

Psycho arrampicate Sono tanti gli editori in Italia, specializzati e no, che oggi pubblicano libri di montagna. Ma ben pochi sono riusciti, come ha fatto negli ultimi anni Versante Sud, a indovinare gran parte delle scelte, si tratti di guide, manuali o letteratura. Psycho Vertical è solo l’ultimo esempio. Straordinari racconti perlopiù di ascensioni invernali firmati da un rappresentante della generazione di folli scalatori che ha rivoluzionato il mondo dell’alpinismo britannico. Un libro per tutti, da leggere anche a scuola, che sa di arrampicate, di riscatto, di vita reale.


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JUNGFRAU-ALETSCH testo: Umberto Isman foto: Umberto Isman

Quattro giorni tra i ghiacciai, per un tour sci ai piedi dal sapore himalayano. Nel cuore della Svizzera...

JUNG

aL Ritmo delle montagne


FRAU


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JUNGFRAU-ALETSCH

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uello della Jungfrau è probabilmente il 'treno più pazzo del mondo'. Si arrampica fino a 3500 metri con un tunnel scavato nella montagna, non per passare oltre l'ostacolo, ma per infilarsi di proposito nelle sue viscere e raggiungere un luogo senza vita, se non quella artificiale di una stazione costruita in mezzo ai ghiacci. È un treno di pendolari, di turisti, di vip, tutti democraticamente mescolati. È un treno che pare costruito coi giapponesi dentro, ma pieno anche di indiani, catturati dal sogno di visitare i luoghi dove sono ambientati molti dei film di Bollywood e, ovviamente, di mangiare allo Jungfrau Bollywood Restaurant, fulgido esempio di come anche le montagne più severe scendono a patti col business. È un treno in cui con gli scarponi da sci devi stare attento a non pestare i piedi a quelli con le infradito, in cui scattare fotografie è un duello ad armi pari tra te che fotografi i giapponesi e loro che fotografano te. È un treno in cui viaggiano i massimi esperti di neve e di ghiaccio insieme a chi la neve la vede per la prima volta, la tocca timidamente e la appallottola per portarla a suo cugino a New Delhi. Jungfraujoch, la stazione di arrivo, la finestra aperta sui ghiacciai, è la meta di tutti, un coacervo di biodiversità umana senza eguali nel mondo. C'è un solo mezzo per evadere, per imboccare l'uscita del luna-park: gli sci. Scesi dal treno siamo attratti per qualche istante da cotanta stranezza, ma dura poco. Passiamo veloci tra le frange dei 'turisti estremi' che passeggiano sul ghiacciaio come fossero sulla luna e puntiamo subito al Mönch, sicuri che lì ci seguiranno solo i nostri simili. Certo non sono più i tempi dei pionieri, prima del 1912, anno d'inaugurazione del trenino. I tempi di W. Paulke e compagni ad esempio, che nel gennaio del 1897 con sci e racchette realizzarono la prima grande traversata invernale dell'area Jungfrau - Aletsch, tentando le cime di Finsteraarhorn e Jungfrau, respinti dal maltempo, e compirono in due giorni la prima discesa integrale dell’Aletschgletscher. Fu il gruppo di Von H. Hoek che nel novembre del 1901 riuscì nella salita scialpinistica di Finsteraarhorn e Mönch. Ma una delle imprese più grandi rimane la prima salita invernale dell’Aletschhorn dall’impressionante versante nord. L’effettuarono nel 1904 G. Hasler e i fratelli Amatter. Partirono il 24 gennaio da Grindelwald per la Berglihütte che prima della costruzione del trenino era l’unico punto d’appoggio su quel versante. Per 2300 metri di dislivello si portarono viveri e soprattutto legna da ardere. Ripartirono dal rifugio il 26, con innumerevoli rischi e difficoltà raggiunsero la cima, rientrarono a notte fonda alla Konkordiahütte e il giorno seguente scesero a Fiesch. Altri tempi, anche se da queste parti lo scialpinismo è rimasto 'classico' in un’accezione del termine che qui non vede contrapposizioni col 'moderno' che da altre parti si è largamente diffuso. È una questione geografica, morfologica. Se in cima al Monte Rosa si può oggi salire in giornata, leggerissimi, qui no, la notte in rifugio è d’obbligo, come una volta. Niente tutine o tubicini che escono dallo zaino, niente rientri a casa per pranzo anzi, normalmente non basta un week-end. Così il 'classico' è

Metro alpina Il trenino della Jungfrau compie quest'anno un secolo di vita. È una delle opere ferroviarie più ardite mai realizzate. Un vero capolavoro d’ingegneria se si pensa che entrò in servizio nel 1912. In una decina di chilometri, sette e mezzo dei quali in galleria, porta dai 2061 metri della Kleine Scheidegg ai 3454 dello Jungfraujoch, la stazione più alta d’Europa. Ideatore dell’opera fu Adolf Guyer-Zeller che nel 1893 disegnò il progetto definitivo prevedendo la completa elettrificazione della linea. Una novità assoluta per l’epoca, tanto che si dovette far fronte a innumerevoli imprevisti, tra i quali la scarsità di energia idroelettrica in inverno. I lavori cominciarono nel 1896 e durarono sedici anni, nove più del previsto. Nel frattempo Adolf Guyer morì e l’opera fu portata a termine dai figli. I lavori procedettero per stadi, con la creazione di due stazioni intermedie in galleria, Eigerwand e Eismeer, che avevano funzione logistica, ma furono da subito concepite anche in un’ottica turistica, affacciate come sono sull’impressionante parete nord dell’Eiger.

Nella foto. Il trenino nei pressi della Kleine Scheidegg. Sullo sfondo la parete nord dell'Eiger


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Jungfraujoch, la stazione di arrivo, la finestra aperta sui ghiacciai, è la meta di tutti, un coacervo di biodiversità umana senza eguali nel mondo. C'è un solo mezzo per evadere, per imboccare l'uscita del luna-park: gli sci

In alto. Da sinistra a destra. Il trenino. Verso la cima del Mönch. Christian, gestore della Mönchsjoch Hütte. Nelle altre immagini alcuni scorci della Mönchsjoch Hütte


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…questo è uno dei pochi luoghi alpini dove, chi le ha provate, rivive molte delle sensazioni himalayane: la grandiosità, le distanze dilatate, il non arrivare mai, i puntini in lontananza che rimangono puntini per ore…

Nella pagina a fianco. Tramonto sulla terrazza della Mönchsjoch Hütte. Qui a lato. L'ultimo tratto di cresta del Gross Fiescherhorn. Discesa verso la Finsteraarhornhütte e uno scorcio del rifugio

VIDEO ONLINE Vai a vedere il video della nostra discesa dal Mönch

una scelta obbligata, come classici sono rimasti i rifugi, con la loro teutonica disciplina. E non azzardatevi a decidere voi l’orario di partenza dalla 'hütte', è tutto prestabilito da decenni. Il sonno e la veglia vostri, e soprattutto del gestore, devono seguire rigorosamente questi ritmi. Guai a sgarrare, ogni ritardo deve convivere col buio, il silenzio, il salto della colazione e, soprattutto, la disapprovazione generale. Lo sperimentiamo alla Mönchsjochhütte, dopo essere scesi dal Mönch, improvvisando una linea sulla parete sud su tracce che parevano soffici e che invece, vista l'ora, si sono marmorizzate. Sperimentiamo innanzitutto la lunghezza di una giornata iniziata all'alba nella pianura padana, passata attraverso l'assoluta efficienza delle ferrovie svizzere, la cima di un quattromila, l'improvvisazione di una discesa ripida e la serata in un rifugio che ci riserva grandiosi scorci di paesaggio. Christian e Heidi sono i gestori, cordiali ma misurati, precisi, organizzati. Il loro microcosmo d'alta quota pare uno di quegli ecosistemi che si autosostentano con minimi interventi dall'esterno. Birra a parte. È così per tutte le capanne d'alta quota, ma qui lo è di più, per l'assoluta attenzione all'ambiente, per la distanza, l'isolamento e per una convivenza non facile con i ghiacciai che si ritirano e lasciano i rifugi su isole rocciose sempre più impervie. Il giorno seguente ci dirigiamo verso la Fieschersattel, il colle che divide i due Fiescherhorn (Gross e Hinter). Abbiamo sciolto definitivamente il laccio che ci teneva ancora legati alla civiltà. Per chilometri e lungo tutto l'orizzonte scorgiamo solo montagne. Non ha nemmeno più importanza sapere in che paese e in che regione ci troviamo. Oberland Bernese viene spesso erroneamente chiamata questa zona. In realtà appartiene al Cantone di Berna solo il versante nord della cresta, che dalla Jungfrau corre fino al Finsteraarhorn, così come la ferrovia e la parete nord dell'Eiger. Tutto il resto è Canton Vallese, anche se alcuni rifugi fanno stranamente parte, dal punto di vista amministrativo, del cantone di Berna. Ma, mentre arranchiamo per il ripido canale che ci conduce in cresta, abbiamo altro a cui pensare che ai confini geografici.


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… e noi, piccoli scialpinisti, camminiamo per ore tra neve e pensieri. Siamo ormai animali da ghiacciaio, l'effetto catapulta del trenino è finito già il secondo giorno. Ora stiamo sì tornando al treno, alla civiltà, ma gradualmente, seguendo il ritmo di queste montagne che ci è entrato dentro… Nella colonna a sinistra. Ancora dettagli della Finsteraarhornhütte A destra. Discesa dal Finsteraarhorn Nella pagina a lato. Sopra. L'enorme spianata di Konkordiaplatz Sotto, da sinistra. Discesa dal Finsteraarhorn. Salita al Grünhornlücke. L'arrivo a Fafleralp


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I due Fiescherhorn me li ricordavo più nevosi, e probabilmente lo erano. Il più alto, il Gross Fiescherhorn è una salita di misto da non sottovalutare. Li saliamo entrambi e i quattromila sono già tre in meno di 24 ore. Inforchiamo di nuovo gli sci e scendiamo verso la Finsteraarhornhütte. Anche della capanna avevo un ricordo diverso. Parliamo di circa trent'anni fa, era inizio giugno e ho la quasi certezza di averla raggiunta sci ai piedi. Forse mi sbaglio e pare comunque impossibile vedendola ora, arroccata sulla parete che costeggia il canalone di salita alla cima del Finsteraarhorn. Sta di fatto che i ghiacciai si stanno abbassando visibilmente e la testimonianza più evidente è la Konkordiahütte, il rifugio che domina l'immensa spianata di Konkordiaplatz, la cui scala di accesso viene periodicamente prolungata. La Finsteraarhornhütte ci accoglie con la sua assolata terrazza. Un sole prezioso per pelli di foca, scarpette, maglie sudate. Una miscela di odori potenzialmente letale che si disperde senza traccia nell'aria sottile. Ci immergiamo nella vita del rifugio, sempre uguale, fatta più di tempo da far passare che di tempo che se ne va. Quasi una sala di attesa, riempita solo di piccole cose e bisogni primari, la cena prima di tutto. L'attesa è quella per il Finsteraarhorn, la cima più alta del gruppo, la più ardita, elegante, quella che riconosci anche da lontano, come il Cervino o il

Monviso. Mi ha già respinto due volte per il maltempo. Oggi no, finalmente, il sole è appena velato. Saliamo veloci fino al colle dove lasciamo gli sci. La cresta è alpinistica, non difficile, ma occorre esperienza, tranquillità, capacità di analisi delle tue sensazioni e, soprattutto, di quelle dei tuoi compagni. Legarsi o non legarsi, procedere in conserva o fare soste e tiri di corda, quante e quali protezioni mettere, un gioco complesso il cui risultato ideale dovrebbe essere la tranquillità e la sicurezza di ognuno. Ognuno a modo suo. Tocchiamo finalmente la croce, 'cima Coppi' dello ski-tour, e scendiamo. La Finsteraarhornhütte ci accoglie di nuovo, con un altro stato d'animo però, quello del relax e dell'allegria, non più dell'attesa. Sì, perché il quarto giorno è solo quello del ritorno. 'Solo' ventitré chilometri e sei ore di marcia. A ricordarci che questo è uno dei pochi luoghi alpini dove, chi le ha provate, rivive molte delle sensazioni himalayane: la grandiosità, le distanze dilatate, il non arrivare mai, i puntini in lontananza che rimangono puntini per ore. I ghiacciai della regione Jungfrau - Aletsch sono come modellini in scala poco ridotta del nastro gelato del Baltoro o dei grandi ghiacciai del Khumbu. E noi, piccoli scialpinisti, camminiamo per ore tra ghiacci e pensieri. Siamo ormai animali da ghiacciaio, l'effetto catapulta del trenino è finito già il secondo giorno. Ora stiamo sì tornando al treno, alla civiltà, ma gradualmente, seguendo il ritmo di queste montagne che ci è entrato dentro.


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Itinerari

Primo giorno:

Jungfraujoch (3475 m) - Mönch (4099 m) Mönchsjochhütte (3629 m) Accesso: trenino della Jungfrau fino a Jungfraujoch Dislivello in salita: 650 m Dislivello in discesa: 500 m Tempo medio salita: 2 ore Difficoltà: MSA Esposizione: sud Attrezzatura: corda, piccozza e ramponi

Secondo giorno:

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Itinerario. Si percorre in leggera salita il tratto che separa lo Junfraujoch dal Mönchsjochhütte fino alla base della cresta sud-est del Mönch. Lasciati gli sci, con ramponi e piccozza si segue la cresta in parte nevosa e in parte rocciosa fino all’ultimo tratto in piano, che richiede attenzione per la cresta molto affilata e la presenza di grandi cornici. Si scende dalla stessa parte e si prosegue brevemente fino al rifugio. Esiste la possibilità di scendere il Mönch con gli sci dalla parete sud. È una discesa decisamente ripida (45°50° nel primissimo tratto), che richiede condizioni sicure e un ottimo controllo degli sci su queste pendenze. La si può affrontare immediatamente prima delle cornici della cima, oppure proseguendo oltre fino a un intaglio molto esiguo, dove è consigliabile arrivare sci ai piedi passando sul versante nord della cresta.

Mönchsjochhütte (3629 m) - Fiescherhorn (Gross 4049 m - Hinter 4025 m) - Finsteraarhornhütte (3048 m)

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Dislivello in salita: 950 m Dislivello in discesa: 1550 m Tempo medio salita: 3/4 ore Difficoltà: OSA Esposizione: sud-ovest i pendii di salita, est e poi sud-est la discesa Attrezzatura: corda, piccozza e ramponi

Itinerario. Dal rifugio si scende in direzione nord-est, piegando poi con un’ampia curva verso sud-est lungo il ghiacciaio Ewigschneefäld. Raggiunta la quota di circa 3300 metri, si sale verso sinistra, prima sci ai piedi e poi nello zaino, puntando all'intaglio che divide i due Fiescherhorn (Fieschersattel, 3923 m). Da qui, lungo le due creste, è possibile raggiungere a piedi entrambe le cime. Quella del Gross Fiescherhorn è più impegnativa e richiede sicurezza nel procedere su terreno misto. Per l'Hinter Fiescherhorn occorre invece abbassarsi pochi metri sci ai piedi. La discesa verso la Finsteraarhornhütte si svolge in direzione est lungo l’ampio ghiacciaio, puntando verso la cresta rocciosa che scende dall’Ochs. Alla base di questa si percorre un tratto tormentato da grossi seracchi, che permette di raggiungere il più facile ghiacciaio sottostante. Lo si percorre fino alla base del canale che conduce alla rampa di accesso al rifugio.


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JUNGFRAU-ALETSCH Informazioni generali

La regione Swiss Alps Jungfrau-Aletsch è dal 2001 Patrimonio Mondiale Naturale dell'UNESCO, la prima area alpina a fregiarsi di questo titolo. È la zona glaciale più vasta delle Alpi e l'Aletschgletscher è il ghiacciaio più lungo delle Alpi, con i suoi 23 chilometri e i 900 metri di spessore massimo. Le cime che superano i 4000 metri sono sette: Finsteraarhorn (4274 m), Aletschhorn (4195 m), Jungfrau (4158 m), Mönch (4099 m), Fiescherhorn (Gross 4049 m - Hinter 4025 m), Gross-Grünhorn (4043 m). Sono tutte possibili mete scialpinistiche. Per informazioni generali sulla regione: www.vallese.ch Periodo consigliato: Essendo zona di ghiacciai e di alta quota, il periodo migliore è la primavera, quando i rifugi sono aperti proprio per lo scialpinismo.
 Informazioni pratiche: La traversata proposta è una delle tante possibili. Così come l'accesso col trenino della Jungfrau è il più comodo, anche se economicamente dispendioso, ma non l'unico. È possibile ad esempio percorrere l'itinerario al contrario, risalendo la Lötschental e dormendo magari una notte all'Hollandiahütte. In questo modo si ritornerebbe comunque dalla stessa parte dopo il giro ad anello attraverso lo Jungfraufirn. In alternativa si può risalire lo Jungfraufirn e collegarsi sullo Jungfraujoch al giro descritto nell'articolo, ma in questo caso la notte in più è quasi obbligatoria. Se si vuole percorrere l'Aletschgletscher, l'accesso più semplice è da Bettmeralp. Tutte le traversate richiedono esperienza di scialpinismo, ma soprattutto alpinistica per la salita alle cime. I rifugi vanno prenotati in anticipo ed è necessario portarsi il sacco lenzuolo. In caso di maltempo può essere molto utile il GPS, oltre alla fondamentale cartina topografica. Corda, piccozza e ramponi sono indispensabili, così come un abbigliamento adeguato alle rigide temperature dell'alta quota. Accesso: Il mezzo più comodo per arrivare e soprattutto rientrare a fine traversata è sicuramente il treno. Lo si può prendere a Domodossola oppure a Briga, oltre il passo del Sempione. All'andata si sale sul treno per Interlaken e da qui si può

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scegliere se raggiungere la Kleine Scheidegg via Grindelwald o via Wengen (più o meno lo stesso tempo di percorrenza con paesaggi interessanti in entrambi i casi). Dalla Kleine Scheidegg si sale sul trenino per Jungfraujoch, che effettua due fermate in corrispondenza dei finestroni panoramici affacciati sulla nord dell'Eiger. Al ritorno, raggiunta Goppenstein con l'autobus, si prende il treno per Briga. Per informazioni, prezzi, orari: www.jungfrau.ch/en/tourism/travel-information/tickets-fares Rifugi: Il periodo di apertura dei rifugi varia di anno in anno. Occorre telefonare o consultare i siti per informazioni e prenotazioni. Mönchsjochhütte: www.moenchsjoch.ch - tel. privato +41 (0)33 8534452 tel. mobile +41 (0)79 7399066 - tel. rifugio +41 (0)33 9713472 Finsteraarhornhütte: http://finsteraarhornhuette.ch - tel. privato +41 (0)33 8535734 - tel. mobile +41 (0)79 2144640 - tel. rifugio +41 (0)33 8552955 Cartografia: Carta escursionistica della Svizzera n° 264T Jungfrau 1:50.000, Carta scialpinistica della Svizzera n° 264S Jungfrau 1:50.000 (con tracce scialpinistiche), Carta nazionale della Svizzera n° 1249 Finsteraarhorn 1:25.000. Per info sulla cartografia www.swisstopo.admin.ch Bibliografia: Scialpinismo in Svizzera 411 itinerari scelti - Fabrizio Scanavino, Fritz Gansser - CAS 2005 - pag . 374 - 39,50 euro Guide alpine: ufficio guide locale con sede a Fiesch www.bergsteigerzentrum.ch Info meteo e valanghe: www.meteosvizzera.ch VIDEO ONLINE Vai a vedere i filmati della nostra traversata sulla pagina video di skialper.it

www.skialper.it nella sezione 'itinerari' potete inserire i vostri contributi e i commenti sugli itinerari proposti nel Jungfrau-Aletsch

Terzo giorno:

Finsteraarhornhütte (3048 m) - Finsteraarhorn (4274 m) Finsteraarhornhütte (3048 m) Dislivello in salita: 1250 m Dislivello in discesa: 1250 m Tempo medio salita: 4/5 ore Difficoltà: OSA Esposizione: sud-ovest Attrezzatura: corda piccozza e ramponi

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Itinerario. Dal rifugio si raggiunge il ghiacciaio risalendo a piedi un ripido canale che porta appena sopra la quota 3231 metri. Si prosegue sci ai piedi verso nord attraverso l’ampio ghiacciaio fino alla sella a quota 3616 metri, che permette di scavalcare la cresta sud-ovest con una delicata traversata a mezza costa. Si punta ora in direzione nord-est, risalendo il ripido ghiacciaio fino alla Hugisattel (4088 metri). Si lasciano gli sci e, calzati i ramponi, si risale la cresta nord-ovest, prima attraverso un tratto di rocce sulla destra, poi per canalini di neve verso il filo di cresta e infine lungo quest’ultimo, o appena sotto sul versante sud-ovest, fino in cima. A seconda delle condizioni di innevamento la parte a piedi può risultare più o meno impegnativa. Legarsi in cordata ha senso solo se si sfruttano gli ancoraggi naturali offerti dal terreno e si procede assicurati uno alla volta nei tratti più difficili. Si ridiscende lungo l’itinerario di salita fino alla Finsteraarhornhütte.

Quarto giorno:

Finsteraarhornhütte (3048 m) - Grünhornlücke (3286 m) - Konkordiaplatz (2750 m) - Lötschenlücke (3178 m) - Fafleralp (1787 m) Dislivello in salita: 800 m Dislivello in discesa: 2100 m Tempo medio complessivo: 5/6 ore Difficoltà: BS Esposizione: nord-est le salite, sud-ovest le discese Attrezzatura: corda piccozza e ramponi

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Itinerario. Dal rifugio si scende sul Fieschergletscher e si sale in direzione ovest fino alla Grünhornlücke. Si scende quindi con bella sciata fino all'enorme spianata di Konkordiaplatz e la si attraversa per proseguire lungo il Grosser Aletschfirn. Si continua per chilometri in leggera salita, senza traccia obbligata, per puntare infine alla Lötschenlücke, il passo dove, poco più in alto, sorge l'Hollandiahütte. Comincia qui l'interminabile discesa della Lötschental, prima su terreno ampio e poi sempre più tormentato da crepacci e seracchi. A seconda dell'innevamento si prosegue fino a dove è possibile tenere gli sci ai piedi, in genere fino a Fafleralp, dove un bus navetta porta a Blatten, da cui con l'autobus postale si raggiunge la stazione ferroviaria di Goppenstein.


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MICHEL PARMENTIER testo: Giorgio Daidola

Lo sciatore errante «Non avevate notato che la sciancratura degli sci è stata studiata per adattarsi alla rotondità del mondo?» Jean - Jacques Ricouard, prefazione a 'Les grands raids à ski', vol 1°


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ichel Parmentier è il simbolo di una vita scandita da tanti viaggi con gli sci. I suoi due libri 'Les grands raids à ski' possono essere considerati il testo sacro dello sciatore errante. Si tratta di cinquanta idee di sci-viaggio travolgenti, scritte mescolando il vissuto, la storia e la cultura dei luoghi, gli aspetti tecnici e quelli logistici. Lo stile è asciutto, da diario di viaggio. Da reporter, quale Michel Parmentier era nella vita. Senza mai indulgere al personale, al compiacimento, al retorico, all'esagerazione. Introvabili, attualissimi e insuperati, questi due volumi sono il più autorevole punto di riferimento per chi ama il grande sci, al di là dei tempi e delle mode. E il loro autore riassume tutte le caratteristiche dell'eroe moderno: appassionato e irrequieto, trasgressivo e anticonformista, vulnerabile ma sprezzante del pericolo.

Settembre 1988

In un ristorante di Katmandu Patrick Berhault, Veronica Perillat, Bruno Gouvy e io stiamo festeggiando le nostre salite e discese (in sci da telemark, in monosci e in snowboard) dal Shisha Pangma e dal Cho Oyu. Pascal Tournaire, di ritorno dall'Everest, ci porta la terribile notizia: Michel Parmentier è rimasto lassù, con il suo grande sogno. Erano in quattro a dormire


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MICHEL PARMENTIER

Creta, traversata del Lefka Ori. «…Ho con me L'été grec di Jacques Lacarrière. Egli definisce viaggiatore colui che in ogni paese visitato, per il semplice fatto di incontrare altri esseri umani e dimenticare un po' se stesso, rinasce…»

nella tendina a 8000 metri, dopo un tentativo che li aveva portati a 8600 metri: Benoit Chamoux, Joska Rakoncaj, Pascal Tournaire e Michel Parmentier. Anche Mauro Rossi era arrivato a quota 8600 ma era riuscito a scendere al campo più in basso. Il tempo si stava guastando, nessuno se la sentiva di fare un altro tentativo nei giorni successivi. Salvo Michel. La sua stella, abitualmente favorevole, gli dava un eccesso di fiducia. Tutti scesero, tranne lui. Due giorni dopo, con il teleobiettivo Pascal riesce a vedere Michel partire verso la cima. Lo segue fino a 8300 metri, poi lo vede sparire fra le nubi e più nulla. Come Mallory, di cui stava rileggendo la vita al campo base, anche lui è entrato a far parte della Dea Madre della Terra: il Chomolungma. Michel aveva voluto sfidare il suo destino. Dopo aver salito il Kangchenjunga e il K2, diceva che la sua strada doveva passare per l'Everest. Così sarebbe stato sulla cima delle tre montagne più alte del mondo. Poi basta con gli ottomila. Sarebbe certamente ritornato, me lo aveva detto poco prima di partire per questo ultimo viaggio verso l'alto, alla sua vita perdutamente vissuta di viaggiatore libero e vagabondo con gli sci. Forse un giorno saremmo partiti insieme, non importa per dove, ne parlavamo spesso quando ci sentivamo. Ci saremmo trovati in qualche aeroporto con le nostre lunghe sacche, per un'ennesima partenza. Gli sci per Michel erano uno strumento indispensabile per conoscere, per vivere le emozioni di un certo modo di viaggiare. In questo egli si rial-

lacciava, forse senza rendersene conto, alla grande storia dello sci, una storia oggi troppo dimenticata, spesso ridotta a folklore o a spazi museali. Le belle discese e la bella neve per Michel erano un di più molto gradito ma non erano mai l'obiettivo principale del suo viaggiare con gli sci. La cosa più importante era vivere i luoghi e le loro genti nelle stagioni della neve.

Il mito del viaggiatore con gli sci

Michel è nato a Parigi nel 1950. Oggi avrebbe 62 anni. È scomparso a 38, in quel momento magico della vita in cui si può dare il massimo in tutto. Pensare a lui adesso, in una stagione della mia vita in cui è troppo facile dimenticare i momenti magici di allora per accettare un modo di vivere e di sciare appiattito dalle troppe regole e dall'invadenza subdola della tecnologia, è come riscoprire me stesso e sentire una gran voglia di riprendere a viaggiare con gli sci come faceva lui, seguendone come un tempo lo spirito e le tracce. Michel amava raggiungere con gli sci luoghi insoliti, amava partire solo con un'idea approssimativa del percorso. Un vero viaggio doveva infatti contemplare l'imprevisto, non doveva essere impoverito da una programmazione minuziosa e noiosa. Come il grande Eric Shipton, a Michel Parmentier per partire bastavano poche note scritte frettolosamente su un foglio di carta e un biglietto aereo. Era particolarmente

attirato dalle situazioni complicate, all'apparenza irrisolvibili. Amava risolvere i problemi cammin facendo. Programmare un viaggio nei minimi particolari, prenotare alberghi e servizi vari come si usa fare oggi, erano azioni per lui inconcepibili. «Il gioco consisteva nel collegare punti di una carta stradale, tentando di seguire una rotta» ricorda la guida alpina Michel Pellé, uno dei suoi migliori amici e compagni di avventura. Pellé è forse l'unico amico intimo di Michel vivente. Gli altri sono tutti morti. Tutti pazzi come Michel, è lecito pensare. Ma non è così. Era gente che sentiva il bisogno di sfiorare la morte proprio perché amava troppo la vita. Jean-Jacques Ricouard, guida alpina, estroso fondatore della rivista Alpinisme et Randonnée, intellettuale di grido e gran seduttore, sparì fra i crepacci mentre con Michel ritornava dalla cima del Kangchenjunga. I coniugi Barrard, con i quali Michel arrivò in cima al K2, morirono nella discesa, a causa della tempesta senza precedenti del luglio 1986. Michel Berruex, guida alpina savoiarda, autore con Michel Parmentier del primo volume di 'Les grands raids à ski', morì nell'estate del 1983 in uno scontro di deltaplani nel cielo di Chamonix.

Il gusto del rischio e i reportage di guerra

«Michel non amava il rischio ma pensava che fosse inevitabile, se si ha una vocazione, se si crede in qualche cosa. Nel suo lavoro di giornalista reporter


A sinistra. Due ritratti di Michel in versione reporter e scialpinista (dall'archivio di Pascal Turnaire). A destra. La discesa dal Gesso della Barra, nelle Alpi francesi e un'immagine dello Stromboli in eruzione


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MICHEL PARMENTIER


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Nella pagina di sinistra. Il viaggio in Libano. Di fianco a sinistra. In tenda, durante una spedizione himalayana (photo©Pascal Tournaire). A destra. Pernilla, la compagna di Michel

«…questo tipo ha un modo di fissare Pernilla che comincia a farmi saltare i nervi. Ma un dettaglio della sua anatomia (cm. 190) mi impedisce ragionevolmente di farglielo capire. A furia di spogliarla con lo sguardo, con i suoi grossi occhi da vitello, ho paura che Pernilla prenda freddo…»

si comportava nello stesso modo». Chi parla è Maurice Parmentier, padre di Michel, da me intervistato poco dopo la scomparsa del figlio, nel dicembre 1988. Michel Parmentier lavorava per il grande gruppo televisivo RTL. Era specializzato in reportage di guerra. Nei suoi servizi traspariva sempre il senso della missione da compiere, inevitabile, a qualsiasi prezzo. Con la sua videocamera fu in prima linea in Libano, in Nuova Caledonia e in Afghanistan. In Afghanistan ci andò come freelance, durante l'occupazione russa, perché RTL giudicava la trasferta troppo pericolosa. Ne risultò un documentario mozzafiato. Nel 1984, durante la guerra del Libano, approfittò della sua presenza in quel paese come reporter per fare un meraviglioso raid in sci su quelle montagne che si affacciano sul mare, sfidando mine, trincee e azioni di guerriglia. Quel raid, descritto nel secondo volume di 'Les Grands Raids à ski', dedicato alle montagne che si affacciano sul Mediteranneo, diventò un classico e ispirò il film 'No men's land' di Enrico Verra, che rimane per me il più bel film sullo scialpinismo di avventura. In quegli anni sentivo spesso Michel in quanto prezioso collaboratore dell'annuario 'Dimensione Sci'. Se non era a Parigi, sua città natale, era in viaggio oppure a Chamonix, dove aveva un piccolo chalet.

Quello che mi colpiva era la sua voce tranquilla, la sua apparente calma. In realtà era un terremoto, viveva in uno stato d'animo in cui i progetti si accavallavano in modo tumultuoso. Divorava la vita a ritmi fuori dall'ordinario: reportage di guerra, montagne fantastiche, donne bellissime, un vita parigina intensissima...

Le sue donne

Alcuni dei suoi più bei raid, in territori difficili, Michel li effettuò con la compagna del momento. Anche da questo punto di vista si può dire che è stato un grande innovatore. Questo modo di viaggiare con gli sci insieme alla propria compagna rappresenta infatti l'apoteosi del bello. Chi si aspetta però che dai racconti di Michel traspaia autogratificazione per questo aspetto del viaggio si sbaglia. Le bellissime (e fortissime) donne di Michel appaiono nelle foto dei suoi libri, impreziosiscono ambienti selvaggi e grandiosi, capanne poverissime e rifugi. Ma egli ne parla raramente nei testi, così come raramente parla di se stesso. E quando lo fa i toni sono assolutamente discreti, pur lasciando trasparire la magia dei momenti. Con Helga Bjoornson effettua la stupenda traversata dei Lefka Ori a Creta, dal Mar Egeo al Mar Libico. Bloccato dal mal tempo per più giorni in un rifugio incustodito, Michel scrive: «L'ora della par-

tenza sembra sempre più lontana a causa del vento. A causa di qualcosa d'altro. Forse non abbiamo più voglia di ripartire». Sempre con Helga, alla fine della traversata, affamati, trovano finalmente una locanda frequentata da soli uomini: «Quando la porta si apre, facendo apparire prima di tutto Helga con i suoi lunghi capelli biondi, bella, fradicia, un po' segnata da una buona quindicina di ore di tempesta, gli sguardi si girano. Si tratta di un semplice movimento informativo». Con Pernilla Sandstrom, anche lei bellissima e grande sciatrice, Michel effettua un raid facile ma demenziale, fra le montagne di un Kossovo già ribelle e di una Albania ancora chiusa in una folle dittatura. La sicurezza del raid si basa sul principio tutto da dimostrare in base al quale «dove c'è neve non ci possono essere controlli da parte delle pattuglie». Anche gli incontri nei villaggi del Montenegro, a sud del Passo del Cakor, non sono sempre facili. Racconta Michel a proposito di un certo Mahmud: «Questo tipo ha un modo di fissare Pernilla che comincia a farmi saltare i nervi. Ma un dettaglio della sua anatomia (cm. 190) mi impedisce ragionevolmente di farglielo capire. A furia di spogliarla con lo sguardo, con i suoi grossi occhi da vitello, ho paura che Pernilla prenda freddo…». Anche trovare ospitalità in coppia in un paese mus-


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MICHEL PARMENTIER

Traversata dei Tauri. «…Nessuno può darci informazioni, la biblioteca del Club Alpino non possiede che alcuni documenti smilzi e mal redatti, frutto di qualche spedizione dinosauro degli anni '50…» sulmano pone qualche problema. «'È tuo marito?' chiede Tsitsa. 'Sì' risponde Pernilla. 'Da quanto tempo sei sposata?'. Pernilla mi guarda e mi traduce discretamente la domanda. Io rispondo a caso: 'Due anni'. 'Quanti bambini hai?'. 'Nessuno'. Dallo sguardo di Tsitsa capisco che c'è qualcosa che non va... Tsitsa si gira verso di me e mi esamina dalla testa ai piedi. Poi, rivolgendosi a Pernilla, le dice: 'Perché non lo porti dal dottore?'». Pernilla è anche una grande sciatrice, vederla sciare è un momento estetico importante. Del raid sloveno Michel scrive: «Mi godo lo spettacolo di Pernilla che con i suoi sci lascia una bella traccia nei canalini, saltando barre rocciose. Neve fino al ventre. Poi si lascia scivolare controllata sui tratti ghiacciati. Lo stile è dato dalle sue cosce, dai suoi capelli, dal rosso della tuta. Scende come una modella verso le praterie della Sava, verso gli alpeggi di

Mojstrava e di Krenica, dove quarant'anni prima i partigiani di Tito avevano una loro base».

I suoi raid

Lo scialpinismo di Michel Parmentier non era quello mordi e fuggi che va per la maggiore oggi, ma quello delle lunghe traversate di più giorni, in totale autonomia o appoggiandosi, quando possibile, a rifugi o bivacchi non custoditi, a locande, a baite o a case private negli sperduti villaggi toccati. Spesso erano anche raid fuori legge, trasgressivi, quindi assolutamente impossibili da programmare. Da essi risulta come l'ospitalità semplice dei montanari rappresenti una delle esperienze più profonde dello sci di raid. Michel si sofferma spesso, e con rara sensibilità, a parlare di incontri inaspettati in luoghi remoti immersi nella neve, incontri che impreziosiscono il viaggio con gli sci. Un esempio fra

i tanti, tratto dalla traversata dei monti del Taigeto, nel sud del Peloponneso, in sei tappe. Una traversata difficile, in una regione dove, soprattutto in inverno, non va nessuno. Montagne selvagge, disabitate, pendii ripidi, neve instabile, dove lo sci è del tutto sconosciuto. «A parte la bellezza del luogo, un motivo in più per andarci» commenta Michel... Con l'amico Nicolas, dopo sei giorni di duri bivacchi, ormai senza cibo, scorge finalmente una malga che sembra abitata. Il pastore Leonidas arriva di corsa, sorridente e pieno di entusiasmo dà loro il benvenuto e li invita a entrare: «Affamati come eravamo la prima cosa che notammo fu un immenso prosciutto che pendeva sotto una tettoia... Leonidas e suo fratello Teodoro, stesso viso, stessi atteggiamenti, preparano la cena. Quattro fette di maiale spesse e larghe come tre piatti uno sopra l'altro. Una sarebbe bastata per


Mio figlio Michel... di Maurice Parmentier

N

on è facile per un padre parlare di un figlio rimasto lassù, sull'Everest, semplicemente perché, come è registrato su una cassetta preparata al campo base: «il mio cammino passa per l'Everest». Maurice Parmentier lo fece con grande dignità, tracciando le principali tappe che portarono Michel alla grande montagna. Sintetizzo qui di seguito l'articolointervista a Maurice Parmentier che ho pubblicato su Dimensione Sci del dicembre 1988.

Da sinistra a destra. Quattro immagini che raccontano alcuni viaggi di Michel. Nel primo, sui monti Tauri, con l'attrezzatura a dorso d'asino. Nella seconda in versione fotoreporter. Nella terza uno scatto nel Sahara algerino, nell'ultima al porto di Kitriae al ritorno dal tour nei monti del Taigeto.

tutti e quattro. Prima le fanno bollire nel vino, poi le mettono in una padella e le friggono con del grasso... Una delizia, anche se decisamente pesanti per i nostri stomaci troppo vuoti. Noi non parliamo il greco e loro non sanno un parola della nostra lingua. Ciononostante discutiamo dalle sette di sera alle due del mattino... Kalo, kalo, ossia bene, bene, continuano a ripetere i due fratelli, felici di far festa con noi». Molti raid, per i quali si dispone solo di carte approssimative, fanno spesso vivere il brivido e le sensazioni forti dei primi esploratori. Siamo nei Tauri, nel sud est della Turchia. Scrive Michel: «Parte terminale di una gola con un colle in fondo... Nell'oscurità, sotto le stelle, una direzione non vuole dire molto. Soprattutto quando questa gola dalla quale non è più possibile uscire, ci fa andare prima a destra e poi a sinistra. La neve si è indurita, gli sci scivolano bene, aumentiamo l'an-

datura perché vogliamo uscire da questo buco ma la velocità in questi casi conta poco... E i colli non mantengono sempre le loro promesse. Finisce la salita ma al di là nulla. La speranza di vedere il mare o una valle davanti a noi non si avvera. Nessuna discesa, nessun dirupo. Solamente un altopiano a perdita d'occhio, a 3000 metri. Inatteso, indecifrabile sulla nostra carta 1/100.000». Impareggiabile è poi la sensibilità di Michel alla storia e alla cultura dei luoghi visitati: «Cipro e il rimpianto. Di non vedere l'isola come nell'antichità, interamente coperta dalle foreste. Una volta gli ulivi, i cedri e i pini di Aleppo si disputavano una terra ricca. Sono stati i Fenici ad abbattere i primi alberi... poi le capre hanno dato il loro contributo ai boscaioli dell'epoca…». È importante notare che queste sensazioni forti non vengono vissute in luoghi lontani e costosi da

«Mia moglie era di Vienna, amava molto la montagna e quando era bambino Michel trascorse con noi le vacanze nelle Alpi austriache, dove facevamo molte escursioni. Praticavamo anche l'alpinismo, spesso con le guide, soprattutto salite su ghiaccio. Capii che Michel era particolarmente attirato dai ghiacciai durante una vacanza in Delfinato, a La Grave. Michel aveva 7 o 8 anni. Rimase come folgorato dai ghiacciai della Meje che incombono davanti al paese. Non si rendeva conto della distanza e voleva a tutti i costi raggiungere il ghiacciaio, mi prendeva per mano cercando di convincermi a salire lassù... Aveva 12 o 13 anni quando con una guida salimmo il Mönch. È stato il suo primo 4000. Ricordo che sulla cresta affilata non si sentiva a suo agio. È strano se penso a quello che ha fatto dopo. Nel 1967 acquistammo uno chalet a Puy-Saint-Vincent in Vallouise. Michel aveva 17 anni e iniziò a fare seriamente dell'alpinismo con altri ragazzi. Divenne anche amico di guide locali che spesso lo portavano in gita con i loro clienti. Le gite diventarono sempre più difficili, Michel era particolarmente attirato dai canalini di ghiaccio. Nel periodo del servizio militare presso l'Ecole Militaire de Haute Montagne di Chamonix Michel sviluppò le sue capacità sia di alpinista che di sciatore. Superò anche gli esami di maestro di sci. A Chamonix conobbe le persone che diventarono i suoi grandi amici e sviluppò con loro il suo modo particolare di vivere l'avventura in montagna. Ho detto particolare perché Michel era molto critico con quelli che considerano gli alpinisti di punta dei superuomini, che amano le classifiche e riducono tutto al concetto di sport. Per Michel la montagna era uno stato d'animo, era qualcosa di profondo, di infinito. Per questo sentiva il bisogno di differenziarsi, anche nell'abbigliamento, dagli altri sportivi. Rifuggiva dall'abbigliamento troppo tecnico, vestiva casual, amava i grandi foulard, i berretti alla Sherlock Holmes, le sahariane, i jeans. Lo spirito con cui Michel viveva la montagna era insomma quello che si ritrova nelle opere dei grandi alpinisti ed esploratori del passato. Non si allenava, non ne aveva bisogno. Michel era forte e pensava sempre di farcela. Il dolore della sua scomparsa per un padre è immenso ma io lo perdono. Ha seguito fino in fondo la sua passione, la sua vocazione.


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MICHEL PARMENTIER

DUE VOLUMI MITICI

Le immagini di questo servizio sono tratte dai due libri pubblicati da Michel Parmentier per le Edition Acla di Parigi, della serie 'Les Grand Raids à ski'. Il primo, datato 1981 e scritto insieme a Michel Berruex 'De la Vanoise au Spitzberg', il secondo, datato 1984, 'Montagnes de la Méditerranée'. Sono piuttosto rari, si possono trovare in vendita su amazon.fr, oppure su abebooks.fr con prezzi che oscillano tra i 60 e gli 80 euro cadauno. È un acquisto che consigliamo vivamente: non devono mancare nella libreria di un vero appassionato di scialpinismo. Sorprende, a quasi trent'anni dalla pubblicazione, la modernità dei contenuti, dei tagli fotografici, delle proposte cartografiche. Davvero due pietre miliari.

raggiungere. I cinquanta raid proposti da Michel, venticinque per ogni volume, sono tutti in Europa (la meta più distante è l'Islanda) e nei paesi del sud del Mediterraneo. Ma, come dice Sylvain Jouty nella magistrale prefazione al secondo volume, «È più facile trovare informazioni su una cima tibetana che su di un raid in Anatolia…».

