Il provinciale giugno 2015

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ANNO XXVII

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2015 FONDATO DA FRANCO MARASCA

L’Enciclica «Laudato si’» di Papa Francesco

L’alleanza fra umanità e ambiente è di destra o di sinistra?

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a recente pubblicazione dell’Enciclica «Laudato si’» di Papa Francesco ha scatenato, come era prevedibile, una serie di attenzioni e di commenti «provocati» dal contenuto piuttosto «sensibile» della «lettera» papale: l’ambiente nelle sue diverse accezioni e implicazioni. Lungi da noi la tentazione di cadere nella presunzione di un commento all’enciclica, soltanto dopo averne effettuato una rapida e poco approfondita lettura. Quello che, piuttosto, ci ha incuriosito sono state le reazioni e le interpretazioni che al messaggio pontificio da più parti si sono intese attribuire. Soprattutto, il maldestro, secondo noi, tentativo di accreditare la «Laudato si’» come un documento di sinistra o di destra, a seconda dell’appartenenza culturale o politica del commentatore. Ci è apparso, non diciamo inusuale, ma quantomeno inappropriato, voler a tutti i costi ideologizzare secondo schemi che appartengono alle parti politiche, un messaggio che un’ideologia di fondo, anche scontata, la possiede naturalmente in quanto frutto delle riflessioni del Capo della Chiesa cattolica. Ma non certamente ispirata ai parametri della dialettica politica tradizionale. Diciamo la verità: dal Papa non ci si poteva attendere altro se non quello che ha scritto, se non ciò che ha denunciato e invocato in funzione del Suo credo e della Sua fede. Che senso ha chiedersi se tutto ciò appartenga al patrimonio culturale e ideologico della sinistra o della destra? È un interrogativo che, secondo il nostro modesto avviso, distrae da una valutazione onesta e obiettiva dell’importante messaggio di Papa Francesco. Il quale auspica una sorta di antropocentrismo meditato, dove la presenza e la funzione dell’uomo non sia disgiunta dal rispetto verso tutte le altre componenti del creato (animali, vegetali, acqua, aria, clima…), in un’armonia che si vede sempre più compromessa dagli interessi di parte, dalle disuguaglianze che ancora permangono sul pianeta, dalle disattenzioni dolose o solo colpose di chi è chiamato a governare il mondo. Armonia compromessa e che disattende, allontanandosene sempre più, il progetto divino. Per riportare il ragionamento in un ambito più vicino alla nostra quotidianità, e quindi in grado di aiutarci a comprendere meglio il pensiero di Francesco, ricordiamo che abbiamo la fortuna di abitare uno degli angoli più dolci, affascinanti e forieri di benessere del creato. La natura con i monti, il mare, le foreste, i parchi; la storia, la cultura, le tradizioni ereditate da civiltà fulgide che hanno preceduto la nostra; le testimonianze vive e prodigiose del culto religioso. Nell’insieme, un mix mirabile di elementi naturali e storici che hanno contribuito a costruire un «ambiente» di grande impatto complessivo ma, soprattutto, potenzialmente in grado di garantire benessere all’uomo. Pretenderne il rispetto, anche solo laicamente, può essere accreditato come un pensiero di sinistra o di destra? Il Papa incoraggia «a riflettere sui diversi elementi di una ecologia integrale, che comprenda chiaramente le dimensioni umane e sociali». Afferma che «l’ambiente è un bene collettivo, patrimonio di tutta l’umanità e responsabilità di tutti. Chi ne possiede una parte è solo per amministrarla a beneficio di tutti. Se non lo facciamo, ci carichiamo sulla coscienza il peso di negare l’esistenza degli altri». Ancora: «Si rende indispensabile creare un sistema normativo che includa limiti inviolabili e assicuri la protezione degli ecosistemi, prima che le nuove forme di potere derivate dal paradigma tecno-economico finiscano per distruggere non solo la politica ma anche la libertà e la giustizia». Invocare un’«alleanza fra umanità e ambiente», come fa Francesco nella sua recente enciclica, è un’operazione che laicamente potremmo definire di buon senso e trasversalmente accettabile, e non già interpretabile di sinistra o di destra, a seconda dei pur comprensibili e legittimi interessi culturali o partitici di chi scrive e di chi legge. Se proprio vogliamo individuare una prospettiva ispiratrice dello scritto del Papa, questa dovrebbe più verosimilmente essere «alto-basso», piuttosto che «sinistra-destra» La prospettiva, cioè, che tende a privilegiare un armonico antropocentrismo sul pianeta, assecondando il progetto del creato di ispirazione divina. Duilio Paiano

Una copia € 2,00 Sped. in abb. post. 50%

Università di Foggia: Agrarian Urbanism con Andrés Duany

Le potenzialità dei territori tra identità locali e tradizione rurale L’

Agrarian Urbanism e le potenzialità dei territori di Capitanata è stato il tema del convegno di altissimo profilo scientifico organizzato dai Dipartimenti di Studi Umanistici e di Economia dell’Università di Foggia dal 15 al 17 giugno. L’Agrarian Urbanism concepisce la pianificazione urbanistica come un processo partecipato per favorire un approccio alla sostenibilità che sia in grado di combinare sviluppo rurale ed urbano: uno sviluppo orientato al benessere sociale, alla tutela del paesaggio e alla qualità dell’alimentazione. Un modello che contribuisce a dare contenuti alla politica agricola (a livello locale, nazionale e comunitario) per consentire di cambiare, in meglio, le condizioni dei territori, delle popolazioni e degli individui. «Crediamo, proprio come Università di Foggia intendo dire, che sia indispensabile recuperare innanzi tutto una credibilità storica e antropologica del nostro territorio, indispensabile per affrontare qualsiasi tipo di analisi seria della e sulla Capitanata – ha spiegato la professoressa Fiammetta Fanizza –. Questo importante convegno si pone tra gli altri l’obiettivo di rimettere al centro il territorio, la sua traduzione e la sua memoria. Un memoria rintracciabile nelle meravigliose architetture visibili nelle borgate rurali fondate durante il ventennio fascista. Per questa ragione, la presenza di Andrés Duany, vero e proprio guru dell’Agrarian Urbanism, ci ha aiutati a riflettere sul nostro patrimonio, identitario oltre che materiale. Progettare il futuro allargando lo sguardo sul passato e su noi stessi». Infatti l’ospite più importante, tra i tanti esperti della materia che saranno presenti al convegno organizzato dall’Università di Foggia è stato Andrés Duany, laureato in architettura e

urbanistica alla prestigiosa Princeton University, fondatore del celebre studio Duany Plater-Zyberk & Company (DPZ) con sede a Miami. Duany è cofondatore, oltre che membro, del Congress for the New Urbanism (nato nel 1993) ed è uno dei sostenitori del modello di sviluppo cosiddetto «smart growth» (letteralmente «crescita intelligente») nonché l’ideatore del modello di pianificazione territoriale universalmente battezzato col nome di «transect». Punto qualificante del convegno sono stati i workshop propedeutici alle charrette (processi di urbanistica partecipata). «Si è trattato di un appuntamento molto importante, per la cui organizzazione non posso non ringraziare i direttori dei due Dipartimenti prof. Marcello Marin (Studi umanistici) e prof. Francesco Contò (Economia). La connessione degli argomenti e delle tesi tra due o più Dipartimenti è una via scientifica che dobbiamo sviluppare, a mio avviso, sempre di più: all’interno dell’economia ci sono strati di società e di antropologia che non possono essere ignorati, e viceversa».

• All’interno • Inserto speciale sull’attività svolta dalle scuole di Capitanata nell’a.s. 2014/2015 *** Inserto speciale del nostro collaboratore Antonio Ventura sulle origini foggiane di Adriano Celentano, e non solo...


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AttuAlità & Commenti

Interessante convegno della FIDAPA di Foggia

La Carta dei diritti della bambina e la genitorialità competente

La Carta della Bambina, di cui è stata distribuita una copia a tutti i presenti nella sala Rosa del Palazzetto dell’Arte, nella sua formulazione originaria è stata presentata ed approvata nel 1997 a Reykjavik al IX Congresso della BPW Europe, in collaborazione con le Nazioni Unite ed alla quale la FIDAPA è affiliata.

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Giornale di opinione della provincia di Foggia

Ispirata alla Convenzione ONU del 1989 sui Diritti dell’infanzia e dell’adolescenza, la Carta nasce per incidere sul piano istituzionale, sulle coscienze e stimolare l’opinione pubblica a dibattere delle problematiche e dei diritti legati al genere femminile dall’età zero all’età adolescenziale. Duilio Paiano

Improvvisa scomparsa del Maestro Michele Maria Pernice

Lascia testimonianze pregevoli della sua arte che sa emozionare È

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el corso di un convegno organizzato dal Distretto Sud-Est della F.I.D.A.P.A. BPW Italy, Sezione di Foggia, è stata presentata la Carta dei Diritti della Bambina. L’innovativo documento ha trovato spazio ed evidenza all’interno del tema «Genitorialità consapevole» che si è avvalso del contributo di esperti e studiosi che hanno tracciato un interessante profilo del ruolo di genitore in un momento storico e sociale di grandi difficoltà e scarsi punti di riferimento. La presidente della FIDAPA di Foggia, Antonia Torchella, nel portare il saluto della Federazione agli intervenuti ed ai relatori, ha sottolineato l’attenzione che l’Associazione dedica alla donna, all’infanzia e all’adolescenza odierne, con l’obiettivo di fornire loro strumenti di conoscenza, difesa e orientamento. Eugenia Moffa, assessore comunale alle Politiche giovanili, ha rilevato l’importanza dell’argomento trattato e ha comunicato che l’Amministrazione comunale di Foggia sta partecipando ad un progetto comunitario (la violenza nei confronti dei bambini, le mutilazioni femminili) con il coinvolgimento delle scuole del territorio. Il direttore sanitario degli Ospedali riuniti di Foggia, dottor Antonio Battista, nel manifestare la disponibilità dell’Azienda ospedaliera a divulgare la carta della Bambina, ha messo in evidenza il ruolo dell’ospedale come punto di osservazione privilegiato rispetto ai disagi dei bambini e degli adolescenti. Per la Consigliera di parità della Provincia di Foggia, Antonietta Colasanto, la Carta della Bambina avvia un percorso culturale importante che aiuta a superare il concetto della donna-oggetto. Prima delle relazioni programmate, nell’assumere il ruolo di moderatore del convegno, il professor Costanzo Natale ha sottolineato il ruolo della famiglia e l’opportunità che la Carta venga esposta in ogni casa. «Educare alla genitorialità competente – L’adolescenza come seconda nascita» è stato il tema affrontato da Barbara De Serio, ricercatrice di Storia della pedagogia presso l’Università di Foggia. L’adolescenza, secondo la studiosa, è il secondo momento, dopo la nascita, in cui l’essere è chiamato ad «uscire»: la prima volta dal grembo materno al mondo, la seconda dalla famiglia alla società. L’adolescenza è l’età dell’incompiutezza.

Maria Cristina Piemontese, psicologa specializzanda in Terapia familiare, ha affrontato il tema «Genitorialità consapevole per l’infanzia». Ha soprattutto insistito sulla difficoltà del ruolo genitoriale. Alla nascita dei figli si è soprattutto genitori fisiologici; quindi, nel tempo, si diventa genitori culturali, chiamati continuamente a riorganizzarsi. Maria Antonietta Narciso, Referente Commissione legislazione FIDAPA BPW Italy, sezione di Foggia, si è occupata della Carta dei diritti della Bambina, affermando che il documento si propone di superare tutte le discriminazioni di genere. La Carta è una dichiarazione d’intenti, un’enunciazione di principi. «La vogliamo diffondere capillarmente tra famiglie ed educatori», ha affermato Narciso. Gli interventi di due medici hanno concluso l’interessante incontro. La dottoressa Rosalba Fiorile, dirigente di Medicina d’urgenza e accettazione presso il Pronto soccorso degli OO. RR. di Foggia, ha illustrato tutti gli accorgimenti che vengono messi in atto nell’accoglienza di un bambino o di una bambina al pronto soccorso, così come l’importanza dell’analisi socioculturale in parallelo all’analisi clinica. La dimensione socio-culturale, infatti, è importante quanto quella clinica. Le mutilazioni genitali femminili sono state oggetto dell’intervento del dottor Antonio Scopelliti, del Poliambulatorio Interetnico Transculturale «Salute e Culture». Con l’ausilio di immagini, spesso anche di una crudezza dall’approccio non sempre semplice, il medico foggiano ha tracciato un quadro esaustivo, e allo stesso tempo preoccupante, dello stato delle mutilazioni genitali femminili praticate ancora in troppe società del pianeta. Un panorama toccante che ha fatto comprendere quanto ancora ci sia da lavorare sul versante del superamento di tabù e tradizioni che non hanno nulla a che vedere con le conoscenze moderne e, soprattutto, con il rispetto che si deve al genere femminile. La FIDAPA di Foggia, e la sua presidente Antonia Torchella, hanno certamente colto nel segno dell’attualità con questo convegno che ha sviscerato tutte le possibili sfaccettature collegate alle diverse età della crescita dell’essere umano, evidenziando le difficoltà e i pregiudizi che ancora oggi accompagnano l’essere donna, fin dalla più tenera età.

un momento conviviale, come tanti negli anni di frequentazione, l’ultimo ricordo tangibile della presenza terrena di Michele Maria Pernice, semplicemente Mario per gli amici. Un incontro conviviale nella casa di campagna di Falina Marasca al cui interno aleggia in ogni dove la figura e lo spirito sornione di Franco Marasca che di Mario è stato amico fraterno. Anche di più. Quell’occasione mi piace assumere come paradigma del legame, sempre forte e sempre vivificato da una passione culturale senza pari, che univa da sempre Mario Pernice alle Edizioni del Rosone. Maestro di scultura e di pittura – con le sue opere che rimarranno sul territorio a testimoniare la raffinata arte di cui era capace, ma anche con monumenti che su molte piazze d’Italia richiamano non solo la sua bravura ma anche l’orgoglio dell’essere dauno – Mario Pernice aveva uno stile di vita molto semplice, alla mano con tutti, forte di una non comune capacità comunicativa che sapeva vitalizzare con una vena ironica che metteva in campo in ogni circostanza. È stato un grande, Mario Pernice, non soltanto come artista, ma anche come uomo. La sua scomparsa improvvisa e repentina lascia un vuoto difficilmente colmabile nel movimento culturale del territorio di cui era uno degli animatori più assidui ed apprezzati. La sua «collocazione» più naturale sono stati gli «Amici del Museo civico di Foggia», ma anche altre benemerite associazioni hanno beneficiato del suo apporto e della sua presenza propositiva. Ovunque si parlasse e si discutesse di cultura, al di là degli interessi professionali specifici, Mario Pernice era presente con il suo discreto ma prezioso contributo di idee. Davvero un grande personaggio che lascia un’impronta indelebile nel panorama artistico della provincia di Foggia. Centinaia anche i giovani studenti che hanno goduto della sua preparazione nella veste di docente di Disegno e Storia dell’arte presso il Liceo scientifico «A. Volta» di Foggia. Pittore e scultore, Michele Maria Pernice, compiuti gli studi alla Accademia di Belle Arti di Napoli, inizia l’attività artistica partecipando attivamente a rassegne nazionali di pittura. Ha tenuto mostre personali in Italia e all’estero, riscuotendo successo di critica e di pubblico: note e commenti sulla sua attività artistica sono apparsi su diverse pubblicazioni specializzate a livello nazionale ed europeo. Sue opere figurano in collezioni private, gallerie e musei. Della sua arte si sono occupati critici illustri quali Salvatore Ciccone, Gianni Piomelli, Giuseppe De Matteis, Piero Lotito, Michele Urrasio, Anacleto Lupo, Maria C. Stella, Francesco Bellino, Luciano Luisi, Arnaldo Santoro, Mimma Pasculli Ferrara. Tra le opere di scultura più significative, sono da ricordare: Il monumento ai militari caduti al Tagliamento a Casarsa (UD; la Via Crucis nella Chiesa dello Spirito Santo a Foggia; il Bassorilievo presso la Scuola di Cavalleria di Monte Libretti (Roma); la Pala d’Altare nella Chiesa di S. Giuseppe Artigiano a Pescara; la scultura a tutto tondo di Padre Pio, alta m. 2,20, in Sardegna; la Santa Rita nella Chiesa di S. Giuseppe Artigiano a Foggia; la Via Crucis nella Chiesa parrocchiale “Pio XI” a Chieti; la porta in bronzo della Basilica di S. Giovanni Battista a Foggia; la porta in bronzo della Chiesa del S.S. Salvatore a Foggia; la porta bronzea della Chiesa di Gesù e Maria, sempre a Foggia. Ad ognuna delle sue opere sapeva conferire un’impronta creativa del tutto personale, sull’onda delle emozioni che provava e che magistralmente trasferiva nella scultura, o nella pittura che fosse. Ho avuto il privilegio di essere chiamato più volte a presentare alcune delle sue opere e posso testimoniare di questo patos che lo coglieva nel parlare delle sue realizzazioni. Un patos che coinvolgeva e «prendeva» chiunque avesse l’occasione di ammirare una sua statua, un quadro, un bassorilievo. Non potrò mai dimenticare la sua meraviglia nel leggere le mie recensioni o nell’ascoltare le mie presentazioni. «È un’arte anche quella dello scrivere – diceva rivolgendomi un immeritato complimento –; è incredibile come anche le parole siano capaci di interpretare e trasmettere sentimenti ed emozioni. E tu ci riesci benissimo». Ci mancherai Mario, come mancherai a tutta la cultura di Capitanata. Ci mancherai con la tua umanità, la modestia, la bravura ed anche, lasciamelo dire in questo momento di grande tristezza, con la tua stravagante originalità capace di stupirci, sempre, che ha contribuito a fare di te un personaggio indimenticabile e irrinunciabile per il nostro territorio. Duilio Paiano


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Convegno di Rinascita Cristiana a Foggia

La città come porta e come porto, un luogo da reinventare

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l Movimento «Rinascita Cristiana» ha organizzato a Foggia, presso la Fondazione Siniscalco-Ceci, il convegno dal tema Rinascere nella città, in linea con quanto programmato dagli organi centrali del Movimento. Nella sua presentazione Tina Armiento, responsabile cittadina, ha confermato l’impegno nella città per affrontare le sfide del tempo moderno, assumendo un ruolo da protagonisti nella realizzazione del bene comune e operando per armonizzare fede con la vita concreta. Partendo dal senso di ‘famiglia’ che si allarga e si differenzia, Tina Armiento ha lanciato spunti e idee per un maggiore dialogo tra le generazioni per fruire al meglio gli spazi urbani intesi non solo nella loro accezione fisica ma anche come spazio etico da coltivare con cura. Le relazioni successive sono state svolte dall’avvocato Francesco Andretta, presidente dell’Accademia di Belle Arti e dalla prof.ssa Rossella

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Palmieri, docente dell’Università di Foggia. L’avvocato Andretta, anche con riferimento alla propria esperienza politica di amministratore, ha tracciato un breve excursus della città di Foggia, rintracciando nel secondo dopoguerra le origini della situazione attuale. È accaduto, infatti, che dopo le distruzioni belliche sia diventata imperiosa la necessità di ricostruire la città, anche per rispondere alle esigenze abitative alimentate dal notevole flusso migratorio proveniente dalla provincia. Questa politica edilizia ha avuto come conseguenza l’adozione di scelte urbanistiche non sempre felici, alle quali è risultato poi difficile porre rimedio. Quella del mattone è stata così l’unica vera industria che ha attecchito, tanto che la crisi economica generale odierna assume qui connotati particolari a causa della stagnazione del mercato immobiliare. Per altro verso il fenomeno dell’ur-

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banizzazione ha dilatato i confini della città, ma soprattutto ne ha fortemente ridimensionato il profilo identitario. Non è impresa facile la costruzione di un tessuto sociale omogeneo in fasi di rivolgimenti epocali, ma se ci domandiamo quale ruolo abbia rivestito il movimento cristiano sia in campo urbanistico che in quello sociale, dobbiamo concludere che non è stato molto rilevante. Per contro si registra, ormai da diverso tempo, una notevole vivacità culturale e questo incontro ne è testimonianza, perché lascia intravedere fondate sperane per il futuro. È un sentimento che viene registrato anche dal moderatore, l’assistente spirituale monsignor Leonardo Cendamo, nel presentare la professoressa Palmieri, che pone il tema della città sotto un profilo letterario, offrendo una galleria di importanti autori. Punto di partenza della relazione è stato l’intreccio, nella città, di due piani, quello dello stare, del focolare domestico e quello dell’andare oltre. Da una parte è luogo del ritrovarsi – addirittura la città è grembo - dall’altra è funzione e strumento che permette movimenti. La scrittrice Maria Zambrano ricompone questa dialettica parlando di città come porta, luogo che apre e che accoglie e come porto che spinge al transito. La città, quindi, contiene spazi sedentari e spazi nomadi. Di qui anche l’atto del camminare che si carica di una plusvalenza, nel senso che camminare dà vita ai luoghi. È un atto semplice eppure denso di simboli; è una fatica fisica che produce pensieri, esperienze e ricordi. Camminare permette di esser presenti a se stessi, nel proprio corpo, ma allo stesso tempo è fare esperienza del mondo. Come scrive Rebecca Solmit ne «La storia del camminare», «camminare è una delle costellazioni del cielo stellato della cultura, una costellazione formata da tre stelle: il corpo, la fantasia, il mondo aperto e sebbene ciascuna di esse abbia un’esistenza indipendente, sono le linee tracciate tra di esse – tracciate dal-

l’atto di camminare con scopi culturali – a farne una costellazione». Proseguendo nella sua relazione Rossella Palmieri si è soffermata su Agostino, che nella Città di Dio parla di «società pellegrina» sulla terra, adombrando con insospettata modernità tematiche di oggi. Tra queste c’è una società composita che, quantunque articolata in costumi, leggi e istituzioni diverse, senza rinunciare a queste diversità si adoperi verso un «unico e medesimo fine della pace terrena». Il viaggio prosegue con Calvino (Le città invisibili), che osserva come la città si preoccupi di celare nel sottosuolo «le ali oscure dei suoi miasmi», affinché non alterino la lucentezza dei suoi cristalli e dei suoi metalli. Tanta cura dell’aspetto estetico è quella che Mario Luzi disdegna, preferendo all’immagine paesistica dell’urbs, quella sostanziale della civitas, rivelatrice di una comunità che recuperi l’idea vitale dello stare insieme, per evitare che la violenza e la corruzione la distruggano dalle fondamenta. A questo fine occorre promuovere quello che Giorgio La Pira chiama «radicamento nuovo», che ponga rimedio alla frantumazione di quegli ideali comuni di storia, di cultura su cui era stata edificata la città terrena. È il tema della ricostruzione su cui torna Luzi e che per il credente si esplicita nell’accoglienza, nella solidarietà, perché la città non è una struttura rigida e inanimata, ma un corpo vitale in continua evoluzione. È un percorso laborioso che il cristiano deve affrontare; forse è un’utopia, ma non bisogna scoraggiarsi. Ci viene in mente un pensiero dello scrittore uruguaiano Eduardo Hughes Galeano: «L’utopia è come l’orizzonte: cammino di due passi e si allontana di due passi. Cammino dieci passi e si allontana dieci passi. L’orizzonte è irraggiungibile. E allora a cosa serve l’utopia? A questo: serve per continuare a camminare». Vito Procaccini

rievocato una pagina ancora poco nota di storia locale: la rivolta del 23 aprile 1917 che portò le «popolane» di Lucera a manifestare il loro dissenso alla distribuzione delle tessere annonarie su pane e farina attraverso un moto spontaneo di rivolta che, per fortuna senza vittime, portò all’occupazione del Palazzo di Città e alle dimissioni del sindaco in carica, il Grand’Ufficiale Francesco Paolo Curato. Il moto di protesta dell’aprile 1917

– stroncato dall’arrivo di contingenti di soldati e di carabinieri – fu uno dei tanti episodi di ribellione spontanea avvenuti in Puglia durante la prima guerra mondiale e provocò 100 arresti ed un processo con 51 imputati, in grande prevalenza donne, rinviati a giudizio per danneggiamenti e oltraggio ai pubblici ufficiali, sindaco Curato in primis.

Al Circolo Unione di Lucera

Ruolo e importanza delle donne durante la Grande Guerra I

l 24 maggio si è celebrato il centesimo anniversario dell’ingresso dell’Italia nella Prima Guerra Mondiale. Nell’ambito delle iniziative che in questi mesi fervono in tutta Italia per ricordare l’evento storico che portò alla liberazione di Trento e Trieste dal dominio austriaco a prezzo della morte di 600.000 soldati italiani, si è svolto a Lucera, nel Salone delle Feste del Circolo Unione, un convegno dal titolo La Grande Guerra delle Donne. Il convegno è stato promosso dal Comitato provinciale di Foggia dell’Istituto per la Storia del Risorgimento Italiano e dal Centro Italiano Femminile di Lucera, in collaborazione con l’Associazione culturale e teatrale «Alter Ego» per ricordare come la prima guerra mondiale non venne combattuta solo dagli uomini al fronte, ma anche dalle donne rimaste a casa, ad accudire i bambini e gli anziani. La straordinaria novità indotta dalla Grande Guerra fu, infatti, l’emancipazione femminile: per rimpiazzare milioni di uomini partiti in guerra, molte donne (borghesi e non) dovette-

ro prendere in mano l’economia e la gestione degli stati belligeranti: dalle attività agricole a quelle industriali, dai servizi pubblici alle iniziative di protesta contro il prolungarsi della guerra, fino ad assurgere ad importanti ruoli sociali. Oltre che dagli interventi dei relatori, incentrati sul nuovo ruolo che assunsero le donne nella società occidentale a partire dalla Grande Guerra, la serata è stata caratterizzata anche da proiezioni di immagini e documenti d’epoca, lettura di brani poetici e rievocazioni di canti popolari in vernacolo. Ai saluti del presidente del Circolo Unione, onorevole Vincenzo Bizzarri, sono seguiti gli interventi del dottor Massimiliano Monaco, presidente del Comitato provinciale di Foggia dell’Istituto per la Storia del Risorgimento Italiano (Cento anni fa: la Grande Guerra), della professoressa Lella Schiavone, presidente del locale Centro Italiano Femminile (Il ruolo delle donne nella Grande Guerra) e del professor Francesco Barbaro, il quale ha

Marida Marasca

Benvenuta Emma!

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quattro! È nata Emma a costituire il poker di gioielli che dal 26 giugno allietano i pensieri di nonno Vito Procaccini e nonna Elodia. Giusto in tempo per consentirci di darne l’annuncio su questo numero de «Il Provinciale», Dopo Luisa, Letizia ed Elodia, papà Gerardo e mamma Costanza hanno voluto consegnare alla gioia dei nonni anche la piccola Emma. Al carissimo Vito, colonna portante ed insostituibile delle Edizioni del Rosone, le congratulazioni di Marida, Falina e Laura, nonché di tutti i collaboratori della Casa editrice e de «Il Provinciale».


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Istituto per la Storia del Risorgimento Italiano

Interessante e riuscito convegno sulla Grande Guerra in Capitanata N el nutrito programma di manifestazioni che, a Foggia e in provincia, hanno celebrato il centenario dell’inizio della Grande Guerra, un posto di rilievo ha assunto l’incontro organizzato dal Comitato di Foggia dell’Istituto per la Storia del Risorgimento Italiano. Svoltosi nell’auditorium della Biblioteca provinciale, ha beneficiato del patrocinio della Provincia di Foggia, dell’Associazione Amici del Museo civico di Foggia, dell’Associazione Amici della Fondazione Banca del Monte, delle Edizioni del Rosone, del Gruppo Modellistico e Ricerche Storiche di Foggia, della Federazione di Foggia dell’Istituto del nastro azzurro combattenti e decorati al valor militare, della Guardia d’Onore Tombe Reali Pantheon. «La Grande Guerra in Capitanata» – questo il tema dell’iniziativa – ha inteso rendere evidente il coinvolgimento nel primo conflitto mondiale di un territorio, quale quello della Capitanata, che pur restando marginale rispetto allo scenario delle operazioni belliche, ha tuttavia risentito dell’evento portando un contributo determinante in termini di uomini e di situazioni che hanno condizionato la vita durante i tre anni e mezzo di combattimento. Dopo la presentazione di Massimiliano Monaco, presidente del Comitato provinciale dell’Istituto per la Storia del Risorgimento Italiano, si sono avvicendati i relatori che hanno illu-

strato personaggi e aspetti diversi della Grande Guerra in Capitanata. Lo storico Marcello Ariano, membro dello stesso Istituto, ha illustrato la figura del foggiano Felice Figliolia, volontario di guerra, mazziniano interventista. Sergente del 131° Reggimento Fanteria della Brigata Lazio, morì l’11 novembre 1915 sul Carso, a Monte San Michele (Col di Lana) per le gravi ferite riportate in combattimento. Sull’impegno delle donne durante la Grande Guerra, in particolare della lucerina donna Maria De Peppo, si è occupata la professoressa Felicetta Di Iorio, membro dell’Istituto per la Storia del Risorgimento, che ne ha messo in evidenza lo spirito di solidarietà che l’animava, soprattutto la lotta all’accattonaggio. «Gli artisti e la Grande Guerra» è stato il tema affrontato dal professor Gianfranco Piemontese del Liceo classico «Zingarelli» di Cerignola. Piemontese ha operato una disamina di alcuni tra i più interessanti pittori e scultori che hanno operato sul territorio nel periodo bellico, arricchendo il suo intervento con immagini degli artisti stessi e dei prodotti più significativi delle relative attività. Il giornalista Duilio Paiano ha offerto un quadro della corrispondenza durante la Grande Guerra tra i soldati al fronte e le famiglie rimaste nei paesi d’origine. In particolare, dopo una

panoramica generale sull’intenso flusso di lettere e cartoline di quel periodo, il giornalista si è occupato di una recente pubblicazione delle Edizioni del Rosone – Clemente, Mario e gli altri. Lettere e cartoline raccontano la Grande guerra – in cui viene proposto un carteggio di alcuni giovani di Alberona chiamati a combattere al fronte e in corrispondenza con amici e familiari rimasti nel centro dei Monti Dauni. La serie delle relazioni è stata chiusa da Luigi Iacomino, noto storico e appassionato di ricerche sulla Grande Guerra, e non solo, che ha proposto una serie di immagini relative a personaggi e strutture militari dislocate sul territorio della provincia di Foggia, in qualche modo coinvolti nelle operazioni del I conflitto mondiale. Nel corso dei lavori sono anche intervenuti Onofrio Delli Carri per l’Associazione Guardia d’Onore alle Tombe Reali del Pantheon; la professoressa Rina Di Giorgio per l’Associazione Amici della Fondazione Banca del Monte; Falina Marasca per le Edizioni del Rosone che, in collaborazione con il Liceo Bonghi di Lucera, ha promosso e realizzato il progetto

Andarono con in viso il sorriso del dovere compiuto...

