RECOVER magazine n. 49

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Poste Italiane Spa - Sped. in a.p. - D. L. 353/2003 cov. in L. 46/2004, art1, c1 - CB-NO/Torino - Anno 12 n. 49 - ISSN 2421-2938 DEA edizioni s.a.s. Corso Tassoni 79/4 - 10143 Torino

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DICEMBRE 2 0 1 9

www.recoverweb.it

ROBOT RADIOCOMANDATI ALL’OPERA PER LA DEMOLIZIONE DELLE PILE DI UN VIADOTTO

TERRE E ROCCE DA SCAVO: COSA DICONO LE LINEE GUIDA ISPRA N. 59/2019

END OF WASTE: LO STOP AL BLOCCO RIUSCIRÀ A RIDARE CORPO ALLA GREEN ECONOMY?

ECOMONDO 2019: ANTICIPAZIONI E NOVITÀ DI UN’EDIZIONE DA RECORD

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E DI TO R I A L E

EDITORIALE ECONOMIA CIRCOLARE:

ANDIAMO NELLA DIREZIONE

GIUSTA?

La teoria dell’economia circolare nasce dall’esigenza ormai consolidata di un nuovo modello di sviluppo economico che superi quello oggi dominante, dell’economia lineare in cui la vita di un prodotto è costituita da quattro fasi: estrazione, produzione, consumo e smaltimento. Lo schema dell’economia lineare si è dimostrato infatti insostenibile a livello economico e ambientale per diversi motivi: l’utilizzo di risorse limitate, l’inquinamento dei processi produttivi e la produzione dei rifiuti. L’economia circolare mira a superare questi limiti unendo gli aspetti di sviluppo economico a quelli di tutela ambientale minimizzando il prelievo di risorse dall’ambiente naturale e riducendo il più possibile l’immissione di rifiuti con l’obiettivo finale di chiudere il ciclo produttivo, generando valore e mitigando i rischi per l’ambiente. Molto bene… definiti gli obiettivi e identificato il nuovo modello economico, si tratterebbe di metterlo in atto per porre rimedio e contenere i danni prodotti dall’economia lineare e garantire un futuro alle prossime generazioni. Il percorso purtroppo non è così semplice e immediato, studi recenti dimostrano che oggi solo il 6% dell’economia reale è in grado di evolversi al concetto della filiera circolare mentre la stragrande maggioranza dei processi si basa ancora su modelli difficilmente sostenibili. A ricoprire un ruolo centrale nello sviluppo di un modello di economia circolare sono i rifiuti, se ormai il mercato del recupero e riciclo è consolidato in Europa, quello su cui bisogna lavorare è l’intero mondo imprenditoriale che deve iniziare a ripensare le fasi di progettazione, produzione, commercializzazione dei prodotti e lo sfruttamento delle risorse; solo così potremo alzare la percentuale di processi virtuosi e circolari. L’economia circolare è un modello giovane e necessiterà di diverse evoluzioni per trovare piena applicabilità come si sono evoluti negli anni i concetti di zero waste e zero discariche che, se a livello teorico erano più che virtuosi, all’atto pratico hanno dimostrato molti limiti di applicabilità. È però sicuro che se l’obiettivo dei governi è di stimolare una transizione dell’economia europea verso un sistema circolare ci sarà un nuovo impulso alla competitività e nasceranno nuove opportunità di business, nuove filiere e differenti modelli di sviluppo. .

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S O M M A R I O S OM M A R I O

RUBRICHE

News 8 Vetrina 112 Appuntamenti 118

PRIMO PIANO

End of waste… ricominciamo (forse)!

di Emilio Guidetti

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Il danno ambientale in Italia

di Valentina Salati

Con il biometano si punta al 10% di Maeva Brunero Bronzin

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di Laura Veneri

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WORK IN PROGRESS

A controllo remoto 75 di Maeva Brunero Bronzin

di Laura Veneri

di Maria Beatrice Celino

La sicurezza non è un dettaglio di Bruno Vanzi

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di Riccardo Lenti

Eolo: l’innovazione made in Italy che rende il processo di selezione dei rifiuti più semplice e performante 42 di Maria Beatrice Celino

Piaciuto, comprato 44 di Maria Beatrice Celino

di Laura Veneri

Un’azienda blu dal cuore verde

di Bruno Vanzi

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PROGETTI E TECNOLOGIE

Demolire senza progettare (quando un risparmio si trasforma in una scommessa)

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Recupero di un’ex discarica con il Landfill Mining

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di Alfio Bazzichi e Paolo Cecchella

L’ottimizzazione dei processi produttivi in industria 4.0 39

La tigre coreana si fa largo

Da discarica a polo integrato, il lieto fine di Belladanza

di Laura Veneri

Fronte del porto 29 Una soluzione di vagliatura che aumenta la produzione di compost di alta qualità

di Laura Veneri

Una potenza compatta 88

PANORAMA AZIENDE

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Ecomondo 2019: anticipazioni di un’edizione da record

A ritmo incessante 81

ATTUALITÀ

di Bruno Vanzi

SPECIALE

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di Maria Beatrice Celino

Trovata una soluzione per l’abbattimento dei PFAS di Domenico Cappozzo

NORMATIVA

Acque meteoriche: differenze tra acque di ruscellamento e acque di dilavamento nel caso specifico delle discariche di rifiuti

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Terre e rocce da scavo e Linee Guida ISPRA n. 59/2019

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di Rosa Bertuzzi

di Cinzia Silvestri

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CON IL BIOMETANO SI PUNTA A COPRIRE ALMENO IL 10% DEL FABBISOGNO ANNUO DI GAS NATURALE ENTRO IL 2030, CHIUDENDO COSÌ IL CICLO DEI RIFIUTI URBANI E AGRICOLI

25 DA DISCARICA A POLO INTEGRATO: IL LIETO FINE DI BELLADANZA GRAZIE ALLA REALIZZAZIONE DI UN IMPIANTO INTEGRATO DI TRATTAMENTO, RECUPERO, VALORIZZAZIONE E SMALTIMENTO RIFIUTI

83 DEMOLIRE SENZA PROGETTARE: RIFLESSIONI SULLA NECESSITÀ DI UNA FASE PROGETTUALE ANCHE PER GLI APPALTI DI LAVORI DI BONIFICHE E DEMOLIZIONE DI OPERE CIVILI E IMPIANTISTICHE

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L’ABBATTIMENTO DEI PFAS HA UNA SOLUZIONE: PRESENTATO IL BREVETTO PER IL TRATTAMENTO DELLE SOSTANZE PERFLUOROALCHILICHE DAL PERCOLATO DI DISCARICHE E DA ALTRI REFLUI CONTAMINATI

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RUBR I C H E

NEWS SBLOCCATO END OF WASTE MA PERMANGONO LE PERPLESSITÀ Lo scorso 21 ottobre è stato approvato dal Senato l’emendamento che consente di superare il blocco operativo generato dalla sentenza del Consiglio di Stato Sentenza n. 1229/2018 e dalla norma introdotta con la legge “Sblocca cantieri” (Legge 55 del 2019 di conversione con modificazioni del D.L. 18 aprile 2019, n. 32), riavviando, in linea con le disposizioni europee, i procedimenti autorizzativi End of Waste rilasciati caso per caso a livello regionale (o provinciale quando delegate) per quelle tipologie di rifiuti che non dispongono di riferimenti normativi europei o nazionali.

Al contempo secondo Utilitalia e FISE Assoambiente lo stesso emendamento introduce un nuovo profilo di criticità legato alla nuova e stratificata procedura di “controlli sui controlli” che non solo è avviata su base discrezionale (non sono riportati criteri), ma dimentica ogni obiettivo di efficienza e semplificazione, getta un’alea di incertezza dell’atto amministrativo (ignorando le competenze già esistenti sul territorio) ed inoltre, dal momento in cui viene avviato il controllo, l’impresa deve attendere per l’esito finale anche 325 giorni ed oltre. Per assicurare le migliori condizioni per lo sviluppo di un efficace modello di economia circolare, Utilitalia e FISE Assoambiente auspicano che tale criticità sia quanto prima oggetto di attenta valutazione al fine di garantire uno snellimento delle procedure burocratiche e la certezza dei titoli autorizzativi rilasciati dalle Autorità competenti, in particolare semplificando le varie fasi di controllo che sono previste su più livelli e riducendo i tempi della procedura di controllo successivi, considerati i diversi livelli di verifica e consultazione avviati già in fase autorizzativa, al fine di ridurre l’incertezza per gli operatori del settore.

AVVIATA LA BONIFICA DELLA VALLE DEL SACCO Hanno preso il via lo scorso ottobre i lavori di riqualificazione ambientale della Valle del Sacco con la presenza del presidente della regione Lazio Nicola Zingaretti e del ministro dell’ambiente Sergio Costa che hanno visitato il cantiere di bonifica Area ARPA 2 della Valle del Sacco.

L’emendamento inserito nel decreto sulle crisi aziendali “darà finalmente impulso all’economia circolare in Italia. La politica è proprio questo: armonizzazione di punti di partenza differenti per trovare la giusta soluzione nell’interesse dei cittadini e in questo caso coniugando tutela dell’ambiente e sviluppo economico” questo il commento del Ministro dell’Ambiente Sergio Costa. Soddisfatte anche le 49 organizzazioni di imprese, firmatarie dell’appello dello scorso 25 luglio a Governo e Parlamento, per lo sblocco delle attività di riciclo e recupero dei rifiuti che hanno commentato così l’emendamento approvato: “Oggi ribadiamo la nostra soddisfazione perché è stata accolta anche la nostra proposta di provvedere con urgenza intervenendo nel disegno di legge di conversione del decreto sulle crisi aziendali”.

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Si tratta di un intervento che interessa circa un ettaro del Comprensorio Industriale di Colleferro e che rientra tra quelli contenuti nell’Accordo di programma


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R U B RI CH E

NEWS sottoscritto il 7 marzo tra il Ministero dell’ambiente e la Regione Lazio per gli interventi di “Messa in sicurezza e bonifica del Sito di Interesse Nazionale Bacino del Fiume Sacco”. Il progetto definitivo di riconversione è stato redatto dall’Università degli Studi di Roma “Sapienza” e prevede la messa in sicurezza permanente del sito mediante la creazione di una vasca di confinamento definitivo, da realizzarsi per fasi successive e dotata di fondo, di pareti e di copertura impermeabili, in grado di ricevere tutti i materiali contaminati o inquinati, attualmente presenti nel sito Arpa 2 e ulteriori terreni contaminati provenienti da altre aree del comprensorio industriale di Colleferro, incluso il sito Caffaro Chetoni Fenilglicina. Il valore complessivo dell’intervento è superiore a 4 milioni di euro e il cronoprogramma prevede che i lavori vengano ultimati entro 470 giorni (circa 16 mesi). Il ministro Costa ha evidenziato che “la Valle del Sacco è il terzo sito più inquinato d’Italia. Oggi, grazie a un lavoro molto determinato e meticoloso, sono stati avviati i lavori per la bonifica: un cronoprogramma con interventi a breve, medio e lungo termine per mettere fine a questa pagina triste per il nostro Paese, in cui troppe aree soffrono ancora per le bonifiche mancate o in ritardo. Sulle bonifiche abbiamo ancora tanto, tantissimo da fare, e il Ministero così come era strutturato non poteva affrontare la grande mole di lavoro. Per questo nel decreto legge del riordino dei ministeri ho chiesto e ottenuto che l’ambiente dovesse avere una direzione generale legata alle bonifiche, che decollerà il primo gennaio”. Secondo Zingaretti, essere riusciti ad essere operativi in pochi mesi fa ben sperare per il futuro. Viste le dimensioni dell’area e la valenza storica del sito si tratta di una giornata storica per la chiusura di una ferita che ha segnato l’intero Paese. “Dobbiamo voltare pagina e aprire nuova stagione. Non solo bonificare ma dobbiamo dare nuova vocazione a questo territorio. Insieme dobbiamo pensare a una fase creativa di innovazione e valorizzazione del territorio per far nascere nuove opportunità creative per questa zona cosi ferita” così ha concluso il presidente della Regione.

UNA RETE PER LA TUTELA DEL MEDITERRANEO DAL MARINE LITTER È emergenza plastica in tutto il Mediterraneo. Sono infatti 10mila le tonnellate che arrivano dalla Tunisia e 40mila quelle che arrivano dall’Italia. Questi sono i dati emersi dalla conferenza di presentazione del

progetto europeo COMMON (Coastal management and monitoring network for tackling marine litter in Mediterranean sea), finanziato con 2,2 milioni di euro per costruire una rete di collaborazione tra Italia, Tunisia e Libano per favorire la riduzione dei rifiuti marini, guardando alla sponda sud orientale del Mediterraneo. Il progetto COMMON coinvolge Legambiente, l’università di Siena, l’Istituto nazionale di scienze e tecnologie del mare di Tunisi, l’Istituto agronomico mediterraneo di Bari, l’ong libanese Amwaj of the environment, l’università di Sousse e la riserva naturale di Tyre in Libano. L’obiettivo comune è la riduzione della spazzatura marina utilizzando i principi della Gestione integrata delle zone costiere (Iczm) in 5 aree pilota. L’ambizione è di testare un modello potenzialmente replicabile a tutto il Mediterraneo. COMMON svilupperà protocolli di monitoraggio per valutare l’impatto del marine litter nelle cinque aree pilota coinvolte nel progetto: due in Italia (Maremma e Puglia), due in Tunisia (Isole Kuriate e Monastir) una in Libano (riserva naturale di Tyre). Darà il via ad attività a livello costiero per il campionamento di specie ittiche in collaborazione con i pescatori locali, ed eseguirà indagini ecotossicologiche nelle specie commestibili (ingestioni di plastica, contaminanti, biomarcatori). Le attività di monitoraggio faciliteranno l’identificazione delle fonti di marine litter al fine di progettare azioni di mitigazione efficaci nelle aree coinvolte, valutarne l’impatto sulla biodiversità e sviluppare strategie efficaci per preservarla. Inoltre, Libano e Tunisia stanno affrontando grandi difficoltà nel sistema di raccolta e gestione dei rifiuti, una tra le principali cause del fenomeno del marine litter. Infatti, anche se la Tunisia non è una grande produttrice di plastica, il suo consumo è altissimo: oltre 25 mila tonnellate di plastica prodotte nel 2016,

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R U B RI CH E

NEWS con un riciclaggio stimato al solo 4% del totale (dati ANPE). In Libano, la produzione di rifiuti totali è stimata a 481 kg pro capite l’anno, dei quali il 55% viene scaricato in cassonetti indifferenziati e solo il 18% dei rifiuti solidi urbani viene trattato mediante riciclaggio e compostaggio. Per di più, il 90% dei rifiuti industriali e il 30% dei rifiuti ospedalieri vengono smaltiti insieme ai rifiuti domestici, di cui il 4% è classificato come pericoloso. L’85% dei rifiuti solidi prodotti in Libano, tra cui rifiuti marittimi, viene smaltito in discarica senza alcun trattamento o cernita. Studi recenti hanno dimostrato che l’80% dei rifiuti marini in Libano è composto da plastica, con 124 mila kg al giorno smaltiti inadeguatamente.

vestimenti pubblici, ripartirà dopo una lunga fase di contrazione. Perché a far ben sperare, in particolare, è l’andamento degli investimenti fissi lordi delle pubbliche amministrazioni, in crescita del 6,9% nel primo semestre grazie alle misure adottate negli ultimi anni, a partire dallo sblocco degli avanzi di bilancio delle amministrazioni locali per la realizzazione di opere pubbliche.

SETTORE COSTRUZIONI IN ITALIA, NEL 2019 INVESTIMENTI IN CRESCITA Continuano a crescere gli investimenti nel settore delle costruzioni, trascinati dalla ripresa delle opere pubbliche. Se nel 2018 il valore complessivo in Italia aveva superato i 139 miliardi di euro, si prevede a fine 2019 un aumento del 3,5%, pari a 4,8 miliardi di euro e nel 2020 di ulteriori 3,3 miliardi (+2,4%). Le stime arrivano dal Monitor edilizia di ottobre 2019, elaborate dall’Osservatorio Samoter-Prometeia. L’indagine analizza ogni trimestre l’andamento del comparto e rappresenta uno strumento che Samoter, il Salone internazionale macchine per costruzioni (Veronafiere, 21-25 marzo 2020), fornisce alle aziende per aiutarle a interpretare le evoluzioni del mercato. Secondo il Monitor edilizia, gli investimenti nel settore hanno avuto un andamento variabile nella prima metà del 2019. Alla forte crescita del primo trimestre è seguito un lieve calo nei tre mesi successivi, anche se in termini tendenziali la variazione degli investimenti è comunque rimasta positiva (+3,2% nel secondo trimestre). Il clima di fiducia delle imprese del settore è aumentato in settembre e si è confermato su livelli più elevati rispetto agli altri settori dell’economia. In particolare, nel residenziale gli interventi di ristrutturazione edilizia e di riqualificazione energetica continuano a dare un contributo rilevante all’attività in questo comparto su impulso delle agevolazioni fiscali. Nonostante il lieve rallentamento del secondo trimestre, si conferma (al +3,5%) la stima di crescita degli investimenti in costruzioni nel 2019. Una tendenza diffusa in tutti i comparti di attività, incluso il Genio civile che, beneficiando della ripresa degli in-

Nel 2020-2021 è attesa un’ulteriore crescita delle costruzioni, intorno al +2% medio annuo. L’impulso principale si attende dal Genio civile, nell’ipotesi che sia data effettiva attuazione ai provvedimenti legislativi varati di recente a sostegno delle costruzioni (Decreti “Sblocca cantieri” e “Crescita”). Il nuovo esecutivo ha confermato l’impegno al rilancio delle infrastrutture e alla riqualificazione urbana, annunciando lo stanziamento di risorse aggiuntive nella Legge di bilancio per il 2020. In particolare, sono considerati prioritari il piano dell’Anas per la manutenzione straordinaria e gli investimenti nella rete ferroviaria inclusi nell’aggiornamento del Contratto di programma di RFI per il 2017-2021.

AVVIATA LA DEMOLIZIONE DEL CAVALCAVIA SULLA TANGENZIALE EST DI ROMA Se ne parla da quasi vent’anni della demolizione del cavalcavia sulla Tangenziale Est, nella zona della stazione Tiburtina a Roma. L’obiettivo è quello di riqualificare una zona soggetta a degrado restituendo alla città un’area con una nuova viabilità a raso e spazi verdi.

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RUBR I C H E

NEWS

I lavori sono iniziati da alcune settimane e riguardano inizialmente la demolizione degli impalcati e delle pile di un complesso sistema di rampe realizzate con travi prefabbricate con luci tra i 15 e 25 m per una lunghezza complessiva di oltre 1500 m. Le demolizioni eseguite dalla DAF Costruzioni Stradali, nell’ambito del raggruppamento d’imprese che si è aggiudicato l’appalto, comprendono demolizioni sia con mezzi meccanici sia con tecniche di svaro, tagliando e sollevando le travi degli impalcati. I lavori si svolgono in un contesto altamente urbanizzato e con spazi operativi molto ristretti: polveri, rumori, occupazioni di suolo pubblico, modifiche alla viabilità sono stati attentamente analizzati in fase di progetto proponendo in fase esecutiva soluzioni operative e tecnologie speciali per ridurre al minimo questi disagi. I lavori tra demolizione e ricostruzione avranno una durata complessiva di 450 giorni.

INQUINAMENTO ATMOSFERICO: ALLARMANTI I DATI PER LA SALUTE IN EUROPA Sono allarmanti i dati sull’inquinamento dell’aria in Europa: nel 2016 sono quasi 500.000 le morti premature dove con “morti premature” si intendono le morti che si verificano prima che si raggiunga una certa età che coincide con l’aspettativa media di vita relativa a ciascun paese. Questi i dati emersi dal rapporto 2019 Air quality in Europe pubblicato dall’EEA (European Environment Agency) nel quale risulta che nei 41 paesi del continente europeo si sono registrati, nel 2016, 412.000 decessi prematuri attribuiti all’esposizione a PM2,5 (polveri sottili), 71.000 a causa del NO2 (biossido di azoto) e 15.100 per l’O3 (ozono). Prendendo invece in

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considerazione l’Unione Europea a 28 Paesi, i decessi prematuri attribuiti all’esposizione alle polveri sottili, biossido di azoto e ozono sono, rispettivamente, di 374.000, 68.000 e 14.000. Nei 41 Paesi del continente europeo sono 4.223.000 gli anni di vita persi attribuibili all’esposizione alle polveri sottili, 707.000 quelli causati dal biossido di azoto e 147.000 quelli per l’ozono. Passando poi ad analizzare l’Europa a 28 Paesi, gli anni di vita persi causati dall’esposizione alle polveri sottili, al biossido di azoto e all’ozono sono, rispettivamente, 3.848.000, 682.000 e 137.000. I maggiori impatti sulla salute sono stimati per i paesi con le più grandi popolazioni, come Germania, Italia, Polonia, Francia e Regno Unito. Tuttavia, in termini relativi, quando si considerano gli anni di vita persi per 100.000 abitanti, si osservano gli impatti maggiori nei paesi dell’Europa centrale e orientale dove si hanno anche le concentrazioni più elevate, come Kosovo, Serbia, Bulgaria, Albania e Macedonia settentrionale. Gli impatti più bassi si registrano invece nei paesi situati nel nord e nel nord-ovest dell’Europa, come Islanda, Norvegia, Svezia, Irlanda e la Finlandia. Per quanto riguarda l’esposizione al biossido di azoto, le peggiori conseguenze si sono registrate in Italia, Germania, Regno Unito, Spagna e Francia. Se si considerano gli anni di vita persi per 100.000 abitanti, i tassi più alti si trovano a Monaco, in Grecia, in Italia, in Serbia, a Cipro e nel Regno Unito. Infine, per l’ozono, i paesi con i maggiori impatti sono Italia, Germania, Spagna, Francia e Polonia; mentre i paesi con i più alti tassi di anni di vita persi per 100.000 abitanti sono Grecia, Albania, Monaco, Kosovo, Italia e Montenegro. Gli impatti più bassi si hanno in Andorra, Islanda e Irlanda.