Mare e montagna

Soprattutto nel secondo volume dedicato ai grandi raid intorno al Mediterraneo, il mare diventa, insieme alla montagna, una presenza fondamentale del viaggio. Nelle foto Michel appare spesso con sci e zaino sul ponte delle navi, con sullo sfondo le montagne bianche della prossima isola. Le locande e i caffè lungo le banchine dei porti, illuminati dal

sole radente e immersi nella calma invernale, sono i campi base da cui si parte verso montagne sconosciute. Dice Michel, nell'introduzione al raid dei Troodos, nell'isola di Cipro: «Per niente al mondo bisogna perdersi queste notti insonni e questi odori pesanti, le banchine umide dei porti in inverno e i rumori delle catene. La barca ci serve l'isola su di un piatto di argento. La barca ci fa pensare che la montagna è in mezzo al mare e che essa è indispensabile per attraversarlo. La neve e lo sci diventano pretesti. L'essenziale rimane il viaggio. Il viaggio in Mediterraneo, con i porti e le traversate, le barche malandate di altri tempi». Nel Peloponneso, la fine del duro raid nei Monti Taigeti, viene suggellata con la frase: «Sedersi su di un caicco, le reti da pesca tutto attorno nella sabbia, respirare l'odore delle alghe.

Un pesce alla griglia per colazione. È la fine del raid, siamo nel porto di Kitriae». Il mare insomma, con le sue calme piatte e le sue burrasche, con la sua immensità vista dall'alto delle cime, con i suoi porti, con i suoi odori e con la sua gente è davvero importante per Michel. Non a caso il libro finisce con una foto emblematica, quasi a voler esprimere l'essenza del viaggio: una barca a vela al tramonto, mare calmo e rosso come il cielo. Sullo sfondo nere coste misteriose. Come il suo grande amico Jean-Jacques Ricouard, genio e sregolatezza come lui, organizzatore degli incontri 'Mer et Montagne' fra velisti e alpinisti, Michel aveva capito che non c'è nulla di più esaltante di raggiungere le montagne dal mare.



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MARMOLADA testo: Umberto Isman foto: Umberto Isman

MARMOLADA

LA REGINA Dai suoi 3343 metri la Marmolada domina le Dolomiti, una montagna dove la neve è eterna. Per questo, da novembre all'inizio dell'estate, si trasforma in un'incredibile palestra scialpinistica

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enendo da Milano, in ferrovia fino a Belluno, poi in autocorriera per Agordo fino a Caprile (albergo), da Caprile per strada per Roccapietore e Sottoguda, ed i magnifici Serai di Sottoguda a Malga Ciapela (albergo) in circa 2 ore; da Caprile fino a Sottoguda si potrà usare slitta e spesso anche automobile risparmiando un’ora di strada… Al Lago Fedaia si trovano due rifugi, Lago di Fedaia e Venezia, chiusi d’inverno e per avere la chiave dei quali occorrerà avere in antecedenza telegrafato a Canazei, qui converrà pernottare».

Altri tempi. Era il 1932 e così Ravà e Terschak descrivevano l’accesso alla Marmolada su una guida di itinerari sciistici sulle Alpi edita dallo Sci Club Milano. Era l’epoca in cui sci e scialpinismo erano la stessa cosa, o meglio, c’era solo lo sci. Poi, con i primi impianti di risalita, il termine sci è rimasto legato alle piste da discesa ed è stato coniata la parola 'scialpinismo'. Ma fu proprio in quegli anni, nel 1935, che sulla Marmolada si ebbe uno dei primi impulsi allo sviluppo dello sci agonistico moderno. Sui 10 chilometri della Direttissima della Marmolada, Gunther Langes propose al Club Alpino Svizzero (la FIS di allora) di organizzare il pri-

Qui accanto. L'avvicinamento ai pendii nord di Punta Penia, la cui croce di vetta è visibile in alto a sinistra


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MARMOLADA

Da sinistra. Emozioni guardando Punta Penia. Lo straordinario paesaggio di Malga Ombretta. Salita al monte La Banca

mo slalom gigante della storia. Lungo le 60 porte del tracciato vinse la prima edizione l’ampezzano Renato Valle, con il tempo di 6 minuti e 21 secondi. Secondo si classificò, con circa un minuto di distacco, il badiota Franz Kostner, uno dei primi maestri di sci italiani, il maestro di Mussolini. Fu infatti con Kostner che il duce si fece fotografare a torso nudo e in posa marziale sulle nevi del Terminillo, in un misto di autocelebrazione e promozione turistica per quella che voleva diventasse un’appendice montana della capitale. Peccato che Kostner ebbe a dire di lui: «C'era la moglie. Ma c'era anche Claretta. Mussolini sciava da cani. Era una vera e propria pappamolla. Non riusciva a prendere nemmeno una curva».

Ma torniamo alla Marmolada e facciamo un salto indietro nel tempo. La Oesterreichische Touristen Zeitung del 1914 riporta la prima testimonianza scritta di quelle che a loro volta furono probabilmente le prime salite sciistiche alle cime del gruppo. Vennero compiute dai Kaiserjaeger austriaci negli anni immediatamente precedenti al primo conflitto mondiale, durante le loro esplorazioni alla ricerca dei capisaldi di confine da trasformare in postazioni fortificate, in previsione di una guerra ormai imminente. Fu così che, già nel 1910, un manipolo costituito dai tenenti Voitl e Chromec e da dieci landesschützen compì il 5 marzo la prima salita invernale a Punta Penia. Il 28 febbraio 1912 fu

invece la volta del Piccolo Vernel e il 21 febbraio 1913 di Punta Rocca. Allo scoppio della guerra la Marmolada fu teatro della costruzione di uno dei più ingegnosi sistemi di fortificazione della storia. La Eisstadt prima di tutto, una vera e propria città di ghiaccio scavata dalle truppe austriache tra i crepacci del versante nord, con una rete di gallerie di oltre otto chilometri e relativi ricoveri e magazzini. Comandante delle operazioni fu il maggiore Bilgheri, ingegnoso inventore di uno dei primi attacchi da sci, completi di quelle lame da ghiaccio che ancora oggi portano il suo nome. Tornando all’era moderna, il vero sviluppo tu-


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…la funivia scarica a intervalli di pochi minuti dosi sempre uguali di passeggeri multiformi. In inverno sono principalmente sciatori, ma anche semplici 'conquistatori della regina delle Dolomiti' in scarpe da ginnastica o tacchi alti. Dall’altra parte salgono gli scialpinisti, consapevoli che al termine della loro fatica verranno brutalmente rigettati in uno spicchio trasportato in alta quota di quel mondo da cui fuggono…

ristico del versante nord della Marmolada prese avvio nel 1948 con la costruzione della prima seggiovia in Italia, dal Lago Fedaia a Pian dei Fiacconi. Cominciarono così ad arrivare frotte di sciatori non più tanto avvezzi alle pelli di foca. Una vera e propria rivoluzione, destinata a trasformare in maniera irreversibile tutta l’area del ghiacciaio. Il gestore del rifugio Dal Lago, situato nei pressi dell’odierna stazione della cestovia di Pian dei Fiacconi, fu il primo a fiutare l’affare e nel 1957 fece costruire sull’ultimo pendio verso Punta Rocca uno skilift lungo 500 metri che non poteva trasportare più di quattro persone contemporaneamente. Infine la funivia, costruita tra il 1965 e il 1969, con l’ultimo tratto tra Serauta e Punta Rocca,

inaugurato nel 1970. Lo strascico di polemiche che comportò l'opera si trascina ancora oggi e pare destinato a non esaurirsi. Certo è che una scarsa pianificazione, condita con una buona dose di anarchia, ha portato negli anni a danni ambientali notevoli. Si pensi ad esempio ai piloni del mai terminato impianto sopra Pian dei Fiacconi che deturpano inutilmente il paesaggio. Sta di fatto che il pianoro di cresta sotto Punta Rocca è oggi uno dei luoghi di ritrovo di alta quota più eterogenei e pittoreschi. La funivia scarica a intervalli di pochi minuti dosi sempre uguali di passeggeri multiformi. In inverno sono principalmente sciatori, ma anche semplici 'conquistatori della Regina delle Dolomiti' in scarpe da ginnastica o tacchi alti. Dall’altra

parte salgono gli scialpinisti, consapevoli che al termine della loro fatica verranno brutalmente rigettati in uno spicchio trasportato in alta quota di quel mondo da cui fuggono, che per una volta sostituirà la quiete contemplativa della vetta. In più, fino allo scorso anno, volteggiavano gli elicotteri atterrando letteralmente in mezzo alla folla, in una piazzola che non aveva certo i requisiti di sicurezza previsti dalla legge. Scaricavano sciatori e semplici turisti che per il solo brivido del volo erano disposti a un esborso ben superiore a quello per il biglietto della funivia. Tutto ciò nonostante le province di Trento e Bolzano vietassero espressamente l’eliturismo e l’heliski sopra i mille metri di quota. Ora per fortuna non è più così: uno storico ac-


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MARMOLADA

cordo dello scorso autunno tra Mountain Wilderness e la società degli impianti prevede che quest'ultima non dia più in concessione la piazzola d'atterraggio. Per fortuna degli scialpinisti, Punta Rocca è un caso isolato, sulle Alpi, ma anche sulla stessa Marmolada. Da Pian dei Fiacconi basta infatti dirigersi verso ovest per entrare nel mondo ancora incontaminato di Punta Penia. Con un lungo traverso ci si porta ai piedi della parete nord, il regno incontrastato di Tone Valeruz. Il fortissimo sciatore estremo fassano la discese per la prima volta con gli sci nel 1969, per poi ripeterla oltre cento volte, una volta in meno di un minuto e un’altra in uno slalom gigante con 50 porte. Ma le più difficili discese di Valeruz sulla Marmolada sono certamente quella lungo la ferrata della cresta ovest di Punta Penia e, soprattutto, quella incredibile dalla via Castiglioni - Detassis, sulla parete sud, tra la Marmolada d’Ombretta e il Serauta. Infine le sette discese sul vicino Gran Vernel, tutte estreme e alcune mai ripetute. La discesa normale da Punta Penia non ha invece nulla di estremo, ma è comunque ripida e da non sottovalutare. Soprattutto è entusiasmante, molto varia, con la possibilità di numerose varianti con diversi gradi di difficoltà. Ad esempio lo spettacolare canyon della parte bassa, un microcosmo unico e incredibilmente

In alto da sinistra. La Grotta della Madonna delle nevi a Punta Rocca. Salita da Pian dei Fiacconi. L'emozione della neve polverosa a Punta Penia. La via per Punta Penia. Discesa da Passo Ombretta. Nella foto grande. Verso Passo Ombretta.

sciabile. È importante ricordarsi di essere su terreno glaciale, con crepacci non sempre evidenti e quindi potenzialmente molto pericolosi. Certo, la variegata frequentazione di ogni pendio sciabile ha fatto negli anni perdere di vista, o addirittura ignorare completamente, questo aspetto e le cordate che una volta si vedevano prudentemente procedere sul ghiacciaio sono ormai un lontano ricordo. Ma lo scialpinismo in Marmolada non si esaurisce certo nel suo versante nord. In un periplo ideale della montagna, la Valle Ombretta e la Val Contrin sono i luoghi migliori per un contatto diretto con il lato più ripido del grande cuneo: la parete sud. Se poi si vuole salire in quota e magari raggiungere una cima, le possibilità sono numerose, dal Monte la Banca, alla Cima Ombrettola, al Sasso Vernale in Valle Ombretta, fino alla stessa Cima Ombrettola o alla Cima Cadina dalla Val Contrin. Dalla Val Contrin è anche possibile raggiungere l’unico, relativamente agevole, passaggio di collegamento tra il versante sud e il versante nord: la Forcella Marmolada. È una sorta di passaggio ideale tra due mondi, quello della roccia e quello del ghiaccio, che ben rappresenta la varietà della Marmolada. Una varietà non solo geomorfologica, ma anche storica e antropica, che la rende uno dei luoghi alpini più interessanti da frequentare e sui quali dibattere.


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Itinerari

MARMOLADA, i nostri suggerimenti Periodo consigliato: Il ghiacciaio della Marmolada, come tutti i ghiacciai, non è privo del pericolo dei crepacci. Gli itinerari più frequentati seguono in genere percorsi che li evitano, ma senza tracce evidenti occorre fare molta attenzione. Dopo abbondanti nevicate sarebbe buona norma procedere legati, anche se quasi nessuno lo fa. Quanto al periodo adatto allo scialpinismo, è uno dei più ampi dell'intero arco alpino. Si può cominciare ai primi di novembre e, volendo, continuare quasi fino all'estate, periodo sconsigliato per la sempre maggiore esiguità del ghiacciaio. Diverso il discorso per le gite che si svolgono sulle cime secondarie, che seguono le regole di innevamento e conformazione del terreno. Accesso: Dal Trentino si percorre la Val di Fassa fino a Canazei e poi Alba di Canazei per la gita a Passo Ombretta. Per il ghiacciaio della Marmolada si prosegue invece per la diga di Fedaia. Dal Veneto si raggiunge Alleghe, poi Caprile e si prosegue per Sottoguda e Malga Ciapela. Qui parte la gita al Monte la Banca. Continuando per il Passo Fedaia si costeggia il lago (strada a volte chiusa per pericolo valanghe) e si raggiunge la diga per le gite sulla Marmolada. Dormire e mangiare: Canazei: Hotel Andreas (tel. 0462.602106 - www.andreas. it ), un tre stelle confortevole con centro benessere. Ristorante La Stalla (tel.

0462.600173 - http://lastalla.soraperra.com ), caratteristico ristorante di montagna ricavato da una vecchia stalla, ottimi piatti tradizionali di carne. Malga Ciapela: Hotel Baita Dovich (tel. 0437.522974 - www.dovich.it ), albergo a conduzione familiare con sole 14 stanze e ottima cucina. Hotel Garni Roberta (tel. 0437.522980 - www.garniroberta.com ), un bed&breakfast confortevole e convenzionato con ristoranti e rifugi della zona. Cartografia: 4LAND CS-133 Val di Fassa 1:25.000. Tabacco 006 Val di Fassa e Dolomiti Fassane 1:25.000. Kompass 686 Val di Fassa 1:25.000 Bibliografia:Gianpaolo Sani - Scialpinismo nelle Dolomiti - Cierre, 2001 - pag. 181 12,90 euro, Francesco Tremolada - Freeride in Dolomiti - Versante Sud, 2004 - pag. 264 - 22 euro Guide alpine: www.guidealpinevaldifassa.it, www.xmountain.it, www.albertodegiuli.com Info meteo e valanghe: www.meteotrentino.it , www.arpa.veneto.it


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Marmolada - Punta Rocca (3309 m)

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Marmolada - Punta Penia (3343 m)

Partenza: diga di Fedaia (2070 m) Dislivello: 1250 m Tempo medio salita: 3 ore Difficoltà: BS Pendenza massima: 30° Esposizione: nord Periodo: novembre - maggio Attrezzatura: normale dotazione scialpinistica Cartografia: 4LAND CS-133 Val di Fassa 1:25.000. Tabacco 006 Val di Fassa e Dolomiti Fassane 1:25.000. Kompass 686 Val di Fassa 1:25.000

Partenza: diga di Fedaia (2070 m) Dislivello: 1300 m Tempo medio salita: 3/4 ore Difficoltà: BSA Pendenza massima: 40° Esposizione: nord Periodo: febbraio - maggio Attrezzatura: normale dotazione scialpinistica, utili a volte i ramponi Cartografia: 4LAND CS-133 Val di Fassa 1:25.000. Tabacco 006 Val di Fassa e Dolomiti Fassane 1:25.000. Kompass 686 Val di Fassa 1:25.000

Itinerario. Dalla partenza della cestovia si risale interamente la pista di sci fino a Pian dei Fiacconi (2626 m). Da qui la via più veloce, anche se più ripida, è quella che punta direttamente alla cima (variante Lydia). Altrimenti si può attraversare il ghiacciaio verso sinistra, fino a raggiungere l’ultimo tratto della pista della funivia. In genere ci si ferma sulla prima anticima, perché per raggiungere la cima vera e propria occorre percorrere un tratto di cresta spesso non banale. La discesa segue una delle due alternative di salita, tranne che nell’ultimo tratto, per evitare la pista, è possibile contornare sulla destra il Sasso delle Dodici.

Itinerario. Dalla partenza della cestovia si risale interamente la pista di sci fino a Pian dei Fiacconi (2626 m). Si traversa quindi verso destra sotto il caratteristico contrafforte triangolare, per poi imboccare l’ampio e ripido canale (da affrontare solo con condizioni sicure) sotto la parete nord. Dove il canale piega verso destra, si affronta un breve tratto molto ripido e a volte ghiacciato (utili i ramponi), per poi raggiungere per pendii più agevoli una larga sella. Si segue infine l’ampia dorsale nord-ovest fino in cima. La discesa è lungo l’itinerario di salita oppure, senza traversare nuovamente verso la pista, si continua in direzione dell’imboccatura dell’evidente canyon roccioso. Lo si percorre interamente e si continua fino alla base delle rocce del Col dei Boush da dove, stando il più possibile alti e risalendo a scaletta un breve tratto, si traversa in direzione della diga (questo tratto richiede condizioni di neve assolutamente sicure).

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Monte la Banca (2875 m) Partenza: Agriturismo Malga Ciapela (1559 m) Dislivello: 1350 m Tempo medio salita: 3/4 ore Difficoltà: BS Pendenza massima: 40° Esposizione: est e poi nord Periodo: febbraio - aprile Attrezzatura: normale dotazione scialpinistica, utili a volte i ramponi Cartografia: 4LAND CS-133 Val di Fassa 1:25.000. Tabacco 006 Val di Fassa e Dolomiti Fassane 1:25.000. Kompass 686 Val di Fassa 1:25.000

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Itinerario. Seguendo la strada che costeggia il torrente Pettorina, si raggiunge in auto l’agriturismo Malga Ciapela (1559 m). Si prosegue lungo la strada forestale nel bosco fino a un bivio, dove si prende il sentiero di destra che taglia i contrafforti rocciosi delle Terre Rosse. Questo tratto è esposto, cambia molto in funzione dell’innevamento e richiede quindi attenzione. Con un ultimo tratto ripido si raggiunge l’ampio pianoro di Malga Ombretta (1904 m) che si percorre interamente. Lasciato a destra il Rifugio Falier, si affronta quindi il versante nord della Valle Ombretta, salendo a sinistra del Sasso Piatto e giungendo finalmente in vista del Monte la Banca. L’ultimo tratto è molto ripido e richiede condizioni sicure. Lo si affronta in genere a sinistra, per poi salire, spesso senza sci, un breve canalino che consente, con un ultimo traverso verso destra, di raggiungere i pendii sommitali. La discesa è sullo stesso itinerario.

Passo Ombretta (2702 m) Partenza: Alba di Canazei (1480 m) Dislivello: 1250 m Tempo medio salita: 3 ore Difficoltà: MS Pendenza massima: 30° Esposizione: sud-ovest e poi ovest Periodo: dicembre - aprile Attrezzatura: normale dotazione scialpinistica Cartografia: 4LAND CS-133 Val di Fassa 1:25.000. Tabacco 006 Val di Fassa e Dolomiti Fassane 1:25.000. Kompass 686 Val di Fassa 1:25.000

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Itinerario. Dal parcheggio della funivia del Ciampac s’imbocca il sentiero per il Rifugio Contrin. Dopo un primo tratto ripido a tornanti, si sbuca su un ampio pianoro che si percorre interamente. Si sale quindi al Rifugio Contrin (2016 m) e si prosegue in direzione nord-est affrontando un pendio ripido che porta in vista della Forcella della Marmolada (possibile collegamento con il ghiacciaio del versante nord). Si piega ora decisamente a destra, si raggiunge una prima sella, quindi un’ampia conca e infine, con un ultimo tratto ripido, il Passo Ombretta. La discesa è lungo lo stesso itinerario.

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DYNAFIT SKI TOURING STORYBOARD testo: Roberto Galdiolo foto: Roberto Galdiolo

LAGUNA DI VETRO Assegnamo in anticipo un premio nella sezione reportage di Dynafit Ski Touring Storyboard all'originale racconto di Roberto Galdiolo che ha affrontato con gli sci cinque chilometri sui ghiacci salmastri tra Grado e la terra ferma, un tratto mai percorso da nessuno prima di questo freddissimo inverno

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uest'inverno verrà sicuramente ricordato per l’eccezionale ondata di freddo intenso che ha colpito la nostra regione. L’aria gelida delle steppe centroasiatiche ha iniziato a muoversi verso ponente fino a invadere gran parte dell’Europa Centro-Orientale, varcando la soglia del Mediterraneo attraverso la porta della Bora. Sono state tre settimane freddissime con temperature polari e raffiche di vento che hanno toccato la soglia dei 170 chilometri all'ora. Condizioni climatiche che si presentano alle nostre latitudini solamente una volta ogni trenta/quarant'anni e che hanno causato il congelamento delle lagune di GradoMarano e di Venezia. Ero stato qualche giorno prima a fare foto all'isola di Grado (Go), a immortalare gli effetti prodotti dal freddo intenso al livello del mare. Avevo visto quella spessa distesa di ghiaccio che dalla piccola spiaggia di Belvedere, cioè dalla costa interna della laguna friulana, si espandeva fino all'isola di Grado. E in quel momento mi è venuta l’idea di fare incontrare le mie due grandi passioni: la montagna e il mare. Due elementi così distanti tra loro ma anche molto simili in condizioni particolari come queste. Raggiungere l’isola con gli sci dalla costa interna mi sembrava il legame più forte per avvicinarmi a questo concetto. Detto… fatto! Ora la distesa di ghiaccio è davanti a me scintillante, con il sole basso del primo pomeriggio; calzo gli sci davanti alla piccola spiaggia di Belvedere tra sguardi increduli. Il mare è ghiacciato e sembra reggere bene il mio peso quando 'salpo' in direzione sud. La prima parte della traversata è molto suggestiva perché l’omogeneità della superficie gelata e lo spessore notevole del ghiaccio permettono di allontanarsi senza pericoli, anche di qualche decina di metri dalla linea di riva, 'assaporando' un ambiente da 'pack polare'. Eccomi a quota zero, con le pelli di foca che sfregano il ghiaccio salino

tra canali, barene (isolotti di fango) e velme (fondali sabbiosi sommersi dalle maree) completamente congelate. Queste sono le rigide regole del grande Nord trasportate nel bacino marino più settentrionale del Mediterraneo. Un ambiente che solitamente ospita molte specie di uccelli che trovano riparo dai severi rigori invernali dell’Europa Settentrionale e che oggi mostra il suo lato sorprendentemente cristallino, solido. È passata quasi un’ora dalla partenza, la progressione è fluida e veloce sopra la distesa ghiacciata che riflette la luce tenue di metà inverno. Davanti agli occhi ho solamente una sequenza d'immagini assolutamente inconsuete: stormi di gabbiani a caccia di prede tra le aperture del ghiaccio, sassi che tentano di bucare la superficie fredda. La parte centrale della laguna diventa piuttosto complicata da affrontare: piastroni ghiacciati sono accatastati e saldati tra loro alla rinfusa dappertutto, in diverse zone il ghiaccio è sottile e instabile e più di una volta ho la sensazione di avere un pavimento mobile sotto gli sci. So comunque che la profondità dell'acqua è esigua, al massimo una ventina di centimetri. La progressione si fa lenta e problematica, cercando di evitare diverse zone tormentate dai movimenti delle correnti di marea. Più di una volta sono costretto a rasentare la linea di riva perché le condizioni diventano quasi proibitive e il ghiaccio si sta smembrando. Ma l’isola di Grado si avvicina sempre di più e alla fine una solida lastra congelata larga più o meno dieci metri borda la linea di riva fino all’arrivo, che ho stabilito essere la darsena all’inizio del centro abitato di Grado. Certo, si potrebbe attraversare ancora il canale di uscita delle barche per arrivare propriamente a destinazione, ma credo che con gli sci sarebbe impossibile. Cinque chilometri di laguna ghiacciata percorsi con gli sci per raggiungere l’isola di Grado dalla costa interna friulana. Credo che non li abbia mai fatti nessuno prima (probabilmente una traversata con gli sci non ha precedenti in tutto il bacino del Mediterraneo) e comunque se qualcuno volesse ripetere l’esperienza, dovrà pazientemente attendere altri quarant'anni...


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VINCE UN PAIO DI DYNAFIT BALTORO

Questo servizio è stato scelto tra quelli finora pervenuti nella sezione 'reportage' di Dynafit Ski Touring Storyboard, il premio giornalistico/fotografico/letterario indetto dalla redazione di Ski-alper in collaborazione con Dynafit. Su questo numero abbiamo anticipato un vincitore nella categoria reportage. Restano da assegnare due paia di sci Dynafit Baltoro per la sezione reportage e uno per categoria in quelle 'fotografia' e 'racconto letterario'. C'è tempo fino al 2 aprile. Per partecipare è sufficiente accedere alla pagina ITINERARI sul sito skialper.it e leggere le modalità. La premiazione con consegna degli sci ai vincitori si svolgerà il 20 aprile alle ore 14 presso la fiera Prowinter di Bolzano.

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Nelle foto 1. Alba sulla laguna ghiacciata di Grado 2. Progressione sulla laguna 3. Gli sci sfregano la superficie ghiacciata a quota zero 4. Ambiente polare nel Mediterraneo - direzione Sud 5. Arrivo sull'isola 6. Sulla laguna di Grado con il Santuario di Barbana sullo sfondo

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TRABUCCHI testo: Umberto Isman FoTO: Umberto Isman

HE TRAB ROTHERS

Adriano e Daniele Trabucchi, le due anime di Ski Trab, gestiscono un'azienda che costruisce gli sci con cura artigianale e una continua ricerca dell'innovazione, anche in altri settori

«T

i ricordi la macchina per fare le canaline degli sci? Quella con la cassettina marrone, il telaio in legno, il corpo in ghisa di una pialla e l'albero recuperato dal papà da quell'aereo americano caduto nella Valle delle Mine durante un lancio di viveri ai partigiani?» . «Sì, che me la ricordo! Speravamo sempre che si rompesse la cinghia per avere la scusa di smettere di lavorare e andare a giocare coi compagni di scuola. E la pialla con cui mi sono 'sbregato' una mano per costruire una freccia per l'arco?». «E quando montavo il 'formaggino' Marker sugli sci che avevo il banco di lavoro all'altezza degli occhi?». Si lasciano andare ai ricordi Daniele e Adriano, classe '65 e '64, studi tecnici il primo, laurea in economia alla Cattolica di Milano il secondo, entrambi maestri di sci, con un passato agonistico nello sci alpino. Sono i figli di Giacomo Trabucchi, 82 anni che gliene dai dieci di meno, fondatore della Ski Trab nel lontano 1946. Adriano, Daniele, un destino segnato il vostro...

Adriano: «Mah, sì, non è che la cosa ci sia mai pesata, anzi, ci è sempre parsa naturale. Io ho anche provato a fare il dottore commercialista, ma mi hanno messo a compilare libri contabili e ho resistito pochi giorni. E adesso siamo felici così». E la scelta di rimanere a Bormio è dovuta più a motivi logistici o affettivi?

Daniele: «Affettivi prima di tutto, non riusciamo proprio a pensare la Ski Trab in un altro luogo. Quanto alla logistica, dal punto di vista personale, stare qui ci consente di 'evadere' sci ai piedi dal lavoro anche solo per un'ora. Se però parliamo di azienda, a Bormio non è facile. Per dirne una, tre anni fa abbiamo comprato un terreno per costruire un capannone e l'abbiamo pagato quattro volte tanto che se l'avessimo preso un quarto d'ora di auto più a valle. E lì ci avrebbero autorizzati subito, mentre qui stiamo ancora aspettando». Vi siete anche costruiti la casa attaccata all'azienda...

Adriano: «Un po' è una necessità, un po' ci rendiamo conto che abbiamo una passione tale per il lavoro che alla fine siamo sempre in fabbrica».

…io sono uno pratico e appassionato. Se una cosa non mi convince non mi va di portarla avanti solo pensando all'aspetto economico. Credo che ogni progresso debba costare fatica, studio, esperienza. È un peccato ogni volta buttare a mare tutto solo per una strategia di marketing… Daniele Trabucchi


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TRABUCCHI

In alto. Adriano Trabucchi. Sotto. Una sequenza di scatti della Gita in Val Viola Nella pagina accanto. Daniele Trabucchi al lavoro

…l'impresa artigiana sopravvive solo se c'è un ricambio generazionale. Nel nostro caso è stato così, io e Daniele siamo stati coinvolti da subito e il papà ha sempre avuto una fortissima determinazione ad andare avanti. Per questo siamo rimasti l'unica azienda italiana di sci di una certa dimensione… Adriano Trabucchi


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Stiamo salendo con le pelli in Val Viola. Più che tra le domande dell'intervista ci dobbiamo districare tra le chiazze di neve che ci dovrebbero consentire di raggiungere la cima del Corno la Resa, per un totale di un migliaio di metri di dislivello. Un lusso di questi tempi. Aggredisco Daniele con un raffica di questioni tecniche, non ultimo l'eterno dilemma dei test dei materiali. Ma è lui a sorprendermi: «Sai qual è il miglior modo per sentire le differenze tra sci, attacchi, scarponi, pelli? Metterne un modello sulla gamba sinistra e l'altro sulla destra». Detto fatto, cominciamo scambiandoci uno scarpone e per tutta la salita avremo un piede giallo e uno arancione. Il metodo pare in effetti funzionare, anche quando passiamo al cambio di uno sci. «Gli sci vanno testati anche in salita, non solo per il peso. Salita e discesa nella progettazione contano allo stesso modo perché lo sci deve sempre garantire l'aderenza ottimale». Daniele è l'anima tecnica dell'azienda, Adriano quella strategica e commerciale. Fin da bambini, quando i loro interessi erano già ben distinti. Andate sempre d'accordo nella gestione dell'azienda?

Adriano: «Fondamentalmente sì, anche se Daniele è un idealista e non ne vuole sapere di seguire il mercato. Io a volte asseconderei un po' di più le tendenze del settore». Daniele: «Io sono uno pratico e appassionato. Se una cosa non mi convince non mi va di portarla avanti

solo pensando all'aspetto economico. Credo che ogni progresso debba costare fatica, studio, esperienza. È un peccato ogni volta buttare a mare tutto solo per una strategia di marketing». Daniele, come ti vengono le idee che stanno alla base della vostra continua evoluzione tecnologica?

«Sicuramente non copiando le altre aziende del settore. Sono per un approccio trasversale. Ieri ad esempio ero a Milano a visitare due fiere: una sulla pasta e una sugli imballaggi. Anche dai metodi di estrusione delle tagliatelle possono venire idee buone, o macchinari che possono essere semplicemente adattati ai nostri scopi. Ad esempio, per la tecnologia Hi-box, una gabbia di carbonio ad alta densità che contraddistinguerà gli sci della prossima stagione, lavoriamo in collaborazione con un'azienda tessile conosciuta a una fiera. Trovo molto utili le sinergie con le industrie di altri settori. L'importante è che la prima domanda che ti fanno non sia 'Quanti sci fate?', ma piuttosto 'Fammi capire bene cosa ti serve'». Adriano, siete industriali o artigiani?

«Continuo a ritenere la Ski Trab un'impresa artigiana. È stata in fondo una scelta, quella di non voler crescere troppo. Vogliamo mantenere la nostra dimensione, con quindici, massimo venti dipendenti. Ci sono i pro e i contro, perché l'impresa artigiana sopravvive solo se c'è un ricambio generazionale. Nel nostro caso è stato così, io e Daniele siamo stati

coinvolti da subito e il papà ha sempre avuto una fortissima determinazione ad andare avanti. Per questo siamo rimasti l'unica azienda italiana di sci di una certa dimensione. Ricordo quando da ragazzini, nella seconda metà degli anni Settanta, saltavamo la scuola il sabato per accompagnare il papà con un vecchio furgone a recuperare i macchinari di tutti gli altri costruttori di sci che stavano fallendo. Poi le prime esperienze a cercare di vendere i nostri prodotti. Avevo capito che nei negozi dovevo entrare con gli sci in mano, se no non mi davano retta. E la mia tesi di laurea si intitolava 'Strategie competitive nel mondo dello sci'». Daniele, quanto è importante per un tecnico come te avere anche le capacità per poter testare personalmente gli sci?

«È importante, ma per questo lavoro abbiamo ottimi testatori. Per me è più che altro una grande passione che coinvolge tutto, che mi spinge ad andare avanti con entusiasmo. Quasi tutti i nostri dipendenti praticano lo scialpinismo e sono in grado di fornire feedback utili. Cerchiamo anche di coinvolgerli, sia come responsabilità che come gratificazione. Ognuno dei nostri sci, tra i vari codici impressi sulla superficie, riporta quello relativo ai quattro responsabili della produzione, che ruotano a turno. In base alle caratteristiche dello sci finito costruiamo un database in grado di determinare le attitudini di ognuno. E se un atleta vince, c'è una sorta di gara nella gara per vedere chi ha costruito quello sci».


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TRABUCCHI Qui accanto Giacomo Trabucchi, fondatore di Ski Trab.

…la nostra crescita si è sempre basata sull'innovazione tecnologica continua e credo che il mio ruolo sia stato fondamentale, così come adesso lo è quello di Daniele. Io ormai mi sono tirato indietro, anche perché la tecnica corre così veloce che l'esperienza dei vecchi non serve più a niente… Giacomo Trabucchi Arriviamo in cima e scendiamo rapidamente, prima che la neve diventi insciabile. Conosco Adriano e Daniele da tanti anni, ma è la prima volta che scio con loro. Non so perché, ma non immaginavo che chi costruisce sci potesse anche sciare in questo modo, con tale precisione e sicurezza. Ci fermiamo a mangiare un boccone e torniamo in azienda, dove ci aspetta papà Giacomo. «Lo sa come ho inventato il nostro marchio? Gli amici mi prendevano in giro e mi chiamavano 'Trebuchi'. Allora un giorno ho preso il trapano e in una sagoma circolare ho fatto tre buchi». Mi raccontA come ha cominciato a costruire sci?

«Era il 1946, io e i miei tre fratelli gareggiavamo nel salto, ma avevamo un solo paio di sci in quattro. Avevamo studiato un attacco che era facilmente regolabile grazie a un sistema di corde, ma ogni volta dovevamo metterci d'accordo con gli organizzatori perché stabilissero un ordine di partenza che ci desse il tempo di passarci gli sci. A un certo punto mi sono stancato della situazione, facevo già il falegname e mi sono costruito i primi legni. Poi ho conosciuto il campione italiano di salto e ho ordinato le prime 200 tavole di hickory. Era un legno americano per me sconosciuto, l'ho fatto arrivare in nave a Genova e poi a casa di un amico a Milano. Ho approfittato di una vi-

sita all'ospedale militare di Baggio per andarlo a vedere con grande curiosità». E gli sci da discesa?

«Quelli sono venuti dopo, nell'inverno '53-'54. Avevo conosciuto Pirovano, che gestiva un grande albergo a Cervinia. Fu lui a dirmi che il mercato del noleggio poteva avere grande successo. Costruii cento paia di sci in frassino e partii. Sfortunatamente quello fu un inverno senza neve come non si ricordava da anni, però ebbi la fortuna di conoscere tutti i componenti della spedizione italiana al K2 che si stavano preparando in quota con Ardito Desio. Poi cominciarono i primi problemi, perché i miei sci si chiamavano 'Trabucchi-Bormio' e per le gelosie tra le località sciistiche era difficile venderli. Pensi che all'inizio non sapevo nemmeno come le grandi aziende costruivano gli sci, non avevo mai visto una fabbrica, così trovavo delle scuse per curiosare. Una volta andai alla Fischer con un mio amico campione di discesa e, mentre lui li teneva occupati, di nascosto giravo per la fabbrica. Il primo sci da scialpinismo invece l'ho costruito nel '61. Vedevo in giro sci troppo pesanti e così ho fatto lo 'Stelvio' in duralluminio. A un certo punto sono stati gli altri a copiare me, contando sul fatto che loro erano forti e ricchi e io non avevo certo i soldi per pagare un avvocato. La nostra crescita si è sempre basata

sull'innovazione tecnologica continua e credo che il mio ruolo sia stato fondamentale, così come adesso lo è quello di Daniele. Io ormai mi sono tirato indietro, anche perché la tecnica corre così veloce che l'esperienza dei vecchi non serve più a niente». Adriano, Daniele, cosa ne pensate?

Daniele: «Sono d'accordo, la nostra è la politica dei piccoli passi, con un'attenzione quasi maniacale al miglioramento dei particolari, all'innovazione lenta ma continua. Tutto ciò nel solco della tradizione, che ci porta a costruire ancora sci con l'anima in legno. Ormai siamo arrivati ad avere quattordici strati differenti, ma il legno viene ancora curato come una volta, ricavando le due anime dalla stessa asse, in modo che abbiano le stesse caratteristiche, e mantenendo le aste appaiate per tutta la produzione. In passato siamo stati i primi ad avere certe intuizioni anche sugli sci da pista. Le moderne sciancrature, ad esempio, le abbiamo studiate e realizzate quando ancora non si vedevano in giro. Lo dimostra questo (tira fuori un prototipo impolverato), uno sci con la coda a geometria variabile, regolabile con due viti». Adriano: «Tutto questo con la migliore gestione aziendale possibile. Come ha sempre fatto papà, che ancora adesso ci chiede: 'Hanno pagato tutti?', 'Avete chiuso le porte?'».


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LA NEVE E LE VALANGHE

testo: Renato Cresta

ATTENZIONE ALLE 'RUGHE' Il grado di pericolo dei bollettini va contestualizzato nei diversi ambienti dei pendii perché la morfologia e la vegetazione possono rendere più o meno pericoloso un versante grazie al potere di 'ancoraggio' del manto nevoso

Un momento di un'escursione in neve alta photo©Klaus Kranebitter


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Permettetemi un momento di 'autolaudatio'. Nel 1981, durante la mappatura delle zone potenzialmente a rischio di valanga del territorio di un comune montano, ho considerato 'zona a rischio' una superficie su cui sorgeva una stalla-fienile edificata nel 1610. Ovviamente il mio giudizio ha suscitato molte critiche: non pareva accettabile mettere a rischio valanga un edificio che esisteva da 370 anni. Sono rimasto fermo nel mio giudizio e i fatti mi hanno dato ragione. Nei primi giorni del febbraio 1986 una valanga ha raggiunto e gravemente danneggiato l’antico edificio. Non sono mai stato dotato delle capacità divinatorie di uno stregone, ma soltanto di un discreto spirito di osservazione e quest’ultimo mi aveva permesso di notare che l’abbandono della pratica dello sfalcio e del pascolo sui pendii sovrastanti l’abitato, piuttosto ripidi, aveva trasformato il suolo in una copertura continua di arbusti ed erbe a grande taglia. Su questo tipo di suolo vegetale la neve non poteva più trovare le stesse condizioni di 'ancoraggio' che, in precedenza, erano concesse da una copertura erbacea a stelo molto breve. Il cambiamento dell’ambiente si era verificato molto lentamente, in modo impercettibile per gli abitanti del luogo ma in misura evidente per me che andavo alla ricerca dei requisiti necessari alla stabilità del manto nevoso e combinavo tra di loro le variabili inclinazione - morfologia - suolo. In pratica i presupposti di ancoraggio della neve al pendio. Nel numero 1 del 2012 della rivista Montagne 360° compare l’articolo 'Sicuri con la Neve' in cui l’autore, Valerio Zani, afferma: «… una buona ed efficace prevenzione non si esaurisce nel mero rispetto di regole più o meno definite e precise. Un’efficace prevenzione si può avere soltanto se le regole s’inseriscono in un tessuto comportamentale fatto di conoscenza, di rispetto, di ricerca continua della strada corretta e adatta al momento. La prevenzione migliore rimane la conoscenza dell’ambiente in cui ci muoviamo o

C'È PIETRA E PIETRA

…il Bollettino valanghe giunge a definire la stabilità del manto nevoso partendo dalle sue caratteristiche di coesione, cioè dalla sua idoneità a resistere a forze (compressione, trazione, taglio) generate dalla gravità e capaci di provocarne il cedimento meccanico. A proposito, non dimentichiamo che la nostra presenza sul pendio origina un carico addizionale che può diventare un sovraccarico capace di spingere fino al collasso la sollecitazione al distacco… intendiamo muoverci … come avveniva per chi nell’ambiente nasceva, cresceva e ci si confrontava tutti i giorni». Abbiamo appena visto che la conoscenza dell’ambiente non è necessariamente fondata sul semplice fatto di 'risiedere' in una località di montagna, ma sull’accurata osservazione delle sue caratteristiche, alla ricerca della 'risposta' (frane, inondazioni, valanghe, …) che potrà dare alle sollecitazioni degli agenti meteorologici. L’articolo di questo numero tenta di approfondire questo rapporto, queste diverse possibilità di risposta delle condizioni ambientali alla successione di nevicate che formeranno il manto nevoso della stagione invernale. Memori di quanto abbiamo letto nell’ultimo numero, siamo riusciti finalmente a trovare il giusto equilibrio tra difficoltà, preparazione dei partecipanti e stabilità del manto nevoso, perciò siamo partiti e abbiamo tranquillamente portato a termine la nostra escursione salendo e scendendo versanti che avevano pendii di diversa inclinazione e una loro definita morfologia. Su alcuni aveva anche attecchito un certo tipo di vegetazione, il sole li illuminava in un particolar modo e la neve aveva certe caratteristiche. Probabil-

La sequenza mostra prima un pendio coperto da detriti rocciosi a grande pezzatura, sui quali la neve trova un ottimo ancoraggio, come si vede nell’immagine successiva. La situazione

mente non abbiamo prestato speciale attenzione a tutto questo perché non c'è mai stata la necessità di farlo, dato che tutto filava liscio. Se qualcuno ci chiede informazioni, siamo in grado di descrivere l’ambiente ma, probabilmente, non siamo capaci di entrare nei dettagli sull’entità dell’inclinazione, i tipi di vegetazione e altri aspetti ambientali. Proviamo a dare una spiegazione alla domanda: perché siamo in grado di ricordare cose alle quali non abbiamo prestato attenzione? Probabilmente perché ci siamo mossi in un ambiente che, per molti aspetti, si presentava diverso da quello della nostra quotidianità e, al momento del nostro ritorno, il data-base del 'computer encefalico' ha registrato qualche nuova informazione. Di solito non ce ne rendiamo conto, eppure ogni volta qualcosa rimane perché sono convinto che, anche quando si raggiunge l’età adulta, una parte del cervello conservi una certa capacità di 'apprendimento incosciente'. Questo mio discorso vuole essere un tentativo per far comprendere che, se è pur vero che quando ci muoviamo in un determinato ambiente assorbiamo delle informazioni che riponiamo nell’archivio della memoria, è anche vero che

proposta nella terza immagine è ben diversa: su un pendio liscio, con lastre rocciose affioranti e disposte secondo l’inclinazione del versante, la neve non trova possibilità di ancoraggio.