Opera del Maestro Salvatore Lovaglio

Manfredonia: monumento a Re Manfredi

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on dimenticarsi di ricordare» è il titolo che le Edizioni del Rosone hanno dato al percorso di lavoro messo in atto tra la fine del 2014 e l’inizio del 2015 per celebrare i cento anni trascorsi dal primo conflitto mondiale, raccogliendo testimonianze di vecchie e nuove generazioni. Ciò nella consapevolezza che è dovere dell’uomo del nostro tempo ricordare e riportare alla memoria di tutti i quasi nove milioni di morti, i ventuno di feriti, i milioni di decessi provocati da malattie e denutrizione, l’«inutile strage», per dirla con le parole di Benedetto XV pronunciate nel 1917. Questo nella consapevolezza e in accordo con il preambolo dell’atto costitutivo dell’UNESCO (1945) che «poiché le guerre nascono nell’animo degli uomini, è nell’animo degli uomini che devono essere costruite le difese della pace». Tra le testimonianze più toccanti e significative che abbiamo pubblicato in questi mesi, anche quella di Armando Perna, educatore e scrittore, che con la sensibilità che gli è propria ha sintetizzato in pochi ma significativi versi l’intera vicenda bellica, esaltando soprattutto l’aspetto umano dell’avvenimento.

Cent’anni Cento son passati di anni da quel 24 maggio che andammo alla guerra per mare, per cielo e per terra… a passi cadenzati, con scarponi chiodati. Fratelli, in aiuto accorremmo agli altri fratelli… A cento a cento cademmo tra le pietraie del Carso, del Grappa… alla Bainsizza, allo Stelvio, col nome di mamma strozzato in gola e d’Italia la fiamma nel core. Tremammo a Caporetto, ma Vittorio Veneto venne, alto il capo nella gloria, di alloro cinto e col gladio eretto. Padri eravamo, adolescenti, sposi, quel 24 maggio che andammo alla guerra, i giorni nostri non furono più belli! Andarono – e noi ad essi dietro – con in viso il sorriso del dovere compiuto… … e… non tornammo più… indietro! Armando Perna

«Scuola e territorio» all’interno del quale ci si è occupati della Grande Guerra in Capitanata. È intervenuto anche uno studente del Liceo lucerino, Vincenzo Di Giovine che ha offerto le risultanze dell’iniziativa, curata dalla professoressa Francesca De Luca, e le sue personali impressioni. I saluti di Massimiliano Monaco hanno concluso l’incontro cui ha partecipato un pubblico attento e interessato. Il convegno ha segnato anche la chiusura della mostra storico-modellistica «La Grande Guerra in Capitanata» allestita nell’area mostre della Biblioteca provinciale, rimasta aperta al pubblico dall’11 maggio e che ha registrato un incoraggiante numero di visitatori, soprattutto giovani scolari e studenti. E ai giovani si è fatto spesso riferimento nel corso dei lavori, ricordando il sacrificio di milioni di soldati che hanno combattuto per la difesa della Patria. I giovani che dalla conoscenza degli eventi hanno bisogno di pervenire alla consapevolezza dei valori che sono alla base della civile e pacifica convivenza tra i popoli. Marida Marasca

naugurato a Manfredonia, sul piazzale Silvio Ferri, nelle immediate vicinanze del mare e del castello svevo-angioino voluto proprio dal sovrano, il monumento a Re Manfredi, opera del Maestro Salvatore Lovaglio. La prematura morte per mano del guelfo Carlo d’Angiò, a Benevento, impedì al ghibellino Manfredi di Hohenstaufen di portare a termine l’ambizioso progetto che aveva in serbo per Manfredonia, la città che aveva fondato dieci anni prima: la voleva a somiglianza di Palermo e Napoli, per «chiudere» il Regno delle Due Sicilie, di cui fu l’ultimo re svevo, con un terzo vertice sull’Adriatico. Settecentocinquantanove anni dopo la sua fondazione, Manfredonia ha reso meriti al re svevo, figlio dell’imperatore Federico II e della nobile Bianca Lancia. L’opera in bronzo, alta metri 3,50, rappresenta Re Manfredi a cavallo, è stata ideata e realizzata da Salvatore Lovaglio, mentre gli architetti Daniela

Lovaglio e Mariangela Maggiore hanno curato la progettazione definitiva/esecutiva di tutte le opere complementari. La scultura è stata fusa presso la Fonderia artistica Mapelli di Cesate (Milano).


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AttuAlità & Commenti

Riflessioni a margine della recente tornata elettorale

Democrazia, un giocattolo fragile P

uò sembrare pleonastico, oggi, attardarsi a esplicitare il significato di democrazia; sappiamo bene che il termine definisce la grande conquista del potere (kratos) da parte del popolo (demos). Tuttavia non sarà incongruo completare il senso del termine con i postulati che lo caratterizzano, a partire dalla regola della maggioranza, che rende vincolanti per tutti le decisioni prese, appunto, dalla maggioranza dei cittadini. Ma in quali condizioni costoro possono decidere al meglio? Occorre che siano salvaguardati i diritti di libertà, semplificabili in quelli di opinione, associazione, partecipazione, nonché i diritti di uguaglianza dei singoli rispetto ai bisogni essenziali, uguaglianza che si persegue garantendo a tutti omogeneità nelle condizioni economiche e sociali di base. In questo modo si possono operare scelte veramente libere, a tutela degli interessi generali che un potere trasparente, non opaco, è chiamato a realizzare. Sin qui l’elaborazione teorica sulla quale abbiamo riposto ogni nostra speranza, ritenendo che il più fosse stato fatto. Ci siamo così sentiti esonerati da ogni altro impegno concreto e responsabile, confidando che l’albero piantato producesse per forza spontanea i frutti che poi avremmo raccolto. Non è andata così, perché dopo gli slanci ottimistici della prima ora, la situazione si è involuta lentamente, ma inesorabilmente. In maniera subdola si sono innestati nel sistema elementi che lo hanno corroso dall’interno e oggi corriamo il serio rischio di vederlo trasformato in un vuoto simulacro.

Le aree di criticità In primo luogo il potere reale è scivolato dalle mani del popolo in quelle delle oligarchie politiche ed economiche; inoltre la sempre più accentuata complessità dei meccanismi del potere, finisce col renderlo opaco, nonostante la sbandierata libertà e pluralità delle fonti di informazione, che finiscono talvolta col disorientare, piuttosto che far maturare orientamenti responsabili. Accade così che sugli interessi della collettività finiscano col prevalere quelli dei poteri forti, che trovano punti di contatto con le forze politiche e che orientano le proprie scelte plasmandole sulle proprie esigenze e non sugli interessi dei cittadini. Il fenomeno si è accentuato in tempi recenti con l’avvento della globalizzazione, che ha di fatto determinato la prevalenza a livello mondiale delle esigenze del profitto rispetto alle ragioni dei diritti individuali irrinunciabili. Questo ha determinato l’accumulo di ingenti fortune da parte di soggetti e istituzioni che hanno tratto vantaggio dalla confusione generale che la politica non ha saputo (o voluto) arginare, con la conseguenza che le differenze di reddito tra i più ricchi e i meno abbienti non solo si sono ampliate, ma continuano ad aggravarsi. Ricordiamo, a mo’ di esempio, che Marchionne, amministratore delegato della Fiat (ora Fca), guadagna 435

volte la media degli operai Fiat. Vittorio Valletta, suo predecessore di 50 anni fa, si «fermava» a 20 volte. È vero che con l’internazionalizzazione e il gigantismo industriale tutto si è maledettamente complicato, ma come negare che questa divaricazione non susciti qualche perplessità? In secondo luogo, la difficoltà di incidere su queste situazioni sta determinando la disaffezione dei cittadini per la politica, con il conseguente diradarsi della loro partecipazione ai processi decisionali. Si sta verificando quello che il filosofo americano Sheldon Wolin, in un suo testo del 2009, definisce «totalitarismo rovesciato», un totalitarismo rivolto verso l’interno (inverted totalitarism), che si manifesta con la smobilitazione delle masse. È la degenerazione della democrazia che aveva paventato Tocqueville (La democrazia in America), quando immaginava una sorta di surrogato della democrazia, un dispotismo indulgente e benevolo che trattava il cittadino quasi come un minorato, a cui occorreva soltanto assicurare certe condizioni di vita. Il manovratore così non veniva «disturbato» e si preoccupava solo di affrancare i cittadini dal «fastidio di pensare e dalla fatica di vivere». Non diversamente in tempi recenti, il presidente USA, Reagan, preoccupato di ridurre al minimo l’intervento dello Stato, prometteva di «liberare il popolo dal peso del governo». Perché affannarsi ad agire, a pensare, quando c’è qualcun altro che generosamente lo fa per noi? Poco male – potrebbe chiosare qualcuno – se questo iperattivismo fosse finalizzato al bene comune. Ma come reagire di fronte al malaffare svelato a ritmo continuo dalla magistratura? In terzo luogo, come se il quadro non fosse sufficientemente deprimente, ecco spuntare una crisi di una gravità assoluta. Importata da oltreoceano, si è ambientata tanto bene nel nostro sistema sfilacciato e debilitato che «rifiuta» di lasciarci. Tanto per riportare qualche cifra, Eurostat informa che nel 2008, all’inizio della crisi, il 17% della popolazione dei 28 Paesi UE era a rischio povertà o di esclusione sociale. Nel 2012 la percentuale è salita al 24,8% e certamente statistiche più aggiornate saranno peggiorative. I tentativi di combattere la crisi segnano un’altra sconfitta della democrazia, perché i politici si spogliano delle loro funzioni, delegandole in gran parte ai tecnici, che alleggeriti dalle incognite elettorali sono liberi di intervenire con misure impopolari. De Gasperi, riprendendo un pensiero del filosofo americano John Rawls, osservava che «Il politico guarda alle prossime elezioni, uno statista alle prossime generazioni». Dove sono gli statisti? Un valore da non dissipare Il quadro sommariamente delineato evidenzia la fragilità della democrazia. Si è passati in un breve arco di tempo dalla partecipazione effettiva, che veniva percepita come una festa, a una semplice presenza sulla linea degli

eventi promossi dal burattinaio di turno, fino a giungere all’atarassia, alla completa indifferenza dettata dalla sfiducia sulla possibilità di modificare lo status esistente. In questa situazione è fatale che l’astensionismo elettorale diventi il primo partito, col 48% dei potenziali elettori che disertano le urne e che i votanti alimentino partiti e movimenti populisti, fenomeno da studiare con scrupolo. La democrazia è dunque un giocattolo delicato, da manovrare con atten-

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zione e da non sciupare. Nessuno nega le difficoltà per la democrazia contemporanea di far fronte alla grande complessità delle tematiche pubbliche, ma deve essere altrettanto chiaro che più alieniamo l’autorità, più perdiamo la nostra libertà e più lo stesso processo democratico diventa privo di valore. Potremmo accorgerci di questo valore solo quando l’avremmo completamente dissipato. Sarà troppo tardi. La storia insegna che non sarebbe agevole recuperarlo. Vito Procaccini

Il grande artista originario di San Marco in Lamis

Antonio Saracino alla Galleria dell’Accademia di Firenze L a Galleria dell’Accademia di Firenze è uno dei luoghi magici nei quali è possibile ammirare capolavori assoluti dell’arte come il David e I Prigioni di Michelangelo. Ebbene, in un Museo così prestigioso è stato accolto Antonio Pio Saracino, che ci ha dato una nuova interpretazione di Hero, dopo che il suo David nel 2013, sia nella versione in marmo sia nella versione in acciaio, è stato collocato nello spazio del Bryant Park, di New York. Ricordiamo che tale interpretazione del David di Michelangelo era stata commissionata a Saracino come dono del governo italiano e dell’ENI per simboleggiare l’amicizia tra l’Italia e gli Stati Uniti. L’inaugurazione della nuova statua collocata nella Galleria dell’Accademia si è avuta il 4 maggio u.s. e fino al 20 settembre 2015 sarà esposta nel cortile interno del Museo a pochi passi dal capolavoro originale di Michelangelo. Evento, dunque, memorabile non solo per i sammarchesi e i pugliesi ma per l’Italia intera, se un giovane architetto, che vive e lavora a New York e che ha già avuto diversi importanti riconoscimenti in varie parti del mondo, entra in un luogo mitico dell’arte e si vede collocato accanto a un genio come Michelangelo. L’evento è stato possibile grazie all’azione sinergica tra l’Ambasciata d’Italia di Washington e la direzione della Galleria dell’Accademia, sotto gli auspici della Gemgroup che ha sponsorizzato l’intero progetto. Angelo Tartuferi, direttore della Galleria, ha rimarcato l’eccezionalità dell’operazione quando nel depliant preparato per l’occasione ha scritto che «L’incomparabile bellezza delle forme michelangiolesche è tradotta in chiave moderna secondo una maniera intelli-

Omaggio al David: Saracino interpreta Michelangelo

gente e originale, attraverso un’accattivante scomposizione dei volumi in piani paralleli di vario spessore». E quindi ha concluso: «L’opera di Antonio Pio Saracino si qualifica come una delle riletture moderne più intelligenti e qualitativamente più rilevanti sul piano dell’esecuzione di uno dei segni più alti della cultura occidentale ». Chi scrive ha avuto modo poco tempo fa di ammirare nel Museo di Pòimpia in Grecia il capolavoro di Prassitele, l’Ermes, e accostarlo idealmente al David di Michelangelo. Ebbene, Antonio Pio Saracino entra in un circuito di tale rilevanza da produrre inevitabilmente passione e orgoglio perché egli è figlio della nostra terra di Puglia. Il suo percorso è già ricco di grandi successi artistici e musei prestigiosi ospitano sue opere, che scaturiscono, è opportuno ricordarlo, da una felice commistione di elementi culturali di derivazione classica ed aspetti che sono propri e caratteristici dell’arte del design contemporaneo. Raffaele Cera

Il bisogno di ricordare chi non c’è più

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sempre così, ogni anno di questi tempi. Il bisogno di partecipare ai lettori il ricordo degli amici scomparsi ci assale e ci «obbliga» a tirare fuori dall’anima i sentimenti di affetto e di riconoscenza che ci portiamo dentro ogni giorno. Sono amici delle Edizioni del Rosone ma, soprattutto, sono stati amici di chi legge i nostri periodici che, nel tempo, hanno instaurato con loro una familiarità amicale e culturale. Filippo Pirro e Peppino De Matteis ci hanno lasciati, rispettivamente, nel mese di maggio e nel luglio di due anni fa; Enzo Rubino a luglio del 2008; Stefano Capone a maggio del 2007 e, infine, Enzo Lordi a luglio del 2003. Per ognuno di loro ci sono ricordi, pensieri e momenti di vita personale e professionale in comune che costituiscono un legame solido e indissolubile. Per ciascuno il cuore incoraggia a scrivere qualche parola dettata dall’affetto e dalla stima. Ma oggi vogliamo ricordarli a chi ci legge per il contributo che ciascuno di loro ha dato, con instancabile e disinteressata passione, alla promozione culturale di questo territorio. Sono esempi di virtuosa operosità che desideriamo additare ai più giovani e che ci aiutano a continuare lungo la strada che hanno tracciato. (d.p.)


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territorio

Università di Foggia: doppia carriera per gli studenti-atleti

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Università di Foggia ha presentato un’iniziativa che per coraggio può definirsi storica. Primo Ateneo d’Italia a introdurre questa innovazione all’interno della propria disciplina didattica, l’Università di Foggia riconosce ufficialmente la cosiddetta doppia carriera degli studenti–atleti gratificandone gli esiti agonistici più importanti con borse di studio, premi, esonero dal pagamento delle tasse universitarie e ulteriori benefici eventualmente attribuiti in sede di laurea. L’iniziativa è stata presentata presso la sede Coni a Foggia, non un caso poiché Coni e Cusi hanno ufficialmente applaudito all’iniziativa ritenendola di sicuro interesse e di grandi prospettive. Ovvero, dopo l’Università di Foggia è abbastanza lecito attendersi che altri Atenei italiani adotteranno gli stessi provvedimenti. «Chi fa sport – ha spiegato nel corso del suo intervento il delegato alle Attività sportive dell’Università di Foggia, professoressa Donatella Curtotti – dev’essere ritenuto un valore aggiunto. Sono stata un’atleta e studentessa io stessa, conosco sulla mia pelle i sacrifici che si fanno per coltivare quella che è la propria passione e al tempo stesso per non restare indietro con gli esami. Questo regolamento non semplifica la vita degli studenti rendendo il loro percorso più abbordabile e di conseguenza la loro preparazione più lacunosa, questo regolamento stabilisce che se uno studente, in una determinata cornice agonistica nazionale o internazionale, porta in alto il nome della propria Università e del proprio territorio, è giusto che riceva una gratificazione nei tempi e nei modi che abbiamo stabilito insieme a tutte le componenti che hanno collaborato alla stesura di questo provvedimento».

Troia: festa in piazza con il baratto

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omenica 14 giugno, per tutta la giornata, nel centro storico, appuntamento con il ‘Mercato delle Pulci’ e ‘Porta Troiese’ che quest’anno si è ampliato con la manifestazione di scambio di libri “«Nu lib’r a me e nu lib’r a te» È stata una buona occasione per dare una «seconda vita» attraverso il riuso e lo scambio, a oggetti conservati in soffitta o in cantina. La città del Rosone ha ospitato il «Mercatino delle Pulci» e «Porta Troiese», due fiere del baratto dedicate ai bambini e agli adulti, che quest’anno si sono arricchite con un’altra iniziativa: «Amici dei Libri» – Nu Lib’r a Me, Nu Lib’r a Te». Durante la giornata si è proceduto alla lettura di alcuni brani e allo scambio di libri. Il baratto degli oggetti è avvenuto in piazza Pirro, piazza Episcopio, piazza Giovanni XXIII e piazza San Marco d’Ecana. L’iniziativa è stata organizzata dalla Pro Loco di Troia con il patrocino del Comune di Troia. La più antica forma di scambio commerciale si rinnova, soprattutto in tempo di crisi, con un occhio di riguardo alla filosofia del riuso e all’obiettivo della riduzione dei rifiuti e degli sprechi, questa è l’idea alla base della festa del baratto. A partire dalla mattina i bambini hanno potuto scambiare i propri giocattoli e i propri oggetti nel «Mercatino delle Pulci» e contemporaneamente gli adulti scambiare vecchi dischi, oggetti da collezione, piccoli elettrodomestici e tanto altro in piazza Giovanni XXIII (Piazza Cattedrale) nell’iniziativa battezzata dalla Pro Loco ‘Porta Troiese’; in Piazza Pirro, invece, si sono scambiati i libri. C’è stato anche chi ha ceduto i propri libri usati all’associazione per creare una piccola biblioteca dove a partire dal 1 luglio 2015 sarà possibile lasciare un libro e prenderne un’altro. Insomma, è stata l’occasione ideale per venire a scambiare i propri oggetti e fare una bella passeggiata nell’affascinante Città del Rosone.

Orsara di Puglia: 28^ edizione della Festa del vino

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na grande festa, con tutto il meglio della produzione vinicola di Capitanata. Sabato 27 giugno, per la 28esima volta, è tornata la Festa del Vino e Geo, la Galleria Enogastronomica Orsarese. Il percorso del gusto ha messo insieme 8 vini, 5 piazze tematiche, i piatti della tradizione preparati da 9 ristoratori. In Piazza Mazzini, nei locali restaurati e messi a disposizione da Antonio Mescia, Peppe Zullo, il cuoco orsarese che a maggio ha rappresentato la cucina pugliese all’Expo, ha raccontato la sua partecipazione all’Esposizione Universale di Milano. Quindi, è stata presentata la mostra «Biografia di un popolo», iniziativa organizzata dall’Avis di Orsara, con la consegna dei premi del concorso «Cantico delle Cantine» organizzato dall’associazione Orsa Maggiore. Le vie e le piazze del centro storico sono state animate dalla musica. Patrizio De Michele, direttore artistico degli eventi musicali, ha coordinato un nutrito programma di concerti. Gran finale in Largo San Michele con i ritmi dei Cantori di San Giovanni Rotondo. «La Festa del Vino è uno dei nostri fiori all’occhiello – ha dichiarato il sindaco di Orsara di Puglia, Tommaso Lecce. – Anche l’edizione numero 28 ha dato continuità a un evento che tutta la Capitanata sente come proprio e che contribuisce a promuovere la nostra cultura e il nostro patrimonio enogastronomico». La Festa del vino è stata organizzata dal Comune di Orsara di Puglia con la collaborazione di Regione Puglia, Associazione Commercianti e Artigiani Orsaresi), Pro Loco Orsara, Avis Orsara, Orsa Maggiore, Gal Meridaunia, La Spasetta, Colpo in Canna, Promo Daunia e Il Tuccanese.

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Dalla Provincia a cura di mauro Galantino Torremaggiore: Convegno di studi su Fiorentino Si è svolta presso il Castello ducale il III Convegno Nazionale di studi sul tema «Fiorentino ville désertée, dalla ricerca alla valorizzazione, nel contesto della Capitanata medievale», organizzato dal Comune di Torremaggiore a guida del Commissario straordinario Aldo Aldi e dall’Università degli studi di Bari, in collaborazione con l’Ecole Française de Rome e il Centro Attività Don Tommaso Leccisotti. Dopo l’introduzione dei lavori da parte di Maria Stella Calò Mariani e Stephane Gioanni, si sono svolte le relazioni di Elisabeth Shepherd, Raffaella Cassano, Caterina Laganara, Pasquale Corsi e Italo Muntoni. Nel corso del convegno si è svolta la cerimonia di conferimento del Premio «Augustale d’Oro - Sezione riconoscimento alla carriera» alla professoressa Maria Stella Calò Mariani. Rodi Garganico: l’Amministrazione comunale per gli studenti più bisognosi Nell’ambito della programmazione dei servizi per il diritto allo studio, approvata dall’Amministrazione Comunale con il Bilancio 2015, la Regione Puglia ha confermato i criteri e gli indirizzi per l’individuazione degli aventi diritto alla fruizione dei benefici per l’anno scolastico 2015/2016. La fornitura dei libri di testo riguarda soltanto le Scuole Secondarie di 1° e 2° grado. Le famiglie degli alunni che nel corrente a.s. hanno frequentato la 5a classe della scuola primaria possono presentare l’istanza alla Scuola Secondaria di 1° grado che sarà frequentata nell’anno scolastico 2015/2016. Possono accedere ai benefici gli studenti appartenenti a famiglie con I.S.E.E. non superiore ad € 10.632,94. L’istanza va presentata entro il 29 agosto 2015. Orsara di Puglia: progetti del Servizio nazionale civile È iniziata come meglio non poteva l’esperienza delle ragazze orsaresi impegnate nei progetti del Servizio Civile Nazionale. Anna Maria Ciasullo, Lina Zullo, Cristina Mescia e Clara Varraso, lo scorso 2 giugno, sono state ricevute in Parlamento dalle principali cariche dello Stato. A Orsara di Puglia, le ragazze saranno impegnate nel progetto «Open House». Per 12 mesi presteranno assistenza domiciliare agli anziani. Il servizio durerà un anno, con un impegno settimanale per ciascuna giovane di 30 ore. Faeto: incontro tra culture diverse Il primo gemellaggio francoprovenzale–arbëreshe, si è tenuto a Faeto giovedì 4 giugno. L’evento, voluto dai due sindaci di Faeto e Greci, Antonio Melillo e Donatella Martino, è stato uno straordinario momento di incontro–confronto tra bambini e ragazzi depositari di culture minoritarie diverse, ma entrambe radicate sul territorio. I bambini e ragazzi arbëreshe dell’istituto comprensivo «Don Lorenzo Milani» di Greci sono stati festosamente accolti dal dirigente scolastico prof. Pasquale Trivisonne, dagli insegnanti e dagli alunni francoprovenzali della scuola «A. Salandra – Don Maurilio De Rosa» di Faeto, con canti e racconti in lingua. San Severo: concorso di idee per il Bilancio partecipativo Martedì 23 giugno, nella sala consiliare di Palazzo Celestini, l’Amministrazione Comunale ha incontrato in un forum pubblico la cittadinanza per presentare i progetti provenienti dal concorso di idee del Bilancio Partecipativo. «Il Bilancio Partecipativo – spiega l’assessore al Bilancio, Ondina Inglese – avviato per la prima volta in città ci ha consentito di raccogliere le idee provenienti da associazioni, movimenti e cittadini per le diverse aree tematiche». Le proposte hanno riguardato le aree tematiche inerenti: le politiche giovanili, le attività sociali, scolastiche ed educative; l’ambiente, l’ecologia e la qualità urbana, gli spazi e le aree verdi; la cultura, lo sport e il tempo libero, il turismo e la valorizzazione del territorio. Troia: cure termali per anziani, disabili e minori L’Amministrazione Comunale organizza la fruizione delle cure termali presso gli stabilimenti di Margherita di Savoia, mettendo a disposizione un pullman per garantire un ciclo di 12 giorni di cure presso il centro termale. Possono accedere al servizio tutti i Cittadini residenti a Troia, dal prossimo 24 agosto al 5 settembre, consegnando all’ufficio protocollo entro il 20 luglio 2015 il modulo scaricabile nella apposita sezione modulistica del sito del Comune di Troia o ritirabile presso gli uffici dei servizi sociali. I posti saranno assegnati dando priorità alle seguenti categorie di cittadini: anziani ultrasessantacinquenni, disabili e minori accompagnati da un genitore. Successivamente sarà inviata apposita comunicazione di conferma, con le indicazioni relative al viaggio.


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Servizi per il territorio

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Margherita di Savoia: le Terme per il benessere Ci prendiamo cura di voi. In tutti i sensi Margherita di Savoia è adagiata ai piedi del promontorio del Gargano, tra un mare limpido ed incontaminato e le Saline più grandi d’Europa, conosciute già dal III sec. a. C. per le loro proprietà terapeutiche. In questo paesaggio senza eguali sorge un centro termale all’avanguardia, a cui sono collegati un confortevole Grand Hotel, un accogliente centro benessere e un lido perfettamente attrezzato. Se volete vivere una vacanza all’insegna non solo della salute, ma anche del relax e dello svago, le Terme di Margherita di Savoia sono pronte ad accogliervi dal 1946. Le Terme Lo stabilimento termale, che si estende su una superficie coperta di circa 15.000 mq, dispone delle attrezzature medico-sanitarie più moderne per trarre il massimo beneficio dalle preziose materie prime naturali offerte dalle Saline. Ai classici reparti per le cure inalatorie, la fango-balneoterapia, i vari tipi di massaggio, si aggiungono: il Centro di Sordità Rinogena il Centro di Broncopneumologia e Riabilitazione Respiratoria il Centro di Medicina Estetica un’attrezzata Palestra il Reparto Ginecologico l’elegante Centro Benessere SPA Club Un’attenzione speciale è riservata ai bambini, con un reparto dedicato esclusivamente a loro. Il personale tecnico, attentamente selezionato e coordinato dalla Direzione Sanitaria, partecipa costantemente a corsi di aggiornamento professionale ed è in grado di assicurare la più affidabile e completa assistenza. Le acque Le acque termali provengono direttamente dalle saline e sono classificate come acque cloruro sodiche forti (acque salso-bromo-solfo-iodiche). Esenti da flora patogena, tanto da essere definite “batteriologicamente pure”, sono ricche di una microfauna e di una microflora tipiche che le conferiscono il caratteristico colore rossastro. Hanno una notevole azione antisettica e sono particolarmente efficaci contro le infiammazioni dell’apparato genitale femminile. I fanghi I fanghi maturano attraverso il contatto prolungato per decenni con le “acque madri” nelle vasche delle saline e vengono mineralizzati dai sali in esse contenuti. Ricchissimi di proprietà curative, sono particolarmente efficaci nella prevenzione e nella cura di patologie osteo-articolari e nei trattamenti anticellulite. Una caratteristica peculiare delle Terme di Margherita di Savoia è l’utilizzo di fanghi esclusivamente naturali e mai riciclati. Centro benessere Spa Club Un fresco e invitante spazio, all’interno dello stabilimento termale, dedicato a chi desidera sentirsi in forma, valorizzare la propria immagine e ritrovare relax ed equilibrio psicofisico. Il tempo trascorre piacevolmente tra massaggi, trattamenti specifici e bagni al sale termale e agli olii essenziali, eseguiti da personale altamente qualificato, in un ambiente arredato con gusto, tra profumi, colori e musica. Tante le proposte tra cui scegliere: Massaggi Idroterapia Hammam Trattamenti anticellulite al fango termale Trattamenti personalizzati per viso e corpo Scrub al sale Zona Fitness Zona relax Tisaneria Pacchetti benessere Lo SPA Club offre le attrezzature migliori selezionate fra le più innovative: Hydrotherapy Evolution per effettuare un processo termale completo; Doccia Vichy per stimolare, tonificare i tessuti, rilassare e donare alla pelle luminosità, pulizia profonda e idratazione naturale;

Doccia Emozionale Dream Shower per doccia a cascata, doccia tropicale, doccia jets spa (che stimola muscolatura e tessuti), nebulizzatore con aromaterapia e cromoterapia. Grand Hotel Terme Il Grand Hotel Terme, ubicato sullo splendido lungomare, è un albergo funzionale ed accogliente, con un personale cortese e premuroso. Le camere, eleganti e luminose, tutte con balconcino privato, sono dotate di ogni comfort. Le De Luxe, le Executive e le Superior godono, inoltre, di una incantevole vista mare. Grazie ad una free wifi zone gli ospiti possono collegarsi gratuitamente ad internet. Anche la cucina è un punto di forza del Grand Hotel Terme. Nel suggestivo ristorante panoramico “Il Galeone” ogni mattina viene offerto un ricco buffet con proposte dolci e salate, mentre a pranzo e a cena si possono gustare sia i piatti tipici della tradizione pugliese che le più raffinate ricette internazionali. Meeting e Ricevimenti Il Grand Hotel Terme dispone di una sala multifunzionale a platea, che può essere allestita con soluzioni alternative, a seconda delle diverse necessità di lavoro e può ospitare fino a 200 persone. A disposizione degli utilizzatori anche una terrazza panoramica privata per coffee break e tutti i servizi e gli strumenti essenziali per la buona riuscita dei meeting. Il Ristorante panoramico Il Galeone, con la sua bellissima terrazza affacciata sul mare, è il luogo ideale per festeggiare momenti speciali: matrimoni, anniversari, feste di laurea, banchetti, feste private. Il Lido Visto dall’alto il lido si presenta come una lunga distesa di sabbia finissima che incornicia un mare splendido. Gli ospiti possono usufruire di una vasta scelta di servizi: bar tavola calda zona relax zona wi-fi baby club area fitness area benessere L’Aqua Restaurant Direttamente sulla spiaggia del Lido Terme c’è l’Aqua Restaurant, che consente di cenare alla luce delle candele, ascoltando musica lounge e la voce del mare. L’Aqua Restaurant è anche la location ideale per feste private e matrimoni sulla spiaggia. Un’area attrezzata con giochi per bambini permette ai genitori di tenere sotto controllo i piccoli, stando comodamente seduti al tavolo. Di giorno il ristorante diventa un pratico self service con proposte leggere e veloci adatte alle calde giornate estive. I prodotti Dagli studi del Centro di Medicina Estetica delle Terme di Margherita di Savoia sono nate due linea di bellezza esclusiva di comprovata efficacia: Lumina e Terme. La combinazione ottimale di ingredienti di alto valore cosmetico consente di preservare la giovinezza della pelle, mantenendola fresca ed elastica. Tutti i prodotti sono acquistabili anche online sul sito www.termemargherita.it NasoSpray Alla linea cosmetica si affianca NasoSpray, una soluzione di acqua delle Terme pronta per l’uso. NasoSpray è indicato per proteggere dalle aggressioni esterne (fumo, aria secca, smog) le vie aeree di adulti e bambini (dai quattro anni in su) ed è consigliato per l’igiene quotidiana. L’uso corretto permette di prolungare il beneficio delle cure termali e favorisce la prevenzione di numerose patologie. I dintorni Margherita di Savoia è situata in un territorio ricco di storia e di autentici gioielli architettonici. A pochi chilometri è possibile visitare Castel del Monte e il Santuario di San Michele Arcangelo, dichiarati dall’Unesco, insieme ad Alberobello con i suoi caratteristici Trulli, Patrimonio Mondiale dell’Umanità. Un fascino particolare esercita uno dei luoghi di culto più importanti d’Italia, San Giovanni Rotondo, che custodisce le spoglie di Padre Pio da Pietrelcina. L’area delle Saline, riconosciuta zona umida di importanza internazionale, il promontorio del Gargano e le Grotte di Castellana sono ecosistemi di rara bellezza, tutti da scoprire. www.termemargherita.it