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END OF WASTE… RICOMINCIAMO (FORSE)! “RICOMINCIAMO” CANTAVA ADRIANO PAPPALARDO, PROVIAMO A RICOMINCIARE ANCHE NOI NEL TENTATIVO DI DARE CORPO ALLA GREEN ECONOMY di Emilio Guidetti*

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nserire l’emendamento end of waste nel disegno di legge di conversione in legge del d.l. 101/2019 recante disposizioni urgenti per la tutela del lavoro e risoluzioni di crisi aziendali (il c.d. salva imprese) ha un chiaro segnale profetico se non fosse che il lavoro non è mai stato creato (o non quanto poteva esserne creato) e le crisi aziendali sono in realtà causate proprio dall’assenza di certezza normativa figlia di un modo demagogico di affrontare i problemi. La demagogia per la quale, per anni, abbiamo sottovalutato il problema della gestione dei rifiuti trincerandoci dietro la ricetta che piaceva a tutti, la raccolta differenziata spinta. Sotteso a questo slogan c’è la teoria, alquanto bizzarra, che la raccolta differenziata sia alternativa alla necessità di impianti di trattamento dei rifiuti. Si è

confuso uno strumento con un fine, si è confuso il fattore con il risultato, si è confuso… perché era comodo farlo. Comodo elettoralmente e socialmente. Sicuramente la scelta di “infilare” un emendamento sull’end of waste in un decreto sulle crisi aziendali è da considerare un tecnicismo (o almeno lo si spera) ma, nello stesso tempo, è segno evidente che non esiste una politica industriale della gestione dei rifiuti e una direzione precisa dove andare. Esisteva davvero il bisogno di correre ai ripari o non era forse meglio, invece di sparare slogan, pensarci, prima di creare il problema, ritornando, in un attimo, al 1998. Dovevano essere gli operatori a segnalare che coloro che sono deputati a fare le leggi avevano rispedito il Paese indietro di 30 anni e che ora è necessario un cambio di rotta deciso.

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E, ancora peggio, si legge che l’emendamento end of waste, decreto salva imprese, è un successo politico; ma quale successo può rappresentare la necessaria pezza su un buco folle e anacronistico? Mi pare che un più compìto “scusate, ci siamo sbagliati” sarebbe stato meglio, sempre nella speranza che, come dicono in Veneto, la pezza non sia peggiore del buco.

END OF WASTE: DEFINIZIONI E NORMATIVA

Un rifiuto che cessa di essere tale dopo essere stato sottoposto a un processo di trattamento viene definito End of Waste (E.o.W.). Semplicissimo da comprendere molto più difficile da attuare nella pratica. Normativamente è l’articolo 184-ter del Decreto Legislativo 3 aprile 2006 nume-

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P RI MO

P I A N O

eccellenza che si confronteranno con realtà inefficienti o semplicemente non supportate adeguatamente dall’organizzazione burocratica dell’Ente che deve autorizzare.

PREOCCUPAZIONI E OPPORTUNITÀ

ro 152 che regolamenta le modalità con le quali “un rifiuto cessa di essere tale quando è stato sottoposto a una operazione di recupero, incluso il riciclaggio e la preparazione per il riutilizzo, e soddisfi i criteri specifici da adottare nel rispetto delle seguenti condizioni: a. la sostanza o l’oggetto è comunemente utilizzato per scopi specifici; b. esiste un mercato o una domanda per tale sostanza od oggetto; c. la sostanza o l’oggetto soddisfa i requisiti tecnici per gli scopi specifici e rispetta la normativa e gli standard esistenti applicabili ai prodotti; d. l’utilizzo della sostanza o dell’oggetto non porterà a impatti complessivi negativi sull’ambiente o sulla salute umana”. Nel parlare, soprattutto con i non addetti ai lavori, questi prodotti sono definiti materie prime secondarie retaggio di una vecchia normativa anche se, nel caso specifico, la definizione è sostanzialmente accoglibile. Personalmente me ne piace molto un’altra che è quella di “materie prime sostitutive” definizione tratta dal concetto che questi prodotti (o materiali) vanno a inserirsi in un processo industriale esistente al posto, in tutto o in parte, delle materie prime naturali o di sintesi usualmente impiegate. Senza ritornare sulle dissertazioni di uno scritto precedente con il quale si sosteneva come la produzione normativa non

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possa temporalmente e sostanzialmente seguire l’evoluzione tecnologica credo si possa trarre un importante elemento di giudizio: “se il prodotto (o materiale o sostanza) è idoneo a sostituire una materia prima naturale o di sintesi restituendo vantaggi tecnologici, di processo e/o ambientali possiamo ritenere che la stessa abbia le caratteristiche per essere un End of Waste”.

AUTORIZZAZIONI CASO PER CASO

Nel testo che si può trovare nel fascicolo ordini del giorno ed emendamenti al disegno di legge n. 1476 del Senato della Repubblica, XVIII legislatura e datato 4 ottobre 2019 abbiamo una serie di proposte di emendamento che puntano diritto al concetto di “autorizzazioni caso per caso” che però avrebbero la supervisione e il controllo di ISPRA e del Ministero dell’ambiente secondo complessi iter che rimandano a valutazioni ex post su campioni di autorizzazioni (nuove e in essere). Siamo certi che si possa parlare di autorizzazioni caso per caso o piuttosto di autorizzazioni a caso o, se non a caso, certamente condizionate dalle diverse interpretazioni che nel nostro Paese vengono date alle norme a seconda della latitudine o della longitudine. È legittimo chiedersi se ci troveremo di fronte non a un sistema Italia del riciclaggio quanto piuttosto a punte di

Nella proposta di emendamento avanzata, Arrigoni, Briziarelli, Bruzzone e altri, al comma 3 dell’articolo 184-ter, propongono alcuni criteri e in particolare: a. individuazione dei materiali di rifiuto in entrata, ammissibili ai fini dell’operazione di recupero; b. processi e tecniche di trattamento consentiti; c. criteri di qualità per i materiali di cui è cessata la qualifica di rifiuto ottenuto dalle operazioni recupero in linea con le norme di prodotto applicabili, compreso, i valori limite delle sostanze inquinanti; d. requisiti affinché i sistemi di gestione dimostrino il rispetto dei criteri relativi alla cessazione della qualifica di rifiuto compresi il controllo di qualità l’automonitoraggio e l’accreditamento del caso; e. requisito relativo alla dichiarazione di conformità. In via generale i punti a e b sono di per sé limitazioni che, in Italia, diventeranno lo strumento del non luogo a procedere mentre i punti c, d ed e rappresentano, a mio giudizio, interessanti strumenti di lavoro se non fossero preceduti dal corpo del comma 3. “in mancanza degli atti di esecuzione della Commissione europea ai sensi del comma 2, provvede il MATTM, PER SPECIFICHE TIPOLOGIE DI RIFIUTO, attraverso uno o più decreti […]“. Una prima preoccupazione è legata al fatto che eventuali atti regolatori della Commissione europea saranno possibili SOLO per grandi macro categorie di rifiuto: vetro, rame, ferro e quindi, rispetto al totale dei rifiuti recuperabili, una porzione minimale. Un’altra preoccupazione è quella che, nel caso non vi siano disposizioni regolatorie della Commissione, interverrebbe il MATTM ma non si capisce dopo quanto tempo e su sollecitazione di chi?! E non si capisce nemmeno quali siano le specifiche tipologie di rifiuto su cui lo stesso MATTM dovrebbe legiferare con decreto.


Come sappiamo in Italia i decreti attuativi di una qualsiasi cosa vengono attesi come la manna dal cielo e, generalmente, non escono mai. Se non fossero nel contesto poc’anzi descritto invece i punti c, d ed e sono invece una opportunità del sistema, vediamo il perché: • il punto c definirebbe un MODELLO UNIVOCO NAZIONALE di criterio, almeno per come lo intendo io, di cosa ci deve essere per avere accesso alla cessazione della qualifica di rifiuto; questi criteri potrebbero essere basati, dove ci sono, su normative UNI, ISO o altro, o, in assenza di queste, su informazioni minime che devono essere fornite all’autorità di controllo; • non è di minor interesse il punto d che parla di SISTEMI DI GESTIONE che quindi spingono le imprese a una qualificazione garantita da terze parti. In altre parole, sempre secondo la mia possibile interpretazione, L’IMPRESA CHE VUOLE RECUPERARE I RIFIUTI E ARRIVARE ALLA CESSAZIONE DELLA QUALIFICA DI RIFIUTO DEVE AVERE UN SISTEMA CERTIFICATO UNI EN ISO 9001, 14001 o altri che garantiscono alle terze parti costanza di processo e di prodotto. In buona sostanza si potrebbe chiedere a coloro che recuperano i rifiuti fino a trasformali in materia prima di essere un pochino più bravi di altri che li avviano a smaltimento; concettualmente avrebbe anche un senso reimmettendo il materiale recuperato in un ciclo produttivo e quindi sul mercato; • il punto e parla di conformità che potrebbe essere associata al precedente punto c relativamente a ciò che occorre per avere la compliance necessaria e a mantenerla. Questi tre punti potrebbero essere parte di un allegato tecnico all’articolo 184-ter che, a mio giudizio, in un mondo ideale sarebbe esaustivo di tanti quesiti. In altre parole consolidiamo, sponsorizziamo, recitiamo e osanniamo il predetto articolo dicendo agli operatori come devono comportarsi per garantire le loro ragioni in caso di controllo.

PENSARE BENE, PENSARE LUNGO

La principale preoccupazione è legata al fatto che il decreto in parola possa divenire un salvagente (o salva imprese com’è


P RI MO

P I A N O

nelle aspettative) ma non divenga uno strumento operativo nel medio periodo per garantire certezze al mercato e agli operatori. Un decreto, in altre parole, che mette in sicurezza le autorizzazioni attualmente in essere e i loro rinnovi ma che non costituisce poi strumento per ottenerne di nuove nel futuro. Le ragioni del dissenso ai punti a e b dell’emendamento Arrigoni, Briziarelli, Bruzzone ed altri risiede nel rimandare sempre e solo a previsione normativa cosa si può recuperare e cosa no. In sostanza dopo essere tornati al 1998 se venisse scritto così come proposto ci troveremo ad attendere che qualcuno o qualcuna si accorga che esiste un rifiuto, che lo stesso è potenzialmente recuperabile e, collegandosi al punto b che mi dica con quali tecniche lo posso recuperare. Con buona pace dell’innovazione di processo e di prodotto e del saper fare italiano. Se demandiamo sempre alla previsione normativa cosa si può fare e non fare ci troveremo in ritardo sistematico rispetto alle possibilità del mercato; credo che il legislatore dovrebbe prevedere criteri certi e regole definite all’interno delle quali l’operatore e le autorità di controllo si trovino a confrontarsi. A titolo di esempio si riporta l’esperienza condotta diversi anni fa tra Centro di Coordinamento RAEE, ARPA Veneto (autorità di controllo) e la Stazione Sperimenta-

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le del vetro con la redazione di linee guida condivise per il recupero del vetro proveniente dalla bonifica del tubo catodico di televisori e monitor. All’interno delle previsioni normative allora esistenti e con un’esperienza decisamente minore di oggi sull’End of Waste si sono definiti criteri di recupero, analisi necessarie, settori di utilizzo redigendo di fatto un manuale del recupero che ha dato risposta a un intero settore di quella che allora non veniva ancora definita economia circolare. Ritengo che questi siano gli strumenti per coniugare previsione normativa, tutela dell’ambiente, necessità ed opportunità di recupero rimanendo in tempi “industriali” e non “burocratici”. Si dovrebbe intervenire sulla normativa certamente per evitare che vi siano blocchi di attività in filiere consolidate di recupero ma, anche e soprattutto, per impostare una politica industriale del recupero fatta di regole certe.

CONTROLLI EX POST: PERICOLO IN VISTA?!

A una lettura non da giurista, ma da esperto di settore, preoccupano e non poco i controlli ex post da parte di ISPRA o MATTM; non tanto perché non corretti da un punto di vista concettuale (ci mancherebbe altro) ma perché prefigurerebbero scenari di difficile previsione. Ottengo un’autorizzazione all’end of waste oggi, dopo avere dialogato con la mia

autorità di controllo, con i funzionari di ARPA ed ASL, del Comune e degli altri attori eventualmente presenti in una conferenza dei servizi; il primo passo! Affitto o compro un capannone, investo in tecnologie, assumo personale, inizio l’attività ritirando i rifiuti oggetto del recupero, li trasformo e li classifico E.o.W. per poi inviarli al mio cliente finale che inserisce il prodotto nel proprio ciclo produttivo e magari ne pubblicizza anche l’introduzione (CAM criteri ambientali minimi, LEED, ecc.). Ho avviato una filiera di recupero con benefici ambientali, economici, sociali (l’occupazione) ma, a un certo punto, finisco nel sorteggio dei campioni scelti tra le autorizzazioni nuove e quelle in essere. A questo punto ISPRA e/o MATTM procedono con le ispezioni ex post, non si sa nemmeno dopo quanto tempo dall’inizio dell’attività ma, essendo in Italia, diciamo dopo un po’… Poniamo, sempre per ipotesi, che l’iter di ispezione e valutazione ex post dia esito negativo perché, e può succedere, il Governo centrale non la pensa come quello locale o semplicemente per sensibilità e percezioni diverse. Giunti a questo punto è legittimo chiedersi se nel tempo intercorso tra l’autorizzazione dell’Ente deputato e l’ispezione si possa configurare un reato di traffico illecito di rifiuti che coinvolge chi recupera i rifiuti e chi ne utilizza il prodotto che ne deriva. I funzionari che hanno rilasciato l’autorizzazione si troveranno, sempre in ipotesi, indagati per avere concesso una cosa che viene ritenuta non legittima ex post e ne subiranno le conseguenze giudiziarie e giuslavoristiche. È evidente che lo scenario descritto sopra potrebbe essere facilmente catalogato come poco probabile se le cose vengono fatte, fin da subito, con la necessaria competenza; poco probabile però non vuol dire impossibile e quindi una percentuale di imprese e funzionari rischia di essere perennemente sub judice del controllo ex post. La conseguenza che si può facilmente immaginare è il ritorno al passato da parte della burocrazia che si tutela di fronte a questo scenario: è nel D.M. 05/02/98?! È in qualche regolamento UE?! Se non c’è meglio non farlo per evitare problemi.


SERVONO REGOLE CERTE

Nella lettura delle proposte di emendamento vi sono certamente delle interessanti proposte che dovrebbero però essere declinate dal livello tecnico. Il legislatore definisce le regole per gli operatori e per l’autorità di controllo che sono ben rappresentate nelle diverse proposte di emendamento nelle lettere c, d ed e ovvero che cosa deve contenere un dossier che giustifica il recupero di un rifiuto. Il legislatore potrebbe demandare a terze parti tecniche il controllo delle previsioni, possono essere le ARPA locali e/o gli istituti di certificazione delle norme UNI e ISO che garantiscono la completezza del dossier e delle analisi a supporto. L’eventuale valutazione da parte di ISPRA e/o MATTM potrebbe avvenire, a campione, sulle autorizzazioni prima del loro rilascio, in modo che l’autorizzazione uscita non sia più in discussione ma già discussa. Servono regole certe per tutti, gli operatori che investono soldi per avviare filiere di recupero, per i funzionari che devono valutare i dossier autorizzativi e quelli che devono poi controllare l’applicazione sul campo delle regole; regole certe per confrontarsi sui fatti e non sulle interpretazioni a beneficio dell’ambiente e delle opportunità di lavoro che il settore può creare. Nel pensiero comune, uscire dal segmento rifiuti appare come un furbesco modo di spendere meno quando, se ben fatto, è un fantastico modello di economia circolare che preserva l’ambiente su almeno due livelli:

una corretta e fluida filiera dei rifiuti riduce il malaffare (incendi …); • le materie prime immesse sul mercato riducono il fabbisogno di quelle vergini con benefici correlati non banali. Le opportunità in Italia ci sono così come le tecnologie e il saper fare; quello che manca sono regole chiare per applicare i principi dell’economia circolare.

CONSIDERAZIONI FINALI

Il sistema di recupero e riciclaggio e, più in generale, l’intera filiera dei rifiuti necessita di sbocchi per i materiali e che gli stessi escano dalla classificazione dei rifiuti per ragioni commerciali e amministrative. Come mi è già capitato di dire e scrivere occorre rendere fluida la filiera dei rifiuti ma anche incentivare e sostenere la filiera dei non rifiuti ovvero di quei prodotti che derivano dal loro recupero e devono essere reimmessi sul mercato industriale. Sostenere la filiera dei non rifiuti significa, ad esempio, stressare ancora di più la parte CAM (criteri ambientali minimi) negli appalti, protocollo LEED per le costruzioni e/o inserire sgravi per coloro (imprese o privati) che utilizzano prodotti o semilavorati che derivano dal ciclo di recupero dei rifiuti. Mettiamo la pezza per non bloccare il sistema ma poi cerchiamo di scrivere un vero testo sull’economia circolare che trovi propria dignità perché è probabilmente su questa filiera che una parte della manifattura italiana può sopravvivere e rilanciarsi. *Ecoproject S.a.s. Correggio

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A T T U A L I TÀ

IL DANNO AMBIENTALE IN ITALIA PRESENTATO DA ISPRA IL PRIMO RAPPORTO SULL’AZIONE DELLO STATO IN MATERIA DI PREVENZIONE E RIPARAZIONE DEL DANNO AMBIENTALE di Valentina Salati

S

i definisce danno ambientale un deterioramento significativo e misurabile, provocato dall’uomo, ai suoli, alle specie, agli habitat e alle aree protette, alle acque superficiali (fiumi, laghi, mare) e sotterranee. Dal punto di vista normativo il “danno ambientale” nasce, nell’ordinamento italiano e comunitario, come una forma speciale di responsabilità civile nell’ambito della quale si prevede un intervento di titolarità dell’autorità pubblica. In particolare, il regime del danno ambientale è nato da una progressiva presa d’atto che, in caso di eventi con impatti sulle risorse ambientali, la tradizionale risposta penale, civile e amministrativa non fossero sufficienti ad assicurare l’eliminazione o la compensazione del danno sofferto dall’ambiente. Lo sviluppo progressivo di tale consapevolezza è partito dall’introduzione, nel lontano 1986, della prima norma nazionale sul danno ambientale, norma che è rimasta per 20 anni l’unico riferimento in materia, incontrando nel tempo interazioni e sovrapposizioni con la norma nazionale sulla bonifica, fino ad arrivare al 2004 anno in cui è stata adottata la prima norma comunitaria in materia di danno ambientale (2004/35/CE), finalizzata a creare un quadro comune a tutti i Paesi europei, poi recepita nel Testo Unico ambientale (D.lgs. 152/2006). Restano, tuttavia, da affrontare alcuni importanti temi, come ad esempio stabilire i criteri per definire la procedura amministrativa, la copertura assicurativa del danno, i criteri di accertamento e quelli di riparazione. In tale contesto, lo scorso 17 ottobre, è stato fornito, per

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la prima volta in Italia, un resoconto nazionale delle istruttorie tecnico-scientifiche aperte da ISPRA e dal Sistema nazionale di protezione dell’ambiente (SNPA) nel biennio 2017-2018 su incarico del Ministero dell’ambiente. Uno scenario che si compone di 240 incarichi di valutazione del danno ambientale pervenuti al sistema ISPRA/SNPA, riferiti a diversi tipi di matrici ambientali e fonti di danno. Un numero significativo che ha permesso al sistema ISPRA/SNPA di sviluppare una nuova visuale sull’azione di danno ambientale in Italia assicurando una posizione ideale di “osservatorio” sul livello di attenzione che oggi lo Stato riserva al tema. Il numero dei casi che l’Italia sottopone alla valutazione di danno ambientale e per cui procede formalmente alla richiesta di riparazione è molto più elevato di quello di tutti gli altri Paesi


europei. Dei 240 casi oggetto di istruttoria sono 30 i casi per i quali è stato accertato un grave danno o minaccia ambientale: 22 procedimenti giudiziari (penali e civili) e 8 casi extra-giudiziari (iter iniziati su sollecitazioni giunte dal territorio e al di fuori di un contesto giudiziario). In 10 di questi 30 casi il Ministero dell’ambiente si è già costituito parte civile o ha attivato il relativo iter fornendo grazie a ISPRA le informazioni su località, danni provocati all’ambiente circostante, lavori di riparazione da eseguire e, laddove disponibili, i costi dell’operazione. Tra i casi accertati troviamo i danni e le minacce concernenti le discariche di Chiaiano e Casal di Principe in Campania, quelle di Malagrotta e Anagni nel Lazio, quella di Bellolampo in Sicilia, le emissioni della Tirreno Power a Vado Ligure e Quiliano, l’interramento di fanghi e scarti di lavorazione a Rende in provincia di Cosenza. In relazione invece alla tipologia di danno il 32% dei casi ha interessato soprattutto le acque sotterranee, il 23% laghi e fiumi e il 19% i terreni. Le attività che potenzialmente possono portare a danno ambientale sono risultate soprattutto quelle svolte dagli impianti di depurazione e di gestione dei rifiuti, dai cantieri edili e di realizzazione delle infrastrutture e dagli impianti industriali. Analizzando invece la distribuzione sul territorio la Sicilia è la regione dove sono state aperte più istruttorie (29), seguita da Campania (20), Lombardia (14) e Puglia (13). L’accertamento tecnico-scientifico compiuto dal SNPA costituisce la base tecnica per la successiva attuazione, da parte del

Matrici ambientali più danneggiate nei casi accertati Acque sotterranee

32%

Acque interne superficiali

23%

Terreno

19%

Altro (atmosfera, paesaggio, assetto morfologico…)

13%

Specie e habitat protetti

6%

Acque marino-costiere

4%

Aree protette

2%

Ministero, delle procedure giudiziarie o extra-giudiziarie di riconoscimento del danno e dell’obbligo di avviare la riparazione. I casi riportati nel Rapporto non rappresentano la totalità di quelli aperti in Italia. Non sono considerati quelli per i quali sono già state avviate azioni di riparazione prima del 2017 (ad esempio i siti di Bussi sul Tirino, Giugliano, Castelvolturno, Taranto e altri), anche sulla base di precedenti istruttorie dell’ISPRA. Il percorso fatto da ISPRA, attraverso la ricostruzione dei casi accertati di danno ambientale negli anni 2017 e 2018, ha permesso di individuare una serie di aspetti meritevoli di particolare attenzione e di sviluppi per il futuro, come, per esempio, la crescente importanza dell’azione in via amministrativa, la necessità di sedi e procedure di raccordo tra le autorità competenti, ecc., aspetti che potranno essere affrontati con interventi di natura gestionale/organizzativa, nonché con interventi di natura normativa.

