Il Provinciale - Settembre 2015

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ANNO XXVII

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2015 FONDATO DA FRANCO MARASCA

Una copia € 2,00 Sped. in abb. post. 50%

Buck Festival della Letteratura per ragazzi

Tante iniziative in Capitanata e in Italia

Un’occasione ineludibile per avvicinarsi ai libri

Per esaltare il valore terapeutico e culturale della lettura

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l valore terapeutico della lettura, a livello fisico e spirituale, è fuor di dubbio. Scienziati, sociologi, psicologi e letterati sono concordi nel ritenere la lettura un’arma potente e delicata al tempo stesso per il benessere della persona. Per di più leggere è un mezzo di conoscenza unico e irrinunciabile. E la conoscenza, si sa, è una via straordinaria per avvicinare valori altrimenti irraggiungibili: pensiamo, per esempio, al ruolo dei libri per la conoscenza della storia e delle storie, delle tradizioni di una comunità e di un territorio. Aiuta, insomma, a far maturare quel senso di appartenenza che ci induce al rispetto delle testimonianze che i nostri avi ci hanno lasciato in rassicurante eredità. Per dirla fino in fondo: quale altro mezzo si dimostra più efficace della lettura di un libro per metterci a confronto col pensiero altrui (e il confronto è occasione di crescita…), per spaziare con la fantasia, per lasciarsi andare a quel senso di libertà che la quotidianità sembra precluderci con prepotenza, a volte con protervia? La lettura è il chiavistello magico che rompe ogni legame, sfonda ogni porta, annienta ogni barriera, supera tutte le forme di clausura mentale, fisica e spirituale. Per fortuna, guardandoci intorno, notiamo che il libro «tiene», nonostante le preoccupazioni sorte con l’avvento del web, delle letture facili e superficiali che ci propone. Il libro continua a rimanere saldo nel suo ruolo di portatore di conoscenza e di elevazione culturale e spirituale. Diverso il discorso per i giornali che, invece, subiscono in maniera evidente la concorrenza del mezzo telematico: ci accontentiamo di essere informati anche in maniera frettolosa, evitando gli approfondimenti che solo un giornale cartaceo e stampato può garantirci. La crisi che l’editoria dell’informazione sta patendo, con risvolti occupazionali negativi anche pesanti, è la testimonianza più allarmante di questo stato di cose. Il libro, per fortuna, è ancora oggetto del desiderio di quanti amano leggere lasciandosi contagiare dal contatto diretto con la pagina, con la carta; facendosi catturare dai brividi provocati dallo sfogliare la pagina, curiosi di sapere come continua la storia in cui si è immersi. Una prova di quanto diciamo è data dai resoconti che sono riportati in questo numero del nostro periodico: nelle piazze dell’estate dauna sono state centinaia e centinaia le persone che hanno deciso di trascorrere la loro serata in compagnia di un buon libro, di un autore accattivante, della poesia che regala emozioni e ha sempre qualche argomento per… sollecitare il fanciullino che alberga nel nostro animo. Tante iniziative nel nome dei libri e della lettura; tante persone che hanno manifestato la voglia di evasione e di leggerezza cercando il piacevole confronto con una storia sconosciuta, intrigante, o «soltanto» con qualche verso capace di regalare suggestioni, colori, profumi, sentimenti che non sempre trovano il modo di essere esaltati. Questo stesso numero de Il Provinciale, però, ci conforta ancora di più perché, al di là dell’estate ormai alle spalle, ci informa che le manifestazioni continuano e continuano sull’onda del successo riscosso nelle precedenti edizioni. È il caso di Buck Festival della Letteratura per ragazzi di Foggia, di cui ci occupiamo in questa stessa pagina, giunto ormai alla quinta edizione sull’onda di un successo insperato per i pur intraprendenti pionieri che, con timidezza ma convintamente, hanno fatto scoccare la scintilla della curiosità, cinque anni orsono. Ma ottobre è anche il mese del Bookcity Milano, straordinaria occasione di incontro tra editori, scrittori e lettori di ogni parte d’Italia. Anche di questo ci occupiamo nelle pagine interne, esaltando la partecipazione della nostra Casa editrice, diventata negli anni apprezzata tradizione. E non dimentichiamo il Salone del libro di Torino, già svoltosi a maggio, e le centinaia di altre manifestazioni minori che costellano il panorama culturale di ogni contrada italiana e del nostro territorio. Un buon libro è il migliore amico a cui chiedere conforto e compagnia. Un amico che non tradirà mai. Duilio Paiano

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resentata, con una conferenza stampa tenuta nella sala Fedora del Teatro Giordano, la V edizione di Buck Festival della Letteratura per ragazzi di Foggia che si terrà dall’11 al 18 ottobre prossimi. Presente anche il sindaco Franco Landella che ha sottolineato il ruolo che l’amministrazione comunale, attraverso gli assessorati alla Cultura e alla Pubblica istruzione, ha svolto per l’organizzazione della manifestazione, collaborando con la Fondazione Banca del Monte e la Biblioteca Provinciale. «A buon diritto – ha affermato il presidente della Fondazione, professor Saverio Russo – possiamo vantarci di aver creato insieme, collettivamente, una manifestazione che in soli cinque anni è diventata riferimento del settore. Questo risultato premia gli sforzi della grande rete che organizza Buck e che rappresenta il vero segreto della riuscita del Festival, un patrimonio di conoscenza, impegno, abnegazione e professionalità che non deve essere disperso. Alla stampa – ha continuato il professor Saverio Russo – dico di mettere ben in evidenza la eccezionalità di Buck che è un’iniziativa di respiro nazionale». «Libri, storie, illustrazioni che parlano di cibo, nutrizione e sana alimentazione. Sarà questo – ha affermato la dottoressa Milena Tancredi, responsabile del settore ragazzi della Biblioteca Provinciale e direttrice artistica del Festival – il filo rosso della quinta edizione del Buck Festival, “Libri da Mangiare” per imparare a “Nutrire il Pianeta” nell’anno della concomitante esposizione universale di Milano. E seguendo il medesimo sentiero non

potevamo che scegliere i migliori (e le migliori!) tra gli autori e illustratori per ragazzi attivi sul panorama nazionale, particolarmente sensibili al tema più generale della nutrizione dei giovani». Saranno 126 gli appuntamenti che si svilupperanno in 17 location differenti, quasi 100 volontari pronti ad accogliere migliaia di bambini ed i grandi ospiti del Festival. Tra i partecipanti a Buck edizione 2015 da ricordare Alessandro Sanna; Lucia Scuderi; Sabina Colloredo; Giuliana Saletta; Raffaella Cannone e Enzo Covelli. Senza dimenticare i graditi ritorni del Raccontalibri Sergio Guastini, del Ludomastro Carlo Carzan e di Hans Hermans di Leone Nano. Laboratori, spettacoli teatrali, incontri con l’autore, letture, concerti, mostre, workshop, Notti in sacco a pelo, fiera dell’editoria e seminari per operatori, realizzati grazie all’impegno della rete del Festival: Fondazione Banca del Monte di Foggia, Biblioteca Provinciale di Foggia «La Magna Capitana», Assessorati alla Cultura e Pubblica Istruzione Comune di Foggia, Fondazione Musicalia, Rete Penelope, Edizioni del Rosone, Scuola Santa Chiara, Accademia Belle Arti di Foggia, Museo Civico di Foggia, Teatro dei Limoni, Istituto Marcelline Foggia, utopikaMente, Cerchio di Gesso-Nuovo, Amici della Biblioarcobalena, Laboratorio di ricerca e studio per l’infanzia, Università degli Studi di Foggia, Fondazione Siniscalco Ceci, Emmaus Onlus, Ristorante Fourquette. Saranno presenti 18 Case editrici per animare la Fiera dell’Editoria per ragazzi. Un concerto con l’Orchestra d’Archi della Fondazione Musicalia, diretta dal Maestro Carmen Battiante, che eseguirà le musiche originali, realizzate dallo stesso Maestro Battiante, chiuderà la manifestazione in occasione della cerimonia di premiazione che avrà luogo il 18 ottobre nella prestigiosa location del Teatro Giordano. Marida Marasca

• All’interno • Inserto speciale sulle attività e l’Offerta formativa dell’Università di Foggia per l’anno accademico 2015/2016


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AttuAlità & Commenti

Anno XXVII - n. 3 Settembre 2015

Alberona, ricordato il professor Giuseppe De Matteis

Cerimonia di donazione alla città del suo patrimonio librario A

due anni dalla scomparsa del professor Giuseppe De Matteis si è compiuto un significativo passaggio che asseconda la volontà dello studioso alberonese di donare alla sua città natale il fondo librario e documentario da lui posseduto e costituito nel corso di una vita di studi e di ricerche. Il 22 agosto scorso si è svolta la cerimonia ufficiale di consegna, ospitata nella sala consiliare del Comune di Alberona, destinata a sede dei libri e degli scaffali che li conservano, dopo una lunga e laboriosa opera di catalogazione e sistemazione svolta dalla nipote Giuseppina De Matthaeis. È stato il sindaco di Alberona, Tonino Fucci, alla presenza di un cospicuo numero di amici ed estimatori, oltre che dei fratelli Nicola e Lidia, ad annunciare che il fondo librario diventerà il focus di un Centrostudi aperto a coloro, soprattutto giovani, che intendano coltivare la passione per il proprio territorio inseguendo il superamento della dicotomia tra cultura locale e cultura nazionale, popolare e accademica. Non è stato un riferimento casuale, questo del sindaco Fucci, considerato che tutti gli interventi che si sono succeduti hanno sottolineato il grande impegno di Giuseppe De Matteis per conferire pari dignità a scomparti di cultura che solo apparentemente possono apparire appartenenti a livelli gerarchici diversi. Questa è stata la grande battaglia di studioso di De Matteis.

Falina Martino Marasca, per le Edizioni del Rosone, ha evidenziato la lunga e proficua collaborazione con il docente universitario fin dai tempi del suo fondatore Franco Marasca. Collaborazione che è stata alimentata da numerosi articoli e saggi pubblicati sulle riviste e sui periodici della Casa editrice foggiana e culminata con la pubblicazione del libro «Una lunga fedeltà» nel quale De Matteis riprende con passione il problema della doppia cultura: «Quanto più una cultura abbandonerà i principi astratti e si legherà all’esperienza anche sensibile, ai fatti, alla vita, … tanto più assolverà il suo compito di elevazione dell’individuo; e quanto più proficua sarà quest’opera, tanto più tenderà ad eliminarsi e a non avere più ragione di

esistere la tradizionale frattura tra “cultura nazionale” e “cultura regionale”». Sono seguiti gli interventi di Giuseppina De Matthaeis, che ha illustrato i criteri che hanno ispirato la catalogazione e la sistemazione dei libri, soffermandosi anche sul lavoro ancora da svolgere. Quindi il notaio Orfina Scrocco, presidente del Club UNESCO di Alberona; il professor Luigi Paglia che con De Matteis ha condiviso molti studi e ricerche; Raffaele Cera, presidente della Fondazione «Angelo e Pasquale Soccio», ai cui vertici De Matteis è stato nel recente passato; il professor Francesco D’Episcopo, docente dell’Università Federico II di Napoli; Michele Urrasio, poeta alberonese di fama nazionale, che con Giuseppe De Matteis ha condiviso impegni e iniziative per la promozione della cittadina dei Monti Dauni, primo fra tutti il Premio di poesia «Borgo di Alberona». Ciascuno ha proposto un aspetto della poliedrica personalità dello studioso scomparso, arricchendo il proprio intervento con considerazioni di vita vissuta che hanno contribuito a far emergere anche il profilo umano di De Matteis. Si è trattato, insomma, di una cerimonia commemorativa che è servita a ricordare la figura dello studioso e del docente universitario, ma ha anche fornito una proficua occasione per guardare in avanti, al futuro, così come De Matteis amava fare, avendo praticato per decenni giovani studenti universitari e non. L’auspicio di tutti è che l’iniziativa, superato l’entusiasmo del primo momento, trovi convinti sostenitori anche negli amministratori che verranno: lo si deve alla generosità e al senso di appartenenza sempre manifestati da Giuseppe De Matteis ma anche alle giovani generazioni alberonesi che nel

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Centrostudi a lui intitolato potranno trovare un’occasione di ricerca e di approfondimento utile alla propria crescita umana e culturale. Peppino De Matteis era nato ad Alberona nel 1939 ed è morto a Foggia nel 2013, all’età di 74 anni. La sua è stata una vita interamente dedicata all’insegnamento e alla formazione dei giovani, a tutti i livelli. La sua avventura professionale, infatti, è cominciata subito dopo aver conseguito la laurea in Lettere, prima, e poi in Filosofia e Sociologia, negli istituti di istruzione superiore di Foggia, fino all’anno 1974. In questo stesso anno ha avuto inizio la carriera universitaria presso l’Università di Pisa, vincitore di concorso di assistente di ruolo di Lingua e letteratura italiana. Nell’ateneo toscano De Matteis è rimasto per oltre un decennio, facendosi apprezzare non soltanto per le sue spiccate doti professionali, ma anche per la convinta considerazione in cui era tenuto negli ambienti accademici e culturali della città e della regione. A partire dall’anno accademico 1987-88, De Matteis è passato alla Facoltà di Lingue e letterature straniere dell’Università di Chieti, sede di Pescara, come docente associato di ruolo di Storia della Critica Letteraria e di Lingua e Letteratura Italiana. Gli è stato anche assegnato un corso di Storia della cultura regionale pugliese presso l’Università di Foggia. La sua carriera si è conclusa come professore di prima fascia di Letteratura Italiana all’Università di Pescara. Numerosi i riconoscimenti ricevuti e gli scritti pubblicati, sotto forma di articoli, saggi critici, recensioni, libri. Ha goduto di ottima critica. Della sua opera si sono occupati, tra gli altri, Mario Petrucciani, Giorgio Bàrberi Squarotti e Luigi Baldacci. Stefania Paiano

La scomparsa di Pietro Saggese

Garganico integrale, studioso accorto uomo mite dal garbo signorile U

na persona speciale. Non trovo parole più adeguate per definire Pietro Saggese – docente, letterato, studioso appassionato del Gargano, saggista, scrittore, giornalista – che il 21 settembre scorso ci ha prematuramente lasciati per raggiungere pascoli liberi e limpidi. Liberi e limpidi come la sua coscienza e il suo relazionarsi con il prossimo. Il ricordo, per immagini, non può non andare ad una splendida serata rodiana di luglio del 2013, allorquando nella deliziosa piazzetta Cairoli presentò con l’acume e il garbo che gli appartenevano, il mio libro «Voci e volti della cultura dauna», in cui un capitolo è dedicato a Filippo Fiorentino. Così come a tutte le altre indimenticabili occasioni che hanno allietato l’estate rodiana all’interno di quella suggestiva cornice definita «Il Gargano tra natura e cultura». Incontrarlo è stato sempre un piacere e un appagamento dell’anima. Quanta modestia e quanta spontaneità nelle sue manifestazioni amicali, quanto garbo e quanto rispetto per il prossimo! Eppure, Pietro era un uomo di solida e profonda cultura, di convinta dedizione al territorio che ha manifestato in diversi modi, attraverso un impegno continuo e diversificato nelle forme.

