Settembre 2016

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ANNO XXVIII

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2016 FONDATO DA FRANCO MARASCA

Lucera, Festival della Letteratura Mediterranea

La Costituzione deve essere al di sopra delle ideologie

Il segno ci fa umani, una settimana di eventi culturali

Una proposta referendaria molto politica. Forse troppo...

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issata al 4 dicembre la data per la consultazione referendaria relativa al nuovo testo della legge costituzionale che propone il superamento del bicameralismo paritario, la riduzione dei parlamentari e la revisione della II parte del Titolo V della Costituzione. Dunque, ancora due mesi per una campagna elettorale che, per la verità, era già cominciata con largo anticipo ma che in questi giorni vede costituirsi sul territorio i comitati per il «si» e per il «no». L’asprezza dei toni la dice lunga sul carattere politico conferito al voto, nonostante si tratti di una legge costituzionale che avrebbe preteso toni più pacati e una più ampia convergenza di consensi. Il «peccato originale» che sta condizionando la campagna referendaria consiste nell’aver inteso affidare al voto il ruolo di un sondaggio pro o contro il governo. La dichiarata «marcia indietro» di questi ultimi giorni non sembra in grado svelenire il clima, considerate le posizioni ormai cristallizzate. La mission del nostro periodico si tiene lontana dalla cronaca politica cercando lidi che sono più orientati alla cultura in tutte le sue espressioni. Non faremo eccezione in questa occasione. Sulla questione del referendum ci preme solo fare una riflessione per così dire di costume politico, ritornando indietro al clima e agli atteggiamenti del periodo storico in cui la Costituzione venne scritta dai padri costituenti, subito dopo la fine del II conflitto mondiale. Un clima di collaborazione tra forze politiche che, pure, dal punto di vista ideologico non avevano meno argomenti di quelli odierni per fronteggiarsi e contrastarsi: basti pensare alla Democrazia cristiana e al Partito comunista degli anni ’46, ’47 del secolo scorso. Eppure… Eppure, a leggere le cronache dell’epoca, a parte qualche distinguo sul bicameralismo paritario o perfetto, i lunghi mesi di lavoro per la costruzione dell’architettura costituzionale portarono ad un risultato sostanzialmente unitario. Le ritrovate dinamiche democratiche, dopo il ventennio fascista, unitamente alle distruzioni ereditate dal conflitto mondiale, facilitarono il prevalere di una tensione ideale che prescindesse dagli interessi di partito per orientarsi verso quelli della collettività e del Paese. Tanto da poter affermare che la Carta costituzionale italiana è tra le più lungimiranti, solide, complete e «sagge» fra quante ne siano in circolazione. La Costituzione costituisce le fondamenta della vita democratica, la bussola istituzionale che orienta ogni comportamento e ogni decisione, la legge suprema da cui discende ogni altra iniziativa dello Stato. È costruita per essere di tutti e deve poter appartenere a tutti. Lo avevano già compreso i nostri costituenti, capaci di superare le argomentazioni di parte per praticare la più saggia strada del bene collettivo. Oggi, invece, il confronto tra il «si» e il «no» che saremo chiamati a dirimere il 4 dicembre rischia di trasformarsi in una contesa prevalentemente ideologica i cui strascichi saremo costretti a fronteggiare per lungo tempo. Ci auguriamo di essere smentiti, naturalmente, ma temiamo che il peccato originale che ha marchiato questa proposta di modifica della Costituzione non sia agevolmente neutralizzabile. Al di là dell’appartenenza di ciascuno, cerchiamo di coglierne le motivazioni autentiche, affinché il «si» o il «no» che saremo chiamati a esprimere siano autenticamente consapevoli e non condizionati dalle pur legittime ideologie di ciascuno. Duilio Paiano

Una copia € 2,00 Sped. in abb. post. 50%

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i è concluso con un emozionante reading di Fabrizio Gifuni – che ha dato vita a «Ragazzi di vita» di Pasolini – la XIV edizione del Festival della Letteratura Mediterranea svoltosi a Lucera. «Il segno ci fa umani», questo il tema scelto per questa riuscitissima manifestazione che è ormai diventata un appuntamento atteso e indifferibile del calendario culturale in Capitanata. Nel corso della settimana dal 18 al 25 settembre, la cittadina federiciana ha ospitato eventi culturali che hanno spaziato dalla letteratura alla musica, dalla poesia alla pittura, dalla danza alla fotografia. Tutti «segni» diversi tra di loro, ma tutti ugualmente capaci di comunicare cultura ed emozioni. Lucera si è trasformata in un laboratorio artistico, esattamente come il Mediterraneo («luogo» di ispirazione del Festival), crocevia di culture che

che sale dal Mediterraneo con l’installazione artistica «Derive» da cui ha preso spunto «Urban Land Art», il workshop di costruzioni in materiale naturale curato dal gruppo LAN_Laboratorio Architetture Naturali e guidato dall’architetto Francesco Poli; Danilo Balducci ha raccontato le atrocità e lo scorrere della vita nel campo di Idomeni, situato al confine tra Grecia e Macedonia, con la mostra fotografica «Another step and you’re elsewhere»; Maria Palmieri e Domenico d’Alessandro, accompagnati da Michele Cera, hanno immortalato le storie di ragazzi africani residenti a Foggia con il loro progetto fotografico «Boundary as a frame»; Roberto Corradino è stato protagonista di un happening che ha visto l’attore interpretare «Un artista del digiuno» di Kafka; il duo «Neapolis Mediterranea» ha portato in piazza le sonorità

imparano a comunicare e integrarsi. Come gli ideatori e organizzatori della manifestazione sostengono, il Festival si è ancora una volta dimostrato «l’ambiente dei confronti artistici, ma prima di tutto umani». Per dare un’idea dello spessore dei protagonisti e degli avvenimenti succedutisi, segnaliamo alcuni tra gli «animatori» delle giornate lucerine: i Radiodervish; Asmae Dachan e Marta Bellingreri hanno raccontato la guerra attraverso il reportage; Nabil Salameh, Silvia Moresi e Caterina Pinto si sono cimentati con la poesia di Nizar Qabbani; Paola Caridi, Ayman Al Zorqani e Sumia Sukkar hanno dato voce alla poetica letteraria e artistica del dissenso nel mondo arabo. E ancora, il tema ha avuto una valorizzazione significativa attraverso il FLM-Lab che dal 18 al 23 settembre ha trasformato Lucera in un laboratorio a cielo aperto, grazie alla direzione artistica di Salvatore Lovaglio e dell’associazione «Mecenate», e con la collaborazione di Z’unica. Antonio Maria Pecchini ha dato voce al grido

classiche della chitarra battente di Marcello Vitale e la voce intensa e dolce di Fiorenza Calogero. “Desideriamo che il Festival continui ad essere un luogo in cui gli intellettuali e gli artisti si confrontino per donarci uno sguardo di quella storia grande di cui, a volte, chiusi e ancorati alle nostre certezze di pietra, come i pavimenti della nostra cittadina, ci dimentichiamo», ha affermato Maria Del Vecchio, presidente dell’Associazione «Mediterraneo è cultura», promotrice e organizzatrice della manifestazione, con lo sguardo già indirizzato verso l’edizione 2017.

• All’interno • Inserto speciale sulle attività e l’Offerta formativa dell’Università di Foggia per l’anno accademico 2016/2017


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Anno XXVIII - n. 3 Settembre 2016

La settimana della cultura ad Ortanova

Un caleidoscopio di avvenimenti e una riflessione sullo stato dell’«Unione»

La tavola rotonda sul futuro dei 5 Reali Siti

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lla presenza di un pubblico attento e particolarmente interessato, domenica 18 settembre è calato il sipario sulla decima edizione della Settimana della cultura, la kermesse culturale che, nata nel lontano 2007, ha visto di anno in anno crescere il consenso da parte delle popolazioni dei Reali Siti, fino a raggiungere oggi ragguardevoli livelli di qualità, sotto la regia di Annito Di Pietro, presidente dell’Associazione L’Ortese e d’intesa con l’Amministrazione comunale di Ortanova. Articolata in un mix equilibrato di pregevoli eventi (riguardanti l’arte, la musica, lo spettacolo, lo sport, la narrativa, la poesia e la saggistica), la Settimana della cultura si è così snodata, per ben sette giorni (12–18 settembre), in una serie di interessanti sequenze, tutte incentrate nell’idea della cultura quale strumento aperto e dinamico, in grado di elaborare effettive proposte alternative di rinnovamento. In questa direzione, infatti, la cultura non può limitare il suo compito ad un’azione «consolatoria» fine a se stessa, ma, perché abbia una sua vitalità, deve saper incidere non solo sulle strutture economiche e sociali, ma anche e soprattutto sul modo di essere della gente del territorio. In quest’humus trovano sostanza e fondamento i due eventi raggruppati nella serata di domenica: parlo del dibattito svoltosi tra i sindaci dei Reali Siti (con l’assenza di quello di Carapelle) e di Ascoli Satriano, oltre che del presidente del Consiglio dell’Unione (Pasquale Ruscitto) e di alcuni «costituenti» della prima ora dell’ente sovracomunale (Franco Luce di Stornarella e Alfonso Maria Palomba di Carapelle); parlo del Premio «Carolina Pugliese», seguito al convegno accennato. Due appuntamenti di particolare valenza culturale, segnati entrambi dalla volontà del team degli organizzatori di riaccendere, da un lato, i riflettori sulle ragioni del galleggiamento attuale dell’Unione, che ha fatto registrare negli ultimi tempi un deciso raffreddamento dell’entusiasmo iniziale, al punto che è lecito parlare di una lenta agonia dell’ente sovracomunale, soffocato oggi

dall’immobilismo e dall’inerzia, oltre che afflitto da una perniciosa «sindrome del tirare a campare», inconcludente e insignificante. Va detto, però, a dispetto dell’inerzia degli ultimi anni, che il primo obiettivo perseguito da Annito Di Pietro e dal team dei suoi collaboratori si può considerare raggiunto, perché il dibattito – moderato dall’ottimo Duilio Paiano, giornalista e scrittore, e alimentato dalla pregevole relazione della prof.ssa Nunzia Roccotelli sugli aspetti giuridici ed amministrativi delle «Unioni» – è servito a far riflettere gli intervenuti sull’urgenza di mettere finalmente mano allo Statuto – ormai superato dalla normativa succedutasi nel tempo – e soprattutto di dare nuova linfa all’Unione, che di certo è un’opportunità per il territorio e non certo una deminutio dell’autonomia dei singoli Comuni. L’altro elemento (secondo obiettivo) introiettato dai partecipanti durante il dibattito riposa sulla necessità improcrastinabile – da tutti i sindaci condivisa - di aprire l’Unione anche ad Ascoli Satriano, che deve diventare un interlocutore privilegiato per i Reali Siti sul terreno di un’efficace «alleanza strategica», orientata alla valorizzazione del territorio in termini di turismo archeologico e culturale in senso lato. Ordona (con il suo immenso patrimonio archeologico) e Ascoli (con il suo parco pensato come sistema integrato tra natura, archeologia e tempo libero) potrebbero davvero costituire un binomio formidabile, oltre che un volano importante ai fini dello sviluppo del territorio, perché la cultura è strettamente collegata all’economia ed essa, se intelligentemente veicolata, può diventare risorsa, investimento e crescita per un intero comprensorio. Orbene, dalle parole dei sindaci intervenuti è emersa in modo chiaro la volontà di proseguire il viaggio intrapreso nel dicembre del 2008, anche se saranno i fatti dei prossimi mesi a dire se domenica sera (18 settembre 2016) si sono ancora una volta dette parole al vento o se c’è davvero l’intesa sulla decisione di cambiare strada, perché ormai si è giunti

ad un bivio: o l’Unione, infatti, decide di mettere in campo un’efficace azione trasformatrice della sua funzione sul territorio, con l’inderogabile apertura al diveniente, oppure è destinata a scivolare verso il deserto di un’opaca esistenza politico–amministrativa, se non addirittura verso la sua totale nullificazione. Così anche per Franco Luce ed Alfonso Maria Palomba, intervenuti nel dibattito nella fase finale quali testimoni del segmento iniziale del cammino dell’Unione. Da controcanto, poi, ha funzionato l’altro evento, quello della premiazione di sei personalità del territorio (Reali Siti più Ascoli Satriano, per ora uniti solo in una virtuale «alleanza», che aspetta di tradursi in atti amministrativi), che si sono distinte nei vari campi della cultura e delle professionalità militanti e che provano in modo inequivocabile come il nostro comprensorio abbia intelligenze, risorse e capacità tali da favorire il decollo del territorio in termini di crescita sociale e di sviluppo economico. Hanno così ottenuto il trofeo «Carolina Pugliese»: Anna Maria Cardillo (Ortanova), architetto; Antonio Ventriglio (Carapelle), psichiatra; Maria Solomita (Stornara), insegnante; Potito Quercia (Stornarella), docente universitario; Annie Ninchi (Ordona), alla memoria, annunciatrice dei primi tempi della Rai TV; don Antonio Silba (Ascoli Satriano), vigile custode dell’Archivio storico diocesano. Due eventi particolarmente significativi, due semi di futuro all’interno di uno scenario di iniziative importanti, orientate a disseminare sul territorio, riuscendoci in pieno, una sorta di «effervescenza culturale», alla quale ormai Annito di Pietro e il suo staff di collaboratori hanno abituato le popolazioni dei 5 Reali Siti e di Ascoli Satriano anche. Sono stati presentati, durante la settimana, ben 5 libri: per la poesia, Ospiti di infinito di Franco Luce di Stornarella (a cura della prof.ssa Rina Di

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Giorgio Cavaliere – 12 settembre) e Poesie e racconti tra i giochi del cuore di Rocchina Morgese di Ortanova (a cura del prof. Franco Bellino dell’Università di Bari – 14 settembre); per la narrativa, Come un aquilone di Duilio Paiano (a cura del prof. Alfonso Maria Palomba – 13 settembre); per la saggistica, Anna Matera. La passione e l’intelligenza di una donna socialista di Michele Galante (a cura del direttore de Lo sguardo sui 5 Reali Siti, Michele Campanaro – 16 settembre) e Geostoria della lingua italiana di Trifone Gargano, docente dell’Università di Foggia (a cura della prof.ssa Paola Grillo – 17 settembre). Il 15 settembre, invece, è stato interamente dedicato alla pittura e alla fotografia, con l’esposizione di opere di Concetta Russo, di Daniele Ficarelli, di Alfredo Ingino e dell’artista carapellese Riccardo Faccilongo. Non è mancato, poi, lo spazio per la musica, dal concerto della soprano Nadia Divittorio (tenutosi, il 13 settembre, presso la chiesa dell’Addolorata di Ortanova sulle scenografie della VideoArt di Miguel Gomez) al bel canto di Rossella Tarateta (14 settembre) e allo spettacolo Made in Italy di domenica 18 settembre, tenutosi al termine di tutte le iniziative programmate. Anche lo sport ha trovato accoglienza nell’ ambito della Settimana della cultura, con la premiazione di giovani atleti distintisi nella varie attività, così come hanno suscitato grande interesse alcuni sceneggiatori di casa nostra e alcuni registi impegnati sul versante del cinema, doverosamente premiati per il loro impegno professionale. Un vero successo, dunque, per l’Associazione L’Ortese e per il suo vulcanico presidente, Annito Di Pietro, oltre che per l’amministrazione comunale, che ha patrocinato l’intera manifestazione, costantemente presidiata dagli assessori Nicola Maffione e Antonio Attino, oltre che dal sindaco relativamente alla serata di domenica 18 settembre. A.M.P.

l lavoro, nelle sue diverse forme ed applicazioni, come dice la Costituzione. Ma soprattutto il lavoro sfruttato dei braccianti (migranti o meno) sotto il sole di Capitanata, impegnati per pochi euro al cassone nella raccolta del pomodoro, per poi risalire attraverso gli altri anelli della filiera agroalimentare: agricoltori, trasporto, industrie di trasformazione, grande distribuzione. Il 29 settembre a Foggia, con CinemaFelix all’auditorium Santa Chiara, si è parlato di tutto ciò, provando a sciogliere i nodi, a riflettere, a cercare nuove soluzioni. All’auditorium Santa Chiara nella rassegna “Il lavoro nell’obiettivo”, organizzata dal Circolo CinemaFelix, costola della Fondazione Apulia Felix e il sostegno del Comune di Foggia - Assessorati alla Cultura e all’Istruzione, con «La Filiera non Etica – dai campi ai supermercati», il nuovo reportage-documentario di Antonio Fortarezza seguito da un pubblico dibattito. Il 30 settembre prima un convegno scientifico-professionale, una tavola rotonda tra gli attori sociali ed istituzionali e, in serata, al Cineporto di Foggia, con la selezione dei cortometraggi che hanno partecipato al I Festival dei corti ‘Metropolis’ svolto a Matera nel luglio di quest’anno. Il 3 e 4 ottobre incontri presso il Museo Civico di Foggia tra volontari impegnati nel sociale e i ragazzi delle scuole.


