MAG'ZINE ISSUE #1

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May 2015 ISSUE # 1



Timeline Photo: Alessia Capasso

CONTENTS Alessio Paduano

Italy

Alessia Capasso Italy



Alessio Paduano Italy

www.alessiopaduano.it

Alessio Paduano nasce a Napoli, il 4 agosto 1984. Studia un anno a Parigi presso la Université Paris VII – Denis Diderot grazie ad una borsa di studio. Nel 2007 collabora come redattore e fotografo con vari quotidiani italiani. Nel 2009 si laurea in Sociologia presso l’ Università degli Studi di Napoli Federico II con una tesi in giornalismo. Nello stesso anno ottiene l’ iscrizione all’ Albo Nazionale dei Giornalisti Pubblicisti. Nel 2010 studia fotogiornalismo presso l’ Accademia di Belle Arti di Napoli. Alcuni suoi lavori sono stati esposti al PAN-Palazzo Arti Napoli (Italia), Castel dell’ Ovo (Napoli, Italia), Biennale di Bibbiena (Italia), Palm Spring Photo Festival (California) e Tel Aviv Photo Fair (Israele). Le sue foto sono state pubblicate dai principali quotidiani e magazines nazionali e internazionali, tra cui Internazionale, D - La Repubblica, Sette, Sportweek, The Guardian, The Telegraph, Time, Newsweek, Vice ecc. Alessio ha realizzato reportage fotografici in Italia, Romania, Tunisia, Egitto, Polonia e Ucraina. Al momento si interessa di argomenti di attualità.




Quando arriva nella tua vita la fotografia? Ho iniziato a scattare le prime foto, come molte persone, durante i viaggi. Ignoravo qualsiasi tecnica o regola compositiva, non mi preoccupavo degli elementi che componevano il fotogramma, piuttosto vivevo la fotografia come un qualcosa che mi permetteva di registrare e catalogare tutto quello che si presentava avanti ai miei occhi. La vera scintilla si é accesa nel 2008 quando mio padre mi regalò una vecchia Canon Av1 analogica. Da allora ho cominciato seriamente ad interessarmi di fotografia, leggere libri e studiare le immagini dei grandi maestri. La certezza di volermi dedicare al fotogiornalismo invece é maturata durante il biennio di fotografia che ho frequentato all’ Accademia di Belle Arti di Napoli, dove ho avuto modo di approcciare diversi generi fotografici e quindi capire quale fosse il mio vero interesse. Qual’è secondo te il modo per sopravvivere in questo mondo, dove ormai la concorrenza è veramente alta e si attraversa una crisi del settore. E’ vero la concorrenza é altissima, ma non credo che la fotografia sia in crisi. Anzi credo che abbia raggiunto livelli eccezionali. Mi capita di vedere dei lavori sorprendenti realizzati da giovani fotografi, progetti studiati nei minimi dettagli e realizzati minuziosamente. Insomma secondo me la fotografia é viva e vegeta. Oggi si possono realizzare delle immagini compositivamente impeccabili grazie soprattutto all’ avvento del digitale. Prima, con la pellicola, era impensabile per un fotografo scattare 60 immagini per ottenere “la foto”, quella con la composizione perfetta e ogni elemento al posto giusto. Con questo non voglio assolutamente dire che basta avere una buona macchine per ottenere ottime immagini e farsi notare. Oggi é veramente dura sopravvivere in questo mondo. Per farlo bisogna aggiornarsi continuamente, leggere, guardare i lavori dei colleghi e ascoltare le esperienze degli altri fotografi,e non sentirsi mai “arrivati”. Poi ovviamente bisogna produrre tanto e avere le idee giuste, cercando di fare la differenza.


Ti sei dedicato a progetti di interesse internazionale, ma anche di problematiche a livello locale. Come scegli i tuoi progetti e perché? Cerco di dedicarmi sempre a tematiche che suscitano in me un certo interesse o smuovono in me qualcosa. A volte mi capita di stare a pensare per giorni e giorni prima di decidere se avviare un lavoro oppure no. Questo approccio “lento” però non aiuta se si tratta di cronaca, dove la velocità del fotografo é fondamentale. Un tuo progetto a cui sei più legato e perché? Se devo essere sincero non c’é un progetto a cui sono legato più di altri. Forse però nella mia mente sono molto vivi gli sguardi dei ragazzi che ho fotografato a Bucarest, durante uno dei miei primi lavori all’estero, sui ragazzi che vivono nelle fogne della città. E’ stata un’ esperienza molto dura dal punto di vista personale. Un lavoro sicuramente acerbo, ma che mi ha lasciato un vuoto dentro non indifferente e mi ha fatto capire quanta ingiustizia regna oggi nel mondo. Progetti per il futuro Ce ne sono molti. Credo che una vita intera non basterebbe per realizzarli tutti. Mi piacerebbe avere più tempo da dedicare alle mie passioni. Mi piacerebbe avere più tempo per leggere, più tempo per guardare film. Per quanto riguarda la fotografia invece mi basterebbe continuare a raccontare le storie che mi interessano riuscendo a vivere dignitosamente. Un altro grande progetto invece per scaramanzia non voglio dirlo...