Ha affiancato Filippo Fiorentino – di cui è stato un fratello più che un amico – in tutte le iniziative che nei decenni scorsi sono partite da Rodi Garganico per estendersi all’intero Gargano, nell’intento di valorizzare al meglio le potenzialità del Promontorio. È stato socio del Centro Rodiano di Cultura «Uriatinon» e della Società di Storia Patria per la Puglia; ha scritto per il «Il Gargano nuovo»: articoli, saggi, recensioni; ha partecipato a convegni, come coordinatore o relatore, sempre battendosi per la promozione e lo sviluppo del suo Gargano. Quelli della cultura erano gli strumenti che Pietro adoperava per diffondere la conoscenza del Promontorio battendosi orgogliosamente per il riconoscimento di diritti spesso traditi. È stato, insomma, un garganico integrale, con un orizzonte che sapeva allargarsi anche al di là del provincialistico «campanile» Lo ricordo come prezioso e schivo collaboratore de «Il Provinciale»: le sue corrispondenze dal Gargano non sono state mai banali o frettolose, ma impregnate di quella passione e del fervore che metteva in tutte le sue imprese. Sempre timoroso di non essere all’altezza del compito affidatogli, proprio lui che poteva ben vantarsi di

Pietro Saggese (primo a destra) con Duilio Paiano, Raffaele Cera e Marcello Ariano studi e di preparazione di altissimo livello. Ne sono riscontro palpitante e toccante le testimonianze delle centinaia di giovani, oggi adulti e per la maggior parte professionisti affermati, che si sono avvalsi della sua sapienza di docente accorto e illuminato. Così come lo testimoniano le «voci» del web che dopo la sua scomparsa si sono rincorse nel ricordarlo come uomo, studioso, docente. Teresa Maria Rauzino per tutti: «La cultura di Rodi ha perso il suo faro luminoso e discreto … fulgido esempio di intellettuale garganico aperto al mondo, è stato una guida e un esempio per tutti noi. Le sue pagine di critica letteraria sul “Gargano nuovo” hanno valorizzato le opere degli scrittori e dei poeti emergenti della nostra Terra. Ti voglio ricordare mentre raccontavi, con stile lieve e accattivante, soltanto qualche mese fa, la storia agrumaria

della tua Città. Ciao, Pietro, continua a raccontarla anche agli angeli, lassù ... ». Esattamente un anno fa – eravamo in campagna da Falina Marasca per il tradizionale incontro conviviale degli amici delle Edizioni del Rosone – era seduto di fronte a me. Sollecitato sulle vicende di Rodi e sul futuro della sua città e del Gargano, lo ricordo inaspettatamente infervorato e «preso» dall’argomento. Era il termometro della sua «fede» e del suo viscerale attaccamento alle radici. Continuerò a ricordarlo così – da quel giorno non l’ho più rivisto, ci siamo sentiti soltanto per telefono – con l’energia che sprigionava quando si parlava della sua terra. Sei stato un grande, Pietro, e continuerai ad esserlo nel cuore degli amici che ti vogliono ancora bene. Duilio Paiano


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Anno XXVII - n. 3 Settembre 2015

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La riflessione

I populismi, una galassia composita legata da alcuni tratti comuni

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ella nota precedente (Democrazia, un giocattolo fragile) abbiamo accennato alla crisi della democrazia, individuandone la spia nella diffusione di partiti e movimenti populisti. Ecco ora qualche riflessione su questo fenomeno, la cui genesi è collocata dagli studiosi in Russia tra il 19° e il 20° secolo, con lo scopo di migliorare le condizioni delle classi meno abbienti (specialmente contadini) ed era orientata in ambito genericamente socialista. Oggi questa identificazione è meno caratterizzante, perché, dopo la caduta delle ideologie, è residuata la mera gestione del potere, contro cui il populismo trova proseliti in ambiti politici trasversali e transnazionali. A quelli italiani (Movimento 5 Stelle e Lega Nord) si affiancano infatti in Europa il Fronte Nazionale di Le Pen in Francia, l’UKIP (United Kingdom Independence Party) di Nigel Farage in Gran Bretagna, Alternativa per la Germania a Berlino, il Movimento per un’Ungheria migliore a Budapest, il Partito della Libertà di Geert Wilders in Olanda, il Vlaams Belang in Belgio, i Demokraten in Svezia. È una galassia composita che rende il populismo un fenomeno inafferrabile, complesso e ambiguo. Oggi trova linfa anche nella grave crisi economica e nello smarrimento delle certezze che hanno improntato il benessere economico e sociale, fiorito in Europa nel secondo dopoguerra. Pur nella varietà dei motivi ispiratori, alcuni tratti comuni possono essere individuati.

Qualunquismo e demagogia Il qualunquismo si estrinseca in un atteggiamento di sfiducia nello Stato, nel potere politico, nei partiti, con una protesta generica a sfondo tendenzialmente reazionario, ma che comprende anche aree di sinistra. Erano state affidate alla democrazia aspettative materiali e diritti, nella convinzione che quasi per inerzia ogni tassello si sarebbe collocato al posto giusto, anche senza l’impegno responsabile e il controllo quotidiano dei singoli cittadini. La «formula democratica» era ritenuta la più idonea agli scopi; un atto di fede che ha cullato ampie aspettative, che si sono infrante nell’urto con la realtà. Dalla delusione maturata ecco scaturire una tendenza alla banalizzazione, alla semplificazione estrema di questioni anche complesse, per ottenere una rapida approvazione elettorale. Quella della rapidità sembra essere di per sé una qualità e un obiettivo da perseguire, bypassando bilanciamenti e limiti del potere, superando formalità del diritto, semplificando procedure decisionali. In realtà la politica democratica è per sua natura complessa e richiede tempi adeguati. «La maggior parte delle nostre decisioni e dei ragionamenti che le accompagnano –

ammoniva il filosofo inglese John Locke – non avviene ‘nella chiara luce del giorno’, ma ‘nel crepuscolo delle probabilità». Il fine a cui tendere è sempre la realizzazione di una uguaglianza sostanziale e non formale tra popolo e detentori del potere, ma è bene essere prudenti nel valutare chi promette decisioni e soluzioni miracolistiche. Altro tratto comune ai populismi è il ricorso alla demagogia, forma corrotta della democrazia, perché basata su appelli emotivi e mistificatori alla massa, a prescindere dal colore politico. Il demagogo è a capo di questo processo e lo suggerisce la stessa etimologia dal greco dêmos, popolo, e agogós, chi guida. Puntando alla mera ricerca del consenso con promesse difficilmente realizzabili, agita pregiudizi e suggestioni che prescindono dalla razionalità delle decisioni. Il tutto avviene nel rispetto solo formale dei principi di libertà e uguaglianza e tendendo piuttosto al dispotismo. Capo carismatico e capro espiatorio Il populismo – e siamo ad un altro tratto comune – ha dunque bisogno di quello che Max Weber chiamava capo carismatico, senza del quale sarebbe soltanto un movimento popolare per denunciare e protestare, sulla scia, ad esempio, di Occupy Wall Street e Indignados. È la personalizzazione della politica, con un leader a cui il cittadino, stanco di dibattiti inconcludenti, affida ogni speranza con una delega in bianco. Il capo diventa così una sorta di profeta di una religione secolare, raccoglie il malcontento e lo incanala in una ideologia spendibile per la conquista del potere, utilizzando anche la tecnologia odierna, che assume un’importanza inedita con i mezzi di informazione disponibili. È così che si forgia – Cicero pro domo sua – la cosiddetta «opinione pubblica», quella che il New York Times ha definito come l’unico vero sovrano nella società di oggi. Ma è soprattutto con l’informatica avanzata, internet e social network che si crede di interpretare la volontà popolare, facendo finta di ignorare che, specie in Italia, il «popolo della rete» è solo una minoranza, che non può quindi rappresentare gli analfabeti informatici. Il mandato in bianco sembrerebbe ridurre il distacco tra rappresentato e rappresentante, ma in realtà aumenta la distanza tra le oligarchie (a cui viene affidato un potere sempre più ampio) e i cittadini, che non solo sono aggiogati, ma sono paradossalmente lieti di esserlo. Con essi instaura un rapporto di amore/odio, senza mediazioni, mentre si registra una radicalizzazione dell’agone politico, che trasforma l’avversario in nemico. Il leader nel suo linguaggio evita accuratamente ragionamenti articolati e punta su slogan sbrigativi, su parole

d’ordine facilmente comprensibili e sceglie di volta in volta il nemico. E siamo così a un altro tratto comune: il capro espiatorio. La definizione di populismo del prof. Canfora è a questo proposito illuminante: «è l’unione di un capo carismatico e di un movimento in cui l’elemento irrazionale prevale. Queste due cose stanno assieme di solito perché un capo indica un nemico. Per esempio il nazionalsocialismo riversò contro gli ebrei tutte le frustrazioni proletarie». Oggi non c’è che l’imbarazzo della scelta: immigrati, islam, zingari, Unione Europea, euro, poteri occulti. Tutto è utile per accendere paure e fondamentalismi e favorire l’approdo a soluzioni più o meno perentorie e sbrigative, a seconda dello sbocco del populismo verso il solidarismo o verso il nazionalismo, nella sua forma dete-

riore di costume tribale, culto pagano. Nel primo caso la motivazione all’origine del populismo sarà una redistribuzione delle ricchezze all’insegna di una maggiore giustizia sociale; nel secondo caso sarà la rivendicazione intransigente di una identità etnica, religiosa e culturale che, pur partendo da una cornice di democrazia costituzionale, può sfociare nell’autocrazia o nella dittatura. Nel Parlamento europeo i partiti populisti hanno il 25% dei seggi. Qualunque sia l’esito finale del populismo è chiaro che siamo di fronte a una patologia del sistema democratico. Nadia Urbinati parla di «confine estremo della democrazia rappresentativa». È possibile evitare di varcare quella soglia? Proveremo a rispondere in una prossima riflessione. Vito Procaccini

La scomparsa del dottor Libero Di Paolo

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veva compiuto 100 anni il 18 luglio scorso e gli amici attendevano che ritornasse a Foggia dal suo Abruzzo, dove aveva trascorso le vacanze estive, per festeggiare degnamente questo importante anniversario. Non ce n’è stato il tempo, purtroppo, perché Libero Di Paolo, il dottor Libero Di Paolo, da poco rientrato nella sua abitazione–studio di Foggia, è scomparso allo spuntare di settembre, per le complicazioni conseguenti a una caduta. Il nome di Libero Di Paolo, a Foggia, parla al cuore di numerose generazioni di mamme che alle sue premurose cure di pediatra illuminato e sempre al passo con i tempi hanno affidato i loro piccoli. Abruzzese di famiglia e per nascita, aveva eletto Foggia sua seconda patria fin dal 1957 allorché, vincitore di concorso nazionale quale direttore sanitario provinciale dell’ONMI, decise di scegliere il capoluogo dauno invece che sistemarsi a l’Aquila, nella sua regione. Da allora è cominciato un rapporto di amore e di riconoscenza reciproci che si sono andati consolidando con il trascorrere degli anni. L’indiscussa professionalità del dottor Di Paolo, valorizzata da un rigoroso senso del dovere, si univa alla generosità, alla disponibilità senza limiti di tempo, all’umanità che investiva nel suo impegno di pediatra. In questo sostenuto in maniera esemplare dalla moglie Elvira che le è stata di supporto indispensabile nell’accoglienza e nel conforto assicurato ai piccoli pazienti ed ai genitori che si recavano nel suo studio di via Matteotti. Insomma, più che di un lavoro, pur sentito e onorato in ogni istante, si è trattato di un’autentica missione, così come era accaduto nel corso del secondo conflitto mondiale, da ufficiale medico al servizio delle truppe amiche e spesso anche di quelle nemiche. L’uomo veniva sempre prima di ogni altra considerazione. Anche dopo la scomparsa della compagna della sua vita, avvenuta alcuni anni fa, il dottor Di Paolo ha scelto di fermarsi a Foggia, benché ormai solo, continuando quel rapporto di affetto rinvigorito da quasi sessant’anni di permanenza in città. E fino agli ultimi giorni della sua vita ha continuato, infaticabile, a visitare e dispensare consigli e suggerimenti. Nel corso della cerimonia funebre svoltasi nella cappelletta degli Ospedali Riuniti del capoluogo, prima del rientro definitivo nel natìo Abruzzo, il professor Costanzo Natale, a nome dell’Associazione Medici Cattolici, ne ha esaltato doti umane e professionali, additandolo come esempio di preparazione scientifica, abnegazione e umiltà. Foggia, e gli amici foggiani, lo ricordano come esempio di virtù suprema, competenza, dedizione, modestia ed elevata capacità relazionale. A lui vada un «grazie» per aver messo i suoi valori umani e scientifici al servizio della nostra collettività. d.p.


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L’UFIS a Faeto per il secondo anno consecutivo

Corsi di lingua francese e iniziative culturali per conoscere il territorio

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’UFIS – Università Francofona dell’Italia del Sud – è ritornata per il secondo anno consecutivo a Faeto organizzando corsi di lingua francese di alto livello tenuti da docenti di lingua madre estremamente qualificati. Ha offerto, inoltre, l’occasione di conoscere la lingua francoprovenzale parlata a Faeto e Celle San Vito con corsi tenuti da insegnanti di lingua madre. L’UFIS ha operato in collaborazione con il Comune di Faeto e la Renaissance Francaise, riscuotendo anche nell’edizione 2015 un buon successo di adesioni. La parte didattica dell’iniziativa è stata accompagnata da una serie di iniziative collaterali quali proiezione di film francesi, conferenze, incontri, dibattiti, oltre ad occasioni tese alla conoscenza del territorio e delle sue

ricchezze ambientali, naturalistiche ed enogastronomiche. Tra gli incontri proposti segnaliamo quello con il professor Paolo Lopane, della Società di Storia Patria per la Puglia, che ha relazionato sul tema Le propaggini daune delle eresie occitane. Un tema di grande attualità, almeno per Faeto, considerate le origini provenzali della cittadina dei Monti Dauni. Mentre, infatti, l’ipotesi prevalente sulla fondazione del paese più alto della Puglia riporta a un insediamento di soldati di Carlo I d’Angiò, dopo la liberazione di Lucera dai Saraceni, si avanza più sommessamente la possibilità che la storia di Faeto abbia avuto inizio ad opera di eretici ivi rifugiatisi per sfuggire alle persecuzioni della Chiesa. Un’ipotesi, quest’ultima, ancora non del tutto dimostrata. Tornando al tema dell’incontro, c’è

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Sant’Agata: biblioteca in cabina telefonica

a pratica che lega la passione per la lettura a quella per la condivisione dei sogni e della cultura a Sant’Agata di Puglia si scrive: BookCrossing e si legge «Bibliocabina», ovvero una piccola biblioteca attrezzata per condividere storie raccontate su pagine «liberate» e condivise gratuitamente e con passione. Ne sono conviti i componenti del Circolo Lettori Santagatesi, i quali,

recentemente, hanno realizzato e inaugurato una mini biblioteca con centinaia di libri ordinatamente sistemati in una vecchia cabina telefonica dismessa situata nella centrale piazza del paese. La simpatica e utile iniziativa non giunge a caso, dal momento che il

Nuova sede della Camera di commercio

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’è il quartiere fieristico alla ricerca di un futuro che sia all’altezza del glorioso passato e c’è, a pochi metri di distanza, la nuova cittadella dell’economia che ha preso corpo e sostanza pochi giorni fa con l’inaugurazione ufficiale della nuova sede della Camera di Commercio di Foggia. La sede, per la verità, è già operativa da qualche mese ma le autorità si sono ritrovate nell’immediato dopo estate per dare il crisma dell’ufficialità ad una iniziativa che, al di là della soddisfazione per una sede nuova e più funzionale della precedente, diventa il simbolo della rinascita o, comunque, dell’auspicata ripresa del tessuto commerciale dauno. Il sottosegretario Umberto Del Basso de Caro, accompagnato dal sottosegretario foggiano Ivan Scalfarotto, ha idealmente tagliato il nastro di questa speranza, presente anche il governatore della Puglia Michele Emiliano. Sul versante politico-amministrativo, di rilievo la presenza del sindaco di Foggia, Landella, e degli assessori regionali, espressione della provincia di Foggia, Piemontese e Di Gioia. Significativa la presenza di una nutrita pattuglia di vecchi presidenti e amministratori della Camera di commercio foggiana che hanno voluto testimoniare il loro affetto per una istituzione che svolge un ruolo determinate all’interno del tessuto economico della Capitanata. (M. Gal.)

da dire che le eresie occitane (l’Occitania è una regione che comprende tutto il centro-sud della Francia, la Val d’Aran in Spagna e sedici valli in Italia nelle province di Cuneo e Torino, una piccola parte della provincia d’Imperia) interessano i Catari e i Valdesi. In entrambi i casi le eresie ebbero origine in seguito all’affermarsi di nuove concezioni religiose sempre più distanti dalla Chiesa ufficiale che determinarono la repressione, a volte cruenta, degli eretici. Stermini e persecuzioni contro i movimenti protestanti sviluppatisi periodicamente nelle terre occitane proseguirono fino al ‘700, come ad esempio la persecuzione dei Valdesi. Dalle persecuzioni alla fuga verso

Comune di Sant’Agata qualche giorno fa, su proposta proprio del Circolo Lettori, ha deliberato l’adesione, quale primo comune in Puglia, ai «Borghi della Lettura», un progetto culturale promosso dal Centro Studi Storici e Sociali «V. Fusco» di Campobasso. Il BookCrossing, quindi, che è un’inizia-

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territori più tranquilli il passo è breve e spiega come mai in diverse regioni italiane, fino a quelle meridionali, si siano determinati insediamenti di persone i cui discendenti ancora oggi abitano le contrade allora occupate ponendo interrogativi sull’origine di intere comunità, come nel caso di Faeto e Celle San Vito. Questa la cornice storica al cui interno si è sviluppata la relazione del professor Lopane seguita da un pubblico numeroso, attento e interessato. Tra gli interventi, da segnalare quelli del vice sindaco di Faeto, Giovanni D’Onofrio; del professor Giovanni Agresti, docente presso l’Università di Teramo e vice presidente di LEM Italia; del professor Denis Fadda, presidente di Renaissance Francaise. Il professor Lopane ha numerose pubblicazioni al suo attivo. Tra le altre: Il risveglio della gnosi nella Francia albigese; I Templari, storia e leggenda; La presenza templare nella valle dell’Ofanto; Hrand Nazariantz, Fedele d’Amore. Più recentemente ha pubblicato in «Archivio Storico Pugliese» un saggio breve su Faeto di Puglia: l’eredità franco-occitana. Stefania Paiano tiva mondiale di distribuzione gratuita di libri che consiste nella pratica di «liberare» libri abbandonandoli in giro affinché possano essere ritrovati e letti da altri, che a loro volta possono leggerli e farli proseguire nel viaggio, ha trovato casa in piazza XX Settembre, all’interno di una vecchia cabina telefonica ripulita e allestita per l’occasione da un gruppo di amici uniti dalla passione e dall’amore per i libri.

