Il provinciale gennaio 2016

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ANNO XXVII

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2015 FONDATO DA FRANCO MARASCA

In un momento storico non facile per l’umanità

Il Giubileo straordinario occasione per una conversione spirituale

Una copia € 2,00 Sped. in abb. post. 50%

Premio Famiglia Dauna 2015 alle Edizioni del Rosone

Tra le più vive realtà culturali operanti ed operose in Capitanata

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ari fratelli e sorelle, ho pensato spesso a come la Chiesa possa rendere più evidente la sua missione di essere testimone della Misericordia. È un cammino che inizia con una conversione spirituale. Per questo ho deciso di indire un Giubileo straordinario che abbia al suo centro la misericordia di Dio». Con queste parole Papa Francesco annunciava, lo scorso 15 marzo, l’indizione di un Anno Santo straordinario. Straordinario rispetto alla scadenza dei venticinque anni che la Chiesa si è data fin dal 1470 con la bolla Ineffabilis Providentia di Paolo II. In precedenza (il primo Anno Santo risale all’anno 1300, per iniziativa di Bonifacio VIII) l’evento era previsto ogni cinquant’anni, poi portati a 33 da Urbano VI nel 1389, riportati a cinquanta da Niccolò V nel 1449 e poi a venticinque, come detto, da Paolo II. Francesco ha proclamato il Giubileo straordinario attraverso la bolla pontificia Misericordiae Vultus. Di questo appuntamento religioso, che contiene in sé anche numerosi significati e risvolti sociali, si possono sottolineare almeno due circostanze rilevanti: la prima è legata alla coincidenza con il cinquantesimo anno dalla conclusione del Concilio Vaticano II; la seconda è il tema stesso del Giubileo: la misericordia. Non a caso, infatti, i tempi che l’umanità sta vivendo, le difficoltà che sta affrontando, la non equa distribuzione delle risorse, i focolai di guerra e di violenza disseminati per l’intero pianeta dovrebbero indurre tutti, la Chiesa in primo luogo per la sua stessa missione spirituale, a preoccuparsi dei più deboli e dei meno protetti. Francesco, con l’indizione dell’Anno santo straordinario dedicato al tema della misericordia ha inteso, attraverso una iniziativa di forte impatto religioso, sociale e mediatico, richiamare l’attenzione di tutti sulla necessità di assumere un atteggiamento propositivo e di comprensione verso il prossimo, per ritrovare quel senso di solidarietà operosa che ristabilisca il primitivo spirito di riconciliazione che sta alla base della convivenza tra gli uomini, a qualunque fede essi appartengano. «Il tema della misericordia – ha recentemente affermato Padre Mario Villani nel corso di un incontro organizzato dall’UNITRE di Foggia – deriva dal concetto stesso di Giubileo. Gesù dice di essere venuto sulla terra per annunciare l’anno di misericordia. A questo concetto s’ispira il Giubileo cristiano. Inoltre, la misericordia è uno dei motivi ricorrenti anche nel Vecchio Testamento. Si può dire, anzi, che sia il motivo ispiratore di tutti gli interventi di Dio nella storia dell’uomo. Dopo il peccato di Adamo, infatti, tutto ciò che l’uomo ha, è tutto ciò che gli è dato da Dio misericordioso. Non è quindi una scoperta di Papa Francesco il quale la presenta nel suo significato universale di momento creativo di una nuova umanità che guarda in avanti con rinnovato ottimismo. Oggi il mondo è affetto dalla malattia della solitudine. Gli uomini hanno perso la capacità di dialogare, e con essa anche la capacità di donare dimenticando che tutto, ed essi stessi, è dono gratuito di Dio. La misericordia è presentata dal papa come uno dei costitutivi fondamentali dello stesso essere uomini. Perciò sottolinea con forza – ha concluso Padre Mario Villani – la confluenza che in questa parola le religioni abramitiche del cristianesimo, dell’ibraismo e dell’islam, sono chiamate a rappresentare su questa terra l’amore misericordioso del Padre che vuol portare tutta l’umanità verso i cieli nuovi e la terra nuova». Marida Marasca

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onferito alle Edizioni del RosoneFranco Marasca il Premio Famiglia Dauna di Roma, edizione 2015. Il riconoscimento, consistente in una targa d’argento, è stato consegnato a Roma nel corso del pranzo sociale di fine Anno, nelle mani della titolare della Casa editrice foggiana, Marida Marasca. Nell’annunciare il conferimento del Premio, il presidente della Famiglia Dauna di Roma, professor Paolo Emilio Trastulli, così ha scritto: «Accogliendo con convinto e fervido consenso la mia proposta, gli amici del Consiglio Direttivo hanno con me inteso individuare e riconoscere nelle Edizioni del Rosone una tra le più vive e feconde realtà culturali operanti ed operose in Capitanata, tale che altamente ne onora e sempre più ne diffonde il nome e la storia». Concetti che il professor Trastulli ha ribadito e ampliato nel corso della semplice ma significativa cerimonia, svoltasi a Roma nella suggestiva cornice del Casale di Tor di Quinto in un clima di cordiale amicizia. Marida

Marasca, prendendo a sua volta la parola, ha ringraziato per l’attenzione che il sodalizio romano ha inteso destinare alla struttura editoriale da lei diretta ed ha ricordato brevemente le tappe più significative della Casa editrice, dalla fondazione, avvenuta nel 1983 con la pubblicazione del primo libro ad opera del papà Franco Marasca, ai giorni nostri. «Anche se in realtà – ha precisato Marida Marasca – le basi per questa avventura erano già state messe nel 1978, a Milano, con la nascita del periodico “Il Rosone”, voluto da papà e da Giuseppe Palumbo, pensato nel corso dei numerosi incontri tra i pugliesi di Milano nello storico locale “La Porta Rossa” di Chechele e Nenella, coniugi dauni originari di Apricena». La relazione ufficiale è stata svolta dal direttore de «Il Provinciale» e de «Il Rosone», Duilio Paiano, che ha ripercorso fin dall’inizio la vita della Casa editrice, soffermandosi sulle varie tappe che ne hanno segnato la feconda attività, superando la traumatica scomparsa del suo fondatore, avvenuta nel 2001. Il giornalista ha anche sottolineato tutte le iniziative editoriali che negli anni sono state intraprese, con la costituzione di numerose e prestigiose collane, la partecipazione ai più importanti Saloni del libro, gli stretti e costruttivi rapporti intrapresi con le altre realtà culturali del territorio, in particolare la scuola, in tutti i suoi ordini e gradi, fino all’Università. Alla manifestazione erano presenti i soci della Famiglia Dauna di Roma e numerosi amici e simpatizzanti giunti anche dalla Capitanata. Stefania Paiano


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La Magna Capitana non può morire

Appelli da più parti per «salvare» la Biblioteca provinciale di Foggia

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’è un patrimonio di storie e cultura, a Foggia, che rischia di finire (letteralmente) al macero: è la Biblioteca Provinciale di Foggia La Magna Capitana, sulle cui sorti, in queste ore, si combatte una battaglia di civiltà. Civiltà, sì, perché una città di 160mila abitanti, capoluogo di provincia, per di più funestata dalla criminalità come Foggia, non può rimanere orfana di arte, bellezza, poesia. È per difendere un’istituzione di primo piano come La Magna Capitana che l’associazione «Gli Amici della Biblioteca» ha indetto un incontro nell’Auditorium della struttura, in viale Michelangelo. L’obiettivo, spiegano gli «Amici», è «difendere e sostenere questo importante patrimonio immateriale della nostra terra». Con il ridimensionamento delle Province (legge 7 aprile 2014, n. 56), la Biblioteca è in forte difficoltà e l’assenza di un intervento della Regione rischia di farla scomparire. Di recente, in conferenza stampa, il direttore Franco Mercurio ha presentato un nutrito programma di iniziative per il 2016 a costo zero, le quali, tuttavia, non sono ancora state calendarizzate proprio per l’incertezza circa le sorti della struttura. Anche l’associazione «Changes» si schiera accanto agli «Amici» e a quanti vogliono salvare il patrimonio della Biblioteca: «Siamo stupefatti per la irresponsabile apatia con la quale si

sta decidendo di far chiudere la principale istituzione culturale della provincia di Foggia – si legge in un comunicato stampa -. È opportuno che venga al più presto indetto un tavolo tecnico nel quale confluiscano tutti i livelli istituzionali per trovare insieme una soluzione per scongiurare una chiusura che si rivelerebbe nefasta per l’intero territorio. Non è il momento di giocare allo scaricabarile e al rimpallo delle responsabilità – prosegue la nota -. Non si trasformi il decreto Delrio, tirato spesso in ballo a sproposito, in un italico signor Malaussene sul quale scaricare ogni responsabilità. Le risorse per la Cultura ci sono e chiediamo a gran voce che la Regione non abbandoni la Biblioteca Provinciale». Poi l’appello al presidente della Regione Puglia, Michele Emiliano, che «ha manifestato in più occasioni la sua attenzione speciale per la Capitanata»: «Non si giochi una partita politica su un patrimonio così importante specie quando si ha la soluzione a portata di mano. Ci si lamenta spesso per le infrastrutture che mancano al territorio ma sarebbe anche il caso di concentrarsi e ripartire con la tutela e la strenua difesa di quelle esistenti». Anche il Consiglio superiore dei Beni culturali e paesaggistici, in una mozione, «ribadisce la sua profonda preoccupazione per il destino delle strutture e dei servizi culturali di com-

Emiliano rassicura sulla sorte della Magna Capitana

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a cerimonia dello scambio degli auguri, svoltasi nella sala consiliare dell’Università di Foggia alla presenza di imprenditori, associazioni di categoria, politici, amministratori, autorità civili e militari e operatori dell’informazione, è stata l’occasione perché il governatore della Regione Puglia, Emiliano, intervenisse sulla questione della Biblioteca provinciale. «Non so ancora come, ma la salveremo. Prendo un impegno con la Capitanata – ha affermato, tra l’altro, Emiliano – e lo prendo da un presidio culturale, intellettuale e sociale come l’Università di Foggia. La Biblioteca provinciale di Foggia la salveremo, potete contarci.

Abbiamo molte urgenze di cui occuparci, ma questa è una di quelle che fa parte della parte alta delle priorità della Regione che sono stato chiamato a governare». Nella circostanza, anche il rettore, professor Maurizio Ricci, ha manifestato il suo pensiero sulla sorte della struttura bibliotecaria foggiana. «Mi chiedono che cosa sta facendo l’Università di Foggia per la Biblioteca provinciale Magna Capitana di Foggia – ha dichiarato il professor Ricci – ed ecco cosa sta facendo, molto in concreto e tralasciando le buone intenzioni espresse a vario titolo, e più o meno da tutti, in questi giorni. Abbiamo chiamato, richiamato e convinto, in tutti i modi possibili, il Presidente della Regione Puglia Michele Emiliano a venire a Foggia. L’Università di Foggia, la massima istituzione culturale del territorio, può prendere posizione in questo modo e attraverso queste concrete iniziative, non può tuttavia ingaggiare battaglie istituzionali che non le appartengono non certo per la mission, evidentemente condivisa, ma proprio per profilo identitario e istituzionale». Marida Marasca

petenza delle province italiane e in particolare per le biblioteche e i musei provinciali -, scrive il professor Giuliano Volpe -, che in molte città meridionali rappresentano l’unico presidio culturale esistente». Il Consiglio si appella al ministro dei Beni culturali, Dario Franceschini, perché si faccia promotore di «un accordo fra Stato e Regioni che possa dare in tempi brevi una definitiva soluzione condivisa al problema». Intanto, tutti i bibliotecari della Biblioteca Provinciale «Magna Capitana», lunedì 21 dicembre scorso, per l’intera giornata, sono rimasti a disposizione della cittadinanza per illustrare servizi e patrimonio della struttura di viale Michelangelo. Le visite guidate al pubblico sono state intensificate in occasione dell’incontro promosso dall’Associazione Amici della Biblioteca e dalla Fondazione Banca del Monte di Foggia, in programma sempre lunedì 21 dicembre, nell’Auditorium della Biblioteca, per sensibilizzare l’opinione pubblica sulla fase di altissima criticità che sta attraversando l’istituzione culturale, in un quadro ancora incerto dell’immediato futuro, a segui-

to della legge di riordino delle Province. Sempre per accendere i riflettori sul destino incerto della Biblioteca, mercoledì 23 dicembre i sindacati confederali hanno allestito un gazebo all’isola pedonale. Con spirito volontaristico, i bibliotecari si sono resi disponibili per spiegare l’attuale situazione. Al primo posto tra le biblioteche provinciali italiane, per estensione, dotazione librario-documentale e numero di affluenza, seconda nel Mezzogiorno solo alla Biblioteca Nazionale di Napoli, nella classifica delle Biblioteche di pubblica lettura, la «Magna Capitana» vanta un patrimonio di tutto rispetto che non può essere disperso: 350mila documenti (fra libri moderni e antichi, periodici, locandine cinematografiche, dvd, cd musicali, dischi in vinile, manoscritti e altro ancora), 225mila prestiti dal 2002, 11.670 prestiti interbibliotecari e intersistemici, oltre 25mila iscritti, 62 biblioteche coordinate a livello provinciale, Premio nazionale città del libro nel 2009, Premio Andersen come riconoscimento speciale alla Biblioteca dei ragazzi nel 2011.