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neve e valanghe

MEGLIO I PASCOLI

In questa sequenza si vede un pendio coperto da una vegetazione erbacea a stelo lungo (la figura umana offre un’idea della taglia delle erbe) che si piegherà sotto il carico della neve e si disporrà come la paglia di un tetto, su cui scorrono senza difficoltà sia l’acqua delle piogge, sia le nevi dell’inverno. La terza immagine mostra invece

quando le ripeschiamo ci accorgiamo che non sono precise e che, qualche volta, non sono adeguate alle nostre necessità del momento. È questo il momento in cui ci rendiamo conto che se impariamo a 'osservare', cioè analizzare ciò che i nostri occhi inquadrano, ne avremo una visione completa e dettagliata, e ci arricchiremo di un bagaglio di informazioni pratiche ricche di dettagli utilizzabili. Godiamoci la nostra escursione, ma dedichiamo meno attenzione al cronometro e più interesse ai particolari del panorama, affinando la nostra capacità di percezione dell’ambiente. Non dobbiamo preoccuparci di pensare, ma semplicemente di catturare l’informazione che raggiunge gli occhi e farla nostra. Ripetiamo questo esercizio di presa di coscienza dell’ambito in cui ci muoviamo fino a quando saremo capaci di farlo con naturalezza. L’esperienza visiva, cioè le informazioni che abbiamo raccolto, sarà assimilata dalla nostra capacità d’intuizione. A quel punto sarà facile, quasi istintivo, stabilire il rapporto percezione - prevenzione, cioè la comprensione che quel determinato ambiente presenta una criticità potenziale che può essere evitata, allontanando il rischio dell’incidente. Negli articoli precedenti ho focalizzato l’attenzione sull’inclinazione del pendio e ho fatto comprendere, spero, che quanto più questo è ripido, tanto maggiore si fa la componente della forza di gravità parallela al pendio che agisce sul manto nevoso; per questo motivo, già durante la precipitazione nevosa, i pendii più ripidi si liberano per primi. La componente parallela al pendio della forza di gravità aumenta anche proporzionalmente alla 'massa' e quindi cresce proporzionalmente all’incremento dello spessore del manto nevoso. Può accadere, tuttavia, di osservare distacchi da pendii poco ripidi o, viceversa, un manto nevoso di discreto spessore ben stabile su pendii di notevole pendenza. Cerchiamo di capire il perché. Il Bollettino valanghe giunge a definire la stabilità

un pendio soggetto a un’intensa attività di pascolo bovino. All’arrivo della stagione invernale presenta una copertura erbosa ridotta a brevi stoppie e una discreta rugosità (sentieramento) causata dal transito del bestiame lungo le linee di livello. Per quanto la situazione non sia ottimale, è di gran lunga migliore di quella della prima immagine.

del manto nevoso partendo dalle sue caratteristiche di coesione, cioè dalla sua idoneità a resistere a forze (compressione, trazione, taglio) generate dalla gravità e capaci di provocarne il cedimento meccanico. A proposito, non dimentichiamo che la nostra presenza sul pendio origina un carico addizionale che può diventare un sovraccarico capace di spingere fino al collasso la sollecitazione al distacco. Alla sollecitazione al movimento verso valle si oppone non solo la forza resistente 'coesione' presa in considerazione dal Bollettino, ma anche la forza 'attrito' che si è stabilita tra il suo-

CLASSE DEL SUOLO

lo e la base del manto nevoso. Al grado di livello 2 il manto nevoso è definito 'da moderatamente consolidato a ben consolidato'. Questo vuol dire che ogni strato di neve ha buone caratteristiche di resistenza e che tutti gli strati sono ben connessi tra di loro. Tutto bene, ma l’insieme 'manto nevoso' dalle buone caratteristiche di coesione giace su tanti pendii diversi. Pendii che, oltre ad avere una determinata inclinazione (sollecitazione al distacco) presentano una superficie la cui rugosità (resistenza 'attrito') è molto variabile e può offrire disparate possibilità di ancoraggio.

TIPO DI SUOLO E SOPRASSUOLO

FATTORE DI CORREZIONE

Esposizione WNW-N-ENE

Esposizione ENE-S-WNW

1

Accumulo di grossi blocchi Ø >> 50 cm Gibbosità fortemente pronunciate Bosco rado di conifere sempreverdi Grandi cespugli di ontani (droiss) o pinastri (baranci) alti almeno 1 metro

+0

+0

2

Ciottoli Ø < 50 cm Gibbosità poco pronunciate Bosco rado di decidue (larice-faggio) Cotica erbosa a stelo breve, cosparsa di piccoli cespugli (h<1m) o percorsa da sentieramenti dovuti al transito bestiame (pied de vache)

+0

+0,5

3

Lastre di roccia affioranti, con stratificazione parallela al pendio Detrito di falda di piccole dimensioni, anche misto a terriccio Arbusti sparsi di taglia < 50 cm Cotica erbosa liscia, uniforme, a stelo lungo Superficie di ghiacciaio

+0,5

+1


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L’Istituto Federale Neve e Valanghe di Davos ha emesso delle direttive per la costruzione di strutture paravalanghe che comprendono una tabella necessaria per determinare i sovraccarichi addizionali che agiranno sulle opere di difesa a causa del 'fattore N', ossia del fattore di scorrimento della neve sul pendio. I ricercatori di Davos hanno osservato che, a parità d’inclinazione del pendio, la spinta sulle strutture aumenta in funzione inversa alla rugosità della superficie. Per questo hanno determinato l’entità dell'incremento fissando dei valori in funzione del tipo di suolo e soprassuolo. Io ho semplificato e adattato alle esigenze dello sciatore alpinista questo fattore N, trasformandolo in un 'indice della tendenza al distacco', un indice dell’influenza che la rugosità può avere sulla stabilità del manto nevoso sul pendio (la probabilità di distacco cresce in funzione dell’indice). Il fattore di correzione indicato nelle due colonne tiene conto della diminuzione dell’attrito di fondo, un calo che corrisponde a una riduzione della 'resistenza per attrito'. Agli effetti pratici del bilancio delle forze in equilibrio, questo calo della resistenza ha la stessa conseguenza di un equivalente incremento della forza 'sollecitazione' che, a parità d’inclinazione del pendio, agisce sul manto nevoso. Perciò il fattore di correzione che propongo non è altro che un indice da sommare al grado di pericolo indicato dal Bollettino. Non possiamo diminuire l’indice del Bollettino, perché questo è rappresentativo delle condizioni generali del manto nevoso, ma possiamo confrontarlo con le condizioni della superficie su cui il manto nevoso si è depositato. Esempio: compio un’escursione estiva in montagna e percorro un sentiero che attraversa un pendio moderatamente ripido (< 30°) di un versante esposto a Nord; osservo le forme e la rugosità

del pendio e memorizzo l’informazione 'cotica erbosa liscia, uniforme, a stelo lungo, con piccoli arbusti sparsi '. Adesso posso ragionare: ai fini dell’ancoraggio del manto nevoso quel pendio 'moderatamente ripido' che presenta un suolo di classe 3 equivale a un pendio 'ripido' (30°- 35°). La scala non funziona in senso inverso, cioè un 'ripido' non diventa 'moderatamente ripido', anche se la rugosità migliora certamente le possibilità di ancoraggio degli strati di fondo. Attenzione: la condizione di ancoraggio del manto nevoso è limitata agli strati che sono compre-

…ho cercato di proporre l’utilizzo di un dispositivo che potrebbe evitarci di essere inseriti nelle statistiche del CNSAS, inclusi in quel 25 per cento di coinvolti in incidenti che si sono verificati con grado di pericolo 2. Sono proprio quegli incidenti che nessuno si aspettava…

si tra le scabrosità del pendio. Ne deriva che, quando è completamente sommerso dalla neve, anche un pendio di classe 1 potrà fare ipotizzare una situazione in cui gli strati di fondo, per quanto ben ancorati, non possono impedire uno scorrimento di neve su neve degli strati di superficie. Invece che all’inclinazione del pendio, posso applicare il fattore di correzione al grado di pericolo. Se il giorno dell’escursione invernale il Bollettino m’informa che il grado di pericolo è 2, ma io devo muovermi su un pendio esposto a nord di classe 3, che ha una tendenza al distacco che vale + 0,5, considero il livello di pericolo pari a 2 + 0,5 = 2,5. In pratica devo aggiungere una certa dose di prudenza al mio comportamento. Se invece il pendio è esposto ai quadranti meridionali aggiungerò + 1 e la prudenza dovrà essere quella richiesta dal livello 3 - marcato. A questo punto più di un lettore scuoterà sconsolatamente la testa: «Il Bollettino indica grado di pericolo 2 e, con i suoi ragionamenti, il Capitano lo porta a 3, con tutto l’incremento di precauzioni e restrizioni che comporta questo livello». Chi va per i monti è libero di comportarsi come ritiene più opportuno e nessuno sarà accusato di non aver tenuto conto dei miei suggerimenti. Quanto ho esposto vuole essere qualcosa di più della solita generica esortazione a essere prudenti, esortazione che non indica mai in quale direzione orientare la prudenza. Ho invece cercato di proporre l’utilizzo di un dispositivo che potrebbe evitarci di essere inseriti nelle statistiche del CNSAS, inclusi in quel 25 per cento di coinvolti in incidenti che si sono verificati con grado di pericolo 2. Sono proprio quegli incidenti che nessuno si aspettava, come ho già messo in evidenza nel diagramma 'Confronto livello di pericolo - incidenti' a pagina 58 del numero 81 di Ski-alper.

Richiamo preventivo

delle bombole Snowpulse più vecchie Le bombole Snowpulse della serie “Inflation System 1.0” presentano un difetto del misuratore della pressione (manometro) e devono essere sostituite. Le bombole vendute nella stagione invernale 2011/12, tutti i prodotti airbag Mammut e i prodotti Ferrino Powdersafe e Cybersafe venduti nella stagione invernale 2011/12 non sono interessati dal richiamo. Quali bombole sono interessate dal richiamo? Tutte le bombole Snowpulse di prima generazione, compatibili con l’Inflation System 1.0, da 207 e 300 bar. Come posso accertare quali bombole sono effettivamente interessate dal richiamo? Tutte le bombole la cui valvola ha l’aspetto raffigurato nell’immagine e il cui manometro non è stato mai sostituito fino ad ora. Informazioni sul richiamo: www.snowpulse.com / recall | helpdesk@snowpulse.com assistenza@ferrino.it | +39 011 2230728

Fig. Bombole interessate dal richiamo


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MIRCO DE COl

testo: Umberto Isman foto: Umberto Isman

ESTREMO autodidatta, Mirco De Col ha iniziato tardi con lo sci, ma ha sceso alcune pareti estreme nelle Dolomiti bellunesi, come la Moiazza e il San Sebastiano. Senza pubblicità, senza enfasi, per il gusto di farlo per primo

C

i incontriamo a Passo Rolle, nella desolazione di questo inverno senza neve. Mi viene incontro sul piazzale. Non so perché quelli tosti te li aspetti sempre più alti di quello che sono. È una stupidaggine, anche perché in breve mi rendo conto che Mirco non è altro che un ulteriore tassello aggiunto alla mia teoria 'lombrosiana' del perfetto sciatore ripido. Nello sport ci sono esempi illustri di atleti con un fisico che pare progettato ad hoc, Fausto Coppi su tutti. Venendo allo sci e guardando Mirco, mi viene in mente Heini Hemmi, il folletto svizzero che in più di un'occasione fece impazzire Stenmark e Thoeni. Oppure, se parliamo di sci ripido, un altro Heini, brevilineo anche lui: Heini Holzer, non a caso il primo di cui Mirco mi racconta di aver seguito le tracce.

Mirco, sei nato in montagna, quindi con gli sci ai piedi...

«Non proprio... ho messo gli sci per la prima volta a 28 anni, nel 2003. I miei genitori non sciavano, non gli interessava che imparassi, un po' glielo rimprovero. Andavo tanto in montagna, ma ad arrampicare. Ho fatto anche vie impegnative: una delle prime ripetizioni del diedro Casarotto allo Spiz di Lagunaz, la Biasin al Sass Maor, molte solitarie, anche invernali, e poi la Salathé al Capitan. Ero andato là con un amico, ma non se l'è sentita. Con un bigliettino sulla bacheca del campeggio ho trovato uno svedese e l'ho fatta con lui». Hai avuto dei maestri?

«Lorenzo Massarotto, un grande amico, oltre che un grande alpinista. Uno modesto che non si vantava mai delle sue imprese, ma tra i più forti in assoluto». (Mirco si commuove mentre mi racconta dell'amico scomparso, colpito da un fulmine nel 2005) Arrampichi ancora?

«No, ho praticamente smesso. L'arrampicata richiede

molto tempo, soprattutto in estate, e quando ho aperto la mia impresa di disgaggi e lavori in parete non avevo più tempo per scalare a un certo livello. Così ho cominciato con la corsa in montagna, dove per allenarsi bastano un paio d'ore». E lo sci?

«Gli amici con cui correvo in montagna facevano anche gare di scialpinismo. Sono stati loro a trascinarmi la prima volta che ho messo gli sci mi hanno portato su con la funivia del Lagazuoi. «Adesso scendi!», mi hanno detto, e sono partiti. Era l'inverno del 2003, ho cominciato con lo scialpinismo, poi ho trovato un amico del paese che compiva 50 anni e ci teneva a provare a fare il Mezzalama. Ci siamo allenati e siamo partiti. Era l'anno del numero chiuso al cancello del Colle del Breithorn, passavano solo le prime 190 squadre. Abbiamo sputato l'anima e quando a pochi metri dal colle ci siamo resi conto che ce l'avevamo fatta, mi sono girato e l'ho visto piangere. Ancora adesso, ogni volta che lo incontro, mi ringrazia. Io invece in salita non avevo problemi, ma quando è finita la neve, a 400 metri di dislivello da Gressoney, credo di essere stato l'unico felice di togliere gli sci e correre per i prati». Mi pare di capire che la tua tecnica fosse un po' approssimativa...

«Esatto, ho imparato da autodidatta. Poi però ho capito che se volevo progredire dovevo mettere a punto la tecnica e mi sono affidato a un'amica maestra di sci, Cinzia De Bortoli. È una che sa veramente insegnare, me ne ha dette di tutti i colori, anche perché rimettere in sesto chi ha imparato in modo sbagliato è molto più difficile». Parlando di ripido, come hai cominciato e a chi ti sei ispirato?

«È stata un'evoluzione spontanea. Mi sono sempre piaciuti gli spazi selvaggi e probabilmente sono anche attratto da un certo tipo di rischio. Ho comin-


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SOLITARIO

Mirco in azione sul Vallon d'Antermoia in Marmolada photo©Davide Dal Mas

…credo che lo sci estremo sia una disciplina da solitari, forse per definizione. Il gusto, sono sincero, sta anche nel fatto di fare qualcosa che nessun altro ha mai fatto e forse non farà mai. Poi credo che sia una questione di concentrazione, di bisogno assoluto di stare solo con te stesso…


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MIRCO DE COl …ci sono stati passaggi molto delicati dove non era consentito sbagliare ma, ti dirò, fatta la prima curva non ci pensi più, la concentrazione è totale. Certo non si può parlare di divertimento, soddisfazione sì, ma divertimento è ad esempio una bella sciata in Marmolada…

DUE IMPRESE SOLITARIE Da sinistra. Le linee di discesa disegnate da Mirco sulla Moiazza e sul San Sebastiano

ciato a sciare fuoripista ed è stata un specie di folgorazione. Mi sono documentato e ho cominciato a ripetere le grandi discese del passato, quelle di Heini Holzer e di Patrick Vallençant prima di tutto. Ho sceso molti dei canali dolomitici, famosi e no, poi ho fatto la nord dell'Ortles e la nord del Gran Paradiso. Gradualmente ho cominciato a esplorare linee di discesa nuove, che fossero solo mie». Non hai mai pensato di condividere con qualcuno il gusto della discesa estrema?

«Sinceramente no. Credo che lo sci estremo sia una disciplina da solitari, forse per definizione. Il gusto, sono sincero, sta anche nel fatto di fare qualcosa che nessun altro ha mai fatto e forse non farà mai. Poi credo che sia una questione di concentrazione, di bisogno assoluto di stare solo con te stesso. Nel nostro ambiente c'è tanta invidia e anche un po' di mistificazione. A volte si scendono pareti calandosi in doppia, quando invece secondo me si potrebbe sciare, e le si spacciano per grandi imprese. Io cerco di essere sincero con me stesso e con gli altri. Anche con te, quando ti dico che con certe discese ho voluto in effetti mettere i puntini sulle i». Veniamo alle ultime due discese importanti, la Moiazza e il San Sebastiano. Raccontami com'è andata.

«La discesa dalla parete sud della Moiazza è del 2008 e grande merito va al mio amico Fausto Todesco (Fausto è presente all'intervista, ndr). È il massimo esperto della zona (ha gestito per anni il rifugio Carestiato ed è riconosciuto come uno dei più competenti ed appassionati gestori, ndr), è stato lui a dirmi che da lì era convinto che si potesse passare sci ai piedi. Mi sono studiato la linea d'estate e d'inverno e, quando mi è sembrata in condizione, sono partito di notte per risalirla. Fausto mi assisteva dal Passo Duran, eravamo in contatto radio, ma al buio non poteva certo darmi indicazioni. Così ho sbagliato canale e mi sono trovato alla base di un diedro di quarto gra-

do, che ho dovuto salire slegato, con gli scarponi ai piedi e gli sci nello zaino. La discesa è stata perfetta, grazie all'intuizione di Fausto e al suo 'sbinocolare' dal passo. Il San Sebastiano è forse una cosa ancora più mia. Erano anni che ci pensavo, salivo da solo estate e inverno per studiare i passaggi. Avevo individuato il tratto più critico nella cornice appena sotto la cima, passaggio obbligato per imboccare il primo pendio, quello più ripido, circa 55°. Era un passaggio critico soprattutto in salita e la prima volta che sono andato in esplorazione ho dovuto scavare un vero e proprio tunnel per uscire dalla cornice. Il 4 gennaio dello scorso anno sono partito deciso. La cornice era più piccola delle altre volte, ho dovuto scavare solo un po' per superarla e preparare il passaggio per la discesa. Fausto anche questa volta mi seguiva dal Passo Duran e suo figlio Matteo era salito con me fino al terrazzo prima dell'imbocco del canale».

Che importanza ha per te compiere certe imprese sulle montagne di casa?

A vederla dal vivo sembra una parete impossibile da scendere con gli sci. Pendenza a parte, non si riesce a capire dove sia possibile passare e tu mi stai dicendo che l'hai fatta tutta sciando?

Mi pare che tu non sia molto attento a reclamizzare le tue imprese e farti conoscere...

«Sì, per me era una condizione indispensabile. Avevo la corda per sicurezza e su altre pareti mi è anche capitato di usarla per brevissimi tratti, ma credo che l'essenza dello sci estremo sia quella di sciare, non di scendere le pareti con ogni mezzo. Ci sono stati passaggi molto delicati dove non era consentito sbagliare ma, ti dirò, fatta la prima curva non ci pensi più, la concentrazione è totale. Certo non si può parlare di divertimento, soddisfazione sì, ma divertimento è ad esempio una bella sciata in Marmolada. In realtà anche durante la discesa dal San Sebastiano ho adocchiato un pendio sulla destra del canale e ho fatto una deviazione, giusto per tirare due belle curve in velocità. L'importante è saper valutare i rischi e le condizioni della parete e soprattutto, come si dice da noi, 'non metter el cul davanti alle pedate'».

«È fondamentale, una soddisfazione in più, un vero e proprio valore affettivo. E poi vivendo alla base delle pareti conosco nei dettagli la loro morfologia e soprattutto l'evoluzione del manto nevoso nel corso della stagione». E come si fa a valutare i gradi di pendenza?

«Mah, è semplice, se stai su, più di 55/60 gradi non possono essere. E poi ho l'esperienza del mio lavoro: le pareti in terra rinforzate col ferro che sostengono strade e parcheggi sono esattamente a 60° e così mi sono fatto l'occhio. E per valutare la pericolosità dei pendii ho l'esperienza di costruzione dei paravalanghe. Adesso ho un cantiere aperto sopra al Passo Pordoi, dirigo i lavori, ma a stare con le mani in mano mi annoio e così aiuto gli operai. I capi non mi piacevano quando ero operaio, per questo ora cero di non fare troppo il capo».

«Le faccio soprattutto per me. Di alcune non ho neanche le foto, di altre le foto sono state fatte da amici con macchinette compatte. L'altro giorno sono andato al Vallon d'Antermoia in Marmolada proprio per scattare delle belle immagini. Ero con un amico che è un bravissimo fotografo, anche se lo fa solo nel tempo libero. Mi seguiva a piedi, ma non ha una grande esperienza di montagna ed era un po' lento. Gliel'ho fatto notare e mi ha fulminato così: 'Se tu fossi un bravo sciatore avresti anche un fotografo bravo a far ste robe!'». Chiudiamo con un po' di gossip: come hai conosciuto Martina?

«Ci siamo conosciuti a uno ski-test. Poi un giorno stavo montando la ruota di una seggiovia al Nevegal (sopra Belluno), lei è passata proprio sotto di me durante un allenamento, l'ho chiamata e... l'unica volta che sono stato al Nevegal mi è costata cara».


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In alto. Mirco durante un viaggio in Cile (photoŠRiccardo Selvatico) e durante la discesa dal San Sebastiano (photoŠMatteo Todesco). A metà pagina. Un momento dell'intervista e un ritratto. In basso. Mirco in skiroom e davanti al Mac a mostrarci alcune delle sue foto


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NIVOLOGIA TESTO : Renato Crestai

Dietro il bollettino

L

a Valle d’Aosta è una regione formata da 3.264 chilometri quadrati di montagne comprese tra due gradi di latitudine, dai 45° del Gran Paradiso ai 46° del Cervino. Una così limitata estensione da sud a nord (meno di 120 chilometri) potrebbe fare pensare a una omogeneità climatica, a una uniforme distribuzione delle precipitazioni nevose e a una facile previsione dei fenomeni meteorologici, ma la realtà è ben diversa. Ci sono almeno dieci vallate principali e moltissime valli minori e ciascuna di queste ha un suo microclima che la differenzia. Per questo motivo l’emissione di un bollettino valanghe è un lavoro di notevole complessità, che deve considerare un elevato numero di variabili. Bisogna tenere conto dell’orientamento del sistema delle valli ma anche del notevole sviluppo altimetrico di un territorio in cui le montagne si innalzano, in brevi spazi, da 600 metri fino agli oltre 4000. Conosco ormai da molti anni Simone Roveyaz, che si occupa, insieme ad alcuni colleghi, coordinati dal direttore Walter Segor, dell’emissione del bollettino valanghe per la Valle d’Aosta.

Una semplice 'paginetta' di informazioni sul rischio valanghe nasce da migliaia di rilevamenti delle stazioni fisse e itineranti. Anche in una regione piccola come la Valle d'Aosta. Ne abbiamo parlato con uno dei responsabili valdostani, Simone Roveyaz

Vuoi illustrare ai lettori di Ski-alper la mole di lavoro, la quantità di dati che deve essere presa in considerazione per stendere 'una paginetta' di informazioni? «Per l’elaborazione del Bollettino Regionale Neve e Valanghe disponiamo, oltre che di numerose stazioni automatiche, di due reti di rilevamento, una manuale in campi fissi e l’altra, sempre manuale, ma itinerante. La rete di rilevamento manuale si compone di 'campi neve' nei quali vengono effettuate, nel periodo da novembre a maggio, osservazioni nivometeorologiche giornaliere (modello 1 AINEVA), prove penetrometriche e profili stratigrafici settimanali (modelli 2-3-4 AINEVA), osservazioni su innevamento ed eventi valanghivi (modello 6 AINEVA). La particolarità dell’attività di rilevamento in campi neve fissi è quella di poter seguire con cadenza regolare l’evoluzione del manto nevoso e delle condizioni in un sito specifico. Per quanto riguarda le osservazioni nivometeorologiche, vengono effettuate quotidianamente (dai primi di novembre alla fusione della neve) delle misure di parametri meteorologici e nivologici quali la nuvolosità, la visibilità, il vento in quota, la temperatura dell’aria minima, massima e rilevata alle ore 8, l’altezza della neve al suolo, dell’eventuale neve fresca, la densità della neve fresca e la temperatura della neve a 10 e 30 centimetri. Viene effettuata anche l'analisi delle caratteristiche dello strato della superficie della neve e delle valanghe osservate. La gestione di questi campi è affidata a personale formato secondo lo standard AINEVA che opera in qualità di privato o nell’ambito delle convenzioni e delle collaborazioni tra la Direzione assetto idrogeologico dei bacini montani della Regione Autonoma Valle d’Aosta e il Corpo forestale della Valle d’Aosta, il Soccorso Alpino della Guardia di Finanza, la Compagnia Valdostana delle Acque, le società concessionarie degli impianti di risalita e alcuni rifugi alpini».

Un rilevamento itinerante

RETE DI RILEVAMENTO MANUALE FISSA modelli AINEVA MOD. 1 MOD. 2

tipo di rilevamento

cadenza del rilevamento

campi neve

osservazioni nivometeorologiche

giornaliera

n. 36

prova penetrometrica

MOD. 3

profilo stratigrafico

MOD. 4

rappresentazione complessiva del profilo del manto nevoso

MOD. 6

osservazioni su innevamento ed eventi valanghivi

settimanale

n. 25


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Cosa intendi per rete di rilevamento itinerante? «Ogni settimana, per indagare i pendii e le esposizioni di difficile accesso, vengono realizzati quattro rilievi itineranti, non vincolati cioè a un campo neve fisso, ma effettuati lungo un percorso scialpinistico. Servono per analizzare condizioni nivometeorologiche particolari e aspetti critici della stabilità del manto nevoso. I rilievi sono programmati dai tecnici dell’ufficio valanghe sulla base delle informazioni nivometeo che si vogliono trovare in zone che presentano particolari criticità o che risultano povere di informazioni e generalmente interessano le fasce comprese tra 2000 e 3500 metri. Questa tipologia di rilevamento, oltre alle prove penetrometriche, ai profili stratigrafici e alle osservazioni su innevamento ed eventi valanghivi, prevede l’esecuzione di specifici test per valutare la stabilità del manto nevoso in una determinata area e la compilazione di una scheda osservazioni. I rilievi sono eseguiti da un gruppo di 20 guide alpine, appositamente selezionate e formate, che operano come collaboratori tecnici dell’Ufficio Neve e Valanghe». In pratica, che dimensioni ha la mole di dati che devi prendere in considerazione durante una stagione invernale? «Per avere un’idea del quantitativo di dati raccolti dalle reti di rilevamento manuali, dal primo novembre 2010 al 31 maggio 2011 sono stati compilati 4.544 modelli 1, 511 modelli 2-3-4 (profili stratigrafici), 424 modelli 6 ed effettuati 125 rilievi itineranti (modelli 2-3-4-6 + ECT+RB) con un impegno settimanale sul campo di circa 70 operatori. Inoltre ogni settimana i tecnici dell’Ufficio neve e valanghe compiono sopralluoghi per verificare le condizioni del manto nevoso e la validità del Bollettino». Quali dati utili forniscono le stazioni automatiche? «Per la realizzazione del Bollettino Regionale Neve e Valanghe, oltre ai dati derivanti dalle stazioni di rilevamento manuale, ci si avvale di quelli misurati dalla rete di telerilevamento regionale, della quale utilizziamo 81 stazioni meteorologiche e nivometeorologiche collocate a diverse quote e dotate di sensori per il monitoraggio di numerosi parametri ambientali. Questa rete di monitoraggio è gestita dal Centro Funzionale (Assessorato opere pubbliche, difesa del suolo e edilizia residenziale pubblica) e dall’Agenzia Regionale per la Protezione Ambientale (ARPA) della Valle d’Aosta. Devo aggiungere che l’Ufficio neve e valanghe riceve numerose informazioni fornite da tecnici che lavorano sul territorio come quelli dei comprensori sciistici. Ci forniscono informazioni dettagliate sullo stato del manto nevoso, sull’attività valanghiva spontanea nelle aree prossi-

me al comprensorio, sui risultati delle bonifiche dei pendii e sugli effetti che i vari parametri atmosferici hanno sul manto nevoso. Altre informazioni arrivano dai membri delle 17 Commissioni valanghe locali sul territorio regionale e dalla stessa attività di campo dei tecnici previsori dell’ufficio neve e valanghe». Giulio Contri, dell'Ufficio Meteo, mi ha spiegato che in Valle d’Aosta ci sono più regimi climatici. In quale misura questa diversità influisce sulla 'valangosità' della Valle? Ci sono vallate che sono più interessate dalle valanghe di altre? Se esistono, la maggiore attività è legata alle nevicate oppure a situazioni climatiche locali come il soleggiamento primaverile o il vento? «La suddivisione in quattro aree del territorio valdostano è stata definita sulla base dell’individuazione di ambiti territoriali caratterizzati da una risposta meteorologica omogenea, tenendo in considerazione l’idrografia, la meteorologia e l’orografia del territorio. La valangosità è strettamente legata alla frequenza e all’intensità delle precipitazioni che interessano le singole aree associata alla morfologia del territorio. In particolare le aree maggiormente interessate da eventi valanghivi spontanei sono i settori C-D e B».

VALORI MEDI REGIONALI DEL GRADO DI PERICOLO VALANGHE DAL 2008 AL 2011

MARCATO 46%

MODERATO 40%

MOLTO FORTE 1%

FORTE 5%

DEBOLE 8%

Simone Roveyaz nel suo ufficio


60 > editor's choice

SPECIALE ISPO 2012 SELEZIONE: Sebastiano Salvetti TESTO: Sebastiano Salvetti

Italia vs restO del mondo Oltre 2.000 espositori L’edizione 2012 di ISPO Winter ha visto presenti nei padiglioni del polo fieristico di Monaco di Baviera 2.344 espositori provenienti da 51 Paesi distribuiti in tutto il Mondo. Grande il successo di pubblico: quasi 80.000 operatori in rappresentanza di oltre 100 Nazioni


SKI-ALPER EDITOR'S CHOICE Speciale

Lo ski-alp internazionale vira con decisione verso il freeride mountaineering. I prodotti di estrazione racing restano invece irrinunciabili nel nostro Paese. Un dualismo 'scoppiato' in occasione dell’ISPO di Monaco. Ecco oltre 60 novità selezionate dallo staff tecnico di Ski-alper ISPO 2012

L

a rotta è tracciata. Lo scialpinismo, da quanto emerso in occasione dell’ISPO di Monaco, fiera internazionale dell’attrezzo e degli sport invernali, va nella direzione del freeride mountaineering. O, se si preferisce, del backcountry. Termini roboanti che, in realtà, celano un concetto scontato per qualsiasi ski-alper: libertà. Non tanto in relazione all’ambiente affrontato, quanto da pregiudizi e 'regole'. L’Europa e il mondo intero non si sentono schiavi del bilancino, del carbonio, degli attacchi low tech e del risparmio di peso. Anelano a tutt’altro. Desiderano piuttosto robustezza, semplicità, funzionalità e… discese. Queste ultime non quale contorno ma piatto forte di giornata, con le pelli a

rappresentare l’antipasto in vista della portata principale. Ecco quindi proliferare sci extra large, attacchi di derivazione freeride e scarponi a quattro ganci con plastiche la cui rigidità strizza l’occhio ai prodotti da sci alpino. Sarà il futuro dello ski-alp? Può essere. I produttori di attrezzature, grandi e piccoli, ci credono. L’Italia, intanto, resta un pianeta a sE stante, dove la leggerezza è un valore irrinunciabile. Nel nostro Paese i prodotti race, o comunque derivati dalle corse, continuano a riscuotere un grande successo. Un dualismo che comunque si risolve in un momento magico, caratterizzato da un ventaglio di proposte ogni giorno più ampio e variegato. Scopritelo al fianco di Ski-alper. Ecco una vetrina delle migliori 70 novità 2012-2013.


62 > editor's choice

SPECIALE ISPO 2012

ATOMIC ATLAS Sviluppato dall’ex discesista Daron Rahlves, lo sci austriaco da freeride mountaineering si evolve, spiccando per i notevoli valori di portanza. Forte di una larghezza sotto al piede di 115 mm nella misura 182 cm, è caratterizzato da una generosa sciancratura (140/115/122 mm sul 182 cm) e da un raggio di 22 m (182 cm). Marcato rocker in punta. Anima in legno con inserti in titanio. È disponibile nelle lunghezze 182 e 192 cm con pelli dedicate. Il peso si attesta a 2.050 g (182 cm) oppure 2.250 g (192 cm). www.atomic.com

Dynafit Baltoro Women Proposta in chiave Lady del SUV delle nevi, il noto Baltoro. Uno sci per tutte le condizioni di fondo e pendio che, rispetto al modello da uomo, risulta più leggero, pur condividendo struttura e costruzione. Anima in legno di Paulownia. Nella misura 158 cm il peso si attesta a 1.220 g contro i 1.290 g del modello da uomo. Identiche la sciancratura di 114/84/101 mm e la curvatura lievemente rocker, sia in punta sia in coda. Disponibile nelle lunghezze 149, 158 e 167 cm. www.dynafit.it

TOP FEATURE

TOP FEATURE

115 mm sotto lo scarpone

70 g più leggeri rispetto a Baltoro

Black Diamond Carbon Megawatt L’azienda americana ha il freeride mountaineering nel sangue. Ecco allora una versione alleggerita del noto freeride Megawatt, forte di un’eccezionale superficie di galleggiamento, come lascia intuire la sciancratura di 147/120/126 mm sul 178 cm. Curvatura rocker sia in punta sia in coda. Anima in legno di Paulownia con rinforzi in fibra di carbonio. Lunghezze di 178 e 188 cm, peso di 2000 g (178 cm). www.blackdiamondequipment.com

Dynafit PDG Deriva tanto strettamente dal modello da gara DY.N.A. da ricalcarne la sciancratura, pari a 99/65/80 mm nell’unica misura disponibile di 161 cm, e da condividerne l’anima in legno di Paulownia. Cresce però, sebbene di poco, il peso, che passa dai 720 g del modello race agli 800 g del PDG. Differenza legata essenzialmente al rivestimento dell’anima in fibra di vetro e carbonio anziché esclusivamente in materiali compositi. www.dynafit.it

TOP FEATURE

TOP FEATURE

Sciancratura di 147/120/126 mm su 178 cm

Anima rivestita in fibra di vetro e carbonio

Black Diamond Revert Camber e rocker nel medesimo sci da freeride mountaineering. La parte centrale, in corrispondenza dello scarpone, ha una curvatura tradizionale (camber). In punta e coda la struttura diventa rocker e nervature di rinforzo contengono le torsioni. Struttura sandwich con anima in legno di Paulownia. Disponibile nelle misure 165, 173, 181 e 189 cm, ha una sciancratura di 120/95/108 mm e un raggio di 21 m nella lunghezza 173 cm. Peso di 1.650 g (173 cm). www.blackdiamondequipment.com TOP FEATURE

Curvatura sia camber sia rocker

La curvatura rocker è il must tecnico del 2012: persino gli sci race le strizzano l’occhio

Sopra. Glen Plake, è sempre uno dei personaggi più noti tra i vari testimonial delle aziende

Dynastar Pierra Menta Rocker Manda in pensione il grantour Alti Patrouille Des Glaciers. Rispetto a quest’ultimo cresce l’ampiezza in punta, 96 mm contro 92. Resta immutata la superficie sotto lo scarpone (65 mm) e si riduce la larghezza in coda, da 82 a 79 mm. Raggio più contenuto: 22 m anziché 24. Il peso è praticamente invariato e nell’ordine dei 900 g. Viene confermata l’anima in Rohacell, unione di legno e acrilico, e la curvatura rocker deriva dal race Pierra Menta Rocker Carbon. È disponibile nelle misure 150, 160 e 169 cm. www.dynastar.com TOP FEATURE

Curvatura rocker e anima in legno/acrilico


63 > editor's choice

HAGAN CHIMERA Nuova gamma composta da tre attrezzi con curvatura rocker destinati al freeride mountaineering. Chimera 1.0, forte di dimensioni di 124/87/109 mm, è declinato nelle misure 168, 176 e 184 cm. Più inclini allo scialpinismo classico Chimera 2.0 e 3.0: il primo con sciancratura di 122/83/107 mm e lunghezze di 154, 162, 170 e 178 cm, il secondo con misure caratteristiche di 115/75/105 mm (146 e 153 cm) e di 117/77/107 mm (160, 167 e 174 cm). www.hagan-ski.com

Elan Alaska Pro Ad Alaska, che nel 2011/2012 si è laureato miglior sci grantour nei nostri test, si affianca Alaska Pro. Questo sci, grazie a inserti in carbonio anziché in fibra di vetro, mutuati dal race Triglav, vede scendere il peso dichiarato da 1.299 a 1.140 g. Nessun cambiamento nelle misure disponibili, ovvero 156, 163, 170 e 177 cm, nella sciancratura, pari a 109/79/99 mm nella lunghezza 170 cm e nel raggio di curva www.elanskis.com

TOP FEATURE

159 g più leggero del fratello Alaska

Elan Himalaya Inedito attrezzo da freeride mountaineering caratterizzato dal profilo lievemente rocker in punta. Il peso si attesta a 1.450 g. Può contare su una generosa portanza, come lasciano intuire le dimensioni di 127/97/114 mm nella misura 177 cm. www.elanskis.com

TOP FEATURE

1.450 g e 97 mm sotto lo scarpone

Fischer Tour Gerlinde Kaltenbrunner Novità in chiave rosa per Fischer che propone un grantour lady con struttura sandwich, anima in legno di Paulownia, rinforzi in fibra di carbonio e curvatura rocker. Disponibile nelle misure 149, 156, 163 e 170 cm, ha sciancratura di 113/75/100 mm e raggio di 17 m (163 cm). Il peso si attesta a 1.110 g (163 cm). Pressoché invariato, fatta eccezione per le grafiche, il resto della collezione. www.fischersports.com TOP FEATURE

Curvatura rocker per il freeride mountaineering

TOP FEATURE

Legno e carbonio in chiave lady


64 > editor's choice

SPECIALE ISPO 2012 L’influenza del freeride mountaineering porta a una crescita generale della larghezza sotto il piede degli sci, anche nel settore grantour

Hagan X-Carbon Grantour dalla curvatura rocker. Ha un’ampiezza discretamente generosa sotto il piede (75 mm), anima in legno e struttura semi cap. Le lunghezze disponibili sono 147, 155, 163 e 170 cm con sciancratura di 112/75/100 mm e raggio di 16,2 m nella misura 163 cm. Il peso dichiarato è di 1.270 g (163 cm). www.hagan-ski.com

TOP FEATURE

Struttura semi cap e peso di 1.270 g

K2 BackDrop Il backcountry è nato negli Usa. K2 non tradisce questa tradizione e con BackDrop crea un inedito trait d'union tra ski-alp e freeride. La costruzione derivata dal noto WayBack può contare su struttura cap e anima in legno di Paulownia, pioppo e acero. Disponibile nelle lunghezze 174 e 181 cm, ha sciancratura di 142/112/131 mm contro i 124/88/108 mm del 'fratello minore' WayBack. Rispetto a quest’ultimo crescono superficie di portanza e peso: 1.820 g (174 cm) anziché 1.440 g (167 cm). Raggio di 23 m nella misura 174 cm. www.k2skis.com TOP FEATURE

1.820 g e 112 mm sotto lo scarpone

La Sportiva Hang5 Quando lo ski-alp sconfina nel freeride. Hang5 ha curvatura rocker in punta, decisamente accentuata, e in coda, meno marcata. Anima in legno di Paulownia con rinforzi in fibra di vetro e carbonio. Disponibile nelle misure 178 e 188 cm, vanta dimensioni di 145/117/135 mm e raggio 26 m nella lunghezza 188 cm. Il peso si attesta a 2.000 g (188 cm). www.lasportiva.com

TOP FEATURE

Spatola monstre: 145 mm di larghezza

La Sportiva Lo5 Il freeride mountaineering declinato all’italiana, forte di un’ampiezza di 95 mm sotto il piede e della curvatura all’80% camber, al 20% rocker (in punta). L’anima è in legno di Paulownia con rinforzi in fibra di vetro e carbonio. Disponibile nelle misure 168, 178 e 188 cm. Sciancratura di 125/95/115 mm e raggio di 18 metri nella lunghezza 178 cm. Pesa 1.450 g (178 cm). www.lasportiva.com

TOP FEATURE

80% camber, 20% rocker


65 > editor's choice

Nelle foto, da sinistra Alcuni stand presi d'assalto durante la fiera e uno dei tanti FROM ISPO eventi musicali in chiusura delle giornate di lavoro

Movement Bond-X Si colloca a metà strada tra il grantour Random-X e il freeride mountaineering Logic-X. L’anima è in legno di Karuba e pioppo rinforzata con inserti in carbonio e fibra di vetro a disposizione triassiale. Disponibile nelle misure 161, 169, 177 e 183 cm, ha sciancratura e raggio rispettivamente di 120/84/109 mm e 19 m nella lunghezza 177 cm. Pesa 1.150 g (177 cm) contro i 1.000 g di Random-X (175 cm) e i 1.100 g di Logic-X (176 cm). Curvatura rocker sia in punta sia in coda. www.movementskis.com

Movement Fish Pro-X Evoluzione a tiratura limitata del noto race Fish-X. Anima in legno, carbonio e fibra di vetro a disposizione triassiale. La tecnologia Createx consente di variare densità e orientamento delle fibre composite in base alle differenti aree dello sci, rinunciando ai collanti. Pesa 630 g contro i 720 g di Fish-X nella lunghezza 162 cm. Misura unica di 160 cm. Piastra di rinforzo in corrispondenza degli attacchi più lunga e robusta rispetto a Fish-X. www.movementskis.com