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A TT U AL I T À

CON IL BIOMETANO SI PUNTA AL 10% COPRIRE CON IL BIOMETANO ALMENO IL 10% DEL FABBISOGNO ANNUO DI GAS NATURALE ENTRO IL 2030, CHIUDENDO COSÌ IL CICLO DEI RIFIUTI URBANI E AGRICOLI di Maeva Brunero Bronzin

U

na buona pianificazione e il coinvolgimento dei cittadini: sono, per Legambiente, la chiave per lo sviluppo degli impianti a biometano nel nostro Paese, dove dal 2018 è possibile immettere in rete questo combustibile prodotto da rifiuti urbani, scarti agroalimentari, fanghi di depurazione e discariche esaurite. Una scommessa con vantaggi importanti - il biometano nazionale potrebbe coprire in pochi anni il 10% dei nostri consumi di gas. Lo sviluppo degli impianti a biometano comporta notevoli vantaggi ambientali e consente di affrontare una delle sfide più difficili della decarbonizzazione, quella della mobilità e dei trasporti. Diverse aziende hanno iniziato da tempo a sviluppare mezzi pesanti funzionanti a biometano compresso, migliorando di molto la sostenibilità del trasporto su strada e del trasporto pubblico locale. Ulteriori passi

avanti devono, però, essere fatti in questo segmento come in quello del trasporto navale. Tecnologie, gestione e usi finali del biometano sono stati oggetto dell’incontro organizzato a ottobre a Bologna dall’associazione ambientalista, con lo scopo di creare un momento di confronto sulla diffusione e sullo sviluppo di questa risorsa in Italia, attraverso l’intervento di attori del settore, istituzioni e portatori d’interesse, al fine di sottolinearne la strategicità e le potenzialità in una prospettiva di decarbonizzazione del settore energetico e dei trasporti. Due le proposte fondamentali avanzate da Legambiente: una campagna di informazione capillare su che cosa sia il biometano “fatto bene” e l’attivazione di processi di partecipazione territoriale. Con l’obiettivo di favorire la produzione di questa fonte di energia rinnovabile, at-

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traverso una corretta pianificazione degli impianti di produzione in modo da rendere lo sviluppo del biometano strategico per ridurre la dipendenza dalle fossili e per raggiungere gli obiettivi dell’economia circolare, a partire dalla chiusura del ciclo dei rifiuti organici. “L’Italia, con 1.600 impianti a biogas, è il secondo produttore di biogas in Europa e il quarto al mondo - ha dichiarato il direttore generale di Legambiente Giorgio Zampetti - ha quindi un potenziale produttivo di biometano alto, stimato al 2030 in 10 miliardi di metri cubi, di cui almeno otto da matrici agricole, pari a circa il 10% dell’attuale fabbisogno annuo di gas naturale e ai due terzi della potenzialità di stoccaggio della rete nazionale. E l’approvazione del decreto del 2 marzo 2018, che ha introdotto nuovi incentivi per la produzione di biometano finalizzato al settore trasporti, è un ottimo strumento. Anche

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A T T U A L I TÀ

se la finestra degli incentivi si chiude al 2022 e occorre quindi uno sforzo di tutti per riuscire a mettere in campo procedure e iter per la realizzazione degli impianti che tengano conto di questo vincolo temporale. Positivo e importante in questo contesto il segnale che arriva dalle aziende nell’investire in innovazione e produrre progetti sempre più interessanti”. Ecco alcuni impianti a biometano attualmente in funzione, connessi alla rete e tutti alimentati da rifiuti organici. Il primo è stato quello della Montello Spa (Montello, BG) dove si producono annualmente circa 32 milioni di metri cubi di biometano e si “cattura” la CO2. Il primo impianto realizzato nel centro sud è quello della Calabra Maceri a Rende (CS) dove il trattamento di 40mila tonnellate di rifiuti organici all’anno produce 4,5 milioni di metri cubi di biometano immesso in rete. Il metano prodotto presso il Polo Ecologico Acea a Pinerolo (TO) viene impiegato per alimentare i veicoli aziendali per la raccolta dei rifiuti. Mentre l’impianto di Sant’Agata Bolognese (BO), che appar-

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tiene al Gruppo Hera, è il primo realizzato da una multiutility ed è in grado di trattare circa 100mila tonnellate annue di rifiuti organici da raccolta differenziata e circa 35mila tonnellate di residui di verde e di potature. L’impianto di Aimag a Finale Emilia (MO) consente, invece, di trattare ogni anno 50mila tonnellate di frazione organica, da cui si ricavano tre milioni di metri cubi di biometano e 17mila tonnellate di compost. In Trentino, l’impianto di Faedo (TN) è realizzato da BioEnergia Trentino ed è in grado di trattare il 75% dei rifiuti organici della provincia, pari a 40mila tonnellate all’anno di frazione organica di rifiuti solidi urbani e 14.500 tonnellate all’anno di verde e ramaglie, producendo energia elettrica e circa 450 metri cubi standard di biometano all’ora, immesso in rete e trasportato fino alla sottostazione di rifornimento di Trentino Trasporti, per l’alimentazione di una flotta di 42 autobus. L’impianto del gruppo Caviro a Faenza (RA) è interamente dedicato al trattamento di scarti agricoli e dell’industria agroa-

limentare, con una produzione di circa 12 milioni di metri cubi annui. Ad oggi, molti progetti sono stati presentati in quasi tutte le Regioni e sono in fase di apertura impianti in Veneto, Emilia Romagna, Lombardia e nel Lazio. Nonostante i vantaggi che la filiera del biogas e del biometano comportano in termini di decarbonizzazione del settore dei trasporti, di lotta all’inquinamento atmosferico, nel ciclo dei rifiuti e nella valorizzazione del settore agricolo e dei suoli, serve sia un lavoro di corretta informazione, sia una migliore pianificazione degli impianti e delle loro caratteristiche: sono infatti diverse le situazioni in cui enti, cittadini e organizzazioni del territorio manifestano paure e denunciano criticità rispetto ai progetti presentati. Criticità che nascono, innanzitutto, dall’assenza di linee guida per uno sviluppo di impianti non solo sostenibili ma anche integrati nei territori, che troppo spesso non vengono presi in considerazione nell’iter autorizzativo. In questa direzione, Legambiente in Emilia Romagna, Regione dove si conta il numero più alto di impianti, già a fine 2018 aveva avanzato proposte sull’iter autorizzativo a Regione e ANCI. Per questo, per Legambiente, è importante che governo e Regioni mandino segnali chiari e univoci per evitare il diffondersi di pregiudizi e indichino come debba essere gestito lo sviluppo degli impianti. Il primo passo da fare è una pianificazione territoriale basata su un censimento della materia organica disponibile. Sia per capire meglio la tipologia di prodotto da valorizzare, sia per pianificare il numero e le dimensioni degli impianti, coinvolgendo tanto il mondo agricolo quanto quello della gestione dei rifiuti nelle diverse fasi della pianificazione. Impensabile, infatti, che gli impianti a biometano da rifiuti non vengano integrati all’interno di un Piano Regionale dei Rifiuti, anche per mettere al riparo da situazioni in cui non si hanno o non si possono avere garanzie sulla disponibilità locale di materiale organico, parametro che incide molto sul livello di sostenibilità degli impianti a bioenergie. A questo va aggiunta una valutazione delle tecnologie utilizzate (che non sono tutte uguali sotto il profilo delle emissioni climalteranti) e un bilancio complessivo di consumi ed emissioni di


gas serra per evitare che i benefici siano marginali. È necessario, inoltre, che l’Italia indichi obiettivi chiari e lungimiranti sia dal punto di vista quantitativo che strategico per il raggiungimento della copertura del 10% del gas fossile attuale con il biometano. Occorre delineare con chiarezza il tema dei sottoprodotti e del ciclo dei rifiuti; da diversi anni l’Italia non riesce, infatti, a semplificare le operazioni di riciclaggio dei rifiuti come richiesto dall’Europa con le ultime direttive in materia. Il pacchetto di direttive europee sull’economia circolare introduce nuovi obiettivi per il riutilizzo e il riciclaggio dei rifiuti, pari al 50% al 2020, 60% al 2030 e 65% al 2035, rispetto all’attuale media italiana del 43,9%. Pesa l’assenza di un’adeguata rete impiantistica, che comporta il trasferimento dei rifiuti raccolti in altre regioni o all’estero. Per conseguire gli obiettivi indicati è necessario realizzare nuovi impianti (e riconvertire parte degli esistenti impianti a biogas), a partire da quelli di digestione anaerobica e compostaggio per il tratta-

mento della frazione organica. E in questo senso va l’obiettivo di incremento dei biocarburanti avanzati stabilito dal decreto del 2 marzo 2018: 9% al 2022, di cui 1,39% (pari a 581 milioni di metri cubi) dovrà essere biometano. Pertanto servono gli impianti; a cominciare da quelli di digestione anaerobica e compostaggio per il trattamento della frazione organica, che rappresenta il 40,3% del quantitativo raccolto con la raccolta differenziata (6,6 milioni di tonnellate su

16,4 totali, con un incremento del 10% circa negli ultimi 10 anni). L’ultimo rapporto del Consorzio italiano compostatori (CIC) riporta che gli impianti di digestione anaerobica per il trattamento dell’organico ricevono solo 3 milioni di tonnellate, meno della metà del quantitativo raccolto. Tra le priorità indicate da Legambiente, è fondamentale realizzare in ogni provincia, nel centro sud Italia almeno un impianto di compostaggio e di digestione anaerobica, con produzione di biometano.

IL PARERE DELLA COLDIRETTI Durante il Forum Internazionale dell’Agricoltura e dell’Alimentazione tenutosi ad ottobre a Cernobbio la Coldiretti si è espressa piuttosto chiaramente sul fronte energetico sostenendo che “gli incentivi del biometano dovrebbero prevedere bonus o meccanismi in grado di premiare l’origine agro-zootecnica della materia prima e tenere in debito conto le differenze, in termini di costi di gestione, rispetto all’impiego dei rifiuti”. Secondo Coldiretti “anche l’applicazione delle tecnologie in grado di facilitare il trasporto del biocarburante dal luogo di produzione al luogo di distribuzione (liquefazione), da parte delle imprese agro-zootecniche che operano distanti dalla rete o dagli impianti di distribuzione, dovrebbe essere opportunamente oggetto di sostegno”. “Sfruttando gli scarti agricoli delle coltivazioni e degli allevamenti - evidenzia il presidente di Coldiretti Ettore Prandini - i mini impianti per il biometano possono arrivare a coprire fino al 12% del consumo di gas in Italia. È necessario passare da un sistema che produce rifiuti e inquinamento - è il messaggio di Prandini - verso un nuovo modello economico circolare in cui si produce valorizzando anche gli scarti”.

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PA NOR AMA

A ZI E N DE

FRONTE DEL PORTO NEL PORTO DI BRINDISI OPERA LA PRIMA SENNEBOGEN 9300 E VENDUTA AL MONDO di Laura Veneri

P

rendiamo a prestito il titolo del celeberrimo film di Elia Kazan per parlare della nuova Sennebogen 9300 E al porto di Brindisi. Così come il film è immenso nelle otto statuette vinte, così la gru portuale è eccezionale nelle misure e nelle prestazioni. La nuova Sennebogen 9300 E, presentata dall’azienda tedesca in occasione della fiera bauma 2019, è stata da poco consegnata all’azienda SIR S.p.A. di Brindisi da Cesaro Mac Import S.r.l., il dealer ufficiale italiano di Sennebogen. Date le misure, sono occorsi circa venti giorni per il montaggio e la piena operatività del “bestione” verde nell’area portuale di Brindisi. Un altro primato, oltre alle dimensioni, è quello di essere la prima venduta al mondo; “Sì perché ne è stata venduta un’altra in Turchia ma era un prototipo ed era differente da questa, quindi possiamo affermare che è la prima Sennebogen 9300 E venduta al mondo!” - ci spiegano dalla Cesaro Mac Import. Facciamo un passo indietro e torniamo alle fasi di montaggio. “Questa gru - ci raccontano - è arrivata posizionata a pezzi sulla stiva della nave. Sono stati caricati singolarmente i vari componenti della gru, e sono stati disposti secondo un ordine stabilito dall’addetto al carico della nave. Al fine di procedere speditamente nel-

la fase di assemblaggio, è stato redatto anche un progetto relativo allo scarico di modo che i pezzi fossero scaricati sul suolo della banchina in un certo ordine per facilitare la logistica e il successivo montaggio. Il montaggio è stato fatto da uomini Cesaro coordinati da un capo-montaggio della ditta costruttrice Sennebogen”. La 9300 E è una moderna gru a fune mobile portuale con un raggio di la-

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voro di 40 m e una capacità di carico fino a 90 t, progettata per la movimentazione di collettame e merce sfusa. Il concetto della gru mobile è una soluzione interessante per molti porti, in quanto le sue prestazioni coprono un’ampia gamma di utilizzi. La gru ha le dimensioni ideali per operare su navi di stazza PANAMAX, ma riuscirebbe ad affrontare tranquillamente la gestione di una nave CAPESIZE.

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P A NO R A M A

A Z IEND E

Inoltre la macchina consente, nella sua configurazione, di poter operare ad uso benna (per rinfuse), a uso gancio (per collettame) e a uso spreader (per contenitori). Nel porto di Brindisi, manovrata dagli operatori della SIR, è stata utilizzata nelle settimane dopo la consegna per la movimentazione di materiali sfusi, quali il carbone per l’alimentazione della centrale di Brindisi. Le motivazioni che hanno portato la SIR all’acquisto della 9300 E sono state il vantaggio di conoscere le prestazioni delle macchine Sennebogen (l’azienda vanta nel proprio parco macchine un caricatore Sennebogen 850) e la fiducia e la professionalità dei commerciali Cesaro Mac Import. Particolarmente degna di nota è la regolazione in altezza della cabina. Arrivando a un’altezza occhi di oltre 21 m, l’operatore gode di un’ottima visuale dalla sua comoda e spaziosa cabina Portcab. Inoltre la cabina, oltre ad abbassarsi e alzarsi, può andare anche avanti e indietro permettendo all’operatore di scendere fino a dentro la stiva delle navi e vedere con i propri occhi il carico senza affidarsi esclusivamente alle telecamere in dotazione. Comoda è la salita in cabina: salendo il conducente si trova già a un’altezza di circa 9 m e può condurre la gru alla sua altezza di lavoro ideale grazie al sistema di regolazione della cabina Skylift 1100. La macchina opera nel porto di Brindisi 24 ore al giorno senza mai fermarsi quindi è estremamente performante e robusta. La manutenzione è facile. Durante la costruzione della gru mobile portuale, Sennebogen ha prestato particolare attenzione alla facilità di manutenzione e all’accessibilità ai componenti della macchina. In fase di installazione, questo consente di montare facilmente il powerpack e l’alloggiamento dell’argano in due unità modulari. Il powerpack, che ospita il motore e tutti i componenti di azionamento, è facilmente accessibile e offre abbastanza spazio per tutte le attività di assistenza; inoltre anche il tetto si apre per poter eseguire la manuten-

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zione dei componenti più grandi in modo sicuro e facile. Altro punto di forza è l’estrema semplicità costruttiva e di gestione della macchina, che presenta poca elettronica a bordo. Il sottocarro è a forma di stella ed è dotato di 14 ruote. Queste caratteristiche permettono alla gru di rimanere compatta durante le operazioni. L’operatore della SIR ha subito rilevato la stabilità della macchina e confermato che nelle fasi di alzata della benna non ci sono beccheggi e oscillazioni. La sicurezza dell’operatore è un altro tema centrale che è bene sottolineare. La sicurezza negli ambienti di lavoro è essenziale e Sennebogen ha progettato la macchina considerando una salita e discesa estremamente semplici. Nel caso di un eventuale evento estremo naturale che potrebbe accadere, l’operatore può scendere dalla cabina ed essere a terra (in salvo) in un tempo stimato di circa 30 - 45 secondi, semplicemente scendendo le scalette.

LE PRIME IMPRESSIONI DI ANTONIO ROMA, CEO DELLA SIR SERVIZI AMBIENTALI Sig. Roma, ci può parlare della vostra azienda e di cosa si occupa?

La nostra azienda si occupa di servizi industriali e ambientali. Abbiamo 5 rami di azienda, e più precisamente: trasporti, pulizie industriali, bonifiche, impresa portuale e impianto di trattamento rifiuti.

Avete molte specializzazioni e vi occupate sia di servizi ambientali che per l’industria. Operate in tutta Italia? Operiamo su tutto il territorio nazionale e da poco iniziamo ad affacciarci all’estero.

Operate anche nel porto di Brindisi come impresa portuale nel settore delle rinfuse. n cosa consiste questa attività?

Da qualche anno movimentiamo per conto di importanti realtà industriali le loro merci alla rinfusa e non. Ci occupiamo di imbarco e sbarco di merci nave, ad esempio carbone, gesso, concime, tondino di ferro, rifiuti ecc., e del successivo stoccaggio e ricarico della merce su gomma o su ferrovia. Insomma logistica pura.

Proprio in questo settore specifico avete da poco acquistato, primi al mondo, la nuova Sennebogen 9300 E. La gru è attiva da poco tempo, ma quali sono le vostre prime sensazioni su questa gigantesca macchina? L’acquisto della Sennebogen 9300 E viene da una lunga serie di valutazioni e prove effettuate sul campo. Ci aspettiamo delle grandi soddisfazioni da questa macchina.

Avete acquistato la gru da Cesaro Mac Import S.r.l., dealer in Italia di Sennebogen. Avevate già rapporti commerciali con l’azienda? Come può valutare il loro team e l’assistenza?

Cesaro è un nostro importante fornitore da diversi anni. Ci ha affiancato in situazioni che vanno oltre la semplice fornitura. Cesaro è un’azienda seria e preparata, e offre un servizio assistenza altrettanto efficiente e rapido.

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P A NO R A M A

A Z IEND E

UNA SOLUZIONE DI VAGLIATURA CHE AUMENTA LA PRODUZIONE DI COMPOST DI ALTA QUALITÀ GRAZIE A DUE VAGLI FLIP FLOW BIVITEC DI BINDER+CO FORNITI DA ECOTEC SOLUTION, DEALER ESCLUSIVO IN ITALIA, CALABRA MACERI HA INCREMENTATO LE QUANTITÀ TRATTATE E MIGLIORATO NOTEVOLMENTE LA QUALITÀ DEL PRODOTTO IN USCITA di Maria Beatrice Celino

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razie a un progetto chiavi in mano coordinato da Ecotec Solution, azienda bolzanina esperta di tecnologie ambientali per il trattamento e il riciclaggio dei rifiuti, presso Calabra Maceri sono operativi due nuovi impianti di vagliatura del compost. Nel mese di dicem-

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bre 2018 sono stati installati due vagli flip flow Bivitec e un separatore ad aria Breezer di Binder+Co, il marchio austriaco distribuito in esclusiva in Italia da Ecotec Solution. Per una realizzazione efficace delle nuove linee di vagliatura, gli specialisti di Ecotec Solution hanno assistito

i responsabili e il personale di Calabra Maceri durante l’intera fase di pianificazione e progettazione in 3D, fino all’installazione e alla messa in funzione dei nuovi impianti. Calabra Maceri riceve, ricicla e avvia a recupero diverse tonnellate di rifiuti di origine domestica, commerciale,


industriale e artigianale provenienti dall’area urbana di Cosenza allo scopo di valorizzarli come materia prima secondaria. L’azienda, presso i suoi due stabilimenti situati a Rende, effettua circa 30.000 ritiri al mese e lavora circa 750 tonnellate di rifiuti al giorno, di cui almeno l’80% è destinato al recupero come materia prima. Lo stabilimento principale ubicato nel cuore della zona industriale di Rende possiede una superficie complessiva di 112.000 m², predisposta alla ricezione, trattamento e recupero di rifiuti secchi non riciclabili, frazione organica e vegetale, imballaggi di carta, plastica, vetro e metalli. In particolare, la frazione organica e vegetale viene trattata all’interno di un moderno biodigestore progettato e realizzato dalla stessa azienda, che produce 500 m3/h di biometano e dell’ottimo compost per l’agricoltura bio. La soluzione di vagliatura chiavi in mano fornita da Ecotec Solution è stata adottata allo scopo di ampliare l’impianto di trattamento della frazione organica e vegetale, aumentando così la produzione di compost e ammendante dalle ottime caratteristiche fisico meccaniche. Presso questo stabilimento, all’interno di un capannone, è stato installato un vaglio flip flow Bivitec per la vagliatura primaria, in grado di trattare circa 50 t/h di materiale. La granulometria del materiale in entrata è compresa tra 0 e 150 millimetri e la sua densità è di circa 0,6 t/m 3. I piani vaglianti della macchina sono dotati di fori quadrati da 60 millimetri. In questo modo il sopravaglio viene separato e viene immesso nuovamente nel processo di maturazione mentre il sottovaglio, di dimensione uguale o inferiore ai 60 millimetri, prosegue verso la fase successiva del processo: la raffinazione. Al vaglio raffinatore Bivitec arriva compost che presenta una granulometria compresa tra 0 e 60 millimetri e una densità di 0,7 t/m3. Questo vaglio è dotato di tappeti con fori da 6/8 mm. Al passaggio attraverso il vaglio Bivitec, il materiale più fine - ossia il compost di qualità - viene raccolto in un container posto al di sotto della macchina, mentre il sopravaglio passa attraverso il separatore ad aria

INTERVISTA A MARTIN MAIRHOFER, MANAGING DIRECTOR DI ECOTEC SOLUTION Avete fornito due impianti a Calabra Maceri. Quali sono le peculiarità della progettazione di questi impianti?