Natale con Il Sorriso È

stato affidato alle Edizioni del Rosone uno dei momenti più significativi del programma Natale con Il Sorriso, allestito in occasione delle festività natalizie e di fine anno dalla Residenza Socio-Sanitaria Assistenziale Il Sorriso di Foggia. La Casa editrice foggiana ha aperto i suoi libri per raccontare storie e fiabe della tradizione natalizia. La Residenza Socio-Sanitaria Assistenziale Il Sorriso di Foggia, infatti, apre le porte al Natale. Il calendario dell’Avvento, nella struttura di viale degli Aviatori, si traduce in un ricco cartellone di eventi promosso dagli educatori della Cooperativa Sanità Più. Così per allietare gli ospiti del centro e i loro familiari sono in programma a partire dall’1 dicembre e fino al 6 gennaio laboratori, giochi a tema, corsi di cucina, proiezioni cinematografiche, concerti, spettacoli teatrali ed eventi. Un Natale con Il Sorriso è stato presentato dallo staff direttivo: Luca Vigilante, presidente Cooperativa Sanità Più, Nicola Giuliani geriatra, Claudia Mancini psicologa, Valeria Marra coordinatrice educativa. Il calendario degli eventi entrerà nel vivo il 23 dicembre quando, nella sala polifunzionale della struttura di Viale degli Aviatori, tutti gli ospiti e i ragazzi dell’Associazione Ghea metteranno in scena il presepe vivente. Il 24, giorno della Vigilia, il personale di Sanità Più incontrerà i parenti e gli amici degli ospiti per lo scambio di auguri e doni. Sapori dal mondo, invece, lunedì 28. Con il laboratorio di cucina etnica, promosso in collaborazione con il centro interculturale Baobab e i ragazzi della comunità di Bitetto, si andrà alla scoperta di sapori lontani dall’India, all’Angola fino alla Slovacchia. Tutti in campo martedì 29 per Un canestro per babbo Natale! In programma, presso il Palazzetto Comunale Preziuso, una partita di basket organizzata dalla Cooperativa «Cammina Con Noi». Il 30 al via Ciak... è Natale!. Un’intera giornata di proiezioni cinematografiche. L’ultimo dell’anno ci saranno I buoni propositi. In programma la lettura di pensieri, frasi augurali e lancio di lanterne illuminate per accogliere al meglio il nuovo anno. Il 2016 si aprirà nel segno della solidarietà. Sabato 2 gennaio gli ospiti della R.S.S.A. Il Sorriso consegneranno regali e doni ai bambini dell’Opera San Michele. Si prosegue con la travolgente allegria del duo comico La Cecilia-Conticelli. Gli attori del Piccolo Teatro si esibiranno il 4 gennaio in un simpatico sketch. Anche quest’anno tornerà Fra Leonardo Civitavecchia. Il concerto del francescano sanseverese si svolgerà il 5 gennaio. Il 6 gennaio l’arrivo dei magi.


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La riflessione

Combattere il populismo è impresa ardua ma non impossibile N

ello scorso numero abbiamo trattato dei populismi e ci siamo chiesti, in chiusura, se fosse possibile arginare il fenomeno. La risposta potrebbe essere positiva, ma a condizione di un ripensamento, di una sorta di mea culpa generale.

Politica inadeguata In primo luogo va osservato che la classe politica si è rivelata incapace sia di gestire la transizione dal sistema industriale e nazionale a quello della globalizzazione, sia di accettare la sfida della complessità dei rapporti internazionali. Ben altri esiti si riscontrano nell’ambito della grande imprenditoria mondiale e – soprattutto – della grande finanza, che hanno accentuato la distanza tra ricchi e poveri, addomesticando e soverchiando la politica. Quest’ultima, quando non è stata connivente, non ha voluto porre limiti e controlli che avrebbero tutelato le frange più bisognose; la perdita di radicamento popolare ha finito per alimentare il malcontento (e la disperazione) all’origine dei movimenti populisti. È tempo che la Politica si riappropri della propria autonomia nei confronti di quelle oligarchie incontrollate che minano la sopravvivenza della democrazia. È ruolo fondamentale e inalienabile della politica quello della sintesi superiore tra gli interessi dei singoli e quelli della comunità, tenendo anche bene a mente l’insegnamento di Ortega y Gasset: «La vita pubblica non è soltanto politica, ma in pari tempo e in prevalenza, è intellettuale, morale, economica, religiosa; comprende tutti i costumi collettivi, inclusa la maniera di vestire e di godere». Basta questa valutazione per capire quanto spazio la politica (insieme all’etica) deve recuperare, ma per riuscirvi deve procedere in umiltà, ascoltando le ragioni del disagio e rinunciando a quegli atteggiamenti di spocchiosa sufficienza nei confronti del populismo, che finiscono col degradarla a livello di faziosità opposta e contraria. La «professione» politica Ci sono altri mea culpa da praticare per arginare il populismo. Prendiamo, ad esempio, il malvezzo generalizzato di praticare la politica come professione, una prassi perniciosa che contribuisce ad allargare il fossato tra cittadini e politica. Formalmente è salvo il principio dell’uguaglianza tra i cittadini, ma poi nella sostanza assistiamo all’occupazione permanente del potere da parte dei soliti noti, a danno dei singoli che si vedono sbarrare la strada. L’investitura del leader carismatico è realizzata proprio in opposizione al politico di professione. C’era una volta Cincinnato. No, non è una favola. È il senatore romano Lucius Quintius Cincinnatus che, dopo aver terminato con successo il suo mandato, tornò umilmente ad arare il suo terreno, resistendo alle insistenze di chi lo invitava a riprendere in mano la res publica. Era il V secolo a.C., è passato molto tempo e la nostra memoria è piuttosto labile quando si tratta di far tesoro dei buoni esempi. Eppure basterebbe un solo articolo di legge, con un unico comma: «Il man-

dato può essere rinnovato una sola volta». Troppo semplice per essere realizzato e a noi, come si sa, piacciono le cose difficili. Non a caso abbiamo creato nelle istituzioni e nelle prassi normative labirinti di circonlocuzioni in cui spesso si smarrisce lo stesso Dedalo inventore. È questa un’altra causa di disaffezione del popolo nei confronti del Palazzo, che lo fa sentire estraneo anche alle cose che dovrebbero interessarlo, tanto che diventa plausibile l’asserto di Paul Valery: «La politica è l’arte di impedire alle persone di occuparsi di ciò che le riguarda». Non vogliamo cadere nella trappola della semplificazione forzata di questioni obiettivamente complesse, ma qualche sforzo serio per superare bizantinismi inconcludenti andrebbe fatto. Così come bisognerebbe sfoltire la foresta inestricabile delle leggi, troppe volte ignorate. Non deve essere – ahinoi – un problema nuovo, visto che Tacito sosteneva che «Più è corrotto lo Stato, più numerose sono le leggi». La corruzione Questa massima introduce alla corruzione, un altro fenomeno che allontana ogni fiducia residua nelle istituzioni. Il tema meriterebbe una trattazione ad hoc. Qui accenniamo solo ai risvolti morali di un fenomeno che ha radici profonde nel nostro costume nazionale. Lo documentano le periodiche indagini statistiche internazionali che ci collocano in una posizione mortificante. Facciamo un solo esempio: un km di TAV costa in Germania 9 milioni di euro, in Francia 11, in Italia 39. Ci pare difficile sostenere che i percorsi più accidentati (che fanno lievitare i costi) siano concentrati solo da noi. Le ragioni vanno individuate nella legislazione farraginosa, nella macchinosità della burocrazia e del sistema giudiziario. Su questi fronti il potere politico tenta di intervenire, sia pure in modo disorganico e sempre sotto la spinta dell’emergenza e di una opinione pubblica esasperata. I risultati però sono modesti perché gli interventi si collocano nel contesto in una sconfortante mancanza di senso dello Stato, che attraversa ogni categoria, ceto, e latitudine del Bel Paese. Si direbbe che l’arte di arrangiarsi aggirando la legge sia lo sport nazionale e ognuno, nello spazio del suo «particolare», si ingegna per perseguire i propri obiettivi più o meno leciti. C’è dunque alla base una battaglia culturale da combattere e soltanto dopo il successo sarà possibile seminare una legislazione adeguata che – tra l’altro – ponga la magistratura in grado di funzionare. Accade però che la questione morale sia relegata in soffitta, tra le anticaglie e che ci si muova in direzione opposta. Chi viene sospettato di corruzione non è emarginato dalla società, ma anzi è ammirato come chi «ci sa fare», chi conosce gli scantinati del Palazzo, le scorciatoie rapide e le persone «giuste» che possano favorirlo. Felice Cavallotti nel 1895 indirizzava a Francesco Crispi (accusato di aver venduto una onorificenza) questi

versi severi: In tempi men leggiadri e più feroci / i ladri si appendevano alle croci./ In tempi men feroci e più leggiadri / si appendono le croci in petto ai ladri. I comportamenti illeciti non riguardano solo certi politici, burocrati o finanzieri. Anche chi timbra il cartellino del collega reca il suo contributo all’immoralità. Molti si ritagliano la

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loro fetta di anarchia e quando si avvedono della deriva generale del Paese indulgono alla protesta populista. Un mea culpa generale potrebbe costruire dalle fondamenta una moralità pubblica e un culto del bene comune degni di un popolo che voglia definirsi civile. Vito Procaccini

Inaugurato nuovo biennio della FIDAPA di Foggia

Consuntivi e programmi ma anche musica e poesia

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naugurazione del biennio 2015-2017 della sezione di Foggia della FIDAPA BPW Italy, con una cerimonia svoltasi nella sala Rosa del Vento della Fondazione Banca del Monte. Nella circostanza si è anche proceduto all’avvicendamento alla presidenza della sezione foggiana tra l’uscente Antonia Torchella e Maria Antonietta Narciso e all’insediamento del nuovo direttivo per il biennio in questione. È stata proprio la nuova presidente, Maria Antonietta Narciso, ad aprire i lavori, ripercorrendo brevemente la storia della FIDAPA e le sue finalità. Quindi, si è soffermata sulle linee programmatiche del suo mandato che ha assicurato essere inserite nel solco della continuità con il recente passato. Antonia Torchella ha, invece, riassunto in maniera agile e scorrevole le numerose attività svolte nel biennio in scadenza – tra l’altro, accompagnando la sua relazione con una pubblicazione illustrata che registra i momenti più significativi del suo impegno di presidente – ribadendo la necessità che la FIDAPA si apra sempre di più alla collaborazione e al sostegno delle altre associazioni operanti sul territorio, non necessariamente solo femminili. Fiammetta Perrone, presidente del Distretto Sud-Est della Fidapa ha manifestato grande apprezzamento per il lavoro svolto dalla sezione foggiana ed ha insistito sulla necessità che la vita associativa sia improntata soprattutto ai valori del rispetto, dell’amicizia e della condivisione. La serie di interventi, coordinati dal giornalista Duilio Paiano, è stata conclusa con la relazione della Past Presidente nazionale, e rappresentante presso il Consiglio europeo dell’IBPW, Eufemia Ippolito. L’avvocato Ippolito ha ribadito che il confronto all’interno dell’associazione, anche se aspro, non può prescindere da finalità comunque costruttive. La Past Presidente nazionale ha invitato le socie fidapine presenti a praticare un atteggiamento di accetta-

zione delle diversità e di chi è portatore di idee diverse. Una riflessione conclusiva Eufemia Ippolito ha riservato alla necessità che la sezione cresca attraverso un capillare e convinto proselitismo capace di acquisire forze nuove che diano una prospettiva alla vita e alle attività della struttura foggiana. Nel corso dell’appuntamento sono state più volte ricordate le finalità della FIDAPA previste espressamente dallo statuto. Si tratta di obiettivi che contengono un elevato tasso di attualità quale, per esempio, «rimuovere ogni forma di discriminazione a sfavore delle donne, sia nell’ambito della famiglia che in quello del lavoro, nel pieno rispetto delle norme vigenti in materia di pari opportunità». Non meno significativi gli indirizzi che tendono a «valorizzare le competenze e la preparazione delle Socie indirizzandole verso attività sociali e culturali che favoriscono il miglioramento della vita, anche lavorativa, delle donne e a incoraggiare le donne a un continuo impegno nonché ad una consapevole partecipazione alla vita sociale, amministrativa e politica, adoperandosi per rimuovere gli ostacoli ancora esistenti». Quindi, la neo presidente Narciso ha presentato agli intervenuti i componenti del rinnovato direttivo e degli altri organismi previsti dallo statuto.Vice presidente per il biennio 2015-2017 sarà Anna De Sanctis, segretaria Grazia Centra, tesoriera Chiara Papa. Conclusione in bellezza con un intermezzo dedicato alla musica e alla poesia. Al violino Flavia Pagano e al violoncello Daniele Miatto hanno creato suggestive atmosfere eseguendo musiche di H. Mancini, E. Morricone, N. Piovani, G.P. Reverberi, D. Farina, L. Giordano, L. Bacalov, Carlos Gardel e J. Pachelbel. L’attrice Mariangela Conte, del Centro Universitario Teatrale, ha letto poesie delle autrici fidapine Antonia Torchella e Anna De Sanctis Corsini. Stefania Paiano


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Formazione, pedagogia e didattica due incontri con il professor Goussot

Insieme, per comunicare, educare, includere a alcuni anni l’impegno delle Edizioni del Rosone si è rivolto con determinazione alla Pedagogia, alla Didattica della pedagogia, all’Educazione, particolarmente importante nell’epoca attuale. Oltre alle collane dedicate all’argomento, numerosi sono gli eventi organizzati sul territorio per sensibilizzare genitori, docenti, educatori sotto la guida di esperti del settore. Molto recenti sono due incontri: uno a Troia il 3 dicembre, l’altro a Foggia il giorno successivo. Il primo, dal titolo «Insieme per comunicare, educare, includere», ha visto la città, con famiglie, parrocchie, scuola e l’Amministrazione intorno al professor Alain Goussot, docente di didattica e pedagogia sociale presso l’Università di Bologna. Tutto è nato dalla volontà dell’assessore Tonino D’Apice e dai ragazzi dell’Associazione «Idee in movimento» intenti a lavorare per mettere al centro di un progetto culturale serio la Biblioteca civica. Lo scopo era quello di riflettere

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sulla capacità di comunicare della comunità, quindi sulla possibilità di educare e di includere. La responsabile delle Edizioni del Rosone, partecipanti alla manifestazione, Falina Martino, ha introdotto la relazione del professor Goussot con alcune parole di Charles Gordon: «Gli umani non hanno solo dei bisogni, come gli altri animali sociali, di vivere in una società per costruirsi, hanno bisogno per esistere d’inventare delle società. Victor Hugo lo formulava in questo modo: è con il reale che si vive; è con l’ideale che si esiste. Gli animali vivono, l’uomo esiste (...). Esistere è sapere quello che valiamo, ciò che possiamo e ciò che dobbiamo. Non è sufficiente per gli esseri umani nascere fisicamente, ci vuole ben altro. Devono riuscire ad esistere con, nonostante e in mezzo agli altri». Comunicare, e soprattutto comunicare bene, ha detto il professor Goussot, vuol dire educare tutti all’incontro con l’altro, al pluralismo, alla varietà e all’alterità. L’educazione è inclusione. Un’educazione che si basa sull’esclusione non tira fuori il potenziale migliore di ognuno nell’incontro con l’altro, ma fa dell’altro il nemico e il concorrente che bisogna superare o eliminare. Dobbiamo, per dirla con il grande Freinet, ha affermato il professore, volere una pedagogia del buon senso e del capolavoro: solo nel dialogo e

