MilanoCittàAperta - Issue#23 - Lavoro

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MilanoCittàAperta - Journal of urban photography - Issue#23 - Spring/201 5 - Lavoro - www.miciap.com

Milano Città Aperta

JOURNAL OF URBAN PHOTOGRAPHY

ISSUE #23 SPRING/201 5 LAVORO


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MilanoCittĂ Aperta Coordinatore Esecutivo

Roberta Levi

Photoeditor Roberta Levi Alfredo Bosco Thomas Pagani

Editor Testi

Nicola Bertasi

Progetto grafico e impaginazione

Daniele Pennati Isacco Loconte

Redazione

Nicola Bertasi, Alfredo Bosco, Roverta Levi, Isacco Loconte, Simone Keremid tschiev, Thomas Pagani

Fotografi Nicola Bertasi, Piero Raffaelli, Francesco Clerici, Alfredo Bosco, Filippo Romano, Chiara Badiali, Francesco Rucci

Grazie a:

Popoli, mensile internazionale. Claire-Louise Watkins per le traduzioni.



SOMMARIO /CONTENT

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RI-MAFLOW

Nicola Bertasi

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LA VERA S TORIA DEL C ENTRO DEL C ENTRO

Piero Raffaelli

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40

Francesco Clerici

Alfredo Bosco

IL GES TO DELLE MANI

PGR

48

58

Filippo Romano

Chiara Badiali & Francesco Rucci

S OMMOZ Z ATORI DELLA TERRA

118 ANPAS

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EDITORIALE /EDITORIAL LAVORO

LAVORO

"Io so gli odori dei mestieri: di noce moscata sanno i droghieri, sa d'olio la tuta dell'operaio, di farina sa il fornaio, sanno di terra i contadini, di vernice gli imbianchini, sul camice bianco del dottore di medicine c'è buon odore. I fannulloni, strano però, non sanno di nulla e puzzano un pò. "

"Io so gli odori dei mestieri: di noce moscata sanno i droghieri, sa d'olio la tuta dell'operaio, di farina sa il fornaio, sanno di terra i contadini, di vernice gli imbianchini, sul camice bianco del dottore di medicine c'è buon odore. I fannulloni, strano però, non sanno di nulla e puzzano un pò. "

Probabilmente nessuno dei membri dell'assemblea costituente di quel lontano 1 946, si sarebbe mai neanche lontanamente immaginato, la scomparsa graduale e tragica del lavoro in questo paese. Quando scrissero quell'articolo, il primo della nostra Costituzione, figlio naturale e ribelle delle sofferenze patite nel corso di un ventennio codardo e fascista, stavano puntando i piedi. In quel momento magico (e forse unico), le passioni e le teste si unirono per mettere un argine di granitica solidità agli attentati nostrani e prevedibili alla dignità umana. Non un semplice articolo ma il primo, il necessario preambolo, le fondamenta scritte di una costituzione democratica, nata come tutela della coesione sociale e necessariamente e sfacciatamente italiana. Italiana, si. Italiana, ebbene. Perché qui da noi è tutto più complesso. Secoli di soprusi mafiosi e clientele, rendono il lavoro fragile come il cristallo. A nord, dopo le alpi, tutto è più semplice. I rapporti sono meno viscidi e la crescita professionale (e del salario) più lineare e meno contorta. L'assemblea costituente decise di mettere quell'articolo a fondamenta della nostra costituzione, anche per riconoscere la specificità italiana. Come dire, ve l'avevamo detto.

Probably, not one of those members of the constitutional assembly in 1 946, would have never have imagined the gradual and tragic loss of jobs in this country. When they wrote that article, the first of the new Constitution -the rebel son of 20 vile and fascist years- they were putting their foot down. In that magic moment (and perhaps unique), head and heart united to contain with a solid granite dam those predictable terrorist attacks to human dignity. It wasn’t just the first article, the necessary introduction, the written fundamentals of a democratic Constitution, born to protect social cohesion and necessarily and shamelessly Italian. So Italian. Here in Italy everything's more complex. Centuries of oppression by the mafia and their affiliates made work as fragile as crystal. In the North, above the Alps, everything is easier. Working conditions are less slimy and professional development (and salaries) is more linear and less complicated. The Constitutional Assembly decided to use that article as the fundamentals of our Constitution and to also define Italian peculiarity. As much as to say: "we told you so. "

Gianni Rodari

Trent'anni di incontrollato neoliberismo hanno creato crepe un po' ovunque, nel mondo. Ma in Italia di più. La perdita è più grande, l'ignoranza maggiore e la ricerca del lavoro, una fatica - per dirla come i napoletani - che diventa sempre più frustrante e difficile. Il primo articolo della Costituzione è importante per questo paese, tanto quanto lo è la ricerca della felicità per gli americani. E' una dichiarazione di intenti: qui c'è, ci dev'essere lavoro per tutti. Altrimenti è il casino e il casino è davvero necessario evitarlo. Così quando si sente Giuseppe Sala, commissario unico di Expo, affermare a cuor leggero, che non pagare chi lavora per il Grande Evento (e già qui siamo immersi in una novella orwelliana) è la normalità in situazioni del genere, si constata lo sdoganamento di uno statement pericoloso e falso. Pericoloso perché il lavoro va pagato sempre, perché spesso lavorare non è divertente; spesso il lavoro è noioso, spesso è una necessità e sopratutto spesso arricchisce indirettamente chi non sta lavorando in quel momento. E' menzognero perché in moltissimi paesi europei gli stages gratuiti sono illegali. Altra cosa infatti è il volontariato che presuppone la condivisione di alcuni principi etici che generano la volontà di impegnarsi in un progetto senza fini di lucro. Lavoro quindi e che lavoro sia. Arriviamo così a questa Issue#23 di MilanoCittàAperta. Iniziamo il viaggio con una riflessione sul mestiere del fotografo. Altarini in fila per raccontare la morte dell'analogico. Una morte indotta da un mercato fotografico in continua espansione. Alfredo Bosco, con questo suo progetto pop, ci suggerisce uno sguardo ironico su un mestiere che forse cambia troppo velocemente. Un cambiamento che i fotografi stessi, a volte, non riescono a seguire. Con la necessità di fare un po' di chiarezza sulla natura del vero volontariato, abbiamo deciso di pubblicare le immagini di Chiara Badiali e Francesco Rucci. Impegnare parte del proprio tempo libero per aiutare gli operatori del 1 1 8 è cosa nobile e giusta. Riflesso di umanità e empatia ma anche di scarsezza di risorse dell'apparato sanitario nazionale che soffre i tragici tagli al suo organico, da diversi anni. Filippo Romano ci porta poi a conoscere I Sommozzatori della Terra. Una cooperativa che si prefigge l'obbiettivo di rieducare al lavoro, gli esclusi. Persone che l'hanno perso, ex detenuti, diversamente abili. Un affresco di questa crisi; un ritratto del lavoro che non c'è e che dovrebbe esserci. Il lavoro è anche lentezza. Ecco allora che l'obbiettivo di Francesco Clerici si concentra sulla fonderia artistica Battaglia. Una meraviglia del patrimonio artigianale italiano. Che Francesco ci racconta così "L'unico modo per diventare un artigiano capace di realizzare una fusione a cera persa del bronzo è imparare dagli altri artigiani, ascoltarli, guardarli: la tradizione orale nasce da una sorta di reportage continuo, un lavoro di osservazione e di curiosità. " Siamo passati a trovare gli ex operai della Maflow a Trezzano sul Naviglio, che hanno preso possesso dei locali dove lavoravano (la fabbrica è stata mandata deliberatamente in fallimento dall'ex proprietario) per avviare attività produttive sul modello delle fabricas recuperadas argentine. Ho tentato qui di raccontare la storia di una nuova industria italiana cooperativa; il tentativo di ritrovare la dignità, ricreando e recuperando un reddito. Infine il maestro Piero Raffaelli ci affida questi piccoli tesori. Scatti d'altri tempi che siamo orgogliosi di mostrarvi qui. Scatti della memoria di una Milano, di una cultura, di un lavoro che fu.

