MilanoCittàAperta - Issue#19 - Abitare II

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MilanoCittàAperta - Journal of urban photography - Issue#19 - Spring/2014 - www.miciap.com

Milano Città Aperta JOURNAL OF URBAN PHOTOGRAPHY

ISSUE #19 SPRING/2014

ABITARE II


AAA

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MilanoCittĂ Aperta Coordinatore Esecutivo Alberto Locatelli Photoeditor Alberto Locatelli Thomas Pagani Roberta Levi Editor Testi Nicola Bertasi Progetto grafico e impaginazione Daniele Pennati Isacco Loconte Redazione Nicola Bertasi, Alfredo Bosco, Filippo Ceredi, Roberta Levi, Alberto Locatelli, Isacco Loconte, Edoardo Mozzanega, Simone Keremidtschiev, Thomas Pagani Fotografi Marco Menghi, Valentina Ghiringhelli, Beatrice Speranza, Michela G. Ruiz, Carla Sedini, Michele Perlettia Grazie a Popoli, mensile internazionale. Planum - The Journal of Urbanism. Isabella Rota Baldini per le traduzioni. Contatti info@miciap.com submit@miciap.com facebook page



SOMMARIO/CONTENT

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M8.

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CASA VERDI

Marco Menghi Alberto Bechis Bolli

Valentina Ghiringhelli

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Beatrice Speranza

Michela G. Ruiz

PORTIERE! PORTIERE!

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ABITARE PRECARIO Carla Sedini

LA TOPENSCHIERTA

66

COUCHSERFER

Michele Perletti

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EDITORIALE /EDITORIAL Eccoci arrivati al secondo numero di MilanoCittàAperta dedicato all'abitare: Abitare 2.

We arrived at the second issue of MilanoCittàAperta dedicated to housing: Living 2 .

Siamo entrati a casa Morigi, quell'antica palazzina che faceva del cohousing un esperimento ante-litteram, abbiamo attraversato i corridoi di casa Verdi, ascoltando i racconti dei musicisti pensionati per poi arrivare a riscoprire le affascinanti portinerie milanesi. A casa di uno sconosciuto ci siamo imbattuti in una particolare nomenclatura inventata, con tante etichette appiccicate in giro. Poi di corsa siamo andati a conoscere le nuove forme di abitare condiviso, il couchsurfing e il precario sistema della condivisione degli spazi. Ci fermiamo qui, nella nostra narrazione

We walked into Morigi, that ancient building where the co-housing was an experiment ante-litteram, we passed through the corridors of Casa Verdi , listening to the stories of the musicians retired and then come to rediscover the fascinating gatehouses of Milan. At a stranger's house we came across a particular nomenclature invented by him , with many labels stuck around. Then we go in a rush to learn about new forms of shared living , couchsurfing and the precarious system of shared spaces. We stop here in our story of living in Milan , and we are aware that we cannot be

dell'abitare milanese, sicuri di non essere stati esaustivi ma altrettanto convinti di aver aperto una piccola finestra su una città dove nessun abitante è davvero normale.

complete, but equally convinced that it has opened a small window on a city where no inhabitant is really ordinary.

P.S.

P.S.

Tre mesi fa avevamo preso in prestito le parole di Renzo Piano che ci ricordava che la città è il riflesso di tante storie. Abbiamo davvero poco da aggiungere. Forse soltanto un breve passaggio di Antonio Tabucchi, che ricordiamo qui con grande affetto:

Three months ago, we borrowed the words of Renzo Piano, who reminded us that the city is a reflection of several stories. We have very little to add, perhaps only a short extract from Antonio Tabucchi , whom we remember with great affection here:

Pensò a com'era strano guardare la realtà che ci circonda come se essa fosse a portata di mano e pensò che niente è a portata di mano, soprattutto quello che vedi, e che a volte ciò che è accanto è più lontano di quello che pensi. Antonio Tabucchi, Racconti con figure, Palermo, Sellerio, 2011

Buona visione.

He thought how strange it was to watch the world around us as if it was closer at hand, and thought that nothing is at hand, especially what you see, and that sometimes what is next to you is more faraway than you think . Antonio Tabucchi , stories with pictures , Palermo, Sellerio , 2011

Enjoy.

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M8. Marco Menghi, Alberto Bechis Boll

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Š Marco Menghi Alberto Bechis Boll, M8., Milano 2012

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Š Marco Menghi Alberto Bechis Boll, M8., Milano 2012

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© Marco Menghi Alberto Bechis Boll, M8., Milano 2012

Casa Morigi era un affascinante esperimento di co-housing nel pieno centro di Milano. Un luogo antico e magico che oggi non esiste più.

Casa Morigi was a fascinating experiment of co-housing in the center of Milan. An ancient and magical place that no longer exists.

Morigi, nel cuore di Milano, casa occupata in zona uno, a pochi passi da Piazza Affari. Dal 1976 al 2012 Casa Morigi ha ospitato quasi trenta nuclei familiari (che negli anni sono cambiati, si sono ampliati, divisi, uniti), officine artigianali di diversa natura, laboratori di teatro, scuole di musica, lezioni di italiano per cittadini extracomunitari, case di accoglienza per rifugiati politici, associazioni internazionali come Survival e, in generale, l'arte e la cultura non istituzionalizzate. Ciononostante Morigi è stata anzitutto una casa, un luogo in cui vivere e convivere, ma anche lavorare e creare. Questa sua peculiarità, che ha concesso ai suoi abitanti il privilegio di dimorare in un luogo così vivo e bello, è stata anche un limite che ha portato ad una chiusura alle novità isolando la casa da altre soluzioni abitative. Entrando in Morigi si aveva la sensazione di uscire dalla città ed accedere in un luogo antico, dove c'era ancora una dimensione comunitaria, persone che credevano nell'auto organizzazione, nella distribuzione delle risorse secondo le necessità e nella dimensione umana del vivere insieme. Morigi ha rappresentato per decenni un esempio di co-housing alternativo alla vita del centro fatta di uffici, banche e case private. Un luogo in cui gli abitanti custodivano e difendevano la bellezza e la memoria del passato, restaurandola, prendendosene cura e sopratutto vivendola. E' difficile capire quali elementi abbiano permesso a questa esperienza una vita più lunga rispetto alle esperienze analoghe di quegli anni, e quali invece siano state le cause reali della fine di questo percorso, che, probabilmente, prima che essere materiali ed estranee alla casa, sono state interne alle mura e quindi di natura relazionale e sociale.

Morigi, in the heart of Milan, an occupied building in Zona Uno, few steps from Piazza Affari. From 1976 to 2012 Casa Morigi hosted nearly thirty families (which have changed over the years , we have expanded , divided , merged ), craft workshops of various kinds, theater workshops , music schools , Italian lessons for non-EU citizens, houses shelter for political refugees , international organizations such as "Survival" and, generally , the art and culture is not institutionalized. Nevertheless Morigi was primarily a home, a place in which to live and coexist, but also to work and create . This peculiarity , which has given its residents the privilege of living in a place so alive and beautiful, was also a limit that has led to a new closing at isolating the house from other housing solutions . Entering in Morigi you had the feeling of leaving the city and access in an old place , where there was still a community dimension , people who believed in self organization , distribution of resources according to the needs and the human dimension of living together. Morigi represented for decades an example of co-housing alternative to living in the center made up of offices, banks and private homes. A place where the inhabitants guarded and defended the beauty and memory of the past, restoring , taking care of that , and especially living it . It's hard to figure out which elements have allowed this experience a longer life compared to similar experiences of those years, and which were the real causes of the end of this path, that will probably be, before the house, extraneous materials , became internal to the walls and therefore relational and social nature .

Marco ed io abbiamo ritratto la casa e i suoi abitanti in quei giorni magici e surreali che hanno contraddistinto la fine di questo percorso di autogestione, dando rilievo alla solitudine che la casa si preparava a vivere da lì a poco, in quella Milano che è sempre più distante da se stessa (e sempre più vicina all'Expo). Nelle foto degli interni, degli spazi comuni, e delle case degli abitanti, in cui i diversi periodi storici e gli svariati stili architettonici si fondono in un unicum eterogeneo, le costanti sono il fascino e la malinconia di un luogo abbandonato. Nell'immagine dall'alto Morigi sembra restata sola, come una bambina in un mondo di adulti, mentre una gru gialla svetta minacciosa sopra la sua testa.