AIL, venticinque anni di Stelle di Natale

Anche a Foggia si è riproposta la gara di solidarietà D

al 1989 le Stelle dell’AIL sono protagoniste nelle più importanti piazze d’Italia e sono diventate una vera e propria icona della solidarietà. Anni di ricerca, risultati, assistenza ai pazienti affetti da leucemia, linfomi e mielona. Sconfiggere le malattie del sangue è l’obiettivo dell’AIL – Associazione Italiana contro le Leucemie-Linfomi e Mieloma costituita a Roma l’8 aprile 1969. Guarire, o comunque allungare le prospettive di vita del malato è il risultato dell’attività dell’Associazione. Migliorare la qualità della sua vita ne è l’impegno quotidiano. L’AIL è strutturata su 22.000 volontari, 81 sezioni, assistenza domiciliare, case alloggio. Il GIMEMA (Gruppo Italiano Malattie Ematologiche dell’Adulto), gruppo non profit di ricerca finanziato dall’AIL è la garanzia per una diagnosi certa con le stesse possibilità di cura per i malati di tutta Italia. Le stelle di Natale sono diventate l’emblema ormai atteso e tradizionale per un gesto di solidarietà che aiuti la ricerca e favorisca l’assistenza dei malati. Anche quest’anno, in occasione del 25^ anniversario di Stelle, nei giorni 6, 7, e 8 dicembre le piazze italiane si sono offerte come luogo d’incontro tra i volontari dell’AIL e la generosità dei cittadini. All’appuntamento non è man-

cata, naturalmente, la sezione foggiana operante fin dal 20 settembre 1994. In questo ventennio l’AIL di Foggia ha contribuito ad allestire la prima Unità Sterile dell’Ematologia degli Ospedali Riuniti e ad acquistare le apparecchiature che hanno consentito di effettuare nel 2001, a Foggia, il primo autotrapianto di cellule staminali periferiche. Ha anche contribuito alla sostituzione, durante le ferie estive, del personale infermieristico nell’Unità Sterile e nella Struttura Complessa di Ematologia degli OO.RR. e alla realizzazione del Servizio di Radioterapia presso l’Azienda Ospedaliero-Universitaria degli OO.RR.. Tra le attività di sostegno che l’AIL foggiana svolge, da segnalare: l’assistenza domiciliare ai pazienti ematologici, l’assegnazione di borse di studio per i medici ematologi, l’erogazione di contributi economici alle famiglie dei pazienti più bisognosi, l’accoglienza dei parenti dei pazienti ricoverati e provenienti da fuori città, l’organizzazione di corsi di formazione per volontari nel campo dell’assistenza agli ammalati ematologici, il finanziamento con «Assegni di ricerca» dell’attività di ricerca scientifica dell’Ematologia Universitaria dell’Università degli Studi di Foggia. Stefania Paiano

nella ricerca comune c’è spazio per il fatto che ognuno è in grado di produrre qualcosa di suo, di elaborare un proprio capolavoro. Urge, in un momento come quello che stiamo vivendo, riappropriarsi di un’etica: insieme, ognuno nel suo ruolo, dobbiamo tornare ad assumerci responsabilmente il dovere, fatto di fatica, ma anche di gioia, di aiutare le nuove generazioni nella loro crescita, di aiutare i giovani a trovare una posizione, per stare nel mondo anziché subirlo, di aiutarli a riconoscere i più deboli come soggetti di bisogni e di diritti. Marida Marasca

Che cosa vuol dire educare oggi he cosa vuol dire educare oggi» è il titolo dato all’incontro di formazione organizzato dalla Direzione didattica «Manzoni» di Foggia in collaborazione con il CIDI (Centro d’Iniziativa Democratica Insegnanti) di Foggia e le Edizioni del

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Rosone svoltosi presso lo stesso istituto «Manzoni». Dopo i saluti di uno dei responsabili del CIDI, professor Mantova, e quelli della dirigente Immacolata Conte, particolarmente entusiasta di offrire alla scuola e ai docenti un momento di formazione di qualità, la parola è passata alla responsabile delle Edizioni del Rosone, Falina Martino, che ha in primis evidenziato l’attenzione della Casa editrice verso il problema dell’educazione. Di qui la pubblicazione di volumi di autori prestigiosi di importanti università italiane, sostenute da un progetto che guarda lontano. L’obiettivo della Casa editrice, ha detto la professoressa Martino, è fare di Foggia un punto di riferimento per quanti non pensano a rinunciare al doveroso compito educativo. Il relatore, il professor Alain Goussot, ha preso la parola ricordando che quella educativa è una delle sfide più impegnative a cui far fronte per ridare un’anima al nostro mondo. Educare non è mai stato facile, ma oggi il passaggio del testimone tra le generazioni è più complicato che mai. Per varie ragioni i nostri giovani rispecchiano la situazione grigia o neutra dal punto di vista formativo, carente di grandi stimoli e richiami, di figure di riferimento per la vita. L’emergenza educativa si affronta offrendo ai soggetti in crescita casi esemplari in cui essi possano identificarsi e dai quali trarre stimolo per tendere a mete personali e sociali più arricchenti e impegnative. I due momenti d’incontro e di formazione, entrambi di grande valenza, hanno previsto attestati di partecipazione per i docenti. Marida Marasca

Troia: inaugurata Casa di riposo San Giovanni di Dio

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naugurata a Troia la Casa di Riposo San Giovanni di Dio. L’inaugurazione è avvenuta in piazza Giovanni XXIII, 4, con gli interventi della Europarlamentare (già assessore alla Sanità ed al welfare pugliese) onorevole Elena Gentile, della presidente della Fondazione onlus Casa di Riposo San Giovanni di Dio, Filomena Casoli, del sindaco di Troia, dott. Leonardo Cavalieri. Nel corso della cerimonia è stato illustrato l’impegnativo percorso (istituzionale, organizzativo, umano, professionale) che ha portato alla rinascita di questa struttura oggi perfettamen-

te funzionante che impiega personale affidabile e qualificato e che ha l’ambizione di rappresentare non semplicemente un ente assistenziale ma una realtà socialmente ‘viva’ per i nostri anziani e per tutta la comunità dei Monti Dauni, ‘aperta’ al territorio, alla popolazione, alle istituzioni. Una struttura che, grazie anche alla collaborazione ed al concreto supporto delle istituzioni locali (in primis della Regione Puglia) è oggi in grado di fronteggiare le sfide del prossimo futuro con la forza dei principi e dei valori che l’hanno animata nel suo prestigioso passato.

Nel quattordicesimo anno dalla scomparsa

Lettera a Franco Marasca Caro Franco, non dimentico che sono già trascorsi quattordici anni da quando ci hai lasciati. Quell’11 novembre del 2001 ha segnato tutti noi, amici e collaboratori delle «tue» Edizioni del Rosone, oltre che aver addolorato i tuoi cari. Questa volta desidero ricordarti diversamente dagli anni precedenti. Spero che apprezzerai, anzi ne sono certo. Lo faccio comunicandoti che lo scorso 13 dicembre le Edizioni del Rosone hanno ricevuto l’ennesimo riconoscimento per l’alto valore culturale che esprimono in favore della promozione del territorio. Lavoro improbo e affascinante al tempo stesso, come tu ben sai. Ma Falina e Marida hanno maturato competenze e tenacia per sbrigarsela alla grande. Il Premio è stato consegnato a Roma dalla Famiglia Dauna, per mano del professor Paolo Emilio Trastulli. A rappresentare la Casa editrice c’era Marida, e ci sei stato anche tu nel cuore di tutti i presenti. Si, proprio Marida che tu accompagnavi a Foggia, ancora adolescente, per la frequenza del Conservatorio. Ti ricordi? Bene, anche questo desidero dirti: Marida è cresciuta come donna di cultura e come imprenditrice, sa degnamente interpretare il tuo spirito, la tua missione e quella delle Edizioni del Rosone. Puoi esserne orgoglioso. Quest’anno mi è andato di ricordarti così, in maniera un po’ bizzarra, forse, ma certamente con l’affetto e l’amicizia di sempre. Vale, Franco! D.


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territorio

Con Comune e Università di Foggia Il cantautore Riccardo Sinigaglia per Telethon

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ell’ambito della rassegna di incontri denominata Parole che fanno bene, su organizzazione del Coordinamento provinciale Telethon, del Comune di Foggia e dell’Università di Foggia mercoledì 20 gennaio 2016 al Teatro Comunale Umberto Giordano di Foggia evento di beneficenza con il concerto del cantautore romano Riccardo Sinigallia. Si tratta dell’evento di punta dell’intero cartellone Telethon in Capitanata, appuntamento nato sulla scorta della collaborazione tra Riccardo Sinigallia e l’Università di Foggia durante il laboratorio di scrittura creativa e musicale tenuto dall’autore de La descrizione di un attimo presso il Cineporto dell’Apulia Film Commission la scorsa estate. La scelta di Riccardo Sinigallia, come artista vicino ai temi solidali che soprattutto in queste settimane sembrano più che mai la vera emergenza universale, non è stata casuale: oltre alla intercessione dell’Università di Foggia, a convincere gli organizzatori che si trattava dell’artista giusto per l’evento Telethon Foggia 2016 sono stati il passato e il presente di Riccardo Sinigallia. Impegnato nei temi dei diritti dell’infanzia e dell’uomo, artista lontano dalle speculazioni dello show business e particolarmente legato a Foggia dopo la recente esperienza trascorsa insieme agli studenti dell’Ateneo. L’intero incasso del concerto sarà devoluto in beneficenza, individuando con il Coordinamento nazionale Telethon i destinatari della donazione e soprattutto le modalità di intervento. Tuttavia le spese vive dell’organizzazione dell’evento sono proporzionalmente riconducibili alla sensibilità del Comune di Foggia, quindi all’attivismo del Coordinamento provinciale Telethon e al contributo culturale dell’Università di Foggia.

Programma Vinci 2016 per cooperazione universitaria italo-francese

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ubblicato sul sito dell’Università italo-francese il nuovo bando Vinci 2016 finalizzato a sostenere iniziative di cooperazione universitaria italo-francese. Il bando si articola in 4 capitoli: il capitolo 1 è dedicato al sostegno di corsi universitari di II livello (corsi di laurea magistrale) che prevedano il rilascio di un diploma congiunto o di un doppio diploma, il capitolo 2 è dedicato al sostegno della mobilità per tesi di dottorato in cotutela (è rivolto ai dottorandi che devono discutere tesi di dottorato in cotutela italofrancese), il capitolo 3 prevede il finanziamento di borse triennali di dottorato in cotutela (rivolto alle scuole di dottorato che hanno un progetto di tesi in cotutela italofrancese), il capitolo 4 riguarda i cofinanziamenti per assegni di ricerca post-dottorato (ed è rivolto alle strutture di ricerca che hanno un progetto scientifico italo-francese per attivare un assegno di ricerca post-dottorato). L’obiettivo del programma è quello di promuovere la mobilità degli studenti, dei dottorandi e dei docenti, lo scambio di metodologie ed esperienze didattiche, nonché l’approfondimento delle conoscenze linguistiche e la costituzione di una rete di eccellenza scientifico-formativa tra i due Paesi. Scadenza: ore 12,00 del 4 febbraio 2016. Per ulteriori informazioni: Università italo-francese, Università degli Studi di Torino Direzione Ricerca e relazioni internazionali, via Bogino, 9, 10123 Torino. Tel.: 0116709615/4171 – Fax:

Ischitella: nuovo Polo Culturale «Pietro Giannone»

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abato 19 dicembre è stato aperto al pubblico, a Ischitella, il nuovo Polo Culturale «Pietro Giannone». All’interno del Polo Culturale, nell’ex Convento di San Francesco, trova spazio il nuovo Museo Archeologico in cui si potrà ammirare la nuova mostra dal titolo «Frammenti di terra, sogno di una civiltà» con reperti risalenti al VI-IV secolo a.C. di tipologia sannitico-etrusco-campana, provenienti dal sito archeologico di Monte Civita, e con un percorso museale tutto rinnovato nei contenuti e nella veste espositiva. Con l’inaugurazione del Polo Culturale si aprono le porte anche del nuovo Centro di Integrazione Scolastica realizzato presso le ex Scuole ristrutturate, per un’attività di recupero delle tradizioni musicali, popolari e rurali, dove ogni associazione mette a disposizione una banca delle ore per attività integrative. Contestualmente, dopo vari decenni, riapre la biblioteca comunale, dedicata a Padre Remigio De Cristofaro, che arricchisce il suo patrimonio librario grazie alla donazione da parte dell’Associazione «Terra Terra» di Settimo Torinese di 700 volumi. All’interno del Polo Culturale si inserisce anche la nuova area S.A.C. (Sistemi Ambientali e Culturali) realizzata nell’ambito del Progetto S.A.C. Gargano. Qui sono allestite sale dedicate a laboratori per bambini: corsi di ceramica, di decorazione, di restauro, tutti strumenti volti ad avvicinare i piccoli al mondo dell’archeologia. Un progetto questo studiato di concerto con l’Istituto Comprensivo di Ischitella e con la sua Dirigente scolastica Angela De Paola.

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Dalla Provincia a cura di mauro Galantino Troia: la scomparsa di Alberto De Santis Lascia un vuoto incolmabile la scomparsa dell’ex sindaco di Troia Alberto De Santis. Un uomo d’altri tempi, politico di grandissima caratura, un personaggio indimenticabile della storia della cittadina dei Monti Dauni e di tutta la Capitanata. Con lui scompare un profilo di raffinata ed ineguagliabile visione della cosa pubblica, capace di scandire l’armoniosa progressione del proprio territorio, coniugando in un solo uomo una fede salda ed incrollabile assieme saggezza e rettitudine.

Torremaggiore: manifestazioni per la I guerra mondiale Patrocinata dal Comune di Torremaggiore e organizzata dal Centro Attività Culturali «Don Tommaso Leccisotti», in collaborazione con l’Associazione musicale «Mozart», il Civico Liceo musicale «L. Rossi», l’Istituto per la Guardia d’Onore alle reali tombe del Pantheon, l’Associazione Amici della Fondazione Banca del Monte di Foggia, Istituto per la Storia del Risorgimento Italiano (Comitato provinciale di Foggia), Comitato per le Celebrazioni del Centenario della morte di Emilio Ricci si è svolta a Torremaggiore dal 17 al 19 dicembre una manifestazione sulla Prima Guerra Mondiale. Proposti una mostra, un convegno, musica e letteratura del primo Novecento italiano.