Gianni Rodari

Thirty years of unmonitored neo-liberism created ripples practically all over the world. More so in Italy. Loss is more prevalent, ignorance is greater and the job hunt is struggle, as they say in Naples –which becomes constantly more frustrating and more difficult. The first article produced by the Constitution is important for this country, the same way ‘the pursuit of happiness’ is for the Americans. It's a declaration of intent: here there is, there should be work for everyone. Otherwise it's necessary to avoid the mess. So, when one hears Giuseppe Sala, Special Commissioner for Expo, expressing light-heartedly, that not paying those who work on the Grand Event it's standard practice in situations like this one, the end of a dangerous and false predicament is certified. It’s dangerous because work should always be compensated, as often work isn't fun: work is often boring and a necessity and more importantly it indirectly enriches those who aren't working in that moment. It's telling a lie because in many European countries uncompensated internships are illegal. Volunteer work that assumes the sharing of certain ethical principles that encourage people to make an effort on a project that holds no financial gain, is another story. Work be and let it be work. It's with this in mind that we present MilanoCittaAperta’s Issue#23. We start this journey with a reflection on the job of the photographer. Little altars in a procession to tell the death of the analogic. A death induced by a continuously expanding photography market. Alfredo Bosco, with his ‘pop art’ project, suggests that we adopt an ironic view on a profession that is perhaps changing too fast. A change that often the photographers themselves aren't able to keep up with. In order to shed light on the real nature of 'volunteer' work, we've decided to publish Chiara Badiali and Francesco Rucci’s pictures. Dedicating one's own time to help paramedics is a noble and right thing to do. It’s a reflection of humanity and empathy but also of the scarce resources provided to the national healthcare system, which has been suffering from cuts in funding for years. Filippo Romano introduces us to "the scuba divers of the Earth". A cooperative that aims to re-educate the left outs about the idea of work. People who have lost it, exinmates, people with disabilities. A canvas of this crisis: a portrait of the work that should be available but isn’t. Work is also slowness. So, here is Francesco Clerici's lens concentrating on the Battaglia artistic foundry. A marvel of Italy's handcraft work. Francesco describes it with these words: "The only way to become an artisan capable of realising a lost-wax casting of bronze is by learning from the other artisans, watching them and listening to them: the oral tradition is born out of a sort of continuous reportage, a matter of curiosity and observation. " We went to Trezzano sul Naviglio to find Maflow’s ex-workers, who have taken possession of the place where they used to work (the business failed on purpose, at the fault of the previous owner) to re-start production on the model of the fabricas recuperadas argentine. I tried to tell the story of a new cooperative industry here in Italy: an effort to reestablish dignity, recreating and reinstalling an income. At the end, master Piero Raffaelli gives us these treasures in trust. Shots from past times, of which we are proud to show here. Shots of memories of a past Milan, of a past culture. Because work- real work- is above all dignity. Happy viewing.

Perché il lavoro - quello vero - è sopratutto dignità. Buona Visione.

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RI-MAFLOW Nicola Bertasi

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Stoccaggio divisorio Dividing storage

Š Nicola Bertasi / HansLucas, 201 4

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La fabbrica

© Nicola Bertasi / HansLucas, 201 4

The factory

Esterno giorno © Nicola Bertasi / HansLucas, 201 4

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External daytime


Gli abitanti del quartiere sostengono l'attività portando elettrodomestici a riparare.

© Nicola Bertasi / HansLucas, 201 4

Local residents support the activity bringing their home appliances to be repaired

La fabbrica come luogo di lavoro, ma soprattutto come luogo di dignità e di vita.

La fabbrica come luogo di lavoro, ma soprattutto come luogo di dignità e di vita.

Il riacquisto - nel contesto di una liquidazione giudiziaria - fatto da un'impresa che si arricchisce attraverso operazioni di speculazione sulle macchine e sui brevetti. Infine, due anni dopo, la delocalizzazione delle macchine industriali in Polonia. Nonostante le premesse poco incoraggianti, il destino della Maflow non sarà quello delle decine di scheletri industriali in decomposizione, che disegnano il paesaggio della periferia milanese. Gli operai hanno deciso di costituirsi in cooperativa per sviluppare attività basate sul riciclaggio all'interno dei 30 000 mq di spazi vuoti di cui si sono reappropriati. Gli occupanti, affascinati dall'esperienza delle fabbriche recuperate in Argentina, desiderano avviare presso Ri-Maflow, attività che possano garantire, in un futuro prossimo, un salario agli operai, oggi disoccupati a causa delle manovre speculative dei vecchi proprietari. Oggi, dopo due anni di lavoro nella fabbrica recuperata, gli occupanti hanno delineato un piano strategico per avviare diverse attività, tutte fondate sull'idea del recupero. Mercatini dell'usato, costituzione di un gruppo di acquisto solidale che lavori insieme agli agricoltori della zona, attività teatrali e culturali, affitto di box per lo stock di materiale ai privati. . . Ma l'attività principale resta quella della riparazione e del riciclo di materiale elettrico e elettronico. . E proprio da qui gli operai vogliono ripartire. "La fabbrica deve restare un luogo di produzione" - affermano. Un luogo dove ritrovare la dignità, ricreando e recuperando un reddito.

Il riacquisto - nel contesto di una liquidazione giudiziaria - fatto da un'impresa che si arricchisce attraverso operazioni di speculazione sulle macchine e sui brevetti. Infine, due anni dopo, la delocalizzazione delle macchine industriali in Polonia. Nonostante le premesse poco incoraggianti, il destino della Maflow non sarà quello delle decine di scheletri industriali in decomposizione, che disegnano il paesaggio della periferia milanese. Gli operai hanno deciso di costituirsi in cooperativa per sviluppare attività basate sul riciclaggio all'interno dei 30 000 mq di spazi vuoti di cui si sono reappropriati. Gli occupanti, affascinati dall'esperienza delle fabbriche recuperate in Argentina, desiderano avviare presso Ri-Maflow, attività che possano garantire, in un futuro prossimo, un salario agli operai, oggi disoccupati a causa delle manovre speculative dei vecchi proprietari. Oggi, dopo due anni di lavoro nella fabbrica recuperata, gli occupanti hanno delineato un piano strategico per avviare diverse attività, tutte fondate sull'idea del recupero. Mercatini dell'usato, costituzione di un gruppo di acquisto solidale che lavori insieme agli agricoltori della zona, attività teatrali e culturali, affitto di box per lo stock di materiale ai privati. . . Ma l'attività principale resta quella della riparazione e del riciclo di materiale elettrico e elettronico. . E proprio da qui gli operai vogliono ripartire. "La fabbrica deve restare un luogo di produzione" - affermano. Un luogo dove ritrovare la dignità, ricreando e recuperando un reddito.

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La Maflow fabbricava componenti per automobili che oggi rimangono a terra, come ricordo della passata attività. The Maflow manufactured automobile components which today remain on the ground, as a reminder of past activity.

© Nicola Bertasi / HansLucas, 201 4

Sala riunioni Meeting room

© Nicola Bertasi / HansLucas, 201 4

Stefania, ex-operaia della Maflow, ha partecipato a tutte le lotte, fino al recupero della fabbrica "Ho sempre pensato che sarei rimasta qui fino alla pensione. Poi da un giorno all'altro, il mondo ci è crollato addosso. " Stefania, ex workers of the Maflow, took part in all the struggles, until the recovery of the factory "I always thought I'd stay here until retirement. Then overnight, the world fell apart. "

© Nicola Bertasi / HansLucas, 201 4

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Massimo è uno dei primi due operai ad aver avuto l'idea di occupare Maflow. "Mi sono detto che erano 25 anni che lavoravo qui. Era casa mia. Non mi sono perso d'animo e ho recuperato la mia fabbrica. Il mio luogo di lavoro. Non è facile. Bisogna crederci continuamente. " Massimo is one of the first two workers to have had the idea of occupying Maflow. "I said I've worked year for 25 years. That was my home. I have not lost heart and I recovered my factory. My place of work. It is not easy. You have to believe all the time. "

© Nicola Bertasi / HansLucas, 201 4 © Nicola Bertasi / HansLucas, 201 4

Marisa è la rappresentante del gruppo che si occupa della gestione del bar-ristorante. "L'ultimo proprietario ha comprato la fabbrica soltanto per rivendere le macchine in Polonia. L'abbiamo capito subito. Ogni giorno venivamo qui e non c'era niente da fare. Poi un giorno, appena ha potuto, ci ha scaricati. Ha smontato pezzo a pezzo una fabbrica che funzionava a meraviglia, per i suoi interessi personali. " Marisa is the representative of the group that manages the bar-restaurant. "The last owner bought the factory only to resell the machines in Poland. We knew right away. Every day we were here and there was nothing to do. Then one day, just might, we have be dumped. He dismounted piece by piece a factory that worked beautifully for his personal interests. "

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Figura di luce. Figure of light.