Alberto Bechis Boll

Marco and I have portrayed the house and its inhabitants in those days magical and surreal that marked the end of this path of self-management, with the emphasis on solitude that the house was getting ready to live a little later, in that Milan, which is increasingly away from itself ( and closer to the Expo ) . In the pictures of the interior common areas, and the houses of the inhabitants , in which the various historical periods and different architectural styles come together in a unique heterogeneous , constants are the charm and melancholy of an abandoned place . In the picture above seems Morigi remained alone , like a child in a world of adults, while a yellow crane stands threateningly over his head .

Alberto Boll Bechis

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Š Marco Menghi Alberto Bechis Boll, M8., Milano 2012

Š Marco Menghi Alberto Bechis Boll, M8., Milano 2012

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Š Marco Menghi Alberto Bechis Boll, M8., Milano 2012

Š Marco Menghi Alberto Bechis Boll, M8., Milano 2012

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Š Marco Menghi Alberto Bechis Boll, M8., Milano 2012

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Š Marco Menghi Alberto Bechis Boll, M8., Milano 2012

Š Marco Menghi Alberto Bechis Boll, M8., Milano 2012

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Š Marco Menghi Alberto Bechis Boll, M8., Milano 2012

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Š Marco Menghi, Alberto Bechis Boll, M8., Milano 2012 Š Marco Menghi, Alberto Bechis Boll, M8., Milano 2012

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Š Marco Menghi Alberto Bechis Boll, M8., Milano 2012

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Š Marco Menghi Alberto Bechis Boll, M8., Milano 2012

Š Marco Menghi Alberto Bechis Boll, M8., Milano 2012

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Š Marco Menghi Alberto Bechis Boll, M8., Milano 2012

Marco Menghi Marco Menghi, nato a Milano il 25/06/1986. Studia Fotografia conseguendo il diploma nel 2008 nella scuola di Fotografia e Grafica CFP Bauer di Milano, laureato nel triennio in Architettura nel 2011. Dopo la laurea in Architettura incomincia a lavorare come assistente e fotografo free-lance specializzandosi in fotografia di Architettura e interni. Collabora come fotografo commerciale con riviste del settore, di moda e con studi di Architettura a Milano. Ha partecipato a diversi concorsi e mostre tra cui, l'International Photography Award di Shanghai nel 2011, Yangon Photo Festival in Birmania nel 2013, Triennale di Milano, (mostra le forme dell'abitare una visione in movimento) nel 2013. Specializzato nelle tecniche di stampa analogica in Bianco e Nero collabora tutt'ora con il Politecnico di Milano Bovisa e con il centro sociale Leoncavallo come docente di stampa. Per saperne di piĂš... Guarda il servizio online, www.miciap.com Contatti: email: marco.menghi@gmail.com sito web: www.marcomenghi.com

Marco Menghi Marco Menghi, born in Milan the 06/25/1986. He studied Photography, graduating in 2008 in the School of Photography and Graphic CFP Bauer in Milan, then a bachelor in Architecture in 2011. After graduating in architecture began working as an assistant and freelance photographer specializing in photography of architecture and interiors. He works as commercial photographer for magazines, fashion and architecture studios in Milan. He has participated in several competitions and exhibitions including, the International Photography Award in Shanghai in 2011, Yangon Photo Festival in Burma in 2013, the Triennale ( where he showed the forms of living: a vision in motion) in 2013. Specializing in analog printing techniques in Black and White still collaborates with the Politecnico di Milano Bovisa and the Leoncavallo social center as a lecturer in print. To learn more... View the service online, www.miciap.com Contacts: email: marco.menghi@gmail.com web site: www.marcomenghi.com

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© Marco Menghi Alberto Bechis Boll, M8., Milano 2012

Alberto Bechis Boll Alberto Bechis Boll è nato a Milano nel 1986 da madre siciliana e padre olandese. è cresciuto tra l'Italia, l'Olanda e l'India, dove i suoi genitori si sono incontrati e sposati, e dove fin da piccolissimo ha avuto modo di fare esperienza di vita comunitaria. è entrato ad abitare in Morigi con la sua famiglia nel '98, all'età di dodici anni. Nel 2011 si è laureato in Filosofia all'università degli Studi di Milano. Fin da ragazzo si è appassionato alla fotografia che ha portato avanti in un percorso personale e autodidattico. Dal 2012 Alberto non ha fissa dimora e vive "in giro", per sei mesi ha vissuto e lavorato in un ostello in Scozia e ora, da sei mesi, sta studiando e viaggiando in oriente. Per saperne di più... Guarda il servizio online, www.miciap.com Contatti: email: albiz@garageolimpo.it

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Alberto bechis Boll Alberto Bechis Boll was born in Milan in 1986 by Sicilian mother and a Dutch father. He grew up in Italy, the Netherlands and India, where his parents met and married, and where since young, was able to experience community life. He came to live in Morigi with his family in '98, at the age of twelve years. In 2011 he graduated in Philosophy at the University of Milan. As a boy he fell in love with photography that has brought forth in a personal and self-paced. Since 2012, Albert has no fixed abode and lives "wandering", for six months he lived and worked in a hostel in Scotland and now, for six months, has been studying and traveling in the East. To learn more... View the service online, www.miciap.com Contacts: email: albiz@garageolimpo.it

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CASA VERDI Valentina Ghiringhelli

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Pianoforte con applicazione di un particolare delle 1000 lire stampate in onore di Giuseppe Verdi. Š Valentina Ghiringhelli, Casa verdi, Piazza Michelangelo Buonarrotti 29, Milano 2012

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Sala araba: particolare di uno dei mobili donato dal sovrano d'Egitto Isma'il Pascià (18301895) in occasione della rappresentazione di Aida. Le decorazioni alle pareti sono state realizzate dal maestro Angelo Comolli e dagli allievi della sua bottega. Š Valentina Ghiringhelli, Casa verdi, Piazza Michelangelo Buonarrotti 29, Milano 2012

Uno dei saloni di ricevimento situato all'ultimo piano di Casa Verdi. Catherine Feller, attrice teatrale e cinematografica. Ha recitato in diverse spettacoli tra cui Hamlet (Peter Brooks e Paul Scotfield), Monsieur Blaise, Rose Tatoo, Marriage Brokers, Anatol, Waltz of the Toreadors e The Curse of the Werewolf. Casa verdi, Piazza Michelangelo Buonarrotti 29, Milano 2012

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Pianoforte di Giuseppe Verdi. © Valentina Ghiringhelli, Casa verdi, Piazza Michelangelo Buonarrotti 29, Milano 2012

In piazza Buonarroti c'è una casa di riposo per musicisti, voluta e costruita da Giuseppe Verdi. Lontano dal traffico e dal trantran metropolitano, alla scoperta di un luogo di cultura e umanità. Fondazione Casa di riposo Giuseppe Verdi è una casa di riposo in piazza Buonarroti, dedicata alla memoria del grande compositore. La sua funzione è quella di accogliere tutti quei musicisti che si trovano in difficoltà economiche o di salute. Verdi era molto legato a questa istituzione e lo dichiarò pubblicamente nel 1899: "delle mie opere, quella che mi piace di più è la Casa che ho fatto costruire a Milano per accogliervi i vecchi artisti di canto non favoriti dalla

In Piazza Buonarroti there's a retirement home for musicians , commissioned and built by Giuseppe Verdi. Away from the hustle and the metropolitan groove. The discovery of a place full of culture and humanity.

fortuna, o che non possedettero da giovani la virtù del risparmio. Poveri e cari compagni della mia vita! Credimi, amico, quella Casa è veramente l'opera mia più bella."

Foundation Retirement Home Giuseppe Verdi is a nursing home in Piazza Buonarroti, dedicated to the memory of the great composer . Its function is to accommodate all those musicians who find themselves in financial difficulties or health problems. Verdi was very attached to this institution and publicly declared in 1899 : " from my work, what I like most is the house that I built in Milan to welcome the old artists singing not favored by fortune , or who did not possessed, in youth, the virtue of saving. Poor and dear friends of my life! Trust me, my friend , that house is absolutely my most beautiful masterpiece. "

Su esplicita richiesta di Giuseppe Verdi, la Casa venne inaugurata dopo la morte del compositore, che non desiderava essere ringraziato da coloro che avrebbero poi tratto beneficio della sua generosità. I primi nove Ospiti entrarono il 10 ottobre 1902, giorno di nascita del Maestro. Fino ad ora più di mille persone vi hanno soggiornato tra cantanti, direttori, coristi, orchestrali, docenti e coreuti.