TOP FEATURE

TOP FEATURE

1.150 g e rocker sia in punta sia in coda

630 g a tiratura limitata

Ski Trab Maestro Addio Duo Sint Aero. Benvenuto Maestro. Ecco il nuovo grantour 'made in Bormio', forte di un peso di 950 g nella misura 171 cm. Per un confronto, il predecessore si attestava a 1.040 g nella medesima lunghezza. Caratteristica saliente sono gli inserti antivibranti e antishock lungo i fianchi della parte superiore e la struttura beneficia di una gabbia di carbonio che avvolge l’anima in composito alveolare. Cambia il fissaggio in punta delle pelli, ora demandato a una linguetta a sgancio rapido che funge da top fix. Disponibile nelle lunghezze 157, 164, 171 e 178 cm, ha una sciancratura di 106/75/90 mm e un raggio di 24,1 m nella misura 171 cm. www.skitrab.com

Ski Trab Piuma Evo Ripido Deriva dal Piuma Evo Polvere, dedicato al freeride mountaineering, col quale condivide sciancratura (123/88/109 mm su 178 cm) e raggio (21,8 m su 178 cm), ma da cui si differenzia per struttura e peso. Nel caso della struttura l’anima è avvolta da una gabbia di carbonio che garantisce maggiore resistenza alla torsione senza modificare i valori di flessione, mentre il peso passa dai 1.390 g del Polvere ai 1.410 g di Ripido nella misura 178 cm. È destinato a quanti sciano canalini oppure nevi crostose e ghiacciate. www.skitrab.com

TOP FEATURE

TOP FEATURE

950 g e anima in composito alveolare

Gabbia di carbonio attorno all'anima

Petzl Nao Reactive Lightning È la prima lampada frontale in grado di adattare automaticamente intensità e ampiezza del fascio luminoso. Scelto uno dei programmi d’illuminazione precaricati, Nao rileva la luminosità esterna e adegua la portata di luce emessa dai due Led di cui è provvista, passando da 7 a 355 lumen oppure da un fascio diffuso a uno più concentrato. Batteria ricaricabile al litio mediante presa USB. Pesa 187 g. www.petzl.com

TOP FEATURE

Fascio luminoso autoadattivo


66 > editor's choice

SPECIALE ISPO 2012

Völkl Qanik Entry level della Casa tedesca, è stato rivisto e dotato di curvatura rocker in punta. Confermata l’anima in legno multistrato. Disponibile nelle misure 156, 163, 170 e 177 cm, ha una sciancratura di 114/76/102 mm e un raggio di 18,7 m nella lunghezza 170 cm. Pesa 1.349 g (170 cm) ed è fornito con pelli dedicate composte al 70% da mohair e al 30% da nylon. È proposto anche in versione alleggerita, dal nome Nukka, pesante 1.280 g (163 cm), caratterizzata da una maggiore flessibilità e dedicata al pubblico femminile. www.volkl.com

Atomic Skins Primo pelo. Ovvero le prime pelli 'targate' Atomic. Composte al 100% da mohair, come il modello da competizione Ultimate Race, oppure al 70% da mohair e al 30% da nylon, sono disponibili sia sagomate, per adattarsi agli sci della Casa austriaca, sia da tagliare. Il top fix dedicato ai modelli twin-tip può essere adattato per copiare il profilo degli attrezzi. www.atomic.com TOP FEATURE

Mohair puro oppure misto a nylon

Gecko Skin Le pelli senza colla austriache approdano, dopo un periodo di 'rodaggio', alla seconda generazione. Il fissaggio alla soletta avviene per attrazione molecolare, mentre la parte a contatto con la neve è in mohair. Possono essere lavate in quanto idrorepellenti. Anche in versione race. www.gecko.co.at

TOP FEATURE

Curvatura rocker in punta

Zai Feffa Gli sci della factory svizzera vengono realizzati utilizzando materiali prevalentemente naturali. Non fa eccezione l’evoluzione del noto modello Feffa, grantour di 170 cm con sciancratura 121/78/101 mm e peso di 999 g, che beneficia di anima in legno di cedro rivestita con fibre di carbonio a disposizione multi assiale. Lamine in acciaio dallo spessore particolarmente generoso. www.zai.ch

TOP FEATURE

Fissaggio alla soletta per attrazione molecolare

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999 g e anima in legno rivestita in carbonio

Black Crows Camox Freebird Anima in legno di Paulownia e fibre di carbonio a disposizione sia biassiale sia triassiale per il nuovo freeride mountaineering francese. Inserti in gomma nei punti sottoposti alle maggiori vibrazioni. Coda arrotondata per favorire la fase di svincolo in presenza di nevi difficili. Rocker in punta. Disponibile nelle misure 167, 177 e 186 cm con sciancratura 128/97/119 mm e raggio 20 m sul 177 cm. Pesa 1.675 g (177 cm). www.blackcrows-skis.com

TOP FEATURE

Anima in legno di Paulownia e carbonio

Legno di Paulownia e fibra di carbonio: il 2012 vede le anime degli sci sempre più leggere


Colltex Race PDG Pelli svizzere da competizione integralmente in mohair, fibra tessile con caratteristiche simili alla seta, ricavata dal pelo di capra d'Angora. Una specifica finitura lungo i bordi evita lo sfrangiamento. Vello e membrana interna idrorepellenti. www.colltex.ch TOP FEATURE

100% mohair

Movement Antidote Free Touring 3 La Casa svizzera debutta nel settore degli scarponi. Antidote Free Touring 3, destinato al freeride mountaineering, è dotato di 3 ganci, indice di flex 90/100, predisposizione per gli attacchini, commutazione ski/walk mediante levetta lungo il retro del gambetto e scarpetta termoformabile con lacci. Lo schema costruttivo in tre pezzi (scafo, gambetto e linguettone) si abbina a una fascia in velcro da 40 mm al vertice della tibia. Suola intercambiabile (sci alpino oppure ski-alp) e peso di 1.840 g (27 MP). Escursione del gambetto di 45°. www.movementskis.com TOP FEATURE

3 ganci e suole intercambiabili

Roxa X-Ride Lo scarpone grantour italiano può contare su chiusura a tre ganci, fascia in velcro tibiale, scafo e gambetto in plastica. Quest’ultimo ha un’escursione di 40°. La scarpetta, automodellante, è dotata di lacci. Il linguettone può essere sostituito con analoghi componenti più o meno rigidi. Suole intercambiabili. www.roxa.com

Crispi Enigma Versione definitiva per lo scarpone grantour italiano. Il gambetto è realizzato in plastica e carbonio, mentre lo scafo è in Pebax (plastica). Privo di linguettone, si affida per la chiusura a due leve; la tibiale microregolabile in alluminio, quella in corrispondenza del collo del piede a cricchetto. Suola Vibram e scarpetta termoformabile. Peso di 1.150 g. www.crispi.it

Sopra. Alcuni sci nello stand Movement TOP FEATURE

Escursione del gambetto di 40°

TOP FEATURE

Gambetto in plastica e carbonio


68 > editor's choice

SPECIALE ISPO 2012

BLACK DIAMOND QUADRANT Quando la discesa conta più della salita. Gli scarponi americani a quattro ganci, dedicati a quanti utilizzano sci dall’ampia superficie di galleggiamento, beneficiano di scarpetta termoformabile con sistema di allacciatura Boa. In pratica, mediante una rotella, è prevista la trazione automatica di lacci che variano il livello di chiusura sul piede. Escursione del gambetto di 40° e indice di flex pari a 120. Pesano 1.715 g (27 MP). www.blackdiamondequipment.com

Garmont Cosmos Scarpone grantour a quattro ganci realizzato in Grilamid (plastica) e dotato di nervature di rinforzo lungo scafo e gambetto. Rispetto al noto 'fratello' Radium, punta di diamante della precedente gamma a quattro leve, il meccanismo ski-walk, anziché a sbalzo, è incassato lungo il retro del gambetto e il peso scende da 1.790 g a meno di 1.500 g (27,5 MP). Inserti ammortizzanti in poliuretano espanso a livello dell’intersuola, scarpetta termoformabile al 100% e suola Vibram in gomma a doppia densità. www.garmont.com

Dalbello Sherpa 7/3 I.D. Derivano dalla serie Krypton e beneficiano dello sviluppo effettuato dal freeskier Glen Plake. Hanno il freeride mountaineering nel sangue e si caratterizzano per lo snodo tra gambetto e scafo in posizione particolarmente ribassata. Scafo in Pebax (plastica), chiusura a tre ganci e suola Vibram, peso 1.816 g (26 MP). Appartengono alla famiglia Sherpa anche i modelli 5/5, per un utilizzo votato tanto alla salita quanto alla discesa, e 2/8, maggiormente adatto al freeride. www.dalbello.it

TOP FEATURE

Escursione del gambetto di 40° e flex 120

Dynafit DY.N.A. PDG Si colloca un gradino sotto lo scarpone race Dy.N.A. EVO. Le differenze riguardano il gambetto in fibra di vetro anziché in carbonio, il peso, secondo la Casa pari a 790 g nella taglia 27 MP contro i 685 g appannaggio del 'gemello' da corsa, il prezzo, sensibilmente inferiore. Nessuna differenza nello scafo, in Grilamid (plastica), e nella mobilità del gambetto, nell’ordine dei 62°. www.dynafit.it

Dynafit One PX Evoluzione in chiave comfort della serie TLT5. One PX si differenzia principalmente per volumi lievemente più generosi, specie in pianta, un maggiore isolamento termico, superiore sostegno in discesa e per la presenza di una terza leva. Non cambia il sistema ski-walk, caratterizzato esclusivamente dalla minore sporgenza della leva. È disponibile con scarpetta termoformabile o meno, anche in versione Lady, e l’escursione del gambetto si attesta a 60°. Scafo e gambetto sono realizzati in Pebax (plastica). Peso di 1.490 g (27,5 MP e scarpetta termoformabile) contro i 1.065 g di TLT5 TF. www.dynafit.it

TOP FEATURE

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4 ganci e scarpetta termoformabile al 100%

Sviluppati dal freeskier Glen Plake

Gambetto in fibra di vetro e peso di 790 g

Volumi più generosi rispetto a TLT5


69 > editor's choice

Tutti gli scarponi, race esclusi, guardano con sempre maggiore attenzione a divertimento e prestazioni anche in discesa

Dynafit Vulcan TF Il freeride mountaineering si arricchisce di un inedito scarpone derivato dal grantour TLT5. Non cambia il sistema ski-walk, mentre la chiusura è demandata a tre leve e il gambetto è realizzato in plastica e carbonio. Per le discese più impegnative è disponibile un linguettone particolarmente rigido. Volumi interni analoghi alla serie One e quindi più ampi di TLT5. Scarpetta termoformabile ed escursione del gambetto di 60°. Pesa 1.590 g (27,5 MP). www.dynafit.it

Garmont Orbit Ulteriore proposta Garmont in chiave grantour, più leggera rispetto a Cosmos. Orbit, forte di tre leve in magnesio, analogamente al 'fratello' a quattro ganci presenta il meccanismo ski-walk incassato lungo il retro del gambetto, inserti ammortizzanti in poliuretano espanso a livello dell’intersuola, scarpetta termoformabile al 100% e suola Vibram in gomma a doppia densità. Escursione del gambetto di 60°. Pesa 1.345 g nella misura 27,5 MP. www.garmont.com

TOP FEATURE

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3 leve ed escursione del gambetto di 60°

3 leve in magnesio e peso di 1.345 g

Scarpa F1 Un vero e proprio evergreen. Per la prossima stagione il grantour F1 si ripresenta sul mercato forte di un gambetto in plastica più rigido e al tempo stesso più leggero che in passato. In aggiunta debuttano inediti ganci dotati di ghiere metalliche sia lungo lo scafo, sia al vertice del gambetto. In quest’ultimo caso rastrelliera e leva derivano da Alien. Grafiche rinnovate e scarpetta termoformabile. Pesa 1.190 g (27 MP) contro i 1.270 g del precedente modello, i 1.050 g della versione Race e gli 850 g di Alien. www.scarpa.net

Scarpa Maestrale RS e Gea RS Sono votati tanto allo scialpinismo quanto al freeride e dedicati al pubblico rispettivamente maschile e femminile. Possono contare su di un flex 120, un’escursione del gambetto di 40° e la regolazione canting. Lo scafo è in plastica (poliammide) e non manca la predisposizione per gli attacchini. Il peso dichiarato si attesta a 1.570 g per Maestrale RS (27 MP) e 1.410 g per Gea RS (25 MP). In entrambi i casi circa 40 g più delle versioni 'base'. www.scarpa.net

TOP FEATURE

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Più rigido e leggero che in passato

Flex 120 ed escursione del gambetto di 40°


70 > editor's choice

SPECIALE ISPO 2012

La guerra dei mondi è sempre più agguerrita: da un lato gli attacchini low tech, dall’altro gli attacchi da freeride mountaineering

Look Alti 12 Debutto nel settore dello ski-alp per Look, che si affida alla storica azienda francese Plum. L’attacchino low tech deriva dal noto Guide by Plum, realizzato in acciaio e alluminio di derivazione aeronautica e forte di tre livelli di alzatacco azionabili mediante il bastoncino. La talloniera scorre longitudinalmente di 30 mm. Valori di sgancio compresi tra 5,5 e 12 DIN. Peso di 335 g (senza viti). www.look-bindings.com TOP FEATURE

3 livelli di alzatacco e peso di 335 g

Plum Guide XS La particolarità di questo attacchino risiede nei valori di sgancio. Dedicato a ragazzi e persone di corporatura minuta, vanta una taratura da 3,5 a 7 DIN contro i 5,5/12 DIN del modello standard Guide. Realizzato in plastica, acciaio e alluminio, è dotato di alzatacco regolabile su tre posizioni e innesto per rampanti. La talloniera scorre longitudinalmente di 30 mm. Peso di 335 g (viti escluse). www.fixation-plum.com TOP FEATURE

Valori di sgancio junior e lady

ATK Race Universal Ski Brake Rivoluzionario ski-stopper adattabile a qualsiasi attacco e sci. Pesa 65 g ed è realizzato in alluminio di derivazione aeronautica. Il sistema di sblocco, attivo sia in salita sia in discesa, è collegato mediante un cavo in Kevlar allo scarpone. In caso di separazione tra scarpa e sci viene automaticamente rimosso il fermo che permette l’attivazione dello ski-stopper. www.atkrace.com TOP FEATURE

Peso di 65 g

FROM ISPO

Nelle foto, da sinistra L'attacco Marker Duke EPF, il nuovo attacchino Look e lo stand dell'azienda francese


71 > editor's choice

Atomic Tracker 16 Ha vinto, così come il gemello Salomon Guardian 16, il riconoscimento Ispo quale attacco più innovativo. Atomic Tracker 16, primo attacco della Casa austriaca dedicato al backcountry, può contare sul passaggio dalla modalità salita a quella discesa grazie alla sola azione del bastoncino; senza togliere gli sci. La talloniera ha un’escursione longitudinale di 55 mm per ospitare scarponi di diverse taglie. Valori di sgancio da 7 a 16 DIN, peso 1.465 g. www.atomic.com

TOP FEATURE

Dalla salita alla discesa grazie al bastoncino

Diamir Scout 11 La nuova proposta svizzera per il freeride mountaineering si colloca a metà strada tra i noti modelli Eagle 12, destinato allo scialpinismo classico, e Freeride Pro, maggiormente votato alla discesa. Valori di sgancio da 3 a 11 DIN. Con Scout 11 l’assetto dello scarpone risulta rialzato di 37 mm rispetto allo sci. Peso di 780 g senza ski-stopper. Adottando questi ultimi la massa cresce di 200 g. Alzatacco regolabile in base a quattro posizioni con angolazioni comprese tra 0° e 13°. Rampanti dedicati. www.fritschi.ch TOP FEATURE

780 g e alzatacco regolabile in 4 posizioni

Marker Duke EPF L’attacco tedesco da freeride mountaineering si rinnova per far fronte all’assalto di nuovi rivali. Il telaio è più ampio del 28% rispetto al passato, per una migliore trasmissione degli impulsi, e il puntale è rinforzato. Impostando la modalità salita la posizione dello sciatore arretra automaticamente di 40 mm. L’alzatacco può essere regolato su tre posizioni: 0°, 7° e 13°. Peso invariato rispetto al precedente modello (1.300 g). Valori di sgancio da 6 a 16 DIN. www.marker.de

TOP FEATURE

Telaio più ampio del 28% rispetto al passato


72 > editor's choice

SPECIALE ISPO 2012 Zaini sempre più specialistici: proliferano gli scomparti dedicati a pelli e ramponi

Mammut Spindrift Guide Zaino grantour ridisegnato in vista della stagione 2012-2013, disponibile con capacità di 35 oppure 45 litri. Lo schienale è adattabile in base a tre diverse configurazioni, mentre gli sci possono essere fissati sia lateralmente sia in diagonale. La tasca frontale ospita pala e sonda oppure le pelli. Il peso si attesta a 1.730 g nella versione da 35 litri. www.mammut.ch

Millet Touring Comp Zaino da gara dotato di scomparto dedicato per i ramponi, accessibile anche a sacco indossato, e di molteplici soluzioni per il fissaggio degli sci. Non manca un anello di ritenuta per il traino del compagno. Tasca specifica per pala e sonda. Peso inferiore a 400 g e capienza di 20 litri. www.millet.fr

Ski Trab World Cup Aero Pack Destinato agli agonisti e a quanti considerano la leggerezza un valore irrinunciabile, lo zaino race 'made in Bormio' ha una capacità di 15 litri, è interamente realizzato in nylon e pesa 200 g. Nella parte superiore è collocata una tasca per la lampada frontale e non mancano uno scomparto per i ramponi richiudibile mediante la trazione di un lacciolo e un inedito sistema di fissaggio rapido in diagonale degli sci. Forma ergonomica. www.skitrab.com

Skylotec 32.0 Bag Dalla Germania un’idea funzionale: zaino e imbragatura in uno. L’imbrago, nel dettaglio, è collocato in corrispondenza del sottofondo, dove solitamente si trova il telo anti pioggia, e può essere sia estratto sia indossato a sacco in spalla. Entrambi i prodotti sono utilizzabili separatamente. Capienza di 32 litri e peso di 1.310 g (imbragatura inclusa). www.skylotec.de

TOP FEATURE

TOP FEATURE

TOP FEATURE

TOP FEATURE

Capacità di 35 o 45 litri

Scomparto dedicato per i ramponi

15 litri dalla vocazione agonistica

Zaino e imbragatura in uno


73 > editor's choice

Arc’teryx Quintic 28L Ha una capienza di 28 litri e il profilo s’ispira alla lama di un coltello da cucina, così da favorire la corretta distribuzione dei pesi concentrando verso il basso, a livello delle anche, le masse più gravose. Si avvale di un sistema di sospensione che controlla l’oscillazione del carico durante l’azione. Forte di più scompartimenti, consente l’alloggiamento degli sci in diagonale e costa 180 euro. www.arcteryx.com TOP FEATURE

Profilo a lama di coltello

Snowpulse Tour 45 Lo specialista svizzero in sistemi antivalanga propone uno zaino grantour con air bag integrato dal volume di galleggiamento di 150 litri, più leggero di 500 g rispetto al passato. Ha una capienza di 45 litri e consente il fissaggio degli sci sia lateralmente sia in diagonale. Scomparto separato per pala e sonda. Compatibile con il sistema d’idratazione, ha lo schienale automodellante e pesa 2.800 g senza bombola. Quest’ultima è disponibile in versione ricaricabile, con manometro, o 'usa e getta', più leggera. www.snowpulse.com TOP FEATURE

500 g più leggero che in passato

The North Face Patrol 24 ABS Ha una capienza di 24 litri, ideale per escursioni di una giornata, e incorpora il sistema anti valanga dello specialista tedesco ABS, composto da due cuscini gonfiabili dal volume di galleggiamento di 85 litri ciascuno e da una cartuccia contenente il gas destinato al gonfiaggio. Pesa 1.280 g (senza sistema anti valanga) e ha lo schienale automodellante. Sistema di fissaggio sia per gli sci sia per lo snowboard. eu.thenorthface.com

TOP FEATURE

Sistema anti valanga della tedesca ABS

Vaude Nevis Zaino tecnico dedicato a escursioni di una giornata. Pesa 1.200 g ed è corredato di passanti laterali flessibili per il fissaggio degli sci, in grado di ospitare anche attrezzi particolarmente larghi in stile freeride. Lo scomparto di sicurezza ospita pala, sonda, ramponi e pelli. Bastoncini e piccozze possono essere agganciati esternamente grazie all’apposito supporto. Disponibile nelle versioni da 25 o 30 litri. www.vaude.com

Black Diamond Carbon Probe Pole I bastoni telescopici in alluminio e carbonio possono trasformarsi in sonda da valanga. In caso di emergenza le sezioni inferiori si avvitano l’una con l’altra dando origine a una sonda della lunghezza di 182 cm. Il sistema di fissaggio mediante espansore FlickLock Pro vede raddoppiare la forza di tenuta rispetto al passato. Peso di 292 g. www.blackdiamondequipment.com

TOP FEATURE

Tubi in alluminio e carbonio

Leki Aergonlite II Crystal Dopo sci e scarponi, è il momento dei bastoni da ski-alp dedicati espressamente al pubblico femminile. Gli Aergonlite II Crystal si caratterizzano per l’impugnatura adattata alla morfologia lady e per la leggerezza delle manopole. Il sistema di regolazione telescopica mediante espansore garantisce una tenuta superiore a 55 kg. Tubi in alluminio. Lunghezza adattabile da 110 a 140 cm. www.leki.de

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TOP FEATURE

Disponibile nelle versioni da 25 o 30 litri

Impugnatura lady e tubi in alluminio


74 > editor's choiche

SPECIALE ISPO 2012

BCA Tracker 3 Artva a tre antenne più leggero e piccolo del 20% rispetto al noto Tracker 2. Integra la funzione di marcatura in caso di seppellimenti multipli, non prevista dal predecessore. Durante la ricerca è possibile impostare la conversione automatica in modalità trasmissione: ogni cinque minuti, in assenza di conferme, il Tracker 3 passa da ricevente a trasmittente. Alimentazione mediante tre batterie alcaline AAA. www.backcountryaccess.com

Magellan eXplorist 110 GPS dal display a colori in grado di memorizzare waypoint, sentieri, strade e linee di salita/discesa. Le mappe preinstallate si estendono a oltre 200 Paesi. Precisione nell’ordine dei cinque metri. Monitora distanza, velocità media, altitudine e statistiche del percorso. In caso di difficoltà conduce automaticamente al punto di partenza. Disponibili diversi stili di bussola digitale applicabili alle mappe. Pesa 147 g. Alimentato con due batterie alcaline tipo AA, è accreditato di 18 ore d’autonomia. www.magellangps.com

Ortovox Zoom È dedicato a scialpinisti e freerider il nuovo Artva digitale a tre antenne caratterizzato da due unici pulsanti e dalla commutazione dalla fase di trasmissione a quella di ricezione agendo semplicemente sull’interruttore di sicurezza. Le indicazioni per la ricerca vengono visualizzate mediante il display a Led. Rivestimento in gomma antiscivolo. Non mancano la funzione di ricerca multipla e la conversione da ricezione a trasmissione grazie a un sensore di movimento, utile in caso di valanga secondaria. Portata di 40 metri. Alimentazione mediante un’unica batteria AA sufficiente per un’autonomia di 250 ore in modalità trasmissione. www.ortovox.it

TOP FEATURE

TOP FEATURE

TOP FEATURE

3 antenne e funzione marcatura

Mappe preinstallate di oltre 200 Paesi

250 ore di autonomia con unica batteria AA

Artva, Gps e sistemi di comunicazione: l’elettronica è al fianco degli scialpinisti

A sinistra. Lo stand Petzl


75 > editor's choice

Camp GeKO Light Privilegiano la sensibilità al comfort termico. Dotati di palmo in pelle di capra antiscivolo e rinforzi lungo la punta delle dita, hanno un taglio aderente per fasciare le mani e consentire operazioni quali la calzata dei ramponi. Imbottitura sottile e cuciture interne. Utilizzo consigliato con temperature da -2°C a +7°C. Taglie da XS a XXL. Peso di 120 g. Costano 64 euro. www.camp.it TOP FEATURE

120 g e taglio aderente

Suunto Ambit Orologio GPS dedicato a esploratori, ski-alper e alpinisti. Integra la navigazione con opzioni di localizzazione, traccia dell’itinerario e rientro alla base nonché le funzioni altimetro, barometro, bussola 3D, monitoraggio del battito cardiaco e termometro. Resistente all’acqua, è dotato di batteria ricaricabile al litio ed è accreditato di un’autonomia di 15 ore sfruttandone tutte le potenzialità; 50 ore con il solo GPS attivo. www.suunto.com TOP FEATURE

Gps con altimetro, barometro, bussola e cardio

Pieps Globalfinder Iridium Sfrutta tecnologia e rete satellitare Iridium fungendo sia da localizzatore sia da strumento di comunicazione grazie alla possibilità d’inviare sms, e-mail e coordinate geografiche. Supporta le chiamate d’emergenza e funge da stazione meteo. Alimentazione mediante batterie al litio. È accreditato di un’autonomia di 200 ore. Pesa 200 g e ha dimensioni di 132x75x26 mm. www.pieps.com

Ferrino AirSafe Simile concettualmente al sistema AvaLung di Black Diamond, l’inedito dispositivo italiano permette di respirare più a lungo qualora sepolti da una valanga. Un gruppo di valvole a sfera separa i flussi inspiratorio ed espiratorio, estraendo ossigeno dalla massa nevosa. Indossato sopra la giacca, è dotato di boccaglio anatomico in silicone e di tubi anti strozzamento. www.ferrino.it

Briko Phantom Nascono per un utilizzo 'sottocasco' grazie alle astine particolarmente sottili. Le lenti hanno una curvatura a mascherina e sono realizzate in nylon di derivazione aeronautica, al pari della montatura. Nasello in gomma adattabile alla morfologia del viso. www.briko.com TOP FEATURE

Lenti con curvatura a mascherina

TOP FEATURE

Tecnologia e rete satellitare Iridium

Vibram Alpi Tech Sviluppata appositamente per gli scarponi race in carbonio Pierre Gignoux XP 444, l’inedita suola italiana viene realizzata in gomma espansa (Gumlite), più leggera del 40% rispetto a un componente tradizionale in gomma compatta. Il battistrada, forte di un limitato numero di tasselli, favorisce l’espulsione della neve. Ha un profilo di 6 mm. www.vibram.com TOP FEATURE

Dedicata ai Pierre Gignoux XP 444

TOP FEATURE

Estrae ossigeno dalla neve

Sigg New Active Top Una piccola rivoluzione nel settore delle borracce sportive in alluminio: il flusso delle bevande viene regolato da un meccanismo di sovrapressione e preventilazione. In sostanza, ruotando la parte centrale del tappo la cannuccia integrata consente di dissetarsi senza inclinare la borraccia e una valvola di sicurezza impedisce la fuoriuscita del liquido anche a contenitore capovolto. Riciclabile al 100% www.ecosigg.it TOP FEATURE

Tenuta ermetica al 100%


76 > rubriche

FILO DIRETTO A CUR A DI : Sebastiano Salvetti

UN PIEDE PIU’ CORTO DELL’ALTRO?

Caro Ski-alper, ti scrivo per chiederti un consiglio. Vorrei acquistare un nuovo scarpone e sono orientato verso il Dynafit TLT5 Mountain. Provando la misura 29,5 MP - io usualmente porto scarpe del 45 (EU) - il piede destro tocca sensibilmente in punta, mentre il sinistro non dÀ alcun problema. Ne desumo di avere circa 5 mm di differenza nella lunghezza tra un piede e l’altro! Mi consigli di prendere la misura in più o, con l’uso, la scarpetta cede? Il prossimo anno cambieranno questo modello? Ti ho scritto circa un mese fa per le lampade frontali... non mi aspettavo di vedere pubblicata la mia mail; sono molto soddisfatto. Aspetto con ansia il nuovo numero in edicola!

Michele Corsini

Dynafit One PX

Dynafit TLT5 Mountain TF

C

aro Michele, problemi di difformità dimensionale tra i piedi sono abbastanza diffusi. In linea teorica, sconsiglieremmo l’acquisto di una misura in più, perché questo potrebbe portare il piede più corto ad avere problemi di bloccaggio, con conseguente rischio di vesciche. Tieni conto che TLT5 Mountain è disponibile in due versioni: TF, con scarpetta alleggerita e da termoformare, oppure TF-X, dotato di scarpetta dai volumi maggiori, pronta all’uso e con chiusura mediante lacci. Quest’ultima, in caso di esigenze specifiche, comunque termoformabile 'in casa', riscaldandola con un semplice asciugacapelli ad aria. Questa breve digressione per dire che, volendo personalizzare quanto più possibile lo scarpone, sarebbe preferibile optare per TLT5 Mountain TF, garante di una maggiore adattabilità grazie alla termoformatura professionale in negozio. Soluzione che potrebbe però non bastare, trattandosi di un problema di lunghezza del piede piuttosto che di volumi, rendendo necessario un intervento di boot fitting. Ovvero l’azione sullo scafo andando a limare materiale in punta e in corrispondenza del tallone oppure generando lievi deformazioni. Operazioni delicate, specie alla luce dei ridotti spessori delle plastiche degli scarponi da ski-alp; pertanto riservate a tecnici di lunga esperienza. In merito alla via migliore da seguire, purtroppo, solo il tuo piede può fornire una risposta definitiva.

FILO DIRETTO CON LA REDAZIONE TECNICA Dubbi, problemi, richieste di chiarimenti? Per tutto ciò che riguarda la vostra attrezzatura potete contare sulla redazione tecnica di Ski-alper. Inviate una mail all’indirizzo skialper@mulatero. it. Saremo lieti di darvi un aiuto o anche solo un suggerimento. Inoltre ogni mese sceglieremo la mail più interessante anche per gli altri lettori da pubblicare in questa rubrica.

Nella tua situazione opteremmo per la misura corretta, 29,5 MP, faremmo termoformare dal negoziante la scarpetta TF e, se la situazione non si presentasse drammatica, utilizzeremmo il TLT5 Mountain per un’uscita non troppo impegnativa. Quindi decideremmo sull’eventuale intervento di boot fitting. Per quanto riguarda la seconda parte della domanda, TLT5 Mountain e TLT5 Performance resteranno a catalogo anche durante la stagione invernale 2012-2013. Verranno però affiancati da One PX e One U, evoluzioni in chiave comfort della serie TLT5. One PX, nel dettaglio, si differenzia principalmente per volumi più generosi, specie in pianta, un maggiore isolamento termico, superiore sostegno in discesa e per la presenza di una terza leva. Variazioni che potrebbero fare al caso tuo. Cambiando i volumi interni potrebbe infatti variare anche l’alloggiamento del piede, risolvendo, o quanto meno lenendo, il tuo fastidio. Utilizziamo il condizionale perché non esiste un piede identico a un altro e gli scarponi calzano in modo leggermente difforme da soggetto a soggetto. Tornando a One PX, non cambia rispetto a TLT5 il sistema ski-walk, caratterizzato esclusivamente dalla minore sporgenza della leva, laddove l’escursione del gambetto si attesta a 60°. Scafo e gambetto sono realizzati in Pebax (plastica) e il peso, nella taglia 27,5 MP e nella versione con scarpetta termoformabile, si attesta a 1.490 g contro i 1.065 g appannaggio di TLT5 TF. Tienici aggiornati sull’evolversi della vicenda e consideraci a disposizione per qualsiasi ulteriore dubbio.


77 > materiali

Abbiamo provato le nuove pelli da gara svizzere. Molto leggere, vantano ottime doti di scorrevolezza e tenuta. Abbastanza difficoltosa la separazione colla contro colla

PROVE SUL CAMPO

testo: Sebastiano Salvetti foto: Sebastiano Salvetti TESTATORE: Guido Salvetti

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Colltex PDG

SCHEDA TECNICA* COLLTEX PDG

L

e pelli da gara svizzere, composte al 100% da mohair, fibra tessile animale con caratteristiche simili alla seta ricavata dal pelo della capra d’Angora, s’ispirano alla mitica Patrouille des Glaciers. Caratterizzate da uno specifico strato adesivo interno per evitare lo sfrangiamento laterale, tanto che non è necessario sigillare i bordi pur ritagliandole a piacimento, sono dotate sia di una membrana impermeabile sia di una finitura idrorepellente del pelo. Hanno una larghezza standard di 60 mm, ma su richiesta sono disponibili anche nella versione da 120 mm.

Sulla neve

Leggere, anzi leggerissime! ‘Nude’ pesano 91 g al pezzo; una volta applicato un top fix di tipo classico, realizzato mediante cordino elastico e rivetti in acciaio, toccano quota 100 g. In condizioni di neve primaverile il pelo s’impregna notevolmente d’acqua, senza però che la parte a contatto con la soletta risenta drasticamente dell’umidità. La sensazione di scorrevolezza è ottima, al pari della tenuta. La separazione delle pelli, se unite colla contro colla, non è tra le più agevoli, anzi risulta più difficoltosa rispetto alla media delle concorrenti, ma in ogni caso più semplice rispetto ai modelli Colltex Special e, soprattutto, Mix.

Composizione: ................100% mohair Sciancratura: ..................................... no Presagomata: .................................... no Top fix: ................................................ no Lunghezze: ............. in vendita al metro Prezzo: .........................23 euro al metro www.colltex.ch *dati dichiarati

IDENTIKIT

Misura*.........................................150 cm Peso*.................................................91 g Destinazione d’uso...........................race Prezzo....... 78 euro (completa di top fix) *dati rilevati

Pro

Leggerezza

Contro

Idrorepellenza del pelo

CONDIZIONI DEL TEST Luogo: Passo del Mortirolo (BS) Temperatura: da +3°C a +6°C Condizioni atmosferiche: cielo coperto Neve: umida trasformata, primaverile

LA PAGELLA

Scorrevolezza............................... ottima Tenuta................................ buona/ottima Efficacia collante..........................buona Facilità di separazione............. discreta Idrorepellenza.................discreta/buona


78 > materiali

PROVE SUL CAMPO testo: Sebastiano Salvetti foto: Sebastiano Salvetti TESTATORE: Niccolò Zarattini

Wayback & Backup

Abbiamo portato al limite i due freeride mountaineering di K2. Non temono alcun terreno e infondono sicurezza anche ai meno smaliziati. Wayback è più stabile, Backup brilla per maneggevolezza e rapidità d’inversione


+ + K

2 è tra i padri fondatori del rocker, cioè tra coloro che alla curvatura tradizionale degli sci, ovvero all’arco positivo definito camber, prediligono quell’andamento verso l’alto, più o meno marcato, di punta e coda rispetto alla parte centrale. Un disegno 'a culla' che fino a pochi anni fa appariva quanto di più lontano dallo scialpinismo. La Casa americana ha però creduto a tal punto in questa filosofia costruttiva da estenderla, con diverse gradazioni, all’intera gamma. Non fanno eccezione Wayback e Backup, modelli destinati al freeride mountaineering, vale a dire allo ski-alp maggiormente in voga negli States e sempre più apprezzato in Europa, caratterizzato da salite mediamente impegnative seguite da lunghe discese, al limite del freeride puro.

COME SONO FATTI

Larghezze diverse sotto il piede

Al di là delle divergenze della sciancratura Wayback sulla carta può contare su di una maggiore larghezza sotto lo scarpone (88 mm contro 82) e su di una coda più ampia (108 mm anziché 105 mm) - le differenze principali vanno cercate sotto pelle. Nel dettaglio, Wayback assume una conformazione definita dall’azienda americana All Terrain Rocker, ovvero una curvatura tradizionale al 70% abbinata a un rocker marcato in punta, pari al 30% della lunghezza dello sci. Backup opta invece per la formula Speed Rocker, caratterizzata da camber al 90% e rocker, sempre in punta, al 10%. Differenze che, sulla carta, considerando la deformazione dell’attrezzo dovuta a uno sciatore di peso medio (75 kg), comportano una superficie di contatto pari al 70% della lunghezza dello sci per Wayback, al 90% per Backup. Oltre che per curvatura, i due attrezzi si differenziano anche per la struttura: Wayback si affida a una via di mezzo tra sandwich e cap, Backup a una soluzione cap. Nel primo caso, un’anima in legno di Paulownia, pioppo e bam-

79 > materiali

SCHEDA TECNICA* K2 Wayback

SCHEDA TECNICA* K2 Backup

IDENTIKIT

IDENTIKIT

Lunghezza dichiarata.................. 174 cm Lunghezza rilevata....................176,4 cm Sciancratura dichiarata.. 124/88/108 mm Sciancratura rilevata....... 124/87/107 mm Superficie di contatto................134,5 cm Superficie di portanza..............1.362 cm² Raggio calcolato........................... 15,9 m Peso dichiarato.............1.440 g (167 cm) Peso rilevato.......... 2.575 g (con attacco) Destinazione d'uso....................... freeride mountaineering Prezzo.....................................545,00 euro Attacchi abbinati:........... Marker Tour F12

Lunghezza dichiarata.................. 174 cm Lunghezza rilevata....................174,1 cm Sciancratura dichiarata.. 124/82/105 mm Sciancratura rilevata....122/81,5/100 mm Superficie di contatto................... 144 cm Superficie di portanza..............1.386 cm² Raggio calcolato........................... 17,6 m Peso dichiarato.............1.520 g (167 cm) Peso rilevato.......... 2.498 g (con attacco) Destinazione d'uso....................... freeride mountaineering Prezzo.....................................479,00 euro Attacchi abbinati:........... Marker Tour F12

Pro: Versatilità Contro: Inversione di spigoli non fulminea

Pro: Rapidità d’inversione Contro: Stabilità ad alta velocità

www.k2skis.com Costruzione: cap con scatola di torsione Anima: legno di Paulownia, pioppo e bamboo Soletta: grafite Lamine: acciaio Sciancratura: 124/88/108 mm Raggio: 20 m (167 cm) Peso: 1.440 g (167 cm) Lunghezze: 160, 167, 174, 181 cm *dati dichiarati

www.k2skis.com Costruzione: cap con doppio laminato metallico Anima: legno di Paulownia Soletta: grafite Lamine: acciaio Sciancratura: 124/82/105 mm Raggio: 17 m (167 cm) Peso: 1.520 g (167 cm) Lunghezze: 160, 167, 174, 181 cm *dati dichiarati

CONDIZIONI DEL TEST Luogo: ghiacciaio del Presena (BS) Temperatura: da +1°C a +10°C

Condizioni atmosferiche: sereno Neve: compatta trasformata, crosta ventata portante


80 > materiali

PROVE SUL CAMPO Rocker al 30% Wayback adotta una struttura, definita da K2 ‘All Terrain Rocker’, che prevede l’abbinamento di una curvatura tradizionale al 70% e di un rocker abbastanza marcato in punta, pari al 30% della lunghezza dello sci.

Camber al 90% Backup opta per una geometria denominata dalla Casa americana ‘Speed Rocker’, caratterizzata da camber al 90% e rocker in punta pari al 10% della lunghezza dell’attrezzo.

Fori in punta e in coda Sia Wayback sia Backup sono dotati di fori in punta e in coda per l’aggancio delle pelli. Queste cavità, quando non utilizzate, possono essere tappate con delle viti plastiche che raffigurano nella parte superiore il logo della Casa americana.

Svasature in coda Entrambi i freeride mountaineering americani presentano delle svasature in coda per agevolare il fissaggio degli elastici delle pelli K2, fornite presagomate. Non manca, inoltre, un bordone protettivo in gomma.

Struttura diversa, cap comune Sebbene a prima vista appaiano entrambi contraddistinti dalla finitura cap, Wayback e Backup hanno strutture differenti. Nel primo caso l’anima è in legno di Paulownia, pioppo e bamboo con rinforzi in fibra di carbonio cui s’accompagna una scatola di torsione, nel secondo caso l’anima è esclusivamente in legno di Paulownia, non è prevista la torsion box e sono presenti due sottili fogli di metallo.


81 > materiali

boo con rinforzi in fibra di carbonio a disposizione biassiale in punta e coda s’accompagna a una tradizionale scatola di torsione, la cui parte superiore si congiunge con la soletta formando un angolo inferiore a 90°. Nel secondo caso la scatola di torsione è invece assente, al pari delle fibre composite, mentre l’anima è esclusivamente in legno di Paulownia e sono presenti due sottili fogli di metallo per irrigidire la struttura.

A SECCO

Wayback più lungo del previsto

La vocazione scialpinistica trova conferma nella presenza di fori d’aggancio per le pelli sia in punta sia in coda. Fori che, quando non utilizzati, possono essere tappati con delle viti plastiche che nella parte superiore raffigurano il logo della Casa americana. In aggiunta, la parte terminale di entrambi ha una svasatura per facilitare il fissaggio dell’elastico delle pelli, fornite presagomate da K2. Sia Wayback sia Backup possono essere sciolinati tanto sul lato soletta quanto lungo la parte sommitale del cap, così da favorire la scorrevolezza in neve profonda. Gli esemplari in prova, sebbene un po’ 'vissuti', presentavano un buon livello di preparazione. Le uniche, piccole, anomalie riguardano le dimensioni. Wayback, nel dettaglio, nonostante la misura dichiarata fosse di 174 cm, ha fatto registrare una lunghezza effettiva di 176,4 cm. Backup, accreditato di 105 mm in coda, è invece risultato ampio solamente 100 mm. Da notare la ridotta superficie di contatto

di Wayback, dovuta al marcato rocker in punta che determina una superficie di portanza non eccezionale per la categoria (1.362 cm²), sebbene in linea con attrezzi dalla curvatura simile. Hagan Corvus, ad esempio, si attesta a 1.369 cm² e Fischer Tour X-Superlight a 1.305 cm². Valori in ogni caso distanti dal primatista tra gli sci XXL testati da Ski-alper, ovvero Black Diamond Drift (1.691 cm²). Quanto alla massa, sulla carta Backup avrebbe dovuto risultare più pesante del fratello, in quanto privo di carbonio e gravato dalla presenza di laminati metallici all’interno della struttura, ma, a parità d’attacco, 'l’anomala' lunghezza di Wayback si è fatta sentire, portando l’ago della bilancia a indicare +77 g.