Š Nicola Bertasi / HansLucas, 201 4

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© Nicola Bertasi / HansLucas, 201 4

Cinzia lavora a Ri- Maflow come operaia addetta alla riparazione di elettrodomestici. "Gestiamo la riparazione al meglio ma se pensiamo a un'attività più prospera, sappiamo bene di dover acquistare delle macchine. È per questo che abbiamo lanciato una campagna di crowdfunding". (la campagna è stata un successo, ndr) Cynthia works in Ri- Maflow and she is involved in the reparation of appliances. "We manage the repair at best but targetting a more prosperous business we are well aware of having to buy some machines. That's why we launched a crowdfunding campaign. " (the campaign has been a success, ed).

Una mostra fotografica. © Nicola Bertasi / HansLucas, 201 4

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A photo exhibition.


Š Nicola Bertasi / HansLucas, 201 4

Hassan è originario di Tunisi. Vive a RI- Maflow e si occupa di organizzare il mercatino delle pulci, il sabato e la domenica. Abita in una piccola dependance della fabbrica. Ha decorato camera sua con disegni e schizzi. Hassan was born in Tunis. He lives in RI-Maflow and takes care of organizing the flea market on Saturdays and Sundays. He lives in a small annex of the factory. He decorated his room with drawings and sketches.

La palestra popolare. Popular gym.

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Š Nicola Bertasi / HansLucas, 201 4

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Luca si è unito alle lotte per motivi politici. A suo dire, la strada non è semplice ma l'obbiettivo è chiaro "Siamo una realtà produttiva sui-generis ma lo scopo deve restare quello di garantire un salario per tutti i lavoratori e le lavoratrici di RiMaflow. Oggi siamo all'inizio, riusciamo a pagare soltanto un rimborso spese che si aggira sui 2 euro all'ora, più o meno. " . Luca joined the struggle for political reasons. According to him, the road is not easy, but the goal is clear, "We are a productive sui generis but the aim must be to ensure a living wage for all working men and women of Ri-Maflow. Today we are at the beginning , we can only pay a reimbursement which is around 2 euro per hour, more or less. "

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Š Nicola Bertasi / HansLucas, 201 4

Un contributo artistico degli studenti dell'Accademia di Brera. An artistic contribution of the students of the Academy of Brera.

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© Nicola Bertasi / HansLucas, 201 4

Esterno notte. Outside, night.

Nicola Bertasi

Nicola Bertasi nasce a Milano il 1 3 gennaio del 1 983. Vive in Liguria fino ai diciassette anni. Poi ancora a Milano e adesso a Parigi. Studia storia e letteratura e si laurea all'università Statale nel 2009. Impara a conoscere le luci e a lavorare le fotografie, in camera oscura. Fin da piccolo, affascinato dalle possibilità del racconto per immagini, sviluppa una ricerca personale che lo porta a viaggiare in Europa, Medio Oriente, Maghreb, Stati Uniti, Cuba, India. Scrive per il quotidiano il Manifesto e il settimanale Alias. Collabora con Le Monde, Liberation, Touring Club, Paris Match e altri. Nel 2009 fonda, insieme a un gruppo di amici fotografi una rivista trimestrale di fotografia, Milano città aperta. Da gennaio 201 3 fa parte della Galerie BENJ, una galleria parigina dedicata alla diffusione della fotografia documentaria. Espone in gallerie e festival. Fotografo indipendente e dal 201 5 membro dello studio di creazione Hans Lucas (www. hanslucas. com).

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Contatti:

email: nicolabertasi@gmail. com sito web: www. nicolabertasi. com

Nicola Bertasi

Nicola Bertasi was born in Milan on 1 3 January 1 983. He lives in Liguria up to seventeen. Then he moved back to Milan again and he is now in Paris. He studied history and literature and he graduated State university in 2009. Learn about the lights and work photographs in the darkroom. From an early age, fascinated by the possibilities of narration through pictures, he develops a personal research that led him to travel to Europe, Middle East, Maghreb, United States, Cuba, India. He writes for the newspaper Il Manifesto and the weekly Alias. He collaborated with Le Monde, Liberation, Touring Club, Paris Match and others. In 2009 he founded, together with a group of friends photographers a quarterly magazine of photography, MilanoCittàAperta. Since January 201 3 is part of the Galerie BENJ, a Parisian gallery dedicated to the dissemination of documentary photography. He exhibited in galleries and festivals. Freelance photographer since 201 5 and member of the design studio Hans Lucas (www. hanslucas. com).

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LA VERA STORIA DEL CENTRO DEL CENTRO Piero Raffaelli Š Piero Raffaelli La vera storia del centro del centro

Fabbro, Corso Magenta Blacksmith Magenta Avenue

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Doratore, Piazza Borromeo

Š Piero Raffaelli, La vera storia del centro del centro

Gilder, Borromeo Square

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© Piero Raffaelli, La vera storia del centro del centro

© Piero Raffaelli, La vera storia del centro del centro

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Bronzista

© Piero Raffaelli, La vera storia del centro del centro

Blacksmith, Magenta Avenue

Lucidatura e restauro, zona Carrobbio

© Piero Raffaelli, La vera storia del centro del centro

Furniture restoration

Bronzesmith

Polishing and restoration Carrobbioe area

Fabbro, Corso Magenta

Restauro mobili


© Piero Raffaelli, La vera storia del centro del centro

Rilegatore

Bookbinder

© Piero Raffaelli, La vera storia del centro del centro

Lavorazioni in peltro, Via Meravigli

Work in pewter, Meravigli street

La vera storia del centro del centro: quando le botteghe e i suoi artigiani rendevano pulsante il cuore della città.

The true story of the downtown of downtown when the shops and its craftsmen made the button heart of the city.

Queste fotografie, non certo spettacolari, possono documentare una storia importante, credo inedita, che va raccontata brevemente anche a parole. Anche a Milano, come nella città immaginaria del gioco del Monopoli, c'erano un tempo delle strade sfortunate, come il Vicolo Stretto e il Vicolo Corto, che costavano troppo poco e rendevano troppo poco, anche se stavano proprio nel centro del centro.

These photographs, certainly not spectacular, tell an important story, I believed unheard, that needs to be told with words as well. Even in Milan, like the imaginary cities found in Monopoly, there was a time of unlucky roads, such as Vicolo Stretto and Vicolo Corto, that cost too much and gave little in return, even though they were in the centre.

Che fare? si chiedevano gli amministratori. Riqualificare: ecco la scelta giusta! Cioè portare nel centro i ricchi, dopo averlo ripulito dai poveri, a cominciare dagli artigiani che sporcano, puzzano e sanno di miseria, e sono pure i meglio tutelati dal sindacato inquilini. Così pensavano gli amministratori, e così fu fatto. Gli ombrellai e gli arrotini non esistevano già più; gli artigiani con bottega o laboratorio incominciarono allora a ricevere gentili proposte di comprare o affittare nuovi spazi in periferia, per un rilancio dell' attività, e per concedersi una seconda attiva giovinezza. Gli ingrati non risposero alla generosa iniziativa e chiusero bottega per sempre. Un capannone gelido nel deserto non valeva certo un laboratorio nelle strade che portavano il nome delle nobili corporazioni medievali degli Spadari, Orefici, Mercanti, Cappellari e altri. Seguirono altre gentili offerte di traslocare e altre chiusure di osterie, barbieri, drogherie, mercerie, latterie, fruttivendoli e panettieri, mentre in periferia incominciava la ritirata delle grandi fabbriche. Sono passati quarant'anni da quando speculatori, ristrutturatori, e amici di amici architetti misero le mani sul centro, ben ripulito e desertificato della Milano da bere. Fu l' amico sociologo Roberto Lèydi, etnomusicologo e ricercatore di canti popolari, a spiegarmi che nella città fondata sul lavoro era in corso un'operazione di pulizia etnica e di cancellazione del passato. Che la stampa ignorava.