Abbiamo fornito due nuovi impianti in sostituzione di un impianto che ormai era desueto. Con il nuovo impianto Calabra Maceri ha incrementato notevolmente la produzione e ora ottengono una qualità di compost migliore, in quanto è molto più pulito. Al vaglio flip flow Bivitec di raffinazione, abbiamo aggiunto il separatore ad aria Breezer che porta come ulteriore vantaggio la pulizia del sopravaglio. Con Breezer siamo infatti in grado di separare le plastiche dal legno del sopravaglio. Le matrici legnose possono essere così riutilizzate e inserite nel processo di compostaggio, mentre gli scarti di origine plastica saranno destinati a smaltimento. L’impianto è stato completamente progettato in un’area del capannone dedicata. Nella prima fase del progetto abbiamo realizzato una progettazione in 3D per il cliente. Sono stati fatti quattro incontri preliminari in cui abbiamo chiarito con il cliente le sue esigenze, tra cui: il tipo di materiale da trattare e le quantità da vagliare; il grado di umidità del materiale, la pezzatura richiesta; eventuali agenti aggressivi (eventualmente ammonica) nel materiale, ecc. In base a questi dati noi abbiamo potuto dimensionare la grandezza dell’impianto per riuscire a soddisfare le capacità di produzione richieste. Poi abbiamo fatto un sopralluogo in azienda per capire dove poter posizionare l’impianto e le macchine. Abbiamo proposto a Calabra Maceri tre o quattro soluzioni differenti per il posizionamento dell’impianto. Nelle quattro varianti di progetto proposte abbiamo evidenziato i relativi costi e le possibili soluzioni, fino ad arrivare alla decisione finale e alla realizzazione dell’impianto.

Quali sono le caratteristiche vincenti dei vagli flip flow Bivitec?

Il punto di forza dei vagli flip flow di Binder+Co è senza dubbio la precisa vagliatura di tutti i materiali in entrata più difficili, laddove la tecnologia convenzionale diventa inefficiente e antieconomica. Il vaglio flip flow Bivitec, grazie all’azionamento a doppia oscillazione, permette ai tappeti flessibili in poliuretano di distendersi e comprimersi alternativamente. I tappeti dinamicamente movimentati producono un’elevata accelerazione del materiale da trattare, mantenendo così i fori liberi e garantendo un’efficiente vagliatura anche di materiali molto umidi e viscosi. Inoltre, questi macchinari offrono ampie possibilità di configurazione sia a livello di dimensioni e numero di piani vaglianti, sia a livello di dimensioni dei fori dei tappeti, e ciò garantisce il rispetto delle diverse esigenze dei clienti. In Italia il mercato della produzione di compost è in fase di sviluppo e ci sarà un ulteriore incremento nel corso dei prossimi anni. Macchinari flessibili, facilmente riconfigurabili e che puntano al massimo recupero del materiale trattato sono la soluzione vincente in un mercato dal grande potenziale di crescita.

La vostra sede è in provincia di Bolzano. Come siete organizzati per l’assistenza ad aziende lontane, come Calabra Maceri? In Calabria abbiamo una dozzina di impianti funzionanti che hanno le nostre macchine (tra trituratori, vagliatori, fissi, mobili, ecc.), perciò è una zona dove siamo presenti regolarmente sia con nostro personale diretto sia con contractor che ci assistono in loco. Possiamo offrire un’assistenza puntuale e veloce. Nello specifico di Calabra Maceri, hanno già operative cinque nostre macchine. Con loro abbiamo stretto una partnership importante e lavoriamo insieme per un continuo confronto sulle tecnologie fornite.

Sig. Mairhofer, ci può fornire un commento sulla paralisi normativa relativa alla mancanza di decreti end of waste che imbavaglia il mercato?

È una situazione abbastanza complessa. In generale tutti i nostri clienti stanno soffrendo la situazione legislativa, burocratica e dei mercati internazionali. A seconda dei differenti settori di rifiuto, la situazione è differente. Se pensiamo alla FORSU, oggi la tendenza in generale è quella di produrre compost e biometano. In questo caso il ciclo si chiude per il compost ma manca ancora un mercato per l’utilizzo del biometano da trazione. Mentre sui rifiuti urbani il problema è più ampio, perché c’è la possibilità di separare le varie matrici, ma quando i nostri clienti devono rivenderle i prezzi sono molto bassi. Con la chiusura del mercato cinese, molte aziende sono in stallo. Un mercato in crescita è la produzione di CSS per l’avvio alle termocentrali o ai cementifici, ma anche in questo caso gli sbocchi sono soprattutto all’estero. Come dicevo, la situazione al giorno d’oggi in Italia è complicata ma speriamo di vedere sviluppi positivi a breve.

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Breezer, dove avviene la separazione del materiale legnoso recuperabile dal materiale plastico inquinante. “Eravamo alla ricerca di tecnologie per la produzione di compost di alta qualità che permettessero il massimo recupero del materiale proveniente dal processo di maturazione”, dichiara Crescenzo Pellegrino, titolare di Calabra Maceri. “Abbiamo optato per i vagli flip flow di Binder+Co in quanto il principio della doppia vibrazione dei piani mantiene i fori più liberi, rendendo possibile il passaggio di una maggior quantità di materiale. Inoltre, i tappeti rialzati lateralmente impediscono il passaggio del sopravaglio al di sotto del vaglio e il risultato è un prodotto finale nettamente più pulito. Gli esperti di Ecotec Solution sono stati di fondamentale supporto per la realizzazione di questo progetto. Hanno fornito un ottimo servizio durante tutta la fase di pianificazione fino alla messa in funzione e sono sempre presenti e di sostegno”.

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LA SICUREZZA NON È UN DETTAGLIO QUANTO È IMPORTANTE LA STRUMENTAZIONE DI MONITORAGGIO RADIOMETRICO IN UNA GRANDE REALTÀ SIDERURGICA QUALE LA TENARISDALMINE di Bruno Vanzi

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enaris è tra i maggiori produttori e fornitori globali di tubi in acciaio e servizi per l’industria energetica mondiale e per altre applicazioni industriali. Tra i propri clienti, le principali società petrolifere mondiali. Con un fatturato nel 2018 di US$ 7,7 miliardi e circa 23.500 dipendenti in tutto il mondo, Tenaris ha una rete integrata di unità produttive, laboratori di ricerca, centri di finitura e servizi, con attività industriali nelle Americhe, Europa, Medio Oriente, Asia e Africa e una presenza diretta nella maggior parte dei più grandi mercati Oil&Gas. TenarisDalmine - sede operativa di Tenaris in Italia - è il primo produttore italiano di tubi di acciaio senza saldatura destinati all’industria energetica, automobilistica e meccanica. Ha una capacità produttiva annua di 950.000 tonnellate, 2.141 dipendenti, 5 stabilimenti produttivi, un’acciaieria e una centrale elettrica di autoproduzione da 120 MW che, come tutti i siti produttivi di TenarisDalmine, è certificata sia ISO EN 14001 sia OHSAS 18001. Il processo di produzione consta di un ciclo articolato di lavorazioni a partire dal rottame di ferro e prevede le seguenti fasi principali: • trasformazione della materia prima (rottame, come nel caso di TenarisDalmine) in barre d’acciaio (forno ad arco elettrico, forno siviera, degassaggio sottovuoto e processi di colata continua); • trasformazione delle barre d’acciaio in tubi, attraverso diversi tipi di laminatoi.

Ogni prodotto è fabbricato secondo le specifiche del cliente, incluso il trattamento termico per le applicazioni più complesse. Alcuni tubi (quelli per applicazioni nell’ambito dell’OCTG) sono anche filettati. Prima di essere consegnati al cliente, vengono effettuate prove non distruttive per garantire la qualità del prodotto. Inoltre, viene offerta la trafilatura a freddo per tubi con diametri e spessori particolari richiesti per impieghi in caldaie, surriscaldatori, condensatori, scambiatori di calore, produzione automobilistica e altre applicazioni industriali. Abbiamo parlato con Antonello Fabbris, addetto alla vigilanza radiometrica dello stabilimento di Dalmine, per capire meglio i problemi che deve affrontare una grande industria siderurgica nel controllo dei materiali in ingresso e comprendere quali sono le soluzioni che ha adottato. Dr. Fabbris, attraverso le vostre fabbriche si chiude la filiera del recupero dei metalli. Da dove ricevete le materie prime che trattate? I rottami metallici impiegati nella produzione del nostro acciaio sono sia di provenienza nazionale che estera, sia europea che extra UE. Quali sono le soluzioni che avete adottato per garantire la sicurezza dei vostri impianti e del vostro personale? Le soluzioni sono essenzialmente di due tipologie: la prima procedurale e la seconda di tipo impiantistico. La sinergia tra procedure operative create ad hoc e l’impiego di strumentazione per la misura

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della radioattività lungo tutta la filiera produttiva - parlo non solo del controllo radiometrico eseguito all’ingresso sulle materie prime, ma anche dei controlli durante la fusione dei metalli, il controllo dei fumi e delle scorie prodotte fino ad arrivare al prodotto finale che esce dallo stabilimento - garantiscono un elevato standard di sicurezza per il personale Tenaris e delle ditte terze di cui ci avvaliamo, per i clienti e per i nostri impianti. Quanto è importante per voi essere seguiti da un partner attento e puntuale come Brumola? Sicuramente è fondamentale essere supportati dalla ditta che ci ha fornito i sistemi radiometrici attualmente in uso nello stabilimento di Dalmine in quanto, in caso di problematiche, si può disporre del necessario supporto tecnico senza perdite di tempo per riparare lo strumento, consentendo di minimizzare gli impatti sulla produzione e sulla sicurezza del personale. Vi servite della strumentazione Brumola da molti anni? Faccio questo lavoro dal 2013 e già si utilizzavano i sistemi radiometrici/strumentali forniti da Brumola, a memoria credo che la collaborazione con Brumola risalga al 1997. Credete che le soluzioni per la rilevazione delle sorgenti radioattive debbano essere utilizzate anche nei centri di recupero metalli? Per poterci fornire di materia prima di qualità, è necessario che anche i rottamai adottino portali radiometrici come quelli usati nel nostro stabilimento e che successivamente ricevano una manutenzione per garantirne la piena funzionalità negli anni, esattamente come facciamo per la nostra strumentazione. L’industria siderurgica è l’anello finale di un’economia circolare dei metalli. Negli anni quali sono le politiche interne che avete portato avanti per rendere la vostra produzione sempre più sostenibile? TenarisDalmine, che comprende insediamenti produttivi a Dalmine e Sabbio, Costa Volpino, Arcore e Piombino, si è dotata ormai da molti anni di una Politica di Qualità Sicurezza e Ambiente, recentemente aggiornata a luglio 2019, nella quale vengono stabiliti e divulgati a tutti i livelli i principi e i valori della società in termini di primato della sicurezza, garanzia assoluta della qualità di prodotti e servizi

offerti e totale rispetto per l’ambiente. TenarisDalmine vanta inoltre le seguenti certificazioni: • OHSAS 18001 del Sistema di Gestione della Sicurezza, conseguita la prima volta nel 2010 per il sito di Dalmine successivamente ottenuta anche per tutti gli altri siti; • ISO 50001 per il Sistema di Gestione Energetica, ottenuta nel 2010 per il sito di Dalmine e la sua Centrale Termo-elettrica; • ISO 9001 per tutti gli stabilimenti, gli uffici commerciali, i Centri di Ricerca & Sviluppo, i centri servizi e i magazzini inseriti in un unico sistema di gestione della qualità; • ISO 14001 per l’ambiente. Oltre alle certificazioni, TenarisDalmine ha portato avanti negli ultimi anni una politica di riduzione dei consumi idrici (-8% nel 2018 rispetto al 2017) e della produzione di rifiuti industriali (-5% nel 2018 rispetto al 2017), valorizzando addirittura alcuni sottoprodotti dell’Acciaieria che diventano materia prima per altre industrie. Disponiamo anche di una Centrale Termoelettrica a ciclo combinato per autoproduzione, che utilizza gas metano - più pulito rispetto al carbone - come combustibile e recupera calore distribuendolo attraverso la rete di teleriscaldamento alle utenze cittadine e all’interno dello stabilimento. Infine il nostro ufficio acquisti (Exiros) effettua audit periodici presso i nostri fornitori al fine di accertare che siano garantiti i necessari standard di sicurezza, di qualità e di rispetto dell’ambiente che Tenaris ritiene fondamentali per avere un processo produttivo sostenibile. Qualsiasi azienda, compresa una grande industria siderurgica, ha la necessità di soluzioni personalizzate, adeguate alle proprie esigenze di produzione, qualità, e sicurezza; per il personale, per l’impianto e per la gestione finanziaria. Alcune soluzioni, che potrebbero sembrare a prima vista più economiche in termini di investimento e di tempo, non sempre sono la soluzione migliore. Nell’ambito del monitoraggio radiometrico, un risparmio iniziale relativo alla strumentazione potrebbe significare maggiore esposizione a rischi e maggiori costi durante tutta la vita utile dello strumento; infatti, in caso di fusione accidentale di una sorgente radioattiva orfana, i costi di bonifica, il blocco della linea di produzione e soprattutto la mancanza di sicurezza per il personale e per l’ambiente, rappresentano più una certezza che un semplice rischio. Ci rivolgiamo a Francesco Gangi Dino, responsabile commerciale di Brumola S.r.l., per conoscere meglio il modus operandi dell’azienda che distribuisce in Italia le soluzioni Thermo Scientific. Dr. Gangi, in cosa potrebbe incorrere un’azienda, di qualsiasi dimensione, non monitorando i materiali in ingresso? Cosa prevede la legislazione e ci sono controlli da parte delle Autorità competenti? Senza ombra di dubbio, il rischio maggiore risiede nel far entrare materiale contaminato o addirittura una sorgente orfana, la quale come minimo necessita di essere smaltita correttamente, con costi non indifferenti; nel peggiore dei casi tale sorgente potrebbe infine arrivare al forno di un’acciaieria/fonderia o in un inceneritore, ed essere fusa, con conseguenze potenzialmente disastrose a livello ambientale, radioprotezionistico ed economico. La legislatura impone, alle aziende che recuperano metalli o rifiuti in generale, di effettuare controlli radiometrici con strumentazione portatile o fissa che rispetti le caratteristiche tecniche minime (in-

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dicate nella Norma UNI 10897:2016); il controllo radiometrico fa parte anche di varie procedure atte a determinare il famoso “End of waste” e cioè il processo mediante il quale i rifiuti o rottami metallici smettono di essere considerati “Rifiuti” e possono rientrare nel ciclo produttivo come materia prima seconda. Le autorità (ARPA su tutte) svolgono costantemente controlli sul territorio e presso le aziende e impongono sanzioni a coloro che non svolgono i controlli. Vorrei però porre l’attenzione su quanto sia necessario per le aziende dotarsi di strumentazione valida per i controlli, più per ottenere i permessi di lavorazione di determinate categorie di rifiuti e per proteggere se stessi e i propri clienti, che per evitare le sanzioni; a mio avviso deve essere vista come opportunità e non come imposizione, solo in questo modo i controlli saranno sempre più efficaci e andranno a limitare i possibili danni. La vostra azienda fornisce soluzioni per piccole realtà o per grandi gruppi. La vostra caratteristica, però è un’attenta personalizzazione alle necessità della clientela. Ce ne può parlare? Brumola offre strumentazione e sistemi di monitoraggio di alta qualità affiancate da una efficiente installazione e manutenzione: il tutto studiato, elaborato e realizzato con l’utente e per l’utente. La possibilità di personalizzazione, a fronte delle necessità specifiche del cliente, fornisce una ulteriore motivazione per scegliere Brumola come partner per il monitoraggio radiometrico: non ci si limita a comprare uno strumento, ma è l’inizio di un rapporto di collaborazione che durerà molti anni, come appunto dimostrato dal rapporto di lunga data che ci lega a TenarisDalmine.



PA NOR AMA

A ZI E N DE

L’OTTIMIZZAZIONE DEI PROCESSI PRODUTTIVI IN INDUSTRIA 4.0 COSA SIGNIFICA PROGETTARE E LAVORARE IN OTTICA DI INDUSTRIA 4.0? IL RESPONSABILE DI PRODUZIONE RAUL PAOLI DI ECONORD S.R.L. SPIEGA COME I SISTEMI MA-ESTRO GLI HANNO PERMESSO DI AVERE UNA CHIARA VISIONE D’INSIEME DELLO STATO E DELL’EFFICIENZA DELL’IMPIANTO, MA ANCHE DI COME SIA CAMBIATA LA LORO METODOLOGIA DI LAVORO di Riccardo Lenti

E

conord è una ditta trentina che opera nei servizi di raccolta, trasporto, recupero e riutilizzo di rifiuti inerti, provenienti da attività di demolizioni e scavi. Inoltre, esegue anche trasporti conto terzi, demolizioni, escavazioni, movimenti terra, lavori di svuotamento magazzini e depositi. L’impresa nasce dall’unione di due aziende ben radicate nel territorio trentino, quali Ecorec Recycling S.r.l. e LA SERVIZI S.r.l., per offrire il servizio di raccolta, gestione e recupero dei rifiuti provenienti dal settore edile. La società è formata da uno staff giovane e dinamico, attento alla risoluzione di tutti i problemi riguardanti il recupero e il trasporto dei rifiuti non pericolosi. L’azienda gestisce 3 impianti siti rispettivamente: a Pergine, Ciago e a Lavis (dove è presente il sistema Ma-estro).

SITUAZIONE INIZIALE, PROCESSO E CRITICITÀ

Econord si è rivolta a Ma-estro per una consulenza, l’obiettivo era quello di ridurre i costi produttivi adoperando un impianto fisso al posto di uno mobile. L’azienda in passato ha avuto esperienze solamente con impianti mobili, così quando ha avuto la necessità di progettare un nuovo impianto fisso per il sito di Lavis si è rivolta a Ma-estro e all’esperienza diretta nel settore di Giorgio Manara. Sul vecchio impianto mobile non era presente alcun sistema di controllo. Ma-estro è stata in grado di simulare i

costi produttivi attuali e quelli tramite la lavorazione con impianto fisso. Il risultato non lasciava alcun dubbio, infatti, la lavorazione con un impianto fisso risultava molto più vantaggiosa e l’inve-

stimento poteva essere recuperato in pochi anni. Una volta completata la fase di simulazione, il cliente ha valutato vari costruttori e ha scelto Officine Meccaniche Tonon. Dato che il cliente neces-

L’ESPERIENZA DIRETTA E REALE SU UN IMPIANTO Come Econord ha incontrato Ma-estro e perché ha deciso di proseguire con questo progetto?

Abbiamo avuto molta esperienza con gli impianti mobili, ma di fatto mai con un impianto fisso. Avevamo la necessità di progettare il nuovo impianto fisso per il sito di Lavis, così ci siamo rivolti a Giorgio Manara e alla sua esperienza diretta nel settore. Fra i vari costruttori di impianti abbiamo deciso di proseguire con Officine Meccaniche Tonon. Avevano già collaborato insieme ed erano rimasti molto soddisfatti. “Rivolgetevi a Ma-estro. Andate sul sicuro!”. Siamo stati talmente convinti che non abbiamo cercato un confronto o un secondo parere. Tutt’ora siamo molto soddisfatti del progetto realizzato.

Quali vantaggi hanno portato all’azienda i sistemi Ma-estro?

C’è stato un salto di qualità incredibile. Prima non avevamo uno strumento per poter monitorare anche solo la produzione giornaliera. Andavamo ad occhio! Oggi possiamo dire con certezza che abbiamo raddoppiato la produzione (siamo passati da 500 a 1000 tonnellate giornaliere), ridotto i consumi e abbiamo un controllo totale sull’impianto. L’impatto sulla produttività dell’azienda è stato notevole. Il nostro obiettivo a fine anno sarebbe quello di ridurre i consumi del 30%. Il trend sui primi 4 mesi di utilizzo conferma le nostre aspettative.

Come responsabile di produzione, cosa significa per lei lavorare in ottica di Industria 4.0?

Quando abbiamo preso la decisione di dotare la nostra azienda di un nuovo impianto, la nostra prima linea guida è stata quella di voler misurare, controllare e di conseguenza ottimizzare il processo produttivo. Oggi sentiamo spesso parlare dell’Industria 4.0, ma solitamente si fa riferimento all’iper-ammortamento. Sicuramente può dare una mano alle aziende, ma noi eravamo convinti di intraprendere questo investimento prima di venire a conoscenza degli sgravi fiscali. Per noi i principi di Industria 4.0 si possono riassumere in un unico concetto: OTTIMIZZAZIONE. Tempi, produzione, costi, controllo totale, lavorare al massimo della potenzialità dei propri mezzi, mantenere elevata la qualità del prodotto, rendere il lavoro più sicuro e meno faticoso per gli addetti ai lavori. Per me tutto ciò significa Industria 4.0.

È soddisfatto del risultato?

ASSOLUTAMENTE SÌ! Un sistema come questo ti permette di vedere chiaramente quali sono le criticità e le inefficienze del tuo impianto, di conseguenza è possibile intervenire per aggiustare tutte le problematiche e trarre il meglio dal processo produttivo.

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Non avere controllo vuol dire che il processo ha solo due stati: acceso o spento. Le regolazioni manuali non sono affidabili, perché non basate su dati oggettivi. Capita quindi che le macchine non vadano come dovrebbero, e la produttività è la prima a risentirne

Raul Paoli, Responsabile di produzione sitava di un controllo preciso sui costi di produzione, ha scelto oltre alla consulenza di Ma-estro, anche il suo sistema per gestire la produzione in modo ottimizzato. Nell’impianto sono presenti 3 operatori: un palista, un escavatorista e un impiantista. Il processo produttivo consiste nello scarico in tramoggia da parte della pala gommata o dell’escavatore, subito dopo è presente un vaglio sgrossatore che separa il materiale fine da quello grosso, quest’ultimo viene frantumato. Il materiale viene deferizzato, ossia ripulito dalle impurità metalliche. Successivamente il materiale passa attraverso l’Ecocleaner che rimuove i residui di plastica e materiali non ferromagnetici dalla produzione. Infine, è presente un vaglio vibrante che separa il flusso in 3 pezzature: 30/70, 10/30 e 0/10. I prodotti vengono utilizzati prevalentemente per sottofondi stradali, materiali drenanti e per riempimenti.