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Una questione di stringente attualità

La iniqua distribuzione della ricchezza: intese globali, lungimiranti e tempestive

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e ricchezze mondiali tendono a concentrarsi sempre più in pochissime mani. Già due anni fa lo studioso francese Thomas Piketty aveva pubblicato un poderoso volume (Il capitale nel XXI secolo, Bompiani) in cui si evidenziava il meccanismo perverso che portava a una distribuzione sempre più iniqua delle risorse globali. Nelle scorse settimane se ne è occupato l’Oxfam, una confederazione mondiale specializzata in aiuto umanitario e progetti di sviluppo. Ecco i numeri. Era stato previsto che entro il 2016 l’1% della popolazione mondiale avrebbe posseduto più del restante 99%; le ultime risultanze rivelano che questo risultato è stato raggiunto addirittura con un anno di anticipo. Come corollario, 62 persone detengono metà della ricchezza mondiale, mentre 5 anni fa i “paperoni” erano 388. In Italia tra il 2000 e il 2015 l’1% dei ricchi ha beneficiato di un aumento di ricchezza 20 volte superiore a quello destinato al 20% più povero degli italiani. Il processo di concentrazione avanza come uno schiacciasassi e gli studiosi concordano nel ritenere che sia frutto della globalizzazione, fenomeno per cui i mercati e gli operatori diventano prevalentemente globali, muovendosi su scala mondiale alla ricerca delle migliori condizioni. L’apertura dei mercati è stata salutata originariamente con favore anche nei Paesi in via di sviluppo, perché la libertà di commercio, il movimento dei lavoratori creavano opportunità anche in quei Paesi che attraevano gli investimenti grazie al basso costo della manodopera. Ben presto però si è verificato che il gioco non era equo, perché l’investimento era stato finalizzato soltanto all’utilizzazione di manodopera con modeste pretese e non anche al trasferimento delle conoscenze, che avrebbe consentito a quei Paesi di progredire in autonomia. I grandi gruppi mondiali hanno così acquisito una incredibile potenza e si muovono ormai in autonomia, anche senza il sostegno degli Stati, che – oltretutto – non riescono a formulare delle regole di comportamento. È notizia di questi giorni l’acquisizione da parte della tedesca Bayer (chimica e farmaceutica) dell’americana Monsanto (pesticidi, diserbanti e sementi), con la creazione di un colosso che deciderà il destino dell’agrochimica mondiale, con il monopolio dei fitofarmaci, il controllo delle sementi, l’espansione degli Ogm e i rischi gravi per la biodiversità. Oltre alle guerre nei Paesi d’origine, sono proprio gli accentuati squilibri di ricchezza a determinare le ondate migratorie che alcuni Paesi cercano di arginare costruendo muri che ci riportano indietro di secoli. L’immigrato diventa quello che toglie il lavoro e il malcontento trova sfogo nell’urna elettorale, punendo i partiti tradiziona-

li incapaci di governare il fenomeno e privilegiando formazioni di ispirazione populista. Si osserva, tuttavia, che alla base di tale reazione non ci sia uno specifico disegno politico; è piuttosto il segno di una lacerazione del tessuto sociale che oppone i poveri ai ricchi, gli acculturati ai soggetti poco scolarizzati e che si traduce in una lotta generale contro il sistema del potere, contro coloro che decidono il destino di tutti. Come se ne esce? Difficile trovare soluzioni. Il processo di liberalizzazione e di deregulation è stato tumultuoso ed è avvenuto così rapidamente che è stato paventato solo da poche menti avvertite. Le loro preoccupazioni sono rimaste senza esito e ora i decisori si trovano ad affrontare una situazione quasi disperata, perché la politica è stata surclassata dalla potenza della finanza (anche speculativa), che è capace ormai di condizionare la sorte di interi continenti e di milioni di persone. La corsa affannosa all’autorealizzazione individuale ha creato fortune planetarie che è difficile scalfire con iniziative dei singoli Paesi. Per fronteggiare i grandi gruppi, che perseguono finalità esclusivamente aziendali, occorrerebbe un’azione coordinata degli Stati, organizzata su scala sovranazionale e francamente non si può proprio dire che una tale struttura sia all’orizzonte. Basti pensare al balbettio inconcludente che si registra intorno al tema scandaloso dei paradisi fiscali, per toccare con mano l’impotenza di un sistema che condanna a parole altisonanti l’evasione fiscale, ma poi custodisce gelosamente le proprie banche dati che, se messe in comune, potrebbero fornire risultati interessanti. La contesa tra nani politici e giganti finanziari è assolutamente impari. Occorre allora uno sforzo culturale e filosofico che distingua la semplice crescita economica dallo sviluppo umano; un impegno che destituisca il Pil dal trono su cui l’abbiamo insediato (che – paradossalmente – si incrementa anche con le guerre e i terremoti) e lo sostituisca con altri indici più complessi, armonizzando efficienza con equità e rimettendo al centro la persona invece delle cose, la solidarietà invece dell’egoismo, la dignità al posto dello sfruttamento. Sono questi gli elementi che determinerebbero la qualità della vita e che dovrebbero dare sostanza a quello che la stessa Dichiarazione di indipendenza americana chiama diritto al perseguimento della felicità. L’indice postPil potrebbe essere l’Isu, Indice di sviluppo umano, che è più significativo, perché valorizza persone e relazioni, oltre alle cose materiali. Siamo convinti che una graduatoria internazionale redatta in base all’Isu cambierebbe di molto quella attuale del Pil.

Occorre in sostanza realizzare la svolta verso una globalizzazione “illuminata”, come la definisce Jeffrey Sachs (La fine della povertà, Mondadori). Una via potrebbe essere quella di attivare meccanismi di compensazione in favore dei Paesi e dei soggetti danneggiati dalla globalizzazione. E non sarebbe un dono grazioso, ma la presa d’atto che la disuguaglianza eccessiva è un ordigno che minaccia di esplodere. Per tentare di neutralizzarlo

occorrerebbe creare un’attenzione generale simile a quella che sembra ormai acquisita verso l’ambiente del pianeta. La distanza tra ricchi e poveri interessa tutto il globo; non è ineluttabile, ma sarebbe inutile tergiversare puntando su tentativi di singoli Stati. Occorrono intese globali coraggiose e lungimiranti per disinnescare l’ordigno, ma non abbiamo molto tempo… Vito Procaccini

La toponomastica del Gargano in un convegno a Valencia

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ella città spagnola si è tenuto nei giorni 8-10 settembre un convegno sull’Onomastica. La mia relazione ha avuto come oggetto la toponomastica del Gargano «Ancora toponomastica del Gargano». «Ancora» perché lo studio presentato al convegno è la prosecuzione di quello, in fase di pubblicazione, per la Miscellanea in onore di una collega, specialista di onomasiologia e ordinaria nell’Università di Torino, promotrice e animatrice di un dottorato sulla materia al quale abbiamo aderito (Università di Bari) insieme a Pisa (Università). Il titolo dell’intervento per quella Miscellanea «Macrotoponomastica e Microtoponomastica del Gargano». Per la Macrotoponomastica: Apricena (da La Porcina, già in documenti antichi e cosa abbastanza nota agli studiosi), Mattinata (dal nome comune, come in documenti antichi del Seicento – Cabreo di S. Leonardo di Siponto –, ma non mancano quelli più antichi – ‘una serie di ‘matine’ cioè di terreni fertili con le culture pregiate, come l’olivo e tuttora in uso, ad es. in Lucania; è una proposta nuova), Tremiti/Termiteto/Tremeticchio (hanno la loro radice nel lat. Termes, – ITIS, il significato ‘olivo selvatico’ quello dei dialetti pugliesi), Zapponeta/Zappeneta (ha la sua origine in Sappinus ‘il pino’, in particolare il Pinus Alepensis). Più interessante la Microtoponomastica: Buccolo/Buccolicchio/Boccolicchio ‘canale di scolo, acquaio’ a Manfredonia, sul Gargano e nella parte settentrionale della provincia barese); Pontone/Puntone ‘colle roccioso, sperone, costa’, ma anche ‘angolo di strada’; Spuntone/Spontone ‘sporgenza, roccia acuminata che sporge nel mare’ (nell’Italia meridionale e in Sicilia); Pariti (località in territorio del Comune di Manfredonia, ‘muro a secco’ <Paries, -Ietis, tuttora in uso nel dominio bareseggiante e così anche a Manfredonia e sul Gargano si doveva indicare quella che oggi in dialetto si chiama macéra); Vadde de la vecchia , in territorio di Mattinata, col significato di ‘strega’, da collegare a Stregara con lo stesso significato; questi esseri erano i padroni dei luoghi isolati. Andrebbe ricordata la valle dello Scazzamuriello. Infine Stinco < *Lestincus < Lentiscus. Lungo questa scia si colloca la relazione al Convegno di Valencia. Da ricordare i toponimi che riguardano la campagna: Aira del vardaro (‘area del Bastaio’), nel tenimento di Vico del Gargano, citata anche in documenti del sec. XII (Regesto di San Leonardo di Siponto); Vadde de la scàpula ‘dove si tengono in libertà i cavalli’ nel territorio di Mattinata, Stingete, nel territorio di Manfredonia, da collegare al top. Stinco; Caprara/Capperara/Capraia (addirittura toscanizzata) una delle isole Tremiti, peraltro disabitata, ma così già nel Seicento, con le piante di capperi (ed è questo il nome vero). I toponimi che riguardano la costa: Giale/Sciale ‘spiaggia’, che ci rinvia al serbo-croato žal appunto ‘spiaggia’. E poi… Nappitello (it. ‘nèpeta’), Ruggiano/Ruggianello (Rudius + suff. –ano prediale, comparativo neutro di agg. Rudis), Macerone (v. macera ‘muro a secco’+ suff. accr. –one), cargno/cragno ‘mucchio di pietre’ < gr. kranìon ‘cranio’; Sperlonga < Spelunca con epentesi di rotata. Conclusioni. Per la ricerca sulla Toponomastica, sono necessarie la conoscenza diretta del territorio e delle condizioni linguistiche, in particolare del lessico, nonché la documentazione storica (v. ad es. la questione di caprara/capperara). È bene tener presente la scarsa affidabilità delle rilevazioni precedenti. Ci si riferisce alle carte dell’IGM (Caprara 1896, addirittura Capraia 1909, 1954, 1977). Pasquale Caratù


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L’UNITRE ha ricordato il falegname Michele Cera

Gli artigiani di San Marco in Lamis e il contributo di cultura per la comunità

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i è parlato di artigiani e artigianato a San Marco in Lamis in un incontro organizzato dall’Associazione UNITRE e svoltosi lo scorso 17 settembre. E in tale occasione è stata ricordata la figura di un artigiano del luogo che in quella comunità ha creato manufatti di gran pregio: il falegname Michele Cera. Si sa che oggi sopravvivono pochissime botteghe artigianali e in tante realtà, anzi, se n’è persa ogni traccia. E tuttavia è importante quantomeno che non se ne perda memoria anche perché il lascito prezioso dell’artigianato non è solo il complesso delle cose che esso ha saputo creare, e nei settori più diversi, quanto quello che ha saputo esprimere sul piano civile, morale e culturale, dando vita a un tipo di vita comunitaria fondato su certi valori come il rispetto, la fedeltà, la solidarietà. Dopo i saluti portati dal presidente dell’UNITRE, Raffaele Cera, dal sindaco di San Marco Michele Merla, dal dirigente dell’Istituto scolastico «P. Giannone» Francesco Gorgoglione e dal segretario provinciale della Con-

fartigianato di Foggia Nicola Di Franza, vi è stato l’intervento di Matteo Coco che ha delineato magistralmente il ruolo che ha avuto l’artigianato nella storia della Comunità sammarchese. Egli ha rievocato anzitutto personaggi ed episodi, spazi e luoghi dove si è, meglio e più efficacemente, manifestata l’attitudine degli artigiani sammarchesi che, pur non avendo studi e formazione di alto rango, con la loro intelligenza e la loro passione hanno saputo darci manufatti in oro, argento, pietra, ferro, legno, stoffa, ecc. di straordinaria bellezza. Matteo Coco ha anche rimarcato il fenomeno del tutto singolare della diffusione nel mondo artigianale sammarchese della passione della musica in generale e di quella lirica e sinfonica in modo particolare. Si spiega così la presenza di molti artigiani nella banda cittadina e anche la competenza con cui si commentavano i concerti che si tenevano sulla cassarmonica situata nella villa comunale. Nasce da questo connubio tra capacità di lavoro e passione musicale una

visione del modo di vivere lo sviluppo della propria Comunità indirizzandolo verso traguardi di bellezza, di cultura e di civiltà. Di tutto questo ha parlato Matteo Coco che non ha mancato di evidenziare anche il ruolo che hanno avuto in tutto ciò alcune donne, maestre di ricamo e di cucito, e punto di riferimento di tante giovanissime allieve. Ha fatto seguito, poi, l’intervento di Antonio Cera che in modo sintetico ha rievocato la figura di suo padre, Michele Cera, un artigiano d’eccezione che è stato un maestro nella lavorazione del legno e di cui rimangono in tutta San Marco testimonianze significative della sua capacità professionale. Nel ricordare la sua persona e la sua opera si è voluto anche fare memoria

Motta Montecorvino: uno sguardo alle radici per non dimenticare le origini I S

ignificativa e accattivante manifestazione, all’interno del programma dell’estate di Motta Montecorvino, dedicata alla valorizzazione delle radici. «Uno sguardo alle radici» è stato il tema guida di una serata estiva che ha inteso riproporre un aspetto che nelle piccole comunità del nostro territorio è ancora molto sentito ma che rischia di affievolirsi con il susseguirsi delle generazioni: quello, appunto, del senso di appartenenza ad una storia, ad una civiltà, alle tradizioni. L’evento, dovuto alla sagacia e alla sensibilità di Matteo Gramegna, direttore del Museo della civiltà contadina, della sorella Margherita e della consorte Lucia De Matteis, ha sviluppato il tema attraverso la proposizione di momenti artistici diversi tra loro ma con l’unico obiettivo di valorizzare l’importanza delle origini. E così la poesia e la musica, la pittura e la danza popolare si sono alternate allietando il numeroso pubblico intervenuto con l’esibizioni di protagonisti di primo piano che hanno avvinto e coinvolto i presenti, con la conduzione sicura e volitiva del giornalista Giucar Marcone. Per la musica si è esibito il Quartetto dell’orchestra «Teatro Garibaldi» di Lucera; per la poesia è stato proposto un reading della poetessa Giusi Fontana; per la pittura sono state esposte opere degli artisti mottesi Francesco Petti e Stefania Piccirilli; per la danza popolare Pasquale Travaglio col suo gruppo «Circolo Circasso» di Foggia. L’Orchestra Giovanile «Teatro Garibaldi» è stata fondata diversi anni orsono da Fabrizio Rongioletti (violino) che con gli altri componenti Francesco Clemente (clarinetto), Domenico De