Serracapriola: premiata come Comune Riciclone Puglia 2015 Presso l’Hotel Palace di Bari, nell’ambito dell’iniziativa promossa da Legambiente Puglia con il contributo della Regione Puglia – Assessorato alla Qualità dell’Ambiente – e con il patrocinio di ANCI Puglia, finalizzata a valorizzare le migliori esperienze dei Comuni pugliesi in tema di gestione dei rifiuti, il Comune di Serracapriola è stato premiato come Comune Riciclone Puglia 2015 con la Menzione Speciale «Teniamoli d’Occhio» per aver raggiunto nei primi nove mesi del 2015 una media percentuale di raccolta differenziata pari o superiore al 60%.

San Giovanni Rotondo: «Natale sotto le stelle» È iniziata l’11 dicembre e si concluderà il 6 gennaio 2016 la manifestazione «Natale sotto le stelle», una serie di eventi che accompagneranno i cittadini di San Giovanni rotondo per l’intero periodo delle feste natalizie e di fine anno. Nel nutrito programma predisposto dall’Amministrazione comunale – Assessorato al Turismo, Sport, Spettacolo e Cultura – in collaborazione con la EMMEPPI (Editoria&Comunicazione): iniziative di solidarietà, concerti, biciclettate, spettacoli di marionette, degustazione dei piatti tipici tradizionali preparati dall’Associazione «Cuochi del Gargano e di Capitanata», intrattenimenti per i più piccini, zampognari, mercatini di Natale, mostra dei presepi nel chiostro comunale, a cura dell’Associazione Italiana “Amici del Presepio” ed altro ancora.

Manfredonia: ultima tappa de «I Laboratori del gusto» Gran finale per i «Laboratori del Gusto – GAC Gargano Mare». Dopo le cinque tappe di Monte Sant’Angelo, Margherita di Savoia, Mattinata, Zapponeta e Vieste il tour gastronomico ha concluso il suo percorso a Manfredonia, lunedì 21 presso l’Hotel «Panorama del Golfo» dove è stato proposto un mix delle ricette della tradizione marinara locale. I «Laboratori del Gusto» del Gac Gargano Mare, rappresentano un momento utile per la promozione del territorio e l’informazione su tematiche importanti quali l’acquisto e l’utilizzo di produzioni locali, salubri e a km 0 che fanno bene all’economia del territorio e migliorano la qualità della vita. Gli eventi hanno come fulcro l’interazione ed il coinvolgimento attivo dei commensali che, così, diventano valenti e consapevoli ambasciatori del Gargano e dei suoi prodotti, garantendo loro promozione e valore aggiunto.

Sant’Agata di Puglia: recuperato antico volume di autore santagatese Un antico volume pubblicato da un frate santagatese nel 1643 passa da una libreria storica di Londra alla biblioteca di Sant’Agata di Puglia grazie al Comune. Il sindaco Gino Russo ha coadiuvato personalmente la ricerca e il recupero del volume al fine di restituire al suo paese un tassello storico di straordinario interesse. In occasione dei preparativi di una mostra bibliografica dedicata a una rassegna di autori locali, il sindaco, appassionato bibliofilo, si è messo alla ricerca di un raro volume pubblicato dallo studioso santagatese, frate, scienziato e teologo Giacinto Giordano nel 1643. Dopo una lunga serie di ricerche, il volume è stato rintracciato rintracciato in una nota libreria storica di Londra e «riportato a casa» con l’impegno di una modesta somma.


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n concomitanza con l’arrivo della mostra itinerante La Grande Guerra sulle prime pagine della Domenica del Corriere, che tra novembre e dicembre 2015 ha fatto tappa anche San Severo, Cerignola, Foggia e Torremaggiore, e in un momento di grande angoscia per le sorti della pace nel mondo, si è svolto a Lucera, nella Nuova Biblioteca Comunale del SS.mo Salvatore, un ciclo di sei incontri dal titolo La Prima Guerra Mondiale. Cento anni dopo. Alla mostra, allestita a cura dell’Istituto per la Guardia d’Onore alle Reali Tombe del Pantheon, Delegazione provinciale di Foggia dal 9 al 12 dicembre hanno fatto «visita» moltissimi cittadini, soprattutto studenti. Ricco e variegato il programma degli incontri: convegni, dibattiti, riflessioni, confronti, presentazioni di libri e di ricerche. A proporre i quattro appuntamenti, nel centenario della Grande Guerra, è stato il Comitato provinciale di Foggia dell’Istituto per la Storia del Risorgimento Italiano, un’Associazione di ricercatori di storia moderna e contemporanea presieduta dal dott. Massimiliano Monaco, impegnata nelle iniziative di commemorazione di una tra le pagine più dolorose della storia dell’umanità. Sullo sfondo vi è il dovere della memoria dei drammi provocati da quel conflitto, ma anche il ricordo degli uomini che in quegli eventi ebbero un ruolo decisivo, come il premier Antonio Salandra, pugliese, originario di Troia e rappresentante del collegio elettorale di Lucera. La serie di incontri si prefiggeva, tra l’altro, di approfondire il pensiero politico dell’on. Salandra e di recuperare la sua opera giuridica, economica, amministrativa e diplomatica. Non a caso tutti gli appuntamenti sono stati ospitati negli spazi espositivi e nell’Auditorium della Nuova Biblioteca Comunale «Ruggero Bonghi» di Lucera, che custodisce, insieme ad un ricco fondo librario, anche il carteggio pubblico e privato del primo ministro. L’evento, realizzato con il patroci-

CronAChe dellA CulturA

Lucera: incontri su Antonio Salandra e la Grande Guerra

nio della Città di Lucera e dell’Associazione Amici della Banca del Monte di Foggia, ha offerto inoltre l’occasione per parlare di un immane conflitto bellico affermando sempre i supremi valori della pace. L’inaugurazione della mostra è avvenuta il 9 dicembre con un convegno su Antonio Salandra e la Grande Guerra, introdotto dal Presidente del Comitato provinciale Massimiliano Monaco e moderato dal giornalista di Affaritaliani.it Antonio Gelormini, con relazione di Mario Spagnoletti, professore di Storia contemporanea all’Università degli Studi ‘Aldo Moro’ di Bari, Dipartimento di Scienze politiche. Per l’occasione i tre relatori hanno esaminato la formazione e l’opera politica di Antonio Salandra, soprattutto in riferimento ai fatti del 1915. Gelormini e Spagnoletti, infatti, sono entrambi curatori delle due prefazioni all’e-book La Recluta (Tommaso Fiore) e il Primo Ministro (Antonio Salandra).

Dante in licenza presentato a San Marco in Lamis

Nuova edizione del romanzo giovanile di Joseph Tusiani

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opo le prime edizioni, e qualcuna uscita all’insaputa dell’autore, del 1952, a distanza di ben 63 anni, vede la luce in nuova veste il romanzo di Joseph Tusiani «Dante in licenza» per i tipi della Levante di Bari. Si deve al professor Delio De Martino questa fatica che consente ai molti ammiratori dello scrittore garganico, che vive dal 1947 a New York, di leggere il romanzo giovanile.

De Martino ha inserito nel volume, oltre a una corposa e densa introduzione, altri scritti o di Tusiani o su Tusiani. Così troviamo la prefazione di Joseph al volume di Nicola Testi nell’Inferno di Dante in vernacolo pugliese, la composizione Dante’s Farewell di Nicolas Flagello su testo di Joseph per soprano e orchestra; il I canto dell’Inferno di Dante in vernacolo garganico di Tusiani e due liriche recenti, sempre di Joseph, «Più non esiste il tempo» e «Mare Nostrum». Sono pagine, queste, che consentono di conoscere altri aspetti della multiforme attività letteraria di Tusiani. La stessa introduzione di De Martino traccia le linee che hanno condotto a questa ristampa di Dante in licenza. Anche per spiegare il senso e le finalità di un’operazione editoriale non facile. L’edizione attuale del romanzo riporta per ciascun capitolo un titolo, che mancava nelle edizioni del ’52, titolo dato da De Martino ma avallato dall’autore. Non c’è dubbio che il romanzo rivela un aspetto non conosciuto di Tusiani, quello del narratore creativo, che è in secondo piano rispetto a quella che

La Prima Guerra Mondiale. Percorsi di ricerca è stato l’oggetto dell’incontro del 10 dicembre mattina, a cura di Gabriella Berardi (Responsabile della Sezione Fondi Speciali della Biblioteca Provinciale «La Magna Capitana» di Foggia e del Sistema bibliotecario provinciale) che, in riferimento al tema della Grande Guerra, ha illustrato agli studenti del V anno del Liceo Bonghi-Rosmini di Lucera gli strumenti di corretta ricerca documentale (Information Literacy) per progettare e realizzare ricerche attraverso la selezione, il reperimento e la consultazione delle fonti bibliografiche e documentali. Sempre il 10 dicembre, nel corso della sessione pomeridiana, il ricercatore Michele Presutto, socio dell’Istituto per la Storia del Risorgimento Italiano, esperto di storia dell’emigrazione politica e docente dell’Istituto comprensivo «R. Grimaldi» di San Paolo di Civitate, ha brillantemente trattato il tema Le guerre degli Emigranti. La rimane la sua identità più alta e più vera, e cioè la vena poetica che, come tutti sanno, si esprime in quattro lingue, ciascuna delle quali connota uno specifico DNA della sua formazione e della sua personalità. Sul versante narrativo abbiamo soltanto la trilogia autobiografica e i racconti, a parte l’altro romanzo apparso alcuni anni dal primo, e cioè «Envoy From Heaven» (tradotto poi col titolo Dal Cielo «Inviato Speciale»). Tre sono le fonti ispiratrici di «Dante in licenza». La prima è certamente Dante e tutto ciò che il poeta rappresenta per Tusiani. Dice De Martino nella introduzione: «Amare Dante e immedesimarsi in lui fu del tutto naturale quando dal nido di San Marco in Lamis si trovò trapiantato a New York, nuovo caput mundi, al di là dell’oceano». Ammirazione e venerazione per Dante accompagnarono, dunque, il cammino poetico di Joseph e sono tanti gli episodi che si potrebbero citare per offrire una documentazione adeguata. La seconda fonte di ispirazione è l’Ordine dei Comboniani. La permanenza nei tre collegi comboniani di Troia, Brescia e Venegono ha fortemente inciso sulla sua formazione e, pur non avendo portato a termine il suo percorso missionario, Tusiani ha sempre conservato rispetto e stima per quel mondo e, quindi, ha inserito nel romanzo molte pagine che riprendono quell’esperienza e un personaggio,

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Grande Guerra e le diaspore degli Italiani. La sessione antimeridiana dell’11 dicembre è stata animata da Francesco Barbaro, giornalista della Gazzetta del Mezzogiorno, socio dell’Istituto per la Storia del Risorgimento Italiano e professore di Lettere alla Scuola Media «Ugo Foscolo» di Foggia, che ha parlato agli studenti delle ultime classi dell’I.T.E.T. «Vittorio Emanuele III» e dell’I.P.S.S.A.R. «Ruggero Bonghi» di Lucera de Gli «uomini contro» della Grande Guerra in Capitanata, ossia di coloro che la guerra fecero di tutto per non combatterla. L’incontro è stato impreziosito dalla lettura di brani tratti da documenti originali da parte dell’attore Vito De Girolamo. Nel pomeriggio dello stesso giorno, il giornalista Antonio Gelormini e lo scrittore Vito Antonio Loprieno, hanno presentato al pubblico il libro Pudore, un romanzo ambientato in Puglia durante la Grande Guerra e i primi approcci al riscatto della condizione femminile nel Sud. L’occasione è stata propizia per accennare anche alla “guerra” combattuta dalle donne. L’ultimo appuntamento del programma si è svolto il 12 dicembre mattina, alla presenza delle ultime classi del Liceo Classico e Scientifico e di alcune studentesse del Corso Moda dell’I.P.S.S.A.R. «Ruggero Bonghi» di Lucera. Per l’occasione il dott. Massimiliano Monaco, Presidente del Comitato di Foggia dell’Istituto per la Storia del Risorgimento Italiano, e le professoresse del Liceo Classico Francesca De Luca e Silvana Rotunno, insieme ai loro alunni, hanno presentato e commentato i risultati del primo anno del progetto di ricerca «Scuola e territorio» su Antonio Salandra e la Prima Guerra Mondiale, frutto di indagini e approfondimenti documentali effettuate nel «Fondo Salandra» della Biblioteca Comunale di Lucera. M.M. padre Giacinto, che, come dice De Martino «racchiude i più alti valori spirituali». La terza fonte di ispirazione del romanzo è di natura autobiografica perché legata alla terra natia di Tusiani e ai suoi genitori.Vi sono molte pagine in cui è vivido il ricordo della terra garganica e di San Marco in Lamis. In particolare, Tusiani invoca il mese di maggio che è dedicato al culto di Maria Vergine e che vedeva le strade del paese riempirsi di altarini adornati con coperte e fiori. E alla sera si radunavano attorno ad essi gli abitanti delle strade e celebravano le lodi della Madonna. Così, in altre pagine ritorna il ricordo delle case e delle strade di San Marco e si avverte struggente la nostalgia e il rimpianto che invade l’animo di Tusiani. Ovviamente il romanzo va ricordato per altri aspetti che sono legati al modo di narrare dell’autore. Tusiani è soprattutto un grandissimo poeta che ha utilizzato, come ho ricordato all’inizio, le quattro lingue della sua vita: l’italiano, l’inglese, il latino e il dialetto sammarchese e garganico. Meno interesse egli ha mostrato per la vena narrativa e tuttavia nel leggere Dante in licenza il lettore si accorge che anche su questo terreno Tusiani avrebbe potuto dare prova di alto valore letterario se solo avesse coltivato con continuità l’arte del narrare e ne avesse fatto la ragione del suo scrivere. Raffaele Cera