At the explicit request of Giuseppe Verdi, the house was opened after the composer's death , he did not want to be thanked by those who would later benefited his generosity. The first nine guests entered in October 10, 1902 , the day of birth of Maestro. Till now more than a thousand people have stayed there including singers, conductors , choirs, orchestras , choral dancers and teachers.

Oggi, a duecento anni dalla sua nascita, l'opera di Verdi migra su ogni possibile media, in un'infinità di varianti, rivelando come la realtà storica del personaggio rappresenti l'immaginazione collettiva, diventando un simbolo dell'identità italiana.

Today, two hundred years after his birth, Verdi's opera migrates on every possible media, in countless variations, revealing how the historical reality of the character represents the collective imagination , becoming a symbol of Italian identity .

Tutte le immagini del progetto sono state realizzate su gentile concessione della Casa di riposo per musicisti-Fondazione Giuseppe Verdi.

All the pictures of the project were carried out courtesy of the retirement home for musicians -Fondazione Giuseppe Verdi.

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Fotografie della passata carriera artistica appartenenti agli ospiti Momento di svago nel giardino interno della casa. Casa verdi, Piazza Michelangelo Buonarrotti 29, Milano 2012

Paolo Cesare Ottaviani, nato nel 1925, è un artista poliedrico: "Ho fatto il cantante per 52 anni, l' attore per 77, scritto 13 romanzi e dipinto 265 tele. Non per hobby, sia chiaro, le ho vendute tutte fino all'ultima". Una delle sale dove gli ospiti possono leggere e rilassarsi. Š Valentina Ghiringhelli, Casa verdi, Piazza Michelangelo Buonarrotti 29, Milano 2012

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Giuliana Barabaschi, nata a Parma nel 1931, è stata prima ballerina del Teatro alla Scala di Milano. Prima danzatrice poi coreografa, ha collaborato con Luchino Visconti, Franco Zeffirelli e Filippo Crivelli. Cripta in cui sono custodite le tombe di Verdi accanto a quella della moglie Giuseppina Strepponi. Casa verdi, Piazza Michelangelo Buonarrotti 29, Milano 2012

Uno dei pianoforti della fondazione. Š Valentina Ghiringhelli, Casa verdi, Piazza Michelangelo Buonarrotti 29, Milano 2012

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Mobili che componevano la sala da pranzo del maestro a Villa Doria, Genova. Claudio Giombi, attore e cantante lirico. Durante la sua carriera ha interpretato circa duecento ruoli nei maggiori teatri del mondo, ha lavorato con i registi de Filippo, Strehler, Zefrelli e Visconti, e i direttori d'orchestra Abbado, Karajan, Muti e Kleiber. Come attore ha recitato nel film Vajont di Martinelli. Oggi Insegna tecnica della voce e recitazione. © Valentina Ghiringhelli, Casa verdi, Piazza Michelangelo Buonarrotti 29, Milano 2012

Valentina Ghiringhelli Nasce a Varese nel 1987 e attualmente vive e lavora a Milano. Dopo una formazione in Design d'interni, frequenta, a Milano, i master di Fotogiornalismo e Comunicazione visiva. Successivamente consegue una borsa di studio e frequenta il master in Fotografia e Visual Design presso NABA - Nuova Accademia di Belle Arti di MIlano. Nel 2012 viene selezionata per partecipare alla residenza d'artista per il Deauville Photography Festival Planche (s) Conctact, curata da Patrick Remy (Steidl). è inoltre contributor per la rivista Nothing to see here con il progetto Divergenze, brevi note sulla città di Bolzano curato da Francesco Jodice.
Partecipa alla mostra collettiva Il mondo interno dell'esterno dell'interno, curata da Luca Andreoni e Francesco Zanot. Nel 2013 lavora a Exposed, laboratorio di ricerca sulla trasformazione di Milano in vista di Expo2015 ospitato da Careof, Fabbrica del Vapore. Espone a Binago, nell'ambito del progetto Area_Urbana, il progetto Under Control, curato da Sandro Iovine, e vince il concorso Premio Spazio23 organizato dall'omonima galleria. Nel 2014 espone a Genova presso la galleria Spazio23 la mostra personale curata da Sandro Iovine, Desire.. Per saperne di più... Guarda il servizio online, www.miciap.com Contatti: email: valentina.ghiringhelli@gmail.com sito web: www.valentinaghiringhelli.com

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Il cantante jazz brasiliano Manoel Claudiano Zani. Š Valentina Ghiringhelli, Casa verdi, Piazza Michelangelo Buonarrotti 29, Milano 2012

Valentina Ghiringhelli She was born in Varese in 1987 and currently lives and works in Milan. After an education in Interior Design, she attended in Milan the masters of Photojournalism and Visual Communication . Then she follows a scholarship and attended the Master in Photography and Visual Design at NABA - Nuova Accademia di Belle Arti in MIlan . In 2012 she was selected to participate in the artist in residence for the Deauville Photography Festival Planche ( s ) conctact , edited by Patrick Remy ( Steidl ) . She's also a contributor for the magazine "Nothing to see here" with the project "Divergence" , sort of brief notes on the city of Bolzano edited by Francesco Jodice. She participates at the exhibition The inner world of the exterior of the Interior, curated by Luca Andreoni and Francesco Zanot . In 2013 she works in "Exposed" , a laboratory research on the transformation of Milan for Expo2015 hosted by Careof , Fabbrica del Vapore. She exhibited in Binago , a project by Area_Urbana with the work "Under Control" , edited by Sandro Iovine , and won the competition prize Spazio23 organized by the homonymous gallery . In 2014 she exhibited at the gallery in Genoa Spazio23 with a solo exhibition curated by Sandro Iovine , "Desire". To learn more... View the service online, www.miciap.com Contacts: email: valentina.ghiringhelli@gmail.com web site: www.valentinaghiringhelli.com

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PORTIRERE!PORTIERE! Beatrice Speranza

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Marisa, via Tortona Š Beatrice Speranza, Portiere! Portiere! 2011-2014

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Marisa, via Tortona Marisa è stata la prima ad accogliermi timidamente con il suo sorriso " ...io sono veneta lavoro in portineria da 31 anni, le calamite sono una mia passione e chiedo di portarmele. Sono tifosa della Ferrari e della Roma.." © Beatrice Speranza, Portiere! Portiere! 2011-2014

Interno portineria via Tortona © Beatrice Speranza, Portiere! Portiere! 2011-2014

Portineria in via Tortona © Beatrice Speranza, Portiere! Portiere! 2011-2014

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Un'esplorazione fotografica delle portinerie meneghine, ricordandosi della loro importanza.

An exploration of the photographic gatehouses of Milan, remembering their importance..

Questo progetto è nato a Milano, dopo un veloce confronto con l'architetto Sabrina Bignami. Sono bastate poche parole per accendermi il desiderio di realizzare un racconto fotografico di questi microcosmi abitativi, a metà strada tra ufficio e abitazione: "Ho sempre trovato che le portinerie assomigliassero ai portinai che le abitavano, manifesto del loro pensiero, delle loro passioni, delle loro aspirazioni racchiuse in uno spazio piccolo e poi sempre transitorio...come se con gli oggetti se ne volessero appropriare per un tempo finito... Mi affascina lo spazio architettonico della portineria... quel microcosmo carico di provvisorietà luogo di passaggio e di chiacchiere, di gesti quotidiani ripetuti all'infinito... Mi interessa come le persone si appropriano diversamente di questo spazio, caricandolo di segni personali, di tracce della vita degli abitanti, oggetti apparentemente insignificanti che però raccontano storie, frammenti della vita altrui, tutti segni impercettibili che si svelano solo per chi ha occhi per vederli...".