Una quotidianità a dimensione umana e la riscoperta dell’appartenenza S tamattina presto al mio risveglio ho trovato mio padre intento a cimare la siepe del giardino di casa, dissodare l’orto, potare i due cespugli di rose che lo adornano ed infine innaffiare i due alberi di melo e l’ulivo che ha piantato lo scorso anno. Voglio raccontarvi la storia del rapporto tra la mia famiglia e la cittadina di Ariano Irpino. Si tratta del paese di origine dei genitori della mia nonna paterna, i quali hanno vissuto gran parte della loro vita nel primo quartiere che si incontra giungendo da Foggia attraverso la statale 90 «delle Puglie». Si tratta di una strada che costeggia per un lungo tratto il fiume Cervaro, immersa tra boschi di colore verde cupo che ammantano rilievi dalle dolci colline e dagli aspri contrafforti appenninici. Il cartello di benvenuto mi dà un gran sollievo dopo le numerose curve e immette direttamente nel rione Martiri, dove è situata la casa dei miei bisnonni. Vi si accede per una breve ma ripida salita che conduce ad uno slargo chiuso quasi del tutto da una delle pareti della palazzina che include la casa dei nonni. Ne riesce un varco, superato il quale si entra in un mondo che ha dimensioni e tempi diversi, abbastanza lontano da quelli pur non frenetici del nostro capoluogo dauno.

La mia famiglia ha conservato quella casa per rinsaldare il senso di appartenenza e trasmetterlo anche alla mia generazione. Non solo, quindi, posso vedere mio padre riportare alla luce il vialetto lastricato di granito fatto al tempo da suo nonno, ma anche mia madre destreggiarsi in cucina, cimentandosi con ricette tradizionali, ma scopro anche me stessa godere di un relax particolare, lento e soprattutto ricco di aria fresca e pura. L’ingresso è impossibile alle auto e ai motocicli, per cui siamo circondati interamente da basse palazzine e dai piccoli rispettivi giardini, dove qualcuno vi ha ricavato un orticello, qualcun’altro vi ha piantato un ciliegio, un olivo o un melograno, che in primavera regala dei bellissimi fiori di un arancio intenso. Ariano Irpino da alcuni decenni a questa parte è meta di molti villeggianti che ne godono d’estate il clima fresco, fuggendo dalla torrida estate foggiana. In particolare essi, come d’altronde faccio anche io, si trattengono nella stupenda villa comunale, nella quale culmina il più alto dei tre colli sui quali è adagiata la città. Ma di questo vi parlerò in una prossima occasione… Rosa Suriano


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territorio

Manfredonia: successo del Progetto Puglia Open Days 2015

Anno XXVII - n. 3 Settembre 2015

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Dalla Provincia a cura di mauro Galantino Pietra Montecorvino: rimborso spese di viaggio per studenti pendolari

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i è concluso sabato 26 settembre il Progetto Puglia Open Days 2015. La straordinaria apertura della Cappella della Maddalena, gioiello gotico racchiuso nel Palazzo San Domenico è stata il fiore all’occhiello che ha permesso la visione dell’affresco dell’albero genealogico di Gesù nel sogno di Jesse, dei cosiddetti «santi in campana», tradizione popolare molto diffusa nel centro Sud, nonché dell’acquisita collezione «M. Rizzon» da parte del Comune. Per la cronaca, la collezione fa parte di un intero ciclo di vasellame risalente al VI-III sec. a. C. di pertinenza del sito archeologico di Siponto. Le visite, che si sono svolte in tutti i sabati dei mesi di luglio-agosto-settembre, dalle 20.00 alle 23.00, sono proseguite nel centro Storico, che ha interessato via Maddalena e alcuni tratti di via San Francesco, via San Lorenzo, via Santa Chiara, corso Roma, via della Cisterne, corso Manfredi e Castello. Altro interessante appuntamento serale la visita al Museo Etnografico «M. Melillo» in Siponto. La particolarità di questo Museo è l’accurata selezione del patrimonio delle arti e mestieri del popolo sipontino, nonché una raccolta di testi e una validissima emeroteca. Per questa manifestazione il Comune di Manfredonia e l’Agenzia regionale per il Turismo «Puglia Promozione» si sono avvalsi, per il quarto anno consecutivo, della collaborazione dell’Associazione Turistica Pro Loco di Manfredonia che ha costituito il capofila del progetto. Guide, regolarmente munite di patentino rilasciato dalle autorità competenti, hanno accompagnato i visitatori.

Sono disponibili i moduli di domanda per il rimborso delle spese di viaggio per gli studenti pendolari nell’anno scolastico 2015/2016 residenti nel Comune di Pietramontecorvino, che non usufruiscano di altre agevolazioni concesse allo stesso titolo da altri enti, e che frequentino, nell’anno scolastico 2015/2016, gli Istituti di istruzione secondaria superiore ed artistica, l’Università, i corsi di formazione professionale ed i Conservatori di musica, pubblici o privati, purché abilitati, questi ultimi, a rilasciare titoli di studio riconosciuti dallo Stato. Le domande di rimborso devono essere presentate entro il 16 novembre 2015. Candela: «Puliamo il mondo» con Legambiente Legambiente ha chiamato all’appello migliaia di volontari in tutta Italia con la XXIII edizione di «Puliamo il Mondo», l’appuntamento annuale finalizzato a sensibilizzare tutti sull’importanza della salvaguardia dell’ambiente, al quale l’Amministrazione Comunale aderisce da svariati anni Sono stati gli alunni dell’Istituto Comprensivo «Papa Giovanni Paolo II» di Candela, armati di guanti e sacchetti a raccogliere, nei giorni 25 e 26 settembre, i rifiuti presenti in diversi ambienti, considerati esemplificativi per la comunità, ricordando che la bellezza del nostro territorio è un bene prezioso che merita attenzione e rispetto costanti. S. Agata di Puglia: Giornata Plein Air

Fondazioni di Comunità per la promozione culturale

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ondazioni di Comunità è il nome di un interessante progetto ideato e promosso dalla «Fondazione Con il Sud». Il progetto è stato illustrato dal presidente della «Fondazione Con il Sud», Carlo Borgomeo, nella sala Rosa del Vento della Fondazione Banca del Monte, nel corso di un convegno organizzato in occasione della terza Giornata europea delle Fondazioni. Di origine anglosassone, la Fondazione di Comunità è un ente non profit che mette insieme soggetti rappresentativi di una comunità locale (privati cittadini, istituzioni, associazioni, operatori economici e sociali) con l’obiettivo di migliorare la qualità della vita della comunità stessa, attivando energie e risorse e promuovendo la cultura della solidarietà e della responsabilità sociale. La principale peculiarità di questo tipo di fondazione è la possibilità per una collettività di investire nel proprio sviluppo e nelle sue qualità, attivando risorse proprie per realizzare progetti ed interventi per il territorio. Nel suo intervento, il dottor Borgomeo ha preso in esame l’esperienza di 5 Fondazioni di Comunità attualmente operanti, e sostenute dalla «Fondazione Con il Sud», su tutto il territorio nazionale. Dispersione scolastica, inclusione sociale e promozione della cultura sono gli ambiti in cui le Fondazioni di Comunità hanno riscontrato i maggiori successi.

Troia: rappresentata «La Creazione» per la rassegna Notti sacre in Puglia

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o scorso 12 settembre, nella Cattedrale di Troia, è andata in scena «La Creazione», opera dei Maestri Miguel Gomez e Luigi Morleo, ottavo appuntamento all’interno della rassegna artistica «Notti Sacre in Puglia». La «Creazione» è un’opera contemporanea di video art firmati da Miguel Gomez sulle musiche originali di Luigi Morleo e la danza di Marco Lattuchelli. Due artisti di fama internazionale hanno unito la loro arte per creare suggestioni con la poesia delle immagini dei video art che hanno preso vita nell’architettura della Cattedrale, con il ritmo del tempo descritto dalle note della musica, con l’armonia della danza e la voce narrante di CAM Lecce. Il credente ed il passante potranno entrare nella raffigurazione visionaria della Creazione, grazie alla straordinaria opportunità offerta da S.E. Rev.ssima Mons. Domenico Cornacchia Vescovo della Diocesi di Lucera-Troia e del Comune di Troia, di rappresentare le Origini del Creato in chiave contemporanea all’interno della Cattedrale di Santa Maria, segno dei tempi di una Chiesa che apre le sue porte alla Bellezza moderna. Un grazie anche a Don Pio Zuppa, Parroco ed anima della Cattedrale. Luigi Morleo docente di Strumenti a percussione e, dal 2005, di Strumentazione e Orchestrazione di Musica per Film al Conservatorio «N. Piccinni» di Bari. Nel 1992 ha vinto il I° Premio per Percussionisti «Valerio Bucci» indetto dai percussionisti del Teatro alla Scala di Milano. Dall’87 al ‘91 é stato percussionista dell’Orchestra dell’Ente Autonomo Teatro Petruzzelli di Bari. Dal ‘92 al ‘94 é stato prima percussionista, poi timpanista dell’Orchestra Sinfonica dell’Amministrazione Provinciale di Bari. Attualmente è timpanista dell’Orchestra Società dei Concerti di Bari con la quale ha effettuato tournée in Europa, Giappone e Cina.

Anche quest’anno il Comune di Sant’Agata di Puglia ha predisposto nei minimi particolari l’organizzazione della “Giornata Plein Air” con la quale, aderendo all’invito del Touring Club Italiano, ha accolto la carovana di camperisti che hanno trascorso un fine settimana sulla «Loggia delle Puglie». Con una novità, rispetto allo scorso anno. In concomitanza con la “Giornata Plein Air”, infatti, Sant’Agata di Puglia ha festeggiato anche l’ultimo ambito riconoscimento ricevuto alcuni mesi fa dall’organizzazione internazionale “Città Slow”. Il programma è stato promosso dal Comune, con la collaborazione di tutte le associazioni locali. Si è trattato di un weekend all’insegna dell’accoglienza, per la bella cittadina del Subappennino dauno, oggi riconosciuta anche quale «Città del buon vivere». Apricena: l’ex carcere recuperato e fruibile per attività L’ex Carcere mandamentale di Apricena, struttura censita dalla Regione Puglia tra le principali incompiute della nostra storia, apre ufficialmente e diventa fruibile per tante attività. Il prossimo 2 ottobre dalle 19.00, in occasione della manifestazione «Apricena dei Talenti», ci sarà il taglio del nastro alla presenza delle massime Autorità del territorio. «Si tratta – spiega il Sindaco Antonio Potenza – di una delle cose già fatte che ci riempie maggiormente d’orgoglio. Sin dal nostro nuovo insediamento abbiamo puntato al recupero di tante strutture del nostro territorio, lasciate in stato di abbandono. Il carcere è l’emblema di questi sprechi di denaro pubblico». Lucera: collettiva d’arte nella ex Biblioteca comunale Théke come scrigno, deposito, custodia. È questo il concetto ispiratore della collettiva artistica visitabile dal 24 settembre al 4 ottobre nelle sale nascoste della vecchia Biblioteca Comunale «R. Bonghi» di Lucera. Un evento unico e irripetibile, pensato per aprire le porte di uno spazio a lungo fruibile solo da studiosi e addetti ai lavori. Un luogo, la ex Biblioteca Comunale di Lucera, che in questo momento di transizione si presenta svuotato. Dopo il trasferimento del patrimonio librario moderno presso la nuova Biblioteca di S. Pasquale, i locali adiacenti a Palazzo Mozzagrugno saranno presto destinati ad altra funzione. Giornata «Bandiere arancioni» in sette comuni dauni La «Giornata bandiere arancioni 2015» verrà celebrata anche in Capitanata domenica 11 ottobre. I sette comuni dauni che possono fregiarsi di questo ambìto riconoscimento – situati tutti nella suggestiva cornice dei Monti Dauni – stanno già predisponendo i programmi da sottoporre a cittadini e turisti, al fine di valorizzare quel modello di turismo consapevole, teso alla valorizzazione dell’ambiente e delle specificità del territorio che ha fatto loro meritare l’ambito riconoscimento. I centri interessati sono Pietramontevorvino, Rocchetta S. Antonio, Orsara di Puglia, Sant’Agata di Puglia, Troia, Alberona e Bovino.


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La bancarella di Ventura

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icorre quest’anno il primo centenario della nascita di Luigi Compagnone. Gigino (Giggin’, per gli amici) nacque l’1 settembre 1915 a Napoli: e ivi morì il 31 gennaio 1998. Io lo conobbi nel 1983 a Milano (dov’era di passaggio) nella sede della rivista milanese di economia: fondata e diretta dal dottor Giampaolo Rugarli, capo del Servizio Studi e Pianificazione della Cariplo (Cassa di Risparmio delle Provincie Lombarde). Rugarli ci ha lasciato il 3 dicembre dello scorso anno: e di lui, appena possibile, dovremo riparlare, in quanto amico – oltre che del sottoscritto e del Maestro Gabriele Mucchi – anche del nostro compianto Franco Marasca e del suo Rosone (fondato e diretto proprio in quegli anni nella metropoli lombarda). Ma oggi dobbiamo fermarci esclusivamente su Compagnone: di cui Rugarli (lui pure napoletano) parlava con entusiasmo (forse alquanto eccessivo...). Ne aveva un’enorme considerazione, ebbe con lui lunghi colloqui e finì quasi per identificarsene, soprattutto dopo la lettura del manoscritto di uno dei suoi ultimi libri (la cui pubblicazione fu postuma): l’Elogio del cretino affettuoso – epigrammi e anagrammi (mi disse, gongolando: «Sono fulminanti...»). E tutto quello che ora io scrivo su Compagnone è frutto delle informazioni a suo tempo fornitemi da Rugarli.