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a biblioteca ebbe vita nel 1817 con un gesto di squisita sensibilità e di spirito culturale e civile. Infatti una delle più ricche biblioteche private di Lucera, veniva interamente donata ai lucerini e alla cultura, dal marchese Pasquale De Nicastri, discendente dai primi conti normanni, napoletano di nascita, lucerino di origine. A questo primo fondo si aggiunsero altri di famiglie nobili lucerine. La biblioteca venne sistemata in un terraneo adiacente la Chiesa di San Francesco. Le donazioni del marchese De Nicastri e del marchese Scassa ne formarono il primo nucleo che si accrebbe dei volumi dei monasteri soppressi e di quelli provenienti dalle nobili famiglie lucerine. Il 28 marzo 1823, un Sovrano Rescritto di Ferdinando II, re delle due Sicilie, prescriveva di assegnare dei fondi alla biblioteca. Venne solennemente inaugurata il 30 maggio 1831, giorno onomastico del suddetto Sovrano, alla presenza della preposta commissione formata da Don Pasquale De Nicastri, dal Rev. Don Filippo Lombardi, Don Giambattista Gifuni, Don Potito Bonghi, Don Luigi Nocelli e dal Vescovo di Lucera Mons. Portanova. Il primo bibliotecario Don Luigi Nocelli, tenne il discorso inaugurale. Dopo l’Unità d’Italia, la biblioteca venne trasferita presso il palazzo comunale. Nel 1904 sotto l’Amministrazione Curato si stabilì nella sede costruita nei giardini di Palazzo Mozzagrugno e, nell’occasione, venne dedicata al grande statista Ruggero Bonghi, legato a Lucera da vincoli di parentela e di cultura. Da questo periodo in poi, si arricchì di collezioni private delle famiglie nobili: Bonghi, Iliceto, Nocelli, Generoso Bozzini, Girolamo Prignano, Uva, Cavalli, Riccardo Del Giudice, Edoardo Tommasone, Francesco Lastaria, fino ad arrivare all’importante donazione della biblioteca e dell’intero archivio privato del grande statista troiano Antonio Salandra grazie all’interessamento dell’illustre bibliotecario e storico avvocato Giambattista Gifuni, che spese una vita per la nobile istituzione lucerina. La biblioteca possiede un vastissimo e preziosissimo patrimonio librario. L’indirizzo preminente è quello storico-letterario, a cui si unisce un vasto campo di opere politiche, economiche, scientifiche e tecniche. Tra le opere letterarie va segnalata la raccolta completa degli scrittori d’Italia pubblicata da Laterza, cui fanno seguito numerose edizioni di classici, comprese quelle nazionali delle opere di Dante, Petrarca, Foscolo, Carducci, degli scritti del De Sanctis, di Bonghi; i saggi di Croce, del Volpi, del Cicciotti, del Salvemini, i carteggi del Cavour, le monografie del Pontieri, del Lucarelli, del Simoni sul «Risorgimento politico del Mezzogiorno». In campo scientifico è degno di nota l’importante collezione dei «Manuali Hoepli» e il fondo del professor Francesco Lastaria, consistente in libri di medicina e chirurgia, di trattati di anatomia umana, patologia, medicina interna, farmacologia, fisiologia e biologia. In quello giuridico va menzionato il Digesto giustiniano del 1569, la libreria del professor Eduardo Tommasone

CronAChe dellA CulturA Nuova sede per la Biblioteca di Lucera

Una storia luminosa, un patrimonio di elevato spessore culturale

e le opere di Scialoja-Branca, del Presutti, dello Zanobini, dell’Antolisei, De Marsico, Calamandrei, D’Onofrio, Messineo, Falco, Temolo e tanti altri. Importante, se pure incompleta, è la raccolta degli Atti Parlamentari. Nutrita è la sezione pugliese con la presenza di oltre 6.200 monografie. La Biblioteca Comunale di Lucera si pregia conservare, tra il fondo antico, testi di assoluta rarità: Gli Incunaboli: questo prezioso fondo ammonta a 30 opere, volumi 34, di varia provenienza e sono stati pubblicati fra il 1472 ed il 1500. Le Cinquecentine: ai prestigiosi incunaboli si affiancano le 863 edizioni del Cinquecento, tutte egualmente rare e preziose. Del fondo antico, molte sono le edizioni del ‘600, del ‘700, dell’800. Va segnalato l’importante fondo degli “Autografi di uomini illustri”. La sezione emeroteca comprende numerosissime raccolte di riviste e giornali a carattere nazionale e importanti collezioni di interesse locale. Preziosi i periodici stampati a Lucera, che segnano un particolare momento di grande fermento culturale nella nostra città. Il più antico giornale di Lucera posseduto dalla Biblioteca Comunale di Lucera è il Diomede, stampato nel 1864 dalla famosa tipografia Scepi. Per sopperire al problema dello spazio della sede storica di Corso Garibaldi, il 18 maggio 2015, gli uffici della biblioteca «R. Bonghi» sono stati trasferiti presso i locali del Convento SS. Salvatore (San Pasquale), una delle prestigiose testimonianze architettoniche religiose medioevali della città di Lucera. Il Convento SS. Salvatore, fu costruito agli inizi del XIV secolo su iniziativa del Beato Giovanni da Stronconio. I frati osservanti lo tennero fino al 1625, anno in cui subentrarono i riformati che ne fecero uno dei principali conventi della Provincia Monastica di Monte Sant’Angelo. Dal 1811 e per tutto il periodo murattiano rimase chiuso al culto. Nel 1866 in seguito alla soppressione degli ordini ecclesiastici, divenne proprietà del Comune di Lucera. Successivamente è stato utilizzato come convitto femminile, rifugio per gli sfollati di guerra, come stalla ed infine

per decenni lasciato nel più totale abbandono. Il 30 gennaio 1999, giunse l’approvazione degli interventi di ripristino dell’ex Convento SS. Salvatore. L’appalto fu assegnato alla ditta Filippucci srl di Matera e i Direttori dei lavori furono l’ingegner Renato Follieri e l’architetto Michele D’Andrea. L’Amministrazione comunale di Lucera diretta da Domenico Bonghi, in occasione di un convegno sul tema Le biblioteche storiche tra conservazione e innovazione, svoltosi il 26 giugno 1999 nello spazio antistante alla chiesa San Pasquale, presentò un progetto redatto dall’ingegner Renato Follieri e dall’architetto Michele D’Andrea che prevedeva il restauro dell’antico convento del SS. Salvatore (noto come San Pasquale), destinato ad ospitare i nuovi servizi e le sezioni moderne della Biblioteca. L’incontro, rappresentò un’importante occasione di riflessione sui temi della valorizzazione e del potenziamento delle strutture e dei servizi bibliotecari di Lucera e della Capitanata; fece registrare la presenza di esperti di rilievo e fu nobilitato dalla presenza eccezionale di un nostro illustre concittadino: Gaetano Gifuni, Segretario Generale della Presidenza della Repubblica e figlio di Don Giambattista Gifuni. Il convegno ebbe come esperto moderatore Guido Pensato, consulente per i servizi bibliotecari del Comune di Lucera, già bibliotecario della Biblioteca Provinciale di Foggia, il presidente della Provincia di Foggia, Antonio Pellegrino, che nel suo intervento elogiò il Comune di Lucera, per l’impegno assunto a realizzare un lodevole progetto che prevedeva il recupero di un importante edificio di

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interesse storico, artistico e monumentale. Il primo esperto ad intervenire fu il professor Giovanni Solimine, dell’Università della Tuscia, che parlò sulle Biblioteche pubbliche storiche tra conservazione, innovazione e valorizzazione. Il culmine del convegno fu raggiunto con l’intervento del Segretario Generale della Presidenza della Repubblica, dottor Gaetano Gifuni, che con profonda emozione sfogliò le pagine della memoria, a partire dalla notevole valenza sentimentale dal titolo del suo intervento: «Lo scaffale dei ricordi». L’illustre personaggio lucerino richiamò alla mente una folla di persone, luoghi e sensazioni. Gaetano Gifuni, inoltre, volle consegnare alla Biblioteca Comunale di Lucera una pregiata collezione di libri che costituì l’oggetto del Premio Ignazio Ciaia da lui ricevuto nel 1993. Presenziarono al convegno: l’assessore alla P.I. e Cultura dottor Giovanni Tatali e l’assessore ai LL.PP. professor Raffaele De Vivo del Comune di Lucera, l’assessore provinciale alla P.I. e ai servizi bibliotecari, Giuseppe D’Urso e il direttore della Biblioteca Provinciale di Foggia, Franco Mercurio. Nel mese di giugno del 2011 tra la commozione dei dipendenti della Biblioteca iniziò il trasloco del fondo antico dalla Biblioteca R. Bonghi sita in Via Garibaldi alla nuova Biblioteca SS. Salvatore (San Pasquale), tramite l’Impresa Scabelli di Brescia, una ditta specializzata nel settore dei traslochi del materiale archivistico librario. Nel mese di giugno 2015, grazie all’aiuto di numerosi volontari, dei dipendenti della Biblioteca e degli operai del Comune, con grande spirito di sacrificio e amore per la cultura e dedizione alla propria città, hanno effettuato il trasloco del vastissimo patrimonio dei libri moderni (circa 70.000), presso la nuova Biblioteca. L’Amministrazione comunale ha voluto recuperare un patrimonio unico nel suo genere in Puglia a beneficio dei cittadini e dei turisti con l’obiettivo di riorganizzare e potenziare i servizi bibliotecari e documentari le cui finalità non devono essere soltanto quelle di conservare e di salvaguardare un patrimonio culturale prezioso per la memoria delle generazioni future ma soprattutto la biblioteca deve essere luogo d’incontro e di aggregazione sociale per favorire la crescita culturale e umana dei cittadini nella direzione di una migliore qualità della vita, una finestra aperta sul mondo attraverso cui, si può accedere ad un patrimonio sterminato di informazioni. Dottoressa Pina Rizzo Responsabile della Biblioteca

Amici della Fondazione Banca del Monte Inaugurato Anno sociale

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erata inaugurale dell’Anno sociale 2015-2016 dell’Associazione Amici della Fondazione Banca del Monte di Foggia. Dopo gli indirizzi di saluto del presidente della Fondazione, professor Saverio Russo, e della presidente dell’Associazione, professoressa Rina Di Giorgio Cavaliere, è stato eseguito un programma musicale sul tema «Serenata romantica». L’Ensemble «Nicola Ugo Stame» composto dai Maestri Pasquale Antonio Rinaldi (flauto), Laura Aprile (violino) e Luigi Vania (viola) ha eseguito brani di Ludwig Van Beethoven e Max Reger.


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CronAChe dellA CulturA

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Un recente convegno a Lucera

L’analisi della Vergine delle Grazie riporta alla mano di Pietro Bernini L ucera, universalmente nota come città del gotico, ovvero per il suo illustre passato romano, si sta imponendo nel panorama meridionale come una delle roccaforti della cultura barocca. È questa la riflessione principale emersa nel corso del convegno «Pietro Bernini a Lucera. Un inedito capolavoro della scultura napoletana di primo Seicento», organizzato dal Club UNESCO ‘Federico II’ e svoltosi al Circolo Unione di Lucera nell’ambito del V ciclo di incontri «Lucera Barocca. Itinerari artistici in Capitanata», che ha confermato la paternità berniniana di un’opera scultorea, presente nel Duomo dell’Assunta, imperniata intorno ad un rilievo marmoreo raffigurante la Madonna con Bambino, con in basso due figure di anime purganti che implorano la liberazione dalle fiamme purificatrici. Recenti scoperte archivistiche e nuove acquisizioni su base attributiva concorrono a rendere meno sfumato il quadro delle conoscenze relative alla straordinaria fioritura delle arti registratasi in Capitanata, e a Lucera in particolare, in età barocca. Queste conoscenze oggi risultano più nitide grazie al contributo di autorevoli studiosi, spesso esterni all’ambito regionale, ben consapevoli della eccezionalità di questo patrimonio e della sua consistenza in termini qualitativi e quantitativi. Un patrimonio in gran parte ancora inedito, la cui scoperta avviene giorno dopo giorno, e la cui consistenza è avvalorata tanto da documenti d’archivio quanto da attribuzioni, talvolta così evidenti da rendere possibile l’assegnazione di un’opera ad un determinato artista (o quantomeno alla sua bottega) anche sulla base di «confronti parlanti», vale a dire di ‘lampanti’ concordanze di caratteri stilistici. Nel convegno le affinità compositive tra l’altorilievo della Basilica Cattedrale di Lucera, accuratamente documentato per via stilistica, ed altre importanti opere del maestro toscano Pietro Bernini sono state ribadite dallo storico dell’arte prof. Mario Panarello dell’Università della Calabria. Per lo studioso calabrese, l’elegante figura della Vergine delle Grazie che sostiene con un braccio il vivace e scattante Gesù Bambino e con l’altra mano svela il proprio seno, è la prima opera di Pietro Bernini finora «scoperta» in Puglia, regione in cui le opere scultoree di importazione napoletana sono davvero pochissime, avendone esempi solo a Bari (monumento a Bona Sforza), Barletta (San Giovanni Battista) e Altamura (San Vito). Nell’introdurre il relatore, lo storico dell’arte Christian de Letteriis forniva una prima chiave di lettura della «scoperta»: a Lucera non deve destare scalpore la possibile presenza di un’opera del Bernini. Ciò in quanto le responsabili e dinamiche relazioni che fra tardo ‘500 e ‘600 la nobiltà lucerina (incluso il suo clero regolare e secolare e, più tardi, alcune potenti corporazioni di laici) seppe tessere con le principali botteghe napoletane è noto da tempo.