This project was born in Milan , after a quick comparison with the architect Sabrina Bignami. After only a few words, I burned out the desire to create a photographic story of these microcosms of living , halfway between home and office , "I have always found that the caretaker resembled the porters who lived there , manifest their thoughts, their passions, their aspirations enclosed in a small space and then always transient ... as if the objects if they wanted to be appropriated for a finite time ... I am fascinated by the architectural space of the gatehouse ... that microcosm load provisional place of passage and chatter of everyday gestures repeated endlessly ... I'm interested how people appropriated differently in this space , filling it with personal signs of traces of life of the inhabitants , but seemingly insignificant objects tell stories , fragments of the lives of others , all imperceptible signs that are revealed only to those who have eyes to see... ".

Nel suonare il campanello di una portineria, provi quel sano disagio di poter creare disturbo e non bastano gli orari fuori dal portone per toglierti dall'imbarazzo di interrompere la portinaia dalle sue facÂcende quotidiane. Questo disagio forse è dettato anche dalla loro funzione e posizione, la prima linea che divide la strada pubblica dal privato, sono loro che ti danno il permesso di varcare la soglia dell'intimità ed è sempre questa locazione e funzione che fa di loro i custodi delle dinamiche del condominio, un luogo privilegiato e straÂtegico per l'osservazione dei ritmi altrui. I portinai resistono, ma a fatica. Sono rari i casi in cui hanno ancora a disposizione un intero alloggio a fianco della portineria. Sempre più spesso svolgono un ruolo di vigilanza nei giorni feriali. In una città grande come Milano, capitale della moda e della vita frenetica italiana, stereotipo dell'importanza dell'apparire più che dell'essere, ve ne sono ancora molte. Tuttavia, non solo in questa città, ovunque si pone sempre meno attenzione ai piccoli gesti della vita di tutti i giorni. Anche a Parigi è scattato l'allarme: in dieci anni, si sono perdute diecimila concièrgeries. Ho voluto puntare il mio obiettivo verso alcune di queste portinerie, per "indagare" sulle loro vite, attraverso gli oggetti custoditi al loro interno. La presenza o meno di fotografie, colÂlezioni, cartoline, fiori ecc. mi hanno dato qualche piccola indicazione sulla loro quotidianità e sulle loro passioni, che fossero per la musica, la lettura o una squadra di calcio. Azioni quotidiane, dall'apparenza insignificanti, come lo smistare la posta, annaffiare le piante, occuparsi della pulizia e sicurezza del palazzo, costituiscono in realtà parte delle basi per il corretto funzionamento della vita di condominio.

Ringing the bell of a porter , you try a healthy discomfort of being able to create disorder and it's not enough the timetable out of the gate to take away the embarrassment of interrupting the doorkeeper by his daily duty . This discomfort is perhaps also dictated by their function and location , the first line that separates the private from the public road , they are the ones that give you permission to cross the threshold of intimacy and it is always this location and function that makes them keepers the dynamics of the condominium, and strategic a privileged place for the observation of the rhythms of others. The gatekeepers resist , but with difficulty. In rare cases they have a full accommodation next to the gatehouse . More and more often play a supervisory role on weekdays. In a big city like Milan , the capital of Italian fashion and fast-paced life , the stereotype of the importance of appearance rather than being, there are still many . However, not only in this city, everywhere is increasingly less attention to small gestures of everyday life . Even in Paris has tripped the alarm: in ten years, they have lost ten thousand gatekeepers. I wanted to focus my lens at some of these gatehouses , to " investigate" on their lives, through objects stored in them. The presence or absence of photographs, collection , postcards , flowers etc. . they gave me some small indication on their daily lives and their passions , whether they were for music , reading, or a football team . Daily actions , insignificant -looking , such as sorting the mail, take care of plants , take care of the cleanliness and safety of the building, are in fact part of the foundation for the proper functioning of the life of the block.

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Michele, via Tortona © Beatrice Speranza, Portiere! Portiere! 2011-2014

Mimmo, via Tortona Mimmo cura le sue piante, ha fotografie di famiglia alle pareti e mi racconta che la città di Milano vuole recuperare le vecchie portinerie e ripristinarle. In realtà negli ultimi anni la tendenza è stata quella di chiuderle per far posto a negozi ed uffici molto più redditizi per i proprietari dello stabile, specie se di valore storico e con posizione strategica. Ora è in pensione ed è subentrata sua figlia. © Beatrice Speranza, Portiere! Portiere! 20112014

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Portineria in via Tortona Š Beatrice Speranza, Portiere! Portiere! 2011-2014

Portineria in via Caradosso. Š Beatrice Speranza, Portiere! Portiere! 20112014

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Š Beatrice Speranza, Portiere! Portiere! 2011-2014

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Franca, via Caradosso La signora Franca di via Caradosso, sono 40 anni che lavora in questo bellissimo palazzo. Alleva tartarughe nel giardino del condominio e ha appena fatto un trasloco di casa cosÏ in quei giorni ne ha approfittato per portarci temporaneamente un po' della sua roba, è a disagio vorrebbe che ritornassi a fotografarla perchÊ è molto precisa e ci tiene a farmi trovare la guardiola in ordine. Anche sua zia faceva la portinaia a Roma e andava a trovarla con piacere insieme alla mamma.

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Interno portineria via Caradosso Š Beatrice Speranza, Portiere! Portiere! 2011-2014

Angelo, corso Magenta Š Beatrice Speranza, Portiere! Portiere! 20112014

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Angelo, corso Magenta © Beatrice Speranza, Portiere! Portiere! 2011-2014

Massimo, corso Venezia Massimo di Norcia, sostituto portiere di Corso Venezia per le vacanze estive, allegro e soddisfatto, spera di avere un giorno una portineria tutta per sé come sua moglie. La dispensa di cucina è fornitissima, mi racconta che il portinaio che sostituisce ama cucinare e a pranzo invita i colleghi della zona. © Beatrice Speranza, Portiere! Portiere! 20112014

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Interno portineria corso Venezia

© Beatrice Speranza, Portiere! Portiere! 2011-2014

Beatrice Speranza Beatrice Speranza, nata a Lucca, si laurea alla Facoltà di Architettura a Firenze. Gli studi contribuiscono a crescere la sua passione per l'immagine e la composizione, che unite alla sua sensibilità, fluiscono spontaneamente nella fotografia. Le intuizioni di Beatrice Speranza nascono dall'osservazione del reale, dal desiderio di documentare mondi a noi quotidiani, che a volte guardiamo di sfuggita, e che stanno subendo dei cambiamenti a volte drastici. La sua forte curiosità la porta a cimentarsi in diverse collaborazioni e sperimentazioni artistiche nel design, grafica e video. In una ricerca intima e personale negli ultimi anni sente la necessità contaminare le sue immagini con interventi manuali come ricami in filo di lana o farle immergere sotto strati di paraffina.

Per saperne di più... Guarda il servizio online, www.miciap.com Contatti: email: info@beatricesperanza.it sito web: http://beatricesperanza.it

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Cucina della portineria in corso Venezia

Š Beatrice Speranza, Portiere! Portiere! 2011-2014

Beatrice Speranza Beatrice Speranza, born in Lucca,s he graduated from the Faculty of Architecture in Florence. The studies that she did, help to grow her passion for image and composition, which, along with her sensitivity, flow spontaneously in the photograph. The insights of Beatrice Speranza born from the observation of reality by a desire to document the daily worlds, that we look sometimes just briefly, and which are undergoing to a drastic change. Her strong curiosity leads her to engage in various collaborations and artistic experimentation in design, graphics and video. In an intimate and personal research in recent years feels the need to contaminate her images with manual interventions such as embroidery yarn of wool or submerge them under layers of paraffin.

To learn more... Guarda il servizio online, www.miciap.com Contacts: email: info@beatricesperanza.it web site: http://beatricesperanza.it

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LA TOPENSCHIERTA Michela G. Ruiz - Piero Cappelli

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Š Michela Ruiz - Piero Cappelli, La Topenschierta, Milano 2013

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Š Michela Ruiz Piero Cappelli, La Topenschierta, Milano 2013

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© Michela Ruiz Piero Cappelli, La Topenschierta, Milano 2013

La Topenschierta è un'incursione a casa di Tazio. Dove tutti gli oggetti sono rinominati per ribadire l'imperfezione umana.