Compagnone (nella foto). Giornalista, scrittore, poeta, saggista. Aveva una vena graffiante, mordace, surreale, grottesca (e sempre in chiave umoristica): per lui fu coniato il neologismo umoresco. Per la pagnotta, fece l’impiegato (però poi funzionario...) dell’ufficio prosa di radio Napoli. In gioventù, era magrissimo. Si laureò in lettere: e cominciò a insegnare nei licei. Subito dopo il 1945 diventò comunista: come la maggior parte degli intellettuali napoletani (specialmente gli scrittori); ma lui, fervente, fanatico, fino alla noia. Però poi si staccò dal partito e dalla dottrina marxista e si diede a ingiuriare e a ferire tutti sulle terze pagine dei giornali locali e sulla rivista

Il Borghese, in nome dei suoi nuovi idoli: Voltaire e Flaubert. Ne soffrì molto: e gli restò addosso una profonda inquietudine. In più, oltre ad essere claudicante a vita (fu costretto ad andare in giro con il bastone), gli si manifestò un principio di artrite alle mani: se le guardava continuamente, non riusciva a pensare ad altro. Nevrotico, insofferente a tutto, fumava una sigaretta dopo l’altra. Si buttò in un’appassionata lettura dei Vangeli: non sapeva più a cosa aggrapparsi. E la pubblicazione di Gesù, fate luce, di Domenico Rea (era il 1950 e vinse il Premio Viareggio) fu per lui come una coltellata al cuore. Nella prefazione, il beneventano (di Colle Sannita) Francesco Flora (professore universitario a Bologna e autore di una delle più celebrate storie della letteratura italiana) osannava Rea, nuovo altissimo cantore del mito della napoletanità. Compagnone fece finta di unirsi al coro di unanime ammirazione. Ma in realtà gli rodeva il culo: non tollerava che tanta fama investisse un napoletano non verace come lui; infatti Rea, quantunque in molti testi figurasse nato nella città partenopea, sembrava che fosse di Nocera Inferiore; quindi neanche provincia di Napoli, bensì di Salerno. Compagnone e Rea erano stati colleghi di redazione nella rivista culturale Sud. Ed erano considerati molto amici: a Troia avrebbero detto cumbagn sculparat’... (compagni inseparabili...). Ma i loro rapporti furono successivamente improntati su un reciproco odio-amore. Fino al 1953: quando uscì Il mare non bagna Napoli (subito vincitore del Premio Viareggio), di Anna Maria Ortese. Nel quale l’autrice mise alla berlina Compagnone con grande malignità: e riportò una sua intervista prima a Compagnone e quindi a Rea, di cui in quei giorni era ospite Vasco Pratolini. Parlando di Compagnone, Rea (don Mimì, per gli amici) fu durissimo: «Ride, non fa che ridere. Su un uomo simile, io sputo». E Pratolini rincarò la dose: «È un uomo finito». Per Compagnone, fu il colpo di grazia. Era fuori di sé: «Questa zoccola romana ci ha sputtanati tutti: con nomi e cognomi...». Vomitava continuamente insulti contro la Ortese. La smerdò con tutta la violenza di cui era capace, bersagliandola su giornali e riviste con feroci sarcasmi: confermando di essere una delle più pungenti malelingue dell’ambiente intellettuale napoletano, capace – con le sue corrosive battute – di stroncare qualsiasi avversario, di farlo a pezzi, aggredendolo e riducendolo in poltiglia (non per nulla, cominciava ad essere definito l’intelligente, acuta, caustica voce di Napoli...). Poi si dette una calmata. E, puntiglioso, riprese a scrivere con la sua vena ironica, surreale, grottesca: poesie, saggi e romanzi; nella sua bibliografia figura anche una raccolta di Frasi, aforismi, frasi celebri e pensieri. Sfornò decine di libri e libricini: fra cui quel predetto Elogio del cretino affettuoso, scagliando il (forse) più riuscito epigramma contro Rea, il suo antico odiosamato rivale: Per mistica idea, / Domenico Rea, / dinanzi all’altare / si

mise a pregare. / Concluse col dire: / «Gesù fate lire!». Insomma (come direbbero a Troia) ’o megl amik’ ’a meglia p’trat’ (al miglior amico la migliore pietrata). E quello sarà per sempre il suo inestirpabile nervo scoperto. Ma che dire dell’Elogio del cretino affettuoso? Certo, Compagnone non era Marziale: non pochi di quegli epigrammi e nonsensi sono di una mediocrità e banalità desolanti. E, per il sottoscritto, fu un’autentica delusione. Anzi (e diciamocela tutta…) quella fama di intelligente, acuta, caustica voce di Napoli deve ritenersi senz’altro usurpata: senza escludere addirittura che la vanteria sia stata studiata e messa in giro proprio dal medesimo Gigino. Ma lui ignorava del tutto cosa sia il vero scherno dissacratore. Come quello tipico dei troiani. Ai quali sarebbe bastato un Mimì per sghignazzare: Mimì, Cocò: e ccak’m’ u cazz… (Mimì, Cocò: e càcami il cazzo…). I troiani (quorum ego [dei quali pure il sottoscritto]) non arretrano davanti a niente e a nessuno. Solo un altro esempio. Nei Vangeli è narrato il miracolo della guarigione del paralitico. Al quale Cristo rivolse la frase celebre: «Surge et ambula» (Alzati e cammina). Ma, secondo i troiani, appena Cristo disse «Surge…», il paralitico gridò, inviperito: «Surg? (Sorcio?). A kki? (A chi?). Surg sarraj’ tu, màmm’t’, pàt’t’, fràt’t’, sòrd’t’, ki t’è vvìv’, ki t’è mmórt e ttutt i k’rnùt’ da f’t’ndiss’ma razza tuj’ (Sorcio sarai tu, tua madre, tuo padre, tuo fratello, tua sorella, chi t’è vivo, chi t’è morto e tutti i cornuti della fetentissima razza tua)». E gli anagrammi? Qualcuno non è male: Giulio Andreotti (È un ago diritto lì); Alberto Bevilacqua (Qua certo vi è bla bla…); Francesco Cossiga (Ci frega con scasso); Dario Fo (Farò Dio); Diego Maradona (A me droga donai); Paolo Poli (Olà, il popò); Giuseppe Saragat (Ei grappa se gusta); e uno dei suoi 5 autoanagrammi (E con Napoli muggì: Gigino evidentemente pensava al verso del toro; però muggiscono anche il bue e la vacca…). Comunque va sottolineato che non pochi epigrammi di Gigino ebbero per bersaglio i premi letterari. Sentiamone alcuni (oltre alla frecciata per Rea): «Lei piange, cocco bello! / Fatto fuori allo Strega? / Escluso dal Campiello?» / «No, signora, assai peggio: / m’hanno dato il Viareggio!» – Invocazione di scrittore impegnatissimo: Un premio,

un grosso premio / con relativo assegno / e prometto che poi / mi darò al Disimpegno! – Al lettore: Dei premi letterari / non insultar la giostra, / che mica è cosa tua / ma solo Cosa Nostra. Però era in malafede: infatti, di quasi tutti quegli amatodiati premi, fu anche lui un concorrente assiduo ed accanito. E ne vinse di importanti: il Marzotto (per La vacanza delle donne); due volte il Napoli (per L’onorata morte e per Città di mare con abitanti); il Chianciano (per L’amara scienza); il Campiello (per Capriccio con rovine)… Un momento… C’è Orazio: pure de te fabula narratur (è di te che si parla in questa favola). Di te, chi? Ma di un certo Antonio Ventura, vincitore – col romanzo Un angelo in mezzo a noi – della XII edizione del premio letterario intitolato allo scrittore Nino Palumbo (E che sarà mai…), il premio più serio e importante (Corbezzoli…), che veniva assegnato ogni anno in Puglia, su bando di concorso indetto dal Centro Culturale Annabella Aries di Bari e dal comune di Trani (Perdindirindina…): la giuria ne sottolineò soprattutto l’enorme risvolto sociale (Ah, ma allora non t’arrendi proprio mai…). E adesso perché questo autosarcasmo? Ma per cogliere questa nuova occasione allo scopo di fare (e di ricevere) una carezza alla reliquia vivente della nostra famiglia: Un angelo di nome Carmelo, come ha scritto di recente Duilio Paiano, parafrasando il titolo di quel mio romanzo. Ma chiudiamo con Compagnone. Oltre agli scrittori assatanati di premi letterari, nel mirino dei suoi epigrammi finirono i suoi colleghi giornalisti

(soprattutto quelli politici): Sono andato a confessarmi / in preda al mio tormento / «Padre, son giornalista / e del diavolo strumento». / Il buon confessore / benedicendo con la mano: / «Leggi per penitenza / l’Osservatore Romano». Saltella da un politico ad un altro / il giornalista scaltro. / Ma il politicante, ch’è più furbo, / lo paga del disturbo. E purtroppo una pessima fama continua ad accompagnare questi nobili rappresentanti del quinto potere, facendone di tutta l’erba un fascio: bollandoli come pennivendoli (venali, prezzolati, corrotti...), camaleonti sempre pronti a concedersi al miglior offerente (quante volte si sente dire ancora: «I giornalisti sono tutti puttane...». Eventuali eccezioni? Normali conferme della regola. Antonio Ventura


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Inserto al n. 3 - Settembre 2015

«Sono lieto di rappresentare, come Rettore, l’Università di Foggia in occasione della pubblicazione di questo speciale de “Il Provinciale”, lieto poiché mi viene data la possibilità di essere ospitato da un giornale fondato da un Editore come pochi altri ve ne sono stati in Capitanata. Il compianto Franco Marasca, intellettuale puro e uomo di straordinarie qualità umane e imprenditoriali». (Prof. Maurizio Ricci – Rettore dell’Università di Foggia)

È L’UNIVERSITà DELL’IMPEGNO E DEI PRIMATI SEMPRE PIù RADICATA SUL TERRITORIO Un Ateneo tra i migliori in Italia per la Qualità della ricerca scientifica Modello di efficienza e di capacità nel settore della ricerca Tra i primi per il rapporto docente/studente

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ice il rettore, professor Ricci, nel pregevole intervento riportato in questa stessa pagina: «Credo fermamente nel recupero delle peculiarità culturali del territorio, ci credo così tanto da aver accettato la sfida di diventare Rettore dell’Università di Foggia: rappresentando un Ateneo tra i migliori in Italia… ma al tempo stesso rappresentando - anche se indirettamente - una terra difficile, complessa, affascinante ma anche impegnata in una continua discrezione eccessivamente pessimistica delle proprie qualità». In questa affermazione, che ci piace interpretare come la manifestazione di un sentimento benevolo e coraggioso al tempo stesso, c’è tutto il senso e l’importanza di avere sul territorio una struttura universitaria, ancora giovane ma già ben avviata. Perché se, come lo stesso rettore afferma con giustificato orgoglio, l’Ateneo dauno continua a inanellare successi e affermazioni sul piano della ricerca e nel confronto con realtà accademiche anche lontane, non va dimenticato che il destinatario naturale dei benefici legati alla presenza dell’Università è il territorio che la ospita. Insomma, l’Ateneo è chiamato a guardare in più direzioni ma deve riservare uno sguardo privilegiato al territorio. È già accaduto in realtà non molto distanti da noi, con università anagraficamente più anziane e di maggiore tradizione. Foggia ha celebrato il quindicesimo anno di autonomia, il ventesimo dalla sua istituzione; la sua età comincia ad essere congrua perché si rendano visibili i primi risultati. Il «polo» universitario foggiano – non dimentichiamo l’Accademia di Belle Arti e il Conservatorio musicale – ha tutte le potenzialità per incidere sulla crescita culturale e materiale di questa terra che, per natura e storia, possiede un vantaggio competitivo di assoluto rilievo. Perché l’operazione riesca occorre che diventi strutturale la sintonia con le istituzioni, gli enti, le associazioni chiamate a guidare lo sviluppo «aprendosi» senza riserve al contributo dell’università. «Sintonia» ci sembra la parola chiave, perché l’Ateneo non rimanga soltanto un pur apprezzabile e apprezzato fiore all’occhiello della Capitanata ma sia messo nella condizione di rendere operativi i risultati degli studi e delle ricerche che si svolgono nelle sue aule e nei laboratori. Il rettore Ricci, negli auspici ma anche sull’onda dei traguardi già conquistati, ci pare abbia molto chiaro questo percorso virtuoso in grado di conferire una spinta decisiva per il futuro dei nostri giovani e del territorio. Duilio Paiano

Il rettore, professor Maurizio Ricci S ono lieto di rappresentare, come Rettore, l’Università di Foggia in occasione della pubblicazione di questo speciale de Il Provinciale, lieto poiché mi viene data la possibilità di essere ospitato da un giornale fondato da un Editore come pochi altri ve ne sono stati in Capitanata. Il compianto Franco Marasca, intellettuale puro e uomo di straordinarie qualità umane e imprenditoriali. Credo fermamente nel recupero delle peculiarità culturali del territorio, ci credo così tanto da aver accettato la sfida - niente affatto leggera - di diventare Rettore dell’Università di Foggia: rappresentando un Ateneo tra i migliori in Italia per la Qualità della ricerca scientifica; rappresentando un Ateneo che per brevetti presentati, brevetti accettati,

spin off e investimenti di privati su progetti internazionali molte volte è stato preso a modello per efficienza, avanguardia e per miglior rapporto tra docente e studente (1 /28 ); ma al tempo stesso rappresentando - anche se indirettamente - una terra difficile, complessa, affascinante ma anche impegnata in una continua discrezione eccessivamente pessimistica delle proprie qualità. Sono nato nelle Marche ma vivo a Foggia da molti anni, da quando ho eletto la Puglia - tra Bari e soprattutto Foggia - a destinazione finale della mia carriera accademica. E uno dei peggiori difetti che, sin da subito, ho riscontrato nei foggiani è quello che si descrivono molto peggio di come in realtà sono. Invece l’Università di Foggia, in

questo difficile contesto, rappresenta una felice e riuscita eccezione. Vent’anni dall’istituzione, quindici dall’autonomia. Nonostante la giovane età, l’Università di Foggia corre forte verso traguardi importanti. Il 12° posto per la qualità della ricerca scientifica (VQR 2004-10) e il 3°assoluto tra gli Atenei del Mezzogiorno (Il Sole 24 Ore) restituiscono fedelmente i livelli di competitività e preparazione raggiunti dal nostro Ateneo. Sei dipartimenti, oltre 10mila studenti provenienti da molte regioni italiane, progetti scientifici accolti dalle comunità accademiche internazionali con grande favore ed entusiasmo: questo l’orizzonte che fa dell’Università di Foggia una delle realtà più dinamiche e intraprendenti del mondo accademico, come detto poc’anzi una realtà che vanta uno dei migliori rapporti studente-docente e che mette al centro del proprio percorso il valore umano di ciascuno di quei ragazzi che hanno deciso di affidarci parte della loro vita. Ricerche pubblicate sulle più prestigiose riviste scientifiche del mondo, capacità di valorizzare al massimo il potenziale dei brevetti messi a punto dai ricercatori attraverso la partecipazione di stakeholder al loro sviluppo industriale, convegni e relazioni nelle sessioni scientifiche più qualificate, partnership con aziende e grandi gruppi internazionali. L’Università di Foggia contiene un prima (rappresentato dal momento della scelta al Corso di Laurea ritenuto più appropriato), un durante (a cui contribuiscono la qualità dei docenti, le nozioni scientifiche impartite agli studenti e i progetti ad esse correlati), un dopo (attraverso un network sociale e produttivo che trasforma la preparazione in occupazione). Molti ex studenti dell’Università di Foggia oggi sono affermati professionisti, punti di riferimento presso istituzioni pubbliche e private, eccellenze presso grandi enti a carattere internazionale. È in atto inoltre un convinto potenziamento del settore sportivo e della galassia del Cus Foggia, che sta garantendo allo sport nazionale atleti in diverse discipline e risultati degni di rilievo. Questa la città che mi piace raccontare, questa la Capitanata che amava Franco Marasca e che amo io stesso. Per questa gente ho deciso di impegnarmi come Rettore, rappresentando una delle comunità accademiche più vivaci e dinamiche che io abbia conosciuto. Una comunità di cui vado orgoglioso, da uomo innanzi tutto. Prof. Maurizio Ricci Rettore dell’Università di Foggia


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Pianeta Università

••• Dipartimento di Scienze Agrarie degli Alimenti e dell’Ambiente ••• (agraria.unifg.it)

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Corsi di laurea magistrale FILOLOGIA, LETTERATURE E STORIA Filologia moderna Filologia, Letterature e Storia dell’antichità SCIENZE PEDAGOGICHE E DELLA PROGETTAZIONE EDUCATIVA

Corsi di laurea triennale Ingegneria dei sistemi logistici per l’agroalimentare (Interateneo con il Politecnico di Bari) Scienze e tecnologie agrarie Scienze e tecnologie alimentari Scienze gastronomiche Corsi di laurea magistrale

••• Dipartimento di Economia ••• (economia.unifg.it)

Scienze degli alimenti e nutrizione umana Scienze e tecnologie agrarie Scienze e tecnologie alimentari Scienze viticole ed enologiche (Interateneo con le Università di Milano, Torino, Palermo e Sassari)

••• Dipartimento di Studi Umanistici,

Lettere, Beni Culturali, Scienze della Formazione ••• (studiumanistici.unifg.it)

Corsi di laurea triennale ECONOMIA AZIENDALE Amministrazione delle aziende / Management / Economia e Professioni / Consulenza aziendale / Economia e gestione di servizi turistici ECONOMIA Analisi economica Finanza e mercati Corsi di laurea magistrale Corsi di laurea triennali ECONOMIA E FINANZA LETTERE E BENI CULTURALI Beni culturali Lettere moderne Lettere classiche

ECONOMIA AZIENDALE Economia e Professioni / Consulenza aziendale / Amministrazione delle aziende / Management

SCIENZE DELL’EDUCAZIONE E DELLA FORMAZIONE

MARKETING MANAGEMENT


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Corsi di laurea magistrale MEDICINA E CHIRURGIA ODONTOIATRIA E PROTESI DENTARIA SCIENZE E TECNICHE DELLE ATTIVITA’ MOTORIE PREVENTIVE E ADATTATE SCIENZE E TECNOLOGIE GENETICHE (Interdipartimentale con il Dipartimento di Scienze Agrarie ed Interateneo con l’Università di Bari, Napoli Federico II, del Sannio ed il Biogem s.c.a r.l.)