Biase e Mario Longo (violoncello) si è esibito della serata mottese. Giusi Fontana ha già pubblicato due pregevoli sillogi: Impercettibili e Con la prossima luna, due raccolte che contengono fotografie scattate dalla stessa poetessa. La poesia di Giusi Fontana ha la peculiarità di essere intimamente soggettiva, ma anche profondamente corale, poesia ricca di felici intuizioni capace di suscitare emozioni nel lettore. Francesco Petti vive a Cesano Boscone dove si è imposto per il suo impegno sociale e per il suo contributo alla cultura di quel paese. Ma non ha mai dimenticato questo angolo del PreAppennino, anzi ne ha diffuso la conoscenza nei luoghi che ha frequentato durante il suo percorso artistico e professionale. La sua pittura sa rendere la realtà che lo circonda senza filtri di carattere concettuale o ideologico. Stefania Piccirilli, altra mottese. Dai suoi quadri emerge la grande sensibilità poetica ed espressiva, genuina e spontanea. Nelle sue figure si intravede l’anima di eterna sognatrice, capace di conferire alle immagini la magia e il colore della vita. Alla ricerca continua della perfezione, sa raggiungere vette di alta espressività con un linguaggio pittorico sincero ed immediato. Pasquale Travaglio da anni collabora con le scuole elementari della nostra provincia con progetti di danza educativa per avvicinare i più giovani ad iniziative in cui vengono valorizzati i principi della collaborazione e del rispetto dell’altro. Il «Circolo Circasso» propone un ballo popolare molto diffuso in Italia e in Francia, probabilmente originario della Scozia e ora ballato in tutta l’Europa occidentale. M.M.

di tanti artigiani e artigiane che hanno dato lustro alla città di San Marco nelle molteplici attività che ne hanno esaltato sia la passione sia la competenza. È ancora ricco il patrimonio che essi hanno donato alla Comunità attraverso i decenni e che fa bella mostra di sé sia all’aperto sia nel chiuso delle dimore cittadine. Sarebbe auspicabile che se ne facesse una ricognizione e una documentazione fotografica ad evitare il rischio che se ne perda ogni possibilità di ricordo. Quello che è successo ad Amatrice, Accumoli e Arquata del Tronto deve pur insegnare qualcosa. Raffaele Cera

Spero in un’Italia solidale!

l triste evento che ha colpito il centro Italia, soprattutto i comuni di Accumulo, Amatrice (Rieti), Arquata del Tronto (A. P.), ha lasciato il nostro paese e il mondo attoniti. Non vi è dubbio che chiunque ha potuto si sia recato sul posto per cercare di dare aiuto in ogni modo, in collaborazione con la Protezione Civile, come sempre in prima linea. Naturalmente occorre pensare al futuro per far sì che al popolo disastrato sia data la possibilità di ricostruire le abitazioni e l’intera comunità. Il Governo ha fatto le sue promesse: in primis tre miliardi all’anno. A mio modesto avviso, quanto detto sarà di difficile attuazione, visto il deficit nazionale. È facile prelevare denaro in prestito dalle banche o altrove, ma questo evidentemente aumenta il debito pubblico. Quello che si potrebbe fare, magari anche con un decreto, è elementare. Basterebbe reperire denaro dalle pensioni d’oro e dagli stipendi alti oltremisura. A ciò si potrebbe aggiungere la solidale partecipazione delle confessioni religiose che operano in Italia. Ogni giorno ci sentiamo dire che siamo tutti fratelli, questa è una buona occasione per rendere pratico tale pensiero. Non bastano le preghiere e le promesse, occorrono i fatti!... Non c’è più tempo da perdere, se vogliamo che la nostra società si trasformi in una comunità veramente democratica, giusta e solidale, capace di vivere con lo stesso spirito e nella reale condivisione, i momenti belli e quelli meno belli. In questo consiste la vera solidarietà! Alfonso Nota

Alfonso Nota scrive…

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a sempre, attento osservatore di ciò che vivono le donne ancora oggi, Alfonso Nota non demorde e si rivolge alla Casa Internazionale della Donna, con sede a Roma, in via della Lungara, 19. Di seguito la sua missiva. Mi presento come docente in pensione di Materie letterarie nella scuola media di I grado. Poiché ho avuto sempre l’hobby di scrivere, attualmente sono alle prese con un’opera che si occupa dell’universo femminile. Lo scritto è quasi completo. Si tratta di una ricerca documentata e commentata, a mio giudizio, dal punto di vista umano, filosofico-scientifico. In questo momento sto cercando di migliorare la parte più importante, dopo aver studiato attentamente l’opera dello psicologo Erich Neumann «La psicologia del femminile» assieme all’altra «La grande Madre». So che sono opere di psicanalisi, ma credo che forse non riusciremo mai a risolvere il problema se non ci soffermiamo sul subconscio femminile, il quale, per certi versi, porta al masochismo; se l’uomo non si sforza di capire quanto sia importante proteggere e rispettare le donne. Tutto questo se si vuole migliorare la società dell’avvenire, se vogliamo abbattere tabù che durano da secoli. Nella speranza di riuscire a fissare un incontro per un colloquio, colgo l’occasione per inviare distinti saluti. Alfonso Nota Alfonso.Nota@teletu.it


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Festival della dieta mediterranea a Lucera e Alberona

Dalla Provincia a cura di mauro Galantino

rganizzata dal Club per l’UNESCO di Alberona, presieduto dalla dottoressa Orfina Scrocco, e dal Club per l’UNESCO di Lucera, presieduto dall’architetto Carmine Altobelli, si è svolta la IV edizione del Festival della dieta mediterranea, sul tema Lo stile di vita è per sempre. La tre giorni di spettacoli, show cooking, visite guidate e convegni con relatori scientifici provenienti da tutta Italia ha goduto del patrocinio e della collaborazione delle Amministrazioni comunali di Alberona e di Lucera. La ricerca, in questi anni, ha dimostrato che la combinazione tra la dieta mediterranea e una costante attività fisico-motoria previene l’insorgenza di numerose malattie. La dieta mediterranea, come risaputo, è caratterizzata più che da singoli alimenti, da una combinazione perfettamente bilanciata di frutta e verdura, pesce, cereali e grassi polinsaturi, con un ridotto consumo di carni e latticini e l’assunzione moderata di alcol, principalmente di vino rosso. Il valore di questa dieta risiede nella sua capacità di preservare lo stato di salute, al punto che l’Unesco l’ha dichiarata, nel 2010, patrimonio dell’umanità. Alberona, dove si sono svolti i primi due giorni del Festival, e Lucera, che ha ospitato la giornata di chiusura, si trovano nel cuore della Capitanata, uno dei fulcri più importanti dell’agricoltura italiana grazie alla produzione di grano duro, olio, vino, ortaggi e frutta. Un immenso patrimonio di eccellenze alimentari e di biodiversità che rappresentano parte fondamentale della cultura di un vasto territorio «cerniera», ponte verso le altre regioni del Mezzogiorno e i Paesi del Mediterraneo.

Partito da Lecce, il Camper del Roadshow ReD ha fatto tappa anche a Troia per spiegare ai cittadini, alle imprese e a chiunque sia interessato, il ReD, Reddito di Dignità regionale, una misura della Regione Puglia di contrasto alla povertà ed esclusione sociale. La misura prevede un percorso di inclusione sociale attiva poiché offre, oltre a un trasferimento economico ad integrazione del reddito familiare, la partecipazione a tirocini e progetti di sussidiarietà, nonché l’attivazione di servizi di sostegno al nucleo familiare, quali ad esempio asili nido e assistenza domiciliare educativa. Sul Camper RED viaggia un team pronto a fornire informazioni e dettagli sia ai cittadini sia alle aziende.

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Tela di Santa Chiara, la Fondazione Banca del Monte finanzierà il restauro

Anche a Troia è giunto il camper del ReD

S. Agata di Puglia: mostra delle macchine di Leonardo Presente il sindaco Gino Russo, è stata inaugurata il 17 settembre, presso le sale esposizioni e multimediali del Castello di Sant’Agata di Puglia, la «Mostra rassegna delle Macchine di Leonardo Da Vinci» con la quale il Comune di Sant’Agata di Puglia ha voluto aprire la programmazione autunnale delle proposte culturali e di promozione turistica. La mostra, che rientra nel progetto più ampio denominato «Tour delle macchine di Leonardo per i castelli della Daunia e dell’Irpinia» è realizzata in collaborazione con il Comune di Caposele, unitamente alla Pro Loco di Caposele e all’Associazione di promozione sociale e culturale «Liberamente» di Rocchetta Sant’Antonio.

Apricena: manifestazioni alla corte di Federico II

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a Fondazione Banca del Monte di Foggia finanzierà il restauro del quadro raffigurante Santa Chiara, un importante dipinto ad olio del XVIII sec. attribuito alla scuola del Solimena, custodito presso la pinacoteca del Museo Civico del capoluogo. L’intervento sarà realizzato avvalendosi del pacchetto di norme noto come Art bonus, il decreto entrato in vigore nel luglio del 2014 contenente nuove misure in materia di tutela del patrimonio culturale, sviluppo della cultura e rilancio del turismo. La tela di Santa Chiara (m 2,78 x m 1,55, per complessivi mq 4,30), il cui restauro è stato affidato a Loredana Mastromartino, è conservata nel Museo Civico fin dalla riapertura dopo la seconda guerra mondiale. In questa pregevole opera la Santa è rappresentata tra gli angeli con un ostensorio nella mano destra e, in primo piano, con un angelo di maggiori dimensioni inginocchiato in preghiera, mentre sullo sfondo si intravedono architetture classiche con panneggi. Attribuito ad un allievo dell’Abate Ciccio, soprannome di quel Francesco Solimena che fu artista di spicco e caposcuola del tardo barocco napoletano a cavallo tra il XVII ed il XVIII secolo, molto probabilmente realizzato per la Chiesa di Santa Chiara (oggi Auditorium), il dipinto attende da anni di essere recuperato, come è risultato evidente dall’indagine effettuata sull’opera che ha certificato l’assenza di tracce di importanti interventi precedenti. Il restauro della tela, infatti, interesserà il centinato, particolarmente lacerato, il telaio, che andrà sostituito e rifoderato, e si concluderà con una robusta quanto indispensabile operazione di stuccatura e pulizia.

Il pittore Muré per le popolazioni terremotate di Lazio e Marche

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opo i successi di Hollywood, New York Washington e Agrigento, il premio Biennale «Trofeo Vela d’Oro» (Cesenatico, 25/06/2016)), la nomina ad ambasciatore dell’arte nel Mediterraneo (ad opera dell’Accademia Internazionale dei Dioscuri, Roma, 28/05/2016), la personale al Palazzo Ateneo (Foggia, 13 giugno-15 settembre 2016), l’incontro presso la Santa Sede con Papa Francesco (01/07/2016), il talentuoso pittore di Capitanata, Pasqualino Festa «Muré» mette a disposizione le sue opere per aiutare le popolazioni colpite dal terremoto del centro Italia. Come Athos Faccincani, Muré donerà tre opere – Luce, Marakessya e Ninfee estive – alla mostra di beneficienza organizzata da «Effeci edizioni Francesco Chetta editore – Milano» a Milano. Il prezzo di realizzo dalla vendita (simbolico con offerta libera di partenza) sarà assegnato alla maggiore offerta ricevuta. Il ricavato sarà devoluto ai terremotati di Amatrice e delle zone limitrofe. Chetta, giornalista, gallerista ed esperto d’arte, vanta nel suo palmares la direzione artistica di «Arte» e «Artista Plástico» ed è uno dei nomi più attivi ed autorevoli del panorama artistico nazionale. “Sono lieto di poter dare il mio piccolo contributo ad una causa così grande e importante – ha affermato Muré –; l’Arte è anche e soprattutto questo per me: attenzione ai problemi della società e alle grandi emergenze”, afferma Muré.»

Rievocazioni, musica, danze, banchetti e animazione alla corte di Federico II. Il 3 e 4 settembre Apricena si è vestita di Medioevo con la manifestazione «Apricena Medievale», voluta dall’Amministrazione Comunale in collaborazione con il Palazzo della Cultura. “Due giorni – ha spiegato l’assessore alla Cultura Anna Maria Torelli – in cui nella nostra Città si tornerà a vivere uno dei periodi più floridi della nostra storia, con interessanti spunti culturali. Proseguendo sulla scorta delle iniziative culturali sul Medioevo che abbiamo proposto negli anni scorsi, quest’anno abbiamo voluto allestire una manifestazione che sapesse coniugare la cultura a momenti di divertimento, con l’obiettivo primario di ricordare le nostre radici storiche».

Operativa la residenza Villa Rosa di Alberona Ha aperto operativamente l’R.S.S.A. per anziani e disabili «Villa Rosa” di Alberona. Il personale dell’RSSA ha accolto i primi ospiti e dato avvio a tutte le attività che si andranno a svolgere. Villa Rosa possiede camere di ampia metratura arredate con la totalità dei comfort e con servizi igienici autonomi. La struttura assicura un elevato grado di assistenza nonché prestazioni riabilitative e sanitarie pianificate in base alle esigenze dei singoli pazienti, alla diagnosi ed all’età. La residenza presenta al suo interno un’equipe multidisciplinare messa a disposizione dalla Cooperativa San Riccardo Pampuri.

Torremaggiore: due cittadini insigniti del titolo di Biopatriarca Il Dipartimento di Scienze Agrarie, degli Alimenti e dell’Ambiente dell’Università di Foggia ha conferito ai cittadini di Torremaggiore Emilio Lamedica e Felice Lamedica il titolo di Biopatriarca, per l’impegno e il lavoro svolto nella tutela della Biodiversità Orticola dei Monti Dauni. La cerimonia di premiazione si è svolta a Monteleone di Puglia alla presenza dell’assessore Luigi Acquafresca. Il loro impegno e la loro testimonianza siano da esempio e monito per le future generazioni: tutelare la biodiversità significa tutelare la vita sulla terra. Il sindaco Pasquale Monteleone e l’Amministrazione comunale di Torremaggiore ringraziano i fratelli Lamedica per il lavoro svolto con dedizione e il traguardo raggiunto.

Manfredonia: programmato mercatino di Natale nel fossato del Castello Non è Natale senza Mercatini. Così, dall’8 dicembre sino al 6 gennaio prossimi, la magia della festa più attesa dell’anno è pronta ad avvolgere Manfredonia con i suoi tipici ed inconfondibili colori, sapori e suoni, riletti per l’occasione in chiave medievale. L’Agenzia del Turismo coordinata da Saverio Mazzone, di concerto con l’Amministrazione Comunale, organizza il «Mercatino di Natale al Castello», nell’ambito del progetto del Palio di Manfredonia, lanciato qualche mese fa. Nella suggestiva cornice del Fossato e, tra le Mura del Castello Medievale, recentemente riportato ad antico splendore, andrà in scena più di un mese di un ricco programma di attività di animazione e valorizzazione territoriale.


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CronAChe dellA CulturA

Biccari tra il 1870 e il 1931 di Giuseppe Osvaldo Lucera

Storie di stupri, omicidi infanticidi ed errori giudiziari

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iuseppe Osvaldo Lucera, presidente dell’Associazione Terra di Mezzo di Biccari, è studioso impegnato nella ricerca dei momenti più significativi della storia del suo paese e della Capitanata più in generale. Il suo filone prediletto è il fenomeno del brigantaggio, ma più recentemente si è dedicato ad un aspetto particolare della vita biccarese: storie di stupri, infanticidi, omicidi ed errori giudiziari avvenuti a Biccari tra il 1870 e il 1931. Ne è sortita una interessante trilogia i cui due ultimi volumi sono stati recentemente pubblicati e presentati nel corso delle manifestazioni culturali estive della cittadina dei Monti Dauni. Giuseppe Osvaldo Lucera, affronta nel secondo volume della trilogia, il fenomeno drammatico dell’infanticidio nel periodo storico tra il 1870 e il 1931 con particolare riferimento al territorio biccarese. Che cosa spinge una mamma a sopprimere il figlio appena nato? Può essere la disperazione, un modo distorto di difendere il proprio onore, ma anche la consapevolezza, dettata da uno stravolgimento della psiche che la fa ritenere inidonea a ricoprire il ruolo di madre. L’infanticidio è un delitto vecchio come il mondo, e non sempre erano le donne a perpetrarlo. Talvolta era legalizzato come nell’antica Grecia ai tempi di Licurgo e Solone che avevano emanato leggi che ne consentivano l’attuazione. Vittime sacrificali erano soprattutto le neonate che nelle famiglie più povere erano considerate un peso per l’impossibilità di assicurare loro la dote, una volta in età di marito. I figli erano considerati proprietà dei genitori che avevano il diritto di vita e di morte sui neonati che potevano essere soppressi entro il quinto giorno di vita. Per il filosofo Platone l’infanticidio era giustificato in caso di malformazione fisica o perché inadatti ad affrontare un domani le fatiche di una guerra ed erano gli anziani a decretare la soppressione dei malformati che

venivano lanciati tra i rifiuti dalla tristemente nota rupe Tarpea del monte Taigeto per essere poi sbranati da cani e belve feroci. Anche nell’antica Roma il neonato era sottoposto alla volontà del padre al quale spettava la decisione di lasciarlo in vita o meno, oppure di venderlo a trafficanti di esseri umani. Per la legge pompeiana (Lex Corneli de sicàris et veneficis), l’infanticidio non era punito penalmente se commesso dal padre, al contrario di quanto accadeva per la madre. Fu l’imperatore Costantino, nel 315 d.C. a emanare una legge che considerava l’infanticidio a tutti gli effetti un omicidio e a disporre che i bambini abbandonati dovessero essere assistiti dallo Stato. Nel Settecento assistiamo a numerose nascite considerate illegittime perché non sostenute dal matrimonio. L’infanticidio era la prassi. La maggior parte delle colpevoli erano giovani di bassa estrazione sociale, carnefici e vittime nello stesso tempo perché per necessità economiche cedevano alle voglie di uomini senza scrupoli.