SULLA NEVE

'Digeriscono' qualsiasi pendio

Più che la struttura è l’ampiezza sotto il piede a fare la differenza. Backup, forte di 82 mm, risulta più maneggevole e rapido in fase d’inversione, mentre il 'fratello', caratterizzato da 88 mm nella zona dello scarpone, richiede un impegno muscolare lievemente superiore. Wayback si colloca comunque ai vertici della categoria per versatilità e intuitività, prendendosi oltretutto la rivincita per la stabilità. Sfumature, in ogni caso, tutt’altro che marcate, in quanto entrambe le proposte K2 brillano per precisione, facilità d’utilizzo e capacità d’adattamento ai terreni affrontati. La crosta ghiacciata incontrata durante la nostra prova ha consentito solamente d’intuire, piuttosto che apprez-

zare appieno, i vantaggi della curvatura rocker appannaggio di Wayback. Curvatura abbastanza marcata che, sulla carta, dovrebbe favorire tanto il galleggiamento in discesa quanto l’avanzamento in salita in presenza di nevi profonde o cedevoli. Un disegno teoricamente meno adatto ai fondi 'di marmo'; tanto più apprezzabile, alla luce di ciò, il comportamento mostrato dallo sci americano, in grado d’adattarsi ai fondi ghiacciati a prezzo solamente di qualche vibrazione in punta. Il fondo duro ha invece giocato a favore della costruzione 90% camber con laminati metallici di Backup, facendo emergere una reattività simile a sci dalla vocazione pistaiola. E il feeling? A Wayback si può dare immediatamente del tu. La struttura è infatti un ottimo compromesso tra rigidità e capacità di copiare il terreno, non risultando mai inerte e comunicando nitidamente allo sciatore ogni irregolarità del terreno. Al punto da invogliare ad aumentare l’andatura, rassicurati dall’assenza di reazioni anomale. Dal canto proprio, come accennato, Backup è sì meno stabile quando si preme sull’acceleratore, ma agevola a tal punto l’entrata in curva da risultare adatto per i canalini più ripidi e stretti, mentre Wayback predilige spazi più ampi. In entrambi i casi, contrariamente a gran parte dei concorrenti che trasmettono la sensazione di 'sciare sulle uova', specie in presenza di nevi ventate, i freeride mountaineering K2 infondono sicurezza agevolando e incoraggiando anche i meno smaliziati nell’affrontare qualsiasi tipologia di terreno.


82 > materiali

PROVE SUL CAMPO SELEZIONE: Sebastiano Salvetti TESTO: Sebastiano Salvetti TESTATORE: Guido Salvetti

NEW ENTRY

Con questo servizio entra a far parte della redazione tecnica di Ski-alper Guido Salvetti, 46 anni di Edolo (BS). È guida alpina dal 1990, Istruttore Nazionale del C.N.S.A.S. dal 1994 e Guida Parco per il Parco Nazionale dello Stelvio. Tecnico di elisoccorso presso la base di Brescia, collaboratore e direttore di gara dell'Adamello Ski Raid, oltre che titolare del negozio specializzato Punto Sport di Sonico (BS), adora la montagna in tutti i suoi aspetti.

Bagliori

nella notte

F

reddo intenso. Buio. Il tipico fruscio delle pelli sulla neve. Poi una luce. Accecante. Un’altra. E un’altra ancora, fino a illuminare la notte. È tempo di ski-alp sotto le stelle. È tempo di 'night race'. Più precisamente lo scialpinismo, non necessariamente agonistico, che una volta calato il sole prevede l’alternanza di salite non particolarmente lunghe a frequenti e rapide discese. Che sia finalizzato all’allenamento, al puro divertimento o alla competizione, richiede un indispensabile baluardo contro le tenebre: la lampada frontale. Ecco allora una comparativa approfondita tra otto modelli caratterizzati da prezzi e prestazioni assai differenti, così da trovare il prodotto ideale in base alle proprie esigenze. In ogni caso, qualsiasi sia la scelta definitiva, una caratteristica accomuna le partecipanti al nostro test: l’attenzione per la sicurezza. Nessuna, sebbene utilizzata fino allo stremo e con temperature proibitive, si è spenta improvvisamente. Tutte prevedono la funzione 'sopravvivenza', garante di un rientro tranquillo.


LE CONDIZIONI DEL TEST Luogo: Pontedilegno/Passo del Tonale (BS/TN) Temperatura: da -7°C a -24° C

La metodologia del test

Le abbiamo pesate, smontate, maltrattate e costrette alla massima potenza fino allo sfinimento. Ecco una dettagliata PROVA comparativa tra otto lampade frontali destinate alle brevi e medie distanze. Potenze comprese tra 75 e 1.030 lumen e prezzi da 22 a 395 euro

Nel condurre i rilevamenti legati sia alla portata sia alla durata del flusso luminoso abbiamo considerato le prestazioni espresse alla massima potenza. Questo perché, per un utilizzo tipo 'night race', la possibilità e necessità di parzializzare, o sfruttare al minimo, l’intensità della luce emessa sono secondarie. Diversamente avremmo agito qualora la comparativa avesse abbracciato un uso grantour maggiormente votato alla durata del flusso luminoso piuttosto che alla potenza pura. Le lampade alimentate da batterie non ricaricabili sono state equipaggiate con pile alcaline di ampia reperibilità, più precisamente Energizer appartenenti allo stesso lotto di produzione. Le lampade alimentate da celle ricaricabili hanno invece affrontato tre cicli di carica e scarica prima di essere sottoposte ai rilevamenti, così da 'rodare' gli accumulatori. Per valutare la portata massima, rilevata con celle cariche al 100 per cento, abbiamo sfruttato la combinazione tra una rotella edile per la misurazione delle distanze e un esposimetro della reflex digitale Canon Eos 5D Mark II settato in modalità 'lettura media pesata in centro'. In questo modo, selezionata una sensibilità luminosa di 100 ISO e aperto il diaframma dell’obiettivo Canon EF 70-200 mm f/4L USM a f/4, abbiamo puntato lampada e ottica verso una superficie di colore neutro (non riflettente) e ci siamo allontanati. Abbiamo adeguato la lunghezza focale fino a quando, in modalità di scatto a priorità di diaframmi, l’indicazione corrispondente al tempo di esposizione non è risultata superiore a 2,5”. A quel punto abbiamo misurato la distanza raggiunta e quindi desunto la portata effettiva del fascio di luce. In pratica, ci siamo spinti fino al punto in corrispondenza del quale vengono meno le condizioni nelle quali l’occhio umano percepisce forme, contorni e oggetti con discreta precisione. Similmente, il test di durata alla massima potenza è stato interrotto quando è diventato impossibile registrare il medesimo valore di riferimento (2,5”) a una distanza di 15 metri. Sebbene le prove di laboratorio condotte dalle aziende produttrici utilizzino standard differenti, più o meno severi e teorici, questa è una procedura semplice, affidabile e imparziale.

Come leggere i risultati

Piuttosto che di lampade migliori o peggiori è bene parlare di prodotti più o meno indicati per le esigenze del singolo ski-alper. Per questo abbiamo realizzato delle tabelle riassuntive in base ad aspetti quali peso, durata e portata massima. Con un invito a non dare un'importanza assoluta a quest’ultimo valore. Ci sono lampade, quali Lupine Piko X, Petzl Ultra Belt e Silva Sprint Plus, che sebbene non svettino quanto a distanza raggiunta dal fascio luminoso, garantiscono comunque un’intensità e ampiezza notevoli del cono di luce. Per questo, non potendo effettuare una misurazione empirica dell'emissione di una sorgente di luce in quanto valore lineare e assoluto, indipendente dalle variabili legate al percorso che la luce deve affrontare e dalla distanza dell’oggetto da illuminare, abbiamo interfacciato i lumen dichiarati con la portata massima rilevata. Lumen il cui simbolo è lm e che rappresenta l’unità di misura del flusso luminoso rilevabile in un angolo solido di uno steradiante emesso da una sorgente isotropica con intensità luminosa di una candela. Ne è nato un inedito valore, 'Made in Ski-alper', dato dal rapporto lumen dichiarati/portata rilevata in metri (lm/m), in grado di fornire un’idea dell’intensità specifica del cono d’illuminazione.


84 > materiali

PROVE SUL CAMPO

AlpKit Gamma Desert Storm www.alpkit.com | *dati dichiarati

2

9

+

MATERIALE TELAIO/BULBO: PLASTICA SORGENTI DI LUCE: 4 LED POTENZA MASSIMA: 88 LM* PORTATA ALLA MASSIMA POTENZA: 60 M* DURATA ALLA MASSIMA POTENZA: 10H* ALIMENTAZIONE: 3 BATTERIE AAA MADE IN: CINA PESO: 118 G* (CON BATTERIE) PREZZO: 22,25 EURO (SPEDIZIONE INCLUSA) RILEVAMENTI QUALITÀ COSTRUTTIVA: DISCRETA PORTATA ALLA MASSIMA POTENZA 58 M DURATA ALLA MASSIMA POTENZA: 3H 15’ PESO: 85 G (SENZA BATTERIE) – 121 G (CON BATTERIE)

1

6

A secco

LUCE DI POSIZIONE Il pacco batterie prevede, nella parte retrostante, un piccolo Led che funge da luce di posizione. Questa funzione è attivabile mediante il pulsante laterale di colore arancio

BLACK DIAMOND SPOT

8

8

Dall’Inghilterra un prodotto dal prezzo aggressivo. Acquistabile online, è caratterizzato da un led centrale forte di due intensità d’illuminazione, inclusa l’opzione lampeggio, e da tre led di piccole dimensioni con funzioni di luce soffusa a fare da corona nei colori verde, bianco e rosso. Red light anche nelle configurazioni faro intermittente per le richieste di soccorso e 'luce di posizione' lungo il retro del pacco batterie. È realizzata discretamente e le plastiche sono solide. Meno positiva l’apertura del vano batterie: va forzata tanto da rischiarne la rottura.

Sulla neve

Funzionamento intuitivo; tutte le opzioni principali sono gestibili mediante il pulsante al vertice del bulbo. Tasto, però, di piccole dimensioni e non immediato da individuare in movimento a guanti indossati. Discretamente ampia la regolazione verticale del fascio luminoso. Alla massima potenza, dopo 30’ l’intensità della luce decade di circa il 30%, per poi resistere ulteriori 2h 30’. Successivamente si può fare affidamento solamente su di un bagliore rassicurante quanto un lumino dei defunti. La portata è la peggiore del test.

7

7

www.blackdiamondequipment.com | *dati dichiarati

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A secco

INDICATORE DI CARICA Lungo la parte destra del bulbo c'è una piccola fenditura corredata da una spia che indica il livello di carica delle batterie

MATERIALE TELAIO/BULBO:

PLASTICA

SORGENTI DI LUCE:

3 LED

POTENZA MASSIMA:

75 LM*

PORTATA ALLA MASSIMA POTENZA:

70 M*

DURATA ALLA MASSIMA POTENZA:

50H*

ALIMENTAZIONE:

3 BATTERIE AAA

MADE IN: PESO:

CINA 54 G* (SENZA BATTERIE) – 90 G* (CON BATTERIE)

PREZZO:

39,90 EURO

RILEVAMENTI QUALITÀ COSTRUTTIVA:

DISCRETA/BUONA

PORTATA ALLA MASSIMA POTENZA:

70 M

DURATA ALLA MASSIMA POTENZA:

4H 15’

PESO:

58 G (SENZA BATTERIE) - 94 G (CON BATTERIE)

Prezzo aggressivo per la lampada americana che fa della leggerezza il proprio punto di forza. Compatibile con batterie al litio, alcaline o ricaricabili, è corredata d’indicatore di carica delle celle, alloggiate nella parte retrostante il bulbo. Dei 3 led, la coppia alle estremità crea un fascio luminoso ampio mentre il diodo centrale, più grande, è destinato alla profondità. Disponibili la funzione luce di posizione rossa e il blocco di sicurezza. Ben realizzata e con plastiche di qualità, ha una pecca: una volta aperto il bulbo per innestare le batterie, le giunture dei gusci plastici appaiono terribilmente fragili.

Sulla neve

Una piuma. Semplice e intuitiva. Tutte le funzioni sono gestite mediante il pulsante rivestito in gomma al vertice del bulbo, facile da individuare e azionare in movimento a guanti indossati. La regolazione in verticale del fascio luminoso è ampia. La durata alla massima potenza supera le 4 ore. Un risultato discreto considerando prezzo e dimensioni contenute. Oltre tale soglia, pur senza spegnersi, emette un fascio di luce utile per la sopravvivenza, ma non per distinguere nitidamente il percorso. Intensità luminosa modesta.


85 > materiali

COME LEGGERE LE SCHEDE Peso Durata Portata Intensità in ordine alla max. alla max. spec. del di marca potenza potenza fascio lum. Posizione da 1 a 3

Posizione da 4 a 6

Posizione oltre la 7

LED LENSER H7R

3

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www.ledlenser.com | *dati dichiarati

A secco

Completa di caricabatterie con presa di corrente sia a muro sia USB e tre batterie ricaricabili AAA al nichel-metallo idruro, la cui ricarica avviene internamente alla lampada, può sfruttare anche celle usa e getta. Vano batterie protetto da un semplice rivestimento in gomma. L’accensione avviene mediante un tasto sopra il bulbo e la potenza può essere regolata per mezzo di una levetta al vertice del pacco batterie. Oltre che in verticale (di 90°), il fascio luminoso è adattabile in ampiezza grazie a un selettore alla base del bulbo. Finiture curate e connettori robusti. Contenitore in neoprene in dotazione. Distribuita anche da Crazy Idea, è corredata da una fascia elastica perimetrale (regolabile) per il fissaggio.

Sulla neve

Tra le lampade più leggere e facili da regolare, specie per quanto riguarda intensità, ampiezza e direzione del fascio di luce. Unica eccezione, il pulsante d’accensione è piccolo e poco agevole da individuare a guanti indossati. Consuma le batterie con voracità. Specie le ricaricabili in dotazione, che alla massima potenza durano solamente 2h 30’. Situazione migliore sfruttando pile alcaline usa e getta, dato che il fascio luminoso sopravvive per quasi 6h sebbene oltre la quarta ora l’intensità scemi sensibilmente. Eccezionale la portata alla massima potenza, specie tenendo conto della massa contenuta della lampada.

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8

+

REGOLAZIONE A LEVETTA la levetta al vertice del pacco batterie consente una rapida regolazione della potenza della luce emessa

MATERIALE TELAIO/BULBO: PLASTICA/ALLUMINIO SORGENTI DI LUCE: 1 LED POTENZA MASSIMA: 170 LM* PORTATA ALLA MASSIMA POTENZA: 180 M* DURATA ALLA MASSIMA POTENZA: ND. ALIMENTAZIONE: 3 BATTERIE RICARICABILI AAA NI-MH TEMPO DI RICARICA: ND. MADE IN: GERMANIA PESO: 120 G* (CON BATTERIE RICARICABILI IN DOTAZIONE) PREZZO: 80,00 EURO RILEVAMENTI QUALITÀ COSTRUTTIVA: BUONA PORTATA ALLA MASSIMA POTENZA: 165 M DURATA ALLA MASSIMA POTENZA: 2H 30’ (CON B. RIC. IN DOTAZIONE) 5H 45’ (CON BATTERIE NON RICARICABILI) TEMPO DI RICARICA: 2H 40’ PESO: 92 G (SENZA BATT.) - 128 G (CON BATT. RIC. IN DOTAZIONE)


86 > materiali

PROVE SUL CAMPO

PETZL MYO RXP 4

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www.petzl.com | *dati dichiarati

A secco

Fiore all’occhiello sono le possibilità di personalizzazione: permette di optare per tre setup d'illuminazione la cui intensità può essere regolata secondo 10 livelli predefiniti da 8 a 140 lumen con il fascio luminoso adattabile, oltre che verticalmente, in ampiezza grazie alla funzione grandangolare garantita da un espansore ottico attivabile manualmente. È forte della funzione lampeggio in modalità rapida, lenta o SOS. Compatibile con pile al litio. Vano batterie protetto da uno spesso rivestimento in gomma. Alla fascia elastica perimetrale (regolabile) per il fissaggio è abbinabile un elastico superiore di serie. Indicatore di carica delle celle. Plastiche semplici, ma di buona qualità.

Sulla neve

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ESPANSORE GRANDANGOLARE Alla base del bulbo c'è un piccolo diffusore ottico in plastica che, una volta sollevato, garantisce un’illuminazione grandangolare

MATERIALE TELAIO/BULBO: PLASTICA SORGENTI DI LUCE: 1 LED POTENZA MASSIMA: 140 LM* (160 LM PER MASSIMO 20”) PORTATA ALLA MASSIMA POTENZA: 77 M* (140 LM) DURATA ALLA MASSIMA POTENZA: 50H* (140 LM) ALIMENTAZIONE: 3 BATTERIE AA MADE IN: FRANCIA PESO: 100 G* (SENZA BATTERIE) - 175 G* (CON BATTERIE) PREZZO: 80,00 EURO RILEVAMENTI QUALITÀ COSTRUTTIVA: BUONA/OTTIMA PORTATA ALLA MASSIMA POTENZA: 90 M (140 LM) DURATA ALLA MASSIMA POTENZA: 9H 30’ (140 LM) PESO: 96 G (SENZA BATTERIE) - 168 G (CON BATTERIE)

I tasti per selezionare l’intensità della luce emessa sono piccoli e ostici da premere a guanti indossati. Identiche difficoltà nel sollevamento dello specchio grandangolare, specie in movimento. In compenso si apprezza il blocco automatico in posizione riposo e l’ampia escursione verticale del fascio luminoso. Privilegia la durata alla portata. Nel primo caso può contare su di un’autonomia di 9h 30’, sebbene a fronte di un progressivo calo d’intensità abbastanza marcato. La copertura di 90 metri risulta un po’ modesta in rapporto, ad esempio, a rivali dal prezzo simile quali Mammut X-Shot (125 m) e Led Lenser H7R (165 m). Nella media l’intensità specifica del fascio luminoso.

Condividono sorgenti di luce a Led: ovvero diodi a emissione luminosa che sfruttano dei semiconduttori per produrre fotoni


87 > materiali

PEtZL ULTRA BELT con accu 2 Ultra

7

con accu 4 Ultra

4

con accu 4 Ultra

8

con accu 2 Ultra

7

5

3

www.petzl.com | *dati dichiarati

A secco

La lampada francese può essere alimentata mediante accumulatori al litio da 2000 oppure 4000 mAh. Gli accumulatori, separati dalla lampada, sono corredati di pulsanti per l’autodiagnosi della carica e d’innesti con sicura antisganciamento; vanno collegati mediante cavo (130 cm) al bulbo e riposti in tasca oppure fissati allo zaino o alla specifica imbragatura Petzl. Possibilità d’optare per tre livelli d’illuminazione. La fascia elastica perimetrale (regolabile) è corredata da un robusto elastico superiore. Plastiche di buona qualità, piacevoli al tatto, e finiture gommate. Molto ben costruita.

Sulla neve

Quanto di più intuitivo! Un pomello a fianco del bulbo consente di optare rapidamente, in movimento e a guanti indossati, per tre intensità del fascio luminoso. Ampia possibilità di regolazione in verticale. Feeling immediato. Con l’accumulatore Accu 2 ultra resiste con grande intensità per 1h 40’. Successivamente decade l’illuminazione rispetto alla fase iniziale, ma resta più che sufficiente per ulteriori 2h 50’. Con l’accumulatore più grande si dispone di circa 90’ d’ulteriore autonomia, a fronte però di un peso non trascurabile (507 g). Portata di buon livello, ma non eccezionale. Tra le migliori, invece, sia l’ampiezza sia l’intensità specifica del fascio luminoso.

+

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POMELLO DI REGOLAZIONE Il pomello a fianco del bulbo consente di optare rapidamente tra tre intensità del fascio luminoso.

AUTODIAGNOSI DELLA CARICA Gli accumulatori sono dotati di un pulsante e di un indicatore per l’autodiagnosi della carica

MATERIALE TELAIO/BULBO:

PLASTICA/GOMMA/METALLO

SORGENTI DI LUCE:

6 LED

POTENZA MASSIMA:

350 LM*

PORTATA ALLA MASSIMA POTENZA:

120 M*

DURATA ALLA MASSIMA POTENZA:

1H 30’* (CON ACCUMULATORE ACCU 2 ULTRA) - 3H 15’* (CON ACCUMULATORE ACCU 4 ULTRA)

ALIMENTAZIONE:

ACCUMULATORI RICARICABILI AL LITIO ACCU 2 ULTRA (2000 MAH) - ACCU 4 ULTRA (4000 MAH)

TEMPO DI RICARICA:

3H* (ACCUMULATORE ACCU 2 ULTRA) - 5H* (ACCUMULATORE ACCU 4 ULTRA)

MADE IN: PESO:

FRANCIA 230 G* (SENZA ACCUMULATORE) - 375 G* (CON ACCUMULATORE ACCU 2 ULTRA) – 495 G* (CON ACCUMULATORE ACCU 4 ULTRA)

PREZZO:

335 EURO (CON ACCUMULATORE ACCU 2 ULTRA) - 413 EURO (CON ACCUMULATORE ACCU 4 ULTRA)

RILEVAMENTI QUALITÀ COSTRUTTIVA:

BUONA/OTTIMA

PORTATA ALLA MASSIMA POTENZA: DURATA ALLA MASSIMA POTENZA: PESO:

105 M 4H 30’ (ACCUMULATORE ACCU 2 ULTRA) - 5H 55’ (ACCUMULATORE ACCU 4 ULTRA)

232 G (SENZA ACCUMULATORE) - 389 G (CON ACCUMULATORE ACCU 2 ULTRA E CAVO DI COLLEGAMENTO) 507 G (CON ACCUMULATORE ACCU 4 ULTRA E CAVO DI COLLEGAMENTO)

TEMPO DI RICARICA:

2H 50’ (ACCUMULATORE ACCU 2 ULTRA) - 5H 10’ (ACCUMULATORE ACCU 4 ULTRA)


88 > materiali

PROVE SUL CAMPO

LUPINE PIKO X

6

www.lupine.de | *dati dichiarati

5

+

MATERIALE TELAIO/BULBO: PLASTICA/METALLO SORGENTI DI LUCE: 2 LED POTENZA MASSIMA: 750 LM* PORTATA ALLA MASSIMA POTENZA: N.D. DURATA ALLA MASSIMA POTENZA: 2H* ALIMENTAZIONE: ACCUMULATORE RICARICABILE AL LITIO TEMPO DI RICARICA: 3H* MADE IN: GERMANIA PESO: 210 G* (CON ACCUMUL. SENZA CAVO DI COLLEGAMENTO) PREZZO: 295,00 EURO RILEVAMENTI QUALITÀ COSTRUTTIVA: OTTIMA PORTATA ALLA MASSIMA POTENZA 145 M DURATA ALLA MASSIMA POTENZA: 5H 45’ PESO: 88 G (SENZA ACCUMULATORE 261 G (CON ACCUMULATORE E CAVO DI COLLEGAMENTO) TEMPO DI RICARICA: 2H 45’

5

2

A secco

BULBO IN ALLUMINIO Il bulbo in alluminio è ricavato dal pieno; lungo la sommità si trova il pulsante di accensione/ regolazione

MAMMUT X-SHOT

2

1

Impeccabile. Sia quanto a qualità costruttiva, spicca specialmente il bulbo in alluminio, sia come presentazione, essendo corredata da un’elegante valigetta. Degno di nota il rapporto peso/potenza: 750 lumen a fronte di una massa di 261 g in ordine di marcia. Alla fascia elastica perimetrale (regolabile) per il fissaggio è abbinato un elastico superiore. Consente di optare per quattro livelli d’illuminazione (3 programmi standard) mediante un piccolo pulsante al vertice del bulbo. Non mancano un indicatore di livello della carica residua e un cavo di collegamento (da 120 cm) tra accumulatore e bulbo.

Sulla neve

Il pulsante al vertice del bulbo per selezionare l’intensità dell’illuminazione è abbastanza intuitivo e facile da individuare in movimento a guanti indossati. Meno positiva la regolazione in verticale, tutt’altro che generosa. Per 1h 50’ illumina con eccezionale intensità. Successivamente subisce un calo, ma riesce comunque a garantire una buona visuale per ulteriori 4h. Molto elevate, sebbene non da primato, portata massima e intensità specifica del fascio luminoso. Valori ancor più eclatanti considerando il peso e gli ingombri contenuti della lampada. Attenzione a maneggiare il bulbo: si scalda sensibilmente.

3

4

www.mammut.ch | *dati dichiarati

+

RICHIESTA DI SOCCORSO Il pacco batterie è corredato di una luce posteriore che funge sia da indicatore di posizione sia da raggio intermittente per le richieste di soccorso

MATERIALE TELAIO/BULBO: PLASTICA SORGENTI DI LUCE: 3 LED POTENZA MASSIMA: 200 LM* PORTATA ALLA MASSIMA POTENZA: 110 M* DURATA ALLA MASSIMA POTENZA: 15H * ALIMENTAZIONE: 3 BATTERIE AA MADE IN: CINA PESO: 95 G* (SENZA BATTERIE) - 150 G* (CON BATTERIE) PREZZO: 90,00 EURO RILEVAMENTI QUALITÀ COSTRUTTIVA: DISCRETA PORTATA ALLA MASSIMA POTENZA 125 M DURATA ALLA MASSIMA POTENZA: 17H 30’ PESO: 110 G (SENZA BATTERIE) - 182 G (CON BATTERIE)

A secco

Può contare su quattro livelli d’intensità luminosa e su di una piccola luce posteriore rossa che funge sia da indicatore di posizione sia da raggio intermittente d’emergenza. Dei tre led, la coppia disposta alle estremità del bulbo crea un fascio luminoso ampio con il diodo centrale, più grande, destinato alla profondità; possono lavorare anche in contemporanea. È corredata da un indicatore di carica non molto preciso. Il vano batterie è protetto da uno spesso rivestimento in gomma. L’inserimento e la rimozione delle pile farebbero perdere la pazienza anche a un santo, in quanto tutt’altro che agevoli. Plastiche poco curate.

Sulla neve

Ottima l’ergonomia: il tasto d’accensione al vertice del bulbo richiede due pressioni per attivare la lampada ed evitare accensioni accidentali ed è facile da azionare a guanti indossati. Intuitiva la selezione delle diverse intensità d’illuminazione, ma la regolazione in verticale del fascio luminoso non è molto ampia (45°). Merita lodi a profusione quanto a durata: 17h 30’. Il valore più elevato registrato in comparativa. Oltretutto a fronte di un progressivo calo d’illuminazione percepibile, ma non tale da pregiudicare la visibilità. Ottima anche la portata. Soddisfacente l’intensità specifica del cono di luce.


89 > materiali

SILVA SPRINT PLUS

9

2

4

1

www.silva.se | *dati dichiarati

+

A secco

Può fare concorrenza a un faro da stadio! Con 1.030 lumen la lampada svedese è la più potente tra le partecipanti alla nostra comparativa. Consente di optare per quattro livelli d’illuminazione (massimo, minimo, ad ampio raggio e lampeggiante) mediante un piccolo pulsante al vertice del bulbo con un led centrale che si occupa della profondità e quattro led laterali per l’illuminazione periferica. Oltre alla fascia elastica perimetrale (regolabile) corredata da un robusto elastico superiore viene fornita con adattatori sia adesivi per caschi sia meccanici per manubri di biciclette, nonché con un cavo di collegamento (di 100 cm) tra accumulatore e lampada. Plastiche di buona qualità, al pari dei connettori.

Sulla neve

Individuare il pulsante al vertice del bulbo mediante il quale selezionare il livello d’illuminazione non è immediato, specie in movimento e a guanti indossati. In compenso la possibilità d’adattamento verticale del fascio di luce è ampia. La portata di quest’ultimo non è da primato (125 m), sono invece impareggiabili l’ampiezza e l’intensità specifica del cono luminoso. A fronte, però, di un peso non trascurabile: 518 g in ordine di marcia. Stupisce in positivo la durata: dopo 6h 15’ alla massima potenza si registra sì un progressivo calo, ma per le successive 6h è possibile contare su di un’illuminazione comunque superiore a gran parte delle rivali forti di batterie cariche al 100%.

BULBO A CINQUE LED Il bulbo ospita un led centrale, che si occupa della profondità, e quattro Led laterali destinati all’illuminazione periferica

MATERIALE TELAIO/BULBO:

PLASTICA

SORGENTI DI LUCE:

5 LED

POTENZA MASSIMA:

1.030 LM*

PORTATA ALLA MASSIMA POTENZA:

140 M*

DURATA ALLA MASSIMA POTENZA:

2H 30’*

ALIMENTAZIONE:

ACCUMULATORE RICARICABILE AL LITIO

TEMPO DI RICARICA:

4H*

MADE IN:

SVEZIA

PESO:

190 G* (SENZA ACCUMUL.) - 490 G* (CON ACCUMUL.)

PREZZO:

395,00 EURO

RILEVAMENTI QUALITÀ COSTRUTTIVA:

BUONA/OTTIMA

PORTATA ALLA MASSIMA POTENZA

125 M

DURATA ALLA MASSIMA POTENZA:

12H 15’

PESO:

196 G (SENZA ACCUMULATORE) 518 G (CON ACCUMULATORE E CAVO DI COLLEGAMENTO)

TEMPO DI RICARICA:

4H 10’

Grandi differenze nella portata: da un minimo di 58 m a un massimo di 165 m


507

389

1

18 2

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94

(CON BATTERIE ED EVENTUALI CAVI DI COLLEGAMENTO) VALORI IN GRAMMI | DATI RILEVATI

128

OT

PESO IN ORDINE DI MARCIA

PE

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3° 3 3,3

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5,17

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DATI IN LUMEN**/METRI* *DATI RILEVATI | **DATI DICHIARATI

8,24

INTENSITÀ SPECIFICA DEL FASCIO LUMINOSO

PRIN SILVA S

7° 1,07

8° 1,03


12H

15’

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PORTATA ALLA MASSIMA POTENZA DATI IN METRI | DATI RILEVATI

INE

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2H 30’

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10°

LED LENSER H7R (BATTERIE RICARICABILI)

3H 15’

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DATI IN ORE E MINUTI | DATI RILEVATI

POT

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DURATA ALLA MASSIMA POTENZA

4H 15

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165

17H 30’


92 > tecnica

COLTELLI testo: Enrico Marta foto: Idalba Beda

Riprendiamo il titolo di un celebre libro di Giorgio Bocca per introdurre la rubrica sull'uso dei coltelli: c'è chi è favorevole, chi no. Analizziamo i diversi aspetti della questione

FRATELLI I

l coltello o rampant fa parte del corredo dello scialpinista classico, viene utilizzato nei tratti impegnativi in salita o su pendii con nevi particolarmente compatte o gelate. L’uso dei coltelli viene insegnato nelle scuole di scialpinismo, alcune guide alpine ne consigliano il montaggio ai clienti in situazioni particolarmente impegnative. Per contro esiste un’altra scuola di pensiero che ne sconsiglia vivamente l’utilizzo apportando a questa tesi delle motivazioni tecniche e relative alle norme di sicurezza. Esiste poi una categoria di utenti che ne fa un abuso montandoli direttamente insieme alle pelli a partire dal parcheggio a valle prima della salita…

CHE COSA SONO?

Si tratta di un supporto in metallo da applicare agli attacchi. Le due lame, una per lato, si conficcano nella neve durante la salita impedendo l’arretramento degli sci. Tutte le case produttrici di attacchi da scialpinismo hanno un modello di coltelli dedicati al

proprio attacco. Il meccanismo e il funzionamento è pressoché analogo per tutti: si sollevano durante il passo per permettere la scivolata in avanti e si abbassano sotto la pressione della suola dello scarpone quando lo sci viene caricato per far lavorare la pelle.

QUANDO SI UTILIZZANO?

Tralasciando coloro che ne abusano, montandoli anche dove non è necessario, possiamo dire che i coltelli andrebbero usati quando non ci si sente più in grado di far tenere le pelli, su nevi molto dure o bagnate e su pendii ripidi ed esposti. In questi casi il loro utilizzo contribuisce a rassicurare lo scialpinista che tende ad irrigidirsi per il timore di scivolare a valle. La contrazione della muscolatura impedisce un perfetto adattamento della superficie della pelle al manto nevoso, con il rischio di caduta imminente. La progressione con coltelli montati è un po’ più macchinosa in quanto il trascinamento di questi attrezzi comporta ulteriori attriti con il manto nevoso, ma sostanzialmente è analoga a quella


93 > tecnica

Foto 1 Far tenere le pelli è quasi un’arte che da sola rappresenta l’essenza dello scialpinismo. La ricerca di appiattimento dello sci in ogni condizione di neve sta alla base del successo della tenuta

COLTELLI

1

2

Foto 2 Progressione in salita su terreno ripido con i coltelli


94 > tecnica

COLTELLI Nella sezione video di skialper.it è possibile vedere l'approfondimento in HD sulla questione dei coltelli. Guardalo anche sul tuo smartphone inquadrando il codice QR

FOTO 3 e 4

Con un tipo di attacco da freeride mountaineering e alzatacco in posizione mediana l’azione del coltello è minima, con alzatacco al massimo risulta nulla

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FOTO 5

con alzatacchi al minimo il coltello montato su attacchino lavora al meglio.

FOTO 6

Con alzatacchi al massimo riesce ad incidere la neve ancora con lama a monte nei traversi

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6

adottata con le sole pelli che comporta la ricerca del massimo appiattimento dello sci sulla neve per avere la migliore tenuta.

sono le stesse che se non si avessero sotto gli sci, anzi, forse ancor peggiori.

I VANTAGGI

ACCORGIMENTI, CON O SENZA COLTELLI

Montare i coltelli in alcune situazioni contribuisce a diminuire la sensazione di stress e di paura. Lo sciatore può rilassarsi e risparmiare dunque energie. Oltre alla progressione di traverso o in linea di massima pendenza, i coltelli permettono di effettuare le soste della virata con maggior serenità, senza il timore di scivolare proprio nel momento in cui i due sci si trovano in posizione divergente. Anche in presenza di tracce troppo ripide in rapporto alla preparazione e al bagaglio tecnico dello scialpinista si traggono benefici in termini di sicurezza dal loro utilizzo.

GLI SVANTAGGI

Un uso eccessivo di questa tecnica di progressione inibisce la familiarizzazione con la tenuta delle pelli: dal momento che si hanno i coltelli nel sacco non è più indispensabile imparare a far tenere le pelli in ogni situazione. Ci sono poi delle condizioni di manto nevoso in cui le asperità e le porosità della neve non garantiscono l’efficacia per la quale i coltelli sono stati ideati: se si scivola con i coltelli montati le conseguenze

Con i coltelli montati non si è invulnerabili ma leggermente più sicuri: un concetto importante, che nessun scialpinista dovrebbe dimenticare. Un altro accorgimento riguarda l’alzatacco: con coltelli montati meglio azzerare l’altezza degli alzatacchi anche su terreni ripidi. Con alzatacco al massimo l’efficacia del coltello è pari a zero, in posizione mediana, a seconda delle marche e dei modelli, lavora al 40/50% delle sue potenzialità. Se non si adottano i coltelli si impara meglio a far tenere le pelli, migliora il fitto ‘scambio di informazioni’ fra pianta del piede e neve. Risulta fondamentale adottare bastoncini piuttosto lunghi e con papera da fondo che aiutano nella tenuta sui terreni più difficili e durante le virate. Quando ci si accorgere di essere al limite della tenuta - solitamente chi adotta le sole pelli non incappa in scivolate improvvise - si avverte progressivamente una difficoltà di tenuta che si traduce in un irrigidimento della muscolatura, in particolare della parte


4

95 > tecnica

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FOTO 7

Questi sono i piedi di Meraldi che attraversa una placca di ghiaccio con i coltelli montati. Lo stesso passaggio l’ha appena superato con le sole pelli.

FOTO 8

La presa della punta in vidiam della papera da fondo rappresenta il massimo della tenuta anche sulle nevi ghiacciate.

FOTO 9

Coltelli montati su attacco da freeride mountaineering: ecco come con alzatacco al massimo la loro efficacia sia nulla.

FOTO 10

I coltelli sono parte integrante della dotazione di ogni scialpinista anche se la sicurezza che danno spesso è effimera.

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96 > tecnica

COLTELLI alta del corpo deputata alla tenuta sui bastoncini. A questo punto meglio fermarsi, staccare prima uno sci, quello a monte, cercando un buon appoggio sulla neve e magari usando lo sci come ancoraggio di fortuna. Se si ha una piccozza a portata di mano può essere usata per autoassicurarsi prima di procedere a staccare anche il secondo sci per poi calzare i ramponi. Varrebbe comunque la pena di eseguire queste operazioni con un certo anticipo senza arrivare sull’orlo della caduta...

IL MIO RAPPORTO CON I COLTELLI

Dieci anni fa circa, in occasione di un Mezzalama, decisi di prendere posizione nel Canale dell’Aquila sopra il Gabiet per scattare immagini suggestive della gara. Salendo in ovovia incontrai degli scialpinisti ai quali chiesi informazioni per raggiungere la località. In tutta risposta mi sentii dire: «Tanto se non ha i coltelli non va da nessuna parte - in modo del tutto perentorio e gratuito - perché è ripido e con neve dura!» «Coltelli? - risposi io - I coltelli servono per tagliare il formaggio ma non per salire con gli sci». In quegli anni ero forte degli insegnamenti ricevuti dall’amico Fabio Meraldi che non contemplavano affatto l’utilizzo di questi attrezzi, nemmeno per sbucare in vetta al Gran Zebrù. I miei interlocutori quel giorno rimasero un po’ stupiti e un po’ stizziti dalla mia affermazione e non li vidi più. In effetti quella mattina risalii il Canale dell’Aquila inanellando una buona sequenza di inversioni e senza pensare affatto che sotto gli sci mi mancasse qualcosa di indispensabile. Ma non sono stato sincero poiché dopo che mi sono riavvicinato allo scialpinismo a metà degli anni ‘90 - lo praticavo in forma primitiva a 15/16 anni - ho fatto ricorso ai coltelli in alcune situazioni in cui me la stavo letteralmente facendo sotto tipo la salita della Grande Rousse in Valgrisa e altre situazioni del genere. Fatta questa ammissione devo anche dire che dopo aver frequentato Meraldi per due o tre anni ho acquistato maggior familiarità con le pelli e questo mi ha permesso di lasciare a casa definitivamente questi attrezzi: il loro spazio nello zaino in compenso è stato preso da un paio di ramponi leggeri.

ESPERTI A CONFRONTO Abbiamo messo a confronto le opinioni, altrettanto autorevoli, di tre personaggi che possono esprimere un giudizio in materia: Danilo Noro (maestro di sci, ex atleta dello ski-alp, e titolare del negozio specializzato XL Mountain di Settimo Vittone), Fabio Meraldi (guida alpina e campione dello scialpinismo, vincitore di un Mezzalama, di una dozzina di Pierra Menta e di molte competizioni di alto livello) e Franco Maestrini (decano degli istruttori del CAI, ha insegnato la pratica della disciplina a migliaia di appassionati fra i quali amiamo ricordare anche un certo Pietro Lanfranchi e da mezzo secolo gira per il mondo con sci e pelli alla ricerca di nuove avventure).

PROGRESSIONE CON I COLTELLI

Bastoncini classici ben impugnati e alzatacco in posizione minima, in questo modo le lame dei coltelli lavorano al meglio.

Danilo, cosa ne pensi dei rampant?

FABIO MERALDI

DANILO

«Ritengo senz’altro che questi attrezzi non debbano essere presi in considerazione dal momento che possono sviare l’apprendimento di una perfetta tenuta delle pelli. Chi usa i coltelli non riuscirà mai a capire la potenzialità delle proprie pelli di foca in quanto non arriverà mai a farle lavorare al 100%. Secondo il mio punto di vista si sale fino a quando ci si sente sicuri con le pelli, per poi togliere gli sci e ricorrere ai ramponi: questa è sicurezza. Succede infatti che ricorrendo ai coltelli ci si illuda di essere al sicuro anche se poi basta un errore banale o un avvallamento per incappare in pericolose scivolate contro le quali i coltelli nulla possono fare». Nel tuo zaino ci sono i coltelli? «Mai, ma i ramponi sì».

Franco Maestrini, qual è il tuo rapporto con i coltelli? «Durante i corsi succede spesso che qualcuno degli allievi si trovi in difficoltà: in certi casi la paura di scivolare è palpabile e le energie che l’allievo spreca in queste condizioni di stress sono ingenti: ecco che allora vengono in soccorso i coltelli…». Ma tu Franco, li usi i coltelli? «In certe condizioni estreme sì, io li porto sempre nello zaino…».

FRANCO MAESTRINI


APPOGGIO SOLIDO CON LE ‘PAPERE’

Nei traversi impegnativi l’uso di papere da fondo garantisce un appoggio molto solido che contribuisce alla tenuta. Questa condizione fa sì che non si debba ricorrere ai coltelli.

MEGLIO TORNARE INDIETRO...

Salire impugnando i bastoni a mezz’asta non permette un buon appoggio, oltretutto si rischia di perderli. Se si adotta questo atteggiamento per non farsi attorcigliare dalla neve in caso di valanga allora è meglio tornare immediatamente indietro. Se proprio si teme uno stacco immediato meglio impugnare la manopola con le quattro dita senza infilarvi anche il pollice.

Eppure ti ho visto personalmente eseguire passaggi estremamente difficili con le sole pelli. «L'importante è apprendere ad appiattire bene lo sci e la pelle sulla neve per ottenere la massima tenuta, così si riescono a superare dei pendii anche molto impegnativi». Non credi che gli avvallamenti e le porosità del manto nevoso mettano a rischio l’incolumità di chi procede con coltelli calzati? «L’importante è che si sfrutti bene la flessione dello sci per fare in modo che il coltello entri nel manto nevoso, difficilmente ci sono avvallamenti tanto lunghi e profondi da inibire il funzionamento del coltello».

Adesso tocca a Meraldi. Sentiamo cosa ne pensa lui dei coltelli. «Mi succede a volte di far calzare i coltelli a dei clienti che hanno pelli tagliate male, non della misura dello sci, o talmente consumate da non garantire la tenuta. In questi casi l’uso dei coltelli contribuisce a dare sicurezza e rilassare lo scialpinista. Va detto tuttavia che da solo il coltello non rende invulnerabili se non si accompagna al corretto uso delle pelli e di un buon bastoncino con papera da fondo. Ed è proprio adottando questo tipo di bastone che si è in grado di superare pendenze elevate sfruttando

le sole pelli. In ultima analisi il tutto dipende molto dal pendio che c’è sotto: se ci si trova su traversi esposti o canali pericolosi meglio ricorrere ai ramponi. In condizioni poco pericolose si può sfruttare la situazione per acquisire una maggior familiarità con le pelli». Ma tu, i coltelli, li hai mai usati? «No, mai, preferisco staccare gli sci e calzare i ramponi, questo sì che mi dà sicurezza nei passaggi estremi»

Considerazioni finali Personalmente non porto i coltelli con me: durante i grantour nonostante abbia ormai maturato una buona familiarità con le pelli che mi consente di superare certe pendenze sci ai piedi, opto per la calzata dei ramponi quando ritengo che i rischi siano troppo elevati per proseguire con le sole pelli. Vorrei poi far notare che, se si acquisisce una buona sensibilità nel far lavorare le pelli, si possono affrontare pendii ripidi senza il rischio di scivolate improvvise dalle conseguenze immaginabili. Su pendenze estreme le sensazioni di tenuta precaria si fanno sentire per gradi, imponendo dapprima un grande lavoro di braccia nell’appoggio dei bastoncini e di appiattimento dello sci a valle per ottenere la massima tenuta della pelle. È a questo punto che lo scialpinista deve scegliere il momento opportuno per fermarsi e cambiare assetto, calzando i ramponi.