RAGGIUNGERE LO STATO DELL’ARTE DI UN IMPIANTO IN INDUSTRIA 4.0

Il sistema implementato comprende due sensori di livello posizionati sulla tramoggia di carico e sulla bocca del frantoio, un sistema di pesatura che monitora la produzione sul nastro principale, dei sensori per rilevare l’assorbimento energetico (frantoio, nastro principale, vaglio vibrante), un contatore di energia dell’impianto. Inoltre, è stato installato il modulo AFC (automatic feeder control) del sistema Q-AUTOMATION che regola automaticamente il flusso di materiale dell’alimentatore in base al carico dell’intero impianto per evitare sovraccarichi dei macchinari, facendoli lavorare al massimo dell’efficienza ed evitando così sprechi e colli di bottiglia. Tutta questa sensoristica viene gestita da un PLC che raccoglie tutti i dati dalle macchine e, grazie a un PC industriale, li registra localmente per poi trasmetterli a un server Cloud a cui è possibile accedere attraverso un portale web da qualsiasi postazione Smartphone, Tablet o PC. È possibile impostare dei set-point per regolare il processo in base alle necessità produttive. Le informazioni rilevate sono: tempi di funzionamento, livelli di carico, assorbimenti, consumi, produzione, efficienza e allarmi di ogni singola macchina. Il portale web è in grado di gestire più aziende, più impianti, più reparti e risorse, inoltre può generare e inviare automaticamente tramite e-mail dei report sui dati dell’impianto. Ma-estro ha fornito anche il modulo Q-MAINTENANCE (sempre all’interno dello stesso portale) che permette di poter gestire le manutenzioni ordinarie e straordinarie sia dell’impianEconord precedentemente non aveva alcuno strumento di controllo, oggi invece ha una visione chiara e completa di tutte le informazioni utili relative al suo impianto e ciò le ha consentito di ottimizzare il proprio processo produttivo

Raul Paoli, Responsabile di produzione

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to che delle macchine operatrici. La visualizzazione dei dati è stata pensata per essere alla portata di tutti, anche per chi non ha particolari competenze informatiche. Ecco quindi un breve riepilogo dei vantaggi che Ma-estro ha offerto al cliente: • Simulazione dei costi di produzione pre e post intervento • Consulenza tecnica per la scelta della tipologia dei macchinari • Sistemi di controllo produzione • Sistemi di ottimizzazione del processo • Risultati garantiti • Consulenza e servizio per i sistemi Industria 4.0 per l’ottenimento dell’iperammortamento.



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EOLO: L’INNOVAZIONE MADE IN ITALY CHE RENDE IL PROCESSO DI SELEZIONE DEI RIFIUTI PIÙ SEMPLICE E PERFORMANTE MVT - MION VENTOLTERMICA PRESENTERÀ A ECOMONDO LA TECNOLOGIA RIVOLUZIONARIA PER LA SEPARAZIONE DEI RIFIUTI CON REGOLAZIONE AUTOMATICA di Maria Beatrice Celino

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er rendere più semplice e performante la separazione dei rifiuti, MVT - Mion Ventoltermica ha recentemente messo a punto una tecnologia innovativa: si chiama EOLO. Si tratta di un separatore ad aria a tamburo con sistema di regolazione automatica, che rivoluziona il modo di separare i rifiuti. Un’automazione all’avanguardia che rientra nel piano industria 4.0, con i conseguenti benefici fiscali. Grazie alle sue alte prestazioni, EOLO è capace di dividere una grande varie-

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tà di rifiuti di diversa densità e pezzatura variabile come ad esempio carta, plastica, cartone, ecc. mediante un flusso d’aria controllato che permette di ottenere un prodotto sempre più puro e selezionato. Il telaio di sostegno del nastro trasportatore destinato a convogliare il materiale verso il tamburo è mobile. È stato progettato per essere regolabile - in modo del tutto motorizzato - in senso orizzontale, verticale e

inclinato in funzione del materiale in ingresso, per agevolare il processo. Le posizioni sono memorizzabili e richiamabili dall’operatore tramite apposito PLC. I settaggi e le posizioni possibili sono infinite, garantendo massima libertà, adattamento e personalizzazione. La flessibilità e la versatilità di EOLO consentono di soddisfare diverse esigenze di selezione con un’unica macchina, senza dover realizzare numerose linee di separazione suddivise in base al rifiuto da trattare. Essendo disponibile in tre taglie diverse, EOLO può trattare da grandi a piccole quantità di rifiuti. Anche la velocità del flusso di materiale in ingresso


può essere regolata. I materiali immessi vengono convogliati misti (ad esempio rifiuti da imballaggio, rifiuti commerciali e industriali, rifiuti da costruzione e demolizione, ecc.), tramite nastro trasportatore regolabile, verso un tamburo rotante speciale in grado di girare in entrambi i sensi (orario e antiorario), a seconda del tipo di rifiuti da trattare. Un flusso d’aria controllato e costante fa sì che i rifiuti misti sbattano sul tamburo rotante in modo tale che la parte pesante cada subito nel primo punto di raccolta, mentre quella più leggera prosegua e cada su un nastro trasportatore (secondo punto di raccolta). L’aria polverosa invece viene indirizzata a un filtro a maniche autopulente per la depurazione. La nuova tecnologia, che va ad ampliare la gamma di separatori aeraulici prodotti da MVT - Mion Ventoltermica, trova applicazione in tutti quei contesti dove è necessario separare i rifiuti al fine di ottenere un prodotto ideale per gli impianti di produzione di C.D.R. e similari ma anche per gli impianti di biomasse grazie ad esempio all’esclusione delle parti di legno durante il processo di separazione. La prima installazione è già

(Combustibile da Rifiuti), trattamento biomasse e di aspirazione e depurazione dell’aria. Ha un’esperienza di oltre 50 anni e presenta una crescita costante, +15% all’anno. L’azienda realizza da grandi a piccoli impianti e fornisce ai propri clienti un servizio completo: dall’analisi di fattibilità, alla progettazione, alla costruzione fino alla relativa installazione. Grazie a partnerships attivate con realtà europee e asiatiche, le installazioni MVT - Mion Ventoltermica sono presenti in più di 30 Paesi. Sempre alla ricerca di nuove soluzioni, forte della sua elevata capacità innovativa, dell’alta competenza tecnica e dell’affidabilità che la contraddistinguono, l’azienda attualmente sta portando avanti diversi progetti, tra i quali spicca il più grande impianto di bioessiccazione di R.S.U. (Rifiu-

avvenuta presso un’importante realtà industriale italiana e fa parte di un progetto per la produzione di C.S.S. (Combustibile Solido Secondario). MVT - Mion Ventoltermica è uno dei principali attori nel campo degli impianti di trattamento rifiuti per la produzione di compost e C.D.R.

ti Solidi Urbani) per la produzione di C.D.R. a Singapore. Il progetto, sviluppato per essere installato nel centro urbano della Repubblica di Singapore, città-stato con oltre 5 milioni di abitanti, secondo Paese al mondo per densità di popolazione e fra i principali centri finanziari

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mondiali, ora è in fase di realizzazione dopo aver ricevuto l’autorizzazione dalla “National Environment Agency (NEA)”, ente equiparato al Ministero dell’Ambiente italiano. L’innovativo sistema consentirà di trattare 220.000 t/anno di rifiuti solidi urbani e reimpiegarli sotto forma di nuova fonte di energia sottraendoli alla discarica. Ai rifiuti verrà data una nuova vita grazie a un processo di bioessiccazione che utilizza la tecnologia proprietaria MVT® - Genius. Questa novità tecnologica consente di eliminare il 50% di umidità dai rifiuti per trasformarli in combustibile, rispettando i ferrei limiti imposti dalla legislazione di Singapore. Il software progettato e sviluppato da MVT - Mion Ventoltermica permette di gestire e controllare tutti i processi in modo da ottimizzarli. L’impianto di trattamento dell’aria è in grado di depurare più di 250.000 mc/h di arie esauste e consente un completo controllo degli odori. Si tratta di un progetto importante, per dimensioni e per innovazione tecnologica, che permetterà di incrementare l’efficienza degli inceneritori, riducendo le emissioni e l’impatto ambientale. Oltre all’espansione a livello internazionale, l’azienda ha recentemente ampliato anche la superficie della propria sede realizzando un nuovo stabilimento che va ad aggiungersi alle altre unità esistenti. La nuova area, ad alto livello tecnologico, consente di aumentare la capacità produttiva e di rispondere ancora meglio alle necessità tecnico-logistiche grazie anche allo staff di oltre 80 persone, che rappresenta il cuore dell’azienda. MVT - Mion Ventoltermica sarà alla fiera Ecomondo presso il Padiglione A3 - Stand 125 per presentarvi tutte le importanti novità e soluzioni per il trattamento rifiuti.

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PIACIUTO, COMPRATO ALLA IBIOS DI ROMA LAVORANO DUE TRITURATORI VERMEER PER LA PRODUZIONE DI COMPOST E PER LA LAVORAZIONE DI BIOMASSA PER LA PRODUZIONE DI ENERGIA di Maria Beatrice Celino

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l profumo del legno. Se chiudiamo gli occhi potremmo pensare di essere in un bosco. Invece no, siamo appena fuori Roma, a due passi dal Tevere in aperta campagna. Siamo alla Ibios S.r.l. che si occupa della raccolta di ramaglie, potature, tronchi di alberi, trucioli, legno in generale e vegetali, dai quali ricava compost con processo naturale aerobico e biomasse per lo sfruttamento energetico. La sede, insediata nell’agro romano salario è integrata nella natura e in pieno rispetto della stessa. Il profumo che si sente nell’aria è quello della natura e del legno che il trituratore Vermeer sta lavorando. Veniamo accolti dal personale della Ibios S.r.l. e accompagnati all’interno per capire a quali lavorazioni sono sottoposti gli scarti che vi giungono. Hanno due macchinari Vermeer: il trituratore modello HG4000 con allestimento del tamburo grinder, a martelli, per triturare il materiale, e il trituratore modello HG6000 con allestimento chip drum, per ottenere cippato. L’azienda lavora a pieno ritmo e quando si è trovata a dover acquistare due nuovi equipaggiamenti ha optato per le soluzioni Vermeer. “Avevamo altri macchinari, e quest’anno ci siamo trovati a dover sostituire delle macchine. Avevo già sentito da altre aziende che fanno lo stesso nostro lavoro quanto fossero soddisfatte di Vermeer, così abbiamo voluto provarle. Ci hanno fatto testare le loro macchine sul campo, con i nostri prodotti, e che dire? Ci sono piaciute subito e abbiamo concluso velocemente la trattativa. La HG4000 ci è stata consegnata a giugno, mentre l’HG6000 ad agosto. Sono macchine molto affidabili con una notevole produzione oraria”. Entrambe le soluzioni scelte sono fondamentali per la gestione di biomassa legnosa e compost. Alla Ibios gli scarti trovano una nuova opportunità e non vengono smaltiti. Una parte degli scarti in ingresso diventerà ammendante compostato e sarà ricco di proprietà nutritive per i terreni, un’altra parte diventerà cippato, ossia piccole scaglie di legno (chiamate chips) che possono essere utilizzate come pacciame o combustibile verde per centrali energetiche

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che utilizzano l’energia rinnovabile del legno. Ci vengono spiegate meglio le due lavorazioni cui vengono dedicati i trituratori orizzontali Vermeer. L’HG4000 è dedicato alla lavorazione del compost. L’azienda ritira il “verde” della città di Roma e lo lavora per la produzione di compost. I rifiuti trattati a compost sono circa 100.000 quintali l’anno. Si potrebbe dire che tutti i rifiuti verdi prodotti dai romani passano nel HG4000 Vermeer. I rifiuti vengono triturati nella pezzatura decisa e successivamente portati nei campi di proprietà dell’azienda in cui matureranno per i successivi otto mesi. “Dopo aver passato gli sfalci nel HG4000, li portiamo nei nostri terreni: abbiamo ben nove ettari di aree dedicate allo stoccaggio per la maturazione del materiale. Ogni settimana il materiale viene rivoltato e il compost più maturo viene mescolato con quello più fresco. Il processo di maturazione avviene in circa otto mesi, terminati i quali il compost prodotto con digestione aerobica viene vagliato, insacchettato e venduto”. Il trituratore orizzontale HG4000 Vermeer presenta svariate caratteristiche concepite per abbattere i costi di utilizzo e il motore è dotato di una tecnologia che consente di ridurre il combustibile rispetto a motori simili in questa applicazione. Il modello HG4000 utilizza un Motore diesel Fiat Powertrain Tier 4 Final da 515 hp prodotto in Europa conforme a tutte le norme sulle emissioni dell’Unione europea grazie alla riduzione catalitica selettiva (SCR). Per ridurre lo slittamento di materiale e mantenere il controllo sull’alimentazione nel mulino, un pulsante di ausilio alla frantumazione crea momentaneamente una pressione verso il basso del rullo di alimentazione sul materiale in ingresso. In determinate condizioni, è possibile ridurre la forza verso il basso del rullo di alimentazione o metterlo in pausa temporaneamente per migliorare l’efficienza energetica ed estendere la durata dei componenti. L’HG6000, invece, è dedicato alla produzione del cippato. La produzione di questo cippatore è molto alta e alla Ibios lavorerà ingenti quantità di prodotti provenienti da aziende agricole o aziende boschive del Lazio. La Ibios, nata nel


1988, ha introdotto la divisione biomasse nel 2005 e da allora il settore ha determinato molto lavoro. Il materiale trattato con il cippatore HG6000 viene mandato alle centrali che producono energie rinnovabili. L’azienda ha scelto un trituratore orizzontale HG6000 perché è una macchina molto potente in grado di lavorare molto materiale in tempi ristretti. Il HG6000 è dotato di tamburo per cippato chip drum che produce cippato in quantità consistenti, pari a circa 80 t/ora, ottenendo materiale idoneo per essere utilizzato per esempio come biocombustibile. Il Sistema brevettato SmartFeed controlla i giri motore (rpm) e regola la velocità di triturazione per aumentare la produttività. Il piano di carico aperto e largo facilita il carico del materiale. Per una maggiore sicurezza degli operatori, il deflettore riduce la quantità di detriti che possono uscire durante il lavoro, riducendo anche le difficoltà di carico di materiale di grosse dimensioni. I trituratori orizzontali Vermeer acquistati da Ibios sono solo un esempio di soluzioni che l’azienda veronese propone sul mercato. Oltre a un’ampia gamma di macchine e tecnologie destinate al settore della triturazione, quali cippatori e trituratori, Vermeer si rivolge anche al settore stradale con trencher e perforatori orizzontali e dispone di un’ampia selezione di macchine destinate alla posa di sottoservizi e pipeline, alla realizzazione di strade, autostrade e linee ferroviarie.

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LA TIGRE COREANA SI FA LARGO HYUNDAI CRESCE E CONSOLIDA LA SUA PRESENZA IN EUROPA di Laura Veneri

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a redazione di Recover ha incontrato Nicolas Rousseau nuovo Direttore vendite senior della Divisione Construction Equipment di Hyundai Construction Equipment Europe (HCEE). Rousseau, con più di 20 anni di esperienza alle spalle nelle vendite B2B di macchine movimento terra, è in forza al gruppo coreano da aprile 2019. L’occasione è stata per conoscere meglio l’andamento del mercato europeo e italiano e le prospettive di sviluppo della casa costruttrice di macchine in Europa, anche alla luce del successo al bauma 2019 e del lancio di nuovi prodotti. Hyundai Heavy Industries viene fondata in Corea nel 1972. Nel settembre 2017 Hyundai Heavy Industries Europe cambia nome in Hyundai Construction Equipment Europe. La nuova sede europea è stata inaugurata nell’ottobre dello stesso anno a Tessenderlo in Belgio. Si tratta di un importante centro funzionale frutto di un investimento di 30 milioni di euro. Su una superficie di 81.000 m² sorgono più edifici: un edificio di tre piani da 5.400 m² ospita gli uffici; un’area di 12.000 m² è dedicata al deposito ricambi; un edificio da 2.600 m² accoglie il Centro di

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formazione europeo Hyundai Academy, un vero fiore all’occhiello per la formazione di concessionari e clienti; infine sono presenti un padiglione espositivo da 430 m² e una sala eventi da 450 m². HCEE produce oltre 100 modelli di macchine pesanti tra cui escavatori idraulici, pale gommate, carrelli sollevatori industriali e mini pale gommate. HCEE commercializza i propri prodotti tramite una rete di oltre 140 concessionari in più di 30 Paesi nel mondo. L’obiettivo dichiarato dell’azienda è arrivare al 2023 tra i cinque produttori leader del mercato globale delle macchine da costruzione. Dr Rousseau, può illustrarci l’andamento del mercato europeo e in particolare di quello italiano? L’andamento del mercato è positivo. Pensiamo che il biennio 2019-2020 sarà in linea con il 2018 per l’Europa. Alcune zone dell’Europa presentano dei valori molto alti, come l’Est Europa dove prevediamo di crescere del 15% all’anno. Il Sud Europa (Italia, Spagna) è positivo ma cresce meno. Soprattutto l’Italia ha visto una decrescita delle vendite negli ultimi due anni, ma il

Nicolas Rousseau, Direttore vendite senior della Divisione Construction Equipment di Hyundai Construction Equipment Europe (HCEE)

trend rimane positivo. L’Italia sta pagando l’incertezza economica e i rapporti di forza con l’Unione Europea. La questione del debito alto non aiuta il mercato: un’impresa ha bisogno di certezze per fare investimenti e acquisti. Germania, Francia, Italia e UK costituiscono la maggior parte del nostro fatturato in Europa. Il Regno Unito da solo detiene la fetta di mercato maggiore, quindi il problema


della Brexit e l’incertezza che determina è molto sentito. Purtroppo stiamo aspettando e questa insicurezza non giova al mercato. Parlando di numeri prevediamo una decrescita per il biennio 2020-2022 di circa il 10%. Oggi il mercato è composto da circa 110.000 macchine, che sono più o meno i numeri che avevamo prima della crisi del 2008. Un altro problema è dato dalla guerra commerciale tra Cina e Stati Uniti che metterà in difficoltà il mercato cinese. L’insicurezza economica di questo periodo non aiuta gli imprenditori a fare investimenti, ma forse sta contribuendo a rafforzare il mercato del noleggio? È proprio così. Se ho un’azienda e il mio orizzonte lavorativo è molto corto, non mi potrò permettere di fare nuovi acquisti, ma potrò noleggiare una macchina per far fronte ai picchi e alle pause di lavoro. Il settore del rental, infatti, è maturato molto negli ultimi anni e noi prevediamo che continuerà a crescere, per questo anche noi stiamo iniziando ad accrescerlo. Ci diceva che il mercato italiano è importante per HCCE: come pensate di svilupparlo? Già alla fine dello scorso anno HCEE ha intrapreso la strada per rafforzare e consolidare la regione del Sud Europa, di cui l’Italia fa parte. Mi riferisco soprattutto alla nomina di Luca Bellini come Account Manager Construction Equipment per la regione del Sud Europa, che ha una estesa esperienza nel settore agricolo e del movimento terra. Il compito di Bellini è sviluppare e mettere in atto strategie commerciali che aiutino a consolidare gli obiettivi commerciali e costruire collaborazioni di lungo periodo nella regione del Sud Europa. La sua estesa esperienza nel settore B2B e la sua nazionalità italiana, ci permetteranno di incrementare il nostro volume di affari, inizialmente con maggiore attenzione al mercato italiano. Inoltre è necessario rafforzare la nostra rete di dealers soprat-

tutto nelle regioni del Sud Italia dove non siamo coperti. Nelle altre aree, invece, dobbiamo focalizzarci su rivenditori importanti e specializzati. Oggi in Italia abbiamo otto concessionari che coprono soprattutto il Centro-Nord. Dove sono prodotte le macchine che arrivano sul mercato europeo? Le macchine sono prodotte in Corea e raggiungono l’Europa tramite i porti principali: al Porto di Anversa arrivano prevalentemente le macchine per il mercato europeo, mentre al porto di Tilbury quelle per il Regno Unito. Ci serviamo anche dei porti italiani, come Livorno, Genova o Napoli per le macchine che sono in distribuzione in Italia. Normalmente la destinazione principale è Anversa in Belgio dove abbiamo un grande stabilimento in cui abbiamo a disposizione molte macchine di vari modelli per l’Euro-

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pa. Nella sede di Tessenderlo possiamo anche adattare le macchine per le singole esigenze del cliente. Il bauma si è da poco concluso: che bilancio potete trarre? Possiamo trarre un bilancio molto positivo. Il bauma è una fiera molto importante che anche quest’anno ci ha dato molte soddisfazioni perché abbiamo concluso molte vendite. Abbiamo dimostrato che anche se siamo più piccoli delle grandi case costruttrici, abbiamo buoni prodotti dotati di alta tecnologia. Abbiamo presentato Hyundai Connect, software gratuito per connettersi ai dispositivi da smartphone rapidamente tramire P2P, che ha avuto un grande successo. Il bauma è una vetrina internazionale in cui bisogna essere presenti, ma io credo anche in altre fiere più locali, come il Samoter a Verona cui abbiamo partecipato alla scorsa edizione, che rappresentano un appuntamento rilevante per farci conoscere meglio al pubblico e in cui è

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possibile iniziare un contatto diretto con i potenziali clienti. Avete presentato nuove macchine in occasione della fiera? HCEE ha presentato 15 prodotti, di cui 6 anteprime in Europa. Erano attesi da tempo ampliamenti della gamma come la macchina da 1 tonnellata HX10 A e la HX85A CR da 8,5 tonnellate per gli escavatori compatti. Sono stati presentati anche nuovi modelli di pale gommate ed escavatori compatibili con la gamma Stage V: L’HX85A CR, l’HX220A L, l’HX300A L e l’HL960A. Il nuovo modello HX900 L, progettato specificamente per le esigenze dell’industria edile ed estrattiva europea, sostituirà l’R800LC-9. Questa macchina da 90 tonnellate è stata sviluppata grazie a una tecnologia leader del settore per offrire un livello di produttività eccellente. Subito dopo la gigantesca R1200-9 da 120 tonnellate, l’HX900 L è la macchina Hyundai più grande della gamma. Abbiamo presentato numerosi aggiornamenti tecnologici per macchine specifiche,

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ad esempio EPIC (Electric Pump Independent Control), EPFC (Electric Positive Flow Control), la chiusura di sicurezza automatica, la guida Eco, MG (Machine Guidance)/ MC (Machine Control), IWM (Intelligent Work Mode), Radar e il telecomando per porte. Tutti questi perfezionamenti tecnologici contribuiscono direttamente al miglioramento di vari elementi, tra cui consumo del carburante, produttività più elevata, maggiore sicurezza e comodità. Le migliorie apportate al servizio includono ECD (Engine Connected Diagnostics), MCD (Machine Connected Diagnostics), FOTA (Firmware over the Air), HCE-DT (HCE Diagnostics Tool) e un report mensile via HiMate. Tutte queste modifiche prolungano il tempo di funzionamento delle macchine e consentono di gestirle in modo più efficiente. Inoltre, Hyundai ha presentato al bauma i motori diesel compatibili con Stage V, offrendo una riduzione in termini di emissioni di gas di scarico e di consumo del carburante.