The Topenschierta is a surprise visit at Tazio's home . Where all the objects are renamed to emphasize the human imperfection.

La casa, la Topenschierta. La casa è il luogo che ci somiglia, un'estensione di quello che siamo quando ci chiudiamo la porta alle spalle. Non è un luogo perfetto, è anzi spesso il luogo del conflitto. Di ciò che vorremmo essere e non siamo, a volte di ciò che vorremmo fare ma non possiamo. Perché esiste il logorio del tempo e della materia, e appena oltre la soglia esiste la vita di tutti i giorni. è allora con un po' di timidezza che entriamo in casa di Tazio, sapendo che stiamo entrando in un luogo saturo di candore. Perché una casa non può fare altro che dire la verità. Qui salta subito agli occhi, appunto, il conflitto. Conflitto che deriva da una (sacra) impazienza di ribattezzare gli oggetti. È un'irrequietezza, questa, vecchia come il mondo, fondativa. Nonostante qui a dare il nome sia il pennarello o l'adesivo, appiccicato su cellulari, scaldabagni, elettrodomestici, è la stessa irrequietezza che, forse, ebbe Adamo nell'Eden. è il battesimo del bambino, è il nome omen degli antichi. E poi com'è stato scritto (credo fosse Henry Miller, qui evocato non a caso se ripensiamo ai poster e alle pornostar che campeggiano in varie parti della casa) l'uomo è un ibrido fra l'angelo e il demone. Da questa continua frizione, la ricerca del dominio e della stabilità da un lato, l'entropia che si mangia il mondo dall'altro, nasce ogni forma di comunicazione. Dunque in questi battesimi c'è il senso dell'inadeguatezza e, insieme, tutta la grandezza dell'essere umano. Dunque c'è la polvere e il suo segreto. Soprattutto c'è l'oscurità, e il suo continuo sperare nella gloria della luce. Alla fine tutto riconduce alla luce. Che, nonostante le persiane chiuse, nonostante le tende, s'insinua anche qui. La luce che alla fine, recalcitrante e indisciplinata, s'è lasciata catturare da occhi entusiasmati e mani pazienti.

The house, the Topenschierta. Our home is the place that resembles us, an extension of who we are when we close the door behind us. It is not a perfect place, in fact is often the site of our conflict. The place that shows what we want to be and we're not, sometimes what we want to do but we cannot. Because the attrition of time and matter exists, and just over the edge there's the daily life. Then, with a little of shyness, we enter into the house of Tazio, knowing that we are entering in a place full of candor. Because a house can show just the truth. Here immediately clear to our eyes, we see the conflict. Conflict that arises from a(sacred)impatience to rename objects. this foundational restlessness, is old as the world. Although putting names by marker or sticker, stuck on mobile phones, water heaters, appliances, is the same restlessness that, perhaps, had Adam in the garden of Eden. It's the baptism of the child, it's the "nome omen" of the ancients. And then it was written (I think it was written by Henry Miller, evoked here not by chance, if we think back to the poster and pornstars that stand in various parts of the house), the man is a hybrid between an angel and a demon. From this continuous friction, the search domain of stability on the one hand, the entropy that eats the world in other, starts every form of communication. So in these baptisms there is a sense of inadequacy, and together, all the greatness of the human being. So there's the dust and its secret. And above all there is the darkness, and its continued hope in the glory of light. Everything leads back to the light at the end. Despite the closed shutters, despite the curtains, it creeps here. The light at the end, recalcitrant and unruly, allowed itself to be captured by thrilled-patients eyes and hands.

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Š Michela Ruiz Piero Cappelli, La Topenschierta, Milano 2013

Š Michela Ruiz - Piero Cappelli, La Topenschierta, Milano 2013

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Š Michela Ruiz - Piero Cappelli, La Topenschierta, Milano 2013

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Š Michela Ruiz Piero Cappelli, La Topenschierta, Milano 2013

Š Michela Ruiz Piero Cappelli, La Topenschierta, Milano 2013

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Š Michela Ruiz Piero Cappelli, La Topenschierta, Milano 2013

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Š Michela Ruiz Piero Cappelli, La Topenschierta, Milano 2013

Š Michela Ruiz - Piero Cappelli, La Topenschierta, Milano 2013

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Š Michela Ruiz Piero Cappelli, La Topenschierta, Milano 2013

Š Michela Ruiz - Piero Cappelli, La Topenschierta, Milano 2013

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© Michela Ruiz - Piero Cappelli, La Topenschierta, Milano 2013

Gloria Michela G. Ruiz Gloria Michela G. Ruiz, nasce a Milano. Segue il corso triennale di grafica e art director allo IED e lo mette a frutto presso la Gregotti Associati dove inizia ill suo percorso professionale come grafica. Nelle esperienze successive arricchisce la sua esperienza nel campo della grafica editoriale come art director e photoeditor. Oggi lavora in gruppo editoriale specializzato nel Food&Beverage. Aspirante aviatrice, esploratrice, grafica, non ama presentarsi con un inquadramento specifico, ma con una sua grande passione che persegue da anni, la fotografia. In reportage e ritrattistica esprime la sua indole vulcanica, la sua sensibilità. Usa i suoi scatti per dare risposte alle continue riflessioni a cui la sua mente la obbliga. Mixare Milano nasce da un sua idea. Un progetto di respiro collettivo, una sorta di vocabolario per immagini di Milano e su Milano, un puzzle di sguardi di fotografi professionisti e fotoamatori. è il suo progetto di oggi. E per domani? Ci sarà altro, tanto altro perché subito dopo aver pensato a un progetto ha un impellente necessità di andare oltre. Il centoventicinquesimo di secondo dell’otturatore è troppo lento per stargli dietro. Per saperne di più... Guarda il servizio online, www.miciap.com Contatti: email: mikighig17@gmail.com sito web: www.facebook.com/MixareMilano

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Š Michela Ruiz - Piero Cappelli, La Topenschierta, Milano 2013

Gloria Michela G. Ruiz Michela G. Ruiz, born in Milan. Following the three-year graphic designer and art director at IED, she grows professionaly at the Gregotti Associati where she began her career as a graphic designer. In subsequent experiences she's enriched by her experiences in the field of editorial design as an art director and photo editor. Today she works in a publishing group specializing in Food & Beverage. Aspiring aviator, explorer, graphics, she does not like to show up with a specific framework, but with a great passion pursuing for years, photography. In reportage and portraiture expresses her volcanic nature, her sensitivity. She uses her shots to get answers to the continuous reflections to which her mind obliges. Milan comes from a mix his idea. A draft collective breath, a sort of vocabulary for images of Milan and about Milan, a puzzle looks of professional photographers and photo enthusiasts: it's her project today. And what about tomorrow? There will be more, much more, because now after thinking about a project has an urgent need to go further. The 1/125 of second of the shutter is too slow to keep up her.. Per saperne di piĂš... Guarda il servizio online, www.miciap.com Contatti: email: mikighig17@gmail.com sito web: www.facebook.com/MixareMilano

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© Michela Ruiz - Piero Cappelli, La Topenschierta, Milano 2013

Piero Cappelli Piero Cappelli, milano '66, architetto suo malgrado a tempo pieno; aviatore, fotografo, designer per lavoro, ove il lavoro è inteso con la definizione della fisica, l'impiego dell'energia per raggiungere uno scopo determinato. Quale sia esattamente poi lo scopo è un mistero ai più, esplorare le tematiche del "non finito" ed il conflitto fra questo ed il "finito", la "non pedigreed architecture" ed i suoi abitanti, l'umanità che vive lontano dal dogma e dalle regole; contemplare il mondo dall'alto. Punto di vista privilegiato dal quale spariscono le classificazioni sociali ed economiche e tutto è scandito solo dalla natura o dai grandi interventi umani. Fotografare tutto questo nel vano tentativo di farsi capire e condividere il suo punto di vista sul mondo. Disegnare oggetti che scuotano le emozioni.. Per saperne di più... Guarda il servizio online, www.miciap.com Contatti: email: piero@pierocappelli.it sito web: picap.tumblr.com

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Š Michela Ruiz - Piero Cappelli, La Topenschierta, Milano 2013

Piero Cappelli Piero Cappelli, Milan '66, architect despite his full-time; aviator, photographer, designer for work, where the work is meant by the definition of physics, energy use for a specified purpose. What exactly is the purpose then is a mystery to most people, explore the themes of "unfinished" and the conflict between this and the "finished", "non pedigreed architecture" and its inhabitants, mankind lives far away from dogmas and rules; contemplate the world from above. Vantage point from which the social and economic classifications disappear and everything is marked only by nature or by large human intervention. Photographing all this in a vain attempt to make themselves understood and to share his perspective on the world. Drawing objects that shake the emotions. To learn more... View the service online, www.miciap.com Contacts: email: piero@pierocappelli.it web site: picap.tumblr.com

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ABITARE PRECARIO Carla Sedini

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Sisio Š Carla Sedini, Abitare precario

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Cristina, Julia e Piera Š Carla Sedini, Abitare

Anna Š Carla Sedini, Abitare precario

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Giorgio e Giulio © Carla Sedini, Abitare precario

Una ricerca fotografica e sociologica sulla precarietà dell'abitare. .