WILD WILD WEST

«Cosa vai a fare in Colorado?» Pochi, per non dire nessuno, credevano all'idea che la nazionale italiana di scialpinismo fosse stata invitata ai Campionati Nord Americani in qualità di ambasciatrice dello skialp race. A tutto il resto ha pensato Scarpa, sponsorizzando interamente la trasferta e cogliendo l'occasione per presentare questa partnership tutta italiana alla fiera Snow Show di Denver. Un'iniziativa lodevole, che ha permesso di esportare oltre oceano i valori umani e sportivi del made in Italy targato scialpinismo. Sono stati giorni di confronto e di crescita non solo tecnica ma anche personale. Se davvero vogliamo promuovere la versione agonistica dello scialpinismo nel mondo, questa è la strada giusta. Noi pensiamo di aver dato un buon contributo! Ecco come è andata…

Diario di viaggio Data: dal 25 gennaio al primo febbraio Componenti Team Scarpa: Manny Reichegger - Matteo Eydallin Lorenzo Holzknecht - Oscar Angeloni Destinazione: Denver - Crested Butte - Winter Park

Mercoledì 25 gennaio Siamo partiti da Milano Malpensa con destinazione New York. Al parking abbiamo composto le nostre due sacche di sci, il tempo di sentire una scossetta di terremoto e via. Le operazioni doganali negli Stati Uniti sono estenuanti: mille controlli, impronte digitali, fotografie. Il vero problema è stato spiegare il motivo del nostro viaggio. La parola 'skimountaineering' si presta infatti a mille interpretazioni e così alla fine nessuno capiva il motivo della nostra presenza. Dopo quattro ore di attesa, con le nostre sacche di sci che creavano scompiglio sui nastri trasportatori dell'aeroporto, ci siamo imbarcati per Denver che abbiamo raggiunto dopo altre quattro ore di volo. Abbiamo noleggiato una vera e propria 'astronave', un fuoristrada 5200 a benzina da sette posti. La carta di credito a garanzia era la mia… e così mi sono messo al volante. Obiettivo: raggiungere la City, dove avevamo due stanze prenotate in hotel. Accanto a me, in qualità di capo macchina a dirigere le operazioni, Oscar Angeloni, dietro 'Eyda' e 'Holz'


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COLORADO testo: Carlo Ceola foto: Carlo Ceola

Paesaggi sconfinati, bufere di neve, pendii di 'powder'... Il nostro inviato è stato in Colorado, ai Campionati Nord Americani, con la nazionale azzurra


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COLORADO «Esco e 'mi infilo' nella fiera, che nel frattempo si è spostata sulla neve. Sì, avete capito bene, la fiera di Denver si è trasferita a Winter Park, sulla neve»

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con l'incarico di sostituirsi al navigatore e Manny in qualità di supervisore. Squadra perfetta, obiettivo raggiunto senza errori in circa un'ora. Eravamo in giro da 24 ore, i ragazzi sono andati subito a dormire, io e Oscar invece ci siamo avventurati a piedi per le strade di Denver in cerca di cibo.

Giovedì 26 gennaio

Meeting point alle 7.30 nella hall dell'hotel con Kim e Colleen del team SCARPA America per organizzare la nostra comparsa in fiera. Siamo stati ospiti dello stand dell'azienda per l'intera mattinata. Una fiera spettacolare, interamente dedicata al mondo dello sci. A farla da padrone sci larghi e snowboard, ma ci siamo fatti valere attirando la curiosità dei visitatori. Il pomeriggio abbiamo ripreso il fuoristrada e, ricomposta la formazione, ci siamo avventurati 'on the road' con destinazione Crested Butte, nel cuore delle Rocky Mountain del Colorado. Ben sei ore di strada, quasi interamente tra i 2000 e i 3000 metri. Paesaggi incantevoli ci hanno tenuto compagnia, abbiamo toccato destinazioni famose come Vail e Aspen e tutto è andato bene fino a quando in auto è balenata una brillante

idea. L'equipaggio dietro scalpitava, erano due giorni che non si allenavano e così, giunti al Passo Monarch, sono stato pregato di fermarmi e di farli scendere perché sarebbero andati a sciare. Ok fare il tassista, ma cosa sto a guardare gli altri mentre sciano? Oscar non stava bene ed è rimasto in auto, io ho seguito gli atleti. Dopo cento metri sono rimasto da solo. Mi sembrava di vederli là davanti, per la serie 'i miraggi nel deserto'. Arrivato 'on the top' ero solo, i fantasmi erano spariti e ora un altro miraggio si faceva strada nella notte: vedevo nel fondovalle i fari del nostro fuoristrada. Così, invece di ripercorrere a ritroso il tracciato, ho pensato bene di tirare giù dritto per la montagna, con il risultato di ritrovarmi da solo, al buio, in fondo a una valle, con - 20 gradi. Ho passato quei famosi dieci minuti di panico che ricorderò a lungo. Ritrovata la via di casa e raggiunto il gruppo, mi sono rimesso al volante. Mancavano cento miglia a Crested Butte quando una fortissima nevicata ci ha sorpresi nel cuore della notte. Visibilità nulla tanto i fiocchi erano fitti, tutto bianco, nessun riferimento, siamo arrivati così in netto ritardo sulla tabella di marcia al nostro lodge. Di mangiare dopo le 23 in

Colorado non se ne parla e così ci siamo arrangiati.

Venerdì 27 gennaio

La mattina, aperte le finestre, siamo rimasti ammutoliti ad ammirare lo spettacolo. C'erano 40 centimetri di powder ad attenderci e pendii vergini da disegnare. Prima però abbiamo consumato una colazione degna di un branco di orsi usciti dal letargo al modico costo di 20 dollari a testa. Euforici, siamo schizzati fuori dall'hotel con destinazione powder, ma ben presto ci siamo imbattuti negli ski patrol con i quali abbiamo ingaggiato una sfida a guardia e ladri. Dopo aver forzato un paio di posti di blocco, ci hanno sguinzagliato al seguito un esercito di pattugliatori. Io, 'Holz' e 'Manny' a un certo punto abbiamo desistito e, mentre toglievamo le pelli, 'Eyda', con una progressione delle sue, ha lasciato i gendarmi sul posto e si è involato in salita. Imprendibile. Io e Manny siamo scesi a valle e siamo andati a 'sverginare' un pendio di powder sul lato opposto della valle. 'Holz' è andato in palestra, mentre di 'Eyda' avevamo perso le tracce. Il pomeriggio l'abbiamo visto rientrare in camera scortato dalla police. Successivamente ha subito un vero e proprio


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1. Eydallin tra le strade di Denver. 2. Da sinistra: Holzknecht, Reichegger, Eydalin. 3. I vincitori dell'individuale: da sinistra Holzknecht (2°), Reichegger (1°), Rainer (3°) . 4. Il trono del King a Crested Butte con il nostro Carlo. 5. Gara individuale: Manny Reichegger. 6. Reichegger nella powder. 7. Non c'era più posto in autobus e allora… Carlo si è accomodato fuori! 8. Un simpatico memorabilia in un ristorante di Crested Butte. 9. Il resort da cui partiva la sprint a Crested Butte. 10. Lo stand Scarpa alla fiera di Denver. 11. Il relax di Lorenzo Holzknecht. 12.Holzknecht nella sprint. 13. Un tratto a piedi in cresta. 14. Cose che succedono quando nevica tanto!15.Manny Reichegger, ottimo cuoco. 16. La fiera Snow Show di Denver si è trasferita a Winter Park. 10

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processo difeso dall'avvocato Angeloni che ha sortito questi effetti: Eyda condannato a non poter partecipare alle gare dei giorni successivi, il CT Angeloni condannato a tracciare la sprint del giorno dopo.

Sabato 28 gennaio

Il giorno della sprint. Partenza a 3200 metri con temperatura di - 25. Il quartier generale era posto nei pressi di un resort, ai limiti di un bosco, con partenza direttamente dal solarium: cose mai viste. Vince 'Manny', davanti al canadese Toni Rainer che beffa di qualche secondo il nostro 'Holz'. Il pomeriggio i ragazzi hanno doppiato, poi tutti assieme ci siamo concessi una pausa relax in sauna, piscina e idromassaggio all'aperto. Io e Manny abbiamo affrontato un supermercato, comperando tutto l'occorrente per preparare una cena. Al briefing il team Scarpa è salito in cattedra, rispondendo alle numerose domande del pubblico presente. 'Holz' con il suo perfetto inglese è stato il portavoce della squadra. 'Manny' la sera si è rivelato un ottimo cuoco e, dopo il carico di carboidrati, siamo andati tutti a nanna presto, visto che l'indomani sarebbe stato il giorno dell'individuale.

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Domenica 29 gennaio

Come sempre anticipo i ragazzi in vetta e così parto di buon ora, sempre con quei - 20 a tenermi compagnia. La prima salita misura circa 800 metri di dislivello e subito dopo il via mi rendo conto che il percorso non è tracciato. In realtà le bandierine ci sono, ma le tracce di salita no. Mi trovo così a batter traccia a 3500 metri su 40 centimetri di neve polverosa, fatto che che mi ricorda un film già visto. Capisco che i fenomeni locali hanno tracciato al contrario, sono scesi dalla vetta alla partenza disseminando il tracciato di bandierine e pensando bene di alternare la colorazione per rendere il pendio più variopinto. A monte anche Oscar ha il suo bel da fare per organizzare le piazzole dei cambi. Alla fine ne è uscito un rally orienteering con i nostri che hanno vinto a mani basse, impiegando ben due ore per fare 1600 metri di dislivello. Io mi sono 'sfasciato' e… per completare l'opera, il pomeriggio mi sono 'sciroppato' altre cinque ore di fuoristrada per raggiungere Winter Park.

Lunedì 30 gennaio

Mi sveglio febbricitante, spero sia stanchezza. Esco e

'mi infilo' nella fiera, che nel frattempo si è spostata sulla neve. Sì, avete capito bene, la fiera di Denver si è trasferita a Winter Park, sulla neve. Qui si può provare tutta l'attrezzatura. Uno sballo. Noleggiamo sci dalle dimensioni spropositate e con il resto della squadra prendiamo gli impianti e via a sciare. Valli e valli collegate da impianti, piste che scendono da ogni dove e fuoripista da urlo. I ragazzi danno spettacolo. Abituati a sciare con i 'battiscopa', con questi attrezzi diventano dei veri e propri funamboli. Riconsegnata l'attrezzatura, mi infilo a letto perché la febbre è salita e non mi reggo in piedi. Gli altri il pomeriggio partecipano a una sprint spettacolo, che vinceranno, e poi la sera saranno ospiti di Scarpa in un rifugio in quota dove verrà servita un'abbondante cena annaffiata da vino italiano. Un lusso.

Martedì 31 gennaio

Si compie a ritroso il viaggio dell'andata. Ci rimettiamo a posto con il fuso orario e mercoledì primo febbraio sbarchiamo in una Milano imbiancata. Ma siamo tornati in Colorado? No, finalmente la neve è arrivata anche da noi!


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PELVOUX 2012 testo: Carlo Ceola foto: Carlo Ceola e Riccardo Selvatico

EUROPEI DI NESSUNO

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'è da chiedersi come si possa avere assegnato l'organizzazione di un Campionato Europeo a Pelvoux e, quel che è peggio, se è vero che il Pierra Menta ha ritirato la sua candidatura ai prossimi Mondiali, come si possa solo pensare di darli a questa località. Non ci siamo. Sono stati gli Europei di nessuno, voluti dalla vecchia dirigenza ISMF. E la nuova si è ben guardata dal 'metterci il naso'. Siamo tornati indietro di almeno cinque anni. Ma quale Olimpiade, ma chi lo vuole uno scialpinismo così? Mi piacerebbe tanto vedere il rapporto del commissario del CIO che era presente a Pelvoux… Nessuna indicazione che in terra francese si sarebbero svolti i campionati europei di scialpinismo… mi sono affidato al navigatore satellitare che mi ha portato a Pelvoux. Una volta arrivato ho iniziato a guardarmi attorno. Il nulla. Cercavo il quartier generale, che ho trovato a intuito seguendo i mezzi 'griffati' con i marchi del settore. Le uniche indicazioni appese ai tronchi degli alberi indicavano le aree di partenza delle varie gare. Accreditarsi o meno era la stessa

cosa, tanto non si aveva accesso ad alcun tipo di servizio. Vigeva il 'fai da te'. In paese sembrava che qualcuno dall'alto avesse catapultato questa 'maledizione' degli Europei e che in qualche modo bisognasse portarla a termine prima possibile. Il giorno della gara a coppie era stato ampiamente annunciato il gelo polare: partenza ugualmente alle ore 9, sull'area del comprensorio sciistico. C'era l'opportunità di far partire gli atleti dalla piazzetta in prossimità degli impianti, con hotel e parecchi turisti. Con -21° si sarebbe riscaldato un po' l'ambiente, invece niente di tutto ciò. Hanno fatto partire una gara di un Campionato Europeo a coppie dentro un bosco, su una spianata della pista, senza una bandierina… Della serie: teniamoli ben nascosti questi scialpinisti! Il primo cambio avveniva a duecento metri in linea d'aria dall'arrivo della seggiovia. Di domenica mi sarei aspettato la gran folla, invece gli spettatori presenti variavano dai venti ai trenta. Le premiazioni in piazza hanno rasentato il ridicolo. Il palco era rappresentato da un camion aperto in cui qualche 'genio della comunicazione' aveva esposto la pubblicità delle spiagge della Costa Azzurra con le palme e il mare. Niente musica, nessun tipo di contorno, presenti i soliti venti o trenta

curiosi, una manifestazione sbrigativa. Per non parlare della ricettività. Noi eravamo a Briançon che dista circa 20 chilometri di strada tortuosa dal campo di gara. I briefing sono stati imbarazzanti, ci si è messi a discutere delle modalità dei cambi, in particolare sull'uso dei bastoncini, se il pettorale andava nella gamba destra o sinistra… Ognuno a dire la sua: un bel dibattito la sera prima delle gare! Potrei tediarvi con altri mille aneddoti, penso possa bastare così, infierire sarebbe come sparare sulla Croce Rossa. Si è toccato il fondo, l'unica consolazione è che si può solo migliorare, a meno che ci sia qualcuno che pensa che sia andato tutto bene e che si sia fatto un ottimo lavoro. Perché allora è bene capire di cosa stiamo parlando. Se si organizzano eventi simili non basta più tracciare i percorsi. Serve un'organizzazione capillare che assicuri tutta una serie di servizi, che sappia comunicare l'evento, che dia visibilità agli sponsor, che curi l'immagine e che non perda occasione per far parlare di scialpinismo. A questo punto è doveroso che intervenga la Federazione internazionale e che crei un format da replicare in tutte le manifestazioni. Chi non è in grado di rispettarlo dovrebbe farsi da parte, per il bene dello scialpinismo.

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All'inizio di febbraio Pelvoux ha ospitato un'edizione della rassegna continentale perfetta dal punto di vista tecnico ma imbarazzante per tutto il resto. Se lo scialpinismo vuole crescere è bene che chi di dovere faccia un'attenta riflessione A sinistra. Il massimo del pubblico che si è visto a Pelvoux durante gli Europei. Qui accanto. Lo strappo di Holz e Manny che se ne vanno subito Sotto. Vincitori e vincitrici del titolo

SCOREBOARD GARA A coppie Pelvoux (Fra) 5-10 febbraio Campionati Europei Senior maschile

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Holzkencht-Reichegger (Ita)................. 1h 51' 39" Buffet-Jacquemoud (Fra) .......................1h 55 '08" Anthamatten-Ecoeur (Sui) ......................1h 56' 14" Lenzi-Boscacci (Ita) ................................2h 00' 20" Jornet Burgada-Pinsach (Esp) ..............2h 01' 01" Trento-Eydallin (Ita)................................. 2h 04' 02"

Senior femminile

1. Troillet-Pont Combe (Sui)........................ 2h 05' 41" 2. Arrò Ribot-Mirò (Esp) ..............................2h 09 '05" 3. Gex Fabry-Mathys (Sui) .........................2h 11' 08" Testa a testa: una di quelle gare che se fosse stata trasmessa in tv avrebbe fatto palpitare ed emozionare anche chi di scialpinismo non capisce nulla. Primo tratto in pista, con muri degni di Saalbach. Pronti via ed è subito bagarre. Blanc, Lenzi, Kilian, tutti a strappare, ma di fatto restano in gruppo. Una rapida occhiata tra 'Holz' e 'Manny' e nel secondo muro attaccano cattivi. La loro sparata fa male, spacca il gruppo che viene messo in fila indiana. Qualche coppia si disunisce. I nostri capiscono di essere riusciti nell'intento e restano davanti con 50 metri di vantaggio. Sempre 'Holz' a fare il ritmo con 'Manny' in scia, tutti gli altri a caccia. I ritmi sono indiavolati, i nostri tengono e nell'ultima salita

prima del cambio danno un'altra accelerata. Cambio perfetto e giù 'a cannone' in discesa su neve polverosa. Dietro Kilian sembra un leone in gabbia, con il suo compagno Pinsach che non viene avanti e quindi costretto a rallentare. Boscacci ne avrebbe da vendere ma Lenzi è in giornata nera. I francesi Buffet e Jacquemoud con gli svizzeri Ecoeur e Anthamatten sembrano poterci provare. Mi apposto sulla seconda salita e l'assetto dei nostri è cambiato. Ora c'è 'Manny' a tirare con ritmo forsennato nel tratto a piedi. Tentano il tutto per tutto senza pensarci molto, il rischio è che vogliano strafare. Dietro saltano accordi e strategie, assalto all'arma bianca, tutti contro tutti. 'Manny' e 'Holz' cambiano con un minuto di vantaggio, rassicurante ma non decisivo. Tutto può ancora accadere. La terza salita è quella più lunga, con un canalino tecnico da affrontare a piedi e la lunghissima discesa fino a Pelvoux, dove ci sarà da affrontare anche un breve tratto a skating nella pista di fondo. I nostri affrontano la salita con la consapevolezza che ora il forcing tocca a chi insegue. Salgono decisi senza voltarsi, solo nella parte finale, una volta in cresta, capiscono di poter affrontare la discesa senza prendere rischi eccessivi. Dietro non ce la fanno più a rientrare, ma ci provano lo stesso, non mollano. Li aspetto a 500 metri dall'arrivo, vedo sbucare i due caschi arancioni dei nostri. Oro, una gara strepitosa, d'autorità, di esperienza e di cuore. Grazie ragazzi! La sorpresa: è bastata una settimana

in Colorado per affiatare e formare questa meravigliosa coppia formata da 'Holz' e 'Manny'.

La delusione: perché Antonioli non ha voluto correre la gara? Organizzazione: tecnicamente ineccepibile, per tutto il resto meglio lasciare perdere. Curiosità: la fantastica coppia azzurra sulla carta non esisteva. Il rifiuto di Antonioli di prendere parte alla gara ha rimescolato tutto e tra le mille combinazioni possibili Angeloni e Invernizzi ci hanno visto giusto.


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PELVOUX 2012

Grande Italia

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li Europei rappresentavano l'evento clou per la nostra nazionale. Ci si è arrivati quasi al buio perché la mancanza di neve ha condizionato l'avvio di stagione. I nostri nella tappa di apertura di Coppa del Mondo ad Andorra avevano fatto vedere di esserci, a Pelvoux hanno ribadito la forza del gruppo. Quello che più entusiasma è la pioggia di medaglie arrivata dal settore giovanile. Merito dei Comitati e degli sci club che da anni stanno facendo un grandissimo lavoro, merito di questi ragazzi che sanno sacrificarsi, che sanno onorare la tuta azzurra e per la quale danno tutto. Un gruppo solido, animato dalla passione per lo scialpinismo, senza pretese, dedito alla causa e pronto a mettersi in discussione ogni volta che il risultato non arriva, senza cercare scuse o alibi. Un gruppo di cui andare orgogliosi. L'Italia alla fine dei giochi si colloca seconda nel medagliere dietro alla Francia, con quattro medaglie d'oro, otto d'argento e otto di bronzo. In realtà le medaglie sarebbero 20 ex-aequo con i francesi, solo che i transalpini hanno conquistato ben dieci ori. Il livello in campo maschile è cresciuto tantissimo, in quello femminile, a parte le due fortissime Roux e Mirò, è piuttosto scarso. Basta analizzare le classifiche. Il podio maschile è quasi sempre racchiuso in pochi secondi, quello femminile in parecchi minuti. L'oro di Reichegger e Holzknecht acquista così un grandissimo valore, come l'argento di Antonioli nella sprint. Ci è mancato l'acuto nell'individuale, restiamo invece la squadra più temibile quando si corre in coppia o a staffetta.

SCOREBOARD Classifiche Gara individuale Pelvoux (Fra) 5-10 febbraio Campionati Europei Senior femminile

1. Laetitia Roux (Fra)...........................1h 19’ 14” 2. Mireia Mirò (Esp).............................1h 22’ 24” 3. Severine Pont Combe (Sui)............1h 27’ 05”

Senior maschile

1. William Bon Mardion (Fra)..............1h 08’ 00” 2. Kilian Jornet Burgada (Esp)...........1h 08’ 39” 3. Martin Anthamatten (Sui)................1h 08 ’45”

Espoir femminile

1. Anna Figura (Pol).............................1h 34’ 38” 2. Elisa Compagnoni (Ita)...................1h 36’ 04” 3. Mireille Richard (Sui).......................1h 36’ 36”

Espoir maschile

non sembra essere al 100 per cento. Manfred Reichegger e Matteo Eydallin sono appena dietro e si giocano la medaglia. Nell’ultima discesa tutto cambia. Bon Mardion supera Kilian e dalle retrovie arriva lo svizzero Martin Anthamatten che conquista la terza piazza. Reichegger è quarto. In campo femminile? Non c’è storia, la Roux gareggia in un’altra categoria vincendo davanti a Mireia e alla svizzera Severine Pont Combe. La sorpresa: le sorprese arrivano dalla categoria Espoir con due azzurri in continua crescita, Robert Antonioli ed Elisa Compagnoni. Antonioli conquista una medaglia d’oro, mentre la Compagnoni sale sul secondo gradino del podio. La delusione: se si può chiamare delusione, è non aver visto i ragazzi azzurri salire sul podio, Reichegger ed Eydallin avevano tutte le carte in regola per portare a casa Italia due medaglie. Purtroppo ogni gara ha la sua storia fatta di agonismo, tattica e anche di un po’ di fortuna. Eydallin ha avuto problemi con i materiali e in discesa non è riuscito a sciare come avrebbe voluto, Reichegger si è visto superare in fondo.

1. Robert Antonioli (Ita).......................1h 09’ 50” 2. Matheo Jacquemoud (Fra)............1h 09’ 57” 3. Marc Pinsach (Esp).........................1h 11’ 46”

Da segnalare: ancora un terzo posto per lo svizzero Martin Anthamatten. Forse ancora meglio di Kilian, l’atleta più costante degli Europei.

Testa a testa: la gara è combattuta fino dalle prime fasi, Kilian si mette in testa a tirare il gruppo, alle sue spalle non riescono a tenere il suo ritmo. Il francese Bon Mardion

Organizzazione: come tracciatura e controlli nulla da eccepire, ma con gli impianti da sci così vicini forse si poteva avere più pubblico lungo il tracciato.

In alto. Foto di gruppo per i giovani italiani, grandi protagonisti a Pelvoux. Sotto. Il podio Espoir dell'individuale, con il nostro Antonioli davanti a Jacquemoud e Pinsach.

IL MEDAGLIERE AZZURRO Oro Holzknecht-Reichegger gara a coppie Senior Antonioli individuale Espoir De Silvestro vertical Cadetti Cazzanelli-Magnini-Maguet staffetta mista Cadetti/Junior

Argento

Antonioli sprint Senior Compagnoni individuale Espoir Nicolini vertical Junior Compagnoni vertical Espoir De Silvestro individuale Cadetti Faifer individuale Junior Cazzanelli sprint Junior Antonioli sprint Espoir

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Eydallin-Lenzi-Reichegger-Antonioli staffetta Senior Pellissier-Nicolini-Valmassoi staffetta femminile Maguet vertical Junior Compagnoni individuale Cadetti Magnini individuale Cadetti Cazzanelli individuale Junior Maguet individuale Junior De Silvestro sprint Cadetti


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Nelle foto da sinistra in senso orario. Laetitia Roux davanti a Mireia Mirò e Gemma Arrò Ribot sul podio del Verical. Anton Palzer, grande protagonista dell'individuale Junior. Kilian in azione nel Vertical. Antonioli all'inseguimento del tedesco Rottmoser nella gara Sprint.

SCOREBOARD SPRINT

Senior maschile 1. Josef Rottmoser (Ger)..........................................2’ 41’’ 01 2. Roberto Antonioli (Ita)..........................................2’ 48” 08 3. Marcel Marti (Sui).................................................2’ 51” 09 Senior femminile 1. Mireille Richard (Sui)............................................2’ 57” 04 2. Severine Pont-Combe (Sui).................................2’ 59” 03 3. Anna Figura (Pol)..................................................3’ 05” 00 Espoir maschile 1. Josef Rottmoser (Ger)..........................................2’ 41” 01 2. Robert Antonioli (Ita)............................................2’ 48” 08 3. Andreas Steindl (Sui)...........................................3’ 13” 02 Espoir femminile 1. Mireille Richard (Sui).............................................2’ 57”04 2. Anna Figura (Pol)...................................................3’ 05”00 3. Emilie Favre (Fra)...................................................3’ 18”07 Junior maschile 1. Corentin Cerutti (Fra)............................................2’ 28” 06 2. Pierre-Elie Carron (Sui).........................................2’ 45” 05 3. Emilio Corbex (Fra)..............................................2’ 48” 09 Junior femminile 1. Axelle Mollaret (Fra).............................................3’ 13” 06 2. Alessandra Cazzanelli (Ita).................................3’ 15” 02 3. Marta Garcia Farres (Esp)...................................3’ 15” 08 Cadetti maschile 1. Adrien Buet (Fra)..................................................2’ 44” 05 2. Thomas Corthay (Sui)..........................................2’ 50” 08 3. Aleix Domenech (Esp).........................................2’ 53” 00 Cadetti femminile 1. Louise Borgnet (Fra)............................................3’ 22” 08 2. Adele Milloz (Fra).................................................3’ 25” 09 3. Alba De Silvestro (Ita)..........................................3’ 36” 01

INDIVIDUALE JUNIOR E CADETTI

Cadetti femminile 1. Louise Borgnet (Fra)..........................................1h 03’ 56” 2. Alba De Silvestro (Ita)........................................1h 04’ 23” 3. Giulia Compagnoni (Ita)....................................1h 04’ 54” Cadetti maschile 1. Thomas Corthay (Sui).............................................52’ 51” 2. Aleix Domenech (Esp)............................................53’ 58” 3. Davide Magnini (Ita)................................................54’ 15” Junior femmnile 1. Jennifer Fiechter (Sui).............................................58’ 31” 2. Axelle Mollaret (Fra)................................................59’ 45” 3. Alessandra Cazzanelli (Ita)...............................1h 02’ 04” Junior maschile 1. Anton Palzer (Ger)...................................................46’ 26” 2. Luca Faifer (Ita)........................................................48’ 42” 3. Nadir Maguet (Ita)...................................................49’ 59”

VERTICAL

Senior maschile 1. Kilian Jornet Burgada (Esp)...................................38’ 44” 2. Yannick Buffet (Fra).................................................39’ 43” 3. Martin Anthamatten (Sui)........................................40’ 10” Senior femminile 1. Laetitia Roux (Fra)...................................................25’ 16” 2. Mireia Mirò (Esp).....................................................26’ 28” 3. Gemma Arrò Ribot (Esp)........................................27’ 54” Espoir maschile 1. Marc Pinsach (Esp).................................................41’ 34” 2. Matheo Jacquemoud (Fra)....................................41’ 46” 3. Josef Rottmoser (Ger).............................................42’ 11” Espoir femmnile 1. Emilie Favre (Fra).....................................................31’ 03” 2. Elisa Compagnoni (Ita)...........................................31’ 26” 3. Mireille Richard (Sui)...............................................32’ 11” Junior maschile 1. Anton Palzer (Ger)...................................................23’ 12” 2. Federico Nicolini (Ita)..............................................25’ 30” 3. Nadir Maguet (Ita)...................................................25’ 34” Junior femmnile 1. Axelle Mollaret (Fra)................................................19’ 55” 2. Jennifer Fiechter (Sui).............................................20’ 33” 3. Marta Garcia Farres (Esp)......................................20’ 44” Cadetti maschile 1. Aleix Domenech (Esp)............................................17’ 05” 2. Dominik Sàdlo (Cz).................................................17’ 34” 3. Manuel Picon Bravo (Esp)......................................18’ 04” Cadetti femminile 1. Alba De Silvestro (Ita).............................................21’ 10” 2. Louise Borgnet (Fra)...............................................21’ 58” 3. Ina Forchthammer (Aut)..........................................22’ 07”

RELAY

Team Relay maschile 1. Svizzera (Anthamatten/Theux/Ecoeur/Tissières). 34' 42" 2. Francia (Sevennec/Favre/Buffet/Bon Mardion).... 35' 08" 3. Italia (Eydallin/Lenzi/Reichegger/Antonioli)........... 36' 11" Team Relay femmnile 1. Svizzera (Pont Combe/Gex-Fabry/Richard)........ 34' 07" 2. Spagna (Riba Carlos/Arrò Ribot/Mirò Varela)...... 34' 18" 3. Italia (Pellissier/Nicolini/Valmassoi)....................... 34' 33" Team Relay Junior e Cadetti MISTA 1. Italia (Cazzanelli/Magnini/Maguet)........................ 32' 47" 2. Spagna (Garcia Farres/Domenech/Cardona Coll).... 33' 08" 3. Svizzera (Fiechter/Carron/Corthay)....................... 33' 41"


106 > rubriche

THE PINK SIDE OF SNOW testo: Martina Valmassoi

Donne europee Nonostante influenze e sfortune varie, noi azzurre abbiamo tenuto alto il nome dell'Italia ai Campionati di Pelvoux

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Campionati Europei di scialpinismo sono finiti. Chi più, chi meno, tutti abbiamo contribuito a tenere alto il nome dell’Italia in Europa. Di questi tempi è bene che qualcuno lo faccia! Io però ci tengo a scrivere delle donne della nostra squadra. Giovani o meno giovani, esperte o meno esperte, sono state le protagoniste, almeno per me. Partiamo dalle 'new entry' Giulia Compagnoni e Alba De Silvestro. Piccole ma grandi, da sole hanno portato a casa quattro medaglie e sono alla loro prima esperienza. Ricordiamoci che sono ragazze che, finita la gara, prima di festeggiare, aprono il libro di algebra o quello di scienze perché, a giorni, si torna sui banchi di scuola. Alessandra Cazzanelli, sempre sorridente e in apparenza distratta, ancora una volta ha fatto incetta di medaglie, dando del filo da torcere alle sue coetanee. La grande sorpresa è stata Elisa Compagnoni: due argenti in due giorni nella categoria Espoir. Nell’individuale ha mancato l'oro per un soffio. È sempre la discesa che ci frega! Tante non sarebbero neanche partite dopo aver passato una notte come la sua. Il sangue che cola dal naso a fiumi ogni due ore e per tutta la mattina la accompagna in gara ma lei, senza paura, continua. Semplicemente grandissima. E poi

la mia mitica socia! Corinne Clos è arrivata a Pelvoux che già non era in splendida forma. L’influenza quest’anno è stata più carogna del solito. Nonostante questo, la domenica partiamo per la gara a coppie: -22°, gelo polare. Per fortuna che sono riuscita a convincerla a mettersi la calzamaglia… Chi la vedeva la scambiava per un piccolo pupazzo di neve. Era completamente ibernata. Abbiamo finito la gara con la medaglia di legno. Meglio di così non poteva andare. Il giorno dopo ha fatto la sprint anche se non si sentiva ancora bene. Alle qualifiche ha perso uno sci e quindi è uscita. C’era quasi caldo ma lei batteva i denti ed è stata ferma a fare il tifo. Alla fine è stato il termometro a dare sentenze: 38 e mezzo. Con mio immenso dispiacere mi ha dovuta abbandonare. Ma è stata decisamente la cosa giusta da fare e forse sarebbe stato meglio prendere prima quella decisione. E veniamo alla staffetta: io, 'Glo' ed Elena sapevamo che una medaglia era fattibile, sapevamo anche che non sarebbe stato facile! La fortuna è stata dalla nostra parte per una volta, ma ce la siamo comunque sudata e meritata. Del resto, alla sprint Elena ha perso lo sci e si è giocata la finale. Gloriana, influenzata, non ha partecipato alle prime gare e io, malauguratamente, ho 'toppato' l’individuale. È stata la gara forse più importante della stagione per me. Invece… influenza, giornata no. Ma è andata. Abbiamo puntato tutto su questa gara e ce l’abbiamo fatta! Bronzo che per noi vale oro. Le prime frazioniste della Francia non sono state in grado di contenere il distacco e quindi la Roux, nonostante la prova eccezionale, non è riuscita a recuperare. Ecco le grandi donne dell’Europeo. Chapeau!

Classe 1989, cresciuta in una famiglia di sportivi, nazionale di scialpinismo, ama la musica rock e detesta Gigi d'Alessio e il gorgonzola. Dal 2006 è campionessa italiana in carica nell'individuale e vertical nella sua categoria. Nel 2008 ha vinto una medaglia d'oro ai campionati Europei dell'Alpago in staffetta con Antonioli e Fognini e un bronzo nel vertical categoria juniores sempre nella stessa rassegna. Nella scorsa stagione ha chiuso al terzo posto in classifica generale di Coppa del Mondo nella categoria Espoir e sempre nella stessa categoria ha vinto il Pierra Menta.


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LORENZO HOLZKNECHT testo: Carlo Ceola foto: Riccardo Selvatico

PER GLI AMICI

HOLZ L

orenzo Holzknecht, professione scialpinista. Così è scritto nella sua carta d'identità. Ti aspetti di incontrare uno che vive confinato in un rifugio a tremila metri, l'uomo che non deve chiedere mai, che si 'ciba' di fatica e sofferenza e che scende a valle saltuariamente. Nella foto è ritratto con un paio di baffi che fanno molto british, capelli arruffati modello Einstein, volto pulito e sorriso contagioso. Sembra più un intellettuale che un atleta, se partecipasse alle 'Identità Nascoste' nessuno riuscirebbe a indovinare la sua professione. Trae in inganno anche il suo modo di porsi affabile, disinvolto, socievole, mai scontato. Un signore questo Holz, come tutti lo chiamano nell'ambiente. Eppure dietro quella apparenza da cittadino si cela un uomo di montagna vero, uno che ha scelto di vivere di montagna. Holz è la prova che campioni non si nasce soltanto ma si può anche diventare. Un bambino di Bormio è naturale che cresca con gli sci. Così è stato anche per lui, ma non gli piaceva. Era sempre l'ultimo del gruppo, svogliato, andava a sciare perché era mamma Clara a spingerlo. Le garette erano una sofferenza per lui che vedeva gli altri bambini salire sul podio e si sentiva dire che l'importante era divertirsi. Appunto perché non si divertiva, a dieci anni ha iniziato a giocare a calcio e d'inverno si è avvicinato allo snowboard. Ha trascorso così gli anni delle scuole medie, senza una vera passione, condividendo quelle altrui, cercando la propria dimensione. In famiglia papà Franco ha sempre avuto un grande amore per la montagna, ma il lavoro lo teneva lontano dalla famiglia, così Lorenzo frequentava i monti a 'spizzichi e bocconi', senza quella continuità che poi si sarebbe rivelata fondamentale. La montagna ce l'aveva nel DNA, ma ancora non lo sapeva. L'ha capito un giorno che accompagnava il 'babbo' con gli sci in Val Viola a controllare che la loro baita fosse ancora integra dopo una grande nevicata. Calzava un paio di Kästle da 195 cm. Fatica allo stato puro, tribolazione, vesciche, male ovunque. Al ritorno ha divorato tre piatti di pasta. Ma dentro era felice, viveva sensazioni fino ad allora sconosciute, quelle che ti fanno palpitare e stare bene. È diventato avido di montagna, ha iniziato anche ad arrampicare, l'altra sua grande passione. Verticalità in parete e… con le pelli. Nel 2000 ha conosciuto Adriano Greco e il gruppo dei ragazzi dello sci club Sondalo, tra di loro un certo Guido Giacomelli. E tornato ad essere l'ultimo del gruppo: mentre gli altri macinavano metri di dislivello, lui arrancava. Ma questa volta era diverso, dentro era scattata la molla, c'era voglia di riscat-

Farcela nella vita con o senza sci, farcela come persona, perché lo scialpinismo è una parentesi e di scialpinismo non si campa. Dietro a questa filosofia si nasconde 'Holz', uomo vincente in gara e fuori


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LORENZO HOLZKNECHT

VIDEO BACKSTAGE Una giornata in Alta Valtellina con Lorenzo Holzknecht. Guardalo sulla pagina video di skialper.it oppure su smartphone utilizzando il codice QR

to, di arrivare in vetta e al vertice del gruppo. Non sembrava avere le doti necessarie ad emergere, tuttavia. «Sì, un bravo ragazzo, ma i talenti sono altri». Più sentiva dire così, più Lorenzo voleva dimostrare il contrario. E si sono dovuti ricredere. Negli anni il ragazzo è cresciuto, mettendo in mostra tutto il suo talento, ora è lui che guarda gli altri dall'alto in basso. Ma non si sente arrivato, Holz fa la differenza dentro, è una persona estremamente intelligente. Sarebbe troppo facile prendersi delle rivincite, invece non deve dimostrare niente a nessuno, tiene per sé tutte queste soddisfazioni, al massimo le condivide con chi gli è stato vicino e ha creduto in lui. Lorenzo rappresenta lo stereotipo dello scialpinista moderno e ama viaggiare, il miglior investimento che si possa fare nella vita. Fin da ragazzo i suoi genitori in estate lo mandavano in Inghilterra a studiare l'inglese ed è lì che ha capito che uscire dalla valle rappresentava un'opportunità di crescita. Il confronto nella vita, come nello sport, è una condizione da cercare e non da fuggire, così due anni fa ha deciso di trasferirsi sei mesi in Nuova Zelanda. Qualcuno sosteneva che fosse andato laggiù a sciare, in vacanza, ma non è stato esattamente così. In estate per mantenersi era solito fare lavoretti occasionali, la sua riflessione è stata che le stesse cose avrebbe potuto farle in qualsiasi altra parte del mondo, magari con del valore aggiunto. Ha conosciuto tante persone, distante da tutto

e da tutti è maturato come persona, ha fatto quelle esperienze che si sono rivelate vincenti. «Ce la posso fare» è la frase che avrebbe scritto una sera sul suo diario. Farcela nella vita, con o senza sci, farcela come persona. Holz ha maturato questa consapevolezza, di essere un uomo del mondo e che la vita va oltre. Lo scialpinismo è una parentesi, sa benissimo che di scialpinismo non si campa. Il domani non lo spaventa. «Potrei trovarmi in Nicaragua a gestire un chiosco e fare surf, come laurearmi in psicologia o lavorare nel mondo dello scialpinismo. Il futuro rappresenta un'opportunità e non un problema e non intendo lasciarmela sfuggire. Non lo sto rincorrendo, l'importante è continuare a cavalcare l'onda delle mie motivazioni». È un vincente Holz, caparbio e testardo, ama le sfide, è orgoglioso da morire. Così, preso il diploma di ragioniere, gli è stato offerto di entrare nell'attività del padre. Ha capito però che gli sarebbe stato riservato il trattamento del 'figlio di papà'. Non voleva avere addosso quell'etichetta per sempre, doveva cambiare aria, anche perché dall'ufficio non vedeva l'ora di scappare. Ha deciso come prima cosa di andare a vivere da solo, ma ha presto capito quanto fosse dura, durissima, vivere di scialpinismo. Non c'è uno stipendio fisso che entra a fine mese, i pochi sponsor gli garantiscono la sopravvivenza, deve far quadrare i


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«…potrei trovarmi in Nicaragua a gestire un chiosco e fare surf, come laurearmi in psicologia o lavorare nel mondo dello scialpinismo. Il futuro rappresenta un'opportunità e non un problema e non intendo lasciarmela sfuggire. Non lo sto rincorrendo, l'importante è continuare a cavalcare l'onda delle mie motivazioni» conti tra lavoretti saltuari e premi gara. Ma nello sport se non vinci resti al palo. E poi parliamoci chiaro, anche se vinci nello scialpinismo non è che navighi nell'oro. Oggi Holz fa il professionista a tempo pieno e vive in affitto in una baita ristrutturata a 1600 metri sopra Isolaccia, in Valdidentro, che condivide con la sua Roby. Dietro ogni grande uomo si cela sempre una grande donna. Lollo, come lo chiama lei, riconosce che senza Roberta tutto questo non sarebbe potuto accadere. È lei la sua prima fan, è lei che gli trasmette serenità ed equilibrio, è grazie a lei che ha realizzato questo sogno. È lei che l'ha raggiunto in Nuova Zelanda da dove, come in una favola, tutto questo ha avuto origine.