Non a caso, in questo periodo, nelle cappelle gentilizie del Duomo di Lucera è attestata la presenza di artisti di chiara fama: dai pittori Girolamo Santacroce, Ippolito Borghese e Fabrizio Santafede, ai frescanti Belisario Corenzio e Avanzino Nucci, agli architetti e marmorari Cristoforo Monterosso e Giovanni Vannelli. Questo flusso incessante divenne particolarmente significativo in età barocca, allorché la città di Lucera, con i suoi straordinari luoghi di culto, fu destinataria dei prodotti delle più accorsate botteghe napoletane. Ma veniamo ai grandi nomi che stanno emergendo, alla luce di sempre maggiori e continue scoperte archivistiche e attributive. Nel chiarire molti aspetti della vicinanza tra la scultura e la pittura negli anni a cavallo tra Cinque e Seicento, nel corso della sua relazione il prof. Panarello ha motivato le ragioni che lo portano ad ascrivere il rilievo di Lucera, concepito come una sorta di dipinto, alla produzione di Pietro Bernini (1562-1629), raffinatissimo maestro, nativo di Sesto Fiorentino, ma attivissimo dapprima a Napoli e poi a Roma, noto non solo per le sue qualità esecutive e, diciamo pure, poetiche, ma per aver dato i natali al grande Gian Lorenzo, il padre del Barocco, nato a Napoli nel 1598 da Pietro e Angelica Galante. La chiara evidenza dei confronti con opere documentate del celebre scultore fiorentino rende infatti molto plausibile l’accostamento tra il monumento di Lucera e la mano del maestro. Datata 1605, e dunque ascrivibile all’ultima fase del periodo «napoletano» di Pietro Bernini (1584-1605), da tempo posta nella cappella di S. Maria Patrona, anche se in origine doveva essere collocata, con molta probabilità, in un luogo più in vista, la scultura marmorea ad altorilievo della Madonna delle Grazie è inquadrata, come una pala, sull’arca tombale di Giulio e Ascanio Mozzagrugno, a quell’epoca tra i più illustri e benemeriti cittadini di Lucera. Significativo il ricordo di Ascanio che fa lo storico lucerino Alfonso La Cava [Un comune pugliese nell’età moderna, in «A.S.P.N.», XXIX n.s., LXVIII (1943), p. 38] allorché riporta che nel 1601 egli propone «di mettere a monte metà o addirittura tutto il frutto del terraggio», e quando esso non bastasse per redimere la città, di porre «altri pagamenti sopra tutti li beni de li cittadini, pur che siano generali», offrendo egli per primo «non solo la sua robba in servitio della città, ma la propria vita». Il monumento funebre si compone di più parti; alla sua realizzazione dovettero infatti intervenire più di un artista: Pietro Bernini (autore della Vergine con Bambino, delle due anime purganti e dei due splendidi genietti funebri ai lati dell’arca marmorea), ma anche Michelangelo Naccherino (1550-1622), uno dei massimi scultori del Viceregno napoletano. A quest’ultimo, anch’egli fiorentino e molto attivo nella città di Napoli, seguace del

Giambologna e collaboratore di Pietro Bernini a Napoli (fontane monumentali del Nettuno e del Gigante) spetterebbero, per il prof. Panarello, i due bustiritratto dei committenti. Solo un grande professionista della scultura come il Naccherino, invero, poteva rendere appieno le impercettibili sfumature presenti nel volto di due gemelli omozigoti. Ma ciò che rende ancor più convincente la corrispondenza tra l’opera lucerina e il pittoricismo delle sculture di Pietro Bernini è l’esame dei dettagli artistici del rilievo, svolto alla luce delle inconfondibili qualità esecutive che contraddistinsero la produzione del maestro toscano e di pochissimi altri artisti di questo periodo (tra questi, in Toscana, Giovan Battista Cacci-

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ni): la sensibilità plastica e la morbidezza del tratto; il soffice effetto atmosferico dello sfumato, di ascendenza leonardiana, ottenuto con una tecnica peculiare della produzione del Bernini padre, che rendeva i ritatti «palpitanti di vita»; l’effetto di lucidissima levigazione, che rende i panneggi come «bagnati». L’autografia del rilievo è data, infine, dalla accurata ricercatezza dei panneggi, dove non manca il raffinato effetto dei «vortici», con le capigliature e, in altri casi, le barbe «ovattate» dei personaggi, simili a cirri di nuvole. L’opera di riferimento dell’Immagine di Lucera è sicuramente il grande rilievo marmoreo dell’Assunta realizzato da Pietro Bernini a Roma nel 1607, destinato ad impreziosire l’esterno della Basilica di Santa Maria Maggiore, ma poi collocato all’interno della Cappella del Battistero. Il confronto tra il capo dell’Angioletto di Roma e quello del Bambinello di Lucera è davvero «schiacciante». La stessa «vibrazione» permea le due figure, un virtuosismo reso attraverso gli effetti di levigazione e di sfumatura, a cui si è fatto cenno, nella cui esecuzione il Bernini rimane maestro insuperabile. Per i due mezzibusti marmorei del monumento, contraddistinti da un’indagine di estrema delicatezza nella resa delle sottili variazioni fisionomiche dei due gemelli, il confronto significativo, ma non definitivo, è possibile invece con la grande perizia scultorea con cui il Naccherino ritrasse il marchese Cusano, Bernardino Borrionuovo y Peralta, nel monumento della chiesa di San Ginés a Madrid. Massimiliano Monaco

Pasqualino Festa, in arte Muré, sbarca a Hollywood

Le sue tele in video esposizione nell’importante città americana C

ontinua a mietere successi e prestigiosi riconoscimenti Pasqualino Festa, in arte Muré. Questa volta le opere del più importante pittore della Capitanata, arriveranno oltreoceano. Giorno 29 luglio 2016, le sue tele saranno presenti in video esposizione all’evento «Protagonista a Hollywood», presso il Conference centre W Hollywood (6250 Hollywood Boulevard, Hollywood, California, Usa). La presenza nella terra delle stelle del cinema americano è un riconoscimento esclusivo riservato solo ai migliori artisti che hanno partecipato a «L’Isola che c’è» (15-18 ottobre 2015, Palermo), prestigioso happening di musica, arte e cultura che ha visto ospiti illustri come Red Ronnie, Giorgio Mulè e Vittorio Sgarbi. Con la prestigiosa kermesse palermitana, Muré aveva già «guadagnato» un importante riconoscimento: l’inserimento di una sua seconda opera in una sezione riservata della rassegna, il «Premio internazionale alla cultura». Dunque, non c’è due senza tre: da Palermo, Muré arriva a Hollywood. Ma non è tutto. La direzione artistica di «L’Isola che c’è» ha anche assegnato a Muré una targa personalizzata e

una pergamena con le firme di Sgarbi, Red Ronnie, David Guido Pietroni, Sandro Serradifalco. Intanto, il vulcanico pittore dauno ha già partecipato a un altro importante evento nazionale. Una sua opera – Il mio autunno – dal 4 al 27 dicembre 2015, è stata esposta presso il complesso museale «Convitto Ragusa», a Noto, nell’ambito del «Primo Premio Internazionale Unesco». La manifestazione è riservata a un ristretto novero di artisti selezionati tra coloro i quali hanno dato particolare lustro all’arte contemporanea italiana.


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CronAChe dellA CulturA

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Il folklore come strumento per approfondire la storia locale L a tradizione popolare, definita «la manifestazione di una forza spirituale delle collettività umane, la quale crea, conserva e tramanda quelle forme di vita pratica, etica ed estetica che sono a loro necessarie e congeniali, mentre rinnova o elimina via via quelle che sono morte e superate»1 può essere considerata indispensabile per la conoscenza della storia e del carattere di un popolo. Per quanto concerne la tradizione orale, o soggettiva, che comprende tra l’altro i canti, le poesie, i racconti, i proverbi, essa può costituire una fonte inesauribile per approfondire la conoscenza delle società passate e, di conseguenza, di quelle moderne. Studiata sotto l’aspetto storico, sociologico, etnologico e psicologico essa può disegnare il profilo umano della storia di un popolo. La provincia di Foggia, tra le più estese d’Italia, può essere idealmente divisa in tre «zone» socio-ambientali diverse e i componimenti di letteratura popolare sembrano attestarlo. Le zone in questione sono quelle della costa garganica, tra la foce del Fortore e quella dell’Ofanto, le due zone montuose del Gargano e del Subappennino dauno e, tra queste, la pianura foggiana. Già ad una prima superficiale ricerca è possibile individuare, nelle tradizioni orali delle località di mare, il riferimento a particolari tipi di fauna marina, ad imbarcazioni o alle mareggiate. È il caso del componimento Amabei (contrasto) di Rodi Garganico in cui in alcuni versi è chiaro il riferi-

mento ad un ambiente marinaro: «... Quann’inta la varca t’imbarcastë... o vent’e marë addove lu purtastë ?..» (trad... Quando nella barca ti imbarcasti o vento di mare dove lo portasti)2. Così come in una cantilena di Peschici: «Pë la via de la marina aggiu perzo u mantesino, nun me ‘mporta d’o sënale, ma me mporte dë marenare..» (trad: Per la via della marina ho perso il grembiule, non mi importa del grembiule, ma mi importa del marinaio)3. Nelle zone montuose la terminologia cambia, come in questo proverbio di Castelluccio Valmaggiore: «U prime suleche, nun je suleche» (trad.: Il primo solco, non è solco. Cioè non dritto)4. Così come in quest’altro proverbio di Deliceto: «Sciacquà la capê a lu ciuccê se perde acqua e saponê» (trad.: Lavare la testa all’asino, si perde acqua e sapone)5. Nella pianura, che è la zona più popolata della provincia, anche dopo il passaggio di tre comuni (Trinitapoli, S. Ferdinando e Margherita di Savoia) alla BAT, il riferimento è alle attività lavorative tipiche connesse all’agricoltura che costituivano, fino a qualche decennio fa, l’asse portante dell’economia locale. Così recita un breve brano di una poesia del Tavoliere intitolata «Il cafone e la zanzara»: «Deciaive na zamboina scrianzeite, a nu cafone foure, ca daraive: ie’ nutele ca me cacce, ie vengh’arroite, u sanghe me surchie e u muzzecaive !» (trad.: Diceva una zanzara screanzata ad un cafone, in campagna, che arava: è inutile che mi cacci, io ti seguo e il sangue

mi succhierò...e lo morsicava)6. Oppure come in questo proverbio sanseverese: «E ppure jogge amm’arete» (trad.: e pure oggi abbiamo arato)7. La Capitanata mostra dunque, nell’ambito della cultura tradizionale, una vivacità non indifferente, anzi, essa rappresenta un microcosmo in cui è forse possibile rintracciare, nel corso della sua storia, quasi ogni tipo di esperienza umana possibile. Nella letteratura, ad esempio, possiamo trovare sintetizzati in pochi versi i problemi drammatici della nostra terra, alcuni dei quali ancora oggi non totalmente risolti. Il breve brano di una poesia su citato evidenzia il problema della presenza di insetti, le zanzare, che hanno spesso tormentato la vita dei contadini foggiani ed il cui proliferare era dovuto alla esistenza di ampie zone paludose. Altro aspetto fondamentale che emerge dalla letteratura popolare della nostra terra è la grande religiosità dei suoi abitanti ed in particolare il legame con la Madre celeste: «Chi fa sciarre, scarce u mante da Madonne» (trad.: Chi litiga strappa il manto della Madonna)8. Innumerevoli sono anche i riferimenti a momenti storici particolari, alla cronica mancanza d’acqua, al brigantaggio.

ell’ambio del ciclo di Conversazioni di Storia Locale Il Novecento in Capitanata: intellettuali residenti e non, organizzato dalla Biblioteca Provinciale di Foggia, l’11 novembre scorso, a conversare con il pubblico è stato Francesco Giuliani, docente liceale di Italiano e Latino e docente a contratto di Letteratura Italiana Moderna e Contemporanea presso il Dipartimento di Studi Umanistici dell’Università di Foggia. Tra le sue ultime pubblicazioni, per i tipi delle Edizioni del Rosone: L’approdo della finzione. Lettura delle novelle del «Don Candeloro e C.i» di Verga (2015); In cerca di Melisenda. Letture dal Carducci di «Rime e ritmi» (2012), Il canone dei francobolli. Gli scrittori italiani nella filatelia nazionale (2014) e Sulle rotte dell’aquila. Gli scrittori italiani nella filatelia mondiale (2015). Dopo una panoramica generale sugli illustri intellettuali della Daunia nel secolo breve, Giuliani si è soffermato in particolare sui profili biobibliografici di Michele Vocino, Umberto Fraccacreta, Joseph Tusiani, Alfredo Petrucci, Nino Casiglio e Maria Marcone. Socio ordinario della Società di Sto-

ria Patria per la Puglia, Giuliani ha dedicato anche vari lavori alla storia e alla letteratura della regione, tra cui: Novecento poetico in Capitanata, in A Sud del Sud dei Santi, a cura di M. Zizzi, LietoColle, Faloppio (Co), 2013; Nel Nord della Puglia, Edizioni del Rosone, Foggia, 2011; Viaggi novecenteschi in terra di Puglia, Edizioni del Rosone, Foggia, 2009; Alfredo Petrucci. Le lettere, il Gargano e lo scrittore, Edizioni del Rosone, Foggia, 2008. Altri saggi, infine, sono inclusi nell’opera collettanea, curata da Francesco De Martino, Puglia mitica, Levante, Bari, 2012.

Leonardo Scopece

1 P. TOSCHI, Guida allo studio delle tradizioni popolari, torino, 1962. p. 20. 2 M. MARCHIANò, Testi popolari della Capitanata, Atlantica, Foggia, 1984, pp. 110-111. 3 Ibidem, p.123. 4 A. IOSA, La Terra del silenzio, Adda, Bari, 1983, p. 199. 5 Ibidem, p. 201. 6 Ibidem, p. 290. 7 C. PISTILLO, U Carusellë, Notarangelo, S. Severo 1982, p. 106. 8 IOSA, op. cit., p. 131.

Dovuto a Pasolini - Dittico sul cinema

Conversazioni di storia locale con Francesco Giuliani

Il Novecento in Capitanata N

Il folklore dunque, in tutti i suoi aspetti, è una cosa importante. Per dirla con Antonio Gramsci «Il Folklore non dev’essere concepito come una bizzarria, una stranezza o un elemento pittoresco, ma come una cosa molto seria e da prendere sul serio». La rivalutazione a cui il folklore è soggetto in questi ultimi decenni, con toni più vivi e meno documentaristici, può contribuire a rendere la vita più umana, allontanando lo spettro di un annullamento per identificazione a cui la società dei consumi e lo strapotere dei mass-media sembrano condurci.