••• Dipartimento di Scienze Mediche

e Chirurgiche Dipartimento di Medicina Clinica e Sperimentale ••• (medicina.unifg.it)

••• Dipartimento di Giurisprudenza ••• (giurisprudenza.unifg.it)

Corsi di laurea triennale INFERMIERISTICA (Foggia, San Severo, San Giovanni Rotondo, Barletta, Lagonegro, Matera) FISIOTERAPIA DIETISTICA TECNICHE DI RADIOLOGIA MEDICA, PER IMMAGINI E RADIOTERAPIA Barletta

Corsi di laurea triennale CONSULENTE DEL LAVORO ED ESPERTO DI RELAZIONI INDUSTRIALI

TECNICHE DI LABORATORIO BIOMEDICO

Corso di laurea magistrale

SCIENZE DELLE ATTIVITA’ MOTORIE E SPORTIVE

GIURISPRUDENZA


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Inserto al n. 3 - Settembre 2015

Pianeta Università

••• Donata al Dipartimento

di Studi Umanistici biblioteca del professor Renzo Scarabello •••

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na donazione a suo modo storica, per entità e contenuti. Una donazione che arricchisce, in modo significativo, l’intero patrimonio librario dell’Università di Foggia: segnatamente quello del Dipartimento di Studi umanistici. Lettere, Beni culturali e Scienze della formazione. Gli eredi del prof. Renzo Scarabello – docente di Lingua e Letteratura italiana e latina, raffinatissimo critico letterario, esegeta della Divina Commedia tra i più apprezzati in Italia e all’estero, prima componente poi membro del direttivo della Società Dante Alighieri – hanno donato all’Università di Foggia l’intera biblioteca del compianto professore del Liceo «Vincenzo Lanza» di Foggia, che consiste in circa 10.000 volumi di grande valore letterario e scientifico. La donazione è stata accolta ufficialmente dal Consiglio di Amministrazione dell’Università di Foggia, al cui termine il Rettore prof. Maurizio Ricci ha commentato: «Si tratta di un gesto che ci emoziona, per profondità e per generosità, un gesto che riflette la signorilità e la sensibilità di Scarabello». Una donazione sontuosa che contiene sezioni davvero prestigiose come quelle del Duecento e del Trecento, come la curiosità letteraria con cui è stata invece costruita la sezione del Novecento (soprattutto di quello italiano). La biblioteca del prof. Renzo Scarabello verrà allocata all’interno di quella già presente nel Dipartimento di Studi umanistici, recependo la richiesta della moglie Rosaria di renderla riconoscibile grazie all’apposizione della targa «Fondo prof. Renzo Scarabello». «Non si tratta solo di un gesto di generosità – ha affermato Rosaria Scarabello – ma, se posso permettermi, di una precisa presa di coscienza civile. Renzo teneva molto all’Università di Foggia, con cui ha collaborato in diverse fasi e per diversi progetti. Questa donazione rappresenta quindi una conseguenza naturale di quel rapporto intellettuale, poiché Renzo amava ripetere che il riscatto culturale e civile di Foggia passava solo attraverso il definitivo radicamento nel territorio dell’Università. Questa biblioteca, che contiene davvero di tutto e che è stata alimentata e coltivata con cure maniacali, approda nel posto giusto. A disposizione degli studenti e della città, di chi per la propria carriera universitaria ma anche per il semplice piacere personale, vorrà confrontarsi con la passione civile e intellettuale di mio marito: una passione espressa attraverso l’archiviazione di un fondo così consistente e così vario». «La nostra gratitudine va a Rosaria Scarabello e ai figli di Renzo – ha dichiarato il delegato ai Servizi bibliotecari dell’Università di Foggia, prof. Sebastiano Valerio – per un gesto che va oltre l’ordinaria amministrazione ma va ricondotto al grande amore che Renzo aveva per la Capitanata e la sua gente. L’Università farà tesoro di questa grande donazione, di una biblioteca di carattere universale che fa fare alla nostra un grande salto di qualità oltre che di quantità».

••• L’Università di Foggia

nella top ten per l’uso di Facebook •••

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’indagine eseguita dall’Università di Palermo per conto di LikeAlyzer, una piattaforma americana che misura la potenzialità e l’efficacia delle pagine pubblicate sui profili di tutto il mondo. In Italia trionfa Bergamo, UniFg al nono posto (tra gli Atenei pubblici): seconda nel Mezzogiorno dopo la Basilicata, ma ancora prima in Puglia davanti alle altre. Non si tratta di una classifica (di matrice e attendibilità ministeriale) che certifica la qualità degli insegnamenti o del lavoro svolto dentro gli uffici dell’Ateneo, parametri che quando espressi ufficialmente hanno sempre confermato il cammino di crescita intrapreso dall’Università di Foggia. Tuttavia fa sempre piacere apprendere di stare nella parte alta del tabellone e di essere tra le poche Università pubbliche a tenere alta la bandiera del Sud. La garanzia di terzietà, rispetto al rapporto elaborato e poi pubblicato da LizeAlyze, è data dal fatto che tutti i dati, la loro analisi e soprattutto gli indicatori presi in considerazione sono stati oggetto di studio da parte di un’équipe scientifica dell’Università di Palermo. Una analisi cominciata all’inizio dell’estate in cui, inizialmente, era stato preso in esame solamente il numero complessivo dei fan, ma che successivamente è stata integrata con l’inserimento di un nuovo parametro di gradimento: il punteggio che LikeAlyzer, piattaforma fondata da Meltwater, assegna alle pagine Facebook dei vari profili misurandone potenzialità ed efficacia. Per farlo vengono analizzati indicatori come il livello di coinvolgimento degli utenti, il numero e la tipologia dei post, la tempistica delle pubblicazioni, la lunghezza dei post, la possibilità di commentare e la velocità nelle risposte.

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Giornale di opinione della provincia di Foggia

La top ten degli Atenei pubblici è così composta: Università di Bergamo 82 punti; Università di Cagliari 79 pt; Università di Pisa, Scuola Normale Superiore di Pisa e Università di Perugia 76; Politecnico di Milano 74; Università della Basilicata 73; Università di Pavia 70; Università di Foggia 68; Università Ca’ Foscari 67. L’UniFg si è piazzata dunque al nono posto tra gli Atenei pubblici, risultato degno di nota se si considerano le dimensioni dell’Ateneo e la sua potenziale “utenza social”: nono posto dopo il settimo ottenuto dalla Basilicata, quindi al secondo posto tra gli Atenei del Sud e prima di tutti gli Atenei pugliesi.

••• L’Ateneo dauno esporta

i propri saperi anche in Asia •••

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’evento si è trasformato in un’occasione utile per presentare le ricerche che, da diversi anni, la Cattedra di Otorinolaringoiatria effettua nel campo della diagnosi e della chirurgia delle patologie naso-sinusali. Era cominciato come un normale scambio di esperienze accademiche e professionali, ma ben presto si è trasformato in uno stage scientifico in cui l’Università di Foggia è stata chiamata – anche in estremo Oriente – a dare testimonianza del proprio know how e del grado di avanguardia ed efficienza della propria ricerca. L’EMJJ Center (ospedale universitario di Ulan Bator, in Mongolia: http://www.emjj.mn/en/) ha interpellato la Cattedra di Otorinolaringoiatria del Dipartimento di Medicina clinica e sperimentale dell’Università di Foggia, segnatamente il prof. Michele Cassano, per chiedere disponibilità a una collaborazione che doveva essere sporadica, o comunque occasionale, ma che è diventata un intenso scambio di esperienze scientifiche. Almeno per adesso, poiché ci sono tutte le basi per collaborazioni di natura accademica – scambio docenti e invio degli studenti per tirocini ed esperienze formative – ben più strutturate. «Tutto è cominciato nel giugno dello scorso anno – racconta il prof. Michele Cassano – quando mi sono recato in Mongolia per un corso teorico pratico. In quella occasione, insieme a colleghi provenienti per le stesse ragioni dall’Università Cattolica di Roma e dall’ Università di Siena, ho tenuto delle lezioni teoriche sulla chirurgia nasale e delle sessioni dal vivo di chirurgia endoscopica naso-sinusale, lezioni che erano destinate a un gruppo di circa cento otorini tutti provenienti dalla Mongolia». Una esperienza che deve aver lasciato il segno, visto che il prof. Michele Cassano è stato reinvitato direttamente dai vertici dell’EMJJ Center, ma stavolta a tenere uno stage di approfondimento e, come naturale conseguenza, a parlare dello stato di aggiornamento e della ricerca condotta nell’ambito della Cattedra di Otorinolaringoiatria dell’Università di Foggia. «Quest’anno sono stato nuovamente invitato, ma stavolta dal direttore dell’EMJJ Center, il prof. Erdenenchuulum, insieme ad un collega dell’Università di Tor Vergata (Roma, NdR) per effettuare dei veri e propri interventi di chirurgia endoscopica naso-sinusale su casi complessi – aggiunge il prof. Michele Cassano – quindi per fornire il mio apporto in consulenze ambulatoriali esercitate nell’ambito della formazione di chirurghi otorinolaringoiatri mongoli il cui obiettivo era quello di perfezionare gli approcci chirurgici naso-sinusali e al basicranio anteriore». Lo stage è durato dal 24 al 30 agosto, appena trascorsi, e si è concluso con la consegna di una targa al merito per il lavoro svolto presso l’istituzione mongola. «Abbiamo svolto anche un incontro scientifico-teorico – conclude – sulle moderne tecniche diagnostiche e terapeutiche nella rinite allergica con la partecipazione di 100 otorini e di 70 infermieri mongoli ai quali è stata trasferita con esattezza l’esecuzione dei prick test e dei test di provocazione nasale». L’evento si è inevitabilmente trasformato in una occasione utile, e strategicamente perfetta, per presentare anche in Asia i risultati delle ricerche che, da diversi anni, la Cattedra di Otorinolaringoiatria dell’Università di Foggia effettua nel campo della diagnostica e chirurgia delle patologie nasosinusali. Ma più in generale, si è trattato di una occasione adatta a diffondere, anche in un continente come l’Asia, così pronto a cogliere gli aspetti migliori da questo genere di collaborazioni, l’immagine dinamica e ambiziosa dell’Università di Foggia.

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’Università di Foggia è risultata la 12^ d’Italia nella graduatoria Anvur sulla Qualità della ricerca. Un risultato straordinario, che abbiamo l’ambizione di migliorare: aiutaci, sostenendo la nostra campagna apponendo la tua firma nel riquadro «Finanziamento ricerca scientifica dell’Università» presente sui modelli Cud, Unico persone fisiche, 730 e specificando che la donazione è destinata all’Università di Foggia - Codice fiscale 94045260711.


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Giornale di opinione della provincia di Foggia

CronAChe dellA CulturA

Alberona, intensa giornata dedicata alla poesia

Volume antologico di Urrasio e Premio «Borgo di Alberona» U

na giornata densa di eventi culturali è stata quella del 23 agosto scorso ad Alberona presso l’Auditorium comunale «Vincenzo D’Alterio». La mattinata è stata dedicata al volume antologico Il privilegio del vivere di Michele Urrasio, presentato dal professore Andrea Battistini, dell’Università di Bologna e dal professore Francesco D’Episcopo, dell’Università «Federico II» di Napoli. Un incontro che ha rilevato i motivi principali che caratterizzano la lunga, appassionata ricerca poetica di Urrasio. Il volume celebra le nozze d’oro di Urrasio con la poesia e attesta la lunga fedeltà alla sua terra, ai suoi affetti domestici, alla sua gente, alle inquietudini che hanno attraversato e segnato gran parte del percorso che va dal 1965 al 2015, alla sua fede nei valori che hanno configurato e illuminato la sua esistenza. Temi e valori, messi nel dovuto risalto e ripercorsi, con profondo acume critico, dagli illustri oratori, i quali hanno rilevato - come asseriva il grande Mario Sansone - che Michele Urrasio è un poeta nato maturo, per cui «il tracciato di Urrasio non conosce parti deboli, nemmeno nel momento dell’esordio, visto che già la prima raccolta, Fibra su fibra, mostra un poeta maturo, nato già formato come Minerva dalla

testa di Giove, anche se non ancora trentenne». Nonostante questi felici presupposti, «si nota comunque un’evoluzione, testimoniata nel libro dall’antologia della critica che mette in luce la natura poetica di un canto costantemente sommesso ma profondo, assorto, intimo, meditativo, nel quale però gli orizzonti si allargano nel tempo, riflettendo sempre più spesso sui grandi temi della vita civile e politica» (Battistini). Il Comune di Alberona, sensibile e riconoscente verso i suoi figli migliori, ha conferito al poeta Urrasio l’onorificenza di cittadino benemerito «per il contributo offerto con filiale fervore, mediante la sua costante opera di promotore di iniziative culturali e per mezzo dei suoi numerosi scritti, alla conoscenza e alla diffusione del prestigio letterario, storico e artistico di Alberona in Italia e nel mondo». Urrasio e Alberona costituiscono «una simbiosi felice e rara, che per una volta smentisce il detto secondo cui “nemo profeta in patria”, come dimostra il volume con cui i suoi paesani lo hanno definitivamente consacrato loro poeta laureato». Ugualmente interessante il pomeriggio dedicato al Premio internazionale di poesia “Borgo di Alberona”, giunto feli-

cemente alla decima edizione. Un traguardo, questo, da considerare come un punto di arrivo, poiché quasi tutti i Premi letterari nascono e si esauriscono dopo un breve cammino. Ma è anche il riconoscimento alla serietà e all’imparzialità che contraddistingue questo agone letterario. La decima edizione è, senza dubbio, un evento agognato, il fiore all’occhiello che qualifica, determina ed esalta le tante iniziative e attività che movimentano, rendendolo gradito, il soggiorno ad Alberona nei periodi estivi. La Commissione, scelta con cura, rappresenta l’intera Penisola: parte da Lecce con il prof. Donato Valli, sale verso il Nord con il prof. Pasquale Guaragnella dell’Università di Bari, tocca Foggia con il prof. Domenico Cofano, sosta per un attimo a Lucera con il poeta Michele Urrasio e con il dott. Giovanni Postiglione, passa per Napoli con il prof. Francesco D’Episcopo, punta verso Bologna con il prof. Andrea Battistini e approda a Torino con il prof. Giorgio Bárberi Squarotti. La cerimonia di premiazione è stata aperta dall’intervento del sindaco, Tonino Fucci, il quale ha rivelato la soddisfazione personale e quella del Consiglio comunale per il traguardo raggiunto, e ha consegnato gli attestati di cittadinanza onoraria al prof. Andrea Battistini «per avere rivelato un legame profondo al paese, alle tradizioni, alla comunità alberonese, contribuendo con autorevolezza e dedizione alla divulgazione della vocazione letteraria di Alberona e all’affermazione del premio letterario internazionale di poesia “Borgo di Alberona” fin dalle prime edizioni»; e al prof. Francesco D’Episcopo «per l’attaccamento al Sud e a tutte le problematiche che inte-

Il pittore Muré dona due pale d’altare

rande successo per l’evento realizzato il 23 agosto 2015 a Marina di Lesina. La Parrocchia Stella Maris si è arricchita di ulteriori splendidi quadri che sono stati benedetti da Sua Eccellenza Mons. Lucio Renna, Vescovo di San Severo: due Pale d’Altare (220 X 150) che raffigurano la Passione e la resurrezione di Cristo. Le opere sono state realizzate e donate dal pittore Muré (nome d’arte di Pasqualino Festa), nato a Parma da genitori campani, lucerino d’adozione residente a Foggia.