A photographic and sociological research on the precariousness of living.

Giovani e non-più-giovani che decidono di vivere in affitto con consorte, partner, amici o anche estranei a Milano. Una città attrattiva per molte persone provenienti dall'estero e da varie parti d'Italia, ma, come si sa, piuttosto costosa. La mancanza di una discreta disponibilità economica o di una posizione lavorativa stabile è un limite all'accesso al mutuo e spinge molti cittadini milanesi (d'origine o d'acquisizione) a vivere in affitto. La motivazione economica non è l'unica, però, in grado di spiegare questa scelta. Precario, infatti, non significa soltanto insicuro, instabile e problematico, ma anche momentaneo, provvisorio, transitorio. Abitare in affitto può significare dover affrontare diversi problemi, come quelli di convivenza, di relazione col padrone di casa o di costi mensili molto (troppo) elevati, ma il "vivere temporaneo" ha anche i suoi pregi. Per i protagonisti di questa ricerca foto-sociologica, vivere in affitto è possibilità di conoscere gente nuova e di avere la libertà di decidere del proprio futuro. Affitto e coabitazione sono quindi croce e delizia per chi si trova in questa condizione abitativa. Attraverso diversi ritratti fotografici entreremo non solo in casa, ma anche nel mondo di questa variegata popolazione urbana.

Youth and no-longer- young people who decide to live in rent with wife, partner , friends or even strangers in Milan. An attractive city to many people from abroad and from various parts of Italy, but, as you know, quite expensive. The lack of a respectable income or a stable position at work is a limit on access to mortgage and leads many citizens of Milan ( natives or by acquisition ) to live in rent.The economic problem is not the only one that can explain this choice of life. Precarious, in fact, is not just to be insecure, unstable and problematic, but also momentary, temporary, transitory. Renting an house may mean having to face various problems, such as cohabitation, relationship with the landlord or monthly costs (too) high, but the " temporary living " also has its values. For the main characters of this "photo-sociological" research , to live in rent is an opportunity to know new people and to have the freedom to decide their own future. Rent and cohabitation are a "mixed blessing" for those who find themselves in this housing situation. Through several photographic portraits will enter not only at home but also in the world of this various urban population.

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Gustavo e Carla Š Carla Sedini, Abitare precario

Lenny Š Carla Sedini, Abitare precario

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Marco e Matteo Š Carla Sedini, Abitare

Michele Š Carla Sedini, Abitare precario

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Miriam e Antonio Š Carla Sedini, Abitare

Neddo, Simone, Max e Ale Š Carla Sedini, Abitare precario

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Carla Sedini Carla Sedini, è dottore di ricerca in Sociologia. Dal 2005 lavora nell'ambito della ricerca sociale. Attualmente è assegnista di Ricerca al Politecnico di Milano (Dipartimento di Design). Ha collaborato con la fotografa Fulvia Farassino come archivista e assistente e con il fotografo Giorgio Majno, con cui svolge attività di tutoraggio per il workshop propedeutico "Storia e Tecnica della Fotografia" presso il corso di Laurea in Disegno Industriale dell'Università di San Marino. Nel 2012 ha collaborato all'organizzazione del MIA Fair (Milan Image Art Fair). Al momento sta sviluppando diversi progetti fotografici, tra cui "Abitare Precario" e "Tutti giù per terra". Per saperne di più... Guarda il servizio online, www.miciap.com Contatti: email: sedini.carla@gmail.com sito web: carlasedini.wordpress.com

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Carla Sedini Carla Sedini, has a PhD in Sociology. Since 2005 working in the field of social research. She is currently Research Fellow at the Politecnico of Milan (Department of Design). She has collaborated with photographer Fulvia Farassino as an archivist and assistant and the photographer Giorgio Majno, which carries out preparatory tutoring for the workshop "History and Technique of Photography" at the Master of Science in Industrial Design at the University of San Marino. In 2012 she helped to organize the MIA Fair (Milan Image Art Fair). She is currently developing several photographic projects, including "Living in Precarious" and "All Fall Down".. To learn more... View the service online, www.miciap.com Contacts: email: sedini.carla@gmail.com web site: carlasedini.wordpress.com

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COUCHSURFER Michele Perletti

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Francesco, 35, Moncalieri, Italia. Programmatore informatico, lavoratore frontaliero da Como a Bellinzona. Durante i fine settimana si sposta spesso a Milano, ospite di amici incontrati "ancora prima che CS si chiamasse cosÏ". Š Michele Perletti, Couchsurfer, 2012

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Oscar, 28, Santiago de Compostela, Espana. Designer, attualmente in Erasmus a Krakow. Da tre anni in CS. Ha ospitato molti viaggiatori nella sua stanza a Santiago ma è alla sua prima esperienza da guest. Per riconoscenza i viaggiatori sono soliti fare qualche piccolo regalo ai loro ospiti. Oscar ha portato un chorizo. Š Michele Perletti, Couchsurfer, 2011

Rafal, 26, Olsztyn, Polska. Insegnante di educazione fisica. CouchSurfing gli permette di viaggiare con una spesa contenuta e di entrare direttamente in contatto con altri viaggiatori e ospiti appassionati come lui di ogni tipo di sport. Š Michele Perletti, Couchsurfer, 2012

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lze, 18, Liepaja, Latvija. Per raggiungere la sorella che vive in Grecia ha acquistato cinque biglietti aerei tra andata e ritorno via Londra e Milano, spendendo complessivamente meno di 120 euro. © Michele Perletti, Couchsurfer, 2012

Il Couchsurfing non è più soltanto un sito per viaggiatori ma una grande comunità di persone che scambiano esperienze di vita e di condivisione.

Couchsurfing is not only a site for travelers but a big community of people exchanging life experiences and sharing.

Couchsurfing è una comunità, una rete che mette in contatto persone che decidono di offrire ospitalità a viaggiatori di passaggio. Nato nel 2003 dall'esperienza di altre iniziative simili, ad oggi Couchsurfing.org raccoglie quasi 7.000.000 di aderenti da ogni Paese del mondo. Solo in Italia le persone che si sono iscritte gratuitamente al sito, soprattutto giovani tra i 18 e i 35 anni, sono oltre 160mila e costituiscono una comunità nient'affatto virtuale e molto attiva che utilizza la rete di conoscenze reciproche per creare possibilità di incontro, scambio culturale e linguistico, e certamente rendere molto più economici viaggi, vacanze alternative e pernottamenti sia nelle grandi metropoli che nelle località meno turistiche.

Couchsurfing is a community, a network that connects people who decide to offer hospitality to travelers passing through. Started in 2003 from the experience of other similar initiatives, to date Couchsurfing.org collects nearly 7,000,000 members from every country in the world. Only in Italy the people who have signed up for free at the site, in particular young people between 18 and 35 years, more than 160 thousand and form a community and not at all very active virtual network that uses the knowledge of each other to create opportunities to meet, exchange cultural and linguistic, and certainly make lot cheaper a travel, holidays and nights alternatives both in large cities and in resort less to do.

Certamente l'aspetto economico, anche grazie alle offerte di voli low-cost, resta cruciale nella scelta di questo tipo di sistemazione, permettendo di viaggiare a prezzi molto bassi, spesso in luoghi al di fuori delle classiche mete turistiche.