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CronAChe dellA CulturA

Premio letterario «Il Sentiero dell’Anima», XI edizione

on fa quasi più notizia la pletorica partecipazione al Premio letterario «Il Sentiero dell’Anima», promosso dall’omonimo Centro culturale, dalla Fondazione Banca del Monte, dalle Edizioni del Rosone e dalla Fondazione Pasquale e Angelo Soccio, e giunto ormai alla sua XI edizione. Con il dettaglio che la partecipazione dei giovani poeti ha superato, numericamente, quella degli adulti. Questa si, è una bella notizia. La poesia continua ad attirare l’attenzione dei più giovani che nei versi impegnano emozioni e sentimenti, riuscendo anche a cavalcare l’onda dell’attualità. Così come è successo in questa edizione del Premio: numerose sono state le poesie dedicate ai temi del centenario della Grande Guerra, della guerra più in generale, della pace. «La poesia porta con sé riflessione – scrive Antonio Pirro – presa di coscienza, consapevolezza. Così, mentre ci sono ancora altre montagne e fiumi e pianure a fare da spettatori muti a una follia insana e maschile per eccellenza, c’è chi scrive in poesia parole che siano armate di uno sguardo femminile sulle cose del mondo. Scrivo questo perché, a pensarci, le guerre sono state sempre una faccenda per maschi. Un modo crudo e crudele legato ad uno dei generi umani, una maniera brutale e stupida per risolvere e peggiorare l’andamento degli eventi da parte di chi, in un modo o nell’altro, ha sempre dominato gli stati, la casa, la natura. Le donne invece restano lontane da questa logica, aspettano il ritorno, le donne chiamano Irene. La poesia ha questo sguardo di donna: deve chiamare Irene, deve aspettare il ritorno, deve compiere una scelta». E Marida Marasca, responsabile delle Edizioni del Rosone, scrive: «Dare voce alla Daunia e alla Puglia: è stato ed è questo il progetto di vita e l’ambizione delle Edizioni del Rosone, che ravvisano nel «Rosone» la ricchezza storica di questa nostra bella terra e la necessità di farla conoscere non per vanagloria ma per impegno di studio e di conoscenza» E poi, a proposito dei giovani, continua: «I nostri giovani devono diventare i protagonisti della comunicazione e il nostro ruolo di promotori culturali sta proprio nel cercare di fornire loro i mezzi più idonei per esprimere se stessi e la loro visione della vita in formazione, per impegnare le proprie energie e curiosità in progetti seri». Il Sentiero dell’Anima è un luogo magico dove la Natura e le Arti si intrecciano e si mischiano e accompagnano i visitatori in un viaggio intimo, ricco di emozioni e di suggestioni. Lungo il cammino, come all’interno di un grande libro aperto, ci si imbatte in frasi, parole e storie tra rami, foglie e fiori. Il Sentiero dell’Anima, progettato e realizzato da Filippo Pirro, custodisce, sospese ai suoi alberi, quasi

cento tavolette che interpretano con la tecnica della pirografia altrettante poesie. Raccontano i loro versi, rime, allitterazioni, immagini, sinestesie e ossimori uniti al canto melodioso delle cince, dei cardellini e delle calandre al frusciare dolce della brezza, al rosso tepore del tramonto e alla bianca purezza del novilunio. Filippo Pirro è scomparso ormai da due anni, ma la sua intuizione, frutto di una straordinaria sensibilità, continua con successo. È la testimonianza più edificante, e gratificante al tempo stesso, del bisogno che gli uomini sentono di affidarsi ai moti dell’anima, alle riflessioni intime per cercare se stessi nel marasma del mondo contemporaneo. Nella presentazione all’antologia del Premio, edizione 2012, l’ultima cui Filippo Pirro ha potuto partecipare, scriveva, tra l’altro: «Da un anno più il profumo non sento delle tue parole, ed è strazio il digiuno del sapore della melagrana della tua bocca. Inaridite e scabre le mie mani senza il contatto della seta della tua pelle. Orfani gli orecchi del ritmo e della musica dei tuoi sospiri e al mio sguardo è negata la visione beatifica dell’arcobaleno stellato sulla curva dei tuoi seni». Per tornare all’edizione di quest’anno, va sottolineato l’affetto diffusamente dimostrato nei confronti del Premio, in termini di continuità di partecipazione. Affetto che ha «costretto» gli organizzatori ad «inventarsi» categorie nuove. Così, per la prima volta, troviamo i Poeti stellati, coloro che partecipano al Premio da più edizioni. Ma anche la Cittadinanza onoraria del Sentiero dell’Anima per coloro che, pur avendo ottenuto nelle varie edizioni tutti i riconoscimenti possibili, continuano ad inviare le loro poesie. È la magia del Sentiero dell’Anima e del suo «inventore», l’indimenticato e indimenticabile Filippo Pirro. Stefania Paiano **Premi, segnalazioni, menzioni** Poesia edita in italiano Poeti stellati – Segnalazione: SANDRO PALUMBO, di terra e di cielo, Foggia Poesia inedita in italiano Primo premio: SANDRO PALUMBO, Nei tuoi occhi, Foggia Poeti stellati – Menzione speciale: Antonio Bicchierri, Il vento di Audchwitz, S. Giorgio Jonico (TA) Menzione speciale: ROSA ABBRO BIZZOZZARO, Al Sacrario di Redipuglia, Caserta Menzione speciale: MICHELA BASILE, Chimera, santa Cristina d’Aspromonte (RC) Poeti stellati – Segnalazione: DAVID MIRANDA, Grigio antracite, Moricone (RM) Segnalazione: SELENE TERESA COCCIA, Tremanti le tue parole, Lucera (FG)

Provinciale

Pio», Torremaggiore (Foggia) – CAROLINA MASULLO, Mamma, I.C. «S. Giovanni Bosco-F. De Carolis», San Marco in Lamis (Foggia) – GIULIA DRAGONETTI, Sorridere, Scuola secondaria di I grado «Padre Pio», Torremaggiore (Foggia) Menzione speciale: MARTINA DOTA, Tragici sogni, Scuola secondaria di I grado «S. Pertini», Ortanova (FG)

C’è una speranza: la poesia sempre più nel segno dei giovani

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Giornale di opinione della provincia di Foggia

**Oltre le graduatorie…** Poesia inedita in italiano - Sez B VALERIA CARAVELLA, Te lo devo, mamma, Foggia – GIULIA MINERVINO RICCERI, L’ora segnata dal destino, Piaggetta del Castello, Arcidosso (GR) – ANTONIO LOMBARDI, Vieste…, svegliati, Vieste (Foggia). Al di là di ogni graduatoria… Poeti stellati – Cittadinanza onoraria: MAURO MONTACCHIESI, Come Araba Fenice DELIA CRISTINA RENGHEA, La retorica di un padre, Foggia Poesia inedita in dialetto Primo premio: TEODORO DE CESARE, Quiste è u munne, Vercelli Poeti stellati – Menzione speciale: CARLA BARLESE, Er binario 23, Roma Poesia in italiano o in dialetto riservata a giovani autori della scuola secondaria di I e II grado Primo premio ex equo: ANIELLO NARDELLA, I fanti, I.C. «S. Giovanni Bosco-F. De Carolis», San Marco in Lamis (Foggia) – SALVATORE PERNA, Pace e guerra, Scuola secondaria di I grado «Padre Pio», Torremaggiore (Foggia) – MATTEO PIO LOTTO, Corro, Scuola secondaria di I grado «Padre Pio», Torremaggiore (Foggia) Segnalazione: MARTINA BOCALE, Caro fanciullo, Scuola secondaria di I grado «Padre Pio», Torremaggiore (Foggia) – ALESSIA PIA CICCHETTI, La guerra, Scuola secondaria di I grado «Padre Pio», Torremaggiore (Foggia) – MICHELE PANNARALE, Sognare, Scuola secondaria di I grado «Padre

Poesia inedita – Giovani autori – Sez. E ELENA TAVAGLIONE Un mondo a colori, I.C. «Manicone-Fiorentino», Scuola primaria, Vico del Gargano (FG) – ANTONIA PIA MASTROMAURO, La mia mamma, Scuola primaria «S. Giovanni Bosco», RignanoGarganico (Foggia) – FRANCESCA PIA CICCHETTI, Guerra, Scuola secondaria di I grado «Padre Pio», Torremaggiore (Foggia) – FRANCESCO DI FIORE, Per papà, S.M. «De Carolis», San Marco in Lamis (Foggia). Il Concorso e oltre… DANIEL FRISOLI, Una guerra sanguinosa, Scuola media di I grado, II F, Orsara di Puglia (Foggia) – YLENIA PIA ACQUAVIVA, Il mio mondo, Scuola media di I grado, II F, Orsara di Puglia (Foggia) – LEONARDO PIO PELOSI, Cento anni fa, Scuola media di I grado, II F, Orsara di Puglia (Foggia) – MARIO UNGARO, Nel sangue la vita, Scuola media di I grado, II F, Orsara di Puglia (Foggia) – GIULIANA GESUALDO, La magia della fantasia, Scuola media di I grado, I F, Orsara di Puglia (Foggia) – SOFIA BOVE, Dolce melodia, Scuola media di I grado, I F, Orsara di Puglia (Foggia) – FEDERICA BELLUSCIO, La mia vita, Scuola media di I grado, III F, Orsara di Puglia (Foggia).

Expo 2015: Milano «città del libro»

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ell’anno di Expo, Milano riceve l’investitura di Città del Libro dalla rete «Le città del Libro», il network nazionale che mette insieme le principali esperienze di promozione della cultura del libro esistenti nel Paese. Da marzo 2015 si sono susseguite in città diverse numerose manifestazioni, accomunate dal desiderio di sostenere la cultura attraverso i libri e di creare occasioni d’incontro fra i cittadini e chi scrive, produce, vende, presta, conserva, traduce e legge i libri. In luglio, presso la sala del Grechetto, la Biblioteca Comunale Centrale, un patto per la lettura riconosce in quest’ultima una risorsa strategica per la crescita della persona e della comunità e favorisce la collaborazione fra istituzioni. Tra settembre-ottobre, presso lo Spazio Formentini, Milano diventerà un a place to read grazie all’incontro di autori, editori e soprattutto lettori. A fine ottobre tornerà LIBRIAMOCI con i tre giorni speciali per «liberare» la lettura nelle scuole e farla entrare in classe in forme insolite per diffondere il piacere tra i giovani. Tra il 22 e il 25 ottobre tutta la città si raccoglierà intorno a Bookcity Milano 2015, un’edizione speciale (la quarta) dedicata al libro e alla lettura. Anche noi delle Edizioni del Rosone ci saremo il 24 ottobre con i nostri libri e i nostri autori. Mauro Galantino


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Anno XXIV - n. 2 Giugno 2015

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La bancarella di Ventura

Adriano Celentano e le sue origini foggiane, un angelo di nome Carmelo, Milano, Troia… Q

uesta speciale Bancarella è il seguito della precedente, alla fine della quale ci eravamo impegnati ad aggiungere qualche altro particolare, che accomuna Celentano e la città di Foggia: soprattutto una chicca (assolutamente da non perdere), una canzone di Celentano in dialetto foggiano, duettata con Mina. Era il 1998, quando il sessantenne Adriano – memore di Foggia, città d’origine dei suoi genitori – scrisse (parole e musica) quella canzone nel loro dialetto: e la inserì in un CD di 10 canzoni, cantate da lui e dalla Mina. Le canzoni erano precedute da un fumetto, in cui Mina e Celentano erano Paperina e Paperino: e Celentano chiamava Mina Pennutella mia; e, a parte, fu girato pure un cartone animato, con una Mina-Paperina (Ocona...), generosamente m’nnùt’ (mennuta [mammelluta]) e dimenante un maestoso tr’bbunal’ (tribunale [tutti i foggiani sanno di cosa stiamo parlando]), nu culakkión’ (un culacchione) di papera goffa e grassa. La sesta canzone (la sola in presunto dialetto foggiano), aveva per titolo Che t’aggia di’. Ma la prima, Acqua e sale, mi fece subito rizzare le orecchie. Però, poi, l’immediata delusione. Prima di tutto, non è in dialetto. Secondariamente, non ha nulla a che vedere k’ l’aqquasal’ (con l’acquasale): che ai miei tempi si usava molto nelle famiglie, specie in quelle povere. Gli ingredienti classici erano pan’ tóst, mbuss ind a l’aqqu’ (pane tosto [duro, secco o comunque raffermo], bagnato nell’acqua), e ccunzat’ k’ ssal’, ógl, agl e rrìgh’n’ (e condito con sale, olio, aglio [crudo, a pezzetti] e origano); ma era facoltativo utilizzare, in aggiunta, pumm’dòr’ o c’poll (pomodori o cipolle [crudi]). Ecco la riproduzione della copertina dell’album e il testo della canzone: LUI: Che t’aggia fa’… / che t’aggia di’… / tu sì bella sì bella sì bella / Ma me decest prima de spusarme/ca tu cucinav bene e invece nu (bip) /hai fatt quann ce simmo spusate / LEI: Teh… ma quann parli te metti pure a / fischià… / LUI: quale fischio… chi ha fischiato…??? / LEI: ho sentito un fischio… / LUI: che t’aggia fa’… / Che t’aggia di’… / che t’aggia fa’… / Che t’aggia di’… / LEI: Madonna mia e che vuoi fa’… / LUI: Tu sì bella tu sì bella, ma te l’aggia fa’… / LEI: che cosa…??? / LUI: te lo devo fare… / LEI: che cosa…??? / LUI: ti devo fare un bel PALIATONE grosso… / un PALIATONE che neanche quando te / l’ha fatto tuo padre te lo puoi ricordare / LEI: Teh… e a chi vuoi fà tu lu paliatone…??? / io prima

de spusarme / ero accussì cundenda / de spusarm co te / pecchè dicevo… penzavo… / chissà quanda bella notte d’amore / che passava con lui / e invece nu (bip) hai fatt… / è inutile ca fischi / LUI: e chi ha fischiato… / LEI: tu non sapive fa l’amore / e io… me so scucciata / che t’aggia di’… / che t’aggia fa’… / che t’aggia di’… / che t’aggia fa’… / tu no zai fa l’amore e io nun saccio / cucenà / LUI: e io te facc nu PALIATONE / ti faccio un PALIATONE accussì / prima o poi tu te imbare… / te imbare a cucinà… / LEI: no io non imbaro per niende / se tu non imbari a fare l’amore / io non m’imbaro a cucinare / manghe se m’accide de mazzate / neanche se mi fai imbiccare / io non imbaro / LEI: Che t’aggia di’… / Che t’aggia fa’… (2 volte) / CORO: Che t’aggia di’… / Che t’aggia fa’… (4 volte) / LEI: nehh… che vuoi fa’… che vuoi fa’… / mi vuoi picchiare? / LUI: no io te voio tuccà / LEI: ma io non saccio cucinà / LUI: e io ti faccio un PALIATONE / CORO: Che t’aggia di’… / Che t’aggia fa’… Dialetto foggiano? Per modo di dire: somiglia ma non è... Il sottoscritto aveva pensato di riproporre il testo nel vero dialetto di Foggia: che però non mastica correttamente. Allora sono ricorso a un espediente, usando l’unico dialetto che dovrei conoscere perfettamente: quello di Troia; perché lì sono nato. E sono certo che lo capiranno benissimo non solo i foggiani, ma pure nella maggior parte della nostra regione, nonché dell’intero meridione: e, se non bastasse, ne facciamo anche la traduzione in italiano. Ovviamente, per la trascrizione fonetica, la grafia sarà quella da me usata ormai da anni (incrociata con il sistema adottato da Belli per i suoi sonetti in romanesco):

Titolo: Ke tt’aggia dì (Che ti devo dire). LUI: Ke tt’aggia fa, Ke tt’aggia dì... (Che ti devo fare, che ti devo dire...). Tu sì bbell, sì bbell, sì bbell (Tu sei bella, sei bella, sei bella): ma m’ d’cist, prim’ d’ spusarm (ma mi dicesti, prima di sposarmi), ke tu sapiv’ fa da mangia bbón’ (che tu sapevi far da mangiare bene): e, mméc’, nu ca...[bip] (E, invece, un ca...) he fatt quann c’ sim’ spusat’ (hai fatto quando ci siamo sposati). LEI: Tè... mo, quann parl, t’ mitt pur’ a ffr’šca... (Tè... adesso, quando parli, ti metti pure a fischiare...). LUI: Qualu frišk... Ki ha ffr’šcat’? (Quale fischio... Chi ha fischiato?). LEI: Agg ndés’ nu frišk... (Ho sentito un fischio...). LUI: Ke tt’aggia fa, ke tt’aggia dì.. Ke tt’aggia fa, ke tt’aggia dì... (Cosa ti devo fare, cosa ti devo dire… Cosa ti devo fare, cosa ti devo dire…) LEI: Madonna mìj’, e kke vvuj’ fa? (Madonna mia, e che vuoi fare?). LUI: Tu sì bbell, tu sì bbell, ma t’ l’aggia fa... (Tu sei bella, tu sei bella, ma te lo devo fare...). LEI: U ke? (Il che?). LUI: T’aggia fa nu bbell paliatón’ gróss (Ti devo fare un bel paliatone grosso [Ti devo riempire di botte]), nu paliatón’ ke, mangh quann t’ l’ha ffatt pàt’t’, tu puj’ arr’curda... (Un paliatone che, neanche quando te l’ha fatto tuo padre, ti puoi ricordare...). LEI: Tè...e a kki vuj’ fa u paliatón’ (Tè... e a chi vuoi fare il paliatone?). Ij’, prim’ d’ spusarm, er’ accussì ccundend d’ spusarm k’ tté (Io, prima di sposarmi, ero così contenta di sposarmi con te), p’kké d’cév’... p’nzav’... kisà quanda bbell nott d’amor’ ke passav’ k’ iss (perché dicevo... pensavo... chissà quante belle notti d’amore che passavo con lui) e, mmèc’, nu cazz he fatt... È nùt’l’ ke frišk... (e, invece, un cazzo hai fatto... È inutile che fischi...) LUI: E kki ha ffr’škat’... (E chi ha fischiato...). LEI: Tu n’ nzapiv’ fa ’a mór’... e ìj’ m’ sò scucciat’ (Tu non sapevi far l’amore... e io mi sono scocciata). Ke tt’aggia dì, ke tt’aggia fa, ke tt’aggia dì, ke tt’aggia fa... Tu n’ nzaj’ fa ’a mór’ e ìj’ nzacc fa da mangia (Che ti devo dire, che ti devo fare, che ti devo dire, che ti devo fare... Tu non sai far l’amore e io non so fare da mangiare). LUI: E ìj’ t’ fazz nu paliatón’, t’ fazz nu paliatón’: accussì, prim’ o dop’, tu t’ mbar’... (E io ti faccio un paliatone, ti faccio un paliatone: così, prima o dopo, tu t’impari...). LEI: Va’ fa ngul’... (Vaffanculo....). LUI: ... t’ mbar’ a ffa da mangia... (...t’impari a far da mangiare...).

LEI: No, ìj’ nn’ mbar’ , nn’ mbar’ p’ nnend... (No, io non imparo, non imparo per niente...). Si ttu nn’ mbar’ a ffa ’a mór’, ìj’ nn’ mbar’ a ffa da mangia (Se tu non impari a far l’amore, io non m’imparo a far da mangiare), mangh si m’accìd’ d’ mazzat’ (neanche se mi uccidi di mazzate), mangh si mm’ faj’ mbènn, ìj’ nn’ mm’ mbar’ (Neanche se mi fai impendere [impiccare] io non imparo). Ke tt’aggia dì, ke tt’aggia fa... Ke tt’aggia dì, ke tt’aggia fa... (Che ti devo dire, che ti devo fare... Che ti devo dire, che ti devo fare...). CORO (Mina e Celentano): Ke tt’aggia dì, ke tt’aggia fa (Che ti devo dire, che ti devo fare?) [4volte]. LEI: Nè, ke vvuj’ fa, ke vvuj’ fa... M’ vuj’ da mazz? (Nè, che vuoi fare, che vuoi fare... Mi vuoi dare mazze ? [Mi vuoi picchiare?]). LUI: No, ìj’ t’ vogl tazz’ca (No, io ti voglio tazzicare [toccare]). LEI: Ma ìj’ nzacc fa da mangia (Ma io no so fare da mangiare). LUI: E ìj’ t’ fazz nu paliatón’ (E io ti faccio un paliatone). CORO (Mina e Celentano) Ke tt’aggia dì... ke tt’aggia fa... (Che ti devo dire... che ti devo fare...) [2 volte]. Qualche nota. Nel dialetto di Troia, anziché sap’ fa da mangia (sa fare da mangiare), alcuni dicono sap’ còc’ (sa cuocere): ma è usato molto raramente. E l’unica differenza con Foggia è nella pronuncia del verbo mangiare: in troiano, mangia e, in foggiano, magna (magnare). Inoltre nel testo della canzone (quello dell’album), è censurato il Vaffa di Mina: chiaramente percepibile durante l’ascolto. E sorvoliamo su due refusi di pochissimo conto: ma (invece di mo) e un inbaro (al posto di imparo). E, prima che mi passi di mente, devo dire che, in troiano, esiste anche mazziatón’ (mazziatone): e, con la medesima costruzione lessicale, cazziatón’ (cazziatone), che significa prendere qualcuno non a botte, ma a parole di fuoco (fargli una solenne lavata di testa; un rabbuffo violento; una ramanzina coi fiocchi; un’intemerata a voce altissima fino alle stelle; una paternale col sangue agli occhi; una reprimenda da non credere; una mercuriale numero uno; una strigliata da staccargli la pelle; una sfuriata da sceneggiata napoletana; una strapazzata parossistica...). Il verbo troiano di sgridare è sgr’gna (sgrignare), con l’espressione l’ha sgr’gnat’ bbón’ (l’ha sgridato bene): però sgrign si usa anche quando qualcuno (specialmente i bambini) fa smorfie dopo aver bevuto (o solo assaggiato) qualcosa di agro, di aspro.


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Anno XXIV - n. 2 Giugno 2015

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Milano, la seconda città pugliese dopo Bari C

ome forse molti sanno, i genitori di Adriano – Leontino Celentano e Giuditta Giuva – erano di origine foggiana. Emigrati al nord all’inizio degli scorsi anni Trenta in cerca di lavoro: prima in un paesino piemontese; poi in Lombardia, a Robecco sul Naviglio, alle porte di Milano; quindi nel capoluogo lombardo, nel quartiere periferico di Greco, in via Gluck n. 14. Sono tempi duri per tutti. E hanno già 4 figli: Alessandro, Maria, Rosa e Adriana. Ce ne vuole di tempo prima che la fortuna giri: Giuditta (la vera forza trainante della famiglia) continua a fare quello che faceva fin da ragazzina, la sarta; ma Leontino trova un’occupazione fissa come rappresentante di biancheria. Qualche anno dopo, nel 1934, quando sembra che le cose si siano messe per il meglio, piomba sui Celentano la tragedia: l’ultima figlia, Adriana, muore di leucemia, a 9 anni. Mamma Giuditta, donna forte e determinata, regge con difficoltà l’enorme dolore. Al punto che, quando – 3 anni dopo – le viene comunicato che sta per avere un altro figlio, nega persino l’evidenza: convinta invece che si tratti di una grave malattia. E continua a prenderla malissimo anche dopo che i medici le confermano la gravidanza, che peraltro procede a gonfie vele, rifiutandosi addirittura di preparare il corredino per il nascituro: anima presaga del pericolo di mettere al mondo chissà quale balzano da quattro, quale satanasso (Elucubrate, psichiatri, elucubrate...). Ma la natura la costringe alla resa: e così, il 6 gennaio 1938, nasce il quinto Celenta-

Nico

no; battezzato Adriano, in ricordo della sorella, morta 4 anni prima. Via Gluck: quando si dice il destino... Chi era Cristoph Willibald von Gluck? Un musicista tedesco: fra i più grandi compositori di melodrammi. Fatidica via Gluck.... E che scuole avrebbe fatto Celentano? Sembra, soltanto le elementari: sarà lui stesso a definirsi orgogliosamente il Re degli ignoranti. Conservatorio? Per carità... Ancora lui vorrà chiamarsi polemicamente l’Analfabeta del pentagramma. Intanto fa l’apprendista da un urulugé (da un orologiaio). Tic tac, tic tac ... Ed è l’orologio del tempo a scandire le tappe di un’affermazione senza precedenti. I suoi biografi (e i gazzettieri dei rotocalchi specializzati nel gossip) hanno scritto pra-

ticamente tutto di lui: dal suo esordio alla sua irresistibile (inarrestabile...) cantautore, ascesa, come cantante, attore cinematografico e pure regista di film. Naturalmente la sua enorme popolarità è come cantante: e la sua bandiera musicale è il genere rock. Che è un’abbreviazione dell’inglese rock and roll (beccheggio e rullio): un ballo affine al boogie-woogie (un ballo scatenato), scandito con contorcimenti e ondeggiamenti del corpo. Nei gesti e nella mimica, Celentano si orientò principalmente su un dondolio a scatti, che però ebbe anche un effetto di flessuosità: per cui si beccò il soprannome di il Molleggiato, anzi il Super Molleggiato. Ma la sua fama diventa addirittura leggendaria con Il ragazzo della via Gluck: una canzone autobiografica, sul

Carmelo

gusto delle ballate popolari, che – come si dice – coinvolse emotivamente anche il sottoscritto; perché in quelle note identificò subito se stesso e la sua famiglia. Il parallelo riguardava anzitutto le sorti comuni delle nostre famiglie (i Celentano e i Ventura): entrambe costrette a emigrare dalla Puglia (loro da Foggia, noi da Troia); loro con 4 figli (poi sarebbe arrivato il quinto, Adriano), noi – molto peggio – addirittura in 9 fratelli (io, primo di 7 maschi e 2 femmine). Tante altre le analogie tra le nostre due famiglie: e ricordarle adesso sarà come parlare di corda in casa degli impiccati. Ho detto che la vera forza trainante dei Celentano fu la signora Giuditta. E subito va aggiunto che fu mia madre (la signora Giovanna) l’anima della nostra fuga da Troia. Prima però andrebbe detto qualcosa sul problema generale degli immigrati pugliesi, che vivono e lavorano nell’area metropolitana milanese. Ma parlare della Puglia significherebbe riproporre l’eterna questione meridionale: che però oggi non abbiamo né tempo né spazio di riesaminare. Possiamo solo ricordare che la Puglia fu protagonista (dagli anni Trenta agli Ottanta del secolo scorso) di un esodo biblico delle sue forze di lavoro, che trovarono occupazione all’estero e nelle grandi aree urbane del nostro paese. Si è tentato di quantificare il numero degli immigrati pugliesi a Milano (la Terra promessa...) e in tutti i comuni della sua provincia. E si è calcolato che furono 250 mila: tanto da far sostenere che Milano è la seconda città pugliese, dopo Bari.

Proseguiamo col parallelo tra le nostre famiglie: le prime abitazioni furono delle cà de ringhera (case di ringhiera), con i servizi comuni giù nel cortile. Poi i lutti familiari: come già detto, Adriana nei Celentano e, in casa nostra, per un tumore, Nico; il più bello di tutti noi. Molti lo paragonavano a Paolo Villaggio da giovane: io invece ci trovavo una rassomiglianza maggiormente con Little Tony. Naturalmente era diventato Nico a Milano: perché, fino a quando eravamo a Troia, era invece N’còl’ o N’culìn’ (Nicolino) e gli si diceva scherzosamente (come a tutti quelli con il suo nome) N’còl’, pòk’ m’ daj’, e ppòk’ t’ammol’ (Nicola, poco mi dai e poco ti ammolo [ti molo, ti affilo]); molare (molto meno comunemente, arrotare) è il verbo degli arrotini, che – in milanese – sono i muleta (nella grafia convenzionale, i moletta), e – in troiano – i malafróbbc’ (i molaforbici). Per inciso, in milanese, la Morte = Caterinin la Seca (Caterinina la Secca) o Caterinin di custaiør (Caterinina delle costolette [delle costole del torace]) o Cumà Ransona (Comare Ranzona [cioè con la grossa ranza, com’è chiamata – in dialetto – la falce fienaia, con la quale è generalmente rappresentata la Morte]). Ma non posso andare avanti senza parlare del nostro Carmelo, lo scricciolo della nidiata: un martiruccio, che aveva appena 2 anni ed era già stato colpito da gravi patologie cerebrali. Il nostro angelo ora è un vecchietto con la faccia sempre da bambino, che – il prossimo 31 luglio – compirà ben 69 anni: in passato ha dovuto essere sottoposto a diversi interventi neurochirurgici, ma ora sta abbastanza bene (compatibilmente con la sua disabilità); e noi – come direbbero a Troia – r’ngraziam’ Ddìj’, facc p’ nderr (ringraziamo Dio, faccia per terra). E io ci posso scherzare su: lui è ancora vivo e vegeto, che – in milanese – si direbbe viv e vegètt (vivo e vecchietto...). E non ci vuol molto a capire che lo scopo recondito (ma principale...) di questa Bancarella è proprio quello di parlare di lui e

di pubblicare qualcuna delle sue foto: come peraltro cerco sempre di fare, qualunque sia l’argomento di cui sto scrivendo, per ripetere continuamente che Un angelo è venuto ad allietare la nostra casa con la sua gioia di bambino; così è scritto in un cartello incollato alla parete della nostra cucina sopra la spalliera della sediona di giunco, sulla quale da anni trascorre (ormai non più autosufficiente) la sua giornata; ma impegnatissimo, senza soluzione di continuità, nelle sue mille occupazioni. Il nostro giovane... Il nostro ragazzo... Il nostro piccolino... L’unico vero scopo della mia vita: il cuore del mio cuore. Su un’altra parete della cucina c’è anche una striscetta (che riproduciamo). Fu la trovata di un Carmelo (giuro che non me ne ricordo il cognome), candidato al consiglio comunale di Milano nelle elezioni amministrative di qualche anno fa. Era riuscito a farsi dare dall’anagrafe l’elenco di tutti i Carmelo provenienti dal meridione (principalmente pugliesi), residenti a Milano: e spedì loro quella richiesta ruffiana a dargli il voto di preferenza. Se mi capisci, mi capisci... Ma io sono – principalmente e per antonomasia – il servitore dell’angelo (il suo schiavetto, legato mani e piedi...), il suo giullare, il suo clown personale e (bando alla falsa modestia...) e il vero jolly della famiglia, ma soprattutto l’addetto a quel recipiente di plastica, fatto in modo da consentire di mingere senza andare in bagno: il pappagallo. Questo recipiente (in passato, di porcellana o di vetro) è sempre in uso negli ospedali per i malati costretti a letto: al sesso femminile è riservata la padella (che serve anche per l’atto grande pure per i maschietti). L’operazione minzione è estremamente importante, non solo per Carmelo: per tutti. Gino Bartali, intervistato alla televisione al termine di una tappa del Giro d’Italia (durante la quale perse dei minuti preziosi per un impellente bisognino, che lo costrinse a fermarsi per... spandere acqua), ridacchiò: «Se mi capisci, mi capisci...».