Allenamento poliedrico

Lorenzo Holzknecht non ha un preparatore, anche perché non può permetterselo, ma ha avuto un grande 'guru'. Chicco Pedrini è stato il suo maestro, un amico che gli ha trasmesso i fondamentali, le basi su cui costruire il successo. «Chicco mi ha insegnato la metodologia di allenamento, facendomi capire cosa significa sacrificio e sofferenza. Solo oggi riesco a comprendere il valore dei suoi insegnamenti. Non mi ha passato tabelle, ma mi ha spiegato cosa significa allenarsi. È lui

che mi ha suggerito di diversificare gli allenamenti e la tipologia. Nello scialpinismo il fisico deve adattarsi al terreno, alla quota, al clima, al tipo di neve, alla salita e alla discesa». Così Holz mi racconta che non ha un posto fisso dove si allena, che in estate alterna la corsa con la mountain bike, facendo anche sedute di nuoto e arrampicando molto. Il motore va sempre tenuto su di giri, «guai a farlo dormire». Quindi ripetute e lavori specifici non vengono mai tralasciati. Una cosa è certa: in estate si fanno i grandi volumi, in inverno si cura la qualità. «È finito il tempo di allenarsi a ottobre, l'inverno si allena d'estate». Holz è uno che ama documentarsi sulle metodologie. A casa sua abbiamo visto una libreria fornitissima e ci ha confermato che non disdegna di apportare modifiche ai suoi programmi introducendo novità che apprende dai testi o confrontandosi con altri colleghi. Però non è uno 'fissato': lascia molto spazio all'improvvisazione e ha imparato ad ascoltarsi. «Ci sono troppe variabili che rischierebbero di mandare all'aria tutta la programmazione. Per questo bisogna essere abili nel capire i momenti o le situazioni particolari. Fusi orari, stress e umori strani vanno gestiti e assecondati altrimenti il fisico rischierebbe di subire, compromettendo lo stato di forma». Mi confida che crede molto nel recupero fisico: «meglio un giorno di recupero in più che uno in più di allenamento, a volte non si rende perché non si è riusciti ad assorbire e trasformare i grandi carichi di lavoro». Lui


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LORENZO HOLZKNECHT

IL SUO MOTORE 27 anni

750

ore di lavoro all'anno

300.000

metri di dislivello attivo all'anno

67

kg il peso forma

177

cm

altezza

198

frequenza cardiaca max

36

frequenza cardiaca a riposo

71 vo2 max

consumo di ossigeno

7% percentuale grasso corporeo

9

ore di sonno giornaliere

il suo recupero lo fa con massaggi, sedute di benessere alle terme di Bormio e grandi dormite. Cura molto l'alimentazione e me ne sono reso conto di persona nella trasferta in Colorado, dove evitava sistematicamente i fast food per cercare sempre qualcosa di mediterraneo. Gli piace cucinare e provare cose nuove, mai però nei giorni precedenti un grande appuntamento, dove il tradizionale piatto di pasta rappresenta il grande carico di carboidrati necessario per la performance.

Materiali made in Italy

Lorenzo è sostenuto da un pool di sponsor senza i quali non potrebbe fare il professionista. A loro deve molto, prima di tutto riconoscenza per aver creduto in lui ed avergli dato una possibilità. Holz ci tiene a farmi notare che i suoi partner sono tutti made in Italy. Trab è lo sponsor storico, azienda per la quale ha anche lavorato. C'è molta sinergia con Adriano Trabucchi, ogni tanto testa anche qualche novità, ma soprattutto c'è un continuo scambio di informazioni su sci e attacchi. Dallo scorso anno è tornato alla corte di Scarpa, altro grande marchio italiano leader nel settore. Poi c'è Montura che gli garantisce l'abbigliamento invernale ed estivo per finire con Camp, neo sponsor che da questa stagione gli assicura l'attrezzatura tecnica. Il suo auspicio è di poter collaborare con queste aziende in modo attivo, non limitandosi a veicolare l'immagine, ma partecipando alla fase di ricerca e sviluppo.

«…meglio un giorno di recupero in più che uno in più di allenamento, a volte non ci si rende perché non si è riusciti ad assorbire e trasformare i grandi carichi di lavoro...»


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BOTTA& RISPOSTA

Holzknecht in azione con il compagno Reichegger durante la gara a coppie vinta agli Europei di Pelvoux photo©Carlo Ceola

Quanto conta la testa in un atleta?

«Ritengo che dalla testa dipenda tutto, vittorie e sconfitte passano di lì. Al Sellaronda sono arrivato cotto dopo una settimana agli Europei e la lunga trasferta in Colorado. Se devo dirtela tutta è la tipica gara vinta di testa, di motivazione e di carattere».

Tu e Guido Giacomelli

«Il nostro è un rapporto invernale, legato al pettorale. In prossimità delle gare arriva la telefonata e ci si inventa la squadra. Non ci alleniamo mai assieme, abbiamo abitudini e impegni diversi. Lui ha famiglia e un lavoro che lo tiene molto occupato. Sono convinto che se Guido si allenasse un anno intero non ce ne sarebbe per nessuno, è un fuoriclasse. Abbiamo un rapporto speciale, di grande rispetto e riconoscenza. Guido è meglio averlo come compagno che avversario, questo te lo garantisco. Quando in gruppo c'è lui il carisma si sente, eccome».

Tu e il doping

«Sconosciuti. Apprezzo lo sforzo della ISMF di investire sull'antidoping, anche se così facendo tolgono risorse ad altro. Viviamo in un mondo dove non ci si può fidare di nessuno, la campagna di prevenzione e controllo va sostenuta».

Tu e la Valtellina

«…ritengo sia giunta l'ora di rallentare e migliorare la qualità della nostra vita incominciando dalle piccole cose quotidiane. Rallentare e smetterla di correre perché così andiamo a schiantarci...» dal 1994 al 2000, Bob Dylan, Ben Harper solo acustico e… la batteria di Pietro Lanfranchi».

Tu e il mare

«Sono di carattere solare, non vedo l'ora che arrivi maggio per andare a Kalimnos a buttar fuori il freddo e lo stress dell'inverno».

La tua gara preferita

«Mi sento valligiano al 100%, figlio di queste montagne ed orgoglioso di esserlo. È bello ogni volta tornare a casa, perché significa che sei partito».

«Ritengo il Pierra Menta la gara delle gare. 'Ambiance' dicono i francesi, non serve aggiungere altro. Vincere un Pierra significa entrare nella storia di questo sport, può valere una carriera».

Tu e lo scialpinismo

Cos'è il successo?

«Amore e passione. Lo scialpinismo sta cambiando, anche se tutto è ancora da fare. Non siamo noi che dobbiamo andare a bussare alla porta delle Olimpiadi, ma si dovrà arrivare a un livello tale di spettacolarità e organizzazione che saranno le Olimpiadi a non poter fare a meno di noi. Volerci entrare a tutti i costi significa sottostare a tutta una serie di veti e imposizioni tali che ci snatureranno».

Tu e la musica

«Fa parte di me quotidianamente, mi accompagna negli allenamenti, scandisce il mio tempo e il ritmo. I miei preferiti? Gli Oasis, quelli duri e puri degli anni

«Se arriva fa piacere, è una conseguenza di quello che fai. Ma non cambia nulla, è una parola vuota».

Cosa ti infastidisce?

«Nulla in particolare, ma non sopporto la stupidità di certa gente che pensa di poter risolvere tutti i mali accrescendo i guadagni o avendo come obiettivo l'aumento del PIL. Ritengo sia giunta l'ora di rallentare e migliorare la qualità della nostra vita incominciando dalle piccole cose quotidiane. Rallentare e smetterla di correre perché così andiamo a schiantarci».


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SELLARONDA testo: Carlo Ceola foto: Carlo Ceola, Riccardo Selvatico, Ralf Brunel

LA SPEDIZIONE DEI

1000


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Volti sfigurati, emozioni 'gelate', sguardi appannati: il freddo è stato protagonista alla Sellaronda Skimarathon, vinta dalla coppia Boscacci-Holzknecht, ma anche dai tantissimi partecipanti


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SELLARONDA

I

l Sellaronda è diventato un must, un evento che entra dritto nel DNA dello scialpinista e non solo. Al via di questa gara unica c'erano anche molti runner, ciclisti e fondisti decisi ad 'attaccare' i 42 chilometri attorno al gruppo del Sella e i 2700 metri di dislivello. Il 10 febbraio sono partiti in mille da Corvara, ognuno con la sua storia e con il suo carico di aspettative. Per qualcuno «basta esserci», per tutti gli altri «bisogna provarci». Chi corre contro il tempo, chi corre contro l'avversario, tutti quest'anno hanno corso contro il freddo. Emozionante come sempre la partenza, resa ancor più spettacolare dalle mille luci accese. Sono partiti con il buio, sapendo che in quota ad accoglierli ci sarebbe stato il freddo, acuito dal vento che sferzava tutto e tutti. Mai però si sarebbero aspettati condizioni così critiche. 'Impavidi, tenaci, combattenti', gli aggettivi si sono sprecati. Io direi semplicemente scialpinisti. Alla fine sul traguardo erano tutti degli eroi, qualcuno sfigurato dalla fatica e dai segni del freddo che consegna a ognuno di loro un sapore speciale per questo Sellaronda. Dopo la gara abbracci sinceri, lacrime congelate, frasi mai dette al compagno che solo il Sellaronda sa tirarti fuori. E così Michele Boscacci ricorda quando da piccolo con il nonno Umberto veniva a vedere le imprese di suo papà Graziano. Oggi è rimasto tutto come allora, o quasi. Il nonno c'è, papà Graziano è ancora in gara, solo che Michele da spettatore è diventato primo attore. A ventun anni ha vinto il suo Sellaronda, in coppia con Lorenzo Holzknecht. Una squadra 'inventata' a Pelvoux qualche giorno prima, una squadra di grande spessore tecnico e morale formata da due ragazzi semplici, animati dalla passione per lo scialpinismo, con un cuore grande così. Sorrisi e sguardi che raccontano molto più di una gara, occhi lucidi a suggellare una grande emozione per la loro impresa. Onore a Lanfranchi e Troillet per averci provato sino alla fine e aver reso così spettacolare e avvincente la diciassettesima edizione del Sellaronda. Dietro è successo di tutto. Ero sulla linea del traguardo quando è arrivato un ragazzo barcollante e impietrito, subito soccorso dai medici. Si scoprirà poi che la sua temperatura corporea era di soli 33 gradi… Sabrina Zanon, in terza posizione sull'ultima salita, ha vissuto la sua piccola tragedia. Tutto a un tratto gli occhi si sono gelati, si è spenta la luce e non ha più visto nulla. Ha tagliato ugualmente il traguardo perdendo due posizioni e obbligando la sua compagna Nadia Scola a farle da guida nella discesa che conduceva al traguardo. Volti sfigurati, zigomi e nasi congelati, barbe 'naif ' e dita delle mani doloranti, questo il conto presentato

da un Sellaronda durissimo. Graziano Boscacci mi dirà che è stata una delle gare in cui ha sofferto di più il freddo: «è stato nulla in confronto l'ultimo Mezzalama!». Gli aneddoti sul traguardo si susseguono, c'è chi guarda il tempo, chi non lo vuole sapere, chi scappa e chi rimane avvolto da una coperta ad aspettare gli amici. «Nell'ultima salita sembrava che le squadre davanti a me fossero tutte ubriache, le luci andavano da una parte e dall'altra, poi quando anch'io sono arrivato in quel trat-

to, le folate di vento mi spostavano, mi scuotevano e il viso veniva investito dalla neve che, come aghi, si infilava nella pelle». Così Carlo Zanon ha descritto la sua salita al Dantercepies. Questo è il Sellaronda. Una gara vera che, anche se priva di difficoltà tecniche, può fare male, molto male. Per il resto è stato un gran successo, con tutte e quattro le valli ad accogliere festanti il passaggio di questi eroi che scendono e salgono dalle montagne di notte armati di pila, sci e pelli.


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Nelle foto. Alcuni scorci del passaggio da Canazei. In basso a destra. Le lampade dei concorrenti tracciano una scia luminosa sul Pordoi

‌nell'ultima salita sembrava che le squadre davanti a me fossero tutte ubriache, le luci andavano da una parte e dall'altra, poi quando anch'io sono arrivato in quel tratto, le folate di vento mi spostavano, mi scuotevano e il viso veniva investito dalla neve che, come aghi, si infilava nella pelle...


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SELLARONDA

SCOREBOARD CORVARA (Bz) 10 febbraio 2012 SELLARONDA SKIMARATHON Classifica maschile

1. Boscacci-Holzknecht ..................................................... 3h 19' 56" 2. Lanfranchi-Troillet ............................................................. 3h 24' 57" 3. Beccari-Kuhar .................................................................. 3h 26' 51" 4. Lunger-Giacomelli ........................................................... 3h 28' 39" 5. Cappelletti-Galizzi ............................................................ 3h 33' 57" 6. Follador-Pivk ..................................................................... 3h 34' 04" 7. Martini-Pedergnana ......................................................... 3h 36' 10" 8. Deini-Barazzuol ................................................................ 3h 37' 13" 9. Piller Hoffer-Piccoli ........................................................... 3h 38' 11" 10. Collè-Stacchetti ................................................................ 3h 41' 10"

Classifica femminile 1. 2. 3. 4. 5. 6. 7.

Grassl-Gruber .................................................................. 4h 31' 21" Locatelli-Besseghini........................................................ 4h 32' 49" Genetin-Mayr ................................................................... 4h 47' 51" Wacker-Pleyer .................................................................. 4h 49' 46" Scola-Zanon..................................................................... 4h 53' 58" Menapace-Osler.............................................................. 4h 56' 00" Gianatti-Tomatis ............................................................... 4h 57' 34"

Tipologia: Notturna in pista, 2700 metri di dislivello, sviluppo 42 chilometri. Testa a testa: Boscacci e Holzknecht al comando dal via, con l'obiettivo di fare gara dura subito. Lanfranchi-Troillet, GiacomelliLunger sono le uniche due squadre che sembrano poter tenere il loro passo nella prima salita sul Campolongo. Già ad Arabba i fuggitivi cambiano con un margine di venti secondi che poi aumenterà a ogni salita. I passaggi sono tutti su tempi record. Nella salita del Passo Sella Troillet e Lanfranchi provano a rientrare, il vantaggio si riduce a cinquanta secondi, ma i battistrada replicano e innestano una marcia terrificante che li porterà a tagliare il traguardo a Corvara con un vantaggio di cinque minuti sugli inseguitori. Sul terzo gradino del podio, a sorpresa, arrivano Beccari e Kuhar, autori di una grande gara, che sul finale sorpassano Giacomelli e Lunger. Anche in campo femminile si è assistito a un testa a testa avvincente con le nostre Laura Besseghini e Tatiana Locatelli a lungo al comando. Quando ormai cullavano il sogno di vincere il Sellaronda, nell'ultima salita sono state beffate dalle fortissime tedesche Grassl e Gruber che le precederanno di un minuto al traguardo. La sorpresa: Boscacci e Holzknecht, hanno incantato al loro primo Sellaronda in coppia. La delusione: I ritiri eccellenti e le prestazioni sotto tono in molti casi sono da attribuire al gran freddo. Dalla coppia Follador e Pivk, vista la loro esperienza al Sellaronda e le doti fondistiche, ci saremmo aspettati molto di più. Da segnalare: Grande prestazione dei 'trentini terribili' CappellettiGalizzi che se 'mollassero' in discesa…. Organizzazione: Ottima come sempre. Ma perché non fare l'arrivo a piedi tra le vie del centro di Corvara? La curiosità: Giacca sì o giacca no? Era obbligatorio indossarla all'ultimo cambio, in troppi invece sono arrivati senza sul traguardo. Si sono ripetute le solite scene già viste in altre occasioni, ma possibile che per non perdere un minuto si rischi di mettere a repentaglio la propria salute?

Abbiamo ricevuto, e pubblichiamo integralmente, una lettera di Oswald Santin, presidente del Comitato Organizzatore del Sellaronda.

ARTVA sì, ARTVA no?

La vigilia di questa edizione della Sellaronda Skimarathon è stata caratterizzata dal dibattito circa l’opportunità che i concorrenti fossero muniti o meno del dispositivo Artva, disorientando e facendo sorgere dubbi in parecchi partecipanti con i quali ci vogliamo comunque scusare. Organizzare la nostra gara, coinvolgendo quattro vallate, 500 volontari che operano sul tracciato, 1.000 atleti provenienti da 12 diverse nazioni, senza contare le migliaia di sostenitori e spettatori che si affollano lungo il percorso, implica da parte del Comitato la


Nelle foto. L'esultanza di Michele Boscacci e Lorenzo Holzknecht all'arrivo. Il momento in cui i vincitori tagliano il traguardo. Altre spettacolari fasi della gara nel centro di Canazei

responsabilità di affidarsi a principi fondamentali quali l’affidabilità, la coerenza e la sicurezza. Quest’anno, per permettere la partecipazione di più atleti, l’unica soluzione era snellire le procedure di check-in e check-out. Abbiamo pertanto provveduto ad interpellare un funzionario della FISI circa la possibilità di effettuare la competizione senza l’adozione del dispositivo Artva da parte dei concorrenti, al solo scopo di limitare tempi e controlli e non certo per mettere in pericolo l’incolumità dei concorrenti. Solo a seguito di un consenso da parte di questo funzionario abbiamo variato il regolamento della gara, abolendo l’utilizzo dell’ARTVA soprattutto in considerazione del fatto che la Sellaronda Skimarathon si svolge su piste omologate, ufficialmente considerate al pari di altre infrastrutture quali strade di montagna, strade forestali e impianti di risalita. Solo due settimane prima della gara, ad iscrizioni ormai concluse e con la competizione solo da disputare, siamo stati contattati dalla FISI che ci richiamava all’obbligo dell’Artva, smentendo così essa stessa il proprio funzionario. E a soli due giorni dalla gara, la rottura definitiva, con il ritiro dei giudici. Le disposizioni della FISI in materia di competizioni di ski-alp impongono l’uso di pala, sonda e ARTVA come disposto dagli

standard internazionali della UIAA. Ci chiediamo come mai, alla fine, per disputare la Sellaronda Skimarathon bastava solo il dispositivo Artva? Queste insicurezze sul regolamento creano solo tanta confusione e danneggiano il nostro sport. La FISI per noi organizzatori di gare deve essere un interlocutore affidabile, dove vale la parola data, com’è d’uso tra la gente di montagna. Senza voler polemizzare ma in questo modo ci si rende ridicoli di fronte agli iscritti stessi! Pensiamo, comunque, che la soluzione ideale per il Sellaronda sarà l’introduzione dei chip elettronici GPS nelle prossime edizioni che permettono la rintracciabilità, in ogni momento, degli atleti i quali, con questi dispositivi potranno essere seguiti anche da casa. Ci auguriamo che tutto questo si realizzi veramente e al più presto! Quest’inverno tante gare di ski-alp, non solo notturne, fra cui il Trofeo Mezzalama, il Tour du Rutor ed altre ancora sono uscite dal circuito FISI. Speriamo che ciò induca la Federazione, e il settore ski-alp nello specifico, a riflettere su queste defezioni. Il Presidente del Comitato Organizzatore SELLARONDA SKIMARATHON Oswald Santin


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SELLARONDA

FACCE DA SELLA RONDA


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TOUR DU RUTOR

Ci saranno diverse modifiche nelle tappe del Millet Tour du Rutor Extrême, in particolare la discesa dalla Tète della seconda giornata, che arriverà a Mondanges passando dal Rifugio degli Angeli


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XVI Millet Tour du Rutor Extreme

Tre giorni di novità

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onto alla rovescia per il sedicesimo Millet Tour du Rutor Extrême. L'appuntamento è per il 30 e 31 marzo e per domenica primo aprile: tre giornate di immersione totale nello skialp sulle nevi di Arvier e della Valgrisenche con la 'crème' mondiale della disciplina. Quest'anno ci saranno diverse novità nelle tappe. La prova inaugurale, venerdì 30 marzo, partirà e arriverà da Mondanges (Valgrisenche) e nei primi cinque chilometri si scaleranno oltre 700 metri di dislivello con gli sci, che scioglieranno bene i muscoli prima di attaccare il Sigaro a 2.760 metri di quota. La successiva discesa porterà fino a Catin e poi su di nuovo al Casotto Becca dei Quattro Denti. Questo sarà il momento più tecnico della giornata perché al breve tratto di cresta a piedi seguirà un’impegnativa 'picchiata' finale in mezzo al bosco che esalterà le doti dei discesisti puri. Sempre da Mondanges scatterà la seconda tappa, più lunga e dura della prima, che propone tre cime da scalare: La Grand-Coussa (2.335 m), il Mont Arp-Vielle (2.963 m) e - a gran richiesta dopo il successo dell’edizione 2011 - la Tète du Rutor (3.485 m). Quest’ultima prevede un tratto a piedi di 110 metri di dislivello attrezzato con corde fisse fino al punto più alto di tutto il percorso. La discesa dal Rutor verrà modificata e non si punterà più verso Planaval passando dal colle dello Chateaux Blanc, ma si andrà a lambire il Rifugio degli Angeli, a 2.868 metri di quota. Da qui si proseguirà in un canale esposto a sud con una pendenza sostenuta fino alla Grand-Coussa, a Bonne e Mondanges. I dettagli tecnici di questa discesa finale verso il traguardo saranno mantenuti top-secret fino all’immediato pre-gara. L’ultima tappa del Millet Tour du Rutor Extrême 2012 è quella di Planaval, di Punta Flambeau e del Mont Château Blanc, il vero e proprio Tour du Rutor. Al vaglio del direttore di percorso e dei tracciatori c’è una probabile variante alpinistica nella seconda parte di tracciato, dove pelli e ramponi saranno indispensabili 'armi d’attacco'. Per le categorie Junior, in gara in tutte e tre le giornate, e per i Cadetti, di scena solo domenica, i percorsi saranno addolciti nelle lunghezze e nei dislivelli. Tutte le variazioni e le novità riguardanti i percorsi 2012 saranno soggette a verifiche sulla base delle condizioni nivo-meteorologiche e diventeranno ufficiali nei giorni e nelle ore immediatamente precedenti le varie gare. Per questo motivo i briefing giornalieri saranno essenziali per gli atleti. Un'altra interessante novità riguarda la convenzione che il comitato organizzatore ha stipulato con l’Università degli Studi del Piemonte Orientale 'A. Avogadro' e il Protocollo di intesa studi fisioterapici di montagna Valle d’Aosta. Quaranta studenti di fisioterapia saranno in visita e all’opera durante i tre giorni di gara ad Arvier e Val-

grisenche. È prevista una parte teorica venerdì 30 e sabato 31 marzo alla quale seguirà la parte pratica che prevede massaggi agli atleti al parterre. I motivi d'interesse dell'edizione 2012 del Millet Tour du Rutor Extrême non si esauriscono con le variazioni di percorso. Il fatto più importante è l'inserimento della gara valdostana nella Grande Course con altre quattro manifestazioni top dello scialpinismo mondiale. La storica gara valdostana, organizzata anche quest'anno dallo Sci Club Corrado Gex con il sostegno del Comune di Arvier, è parte del Trophée des Alpes, dedicato alle categorie giovanili e assegna anche il Trofeo Free Ride e il Memorial Remo Bredy alla miglior squadra di atleti residenti in Valle d’Aosta. www.tourdurutor.com

Nelle foto sotto. Salita con ramponi verso Colle Morion (©Marco Camandona). Il tratto di salita verso la Testa del Rutor da affrontare con gli sci e il magnifico paesaggio che si può ammirare (©Marco Camandona)


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COPPA DEL MONDO

testo: Carlo Ceola foto: Carlo Ceola e Riccardo Selvatico


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TUTTI PAZZI PER L'ETNA La tappa siciliana di fine febbraio è stata irripetibile: tantissima neve e molto, molto caldo. In tutti i sensi. Vittorie della Roux, di Kilian e di Bon Mardion


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COPPA DEL MONDO

LA GRANDE NEVICATA

S

iamo arrivati al Rifugio Sapienza il giorno dopo la grande nevicata: 16 ore ininterrotte che hanno lasciato al suolo un metro e mezzo di neve. Il problema è che durante la nevicata nessun mezzo sgombraneve è stato messo all'opera, così la strada risultava un muro di neve invalicabile. Noi con le pelli siamo giunti per primi al Rifugio Sapienza dove i gatti delle nevi stavano trasportando a valle gli ospiti rimasti intrappolati lassù. Tra loro anche alcuni ciclisti dell'Astana. Le auto nei parcheggi erano completamente sepolte con i proprietari che dall'alto cercavano di ricordare esattamente il punto dove le avevano parcheggiate. Stessa cosa per i seggiolini delle seggiovie e gli skilift, in alcuni tratti completamente sommersi dalla neve. Cose mai viste. Provincia e Regione hanno dovuto concentrare su Nicolosi tutti i mezzi sgombraneve in dotazione, compiendo in 24 ore il miracolo di aprire la strada e i parcheggi. L'effetto è stato devastante: tutti in montagna a vedere la neve. Peccato che le gomme termiche da queste parti risultino sconosciute e che le catene da neve vengano montate davanti o dietro con disinvoltura. Ma abbiamo visto anche grandi gesti di generosità, con automobilisti che prestavano una catena all'amico… piuttosto che niente! La conseguenza? Tutto bloccato, nessuno più si muoveva. La partenza dell'individuale del sabato mattina è stata posticipata a causa dell'impossibilità degli atleti di raggiungere la partenza. Automobilisti inferociti occupavano la sede stradale e non volevano far passare i pulmini dei nostri. Alcuni brandivano pietre laviche al grido «se non avanziamo noi, non avanzano neanche loro». Sono dovute intervenire le forze dell'ordine per scortare gli atleti in partenza. Un'ultima chicca: il pomeriggio, prima di rientrare, abbiamo visto tantissimi automobilisti caricare quantità di neve incredibile sul cofano della macchina e altri costruirci dei pupazzi. Sono rimasto a cercare di capire cosa stessero facendo. Una volta terminata l'opera si avviavano verso casa, alcuni guidando addirittura con la testa fuori dal finestrino perché il pupazzo ostruiva la vista. Motivo di tutto ciò? È tradizione far capire al vicino di casa che si è stati in montagna, un modo per fargli invidia!


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Da sinistra. Vertical, l'arrivo di Elisa Compagnoni. Laetitia Roux nel tratto a piedi. Le migliori del vertical. Sotto. Kilian prima del cambio inseguito da una 'muta' di azzurri

U

na due giorni di Coppa così non si era mai vista prima. 'Mucho calor' in tutti i sensi. Calore dovuto alle temperature così elevate da sembrare fine primavera, calore emesso dal vulcano e calore umano dei siciliani che in questo sono unici. L'ambientazione poi è stata davvero 'vulcanica'. L'Etna si è mostrato in tutta la sua bellezza, ammantato di bianco, con le solite emissioni solforose a ricordare che 'a muntagna' è viva, si muove e si fa sentire con i suoi boati. I colori sono stati intensi come le emozioni vissute dentro e fuori le gare. Il bianco della neve, il nero della lava, il blu del cielo e l'azzurro luccicante del mare, il giallo delle mimose in fiore a Nicolosi e il rosso della passione della gente. Siamo stati inebriati dai profumi di questa meravigliosa terra, l'odore del mare trasportato in vetta dallo scirocco si confondeva con quello acre dello zolfo. Il profumo dei cannoli e della pasta al pistacchio al nero di cenere ci hanno deliziato per tre giorni, mentre una volta a casa e aperta la valigia, sono stato sopraffatto dal profumo dei cedri che nascondevo tra la biancheria. Qualunque standard si voglia adottare nella gare ISMF, l'ambientazione di questa gara e la passione dei siciliani non è replicabile in nessun'altro evento al mondo. È un valore aggiunto che rende speciale questa manifestazione, unica e inimitabile. Lo scialpinismo per una volta si è sentito importante, è stato coccolato e messo al centro dell'attenzione. Non ci hanno tenuti nascosti e non abbiamo rappresentato un problema. Siamo stati protagonisti ed è stato bellissimo. A iniziare dalla sfilata degli atleti per le vie di Nicolosi con assembramento in piazza a ricevere l'abbraccio collettivo della comunità di Nicolosi, per continuare con gli inni e gli alzabandiera delle premiazioni. Senza dimenticare la cerimonia pirotecnica di chiusura, dove siamo rimasti con il naso all'insù per almeno dieci minuti ad ammirare i fuochi stagliarsi nel cielo e illuminare sua maestà l'Etna. Ci si chiedeva se davvero tutto questo fosse per lo scialpinismo, c'era quasi imbarazzo. L'Etna non deve rappresentare un'eccezione, ma la regola.

Da sinistra. Il podio maschile. Ranghi ancora compatti nei primo tratto a piedi. I duellanti Kilian e Bon Mardion. Marie Troillet. Gli azzurri sull'ultima salita ai crateri Silvestri


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COPPA DEL MONDO HOLZ METTE LA FRECCIA Attacco 'prepotente' di Lorenzo Holznecht a Kilian sulla penultima salita dell'individuale.

+

SCOREBOARD Nicolosi (Ct) 24/25 febbraio 2012 - Coppa del Mondo Classifica Vertical maschile ISMF

1. Kilian Jornet Burgada (Esp) ...................................................................28' 07" 2. Manfred Reichegger (Ita) .......................................................................28' 20" 3. Pietro Lanfranchi (Ita) ..............................................................................29' 00"

Classifica Vertical femminile ISMF

1. Laetitia Roux (Fra) ...................................................................................34' 05" 2. Mireia Mirò (Esp) .....................................................................................35' 36" 3. Emilie Gex-Fabry (Sui) ............................................................................37' 48"

Classifica Vertical maschile FISI

1. Davide Pierantoni (Sci CAI Schio) .........................................................30' 40" 2. Tony Sbalbi (Fra) .....................................................................................31' 36" 3. Matteo Pedergnana (Sci Club Alta Valtellina)...................................... 32' 13"

Classifica Vertical femminile FISI

1. Roberta Pedranzini (Sci Club Alta Valtellina)....................................... 36' 49" 2. Francesca Martinelli (Sci Club Alta Valtellina) ......................................37' 24" 3. Marina Ferrandoz (Ski Club Saint-Nicolas) .........................................43' 08"

Classifica individuale Maschile ISMF

1. William Bon Mardion (Fra) .................................................................1h 07' 47" 2. Kilian Jornet Burgada (Esp) ..............................................................1h 08' 11" 3. Lorenzo Holzknecht (Ita) ...................................................................1h 08' 33"

Classifica Individuale femminile ISMF

Pierantoni che vince su Tony Sbalbi e Matteo Pedergnana, facendo segnalare il quindicesimo tempo assoluto a soli 2' 30" da Kilian, davanti a gente del calibro di Pinsach e Didier Blanc. Gara combattuta e appassionante l'individuale del giorno dopo, con i suoi 1400 metri di dislivello. Kilian tenta di andarsene subito nella prima salita, ma il gruppo tiene e lo marca stretto. Così Bon Mardion nella prima discesa si porta a condurre grazie alla solita performance impossibile per gli inseguitori. Nella seconda salita il francese sale forte, tanto da prendere 50 metri che neppure Kilian riesce a 'cucire'. Da dietro risale fortissimo il nostro Holzknecht che va a prendere Kilian per poi superarlo nel tratto finale. Nella seconda discesa Bon Mardion mette il sigillo alla gara, che invece 'Holz' compromette con una rovinosa caduta. Kilian e gli inseguitori lo superano, 'Holz' riesce però a riprendersi il podio 'di cattiveria' nell'ultima salita ai crateri Silvestri. Dietro è grande Italia con Trento, Reichegger, Lanfranchi e Eydalin racchiusi dalla quarta alla settima posizione. In campo femminile il monologo non cambia, con Laetitia Roux imprendibile e le altre a giocarsi le posizioni di rincalzo. Tutto come il giorno prima con Mirò, Pedranzini e Martinelli nell'ordine. Per la classifica FISI ancora un grande Pierantoni che precede due 'mostri sacri' come Tony Sbalbi e Jean Pellissier. La sorpresa: Davide Pierantoni questa volta ha zittito quanti ancora non credono in lui. Due prove che non ammettono repliche sulle sue potenzialità e il suo talento. La delusione: Michele Boscacci paga la fatica del Sellaronda corso e vinto dopo una settimana febbricitante agli Europei. Da segnalare: cresce e convince Elisa Compagnoni che in salita inizia ad avere un gran bel passo. Da migliorare invece la discesa, dove accusa distacchi pesanti.

1. Laetitia Roux (Fra).............................................................................. 1h 22' 21" 2. Mireia Mirò (Esp) ................................................................................1h 24' 16" 3. Maude Mathis (Sui) ............................................................................1h 29' 17"

Organizzazione: tutto perfetto e all'altezza dell'evento. Unico suggerimento, aumentare il dislivello per la gara individuale, inserendo magari una discesa e una risalita in direzione della valle del Bove.

Classifica Individuale maschile FISI

Curiosità: in una stagione di scarso innevamento sulle Alpi, nessuno avrebbe immaginato di trovare così tanta neve nel cuore del Mediterraneo.

1. Davide Pierantoni (Sci CAI Schio) ....................................................1h 13' 53" 2. Tony Sbalbi (Fra) ................................................................................1h 14' 21" 3. Jean Pellissier (Sci Club Corrado Gex) ...........................................1h 15' 12"

Classifica Individuale Femminile FISI

1. Roberta Pedranzini (Sci Club Alta Valtellina) ..................................1h 25' 21" 2. Francesca Martinelli (Sci Club Alta Valtellina) .................................1h 29' 06" 3. Marina Ferrandoz (Ski Club Saint-Nicolas) ....................................1h 42' 25" Testa a testa: in questo contesto si sono svolte due gare valide per la Coppa del Mondo, Vertical e Individuale. Il Vertical ha visto trionfare un grande Kilian, in testa dall'inizio alla fine sui 700 metri che dal Rifugio Sapienza portano alla Montagnola. Nonostante nel tratto a piedi abbia perso il rampone, è riuscito comunque ad avere la meglio sul nostro Manny Reichegger, che nel finale si è avvicinato minacciosamente. In terza posizione un grande Pietro Lanfranchi, che conquista così il suo primo podio individuale in Coppa ai danni di Robert Antonioli, sorpassato d'esperienza nell'ultima inversione. In campo femminile la francese Roux vince agevolmente sulla spagnola Mirò, mentre al terzo e quarto posto troviamo ancora loro: Pedranzini & Martinelli. Indomabili le due bormine che però, non vestendo più la tuta azzurra, si classificano rispettivamente al primo e secondo posto della classifica FISI. In campo maschile nella categoria FISI da registrare l'ottima performance del giovane Davide


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PRENOTO IL VOLO PER L'ANNO PROSSIMO! La gara FISI vista da un concorrente particolare…

la salita diventa estenuante e alcuni abbandonano. Anche io mi accodo, in maniera liberatoria mi tolgo anche la maglia che scaravento sulla neve. Non ne posso più e punto gli sci a valle. La sciata è super, tutta neve trasformata, firn o granatina da urlo, in fondo sempre il mare. Il sabato ci accoglie con un sole ancora più caldo. L'appuntamento più importante è proprio quello con l'individuale, ecco perché bisogna scegliere con attenzione l'abbigliamento al limite del regolamento. Durante il riscaldamento c'è lo 'sbracamento' generale, se ne vedono di tutti i colori: la Mireia a tutta in discesa non è una novità, ma con la tuta di pelle… La gara si sviluppava su tre salite e altrettante discese rallentate da porte direzionali. Se non fosse stato così saremmo finiti a fare sci d'acqua direttamente in mare… Nonostante questo si è visto qualche bel ruzzolone. Mitico quello di 'Holz' che dopo avere fatto un 'looping' fermo al suolo, viene centrato dal suo stesso sci perso a monte. Il tempo di calzarlo e via al traguardo. Terzo... stupendo! Adesso vi saluto, vado a prenotare il volo per il prossimo anno!

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di Tommylive

I

l mondo va alla rovescia, ci siamo abituati, ma trovare metri di neve in Sicilia, questa proprio... Fra poco coltiveremo le arance in Val di Fassa! Tocchiamo terra con un comodo volo che in neanche due ore ci catapulta dalle nebbie padane all'aria tersa del sud. Affittiamo un'auto e ci immergiamo nel traffico cittadino di Catania in direzione di Nicolosi, quartiere generale dell'organizzazione. A Nicolosi l'atmosfera è primaverile e ci stano aspettando un po' tutti, dalla segreteria ai ristoratori... sembra che ci conoscano da anni. Al breefing ci vengono consegnati i pettorali e, molto più importanti, i voucher per i pasti nei ristorantini del paese, con tanto di menù e cartina dettagliata per raggiungere i luoghi deputati alle libagioni. Non ci resta altro che tuffarci tra arancini, fritture e pistacchi di Bronte! Il mattino seguente saliamo presto al rifugio Sapienza e da subito ci rendiamo conto della situazione, in poche parole: neve, neve, neve. Partiamo per il Vertical, su un terreno di gara stupendo, un anfiteatro tutto visibile dalla zona di partenza, ma da subito ci rendiamo conto che il nemico da battere è il caldo, accentuato dalla totale mancanza di vento. Così

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I GUERRIERI DELLA NOTTE testo: Tommaso Zanotelli

Di giorno

non posso

C

onosco Tadei da pochi anni, diciamo da tre o quattro al massimo, da quando mi sono spostato in Friuli e ho iniziato a frequentare l'ambiente delle notturne anche in questa regione. Le vinceva tutte, per anni è stato il primo delle classifiche, quello che non capisci quale sia il nome e quale il cognome. Così quando lo incontravo mi guardavo bene dal chiamarlo e mi lasciavo andare con aggettivi tipo 'grande', per evitare figuracce. Atleta fortissimo, Tadei è un ragazzotto di quasi un metro e novanta, forte con gli sci ma forse di più nella corsa. Campione italiano di skyrunning nel 2010, è stato poi 'stoppato' da un problema al ginocchio. Oltre alle notturne, ha collezionato due quarti posti al Sellaronda, un titolo di campione italiano vertical e ha vinto diverse gare a coppie, tra le quali la Scialpinistica del Canin e la Pitturina. Però il dato più rilevante è il suo dominio incontrastato delle notturne in Friuli da almeno cinque anni. L'unico neo, forse, è quello di non avere osato spingersi oltre regione, dove avrebbe potuto avere più luce. Tadei lavora agli impianti di Tarvisio e, anche se pesta neve dalla mattina alla sera, non può allenarsi sempre ed essere presente a tutti gli appuntamenti.

Tadei Pivk, 30 anni, addetto agli impianti di risalita di Tarvisio, è il dominatore assoluto delle notturne friulane. Ottimo atleta, potrebbe aspirare ad altri palcoscenici ma, pur pestando la neve tutto il giorno, non riesce a partecipare a tanti eventi


Fra is nço Ca

5 6 7

Musica preferita?

«Silenzio». Ski-alp o sky running?

«Sky running, mi piace avere i piedi leggeri». Quando cerchi il socio, cerchi un amico o un cronometro?

«Se è forte meglio».

Colore preferito?

«Bianco come la neve».

au

«Avrei voluto lavorare in montagna, mi sarebbe sempre piaciuto fare la guida. Ma non si sa mai, sennò che sogno sarebbe?».

«Mora, anzi bionda... anzi mora!».

rne Ga

Un sogno nel cassetto?

Mora o bionda?

ick ann :Y her rap tog Pho

«Di notte, per forza...».

«Moto senza dubbi».

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Meglio di giorno o di notte?

Moto o auto?

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« Birra, fa più amici».

«Vado a letto dopo Carosello».

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Birra o vino?

8 9 10 11 12

Film preferito?

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«Sono addetto all'assistenza agli impianti Promotur a Tarvisio».

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1 2 3 4

Cosa fai nella vita?

Il tuo punto debole?

«Le ginocchia, ma ho trovato il mio angelo custode in un fisioterapista che chiamo più della morosa».

13 14

Tanti amici?

«Pochi, uno o due, per fare brindisi mille». Primo pensiero quando tagli il traguardo?

«Penso alla mia famiglia, papà e mamma, i miei fratelli e Annalisa».

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EMERGENTI

ALBA DE SILVESTRO

Data e luogo di nascita: 3 ottobre 1995 a San Candido (Bz) Residenza: Padola (Bl) Peso: 53 kg Altezza: 168 cm Sci club: Val Visdende Categoria: Cadette Materiali: sci Ski Trab World Cup, scarponi Scarpa Alien 1.0, pelli Trab e Pomoca

A

lba è la più bella sorpresa degli Europei di Pelvoux: un bronzo, un argento e un oro nella categoria Cadette. È una ragazzina semplice, tranquilla, piuttosto timida. Arriva dallo sci alpino, il suo allenatore Luciano Fontana ci ha raccontato che è dotata di un gran motore, ha enormi potenzialità e che in discesa è impostata molto bene. Per il resto, aggiunge, bisogna lasciarla crescere, non metterle fretta e soprattutto non voler bruciare le tappe. C'è da aspettare e capire nei prossimi anni come il suo fisico si adatterà a questa disciplina. «Di certo bisogna lavorare molto dal punto di vista tecnico - continua 'Big Luciano' - soprattutto nel fuoripista e nei cambi, anche se mi sono reso conto che Alba apprende molto velocemente ed è scaltra. Ha tanta passione e quello che incoraggia è che ha messo le pelli per la prima volta pochi mesi fa». Non celebriamo la nascita di una campionessa, ma la scoperta di un talento.

QUANDO LA PRIMA VOLTA CON LE PELLI?

LA GARA PIÙ IMPORTANTE CHE HAI VINTO?

Esattamente il 10 dicembre 2011.

Il Vertical agli Europei.

IL TUO ALLENATORE?

LA GARA CHE VORRESTI VINCERE?

Luciano Fontana. QUANTI ALLENAMENTI SETTIMANALI?

Mediamente sei. SALITA O DISCESA?

Salita. PISTA O FUORIPISTA?

Pista. ALTRI SPORT?

Corsa in montagna. SCUOLA O LAVORO?

Scuola. INDIRIZZO SCOLASTICO?

ITI come perito edile. DA GRANDE FARÒ?

La maestra di sci.

Solo una?:)

IL TUO LIBRO PREFERITO?

Mah non è che legga tanto… PREGI E DIFETTI?

Divertente, ma 'leggermente' disordinata. PIATTO PREFERITO?

UN SMS AL TUO ALLENATORE?

Eh, direi pizza!

A che ora domani?

A COLAZIONE PRIMA DI UNA GARA?

HAI UN PORTAFORTUNA?

The, pane, marmellata e via.

Un orecchino che mi ha dato una mia amica. I TUOI AMICI NELLO SCI?

Dema, Tonet, Osso, Pava, Laura, Arianna, Gloria, Tizi, Jacopo, Matteo. TRE CANZONI SUL TUO IPOD?

'All The Small Things' dei Blink 182, 'Brick by Boring Brick' dei Paramore e 'The Hell Song' dei Sum 41.

IL TUO APPROCCIO A UN GRANDE EVENTO?

Ancora non lo so, agli Europei mi sono resa conto dopo che era un grande evento! OBIETTIVI PER LA PROSSIMA STAGIONE?

Se ne parlerà il prossimo anno... GRAZIE A?

A Luciano Fontana, ai miei genitori, a mia sorella e anche agli altri.