Relativamente al settore del riciclaggio, che macchine avete messo in mostra? Abbiamo presentato la HL960 HD. Il nuovo modello di pala gommate HL960A da 19 tonnellate è dotato di un motore Cummins QSB6.7 Stage V, in grado di erogare 225 cavalli motore. Le nuove pale gommate serie A di HCEE sono fornite di funzionalità e caratteristiche originali e possono essere dotate di una videocamera posteriore. Per una maggiore sicurezza è anche possibile installare un sistema avanzato con 4 videocamere. Inoltre, Hyundai offre un sistema radar per la guida in retromarcia, simile a quello di un’automobile, che permette di rilevare gli ostacoli di giorno o di notte. Tutte queste funzioni di sicurezza rendono le pale gommate serie A tra le più sicure nel settore. Per una maggiore versatilità, HCEE offre anche alcuni modelli di pale gommate nella versione con telaio di carico esteso, nonché una versione Tool Master che offre forze di sollevamento parallele esatte, pensate per i clienti che si occupano di riciclo, gestione dei rifiuti o applicazioni industriali.


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UN’AZIENDA BLU DAL CUORE VERDE RECOVER INCONTRA PENTAIR WATER ITALY, UN’AZIENDA DEDICATA A TUTTO TONDO AL MERCATO DELL’ACQUA di Bruno Vanzi

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’acqua è una risorsa delicata. È un bene a rischio da trattare con cura e parsimonia perché l’acqua dolce è solo il 4% del totale di tutta l’acqua presente sul nostro pianeta. Senza acqua non potrebbe esserci vita. Lo sanno bene alla Pentair Water Italy, l’azienda che produce prodotti per il trattamento, la movimentazione e l’immagazzinamento dell’acqua. Siamo in provincia di Pisa, a Vicopisano, a due passi dall’Arno, quasi a rimarcare l’importanza della risorsa idrica per l’azienda. Lo stabilimento che visitiamo è una delle tre sedi presenti in Italia; le altre sono in provincia di Brescia e in provincia di Novara. Ci racconta Claudio Versi, Marketing group leader di Pentair che il “Gruppo Pentair oggi è una realtà da 3 miliardi di dollari, che si divide prevalentemente in tre divisioni: Aquatic System; Filtration Solution; Flow Technologies, e si occupa della movimentazione dell’acqua. Il Gruppo impiega circa 10.000 dipendenti sparsi in 30 paesi nel mondo”. Numeri importanti per un gruppo nato oltre 50 anni fa negli Stati Uniti d’America, che studia il ciclo dell’acqua e ogni tipologia di applicazione ad esso connessa. “Pentair è uno dei pochi player nel mercato dell’acqua che può abbracciare a 360 gradi tutto il settore” continua Versi. “Abbiamo prodotti per la filtrazione, l’antincendio, produciamo pompe, addolcitori, ecc. Abbiamo un prodotto specifico per tutto ciò che è inerente all’acqua”. Scendendo più in dettaglio le divisioni dedicate al settore acqua del Gruppo Pentair sono: • Flow Technologies (Pompe): si dedica alla progettazione e produzione di elettropompe idrauliche di superficie, sommerse e da drenaggio oltre che ai gruppi di pressione a velocità fissa e variabile, incluso l’antincendio;

Claudio Versi, Marketing group leader di Pentair

Filtration Solution (Filtrazione): produce valvole di controllo, serbatoi di stoccaggio, filtri, elementi a cartuccia intercambiabili e componenti per sistemi di filtraggio dell’acqua potabile; • Aquatic System (Pool & SPA): produce una linea completa di attrezzaggio e accessori per le piscine a uso commerciale e residenziale che comprende le pompe, i filtri, gli scambiatori di calore, le luci, i controlli automatizzati, i pulitori automatici. Nello stabilimento di Pisa si producono pompe, gruppi pressione a velocità fissa e variabile, valvole per la filtrazione, addolcitori sia per il residenziale che per il commerciale e pompe specifiche per il settore piscine. La produzione è rivolta sia al mercato nazionale che internazionale, ma anche alle altre aziende “sorelle” che fanno parte del gruppo Pentair. Anche a Pisa i numeri relativi ai dipendenti e alla produzione sono alti. Nello stabilimento lavorano circa 300 dipendenti e la produ-

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zione si aggira su 200 mila pompe l’anno e 120.000 valvole per il trattamento di filtrazione. “La linea dei motori è stata ampliata nei mesi scorsi - precisa Versi - e con il nuovo robot dedicato è capace di produrre circa 2000 pezzi al giorno per il fabbisogno di produzione sia interno che esterno”. Lo stabilimento dedicato alla logistica è a Romentino, in provincia di Novara. Oltre a fornire il mercato nazionale direttamente, lavora anche per tutto il resto dell’Europa rifornendo clienti e distributori sparsi in tutti i paesi. L’altro complesso italiano di Pentair è a Brescia ed è il centro del Gruppo dedicato alla componentistica di materiale in acciaio. Inaugurato nel 1994, è dotato di macchinari per lo stampaggio e saldatura dell’acciaio inossidabile ed è in gra-

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do di sviluppare in piena autonomia tutte le attrezzature e stampi necessari alla produzione dei componenti in acciaio inox. Possiamo affermare che tutta la produzione è made in Italy. Tra i prodotti di punta per quanto riguarda la gamma Pentair STA-RITE è da segnalare una pompa ad alta efficienza con controllo a velocità variabile che offre un ampio risparmio energetico MULTIEVO-E. Questa pompa dotata di un sistema elettronico CPS, sviluppato completamente dall’ufficio tecnico di Pisa, permette di mantenere la pressione costante nell’impianto, riducendo o aumentando la velocità di rotazione della pompa in funzione della richiesta. Ma torniamo allo stabilimento di Pisa, perché non ci sono passati inosservati i pannelli solari sul tetto. Chiediamo a Versi maggiori informazioni sulle politiche aziendali per la tutela ambientale. Lui, con un sorriso, risponde: “Lo stabilimento di Pisa è quello più green tra quelli italiani. Nel 2011 abbiamo rifatto il tetto e lo abbiamo ricoperto con 4100 pannelli solari, che generano tutta l’energia necessaria alla nostra produzione. Energia rinnovabile ma anche soluzioni per la riduzione delle plastiche in azienda e grande attenzione alla raccolta differenziata. Da oltre 10 anni inoltre” - precisa Versi - “Pentair si è impegnata a eliminare completamente l’acqua in bottiglia dalle proprie strutture”. Ecco perché possiamo dire che Pentair è un’azienda blu dal cuore verde. starite.it pentair.com info-it@pentair.com Tel. 050.716111


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ECOMONDO 2019: ANTICIPAZIONI DI UN’EDIZIONE DA RECORD QUEST’ANNO, IN CONTEMPORANEA A ECOMONDO 2019 SI SVOLGERANNO KEY ENERGY PER IL MONDO DELLE ENERGIE RINNOVABILI, SAL.VE, IL SALONE TRIENNALE DEL VEICOLO ECOLOGICO E GLI STATI GENERALI DELLA GREEN ECONOMY ORGANIZZATI DAL CONSIGLIO NAZIONALE DELLA GREEN ECONOMY di Laura Veneri

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un’edizione sold out, con tutti i padiglioni occupati e un nuovo layout ad hoc per gli operatori professionali interessati a cogliere le simbiosi industriali intersettoriali della green e circular economy. A novembre, dal 5 all’8 a Rimini Fiera, sono attesi mille e trecento espositori da 30 Paesi e visitatori da 150 Paesi. In programma 150 seminari con mille relatori. Protagonisti anche i soggetti istituzionali più autorevoli, pubblici e privati, quali ENEA, Ministero dell’Ambiente, l’Agenzia Europea dell’Ambiente (AEA), Utilitalia, i Consorzi di filiera, ecc. Gli Stati Generali della Green Economy si terranno i primi due giorni e saranno dedicati al tema “Percorso e obiettivi per un Green New Deal”. L’obiettivo è affrontare congiuntamente la crisi ambientale, a partire da quella climatica, la bassa crescita economica e la crescente disuguaglianza. Gli Stati Generali della Green Economy del 2019 saranno dedicati a formulare idee e proposte, in particolare in vista della prossima Legge Finanziaria, per sostenere e dare forza e concretezza a un Green New Deal per l’Italia e l’Europa. Il tema del biogas sarà anche quest’anno tra i grandi protagonisti di Ecomondo.

Proprio a Ecomondo ha infatti preso avvio, già dal 2016, una importante Piattaforma nazionale sul Biometano che ha visto insieme le associazioni di riferimento del settore, CIB e CIC, che in sinergia con Ecomondo hanno continuato a tenere il punto sul settore, giungendo alla consapevolezza della necessità di strutturarsi ulteriormente, per avere una voce univoca, soprattutto nell’interlocuzione con i livelli governativi italiani ed europei. Si è del resto consolidato da tempo un gruppo di aziende di spessore che trattano scarti organici per tramutarli in biometano e la vivacità del settore si toccherà con mano a Ecomondo, dove sono in aumento gli spazi espositivi dedicati, che occuperanno ben due padiglioni fieristici. Altro tema “caldo” è l’economia circolare applicata al settore idrico integrato, un settore in grado di fruttare già oggi, in Italia, 777 milioni di euro di fatturato e circa 4000 posti di lavoro. Con la sezione Global Water Expo, e grazie alla partnership con Utilitalia, Ecomondo si propone come vetrina dell’innovazione in tutte le fasi della filiera del servizio idrico integrato e ciclo delle acque. Il tema dell’inquinamento da plastica è

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una delle più grandi sfide ambientali del nostro tempo, cui Ecomondo dedica un ampio programma di incontri. A fare da bussola, la Strategia Europea che ha portato nei mesi scorsi all’approvazione della direttiva che vieta la vendita dei prodotti in plastica monouso. Noi di Dea Edizioni organizziamo, come ogni anno, gli Stati Generali delle Demolizioni, l’appuntamento annuale di approfondimento tecnico sul mercato, sulla normativa, le tecnologie e la sicurezza nelle demolizioni civili e industriali. Il convegno sarà organizzato con presentazioni a cui parteciperanno importanti esponenti del settore, imprese pubbliche, grossi gruppi energetici, fondi immobiliari, enti di controllo e associazioni. Gli Stati Generali forniranno una fotografia del mercato del decommissioning, della gestione ambientale e contrattuale del processo di demolizione di un’area dismessa, dell’attuale stato dell’arte tecnico dei cantieri e delle tendenze future del mercato. Vi aspettiamo mercoledì 6 novembre dalle ore 14.00 nella sala Reclaim presso il padigione C3. Dopo questo assaggio sui temi, gustiamoci un’anteprima delle novità che saranno presentate dagli espositori!

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SOC. COOP. BILANCIAI

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Intuitivo e connesso, corre veloce come la tua mente Soc. Coop. Bilanciai presenta a Ecomondo il nuovo terminale di pesatura DD2060 X. Potenza, autonomia, velocità operativa, programmabilità, prestazioni di alto livello sono le peculiarità innovative di questo terminale. Disponibile con applicazioni software pensate per integrare le operazioni di pesatura e di logistica: automazione del controllo accessi e della gestione code, monitoraggio di carico e scarico del materiale. È connesso con il tuo business DD2060 X consente la condivisione dati da e verso i propri sistemi gestionali tramite connessioni LAN, WAN o Cloud. Il design innovativo, la grafica accattivante e il robusto display industriale touchscreen a colori da 12,1” ad alta visibilità, anche in esposizione al sole diretto, permettono di compiere le operazioni in modo semplice e intuitivo. Propositivo e versatile, trova soluzioni alle tue esigenze Solido e modulare, il terminale è pensato per crescere insieme alle nuove esigenze dell’azienda, grazie alle possibili espansioni hardware e software. Integrato e multicanale, comunica facile come vuoi tu Il terminale dispone di Ethernet TCP/IP, Wi-Fi, USB multipla e RS-232/422 di serie, 4G, GPRS, GSM e semplifica le operazioni di controllo grazie a tasti di scelta rapida, controllo vocale, interfono integrato (VOIP) e telecamere. La Serie DD2060 X è omologata per operazioni di pesatura ai fini di transazioni commerciali secondo la direttiva 2014/31/UE e OIMLR76.

EUROVIX

PAD D1 - STAND 098 Il compostaggio basato su processi assai diffusi in natura, sfrutta le reazioni prevalentemente ossidative ed esotermiche promosse da microrganismi aerobi, trasformando la frazione organica presente nel materiale di partenza, in un prodotto ricco di nutrienti, biologicamente stabile, privo di odori e di facile impiego, il compost appunto. Per poter essere usato con vantaggio in agricoltura il compost deve trovarsi generalmente in uno stadio avanzato del processo di stabilizzazione. I processi biologici alla base del compostaggio, bioessiccamento e biostabilizzazione, hanno quale obiettivo la totale o parziale degradazione della frazione organica fermentescibile per ottenere la stabilità biologica. La stabilità biologica indica lo stato in cui, garantite le condizioni ottimali per l’esplicarsi delle attività microbiologiche in condizioni aerobiche, i processi di biodegradazione si presentano alquanto rallentati. È sempre più attuale la necessità di coadiuvare il processo biologico al fine di promuovere e accelerare i processi di compostaggio aerobico delle sostanze organiche e garantire così non solo il rispetto dei limiti previsti dalla vigente normativa ma anche la corretta gestione degli impatti ambientali. L’ausilio dei bioattivatori Eurovix consente di accelerare e ottimizzare le reazioni di degradazione del substrato organico riducendo i tempi di stabilizzazione biologica, minimizzando la conseguente formazione di sostanze intermedie maleodoranti e una conseguente riduzione del consumo energetico.

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FURIA Vi chiederete perché soffermarvi a leggere una presentazione aziendale tra le tante che popolano le riviste specializzate del nostro settore, ebbene questa è l’occasione da noi scelta per farvi conoscere una azienda storica che ha saputo stare al passo con i tempi, dotata di ampie capacità operative qualificata per l’esecuzione di bonifiche ambientali, gestione globale di una vasta gamma di rifiuti industriali e realizzazione di opere civili e infrastrutture quali piazzali di prospezione mineraria, impianti di trattamento, edifici industriali o commerciali. Stiamo parlando della FURIA S.r.l. (www.furiasrl.it) la quale affonda le proprie radici negli anni ‘30 nascendo come impresa di costruzioni stradali. È nel dopoguerra che, con la crescita delle ricerche gas petrolifere in Italia, sviluppa la propria capacità di costruire le strutture specialistiche e di gestire i rifiuti prodotti da tali attività. Dagli anni ‘90 amplia il campo di attività attrezzandosi per la demolizione di edifici civili o industriali e il decommissioning di grandi impianti. Da allora è operativa a Caorso (PC) la propria piattaforma di trattamento e stoccaggio di rifiuti speciali e pericolosi, autorizzata per più di 1000 codici CER e capacità di trattamento di 223.000 ton/ anno. A questo impianto si è aggiunta a Larderello (PI) una piattaforma dedicata a ENEL per il trattamento dei rifiuti della geotermia. L’azienda dispone di impianti mobili configurabili autorizzati per campagne di intervento on site.

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PAD C2 - STAND 029


PAD A3 - STAND 114

ECOSTAR

Lavorare meglio i materiali e con minori costi è la mission della tecnologia Ecostar. In questo periodo di accentuazione della crisi climatica siamo tutti chiamati a dare il nostro contributo allo sviluppo di un’economia sostenibile. Quello di Ecostar è di realizzare macchinari che migliorano il processo di separazione di qualsiasi tipologia di rifiuto assicurando alle aziende di riciclaggio maggiori ricavi derivanti dalla re-immissione dei materiali nel ciclo economico e un risparmio sui costi di gestione. Come? I vagli a dischi Ecostar, Hextra e Hexact, sono dotati della tecnologia Dynamic Disc Screening che aumenta la flessibilità operativa, migliora la qualità del materiale separato, diminuisce i consumi energetici e riduce le attività di manutenzione sui propri macchinari. La tecnologia Dynamic Disc Screening si basa su tre concetti: • Dischi. I dischi Ecostar sono realizzati in Hardox, con profilo piatto. Grazie a questa particolare conformazione, il materiale scorre sui dischi del vaglio e subisce una sollecitazione sussultoria che separa il rifiuto in maniera ottimale. • Manicotti laschi. L’albero di trazione è rivestito con manicotti laschi indipendenti dalla rotazione dell’albero stesso. I manicotti laschi impediscono alle parti lunghe e filamentose del materiale da vagliare di attorcigliarsi sull’albero, rendendo possibile una separazione ottimale e riducendo sensibilmente i fermi macchina. • Flessibilità operativa. Dynamic Disc Screening consente di intervenire in tempo reale sulla sezione di vagliatura prestabilita (±30%), variando la velocità degli alberi con l’ausilio dell’inverter. Sezioni di vagliatura disponibili da 10 a 350 mm.

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S PE CI A L E

ITALPROGET

PAD A3 - STAND 070

Italproget S.r.l. ha concluso con successo l’installazione di un nuovo impianto per la produzione di combustibile solido secondario in provincia di Ancona. L’impianto è di Cavallari S.r.l. che si occupa di trasporto, trattamento e avvio al recupero di rifiuti industriali e da raccolta differenziata. È presente con le sue attività nelle sedi di Ostra, Fabriano e Castelplanio dove, in un’area complessiva di circa 40.000 m2, dispone di moderni impianti altamente automatizzati per la selezione e la cernita. Tratta un volume di oltre 100.000 tonnellate di rifiuti l’anno. L’unicità dell’impianto realizzato per Cavallari S.r.l. è legata alla flessibilità e compattezza della soluzione. Il cliente può infatti scegliere di alimentare l’impianto con il materiale proveniente dalle due linee di cernita preesistenti che lavorano materiali diversi: può quindi ottenere CSS sia da multimateriale di provenienza industriale che da plasmix (scarto plastiche) avendo acquistato un’unica linea di selezione e triturazione. L’impianto comprende: trituratore per la riduzione volumetrica del multimateriale industriale; lettore ottico per lo scarto di PVC e relativi clorurati; separatore ad aria per dividere la frazione pesante; raffinatore che permette di ottenere la pezzatura del CSS dalla frazione leggera. Il separatore ad aria ed il raffinatore sono stati forniti da Ecotec Solution S.r.l. Italproget ha inoltre completato l’impianto con i nastri trasportatori, le carpenterie di servizio e la cabina di monitoraggio.

GRUPPO MARAZZATO

PAD C1 - STAND 080

Dal 1952 il leader italiano nelle soluzioni per l’ambiente è presente a Ecomondo di Rimini. Piccole aziende crescono. E diventano grandi, con gli occhi rivolti anche oltre l’intero territorio nazionale. Sono il frutto di passioni divenute professioni. Di impegno, lavoro, successo e coraggio, figli di visionari competenti capaci di gettare la pietra oltre il fiume, lo sguardo al di là del guado. Dal 1952 a oggi, da quasi 70 anni, il Gruppo Marazzato di strada, ne ha macinata moltissima. Crescendo, ampliandosi, diversificando la gamma di prodotti e servizi sino a trasformarsi, quale logica conseguenza di un percorso coerente di sviluppo armonioso e integrato, in una realtà multipotenziale leader italiana nelle bonifiche ambientali, gestione e trattamento rifiuti e soluzioni per l’ambiente. Grazie a un’attenzione crescente agli aspetti di ricerca e studio che, unitamente a un processo di continua formazione, innovazione e implementazione di human resources di altissimo profilo professionale e mezzi sempre tutti di ultima generazione, il Gruppo Marazzato offre un mix vincente in grado di rispondere a 360° a qualsivoglia tipo di esigenza ambientale: dalle bonifiche semplici alle più strutturate e complesse con iter procedurali originali, efficaci ed efficienti calibrati ad hoc, frutto di un know-how experience unico in Italia nel suo genere acquisito e consolidato in oltre mezzo secolo di fiorente attività. Incluso il trattamento e lo smaltimento di rifiuti solidi e liquidi, anche di tipo fognario, compresi quelli provenienti o generati da cantieri in costruzione. Molteplici, inoltre, gli attestati di stima conseguiti nel tempo: dalle ASL, dalle molteplici Certificazioni di Qualità rilasciate da primari Audit italiani e internazionali al plauso pubblico del noto psichiatra, accademico e opinionista tv Alessandro Meluzzi, per il quale “Mettere a disposizione della collettività il risultato di un’attività industriale positiva quale quella del Gruppo Marazzato, del suo fondatore Carlo, e della famiglia che lo guida sia un’espressione di civiltà, cultura, buon senso e saggezza”.