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La scuoLa e iL territorio

Inserto al n. 2 - Giugno 2015

Non è stato semplice giungere alla conclusione dell’anno scolastico 2014-2015. La riforma proposta dal Governo ha scatenato una serie di reazioni che hanno complicato le operazioni di chiusura, fino al blocco degli scrutini. E, tuttavia, il consuntivo delle scuole di Capitanata, proposto da questo inserto del nostro periodico, indica una vitalità che non teme ostacoli o difficoltà. Numerose le attività extracurriculari e i progetti in cui sono stati lodevolmente e proficuamente impegnati scolari, studenti e docenti. Le pagine che seguono ne sono una testimonianza palpitante ed incoraggiante al tempo stesso.

LA SCUOLA CELEBRA LA GRANDE GUERRA Liceo classico «Bonghi» - Lucera

Fondazione Banca del Monte ed Edizioni del Rosone

Progetto Storia e territorio

Gli studenti riflettono sulla Grande Guerra

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attività, stimolata anche dalle Edizioni del Rosone, interessate da sempre ad avvicinare i giovani allo studio del territorio, ha visto lavorare insieme scuola e biblioteca comunale di Lucera ed è nata all’interno di una esigenza storiografica avvertita dagli studenti come priorità nello studio della storia che ha preso come riferimento il proprio territorio, del quale analizzare e scoprire pagine poco conosciute relative alla Prima Guerra mondiale di cui ricorre il centenario, e ad un personaggio del luogo, Antonio Salandra, che grande parte ha avuto nello svolgimento di quegli eventi drammatici. Gli incontri sono stati finalizzati all’analisi di un ampio carteggio di corrispondenza, privata e pubblica, che Salandra ha tenuto con altri protagonisti di un momento storico così decisivo per le sorti del nostro Paese, custodito in archivio nella biblioteca comunale di Lucera. A seguito di un’analisi attenta degli scritti in questione, si è proceduto alla selezione accurata del materiale e ci si è divisi per gruppi, con l’intento di sviluppare quelle parti che suscitavano maggiore interesse. Così, un gruppo si è soffermato sul personaggio Salandra di cui ha delineato un profilo essenziale e di approccio; un gruppo ha studiato le relazioni intercorse tra Salandra e il ministro Fusinato alla vigilia del primo conflitto mondiale; un altro si è soffermato sui rapporti intercorsi tra Salandra e D’Annunzio, su Mussolini-Salandra; infine, un gruppo ha preso in esame la posizione assunta dal pontefice Benedetto XV, che tanto si pronunciò sulla necessità di evitare lo scontro da lui incisivamente definito «inutile carneficina». Un contributo considerevole è stato dato dalle due esperte che vi hanno preso parte, dottoressa Antonella Capasso e dottoressa Maica De Vito, che hanno saputo guidare gli studenti, con accorte indicazioni bibliografiche e sitografiche per sapersi orientare nel mare magnum delle fonti multimediali, a volte ingannevoli e poco affidabili, oltre che su quelle tradizionali documentali, spesso trascurate e favore delle prime, e informazioni sulle metodologie di approccio e di sviluppo di una ricerca; e notizie di carattere storico-giuridico relative ai rapporti diplomatici che intercorrono tra gli stati, sia nelle lezioni propedeutiche e di introduzione al progetto, sia in corso d’opera. Gli studenti che hanno partecipato al progetto sono della classe III B classico: Rosa Aquilano, Giorgia Bianco, Federica D’Alterio, Vincenzo Di Giovine, Benedetta Di Millo, Michela Granieri, Francesco Giglio, Giulia Volpe, Fabio Ziccardi; e tre della classe IV A classico: Francesca Bellucci, Alessia D’Alessandro, Angelo Tosches. Hanno lavorato con serio impegno e grande entusiasmo, partecipando a tutti gli incontri in modo dinamico e propositivo. Gli studenti, seguiti dalla professoressa Francesca De Luca, sono stati guidati dal dottor Massimiliano Monaco che, con professionalità e passione, ha impreziosito gli incontri presso la Biblioteca San Pasquale dove si è aperto questo scrigno di notizie e informazioni accuratamente conservato e che rimane una fonte inesauribile per qualche addetto ai lavori che volesse approfondire pagine interessanti della storia locale. Determinante è stata la collaborazione della signora Pina Rizzo, responsabile della biblioteca di Lucera, che ha accolto il gruppo di lavoro con grande disponibilità. Mauro Galantino

ome per i passati anni scolastici, nei quali la Fondazione Banca del Monte e le Edizioni del Rosone hanno stimolato le classi terze delle scuole medie della città a lavorare attorno alla Foggia del ’43, nell’anno 2014-2015 hanno inviato ai dirigenti e ai docenti materiale atto a sollecitare la riflessione di studenti, docenti e famiglie sulla «nostra» Prima Guerra Mondiale, quella del nostro territorio e della nostra gente, nella consapevolezza che la conoscenza storica possa aiutare giovani e meno giovani a «non dimenticarsi di ricordare», ad accogliere testimonianze, a trasmettere la memoria, a vivere il presente con gli occhi aperti su quanto accade. La sollecitazione è andata anche nella direzione di studiare il patrimonio storicoculturale del nostro territorio; ridare vita a foto, immagini, canzoni, filastrocche, libri, proclami, avvisi, giornali, diari, cartoline, lettere che mettano in primo piano quegli scrittori umili, soldati e civili, che negli anni della guerra le scrissero; raccogliere ricordi e racconti di persone, scrigni preziosi di memoria individuale e collettiva. La risposta è stata, come sempre, entusiasta e produttiva, così come ha evidenziato l’incontro finale svoltosi alla presenza di circa 600 studenti, con i gonfaloni dei loro istituti, e di esponenti del Centro Permanente Istruzione Adulti (C.P.I.A.). Questi hanno «raccontato» con testimonianze e power point ben congegnati, come hanno lavorato in seguito alla lettura del libro «Clemente, Mario e gli altri – Lettere e cartoline raccontano la Grande Guerra», e alla ricerca effettuata nelle famiglie e, con i docenti, in archivi e biblioteche. Tanto, e valido, il materiale raccolto, vivace la collaborazione di nonni e bisnonni, straordinarie le riflessioni scaturite tra i banchi di scuola che riteniamo possano essere raccolte nelle parole di Todorov: «La vita ha perso contro la morte, ma la memoria vince nella lotta contro il male». Marida Marasca

Scuola media «G. Bovio» - Foggia

Tra realtà e finzione Gli alunni dei corsi «O» e «P» della Scuola Media «G. Bovio» hanno rappresentato, sotto la guida della professoressa di Musica Fatima Fatone, un evento teatrale presso la Sala Consiliare del Comune in occasione del 27 gennaio «Giorno della Memoria» della Shoah ebraica, sotto gli occhi attenti dei genitori e delle Autorità presenti, il sindaco Landella e il presidente del Consiglio Comunale, dott. Luigi Miranda. Il lavoro inedito ha visto protagonisti ragazzi tredicenni che si sono immedesimati in una scolaresca liceale romana all’inizio di una normale giornata scolastica, all’indomani dell’emanazione delle leggi razziali in Italia nel 1939. Ventiquattro alunni ariani e un’amica ebrea, Miriam, che diventa improvvisamente «scomoda», tra loro. Subito dopo il suono della campanella, tutti, in classe, prendono posto come ogni giorno, attendendo che il professore proceda con l’appello. Ma quel giorno non è uguale a tanti altri; c’è qualcosa nell’aria che rende tutto più teso. I giornali parlano di leggi razziali e fanno riferimenti a strani concetti di superiorità e purezza della razza che non deve essere resa impura. Gli ebrei dovranno distinguersi dagli italiani, indossando una stella gialla; non potranno più frequentare le stesse scuole, né gli uffici pubblici destinati al popolo italiano e sono proibiti matrimoni misti. I ragazzi, appartenenti a famiglie del ceto borghese, hanno letto quelle notizie e sentono che da quel giorno niente sarà più come prima. Ciò che dall’alto è stato deciso irromperà nelle loro vite e travolgerà anche la purezza della loro amicizia nei confronti di Miriam. Improvvisamente irrompono in classe due miliziani che attendono la conclusione dell’appello per portar via Miriam, sotto gli occhi increduli delle sue care amiche Patrizia ed Emilia e del fidanzato Gianni. L’intera rappresentazione è stata accompagnata da melodie coinvolgenti, che sono riuscite a suscitare sentimenti di tristezza e al contempo di sdegno e tenerezza. La rappresentazione si è chiusa con l’interpretazione di poesie e documenti storici. Il livello di immedesimazione è stato molto elevato e in modo particolare quello della protagonista, Miriam, interpretato brillantemente dall’alunna Martina Carella della classe III O. Un plauso particolare alla docente per l’impegno profuso e la passione con cui in ogni occasione coinvolge i propri alunni in percorsi che possano lasciar emergere la loro emotività, che non trova sempre molto spazio nelle affannose giornate scolastiche. Gesualdo, Gaia Martino, Letizia Martino, Merla, Napolitano


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Incontro con Mohamed Ba

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dicembre 2014. Incontro presso l’Auditorium S. Chiara di Foggia con Mohamed Ba, scrittore, musicista, attore senegalese. Incanta il pubblico con le sue osservazioni sulla società moderna occidentale: «Dove ci sono minoranze, lì ci sono io», sostiene. «Colui che fa prevalere la forza della violenza, ha messo da parte la forza della ragione». Il riferimento è all’aggressione subita il 31 maggio del 2009 a Milano, probabilmente per motivi razziali. La sua visione del mondo ruota intorno al concetto di rispetto dell’altro e di immedesimazione nell’altro, «essere è dentro l’altro». Oggi si fa un gran parlare di integrazione, che spesso vuol dire annullamento della propria identità e della propria cultura. Bisognerebbe spingere all’interazione più che all’integrazione, perché ogni individuo, da qualsiasi luogo provenga, deve rimanere se stesso. È la memoria il limite più grave. Gli italiani e gli europei tutti hanno dimenticato la loro condizione di immigrati dei secoli passati. Anche la cittadinanza non deve essere una concessione, perché è il lavoro di ognuno che rende lustro a quel Paese del quale non si chiede la concessione della cittadinanza. Nell’occasione lo scrittore ha presentato il suo ultimo lavoro «Il tempo dalla mia parte» un racconto in stile autobiografico. A chi gli chiede cosa pensa del nostro Paese, Ba risponde che bisogna leggere tra le righe e recuperare l’Italia dei cantori, dei grandi letterati, degli inventori, della grande cultura, partendo dalla conoscenza della nostra lingua, spesso dissacrata dalla superficialità e dalla banalità del parlare quotidiano. La sua dura esperienza di immigrato lo ha reso più forte; oggi, ovunque si sente a casa e in modo particolare qui a Foggia, dove ogni volta ritrova tanto calore e tanti amici, che gli ricordano la sua Africa. «Non sono i palazzi a fare bella una città, ma le menti degli uomini che la abitano», sottolinea ai giovani foggiani presenti. La cultura africana di cui sono intrise le sue parole e il suo modo di porgersi gli hanno insegnato il valore di ogni persona e il ruolo che ciascuno ha nella società. «In Africa un anziano che muore è come una biblioteca che brucia. In Africa è più facile pensare “noi” che “io” dice con parole severe. «Nella nostra lingua non esiste la parola straniero, ma ospite. Purtroppo la filosofia del cannone ha insegnato anche al popolo africano a ragionare e oggi anche in Africa chi non ha, non è. Oggi i giovani africani sognano l’Europa; mangiano l’Europa; vestono l’Europa; studiano l’Europa. Ma l’Europa spesso è un dolce inganno». Le culture devono interagire tra loro e permettere ad ogni uomo di «morire sognando». Lo scrittore, prima di concludere, ha emozionato il pubblico recitando alcuni stralci del testo del filosofo Kafka «Una relazione per un’Accademia». Francesco Meliota, Michele Scaltrito - III O

La luce benefica

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dicembre 2014. Alcuni ragazzi delle classi III L e III O hanno accolto presso la Stazione ferroviaria di Foggia «La luce della Pace da Betlemme» insieme ai Gruppi Scout della città. Le staffette ferroviarie Scout della Luce della Pace sono impegnate ormai da molti anni a donare la Fiammella della Luce proveniente da Betlemme ad un numero sempre maggiore di persone. Il tema conduttore Internazionale per il 2015 è: «Condividere la felicità, vi porterà la pace». Nella Chiesa della Natività di Betlemme vi è una lampada che arde perennemente da molti secoli alimentata dall’olio donato a turno da tutte le Nazioni cristiane della Terra. Nel 1986 la televisione austriaca propone per la prima volta al pubblico la trasmissione natalizia di beneficenza «Luce nel buio». Qualche settimana prima di Natale un bambino austriaco viene portato ad accendere un lume dalla lampada posta nella Grotta di Betlemme e, una volta riportata in Austria, viene distribuita su tutto il territorio. Qualche anno dopo gli Scout austriaci collaborano alla distribuzione della Luce della Pace, mettendo in pratica il principio dello scoutismo, «L’Amore per il prossimo», espresso attraverso la buona azione quotidiana. Alla cerimonia ecumenica che viene organizzata partecipano delegazioni Scout di tutta Europa. Da quel momento la Luce di Betlemme si irradia nelle singole Nazioni. La Luce della Pace giunse per la prima volta in Italia nel 1992 in Alto Adige e poi a Trieste. Da allora non si è più fermata e ha toccato varie città della penisola, attraverso l’uso del treno.

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La Luce della Pace è simbolo di Fratellanza, di Amicizia, di Carità e di Speranza! A Natale chiunque può accendere un lume e offrire ad altri la Luce. Ciascuno accende un proprio lume, così che la Luce della Pace si «irradi» in ogni luogo. Dopo la partenza del treno verso un’altra destinazione, i vari gruppi hanno portato le lampade accese presso la Chiesa francescana «Gesù e Maria» nel centro cittadino. Qui i ragazzi si sono preparati all’adorazione e all’ascolto del messaggio natalizio, aggiungendo ad esso il dono del loro sorriso. Carella, Francesco Meliota, Nunziante, Pupo, Sarcina, Scaltrito

Tra memoria e futuro

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maggio serata conclusiva del Progetto “Un metro di Pace”, fortemente sostenuto dalla professoressa Leccese e realizzato dagli alunni delle classi III G, III L, III N, III O della Scuola Secondaria di I Grado «G. Bovio» di Foggia, seguiti, rispettivamente, dalle professoresse Sivo, Tancredi, Rinaldi e Scaltrito. La Tavola rotonda, dal titolo «Conversazione tra memoria e futuro», tenuta presso la Sala Rosa del Palazzetto dell’Arte e aperta alla cittadinanza, ha rappresentato per i ragazzi, le famiglie e la comunità scolastica un momento di condivisione di quanto realizzato, con le Autorità cittadine e con i rappresentanti delle varie Associazioni che hanno contribuito allo sviluppo dell’intero percorso. All’evento ha preso parte il professor Marco Grandi, Ordinario della Cattedra di Storia dell’Università degli Studi di Genova, il quale è intervenuto sul tema «L’Italia tra neutralismo e interventismo. La figura di Antonio Salandra». Tra gli intervenuti anche il Colonnello Luigi Alemanno, Comandante del 21° Reggimento «Trieste» presso la Caserma Sernia-Pedone di Foggia, Carmine De Leo, presidente dell’Associazione «Amici del Museo Civico di Foggia», la professoressa Maria Saveria Mazzamurro, presidente Sezione Provinciale Associazione Nazionale Mutilati e Invalidi di Guerra. Alcuni allievi hanno curato la mostra dei lavori, realizzati sotto la guida delle docenti di Arte professoressa Cincotti e professoressa Ingelido e della professoressa Troiani, docente di Tecnologia, allestendo lo spazio antistante la Sala Rosa, al primo piano, con tele, fumetti e cartelloni ispirati al tema storico della Grande Guerra e al motivo ispiratore del progetto, il bisogno di pace. Gli stessi allievi hanno accolto il pubblico e hanno fatto da «ciceroni». Un altro piccolo gruppo di alunni, preparato dalla professoressa Fatone, su dialoghi ricercati su documenti storici, ha drammatizzato l’incontro dei capi di Stato a Versailles e la firma del Trattato che pose fine alla Prima Guerra Mondiale. Il momento ha rappresentato quasi un tuffo nel passato ed è servito a creare quella giusta suspense per entrare nello spirito della serata. I ragazzi, infatti, hanno sottolineato con i loro gesti e le loro parole l’aspetto fondamentale di quell’incontro: la debolezza di quell’accordo di pace, perché basato sulla punizione di uno Stato, che ha alimentato così la sete della vendetta. Dopo i saluti formali delle Autorità presenti, la professoressa Rinaldi ha illustrato le fasi dell’intero percorso progettuale che ha sviluppato la tematica «Dalla Grande Guerra alla Grande Pace». L’idea è nata in seguito alla partecipazione alla Marcia della Pace di Assisi lo scorso mese di ottobre e dall’invito rivoltoci dal Coordinamento Nazionale degli Enti Locali per la Pace e i Diritti Umani di Perugia, poiché la Scuola, già da qualche anno è inserita nella Rete delle Scuole di Pace. La finalità è stata quella di fare della scuola un laboratorio permanente di pace, ripensando e rinnovando l’impegno civile a tutelare il valore della pace e della convivenza democratica, a cento anni dallo scoppio della Prima guerra mondiale. Solo la Scuola può educare alla pace, ai valori civili e al rispetto dei diritti umani. Nucleo del progetto è stato lo studio della Grande Guerra nella prospettiva di educare ad un sentimento di pace duratura, finalizzato all’acquisizione della consapevolezza che la vita è un valore assoluto e il rispetto del diritto alla vita richiede il diritto alla libertà, alla pace, alla giustizia, alla democrazia e alla partecipazione di tutti. In questa prospettiva l’esperienza progettuale si è aperta alle istanze che provengono dal territorio locale in cui insistono serie difficoltà di legalità e di dialogo, di senso della giustizia e di solidarietà, perché la pace non è solo assenza di guerre, ma il frutto maturo della giustizia e del pieno rispetto dei diritti umani, a cui devono concorrere costantemente tutti. I vari momenti sono stati presentati attraverso un filmato realizzato dai ragazzi che meticolosamente hanno ricomposto tutta la propria esperienza con foto e brani musicali. L’incontro si è fregiato della presenza del professor Grandi che è intervenuto sia nella veste di docente di Storia sia in quanto nipote diretto del Ministro della Guerra Domenico Grandi durante la prima fase del Governo Salandra. Il docente ha esposto le ragioni storiche dell’intervento in guerra dell’Italia e in particolare sul forte senso di patriottismo su cui fece leva il Governo italiano per convincere l’opinione pubblica della necessità della partecipazione al conflitto. I ragazzi, senza il benché minimo timore, hanno interagito con il docente e hanno colto altrettanta attenzione e cura nelle sue spiegazioni chiare e puntuali. A conclusione dell’incontro, i ragazzi hanno recitato stralci di lettere di soldati dal fronte e poesie autografe, accompagnati al piano dalla professoressa Carelli. Il percorso è stato intenso, vivace, in alcuni momenti difficile e ricco non solo di contenuti tematici, ma anche di tanti spunti di riflessione nati proprio dalla sensibilità e dalla spontaneità dei ragazzi. I vari lavori, i molteplici momenti di incontro e le tanti occasioni di condivisione, dentro e fuori l’ambito scolastico, sono stati fonte di espres-


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sione di quella forza emotiva e di quei valori con cui i ragazzi sanno essere protagonisti. Il progetto è stato il risultato di una costante collaborazione in particolare tra le discipline umanistiche ed espressivo-figurative, che si è manifestato nelle più diverse modalità di studio e di esposizione dei diversi contenuti. Il filo conduttore del percorso sono state proprio le parole del Papa: «A noi la Pace importa» perciò sarò «Io il custode di mio fratello» perché il mondo torni a profumare di pace.

Dalla Grande Guerra alla Grande Pace

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a Scuola media «Giovanni Bovio», che fa parte da qualche anno della Rete delle Scuole di Pace, nel corrente anno scolastico ha aderito all’iniziativa progettuale «Dalla Grande Guerra alla Grande Pace» sostenuta fortemente dal Coordinamento Nazionale degli Enti locali per la Pace e i Diritti Umani, in occasione della ricorrenza del centenario della Prima Guerra Mondiale. In particolare noi ragazzi delle classi III G, III L, III N e III O stiamo affrontando, in maniera approfondita e laboratoriale, un argomento molto importante per tutti, la pace, sviluppando un progetto dal titolo «Un metro di pace». Il progetto intende aiutarci a comprendere che «La guerra è una follia». A cento anni dalla Prima Guerra mondiale la Scuola vuole realizzare un laboratorio della cultura della pace e del dialogo, aperto al territorio; abbiamo scelto di leggere la storia al contrario, partendo da coloro che subirono la guerra e da essa furono traditi. Vogliamo ricordare i singoli avvenimenti non per celebrarne la grandezza militare come fossero frutto di complesse strategie, ma come occasioni mancate di dialogo e di convivenza democratica. La finalità principale è quella di educare gli adolescenti in modo permanente alla cittadinanza democratica, alla pace, ai diritti umani, alla legalità e alla giustizia. Sono stati costituiti forme di partenariato con l’Ente comunale e in particolare con l’Assessorato alla cultura e all’Istruzione e con l’Associazione Amici del Museo Civico di Foggia. Sono inoltre coinvolte: la Biblioteca Provinciale, l’Università, l’UNESCO, in quanto la «Bovio» è Scuola Associata alla Rete nazionale Unescana, la casa Editrice «Edizioni del Rosone», l’Associazione Libera, il Centro interculturale Baobab, l’AGESCI, l’Associazione Nazionale Mutilati e Invalidi di Guerra con cui collaboriamo con il progetto «Pietre della memoria», e il Coordinamento Nazionale Enti Locali per la Pace e i Diritti umani. Il progetto ha preso avvio dalla lettura dell’omelia di Papa Francesco pronunciata al Sacrario di Redipuglia lo scorso mese di settembre. «A me la pace importa», ha gridato il Papa, interpretando, «al contrario», il motto beffardo della guerra che aleggia sul cimitero «A me che importa?». Il Papa si è espresso su questo argomento dichiarando che dietro le stragi ci sono interessi, piani geopolitici, avidità di denaro e di potere e le industrie delle armi e ha terminato così il suo discorso: «L’umanità ha bisogno di piangere e questa è l’ora del pianto. Sono io, il custode di mio fratello», dice il Santo Padre e per noi diventerà l’obiettivo fondamentale di ogni nostra azione quotidiana. Dal punto di vista storico stiamo ripercorrendo i passi della Grande guerra e, soprattutto, i racconti, le emozioni e i sentimenti dei soldati dei diversi fronti e delle vittime. Stiamo, perciò, procedendo per fasi, arricchendo le nostre conoscenze anche attraverso incontri. Lo scorso 2 dicembre abbiamo ascoltato il Presidente Nazionale dell’Associazione Nazionale Mutilati e Invalidi di guerra Comm. Bernardo Traversaro, il quale ci ha trasmesso le sensazioni di paura e orrore che provò durante il secondo conflitto mondiale. Il Commendatore ha sottolineato che le tragiche esperienze della guerra che i reduci conservano nella memoria, devono essere trasmesse ai più giovani «perché le custodiscano e da esse imparino i veri valori della Vita, che non dovranno mai comprendere la violenza, la sopraffazione e l’egoismo». Anche l’incontro con l’insegnante Maria Teresa Masullo e lo scrittore Duilio Paiano presso la Sala Rosa del Palazzetto dell’Arte di Foggia, in occasione della presentazione del suo libro «Quando a scuola andavo in bicicletta» di cui la maestra è protagonista, ha inteso testimoniare un periodo storico difficile, quello del secondo conflitto mondiale, che tracciò il destino di molti sfollati e aprì loro nuovi percorsi di vita, alcuni anche tragici, strappandoli alle loro radici. Nata a S. Marco in Lamis, ma di origine veneta per parte materna, la Masullo ha sottolineato la durezza della guerra e il dovere di trasmettere ai giovani sentimenti di pace. Ci siamo emozionati durante la visione del film «Joyeux Noel», vera e propria tes-

timonianza di una verità dimenticata dalla storia e dai testi ufficiali. La tregua di Natale della notte tra il 24 e il 25 dicembre del 1917 quando i soldati, francesi, tedeschi e inglesi, impegnati sul fronte occidentale lungo il fiume Marna intonarono melodie natalizie, tutti insieme nella «terra di nessuno», e tutti per un giorno intero tornarono “«uomini», assaporando la pace, gioendo del sentimento della fratellanza e dimenticando la follia della guerra. E prima delle vacanze natalizie le nostre insegnanti ci hanno dato appuntamento in un luogo inusitato, il cimitero della nostra città, per visitare la Cappella-Ossario dedicata ai caduti concittadini della Grande Guerra. Abbiamo partecipato a varie manifestazioni con l’intenzione di riuscire a dimostrare il bisogno di un mondo senza guerra, prima fra tutte la Marcia PerugiaAssisi di ottobre realizzata sulla scia dell’esempio di San Francesco, la fiaccolata in favore della legalità, organizzata dal Comune di Foggia il 30 gennaio scorso e in ulti-

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mo la Marcia della Pace per le vie della città organizzata dall’ACR della nostra Diocesi. In ogni occasione, abbiamo esposto le nostre idee attraverso alcuni striscioni, per manifestare il nostro interesse nel vivere in una città «di Pace» e più sicura e per testimoniare che la lotta all’illegalità non è una questione affidata esclusivamente alle forze dell’ordine o alla magistratura, ma è un compito quotidiano di ogni cittadino. Un esempio significativo, per noi, di lotta per la libertà e per la pace è la giovane studentessa e attivista pakistana Malala Yousafzai, premio Nobel per la Pace 2014. La sua è una lotta contro la sopraffazione e in favore del diritto all’istruzione per tutti i bambini e i giovani del suo Paese e delle aree più povere del Pianeta. Anche l’incontro con il giovane scrittore italiano Giuseppe Catozzella ci ha indotto a riflettere sui temi dei diritti umani e della necessità di difendere la libertà ad ogni costo. Il suo ultimo romanzo «Non dirmi che hai paura» racconta, infatti, la storia della giovane Samia Yusuf Omar, atleta somala morta nella traversata del Mar Mediterraneo insieme a molti altri migranti, per realizzare il sogno di una vita: partecipare e vincere le Olimpiadi di Londra nel 2012. Il sogno della libertà e dell’uguaglianza; del rispetto delle donne e del diritto all’istruzione; di essere se stessi e di esprimere le proprie idee senza averne paura. Il progetto si è concluso con la nostra partecipazione, dal 16 al 19 aprile, al Meeting nazionale delle Scuole di pace con visita alle trincee della Grande Guerra a Udine, con la condivisione dei lavori con una scuola gemellata di Trieste. A fine anno scolastico è stata realizzata una tavola rotonda conclusiva del progetto a cui sono state invitati i rappresentanti delle Istituzioni e delle associazioni coinvolte. Al termine, simbolicamente abbiamo passato il testimone ad altre classi che assumeranno l’impegno di continuare il laboratorio «di Pace». Cancellaro, La Salandra, Pellicano, Scarinci - III O

Frammenti di emozioni… ricordi di una vita

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artedì 2 dicembre 2014, Sala Rosa del Palazzetto dell’Arte di Foggia. La cittadinanza e alcuni ragazzi della classe III O incontrano l’insegnante Maria Teresa Masullo in occasione della presentazione del libro «Quando a scuola andavo in bicicletta» scritto da Duilio Paiano per le Edizioni del Rosone, di cui la maestra è protagonista. Il racconto ruota intorno alla storia della famiglia Masullo e alle sue origini. La madre dell’anziana signora scappò dal Veneto a causa dello scoppio della prima guerra mondiale e si rifugiò a San Marco in Lamis, dove conobbe un giovane militare del luogo, reduce dalla guerra, che successivamente sposò. Dal matrimonio nacquero due figli, Maria Teresa e Gigino; fin da piccola Maria Teresa fu soprannominata «la figlia della Grande Guerra», crebbe nella cittadina e divenne, ancora giovanissima, maestra di scuola elementare. Fin da subito, la sua sembrò una vera e propria vocazione e il suo impegno amorevole e, al contempo, irreprensibile segnò per molti anni intere generazioni di fanciulli. Fu sposa e madre e interpretò per la sua famiglia i più alti valori cristiani. Il libro a lei dedicato non solo è la raccolta di momenti indelebili raccontati dalla viva voce della protagonista, ma vuole essere anche la testimonianza di un periodo storico difficile che tracciò il destino di molti e aprì loro nuovi percorsi di vita. Per molti sfollati gli scenari cambiarono e la guerra li condusse verso luoghi di cui si ignorava l’esistenza e i cui nomi potevano indicare solo lontananza e separazione dai propri affetti. Era la tragicità della guerra; era il peso di quell’angoscia che uomini, donne, bambini, vecchi dovevano portare sulle proprie spalle, inconsapevolmente; era la realtà quotidiana di molti e di tutti quelli che non avrebbero mai scelto la guerra come soluzione dei rapporti internazionali. Alla conferenza hanno preso parte soci di alcune associazioni: F.I.D.A.P.A., Archeoclub, Amici del Museo civico di Foggia, di cui la Masullo è presidente onorario. Il giornalista e scrittore Vito Procaccini ha parlato per lungo tempo del contenuto del libro, soffermandosi su alcune pagine in modo più approfondito. In particolare, ha sottolineato alcuni aspetti della vita della protagonista vissuta durante la guerra, che spesso diventano una carrellata sulle abitudini e gli stili di vita, la società e le tradizioni di quel preciso periodo, posto a cavallo tra i due conflitti, diffusi nella nostra Capitanata. Il professor Paiano, autore del libro, ha analizzato il significato del titolo, che simboleggia un mondo semplice, contadino, fatto di sacrifici, di grandi dolori, ma anche di gioie vere e solide. Il racconto narra vicende personali in un contesto storico più ampio e segna il passaggio da un’epoca di guerre ad una di pace. Ma per capire il presente bisogna conoscere il passato per diventare uomini e donne sempre più consapevoli del proprio destino. A conclusione dell’incontro, i relatori hanno lamentato la scarsa presenza di giovani tra il pubblico, fatta eccezione di noi quattro che, a quel punto, pieni di orgoglio siamo saliti sul palco e abbiamo donato una fascio di rose alla dolcissima signora Masullo, abbiamo scattato delle foto per ricordare questa esperienza e abbiamo chiesto un autografo con dedica, ricevendo gli applausi del pubblico presente per essere stati gli unici quattro ragazzi ad aver partecipato ad una conferenza piuttosto impegnativa. A quel punto il professor Paiano ha colto l’occasione per concludere il suo intervento con una frase del compianto Stefano Capone: «La scuola è il luogo dove i bruchi diventano farfalle». Anzalone, Capuano, Napolitano, Pupo