Fino alla fine di quel secolo l’infanticidio era equiparato ai più gravi reati contro la persona, punito spesso con la condanna a morte. Nell’Ottocento il reato di infanticidio, se commesso su un neonato illegittimo, al fine di difendere il proprio onore veniva punito con una carcerazione da cinque a venti anni secondo la discrezionalità di chi giudicava e in base alle circostanze che avevano determinato il reato. Il primo codice utilizzato dopo l’unità d’Italia fu quello Sardo-Piemontese del 1859, in vigore fino al 1889, anno in cui fu approvato il codice Zanardelli. A proposito d’infanticidio, nell’art. 369 del nuovo codice si declamava testualmente che: «quando il delitto previsto dall’art. 364 (relativo all’omicidio volontario) sia ai danni di un infante non ancora iscritto nei registri dello stato civile e nei primi 5 giorni dalla nascita per salvare l’onore proprio, della moglie, della sorella, del discendente o della figlia adottiva, la pena è la reclusione da 3 a 10 anni». Il codice Rocco, entrato in vigore nel 1930, in materia d’infanticidio, prevedeva l’attenuante per chi sopprimeva il neonato non solo per le madri ma anche per chi, per motivi d’onore compiva l’odioso reato. Ora alcuni dati riferiti alle condanne per infanticidio dal 1896 al 1930. Totale condannati 1666 di cui 141 uomini e 1525 donne. In Puglia, solo limitatamente agli anni dal 1891 al 1917 le

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condanne per infanticidio furono tra uomini e donne 74. Purtroppo questo triste fenomeno continua anche ai nostri giorni e i mezzi di soppressione dei neonati sono sempre gli stessi come l’abbandonarli, anzi gettarli nei cassonetti dei rifiuti, nonostante ci sia la possibilità per chi rifiuta i figli di ricorrere a associazioni socio-sanitarie o a centri sociali religiosi e laici. Il terzo volume di Giuseppe Osvaldo Lucera è il racconto, anzi la cronaca documentata di un delitto avvenuto a Biccari il 29 agosto del 1900, delle indagini condotte, forse in maniera superficiale, e del relativo processo. E così anche un biccarese fu vittima di un errore giudiziario. Il primo errore giudiziario moderno avvenne nel 1630 con la condanna a morte di Guglielmo Piazza e Gian Giacomo Morra accusati di aver diffuso la peste con unguenti. Questo triste episodio è narrato da Alessandro Manzoni nella «Storia della colonna infame». Le vicende narrate dal Giuseppe Osvaldo Lucera nel terzo volume della trilogia offrono un quadro completo del processo agli inizi del ventesimo secolo. L’autore non si limita solo a riportare fedelmente gli atti processuali ma con spirito investigativo chiarisce alcuni lati non molto comprensibili dell’evento criminoso. Giucar Marcone


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L’Ateneo foggiano continua a incrementare e intensificare i rapporti, le collaborazioni e gli accordi didattico-scientifici con alcune tra le migliori università del mondo. Per il Progetto Erasmus ospita studenti provenienti da almeno 20 Paesi del mondo. Nel contempo intesse relazioni scientifiche per l’accoglimento di studenti foggiani, con Cina, Stati Uniti d’America, Canada, Europa, India e Federazione Russa.

L’UNIVERSITà AVVIATA VERSO UN DECISO PROCESSO DI INTERNAZIONALIZZAZIONE La novità dell’Anno Accademico che sta per iniziare è il Corso di laurea triennale in Scienze investigative – Si insegna a diventare investigatori e a scovare le tracce del reato

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o cominciato ad interessarmi di Scienze investigative circa cinque anni fa, quando il Ministero della Ricerca ha finanziato il mio progetto in tema di «Indagini scientifiche sulla scena del crimine». Negli ultimi anni stavamo assistendo a molti processi penali in cui, nonostante la massiccia presenza di tracce sulla scena del reato, non era possibile addivenire ad una sentenza certa. Da ricercatore, allora, cominciai a farmi molte domande. Chiesi al Ministero di finanziare questa ricerca e, con mio grande stupore, ottenni il finanziamento. Di lì, cominciò una bellissima avventura. Cominciai a parlare con gli ufficiali del RIS e della Polizia scientifica. Analizzai molti fascicoli processuali, quelli dei processi mediaticamente più importanti ma anche quelli meno noti. Parlai con i magistrati e gli avvocati. Andai a seguire le lezioni presso le scuole di formazione degli investigatori delle Forze di Polizia. E, dopo quasi tre anni, compresi che il cuore del problema risiedeva nel fatto che in Italia gli investigatori non erano ancora pronti a «processare» (cioè analizzare) le tracce che animano una scena del delitto. In verità, a differenza degli americani, noi italiani siamo molto bravi ad ascoltare testimoni o ad investigare reati di criminalità organizzata. Lo facciamo da decenni. Ce lo riconosce

il mondo intero. Ma siamo ancora immaturi nell’intervenire con professionalità sulla scena di un crimine riuscendo ad acquisire le tracce (impronte, sangue, saliva, sperma, fibre, vetri, vernici, ecc.) e, soprattutto, riuscendo a dare loro il valore probatorio sufficiente a convincere un giudice. Le tracce non possono non essere presenti su di un luogo in cui è avvenuta un’azione delittuosa. Solo l’errore umano può cancellarle, alterarle o dare loro un significato diverso da quello che hanno in origine. Si pensi, ad esempio, ad un bossolo. La sua posizione sulla scena (vicino al copro della vittima) fa sì che si possa ricostruire perfettamente (scientificamente) l’origine dello sparo. Ma basta che qualcuno con un piede lo calci via, e qualsivoglia tentativo di ricostruzione sparisce o (peggio ancora) viene deviato definitivamente. Di qui, nasce l’idea di istituire un Corso di laurea triennale in Scienze Investigative. Un corso nuovo che ha l’obiettivo di formare i futuri investigatori sia privati che pubblici, ossia coinvolti presso gli studi legali oppure inseriti nell’organico delle Forse di polizia. Un corso del genere non esiste in nessuna altra università italiana. La novità di questo corso è di essere incardinato presso il Dipartimento di Giurisprudenza. Infatti, l’obiettivo è proprio quello di formare giuristi (cioè

La professoressa Donatella Curtotti esperti di diritto) che sappiano compiere indagini sulle tracce del reato applicando gli ultimi ritrovati della tecnica e della scienza. Coniugare il diritto e la scienza è la vera novità di questo corso. Ecco perché accanto alle materie tradizionali, come diritto privato, diritto costituzionale, diritto penale e diritto processuale penale, nel corso dei tre anni vengono impartiti insegnamenti di Criminalistica (studio delle tracce), Digital forensics (studio delle prove digitali), Biochimica, Medicina legale, Psicologia investigativa. In più, accanto alla componente teo-

rica, il corso di laurea offre una consistente base di formazione pratica. Sono previsti due laboratori di dattiloscopia (impronte digitali) e gestione delle informazioni. Si insegneranno le tecniche di esame e controesame del testimone. Si insegnerà ad interrogare un consulente tecnico e a scrivere una relazione tecnica. Si faranno esercitazioni di sopralluoghi, di intercettazioni. Durante i tre anni, gli studenti potranno svolgere tirocini presso la Procura della Repubblica e presso studi legali, oltre che seguire alcuni insegnamenti all’estero per un periodo massimo di un anno. Al termine dei tre anni, il titolo di laurea consente di accedere alla professione di Investigatore privato oppure di partecipare ai concorsi presso le Forze di Polizia (non nel ruolo dirigenziale). Per i concorsi da dirigente oppure per quelli per esercitare la libera professione, occorre completare con altri due anni presso il corso di laurea magistrale in giurisprudenza, dove saranno riconosciuti tutti gli esami già effettuati. Inoltre, con il titolo di laurea triennale è possibile accedere al Master di Psicologia Investigativa presso l’Università di Foggia. Prof.ssa Donatella Curtotti Associato di Diritto Processuale Penale Università di Foggia – Coordinatrice del corso di laurea in Scienze investigative


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••• Dipartimento di Economia ••• (economia.unifg.it)

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••• Dipartimento di Scienze Agrarie degli Alimenti e dell’Ambiente ••• (agraria.unifg.it) Fonte: Università di Foggia

Corso di laurea triennale Economia Economia aziendale Corso di laurea magistrale Economia aziendale Economia e finanza Marketing management

••• Dipartimento di Giurisprudenza ••• (giurisprudenza.unifg.it)

Corso di laurea triennale Consulente del lavoro ed esperto di relazioni industriali Scienze investigative Corso di laurea magistrale a ciclo unico Giurisprudenza

Un momento del Festival della Ricerca e dell’innovazione Corso di laurea triennale Ingegneria dei sistemi logistici per l’agro-alimentare Scienze e tecnologie agrarie Scienze e tecnologie alimentari Scienze gastronomiche Corso di laurea magistrale Scienze degli alimenti e nutrizione umana Scienze e tecnologie agrarie Scienze e tecnologie alimentari

Fonte: Università di Foggia

Il Rettore professor Maurizio Ricci consegna al sindaco di Foggia il ricavato del Festival della Ricerca e dell’innovazione


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••• Dipartimento di Studi Umanistici,

Lettere, Beni Culturali, Scienze della Formazione •••

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••• Dipartimento di Medicina Clinica e Sperimentale ••• (medicina.unifg.it)

(studiumanistici.unifg.it) Fonte: Università di Foggia

Inaugurazione A.A. 2015/2016 con la presenza del Ministro Martina Corso di laurea triennale Lettere e beni culturali Scienze dell’educazione e della formazione Corso di laurea magistrale Filologia, letterature e storia Scienze pedagogiche e della progettazione educativa

Fonte: Università di Foggia

Corso di laurea triennale Dietistica Fisioterapia Scienze delle attività motorie e sportive Tecniche di laboratorio biomedico Tecniche di radiologia medica, per immagini e radioterapia Corso di laurea magistrale Scienze e tecniche delle attività motorie preventive e adattate Corso di laurea magistrale a ciclo unico Odontoiatria e protesi dentaria

••• Dipartimento di Scienze Mediche e Chirurgiche ••• (medicina.unifg.it) Corso di laurea triennale Infermieristica Corso di laurea magistrale a ciclo unico Medicina e chirurgia

Un momento dell’Open day


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••• Destinazione futuro •••

nisce informazioni sui servizi dell’Università di Foggia e divulga le modalità di fruizione di tali servizi e iniziative.

L’Università degli Studi di Foggia, nata con Decreto Ministeriale del 5 agosto 1999, è un Ateneo giovane, ma con grande attenzione alla didattica, alla ricerca e ai suoi studenti. Articolata in sei Dipartimenti: Economia, Giurisprudenza, Scienze Agrarie degli Alimenti e dell’Ambiente, Scienze Mediche e Chirurgiche, Medicina Clinica e Sperimentale e Studi Umanistici, Lettere, Beni Culturali, Scienze della Formazione, l’Università di Foggia conta oggi circa 10.000 iscritti e si colloca al secondo posto della classifica generale dei Piccoli Atenei statali, elaborata dalla Grande Guida de La Repubblica, per l’anno accademico 2016-2017 (http://static.repubblica.it/speciali/ guide/atenei_statali.pdf). Tra didattica, internazionalizzazione, alta formazione, attività di ricerca, servizi agli studenti, iniziative culturali e novità nell’Offerta Formativa, come il nuovo Corso di Laurea triennale in Scienze Investigative, l’Ateneo foggiano ha ormai accreditato la sua immagine a livello nazionale e intensificato anche i rapporti con il Territorio, migliorandone la qualità della vita.

••• Eventi Culturali •••

••• Internazionalizzazione •••

In 17 anni di autonomia, l’Università di Foggia ha dato lustro al Territorio anche attraverso l’organizzazione di numerosi eventi. Tra questi è giusto ricordare le inaugurazioni degli anni accademici che hanno portato in Città istituzioni politiche, ma anche personaggi di chiara fama come Piero Angela o Furio Colombo. Da segnalare, inoltre, i conferimenti delle Lauree Honoris Causa, 15 in totale, riconosciute a Mario Verdone, Joseph Tusiani, Raffaele Nigro, Tommaso Gozzetti, Giuseppe Marra, William Santorelli, Antonio Filograna, Luca Montrone, Paride De Masi, don Luigi Ciotti, Giorgio Nebbia, Umberto Veronesi, Renzo Arbore, Dacia Maraini e Alberto Mieli. Grande attesa c’è, infine, per l’ultima approvata dal MIUR da conferire al noto scrittore Niccolò Ammaniti, con il quale l’Università di Foggia sta definendo ancora gli aspetti organizzativi.