Come vedi la fotografia oggi e il suo futuro Come ho già detto la fotografia vive secondo me un momento di grande vitalità. Una vitalità che a volte non é valorizzata dalle scelte di alcuni giornali che non hanno il coraggio di prendere delle decisioni forti o rompere certi schemi. Questa é una tendenza che riscontro soprattutto all’interno del sistema editoriale italiano. Si bada troppo alla forma, all’estetica e si tralasciano i contenuti. Il futuro della fotografia é il web. E’ vero il web é già il presente, ma ad oggi é un mondo ancora fuori controllo per quanto riguarda la fotografia, dove nella maggior parte dei casi regna l’anarchia. Se nei prossimi anni si riusciranno a stabilire delle regole serie sulla fotografia e tutto quello che le ruota intorno, se chi ruba immagini sarà punito seriamente, allora le cose inizieranno a cambiare e il valore della fotografia non sarà più come quello di oggi. Infondo che differenza c’é tra chi ruba un orologio e chi ruba una foto? Un tuo consiglio o suggerimento ad un giovane ragazzo che vuole intraprendere questo mestiere Il mio consiglio ai giovani che vogliono intraprendere la strada del fotogiornalismo é quello di studiare i grandi maestri che hanno fatto la storia della fotografia. Scattare tanto, con qualsiasi mezzo. Essere curiosi. Andare alle mostre di fotografia. Seguire il proprio istinto e soprattutto non sentirsi mai appagati dopo aver realizzato delle buone immagini. Quali sono state le maggiori influenze nel tuo percorso fotografico Non saprei dire chi ha influenzato di più il mio percorso. In un primo momento mi sono avvicinato al giornalismo collaborando come redattore e fotografo per una serie di quotidiani italiani. Poi, per vari motivi ho capito che volevo esprimermi soprattutto attraverso la fotografia. Posso dire che devo molto a tutte quelle persone che ho incontrato sulla mia strada, che mi hanno generosamente regalato il loro sapere e la loro esperienza. Ma devo di più a tutti quelli che mi hanno chiuso la porta in faccia facendo aumentare in me quel senso di “fame di fotografia”.






Alessia Capasso Italy

www.alessiacapasso.wordpress.com

Fotoreporter e fotografa documentarista. Da ottobre 2013 insegna fotografia e fotogiornalismo presso la Scuola Superiore di Giornalismo della LUISS Guido Carli di Roma. Preferisce sviluppare storie a lungo termine, con un profondo impegno per l’ambientale e il sociale. Alcuni dei suoi lavori sono stati pubblicati in Italia e all’estero: Cina, Finlandia, Danimarca, Svizzera. Alcuni progetti sono stati esposti in mostre personali e collettive. Gli studi in diritto internazionale e un master in tutela dei diritti umani ne hanno fortemente influenzato l’approccio giornalistico Dopo tre anni di esperienza come educatore e ufficio stampa all’interno di una ONG è aumentata in lei l’interesse nei confronti dei paesi in via di sviluppo, dei gruppi minoritari e contro i pregiudizi sociali. Ha vissuto in Olanda, Kenia, Benin, Marocco.




Cosa rappresenta per te la fotografia? Credo abbia a che fare con un mio modo di vivere la solitudine, con un certo tormento, che l’immagine trasforma in relazione. Non vado oltre perché mi inoltrerei in un campo minato. Come scegli un tuo progetto e perché? Dipende. Credo alcune storie ti chiamino. Tu decidi se rispondere o meno. Lo fai per senso civico, per passione o anche solo per casualità. Lampedusa Odyssey per esempio è un lavoro sui migranti, ma anche sull’isola di cui sono originaria. No More Land? è una mappatura visiva che denuncia il disastro dei rifiuti seppelliti in Campania, a due passi da casa mia. Non è solo questione di vicinanza geografica. Si tratta di capire se quella cosa ti fa male abbastanza da spingerti a volerla capire e raccontarla. In questi casi è difficile mediare tra coinvolgimento personale e dovere giornalistico di documentare. Ci sono dei punti a favore a essere donna in questo mestiere, rispetto ai colleghi uomini Non lo so. Magari si. Dipende dalle storie che scegli. Di certo non sono una sostenitrice del concetto di ‘sguardo femminile’. Lo trovo limitante. Un vizio di forma sul concetto stesso di donna. Non penso di utilizzare strumenti diversi da quelli dei colleghi uomini. Mi chiedo piuttosto se ci siano dei punti a favore nell’essere ‘Alessia’ e non qualcun altro, magari più bravo o più brava di me.


Un tuo progetto a cui sei più legata e perché? Credo Lampedusa Odyssey sia un lavoro che continuerà a tenermi occupata a lungo. Il tema ‘migrazione’ non nasce e non si esaurisce a Lampedusa, ma possiamo partire da lì per capire gli strumenti di controllo e repressione che i governi esercitano sui propri cittadini e su quelli in arrivo. Progetti per il futuro Sto lavorando a un ritratto della vita collettiva a Bruxelles. Non c’è una storia o una news di riferimento, ma cerco sempre le stesse cose: le persone, i luoghi che abitano, il modo in cui vivono. Solo che stavolta non parto da un problema, ma da una possibile soluzione: lo stare bene insieme. Come vedi la fotografia oggi e il suo futuro Bella e complicata. Come tutte le sfide. Ogni tanto mi perdo anch’io. Poi leggo il blog di Smargiassi e (ri)trovo dei punti fermi. La fotografia va dove decidiamo che vada. Sulle riviste noto un susseguirsi di mode, di tendenze, di stereotipi, in una dittatura del mercato dell’arte e delle grandi aziende che dominano la pubblicità. Sono trappole fatali in cui tutti possiamo cadere. Nel dubbio, provo a chiedermi: questa foto, tra vent’anni, servirà a qualcosa? Avranno ancora voglia di vederla?







Thank you all


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