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La scuoLa e iL territorio

I.C. «Foscolo-Gabelli» - Foggia

Dai banchi alla trincea

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iamo ormai arrivati al terzo anno di questo ciclo di studi e sono tre anni che studiamo la storia generale, tramite il nostro manuale di storia, affiancandola e intrecciandola con la storia locale. Infatti, la nostra professoressa Carlantuono, sin dalla prima media ci ha sempre spinti a cercare quali relazioni possono esistere tra storia generale e locale; abbiamo prodotto, tramite ricerche su varie fonti, una monografia sulla Storia di Foggia. Quest’anno, stiamo studiando la prima guerra mondiale che, iniziata il 28 luglio 1914, ha causato tantissimi morti e feriti. Ovviamente non ci sono testimonianze dirette, ma al loro posto ci sono lettere e poesie lasciate dai soldati in guerra. Abbiamo, infatti letto in classe «Clemente Mario e gli altri» a cura delle Edizioni del Rosone, un libro che raccoglie lettere, cartoline e foto che le famiglie De Matthaeis-Fuiano Masullo hanno voluto consegnare a noi studenti per raccontare la Grande Guerra. A cento anni di distanza, noi abbiamo letto questi scritti «preziosi» di un gruppo di giovani compaesani di Alberona che in modo semplice raccontano un anno della grande guerra. Ci siamo commossi per l’attaccamento alla vita, il legame con i propri cari lontani... La corrispondenza termina il 21 ottobre 1916 perchè Clemente viene ferito e muore il 3 novembre 1916. Abbiamo molto riflettuto sulle conseguenze che può portare una guerra e particolarmente sulla capacità che essa ha di mutare la personalità e il carattere degli uomini, proprio come è successo allo scrittore Giosuè Borsi che da personalità mite, prima di partecipare come soldato alla prima guerra mondiale, scrive in una lettera ad un suo amico che avrebbe desiderato addirittura decapitare e consegnare le teste degli austriaci. Ci stiamo appassionando molto allo studio della Storia, particolarmente a quella del nostro territorio, e abbiamo capito che tutte le guerre, qualsiasi siano le motivazioni, sono inutili e da evitare; provocano solo morte e distruzione e ci piace concludere questo articolo riportando una frase tratta dal Preambolo dell’Atto Costitutivo dell’UNESCO-1945: «Poichè le guerre nascono nell’animo degli uomini, è nell’animo degli uomini che devono essere costruite le difese della pace». Anna Zichella – III G

Scrittori di classe

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l 30 ottobre 2014 la professoressa Carlantuono ci ha dato l’opportunità di partecipare al concorso «Scrittori di classe», un concorso letterario rivolto alle classi primarie e secondarie di primo grado di tutta Italia. A questo progetto, sponsorizzato dalla Conad, hanno collaborato alcuni grandi scrittori: Beatrice Masini, Guido Sgardoli, Luigi Garlando, Manuela Salvi, Roberto Piumini, Silvana De Mari, Tim Bruno e Vanna Cercenà. Il progetto ha il compito di invogliare i ragazzi alla lettura e alla scrittura, per poi permettere loro di cimentarsi nei panni di «scrittori» e «critici letterari». Abbiamo iniziato a leggere i vari incipit, scegliendo quello fantasy. Riunendoci, abbiamo iniziato ad elaborare il testo che man mano prendeva forma... Il testo parla di un ragazzino, Artrid, che dopo aver perso il padre scopre di essere un Divinatore. Nel suo cammino, incontra Sophie, una ragazza di cui si innamora. Aiutato da una famiglia di folletti, Artrid viene a conoscenza della guerra tra i Divinatori e coloro che non credevano in essi e così inizia la «Guerra della giustizia». La battaglia fu vinta e finalmente i due ragazzi si sposarono, ebbero dei figli e così fu salva la dinastia dei Divinatori. Questo concorso è stato entusiasmante, perché ci ha aiutato a esprimere le nostre capacità d lettori, scrittori e critici letterari. Chiara Tarantino, Manuela Caricchia, Felice Gerardo Petrozzi – III G

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Questo film è stato interessante e avvincente; una scena particolarmente cruda e commovente è stata quella in cui viene lanciata, per un errore di direzione, una bomba in via Paradiso, proprio dove viveva Liesel. Nel film ci sono scene molto significative come quella in cui Max cancella dal libro nazista tutte le parole per poi regalarlo come diario a Liesel così che lei potesse riempirlo di nuove parole. Questo gesto lo abbiamo interpretato come un segno di affetto, ma soprattutto anche di opposizione ad Hitler e il nazismo. Inoltre, ci hanno colpito alcune frasi con un grande valore simbolico e metaforico: «le parole sono vita... queste pagine sono bianche perché tu le riempia»; «riuscirai sempre a trovarmi nelle tue parole, è là che vivrò»; «le parole sono Vita, Liesel... se i tuoi occhi potessero parlare, cosa direbbero?». Cosa ci ha voluto insegnare? A vivere ogni giorno come fosse l’ultimo; a non discriminare persone di un’altra cultura e religione. Abbiamo imparato a non discriminare tutto il popolo tedesco perché molti di loro non approvavano le idee dittatoriali del loro capo, molti erano contro la guerra di Hitler ma erano sottomessi da un clima di terrore e paura. Il film è adatto a tutti, perché è privo di punte, di asperità, malgrado i temi trattati. Un film che ti fa venire la voglia di leggere un libro, vivamente lo consigliamo. Antonia Petracca e Ester Di Giuseppe – III G

Piccoli talenti crescono…

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Istituto Comprensivo «Foscolo–Gabelli» di Foggia anche quest’anno ha dato vita ad una serie di attività che hanno visto emergere e distinguere i propri studenti. In primis non si può dimenticare il percorso sulla prima guerra mondiale realizzato dalle classi terze. Durante l’anno scolastico sono stati ricercati e raccolti cimeli su questo periodo, testimonianze letterarie e storiche, lettere e sono stati ricostruiti ambienti dell’epoca che hanno permesso agli allievi di ricostruire le tappe fondamentali della Grande Guerra ma anche le emozioni, le paure, le speranze e il vissuto dei nostri nonni. Quest’anno proprio i nostri più meritevoli allievi, oltre ad essere stati impegnati nei corsi di potenziamento di Italiano e Matematica grazie al progetto realizzato dal Miur, il Problem solving, hanno partecipato e vinto il concorso internazionale musicale per solisti, orchestra e coro intitolato «Florestano Rossomandi» a Bovino. Oltre ai numerosi e lusinghieri «piazzamenti» dei nostri musicisti solisti in erba, ci inorgoglisce ricordare che proprio l’orchestra e il coro «Di nota in nota» hanno conquistato il primo posto assoluto. Un grande plauso va alla nostra alunna Morena Patruno che a seguito del rinnovo del Consiglio Comunale dei Ragazzi è diventata il nostro assessore alla comunicazione e ai mass media. Ma questi sono solo alcuni dei grandi successi della «Foscolo–Gabelli» che ogni anno festeggia le sue eccellenze che ottengono riconoscimenti importanti come Sara Ferrazzano, menzione speciale al Concorso del Rotary Club, Dalila Azzarone, primo premio al concorso «Un poster per la pace» del Lions Club e Marida Riccio, menzione d’onore al concorso «Una poesia per la pace» del Club Unesco, Alessia Giarnera menzione speciale al concorso Buck&book del BuckFestival. Piccoli uomini e piccole donne che crescono come quelli del coro della Solidarietà della nostra scuola primaria «Gabelli» che tutto il corpo docenti con grande dedizione verso la professione più bella del mondo aiuta a crescere e a diventare veri cittadini del mondo. Professoressa Teresa Torregrossa

I.C. «San Giovanni Bosco-F. De Carolis» - San Marco in Lamis

Un giornalino vetrina delle attività svolte

«La storia di una ladra di libri»

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l 23 gennaio, in occasione del 27 gennio Giornata della Memoria, siamo andati, accompagnati dalla professoressa Carlantuono, presso l’Auditorium Santa Chiara per la visione del film «Storia di una ladra di libri». Il film è tratto dal romanzo di Markus Zusak, scritto nel 2005, pubblicato inizialmente in Italia e intitolato «La bambina che salvava i libri». Il titolo nella sua lingua originale è «The book thief». La regia di Brian Percival. Il film, di genere drammatico, è stato prodotto negli USA e girato in Germania e distribuito dalla 20th Century Fox. La protagonista si chiama Liesel Meminger (Sophie Nélisse); gli altri personaggi sono: i suoi genitori adottivi Hans e Rose Hubermann (Geoffry Rush e Emily Watson), il fuggitivo ebreo Max Vandenburg (Ben Schnetzer), l’inseparabile compagno di avventure della protagonista Rudy Steiner (Nico Liersch), la moglie del borgomastro Ilsa Hermann (Barbara Auer), la madre di Liesel (Heike Makatsch). La voce narrante fuori campo è di Roger Allam e interpreta la «morte»; questo personaggio anche se vagava in poche scene, ci ha maggiormente colpito perché era sempre presente nella trama e aleggiava beffarda tra i personaggi, come parte di loro; la morte in ogni guerra è il principale protagonista, è inevitabile. La colonna sonora di John Williams ha avuto la nomination per il Premio Oscar, il Golden Globe, il Premio BAFTA e il Satellite Awards del 2014.

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i piace asserire che l’impegno di tutti i docenti che hanno operato adeguatamente nell’Istituto è stato quello di dare ai nostri alunni non solo l’opportunità di migliorare le competenze ma, in primis, di intendere il valore di una vita solidale e civicamente ben educata, ben predisposta a comprendere, cioè, le “sfide” che ci riserva il futuro. L’adesione dei progetti promossi dal MIUR, dall’Unione Europea e dai vari enti territoriali, garantisce, infatti, ai nostri ragazzi la possibilità di sviluppare al meglio le proprie potenzialità». È un passaggio dell’editoriale, firmato dal dirigente scolastico Antonio Tosco, che «apre» il numero del giornalino scolastico dell’istituto comprensivo «San Giovanni Bosco-De Carolis» di San Marco in Lamis, Insieme per crescere. Un giornalino molto gradevole nella forma e certamente apprezzabile per i suoi contenuti che sono tutti riferiti alle molteplici attività svolte dalla scuola nel corso dell’anno scolastico 2014-2015: Natale e solidarietà, il Presepe vivente, il Cineforum, il Progetto lettura, il Laboratorio espressivo, le uscite didattiche, la Festa della donna, la celebrazione della Grande Guerra, l’Erasmus con un viaggio a Cipro, la visita alle Fosse Ardeatine, Giocheditoria per imparare come nasce un libro. Solo per citare alcune delle iniziative. Complimenti a tutta la comunità scolastica della «San Giovanni Bosco-De Carolis», con un forte «in bocca al lupo» per gli anni a venire.


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Giornale di opinione della provincia di Foggia

La scuoLa e iL territorio

I.C. «Catalano-Moscati» - Foggia

Gemellaggio con la Sardegna

Inserto al n. 2 - Giugno 2015

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La scuola a… colori!!

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on è più tempo di pareti bianche e tristi colorazioni ad altezza «uomo» ….la scuola che vogliamo è un’altra: colore, vitalità, armonia, equilibrio, natura, energia… tutto questo è la Scuola Secondaria di 1° grado «Moscati». Frutto di una ristrutturazione che ha visto con la semplice pitturazione degli ambienti, il cambiamento di quella scuola impostata alla «vecchia maniera». La nostra scuola è all’inizio di un processo di rinnovamento che è partito dagli ambienti scolastici: LIM e PC di ultima generazione in ogni classe e colore… tanto colore. La scelta dei colori da utilizzare è stata concordata con gli alunni che insieme all’insegnante di Arte (professoressa N. Ingelido) e di Tecnologia (professoressa R. Troiani) hanno analizzato il tema del «Colore» (U. D’A. 1 – classe 1^) e della sua forza espressiva (U. D’A. 3 – classe 3^) come mezzo utilizzato dagli artisti nella Storia dell’Arte - dagli Egizi alle Avanguardie del ‘900 - . Lo studio e l’analisi di alcune tra le opere d’arte più note del ‘900 ha sviluppato nei ragazzi una maggiore attenzione all’utilizzo del colore negli ambienti abitativi ed anche in quello scolastico. Gli ambienti, inoltre, non sono stati considerati come «volumi» (scatole), piuttosto le pareti sono state considerate come piani che si incontrano a 90°, quasi come se fossero quinte teatrali, favorendo prospettive diverse in base al punto di vista dell’osservatore, eliminando quel senso di monotonia e favorendo al contrario la varietà, la creatività e la fantasia. Lo studio del colore ha portato i ragazzi a scegliere l’accostamento di colori complementari come facevano gli Impressionisti francesi, quindi ad una parete azzurra si accosta una gialla e a quella gialla una viola; le aule sono tutte di colore diverso, dal glicine abbinato al grigio chiaro e dal viola al glicine che tende al rosa. I Colori degli ambienti sono stati scelti in modo tale da fornire energia, benessere e armonia: elementi necessari per gli alunni e i docenti. Si è provveduto, inoltre, a ridipingere anche vecchi armadietti che dovevano essere buttati utilizzando anche tecniche di découpage con i fumetti di Topolino. I lavori non sono terminati… ci aspetta per il prossimo anno un impegnativo murales…. Professoressa Nicoletta Ingelido

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a Scuola Secondaria di I grado dell’Istituto Comprensivo «Catalano-Moscati» di Foggia è stata impegnata, anche questo anno scolastico, in un progetto-gemellaggio culturale con la Sardegna, ormai consolidato negli anni. Il tema sul quale hanno lavorato i nostri alunni e gli studenti delle scuole «Porcu-Satta» e «Rosas» di Quartu Sant’Elena è stato lo sport e l’alimentazione nel territorio. Il confronto e lo scambio continuo che è avvenuto nel corso dello svolgimento del progetto ha arricchito tutti gli studenti, entusiasmandoli ed appassionandoli ad un tema così vicino ai loro interessi. Gli alunni delle tre scuole sono stati protagonisti, inoltre, di un percorso di studio che dalla nutrizione nello sport si è esteso ai concetti di solidarietà e di rispetto dei diritti umani. In particolare gli studenti della scuola Moscati hanno affrontato la dimensione dello sport per la promozione dei diritti umani espressi nella Carta Europea dello Sport «Pace positiva», rappresentando il Diritto di difendere la sicurezza e la salute del fanciullo dai cyber-pericoli, e realizzando uno spot di sensibilizzazione ai diritti umani violati dai pericoli per la salute dal titolo «No, io non cado nella rete!» (che li ha visti oltremodo vincitori nel Programma di prevenzione dei pericoli per la salute associati all’uso improprio del web Teen Explorer promosso dalla Regione Puglia, Usr Puglia, Asl territoriali). In occasione del gemellaggio, svoltosi in Sardegna dal 17 al 21 marzo 2015, i nostri studenti sono stati accolti dalle famiglie ospitanti e guidati alla scoperta della Città di Cagliari e dei suoi monumenti. Molteplici sono state le iniziative sui temi dello Sport, Alimentazione, Salute e Diritti dell’uomo. Oltre alla mostra dei lavori realizzati dagli alunni delle scuole partecipanti, la fase congressuale ha visto dare inizio ad un convegno sul tema con l’intervento di esperti nutrizionisti e federazioni sportive, oltre a personalità di spicco come il pluricampione di vela Andrea Mura («Velista 2014»), che ha raccontato la sua attività e ha spiegato come si nutrono gli atleti in navigazione. Nel corso del gemellaggio si sono svolte numerose attività sportive, una pedalata ecologica lungo i sentieri del Parco di Molentargius e un’escursione alla Sella del Diavolo. I saluti …e l’arrivederci in Puglia per il prossimo anno scolastico, hanno avuto una cornice speciale, quella di una cena conviviale in una casa campidanese coi prodotti tipici della terra Sarda, all’insegna dell’ospitalità e dell’integrazione, ma null’altro all’infuori di queste parole degli studenti sardi può comunicare meglio lo spirito di unione e condivisione che si è creato. Beni benius! Adiosu Puglia! Cari compagni pugliesi, eccoci qui alla fine di questo percorso insieme: sono stati tre giorni pieni, ricchi di emozioni, spensieratezza, ma anche di lavoro, perché noi tutti abbiamo lavorato duramente, svolto gare sportive, realizzato elaborati sui diritti umani per riflettere sulle storture del mondo, quel mondo che ci accingiamo ad abbracciare una volta usciti dalle mura della nostra scuola… ma questa è la scuola che ancora vogliamo. Una scuola aperta, che esca dagli spazi angusti dell’aula e si apra al territorio, una scuola che sia vicina a noi ragazzi, che ci capisca, che ci prepari al mondo …ci sentiamo pronti a entrare nel mondo perché ci avete dato tanto: oltre a farci studiare ci avete permesso di esprimerci, di comunicare con amici di classi diverse, di scuole diverse, di regioni diverse. La Puglia ce l’abbiamo nel cuore: abbiamo pianto tanto l’anno scorso quando ci siamo salutati, prima della partenza dalla Puglia… Alcuni di noi hanno volato in aereo per la prima volta! Ora, dalla Puglia siete qui, nella nostra amata Sardegna, e saranno altri ricordi, altre risate, altri pianti… Siamo profondamente legati noi e voi: sapete perché? Stiamo svolgendo un lavoro presso l’archivio storico di Quartu Sant’Elena. Beh, abbiamo scoperto qualcosa che ci fa stare ancora più vicini, oggi, nel 2015, nell’anno di commemorazione del centenario della Guerra Mondiale. Il primo sardo caduto nella Grande Guerra era di Quartu Sant’Elena. E sapete dove è morto? Nel basso Adriatico, di fronte alla costa della Puglia: si chiamava Luigi Olla, aveva 20 anni e stava nel Regio cacciatorpediniere di nome “Turbine”, che il 24 maggio 1915 veniva affondato dalle navi austriache che pattugliavano il mare Adriatico di fronte a Vieste, vicino al Golfo di Manfredonia. Noi alunni di Quartu ringraziamo i professori e i nostri amici pugliesi, sperando che siano stati bene con noi in questi giorni: sarete sempre i benvenuti in Sardegna! E soprattutto ringraziamo i nostri genitori per la collaborazione, i professori delle scuole e i referenti del Progetto di gemellaggio. Grazie di averci fatto vivere questa gioiosa esperienza che ci ha insegnato il valore importante dello stare insieme e che non dimenticheremo mai! Viva la Puglia, viva la Sardegna! Professoressa Anna Conte Referente del progetto

I.C. «Parisi-De Sanctis» - Foggia

Tanti progetti e attività formative

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urante l’anno scolastico 2014- 2015, la scuola che frequento, ovvero l’Istituto comprensivo «Parisi-De Sanctis», ha realizzato tantissimi progetti dove siamo stati coinvolti noi ragazzi. Ogni grado scolastico ha fatto sentire le voci dei propri allievi: la scuola dell’infanzia è stata la promotrice di un corteo federiciano che ha sfilato per le vie della città partecipando al Presepe vivente di Federico II. Il progetto intercultura, poi, ha fornito la possibilità ai molti bimbi stranieri di diventare i grandi attori di fine anno. La scuola primaria ha annoverato tante iniziative, ne ricordo solo alcune: «La zampogna», «I transumanti, i terrazzani e i caprai nel territorio di Capitanata», «Sbam!» (sport, benessere, alimentazione, mobilità, scuola), progetto samsung «Smart future». I progetti a cui abbiamo partecipato, noi della scuola secondaria di primo grado sono stati molto interessanti e piacevoli. Abbiamo trattato l’argomento della raccolta differenziata rispondendo ad alcuni quiz grazie al progetto «Green Game» che si è basato sul gioco di squadra; abbiamo seguito delle attività che si concentravano sulla Grande Guerra esponendo dei lavori multimediali che trattano il tema della Prima Guerra mondiale sul campo di Foggia. Una manifestazione è stata organizzata dalla Fondazione Banca del Monte di Foggia, in collaborazione con le Edizioni del Rosone, e un concorso del Ministero. Abbiamo approfondito il bene comune della città, grazie al concorso «Rotary e le nuove generazioni». C’è stata la partecipazione al concorso «Il Giralibro», al progetto «Pietre della memoria» comitato regionale Anmig, l’«acting Shakespeare: students meet hamlet», e le varie iniziative del «newspapergame» con la Gazzetta del Mezzogiorno e il concorso «Madri guerriere, madri coraggio»… Un progetto molto innovativo è stato trovare un legame tra giovani e persone più anziane lavorando in collaborazione con la Casa di accoglienza: «Maria Grazia Barone»; grazie a questo progetto abbiamo conosciuto persone simpatiche e disponibili a socializzare con noi studenti. Una delle attività più interessanti è stata realizzata per valorizzare i libri e la lettura attraverso l’incontro con la scrittrice e attrice Sara D’Amario. È stato piacevole farle alcune domande che riguardavano il suo libro, «Un cuore XXL» e altre sulle sue passioni. Noi ragazzi l’abbiamo accolta con un forte applauso e uno dei docenti della Scuola, Antonio De Meo, ha realizzato dei bellissimi video che raccontano in breve la vita dell’ artista e i suoi successi in recitazione. Sara con piacere ha risposto alle nostre domande a volte con ironia ed altre volte con più serietà. Di questo incontro ricorderemo soprattutto il suo sorriso, la sua grinta e il suo modo di attirare l’attenzione con le sue frasi divertenti. Noi alunni ci auguriamo che il prossimo anno scolastico sia pieno di nuove attività e incontri formativi come quest’anno. Sabrina Speranzoso - II A


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Inserto al n. 2 - Giugno 2015

La scuoLa e iL territorio

I.T.E. «B. Pascal» - Foggia

Numerose iniziative e tanti successi

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nche quest’anno, l’istituto Tecnico Economico «B. Pascal» di Foggia ha ottenuto brillanti risultati in interessanti competizioni destinate agli alunni di tutte le scuole d’Italia. Di grande rilievo quanto ottenuto nel Business Game, iniziativa promossa dalla LUIC, Università Cattaneo di Castellanza (Varese). Il progetto, consistente in un gioco di simulazione tra squadre a livello nazionale, si basa sulla creazione e gestione di un’impresa che compete con altre. La gestione dell’azienda, nella simulazione, comprende un periodo di esercizio pari ad un anno, scandito in quattro turni comprendenti ciascuno tre trimestri… L’obiettivo principale del gioco è quello di massimizzare il valore dell’impresa. La squadra del «Pascal», formata da Giulia De Vita, Rossella Rinaldi, Marco Scopece e Alessio Fania, dopo aver superato le fasi cittadine, provinciali e regionali ha conseguito la partecipazione alle finali nazionali in cui ha ottenuto un lusinghiero risultato. Più che soddisfacente la partecipazione al Webtrotter (Olimpiadi di Matematica per il biennio), progetto che ha avuto come tema di fondo quello di Expo 2015 «Nutrire il pianeta, energia per la vita». La squadra del «Pascal», composta da Eleonora Pepe, Eleonora Russo, Savino Agnelli e Roberto Lobasso, ha ottenuto la qualificazione alle finali nazionali. Altrettanto significativa la partecipazione al Maths Challenge 2015, gare di Logica e Matematica organizzate dall’Università di Foggia, destinate ad alunni del quinto anno delle superiori delle province di Foggia, Bari Taranto e BAT che ha visto il buon piazzamento di Paolo Martire. Anche quest’anno il giornalino del Pascal «Il Sottosopra» ha ottenuto un significativo riconoscimento nel concorso «Leonardo News», dall’omonimo giornale edito dall‘Istituto Superiore Polispecialistico «Leonardo da Vinci» di Poggiomarino in provincia di Napoli, organizzato in occasione del decennale del giornale scolastico. L‘intento di tale concorso è stato quello di sostenere iniziative atte a valorizzare, nelle scuole italiane, l’attività giornalistica come strumento di arricchimento comunicativo e di modernizzazione del linguaggio. Tra i momenti più significativi dell’attività svolta nel corso di quest’anno scolastico dall’ITE Pascal di Foggia, anche l’intitolazione di uno dei laboratori, alla presenza delle più importanti autorità cittadine, a Mario Frasca, ex alunno dell’Istituto di Via Napoli caduto in missione di pace in Afghanistan il 23 settembre 2011. Anche quest’anno l’istituto Pascal si pone alla ribalta del panorama scolastico di Capitanata come una delle realtà maggiormente in grado di affiancare alla normale routine delle attività didattiche iniziative in grado di sviluppare le potenzialità degli alunni, con un occhio particolare alle abilità propedeutiche all’ingresso nel mondo del lavoro.

I.C. «Diomede» - Celenza Valfortore

Voci di donne silenziosamente grandi

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’Istituto Comprensivo «Diomede», con sede centrale a Celenza Valfortore, tiene insieme cinque plessi, dislocati in cinque comuni diversi (Celenza, Carlantino, Motta Montecorvino, San Marco la Catola e Volturino). Anche quest’anno il nostro Istituto, saggiamente guidato dal dirigente scolastico, professoressa Rosa Manella, si è distinto per le attività e i lavori realizzati. I nostri alunni si sono adoperati con impegno, passione e entusiasmo in diversi percorsi curricolari, extracurricolari e progettuali. Come sempre, non sono mancate manifestazioni in varie occasioni, incontri con autori e partecipazione a concorsi letterari, gare sportive e giochi matematici che hanno contribuito alla crescita culturale degli alunni, della scuola e del territorio. Un anno scolastico particolarmente importante per il nostro Istituto che ha visto la nascita del Centro Studi «Diomede». Composto da alcuni docenti dell’Istituto e diretto dal professor Tommaso Albano, è nato con l’intento di offrire un approfondimento dei problemi relativi al territorio in cui opera, svolgere ricerche, sperimentare, prestare consulenza ad altre istituzioni, raccogliere i lavori realizzati nel corso dei vari anni scolastici dagli alunni, di cui spesso si perdono le tracce. Il primo anno di attività del Centro Studi si è concluso con la realizzazione di un libro pubblicato dalle Edizioni del Rosone, intitolato «Voci di donne-Silenziosamente grandi». Il libro, presentato il 6 giugno 2015 nell’Auditorium di Volturino, realizzato dagli alunni della scuola secondaria dei cinque plessi guidati dai docenti attuatori del Centro Studi, ha voluto dare voce a tutte quelle donne che, con il loro esempio di coraggio, forza di volontà, altruismo e umiltà, hanno scritto, nel corso dei secoli, seppure inconsapevolmente e «silenziosamente», la storia del loro territorio. L’intero lavoro ha voluto rendere il giusto tributo a tutte le donne e in particolare a quelle di Carlantino, Celenza Valfortore, Motta Montecorvino, San Marco la Catola, Volturino, raccontando storie «invisibili» da sempre ignorate e disconosciute. Storie di coraggio, di soprusi, di donne popolane, aristocratiche, donne d’azione e di pensiero, testimoni che hanno contribuito a salvaguardare, a proteggere, a sostenere nei momenti difficili il loro territorio. Grande soddisfazione, dunque, per il nostro Istituto. Professor Tommaso Albano Direttore del Centro Studi «Diomede»

Scuola media «L. Murialdo» - Foggia

Alle finali dei Giochi matematici

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gni anno in molte città del mondo, migliaia di ragazzi partecipano alle qualificazioni per i «Campionati internazionali di Giochi matematici» cimentandosi su quesiti di logica che ciascun partecipante deve risolvere entro un tempo limitato. «Logica, intuizione e fantasia» è lo slogan dei giochi che riassume lo spirito di questa competizione in cui non è necessario conoscere complesse formule matematiche, ma è richiesta logica e

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creatività per risolvere al meglio i quesiti proposti. Durante le semifinali vengono scelti i ragazzi che hanno totalizzato il punteggio più alto, qualificandosi per le selezioni nazionali che in Italia si svolgono a Milano nella sede dell’Università Bocconi, coordinatrice dei Giochi matematici per il nostro Paese. I quesiti proposti nei vari livelli presentano difficoltà diverse e un tempo a disposizione sempre inferiore. Chi supera i primi due livelli di selezione si qualifica alla finalissima internazionale che si svolge a Parigi, dove gareggiano i vincitori delle finali provenienti da tutte le nazioni partecipanti. I quesiti hanno difficoltà diverse in base alla categoria di appartenenza, stabilite in base all’età dei concorrenti. Anche quest’anno la nostra scuola ha partecipato a questa competizione. Un gruppo di studenti della Scuola Media «L. Murialdo» di Foggia, infatti, si è recata a Benevento per partecipare alle semifinali che si sono svolte il 21 marzo presso l’istituto comprensivo «Federico Torre», ottenendo buoni risultati e qualificando due ragazze per le finali nazionali che si sono tenute a Milano il 16 maggio. Una bella opportunità di crescita per aprire la mente… e giocare con la matematica. Antonio D’Alessandro - III B

IX Circolo Manzoni - Scuola «Montessori» - Foggia

Il libro: la cultura materializzata

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ll’interno di una grande cornice concettuale come il Piano Cosmico, si è sviluppato il progetto che ha portato alla realizzazione del libro «Iside». Gli alunni delle classi quarte della Scuola «Montessori», plesso del IX Circolo «Manzoni» di Foggia, hanno dato concretezza al percorso di studio inerente la civiltà egizia, creando connessioni organiche tra le discipline, ognuna con il suo linguaggio, che li ha aiutati nella costruzione coerente dei materiali raccolti, in una struttura unitaria. Il libro «Iside» si configura come ponte naturale tra due sponde rappresentate dal Museo del Sannio di Benevento e dalla casa editrice «Edizioni del Rosone» di Foggia. La scelta di queste due mete risponde ad una precisa valutazione didattica: il Museo del Sannio raccoglie una bella sezione egizia costituita dal complesso di arredi dei santuari egiziani dedicati alla «Signora di Benevento», Iside; la casa editrice «Edizioni del Rosone», oltre che guidare gli alunni in un itinerario che segue la nascita di un libro, dal dattiloscritto fino agli scaffali di una libreria, ha reso possibile la realizzazione della «nostra» pubblicazione. Iside, da figura astratta, si è materializzata grazie all’attivazione di più canali sia sensoriali che emotivi. Ciò ha permesso agli alunni di sviluppare la relazionalità nelle attività intellettuali e creative. Ogni alunno si è cimentato nel progettare il proprio percorso, tra ricerca e produzione personale. La libertà, l’autonomia e lo spazio creativo di ognuno sono stati pienamente rispettati. La realizzazione del libro ha, inoltre, permesso di mettere in ordine conoscenze ed esperienze del bambino. Alla luce di questa proficua avventura è auspicabile che anche altri bambini della nostra scuola possano sperimentare occasioni analoghe, tali da allargare sempre più il loro «campo d’azione». Bina Russolillo

I.C. «Palmieri-S.Giovanni Bosco» - San Severo

La Costituzione va in scena

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a riscosso un notevole successo tra il numeroso pubblico di famigliari che gremiva l’auditorium della scuola «Palmieri» di San Severo la rappresentazione degli alunni delle classi 4^ A e 4^ B organizzata in occasione del 2 giugno, Festa della Repubblica, e messa in scena il 5 giugno. L’opera di avvicinamento da parte delle insegnanti alle Istituzioni della Repubblica nasce all’interno del «Progetto Festività» facente parte dell’Area dell’ampliamento dell’offerta formativa promossa dalla dirigente scolastica professoressa Francesca Chiechi, e ha il suo avvio con le attività dedicate all’elezione del Presidente della Repubblica seguite dalla storia della nascita della Costituzione Italiana Gli scolari hanno ripercorso, con dialoghi e canti, l’iter storico che dalla monarchia, attraverso la dittatura, ha permesso all’Assemblea Costituente di porre le basi per la democrazia della neonata Repubblica esponendo che cosa sia la Costituzione e quanto gli italiani abbiano dovuto lottare per diventare una Repubblica democratica. Il linguaggio storico si è fuso con la memoria storica contribuendo a far nascere nei giovani allievi quel senso civico che farà di loro dei cittadini consapevoli dei valori della Costituzione come ha ricordato anche l’assessore alla Pubblica Istruzione dottoressa Simona Venditti. La dottoressa, sempre attenta alle esigenze della scuola e vicina ai giovani scolari, ha rivolto loro elogi per l’intensa interpretazione e si è complimentata con le docenti per aver dato l’opportunità alla giovane generazione di approcciarsi gli articoli del Testo principe della nostra repubblica. Antonio Franciosi


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Anno XXIV - n. 2 Giugno 2015

ImmagInarIo collettIvo

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Il suo vero capolavoro P

er A murré murré, il mio nuovo libro, sono state scritte 4 Testimonianze (prefazioni): Un monumento alla troianità, del dottor Edoardo Beccia (ex sindaco di Troia); Un gemellaggio troiano-milanese, del ragionier Giuseppe De Leonardis (ex assessore alla Pubblica istruzione e al turismo della Provincia di Foggia); Ventura, il Voltaire di Forbicionia, del dottor Geppe Inserra (dirigente del settore cultura e innovazione della Provincia di Foggia); e Il suo vero capolavoro, del professor Duilio Paiano (direttore – tra l’altro – di questo Provinciale e del Rosone). Aggiungo che il libro ha, come sottotitolo (nel frontespizio), Qui Troia, Qui Faeto, Qui Milano, Qui Mondo. Quindi né troianità né faetanità né milanesità: Troia (dove sono vissuto fino a quasi vent’anni), Faeto (dov’era nata mia madre e dove trascorrevo le vacanze estive) e Milano (dove sono emigrato con tutta la mia famiglia) non sono traguardi, ma semplicemente delle basi iniziali, dei punti di partenza per un viaggio narrativo nel Mondo, nell’universale. E Qui Troia, Qui Milano, Qui Mondo fu il titolo di un articolo (pubblicato sul Provinciale) di monsignor Bruno Maria Bosatra – direttore dell’Archivio Storico Diocesano della Curia Arcivescovile di Milano – sulla mia opera complessiva di scrittore. Fra l’altro, si affermava che era da considerarsi nella norma il suo (sia pure – a volte – veramente crudissimo) realismo linguistico, d’altronde soprattutto per la complicità del dialetto (che tanto scandalizza i soliti falsi moralisti). Last, but not least

Come molti sanno, il libro non è stato ancora pubblicato: quelli che ne hanno già scritto lo hanno letto solo sotto forma di bozze. I 4 amici anzidetti ne hanno esplorato ciascuno la parte a loro giudizio più rilevante. Ma è stato lo scrittore Duilio Paiano a cogliere, con una geniale intuizione, la vera essenza del percorso e del destino della mia attività letteraria. È in coda agli altri, ma solo alfabeticamente: in realtà (come direbbero gli inglesi), Last, but not least (L’ultimo, ma non il minore). E oggi devo assolutamente riportare i passi più salienti della sua magistrale prefazione: ... Molto distante dall’impostazione e dai contenuti di Le fave dietro lo specchio è il suo primo romanzo Un angelo in mezzo a noi, insignito del prestigioso premio letterario “Nino Palumbo”, XII edizione, la cui giurìa era presieduta dal compianto Michele Dell’Aquila (dell’Università di Bari). Siamo nel 1997 e Un angelo in mezzo in noi s’impone come romanzo certamente autobiografico, ma dalla forte caratterizzazione sociale per il problema che solleva e affronta, come viene sottolineato anche dalla motivazione che ha accompagnato l’assegnazione del “Palumbo”: Un romanzo scritto con calcata emotività. Sagace appro-

fondimento introspettivo condotto con attenta e scrupolosa descrizione delle vicende e dei personaggi. Volutamente ripetitiva la narrazione e volutamente rivolta al lettore reso compartecipe della non normale vita di un uomo e dell’intera famiglia. Notevole abilità duttile nell’attenzione all’Altro Essere. Romanzo interessante anche e soprattutto per il risvolto sociale.