••• Festival della Ricerca e dell’Innovazione •••

Governato e organizzato dall’Area Ricerca Scientifica e dall’Area ComunicazioIl processo di internazionalizzazione dell’Università di Foggia ha subito una decine e Rapporti Istituzionali, ma nella sostanza alimentato soprattutto dall’entusiasmo sa accelerazione, incrementando, migliorando e intensificando rapporti, collaboraziodegli studenti di tutti i Dipartimenti, la scorsa primavera l’Università di Foggia ha alleni, progetti, accordi didattici e scientifici con alcuni tra i migliori Atenei del mondo. stito la prima edizione del Festival della Ricerca e dell’Innovazione. Al momento la rete di collaborazione tra Unifg e gli Atenei che fanno capo a questo Una mini rassegna - ma per l’edizione 2017 si sta ipotizzando una intera settimaprocesso di crescita, ormai consta di oltre 600 Università sparse in tutti i Continenti: na di appuntamenti - all’insegna della scienza, della ricerca, della totale apertura deluna presenza massiccia che potrebbe garantil’Ateneo alla città anche attraverso eventi re, a chiunque scelga l’Università di Foggia, ludici e ricreativi. di potersi ritagliare su misura una destinazioNell’ambito del Festival della Ricerca e ne di sicuro interesse e di grande attrattiva. Di dell’Innovazione dell’Università di Foggia, è recente l’Università di Foggia si è aggiudicastato organizzato - giovedì 19 maggio 2016 ta un Progetto Erasmus da oltre 630mila euro, un convegno dedicato alla sensibilizzazione, un progetto tra i più grandi e prestigiosi a cui mediante approfondimento dei temi del conl’Ateneo abbia mai preso parte: grazie a quetrasto alla criminalità mafiosa, del tema della sta importante affermazione, l’Università di legalità dal titolo «Cinque mafie ed una Foggia consentirà a molti studenti, docenti e Nazione: le loro idee camminano sulle nostre personale tecnico amministrativo di poter gambe. Parlarne per conoscere, conoscere per compiere una straordinaria esperienza eradicarle». «Abbiamo fortemente voluto proall’estero (in Ucraina) e nel contempo di muovere questa giornata di dibattito culturaaccogliere molti studenti e docenti provele perché intimamente convinti del magistrale nienti appunto da questo Paese. Nelle graduainsegnamento impartito dai Magistrati Giotorie generali, l’Università di Foggia - come vanni Falcone e Paolo Borsellino e da tanti opportunità e come efficienza del servizio altri Magistrati ed esponenti della Società sta rapidamente scalando le classifiche ufficivile - dichiara il coordinatore del FRI Unifg, Fonte: Università di Foggia ciali del Progetto Erasmus. UniFg ospita stuprof. Cristoforo Pomara - ovvero che la mafia denti provenienti da almeno 20 Paesi del si sconfigge da un lato con il contrasto dello Il Premio Nobel per l’Economia 2001 Michael Spence mondo, nel contempo collabora e intesse Stato, dall’altro con la promozione di una ospite dell’Università di Foggia relazioni scientifiche, finalizzate all’accogliCultura dell’Antimafia». Ospiti dell’incontro mento di studenti foggiani, con Cina, Stati sono stati la dott.ssa Teresa Principato ProcuUniti d’America, Canada, Europa, India e ratore Aggiunto di Palermo, il dott Giuseppe Federazione Russa. Gatti DDA Bari, il dott. Vito Di Giorgio DDA Messina e il dott. Leonardo Leone de Castris Procuratore della Repubblica di Foggia. Tutti gli ospiti del Festival della Ricerca e dell’Innovazione dell’Università di Foggia, proprio per aderire in pieno allo spirito e all’anima di una manifestazione così singolare, hanno offerto la loro disponibilità a titolo rigorosamente gratuito. Trattandosi di Il Sistema Bibliotecario di Ateneo ha funzioni generali di coordinamento, cura e una mobilitazione dal basso, che ha coinvolto e che anche nel futuro coinvolgerà tutti promuove lo sviluppo dei servizi, con particolare attenzione al digitale e all’innovagli studenti dell’Università di Foggia, il Comitato organizzatore e il Gruppo di lavoro zione tecnologica. Le 5 biblioteche di Area Economico-Giuridica, Umanistica e che hanno allestito il Festival della Ricerca e dell’Innovazione hanno chiamato a racBiblioteche Scientifiche (Agraria Medicina e Scienze Motorie), rispondono alle esicolta tutti gli studenti Unifg: provenienti da tutti i Dipartimenti e appartenenti a tutti le genze di formazione e di ricerca dei diversi Dipartimenti e aree scientifiche e, insieme sigle studentesche, tuttavia riuniti e coordinati dal Consiglio degli Studenti dell’Univeralle Sale di studio, offrono circa 350 posti a sedere ed erogano i servizi di lettura e consità di Foggia. Al punto che il logo coniato dagli stessi Studenti Unifg, dopo un contest sultazione, prestito, prestito interbibliotecario e fornitura documenti, document deliverealizzato tra di loro, è stato realizzato dalla studentessa Stefania Delli Carri. ry, informazione bibliografica, reference. Giornata clou della rassegna la presenza, lo scorso 21 maggio al Teatro Giordano Ciascuna biblioteca ha lo scopo di curare l’acquisizione, conservazione e messa a di Foggia, del premio Nobel per l’Economia del 2001 - il primo Nobel americano dopo disposizione del pubblico della più ampia produzione scientifica nel settore in cui Ground Zero - Michael Spence. Esperto di economia delle concorrenze, ma soprattutopera, nonché di curare la diffusione dell’informazione bibliografica. Essa rappresento collega di John Nash e tra i massimi esperti di tutti i tempi dei flussi finanziari e ta un centro di servizi e di riferimento bibliografico per l’utenza di docenti, ricercatosocio economici del pianeta, Spence ha conversato con il prof. Christopher Williams ri, studenti e per tutti gli altri soggetti interessati. Attraverso i servizi centrali erogati (docente di Letteratura inglese e Direttore del Centro Linguistico di Ateneo dell’Uniin linea e quelli erogati dalle singole biblioteche, il Sistema bibliotecario organizza e versità di Foggia) davanti a oltre 700 studenti provenienti sia dall’Ateneo che da molti mette a disposizione un patrimonio documentario stimabile in: 80.000 volumi, 780 istituti scolastici della città e della provincia. abbonamenti a periodici cartacei, circa 4.300 periodici elettronici, 17 banche dati onliTenendo fede alla promessa assunta in sede di presentazione e durante il Festival, ne. Il patrimonio librario, in possesso delle biblioteche del sistema, è quasi interamenl’Università di Foggia ha messo a disposizione del Comune di Foggia tutto il ricavato te ricercabile online attraverso l’OPAC di Ateneo oltre che dall’OPAC SBN. Tutte le del Festival: ovvero la somma di 20.396 euro per l’acquisto di armadietti, banchi, sedie, sedi sono dotate di postazioni informatiche dedicate all’utenza. lavagne, cattedre e altro materiale logistico, tecnico e didattico da destinare alle scuole Elementari (Primarie) e Medie (Secondarie di primo grado) pubbliche e quindi di pertinenza del Comune di Foggia. Il messaggio socio-culturale del Festival della Ricerca e dell’Innovazione dell’Università di Foggia è proprio quello di investire nelle generazioni future, ribaltando un po’ il concetto secondo cui città e cittadinanza si sono semIl Centro Linguistico di Ateneo (CLA) si propone di erogare servizi per la didatpre messe a disposizione dell’istituzione accademica più importante del territorio tica e la ricerca, finalizzati all’apprendimento delle lingue straniere nell’Università (insieme all’Accademia di Belle Arti e al Conservatorio musicale Umberto Giordano). degli Studi di Foggia. Il CLA deve raccogliere e coordinare le esigenze didattiche delle «Restituire questa modesta ma al tempo stesso importante cifra – aggiunge il Rettore, strutture di Ateneo in campo linguistico ed è attualmente, inoltre, unico punto di rifeprof. Maurizio Ricci – rappresenta Il nostro modo per dire “grazie” alla città e ai suoi rimento in Puglia per l’organizzazione dei corsi metodologici per i docenti della scuocittadini, “grazie” per la generosità mostrata nei confronti dell’Ateneo in questi suoi la superiore nell’ambito del Contento and Language Integrated Learning (CLIL) proprimi diciassette anni di vita». La donazione che l’Università di Foggia devolve al mosso dal MIUR. Comune di Foggia è frutto diretto della generosità degli sponsor, degli interventi delle aziende e delle associazioni culturali partner dell’evento, quindi del grande contributo e della prova di maturità offerta dagli studenti che sono stati i veri protagonisti della tre giorni allestita la scorsa primavera: infine, ma non per ultimo, anche della generosità dei privati cittadini che hanno deciso di contribuire a una causa così elementare eppuIl Servizio Disabilità oltre a fornire informazioni e a curare l’abbattimento delle re così speciale: mettere gli alunni di Elementari e Medie nelle condizioni di studiare barriere fisiche e materiali per consentire ai propri studenti di interagire con la massiserenamente, accogliendoli in scuole sempre più degne di questo nome (anche grazie ma facilità ai servizi didattici e alla socializzazione, dispone di un sito internet che foragli sforzi effettuati dall’amministrazione comunale in questa direzione).

••• I Servizi Bibliotecari •••

••• Il CLA •••

••• Il Servizio Disabilità •••


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CronAChe dellA CulturA

Presentato a Rodi G. La Montagna profanata di Gianni Lannes

«I miei amici hanno volti saccheggiati dal sole e parlano una lingua arcaica»

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resentato a Rodi Garganico, lo scorso 6 agosto, a cura di Alfredo Ricucci, il libro di Gianni Lannes La Montagna profanata, Edizioni del Rosone. Il libro, dedicato alla condizione ambientale del promontorio del Gargano, è frutto di una ricerca sul campo documentata nei dettagli. A beneficio dei nostri lettori proponiamo il testo del primo capitolo «L’isola che non c’è». Nutrivo briciole di primavera mentre gli anni Sessanta cadevano agli sgoccioli. La casa dei miei genitori si affacciava sorniona al primo piano, proprio alla fine del borgo, in una via dell’arcangelo Michele. Il generale inverno portava d’incanto nuvole di neve, e l’unico sollievo al freddo indomabile era il fuoco primordiale del camino. A 500 metri d’altitudine respiravo l’Adriatico, ma al contempo accarezzavo con lo sguardo la Foresta Umbra. Dopo aver macinato interminabili partite di pallone, perseverato per gioco in elementari ricerche di tesori archeologici realizzando al con-

tempo canonici studi in loco, ho intrapreso la carriera di esule per professione, prima studente all’università lontana anni luce come tanti, forse troppi giovani migranti, poi, finalmente rapito dalla passione per la scoperta del mondo. Per decenni ho valicato continenti avendo a tracolla solo le bisacce del fotoreporter. Ora scrivere della terra che ci ha generato è come parlare di tuo figlio o della donna che ami. Insomma, una magia in solitudine d’altri tempi. La prima cosa scontata che mi viene da dire è che il Gargano non è in Puglia, bensì nella montagna del sole, decisamente Venezia ma niente affatto Bari o Foggia. Una volta. Addirittura, era un’isola di ruvida bellezza per via dell’impenetrabile isolamento che l’ha preservata a lungo dalle contaminazioni della retrograda e balbettante modernità. Eppure, nessuno ha toccato questo frammento di Adria che scruta i Balcani, se non come un conquistatore, o un nemico, o un visitatore in comprensivo. Il mito cela sempre un fondo di verità: è fantasia edificata sulla realtà. L’alimento della cultura garganica proveniva dal mare, via naturale di comunicazione. Su questo lembo di storia si sono aggrappate mille leggende, a partire dall’approdo di Diomede dopo la guerra di Troia. Gente rude e criminali d’importazione. Il sangue illirico, greco, teutonico, svevo, arabo, normanno, iberico, slavo e albanese si è raggrumato sullo sperone. Alcuni sono venuti a bivaccare da queste parti; molti, però, sono partiti con le pezze al culo, e mai più tornati. Progresso e sviluppo annunciato e promesso dal 1861 dopo avere stroncato la rivolta patriota dei briganti? Gli autoctoni emigrano ancora a testa bassa, mentre sovente i giovani sopravvivono consumando nel vuoto i giorni e l’intelligenza. Così sebbene sia legalmente assente nel

XIII edizione del Premio «Ischitella-Pietro Giannone»

Due serate emozionanti nel segno della poesia e della musica

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rande successo per la due giorni poetica del 3 e 4 settembre svoltasi a Ischitella in occasione della premiazione della XIII edizione del Concorso nazionale «Ischitella-Pietro Giannone» per una raccolta di poesie inedite in dialetto, indetto dall’Amministrazione comunale, in collaborazione con l’associazione «Periferie». Nel corso della prima serata, svoltasi a Foce Varano, i poeti vincitori Nadia Mogini, Nino Fraccavento e Paolo Steffan, hanno appassionato il pubblico con la recita di versi tratti dalla loro raccolta. Il reading dei tre poeti vincitori è

stato preceduto dal commosso ricordo dei poeti Giovanni Nadiani ed Ettore Baraldi, entrambi scomparsi di recente. Rino Caputo ha presentato il libro 43 poeti per Ischitella (Edizioni Cofine, 2016), contenente i testi di altrettanti poeti di tutte le regioni italiane dedicati al centro garganico. Il pubblico presente è stato intrattenuto anche delle canzoni classiche proposte dal performer e cantante garganico Pepp Pop e, in precedenza, dal flauto di Vincenzo Mastropirro. Domenica 4 settembre cerimonia di premiazione della XIII edizione del Premio «Ischitella-Pietro Giannone»

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belpaese la pena di morte, vige inesorabile la morte per pena. Una eccezione è il Carpino Folk Festival, ideato da Rocco Draicchio, un musicista scomparso prematuramente in un incidente stradale. Il Gargano, in ogni caso, va alla deriva in silenzio, con marcata rassegnazione, senso dolente di emarginazione, disagio, anche rabbia contro il nemico esterno. Ma il vero nemico è anche interno: un solido intreccio di mafie altolocate dai colletti biancastri, di politicume d’accatto e d’affari consumati sulla pelle dei nativi. Un potentato onnipervadente che controlla pubbliche amministrazioni, banche, imprese, consorzi e si riproduce nelle articolazioni statali e regionali. In altri termini, un sistema perverso che non ha mai realizzato il bene comune, ma solo l’umiliante sentiero dell’asservimento individuale, e che ha consentito alla sgangherata gerarchia dominante per conto terzi, di rastrellare consensi anche tra i più diseredati. Il luogo comune dipinge un mondo primordiale sereno e godereccio, ideale per vacanze e villeggiature distensive. Ahimé, resta tagliato fuori dal mito paradisiaco, l’altro Gargano. Una realtà tradizionalmente subalterna e sofferente, priva di una classe dirigente, dove tre quarti del sistema occupazionale sono caratterizzati dall’assenza della più elementare tutela; dove imperversa il lavoro nero, supersfruttato e precario, accanto a rendite di rapina. Il Gargano fa notizia solo quando viene enfatizzato il cliché della sua diversità, scivola invece nell’anonimato quando prevalgono le conferme della sua massiccia omologazione ai dettami della mentalità dominante nell’italietta delle banane e stelle e strisce, circondata dal superfluo e priva del necessario. Pini d’Aleppo, querce, carrubi, ulivi, agrumi, faggi, carpini, tassi, cerri, cielo a perdifiato, pescherecci all’attracco, nasse che srotolano nel vento, zappatori a dorso di mulo, pastori viandanti, contadini motorizzati e pescatori marchiati dal tempo, facciate scrostate di chiese e religiosità popolare, cupole e campanili. Sono i punti fermi in un mondo che va all’aria, una terra martoriata non poco. Le donne mostrano visi duri e sensua-

li, gli occhi smarriti e i capelli danzanti. Qui dove Oriente e Occidente si mescolano con maestria, dall’alba al tramonto, i gabbiani stridono mentre le barche lasciano sorrisi di spuma tra i flutti. Così, appena ti distrai il maestrale ti trapassa con l’incanto del Mediterraneo. Se sarò stato troppo morbido e struggente lo avrò fatto per amore, e se sarò stato troppo velenoso e iconoclasta sarà accaduto comunque per eccessivo affetto, che a volte genera sarcasmo. Dovrei dimenticare per un istante, un solo attimo, le coste sodomizzate dal cemento speculativo dell’Europa, dello Stato tricolore, della Regione e dei privati, nonché sorvolare sugli scarichi fognari perenni, e a cielo aperto. Per chiacchierare sulla bellezza dovrei lasciar da parte i morti ammazzati da assurde faide, il traffico indisturbato di droga, e non dovrei guardare in faccia i marmocchi che annaspano, e poi appena sbocciati all’adolescenza se ne vanno altrove, per tentare di farcela, pur di non affondare nella rassegnazione dilagante. Una volta tra Vieste e Peschici, fino a Rodi Garganico, c’erano baie che avevano tutt’intorno boschi di leccio impenetrabili agli umani. Le pinete si arrampicavano su dolci colline e si fondevano agli agrumeti. Così era davvero straordinario accarezzare il bianco della sabbia, il blu cobalto del mare, dove sgorgavano purissime acque sorgive e il verde abbacinante dei manti arborei. Poi, in virtù delle singolari distrazioni istituzionali, gli sciacalli, indisturbati, a più riprese, hanno dato in pasto alle fiamme quei polmoni verdi; adesso resistono all’ultima spiaggia soltanto l’acqua e la sabbia, dove però già incombono le trivelle petrolifere e gli impianti industriali eolici piombati dall’estero con il beneplacito di Stato e il diktat europeo. Osservo i tentacoli dei polpi dinanzi a me; vedo le murene che si nascondono timide e assassine, nelle buche e da quegli anfratti subacquei spuntano cernie impensabili. Il vento coglie sempre la vela e non mi dà fastidio perché è lieve. L’aria scioglie gli scirocchi e leviga la salsedine. Alla marina i miei amici hanno volti saccheggiati dal sole e tra loro parlano una lingua arcaica.

nella piazza del Convento di Ischitella. La serata, condotta da Licia Novaga, è stata introdotta dall’esecuzione dell’inno d’Italia a cura della Banda Azzurra di Ischitella (diretta dal M° Domenico Marino) e dai Cori riuniti «Canticorum Jubilo» di Ischitella (diretto dal M° Michele Castelluccia) e «Stefano Manduzio» (diretto dal M° Costanza Manduzio), sotto la direzione del M° Castelluccia. Dopo il saluto del Subcommissario del Comune di Ischitella, dottor Trinio Maffei, i cori polifonici riuniti «Canticorum Jubilo» hanno poi eseguito l’Ave verum corpus di W. A. Mozart. Rino Caputo, autore dell’Introduzione dell’antologia e il critico e poeta Manuel Cohen hanno presentato il libro 43 poeti per Ischitella (Edizioni Cofine) a cura di V. Luciani il quale ha svolto un breve intervento ed ha letto il testo poetico dedicato ad un oggetto simbolo di Ischitella: la cruedda. Ha avuto luogo, quindi, la cerimo-

nia di premiazione dei vincitori della XIII edizione del Premio IschitellaPietro Giannone, preceduta dalla lettura di alcuni testi (la cui traduzione in italiana è stata letta da Mario De Cristofaro e da Manuel Cohen) e dalla motivazione della Giuria e la consegna del premio a partire dal terzo classificato Paolo Steffan di Castello Roganzuolo (San Fior - TV) con la raccolta Frazhun (Frantumi), seguito dal secondo classificato Nino Fraccavento, con la silloge Frevi di marzu (Febbre di marzo) e da una emozionata Nadia Mogini, vincitrice della XIII edizione del Premio Ischitella Pietro Giannone 2016, con la raccolta poetica inedita in dialetto perugino Íssne (Andarsene). Prima dei saluti finali, l’evento è stato concluso dall’esecuzione di Panis Angelorum di Cesar Frank ad opera dei Cori riuniti, «Canticorum Jubilo» e «Stefano Manduzio», diretti dal M° Michele Castelluccia.