What to do? Asked the administrators. Redevelopment was the right solution! To be precise: bring the rich to the centre, after having pushed out the poor, beginning with the artisans that make a mess, they smell and are miserable and are also the most protected from the unions. This is what the administrators thought and this is what they did. The handy men already didn't exist anymore; the artisans with their small stores and workshops began to receive kind offers of buying or renting new spaces in the periphery, a re-launch of their activity and a new lease oflife. The ungrateful didn't respond to the generous initiatives and closed their stores forever. A frozen warehouse in the desert wasn't certainly worth a workshop in the roads which brought names of noble, medieval corporations such as Spadari, Orefici, Mercanti, Cappellari and others. Other gentle offers to move followed and other closures of the taverns, barbers, grocery stores, haberdasheries, dairy stores, greengrocers and bakeries occurred, whilst in the periphery the retreat of the big factories began. Forty years have passed since property speculators, renovators and friend of friend architects got their hands on the centre of Milan, now clean and in a state of desertification . It was my sociologist friend, Roberto Leydi, ethnomusicologist and researcher in popular Italian music who explained to me that in a city founded on work, there was a sort of ethnic cleansing and cancellation ofthe past. Which the press ignored.

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© Piero Raffaelli, La vera storia del centro del centro

© Piero Raffaelli, La vera storia del centro del centro

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Lavorazione dell'ottone

© Piero Raffaelli, La vera storia del centro del centro

Saldatura porte blindate

© Piero Raffaelli, La vera storia del centro del centro

Brass processing

Welding ofarmored doors

Tappezziere, materassaio Upholsterer, mattress

Lavorazione pellami, Via Camminadellai

Leather treatment, Camminadella street


Š Piero Raffaelli, La vera storia del centro del centro

Falegname, Via Santa Marta

Carpenter, Santa Marta street

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© Piero Raffaelli, La vera storia del centro del centro

Piero Raffaelli

Piero Raffaelli, arrivato quasi per caso, nei primi anni sessanta, alla professione di fotoreporter per un'agenzia di Trieste (dov'è nato nel 1 937), prosegue la professione a Milano, nella redazione de l'Europeo dal 1 973 ai primi anni novanta, dalla guerra del Kippur a tangentopoli. Coltiva in parallelo altri generi di fotografia non codificati dal fotogiornalismo, per raccontare storie di cose, di luoghi e persone nel corso lento del tempo: storie e mutazioni del paesaggio italiano che il giornalismo veloce e ritmato dalle notizie non vede. Quando i quotidiani italiani inventano il rotocalco postmoderno nella forma dell'allegato settimanale, va a D di Repubblica come fotoeditor. Conclusa questa esperienza, torna alla fotografia e riprende alcuni temi già avviati per Repubblica: in particolare la mutazione di Milano dove tutto cambia, dallo skyline con grattacieli all'arredo urbano, mentre il traffico, lo smog, lo stress, l'insicurezza (percepita) e la qualità della vita non cambiano, anzi peggiorano.

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Contatti:

email: piero. raffaelli@fastwebnet. it

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Š Piero Raffaelli, La vera storia del centro del centro

Piero Raffaelli

He arrived almost accidentally, in the early 60s, to the profession of photo reporter for an agency in Trieste (where he was born in 1 937), he continues the profession in Milan, at the editorial unit of "L'Europeo", from 1 973 up to the early 90s, from the Kippur war to Tangentopoli. In parallel he develops another kind of photography not coded by photo journalism, in order to tell the stories of things, places and people during the slow course of time: stories and mutations of the Italian landscape that the fast journalism, with its cracking pace, doesn't in fact get. When Italian newspapers invent the postmodern magazine in the form of weekly enclosures, he works for "D" of Repubblica as photo editor. Once he has ended this experience, he gets back to photography and takes back some of those themes already started for Repubblica: particularly the mutations of Milan where everything changes, from the skyline with skyscrapers to street furniture, while traffic, smog, stress, precariousness (felt) and quality of life never change, they instead get worst.

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email: piero. raffaelli@fastwebnet. it

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IL GESTO DELLE MANI Francesco Clerici

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Tommaso Rossi Š Francesco Clerici, Il gesto delle mani, 201 4

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Š Francesco Clerici, Il gesto delle mani, 201 4


© Francesco Clerici, Il gesto delle mani, 201 4

La Fonderia Artistica Battaglia, in cornice, a celebrare il lavoro come una volta.

The Artistic Foundry Battaglia, in frame, to celebrate the work as it used to be.

Bozze di sguardi possibili. Punti di vista in cornice sulla realtà. È così che ho usato la fotografia nella preparazione del mio documentario. Mi serviva come diario visivo di possibili inquadrature e di atmosfere. La Fonderia Artistica Battaglia è piena di dettagli: strati di materia rossa sui muri, statuine rotte, schizzi di bronzo fuso, scritte con il gesso, fumi, vapori, suoni, sibili, movimenti improvvisi di carroponte. È difficile non restarne affascinato e intrappolato: la fotografia mi ha aiutato a scegliere cosa poi filmare. È stata la mia cartina geografica che mi ha aiutato ad orientarmi in uno spazio che per forza di cose dovevo imparare a scegliere e non solo a subire.

Drafts of possible gazes. Framed points of view on reality. It's in this way that I used photography in the preparation of my documentary. I needed it as a visual diary of possible frames and atmospheres. The Fonderia Artistica Battaglia is full of details: layers of red material on the walls, broken statues, splashes of fused bronze, written with chalk, smoke, vapours, noises, hisses, sudden movements of an overhead travelling crane. It's difficult not to be trapped and enchanted by it: photography helped me choose what to film. It was the map that helped me orient in a space that out of necessity, I needed to learn to select and not be affected by it.

L'unico modo per diventare un artigiano capace di realizzare una fusione a cera persa del bronzo è imparare dagli altri artigiani, ascoltarli, guardarli: la tradizione nasce da una sorta di reportage continuo, un lavoro di osservazione e di curiosità. È un sapere liquido, che si è modellato nei secoli, adattandosi alle poche innovazioni tecnologiche che possono entrare in questo processo che sembra immune allo scorrere del tempo: il bronzo si fa così da sempre. Immaginate di entrare in Fonderia Battaglia a dicembre, mentre fuori nevica e trafficano le macchine tra Mac Mahon e via Stilicone, a due passi dal Conservatorio. Entrate in uno spazio medievale dove ci sono quaranta gradi e cinque artigiani fanno dell' abilità manuale la più raffinata delle arti versando dal crogiuolo secolare una sorta di lava liquida e rossa in un buco grande quanto un bicchierino di plastica, calcolandone il getto con precisione mil imetrica. È impossibile non fare qualche fotografia o non rimanere lì, in quella dimensione sospesa tra magia e religione laica, silenzio e calura. Qualche giorno fa il Mario, Mario Conti, l' artigiano che guida il flusso di bronzo fuso dal crogiuolo alla bocca della forma, mi ha scritto una frase che mi ha molto emozionato, e che credo sia alla base della fotografia e del cinema: "Il lavoro che svolgo ogni giorno ormai da più di quaranta anni mi emoziona ancora oggi per ciò che trasmette, a livello visivo e sensoriale; Il gesto delle mani è la cornice di questo splendido quadro". ilgestodellemani. com.

The only way to become an artisan, capable of fusing bronze is to learn from other artisans, by listening to them, watching them: the tradition comes from a sort of continuous reportage, work of observation and curiosity. Liquid knowledge, that has been shaped through the ages, adapting to the few technological innovations that can enter this process which seems immune to the flow of time: bronze has always been made this way. Imagine entering the Fonderia Battaglia in December, while outside it's snowing and cars pass by between Mac Mahon road and Stilicone road, near the Conservatorio. You enter a medieval space where it's 40 degrees Celsius and five artisans make handcraft work a refined art, pouring a sort of red liquid lava from a crucible into a hole as big as a plastic cup, calculating the flow with mil imeter precision. It's impossible not to take photos and stay there, hanging in that dimension between magic and laic religion, silence and heat. A few days ago, ‘il Mario’, Mario Conti, the artisan that guides the flow of fused bronze, sent me a phrase which made me feel very emotional, and which I believe is the core of photography and cinema: "The work I do everyday and have been doing for the last forty years, continues to make me feel emotional today for what it transmits, on a sensorial and visible level; Hand gestures is the frame of this splendid picture". ilgestodellemani. com.