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al 13 al 24 agosto, presso il Museo Civico «Sala azzurra», l’artista troiano Aldo Cibelli ha presentato le sue ultime creazioni: ben 73 lavori che offrono scenari naturali, vita agreste, nature morte e, soprattutto, donne colte nei vari momenti della loro vita, non solo nei duri lavori dei campi ma, anche, in momenti di meritato riposo. La pittura di Aldo Cibelli è memoria e

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ressano la nostra realtà, per l’entusiasmo e l’affezione verso la città di Alberona, con la quale ha intessuto strettissimi rapporti umani e familiari, tanto da considerare il nostro paese la sua patria letteraria». Ha consegnato, inoltre, al poeta Michele Urrasio l’onorificenza di cittadino benemerito. Per la sezione «Poesia inedita», si è affermato Pasquale Balestriere di Barano d’Ischia per la poesia Voce d’autunno. Al secondo posto Gennaro De Falco di Milano per la poesia Via Candiani, 1; al terzo posto, Angelo Taioli di Voghera (Pv) con Mi dici, il verso. Vincitore della Sezione “Poesia edita” è stato Paolo Ruffilli, poeta noto a livello nazionale, con la silloge Affari di cuore, pubblicata da Giulio Einaudi Editore, Torino, 2012. Al secondo posto Lucio Pollice per la raccolta Il melograno (Piero Manni Editore, San Cesario di Lecce, 2012); al terzo Antonella Antinucci con la raccolta Burqa di vetro (Edizioni Tracce, Pescara, 2014). «La decima edizione di un premio letterario – si legge, tra l’altro, a conclusione del verbale della Giuria - è un traguardo considerevole, spesso difficile da raggiungere. È il momento in cui si tenta un bilancio dell’itinerario percorso. “Borgo di Alberona” supera questo bilancio con esiti del tutto positivi, in considerazione dei risultati raggiunti e dei nomi illustri che hanno onorato e impreziosito “l’albo d’oro” del nostro Premio, improntato all’imparzialità della Commissione giudicatrice e sostenuto generosamente da un’Amministrazione sensibile e pronta ad elevare il grado di cultura del proprio paese». Giucar Marcone

La luna sul cammello di Lorenzo Morra

Parrocchia Stella Maris di Lesina Marina

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L’artista (presidente dello Sporting Club di Marina di Lesina) ha inteso arricchire con queste opere ulteriormente la chiesa e soddisfare allo stesso tempo la volontà espressa dal parroco don Matteo Trinetta. Un lavoro che ha visto impegnato l’artista per circa quattro mesi grazie anche al sostegno dei suoi collaboratori Paolo Iacovelli vice-presidente dello Sporting Club e Pippo Stasi direttore organizzativo. Le opere presentano come caratteristica di base, una forte luminosità dei colori, a rimarcare la luce. Una luce che veicola lo stesso messaggio del Cristo raffigurato: amore e devozione. Le stesse sono una descrizione in forma artistica di alcuni dei momenti principali della Passione di Cristo, fino alla gloria celeste della resurrezione che redime l’umanità. Le opere hanno riscosso grande consenso da parte dei fedeli presenti accorsi dai paesi limitrofi: Lesina, Poggio Imperiale, Lucera, San Severo e Apricena, nonché da parte delle autorità civili, militari e religiose presenti. Mauro Galantino

Presentato a Panni il volume La luna sul cammello di Lorenzo Morra, artista eclettico che riceve da sempre apprezzamenti e riconoscimenti di rilievo. Due i termini essenziali del suo poetare: la vita e la poesia, con sullo sfondo una distesa verde che culmina nell’amato castello e nei tramonti di fuoco della sua terra. Il bello e il brutto della vita racconta il nostro poeta con i suoi testi suggestivi.

Le opere di Aldo Cibelli in mostra a Troia segno vivace, mai statico, dove si avverte il senso acuto di un revival nostalgico di un passato che vive solo nei ricordi dei più anziani, un passato al quale i giovani, anche attraverso le opere del nostro artista, dovrebbero avvicinarsi per comprendere i grandi sacrifici che i nostri avi hanno dovuto affrontare per costruire un

domani migliore per i propri discendenti. Sensibilità ed attenzione le caratteristiche dell’artista Aldo Cibelli che con la sua arte sa regalarci momenti di vita dettati dalla consapevolezza di saper rendere con innata forza narrativa ogni motivo pittorico attraverso il quale riesce a trasmetterci forti emozioni. (G.M.)

Così, alcuni versi sono teneramente carezzevoli, accorati; altri fanno riflessioni inquiete: e in questo modo il nostro autore, forse anche senza volerlo, spiega qual è il senso del far poesia oggi. Con la sua ultima silloge il poeta Morra, sembra affermare che la poesia è un itinerario che ignora mappe e traiettorie, diventa parola rivelatrice. Fattasi voce, s’insinua nelle nostre anime obbligandoci a ricercare l’universalità del sentimento. Il poeta contemporaneo spesso non canta, sembra aspirare alla pausa, al silenzio, alla meditazione, in uno spazio metaforico, allegorico, allusivo. La poesia, come sempre i grandi hanno sottolineato, non deve dire, deve essere. E nel nostro tempo non ha ragione di essere se non solleva l’uomo dalla sua frustrazione. Insomma, in un momento in cui la modernità ha fatto sparire dalla nostra vita ogni residuo di indugio, la poesia può essere un prezioso antidoto per la nostra ricerca di verità ma anche per la conoscenza e l’interpretazione del mondo. «Poesia è rifare il mondo/ dopo il discorso devastatore/ del mercadante!». Così scriveva David Maria Turoldo Marida Marasca


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resentata a Manfredonia, al Circolo Unione, la recente silloge poetica di Giuseppe Pellegrino, Alberi, pubblicata dalle Edizioni del Rosone. A beneficio dei nostri lettori proponiamo una sintesi della relazione di Nicola Grasso.

Prima di addentrarmi nell’analisi di questa sua fatica ritengo opportuno fare alcune premesse di carattere generale e accennare rapidamente ai vari generi poetici e all’origine della poesia moderna e alla loro conseguenziale evoluzione storica. Comincerò con il rispondere al seguente quesito: nella nostra epoca, dominata dalla globalizzazione e dalla tecnologia, può essere ancora assegnato un ruolo importante alla poesia? È indubbio, per me, che anche oggi esiste la buona poesia, poiché non sono venuti meno i motivi da cui la stessa trae ispirazione. Passerò poi a indagare sull’etimologia della parola poesia che deriva dal greco ποίησις e significa «creazione, creatività». Le prime forme di poesia e i racconti dei cantastorie sono trasmessi oralmente. Con l’introduzione della scrittura parola e musica assumono una veste grafica diversa e si differenziano tra loro, anche se la parentela con la musica ha ancora oggi un peso. Il termine «lirica», infatti, deriva dallo strumento musicale con cui di solito si accompagnava la lettura dei versi nel mondo greco. L’abbinamento con la musica ritorna durante il Medioevo, in Provenza, nella poesia dei trovatori e, ai nostri giorni, in quella dei cantautori. I rapporti tra poesia e musica cambiano con la diffusione della stampa; la lettura diventa visiva e coinvolge singole persone, che da ascoltatori diventano lettori. Accennerò ora ai tre generi fondamentali di poesia individuati dagli antichi. Il primo, detto poesia «epica», consiste in narrazioni cicliche di avventure di dei ed eroi, presenti di solito all’inizio di tutte le civiltà. Tale genere di poesia richiede il respiro lungo della narrazione e un comune patrimonio popolare di miti e di sensibilità. La cultura greca e latina occidentale produsse tre capolavori. I primi due poemi, l’Iliade e l’Odissea, messi in forma scritta da Omero nell’VIII secolo a. C., hanno un contenuto universalmente noto, al pari dell’Eneide, il terzo poema epico scritto da Virgilio in latino. Il poema epico dura in Occidente sino al Periodo Barocco. Nel 1304 Dante Alighieri completa la Divina Commedia, capolavoro assoluto della letteratura universale, da intendersi come poema epico, didascalico e allegorico. Durante il Periodo Rinascimentale sono stati scritti tre grandi poemi: l’Orlando innamorato di Matteo Maria Boiardo, l’Orlando furioso di Ludovico Ariosto, che fondono la materia del ciclo carolingio con quella del ciclo bretone e la Gerusalemme liberata di Torquato Tasso, che narra delle imprese dei Cristiani alle Crociate. Nel Seicento conserva ancora la forma epica l’Adone di Giovan Battista Marino ma l’opera non ne ha più la sostanza e diviene simile ad un vasto affresco mitologico. La Secchia rapita

CronAChe dellA CulturA Alberi, silloge poetica di Giuseppe Pellegrino

Il verseggiare volutamente arcaico in una poesia certamente moderna

di Alessandro Tassoni, invece, è un poema eroi-comico. La società borghese comincia a preferire alla poesia epica il romanzo. Il secondo genere poetico è quello drammatico e viene utilizzato nel teatro antico dapprima in Grecia e poi a Roma con esiti di altissimo livello estetico. Tra i principali poeti drammatici del mondo greco e romano vanno segnalati Eschilo, Sofocle, Euripide e Seneca. Questa forma poetica si rinnova durante il Rinascimento in Inghilterra con William Shakespeare. In seguito, però, con l’affermarsi del romanzo, le opere teatrali sono scritte di solito in prosa e il genere drammatico si separa dalla poesia assumendo regole e procedimenti propri. Nel Settecento, tuttavia, si affermano Pietro Trapassi, detto Metastasio, autore di testi poetici per numerosi melodrammi, e Vittorio Alfieri, come poeta tragico. Il terzo genere s’identifica con la poesia lirica, da molti ritenuta la composizione poetica per eccellenza. Ideata dai Greci, è tuttora esistente; fin dall’inizio essa esprime i moti dell’anima e consente all’io del poeta di parlare direttamente di sé, diventa intimistica e utilizza temi, toni e strutture spesso diversi tra loro. Nella letteratura italiana un elevato lirismo si trova nel Cantico di frate sole, un inno d’amore per la natura e il suo Creatore scritto agli inizi del Duecento da san Francesco d’Assisi. Francesco Petrarca s’impone nel secolo successivo con le rime immortali del Canzoniere. Tra la fine Settecento e inizio Ottocento si sviluppano in Europa la poesia neoclassica e romantica, di cui in Italia i massimi esponenti sono Ugo Foscolo, autore del poemetto I Sepolcri, e Giacomo Leopardi, il quale nel 1835 pubblica una fondamentale raccolta dei Canti. La poesia moderna, tuttavia, nasce in Francia, è legata al Simbolismo e ha i suoi padri in Charles Baudelaire, Arthur Rimbaud, Paul Verlaine, Stéphane Mallarmé e Guillame Apollinai-

re. L’idea dominante della corrente simbolista è la «poesia pura», caratterizzata secondo Stéphane Mallarmé dalle parole che interrompono i rapporti comunicativi con la realtà esterna, prendendone il posto. In altri termini esse non sono più un veicolo per mettere in comunicazione realtà esterne o interne, ma diventano un simbolo mirante all’autonomia. Il termine simbolo deriva dal greco συμβαλλω, che in italiano significa mettere insieme o collegare, cioè creare un rapporto tra l’oggetto e la parola poetica, assimilata dai simbolisti al mondo stesso. Molte sono le definizioni del Simbolismo. Per Mario Luzi «il simbolismo è teso ad individuare l’elemento o il principio poetico nella sua essenza e a creare il linguaggio peculiare della poesia indipendentemente da quello di qualsiasi altro ordine di attività individuale». Come nel romanzo tra fine Ottocento e inizi Novecento, la rottura con il reale e il razionale procedono di pari passo anche nella poesia. In tal modo la stessa si autonomizza, non solo rispetto al reale e al razionale. Con ciò non si può dire, comunque, che la poesia miri a creare un universo alternativo senza legami con le dimensioni abissali dell’inconscio e dell’irrazionalità. Non è un caso che il linguaggio simbolico studiato da Sigmund Freud in psicologia abbia rispondenze in poesia. Ciò accade ai due meccanismi fondamentali del sogno: la condensazione (che consiste nel mettere insieme elementi eterogenei tra loro) e lo spostamento (quando un principio universale viene collocato nel particolare e viceversa) corrispondenti in poesia alle figure retoriche note come metafora e metonimia. Il simbolismo influenza anche le arti figurative, come attesta la tela Da dove veniamo? Chi siamo? Dove andiamo? dipinta di getto a Tahiti nel 1897 dallo straordinario pittore Paul Gauguin. In una lettera del luglio 1901 inviata a Charles Morice l’artista si sofferma sul significato da lui attribuito all’opera che non è altro se non la descrizione di

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un sogno che né si lascia afferrare, né esprime allegorie e, invece, vuole essere solo una sua interpretazione pittorica del mistero della vita, utilizzando nel dipinto il blu e il verde veronese, colori cari ai pittori simbolisti. Senza l’apporto del Simbolismo europeo, sarebbe incomprensibile lo sviluppo della poesia italiana da Giovanni Pascoli e Gabriele D’Annunzio ai grandi del Novecento, Giuseppe Ungaretti, Eugenio Montale e Salvatore Quasimodo, gli ultimi due insigniti del premio Nobel per la letteratura nel 1975 e nel 1959. Torniamo ora al nostro poeta. Egli ha pubblicato già nel 2012 una prima silloge intitolata Pensieri d’autunno, utilizzando in copertina una foto invertita del bellissimo dipinto del 1885 di Vincent Van Gogh Paesaggio autunnale con quattro alberi. La scelta nella copertina della seconda raccolta poetica della fotografia di un albero con rami e corona sfocati, non è casuale. Intravedo in essa una metafora: la rappresentazione stessa della vita che inizia dal tronco dell’albero, si dissolve attraverso i suoi rami che evocano l’uomo e, quindi, nelle sembianze molto sfocate della chioma simboleggianti la natura, di cui egli è parte, pare esplodere e perdersi nel Cielo, ove ha sede Dio. La silloge si compone di 83 liriche, compresa la dedica alle tre nipotine Giorgia, Claudia e Karen. Per quanto riguarda i contenuti, la raccolta non si discosta dalla prima. Differenze si notano, invece, nello stile che utilizza la rima in 44 liriche organizzate in quartine e terzine. Il verseggiare umile e disadorno, così come lo definisce lo stesso poeta nella prima raccolta, piacevole e semplice dal punto di vista grammaticale e sintattico, spesso è volutamente arcaico. Ciò, nonostante il ricorso alle metafore e alla metonimia, induce a ritenere moderna la poesia apparentemente semplice di Pellegrino. Per quanto riguarda i contenuti il prof. Pasquale Caratù, autore dell’interessante presentazione, individua nella silloge quattro temi principali: la natura, i ricordi, la realtà e il sogno, i segni della fede che aiutano a comprendere la sensibilità, la concezione di vita del poeta e i principi che secondo lui regolano e, in un certo qual modo, giustificano l’esistenza stessa dell’uomo. Non si può tralasciare, secondo me, quello delle poesie ironiche, in linea con il carattere del nostro poeta. Nicola Grasso

Ortanova: Festa dei nonni Per dire grazie a chi ci ama e ci sostiene, l’UNITRE dei Cinque Reali Siti e l’Associazione «Fatima» di Ortanova hanno organizzato per giovedì 8 ottobre, alle ore 19.00, la Festa dei nonni. La manifestazione si terrà presso la sede dell’Associazione «Fatima».