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S PE CI A L E

SABO SA

PAD A1 B1 - STAND 175 200

SABO SA opera nel settore ecologico-ambientale proponendo macchinari e impianti completi per diverse tipologie di materiali quali PFU, plastiche varie, legno, RSU, CDR-CSS, inertizzazione fanghi e inerti. Il “business” di SABO SA ENVIRONMENTAL è quello di: • fornire una gamma completa di macchine e sistemi “chiavi in mano” e ogni macchina costruita è esattamente il risultato di moduli rispondenti alle richieste specifiche e individuali del committente; • proporre “soluzioni personalizzate” adatte alle specifiche esigenze di ogni Cliente. Ogni macchina è progettata e costruita interamente presso i propri Stabilimenti e con l’ausilio di diversi Fornitori Partner Italiani con cui SABO SA collabora da diversi anni. Recentemente, le forniture per il mercato Italiano hanno riguardato un impianto completo di trattamento carta e cartone per IREN AMBIENTE in Piemonte, un Impianto di gestione e trasporto di PFU per TRITOGOM in Piemonte, l’installazione di un trituratore bialbero per rifiuti pericolosi per il Gruppo EDISON nelle Marche, oltre a tante altre applicazioni di macchine e sistemi per il miglioramento della raffinazione del compost, inertizzazione fanghi e rifiuti vari. Settori merceologici impiantistici: • Impianti di trasporto e trattamento rifiuti solidi urbani (RSU); • Impianti di riciclaggio film agricoli (HDPE, LLDPE, PE); • Impianti di inertizzazione fanghi industriali e inerti; • Impianti di riciclaggio plastiche (PET, PP, ecc.); • Impianti di riciclaggio pneumatici usati (PFU); • Impianti per CDR-CSS; • Impianti di compostaggio; • Impianti di produzione biogas da FORSU; • Impianti per la produzione dei pellets in legno.

IES BIOGAS

PAD D5 - STAND 088

IES Biogas è una società 100% italiana, leader nella realizzazione di impianti di biogas e biometano. Un team di biologi, ingegneri, agronomi, informatici e processisti: donne e uomini con forte spirito di squadra e un know-how consolidato. Da quando è nata, IES Biogas ha subito intrapreso un percorso di crescita. Attualmente sono in fase di costruzione impianti in Argentina, dove è stato aperto un ufficio commerciale e un magazzino ricambi, Serbia, Polonia, Grecia, Corea e Indonesia. Le sue soluzioni tecnologicamente avanzate le hanno permesso di ricoprire un ruolo di leadership nel settore agricolo con servizi tailor-made. Nel 2015 crea IES Waste, una divisione specializzata nella gestione e valorizzazione del rifiuto solido urbano, attraverso impianti e soluzioni wasteto-energy. Attualmente sono in fase di completamento due progetti alimentati a FORSU che produrranno biometano destinato alla rete gas nazionale e valorizzato come biocarburante per la mobilità sostenibile. Nel luglio 2018 entra nel gruppo Snam, leader in Europa nella gestione delle infrastrutture di rete gas, un’operazione che rafforzerà la leadership dell’azienda in Italia e nel mondo. Oggi si propone sul mercato come General Contractor verso investitori privati e pubblici facendosi carico di tutte le incombenze burocratiche e tecniche e assicura la massima garanzia in termini di qualità, tempi di esecuzione e performance.

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SPE C I AL E

FORREC

PAD A3 - STAND 164

Da circa 1 anno in Ungheria è in funzione l’impianto progettato e installato da Forrec per il trattamento dei motori elettrici, in primis, ma anche di schede elettroniche, metalli misti e RAEE. L’impianto prevede un trattamento finalizzato al recupero di ferro, rame e alluminio dai motori elettrici, grazie alle performance del mulino a martelli modello Z15-1000 della gamma Forrec e a un collaudato sistema di trasporto, separazione e valorizzazione dei materiali che compongono il rifiuto trattato. La modularità e flessibilità degli impianti Forrec ha permesso di collegare il sistema attualmente operativo, dal quale il cliente ottiene già ferro pulito da convogliare alla fonderia come materia prima, alla nuova linea per la raffinazione finale del metallo non-ferroso. Consapevole della grande opportunità di mercato data dal recupero del rame, il cliente ha recentemente deciso di implementare la linea con un sistema di raffinazione di questo prezioso metallo non ferroso, contenuto in grandi quantità all’interno dei motori elettrici. La linea sarà quindi completata con un sistema in grado di granulare il rame per riuscire a ottenere una separazione ottimale. l sistema progettato e realizzato da Forrec consente quindi il recupero di tutta la componentistica dei Raee eliminando la problematica della gestione ed eventuale smaltimento delle frazioni miste a favore della valorizzazione completa del rifiuto con conseguente incremento delle marginalità e dei tassi di recupero. Il cliente ungherese si è dimostrato molto sensibile al trattamento di questa tipologia di rifiuto e ha saputo utilizzare al meglio la tecnologia e l’esperienza Forrec per risolvere un problema che in modo diverso investe moltissime realtà europee e non.

PAD B1 - STAND 044

CIMBRIA-SEA

Cimbria-SEA, leader globale nella tecnologia di selezione elettronica, offre i suoi ultimi macchinari d’avanguardia all’industria di riciclaggio di plastiche. Il focus di Cimbria-SEA è lo sviluppo di selezionatrici ottiche per colore e polimero per la separazione di flakes, macinati e granuli. La selezionatrice Full-Color RGB SEA CHROMEX rappresenta una vera rivoluzione nella selezione per colore e recupero di plastica post-consumo e scarti industriali (PET, PE, PP, PVC, ABS, PS, ecc.) La tecnologia Full-Color RGB di SEA CHROMEX è in grado di “vedere” come l’occhio umano, riconoscendo 16 milioni di colori. Quando è configurata con telecamere aggiuntive NIR-InGaAs, SEA CHROMEX assicura il miglior riconoscimento nello spettro visibile e infrarosso. Ogni differenza di colore, tonalità e densità è perfettamente rilevata dall’avanzato sistema di visione, che garantisce la massima qualità del materiale selezionato, così come la migliore separazione di lotti di plastica floreale in frazioni di colore omogeneo. SEA HYPERSORT completa la gamma di selezionatrici ottiche CIMBRIA ed è dedicata alla selezione combinata Polimero+Colore. La sfida nel separare polimeri di natura differente ma aventi lo stesso colore è oggi possibile per pezzature a partire da 2 mm. SEA HYPERSORT impiega sensori Near Infrared iperspettrali capaci di identificare contaminazioni di polimeri estranei aventi lo stesso colore, quindi non discriminabili nemmeno a occhio nudo. PET, PVC, PE, PP, PS e altre plastiche possono essere separati in base alla natura chimica del polimero, per rispettare gli standard di purezza richiesti dal mercato. I sensori iperspettrali Near Infrared riconoscono gli elementi in base alle loro specifiche “firme chimiche”. Il software sofisticato, ma allo stesso tempo user-friendly, permette all’operatore di raggiungere le migliori performance, anche in caso di frequenti cambi di materiale da processare. SEA HYPERSORT arricchisce il sofisticato portfolio di selezionatrici ottiche di CIMBRIA, riconosciuta come leader sul mercato per svariate applicazioni industriali. Cimbria sarà presente a Ecomondo nella Hall B1, Stand 044.

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S PE CI A L E

MERLO GROUP

PAD C5 - STAND 006

Il Gruppo Merlo è una realtà industriale di primo piano a livello italiano e mondiale, che conta oggi oltre 1.300 dipendenti, un fatturato in crescita che nel 2018 ha superato i 430 milioni di euro e una gamma di prodotti apprezzati in tutto il mondo. Il successo di questo Gruppo nasce da un’idea imprenditoriale perseguita negli anni con grande dedizione e che ha messo al centro dell’attenzione il prodotto, valorizzato nell’ottica di offrire soluzioni tecniche uniche, frutto di un intenso lavoro di ricerca e sviluppo. La capacità di rendere unici i prodotti Merlo, Tecnoindustrie e TreEmme passa dal design e dalla realizzazione interna di oltre il 90% dei componenti necessari per costruire una macchina; questa concentrazione di know-how ed esperienza consente di creare tecnologie su misura, in grado di esaltare prestazioni, sicurezza e confort operativo. Un impegno costante che ha portato alla registrazione di oltre 80 brevetti e alla creazione di numerosi prodotti unici che hanno permesso al Gruppo Merlo di conquistare i mercati mondiali. Nel campo dei sollevatori telescopici, Merlo è leader di mercato non solo in Italia, ma anche in paesi molto esigenti come Germania, Svezia, Finlandia e Canada. Per la sua gamma di macchine per l’igiene urbana Tecnoindustrie, il Gruppo è in forte crescita sia in termini aziendali grazie al raddoppio dello stabilimento, sia in termini di vendite, grazie a un portafoglio ordini in piena crescita. L‘offerta prodotto Gruppo Merlo spazia da applicazioni nel settore agricolo a quello delle costruzioni e movimento terra con la gamma di telescopici più ampia del mercato, per arrivare alle macchine speciali che vengono impegnate nella raccolta dei rifiuti e nella gestione degli impianti di stoccaggio e riciclaggio, nella manutenzione del verde forestale e nei lavori di sgombero neve sulle strade di tutto il mondo. Il Gruppo è in continua evoluzione, basti pensare che per il triennio 2017-2020 le aziende Merlo sono impegnate in progetti ambiziosi, in termini di investimenti strutturali, che stanno cambiando i concetti produttivi, sviluppando nuove gamme di prodotti sempre più in linea con le richieste dei mercati. L’innovazione che contraddistingue le macchine Merlo è continuamente riconosciuta a livello Internazionale, basti pensare ai prestigiosi riconoscimenti che i prodotti Merlo hanno ottenuto nelle fiere più prestigiose, come Agritechnica ad Hannover e Bauma a Monaco di Baviera, al SIMA di Parigi e molte altre a livello Europeo o al recente premio Premio Speciale Imprenditore dell’Anno conferito al Cav. Amilcare Merlo per il suo ingegno e lo spirito pionieristico nel fare e soprattutto segnare la storia dell’industria italiana al recente GIS di Piacenza.

MOLINARI

PAD A3 - STAND 041

Dal 5 all’8 novembre, Ecomondo presenterà una mostra internazionale con un format innovativo che riunisce tutti i settori dell’economia circolare in un’unica piattaforma: dai materiali all’energia allo sviluppo sostenibile. A Ecomondo, i visitatori avranno la possibilità di entrare in contatto con uno dei principali ambasciatori del Made in Italy nella produzione di macchinari per il riciclaggio: Molinari. La società è stata una delle aziende leader nel campo dell’ingegneria meccanica in regione Lombardia. Molinari offre una gamma completa di trituratori e granulatori, in grado di affrontare qualsiasi sfida di triturazione. Queste macchine sono state progettate per trattare vari tipi di rifiuti, in particolare: gomma, plastica, rifiuti industriali e urbani, pneumatici, legno, lattice, alluminio e poliuretano. Quest’anno Ecomondo metterà in evidenza le nuove tendenze della bioeconomia, dell’economia circolare tra cui imballaggio, edilizia, elettronica e industria automobilistica e promuoverà inoltre un nuovo modello culturale con lo sviluppo delle principali realtà della green economy. Molinari è uno dei principali fornitori di tecnologie per la triturazione e per sistemi di trasporto. Il suo team offre ai clienti sistemi di alta qualità per la lavorazione di un’ampia varietà di materiali, al fine di ottenere un risultato omogeneo e privo di corpi estranei. Ecomondo è la realtà più importante nel mondo del riciclo, in cui Molinari si contraddistingue per serietà, innovazione e professionalità senza compromessi e può mostrare ai clienti flessibilità nell’apportare modifiche alle macchine per adattarsi meglio alle esigenze di progettazione, creando un progetto su misura basato sul loro impianto e il materiale che deve essere triturato.

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BROKK

PAD C4 - STAND 009

Brokk, gruppo tecnologico svedese, leader mondiale nei Robot da demolizione partecipa sempre con molto entusiasmo con le proprie innovazioni e aggiornamenti a Ecomondo, fucina d’idee e vetrina d’innovazione, per chi lavora a stretto contatto con l’ambiente. Quest’anno, Brokk Italia, filiale italiana del gruppo, presenterà il nuovo Brokk 70, che sostituirà il Brokk 60, famoso per essere il più piccolo robot da demolizione al mondo. Il Brokk 70, rispetto al predecessore, è stato praticamente rivoluzionato. Solo per citare i dati principali: potenza motore da 5,5 kW a 9,8 kW, martello demolitore da 55 kg a 100 kg. In compenso, mentre la potenza di demolizione è raddoppiata, il peso è aumentato solo del 10% circa, passando da 500 a 560 kg, garantendo la possibilità di continuare a lavorare su solai o impalcati con basse portate. La larghezza del Brokk 70 invece è rimasta immutata, appena inferiore ai 60 cm come il precedente modello. Il Brokk 70 adotta la tecnologia SmartPowertm, già introdotta e testata sul resto della gamma, che permette di utilizzare in pieno la potenza del motore elettrico, monitorando costantemente i parametri di funzionamento e variando la potenza elettronicamente. SmartPowertm consente di avere più portata idraulica e quindi la possibilità di utilizzo di utensili più potenti e pesanti. Il Brokk 70 trova applicazione e produce risultati eccellenti nella demolizione di refrattari in forni, siviere e strutture di piccole dimensioni, anche a caldo, demolizione e rimozione di materiali in scantinati o gallerie molto piccole o tubi e cantieri di spingi tubi, demolizione di solai e strutture elevate con basse portate, rimozione di amianto in ambienti confinati, rimozione e demolizione in silos e condotti di piccole dimensioni inaccessibili all’uomo. L’obbiettivo di Brokk, di produrre robot elettrici radiocomandati, dalle dimensioni molto contenute, è più che mai riscontrata nel Brokk 70, che finalmente permette al personale di evitare lavori pesanti o esposti a rischi. A Ecomondo parteciperanno e presenteranno i propri aggiornamenti anche Darda e Aquajet, aziende del gruppo Brokk. Darda è leader nella produzione di pinze demolitrici per scavatori di piccole e medie dimensioni. Aquajet invece è il leader mondiale nella produzione di robot per idrodemolizione, un settore in Italia in fortissima espansione. L’idrodemolizione è una delle tecniche più sofisticate per rinnovare i cementi armati ammalorati delle opere civili.


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SPE C I AL E

PAD A1 - STAND 021

TANA ITALIA

TANA Italia nasce nel 2019 come distaccamento commerciale della Service Pompe S.r.l., azienda che opera dal 1996 nell’assistenza per macchinari impiegati nel settore stradale, edile ed ecologico. L’intento di TANA Italia è di importare nel mercato italiano tutta la gamma di macchinari prodotti in Finlandia dalla TANA Oy con la Mission aziendale di permettere ai propri clienti di generare profitti avvalendosi di avanzate tecnologie. Fondata nel 1971 TANA produceva compattatori per discarica. La gamma prodotti si è poi espansa con trituratori a giri lenti e sistemi di vagliatura. La peculiarità che accomuna prodotti così diversi tra di loro risiede nella possibilità di un accesso, monitoraggio e controllo da remoto. I compattatori da discarica ottimizzano gli spazi disponibili negli invasi di un minimo del 10%, grazie al loro telaio rigido e ai tamburi a larghezza totale. L’ultima serie di compattatori E-Eco è il risultato di un lungo sviluppo fatto sul campo. La gamma è composta da 5 modelli che vanno dalle 26 alle 52 ton. I trituratori permettono il trattamento di categorie differenti di rifiuti. Grazie alla loro particolare architettura, che trasforma in potenza idraulica tutta la potenza erogata dai motori diesel o elettrici, possono triturare rifiuti estremamente difficili come materassi, bobine di carta/plastica, pneumatici, tessili, ingombranti. I vagli permettono infine di ottenere in diretta il peso del prodotto in uscita. L’ausilio di un vaglio posto sotto al rotore di un trituratore primario, inoltre, consente di cambiarne l’identità e di trasformare il Tana Shark in un trituratore secondario con pezzature possibili di 50 mm anche in singola passata. Tana Italia offre la prova gratuita (semplicemente compilando il form disponibile sul sito www.tanaitalia.com nella sezione contatti) e il noleggio dei propri macchinari. L’evoluzione digitale e lo studio continuo di nuovi processi di informazione in real-time ha permesso di ampliare l’offerta dei servizi. Il sistema di gestione dati TANA ProTrack® consente di ottimizzare i processi al fine di ottenere il massimo dai macchinari TANA. Il cliente, grazie al monitoraggio da remoto è in grado di tenere sotto traccia tutte le operazioni in cui il proprio macchinario è coinvolto. Il rivenditore autorizzato può supportare il cliente in caso di fermi dovuti a qualche anomalia. TANA ProTrack®, in dotazione in tutti i macchinari TANA, invia notifiche e avvisi a diversi destinatari e-mail ed è munito di un sistema GPS. Per il servizio di post vendita Tana Italia si avvale della comprovata esperienza dei tecnici delle Service Pompe S.r.l. L’assistenza post vendita è garantita 24 ore su 24 e 7 giorni su 7.

PAD B1 - STAND 147

TOMRA SORTING RECYCLING

TOMRA Sorting Recycling ha lanciato una nuova macchina, si tratta della X-TRACT X6 FINES, per la selezione a elevata precisione di frazioni di metalli non ferrosi misti. La X-TRACT X6 FINES è in grado di rilevare e selezionare frazioni di metallo grandi fino alla metà di quanto possibile finora. Questa capacità straordinaria è stata raggiunta sviluppando l’esclusiva e collaudata tecnologia TOMRA di trasmissione a raggi X ad alta velocità (XRT), che suddivide i materiali in base alla differenza di densità. In questo modo, è possibile filtrare i materiali attraverso la linea di selezione con radiazioni a banda larga, ottenere informazioni sull’assorbimento spettrale dei materiali stessi e misurarle con una macchina fotografica a raggi X. Questo processo identifica la densità atomica dei materiali, indipendentemente dal loro spessore. L’aumento della sensibilità della macchina a raggi X ad alta risoluzione ha permesso di rilevare e selezionare granulometrie fino a 5-40 mm, riducendo così in modo significativo le perdite di prodotto. L’ampia sperimentazione di X-TRACT X6 FINES in applicazioni ad alta produttività ha dimostrato la capacità della macchina di raggiungere costantemente livelli di purezza del 98-99%. Come X-TRACT, X-TRACT X6 FINES è dotata della tecnologia Duoline® Dual ENERGY di TOMRA. Questa tecnologia impiega due dispositivi indipendenti con sensibilità spettrale diversa, che consentono di selezionare i materiali indipendentemente dal loro spessore. Rilevando e definendo la priorità tra la lavorazione di oggetti singoli e la lavorazione per aree, Duoline® riconosce le differenze di sovrapposizione degli oggetti sulla linea di selezione, un vantaggio significativo quando le linee di lavorazione hanno una maggiore produttività. Un altro vantaggio utile è la selezione per canali a densità multipla. Mentre i precedenti modelli di X-TRACT selezionavano i materiali in base a due tipologie, separandoli in frazioni ad alta e bassa densità, il nuovo X-TRACT è dotato di canali a densità multipla. Questo permette di avere un maggior numero di tipologie per la separazione dei materiali in base alla densità, ottenendo una maggiore precisione di selezione anche con metalli misti e piccole granulometrie.

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S PE CI A L E

TORNERIA BERGAMINI Da oltre 10 anni, Torneria Bergamini è presente sul mercato internazionale con prodotti di propria costruzione tra cui cesoie idrauliche, spelacavi, scope per carrelli elevatori, magneti e demolitori per motori elettrici. In occasione dell’edizione 2019 di Ecomondo, Torneria Bergamini presenterà una nuova macchina per lo smantellamento e il recupero della materia prima (alluminio, ferro e rame) che compone il motore elettrico. Allo stand in fiera, oltre alla novità di quest’anno, l’azienda metterà in esposizione la gamma dei prodotti che l’ha resa celebre: spelacavi per separare il rame da gomma e pvc, cesoie idrauliche per il recupero di profili di alluminio e spazzatrici progettate per pulire piazzali industriali da rottami e rifiuti. La nuova macchina che sarà mostrata a Ecomondo è l’evoluzione di una macchina che è stata presentata cinque anni fa per la lavorazione di motori medio piccoli, la nuova macchina messa a punto è stata realizzata invece per il trattamento dei motori medio grandi, fino a 50 cm di diametro. Si tratta di una macchina manuale che permette di operare lo smontaggio e la separazione dei componenti di un motore: una sorta di banco da lavoro accessoriato con pinze di estrazione per i filamenti di rame, una pressa per l’apertura delle carcasse in alluminio e una lama per il taglio degli statori. La nuova macchina si rivolge ancora una volta al settore della rottamazione e dello smantellamento di macchinari e i materiali che vengono separati possono poi essere consegnati nelle fonderie per il recupero, così facendo è possibile compiere un recupero di materia completo dei componenti del motore elettrico. A seguito delle limitazioni al ritiro dei rifiuti in Cina, di fatto, oggi si aprono nuovi mercati nei paesi occidentali, è possibile creare nuovi posti di lavoro lavorando noi stessi la materia prima che abbiamo scartato e andando a produrre materia prima seconda da cui creare nuovi prodotti.