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Š Francesco Clerici, Il gesto delle mani, 201 4

Š Francesco Clerici, Il gesto delle mani, 201 4

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Š Francesco Clerici, Il gesto delle mani, 201 4


© Francesco Clerici, Il gesto delle mani, 201 4

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© Francesco Clerici, Il gesto delle mani, 201 4


Š Francesco Clerici, Il gesto delle mani, 201 4

Ilaria Cuccagna e Caled Saad Mario Conti e Nicolae Ciortan

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Luigi Contino

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Š Francesco Clerici, Il gesto delle mani, 201 4


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© Francesco Clerici, Il gesto delle mani, 201 4

Francesco Clerici

Francesco Clerici

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Francesco Clerici (Milano, 1 983) si è laureato in Storia e Critica dell'Arte presso l'Università Statale di Milano. Dal 2003 ha insegnato linguaggio cinematografico, presentato cineforum e condotto laboratori di produzione cinematografica per ragazzi dai cinque ai venti anni. Francesco è scrittore, filmmaker, e dal 2009 collaboratore dell'artista Velasco Vitali. Per il catalogo dell'ultima mostra di Vitali Foresta Rossa: 41 6 città fantasma nel mondo (Skira, 201 3) ha scritto la serie di racconti Città Fantasma. Dal 2009 Francesco collabora con la CICAE (Confédération Internationale des cinémas d'art et d'essai). Nel 201 2 ha pubblicato il suo primo libro 24 Fotogrammi: storia aneddotica del cinema (Secondavista Edizioni, 201 2): ventiquattro racconti sul cinema, basati su aneddoti realmente accaduti. Il Gesto delle Mani, il suo primo documentario lungometraggio, viene presentato al Festival di Berlino nella sezione Forum (201 5), dove vince il premio della critica internazionale FIPRESCI. Guarda il servizio online, www. miciap. com Il gesto delle mani, a documentary on a bronze sculpture (link) Il film in concorso alla Berlinale (link) Le Fonderia Artistica Battaglia, dove il bronzo si fa come una volta, come sempre (link) Velasco Vitali, l'immaginazione che guida la mano dell'artigiano (link) email: ff. clerici@gmail. com

Francesco Clerici (Milan, 1 983) earned a Master’s Degree in Art History and Criticism from the University of Milan. Since 2003 he has taught film language, presented a film club and led filmmaking workshops for children, and worked as an Education and Film Forum Coordinator. Francesco is a writer, filmmaker and the project manager for the Italian artist Velasco Vitali. For Vitali’s last exhibition catalogue Foresta Rossa: 41 6 città fantasma nel mondo (Skirà, 201 3) he published a series of short novels Città Fantasma (Ghost Cities). Since 2009 Francesco has collaborated with CICAE (International Federation of Arthouse Cinemas). In 201 2 he published his first book, 24 Fotogrammi: storia aneddotica del cinema (24 Frames: the Anecdotal History of Cinema) (Secondavista Editions, 201 2). 24 short stories on cinema stories based on true stories. Il Gesto delle Mani, Francesco’s first feature documentary, has been selected in Berlinale Forum 201 5 and it won the FIPRESCI award form the international critics. Take a look to the online version, www. miciap. com Il gesto delle mani, a documentary on a bronze sculpture (link) IThe films in competition at the Berlinale (link) The Artistic Foundry Battaglia, where the bronze is made as before, as always (link) Velasco Vitali, the imagination guiding the hand of the craftsman (link) email: ff. clerici@gmail. com

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PGR Alfredo Bosco

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Santa Polaroid. Riscoperto il suo culto viene adorata ancora nell'ambiente della moda. Santa Polaroid. His cult has been rediscovered and it is still adored in the fashion context.

Š Alfredo Bosco / 201 5

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Š Alfredo Bosco / 201 5 Santa Biottica. Utilizzata principalmente per ritratti, viene uccisa dalla nuova religione del medio formato digitale. Holy TLR. Used mainly for portraits, it is killed by the new religion of digital medium format.

San OMD. Dichiarato morto resuscita in versione digitale dopo trent'anni.

Š Alfredo Bosco / 201 5

Holy OMD. Pronounced dead, it resurrects in digital version after thirty years.

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© Alfredo Bosco / 201 5 I discepoli Rullini. Considerati il verbo della fotografia, vengono perseguitati dalle odierne schede di memoria. The disciples Rollers. Considered the word of photography, they are persecuted by today's memory cards.

Un omaggio ironico, tra sacro e profano, agli strumenti di lavoro della "defunta" fotografia analogica.

An ironic homage, between sacred and profane, to the tools of the "dead" analog photography.

Un mestiere che sicuramente è conosciuto più di altri sulla rivista di MiCiAp è quello del fotografo.

A profession that is well-known more than any other at Miciap is the role of photographer.

Dall'introduzione sul mercato del sensore digitale, con la crisi finanziaria ed editoriale, l'ecosistema di questo mestiere è radicalmente cambiato. I fotografi assunti sono oramai casi rarissimi, agenzie importanti e consolidate si sono sciolte come neve al sole, altre invece in pochi anni si sono confermate direttamente a livello internazionale tramite la grande distribuzione "stock". Ci sono fotografi che hanno iniziato la loro carriera professionale senza la pellicola, ma si sono introdotti direttamente nel mondo digitale, dove sono i sensori oramai a fare da padrone.

From the introduction of digital sensors to the market, to the financial and editorial crisis, the ecosystem of this profession has radically changed. Photographers in permanent positions is a rare thing: established and famous agencies have disappeared like snow melted by the sun, others instead have grown internationally thanks to the big ‘stock’ distribution. There are photographers that started their professional career without ever having used film, having been thrown directly into the digital age, where sensors rule.

I cambiamenti sono necessari, ma non serve intricarsi in una lunga e noiosa dissertazione sulla fotografia per capire quanto è stato stravolto questo mestiere nel giro di una decina di anni. Il lavoro è uno scherzoso omaggio pop a quello che fu fondamentale solo pochi anni fa. Altarini in segno di rispetto, di tutto ciò che era protagonista prima e che forse adesso non serve neanche più indispensabile. Essere nostalgici può avere un risvolto romantico, ma assistere ai rapidi cambiamenti e lavorare per uno sviluppo tecnologico contemporaneo può essere concreto ed altrettanto bello.

Change is necessary and there's no need to get caught up in a long and boring discussion on photography in order to understand how much this has been revolutionised in the last ten years. The job is a jokey pop reminder of what is was only a few years ago. Altars as signs of respect, of everything that is was before and perhaps now isn't needed, or is no longer required. Being nostalgic may be romantic but witnessing and being part of the constant changes in technology can be practical and just as exciting.

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Š Alfredo Bosco / 201 5

San Visore. Holy Viewer. San Fish Eye. Sacrificato all'altare per gli smartphones.

Š Alfredo Bosco / 201 5

San Fish Eye. Sacrificed to the altar to smartphones.

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Š Alfredo Bosco / 201 5 Santa Vergine Pellicola, la ritroveremo sepolta vicino il Mar Morto. Holy Virgin film, we will meet it again buried near the Dead Sea.

Santo Flash. Dopo aver consacrato matrimoni viene sostituito dalle nuove generazione TTL.

Š Alfredo Bosco / 201 5

Holy Flash. After consecrating marriages it is replaced by the new generation TTL .

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Š Alfredo Bosco / 201 5 Santa Holga. Decollata da Instagram. Holy Holga. Taken off from Instagram. Santa Reflex Martire. Uno e specchio.

Š Alfredo Bosco / 201 5

Holy Reflex Martire. One and mirror.

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© Alfredo Bosco / 201 5 Il Sacro Tank. The Holy Tank.

Alfredo Bosco

Alfredo Bosco

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Alfredo Bosco nasce nel 1 987 a San Miniato Alto (Pisa). Dal 2007 vive a Milano e studia Filosofia all'Università degli studi di Milano. Si è diplomato alla scuola di fotografia John Kaverdash e ha lavorato come free lance per aziende pubblicitarie e fotografiche, realizzando reportage in Medio Oriente e Asia Centrale.

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Alfredo Bosco was born in 1 987 in San Miniato Alto (Pisa). Since 2007 lives in Milan and studied Philosophy at the University of Milan. He graduated from the School of Photography John Kaverdash and worked as a freelance for advertising companies and camera, doing reportage in the Middle East and Central Asia.