Carmelo: china a penna del Maestro Gabriele Mucchi

... Il protagonista è Michele (Carmelino, nella realtà), fratello disabile di Urbano D’Agrippino (l’autore, Antonio Ventura). Vivono insieme, nella stessa casa abitata anche dalle sorelle Nuzzi (Annunziata) e Cecchella (Francesca). Vivono uno per l’altro: nessuno dei quattro è sposato ed i genitori (Gerardo e Marisella) ormai non ci sono più. Il romanzo è tutto incentrato sui rapporti fra i quattro componenti la famiglia ma, in realtà, esalta il legame tutto speciale che si è instaurato fra Michele-Carmelino e Urbano-Antonio, quest’ultimo di ben 18 anni più avanti nell’età. Un legame che deve fare i conti col lavoro di Urbano (funzionario di banca, per sua fortuna non strettamente condizionato dalla rigidità dell’orario di lavoro…), ma che si dimostra saldo, unico, irripetibile, insostituibile. Urbano accudisce Michele fin dalla sveglia mattutina e lo accompagna tra premure e coccole fino al riposo notturno, garantendo tutto ciò di cui ha bisogno: dalle esigenze di tipo bio-fisiologico a quelle più futili ma pure indispensabili (fargli la barba, per esempio, tagliargli i capelli, fargli il bagno...), fino alle passeggiate di cui Michele ha bisogno e desiderio al tempo stesso. Insomma, una simbiosi vera e propria, arricchita e sublimata dalla dolcezza e dalla tenerezza del rapporto fra i due fratelli, che porta Urbano a considerare Michele Un angelo in mezzo a noi. È la trama stessa, dunque, che impone al romanzo quel taglio autobiografico e sociale di cui si è detto prima. Lo stile di questo lavoro, pieno di vita e di dolore, di amore e di speranza – ha scritto la nota scrittrice Maria Marcone in una sua recensione sul quotidiano Puglia – è asciutto, rapido e sapido, senza ombra di retorica, colorito da metafore nuove e ardite e anche da neologismi saporiti. E l’amico fraterno e gran-

de estimatore di Ventura, Franco Marasca (il compianto fondatore e direttore del Rosone e, poi, anche del Provinciale, altro periodico di Foggia) intitolò Un uomo difficile, ma geniale la sua acutissima e ampia recensione del romanzo (le due pagine centrali del Rosone). *** ... Ricordo che, in un sondaggio fatto dal Rosone su Ventura scrittore, il pittore Gabriele Mucchi (suo amico fraterno e paterno, affettuoso e disinteressato) scrisse – fra l’altro – che Antonio e Carmelo sono due fratelli siamesi, uniti con un solo cuore. Ebbene, per il suo Carmelo, Antonio è disposto a fare qualunque cosa: altro che le famose carte false... Per restare in tema, è pronto (come direbbe lui) a farsi giudeo, buddista, induista, musulmano, quacquero e mormone... Tutto. E naturalmente – all’opposto – a vendere l’anima al diavolo per la vita del suo cristo. Ma – soprattutto – per la loro commorienza. Ben conscio che, nonostante tutta la sua immensa presunzione, la sua enorme arroganza di superuomo, a decidere dovrà essere solo QUALCUN ALTRO... Eccolo, dunque, il vero capolavoro di Antonio Ventura: porta il nome e le sembianze di Carmelino, questo suo fratello sfortunato (disabile non autosufficiente), che lungo la sua strada di dolore ha incontrato Antonio, determinando una meravigliosa, inimitabile simbiosi, che ha prodotto un miracolo di umanità, solidarietà, altruismo, fratellanza nel più autentico e profondo significato del termine. Ma forse non è stato davvero così. Forse è stato Carmelino a “tagliare” la strada ad Antonio: lo ha costretto a fermarsi, a prestargli soccorso, facendosi “adottare” per tutta la vita, candidandosi al ruolo di SUO VERO, UNICO, AUTENTICO CAPOLAVORO… Chissà! Ci piace credere che sia andata proprio così…

vissimi problemi della incipiente senilità e della situazione famigliare (il vero ostacolo...): che praticamente paralizzarono tutto. Nonostante ciò, ho continuato a parlare dell’imminente pubblicazione sia di Ikebana che di A murré murré: direbbero a Troia, Senza pèqu’r’ e vva vv’nnènn lan’ (Senza pecore e va vendendo lana). Con altre due amarissime constatazioni: ’A cer’ s’ strud’ e ’a pr’c’ssion’ n’ ngamin’ (La cera si strude [si consuma ] e la processione non cammina); e Arriv’ ’o furnar’ e ss’ ard ’a pizz (Arriva [Tocca] al fornaio e si arde [si brucia] la pizza). Superflui i commenti, salvo che per il fornaio: che prima inforna le pizze degli altri (e va tutto bene); ma, quando finalmente inforna la sua, gli si brucia. Allora? Se questo è il destino dei miei due ultimi libri (e fortunati se almeno verranno pubblicati postumi...), non mi resta che l’epigramma, sghignazzando: A murré murré, cazzo in culo fa avanti e indré; e Ikebana, Ikebana? È finito tutto a puttana. E la sorte di Carmelo? Alla mia età ricomincio a sentire la voce del Maestro interiore (come lo chiama sant’Agostino): «Non è di tua competenza. Ma perché continui a protestare? Non avevi intitolato Sono lui i tuoi libri l’ultimo capitolo di Un angelo in mezzo a noi? E Paiano non ha scritto che è l’angelo Il suo vero capolavoro? E tu, per l’angelo, sei – per eccellenza – il Fratello (il prediletto, il privilegiato...), come se gli altri non esistessero:

*** Adesso però è necessario chiarire alcuni particolari della testimonianza di Paiano. Il suo scritto avrebbe dovuto essere la prefazione di Ikebana, un altro mio romanzo (anch’esso di eventuale prossima pubblicazione): di cui A murré murré può essere senz’altro considerato una sorta di prova generale dell’intero cammino, iniziato con Le fave dietro lo specchio e continuato (parzialmente) nel romanzo Un angelo in mezzo a noi. Ma ci sono stati dei drammatici contrattempi. Quando Ikebana era quasi terminato, feci una sosta e m’imbarcai nell’altra avventura di A murré murré. Intanto fu annunciata l’uscita di Ikebana: e ne vennero anche pubblicati degli ampi stralci. L’idea era di finire prima A murré murré: e poi di riprendere subito Ikebana. Ma era una pia illusione: come ho già scritto tante volte, subentrò un enorme peggioramento della mia salute, con tutti i gra-

e invece sai fin troppo bene che tutti sono indispensabili. Allora, devi essere coerente: hai già avuto la tua ricompensa. Cos’altro vuoi più dalla vita? La vostra commorienza? Vedremo: forse si può fare. Però adesso, E bbast k’ sti astém’... (E basta con queste bestemmie…). Lascia fare a quel QUALCUN ALTRO. Ma ora non senti che l’angelo sta gridando? Ti chiama: urge un’immediata minzione; quindi, alza le chiappe, prendi il pappagallo e corri; magari rompiti una gamba, ma precìpitati; almeno servi a qualcosa…».


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Provinciale

giornale di opinione della provincia di Foggia

ImmagInarIo collettIvo

Anno XXIV - n. 2 Giugno 2015

IV

«Dottor Adriano Celentano? Grazie, preferisco di no» T

orniamo a Celentano. Nei rapporti fra Celentano e la città di Foggia, la notizia – che ha quasi dell’incredibile – è quella apparsa sull’Avvenire di Milano nel 2012: che cioè nel 2006 l’università di Foggia intendeva conferire al cantautore la laurea honoris causa in lettere e filosofia; e inoltre che il comune avrebbe voluto dargli la cittadinanza onoraria per meriti artistici e per le sue origini foggiane. Ma Celentano spiazzò tutti, inviando all’università una lettera, nella quale (fra l’altro) scriveva: con un ”pizzico” di presuntuoso dispiacere, devo rifiutare perché sarei costretto a ”migliorare” e non voglio prendermi troppo sul serio. Sono e resto sempre il ”Re degli ignoranti”. Rifiuto pazzesco: in un paese come il nostro, nel quale siamo tutti laureati (siamo tutti dottori...) e abbondano i cosiddetti avvocati, professori, cavalieri, commendatori; e qualcuno fa persino carte false per comperarsi un’onorificenza, un titolo da premette-

Sigillo usato dal Maestro Giurato dell’Università di Foggia nei documenti emanati dal 1712

re al proprio nome e cognome. Ma il Molleggiato è fatto così: è (o ci fa...) uno stravagante, un bizzarro, un eccentrico. L’etimologia di quest’ultimo termine è dal latino ex e centrum = fuori del centro: e corrisponde, in dialetto troiano, a sc’rkiat’ = scerchiato (che però non è mai positivo e indica piuttosto un mezzo matto). Per dirla alla milanese, Celentano l’è un uriginal (è un originale): uno particolare, unico, geniale, uno che esce – in parte o del tutto – dal coro comune. Però non si può escludere che il solito maligno abbia messo una pulce nell’orecchio al Re degli ignoranti: «Guarda che qui ti vogliono prendere per i fondelli... Così tu diventerai un professorino, laureato in belle lettere (e cartoline, però illustrate e pure a colori...) e in filosofia (spicciola, da 4 soldi...)». Dottor Adriano Celentano: intellettuale, letterato, pensatore... Passato alla storia foggiana come (diciamolo alla Dante) colui che per presunzione fece i gran rifiuti: non uno, ma due (montagne d’immondizia...). Ma non si può sempre scherzare sulle cose serie. E ne sono ben convinti i papaveri televisivi: che se lo contendono (a colpi di centinaia di miglia-

ia di euro...) non solo come cantante, bensì come insostituibile showman, persino come opinionista politico e religioso (ha avuto il coraggio di attaccare persino la stampa cattolica, in particolare la Famiglia cristiana...): con milioni di ascoltatori, incollati al piccolo schermo in attesa che l’affabulatore (dopo interminabili, ponderatissime pause...) li erudisca con la nuova rivoluzione celentaniana. Il critico televisivo del nostro massimo quotidiano nazionale ha scritto che Celentano, quando canta, è luce: però, quando parla [predica...], è buio (e lui? «Oscuro sì, ma laureato mai...»). E noi? Non facciamo altre polemiche: come si dice, non è questa la sede. E comunque il Molleggiato non dovrebbe mai vergognarsi di avere radici nella regione d’origine dei suoi genitori. Pugliesi, gente tosta: soprattutto le donne; infaticabili (ed è appena un eufemismo...). Tel chì, el terunscèll Invece il sarcastico maldicente insiste. Il vero motivo dei due gran rifiuti del Molleggiato è da ricercare nell’insidia nascosta sotto le onorificenze: come lo avrebbero accolto a Milano dopo il suo ritorno da Foggia? Scoperto che era di origini meridionali, addirittura pügliés (pugliesi), avrebbero cominciato a coglionarlo, martellandolo implacabilmente: «Tel chì, el terunscèll... » (Eccolo qui, il terroncello...). Ma bando agli scherzi: ancor oggi risuona a Milano la frase razzista, che da sempre si grida al meridionale in genere, Terùn, va’ al to paes, che a Milan te creset… (Terrone, va al tuo paese, che a Milano cresci [sei di troppo]…). Inutile continuare a nascondersi dietro un dito (o uno stuzzicadenti…): chiamiamolo razzismo o xenofobia o esterofobia, il fenomeno è diffusissimo ovunque (anche nel nostro Meridione…), però a Milano raggiunge l’acme patologico. Ma lo scandalo ambrosiano è ultrasecolare. La spocchia (la boria…) dei milanesi è leggendaria. Citiamo soltanto due delle loro sparate: A Milan g’han ditt la capital mural d’Italia (A Milano gli [in dialetto, Milano è maschile] hanno detto [l’hanno chiamato] la capitale morale d’Italia); e mancava solo un’Expo per farla diventare la Capitale del Mondo; e Milan e pø pü (Milano e poi più), con l’inevitabile parafrasi scatologica, Milano è puppù. Sento che a qualcuno (milanese indigeno o terrone integrato) do fastidio e – come minimo – mi dà dell’ingrato: «Non bisogna sputare nel piatto in cui si mangia… Stanocc el Ventüra l’ha durmì cul cü desquatà» (Stanotte Ventura ha dormito col culo scoperto). Stammatìn’ V’ndur’ s’è ssc’tat’ k’ l’òv’ stort… (Stamattina Ventura s’è svegliato con le uova storte [con la luna di traverso]…). Ma non facciamola tanto lunga. Ventura è – da sempre – un cosmopolita: inintegrabile, dovunque. A Troia è nato, però – come ironizzava quel tal Antonio Salandra (suo concit-

tadino: ma qualcuno sa ancora chi era?) – «Quella troia, che mi fu patria, non madre». E, dei troiani, Ventura ha soltanto il buonsenso e l’irrisione verso tutto. E sa bene che, nel territorio, una triste nomea accompagna da sempre questi abitanti, che furono definiti i Fiorentini della Capitanata da un giornalista foggiano: I truian’ sò llargh d’ vókk e stritt d’ man’ (I troiani sono larghi di bocca e stretti di mano) e U truian’ va ssemb k’ l’ogna spaccat’ (Il troiano va sempre con l’unghia spaccata [del piede caprino del diavolo...]). E i milanesi? Un tempo soprannominati büseccùn (busecconi [mangiatrippa]). Poi, subito dopo la fine della seconda guerra mondiale, Milano diventò la Città del miracolo economico, per il coraggio, il lavoro, il dinamismo e la capacità organizzativa tipica dei suoi abitanti: e, purtroppo, per la fretta, per la velocità. Facciamo solo uno dei tanti esempi. Ciau, pirla: te set amò chì? In Lombardia, gli automobilisti della megalopoli sono derisi per il loro modo di guidare a la milanesa (alla milanese): partire in tromba appena il semaforo segna verde, accelerare al massimo e frenare precipitosamente al semaforo seguente che diventa rosso; e poi continuare sempre alla medesima maniera. E un giorno un buontempone mi raccontò quest’apologo, emblematico della pessima abitudine: che peraltro ha contagiato anche tanti altri grossi centri urbani. Dunque, una volta stava circolando per il centro di Milano una Ferrari color zafferano. Ad ogni semaforo verde, Vróooom…: e al successivo semaforo verde: Vróooom…; e, al rosso, Frrrr… Zigzagando allegramente fra una macchina e l’altra, un ragazzino in bicicletta arrivava sempre puntualmente a fianco del bolide giallo. Semaforo verde… Semaforo rosso… Il pilota della Ferrari e il ciclista continuarono una sorta di gara per una decina di incroci. All’ultimo, non appena il semaforo si fece verde, il ferrarista scattò: c’era davanti un viale abbastanza lungo, accelerò; forse era riuscito a seminare l’avversario. Ma il rosso del semaforo fu un po’ più lungo del solito. E riecco, a fianco della Ferrari, il ragazzino. Guardò il pilota: «Ciau, pirla: te set amò chì?» (Ciao, pirla: sei ancora qui?). Siccome non c’è forse un solo italiano che non sia stato almeno una volta a Milano,

tutti sanno o probabilmente hanno sentito cos’è il pirla: è l’uccello, il pesce, la minchia; e, nel traslato, l’autentico cazzone (con decine di altri sinonimi). Ma, secondo alcuni, il termine è addirittura internazionale, soprattutto per opera dei Gufi, che l’hanno introdotto nei versi finali di Porta Romana, canzone ormai universale: … la giuentù la pasa, la mamma muore, / te restet cume un pirla col primo amore… (… la gioventù passa, la mamma muore, resti come un coglione col primo amore…). E, alla disperata ricerca di una rima, i goliardi milanesi l’hanno inserito in una delle tante leggi del repertorio ormai nazionale: La leg de Ghirla: ai donn ghe pias el pirla (La legge di Ghirla: alle donne piace il pirla). E dov’è Ghirla? In Lombardia: piccola frazione del Varesotto, con annesso laghetto, nella val Ganna. E la morale della Ferrari e della bicicletta? Vediamo. Un adagio latino ultramillenario recita Festina lente (Affrettati lentamente). Però l’ossimoro va tradotto – meglio – Agisci, ma con calma. Chi ha orecchie per intendere, intenda… Il guaio è che Non c’è peggior sordo di chi non vuol sentire. Per i milanesi, qualunque terrone continua ad essere un merdionale. E una città come Bari è tuttora considerata un luogo sperduto, insignificante, morto (e Foggia non esiste proprio…). Roba da non credere… Quindi ai milanesi disinformati facciamo sapere che, prima di tutto, i pugliesi sono noti per la loro ultracotanza: principalmente i baresi. Che sono notoriamente dei feticisti di se stessi e della loro città. La loro massima fanfaronata era Si a Pparigg c’ stess lu mèr’, sarrìj’ na piccola Bbèr’ (Se a Parigi ci fosse il mare, sarebbe una piccola Bari): in seguito M’l(a)n’ (Milano) soppiantò la capitale francese. E la prosopopea barese smerda anche tutti coloro che emigrano al Nord in cerca di lavoro: «Noi invece siamo nella Magna Grécia [e pronunciata con accento acutissimo]. I nostri intellettuali sono tutti dei cervelloni: non hanno bisogno di andare ad elemosinare in casa d’altri. Solo la féccia si trasferisce nell’Alta Italia, specialmente a Milano…». Ma Milano e Bari sono in buona compagnia: Roma, Napoli, Genova, Trieste, Bologna… Ad ogni uccello il suo nido è bello… Ogni scarrafone [Ogni scarafaggio] è bell ’a mamma soj’ (è bello alla mamma sua)… Antonio Ventura


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Provinciale

Giornale di opinione della provincia di Foggia

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olloquia, Festival delle Idee” alla sua settima edizione presso l’ormai consueto auditorium della Biblioteca Provinciale si è svolta il 21 e 22 marzo scorsi, si richiama espressamente ad Icaro, al suo volo mitico, metafora di Libertà, desiderio di Verità e Conoscenza. Andrea Segrè, professore ordinario di Politica Agraria presso l’Università di Bologna, Dino Leporini, professore di Fisica Generale presso l’Università di Pisa, Mario Botta, docente presso l’Accademia di Architettura di Mendrisio, Franco Cassano, professore ordinario di Sociologia e Sociologia dei processi culturali e comunicativi presso l’Università degli Studi di Bari, e Giuseppe Galasso, professore emerito presso l’Università Federico II di Napoli, ci hanno accompagnato in un percorso che pare riproporre i moniti della greca Hybris per definire l’attuale controverso rapporto tra progresso umano e pianeta ospite. Disobbedienza a canoni e concezioni tradizionali, limiti alla liceità dell’ardimento, proporzione tra fini e mezzi, nonché effettiva capacità di padroneggiare il delicato equilibrio tra ambiente e risorse, sono in fondo i termini essenziali del problema Icaro. Se assumiamo i problemi del mondo quali forme soffocanti di un labirinto, notiamo come la metafora visiva della stretta analogia tra vita umana e ricerca di soluzioni per non smarrire la strada, la necessità di individuare una via di fuga dalle vie non rette dell’esistenza, l’idea stessa di liberazione, costituiscano le premesse logiche di un volo sicuramente pericoloso, ma almeno quanto i cupi corridoi di un labirinto abitato da illusioni e paure. Nel campo delle illusioni, incuranti dei diffusi fenomeni di sperpero alimentare, come della sempre maggiore difficoltà nel reperimento di cibo sano, crediamo di poter nutrire il pianeta senza conferire al cibo quella centralità rispetto al problema che esso merita. Lo stato del pianeta, e dunque la nostra stessa salute, risulterà prima o poi irreversibilmente compromessa se non riconosciamo l’importanza di quel cibo, cosiddetto “medio”, perché alla portata di tutti; una risorsa che passa sull’uscio di casa, che vediamo crescere intorno a noi. Si tratta, in effetti, di ricordare l’ormai ineludibile necessità di fare dell’educazione alimentare una vera e propria rivoluzione culturale, di approdare finalmente ad un virtuoso processo di integrazione tra programmi per impieghi compatibili di risorse naturali e fenomeni di impatto ambientale. Soprattutto se dedichiamo anche un solo istante della nostra attenzione alle enormi quantità di acqua impiegate in modo indiretto, e dunque profuse, nel corso dei vari processi di produzione alimentare. Ma l’umana capacità, spesso necessità, di volare alto si staglia sempre di più in quel supremo tentativo di sopravvivere a tutto ciò che è caduco mediante luce, gravità, emozione, ossia in quell’arte che è propria dell’architetto. Non importa se la globalizzazione soffia sulle certezze, l’architetto modella e modellerà sempre nuovi spazi di vita per l’uomo, giocando sapientemente sullo scorrere inesorabile del tempo, scoprendo radici pro-

CronAChe dellA CulturA Foggia, «Colloquia, Festival delle idee»

Icaro: realtà, progetti, utopie per il futuro

fonde, regalando forme utili sussurrate dalla sinfonia universale del progresso umano. Ma la sfida è lungi dall’essere vinta, perché ogni avanzamento verso la conoscenza, ogni frutto dell’ingegno umano nasconde un minotauro, che similmente ad un computer appare prodigioso e debole ad un tempo. Capace di innumerevoli elaborazioni, veloce nella risoluzione di problemi, il nostro ausilio algoritmico si ferma, per ora, dinanzi a percorsi a lui non noti. Estremamente affidabile nelle previsioni atmosferiche, come nella progettazione di veicoli sempre più sicuri, il computer in diverse circostanze si è rivelato causa di eventi tragici o quanto meno paradossali, ponendo al suo creatore quesiti spesso inquietanti sulle conseguenze del suo utilizzo. Le prospettive relative alla possibilità che un computer sviluppi intuizione, sensibilità e coscienza, oggi, invero, provocano meno inquietudine delle inevitabili e pressoché immediate ricadute sui già fragili livelli occupazionali del cosiddetto modello di sviluppo occidentale, alle prese con una crisi di sistema che pone a sua volta nuovi interrogativi al “mondo delle scelte”, ossia alle culture politiche, chiamate probabilmente a ridefinire i tratti di una società più equa e responsabile. Tradizionalmente, la “sinistra” faceva propri tutti quegli aneliti di solidarietà, progresso ed uguaglianza che, in qualche maniera, ci confortano nei momenti più delicati della nostra esistenza; aspirazioni forse, ma comunque idee. Il compromesso fra capitalismo e democrazia del secondo dopoguerra, caratterizzato da alti tassi di sviluppo e robusto welfare state si è infranto dinanzi all’incedere, più o meno impetuoso, di un paese che ascolta, la Cina, e di uno che domanda, l’India. Realtà enormi, se paragonate ad una Europa che, pur non vantando una classe media di trecentocinquanta milioni di persone, resta la radice culturale dei sistemi universalistici che fino a ieri hanno influenzato le scelte economiche del pianeta. Liberalismo e marxismo-leninismo, sebbene in formule più o meno rivisitate, guidano oggi le ambizioni dei paesi emergenti, coscienti dell’oramai ineluttabile favorevole flusso di ricchezza mondiale. Da qui i travagli della sinistra occidentale e di quella europea, più in particolare, che, riconoscendo l’impossibilità di tutelare diritti in contrasto con le esigenze della competitività e affrontando le sfide poste da una dimensione sempre più individuale del lavoro, tenta di costruire un blocco sociale di riferimento sempre più ampio. Il problema sarà eventualmente quello deri-

vante del confronto con la attuale propensione delle sinistre dei paesi emergenti, che incontrano fasce sociali sempre più ampie proprio sul terreno della giustizia sociale, dell’uguaglianza, come dei diritti civili; per cui la questione si porrà, presto o tardi, nella possibilità di proporre una idea di sinistra del mondo da contrapporre alle culture politiche conservatrici. Ma è evidente come la politica cerchi le tracce della storia, senza che la storia faccia altrettanto. Sì, perché sembra che la ricerca di soluzioni alle paure ed alle illusioni del labirinto si faccia sempre troppo complessa quando il labirinto di Icaro assume i contorni plastici del Mezzogiorno d’Italia e la storia procede con passo deciso verso qualcosa di apparentemente indefinito. Il Mezzogiorno, da sempre parte di ampi sistemi socio-economici più o meno integrati, oggi come un tempo, si globalizza con l’atavico ed inseparabile bagaglio di problematiche peculiari. Napoli ed il suo regno abbracciavano il resto d’Italia e la stessa Europa in una complessa rete di interconnessioni economiche, dai tempi dell’egemonia finanziaria dei banchieri toscani e genovesi. Le crisi del Mezzogiorno sono sempre state, a ben vedere, riflessi di problematiche che investivano l’ Italia nel suo complesso, e se la rivoluzione industriale vide protagoniste altre realtà economiche europee più progredite ciò è dovuto alla storia certamente, ma tutta la realtà è storica, come la conoscenza. Se il senso della

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storia è quello che emerge dal suo svolgersi, probabilmente, è giunto il tempo di una profonda analisi critica che non ci veda solo ed esclusivamente vittime, ma anche responsabili più o meno consapevoli del nostro destino perché, parafrasando Hannah Arendt, il passato illumina il presente ma non lo determina. Se, nonostante gli insegnamenti della storia, non abbiamo rinunciato ad un presente che fosse nostro, resta, tuttavia, lo studio dei problemi, accompagnato magari dalla consapevolezza che si è sempre il Mezzogiorno di qualcuno e che, forse, diverremo Mezzogiorno anche rispetto a quel resto del mondo ancora alla spasmodica ricerca di progresso, oltre che di materie prime. La seconda guerra mondiale ha posto fine all’egemonia europea, perché è dal cuore del vecchio continente che il dispotismo ha minacciato l’esistenza stessa del concetto di umanità. Nemmeno la caduta del Muro di Berlino ha indotto l’Europa a riflettere sulle sue prospettive, complice probabilmente la nostra incapacità di leggere meglio e più a fondo un passato, neanche tanto remoto, che parlava al mondo la lingua delle libertà universali e dei diritti individuali. In conclusione, ci permettiamo di osservare come forse l’errore di Icaro sia non il volare troppo alto, bensì il volare in sé, ossia l’idea stessa di sfuggire al labirinto. Al labirinto non si sfugge perché non si sfugge a noi stessi, alle nostre vite, ai nostri limiti. Forse l’unica alternativa è quella di muoverci nel labirinto con la consapevolezza del dove e del perché delle cose, ricercando soluzioni meno complesse a problemi che noi stessi spesso contribuiamo a creare. Ma l’uomo è tentato dalle soluzioni estreme, per cui ci auguriamo che, volando alto, ricordi le parole di Gabriel Garcia Marquez – “A un bambino darei le ali, ma lascerei che da solo imparasse a volare. Ai vecchi insegnerei che la morte non arriva con la vecchiaia, ma con l’oblio”. Corrado Guerra

Restauro della statua di Vincenzo Lanza nella Villa comunale di Foggia

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errà presto restaurato il monumento a Vincenzo Lanza, situato nella Villa comunale di Foggia. Il restauro nasce da una iniziativa dell’Amministrazione comunale del capoluogo – Assessorato alla cultura – e del gruppo familiare Telesforo che contribuirà con fondi privati dei suoi componenti. In particolare, la famiglia Telesforo sponsorizzerà i lavori sulla statua, mentre l’Amministrazione comunale si occuperà del finanziamento per l’intervento sul basamento. Il progetto di intervento è stato elaborato sotto l’attenta sorveglianza della Soprintendenza per i Beni Storici Artistici ed etnoantropologici della Puglia. L’esperto cui affidare i lavori è stato individuato nella foggiana Carla Russo, restauratrice che ha più volte collaborato con le diverse soprintendenze.