Certainly the economic aspect, thanks to the offers of low - cost, remains crucial in choosing this type of accommodation, allowing you to travel at very low prices, often in places outside of traditional tourist destinations.

La sicurezza è garantita da un sistema di referenze e feedback, ma alla base ci sono pur sempre estranei che decidono di aprire la propria casa ad altri estranei. Le ragioni dei viaggiatori sono più facilmente intuibili: avere un letto o almeno un divano sul quale dormire gratuitamente, potersi calare immediatamente nella realtà in cui ci si trova grazie ai consigli di chi ci vive tutto l'anno, cucinare insieme, avere un appoggio sicuro. Ma che cosa spinge ad aprire la propria casa ad uno sconosciuto? Un viaggiatore non ha molto altro da offrire se non la propria storia, e quella è la sua ricchezza. La possibilità di condividere storie di viaggi, progetti, di incontrare un frammento di mondo direttamente sul proprio divano di casa.

Safety is ensured by a system of references and feedback, but at the base there are still strangers who decide to open your home to other strangers. The reasons of the travelers are more easily understood: having a bed or a couch on which to sleep at least free, immediately you could slip into the reality in which you are located thanks to the advice of those who live there all year round, cook together, have a safe base . But what pushes to open your home to a stranger? A traveler does not have much else to offer except their own history, that's his wealth. The ability to share travel stories, projects, to meet a fragment of the world directly on their couch at home. This project began in October 2011 with the desire to tell some stories of contemporary travelers and people who have hosted in their homes, making the stranger a friend who had not yet met.

Questo progetto è nato nell'ottobre 2011 per il desiderio di raccontare alcune piccole storie di viaggiatori contemporanei e delle persone che le hanno ospitate nelle proprie case, facendo dell'estraneo l'amico che non si era ancora incontrato..

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Janiak, 28, Leszno, Polska. Insegnante di inglese in una scuola elementare. Da cinque anni in CS, ha visitato gran parte dei Paesi europei durante le vacanze scolastiche. La sicurezza è garantita da un sistema di referenze pubbliche che facilita il viaggio anche da parte di viaggiatori solitari minimizzando il rischio di incontri spiacevoli. Š Michele Perletti, Couchsurfer, 2012

Rory e Dustin, 24 e 28, New York, USA. Hanno trascorso gli ultimi due anni in Lesotho come formatori per insegnanti locali per l'ONG Peacecore. Prima di tornare a casa hanno deciso di attraversare India, Turchia, Bulgaria, Montenegro, Croazia, Bosnia, Italia, Francia e Spagna in CS, spostandosi prevalentemente in autostop. Š Michele Perletti, Couchsurfer, 2012

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Roza, 26, Lodz, Polska. Laureata in Economia, lavora in banca. Trascorrerà le vacanze invernali a Lanzarote, ospite di amici CS conosciuti durante un viaggio precedente a Porto. © Michele Perletti, Couchsurfer, 2012

Claudio, 22, Trento, Italia. Dopo la Laurea Triennale in Biotecnologie si sta trasferendo a Bristol (UK) per lavorare come volontario in una fattoria per un progetto di Woofing della durata di tre mesi. © Michele Perletti, Couchsurfer, 2011

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Krisztofer, 23, Osijek, Hrvatska. Studia Informatica in Ungheria. Viaggia molto, ma spesso ospita a sua volta altri CouchSurfer nell'appartamento che ha affittato con altri studenti a Budapest. © Michele Perletti, Couchsurfer, 2012

Aleksandra, 22, Gdansk, Polska. Studentessa di Filologia Inglese, in vacanza per qualche giorno tra Bergamo e Milano con il fidanzato. Sul sito di CouchSurfing è possibile filtrare la ricerca di ospiti anche in base a età, sesso, affidabilità, lingue parlate e interessi in comune. © Michele Perletti, Couchsurfer, 2012

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Siegfried, 42, Bergamo, Italia. Negli ultimi due anni ha ospitato in casa sua circa centotrenta viaggiatori. Questa è una parte di ciò che hanno dimenticato, donato, lasciato. Oltre ai ricordi. © Michele Perletti, Couchsurfer, 2011

Tama's, 21, Pécs, Magyarország. Il 70% degli iscritti a CS dichiara di parlare inglese, la lingua più utilizzata per la comunicazioni tra cittadini stranieri. Tama's studia Scienze Sociali in Ungheria e non parla molto bene l'inglese. E' arrivato a Milano per turismo con altri amici. © Michele Perletti, Couchsurfer, 2012

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Jamie, 29, Seattle, USA Naturopata, ha studiato in Nuova Zelanda. Voleva vedere l'Europa. Ha un biglietto di ritorno dal Portogallo fra tre mesi e pensa di visitare Italia, Francia e Spagna. Š Michele Perletti, Couchsurfer, 2014

Michele Perletti Michele Perletti, classe 1982. Dopo gli studi linguistici a Bergamo e alcune esperienze di volontariato all'estero scopre la fotografia di narrazione durante il Cammino di Santiago. Nel 2011 segue il Corso di Fotogiornalismo di Leo Brogioni presso Polifemo a Milano. Artigiano e fotografo freelance, attualmente divide il proprio anno solare tentando di conciliare il lavoro manuale con la realizzazione di progetti fotografici raccontando le storie nascoste e incredibili delle persone che incontra. Il suo "piano b" è quello di dedicarsi completamente alla fotografia di reportage e di viaggio.

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Contatti: email: deplanb@gmail.com sito web: www.micheleperletti.com

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Ellen, Neil, Cricket, 34, Oakland, California, USA Musicisti e compositori, hanno programmato da soli la loro tournÊe di un mese in Italia sfruttando l'ospitalità offerta da Couchsurfing. Viaggiano con il figlio Cricket, di soli 3 mesi. Š Michele Perletti, Couchsurfer, 2014

Michele Perletti Michele Perletti, born in 1982. After studying foreign languages in Bergamo and some volunteer experiences abroad discovers the story telling reportage during the Camino de Santiago. In 2011 he followed the course of Photojournalism by Leo Brogioni at "Polifemo" in Milan. Craftsman and freelance photographer, currently divides his calendar year trying to reconcile manual labor with photographic projects by telling the hidden and amazing stories of the people he meets. His "Plan B" is to devote himself entirely to reportage photography and travel.

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MANIFESTO /MANIFESTO

MilanoCittàAperta

MilanoCittàAperta

Durante la seconda guerra mondiale, alcune città europee furono dichiarate “aperte” dalle forze in campo. L’esercito nemico lasciava così la possibilità agli occupanti di abbandonare il centro abitato, evitando di distruggere completamente il patrimonio storico e artistico (promessa in realtà raramente mantenuta). Tra le “città aperte” di quegli anni: Roma, Firenze, Parigi, Atene. Milano non fu mai dichiarata “città aperta”. Forse anche per questo motivo il monte Stella, simbolo della ricostruzione milanese del dopoguerra, nacque proprio dalla necessità di sotterrare un milione di quintali di macerie recuperate in seguito ai bombardamenti anglo-americani.

During World War II, some European cities were declared “open” by military forces. This way, foreign armies left the inhabitants the possibility of abandoning their houses, without completely destroying the historical and artistic resources and architecture (a promise which was rarely kept). Among the “open cities” were Rome, Florence, Paris, Athens. Milan was never declared an “open city”. This partly explains why the (Stella mountain), a symbol of post-war reconstruction, was born from the burial of over a million hundred kilos of rubble resulting from the EnglishAmerican bombings.

La seconda guerra si è conclusa da alcuni decenni e Milano, come tutte le principali città italiane, si è data da fare per ricostruire ciò che aveva perduto. Sotterrati morti e detriti, lo sviluppo si è imposto come il primo obiettivo della popolazione. Ancora oggi la maggioranza delle persone ritiene che il progresso di una società sia legato più alla sua crescita quantitativa piuttosto che alla qualità delle risorse di cui già dispone. Ecco allora che la ricostruzione non si accontenta di ri-costruire, ma vuole espandersi, ingigantirsi, svilupparsi all’infinito. La Storia non si può fermare.