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SOMMOZZATORI DELLA TERRA Filippo Romano

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Š Filippo Romano, Sommozzatori della Terra

Š Filippo Romano, Sommozzatori della Terra

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Š Filippo Romano, Sommozzatori della Terra

Š Filippo Romano, Sommozzatori della Terra

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© Filippo Romano, Sommozzatori della Terra

Dare una seconda possibilità: la rieducazione al lavoro delle fasce deboli all'interno della comunità, ai Sommozzatori Della Terra. Ho conosciuto i Sommozzatori della Terra nel 2005 nel corso di un progetto per la provincia di Milano che riguardava l' inserimento nel mondo del lavoro dei diversamente abili. La forza di queste storie e l' organizzazione della comunità mi hanno coinvolto al punto da intraprendere da solo un progetto che parlasse di loro. È un racconto in continua evoluzione al quale si aggiungono sempre nuovi episodi. Devo molto a Massimo Dorini, attuale presidente della cooperativa no profit : è soprattutto grazie a lui se il racconto si è potuto arricchire, sviluppare approfondire in questo lasso di tempo così lungo ma necessario per capire fino in fondo una realtà così complessa impegnata nell' educare al lavoro e che cerca di volta in volta per ogni singolo nuovo membro la difficile ma possibile via del cambiamento. I Sommozzatori della Terra esistono dal 1 983 la cui sede si trova all' interno dell' ex manicomio di Limbiate. L'associazione si occupa della cura dei giardini, delle violette in serra, degli spazi verdi del parco delle Groane e di altre grandi realtà dell' hinterland milanese. Sono divisi e organizzati in squadre che alle sette del mattino partono dalla sede e si distribuiscono nella fascia di paesi e cittadine a nord di Milano. Lavorare assieme ai sommozzatori per chi è escluso dal mondo del lavoro per motivi molto diversi vuol dire ritrovare speranza, faticare e mettersi alla prova. Il percorso educativo è definito da un periodo in cui i lavoratori sono seguiti e aiutati nel loro inserimento. Le storie sono le più varie: da chi arriva in cooperativa segnalato dal carcere con l' intento di intraprendere un percorso rieducativo, ai diversamente abili, alle cosiddette nuove povertà. Come un termometro o come un segnalatore, la storia di questa comunità si incrocia con la storia degli esclusi, spesso ignota e mai raccontata nel ricco e ambizioso nord alle porte della Brianza, che vive come una sconfitta e tabu questo periodo di crisi senza precedenti.

Giving a second chance: the reeducation to work for a disadvantaged group of people within the community, for the Sommozzatori della Terra. I met the Sommozzatori della Terra in 2005 during a project for the Province of Milan which looked at people with disabilities in the world of work. The strength of these stories and the organisation of the community convinced me to undertake a project that highlighted their life. It's a story that evolves continuously to which new episodes are always added. I owe a lot to Massimo Dorini: the current president of this non-profit organisation. It's thanks to him that this story could be explored so deeply over such a long, but necessary space of time in order to get to the bottom of this complex reality. A reality that tirelessly aims to educate one by one each new member to embrace difficult but possible changes. The Sommozzatori della Terra was established in 1 983, the head office is in an ex mental institution in Limbiate. The association works to take care of the gardens, the violets in the greenhouse and the green spaces found in the Groane Park as well as others in the peripheries of Milan. They're arranged into teams that, at 7am, leave the offices and spread out to the nearby towns and vil ages to the north of Milan. For those who have been excluded from the world of work for different reasons, working with the Sommozzatori gives them hope and the motivation they need to push themselves. The education path sees workers overseen and helped into work for a certain period of time. Stories vary: ex-inmates who are sent from prison as part of their reformation, the disabled and the so-called 'new poor. ' Like a thermometer or like a detection system, the story of this community crosses over with the story of the excluded, often unknown and never spoken about in the rich and ambitious North, at the doors of the Brianza area, that lives through this unprecedented period of crisis in defeat and taboo.

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Š Filippo Romano, Sommozzatori della Terra

Š Filippo Romano, Sommozzatori della Terra

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Š Filippo Romano, Sommozzatori della Terra

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Š Filippo Romano, Sommozzatori della Terra

Š Filippo Romano, Sommozzatori della Terra

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© Filippo Romano, Sommozzatori della Terra

Filippo Romano

Filippo Romano

Filippo Romano, nato nel 1 968, è un fotografo dedito al contesto documentaristico e architettonico. Ha studiato graphic design presso l'ISIA di Urbino (Italia) laureandosi nel 1 994. Nel 1 998 si trasferisce a New York dove studia fotogiornalismo e fotografia documentaristica presso l'International Center of Photography (ICP). I suoi lavori dedicati a spazi e architetture sono stati pubblicati dalla casa editrice Skira, dalle riviste Abitare, Domus, Io Donna e Courrier International. Nel 2001 ha collaborato con Genova Domino nel contesto del progetto fotografico Fuori Genova, ho Dintorni dello sguardo coordinato da Stefano Boeri e Francesco Jodice. Una delle sue serie è parte della collezione permanente del museo di Japonese Kyiosato. Ha partecipato a numerose manifestazioni, tra cui le Biennale di Fotografia di Gaungzhou nel 2005, il fotofestival di Lianzhou nel 2006 e la RIP di Arles nel biennio 2006-2007. Tra il 2003 e il 2008 è stato membro del collettivo fotografico Tangophoto. Nel 2007 pubblica il libro Città Soleri in cui ritrae l'architettura utopica di Paolo Soleri. Nello stesso anno vince il premio Marco Pesaresi (organizzato da Contrasto) con il servizio Off Cina. Nel dicembre 2009 pubblica, attraverso Amnesty International Campagna, il libro Cina\Tibet. Durante lo stesso anno il suo lavoro Waterfront &La gioia nel contesto del Festival di Fotografia di Roma. Sempre nel novembre 2009 partecipa alla mostra La città fragile presso la Triennale di Milano. Ad oggi è membro dell'agenzia fotografica LuzPhoto e vive a Milano.

Born in 1 968, Filippo Romano, is a photographer, specialised in documentaries and architecture photography. He studied graphic design in Urbino at the ISIA, from which he graduated in 1 994. In 1 998 he moves to New York, where he studies photojournalism and photo documentaries at the International Center of Photography. His work on architectural spaces have been published by Skira, and on the magazines: Abitare, Domus, Io Donna and Courrier International. In 2001 he worked with Genova Domino on the photo prokect Fuori Genova, a project coordinated by Stefano Boeri and Francesco Jodice. Part of his work is in the permanent collection at the museum of Japonese Kyiosato. He worked for the Biennale of Photography di Gaungzhou in 2005, for the photofestival di Lianzhou in 2006 and for the RIP in Arles in 2006-2007. He was part of Tangophoto from 2003 to 2008. 59In 2007 he published the book "Città Soleri" on the utopic architecture of Paolo Soleri. That same year, he is the winner of the Marco Pasaresi (Contrasto) thanks to his reportage Off Cina. In 2009, thanks to Amnesty International Campagna he published the book China\Tibet. That same year exposes his work Waterfront &La gioia at the Festival di Photography in Rome. In november 2009 he is part of the exposition La città fragile at Triennale di Milano. He is a member of the LuzPhoto agency and live in Milan.

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118 ANPAS Chiara Badiali + Francesco Rucci

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Š Chiara Badiali e Francesco Rucci, 1 1 8 ANPAS

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© Chiara Badiali e Francesco Rucci, 1 1 8 ANPAS © Chiara Badiali e Francesco Rucci, 1 1 8 ANPAS

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Š Chiara Badiali e Francesco Rucci, 1 1 8 ANPAS

Il lavoro dei volontari del 1 1 8 durante un week end di movida milanese, quando alcool e droga diventano le maggiori cause di richiesta di soccorso.

The work of the 1 1 8 volunteers during a weekend nightlife in Milan, when alcohol and drugs become the major causes of distress calls.

Tante sono le associazioni di volontariato collocate su tutto il territorio italiano che prestano supporto al 1 1 8, e tante sono le chiamate di emergenza durante un fine settimana qualunque, molte della quali per abuso di alcolici e droga.

There are many voluntary associations that help the emergency services in Italy and many calls are made to emergency services each weekend, usually due to alcohol and substance abuse . The coexistence of drug and alcohol abuse is very frequent in Italy, and recent research conducted by the Substance and Alcohol Abuse Services signals a significant increase in the use of drugs and alcohol.