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CronAChe dellA CulturA

L’ultimo conte di Montecorvino di Alberto Di Biase

Un’intrigante carrellata attraverso i valori della civiltà contadina C

onosco Alberto Di Biase da alcuni anni e ne apprezzo l’impegno culturale che lo ha portato con esiti straordinari ad interessarsi di storia, folklore, tradizioni, poesia, musica, teatro ed altro ancora. Un impegno che non conosce sosta, un navigatore nel mare della cultura che lo porta ad affrontare ogni aspetto del sapere umano, a suo modo un novello Ulisse alla ricerca di nuovi confini al di là delle colonne d’Ercole della cultura. E come Ulisse, Alberto ritorna nella sua Itaca, la terra dei suoi sogni, dei suoi avi: Motta come Itaca e nel DNA di Alberto è vivo il senso di appartenenza a questa meravigliosa comunità. Il suo L’ultimo conte di Montecorvino è un susseguirsi di racconti di storia, politica, aneddoti della civiltà contadina del Sud, dei paesi della Puglia. Amori nei vigneti, nei campi di grano, tra la gente di campagna che l’autore dedica ai giovani per sapere e agli

adulti per conoscere e ricordare. Ricco di fotografie d’epoca, il testo si avvale anche delle precise illustrazioni di Alberto Gargiulo. Nell’acuta prefazione di Giovanni Mosca si legge che con questo libro Di Biase «ci accompagna per mano sulla strada dei ricordi. Scorrono nelle pagine le umili origini familiari, l’infanzia, gli amori, i racconti delle storie popolari, le razzie dei soldati tedeschi, il dopoguerra, la ricostruzione, la crisi del lavoro e l’emigrazione, le trasformazioni del Paese da contadino a industriale». Leggendo questo libro pare di assistere ad uno di quei film ad episodi così in voga negli anni Cinquanta-Sessanta. Una lettura piacevole, scorrevole che invita il lettore a soffermarsi su quel che è stato il nostro ieri. Questo libro è un atto d’amore verso Motta Montecorvino e come le persone amate, anche Motta è per Alberto

Proposto a Faeto Come Aria di Carla Evani

un amore eterno, da non dimenticare, da trasmettere con la stessa intensità ai propri compaesani. E, talvolta, nella lettura dell’Ultimo conte di Montecorvino incontriamo non pochi sprazzi di poesia nella descrizione di Motta. Parlare di questo libro mi impone un riferimento al museo della civiltà contadina di Motta. Vi è un tutt’uno fra il libro e il museo: da entrambi emerge la vita semplice di un tempo. Nel museo è viva la testimonianza di vita e di lavoro di un tempo ricca di vera, ma dignitosa povertà. Nei suoi ambienti affrontiamo un viaggio sul filo della memoria attraverso gli attrezzi di lavoro, gli oggetti della quotidianità, attraverso una camera da letto ricostruita nei minimi particolari. Ebbene con la nostra immaginazione possiamo intravedere nelle presenze museali, aspetti veritieri della sceneggiatura del libro di Alberto Di Biase. Il dramma della guerra vissuto in un piccolo paese non è diverso dal dramma vissuto dalle grandi città. Dopo la guerra la vita che ricomincia, i lavori nei campi, la scuola che riprende la sua normalità, giochi innocenti che non si vendevano, s’inventavano o si creavano. E intanto gli anni passano, i giorni

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volano, sbiadisce l’età della fanciullezza. Ma nel ricordo di Alberto tanti personaggi come il medico, il maestro severo, il venditore di frutta, il banditore e tanti altri ancora, un album della memoria che Alberto ha conservato nel teatro della memoria. E ancora: l’avvento della televisione che non tutti possedevano, il vecchio grammofono, la banda che suonava la Traviata … e la corriera per andare a Foggia: una corriera azzurra, stinta che emetteva un fumo nero e quando arrivava si sentiva da lontano lo stridio dei freni. Siamo alla vigilia degli anni Sessanta: l’urlo liberatorio di Domenico Modugno – Volare – nella canzone «Nel blu dipinto di Blu» è il segno che qualcosa sta cambiando e alla fine, nei primi anni ’60 arriverà il boom economico che farà vivere all’Italia l’illusione di un mondo diverso, più ricco e meno guerrafondaio. L’ultimo conte di Montecorvino è un libro che va letto ripercorrendo con i ricordi personali il percorso di vita non sempre facile dei nostri avi. D’altronde, come ha detto qualcuno, il passato è memoria. Costruire il futuro, dimenticando il passato, è come costruire un palazzo senza fondamenta. Giucar Marcone

Presentato La montagna profanata di Gianni Lannes

Libro di denuncia che invita Un romanzo dell’amicizia, del dolore e del cambiamento scritto con leggerezza ad amare il Gargano I

n una tarda serata di fine luglio, nel suggestivo scenario di piazza Galileo Rubino, a Faeto, è stato presentato Come Aria, romanzo e opera prima di Carla Evani (pseudonimo di Chiara Di Taranto). Intervistata dal giornalista Duilio Paiano, l’autrice ha illustrato le fonti ispiratrici per la scrittura del romanzo, evidenziandone i contenuti e i messaggi che se ne possono trarre. È stato un appuntamento culturale interessante, non solo per la valenza linguistica e narrativa del romanzo, ma anche per gli spunti di riflessione che sono emersi nel corso dell’intervista e offerti all’attento pubblico presente. Nel corso delle oltre 350 pagine del romanzo le connotazioni «forti» che emergono sono l’amicizia, il dolore e il cambiamento. Come Aria è certamente una storia di amicizia vera, sincera, esplosa a pelle tra due ragazze che il destino ha avvicinato per caso e che ha poi provveduto crudelmente ad allontanare, almeno fisicamente: Arianna (Aria nel romanzo) e Margherita. È altrettanto certamente una storia di dolore, considerata la sorte che la trama assegna ad Arianna: la scoperta di un tumore, la trafila da un ospedale all’altro, gli alti e bassi legati alle speranze e alle disillusioni, la certezza della fine che sopraggiunge dopo una lunga agonia che Arianna affronta con il senso di ironia e il disincanto che le sono propri. Il dolore del distacco, infine. È storia di cambiamenti: da quelli logistici (Borgo San Flaviano, Teramo, Monaco, Venezia sono alcuni dei luoghi in cui la trama si dipana) a quelli esistenziali. Soprattutto, è una storia di cambiamenti spirituali. Non c’è dubbio che Come Aria sia anche una storia d’amore. Perché l’amicizia è amore, ma soprattutto per-

ché gli affetti rivestono un ruolo rilevante nelle pagine del libro di Carla Evani. Ci sono gli amori di gioventù, ma anche l’amore di coppie più avanti negli anni, come i genitori di Arianna e della stessa Margherita. Il tema piuttosto «impegnato» trattato nel romanzo, non appesantisce la lettura. Anzi, è svolto con padronanza assoluta del mezzo espressivo e della tecnica narrativa e apre di frequente ampie finestre sulla speranza e sulla vita che, nonostante tutto, continua. La lettura viene spontanea e incalzante, così come la narrazione che è proposta con leggerezza. Si ha quasi l’impressione di un gioco a cui si vorrebbe partecipare, tanto i suoi personaggi sono sentiti vicini, non solo spazialmente. Chiara Di Taranto è faetana per parte di mamma ma è nata a Deliceto da papà delicetano. All’età di sei mesi si è trasferita a Teramo dove ha frequentato le scuole fino al conseguimento della maturità classica. All’Università ha seguito studi classici e ormai da circa vent’anni vive in Germania. Quando può, e lo fa con immenso piacere, torna nei luoghi delle sue origini, soggiornando per qualche tempo a Faeto e Deliceto. Oggi è impegnata in un percorso di meditazione cristiana che l’aiuta nel suo percorso di vita e che cerca di trasmettere anche agli altri. «Nel silenzio – dice – siamo tutti uguali: non ci sono differenze di lingua, di educazione, di religione, di cultura. Se scriverò un secondo libro – aggiunge quasi per aprirsi una finestra sul suo futuro di scrittrice – comincerà con queste parole: “Quando ho compiuto 40 anni Dio mi ha detto: Sono 40 anni che mi parli, adesso è ora che mi ascolti”». Stefania Paiano

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resso il Chiostro Comunale di San Giovanni Rotondo, è stato presentato il libro La montagna profanata di Gianni Lannes, alla presenza di un pubblico numeroso, dell’autore, dell’assessore alla cultura della città, di Falina Marasca delle Edizioni del Rosone e del professor Bruno Gorgoglione, moderatore della serata. «Il libro – scrive Gianni Lannes nelle prime pagine – è il frutto di una ricerca sul campo, documentata nei dettagli. È un lavoro che proviene da anni lontani, stimolato dall’indimenticabile amico Filippo Fiorentino: un uomo straordinario sul piano etico e culturale, che ci ha lasciato prematuramente due lustri fa. Non si coglie la gravità della situazione ambientale della montagna del sole. Si è tutti più o meno orientati verso il passato o verso il futuro. Per vedere la realtà

dovremmo invece osservare il presente». Ma non tutto è perduto. Il Gargano non è una meta turistica ma un luogo primordiale sacro e magico, unico al mondo. L’isola garganica, ancorata in uno sperone geologico al centro dell’Adriatico, contiene in sé ogni sua parte ed esse lo contengono tutto. In un’epoca di consumismi di massa, la bellezza fragilissima del paesaggio ha bisogno di memoria per sopravvivere all’oblio. Il libro è arricchito dalla prefazione di Sabino Acquaviva, già ordinario di sociologia all’Università degli Studi di Padova, che riportiamo qui di seguito per i nostri lettori. «Questo libro è diverso. Infatti, di cosa si tratta? Di una denuncia? Del racconto di uno scempio con nomi e cognomi dei responsabili? Dell’attenta analisi della storia di un monumento? Di uno strumento che consenta di capire come l’ignoranza, l’indifferenza, gli interessi possano condurre alla distruzione di una realtà che fa parte del patrimonio dell’umanità? Di una implacabile critica di una maniera di fare politica? Di tutto questo ed altro si tratta. Questo libro è un invito ad amare il Gargano e difenderlo. Ma la storia di monte Tabor, descritta in maniera eccellente, diventa per tutti noi il simbolo drammatico di una vicenda dolorosa che riguarda appunto i siti archeologici, l’arte e la natura della Montagna del Sole». Marida Marasca


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Interessante ricerca di Giuseppe Osvaldo Lucera

«Biccari tra il 1870 e il 1931» storie dall’unità d’Italia in poi I ntensa l’attività di scrittore e ricercatore di Giuseppe Osvaldo Lucera, figlio illustre della nostra terra, autore di interessanti libri sul brigantaggio, in particolar modo quello post-unitario, pietre miliari per ogni studioso che abbia voglia di approfondire le vicende meridionali successive alla conquista del nostro territorio da parte dei «liberatori» sabaudi, ovviamente liberatori in senso tragicomico. Solitamente s’immagina un ricercatore come un essere di un altro pianeta, chiuso in un mondo fatto di carte e di polvere. Assolutamente sbagliato, è vero che il ricercatore, come il nostro Lucera, frequenta archivi, biblioteche ed altri depositi culturali, ma la sua è una presenza viva tra coloro, che pur amando la propria storia, le proprie tradizioni, hanno inconsciamente delegato ad altri il compito di indagare, di riportare alla luce eventi che sono tasselli indispensabili per ricostruire il cammino di una comunità. Personalmente ho conosciuto prima di Lucera, un importante uomo di cultura che aveva dato alla ricerca il crisma della scientificità: tanti i suoi lavori sull’opera comica napoletana e sul 1799 in Capitanata. «I racconti della rivoluzione», uno dei suoi libri più noti, nacque per l’appunto da una sua indagine condotta in archivi locali e nazionali sul periodo preso in considerazione, ovvero il 1799. L’uomo di cultura è Stefano Capone, prematuramente scomparso alcuni anni fa ad appena 48 anni. Nella staffetta della ricerca storica sul nostro territorio il testimone è stato virtualmente raccolto da Giuseppe Osvaldo Lucera. Questi si è soffermato, come dicevo in apertura, sul fenomeno del brigantaggio nelle nostre terre. Le sue ricerche hanno messo in luce aspetti volutamente edulcorati, falsati o ignorati dalla storiografia uffi-

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ciale. Da qualche tempo, grazie anche, se non soprattutto, a Lucera il Sud sta riscoprendo la propria storia, le proprie vicissitudini legate alla prepotenza sabauda di conquistare il meridione con le armi. Altro che guerra di liberazione!!! Fu una tragedia per le nostre genti, le cui conseguenze si pagano ancor’oggi. La questione meridionale nasce proprio all’indomani dell’unità d’Italia ed ancor’oggi è nell’agenda dei nostri politici. «Biccari tra il 1870 e il 1931» è il primo dei due volumi che Lucera ha dedicato ad alcune vicende processuali che hanno interessato la nostra comunità. «Storie di stupri, infanticidi, omicidi ed errori giudiziari» è il sottotitolo di quest’opera da cui si evince come nulla sia cambiato sotto il cielo del crimine. Semplice ed elegante la copertina che riporta un’antica veduta di questo nostro paese con la maestosa torre, sentinella discreta delle vicende biccaresi. «Biccari tra il 1870 e 1831» è un testo interessante sotto l’aspetto storico, giuridico e sociale perché scava nella microstoria della nostra comunità riportandone un aspetto non certamente positivo, ma ben sappiamo che anche gli aspetti negativi rientrano in quello che è il cammino della storia di ogni paese. Nell’elenco degli eventi raccontati da Lucera si leggono nomi e cognomi degli attori delle vicende processuali del periodo preso in considerazione: sono storie che contribuiscono a ricostruire il nostro vissuto, che mostrano lo spaccato di una società qual era dopo l’unità d’Italia. Non c’è motivo di ignorarle perché il mondo è un susseguirsi di bene e di male, di guerre e di pace, di giustizia ed ingiustizia… e nulla è cambiato da quando l’uomo è apparso sulla terra.

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Giornale di opinione della provincia di Foggia

È un libro che merita di essere letto dai nostri giovani che non sempre hanno voglia di conoscere cose del proprio passato. Eppure scoprire a Biccari opere fondamentali della nostra storia locale è un dovere ed un atto di riconoscenza verso chi come Giuseppe Osvaldo Lucera da anni è impegnato nella ricostruzione della nostra storia.