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Mostra di Riccardo Faccilongo al Gesuitico di Ortanova

Dall’elegia alla de-figurazione della realtà C

onosco Riccardo Faccilongo (Lucera, 1946) ormai da moltissimi anni ed ho imparato nel tempo ad apprezzare la sua tenacia nell’esplorazione di sentieri pittorici sempre nuovi, alla ricerca di un nuovo segno e di una nuova organizzazione dello spazio, capaci di “raccontare” appieno il suo modo di essere e le sue scelte di vita. Lungo questo appassionante percorso – intessuto di una sorta di caparbia “fedeltà” alla pittura innovativa, funditus intesa come dinamica modalità di approccio alla realtà circostante e a quello che essa comunica a chi sa “leggerla” – è riuscito Riccardo Faccilongo a sperimentare soluzioni artistiche diverse e, nel contempo, a sfrondare la sua pittura di certi effetti di maniera, nell’intento di dare maggiore spazio ai valori concettuali, dopo l’eliminazione del “facile” e del “futile”. Una strada certamente difficile da percorrere fino in fondo, ma credo che il pittore lucerino, trapiantato da decenni a Carapelle, la stia percorrendo con dignità, proprio perché più confacente alla sua maturità di oggi come uomo e come artista. Da qualche lustro, infatti, Riccardo Faccilongo è entrato in una nuova fase del suo itinerario pittorico, avendo acquisito la coscienza che c’è dell’altro “oltre” l’apparenza delle cose, “oltre” il fenomenico, “oltre” il percepito, “oltre” il visibile. Qui è il vero focus della riflessione e, quindi, della rappresentazione dell’intuizione della vita di Riccardo Faccilongo che –

dopo la stagione delle opere segnate dalla raffigurazione naturalistica e dall’interpretazione elegiaca della realtà (Paesaggi, nature morte, mare calmo e in tempesta, oliveti, alberi secchi, barche in secca, ecc.) – è approdato all’astrattismo geometrico, rompendo definitivamente con il figurato e pervenendo così alla “destrutturazione della realtà”, negata fino alla sua eclissi totale dalla tela, con l’obiettivo di esaltare la ricerca della forma pura per il tramite dei colori e delle forme geometriche, proprio come nelle opere di Piet Mondrian. Nelle tele dell’ultimo Faccilongo, infatti, non c’è più alcun riferimento alla realtà, ma in esse trovano accoglienza solo sfere, cilindri e diversi altri elementi geometrici, plasticamente rappresentati nel loro dosato equilibrio cromatico e descrittivo all’interno dello spazio raffigurato e “godibili” sul piano visivo attraverso l’uso dei colori primari, giallo, blu e rosso. Penso alle tele denominate Elementi nel vortice galattico (50X70), Elementi sul mare (80X40), Senza titolo (50X70), Situazione – 13 (50X70), Situazione – 16 (55X82), Situazione di caos (60X80), che non solo rimandano l’osservatore ad un’esperienza visiva di notevole effetto, resa “affascinante” proprio dalla “rottura” dei codici pittorici usuali operata dal pittore di Carapelle, ma trasmettono nel contempo al fruitore semi di riflessione circa la drammatica realtà che ci circonda. Da “ pittore–poeta delle piccole cose” e

Faccilongo: Elementi sul mare

da “interprete elegiaco della natura” della prima maniera, per questa via Riccardo Faccilongo diventa “antagonista” rispetto ad una realtà alienata ed alienante, da lui percepita come “estranea”, contraddittoria e persino perniciosa, in essa intravedendo pericolosi segnali di un inquietante processo di disumanizzazione dell’uomo. In questa direzione l’artista carapellese diventa il “cantore dei disagi della contemporaneità” e, attraverso le sue tele che non ospitano più l’uomo, ma al suo posto solo “fantasmi di uomo”, invita ognuno di noi ad uscire dal vuoto di senso della propria origi-

Premiato a Scauri e Jenne

Ancora importanti riconoscimenti per il poeta Michele Urrasio U

n settembre da incorniciare, quello del poeta Michele Urrasio, originario di Alberona, ma residente da lunghi anni a Lucera, dove ha maturato la sua formazione umana e culturale. Due importanti riconoscimenti che consacrano «una vita dedicata alla poesia e, in genere, alla letteratura», tanto da far riconoscere in Urrasio «la voce poetica più alta che ci sia giunta dalla terra di Puglia nel secondo Novecento». Il 2 settembre scorso, la Commissione giudicatrice del Premio Letterario Nazionale “Antonio Fogazzaro” – VIII edizione 2016 – ha proclamato, all’unanimità, Michele Urrasio vincitore del Premio per la silloge edita “Sillabe di silenzio”, una raccolta dedicata al padre, martire della seconda grande guerra. La cerimonia di premiazione si è svolta nella Chiesa Parrocchiale di S. Andrea Apostolo di Jenne, suggestivo centro in provincia di Roma. «Il volume – si legge nella motivazione – costituisce di fatto una antologia di composizioni già pubblicate tra il 1970 e il 2010 in specifiche sillogi. In esso colpisce non solo lo stile consolidato da un lungo esercizio poetico, che tocca ormai un cinquantennio, ma anche la profonda unità di timbro e di

tono poetico, oltre quella più propriamente tematica. L’intima armonia che vi si coglie, pregevole per forza espressiva, racconta con sensibilità ed accenti dolcemente ed insieme dolorosamente elegiaci una inquietudine esistenziale che scandaglia le profondità dell’anima, una pena di vivere nella quale occupa un ruolo capitale la presenza/assenza della figura paterna. A conferma che quella di Urrasio rimane una delle voci più significative che il nostro Mezzogiorno ha donato alla poesia lirica italiana.» Il poeta raccoglie in queste pagine i fragili segni strappati alla diafana presenza paterna, i discorsi taciuti e li rievoca con la fermezza di un uomo che ha esorcizzato il dolore, perché possa diventare canto sommesso, sussurrato, capace di donare esili cenni di rassegnazione e di conforto. Sillabe di silenzio si connota per la sua singolarità. «Tanti i libri sulle madri, – scrive il grande italianista Emerico Giachery – non molti quelli dedicati ai padri. Il rapporto col padre è sempre più problematico, più dialettico: dall’inevitabile contrapposizione, più o meno esplicita, più o meno consapevole, al padre nell’adolescenza e prima giovinezza, si giunge poi a un pieno recupero, che è in parte iden-

tificazione, e che è segno di raggiunta maturità. Il suo libro resterà tra i più belli di quelli dedicati al padre, accanto a “Pianissimo” di Camillo Sbarbaro.» A completare il momento magico dell’attività culturale di Urrasio è stata l’attribuzione del “Premio alla Carriera”, conferitogli dalla Commissione del Premio Nazionale Minturnae, sez. poesia “Ornella Valerio” – XL edizione – il 10 settembre 2016 nel Comune di Scauri in provincia di Latina, «vista la considerevole produzione poetica di Michele Urrasio; ritenuta di pregnante caratura la Sua attività di critico non

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nale ed irripetibile esistenza e a cercare di dare una direzione di marcia ben precisa alla propria presenza nel mondo. È innegabile, per Riccardo Faccilongo, che l’uomo si trovi oggi a vivere in una realtà demitizzata, senza certezze e prospettive, profondamente modificata dai processi di informatizzazione e di telematizzazione, che hanno in questi anni rivoluzionato il modo di pensare e la stessa convivenza umana, annullando le distanze, offrendo precise indicazioni per la programmazione e sostanzialmente cambiando i ritmi e i sistemi lavorativi. Tutto questo sul terreno delle “possibilità” offerte dalle tecnologie, ma l’artista nel contempo indugia sulla categoria della “decadenza”, cioè dei rischi, che tali radicali mutamenti producono sulla liberazione e sulla maturazione effettiva dell’umanità. Un grido di allarme, dunque, quello di Riccardo Faccilongo, che nelle sue tele non veste di certo i panni del laudator temporis acti rispetto ai progressi della tecnologia e dei processi odierni della “società dell’informazione”, ma veicola semplicemente l’idea di non perdere mai di vista che la macchina deve essere al servizio dell’uomo e non l’uomo al servizio della macchina. E lo fa come sa fare un artista come Riccardo Faccilongo, utilizzando con maestria la sua fertile energia inventiva e la sua abilità grafica e cromatica, sostanziatesi, l’una e l’altra, nelle dodici tele che sono state esposte, presso il palazzo ex gesuitico di Ortanova, per tutta la durata della “Settimana della cultura” (dal 12 al 18 settembre 2016) e che hanno trovato il consenso del pubblico intervenuto, capace di cogliere in toto il senso della pittura dell’artista carapellese, piena di colori e di movimenti, di turbillons materici e di vitali dinamismi. Alfonso Maria Palomba solo di letteratura, bensì anche di Arte, nonché giornalista impegnato nel settore dell’informazione e della cultura anche in campo europeo e soprattutto per la robusta ispirazione poetica, segnalata da eminenti critici letterari, fin dalle prime opere risalenti al 1965». Il Presidente della Commissione è stato lieto di consegnare al poeta Urrasio, oltre alla targa d’argento del Premio, la motivazione e il diploma di merito, la medaglia del Presidente del Senato della Repubblica. Due significativi riconoscimenti che consacrano la fedeltà di una ricerca poetica e culturale di oltre mezzo secolo, occasione colta dal Comune di Alberona per raccogliere in un volume antologico, intitolato Il privilegio del vivere 1965-2015, parte dell’ampia produzione urrasiana e per esaltare la personalità di questo figlio illustre con l’onorificenza di “Cittadino benemerito”. Una carriera di tutto rispetto, maturata all’ombra del silenzio, della tenacia e della discrezione, che rivela un ampio respiro nazionale, opportunamente sottolineato ed evidenziato dai successi che Michele Urrasio va riscuotendo. Giucar Marcone


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un’estAte Con i libri

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Presentato a Rodi Garganico e Panni Frammenti di Vito Procaccini

Questioni serie della quotidianità trattate con il fioretto dell’ironia F

rammenti-Spunti e riflessioni sul filo dell’ironia è la più recente fatica letteraria di Vito Procaccini che ci aveva abituati a piacevolissime e deliziose pagine di arte, di letteratura e di storia (Quattro passi nell’arte, Echi letterari del Novecento italiano, Percorsi di storia, Finestre sull’arte nell’ordine dal 2007 al 2013), mentre oggi ci sorprende con questo Frammenti che ha l’impostazione e l’organizzazione di un’antologia, trattandosi dell’assemblaggio sapiente di «pezzi» pubblicati nel tempo su diverse riviste e periodici con il comune denominatore dell’ironia messa in campo per narrare le varie situazioni e i personaggi selezionati. Il piacevolissimo libro di Procaccini che, tuttavia, non sottrae il lettore a riflessioni piuttosto importanti sulle abitudini e gli atteggiamenti umani nello scorrere della quotidianità, è stato presentato nel corso dell’estate prima a Rodi Garganico (5 agosto) e poi a Panni (22 agosto), suo paese d’origine. La presentazione a Rodi Garganico Nella ormai tradizionale piazza Cairoli di Rodi, «Frammenti» è stato presentato da Giuseppe Pellegrino, magistrato in pensione, egli stesso scrittore e poeta molto apprezzato. Della sua relazione riportiamo alcuni stralci. «L’ultima opera di Procaccini è: “Frammenti, Spunti e riflessioni sul filo dell’ironia”. In essa sono ironicamente narrati episodi, situazioni che inducono a “pensare”. Condivido in pieno ciò che nella presentazione afferma: ”questi sono tempi particolarmente difficili perchè le nubi della incertezza insidiano la luce della speranza E, siccome non possiamo infilare la testa sotto la sabbia e neppure fasciarci inutilmente la testa, dobbiamo affrontare il domani partendo dal principio che è più facile indignarsi che pensare”. Nei racconti che formano l’opera siamo tutti protagonisti, riviviamo le situazioni personali, familiari e non, esperienze di vita, i modi di essere, di comportarsi, di pensare il presente ed il futuro comuni a ciascuno di noi. Il filo conduttore che tutti li unisce è: abbandonare l’habitus della indignazione e meditare, pensare. Oggi, per la gran confusione che ci circonda, per il bombardamento di immagini con cui i mass media ci sommergono ogni giorno, per i problemi di ogni genere che riducono o annullano il tempo necessario per riflettere, avvertiamo difficoltà nell’esercitare tale facoltà intellettiva. Pensare ci pone di fronte a noi stessi e, spesse volte, mette in discussione il nostro comportamento o modo di relazionarci con il prossimo, ci porta a non accettare di ridurre la protesta alla semplice e facile indignazione ed alla ricerca del capro espiatorio. Soffermarsi a riflettere svela la giusta direzione da seguire per tenere dritta la barra della vela, spinge ad acquisire la

capacità di togliere dall’esistenza il superfluo per lasciare l’essenziale, mostra ciò per cui vale lottare; consente di scendere nelle profondità dell’animo per comprenderne la bellezza e il valore di ciò che ci circonda e quanto inutili siano gli affanni, l’orgoglio, le vanità; induce a vivere sovvertendo la logica umana: non il benessere economico, l’assenza di malattia e di solitudine, il successo ci consentono di sentirci soddisfatti, ma dare il vero senso alla vita in una prospettiva ultraterrena ed a tutto quanto essa contiene, momenti belli e non, salute e sofferenza, rispettando la dignità di tutti. L’Autore ci dice chiaramente che con questo spirito bisogna approcciarsi a leggere i “Frammenti”. Se vogliamo cambiare il mondo, renderlo migliore e più vivibile, non dobbiamo pensare ai grandi sistemi, non a chissà che cosa più grande di noi, smettere di attribuire responsabilità soltanto agli altri, di vedere la pagliuzza negli occhi altrui dimenticandoci della trave nei nostri. Soprattutto, non dobbiamo attendere che siano sempre gli altri a fare il primo passo nel compiere un dovere, ma farlo noi indipendentemente da cosa fanno gli altri. E nei “Frammenti”, attraverso un dire arguto e talvolta amaro, la descrizione di piccoli comportamenti quotidiani trattati con ironia, l’Autore induce a comprendere dove e cosa, invece, bisogna fare. Pensate a quante volte a Foggia ci siamo trovati con escrementi di cani sui marciapiedi delle nostre strade. Ed ecco che L’Autore parla del giovane operatore ecologico il quale spazza tutto tranne quegli escrementi, perchè non gli compete in quanto spetta ai proprietari in virtù di una ordinanza sindacale che glielo impone: verranno consumati dalle scarpe dei passanti, i quali non possono camminare come Talete con la testa fra le nuvole, chiedendosi chi siamo e dove andiamo, ma, purtroppo, con i piedi ben per terra. E tutto questo sapete perchè, conclude l’Autore? Perchè i proprietari dei cani sono generosi ed altruisti e vogliono far partecipare l’intera collettività alla gioia che prova la loro bestiola per l’atto fisiologico, facendo portare ad ognuno un pezzettino di quell’escremento a casa propria Per questo non cave canem ma cave hominem. A pensarci bene, i piccoli comportamenti apparentemente insignificanti sono rilevanti e ben più determinanti di quanto non sembri anche a livello della storia del genere umano. Ogni fine secolo tutti i futurologi si sono affannati nelle più diverse previsioni, ottimistiche o meno. Alla fine dell’ottocento, le nuove scoperte scientifiche produssero le previsioni secondo cui non avremmo avuto più guerre ma solo progresso. Ed invece guerre mondiali e campi di concentramento. I dati si rivelarono sbagliati o scorretti. (…) La storia va spesso avanti per canali imprevedibili, circo-

stanze fortuite, sentieri tortuosi. E così, forse, la scintilla della Grande Guerra non sarebbe scoccata se l’arciduca d’Austria Francesco Ferdinando non avesse peccato di ingenuità quando volle festeggiare l’anniversario del suo matrimonio con Sofia Chotek attraversando con auto scoperta la folla festante per le strade di Saraievo. Così pure, con ipotesi di storia virtuale: cosa sarebbe accaduto se i Mori avessero prevalso in Spagna? E di esempi al riguardo se ne potrebbero fare davvero tanti. Ecco perchè, dice l’Autore, “indovini, politologi, sociologi, nipotini di Nostradamus continuate anche a strologare sul futuro, ma ricordate che, passerà solo qualche anno, e prima o poi una risata vi seppellirà”. (…) In definitiva, la lettura dell’opera, attraverso l’arma dell’ironia, cattura l’attenzione del lettore anche giovane e trasmette verità e valori che inducono a porsi domande: ed io come mi comporto? Come è bene fare, essere? Vito Procaccini ha scelto la strada più difficile ed è ampiamente riuscito nei suoi intenti».