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134 > info pr

Aziende dynafit

RUNNING MANAGER

Q

Benedikt Boehm, managing director di Dynafit, ha partecipato al Sellaronda con il collega e amico Georg Nickaes. Chiudendo con un ottimo ventottesimo posto

uasi cinquecento coppie iscritte, ma 'solamente' 366 hanno portato a termine la Sellaronda Ski Marathon. Al via della diciassettesima edizione c’era una coppia di atleti tedeschi che non è passata inosservata. Con il pettorale numero 20 ecco Benedikt Boehm e Schoerch Nickaes, per entrambi un passato di agonismo al vertice della nazionale tedesca di scialpinismo e ora ruoli manageriali in Dynafit. Benedickt Boehm è managing director mentre l’amico di mille sfide sulle nevi delle Alpi e non solo, Schoerch Nickaes, ricopre il ruolo di product manager. Abbiamo incontrato il numero uno dell’azienda del leopardo delle nevi dopo la gara e riviviamo con lui le emozioni di quella sera. «Più che sera direi quasi notte, perché al Sellaronda si parte alle 18 e il buio ti accompagna fino all’arrivo…». CHE COSA VUOL DIRE GAREGGIARE NELL’OSCURITÀ? «Sicuramente ci sono degli aspetti tecnici da curare, primo tra tutti l’illuminazione con la pila frontale che deve essere efficiente e, soprattutto, deve durare per tutta la gara. E poi una temperatura più fredda e un lavoro mentale più impegnativo. Ma a parte questo, gareggiare nel buio della notte è magico, perché tutto viene amplificato, persino il silenzio. Mi piace gareggiare in queste condizioni anche perché gran parte dei miei allenamenti si svolgono dopo il lavoro, quando la luce è Benedikt Boehm, managing director di Dynafit

I due tedeschi alla Sellaronda Ski Marathon

già calata». 28° POSTO, UN RISULTATO DI GRANDE RILIEVO… «Siamo abbastanza soddisfatti, perché vediamo che il livello medio delle competizioni si alza sempre più e noi allo stesso tempo siamo consapevoli che non siamo più i ragazzini di un tempo. Alla Sellaronda c’è un’atmosfera eccezionale e puoi percepire l’eccitazione di tutte le persone coinvolte. Io ho avuto dei problemi piuttosto seri legati al freddo perché non indossavo l’abbigliamento intimo. Due giorni dopo la gara avevo ancora il mento nero per un principio di congelamento. Georg sa tirare fuori il meglio proprio nelle condizioni difficili e nell’ultimo quarto d’ora abbiamo rimontato parecchie squadre». SEI IN FORMA STREPITOSA: COME RIESCI A CONCILIARE GLI IMPEGNI PROFESSIONALI CON L'ALLENAMENTO? «Io lavoro molto e spesso mi sento troppo impegnato e stressato per gareggiare, però allenarmi e gareggiare è come un esercizio di meditazione. Ho bisogno di allenarmi per mantenere il mio equilibrio personale, anche se questo significa farlo molto presto la mattina o molto tardi la sera. Le soluzioni ai miei problemi lavorativi le trovo molto spesso durante una scialpinistica o una corsa in montagna». TU E SCHOERCH AL SELLARONDA GIOCAVATE IN CASA VISTO CHE DYNAFIT È IL MAIN SPONSOR DELL’EVENTO. PERCHÉ AVETE SCELTO QUESTA COMPETIZIONE? «Con diciassette edizioni alle spalle, la Sellaronda Ski Marathon è una 'classica'. L’Italia è uno dei nostri mercati più importanti e per questa ragione abbiamo voluto diventare partner dell’evento. La nostra è più di una partnership, è un rapporto di amicizia e di condivisione». QUESTO DIMOSTRA CHE DYNAFIT RESTA SEMPRE LEGATA AL MONDO RACING? «Il DNA di Dynafit è nelle gare. Veniamo da questo mondo ed è qui che vogliamo continuare a investire. Il racing rappresenta per noi ciò che la Formula 1 rappresenta per un marchio del settore automotive: è il laboratorio dove tutto si sperimenta e solo il meglio viene poi introdotto nel mercato». L’ATTACCHINO NASCE PROPRIO PER DARE PIÙ LEGGE-


135 > info pr

REZZA AGLI SCIALPINISTI IMPEGNATI NELLE COMPETIZIONI… «Certo e il principio ispiratore dello Speed Up che ha creato oltre vent’anni fa l’attacchino è più che mai valido e attuale: Dynafit è sempre scialpinismo, in tutte le sue forme, dal racing al freetouring». QUALI SONO LE NUOVE FRONTIERE DELLO SKITOURING? «Lo scialpinsimo cresce in continuazione e diventa sempre più segmentato. È anche per questa ragione che abbiamo deciso di suddividere la nostra proposta di prodotti in quattro diverse categorie: Ski Running, Speed Touring, Ski Touring e FreeRide Touring. Tutti questi segmenti sono in crescita e al loro interno si stanno differenziando sempre più. Ovviamente Dynafit resta comunque fedele al proprio claim: Speed, Lightness, Performance e Technology».

sempre più persone fuori dagli hotel di montagna con attrezzatura da scialpinismo. La useranno mai? Alcuni sì, altri no! È un po’ lo stesso meccanismo che si è innescato con l’arrivo dei SUV nel mercato automobilistico, molti di quelli che li acquistano non hanno mai guidato su percorsi sterrati. Un altro trend forte è lo scialpinismo interpretato in chiave fitness, un modo unico ed efficace per mantenersi in forma. Il nostro segmento Speed Touring si rivolge proprio a questo gruppo di consumatori: persone che amano fare movimento e magari desiderano unire l’attività fisica con lo spirito di aggregazione tipico della montagna. L’industria svilupperà molti prodotti seguendo questi trend e i vari brand sceglieranno di realizzare prodotti specifici per i diversi segmenti dello scialpinismo».

«…ho bisogno di allenarmi per mantenere il mio equilibrio personale, anche se questo significa farlo molto presto la mattina o molto tardi la sera. Le soluzioni ai miei problemi lavorativi le trovo molto spesso durante una scialpinistica o una corsa in montagna…» Benedikt Boehm

E PER UNA VISIONE PIÙ GENERALE? «Al momento il mercato offre due principali scenari. Da una parte molte persone si avvicinano allo scialpinismo partendo dallo sci di discesa. Molti brand ad esempio convertono i propri prodotti pensati per lo sci alpino al mercato dello scialpinismo. Noi definiamo questi prodotti 'alpine gear with a touring function'. Nei prossimi cinque anni vedremo

E TRA UN CONSIGLIO DI AMMINISTRAZIONE E UNA GARA DI SCIALPINISMO? «Sembrerà strano ma ci sono molti punti in comune: la sfida, il lavoro per obiettivi, il team, gli strumenti, tutte cose che ritrovo nella mia sacca degli sci e nella mia ventiquattrore».

MA UNA GITA SULLA NEVE È TUTTA UN’ALTRA COSA, VERO? «Non c’è dubbio!».

WORLD CHAMPION

MIREIA MIRÓ W W W. DY NA F I T. C OM


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Aziende KARPOS

Karpos dalle Dolomiti al mondo I 'monti pallidi' sono la fonte d'ispirazione per capi tecnici sviluppati da alpinisti di grande esperienza e utilizzati dai migliori scialpinisti nelle condizioni più difficili

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a manina di Karpos non è solo un marchio, ma una vera e propria filosofia. È la mano che va a cercare l'appiglio nella roccia. Nella roccia delle Dolomiti. «Le Dolomiti sono un punto di partenza e non di arrivo, da queste incredibili montagne abbiamo preso passione ed esperienza che poi trasferiamo nel mondo reale, quelle basi dell'andare in montagna che servono in tutto il mondo». A parlare è Maurizio Giordani, product manager, la ' mente' dei prodotti Karpos. «L'alpinismo è nato sulle Dolomiti, roccia difficile, non banale, dove si sono fatti le ossa i grandi dell'alpinismo, da Bonatti a Maestri, da Dell'Agnola a Messner e Salvaterra e i nostri capi nascono su queste montagne per essere utilizzati nelle condizioni più estreme ma anche per la passeggiata nel fine settimana o lo sport più dolce, con la garanzia di avere sempre il capo giusto». Le Dolomiti come palestra, come area test, come fonte d'ispirazione. Ecco la mission di Karpos, marchio nato nel 2007 all'interno della grande esperienza della Manifattura Valcismon, meglio nota dall'utilizzatore finale con il marchio di Sportful. A spiegare la filosofia aziendale è Marco Capretta, responsabile brand communication. «Manifattura Valcismon è nata nel mondo dello sport, dello sci nordico e del ciclismo, legata al territorio e allo sport di fatica, con Karpos siamo entrati in un nuovo ambiente, quello dell'outdoor, un'evoluzione naturale verso altri sport aerobici come lo

ski-alp, un'evoluzione richiesta dal mercato; è stato fondamentale l'arrivo di Andrea Peron che ha sviluppato il servizio race di Karpos». Già, Andrea Peron, un passato da ciclista professionista, oggi l'anima 'garista' della manina. «A 17 anni ho fatto la nord del Lyskamm: senza nulla togliere alla bici, la montagna è sempre stata la mia grande passione» dice sornione il responsabile racing. Un progetto ambizioso. «Per noi le collaborazioni con atleti di primo livello e più in generale con il mondo dell'agonismo sono fondamentali per avere dei feedback e sviluppare prodotti sempre più performanti, ecco perché Karpos è associata alla Transcivetta e collaboriamo con due atleti top come Seletto e Blanc, ai quali si è aggiunto Pivk». Sono diversi i segreti del successo di un brand giovane che viene associato a valori come la tecnicità e l'affidabilità al pari di marchi ben più 'anziani'. «Tutto nasce da un'esperienza consolidata, da delle esigenze, da idee che vengono poi tradotte nella realtà da gente che conosce bene la montagna, come Maurizio Giordani, Manrico Dell'Agnola, il 'cuore' dello spirito Karpos, e Andrea Peron». Sommando le storie della Manifattura e delle anime tecniche di Karpos il responsabile brand communication parla di «125 anni di esperienza». Un'esperienza che nasce dalle vette dolomitiche e si apre al mondo dell'outdoor. «L'evoluzione naturale della linea da ski-alp è nello sky race, dove applichiamo la stessa filosofia» dice orgoglioso Andrea Peron.


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Andrea Peron

Un momento dell'intervista del nostro Claudio Primavesi allo stand Karpos dell'ISPO

HI-TECH IN VETRINA 1 Cervinia Jacket

La Giacca Cervinia da scialpinismo è stata sviluppata con l’apporto dei migliori atleti di Coppa del mondo. Resistente alle intemperie e alle abrasioni, garantisce ottimo controllo termico e ampia libertà di movimento. Il tessuto Windstopper 4-Way espelle velocemente il sudore, protegge dal vento e garantisce massima libertà di movimento, permettendo così gesti atletici estremi. Gli inserti in tessuto ceramico antiabrasivo di Eschler sulle spalle rendono il capo molto resistente allo sfregamento provocato dalle lamine degli sci o dallo zaino. La schiena è realizzata in Dualfit leggero e traspirante e in tessuto NoRain per protezione dall’acqua. Le tasche sul petto facilitano l’inserimento delle pelli, mentre le due tasche laterali con zip servono sia da tasca che da aperture per areazione. Una tasca interna frontale con zip serve per riporre l’ Arvta in un posto sicuro.

2 Rean Lady Fleece

Giacca con cappuccio in Polartec® Thermal Pro® bifaccia, con effetto tessuto dritto/rovescio, per avere termicità, resistenza e scorrevolezza nei punti giusti. Capo morbido, leggero, molto caldo ed elastico grazie agli inserti in Polartec® Power Stretch.

3 Sas de Mur Jacket

Giacca tecnica impermeabile e traspirante da alpinismo, realizzata in tre tessuti Polartec® Neo Shell di diverso peso e tipologia, termonastrati esternamente fra di loro per ottenere la massima protezione dal bagnato e dal freddo senza perdere libertà di movimento e senza eccedere nel peso. Polsini e cuffia cappuccio termici. Inserti in rifrangente forato per maggiore sicurezza in caso di soccorso notturno. Aperture con zip per incentivare la traspirazione in caso di necessità.

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4 Loft Jacket

Giacca leggera, termica e antivento. Cappuccio e inserti in Soft Shell elastico per ottenere protezione e buona libertà di movimento. Grande isolamento dal freddo, grazie all’imbottitura in Primaloft® 133 e 100. Inserti in rifrangente forato per maggiore sicurezza in caso di soccorso notturno.

5 Dolomiti Evo Pant

Pantalone tecnico impermeabile e traspirante da alpinismo, realizzato in due tessuti Polartec® Neo Shell di diverso peso e tipologia, abbinati fra di loro per ottenere la massima protezione dal bagnato e dal freddo senza perdere libertà di movimento e senza eccedere nel peso. Bretelle staccabili personalizzate. Rinforzi paralamine in Kevlar® su ghetta impermeabile esterna. Inserto posteriore in tessuto stretch termico NoRain per ottimizzare il movimento. Ginocchia rinforzate in tessuto ceramico. Soffietto con zip al fondo.

6 Marmolada Jacket

Giacca impermeabile termonastrata in Polartec® Neo Shell con imbottitura termica fissa in Primaloft One 133 e 100. Polsini ed interno collo in tessuto termico. Gonnellina interna per uso sci staccabile. Aperture per incentivare la traspirazione in caso di sforzo eccessivo. Cappuccio con visiera e cuffia termica, coulisse regolabile in vita, fodera interna stampata.

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PROWINTER

20 aprile ski-alp day

Uno degli stand di Prowinter

La fiera Prowinter di Bolzano dedicherà un'intera giornata allo scialpinismo

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o scialpinismo avrà finalmente una fiera tutta sua. Ci ha pensato Prowinter, a Bolzano dal 18 al 20 aprile, dedicando la giornata del venerdì interamente allo ski-alp. Si potranno vedere in anteprima i materiali del prossimo inverno, incontrare atleti e personaggi, partecipare agli eventi in calendario, scambiare quattro chiacchiere al nostro stand guardano le immagini più belle della stagione e scoprendo il nostro progetto estivo 'Sky-alper'. Abbiamo voluto sentire direttamente dal presidente di Fiera Bolzano S.p.A, Gernot Rössler, le motivazioni che hanno spinto l'ente a investire sullo ski-alp.

PERCHÉ PROWINTER HA DECISO DI APRIRE LE PORTE ALLO SCIALPINISMO? «Chi opera in ambito fieristico deve necessariamente precorrere i tempi e prestare attenzione ai trend e alle mode che si manifestano nei vari settori economici. Per quanto riguarda la pratica dello sci si può notare che c’è una tendenza sempre più diffusa verso il fuori pista, già ipotecata dalle grosse marche dello sci col lancio dei vari modelli allmountain, freeride e rocker che vanno per la maggiore. Sempre più diffusa, dunque, la pratica dello scialpinismo sia come avventura fuori pista a contatto con la natura, sia come pratica agonistica. Ecco perché all’eIl presidente di dizione di quest’anno di Prowinter non poteva mancare il Fiera Bolzano salone dedicato allo scialpinismo». Gernot Rössler CHE ASPETTATIVE AVETE? «Le aspettative sono quelle di chi è certo di aver fatto una scelta giusta, in sintonia con le tendenze del mercato. Insomma, crediamo di poter offrire in occasione di Prowinter, l’evento per eccellenza, indirizzato a tutti i professionisti della neve, una piattaforma valida anche per gli appassionati dello scialpinismo in modo che tutti i settori dello sci siano equamente rappresentati». SCIALPINISMO RACE E TOURING SOTTO LO STESSO CAPPELLO, COME PENSATE DI FARLI CONVIVERE? «Race e touring convivono perfettamente. Entrambe le discipline esaltano i momenti dell’avventura e dell’autodisciplina che sono gli elementi comuni a tanti sport definiti erroneamente come estremi. Certo, il race privilegia più

Film e Artva

Nell’ambito della nuova partnership siglata tra Fiera Bolzano e Trento Filmfestival, proprio in occasione di Prowinter verrà presentata la sessantesima edizione del festival della cinematografia legata al mondo dell’alpinismo e della montagna, che per la prima volta dalla sua nascita coinvolgerà la città di Bolzano. Da domenica 6 a mercoledì 9 maggio il capoluogo altoatesino ospiterà un forum alpinistico internazionale e una serie di videoproiezioni della rassegna trentina. Durante le giornate di fiera verrà proiettata una selezione di documentari sul tema dello scialpinismo tratti dall'archivio di Trento Filmfestival. Sarà presente in fiera la Nazionale italiana di scialpinismo. L’Alpenverein Südtirol, infine, allestirà un campo prova ARTVA.

la preparazione atletica e le competenze tecniche, si pratica spesso nelle ore serali e su tracciati sicuri con dislivelli di mille metri e oltre. Lo scialpinismo invece si addice di più allo sportivo contemplativo, che è alla ricerca di quell’insieme di emozioni che Rolly Marchi, nella prefazione alla ormai classica guida di Detassis e Navarini (Itinerari di scialpinismo in Alto Adige e nel Trentino, 1984), ha definito 'questo stupendo modo di evadere e di sentirsi felici'. Insomma, è uno sport che unisce la pratica sportiva al vivere intensamente la natura, ai panorami mozzafiato, all’emozione e alla capacità della scelta del percorso, al senso dell’avventura e alla soddisfazione di raggiungere luoghi solitari». PROWINTER: L'UNICA FIERA PER GLI SCIALPINISTI, UNA SCOMMESSA O UN PROGETTO? «Le scommesse si possono anche perdere. Il progetto skitouring ha invece tutte le carte in regola per rivelarsi vincente. Questo lo dico da appassionato della montagna e dello scialpinismo che è lieto di poter accogliere in fiera non solo chi è scialpinista esperto, ma anche chi vuole avvicinarsi a questo fantastico sport, ottenendo tutte le informazioni necessarie».

20 aprile SAVE THE DATE! 11:00 - 12:00 La Sportiva allestirà una mostra dedicata ai migliori scatti degli appassionati del marchio. Gli autori dei primi tre scatti selezionati verranno premiati direttamente sul palco del Prowinter Forum 12:00 - 13:00 Premiazione della Prowinter Cup, circuito di gare promosso in collaborazione con 'Dolomiti sotto le stelle' 13:00 - 14:00 Proiezione di un filmato con le più belle immagini delle gare scialpinistiche de La Grande Course e presentazione al pubblico dell’ultima tappa della stagione, la Patrouille des Glaciers, dal 25 al 28 aprile 14:00 - 15:00 Sebastian Haag, atleta del team internazionale Dynafit, racconta la sua ultima spedizione - proiezione del filmato 'Patagonia' 15:00 - 15:30 Dynafit Ski Touring Storyboard, premio letterario, giornalistico e fotografico in collaborazione con Ski-alper. Premiazione dei cinque vincitori ai quali verranno consegnati i bellissimi sci Baltoro in palio Info: www.prowinter.it


2012

INSIEME AD

ALPITEC

18 - 20 aprile 2012 | Bolzano

2012

PROWINTER

plus FIERA INTERNAZIONALE SPECIALIZZATA PER LA TECNOLOGIA ALPINA E INVERNALE

Fiera internazionale del noleggio e dei servizi per gli sport invernali

Unica fiera B2B

DEL NOLEGGIO E DEI SERVIZI PER GLI SPORT INVERNALI

mer-gio: 10.00-18.00 | ven: 10.00-17.00

Forum

PREMIAZIONI & CONFERENZE

246 espositori DA 16 PAESI FOCUS

Skitouring Online Ticket -50%

www.prowinter.it SPONSOR + PA R T N E R

OFFICIAL PA R T N E R


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NEGOZI

testo: Niccolò Zarattini FoTO: Niccolò Zarattini

ALPSTATION CLES fermata obbligata Massimiliano Gasperetti con Maurizio Fondriest

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Alpstation di Cles è molto più di un negozio: è un punto d’incontro, un riferimento, un passaggio obbligato per gli amanti della montagna che vivono in Val di Non e per i turisti. Massimiliano Gasperetti, il responsabile del negozio e amico di vecchia data di Roberto Giordani, patron di Montura, è un tecnico del Soccorso Alpino da quasi vent’anni. Incoraggiato dallo stesso Roberto, nel 2004 ha aperto la seconda Alpstation sul territorio italiano, qualche mese dopo quella di Brunico. Sarebbe difficile trovare una persona più adatta per gestire un negozio Montura nella valle. «Sono un amante della montagna e ho sempre avuto una grande passione

per l'attrezzatura di ogni tipo, ma all’interno del negozio ci sono anche altre persone che vivono lo sport e la montagna in prima persona» dice Gasperetti. «È anche grazie a loro che la scommessa di una Alpstation a Cles è stata vinta, distinguendosi da altri negozi che spesso non hanno le figure specializzate in grado di confrontarsi con i clienti più esperti, ma anche di dare i consigli appropriati a chi si avvicina a determinate attività». Il suo braccio destro è Ivan De Marco, che fin dall’inizio lavora nel negozio e oltre all’abbigliamento ha un occhio di riguardo per le calzature da running e gli ski-roll. C’è anche Michael Leonardi, giovane soccorritore e atleta di scialpinismo, appassionato di montagna e ascensioni veloci con le pelli. Il negozio di

Cles è diventato un punto di riferimento non solo per la Val di Non, ma anche per la Val Rendena, la Val di Sole, Bolzano e la Val d’Ultimo. «Il numero di persone che frequentano la montagna è in crescita. Proprio grazie all'aumento delle vendite di sci, abbiamo traslocato in un locale più spazioso, ingrandendo significativamente sia il reparto abbigliamento che quello tecnico». Massimiliano ha solo trentotto anni ma ha già preso parte a numerose spedizioni. Nel 1999 è stato in Patagonia, nel 2005 al Broad Peak (8.047 metri), nel 2007 ha aperto una nuova via sulla nord del Nuptse, poi è stato in Alaska con le guide alpine Fabio Meraldi e Mario Taller, nel 2008 sull’Ama Dablam con sua moglie e Pietro Giovannini e nel 2010 sulla nord del Huayna Potosì in Bolivia,


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Il negozio della Val di Non è diventato un punto di riferimento per il Trentino e l'Alto Adige grazie alla passione e competenza di Massimiliano Gasperetti e dei suoi collaboratori Dall'alto verso il basso Il team dell'Alpstation al gran completo. L'esterno del negozio di Cles. Le commesse del Montura kids. Uno scorcio dell'interno. L'area giochi Alpstation Kids.

con un amico disabile, Gianfranco Corradini. «Io non sono un vero commerciante, cerco di consigliare amici e clienti in base alle esigenze, mettendomi nei loro panni e suggerendo quello che comprerei io, senza guardare l’aspetto strettamente commerciale: gli amici e clienti sanno di poter trovare consigli e importanti confronti con persone di esperienza». Chi viene all’Alpstation di Cles potrebbe incontrare anche Maurizio Fondriest, ex-campione di ciclismo e produttore con il proprio marchio di bellissime biciclette made in Trentino. Maurizio si trova spesso nel negozio di Massimiliano per fare acquisti o prima di partire 'con le pelli', la sua seconda passione dopo la bici. Si può dire che a Cles ci sono due Alpstation: lo scorso dicembre, infatti, Montura ha inaugurato il primo progetto in Italia di Alpstation Kids, un intero negozio esclusivamente dedicato ai bambini, con capi Montura e attrezzature tecniche di ogni tipo, ma in versione ‘mini’. Cristiana, Rita e Fulvia sono le persone di riferimento di questa realtà dedicata ai bambini dai nove mesi ai tredici anni.


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LETTERE ALLA REDAZIONE

POSTA

MAIL: skialper@mulatero.it

ALBOSAGGIA, NATURALMENTE! Nell’articolo riguardante i nuovi Campioni Italiani di scialpinismo Boscacci/Antonioli (pubblicato su skialper.it, ndr) viene citato solo lo sci club Alta Valtellina, mentre Michele Boscacci è da sempre portabandiera della Polisportiva Albosaggia. Certi che sia solo un equivoco, vi invitiamo a correggere il testo dell’articolo e ci complimentiamo con voi per il vostro lavoro. Franco Parolo - Polisportiva Albosaggia

Ciao Franco, hai ragione, nella fretta abbiamo confuso il fatto che entrambi fossero valtellinesi, con il nome dello sci club. Naturalmente, come ampiamente sottolineato nell’articolo dedicato alla famiglia Boscacci sul numero 81 della rivista, Michele è una colonna della Polisportiva Albosaggia. Ci scusiamo con gli interessati per l’imprecisione. DYNAFIT SKI TOURING STORYBOARD Sono un vostro appassionato lettore e vi seguo da tempo! Sulla rivista numero 80, uscita a novembre, ho letto del concorso ‘Dynafit ski touring storyboard’ e la cosa ha subito attirato la mia attenzione. Purtroppo non sono mai riuscito ad accedere alla sezione Itinerari per caricare i miei racconti e mi stavo chiedendo se il concorso fosse stato cancellato. Sapreste darmi qualche notizia in merito? Matias Lindner Ciao Matias, hai ragione. Fino a fine gennaio la pagina Itinerari non era attiva. Questioni tecniche che non mi dilungo a spiegarti. Ora è tutto funzionante e naturalmente stiamo aspettando il tuo contributo: il concorso si chiude il 2 aprile e ci sono ancora 4 paia di sci Baltoro di Dynafit in palio! ‘LA SVOLTA’

Volevo ringraziarvi per il dono ricevuto ieri, questo conferma la vostra professionalità e l’importanza che date ai vostri lettori. Mi sono permesso di trasformarmi per un giorno in un vostro collaboratatore e di allegarvi una foto fatta ieri in una gita nelle mie valli, dove mi sono immaginato la copertina della vostra rivista in versione estiva. Il titolo della foto è ‘la svolta’ e direi che non servono molte spiegazioni! Grazie ancora e buon lavoro Alessandro Nibbio

MA LA RIVISTA ESCE IN EDICOLA? Volevo solo sapere se esce ancora in edicola Skialper, perchè, mi spiace per il vostro grande impegno, ma non sono un grande appassionato di siti internet e la rivista mi piace leggerla. Così almeno posso passare oltre alla parte dedicata ai corsaioli. Sinceramente trovo che le gare di scialpinismo siano un insulto all’ambiente. Centinaia di persone che disturbano ambienti quasi incontaminati, è una cosa veramente dannosa e ridicola, per non andare oltre. Andrea Dalmonte - Imola Ciao Andrea, la rivista esce in edicola, eccome! Ti dirò di più, da due anni è il magazine di montagna più venduto in Italia. Magari non l’hai riconosciuta per il cambio di logo in copertina… In quanto alla questione delle gare, la montagna è bella perché offre a tutti la possibilità di interpretarla come meglio credono. Chi ama le sfide e l’agonismo trova elettrizzanti e stimolanti le gare, poi c’è chi la pensa come te e preferisce la quiete e il silenzio dei paesaggi incontaminati. Questione di punti di vista… A QUANDO UNA VERSIONE PER ANDROID? Ciao, ho appena fatto la registrazione per l’abbonamento cartaceo e sto aspettando la mail di conferma, vi scrivo per chiedere quando si potrà leggere la rivista su altri tablet oltre a quello di casa Apple. Di sicuro saprete che esiste un mondo di tablet basati su piattaforma Android, oltre a milioni di smartphone. Complimenti per la rivista, anche se nell’ultimo numero c’era un articolo su sfondo colorato che risultava poco leggibile, anche a causa del carattere piccolo utilizzato. Maurizio

LA CARTOLINA Il piccolo Diego, figlio di Carlo Zanon, si è riconosciuto in braccio al papà nel servizio di Ski-alper e... sembra molto interessato!

Ciao Maurizio, la tua osservazione mi consente di anticipare una novità della prossima stagione. Abbiamo lanciato l’autunno scorso l’applicazione su App Store, come test per capire l’interesse verso questo tipo di formato. Crediamo molto nella versione digitale e dal primo numero della prossima stagione invernale usciremo con una versione ‘tablet-native’, pensata specificamente per le tavolette, insomma, disponibile sia per iPad che per Android. È solo questione di tempo, dunque! In quanto alla nota sulla grafica, ci stiamo lavorando... POSSO RIPRISTINARE LE PELLI? Caro Ski-alper, non saprei a chi chiedere consiglio se non a voi, essendo da anni un abbonato sebbene viva in una zona della Toscana dove le pelli sono solo… quelle dei conigli! Durante un’uscita ho notato che proprio le mie pelli, gradualmente, perdevano aderenza e il pelo rimaneva schiacciato, non facendo più presa. Pur avendole lasciate asciugare, la situazione non è cambiata. Come posso ripristinarle? Alessio Caro Alessio, è difficile dare una risposta esaustiva senza aver visto le tue pelli; in linea teorica, escludendo un difetto strutturale, abbiamo il timore siano vittima del gelo. Spesso accade, risalendo lungo nevi particolarmente compatte come quelle lavorate dai mezzi battipista e con temperature polari, che le pelli incorrano in una sorta di ‘bruciatura’ da sfregamento. Eventualità tanto più frequente qualora si affrontino brevi discese a pelli montate; il pelo diviene infatti lucido e non lavora correttamente in fase di tenuta. Soluzioni? Purtroppo nessuna, se non cambiare pelli…


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MAL DI SICILIA

Carlo & Ric guariti dal virus di Saalbach, colpiti dal mal di Sicilia! Torneranno?

PROPOSTA EDITORIALE Suggerirei un articolo tipo ‘Cinque domanda a….’. Mettere su due pagine quattro personaggi, per esempio un atleta, un alpinista, un guru alla Meraldi, un freerider. Gli si potrebbe chiedere, per esempio: «Per lo ski-alp meglio sci sciancrati o dritti? Rampant sì o rampant no? Scarponi con soffietto o meno? Bastoncini telescopici o fissi?» E così via… La mia è solo un’idea, prendetela per quello che è. P.s. sull’ultimo numero il servizio su bastoni e zaini sembrava più che altro la pagina di un catalogo pubblicitario, proporrei meno modelli ma testati sul campo. Yosef Ciao Yosef, non male la tua proposta, magari la prendiamo in considerazione nel prossimo piano editoriale. In quanto al servizio sui bastoni e zaini, si trattava di una vetrina, il cui scopo è far vedere quanti più prodotti possibile in quello specifico settore. Per le prove, non ti preoccupare, già da questo numero potrai trovare qualcosa di interessante…

POSTA

I TORTELLINI NON SI RIFIUTANO MAI! Ragazzi, siete stati fantastici, ci avete permesso di seguire l’avvenimento in maniera ottimale. Grazie Carlo e grazie Riccardo, grazie a voi anche noi genitori riusciamo a vivere le gare di Filippo e di tutti gli amici, primo fra tutti il ‘vecchio’ Hansjoerg. Vi aspetto a Bologna per un piatto di tortellini! Grazie Luca e Marinella Beccari Grazie tante, ci fa sempre piacere quando i nostri sforzi sono apprezzati. In quanto all’invito, lo terremo in attenta considerazione dovessimo passare da Bologna. Un piatto di tortellini non si rifiuta mai! ALLENAMENTI NOTTURNI Ma come fa uno sport a voler diventare olimpico se non protegge neanche i suoi atleti!? Ieri sera ero con qualche amico ad allenarmi dopo il lavoro sulle piste di Lurisia (piccola stazione del Cuneese) e terminato l’allenamento, a fine pista di rientro, ci troviamo due automezzi della Guardia

di Finanza con cinque agenti che ci attendevano come delinquenti! La Regione Piemonte ha una legge che dice che le piste da sci non si possono risalire in orario di chiusura. Morale: verbale da 80 euro! Lo sapevamo, quindi zitti abbiamo preso la multa e andremo a pagarla. Ma ora son qui a chiedermi perché… Che male facciamo a voler far sport dopo 8 o 9 ore di lavoro? Nel rispetto dei ‘gattisti’ e del loro lavoro, cercando di salire sempre su piste non ancora battute o a bordo di esse, dove possiamo essere cosi pericolosi? Ma la FISI dov è? A prendere i soldi delle tessere e basta? So che in Friuli l’azienda turistica ha fatto un ‘contratto’ con i gestori per avere delle piste libere la sera: ma devono arrivarci solo le aziende turistiche? La FISI per incrementare la voglia di fare questo sport non può attivarsi in qualche modo (vedi associazioni turistiche regionali sull’esempio del Friuli, vedi associazioni gestori impianti o altro…). Diversamente noi amanti della montagna, della neve ma purtroppo lavoratori che non possono andare di giorno col sole, finiamo per essere criminali contro la legge. Come può uno sport crescere se praticandolo ri-


144 > rubriche

LETTERE ALLA REDAZIONE

POSTA

FACEBOOK

MAIL: skialper@mulatero.it

LA LUNGA NOTTE DEL SELLARONDA

schi delle multe? Continuerò ad andare, perché la passione è forte, ma non so dopo quante multe la mia passione scemerà! Scusate lo sfogo. Gianluca Iavelli

Corvara ore 2.27 - Mentre Ricc carica l’ultimo video io ho preparato la cenetta.... Buona notte Ski-alper!

GRACIAS SKI-ALPER! Kilian, quello vero, con la copertina del numero 82

DANIEL BOSIO Con Ski-alper è arrivata anche un pò di neve (grazie al postino che è arrivato fino a casa)

Ciao Gianluca, comprensibile il tuo sfogo. È chiaro che nel momento in cui esiste una legge, va rispettata. Il tuo messaggio alla FISI è comunque quello di tanti appassionati. Devo dirti, però, che la federazione in questo momento è davvero in difficoltà e credo che in via Piranesi lo scialpinismo non sappiano nemmeno che cosa sia. Motivo per cui, se devi sperare in qualcuno, rivolgi insieme ai tuoi amici un appello ai gestori degli impianti di Lurisia o di qualche località del monregalese. Magari potrebbero dimostrarsi lungimiranti... DUO SINT AERO: QUALE LUNGHEZZA? Buonasera, volevo approfittare della vostra esperienza in quanto prossimo a comprare uno Ski Trab Duo Sint Aero. Essendo alto 171 cm, per 85 kg di peso, secondo voi dovrei prenderlo da 157 o 164 cm? Grazie mille e tanti complimenti per la rivista. Ciao Stefano, ti consigliamo certamente la misura 164, se non addirittura 171 nel caso in cui il livello tecnico e la prestanza fisica siano elevati. Si perde qualcosa in salita, ma la sicurezza in discesa è maggiore, anche a velocità sostenute. PRODOTTI ORTOVOX Volevo solamente chiedere come mai nelle presentazioni dei materiali non compare mai il marchio Ortovox, che, secondo me, è una ditta importante nello scialpinismo. Spero che non ci siano di base dei disaccordi a livello commerciale, visto che queste presentazioni dovrebbero essere un valido strumento per chi deve effettuare un acquisto e, quindi, dovrebbero anche essere il più complete e ‘neutre’ possibile. Cristiano Perlini Buongiorno Cristiano, le presentazioni dei prodotti nella ‘vetrina’ sono assolutamente indipendenti da accordi commerciali. Mancano i prodotti Ortovox semplicemente perché, dopo ripetuti solleciti del redattore incaricato, nessuno dall’azienda ci ha inviato alcuna informazione e nemmeno una risposta. Evidentemente non gli interessava far parte di questa rubrica. Cordiali saluti.

SKIROLL, PERCHE’ NO? Carissimo Sky-alper io una idea per l’estate la avrei. Pubblicare ogni numero alcune gite con skiroll. Intendo gite con salita in skiroll e discesa a piedi, per sentieri o ferrate. Nei dintorni di Trento ad esempio le due salite al monte Bondone da Garniga e da Lagolo, con le bellissime discese per sentieri CAI Sat. La strada del Menador o Monterovere che porta dalla Valsugana all’altipiano di Vezzena, vedi Millegrobbe, con discesa per la bella e non difficile ferrata della Val Scura. Sono sicuro che in moltissime altre zone si trovino gite simili. Ciao e complimenti per la rivista. Marco Cantaloni Ciao Marco, abbiamo scelto la tua foto e la tua lettera tra le oltre 100 ricevute in redazione il mese scorso con i suggerimenti per la versione estiva della rivista. Ti ringraziamo, come ringraziamo tutti gli altri lettori. In tanti ci hanno chiesto di introdurre lo skiroll tra le discipline trattate dalla rivista, in chiave di allenamento per lo ski-alp. Ci penseremo... Intanto vi invitiamo a continuare a scriverci con i vostri consigli per l’estate all’indirizzo info@skialper.it.


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FERRINO

THE WINNER IS...

Tra le immagini postate sulla pagina Facebook di Ski-alper dai lettori, l'ufficio marketing di Ferrino ha scelto come vincitore Alfredo Bronda. A lui verrà consegnato uno zaino Torque 20. Per gli altri partecipanti, giunti al 'ballottaggio', un gadget di Ski-alper come premio di consolazione. Per informazioni si può inviare una mail a skialper@mulatero.it

Alfredo Bronda

Bosco Spinapulci. Durante il rientro a casa faccio una sosta davanti ad un fitto bosco; ero immerso in una radura. Decido di riposarmi un po'. Gli alti e muti alberi di Cerro, spogli da qualsiasi foglia, attraggono il mio spirito, come se mi volessero dire qualcosa. Non era prevista un'altra nottata in tenda ma decido di dormire un'ultima volta, a pochi chilometri da casa. Avevo percepito il richiamo della natura... gli alberi mi chiedono di rimanere un'ultima notte con loro... e così fu. Ferrino Nemesi 1.

2.Ivan Gandolfi

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Lo zaino Torque 20 di Ferrino è stato assegnato ad Alfredo Bronda, vincitore del concorso fotografico su Facebook

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Salita in solitaria sotto una nevicata al Cimotto di Mogafieno (1.900 m), sopra il Pialeral, gruppo delle Grigne.

3.Dimitri De Gol

Salita scialpinistica al Monte Elbrus (5.642 m - Russia). Bivacco nei pressi del 'rifugo Pryut' 4.000 m slm circa. Vista sulla Catena del Caucaso dall'ingresso della nostra truna di neve. La cima più imponente è il Monte Ushba (4.710 m).

4.Naomi Padula

Due cuori e un Ferrino... Per festeggiare il primo anniversario insieme, siamo ritornati nel luogo in cui tutto ebbe inizio: in cima ai 924 m 'esplosivi' del vulcano Stromboli. P.S.: Foto scattata senza sapere del concorso!

5.Nicola Frappi

Laggiù, in lontananza, il Monte Bianco in tutta la sua maestosità. Dal rifugio Quintino Sella al Felik, vera e propria terrazza sulle Alpi, un paesaggio fantastico raggiunto con gli amici e il fido Ferrino Verdon 35.

6.Vittorio Gazzola

Tour du Mont Blanc. Il confine tra Svizzera e Francia immersi tra nuvole e pioggia. Non esiste buono o cattivo tempo ma buona o cattiva attrezzatura!

Il nuovo zaino per lo scialpinismo della linea High Lab di Ferrino; è in Cordura Dupont, ha il dorso termoformato e traspirante, spallacci imbottiti e sagomati. A livello della vita è dotato di una fascia imbottita e trapuntata in tessuto reticolare traspirante; dispone di tasche laterali, una tasca di sicurezza ed una porta sonda/pala, oltre a due porta piccozza. Il porta sci frontale ha un sistema di aggancio/sgancio estremamente rapido ed il peso, per 20 litri, è di 630 grammi. Info: www.ferrino.it

TORQUE 20


146 > rubriche

CONTROCOPERTINA

testo: Umberto Isman ILLUSTRAZIONE: Giuseppe Novello

Giovanni Battista Stucchi nella Ritirata di Russia con i suoi inseparabili sci

Destini incrociati Storia di Giovanni Battista e Clara, salvati dallo sci

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acconterò due storie di sci del passato, un passato di guerra. Giovanni Battista Stucchi era un avvocato lombardo, alpinista appassionato e capitano degli Alpini. Aveva raggiunto quel grado dopo aver partecipato a 17 anni (era un ‘ragazzo del ‘99’) alla Prima Guerra Mondiale, fronte del Piave. Allo scoppio della Seconda Guerra fu richiamato alle armi, nonostante l’età, perché era un ufficiale. Fu spedito in Russia a capo di una compagnia del Battaglion Tirano. Avrebbe probabilmente potuto sottrarsi a una guerra che non condivideva, ma non se la sentì di abbandonare i suoi uomini. Ne tornarono pochi dei suoi uomini, stremati dal freddo, dalla fame, dalla fatica. Molti li vide morire senza poterli aiutare. Lui si salvò, grazie probabilmente alla tempra dei quarant’anni, all’abitudine allo sforzo, alla fortuna. Ma si salvò anche grazie a un paio di sci di hickory, con un attacco rudimentale ma efficace. Con quegli sci faceva da staffetta portaordini, avanti e indietro tra plotoni e compagnie. Una ritirata di Russia più lunga di quella degli altri, ma con un paio di sci che lo rendevano agile e veloce e soprattutto lo isolavano dal gelo del manto nevoso. Giovanni Battista tornò a casa, scheletrico ma vivo. Dopo l’otto settembre entrò nella Resistenza e ne divenne uno dei capi. Clara Finzi era nata a Trieste nel 1912 ed era ebrea. Si sposò giovanissima e nel 1933 ebbe un figlio, Franco. Le leggi razziali del ‘38 li

costrinsero progressivamente a scappare e nascondersi, fino a quando, dopo lo scoppio della guerra, Franco trovò rifugio da uno dei tanti preti cattolici che aiutarono gli ebrei, Don Re, della Casa Alpina di Motta, una frazione di Madesimo. Clara era nascosta altrove, così come suo marito, e per vedere Franco si fingeva un’amica di famiglia che saltuariamente andava in vacanza a Madesimo per sciare. Era un’ottima sciatrice e sosteneva la parte senza grande difficoltà. Un giorno però sui campi da sci fu fermata da una pattuglia di SS che le chiese i documenti. La carta d’identità che Clara aveva in tasca era quella di una conoscente a cui aveva semplicemente sostituito la foto, ma senza timbro. Sapeva di non poterla mostrare alle SS e così raccontò di averla dimenticata in albergo. Clara era giovane, carina, spiritosa, le SS cominciarono a chiacchierare amabilmente. Le chiesero di prodursi in qualcuno dei suoi Christiania e lei li accontentò. Loro, incantati, le diedero appuntamento per il giorno successivo, così avrebbero anche controllato i documenti. Clara saltò sulla corriera per la città, corse da un amico orafo che le fece un timbro falso e la mattina dopo si presentò all’appuntamento in albergo con le SS con un perfetto documento a nome Carla Molteni. Giovanni Battista e Clara dopo la guerra si conobbero e con i rispettivi coniugi divennero amici. Il figlio di Clara e la figlia di Giovanni Battista si innamorarono e si sposarono. Da quel matrimonio sono nato io. E forse è anche per questo che amo così tanto lo sci.


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Crédit photos : Arnaud chidéric - Dan Ferrer

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