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CronAChe dellA CulturA

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Scomparso a Manfredonia nel 1969

Monsignor Andrea Cesarano, vescovo illuminato, benemerito della cultura M

anfredonia, città fondata nel 1263 da re Manfredi di Svevia (i lavori iniziarono nel 1256), in un luogo a pochi chilometri dall’antica Siponto distrutta dai maremoti del 1223 e del 1255, mantiene l’antica sede episcopale sipontina. Fra i presuli che hanno guidato con saggezza la citata sede episcopale – da Giustino martire, nominato dall’apostolo Pietro, o secondo alcuni storici da Felice che partecipò al sinodo romano nel 465 – voglio ricordare, brevemente, monsignor Andrea Cesarano, arcivescovo metropolita sipontino ed amministratore apostolico perpetuo di Vieste. Cesarano nacque a Nocera Pagani (oggi Pagani), in provincia di Salerno, il 6 luglio 1880 da Federico e Maria Grazia Capone. Fu ordinato sacerdote il 19 marzo 1904 nel duomo di Amalfi. In questa città i suoi genitori si erano trasferiti da alcuni anni. Nel 1914 il suo arcivescovo, monsignor Angelo Dolci, lo nominò prima segretario eppoi canonico della cattedrale di Amalfi. Lo stesso arcivescovo, nel 1915, fu

nominato dalla Santa Sede delegato apostolico di Turchia, e Cesarano partì con lui. Nel 1931 il Sommo Pontefice Pio XI, cardinale Achille Ratti, nominò Cesarano arcivescovo metropolita sipontino ed amministratore apostolico perpetuo della diocesi di Vieste (soppressa nel 1818), essendo la sede rimasta vacante dal primo ottobre 1929 a seguito delle dimissioni del titolare monsignor Pasquale Gagliardi: fu affidata a monsignor Alessandro Macchi, Vescovo di Andria. Cesarano fu consacrato il 15 agosto 1931 nella Basilica cattedrale a Costantinopoli, città sul Bosforo, in Turchia, dall’arcivescovo Carlo Margotti, delegato apostolico della Turchia, con i consacranti arcivescovo Angelo Giuseppe Roncalli (divenuto poi papa Giovanni XXIII), delegato apostolico della Bulgaria e Giovanni Battista Filippucci, vescovo di Atene. Era vicario generale e segretario della delegazione apostolica di Turchia. Il suo ingresso solenne in Manfredonia su un cavallo bianco, secondo la tradizione a ricordo di San Lorenzo

Buck & Book IV edizione

I ragazzi invitati a scrivere su tematiche legate all’alimentazione

È

stata bandita la IV edizione del Concorso letterario «Buck & Book», riservato alle scuole primaria e secondaria di I grado. Si può partecipare individualmente con un solo racconto, inedito e non più lungo di 4 cartelle formato A4 di 30 righe in carattere Times New Roman con corpo 12, sul tema: Io mangio. Tu mangi? Raccontiamo che il cibo è energia, è vita… Raccontiamo che non per tutti è sempre facile avere il giusto apporto di cibo… Raccontiamo che è doveroso rispettare ciò che, ogni giorno, troviamo sulle nostre tavole... Il racconto deve essere inviato in triplice copia, entro e non oltre il 31 luglio 2015, via posta al seguente indirizzo: Edizioni del Rosone – Buck&Book 2015 – Via Zingarelli, 10 – 71121 Foggia Ogni copia deve riportare nome e cognome, indirizzo, numero di telefono, e-mail, data di nascita, classe e nome dell’istituto di frequenza. Ad ogni racconto deve essere allegata l’autorizzazione alla partecipazione, con liberatoria di eventuale pubblicazione, compilata e firmata dai genitori, scaricabile sul sito www.buckfestival.it Il racconto deve anche essere inviato via mail a contatti@edizionidelrosone.it con i formati doc o odt. Nella mail dovranno essere inseriti nome e cognome, indirizzo, numero di telefono, data di nascita, classe e nome dell’istituto di frequenza. La partecipazione è gratuita. Le opere saranno valutate, a giudizio insindacabile ed inappellabile, da una Giuria, composta da esperti nominati da Buck Festival della Letteratura per ragazzi di Foggia, che esaminerà gli elaborati giunti nei termini stabiliti e conformi al Bando e designerà i vincitori. Avrà, inoltre, la facoltà di assegnare riconoscimenti e menzioni. Le opere presentate non verranno restituite e non saranno comunicati i giudizi di quelle non classificate. La premiazione avverrà nel mese di ottobre 2015 nel corso di Buck Festi-val della Letteratura per ragazzi di Foggia. Primo, secondo e terzo classificato verranno premiati con targhe, libri per ragazzi e attestati. La partecipazione al concorso implica l’accettazione delle norme del presente Bando.

Maiorano, avvenne il 21 dicembre di quell’anno, il 1931, dopo aver celebrato l’Eucarestia nell’antico santuario di Siponto (oggi Basilica minore). Monsignor Cesarano fu promotore di numerose iniziative, realizzate con positivi apprezzamenti che sono tuttora in ricordo alle nuove generazioni. Ne ricordo alcune: la costruzione di nuove chiese con il titolo di parrocchia; l’apertura di scuole in Manfredonia (media inferiore, ginnasio, liceo classico, magistrale femminile e maestre d’asilo); l’apertura di collegio maschile e femminile; l’apertura del seminario diocesano «S. Cuore» di Manfredonia; la decorazione pittorica dell’interno del Duomo di Manfredonia, affidando l’incarico al pittore milanese Natale Penati; la sistemazione della facciata laterale del duomo di Manfredonia, prospiciente la piazza Duomo (oggi Giovanni XXIII), affidando all’artista manfredoniano Aronne Del Vecchio. L’episcopato di monsignor Cesarano fu anche ricco di avvenimenti. Ricordo: l’incarnazione della madonna di Siponto, patrona di Manfredonia e dell’arcidiocesi, da parte dell’allora Patriarca di Venezia, cardinale Angelo Giuseppe Roncalli (oggi santificato); l’azione pastorale svolta a favore della popolazione di Manfredonia durante il periodo d’occupazione tedesca dal 9 al 26 settembre 1943. (Lo scrivente, all’epoca, aveva 12 anni; ha molti ricordi ancora vivi nelle sue uscite di quel periodo storico).

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Cesarano, giunto in età avanzata, rimase al suo posto avendo come amministratore apostolico «sedeplena» il vescovo di Lucera, monsignor Antonio Cunial (trasferito poi a Vittorio Veneto). Morì il 19 dicembre 1969 a Manfredonia ed ivi fu sepolto nella sua cappella gentilizia del cimitero. Egli ebbe riconoscimenti in vita e dopo la morte. Il 22 maggio 1944 fu decorato di medaglia d’argento al valore civile per l’azione pastorale svolta a favore dei manfredoniani durante il periodo d’occupazione tedesca. Il 2 giugno 1965 su proposta del ministro Gui, il Presidente della Repubblica Italiana, Saragat, gli conferì la medaglia d’oro di benemerito della scuola, della cultura, dell’arte. Il 20 dicembre 1970, promossa dalla sezione locale dell’Associazione Italiana per Assistenza agli Spastici, si svolse a Manfredonia, presso l’auditorium del seminario arcivescovile «S. Cuore», la commemorazione di monsignor Cesarano, cui venne intitolato il centro di assistenza agli spastici, nei pressi del villaggio dei pescatori. Poi nell’ingresso del citato centro venne inaugurato il busto bronzeo di Cesarano, opera dell’artista manfredoniano Aronne Del Vecchio. L’amministrazione comunale di Manfredonia ha avvertito l’esigenza di onorare l’illustre prelato, intitolando una strada nel cuore della zona nuova della città (anno 2005). Michele Cosentino

Organizzato dall’UNITRE di San Marco in Lamis

Festival Internazionale della Poesia: grandi emozioni e momenti di cultura S

i è svolto nei giorni 21, 22 e 23 maggio 2015 a San Marco in Lamis il Festival Internazionale della Poesia – San Marco in libris con la partecipazione di poeti e scrittori italiani e stranieri di grande prestigio. Sono, infatti, intervenuti Mario Melénder (Cile), José Angel Leyuia (Messico), Humberto Vinueza (Ecuador Rafael Soler (Spagna), Vincenzo Guarracino (Italia) Giovanni Occhipinti (Italia), e Walter Raffaelli, editore (Italia). Nei tre giorni si sono vissuti momenti di alto valore culturale e di intensa emozione spirituale attraverso l’incontro con un folto gruppo di studenti dell’Istituto «P. Giannone» di San Marco in Lamis, i contributi critici di Guarracino, Occhipinti e Raffaelli, la lettura in lingua spagnola e lingua italiana di alcuni componimenti poetici appartenenti alla produzione degli autori presenti. Nella giornata di chiusura, alla poesia si è alternata la musica, ad opera del pianista M° Michelangelo Martino e del soprano Daniela Milanese. Nella stessa giornata finale è stato aperto uno spazio dedicato al poeta e scrittore sammarchese Joseph Tusiani, che vive a New York, e nonostante i suoi 91 anni non cessa di regalare ai suoi numerosi estimatori e ammiratori componimenti poetici di grande bellezza.

Lo spazio è stato curato da Matteo Coco e Antonio Cera. L’evento è stato organizzato dall’Associazione UNITRE di San Marco in Lamis ed è stato coordinato dal presidente del sodalizio Raffaele Cera, dal Direttore dei Corsi Pietro Villani e da Emilio Coco, poeta e traduttore e grande conoscitore della poesia ispano – americana. Ha portato il saluto della Banca CARIME - UBI, principale sponsor dell’evento, il dott. Roberto Chiurcia, direttore della Filiale di Vico del Gargano. Alla manifestazione hanno dato il loro qualificato patrocinio l’Università degli Studi di Foggia e l’I.I.S.S. «P. Giannone» di San Marco in Lamis, il cui dirigente prof. Stefano Marrone ha fatto gli onori di casa avendo messo a disposizione lo splendido Teatro della scuola. Dopo la 1ª edizione l’auspicio è che il Festival possa avere altre edizioni nei prossimi anni poiché la poesia resta una delle risorse culturali più preziose che l’uomo ha a disposizione per non smarrire il senso della sua umanità e della sua civiltà. Soprattutto le giovani generazioni hanno bisogno di nutrirsi di poesia anche per dare alla loro formazione basi e pilastri solidi di fronte ai rischi di smarrimento che oggi sono presenti nella vita di tutti i giorni. M.M.


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CronAChe dellA CulturA

Lucera, Premio Bozzini edizione 2015

ntro i termini stabiliti dal Bando sono pervenuti per concorrere al Premio Bozzini -Edizione 2015 - cinquantanove lavori: 4 per la sezione Teatro; 10 per la Narrativa e 45 per la sezione dedicata alla Poesia. La qualità delle opere è risultata in genere piuttosto modesta con un livello qualitativo medio appena più convincente nella sezione della Prosa. Naturalmente, e nella fattispecie per la Narrativa e per la Poesia, un piccolo gruppo di lavori si è messo in buona evidenza e su quello la Giuria ha operato la definitiva scelta selettiva. La Giuria, composta da Falina Marasca, Lucianna Modola (presidente del Premio), Michele D’Ambrosio, Francesco De Martino, Raffaele Nigro Paolo Emilio Trastulli (Presidente della Giuria) e Giuseppe Trincucci (Segretario) si è riunita - tutti presenti - il giorno 17 maggio nei locali di Palazzo D’Auria Secondo, messi gentilmente a disposizione. I suoi lavori sono stati caratterizzati da ampia e franca discussione, in un clima di particolarmente cordiale scambio di valutazioni ed opinioni variamente differenziate, che hanno comunque portato ad una conclusiva convergenza critica di giudizi, espressi sempre all’unanimità. La Giuria, anche (ma non esclusivamente) in considerazione dell’esiguo numero di lavori presentati, ha deliberato di assegnare solo due Premi nella

sezione dedicata al Teatro. I due lavori proposti, diciamo così, in ordine alfabetico, sono: Incontenibile smania di successo e Riflesso in uno specchio retrovisore. Egualmente per la sezione Narrativa, si indicano qui i lavori premiati, mentre l’ordine di classifica, le motivazioni singolarmente espresse e gli autori verranno resi noti al momento della consegna dei premi. Le opere che hanno ottenuto i maggiori consensi sono state: Gabbie, Oltre il viaggio e Perdono. Infine, per la Poesia, dove la discussione è stata più ampia ed articolata, ma certamente più immediata e convinta la convergenza su quella (delle non molte indubbiamente valide) apparsa meritevole del primo premio, sono state scelte - nell’ordine, con le motivazioni e la paternità che verranno rese note, anche qui, all’atto della consegna dei Premi - Barbablù, Campania felix e Di sotto in su. La menzione speciale «Pia Appolloni Figliola» viene attribuita alla Poesia vincente. Passando a considerazioni più generali, la Giuria ritiene che per conferire maggiore robustezza e vitalità al Premio, così significativo nella storia della cultura non esclusivamente locale, oggi prevalentemente legato al meritorio contributo dei privati, sia necessaria una maggiore e più concreta collaborazione delle istituzioni pubbliche, a

«La città e la fede» di Matteo Ciavarella

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iovedì, 11 giugno, presso l’auditorium «Pasquale Soccio» della Biblioteca Comunale di San Marco in Lamis, la Fondazione «Pasquale e Angelo Soccio» ha presentato il volume di Matteo Ciavarella La città e la fede, inserito nella collana «Società e… Fede» delle Edizioni del Rosone, dall’autore, a felice ricordo dei cinquant’anni vissuti insieme, dedicato alla consorte Rina, a voler condividere «l’identità spirituale della nostra amata città». Gli interventi dei due relatori, Raffaele Cera, autore della presentazione allo scritto e Maria Rosaria Nardella, hanno sottolineato l’importanza della fede nella vita della città, nello specifico di San Marco in Lamis, comunità dalla grande vivacità culturale e dal-

l’imponente patrimonio religioso sviluppatosi all’ombra di due storici Santauri, quello di Stignano e quello di San Matteo. Le pagine, che Matteo Ciavarella fa precedere da una premessa importante, sono quanto mai significative nel tempo che viviamo. Così egli scrive: «Sono convinto che approfondire l’immaginario evangelico della città per proporlo in tutta la sua ricchezza alla città attuale è un servizio da offrire» riprendendo le parole dello scritto «Dio nella città» di Papa Francesco. È, quella di Ciavarella, la conferma della necessità di un doveroso impegno nella città da parte di ciascuno per affrontare le sfide della modernità, per svolgere ruoli da protagonisti nella realizzazione del bene comune per armonizzare la fede con la vita concreta. È un percorso laborioso quello che il nostro autore vuole indicare ai sammarchesi, e non solo. Queste poche pagine, scrive Raffaele Cera, hanno un grande valore, perché ci indirizzano verso una riflessione che lascia e trascura le scorie e le miserie della quotidianità per assurgere ad altezze che, sole, consentono di saper bene qual è il vero destino del nostro essere persone chiamate a cooperare al disegno divino. «Ed ecco la grande intuizione di Matteo Ciavarella – scrive Raffaele Cera nella presentazione –: aver capito, e desiderato di far capire, al di là di aspetti pur importanti legati alla vita economica, commerciale, sociale e culturale, che vi è stato un disegno provvidenziale nella nascita delle

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cominciare da quelle cittadine che nella titolazione il Premio stesso richiama. Di conseguenza, anche in ragione della persistente situazione economica generale del Paese, si avanza l’ipotesi, più che di una alternanza (pur sempre da tener presente) tra le tre Sezioni, quella di una possibile scansione biennale (o di diversa periodizzazione) della edizione del Premio. Soprattutto per poter disporre di tempi più ampi e meno congestionati per la sua organizzazione. Fermo restando che la maggiore attrattiva, in grado, per altro, di sollecitare anche una partecipazione di autori maggiormente qualificata, è pur sempre rappresentata come avviene ormai un po’ in tutta Italia - dalla presenza di premi in denaro. Convinta, però, che l’importanza di un Premio Letterario risieda non solo nella serietà di chi giudica, ma anche e sopratutto nella qualità certificabile

dei lavori presentati al suo giudizio, la Giuria con convinzione unanime consiglia e propone - almeno per la Poesia, dove è più facile e frequente la profluvie negativa del dilettantismo incontrollato e talora sospetto - di passare, pur con le dovute precauzioni, dalla premiazione della singola composizione inedita a quella di una raccolta poetica edita in tempi recenti e periodi determinati. Un’ultima annotazione di tipo statistico relativa all’edizione 2015 del Premio Letterario Umberto Bozzini. La sua definizione di «Nazionale» va senza dubbio ulteriormente sostanziata attraverso una più capillare informazione che sia in grado di ampliare l’area di interesse e di raccolta dei partecipanti, che tuttavia appare già in qualche modo consolidata e soddisfacente all’attributo, nonostante i limiti oggettivi di cui si è detto. La partecipazione «geografica», che nel 2014 aveva di fatto interessato tutta la Penisola con qualche apporto anche dall’estero, ha avuto quest’anno i suoi estremi - sebbene piuttosto episodici ed isolati - nella Sicilia e nell’Emilia Romagna, passando per la Calabria e risalendo fino al Lazio; più consistente - e ben si spiega - la presenza di autori provenienti dai vicini Abruzzi; naturalmente preponderante, infine, la partecipazione di autori pugliesi, soprattutto della Capitanata e di Lucera. Un dato con cui ci piace chiudere, perché in qualche modo conforta, è il poter rilevare che alcuni autori, presenti nell’edizione 2014, hanno voluto essere di nuovo qui nel 2015. Adesione che intendiamo come segno e testimonianza di fiducia e di amicizia; anche di questo il Premio Umberto Bozzini - Città di Lucera ha bisogno. Paolo Emilio Trastulli

chiese e nel dedicare tali luoghi di fede e di culto ai protagonisti principali di un tale disegno. … Matteo Ciavarella in queste pagine ci aiuta a riflettere su un orizzonte più alto e lo fa sulla scorta di un’attitudine pluridecennale che gli ha consentito di occuparsi della storia della nostra città e della comunità in cui essa è vissuta e vive. ...E insieme ci affida la responsabilità di riscoprire, testimoniare e valorizzare la vocazione spirituale e religiosa della nostra comunità». L’autore, poi, nella premessa, afferma che «a volte basta un nonnulla perché dinanzi a noi si aprano all’improvviso orizzonti fino a un momento prima inimmaginabili. Così è sufficiente un timido tentativo di indagine sull’identità spirituale della propria comunità cittadina, perché si faccia la felice e feconda scoperta che anche una città, a somiglianza del singolo fedele, è chiamata ad un cammino di fede; ha cioè una sua vocazione e vive una propria specifica spiritualità. San Marco in Lamis è una città dal carattere eminentemente mariano. Essa è stata guidata all’incontro con Gesù da Maria, sua madre. Maria ha permeato

di sé ogni più intima fibra della città e ha trovato il modo di essere presente anche nelle chiese a lei non intitolate, per mezzo di alcune devozioni, come quella a Maria Bambina nella chiesa di San Bernardino e l’altra alla Madonna del Carmelo nella chiesa di Sant’Antonio Abate. La vocazione e la spiritualità di San Marco in Lamis, quindi, devono avere il loro fulcro in un pieno e totale affidamento a Maria. … Alla fine, diventa ineludibile la domanda di fondo: ma Dio è davvero presente nella città? In verità, dire che Dio è presente nella città è dir poco, per il fatto che questa riveste un ruolo di primissimo piano nel suo disegno di salvezza. Occorre infatti non dimenticare che Dio e la città sono due realtà inscindibili e costituiscono un grandissimo mistero, che attraversa da cima a fondo tutta la Sacra Scrittura». È una bella lettura quella che ci viene proposta anche in vista delle vacanze estive che ci accingiamo a vivere; vacanze da intendere come possibilità di assicurare a noi stessi e a chi ci circonda l’opportunità di un tempo privilegiato per favorire il riposo fisico, e quello spirituale. Falina Martino Marasca

Qualità buona e incoraggiante partecipazione da tutta Italia E

Anno XXVII - n. 2 Giugno 2015

Alberona accoglie il fondo librario di Giuseppe De Matteis

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on una cerimonia che avrà luogo ad Alberona il prossimo 22 agosto, Lidia e Nicola, fratelli del compianto prof. Giuseppe De Matteis doneranno al Comune della città la Biblioteca del docente e studioso scomparso a luglio del 2013. Era, infatti, desiderio del prof. De Matteis che fosse istituito nel suo paese di origine un Centro Studi che potesse usufruire del suo patrimonio librario e dei suoi stessi studi.


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Anno XXIII - n. 2 Giugno 2011

CronAChe dellA CulturA

Incontro con il poeta Michele Urrasio

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na mattinata letteraria dedicata all’incontro con l’autore ha avuto luogo martedì 9 giugno scorso, ad Alberona, nella Sala Auditorium «V. D’Alterio». Gli alunni della Scuola Media Statale «G. Strizzi» hanno incontrato il poeta Michele Urrasio, del quale, durante l’intero anno scolastico, avevano letto, commentato e studiato le ultime quattro sillogi, Tempo senza tempo, 2005; ’A ’ddore u pane, 2007; Le radici del sentimento, 2010; Sillabe di silenzio, 2013. Attentamente guidati dalle professoresse Assunta Cupaiolo, Cinzia Aquilino e Antonietta Iatalese, gli alunni hanno dimostrato di avere colto i motivi ispiratori di base delle opere prese in esame, tanto da riuscire a scandagliare in profondità il mondo poetico urrasiano. La presentazione dell’uomo e dello scrittore è stata ampia e dettagliata, sia nella rievocazione biografica, che nella elencazione delle numerose raccolte pubblicate, a partire da Fibra su fibra del 1965. Dopo la brillante recitazione di alcune poesie in lingua, puntualizzate da attente connotazioni critiche, l’at-

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Associazione «Spazio 55–Arte contemporanea» di Foggia e la Fondazione Banca del Monte, in collaborazione con i Comuni di Faeto, Celle San Vito, Deliceto, Biccari e Roseto Valfortore, per il secondo anno organizza una serie di manifestazioni all’interno del tema «Il cielo e le terre. Interventi d’arte tra le strade, le campagne, l’azzurro, il verde, le presenze, le assenze». In sostanza, si tratta di un’iniziativa che tende a valorizzare i borghi dei Monti Dauni attraverso un rapporto nuovo e più diretto tra arte e comunità, con la partecipazione diretta di artisti e con l’allestimento di laboratori. Con la novità che anche la fotografia «apre» alla conoscenza e alla fruizione del pubblico presente nelle piazze e nelle strade dei borghi partecipanti all’edizione 2015. Il programma si apre sabato 4 luglio con la manifestazione inaugurale, a Roseto Valfortore, con la partecipazione del presidente della Fondazione, Saverio Russo, dei sindaci dei quattro Comuni e del curatore del progetto, Guido Pensato. Sabato 18 luglio è la volta di Deliceto con l’inaugurazione della mostra «Tra i cieli e le terre dell’arte: Deliceto», delle istallazioni ambientali lungo il paese, della mostra fotografica «I luoghi dell’abbandono», di Daniele Ficarelli; del reportage di Michele Carmellino, Nelli Maffia e Guido Pensato dedicato a «I Luoghi dell’assenza», e delle istallazioni ambientali lungo il paese. Sabato 25 luglio, a Faeto, nella sala polifunzionale dell’Istituto scolastico, inaugurazione della mostra «Tra i cieli e le terre dell’arte: Faeto» e delle istallazioni ambientali lungo il paese. Sempre sabato 25 luglio, nella mattinata, nel Palazzo Nicola Perrini di Celle San Vito inaugurazione della mostra «Tra i cieli e le terre dell’arte: Celle San Vito» e delle istallazioni ambientali lungo il paese. Infine, sabato 1 agosto, presso il Centro sociale polivalente «Bollenti spiriti» di Biccari, inaugurazione della mostra «Tra i cieli e le terre dell’arte: Biccari» e delle istallazioni ambientali lungo il paese. M.M.

Caro Umberto di Gabriella Laura Del Vecchio

Dedicato al compositore foggiano è nato tra i banchi della «Bovio»

Periferie con i risultati del Premio Ischitella-Giannone È

disponibile, in versione online, il numero di aprile-settembre 2015 del periodico culturale Periferie edito da Cofine e diretto da Vincenzo Luciani. Come sempre, vario e interessante il contenuto della rivista che spazia sulla produzione poetica nazionale, non trascurando il versante dei nuovi linguaggi attraverso la pubblicazione di saggi ed interventi. In quest’ultimo numero, di particolare interesse per il nostro territorio lo spazio dedicato ai risultati del Premio Ischitella-Pietro Giannone 2015, vinto dal romagnolo Paolo Gagliardi con una raccolta poetica inedita in dialetto di Lugo (Ravenna). Al secondo posto Gabriella Rossitto, al terzo Giovanni Nadiani.

Periferie pubblica di ciascuno un profilo professionale e culturale e uno stralcio dei lavori presentati al Premio. Ugualmente per i concorrenti finalisti: Maurizio Balestra, Maria Gabriella Canfarelli, Fernando Gerometta, Rita Gusso, Vincenzo Mastropirro e Marino Monti. L’altra parte della rivista propone «Lingue a confronto» di Ombretta Ciurnelli; i vincitori del Premio Vincenzo Scarpellino per poesie e stornelli nei dialetti del Lazio; le recensioni di Canzune d’amore di Camillo Coccione, Racconto di un’amicizia di fine Millennio, Angela Bonanno e la metafora del pane. Infine, il bando della III edizione del concorso Salva la tua lingua locale.

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Il cielo e le terre: l’arte raggiunge i borghi dei Monti Dauni

Scuola media «G. Strizzi» di Alberona

tenzione degli alunni si è soffermata sul poemetto in dialetto alberonese, A meteture, un momento di estrema importanza della civiltà contadina. Le varie fasi della raccolta del grano sono state, inoltre, rappresentate graficamente, con la guida della professoressa Cristina Catenazzo, mediante immagini essenziali nella forma e nel colore, ma di grande rilevanza psicologica e interpretativa. Di evidente intensità la partecipazione degli alunni, i quali hanno dimostrato di essersi calati nella narrazione dei versi e di averne saputo cogliere momenti e sentimenti, evidenziando il pregio di essenzialità che qualifica, caratterizzandola, la produzione poetica di Urrasio. Il poeta, dopo avere ringraziato il dirigente scolastico, Antonio Teodoro Mariani, i professori, il pubblico e quanti hanno collaborato alla riuscita dell’incontro, ha risposto alle domande degli alunni, indirizzate a rendere esplicito e chiaro il percorso poetico e umano del poeta alberonese. Urrasio è un poeta dauno da anni conosciuto e apprezzato a livello nazionale. I critici più illustri hanno evidenziato la modernità del suo verso, la classicità del suo stile, la capacità di rivestire di elevato valore persino i temi e le espressioni di dimensioni quotidiane. Essi hanno rilevato – come afferma Andrea Battistini dell’Università di Bologna – il suo intento di «avvolgere i contorni netti e definiti della realtà di un alone indistinto, di proiettare la sua poesia in una dimensione metafisica, alla ricerca trepida e palpitante di ciò che ancora umanamente ci sfugge». Michele Urrasio è «un poeta lirico, raffinato ed elegantissimo, musicale e luminoso» (G. Bárberi Squarotti), che, con voce sommessa ma intensa, parla al cuore di tutti. E questo incontro ne è stata una ulteriore dimostrazione. Giucar Marcone

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n una cornice a dir poco straordinaria, alla presenza di un folto e qualificato pubblico, è stato presentato il volume di Gabriella Laura Del Vecchio, Caro Umberto, dedicato all’artista foggiano illustre cittadino del mondo, corredato da un DVD nato tra i banchi della scuola «Bovio» Di qui la peculiarità dello scritto che ben risponde all’interesse delle Edizioni del Rosone di Foggia per i protagonisti della storia locale, di cui si ritiene doveroso trasmettere la memoria alle nuove generazioni, e non solo. Nella consapevolezza che la vera povertà sia la mancanza di aggancio alle radici, come ha precisato Falina Marasca, responsabile della Casa editrice, la pubblicazione ha voluto essere un omaggio e un arricchimento del-

l’originario progetto educativo-didattico. Le pagine del volume hanno un unico intento, quello di ricordare e far conoscere l’uomo e l’artista Umberto Giordano, vissuto a cavallo tra il XIX e il XX secolo, testimone del conflitto ideale fra grandi principi, fra democrazia e totalitarismo, fra capitalismo e socialismo, fra sviluppo e sottosviluppo, fra guerra e pace. In un modo o nell’altro, un conflitto che da sempre l’umanità si trova a vivere. L’auspicio dell’autrice della raccolta di scritti e appunti che sono alla base del volume e delle Edizioni del Rosone che hanno progettato e curato la stampa dello scritto è che la lettura del libro sia coinvolgente, offra spunti e suggerisca risposte a quanti credono nella funzione educativa della cultura del territorio d’appartenenza. Riportiamo qui di seguito il messaggio, inviato all’autrice attraverso facebook, dal nipote omonimo dell’artista, Umberto Giordano: «Complimenti per il libro, l’ho letto tutto e l’ho trovato interessante e molto originale nell’impostazione. Interessante, originale e gradevole anche il DVD. I ragazzi si sono impegnati come attori esperti e navigati. Interessanti anche i filmati estratti dalle opere del Maestro, molto utili e completi anche i dati e le notizie finali. Grazie ancora per il dono!». Mauro Galantino


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CronAChe dell’Arte

Continua con successo l’attività artistica di N. Liberatore

Visioni del Sacro, l’artista dauno espone per la prima volta a Bari C

ontinua con successo il percorso artistico di Nicola Liberatore, sempre teso alla ricerca di schemi e paradigmi artistici nuovi da attribuire alla sua produzione. Uno dei suoi più recenti successo è stato registrato a Bari, città dove Liberatore ha esposto per la prima volta, con la mostra «Visioni del sacro». La rassegna, che ha visto la presenza di gran parte delle opere più significative dell’artista dauno, è stata ospitata nella prestigiosa area espositiva di Palazzo Barone Ferrara (Spazio Apulia) e curata da Stefania T. Cassano, dell’Associazione artistica culturale AnimARSi. La stessa Cassano scrive, nel catalogo che accompagna la mostra: «Incontrare la magia e la potenza del

messaggio simbolico e simbiotico fra Arte, Sacro e Memoria che scaturiscono dalla personalissima produzione di Nicola Liberatore, sono state forte scossa emotiva ed impulso intimistico, che mi hanno portata a concepire il progetto artistico “Visioni del Sacro”, collocandolo nella prestigiosa cornice di Palazzo Barone Ferrara (Spazio Apulia) … Il “quotidiano” inteso come momento di vita o come oggetto, che per ognuno di noi è sinonimo di “scontato e noioso”, per l’Artista è potenza espressiva! Egli riesce a sublimare il “materiale” e rendere l’”immateriale” tangibile, annullando i concetti spaziotemporali. Ecco, quindi, l’antico abito da sposa, quello da battesimo, le fasce in cui il nascituro è avvolto, i rosari, le

San Severo: esposizione di Anselmo Maggio

Anche gli animali hanno un’anima A

perta al pubblico, a San Severo, nel suggestivo spazio espositivo del Centro Culturale d’Arte «ANSE» (Artistico, Ninfeo, Spazio Espositivo), in via Valeggio, la mostra personale del pittore Anselmo Maggio sul tema «Anche gli animali hanno un’anima». Una mostra personale, a tema, che mette in evidenza tutta la sensibilità dell’autore, capace di interpretare con grande delicatezza l’universo mondo diverso dall’umano e, pure, ad esso collegato indissolubilmente. Anselmo Maggio ha al suo attivo una lunga ed apprezzata esperienza nelle arti figurative che lo hanno imposto come uno dei più qualificati e stimati artisti del movimento culturale di Capitanata. Proponiamo ai lettori la relazione tenuta dal giornalista Giucar Marcone in occasione della cerimonia inaugurale.