La presentazione a Panni A Panni è stata la sala consiliare del Comune a ospitare la presentazione di «Frammenti». Moderatore il professor Alfonso Zelano, dopo i saluti del sindaco Pasquale Ciruolo e l’intervento di Falina Martino per le Edizioni del Rosone, è toccato al giornalista Duilio Paiano relazionare sul lavoro di Procaccini. Ne proponiamo alcuni passaggi «Procaccini ha suddiviso in tre parti questo libro: “Costume”, “Spigolature” e “Questioni aperte”. In ognuna di queste tre sezioni si alternano problemi e situazioni che interessano il mondo locale, territoriale e quello planetario. In ogni caso sono temi che riguardano ciascuno di noi e, perciò, nel leggerli ci ritroviamo appieno, spesso ci identifichiamo quando, addirittura, non ci caliamo nei panni del protagonista. E così, nella sezione “Costume” troviamo “schegge” dedicate al nostro rapporto con gli animali domestici, al traffi-

co e alla nostra doppia personalità: una volta nelle vesti di pedoni che criticano gli automobilisti e la volta successiva automobilisti che inveiscono contro i pedoni. Ancora: il difficile confronto con l’ambiente e con la raccolta dei rifiuti urbani, la spasmodica dipendenza dai telefonini, il comportamento da spettatori di un concerto o di una rappresentazione teatrale. Insomma, vezzi e malvezzi dell’umanità errante. La sezione “Spigolature” si segnala per la brevità degli articoli, facendo in tal modo onore alla loro definizione, con un’ulteriore accentuazione, se possibile, del livello di ironia proprio per quel modo “fulminante” e rapido di descrivere e raccontare. Vi troviamo, soprattutto, riferimenti all’uso spesso disinvolto e trascurato – ignorante?– della lingua italiana, all’invasione degli inglesismi, all’accanimento contro la grammatica, al mai risolto dualismo dialetto-lingua italiana, ma anche “Altre amenità”, come le definisce Vito Procaccini: la pubblicità, l’arte della comunicazione, pellegrinaggi… per delega, il rapporti tra uffici pubblici e clienti/utenti, i centri di bellezza, la geografia fantasiosa. In alcuni casi siamo di fronte a situazioni al limite del grottesco o della bizzarria assoluti, dove la fantasia e la creatività raggiungono vette davvero elevate. “Questioni aperte”, infine, propone riflessioni su aspetti di rilievo della vita sociale ed economica di Capitanata, quali i collegamenti ferroviari tra Foggia e la capitale, i viaggi dei pomodori (l’oro rosso), i complicati rapporti con l’Unione Europea soprattutto per quanto riguarda la penalizzazione di alcuni nostri prodotti alimentari tipici: la pasta, il cioccolato, la carne con la questione della mucca pazza. E ancora: la sanità, l’emergenza acqua. (…) Vito Procaccini ci racconta da par suo alcuni degli avvenimenti con i quali ci siamo dovuti confrontare negli ultimi vent’anni, dispiegando tutta la sua abilità di narratore acuto e attento a tutto ciò che lo circonda. Alcuni di questi avvenimenti, a distanza di tempo, rimangono ancora irrisolti e conservano tutta la loro attualità. È un altro grande pregio di queste belle pagine».

A conclusione della riuscita serata è intervenuto l’autore il quale ha inteso sottolineare come, al di là del tono ironico del suo scritto, ci sia l’intenzione di sottoporre all’attenzione del lettore fatti, atteggiamenti, abitudini e costumi consolidati rispetto ai quali dovremmo soffermarci e riflettere con maggiore determinazione. È questo, in sostanza, l’invito-messaggio che Frammenti intende lanciare, sollecitando una più fattiva partecipazione di ciascuno di noi al processo di crescita del contesto città in cui viviamo. Marida Marasca


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Presentato a Faeto, Biccari e Ortanova Come un aquilone di Duilio Paiano

L’importanza di coltivare le radici attraverso la storia del giovane Francesco

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opo Foggia, prima dell’estate, è toccato ad alcuni centri della provincia ospitare la presentazione del recente romanzo di Duilio Paiano Come un Aquilone, proposta nel cartellone degli eventi estivi. A Faeto, Biccari e Ortanova, alla presenza dell’autore, è stato possibile riflettere con il pubblico intervenuto sui numerosi temi che il romanzo offre. Tra gli altri: la valorizzazione delle radici e del senso di appartenenza, il ruolo fondamentale della famiglia e della scuola nel processo di crescita dei giovani, la precarietà delle possibilità di lavoro che costringono molti «cervelli» di casa nostra ad emigrare. L’8 agosto è stata la suggestiva piazzetta di Vico Erario, a Faeto, ad ospitare l’avvenimento, alla presenza di un numeroso e attento pubblico, con la partecipazione di sindaco e vice sindaco del paese più alto di Puglia – Antonio Melillo e Giovanni D’Onofrio – di cui Duilio Paiano è anche cittadino onorario fin dal 2011. Dopo i saluti del primo cittadino, la presentazione del romanzo è stata curata dalla professoressa Renata De Rugeriis dell’Università di Teramo. La relatrice ha focalizzato il suo intervento soprattutto sull’aspetto linguistico del lavoro di Paiano, evidenziandone anche i valori che emergono dalla lettura dell’interessante trama. È stato, poi, l’autore a illustrare il contenuto del romanzo interloquendo con il pubblico e con la stessa professoressa De Rugeriis. Il 19 agosto è stata l’altrettanto suggestiva piazza Municipio di Biccari lo scenario ideale per presentare Come un Aquilone. Presenti il sindaco Gianfilippo Mignogna e un nutrito gruppo di esponenti della cultura locale è toccato al giornalista Giucar Marcone parlare del libro, dopo i saluti di Giuseppe Osvaldo Lucera, presidente dell’Associazione Terra di Mezzo, organizzatrice dell’evento con l’Amministrazione comunale di Biccari. Di seguito, uno stralcio dell’intervento di Giucar Marcone.

«Come un Aquilone offre diverse chiavi di lettura. Partiamo dal titolo: l’aquilone è una metafora che l’autore utilizza per esprimere la voglia di libertà, di conoscenza del suo giovane protagonista, Francesco; l’aquilone è la metafora della volontà di Francesco di volare alto alla conquista di un futuro, forse imprevedibile, ma che va scoperto ed affrontato ad ogni costo per non affondare nella melma della rassegnazione. «Fatti non foste a viver come bruti / ma per seguir virtute e conoscenza» è l’esortazione che il Sommo Poeta pone sulle labbra di Ulisse. Ed oggi la maggiore parte dei nostri giovani sono costretti ad abbandonare i propri lidi per approdare in luoghi che offrano possibilità di lavoro, per non vegetare in una terra pur meravigliosa

come la nostra, ma senza alcuna prospettiva per il loro futuro, per non vivere come bruti, alla ricerca di un futuro lontano dalla propria Itaca che pur rimane fortemente ancorata nei loro cuori. Come un aquilone è un romanzo che non si discosta affatto dalla realtà del nostro Sud, dalla storia di tanti giovani. Francesco è uno di questi, che ama la sua città ma, come scrive Paiano, “non un innamorato cieco e acritico, al punto di ignorare le negatività esistenti …ma richiama ad uno sforzo collettivo per superarle e senza piangersi addosso”. Una famiglia normale quella di Francesco, una famiglia dove c’è rispetto per i genitori e i nonni, e Francesco non considera inutili i loro insegnamenti, i loro pensieri, in particolar modo ha fatto suo quanto più volte gli hanno detto i suoi congiunti: “La generazione successiva deve fare un passo in avanti rispetto a quella precedente”. Oggi attraversiamo periodi di crisi non solo economica, occupazionale e politica, ma, soprattutto di valori. Non tutti i giovani riconoscono i sacrifici fatti dai propri genitori, si ritengono al di sopra di tutto, vogliono essere autonomi senza averne le capacità, e le conseguenze, talvolta, sono anche tragiche. Papà Pasquale, mamma Carmela, i loro due figli Francesco e Valentina sono personaggi positivi, dai sani principi, da emulare. Duilio Paiano con Come un aquilone ci regala un sogno, sembra un paradosso ai nostri giorni, ma l’uomo, l’umanità hanno necessità di sognare anche ad occhi aperti per non smarrire la bussola della serenità, del vivere civile, della solidarietà. Oggi in molti libri e in tanti programmi televisivi è obbligo parlare di violenze, droga, stupri: al di là della semplice notizia si scava nella vita degli uomini, vengono emesse sentenze prima dei processi. La vita così diventa un incubo. Al contrario per Paiano e i suoi personaggi il sogno è la vita. Proprio così: il sogno è la vita e non il suo contrario. Le vicende di Francesco sono le puntate di un bellissimo sogno: la scuola, gli studi superiori presso il prestigioso istituto tecnico “Giannone”, i viaggi d’istruzione, la partecipazione al progetto Erasmus, gli studi universitari a Foggia, un prestigioso incarico presso un’importante società londinese. (…) Non mancano pillole di storia come l’emigrazione di duemila italiani, tra il 1830 e il 1870 in Crimea, col triste epilogo nel 1942 con la deportazione in massa, ordinata da Stalin, nel Kazakistan. Ma Come un aquilone è anche un compendio di storia locale, dalle origini di Foggia al crollo di viale Giotto, passando per la transumanza e i bombardamenti dell’estate ’43, una carrellata tra gli eventi che hanno interessato la città daunia: da quelli

sportivi come il calcio nell’era Zeman, a quelli culturali come la nascita dell’Università. Un capitolo l’autore riserva a Faeto, il borgo franco-provenzale, suo rifugio estivo, il luogo del cuore, dove s’apparta, immagino, nella tranquillità del Preappennino, per progettare nuovi libri».

A Ortanova, infine, la presentazione è avvenuta nella storica location del Palazzo ex Gesuitico, inserita nel programma della Settimana della cultura organizzata dall’Associazione «L’Ortese» presieduta dall’infaticabile Annito Di Pietro con l’Amministrazione comunale e l’UNITRE dei Cinque Reali Siti. Dopo i saluti di un rappresentante dell’Associazione Arma Carabinieri, dell’assessore comunale alla cultura Nicola Maffione, della professoressa Rina Di Giorgio Cavaliere presidente dell’UNITRE, è stato il professor Alfonso Maria Palomba a svolgere la relazione ufficiale della quale riportiamo alcuni passaggi. (…) Nasce, infatti, proprio dalla necessità interiore dell’autore di sperimentare percorsi narrativi alternativi il tessuto del libro – considerato sia dal punto di vista del contenuto sia da quello della forma – che, mutatis mutandis, può trovare una sua collocazione lungo il versante del romanzo di formazione (in tedesco Bildungroman), aperto a suggestioni psicologico-intimistiche, ad implicazioni ambientali e di costume, a fascinazioni di natura didattico –pedagogica. Come nella migliore tradizione europea e anche italiana del romanzo di formazione, Duilio Paiano racconta nel suo libro l’evoluzione del protagonista, Francesco, verso la maturazione e l’età adulta, nonché la sua origine storica, le sue radici, la sua appartenenza alla città (Foggia) nella quale si è formato. Così, nel seguire il percorso esistenziale del protagonista, adolescente alle prese con la fatica di crescere e in cerca

del proprio posto nel mondo, l’autore si sofferma sul confronto Francesco–genitori e Francesco–comunità di appartenenza, regalando al lettore intense pagine di respiro sociale ed antropologico attraverso la descrizione dell’ambito familiare e del contesto di Borgo Croci (una sorta di endiadi raffigurante il nido), all’interno dei quali il protagonista ha metabolizzato, da un lato, le aree di senso e i nuclei valoriali più significativi per orientare la propria vita verso un’adeguata autostima ed un’autentica autorealizzazione, dall’altro, ha assorbito gli elementi culturali e spirituali della «foggianità» più verace, entrati a far parte in modo permanente del suo progetto di vita, della sua visione del mondo (Weltanschauung) e soprattutto del suo sistema valoriale. Insiste, poi, Paiano sul ruolo determinante svolto dalla scuola nella formazione di Francesco, scrivendo anche in questo caso vivide pagine, intessute di storia e di arte, oltre che lievemente soffuse di malinconia, credo, per il docente–Paiano e per chi vi sta parlando. (…) Per Francesco, però, la conoscenza approfondita della città non è un mero esercizio culturale, ma è molto di più, è un vero e proprio tratto «ideologico», è una conquista interiore vissuta non solo come occasione per una riappropriazione consapevole della realtà cittadina, ma soprattutto come lievito per qualificare la propria presenza all’interno del contesto di riferimento. Sul senso di appartenenza ad una città che, per dirla con Leonardo Scopece (cfr. Una città da amare, Foggia, Edizioni del Rosone, 1993), non va solo «abitata» ma anche «amata», insiste, per il tramite del protagonista del libro, anche Duilio Paiano – salentino di nascita ma foggiano di adozione - che alle pagine del suo Come un aquilone, affida tutto il suo «amore» per Foggia, la città nella quale vive dal lontano 1978 e dove ha consumato gran parte del suo percorso professionale di docente e di giornalista: un «amore», come lo stesso autore ricorda nella premessa al libro Tempi (Foggia, Edizioni del Rosone, 2010, p. 13), nato, sì, attraverso la mediazione, per così dire, della moglie Genny, ma cresciuto in progress, come in una sorta di climax ascendente, al punto da diventare totalizzante sia sul piano affettivo–sentimentale sia su quello della conoscenza, come testimonia la sua interiorizzazione della storia e della cultura di Foggia, vissuta da Duilio Paiano con notevole intensità e in tutte le sue implicazioni». (…)

L’interessante e vivace serata si è conclusa con l’intervento di Falina Marasca per le Edizioni del Rosone e con un breve dibattito animato da alcuni dei numerosi presenti. Marida Marasca


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Presentato a Castelluccio Valmaggiore Sulle ali del vento di Sofia D’Angelico

È la poesia delle origini, degli affetti, dell’amore per la natura e il creato P

resentata lo scorso 12 agosto, nella Biblioteca comunale di Castelluccio Valmaggiore, la silloge di Sofia D’Angelico Sulle ali del vento. Presenti il sindaco Giuseppe Campanaro, la presidente della Pro Loco Lina Girardi, Falina Martino per le Edizioni del Rosone ed un folto e attento pubblico. La manifestazione è stata guidata con garbo e disinvoltura da Lina Mucciacito e animata da un gruppo di bravi lettori che hanno proposto alcune delle poesie contenute nel libro. «Quella di Sofia D’Angelico – ha affermato Falina Martino Marasca, responsabile delle Edizioni del Rosone – è una poesia delle radici: la poetessa, nostra conterranea, è ben immersa nella civiltà dei padri, ma non per sussurrae un crepuscolare cantico di nostalgia. Il suo è si un canto nostalgico ma, anche e soprattutto, di speranza e presagio se di là del livello propriamente letterario, una vita profonda respira nei testi della D’Angelico, convinta che alla vera poesia non basta il calore del sentimento. Occorrono le parole, occorre il loro uso sapiente, e in questo l’autrice di “Sulle ali del vento” riesce benissimo. Il bello e il meno bello della vita la nostra poetessa racconta nei suoi versi, alcuni dei quali, all’ultimo momento, ha dedicato alla sorella Rosetta da poco scomparsa. Cos’ alcuni versi sono teneramente carezzevoli e accorati, altri sono domande inquiete che, però, non riescono ad abbattere le difese di chi scrive che, certo, non si lascia dominare dalle illusioni e dalle nostalgie».