La coesistenza di abuso da alcol e droghe è molto frequente e in Italia le ricerche piÚ recenti svolte presso i Servizi per le Dipendenze segnalano un aumento importante delle situazioni. Nelle fasce pre-adolescenziali, adolescenziali e tra i giovani adulti le percentuali di consumatori che sperimentano l' uso di cocaina e alcol cresce e si avvicina al 30%. Ogni giorno centinai di volontari, prestano il loro servizio presso associazioni di volontariato che si battono per garantire un servizio sempre migliore.

In the pre-adolescent, adolescent and young adult age groups the percentage of people who experiment with cocaine and alcohol has gone up by nearly 30%. Every day, hundreds of volunteers help out at local voluntary associations making an effort to constantly provide a better service.

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Š Chiara Badiali e Francesco Rucci, 1 1 8 ANPAS

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© Chiara Badiali e Francesco Rucci, 1 1 8 ANPAS

Chiara Badiali

Chiara nasce a Bologna nel 1 986, dove frequenta il corso di laurea in Scienze Antropologiche e i primi corsi di approccio alla fotografia. Svolge il servizio civile Nazionale all'interno del teatro nella provincia di Bologna, esperienza grazie alla quale contribuisce alla documentazione fotografica di diverse attività legate al paesaggio e al territorio comunale. Presto si rende conto di voler portare la sua passione ad un livello più maturo, si trasferisce così a Milano dove si diploma nel 201 3 al corso biennale di fotografia all'istituto Bauer. Ha svolto uno stage presso l'agenzia fotografica LUZ. Attualmente è una fotografa freelance.

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Chiara Badiali

Chiara was born in Bologna in 1 986, where she attended the graduate program in Anthropological Sciences and some preliminary courses to approach to photography. She took the civil service in the National Theatre in the province of Bologna, thanks to this experience she had the chance to contribute to the photographic documentation of various activities related to the landscape and to the municipality. Soon she realized that she wants to bring her passion to a more mature level, so she moved to Milan, where she graduated in 201 3 at the two-year course in photography at the Institute Bauer. She did an internship at the photo agency LUZ. It is currently a freelance photographer.

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© Chiara Badiali e Francesco Rucci, 1 1 8 ANPAS

Francesco Rucci

Francesco Rucci

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Francesco Rucci nasce a Bari nel 1 987. La sua formazione fotografica inizia come assistente a diversi fotografi nel sud Italia, che gli hanno permesso di scoprire molteplici realtà a qualsiasi livello. Si trasferisce a Milano, dove si diploma nel 201 3 al corso biennale di fotografia all'istituto Bauer. Nel frattempo attraverso vari progetti e lavori come assistente, realizza davvero quale tipo di fotografia gli appartiene di più. Inizia a collaborare con l'agenzia LUZ realizzando piccoli lavori di reportage e successivamente con lo StudioTranchellini per la postproduzione.

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Francesco Rucci was born in Bari in 1 987. His photographic training begins as an assistant to several photographers in southern Italy. This experience allowed him to discover multiple realities at all levels. He moved to Milan, where he graduated in 201 3 at the two-year course in photography at the Institute Bauer. Meanwhile, through various projects and works as an assistant, he realizes which type of photography is the best suited to him. He has begun working with the agency LUZ by creating small works of reportage and subsequently with the StudioTranchellini for post-production. .

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MANIFESTO /MANIFESTO Mi l anoCi ttàAperta

Mi l anoCi ttàAperta

Durante l a seconda guerra mondi al e, al cune ci ttà europee furono di chi arate “aperte” dal l e forze i n campo. L’eserci to nemi co l asci ava così l a possi bi l i tà agl i occupanti di abbandonare i l centro abi tato, evi tando di di struggere compl etamente i l patri m oni o stori co e arti sti co (promessa i n real tà raramente mantenuta). Tra l e “ci ttà aperte” di quegl i anni : Roma, Fi renze, Pari g i , Atene. Mi l ano non fu mai di chi arata “ci ttà aperta”. Forse anche per questo moti vo i l monte Stel l a, si m bol o del l a ri costruzi one mi l anese del dopoguerra, nacque propri o dal l a necessi tà di sotterrare un mi l i one di qui n tal i di maceri e recuperate i n segui to ai bombardamenti angl o-ameri cani .

Duri n g Worl d War I , some European ci ti es were decl ared “open” by mi l i tary forces. Thi s way, forei g n armi es l eft the i n habi tants the possi bi l i ty of abandoni n g thei r houses, wi thout compl etel y destroyi n g the hi stori cal and arti sti c resources and archi tecture (a promi se whi ch was rarel y kept). Among the “open ci ti es” were Rome, Fl orence, Pari s, Athens. Mi l an was never decl ared an “open ci ty”. Thi s partl y expl ai n s why the (Stel l a mountai n ), a symbol of post-war reconstructi on, was born from the buri al of over a mi l i on hundred ki l os of rubbl e resul ti n g from the Engl i sh-Ameri can bombi n gs.

La seconda guerra si è concl u sa da al cuni decenni e Mi l ano, come tutte l e pri n ci pal i ci ttà i tal i ane, si è data da fare per ri costrui re ci ò che aveva perduto. Sotterrati morti e detri ti , l o svi l u ppo si è i m posto come i l pri m o obi etti vo del l a popol azi one. Ancora oggi l a maggi oranza del l e persone ri ti ene che i l progresso di una soci età si a l egato pi ù al l a sua cresci ta quanti tati va pi u ttosto che al l a qual i tà del l e ri sorse di cui gi à di spone. Ecco al l ora che l a ri costruzi one non si accontenta di ri - costrui re, ma vuol e espandersi , i n gi g anti rsi , svi l u pparsi al l ’ i n fi n i to. La Stori a non si può fermare. Un confl i tto soci al e resta dunque ancora i n atto: quel l o tra l ’ oggi e i l domani , tra l e necessi tà (presunte) e l e speranze (real i ) . Questo confl i tto non ha né pri n ci pi o né fi n e, non ha confi n i , né prospetti ve. È i n esorabi l e. Se vol essi m o nomi n arl o con una parol a, potremmo chi amarl o “Tempo”. Al Tempo e al l a sua opera di creazi one e di struzi one si rel azi ona l ’ Uomo, che non accetta di essere sconfi tto senza avere pri m a combattuto con l e armi di cui di spone. Di fronte al l e rovi n e e al l e maceri e del passato, l ’ Uomo ha da sempre progettato i l propri o futuro i n funzi one di una nuova Stori a. E oggi l ’ Uomo si è fatto Ci ttadi n o per poter portare avanti l a propri a battagl i a al l ’ i n terno di un l u ogo apparentemente pi ù adatto: l a metropol i . La fi n e del l a Guerra, nonostante tutto, è ancora l ontana. Come scri ve Benj ami n , a proposi to del l ’ Angel u s Novus di pi n to da Kl ee: “L’angel o del l a stori a deve avere questo aspetto. Ha i l vi so ri vol to al passato. Dove ci appare una catena di eventi , egl i vede una sol a catastrofe, che accumul a senza tregua rovi n e su rovi n e e l e rovesci a ai suoi pi edi (… ) Ma una tempesta l o spi n ge i rresi sti bi l m ente nel futuro, a cui vol g e l e spal l e (… ) Ci ò che chi ami amo i l progresso è questa tempesta.” La stori a, di ce Benj ami n , non è una l i n eare catena di eventi i n successi one e i l progresso del l ’ era capi tal i sta non conduce necessari amente verso i l paradi so. Nel mondo del l a moderni tà, l a di m ensi one esi stenzi al e del l ’ Uomo coi n ci d e sempre pi ù con l ’ essenza del l a Ci ttà i n dustri al i zzata e i l passato di uno è ormai racchi u so nel tempo del l ’ al tro. L’al i enazi one del si n gol o i n di vi d uo confuso nel l a massa i n di sti n ta del l a fol l a, costi tui sce i n fatti da Baudel ai re i n poi uno dei temi fondanti l a poeti ca del l a cul tura occi d ental e.