Le opere di Anselmo Maggio sono meravigliose poesie che solo un artista dotato di profonda sensibilità può creare. E come non parlare di sensibilità ammirando le tele qui esposte: arte intesa come amore per la natura, per il Creato. C’è una partecipazione sincera alla vita degli animali fissati sulla tela in una scenografia di angoli naturali: pagine riposanti di campagne, boschi, monti, panorami da sogno che, forse, in un futuro non molto lontano saranno modificati dalla mano improvvida dell’uomo. Anselmo Maggio ci parla con un linguaggio spontaneo, destando ogni volta in noi un’emozione intensa. La sua pittura non sbalordisce, ma incanta perché sulla tela riesce a trasportare con sapienza entusiasmi, malinconie, tristezze anche attraverso la raffigurazioni di animali. Le radici della poetica di Anselmo Maggio affondano in una concezione dell’arte intesa come strumento insostituibile di approfondimento della verità che fa parte del suo bagaglio ricco di umanità. Il suo linguaggio pittorico è frutto dell’intimo legame che attraverso l’ar-

te si instaura tra la sua opera e l’ambiente naturale, letto con una devozione che non gli impedisce di rivivere in maniera personale i soggetti prescelti. L’opera di Anselmo Maggio è una passerella di bellezza e verità, due termini che si fondono: la verità è bellezza, la bellezza è verità, non si può barare. In questi ultimi tempi si parla di bellezza come elemento indispensabile per superare i mali del mondo. Fiodor Dostjovesky addirittura in un suo romanzo a proposito della bellezza scriveva: la bellezza salverà il mondo. Vogliamo crederci pensando alla bellezza che ci canta con i suoi colori il nostro artista, evidenziando nella sua narrativa scritta con i pennelli un filo logico ricco di valori emozionali notevoli che derivano dalla meditazione e dalla conoscenza di esseri viventi che l’uomo ritiene sottomessi, ma che a loro modo soffrono, gioiscono, amano, giocano: gli animali, e gli animali hanno anche un anima; in tal senso parlò anche Benedetto XVI, ma anche tanti poeti, tanti scrittori. Dinanzi alle opere di Maggio l’impatto emozionale è immediato, dalle sue tele parte un messaggio d’amore universale: siamo tutti figli del Creatore, uomini e animali. La vita è la protagonista dei suoi lavori perché la natura è vita. I suoi quadri sono senza tempo, nella loro semplicità e profondità si legge la poesia sulla vita di Anselmo Maggio, i suoi quadri sono la traduzione in immagini dell’intimo sentimento d’amore che ha l’artista con la natura. Guardando queste opere ci si sente coinvolti in una quiete e serenità agresti che il ritmo della nostra società ci ha quasi fatto dimenticare. Opere veramente molto suggestive, quelle di Anselmo, ricche di un’armonia di colori, mai inventati, ma colti nell’osservazione del mondo che ci circonda. Anselmo Maggio ci fa rivivere attraverso l’accostamento armonico dei colori i segni profondi della sua innata intuizione lirica che genera ine-

Anno XXIII - n. 2 Giugno 2011

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antiche forme dei calzari dei pellegrini, guanti, cappellini, antiche carte alternate a pizzi, perline, veli, garze e mescolati ad ori di richiamo bizantino, pigmenti di lapislazzulo evocativi di spiritualità per disegnare Angeli e Cattedrali, bianchi ed avori in cromatismi di purezza da cui prendono forma eteree Madonne, contrapposte ai contrasti di colorismo cupo per le magnifiche Madonne Nere, assurgere a fluido linguaggio emozionale… Liberatore riesce, attraverso le interpretazioni cromatiche, le manipolazioni materiche, il recupero interpretativo, a collocare ogni sua opera in un viaggio emozionale unico.. in un purissimo e purificatore “viaggio” fra umano e divino, finalmente liberi da ogni tormento “digitale”!». È l’apoteosi del bianco la casa – studio di Nicola Liberatore, un maestro del ‘900 italiano che risente moltissimo dei luoghi in cui è nato e si è formato. Il riferimento è certo a quel convento di San Matteo che domina San Marco in Lamis, ma soprattutto ai santuari dell’Incoronata, a Foggia, e di padre Pio a San Giovanni Rotondo,

e a quello dell’Arcangelo Michele a Monte S. Angelo. … E Raffaele Nigro, noto e raffinato scrittore, giornalista, meridionalista e critico d’arte, ha scritto su La Gazzetta del Mezzogiorno del 23 febbraio scorso: «Nicola ha vissuto quei luoghi dall’infanzia, al punto che oggi non può fare a meno di rappresentarne la vita e l’atmosfera di profonda religiosità che si respira. Ecco allora la riproduzione di ex voto pittorici, fotografici, oggettuali nelle sue tele che infestano le stanze di casa, l’uso di trine e merletti per ipostatizzare le richieste e il rapporto che gli uomini hanno avuto e continuano ad avere col sacro, la religiosità tradotta in oggetti laici che simulano altri, devozionali, su cui si è depositata la richiesta di aiuto, attraverso una fontana di lacrime e di ringraziamenti». Recentemente, dal 27 al 30 maggio scorsi, Nicola Liberatore ha partecipato ad una iniziativa artistica di solidarietà per i bambini e le popolazioni terremotate del Nepal, patrocinata dal Comune di Bari e dall’Accademia di Belle Arti di Bari. d.p.

vitabilmente poesia, una poesia della natura, della vita, una poesia anche malinconica di fronte agli accadimenti attuali che danneggiano il nostro vivere civile. In questa personale di Maggio si nota l’assenza-presenza dell’uomo: assenza perché materialmente non esiste, presenza perché l’artista ci fa immaginare attraverso lo sguardo umile, forse spaventato degli animali, lo spirito aleggiante di colui che

dovrebbe difendere la natura per salvare se stesso. Concludendo non posso che ribadire la grande valenza artistica di Anselmo Maggio, un artista puro, riservato, scevro da interessi venali, un amore incrollabile per la pittura e la bellezza, un maestro della pittura che assurge a protagonista e testimone dell’arte italiana, vanto di San Severo e di tutto il nostro territorio. Giucar Marcone

Mostra personale di Amalia Testa

Sinfonia di trasparenze, colori e forme Q

uando ho scoperto l’artista, si può dire per lo più autodidatta, anche se non ha mai smesso di nutrire le sue potenzialità, ho compreso che non si può essere grandi artisti se prima non si è uomini o donne grandi. Abbiamo spesso scritto di lei, noi Edizioni del Rosone sui nostri periodici; abbiamo prodotto nel 2012 il catalogo che raccoglie la sua arte ma anche qualche notizia biografica. Amalia Testa è nata a San Severo e qui vive con la sua splendida famiglia. Da sempre coltiva l’amore per l’arte esprimendosi con varie tecniche. Dall’astratto passa al bianco e nero, all’olio su tela, ai pastelli, e si è specializzata in arte vetraria con tecnica Tiffany, realizzando straordinari quadri, vetrate, lampade e oggettistica. Attualmente si sta formando all’arte digitale. Ha esposto in Italia e all’estero con personali e rassegne, ottenendo premi, riconoscimenti e titoli accademici, nonché recensioni da parte di noti critici, famose riviste e volumi d’arte. Sue opere si trovano in collezioni pubbliche e private. Quanto esposto al Palazzetto dell’Arte, dal 6 al 13 giugno 2015, spingerebbe ad analizzare ogni composizione; evidentemente sarebbe troppo lungo e anche poco rispettoso nei confronti di quanti, esperti e meno esperti, sono abituati a cogliere le sollecitazioni che balzano evidenti al volgere dello sguardo. È venata di tenerezza l’opera di Amalia Testa, che riesce a dare ai suoi soggetti trasparenze e fusione di elementi atti a creare piacevoli suggestioni. Oltre che nei paesaggi l’artista riesce ad esprimersi, anche e con maggiore vigore, in quelle opere che ne rivelano il gusto cromatico, il bisogno di colore, l’aspirazione a dissolversi nella concezione di un mondo fatto di realtà e di sogni. Insomma, l’ultima personale di Amalia Testa dà lustro ad un’artista eclettica che, pur addentando liberamente infiniti temi, con la magia della creatività riesce a mantenere una sua precisa identità. Amalia, ad maiora! Falina Marasca


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L’ombra del mandorlo di Lello Vecchiarino

«Cronachette» intriganti, sottratte alla soffitta delle cianfrusaglie

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rriva sempre, prima o poi, il momento in cui ciascuno di noi rovista nella propria personale memoria, in quella ideale «soffitta delle cianfrusaglie» che custodisce ricordi, appunti, sentimenti, «carte» non adeguatamente valorizzati e sistemati lì «a futura memoria». Ad un certo punto se ne innamora e, preso da qualche senso di colpa o, più semplicemente, da nostalgia, decide di riportare il tutto alla luce del sole, rimuovendo la patina di polvere che li ha ricoperti per così lungo tempo. Se, poi, a governare questa immaginaria «soffitta» è un giornalista di lungo e brillante corso, l’operazione si prospetta foriera di possibili accattivanti scoperte e di non poche sorprese.

Perché il tempo è capace di valorizzare ciò che a prima vista ci è sembrato banale e forse anche inutile. È il caso di Lello Vecchiarino, giornalista e scrittore di riconosciuta bravura e autorevolezza, che nella sua recente pubblicazione «L’ombra del mandorlo – Cronachette» – Edizioni del Rosone, pp. 296, € 16,00 – ci propone una sapida carrellata di «appunti, annotazioni e stralci di cronaca di altri tempi» che egli stesso definisce «cronachette», a lungo rimasti nella sua personale «soffitta delle cianfrusaglie» Il diminutivo – cronachette – volutamente impiegato dall’autore, probabilmente per un eccesso di modestia, non rende giustizia delle storie che sono narrate nel libro se non per la lunghezza che nella maggior parte dei casi si limita a poche pagine. In realtà, sono cronache di avvenimenti che hanno interessato la provincia di Foggia in anni passati – i Monti Dauni e Lucera sono lo scenario privilegiato da Vecchiarino, non a caso… – e che non risentono affatto dell’usura del tempo, tanto sono narrate con freschezza e leggerezza, patrimonio consolidato della penna dell’autore. Prevale il taglio poliziesco dei racconti, assecondando una vena narrativa e un interesse che hanno sempre contraddistinto Vecchiarino per passione e professione, in parti uguali, e che sono il marchio di sue precedenti opere. Ricordiamo, tra tutte: La macchia nell’occhio, Padre Pio – Fango, intrighi e carte false, Diabolich – Il Mistero di via Fontanesi. Sono quasi sempre storie di paese,

animate da personaggi che ancora oggi la quotidianità della provincia offre ai nostri occhi e alla nostra riflessione. La provincia ricca di umori e di profumi, oltraggiata dalle disattenzioni e dalle dimenticanze – la nostra provincia così lontana dai clamori delle cronache (ché, anche queste, spesso, mostrano di non ricordarsene abbastanza…) e dalla benevolenza degli amministratori – si rivela ancora una volta scrigno di umanità e palcoscenico ideale per squarci di quotidianità che Lello Vecchiarino sa cogliere e raccontare da par suo. Nel rileggerle sembra davvero che il tempo si sia fermato e che esista una universalità (o una eternità…) nei comportamenti e negli stili di vita che resiste al trascorrere del tempo e all’ingombrante avanzare della tecnologia. Sul teatro della vita si dipanano storie e si muovono personaggi che sembrano partoriti dalla genialità di un Eduardo, «realisticamente romanzate», come ama definirle il suo autore. Le une e gli altri così sapientemente offerti alla godibilità della lettura da perdere di vista l’orizzonte che separa la realtà dalla fantasia di cui, pure, in alcuni passaggi sembrano irrorate. In questo intrigante caleidoscopio di situazioni e di emozioni si muovono, perfettamente a loro agio, il maresciallo dei carabinieri ed il commissario di polizia; il medico ed il parroco; le suore, il ristoratore, il politico ambizioso; l’aspirante investigatore privato, l’ex poliziotto che non ha perso il «vizio» di ficcare il naso in fatti che non sono più suoi, un frate con la doppia vocazione, quella religiosa e quella dell’investigatore; nobili decaduti e nobili presunti; giovani di belle speranze. Solo per fare alcuni esempi. E intorno a loro, come nella vita e nelle vicende di tutti i giorni, un variegato e vivace universo femminile che, a ben leggere, muove i fili delle trame e degli intrecci ed è costituito da

L’onciario di Cagnano Varano1750 di F. Ferrante

casette «affastellate», come scrive l’autore, dove i numerosi componenti delle famiglie utilizzano spazi minimi. Puntuale l’architettura delle zone, quelle antiche e quelle, come Coppa, protese ad espandersi. Mura di cinta e le chiavi affidate al camerleng. Un minuscolo angolo di terra garganica dove si lotta contro i dislivelli sociali ed economici per avere almeno il pane, l’olio e il vino. Terra di «bracciali», (braccianti). Pochi i pescatori; il lago non è ancora un bene comune. L’autore, come nei grandi quadri di Broughel il Vecchio, fa muovere i circa 2.000 abitanti e li classifica numericamente, con ossessiva precisione: bracciali, pescatori, pastori, massari, possidenti, frabicatori (così nel testo), ferrari, guardiani, sartori, barbieri, macellaro, pizzicarolo… e poi i professionisti e perfino i menomati: ciechi, zoppi, bizoche (devote) e vagabondi. È il censimento puntuale e accattivante di un

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mogli, amanti, prostitute, fanciulle prosperose ma di sani principi. E chi più ne ha, più ne metta! Tutti personaggi che animano storie di vita e storie di morte; di adulteri consumati nell’omertoso silenzio dei paesani che sanno ma non sanno; di gaudio e di tristezza, di opulenza ostentata e di miseria. Storie di sentimenti. Il tutto narrato con il tratto leggero e insinuante che Vecchiarino riesce a mettere in campo, confermando quella dimestichezza con la scrittura che lo ha consacrato tra i più efficaci e brillanti giornalisti-scrittori del nostro territorio. L’ombra del mandorlo conferma la sua vena di sapiente costruttore di trame, oltre che di puntuale ma mai pedante narratore di cronache, riuscendo ad intrecciare la realtà da cui parte con il romanzo partorito dalla sua creatività. Mai rinunciando al taglio intrigante che avvince il lettore e al gusto dell’ironia che si coglie anche nelle situazioni più drammatiche. Un cenno particolare merita quella che si direbbe la presentazione del libro e che Vecchiarino definisce «Fraparentesi»: poche pagine in cui l’autore ripercorre la sua vicenda professionale. Si coglie l’amore per il lavoro di giornalista, tra i più esaltati e inseguiti ma anche tra i più complicati, svolto con la passione che può derivare solo da una vocazione innata. «Fraparentesi» ci svela anche il mistero legato al titolo del libro: «il mandorlo altro non era ed è che un elenco delle notizie e dei servizi che si dovevano giornalmente proporre alla redazione centrale». Contraddizioni di un mestiere che pretende la massima chiarezza nella scrittura degli articoli e che colloca le notizie in una «filiera» costituita da mandorli, capocronaca, spalla, spina e menabò… Duilio Paiano

immagini arcaiche che mi hanno condotta fra i vicoli di un paese nascente; fra i luoghi di culto, le piazzette, il parlottare, il discutere, il ridere e il pianto di un pugno di gente affidata ad una natura benevola: il vento che arriva dal mare, l’ombra degli ulivi, le spighe dorate di luglio e la corona di colline che lo cingono. L’Onciario di Cagnano Varano 1750 è un grande affresco dai colori vivaci che il tempo non ha scalfito.

Spaccato completo e accattivante di un piccolo paese garganico C on perplessità mi sono accinta a leggere le poche pagine tratte dall’opera postuma di Francesco Ferrante fattemi pervenire, gentilmente, dall’assessore alla Cultura di Cagnano, dottoressa Palma De Simone. L’Onciario ? Parola nota, ma dal significato, per me, occulto. Ho iniziato a leggere convinta di imbattermi in termini tecnici, in cifre e conti matematici; in una struttura descrittiva arida e poco attraente. Quale sorpresa, invece, quando dalle poche pagine a me davanti si è aperto uno scenario narrativo, una grande scena teatrale o, se si preferisce, un grande affresco vivo, visibile ed udibile. Perché sì, quando la penna narra e narra con passione, le parole si incarnano e i sensi del lettore, sollecitati, entrano nella scena. Tramite la narrazione chiara, accattivante e veritiera, mi sono trovata a Cagnano Varano di circa tre secoli orsono. Ho camminato nel Borgo antico fra

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Giornale di opinione della provincia di Foggia

Maria Antonia Ferrante

minuscolo mondo, pieno di colori, che vive, che spera … L’alimentazione, l’abbigliamento: la parrucca permessa solo ai notabili, lu tuccaturu (un copricapo di stoffa) per le sposate, abbigliate con corpetti di ferrandino, saie e tarantole. Le giovani vergini con i capelli al vento: vergini in capillas. Sarei tentata di scrivere ancora per trasmettere il fascino che la breve lettura ha esercitato su di me sollecitando

«Francesco Ferrante – scrive nella presentazione al volume l’assessore alla Cultura del Comune di Cagnano, Palma De Simone – pur vivendo fuori dall’amato Gargano, è rimasto fortemente legato alla sua terra d’origine, contribuendo validamente a tante iniziative del Comune e della Scuola. [...] Concepita come una vera e propria anagrafe tributaria, in un’epoca in cui non esistevano uffici demografici come quelli odierni, l’ampia documentazione raccolta ci mostra un completo spaccato della vita di un piccolo paese garganico, con l’elenco completo dei componenti di ogni famiglia, il lavoro che svolgevano e i beni che possedevano».


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Storia d’amore e di guerra di Leonardo Scopece

Le ore della tragedia di Foggia affrontate con la forza dei sentimenti L

e vicende della vita possono trovare funzione di educazione proficua anche attraverso il racconto. È mediante la narrazione, sia quella semplice del genitore che parla al figlio, sia quella articolata e meditata di uno scrittore che inventa storie simili alla realtà, che un percorso di avvenimenti può raggiungere l’intento di favorire la maturazione di una persona. Sembra essere questo l’obiettivo di Leonardo Scopece, nel romanzo Storia d’amore e di guerra (Ed. del Rosone, 2014, € 12.00). Un testo che non si perde, come accade per molti scrittori contemporanei, in situazioni esistenziali che fluiscono spesso falsamente senza trovare connessioni logiche o consequenziali. Un romanzo che ignora le modifiche pseudo argomentative introdotte da tanti narratori d’oggi, spesso intenti più ad incuriosire con fini intrecci osceni, accentuando la bramosia del torbido… che ad interessare mediante la significatività di un messaggio. A tale impostazione Scopece docente di Lettere presso l’I.T.E. Pascal di Foggia, giornalista pubblici-

sta alla sua settima pubblicazione – contrappone il vero, con l’obiettivo di trasmettere qualcosa che, attraverso l’interessante, diventi utile strumento di riflessione e maturazione, attingendo, come ispirazione, dal padre dei romanzieri italiani, Alessandro Manzoni, in relazione al ruolo che questi attribuisce al romanzo storico (Lettera sul Romanticismo). Storia d’amore e di guerra, alla cui presentazione presso la Libreria Dante, ha partecipato il sindaco di Foggia Franco Landella, tratta delle vicende di due giovani che vivono la sciagura del secondo conflitto mondiale sulla loro pelle. Il padre di Dino, Giacinto, è un fascista, serio e convinto dei propri ideali politici, cui però antepone la grande fede religiosa. Il padre di Maria, Matteo, le cui vicende sono inizialmente nascoste alla figlia, è un comunista militante, costretto a nascondersi… Le vicende si snodano, nella parte iniziale del racconto, sul filo di una forzata lontananza con Dino, appassionato di poesia, che vive, ritrovato l’amore di Maria, la tragedia delle incursioni aeree patite da Foggia, prima tra le sue strade e

La croce muta - Il sistema dei colletti bianchi di A. Lombardi

Grido di dolore di chi non si arrende ai soprusi e alle ingiustizie

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i definisce «un artigiano dell’amata letteratura» l’autore del volume che racconta la storia di una collina e di una croce. Egli non vuole fregiarsi del titolo di scrittore, sente solo il bisogno di raccontare la storia della collina di San Giorgio di Vieste e della sua croce rimasta muta per gridare contro l’omertà, madre della mafia. Antonio Lombardi, nato a Cagnano Varano (Fg), vive a Vieste. Come impiegato amministrativo ha lavorato presso vari istituti del Gargano ed ha cominciato a scrivere dagli anni ’70, partecipando a numerosi

concorsi letterari e meritandosi vari riconoscimenti. Tanti gli scritti che ha nel cassetto l’autore de La croce muta, pagine che raccolgono il suo amore per la città di Vieste e il Gargano tutto e il suo dolore per la collina di San Giorgio e la sua croce, cancellate dal cemento. Non si arrende il nostro autore all’ingiustizia e grida al mondo che anche nel Meridione dell’Italia c’è chi non accetta i soprusi e chiede giustizia. «Sento il bisogno di raccontare agli “altri” – scrive l’autore nell’introduzione –, principalmente a Lei lettore, e contemporaneamente chiedere agli “altri” di unire le loro forze e renderle tutt’una per liberare dalle “Patrie idee” la tanto amata e sublime VERITA’. Per lo più questa convinzione, e desiderio della ricerca della verità concreta, giace in fondo agli animi come una infezione latente, si manifesta solo in atti saltuari e personali coordinati fra loro, ma è all’origine di un sistema di pensiero. Chi di noi, in vita, non ha subìto un verdetto negativo per colpa di una Verità non rivelata? Le sue trame nascondono, tormentano, infastidiscono chiunque ne venga a contatto, ed è sconvolgente viverne la realtà se pur minima: la si vive con depressione, con il rimorso fisso “domani si saprà”, e questo domani sarà l’attimo in cui deciderai di aprire la porta dell’anima, perché Ella fugga là dove v’è bisogno». Ecco per i lettori qualche verso di quelli che, dedicati alla muta Croce,

poi, impotente, come sfollato in alcuni paesi della provincia… L’amore e il bene di una nuova vita sembrano ostacolati dai violenti contrasti tra i due papà che interpretano in modo differente il sentimento vissuto dai due ragazzi. Una profonda crisi di coscienza e il dramma di una morte quasi improvvisa… segnano il passaggio ad una nuova realtà che il dolore ha purificato… come annullando l’odio tra simili. Inquietudine e sofferenza vissute da due ragazzi semplici come metafora del dolore di una città (Foggia) di una nazione e del mondo intero, in quei tristi anni della seconda guerra mondiale. Premurose e materne appaiono, con varia intensità le protagoniste femminili a tratti intrise di profonda «spiritualità»… in grado di avvertire il senso profondo della vita, oltre il «sentimento» della morte. aprono lo scritto di A. Lombardi. […] Sulla bianca fiaba di pietra, si levi perenne, nel giorno e nella notte, nel sereno e nella tempesta, nell’immenso e sommesso, umile e possente

Per i contenuti trattati il testo è adatto a tutte le età ma trova una sua precisa collocazione, in riferimento ai programmi scolastici di letteratura e storia, nell’ultimo anno delle scuole superiori. Di interessante, nel volume di Scopece, le numerose citazioni poetiche, anche di autori locali, e la presenza di espressioni dialettali. Nel romanzo, la Storia, quella dei grandi fatti, trova ampio spazio, attraverso il riferimento ad avvenimenti che riguardano Foggia, l’Italia e il Mondo. A testimonianza dell’urgenza avvertita dallo scrittore di ossequiare il «vero», la presenza di un’inusuale bibliografia, la cui presenza mira a favorire, nel lettore, il desiderio di approfondire la conoscenza di uno dei momenti più significativi non solo della storia di Foggia ma di tutta l’umanità. Paolo Lupo quel canto d’amore e di speranza. [...] Risalgono i miei stanchi occhi bagnati da innocenti lacrime lungo le scarne bianche pareti ora colate di grigio cemento… Vito Galantino

«A più voci», quarant’anni di amore, complicità, solidarietà Q

uesta breve nota si propone di illustrare un libro dato alle stampe dalle Edizioni del Rosone e curato da Alfonso Palomba. Non faremo la recensione di questo libro, come si usa per le opere fresche di stampa: non la faremo perché, questa volta, al libro è stato affidato un messaggio che travalica il suo pur apprezzabile contenuto. Il messaggio dei sentimenti. Dunque, ci imbarcheremo in una breve recensione dei sentimenti: nulla di puramente letterario, bensì un richiamo alle corde del cuore, quelle dei valori più autentici e profondi. Alfonso Palomba ha affidato alle pagine di questo suo recente «A più voci» il compito, delicato e forte insieme, di celebrare un anniversario importante per la sua vita e per la sua famiglia: i quarant’anni di matrimonio felicemente vissuti con Mara (Agata Maria di Altomare, per l’anagrafe…), preceduti da sette di conoscenza-fidanzamento. Un matrimonio irrorato e vitalizzato da amore autentico, complicità e solidarietà, ulteriormente cementato dalla nascita di Gabriele e Adele, oggi apprezzati e affermati professionisti. L’idea di Palomba è stata quella di mettere insieme alcuni degli scritti più significativi nel campo della scuola (passione-professione sua e della moglie Mara), della società, della cultura, della politica. Ciascuno dei quattro ha offerto un contributo a questo prezioso ed originale lavoro che finisce con l’assumere le sembianze di uno scrigno che racchiude il senso dello stare insieme, riunendo nella sue pagine la famiglia, gli affetti, le gioie e i dolori di una esistenza vissuta nella normalità e che, proprio per questo, assume il crisma della straordinarietà. «A Mara – scrive Alfonso Palomba nell’introduzione – devo quello che sono stato e che sono tuttora, perché ho la certezza che senza di lei non ce l’avrei fatta». Una dolcissima serenata che, alla soglia dei settant’anni, suona come un inno all’amore eterno, in un’epoca caratterizzata da fragilità, indecisione, debolezza, precarietà dei sentimenti. Auguri vivissimi, Alfonso. E, con te, auguri anche a Mara, Gabriele e Adele. A tutti, i complimenti delle Edizioni del Rosone e un caloroso «arrivederci» all’appuntamento con i cinquant’anni. (d.p.)


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SAlute & tempo libero

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Giornale di opinione della provincia di Foggia

«Foggia estate 2015» Programma nutrito e accattivante

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utrito, e di elevato spessore culturale, il programma predisposto dall’Amministrazione comunale di Foggia per l’estate in corso. Diamo di seguito uno stralcio di appuntamenti significativi, rinviando al sito istituzionale per l’elenco completo delle manifestazioni.

LUGLIO 2015 Giovedì 9 – Piazza Umberto Giordano - ore 21.00: Dal Gargano al Vesuvio - Angel Music. Venerdì 10 – Piazza Umberto Giordano - Ore 19.00: Leggo quindi sono - Spin off Daria Colombo - “Alla nostra età, con la nostra bellezza” (Rizzoli, 2015) Sabato 11 – Chiostro di Santa Chiara - ore 21.00: Musica nelle Corti di Capitanata: Folklore e tradizione europea Domenica 12 – Chiostro di Santa Chiara - ore 21.00: Non soli, ma ben accompagnati: “Storia di un buffone” liberamente tratto dal Rigoletto di Verdi con Ensemble “U. Giordano” e Giandomenico Vaccari Martedì14 – Piazza Umberto Giordano - Ore 19.00: Leggo quindi sono - spin off - Angelo Roma - “Ancora più vita” (Mondadori, 2015) Giovedì 16 – Piazza Cesare Battisti - ore 21.00: Miss Italia - Selezione per il 76° concorso nazionale. Venerdì 17 – Piazza Umberto Giordano - Ore 19.00: Leggo quindi sono: A qualcuno piace …Giallo - Gabriella Genisi - “Spaghetti all’Assassina” (Sonzogno, 2015). Sabato 18 – Piazza Umberto Giordano - ore 18.00-23.00: “L’Amore è…” - Arte Musica e Spettacolo. Domenica 19 – Chiostro di Santa Chiara - ore 21.00: Non soli, ma ben accompagnati: “Pronto, chi parla?” - con Gianni Ciardo Lunedì 20 – Piazza Umberto Giordano - Ore 19.00: Il giro d’Italia in 80 librerie fa tappa alla Ubik - “Ciclo-presentazione”: Darinka Montico e Marco Zapparoli -“Walkaboutitalia L’Italia a piedi, senza soldi, raccogliendo sogni” (editore Marcos y Marcos) Mercoledì 22 – Palazzo di Città - ore 21.00: “Concerto della pace” con Rosario Mastroserio Domenica 26 - Chiostro di Santa Chiara - ore 21.00: Non soli, ma ben accompagnati: “Un mercoledì da ridere” con Giampiero Mancini Mercoledì 29 – Piazza Purgatorio - ore 21.00: Foggia Estate: “Amore e Psiche” di e con Daria Paoletta. AGOSTO 2015 Domenica 2 – Chiostro di Santa Chiara - ore 21.00: Non soli, ma ben accompagnati: “Sax all’opera” con Ripalta Bufo e Quartetto Fovea. Martedì 4 – Piazza Purgatorio - ore 21.00: Foggia Estate: “Una storia che non sta né in cielo né in terra” di e con Daria Paoletta. Giovedì 6 – Villa Comunale - ore 21.00: Foggia Estate: “Mina è…” con Veronica Granatiero e Ensemble - Suoni del Sud. Domenica 9 – Chiostro di Santa Chiara - ore 21.00: Non soli, ma ben accompagnati: “Amarcord – La grande musica da film” con Cellophonia Quartet. Lunedì 10 – Area antistante Città del Cinema - ore 21.00: Fotomodella dell’Anno - Finale Regionale. Domenica 16 – Chiostro di Santa Chiara - ore 21.00: Non soli, ma ben accompagnati: “Tango e dintorni” Il tango cantato, suonato e danzato. Domenica 23 – Chiostro di Santa Chiara - ore 21.00: Non soli, ma ben accompagnati: “Tutti in pista!” - Serata di liscio con musica dal vivo. SETTEMBRE 2015 Mercoledì 2 – Piazza Cesare Battisti - ore 21.00: Luce in scena: “I sette re di Roma…er Musicol”. Sabato 5 e Domenica 6 – Piazze del Centro storico - ore 21.00: Comune di Foggia e Fondazione Banca del Monte propongono il “Festival degli Artisti di strada” Il cartellone di Foggia estate 2015 prevede anche una serie di proiezioni cinematografiche per il cui programma rinviamo al sito del Comune di Foggia

DIRETTORE RESPONSABILE Duilio Paiano REDAZIONE Marcello Ariano – Mariangela Ciavarella – Silvana Del Carretto – Corrado Guerra – Lucia Lopriore – Marida Marasca – Stefania Paiano – Vito Procaccini – Leonardo Scopece – Michele Urrasio HANNO COLLABORATO A QUESTO NUMERO Raffaele Cera – Michele Cosentino – Maria Antonia Ferrante – Michele Galantino – Vito Galantino – Paolo Lupo – Giucar Marcone – Filomena Martino – Armando Perna – Paolo Emilio Trastulli – Antonio Ventura La collaborazione a questo giornale è gratuita e su invito della Direzione. Gli articoli, le foto e le illustrazioni, anche se non pubblicati, non vengono restituiti.

STAMPA Arti Grafiche Favia - Modugno (Bari)


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