La presentazione di Sulle ali del vento è stata affidata al giornalista Duilio Paiano. Di questo intervento riportiamo alcuni dei passaggi salienti. «Le emozioni che si affidano ai versi di una poesia non nascono mai per caso, ma sono il frutto delle esperienze vissute da ciascuno di noi filtrate attraverso la sensibilità che custodiamo e coltiviamo nel nostro animo. E queste esperienze ci segnano, per così dire, per sempre, fin dalla nascita. Nascita che per Sofia D’Angelico ha un riferimento ben preciso e ricorrente nei pensieri, nei discorsi, nei racconti che ha scritto, nei versi delle poesie: Castelluccio Valmaggiore. che è diventato il luogo dell’anima, la culla per sempre. (…) Sul ruolo della poesia potremmo disquisire se debba essere soltanto un mezzo per esternare emozioni; se le tocchi anche svolgere un ruolo per così dire sociale o anche storico; se debba essere costruita secondo regole dettate dalla metrica come nei versi immortali dei classici latini e greci; se, infine, debba poter sgorgare a briglie sciolte dall’animo del poeta, libera di correre per i prati dei nostri sogni e contaminare gli animi e i cuori di chi abbia la ventura di venirne a contatto. (…) Sofia D’Angelico comunica alla grande con le parole che il cuore le ha dettato. E ci comunica emozioni con una semplicità sconcertante, ispirate da un luogo – Castelluccio – ben preciso, da persone che a vario titolo hanno segnato la sua esistenza, da situazioni vissute alcune con gioia, altre con dolore,

con rammarico, con speranza, con delusione o con allegria. E poi perché la tessitura poetica che riesce a regalarci è di una linearità che appassiona, avvince, coinvolge. E il suo linguaggio poetico è universale, costruito com’è su sentimenti che ci appartengono e che tutti siamo in grado di percepire e di apprezzare. Quella di Sofia D’Angelico è la poesia delle origini e dell’appartenenza. Origini che la nostra poetessa non ha mai disconosciuto, anzi ha sempre coltivato come una esigenza esistenziale. Il sentirsi per sempre parte della comunità in cui ha avuto i natali e ha vissuto la sua infanzia non è un inutile e sterile esercizio di nostalgia, bensì la ricerca continua di un legame che la rassicuri nelle peregrinazioni per il mondo reale e, oggi, attraverso quello virtuale. Così come è anche la poesia degli affetti, soprattutto della famiglia e dell’amicizia. È, ancora, la poesia dell’amore per la natura e per il Creato che Sofia ritrova nei paesaggi, nei piccoli e grandi abitanti dell’ambiente che ci circonda; dei valori: dall’amore alle buone maniere di una volta, dal garbo, ai buoni sentimenti, alla gentilezza, alla gratitudine, all’altruismo. (…) Possiamo cercare un messaggio nella poesia di Sofia D’Angelico? Più di uno, per la verità. Il primo è che non si può fare a meno delle emozioni che il Creato ci ha donato senza penalizzare una parte importante di noi stessi. Poi, un messaggio rivolto ai giovani, i quali rifuggono dalla lettura in generale e dalla poesia in particolare, facendo atrofizzare la vena creativa e sognatrice che c’è in loro. Infine, il senso delle radici che traspare, vigoroso, da molti dei versi della nostra poetessa». Una emozionata Sofia D’Angelico ha poi rivolto un cenno di saluto e di ringraziamento a tutti gli intervenuti e a coloro che hanno reso possibile l’iniziativa. Quindi, ha così continuato. «Mi piace parlarvi un po’ del mio libro Sulle Ali del Vento e delle ragioni che mi hanno spinta a scriverlo. Esso è composto da una raccolta di 30 poesie in versi sciolti, documentato ed illustrato con figure a colori e in bianco e nero. Frutto di maturata passione per la lirica poetica classica e moderna nel tempo rivela, soprattutto, profonde riflessioni sul mondo e sulla società di

cui facciamo parte nella interezza delle sue problematiche umane, morali, sociali, politiche, economiche e religiose. La poesia è stata per me, fin da ragazza, l’espressione spontanea, prorompente, sublime del mio «Io interiore». È stata la liberazione da quell’angoscia che spesso ci opprime nei momenti più difficili della vita; è stata la sorgente delle forti emozioni gioiose che ci permettono di sognare, ma anche di planare nel reale, farci misurare nella lotta con il duro impatto quotidiano, per poi venirne fuori vittoriosi e più forti. Ogni poesia trasmette un messaggio ai giovani ed agli adulti che, se recepito da tutti, potrà accomunarci nell’unico, insuperabile messaggio che si chiama Amore. Amore che si concretizza nel valore della solidarietà umana come rispetto degli uni verso gli altri senza distinzione di credo, di pelle o di casta; nel valore del rispetto del Creato in cui l’essere umano è stato posto al centro a custode e signore del nostro Pianeta Terra nel valore del diritto alla vita, alla libertà di pensiero e di movimento; alla cultura, all’arte che ci distingue da tutti gli altri esseri viventi per quella scintilla creativa del divino che è dentro di noi fin dal momento del concepimento per la venuta al mondo. Sono questi i valori universali in cui fermamente credo che vorrei gridare all’umanità intera attraverso il mio pensiero libero, leale, coraggioso, senza paura; poter unire, cioè, la mia voce a quella di tanti altri che, come me o meglio di me, con tenacia e ottimismo sanno apportare in questa nostra attuale società dilaniata dal fenomeno del consumismo, dalla cupidigia del potere e dal dio danaro facile, lo stimolo e la speranza al rinnovamento di essa con la riscoperta e la riconquista di quei valori sopiti o calpestati che servono ad

arricchire il nostro spirito ed a rivalutarlo. La famiglia, in primis, dovrà concorrere a questa rinascita con il suo buon esempio di comportamento per i figli nel saperli educare alla virtù della semplicità e della purezza dei sentimenti affettivi; all’uso del linguaggio gentile e corretto; alla lealtà dell’ amicizia, alla moralità dell’onestà, della verità, del rispetto verso tutti; all’umiltà, al perdono cristiano; al gioire, al saper valorizzare il bello, il giusto, l’utile ed infine ad amare la cultura che la scuola continuerà ad alimentare e ad arricchire le giovani menti, pronte a realizzare i grandi ideali di pace, di rifiuto della guerra, di sconfitta della droga, della fame, della povertà e di ogni altra violenza nel mondo. Dare un supporto morale alla famiglia ed alla scuola sarà compito della nostra Chiesa Cattolica Cristiana, istituzione sociale e religiosa, egualmente importante, che farà da guida autorevole e sicura alla nuove generazioni nel completamento del loro sviluppo di formazione interiore. Certamente la mia poesia non rinnega le radici della terra che mi ha dato i natali e di cui vado fiera. Sulle ali del Vento riflette, infatti, la luce del meraviglioso scenario naturale e sociale del nostro piccolo paese, in cui i vari soggetti vivono e si muovono quasi in simbiosi in un contesto reale. Termino con la speranza di poter trovare in voi positivo e piacevole riscontro per la chiarezza e l’onestà del mio pensiero, affinché esso possa raggiungere con le ali del vento e riuscire a toccare il cuore di tanti altri attenti lettori giovani e non, per farci sentire tutti, ciascuno nel suo piccolo, artefici di rinnovamento di una società nuova migliore, più giusta e soprattutto più umana».

Marida Marasca

RioBo, nuova libreria per ragazzi a Foggia

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pre i battenti una nuova libreria a Foggia. È una libreria speciale, tutta dedicata ai ragazzi. RioBo, questo il suo emblematico nome, si trova al centro della città, in via Matteotti 74. Spesso ci lamentiamo di quanto la lettura manchi ai nostri bambini e ragazzi, la cui attenzione viene catturata da attrazioni telematiche che appassionano senza lasciare un’eredità profonda in termini di conoscenze e di valori. Oggi che una libreria tutta dedicata a loro è a portata di mano in città, ci auguriamo che venga frequentata e fruita al meglio perché anche e soprattutto da queste occasioni passa la crescita culturale e sociale dei nostri giovani.

La scomparsa della signora Bianca Carbone Fiorentino

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i è spenta lo scorso mese di agosto la signora Bianca Carbone Fiorentino, consorte di Filippo, indimenticato amico delle Edizioni del Rosone tra i più apprezzati e raffinati intellettuali che si siano battuti per la promozione di questa terra. Ai figli Caterina e Andrea, ai congiunti, giungano i sentimenti di vicinanza delle Edizioni del Rosone e di tutti i collaboratori.


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Ritorna il Festival della Letteratura per Ragazzi

I disegni&disogni di Buck 2016

85 laboratori, 14 spettacoli teatrali, 20 incontri con l’autore, 3 incontri formativi per operatori, 2 notti in sacco a pelo; 128 appuntamenti complessivi in 15 location differenti, quasi 100 volontari. Sono i numeri di Buck 2016, il Festival della Letteratura per ragazzi di Foggia, la kermesse nazionale organizzata dalla Fondazione Banca del Monte di Foggia, Biblioteca “Magna Capitana” e Comune di Foggia che si terrà nel capoluogo daunio dal 16 al 23 ottobre. La sesta edizione è stata presentata dalla direttrice artistica Milena Tancredi, dal presidente della Fondazione Saverio Russo e dal sindaco di Foggia Franco Landella e sarà dedicata al mondo della poesia e della filastrocca. Disegni&Disogni è il titolo della manifestazione che ancora una volta porterà a Foggia i più importanti autori ed illustratori del panorama nazionale ed internazionale. Insieme ai graditi ritorni di Andrea Valente, Jek Tessaro, Sergio Guastini, Giusi Quarenghi, Teresa Porcella, Hans Hermans, Carlo Carzan e Bruno Tognolini, Buck VI edizione accoglierà Arianna Papini (Premio Andersen 2013, Premio Compostela 2011), Fuad Aziz (pittore e scultore kurdo Premio speciale Città di Schwanenstadt 2004, Premio Internazionale di Bordano Udine 2007, Miglior Racconto Autore Straniero Premio Letterario Internazionale Villeg Novella Dal Judri 2004, Premio miglior rapporto testo e immagine Bordano Udine 2005) e Bernard Friot (Premio Andersen 2009). Come di consueto, il tema della sesta edizione sarà declinato attraverso un’intensa attività laboratoriale e di incontri con l’autore, diretta sia alle scuole che all’utenza libera, e numerosi spettacoli teatrali e concerti, curati dai partner storici della manifestazione: Fondazione Musicalia, Rete Penelope, Edizioni del Rosone, Accademia delle Belle Arti, Museo Civico, Teatro dei Limoni, Istituto Marcelline, utopikaMente, Cerchio di Gesso-Nuovo, Laboratorio di ricerca e studio per l’infanzia/Università degli Studi di Foggia, Laboratorio Erid – Ricerca innovazione educativa/Università degli Studi di Foggia, Centro Polivalente Parcocittà – Parco San Felice. Importantissima la conferma, anche per l’edizione 2016, del sostegno di importanti realtà nazionali del settore quali Premio Andersen, Associazione Italiana Bibliotecari, Nati per Leggere e delle fondamentali sponsorizzazioni delle imprese locali che continuano a credere nel progetto Buck: Gioielleria Michele Ciletti, Agriturismo Al Celone, Reale Mutua – Benvenuto Assicurazioni, Gran Caffè Saicaf e Osteria della Dogana, a cui quest’anno si è aggiunta anche la Coop Alleanza 3.0. Numeri da record anche per la Fiera dell’Editoria per ragazzi, fiore all’occhiello della manifestazione: dal 18 al 23 ottobre, la galleria della Fondazione Banca del Monte ospiterà ben 32 case editrici: Artebambini, Babalibri, Bohem Press, Carthusia, Coccole&Books, Editoriale Scienza, Edizioni del Borgo, Giralangolo, Fatatrac, Giunti jr., Il Castoro, Kite, La Meridiana, La Nuova Frontiera, Lapis, Logos, Mammeonline, Mondadori, Notes, Orecchioacerbo, Panini, Piemme, Progedit, Rrose Selavy, Salani, Sinnos, Terre di Mezzo, Topipitorri, Tre Lune e Uovo Nero. Prenotazioni e iscrizioni alle attività di Buck 2016 sono possibili da martedì 4 ottobre. Il servizio sarà attivato presso la Città Educativa, in Pinacoteca Il 900, via Marchese De Rosa (tel. 0881. 792.986/989, dal lunedì al venerdì, dalle ore 9:30 alle 13:30 e dalle 15:30 alle 18:30; cittaeducativa@comune.foggia.it.

Gentili lettori, direttori di Biblioteche, responsabili di enti pubblici e Associazioni, il tempo che stiamo vivendo costringe a non pochi sacrifici quanti continuano a promuovere la cultura della propria terra. La nostra forza è quella che ci viene da chi ancora studia e lavora perché ciò avvenga, ... da chi ci legge. Per questo non è cambiata e non cambia “la missione” de Il Provinciale il periodico fondato da Franco Marasca nel 1989 con l’intento di mettere al servizio dell’informazione e della cultura di Capitanata un organo aperto, indipendente, in grado di proporre ed ospitare dibattiti sugli aspetti dello sviluppo e della promozione del territorio. Una vocazione che per noi delle Edizioni del Rosone resta ineludibile e obbligata. Anche per il 2016 ognuna delle uscite sarà accompagnata da un volume: 1° marzo 2016 Saggi, scrittori e paesaggi. Nuove occasioni letterarie pugliesi di F. Giuliani 2° giugno 2016 Ho viaggiato con l’apostolo Tommaso di C. Serricchio 3° settembre 2016 La macchia nell’occhio di L. Vecchiarino 4° dicembre 2016 Tracce-elementi di antropologia culturale di P. Resta Sottoscrivendo l’abbonamento si ha diritto ad una proposta a scelta dell’offerta, due proposte per i sostenitori, cinque per i benemeriti. Chi sottoscrive, oltre che per sè, un abbonamento per un’amico, conoscente o familiare, riceverà in omaggio il volume: Racconti di Joseph Tusiani. Chi sottoscrive un abbonamento a due o tre riviste (come pacchetti a destra) potrà scegliere un volume nell’elenco presente sul nostro sito. Riceverà il libro chi ha sottoscritto l’abbonamento e chi lo acquisterà con il giornale, a soli 3,00 Euro in più presso le edicole di seguito in elenco: Carapelle: Vallario - Edicola - L. della Rimembranza. Deliceto: Tarallo - Edicola - C. Umberto. Foggia: Bianco - Edicola 25 - V. Di Vittorio; Di Liso - Edicolè - P. Duomo; Montanari - V. Oberdan. Lucera: Finelli - Edicola V. Di Vagno; Catapano Libreria - V. Dante. Manfredonia: Guarino - Il Papiro - C. Manfredi. Orsara: Del Priore - Edicola - C. V. Emanuele. Ortanova: Tamburro - Cartolibreria/Edicola - Via V. Veneto. Rodi G.co: D’Errico - Emilcart - C. M. della Libera. San Severo: Notarangelo - Cartolibreria/Giornali - P. Repubblica. S. Marco in Lamis: Soccio - Edicola - P. M. delle Grazie. Stornara: Iagulli - Edicola - P. della Repubblica. Troia: Seppielli - Cartolibreria - C. R. Margherita.

DIRETTORE RESPONSABILE Duilio Paiano REDAZIONE Marcello Ariano – Mariangela Ciavarella – Silvana Del Carretto – Corrado Guerra – Lucia Lopriore – Marida Marasca – Stefania Paiano – Vito Procaccini – Leonardo Scopece – Michele Urrasio HANNO COLLABORATO A QUESTO NUMERO Pasquale Caratù – Raffaele Cera – Mauro Galantino – Giucar Marcone – Alfonso Nota – Alfonso Maria Palomba La collaborazione a questo giornale è gratuita e su invito della Direzione. Gli articoli, le foto e le illustrazioni, anche se non pubblicati, non vengono restituiti.

STAMPA Arti Grafiche Favia - Modugno (Bari)


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