Concludo con quanto scritto dallo storico Le Goff, citando Lefebvre, nel suo libro «Storia e memoria»: «Non c’è storia senza documenti … e se dei fatti storici non sono registrati in documenti o incisi o scritti, tali fatti sono andati perduti». Giucar Marcone

Prima dell’assenza di Giovanni Guadagno

Presentata anche a Roseto la silloge del poeta troiano P

ur non utilizzando vocaboli altisonanti o ricercate figure retoriche, non possiamo liquidare la poesia di Guadagno come una poesia semplice o quanto mai banale. A primo impatto, Prima dell’assenza si mostra come uno sfaccettato mosaico in cui ogni parola, ogni scorcio, ogni metafora rappresenta un tassello indispensabile per l’immagine complessiva che il poeta vuole darci della nostra terra. I temi trattati sono molteplici: si va dalle reminiscenze sensoriali della terra natia, all’ossimorico rapporto tra superstizione e religione ancora radicato nella nostra cultura, per poi passare al conflitto inevitabile tra progresso e natura. Queste tematiche a primo impatto possono sembrare molto diverse tra loro, ma - come ho accennato prima - mirano a dare un’immagine unitaria e agrodolce delle terre tanto care al poeta. Per quanto riguarda il lessico utilizzato, possiamo individuare due «mondi di parole» principali: il primo insieme, indubbiamente il più vasto, è formato da parole che rimandano spesso a significati naturali e sinestetici; il secondo «mondo» invece è formato da vocaboli dialettali italianizzati, che si vanno a incastonare all’interno del verso, questo perché spesso l’italiano non è in grado di dipingere tutte quelle sfumature che il dialetto indiscutibilmente ha. Se guardiamo più attentamente, poi, possiamo notare un terzo gruppo, formato dalle parole straniere e contemporanee, più sporadiche e rare, ma inserite in particolari modalità; queste parole, calate in contesti tecnologici, creano stridore nell’ascoltatore, e servono a dare quell’idea di contrasto tra progresso e mondo naturale, quasi come se il lessico usato rispecchiasse questa frattura. Se io dovessi definire la poesia di Giovanni Guadagno, sicuramente la definirei «poesia dell’attimo». Già in Ungaretti si è utilizzato questo epiteto, ma io vorrei contestualizzarlo in maniera differente: la poesia di Guadagno non è poetica dinamica; la paragonerei più che altro a un dipinto, una fotografia, un’istantanea: uno scorcio lungo un battito di ciglia, che con un’immagine riesce a mostrare la completezza che solo l’attimo infinitamente piccolo ha; ed è questo, secondo me, il maggior punto di forza della poetica di Giovanni Guadagno. Pietro Frisi


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La città e la fede di Matteo Ciavarella

Per conoscere le proprie radici spirituali e la consapevolezza di ciò che si è

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atteo Ciavarella, a cui mi unisce prima che un legame di parentela una profonda stima e una forte amicizia spirituale, è sì storico, profondo conoscitore della storia locale, ma è soprattutto uomo di Dio e figlio di Maria!

Matteo ha «lo sguardo allenato a scorgere l’invisibile nella realtà visibile» e diventa docile e umile strumento nelle sue mani che lo portano a scoprire dei ricami bellissimi della divina sapienza: il periodo di Maria con l’Annunciazione (prima chiesa del nostro casale la Chiesa Madre), la mediazione di grazie (chiesa di Santa Maria delle Grazie) e il dolore sotto la Croce (chiesa dell’Addolorata); il periodo della Sacra Famiglia con la chiesa di San Giuseppe poi divenuta chiesa della Sacra Famiglia, Gesù, Maria e Giuseppe; terzo periodo dedicato a nostro Signore Gesù Cristo con l’intitolazione al Sacro Cuore di Gesù della chiesa di Santa Chiara e a Cristo Redentore della chiesa della Madonna delle Grazie; infine, l’ultimo periodo dedicato all’Immacolata Concezione con la costruzione nel vicino Villaggio San Matteo della chiesa intitolata alla Beata Maria Vergine di Lourdes. Ripenso a una frase del Libro di Tobia che abbiamo ascoltato nella Liturgia della Parola «Siamo figli di Santi»: ci

dobbiamo comportare in maniera degna di chi ci ha preceduto e San Marco è stato sempre un paese dalla grande fede che ha dato tanti frutti, in particolare le tante vocazioni sacerdotali (anche i direttori spirituali di San Pio da Pietrelcina, Padre Benedetto Nardella e Padre Agostino Daniele, erano di San Marco). Il nostro Vescovo precedente, Monsignor Francesco Pio Tamburrino, durante la sua ultima celebrazione eucaristica a San Marco, ha definito il nostro paese «il giardino della diocesi» e anche Monsignor Carlo Mola nel bellissimo discorso pronunciato il 23 settembre 1900 in occasione dell’inaugurazione della Croce posta sul monte Celano parla di San Marco come di «questa cara e religiosa città». Il libro di Matteo è un grande servizio alla nostra città, come scrive Papa Francesco nel suo «Dio nella città», perché è molto importante conoscere le proprie radici spirituali, avere la consapevolezza di ciò che si è e di dove si va. Matteo, come ho già detto, è stato illuminato dallo Spirito Santo nella stesura di questo libro, si è fatto «piccolo» aprendo il cuore alla voce dello Spirito e ha donato con gioia ciò che lui aveva ricevuto, mettendo in pratica le parole di Gesù: «Gratuitamente avete ricevuto, gratuitamente date». Sono stata, poi, contentissima di leggere che l’identità spirituale di San Marco è mariana! A riguardo Matteo

Le Edizioni del Rosone a BookCity Milano

Libri, riviste, editori e autori di grande prestigio S

i svolgerà dal 22 al 25 ottobre prossimi l’edizione 2015 di BookCity, manifestazione nata con l’obiettivo di mettere al centro di una serie di eventi diffusi sul territorio urbano il libro, la lettura e i lettori. BookCity si articolerà in tre giorni, più uno dedicato alle scuole, durante i quali verranno promossi incontri, presentazioni, dialoghi, letture ad alta voce, mostre, spettacoli, seminari sulle nuove pratiche di lettura, a partire da libri antichi, nuovi e nuovissimi, dalle raccolte e biblioteche storiche pubbliche e private, dalle pratiche della lettura come evento individuale, ma anche collettivo. Nei giorni di BookCity Milano, in varie

Quale traguardo si prefigge la poesia? Cercare di aderire in termini assoluti a quanto incombe nel nostro intimo. Era ed è questo il problema che si pone a chi si cimenta con la scrittura poetica e deve affrontare gli spazi perentori, che paiono ora immensi ora ristretti, della pagina. Tra la parola e il compimento espressivo talora c’è uno stacco, ancorché minimo. Succede nella quotidianità, non di rado il linguaggio che adoperiamo non riflette compiutamente quello che avvertiamo nel nostro interiore fluire. Il poeta, allora, cerca di accorciare il più possibile questa distanza, tenta, in altri termini, di rivelare attraverso la parola le proprie intuizioni espressive, cercando l’«illuminazione favolosa» di cui discorre Ungaretti, «[…] di mettere a contatto immagini lontane, senza fili. Dalla memoria all’innocenza, quale lontananza da varcare; ma in un baleno»; e, dunque, poesia come «parola che tenda a risuonare di silenzio nel segreto dell’anima […] che si protende per tornare

sedi pubbliche e private, note o da scoprire, collocate su tutto il territorio urbano, verranno organizzati: Un grande laboratorio al Castello Sforzesco e lungo la Via della lettura, cuore pulsante dell’evento; Eventi «tematici», nelle sedi della cultura e della vita sociale milanesi; Eventi «fuori luogo», che portano il libro e la lettura in sedi inusuali e in nuovi scenari sociali; Eventi «diffusi» sul territorio, promossi e gestiti da diversi protagonisti della vita culturale cittadina che aderiscono al progetto (editori, librerie, biblioteche, istituzioni culturali e scolastiche); Eventi «in biblioteca»; Eventi «laboratorio» per ragazzi, bambini e famiglie. Nel programma della prestigiosa

manifestazione anche le Edizioni del Rosone che saranno presenti con tre diversi appuntamenti e con autori e relatori di grande valenza culturale. Sabato 24 ottobre, alle ore 11,00, presso il Liceo statale «Agnesi», verrà presentata la rivista Educazione Pedagogica nel corso di un incontro sul tema «Le sfide dell’educazione democratica per una società inclusiva». Parteciperanno Alain Goussot, docente di Pedagogia Speciale presso l’Università degli Studi di Bologna; Antonio Vigilante, saggista, pedagogista e direttore scientifico della rivista Educazione Democratica. Sempre sabato 24, alle ore 17,00, presso la sede dell’Associazione Regio-

Pepe nero di Walter Scudero

Una poesia problematica e pensosa ma modernamente strutturata a meravigliarsi della sua originaria purezza». È in questo complesso registro che si manifesta la raccolta Pepe nero (silloge di poesia-non poesia, recita il sottotitolo), pubblicata a Foggia dalle Edizioni del Rosone. Il suo autore, Walter Scudero, versatile e prolifico scrittore nostrano – è di Torremaggiore – che cosa intende dirci con questi versi che, peraltro, costituiscono la sua opera prima sul versante poetico? Che le parole «sono creature viventi», come direbbe lo scrittore austriaco Hugo Von Hofmannsthal, che richiedono una precisa collocazione, che hanno la neces-

sità di essere colte e accolte nella loro identità, nella loro pregnante tematicità, nella loro delicatezza, nel loro suono, nella loro pazienza e fragilità, cioè, nel loro sostanziale Essere. Che le parole hanno la necessità di essere auscultate, perché vengono dalle zone più fonde dell’animo umano (Friedrich Nietzche, per esempio, sosteneva in maniera suggestiva che i grandi pensieri vengono dal cuore, non dalla testa); al proposito, ancora una volta è da citare Ungaretti, uno dei padri della poesia novecentesca italiana: «Quando trovo/ in questo mio silenzio/ una parola/ scavata è nella mia vita/ come un abisso».

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scrive: «San Marco in Lamis è una città dal carattere eminentemente mariano. Essa è stata guidata all’incontro con Gesù da Maria, sua Madre. Maria ha permeato di sé ogni più intima fibra della città. La vocazione e la spiritualità di San Marco in Lamis, quindi, devono avere il loro fulcro in un pieno e totale affidamento a Maria». E San Marco, vivendo sotto il manto di Maria, ha avuto, spiritualmente, una marcia in più perché Maria nell’economia della salvezza non è un optional ma è il mezzo più sicuro per arrivare a Gesù. A dirlo è una che prima si definiva «cristocentrica», ignorando che nessuno è più cristocentrico di Maria e nessuno e più mariano di Gesù. Maria è «il dono dei doni», il dono specialissimo che Gesù da all’umanità sotto la Croce e, come scriveva San Luigi Maria Grignon di Monfort nel « Trattato della vera devozione alla Vergine Maria (libro da cui è scaturito il «Totus tuus» di San Giovanni Paolo II), «negli ultimi tempi Dio, che ha dato Gesù all’umanità tramite Maria, riporterà l’umanità a suo figlio tramite Maria!». Invito tutti alla lettura del libro La città e la fede perché San Marco, sull’esempio e sulla scia di chi ci ha preceduto, ritorni ad essere quel centro culturale e spirituale che è sempre stata. Maria Rosaria Nardella nale Pugliesi, verrà presentato il volume La Via Sacra Langobardorum, di autori vari e curata dal professor Pasquale Corsi, all’interno di un incontro sul tema La Via sacra Langobardorum, il Gargano, San Marco in Lamis. Saranno presenti: Raffaele Cera, presidente della Fondazione «Soccio»; Pasquale Corsi, docente emerito di Storia medievale presso l’Università di Bari; Francesco Lenoci, docente presso L’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano; Cosma Siani, docente presso l’Università di Roma Tor Vergata. Infine, domenica 25 ottobre, alle ore 11,00, presso la Triennale, nel corso dell’incontro su «Cinema e letteratura: due scritture a confronto», sarà presentato il libro di Carlo Alberto Biazzi L’ultima luna di febbraio. Animeranno l’evento Carlo Alberto Biazzi, regista e scrittore; Massimo Locatelli, docente di Filmologia presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore; Francesco Freda, truccatore cinematografico; Katiuscia Armanni, attrice. Stefania Paiano Che le parole hanno la necessità di essere rispettate nella loro dignità. Perché? Perché le parole ci espongono il mondo, ci espongono a noi stessi e ci espongono al mondo. Walter Scudero, rivendicando in primo luogo che la poesia «non spiega/ né significa/ ma è», ci trasmette questo messaggio non in modo formale ma in termini di adesione alla propria intenzione interiore. Con uno stile molto personale di rapportarsi alla pagina, slegato da certe mode d’oggidì, con una poesia problematica e pensosa, speculativa quasi, di stampo un po’ leopardiano, che richiede, quindi, conoscenze e interesse per le questioni messe in campo, e che procede tra passaggi e accenti ora dolenti, ora provocatori. Tuttavia, con una scrittura modernamente strutturata, espressivamente convincente, vivace nel ritmo, di parole sapide: poesia che è. Marcello Ariano


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SAlute & tempo libero

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CRONAChe Del CINeMA

padri e figlie di Gabriele Muccino

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erché di fronte ai sentimenti i critici (e non solo) inorridiscono? Quanti di noi si vergognano di piangere al cinema, di commuoversi o semplicemente di apprezzare storie come quella raccontata in Padri e figlie di Gabriele Muccino? Come se certi generi di cinema fossero a priori sdolcinati e non si tenesse conto del modo in cui i temi vengono declinati e della loro legittimità ad esistere. È anche vero che si corre il rischio di scivolare nella retorica quando si parla di amore, famiglia, lutto, perdita, speranza, malattia e guarigione, ovvero della vita nelle sue componenti ed emozioni più essenziali e tragiche, che mettono a nudo la vulnerabilità dell’essere umano. Ma con una regia attenta e contenuta, Muccino riesce ad evitare la trappola, imbastendo il film nella morbida vena intimistica a lui congeniale. Una storia ben scritta, con personaggi interessanti e plausibili, che parlano e si comportano come la gente farebbe davvero in certe situazioni e che rendono più facile l’identificazione. Un inno all’amore più primordiale che esista, il più ancestrale: quello di un genitore per il proprio figlio, un amore che può arrivare fino al sommo sacrifico. A merito del regista va anche quello di aver reso quasi impercettibili i continui passaggi temporali dal passato al presente, che risultano naturali e mai forzati. Nella Pittsburgh anni ’80, Jake Davis (Russel Crowe) è un romanziere di successo, premio Pulitzer, rimasto vedovo in seguito ad un grave incidente, nel quale ha riportato pesanti danni neurologici. Gli resta l’amatissima figlioletta (Kylie Rogers): lei gli dà la forza per ricominciare a vivere, a scrivere un nuovo romanzo; 27 anni dopo, nella Pittsburgh di oggi, Katie, (Amanda Seyfried) traumatizzata da un’infanzia troppo dura, e ancora visceralmente legata all’adorata figura paterna, non riesce a costruirsi una vita sentimentale. La qualità della scrittura conferisce una dignità di fondo ai personaggi interpretati da un superlativo Russel Crowe, visibilmente emozionato, e dalla piccola Kylie Rogers, che a soli 11 anni, si porta a casa una prova di recitazione magistrale. Ma non sono certo gli unici del variegato cast a spiccare. Ognuno rifulge nel suo ruolo. Nella parte contemporanea brillano Quvenzhané Wallis e Amanda Seyfred, molto credibile nella sua autodistruttiva fragilità. Tutt’altro che sprecate le partecipazioni di attori conclamati quali Aaron Paul, Viola Davis e Jane Fonda, che il regista dimostra di apprezzare come parte di un insieme collettivo e non come icone immediatamente riconoscibili. E se lo può permettere, come si può permettere di scegliere una delle canzoni più belle e struggenti di Burt Bacarach, Close to you, come simbolo del legame tra padre e figlia. «Siamo il risultato delle nostre infanzie», ha dichiarato Muccino in una recente intervista. Siamo padri e figli di noi stessi quando decidiamo di essere grandi pensando di non avere bisogno della protezione di un genitore. Ma ci sbagliamo. Siamo tutti figli di qualcuno. Marida Marasca

DIRETTORE RESPONSABILE Duilio Paiano REDAZIONE Marcello Ariano – Mariangela Ciavarella – Silvana Del Carretto – Corrado Guerra – Lucia Lopriore – Marida Marasca – Stefania Paiano – Vito Procaccini – Leonardo Scopece – Michele Urrasio HANNO COLLABORATO A QUESTO NUMERO Pietro Frisi – Mauro Galantino – Nicola Grasso – Giucar Marcone – Maria Rosaria Nardella – Rosa Suriano – Antonio Ventura La collaborazione a questo giornale è gratuita e su invito della Direzione. Gli articoli, le foto e le illustrazioni, anche se non pubblicati, non vengono restituiti.

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