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Worl d War I had recentl y ended and Mi l an, as al l the maj or I tal i an ci ti es were doi n g, was worki n g hard to rebui l d what was l ost. After buryi n g i ts dead and debri s, devel opment was the fi rst thought i n peopl e’s mi n d. The maj ori ty of the popul ati on sti l thi n ks a soci ety’s progress i s determi n ed more by the quanti ty than the qual i ty of i ts resources. That’s why reconstructi on wasn’t onl y about re-bui l d i n g, but al so i n fi n i tel y expandi n g, enl argi n g, devel opi n g. Hi story can’t be stopped. A soci al confl i ct i s sti l happeni n g: one between the past and the present, between the (presumed) needs and the (real ) hopes. Thi s confl i ct has no begi n ni n g nor an end, no confl i cts or perspecti ves. I t’s i n exorabl e. I f we coul d gi ve i t a name, i t woul d be “Ti m e”. Man rel ates hi m sel f to Ti m e and i ts work of creati on and destructi on, unabl e to accept defeat before fi g hti n g, usi n g al l the weapons he has. Looki n g at the rui n s of the past, Man tri es to create a future i m agi n i n g a new Hi story. Today, Man has become a Ci ti zen to carry on hi s battl e i n si d e a more apt envi ronment: the bi g metropol i s. The end of the War, despi te everythi n g, was sti l very far. As Benj ami n wrote about Kl ee’s pai n ti n g of the Angel u s Novus: “The angel of hi story must have thi s characteri sti c: hi s face must be turned towards the past. Whereas we see a chai n of events, he sees onl y one catastrophe that accumul ates rui n s on rui n s and throws them at hi s feet (… ) But a tempest pushes hi m towards the future, despi te hi m turni n g hi s back to i t (… ) Thi s tempest i s what we cal l progress.” Hi story, says Benj ami n , i s not a l i n ear chai n of events and the capi tal i st era’s progress doesn’t necessari l y bri n g to Paradi se. I n the modern worl d , Man’s exi stenti al di m ensi on coi n ci d es more and more wi th the essence of the i n dustri al i zed Ci ty and one’s past i s contai n ed i n the other’s ti m e. The i n di vi d ual ’s al i enati on, confused i n the crowd, consti tutes one of the fundamental themes of Western cul ture, from Baudel ai re on.


Cosa resta dunque del paradi so perduto? Come sal varsi dal l a tempesta? I tal o Cal vi n o ri sponde così, i n chi u sura del l e Ci ttà i n vi si bi l i : “L’i n ferno è gi à qui . Due modi ci sono per non soffri rne. I l pri m o ri esce faci l e a mol ti : accettare l ’ i n ferno e di ventarne parte fi n o al punto di non vederl o pi ù . I l secondo è ri schi oso ed esi g e attenzi one e apprendi m ento conti n ui : cercare e saper ri conoscere chi e che cosa, i n mezzo al l ’ i n ferno, non è i n ferno, e farl o durare, e dargl i spazi o”. Gi à, ma i n che modo si può dare spazi o a ci ò che meri ta essere sal vato? E soprattutto, come possi amo “farl o durare”? Si amo arri vati al punto del nostro di scorso. Da questa domanda ha i n i zi o i l vi aggi o che l a nostra ri vi sta spera di poter i n traprendere. Provi amo qui n di a ri spondere: L’essenza del passato passa di sfuggi ta ma nel l ’ i m magi n e, che bal ena una vol ta per tutte nel l ’ atti m o del l a sua conosci bi l i tà, si l asci a fi ssare. “La veri tà non può scappare”, scri ve Benj ami n . Ecco al l ora una ri sposta: l a Fotografi a eccede l a Guerra. Come di ce i l fi l osofo Gi orgi o Agamben, tutto ci ò che si fotografa è chi amato a compari re nel Gi orno del Gi u di zi o. L’i m magi n e fotografi ca è dunque sempre pi ù che un’i m magi n e: è i l l u ogo di uno scarto, di uno squarci o subl i m e fra i l sensi bi l e e l ’ i n tel l egi bi l e, fra l a copi a e l a real tà, fra i l ri cordo e l a speranza. Se dunque non possi amo possedere i l presente ma sol o i l passato, se possi amo possedere del l a real tà sol o un’i m magi n e a testi m oni anza del nostro stato di mortal i tà, al l ora i l fotografo è chi amato a di ventare i l “fl âneur”, poeta del l a moderni tà e nomade del l ’ eterni tà. Ri corda Henri Carti er-Bresson: “Vagavo tutto i l gi orno per l e strade, sentendomi mol to teso e pronto buttarmi , deci so a prendere i n trappol a l a vi ta, a fermare l a vi ta nel l ’ atti m o i n cui veni va vi ssuta”. I l fotografo è come un cacci atore e l a sua macchi n a è un fuci l e. Ad ogni scatto/sparo, un frammento di real tà vi ene catturato per sempre, sottratto al di veni re e consegnato al l ’ eterni tà. I l fotografo ha così l a possi bi l i tà di offri re al l a soci età i l propri o sguardo eti co attraverso quel l o esteti co e vi ceversa. La nostra ri vi sta si pone propri o questo obi etti vo. Eredi del l a tradi zi one del fotogi ornal i smo d’i n chi esta nato grazi e al l a Magnum negl i anni ’50 e consapevol i del l a ri cerca soci al e e arti sti ca del l e avanguardi e del Novecento, tenti amo così di i n scri verci al l ’ i n terno del cammi n o del l a Fotografi a con l o sguardo (e l ’ obi etti vo) ri vol ti verso i l futuro. Desi d eri amo di scendere nel l a real tà, l i berarne i segreti , uti l i zzare i l gesto fotografi co per concreti zzare l ’ azi one vi ssuta i n pri m a persona. Di chi ari amo così fi n al m ente Mi l ano “ci ttà aperta” e accetti amo l a nostra guerra al l ’ i n terno del di veni re caoti co del l a ci ttà. Questa stessa ci ttà che, i n quanto fotografi , desi d eri amo conoscere e far conoscere. E far conoscere per poter cambi are.

What’s l eft of our l ost paradi se, then? How to save onesel f from the crowd? I tal o Cal vi n o answers at the end of I n vi si bl e Ci ti es: “Hel l i s al ready here. There are two ways to avoi d sufferi n g from i t. The fi rst i s easy for many: accepti n g hel l and becomi n g a part of i t unti l one doesn’t see i t anymore. The second i s ri sky and needs conti n uous attenti on and l earni n g: Tryi n g to understand and bei n g abl e to understand who and what, amongst hel l , i s not hel l , and make i t l ast, and gi ve i t space”. Good, but how i s i t possi bl e to gi ve space to what deserves to be saved? Most of al l , how can we “make i t l ast”? We’ve reached the topi cal poi n t of our di scussi on. Thi s questi on i s the begi n ni n g of the j ourney that our magazi n e wants to undertake. [Let’s try to answer: the essence of the past i s i n passi n g but i t’s possi bl e to fi x i t i n the i m age fl ashi n g once and for al l i n a moment where i t’s possi bl e to know i t.] “The truth can’t escape” says Benj ami n . Thi s i s a possi bl e answer: Photography goes beyond War. As the phi l osopher Gi orgi o Agamben says, everythi n g that i s photographed wi l be cal l ed to appear on Judgment Day. The photographi c i m age i s the pl ace of a subl i m e break between what’s substanti al and what i sn’t, between a copy and a real i ty, between memory and hope. I f we can’t possess the present but onl y the past, i f al l we can have i s an i m age of our mortal i ty, then the photographer becomes the new “fl âneur”, the poet of the modern age and the vagabond of eterni ty. Henri Carti er-Bresson remembers: “I used to hang around the streets al l day, feel i n g very tense and ready to throw mysel f i n to thi n gs, determi n ed to “trap” l i fe, to stop l i fe i n the moment i t’s bei n g l i ved.” A photographer i s l i ke a hunter, hi s camera i s l i ke a ri fl e. I n every shot, a fragment of l i fe i s captured forever, taken away from possi bl e changes and gi ven to eterni ty. A photographer, then, has the opportuni ty of offeri n g to soci ety hi s ethi cal vi si on through an aestheti c vi si on, and vi ce versa. That’s the ai m of our magazi n e. Hei rs to the tradi ti on of photoj ournal i sm born i n the ‘50s thanks to Magnum cameras, and aware of the soci al and arti sti c research of the past century, we’re tryi n g to i n sert oursel ves i n thi s path wi th our eyes (and our l ens) l ooki n g at the future. We want to del ve i n to real i ty, freei n g i ts secrets, usi n g photography to make our fi rst-person experi ence concrete. We fi n al l y want to decl are Mi l an an “open ci ty” and we accept our war wi thi n the chaoti c conti n uous changes of our ci ty. Thi s ci ty that we, as photographers, wi sh to understand and be understood. So that we can change i t.

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