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oluto dalla Società Dante Alighieri di Foggia, la Biblioteca Provinciale e l’Associazione «Amici della Biblioteca», si è svolto in due date, nella saletta Proiezioni della Biblioteca Provinciale di Foggia, l’incontro Dovuto a Pasolini – Dittico sul cinema, omaggio al grande scrittore italiano nel quarantesimo anniversario della scomparsa, avvenuta il 2 novembre 1975 in circostanze drammatiche. Gli incontri in programma si sono occupati in particolar modo di Mamma Roma e Vangelo secondo Matteo. I due relatori, il professor Antonio Daniele e il Maestro Marco Maria Lacasella, hanno scandagliato sia figure e temi del microcosmo pasoliniano, dal dramma familiare al falso riscatto sociale, sia l’approdo a una forma di senso religioso autentico vissuto come dramma. Sono state proiettate alcune sequenze dei film e proposti brani di Bach. L’iniziativa si è inserita nel solco delle celebrazioni di Pier Paolo Pasolini a quarant’anni dalla morte. Per gli organizzatori, la presidente del Comitato Società Dante Alighieri, professoressa Donatella Di Adila, il presidente dell’associazione «Amici della Biblioteca», avvocato Francesco Andretta e il direttore della Biblioteca Provinciale, dottor Franco Mercurio, i due incontri hanno avuto anche l’intento di suggellare una sinergia tra associazioni per connotare al meglio l’offerta culturale della città. Nel primo incontro, svoltosi il 4 dicembre, il professor Antonio R. Daniele si è soffermato su «Mamma Roma: vecchi sentimenti tra le strade di un mondo nuovo». Nel secondo appuntamento, 14 dicembre, lo stesso professor Daniele ha affrontato il tema «Vangelo secondo Matteo: vita come dramma, dramma come vita»; il Maestro Marco Maria Lacasella si è occupato de «La musica nel Vangelo secondo Matteo», Il ‘dittico’ è stato introdotto dalla presentazione della professoressa Rossella Palmieri. Stefania Paiano


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Come un aquilone di Duilio Paiano

Un intrico di emozioni, sogni, sentimenti per esaltare il senso di appartenenza D

avvero accattivante e coinvolgente la storia «positiva» raccontata da Duilio Paiano - giornalista di lungo corso e pregevole scrittore – nel suo ultimo libro Come un aquilone, edito, per i tipi delle Edizioni del Rosone, nel settembre 2015: un racconto, per così dire, multidimensionale, che, da un lato, conferma ancora una volta la naturale vocazione dell’autore per la scrittura, dall’altro aggiunge al background dello scrittore–Paiano, un’espressione narrativa diversa rispetto alla precedente produzione. Nasce, infatti, proprio dalla necessità interiore dell’autore di sperimentare percorsi narrativi alternativi il tessuto del libro – considerato sia dal punto di vista del contenuto sia da quello della forma – che, mutatis mutandis, può trovare una sua collocazione lungo il versante del romanzo di formazione (in tedesco Bildungroman), aperto a suggestioni psicologico-intimistiche, ad implicazioni ambientali e di costume, a fascinazioni di natura didattico–pedagogica. Come nella migliore tradizione europea e anche italiana del romanzo di formazione, Duilio Paiano racconta nel suo libro l’evoluzione del protagonista, Francesco, verso la maturazione e l’età adulta, nonché la sua origine storica, le sue radici, la sua appartenenza alla città (Foggia) nella quale si è formato. Così, nel seguire il percorso esistenziale del protagonista, adolescente alle prese con la fatica di crescere e in cerca del proprio posto nel mondo, l’autore si sofferma sul confronto Francesco–genitori e Francesco–comunità di appartenenza, regalando al lettore intense pagine di respiro sociale ed antropologico attraverso la descrizione dell’ambito familiare e del contesto di Borgo Croci (una sorta di endiadi raffigurante il nido), all’interno dei quali il protagonista ha metabolizzato, da un lato, le aree di senso e i nuclei valoriali più significativi per orientare la propria vita verso un’adeguata autostima ed un’autentica autorealizzazione, dall’altro, ha assorbito gli elementi culturali e spirituali della «foggianità» più verace, entrati a far parte in modo permanente del suo progetto di vita, della sua visione del mondo (Weltanschauung) e soprattutto del suo sistema valoriale. Insiste, poi, Paiano sul ruolo determinante svolto dalla scuola nella formazione di Francesco, scrivendo anche in questo caso vivide pagine, intessute di storia e di arte, oltre che lievemente soffuse di malinconia, credo, per il docente–Paiano e per chi sta redigendo queste modeste note. E, ancora, il profilo formativo di Francesco si arricchisce in itinere non solo del calore autentico degli amici, della soddisfazione interiore dei suoi interessi e delle sue passioni (tra i quali la lettura e la musica), della gratificante esperienza dei sei mesi trascorsi a Siviglia, presso la Facoltà di Economia (grazie ad una borsa di stu-

dio concessa nell’ambito del Progetto Erasmus), ma soprattutto del suo profondo amore per la città di Foggia. Nullus locus dulcior est patria, scriveva oltre XX secoli fa l’Arpinate: di questo è profondamente convinto anche Francesco, che a Foggia e alla sua storia dedica moltissime energie intellettive ed emotive, imparando a conoscerla in progress, con l’occhio attento non solo alla sua plurisecolare storia, ma anche ai suoi complessi problemi di oggi, l’una e gli altri attraversati in maniera puntuale e scientifica sul piano storico, anche se per excerpta, sulla base dei segmenti più significativi della vicenda culturale, civile, amministrativa e religiosa della città di Foggia, oltre che sulla scorta delle testimonianze monumentali ancora presenti sul territorio. Per Francesco, però, la conoscenza approfondita della città non è un mero esercizio culturale, ma è molto di più, è un vero e proprio tratto «ideologico», è una conquista interiore vissuta non solo come occasione per una riappropriazione consapevole della realtà cittadina, ma soprattutto come lievito per qualificare la propria presenza all’interno del contesto di riferimento. Sul senso di appartenenza ad una città che, per dirla con Leonardo Scopece (cfr. Una città da amare, Foggia, Edizioni del Rosone, 1993), non va solo «abitata» ma anche «amata», insiste, per il tramite del protagonista del libro, anche Duilio Paiano – salentino di nascita ma foggiano di adozione che alle pagine del suo Come un aquilone, affida tutto il suo «amore» per Foggia, la città nella quale vive dal lontano 1978 e dove ha consumato gran parte del suo percorso professionale di docente e di giornalista: un «amore», come lo stesso autore ricorda nella premessa al libro Tempi (Foggia, Edizioni del Rosone, 2010, p. 13), nato, sì, attraverso la mediazione, per così dire, della moglie Genny, ma cresciuto in progress, come in una sorta di climax ascendente, al punto da diventare totalizzante sia sul piano affettivo–sentimentale sia su quello della conoscenza, come testimonia la sua interiorizzazione della storia e della cultura di Foggia, vissuta da Duilio Paiano con notevole intensità e in tutte le sue implicazioni. In fondo, in Francesco proteso ad «affinare sempre più la sua sensibilità verso la città–madre che si stava lentamente costruendo nell’animo» (p. 29) c’è l’eco del percorso compiuto dall’autore stesso per cercare di crearsi, come egli stesso annota nella citata pagina di Tempi, quelle radici che le circostanze della vita non gli avevano permesso di avere: fatte le dovute differenze, Francesco appare così speculum di Duilio Paiano. C’è, però, di più nella rappresentazione di Francesco, perché l’autore, raffinato intellettuale aperto alla contemporaneità, nell’accompagnarlo lungo il suo processo di maturazione umana, intellettuale,

sociale ed etica, lo trasforma in un exemplum per i tanti giovani laureati che sono costretti a lasciare l’Italia, perché non riescono a trovarvi posizioni adatte alle loro capacità e tali, comunque, da offrire loro prospettive di futuro. Francesco, alle prese con il suo primo impegno professionale importante ottenuto a Londra, divenuta «metafora del suo essere diventato adulto», tuttavia, ha le idee chiare sul suo futuro e porta nel cuore con sé tutto il suo microcosmo foggiano, quell’universo che gli consente di paragonarsi, con un’immagine suggestiva e poetica ad un tempo, proprio ad un aquilone che nelle distese del cielo «si allontana, è vero, ma in qualunque momento il filo si potrà riavvolgere, riportandolo nello stesso luogo da cui si è librato nell’aria». Un intrico, dunque, di emozioni, sentimenti, progetti, azioni, sogni, speranze, prospettive proietta sul lettore il

lungo racconto del libro, che è scandito da illuminanti flashback, finalizzati a consentire a Francesco di rivivere, nell’arco delle poche ore del suo viaggio (prima, in treno, verso Roma e poi, verso Londra in aereo) i momenti significativi della sua giovane esistenza, in uno stato di dormiveglia, plasticamente reso dalla domanda Sogno o son desto? (p. 95). Scorrono così nella coscienza del protagonista e dinanzi agli occhi del lettore, come vere e proprie sequenze cinematografiche, i frammenti di vita che hanno scandito il percorso esistenziale del giovane protagonista e che sono riproposti dall’autore attraverso la tecnica narrativa del sogno, che altro non è se non la metafora dell’esplorazione dei territori interiori da parte di Francesco che, sul punto di abbandonare l’adolescenza, si interroga sul proprio posto nel mondo (il volo). Proprio come nel romanzo pedagogico, anche Duilio Paiano, nei panni del narratore esterno ai fatti che racconta, utilizza l’immagine del viaggio come emblema della separazione da qualcosa e come senhal della ricerca di significati e di risposte da parte di chi sta cercando il senso della propria esistenza. Una storia, dunque, come quella di tanti altri, quella raccontata dall’autore, un storia ben articolata sul piano della coerenza di significato e su quello della coesione espressiva: il tutto, in virtù dell’efficace triangolazione narratore–protagonista–lettore che Duilio Paiano sa costruire in modo pregnante, rende davvero godibile e piacevole la lettura di Come un aquilone. Alfonso Palomba

Premio nazionale di poesia in dialetto «Città di Ischitella–Pietro Giannone»

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l Comune di Ischitella (FG), in collaborazione con l’Associazione Periferie, bandisce la XIII edizione del Premio nazionale di poesia in dialetto «Città di Ischitella-Pietro Giannone». Il Premio si avvale del patrocinio di: Comune di Ischitella, Regione Puglia, Provincia di Foggia, U.N.P.L.I. nazionale, Eurolinguistica Sud. Per partecipare al Premio occorre inviare una raccolta inedita di poesie in dialetto di minimo 20 – massimo 30 poesie, per non più di 30 versi per pagina. In calce inserire la traduzione in lingua italiana. Le opere, in un unico file formato Word, con le generalità complete, il numero telefonico ed e-mail vanno inviate per e-mail a: poeti@poetidelparco.it entro il 30 aprile 2016. È gradito un file audio con alcuni testi in dialetto della raccolta recitati dall’autore. La partecipazione è gratuita. All’opera vincitrice sarà assegnato il Premio «Città di Ischitella-Pietro Giannone» consistente nella sua pubblicazione a cura di Edizioni Cofine, nell’assegnazione al vincitore di 100 copie e nel soggiorno gratuito per 2 giorni per 2 persone a Ischitella in occasione della premiazione. Il secondo e terzo classificato avranno in premio il soggiorno gratuito per 2 giorni per 2 persone in occasione della premiazione e prodotti della tradizione enogastronomica locale. Alcuni testi tratti dalle raccolte vincitrici saranno pubblicati sulla rivista di poesia Periferie e sul sito www.poetidelparco.it. I risultati saranno resi noti per e-mail a tutti i partecipanti, attraverso la stampa e sul sito www.poetidelparco.it Per ulteriori informazioni: tel. 06-2253179 – e-mail: poeti@poetidelparco.it


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Tempo ordinario di Enrico Fraccacreta

Un viaggio nel nucleo delle cose e negli angoli più profondi della Capitanata

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nrico Fraccacreta si è appena ripresentato al pubblico dei lettori con una nuova silloge poetica, intitolata Tempo ordinario (Passigli, Bagno a Ripoli, pp. 83, euro 12,50), segnando un ulteriore passo in avanti nello sviluppo di una linea compositiva vitalmente radicata nel mondo pugliese, ma in grado di ritagliarsi senza sforzo uno spazio nel panorama nazionale contemporaneo. Lo attesta, d’altra parte, il romagnolo Davide Rondoni, noto poeta e critico, che ha firmato un’ampia e calorosa postfazione, salutando in Fraccacreta la capacità di rendere il ritmo del tempo, contribuendo a quel ringiovanimento del mondo che già Ungaretti salutava come un compito prezioso dei poeti. Ma Rondoni ha fatto anche di più, dal momento che ha voluto ribadire personalmente il suo positivo giudizio, presentando nei

Anno XXVII - n. 3 Dicembre 2015

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giorni scorsi il volume a San Severo, nel Museo Civico, davanti ad una interessata platea di ascoltatori. Per Rondoni, in Tempo ordinario Fraccacreta «Tra Tavoliere e Arizona, tra padre e figli, tra dolore e incanti, tra amici andati e quelli sempre uguali, affronta da poeta maturo il tema dei temi in poesia: il tempo». Fraccacreta, classe 1955, ha esordito nel 1995 con il Premio Montale per l’inedito, ottenuto con I nostri pomeriggi, alla presenza di Maria Luisa Spaziani, la «Volpe» cantata da Montale in alcuni suoi versi; ha fatto poi seguire le sillogi Tempo medio (1996), Camera di guardia (2006) e Mademoiselle (2012). Alcune sue liriche sono state tradotte anche all’estero. Tempo ordinario è dunque la sua quinta raccolta, che condivide con le altre la costante ma ispirata riflessione sul tempo, sullo scorrere degli eventi, sul groviglio esistenziale dell’uomo, che fonde in sé passato, presente e futuro. Non a caso il volumetto si apre citando in esergo Thomas Stearns Eliot, colonna del Novecento e a suo tempo premio Nobel, che appare come un nume tutelare per una ricerca delle occasioni della poesia, per riprendere Montale, dei momenti in cui la realtà quotidiana si vivifica, si illumina e lascia parlare la poesia. Di qui, nelle tre sezioni che formano la silloge (Tempo ordinario, Tempo memorabile e Tempo matematico), un viaggio nel nucleo delle cose che ha una sua solida base negli angoli più profondi della Capitanata, dove alle 18