World War II had recently ended and Milan, as all the major Italian cities were doing, was working hard to rebuild what was lost. After burying its dead and debris, development was the first thought in people’s mind. The majority of the population still thinks a society’s progress is determined more by the quantity than the quality of its resources. That’s why reconstruction wasn’t only about re-building, but also infinitely expanding, enlarging, developing. History can’t be stopped.

Un conflitto sociale resta dunque ancora in atto: quello tra l’oggi e il domani, tra le necessità (presunte) e le speranze (reali). Questo conflitto non ha né principio né fine, non ha confini, né prospettive. È inesorabile. Se volessimo nominarlo con una parola, potremmo chiamarlo “Tempo”. Al Tempo e alla sua opera di creazione e distruzione si relaziona l’Uomo, che non accetta di essere sconfitto senza avere prima combattuto con le armi di cui dispone. Di fronte alle rovine e alle macerie del passato, l’Uomo ha da sempre progettato il proprio futuro in funzione di una nuova Storia. E oggi l’Uomo si è fatto Cittadino per poter portare avanti la propria battaglia all’interno di un luogo apparentemente più adatto: la metropoli. La fine della Guerra, nonostante tutto, è ancora lontana. Come scrive Benjamin, a proposito dell’Angelus Novus dipinto da Klee: “L’angelo della storia deve avere questo aspetto. Ha il viso rivolto al passato. Dove ci appare una catena di eventi, egli vede una sola catastrofe, che accumula senza tregua rovine su rovine e le rovescia ai suoi piedi (…) Ma una tempesta lo spinge irresistibilmente nel futuro, a cui volge le spalle (…) Ciò che chiamiamo il progresso è questa tempesta.” La storia, dice Benjamin, non è una lineare catena di eventi in successione e il progresso dell’era capitalista non conduce necessariamente verso il paradiso. Nel mondo della modernità, la dimensione esistenziale dell’Uomo coincide sempre più con l’essenza della Città industrializzata e il passato di uno è ormai racchiuso nel tempo dell’altro. L’alienazione del singolo individuo confuso nella massa indistinta della folla, costituisce infatti da Baudelaire in poi uno dei temi fondanti la poetica della cultura occidentale.

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A social conflict is still happening: one between the past and the present, between the (presumed) needs and the (real) hopes. This conflict has no beginning nor an end, no conflicts or perspectives. It’s inexorable. If we could give it a name, it would be “Time”. Man relates himself to Time and its work of creation and destruction, unable to accept defeat before fighting, using all the weapons he has. Looking at the ruins of the past, Man tries to create a future imagining a new History. Today, Man has become a Citizen to carry on his battle inside a more apt environment: the big metropolis. The end of the War, despite everything, was still very far. As Benjamin wrote about Klee’s painting of the Angelus Novus: “The angel of history must have this characteristic: his face must be turned towards the past. Whereas we see a chain of events, he sees only one catastrophe that accumulates ruins on ruins and throws them at his feet (…) But a tempest pushes him towards the future, despite him turning his back to it (…) This tempest is what we call progress.” History, says Benjamin, is not a linear chain of events and the capitalist era’s progress doesn’t necessarily bring to Paradise. In the modern world, Man’s existential dimension coincides more and more with the essence of the industrialized City and one’s past is contained in the other’s time. The individual’s alienation, confused in the crowd, constitutes one of the fundamental themes of Western culture, from Baudelaire on.


Cosa resta dunque del paradiso perduto? Come salvarsi dalla tempesta? Italo Calvino risponde così, in chiusura delle Città invisibili:

What’s left of our lost paradise, then? How to save oneself from the crowd? Italo Calvino answers at the end of Invisible Cities:

“L’inferno è già qui. Due modi ci sono per non soffrirne. Il primo riesce facile a molti: accettare l’inferno e diventarne parte fino al punto di non vederlo più. Il secondo è rischioso ed esige attenzione e apprendimento continui: cercare e saper riconoscere chi e che cosa, in mezzo all’inferno, non è inferno, e farlo durare, e dargli spazio”.

“Hell is already here. There are two ways to avoid suffering from it. The first is easy for many: accepting hell and becoming a part of it until one doesn’t see it anymore. The second is risky and needs continuous attention and learning: Trying to understand and being able to understand who and what, amongst hell, is not hell, and make it last, and give it space”.

Già, ma in che modo si può dare spazio a ciò che merita essere salvato? E soprattutto, come possiamo “farlo durare”?

Good, but how is it possible to give space to what deserves to be

Siamo arrivati al punto del nostro discorso. Da questa domanda ha inizio il viaggio che la nostra rivista spera di poter intraprendere. Proviamo quindi a rispondere: L’essenza del passato passa di sfuggita ma nell’immagine, che balena una volta per tutte nell’attimo della sua conoscibilità, si lascia fissare. “La verità non può scappare”, scrive Benjamin. Ecco allora una risposta: la Fotografia eccede la Guerra. Come dice il filosofo Giorgio Agamben, tutto ciò che si fotografa è chiamato a comparire nel Giorno del Giudizio. L’immagine fotografica è dunque sempre più che un’immagine: è il luogo di uno scarto, di uno squarcio sublime fra il sensibile e l’intellegibile, fra la copia e la realtà, fra il ricordo e la speranza. Se dunque non possiamo possedere il presente ma solo il passato, se possiamo possedere della realtà solo un’immagine a testimonianza del nostro stato di mortalità, allora il fotografo è chiamato a diventare il “flâneur”, poeta della modernità e nomade dell’eternità. Ricorda Henri Cartier-Bresson: “Vagavo tutto il giorno per le strade, sentendomi molto teso e pronto buttarmi, deciso a prendere in trappola la vita, a fermare la vita nell’attimo in cui veniva vissuta”. Il fotografo è come un cacciatore e la sua macchina è un fucile. Ad ogni scatto/sparo, un frammento di realtà viene catturato per sempre, sottratto al divenire e consegnato all’eternità. Il fotografo ha così la possibilità di offrire alla società il proprio sguardo etico attraverso quello estetico e viceversa. La nostra rivista si pone proprio questo obiettivo. Eredi della tradizione del fotogiornalismo d’inchiesta nato grazie alla Magnum negli anni ’50 e consapevoli della ricerca sociale e artistica delle avanguardie del Novecento, tentiamo così di inscriverci all’interno del cammino della Fotografia con lo sguardo (e l’obiettivo) rivolti verso il futuro. Desideriamo discendere nella realtà, liberarne i segreti, utilizzare il gesto fotografico per concretizzare l’azione vissuta in prima persona. Dichiariamo così finalmente Milano “città aperta” e accettiamo la nostra guerra all’interno del divenire caotico della città. Questa stessa città che, in quanto fotografi, desideriamo conoscere e far conoscere. E far conoscere per poter cambiare.

saved? Most of all, how can we “make it last”? We’ve reached the topical point of our discussion. This question is the beginning of the journey that our magazine wants to undertake. [Let’s try to answer: the essence of the past is in passing but it’s possible to fix it in the image flashing once and for all in a moment where it’s possible to know it.] “The truth can’t escape” says Benjamin. This is a possible answer: Photography goes beyond War. As the philosopher Giorgio Agamben says, everything that is photographed will be called to appear on Judgment Day. The photographic image is the place of a sublime break between what’s substantial and what isn’t, between a copy and a reality, between memory and hope. If we can’t possess the present but only the past, if all we can have is an image of our mortality, then the photographer becomes the new “flâneur”, the poet of the modern age and the vagabond of eternity. Henri Cartier-Bresson remembers: “I used to hang around the streets all day, feeling very tense and ready to throw myself into things, determined to “trap” life, to stop life in the moment it’s being lived.” A photographer is like a hunter, his camera is like a rifle. In every shot, a fragment of life is captured forever, taken away from possible changes and given to eternity. A photographer, then, has the opportunity of offering to society his ethical vision through an aesthetic vision, and vice versa. That’s the aim of our magazine. Heirs to the tradition of photojournalism born in the ‘50s thanks to Magnum cameras, and aware of the social and artistic research of the past century, we’re trying to insert ourselves in this path with our eyes (and our lens) looking at the future. We want to delve into reality, freeing its secrets, using photography to make our first-person experience concrete. We finally want to declare Milan an “open city” and we accept our war within the chaotic continuous changes of our city. This city that we, as photographers, wish to understand and be understood. So that we can change it.

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