«il vento finisce/ di gonfiare le vele sempre più confuse del giorno» e le Tremiti fungono da quinte di teatro, invitando a trasformare l’esistenza in un atto d’amore, dal momento che «il tempo è l’amore». Gli alberi e gli uccelli, chiamati con il proprio nome, assurgono a depositari di antichi segreti, svelati dal poeta con la cura di chi centellina l’espressione, mirando alla sostanza, alla pregnanza semantica, evitando, d’altra parte, il ricorso a facili effetti musicali, alle banali inserzioni del sentimentalismo. La sua forza di poeta, come hanno notato autorevoli critici, è tutta in questa pregnanza del verso, in cui la competenza dell’agronomo, dell’uomo di terra che per professione gestisce un’azienda agricola, dopo la laurea ottenuto a Firenze, si unisce al succo di molte letture e frequentazioni intellettuali, che al fondo rivelano, con roccioso pudore, la sua sensibilità cristiana. Di qui l’idea che il ritmo del tempo possiede in sé anche un risvolto più alto, che spinge ancor più ad illuminare i momenti della giornata nel nome di un’antica verità (ed anche questo ci può portare ad Eliot, a ben guardare). La sezione più corposa, la prima, che porta lo stesso titolo del volume, contiene molte folgorazioni, che attingono ad un’esperienza umana che si apre al dialogo con il lettore senza finzione ma anche senza falsi ammiccamenti. Emergono, così, i richiami agli affetti, al padre scomparso, al quale ha già dedicato in passato delle toccanti liriche, ma anche ai figli, all’amore, alla ricerca dei sensi nascosti nella sua terra, amata e rispettata («Sto oltrepassando le Torri Gemelle/ delle cave di pietra di Apricena/ lasciando appena indietro lo specchio/ chiaro di lesina e quello scuro/ del mare Adriatico, come l’Atlantico/ e la baia di Manhattan»). Nella seconda parte, Tempo memo-

rabile, appare il passato lontano e per certi versi mitico della Capitanata, legato alla transumanza, al lungo cammino d’erba che univa Abruzzo, Molise e Puglia, in nome dell’allevamento. Si pensi a certi attacchi poetici luminosi: «Arrivano ogni anno i fantasmi del tratturo/ quel coltello che dall’Appennino/ infilava la pianura/ coltello di strada e boscaglia/ arrotato dalle greggi». È una rievocazione nostalgica e poeticamente accesa, che contrasta con un presente grigio e poco rispettoso, con la conseguenza di cantare anche la necessità di difendere quel che resta della nostra terra, per evitare di distruggere anche il futuro. L’ultima sezione, poi, intitolata Tempo matematico, è un omaggio, già dal titolo, che allude ad un fumetto, all’amico d’adolescenza, a quell’Andrea Pazienza, genio del disegno e dell’arte, con cui Fraccacreta ha diviso tanti momenti, rievocati in parte anche nella fortunata biografia Il giovane Pazienza, che dal 2001 ha avuto, per i tipi di Stampa alternativa, varie edizioni. Quel libretto in prosa ha avuto il merito di rivendicare con forza le origini pugliesi di un genio, strappandole al colpevole silenzio. Ora in questi versi continua l’omaggio, con cinque liriche che richiamano le operazioni aritmetiche (Addizioni, Moltiplicazioni, Divisioni, Sottrazioni, Proporzioni) e che ruotano intorno ad Andrea e al padre Enrico, l’acquerellista sanseverese che ha passato al figlio l’amore per l’arte. L’ultima lirica, Proporzioni, reca un sottotitolo emblematico, Ballata del tempo, ed è ancora un invito a valorizzare la propria esistenza, a renderla più ricca e significativa. Un invito che giunge a conclusione di un libro tutto da gustare e meditare, in nome dell’ispirata poesia. Francesco Giuliani

si odono i rintocchi dell’orologio del paese che scandisce il trascorrere delle ore e, come in un paesaggio metafisico che rievoca i dipinti di Giorgio De Chirico, l’aria è magicamente ferma, solo l’ombra improvvisa di una nuvola affiora sui tetti per allontanarsi subito dopo, la luce appare nitida, senza difetti ed ombre. Nella lirica Madonna di Paese l’Autore descrive i festeggiamenti della patrona S. Maria della Murgia, alla

quale tutti i devoti si rivolgono per chiedere le grazie. La processione parte con l’incedere lento dei fedeli che seguono la statua, portata lungo le vie del paese, accompagnata dalle preghiere e dalle invocazioni di richieste di protezione. In quel mentre, i balconi sono adornati da coperte pregiate di raso o di seta per onorare la Madre di Gesù che passa senza essere accompagnata da strascichi di rose ma seguita dal profumo dei prati primaverili. Queste ed altre sono le sensazioni ed i ricordi che affiorano alla mente dell’Autore, ricordi di un tempo che trascorre lento in un paese dove tutti si conoscono e dove i legami parentali sono forti e vivi, dove, per citare Cesare Pavese : «[…] Un paese ci vuole, non fosse che per il gusto di andarsene via. Un paese vuol dire non essere soli, sapere che nella gente, nelle piante, nella terra c’è qualcosa di tuo, che anche quando non ci sei resta ad aspettarti». (C. Pavese, La luna e i falò) Lucia Lopriore

Cartoline dal Preappennino di Marcello Ariano

Le atmosfere, i profumi, i colori di un paese dell’anima

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artoline dal Preappennino, questo il titolo della silloge recentemente data alle stampe da Marcello Ariano per i tipi delle Edizioni del RosoneFranco Marasca di Foggia, prefato dal professor Daniele Giancane dell’Università degli Studi di Bari. (pp. 39, ill. colori, prezzo € 7,00). Ancora una volta l’Autore con il suo indiscutibile lirismo fa trasparire le proprie emozioni accompagnando il lettore in una passeggiata per le vie di Castelnuovo della Daunia, ridente cittadina del Subappennino. Paese di collina apre la raccolta descrivendo le sensazioni provate dall’Autore quando, recatosi nel paesino dauno, viene trasportato dalla quiete che regna e che fa emergere i profumi che si avvicendano nell’aria durante l’alternarsi delle stagioni. In Cartolina dal Preappennino I – II- III - IV è descritto lo svolgersi del giorno quando al mattino si ode il vociare della gente provenire dai balconi lasciati aperti durante la stagione

estiva, il lavoro nei campi che fa sperare nel buon raccolto dei frutti della terra, il «tubare delle palombelle innamorate» che sostano sui tetti delle case, o quando la sera la luna fa capolino prendendo il posto del sole accrescendo l’ombra della cappellina del paese che appare ancor più isolata dal resto del paese. Sulle strade di Pozzo Nuovo e Breccialosa o di Contrada Vettruco, si vedono i ragazzi correre in bicicletta, le donne dalle gote rosse dovute alla frizzante aria natìa vestite a festa, gli uomini dalla pelle bruciata dal sole per il duro lavoro nei campi, le zingarelle con le mani adornate da anelli di fattura scadente, dirigersi verso la piazza del paese per i festeggiamenti della Madonna della Murgia. Dagli orti e dai giardini si leva un inebriante profumo di fiori e piante, mentre il cielo terso all’orizzonte fa scorgere la presenza degli altri paesi limitrofi e giunti, infine, alla fontana del Belvedere diviene sera. Verso la metà del giorno

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Fiocco azzurro

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a voluto esserci anche lui per festeggiare il Natale e l’anno nuovo con mamma Anna e papà Donato. È nato a Biella lo scorso 16 dicembre Giuseppe Axel, nipote del nostro amico carissimo Mimmo Marcone. Giuseppe Axel raggiunge la sorellina Belinda e i cuginetti Federico e Francesca. Ai genitori e a Mimmo gli auguri più fervidi da parte di tutti gli amici delle Edizioni del Rosone.


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Anno XXIII - n. 4 Dicembre 2015

SAlute & tempo libero

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Provinciale

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CRONAChe Del CINeMA CHIAMATEMI FRANCESCO. IL PAPA CHE VIENE DALLA FINE DEL MONDO

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n lungo flashback, dopo l’ultimo sguardo al tramonto di una Roma in attesa, alla vigilia della proclamazione del nuovo Papa, con un po’ di malinconia, una riflessione e forse un rimpianto per quella terra che continuava a cantare nel cuore il ritmo di un tango. Così ha inizio il film Chiamatemi Francesco, che ci restituisce la storia di un uomo del suo tempo, Jorge Bergoglio, oggi Papa Francesco, e ce la racconta nel momento in cui è stato probabilmente più distante dal suolo del Vaticano, immerso nelle infinite contraddizioni tra discernimento, volontà, fede, carità e politica, tra la dittatura militare argentina e il conservatorismo delle gerarchie ecclesiastiche. Daniele Lucchetti, regista garbato, si è lasciato prendere sottobraccio dal vulcanico produttore Pietro Valsecchi per compiere un viaggio non solamente in Argentina, ma nel cuore e nella parola di Jorge/Francesco. Manca, forse, quella luce religiosa che un credente si aspetterebbe di vedere, ma l’intenzione dell’opera è rendere la figura di un uomo che sa combattere all’interno di una Chiesa spesso permissiva nei confronti dei poteri forti e, contemporaneamente, sa lottare contro le ingiustizie sociali di un regime. Un film laico, nel senso di non teso all’evangelizzazione, che tralascia completamente la retorica della “chiamata”, insistendo su una vocazione che si traduce principalmente in azione. Dunque una lettura non devota alla santificazione sullo schermo di un uomo che ha già i suoi innumerevoli fan. Il regista non crede, né ha cominciato a farlo durante o dopo le riprese, tuttavia, si percepisce esattamente quello che un cattolico ha sempre sentito nel pontificato di Francesco, ovvero una lungimiranza figlia dell’intelligenza e della provvidenza. A folgorare Lucchetti sulla via di Buenos Aires è stata piuttosto l’umanità del futuro pontefice, insieme a una chiesa umile fatta di preti di strada e di regole dettate più dalla coscienza che dagli imperativi dei vertici ecclesiastici. Un passionale che impara la mediazione, “fare quel che si può fare”, nell’eterna scissione tra dovere pubblico e rispetto per la propria morale e, a tal proposito, va dato merito al regista di aver reso leggibile ed efficace una contraddizione solo apparente nei comportamenti del giovane Bergoglio, la cui sensibilità è sempre l’unica ispiratrice del suo operare. Altra ammirevole impresa è l’impiego di due attori argentini per i ruoli di Papa Francesco giovane e vecchio: Rodrigo De La Serna e Sergio Hernàndez, entrambi straordinariamente somiglianti a Bergoglio, che lo evocano soprattutto nel sorriso, quel sorriso che più di ogni altra cosa dà speranza alla gente. Intorno a Jorge ragazzo e uomo si agitano una serie di personaggi perfettamente a fuoco, a cominciare dalle figure femminili, tutte forti e combattive. Non ci meraviglia che abbiano il giusto spazio e la stima del protagonista: Papa Francesco – lo sappiamo bene – crede nelle donne e sostiene le loro battaglie. E traspare nel film anche l’apertura a tematiche di cui oggi si discute (ad esempio il battesimo del figlio di una donna non sposata)… E c’è la musica con il tango che scandisce il tempo, accarezza gli eventi, risuona nell’aria. 11.149,40 chilometri è la distanza che intercorre tra Roma e Buenos Aires, una distanza siderale che attraversa tre continenti. Il centro della cristianità e la fine del mondo, la capitale di un impero secolare e una terra colonizzata che sembrano apparentemente distanti ma che una storia come quella di Jeorge Maria Bergoglio può rendere unica. Il biopic sul papa gesuita ci porta fra le favelas devastate dalla povertà, ci fa salire sugli aerei dai quali i sostenitori del Processo di Riorganizzazione Nazionale gettavano nel vuoto i corpi addormentati dei presunti desaparecidos e gira un film che non è poi così lontano dall’inchiesta, dal giallo storico. E così quella distanza di centinaia di migliaia di chilometri si riduce e Roma sembra Buenos Aires, le fosse comuni e gli aerei che si alzano in volo gettando i dissidenti somigliano alle Ardeatine, alla storia che abbiamo sempre celebrato e mai analizzato. E a noi che vediamo Bergoglio per la prima volta in veste cinematografica e trasfigurata, arriva un sentimento di indiscussa umanità, un grande carattere e una semplicità che commuove. Ma il valore aggiunto viene dal clima, da quella miscela tra calore, umanità e forza penetrante del film, che lo innalzano non ad una sterile biografia ma ad un forte affresco della contemporaneità e che fa sorgere molte domande, non sulla vita di Bergoglio, ma sul nostro coraggio: cosa faremmo noi in una dittatura militare? Quanto siamo uomini di azione e quanto di parola? Chiamatemi Francesco racconta quindi un Papa alieno, che con la propria genuinità e con la sua storia di guida spirituale fortemente connessa con il passato più oscuro del continente sudamericano, illumina il presente della Chiesa bisognosa di tornare a una certa umiltà. E c’è davvero del buono in questo lavoro che convince e nasconde il proprio cuore made in Italy con una storia dal respiro universale. Marida Marasca

Gentili lettori, direttori di Biblioteche, responsabili di enti pubblici e Associazioni, il tempo che stiamo vivendo costringe a non pochi sacrifici quanti continuano a promuovere la cultura della propria terra. La nostra forza è quella che ci viene da chi ancora studia e lavora perché ciò avvenga, ... da chi ci legge. Per questo non è cambiata e non cambia “la missione” de Il Provinciale il periodico fondato da Franco Marasca nel 1989 con l’intento di mettere al servizio dell’informazione e della cultura di Capitanata un organo aperto, indipendente, in grado di proporre ed ospitare dibattiti sugli aspetti dello sviluppo e della promozione del territorio. Una vocazione che per noi delle Edizioni del Rosone resta ineludibile e obbligata. Anche per il 2016 ognuna delle uscite sarà accompagnata da un volume: 1° marzo 2016 Saggi, scrittori e paesaggi. Nuove occasioni letterarie pugliesi di F. Giuliani 2° giugno 2016 Ho viaggiato con l’apostolo Tommaso di C. Serricchio 3° settembre 2016 La macchia nell’occhio di L. Vecchiarino 4° dicembre 2016 Tracce-elementi di antropologia culturale di P. Resta Sottoscrivendo l’abbonamento si ha diritto ad una proposta a scelta dell’offerta, due proposte per i sostenitori, cinque per i benemeriti. Chi sottoscrive, oltre che per sè, un abbonamento per un’amico, conoscente o familiare, riceverà in omaggio il volume: Racconti di Joseph Tusiani. Chi sottoscrive un abbonamento a due o tre riviste (come pacchetti a destra) potrà scegliere un volume nell’elenco presente sul nostro sito. Riceverà il libro chi ha sottoscritto l’abbonamento e chi lo acquisterà con il giornale, a soli 3,00 Euro in più presso le edicole di seguito in elenco: Carapelle: Vallario - Edicola - L. della Rimembranza. Deliceto: Tarallo - Edicola - C. Umberto. Foggia: Bianco - Edicola 25 - V. Di Vittorio; Di Liso - Edicolè - P. Duomo; Montanari - V. Oberdan. Lucera: Finelli - Edicola V. Di Vagno; Catapano Libreria - V. Dante. Manfredonia: Guarino - Il Papiro - C. Manfredi. Orsara: Del Priore - Edicola - C. V. Emanuele. Ortanova: Tamburro - Cartolibreria/Edicola - Via V. Veneto. Rodi G.co: D’Errico - Emilcart - C. M. della Libera. San Severo: Notarangelo - Cartolibreria/Giornali - P. Repubblica. S. Marco in Lamis: Soccio - Edicola - P. M. delle Grazie. Stornara: Iagulli - Edicola - P. della Repubblica. Troia: Seppielli - Cartolibreria - C. R. Margherita.

DIRETTORE RESPONSABILE Duilio Paiano REDAZIONE Marcello Ariano – Mariangela Ciavarella – Silvana Del Carretto – Corrado Guerra – Lucia Lopriore – Marida Marasca – Stefania Paiano – Vito Procaccini – Leonardo Scopece – Michele Urrasio HANNO COLLABORATO A QUESTO NUMERO Raffaele Cera – Mauro Galantino – Francesco Giuliani – Massimiliano Monaco – Alfonso Palomba – Pina Rizzo La collaborazione a questo giornale è gratuita e su invito della Direzione. Gli articoli, le foto e le illustrazioni, anche se non pubblicati, non vengono restituiti.

STAMPA Arti Grafiche Favia - Modugno (Bari)


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