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PAD C3 - STAND 001


PAD C3 - STAND 038

VTN EUROPE

Manca davvero poco al consueto appuntamento con Ecomondo, il salone di Rimini dedicato alla green technology, al riciclaggio e alla sostenibilità ambientale che dal 5 all’8 novembre 2019 aprirà i battenti alle eccellenze nazionali e internazionali. Anche quest’anno VTN Europe sarà tra i protagonisti della manifestazione, collocandosi di diritto nel segmento riciclaggio inteso come lavorazione e recupero selettivo dei materiali, con un occhio di riguardo al costante miglioramento delle prestazioni e al ridotto impatto ambientale. L’azienda vicentina, guidata dagli eredi di Nerio Vaccaro, è da sempre molto sensibile a queste tematiche e porta in fiera i propri cavalli di battaglia nei settori Demolizione e Forestale. Tra i prodotti di punta non possono mancare le cesoie della serie R, presenti nei modelli CI 3200R e CI 5000R: una vera e propria R...evolution in termini di versatilità di impiego e ottimizzazione. Realizzate con i migliori acciai strutturali altoresistenziali e un design tale da consentire l’assorbimento di tutte le combinazioni di carico, queste cesoie si distinguono per il particolare puntale di penetrazione e la rotazione heavy duty. Sul fronte della demolizione, invece, riflettori puntati sul tanto atteso esordio in patria dei nuovi CK Plus, la variante dei prodotti CK equipaggiati con il Booster. Si tratta di un dispositivo che nel ciclo di lavoro, durante la fase di chiusura della ganascia, fa sì che la macchina operatrice eroghi maggiore pressione nel momento in cui è richiesto uno sforzo superiore. Nell’ambito del disboscamento, della bonifica e della manutenzione delle aree verdi, VTN Europe propone ai visitatori di Ecomondo la propria Pinza Tagliatronchi, concepita per escavatori da 8 a 35 tonnellate: un vero e proprio gioiello in termini di prestazioni e flessibilità. Semplice e agevole da utilizzare, assicura un taglio netto del tronco, senza danneggiamento per gli alberi vicini o altre strutture. Grazie al raccoglitore (opzionale) assicura cicli di lavoro più rapidi e la sistemazione ordinata del materiale posato a terra. VTN Europe, naturalmente, non è solo questo. L’importante vetrina di Ecomondo è una straordinaria occasione per mostrarlo e dimostrarlo agli addetti ai lavori. Spazio dunque alle tante anime della poliedrica azienda vicentina: dallo spacca binari della serie RP, al frantumatore orientabile della serie FP, passando per l’attacco rapido idraulico LinkoMatic e i movimentatori della serie MD. Curiosi di saperne di più? Lo staff di VTN Europe sarà lieto di accogliere i visitatori di Ecomondo 2019 presso Padiglione C3 Stand 038, per illustrare non solo a parole lo spirito green di un’azienda che da anni si distingue per il proprio modo di fare impresa.

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S PE CI A L E

TQ TECHNOLOGIES FOR QUALITY

PAD D4 - STAND 055

Qualsiasi industria che utilizzi prodotti petroliferi deve essere in grado di intercettare eventuali perdite accidentali di liquidi nell’ambiente nel più breve tempo possibile. Rapidamente, devono essere evidenziati gli eventi inquinanti e bisogna mettere in atto, efficacemente, le opportune azioni per la messa in sicurezza del sito produttivo e delle zone limitrofe. La legge impone il controllo di alcuni parametri indicatori della presenza di idrocarburi nelle acque di scarico, siano esse meteoriche o provenienti da lavorazioni, prima di essere immesse nell’ambiente. Il termine “Idrocarburi Totali” ha significati differenti a seconda della tecnica analitica utilizzata. Metodi analitici differenti, possono ricercare famiglie di idrocarburi differenti. In Italia, vengono utilizzati soprattutto metodi che prevedono l’uso di un solvente facilmente separabile dall’acqua, in grado di raccogliere gli idrocarburi presenti in essa. Le analisi vengono eseguite sul solvente di estrazione, separato dall’acqua e le tecniche utilizzate più frequentemente sono la spettrometria FT IR, la fotometria Mid-IR, la gravimetria e la gascromatografia. Tra queste, le prime due sono estremamente rapide ma L’FT-IR e il metodo gravimetrico, prevedono l’uso di solventi di estrazione dannosi per l’ambiente o pericolosi per gli operatori. La gascromatografia è la tecnica di riferimento e utilizza solventi a impatto ambientale minimo, ma richiede tempi di analisi più lunghi, da poche decine di minuti fino ad un’ora. Recentemente è stato fornito, operativo da poco tempo, un sistema compatto composto da due Ultrafast GC Teledyne Falcon per eseguire, in maniera indipendente l’uno dall’altro, “l’Indice di idrocarburi in acqua” secondo UNI EN ISO 9377-2:2002, con un ciclo di analisi di 5 minuti per ogni campione, e il contenuto dei “Solventi organici aromatici in acqua” secondo APAT 5140 ( BTEX con spazio di testa). Entrambi gli apparati eseguono anche il contenuto degli “Idrocarburi volatili totali in acqua” secondo EPA 8015D + 5021 (spazio di testa). Il sistema è stato fornito completo di generatore di idrogeno e purificatore di aria per FID e occupa una superfice su banco di 80 cm, escluso il PC per i due GC e i due campionatori. Con questa soluzione l’utilizzatore ha potuto soddisfare le richieste degli enti di controllo e la necessità di monitorare più volte al giorno tutte le acque confinate in un serbatoio di raccolta, prima di raggiungere il vicino corso d’acqua.

INCOFIN

PAD C4 - STAND 001

Incofin da 8 anni ha iniziato il proprio percorso con prodotti che aumentano la sicurezza nei luoghi di lavoro implementando costantemente la propria gamma sempre con nuovi articoli. L’ultimo prodotto arriva da Kigistech® situata nella iper tecnologica Seoul, patria di Samsung, Hyundai, Kia, Doosan, ecc. IPAS - il sistema di allarme di prossimità intelligente di Kigis - è progettato per prevenire incidenti tra pedoni e veicoli industriali sul posto di lavoro. Il sistema è costituito da sensori montati su veicoli, macchine e abbigliamento dei membri del team (caschi, cordini, cinture ecc.). Grazie alla tecnologia UWB (ultra wide band), i dispositivi possono comunicare e misurare con precisione la distanza tra loro in tempo reale. Perché vale la pena investire in questo sistema di allerta? • Sicurezza: grazie alla sua affidabilità e precisione, IPAS garantisce la sicurezza di tutti i membri del team; • Convenienza: i dispositivi sono piccoli, maneggevoli e facili da installare; • Flessibilità: può essere installato su un numero qualsiasi di caschi, cinture, cordini e veicoli; • Precisione: la tecnologia UWB garantisce alta affidabilità e precisione del sistema. Le possibili varianti: • Comunicazione da carrello elevatore a carrello elevatore - responsabile della prevenzione degli incidenti tra i carrelli elevatori; • Comunicazione da carrello elevatore a pedone - responsabile del rilevamento di tag che appartengono solo ai pedoni; • Avviso di zona: responsabile della sicurezza su incroci, altri punti chiave e ad alto rischio. Il sistema vanta un raggio di rilevamento standard da “Carrello elevatore a pedone” fino a 10 metri che può essere aumentato fino a 30 metri. Allo stesso tempo, la distanza viene misurata ai 10 cm più vicini, il che è particolarmente utile nelle aree affollate. Inoltre, grazie ai sensori autoadattativi avanzati, il sistema si adatta sia alla velocità del veicolo che alla sua direzione. Ogni IPAS è inoltre dotato di tre avvisi programmabili che possono essere impostati per utilizzare un suono, un LED o un allarme a vibrazione.

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IN

PR O GRE SS

A CONTROLLO REMOTO LE SPETTACOLARI E COMPLESSE PROCEDURE DI INTERVENTO, I MEZZI E I PROTAGONISTI DELLA DEMOLIZIONE DELLE PILE DI UN VIADOTTO AUTOSTRADALE PORTATA A TERMINE CON L’IMPIEGO DI MEZZI RADIOCOMANDATI di Maeva Brunero Bronzin

Robot da demolizione in sommità della pila, a 80 m di altezza

V

iadotto Farma: 15 pile e 2 spalle per le 16 campate per un manufatto lungo complessivamente 895 m. La spettacolare demolizione è appena stata conclusa. Le criticità di questo intervento, e dunque le sfide poste ai tecnici, progettisti e professionisti delle demolizioni, erano relative all’altezza di alcune delle pile del viadotto e alla consistenza di tali manufatti in calcestruzzo fortemente armato. Le 15 pile che sostenevano il vecchio viadotto Farma poggiavano infatti su un’orografia complessa e, per poter superare l’omonimo torrente Farma, presentavano altezze comprese fra pochi metri (7 m circa per la pila più bassa) fino a quasi 100 m per la maggiore. Il manufatto in calcestruzzo armato delle pile era un monolite cavo, di forma rettangolare (4,50/5 x 8 m) e spessore omogeneo 60 cm, diviso da un setto centrale spesso 30 cm. Al momento dell’intervento di demolizione delle pile qui

Escavatore da demolizione radiocontrollato demolisce al piede della pila

descritto, il cantiere era libero dagli impalcati, dai relativi capitelli e pulvini. Il contesto dell’intervento presentava, quale ulteriore vincolo, il nuovo viadotto Farma sulla Strada Statale 223, già costruito, distante una manciata di metri da quello in demolizione. Siamo sulla S.G.C. E/78 “Grosseto-Fano” nel tratto GrossetoSiena per i lavori di adeguamento a quattro corsie della S.S. 223 tra i km 30+040 e 41+600, lotti 5, 6, 7, 8 presso il viadotto Farma esistente. ANAS S.p.A., Compartimento della Toscana, Committente dell’opera, ha affidato i lavori all’ATI Strabag S.p.A. e Intercantieri Vittadello S.p.A., la quale si è affidata ad Armofer per questa demolizione davvero “speciale”. Il progetto ingegneristico esecutivo delle demolizioni qui descritte è stato affidato ai tecnici di DEAM ingegneria. Per l’esecuzione degli interventi previsti sono occorsi tutta la perizia, la professionalità e la proattività di un’azienda che da

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oltre mezzo secolo demolisce in sicurezza qualsiasi tipo di struttura. Occorre infatti padroneggiare tutte le tecniche di demolizione; occorrono mezzi d’opera sofisticati, fra i più aggiornati che il mercato mette a disposizione. Le altissime pile sono infatti state “aggredite” con mezzi d’opera che vanno dai piccoli quanto potenti e sofisticati robot da demolizione Brokk 160, del peso di solo 16 q, fino all’enorme Liebherr 974 per le demolizioni da terra che in configurazione demolition

raggiunge i 42 m al perno di altezza e le 120 ton di peso. “Per ogni intervento e per ogni procedura specifica ci vuole la macchina appropriata” questa infatti è la filosofia Armofer, come ci ricorda Ruggero Gregorini, responsabile del cantiere e delle operazioni di demolizione qui descritte per l’azienda pavese.

L’APPROCCIO PROGETTUALE

L’approccio progettuale scelto dagli ingegneri progettisti

LA PAROLA AI PROTAGONISTI Marco Martinetto, ingegnere responsabile strutture DEAM ingegneria

“Sicuramente un progetto ardito che rende reali e concrete le sfide ingegneristiche. In un caso come questo è fondamentale simulare con estrema precisione il comportamento delle strutture fino al collasso, portando all’estremo la modellazione strutturale. Occorre ragionare oltre la fattibilità teorica che ci offre l’ingegneria garantendo sicurezza a tutto il delicato processo di demolizione, questo è possibile grazie anche alla professionalità tecnica ed operativa di chi deve eseguire i lavori. Occorre in altre parole conoscere approfonditamente non solo l’azienda a cui sono affidati i lavori, ma anche gli operatori, le loro capacità e il carattere di ciascuno nell’approccio al lavoro”.

Ruggero Gregorini, responsabile del cantiere per Armofer e operatore mezzi speciali

Da sinistra Massimo Viarenghi (DEAM ingegneria), Mattia Giassi (Armofer), Emilio Cinerari (Armofer), Marco Martinetto (DEAM ingegneria) e Rinaldo Balduzzi (Armofer)

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“Un intervento del genere, da brivido anche per noi addetti ai lavori, non solo non capita tutti i giorni, ma resta nel cuore. L’ingrediente in più per garantirne il successo è la passione per il nostro lavoro. Più concretamente per operare in questo modo sono fondamentali due cose: i mezzi a disposizione che devono essere il top e l’intera squadra operativa che deve essere preparata, affiatata e condividere obiettivi, modalità di lavoro, filosofia di approccio al cantiere. ll successo è un lavoro di squadra”.


e dai tecnici delle demolizioni ha privilegiato la sicurezza in cantiere e scelto le migliori tecnologie esistenti sul mercato per garantire l’incolumità, ma anche il comfort operativo dei tecnici che hanno operato fino a 100 m di altezza. Il progetto esecutivo indicava tre differenti approcci alla demolizione delle pile, a seconda della loro altezza, della loro posizione e del contesto ambientale in cui si trovavano, tenendo conto del fatto che il nuovo viadotto Farma era già costruito a pochi metri di distanza da quello che doveva essere demolito. Le soluzioni operative applicate per le pile sono state tre differenti: a. demolizione meccanica dalla sommità con robot da demolizione Brokk e personale tecnico a bordo di una piattaforma autosollevante costruita ad hoc attorno alla pila stessa; b. demolizione della pila per crollo indotto meccanicamente operando con escavatori radiocomandati alla base della pila; c. demolizione top down con escavatori HRD, con braccio lungo da demolizione, per le pile di altezza inferiore ai 2420 m o per quelle precedentemente abbassate con i robot in sommità. Tralasciamo di spiegare nel dettaglio la terza soluzione operativa, la più “tradizionale” delle tre, che si è configurata tuttavia come intervento speciale per le dimensioni del mezzo messo in campo da Armofer: il Liebherr 974. Con la sua altezza operativa di 42 m il mezzo ha montato alternativamente pinza per calcestruzzo e martello demolitore idraulico. Vediamo invece nel dettaglio le altre soluzioni operative applicate alle pile.

TECNICA DI DECOSTRUZIONE DALLA SOMMITÀ CON ROBOT RADIOCONTROLLATI

Per consentire la demolizione in sommità è stata progettata una piattaforma quadricolonna autosollevante, tutto intorno alla pila, per ospitare in sicurezza uomini e mezzi fino alla quota maggiore. La piattaforma poteva portare a bordo, da terra fino alla quota operativa desiderata, i due robot elettrici da demolizione Brokk 160 con le relative attrezzature. La demolizione è stata portata avanti con due macchine contemporaneamente per step successivi abbassando progressivamente la piattaforma quando necessario, operando sempre dalla medesima. Anche i due operatori con radiocomando hanno lavorato a bordo della piattaforma, avendo cura di distribuire correttamente i pesi dei mezzi su ponti opposti e mantenere gli stessi sgombri da macerie. Durante l’operatività erano equipaggiati con imbragatura di sicurezza e vincolati a punti fissi. Una terza macchina elettrica radiocomandata, il Brokk 400 è intervenuta in quota a bordo della piattaforma per demolire ancora più velocemente. Le macerie sono state convogliate all’interno del monolite cavo, e recuperate alla base attraverso un’apertura per consentire lo smarino dei detriti e la successiva frantumazione e deferrizzazione.

TECNICA DI DEMOLIZIONE DALLA BASE MEDIANTE CROLLO INDOTTO CON MEZZI RADIOCONTROLLATI

Il collasso per ribaltamento indotto meccanicamente mediante escavatore con martello idraulico alla base della pila è stata sicuramente la procedura più spettacolare utilizzata nell’ambito del cantiere. Questo metodo di demolizione, più veloce di quello precedentemente descritto, è stato utilizzato per alcune delle 15 pile del viadotto, laddove l’altezza delle medesime e le condizioni del terreno e del cantiere intorno lo consentivano in tutta sicurezza. L’indebolimento progressivo del monolite è stato provocato da un escavatore da 300 q munito di martello idraulico, che ha demolito dei cunei nelle pareti e nel setto centrale della pila, fino a portare la stessa oltre il campo plastico e al collasso per ribaltamento nella direzione predefinita. L’escavatore era radiocontrollato e l’operatore in questo caso restava in posizione di sicurezza lontano dalla macchina.

IN BREVE

Stazione Appaltante: ANAS S.p.A. RUP/RL: Ing. Achille Devitofranceschi DL: Ing. Stefano Sestini CSE: Geom. Maurizio Guiso Appaltatore: ATI composta da Strabag S.p.A. e Intercantieri Vittadello S.p.A. Direzione Tecnica ATI: Ing. Rocco La Capra di Strabag S.p.A. Direzione Tecnica di cantiere ATI: Ing. Luigi Ombrato di Intercantieri Vittadello S.p.A. Progetto di demolizione pile: Ing. Massimo Viarenghi, DEAM Ingegneria Esecutori dei Lavori di demolizione: Armofer Cinerari Luigi S.r.l. Durata dei lavori: 10 mesi

DATI TECNICI

Lunghezza viadotto: 895 m n° pile: 15 Altezza pile: 7-100 m Spessore cls: 60 cm Mezzi da demolizione: n. 2 Robot Brokk 160 radiocomandati (1,8 ton / martello idraulico e pinza cls) n. 1 Robot Brokk 400 radiocomandato (6 ton / martello idraulico e pinza cls) n. 1 escavatore cingolato Volvo EC290 radiocomandato (30 ton / martello idraulico) n. 1 escavatore cingolato HRD Liebherr 974 (classe 120 ton / pinza altezza operativa 42 m)

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La macchina è stata mantenuta, quando operativa, in posizione di sicurezza, al di fuori della traiettoria di caduta. Le direzioni di caduta sono state scelte di volta in volta per annullare il rischio di impatti accidentali con il nuovo viadotto e in funzione della morfologia del viadotto. I crolli sono stati spettacolari e i monoliti si sono adagiati nelle direzioni previste da progetto. Nel dettaglio la procedura di intervento prevedeva l’apertura di un cuneo alla base da un lato della pila; questo proseguiva con un’apertura rettangolare sulla parete della pila in direzione di caduta fino al setto interno della pila, dove è stato demolito un secondo cuneo. Si è completata l’apertura sulla parete di caduta oltre il setto centrale e infine si è aperto il terzo cuneo sulla parete laterale opposta, avendo cura di mantenere il mezzo radiocomandato al di fuori del corridoio di caduta previsto. Si è portata quindi la pila fino al collasso. Il crollo indotto meccanicamente è avvenuto al di sopra di un cumulo di materiale sciolto preventivamente preparato, esattamente nella direzione prevista dai progettisti che hanno verificato l’intera procedura con modellazione agli elementi finiti FEM della pila. Durante la progettazione esecutiva è stato fatto anche un attento studio sul comportamento della pila assoggettata non solo al peso proprio durante il collasso, ma anche all’azione del vento.

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A RITMO INCESSANTE AL CENTRO DI RICICLO ROTTAMI FERROSI IN PROVINCIA DI RAVENNA LAVORA SENZA SOSTA UNA CESOIA CMB di Laura Veneri

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i lavora a ritmo incessante, come tante piccole formiche che dall’alba al tramonto operano senza sosta. Siamo alla Padovani Francesco di Ghibullo in provincia di Ravenna, un’azienda a conduzione familiare nata nel 1960, che si occupa di commercio di rottami ferrosi. La Romagna permea in ogni dove. Perché la gente di Romagna è proprio come le formiche: lavoro, lavoro, lavoro, ma sempre con il sorriso e la visione positiva del tutto. Così, anche se “il momento non è dei migliori, ma noi teniamo duro” la voglia di fare non manca e permette all’azienda di crescere e di svilupparsi nel corso degli anni. È grazie al Sig. Francesco Padovani, il titolare, che inizia l’attività recuperando manualmente i rottami, che l’azienda si sviluppa e ora opera a livello provinciale. Attualmente l’azienda si occupa del recupero, del ri-

tiro e del commercio dei rottami e dei materiali metallici ferrosi e non ferrosi, coprendo anche il campo dei recuperi e delle demolizioni industriali in genere. La Padovani Francesco si occupa di selezionare i rifiuti ferrosi provenienti prevalentemente da aziende locali, che producono ad esempio scarti di produzione, o da aziende di demolizione, che devono smaltire i metalli derivanti dai cantieri di demolizione industriale o civile. I rifiuti giungono in azienda su camion di proprietà, vengono inizialmente sottoposti a controlli visivi e radiologici grazie ai portali per la misurazione delle radiazioni presenti all’ingresso dell’azienda. Il controllo preventivo è fondamentale per la sicurezza dei lavoratori. Successivamente vengono accatastati, selezionati per tipologia, triturati e preparati, grazie all’utilizzo di attrezzature e macchinari all’avanguardia, per poi

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essere venduti alle acciaierie ed essere rifusi. L’azienda Padovani Francesco è quindi parte essenziale nel processo di economia circolare (una delle poche effettive nelle differenti filiere) del rifiuto metallico che fa bene all’ambiente perché permette il riciclo reale di materiale che non perde mai le proprie caratteristiche. Parte essenziale di questo processo è la cesoia CMB CR 410 da poco acquistata. “L’abbiamo provata sul campo prima di acquistarla per poterla testare nella nostra quotidianità e possiamo affermare che l’attrezzatura ci ha convinti fin da subito per le prestazioni ottimali” ci raccontano. Mentre il responsabile dell’impianto ci parla, l’operatore sceglie da un mucchio grossi pezzi di ferro, che taglia senza il minimo sforzo nelle pezzature richieste. In pochi minuti il lavoro effettuato è

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notevole, grazie all’elevata produttività e al taglio preciso della cesoia. La CR 410 è ideale per soddisfare le esigenze dei professionisti del riciclaggio e della selezione di materiali ferrosi e per l’impiego nei moderni cantieri di demolizione dove è necessaria una elevata forza di taglio anche ad altezze considerevoli. “La rotazione idraulica a 360° garantisce un sicuro e preciso posizionamento dell’attrezzatura e la valvola di velocità riduce i tempi del ciclo di lavoro - ci spiega Enzo Bressanello General Manager di CMB S.r.l. - Inoltre la ganascia è regolabile facilmente e velocemente grazie all’innovativo registro che consente di ridurre i giochi, assicurando la massima precisione di taglio”. La gamma delle cesoie è ampia e parte dai modelli più piccoli da 480 kg fino ai 20.000 kg a seconda dell’escavatore cui deve essere abbinata. L’attrezzatura è caratterizzata da un telaio estremamente robusto ma

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appositamente studiato per lasciare sempre la massima visibilità in fase di utilizzo, che accoglie e protegge il cilindro ad alte prestazioni montato in posizione inversa, per garantire la protezione dello stelo da urti. “Tutte le nostre cesoie - continua Bressanello sono composte da una parte posteriore in Strenx per reggere alle torsioni e da una parte anteriore in Hardox 450 per sopportare sforzi e usure”. Il puntale della cesoia è intercambiabile così come i coltelli. Questi ultimi inoltre sono reversibili. “Il materiale delle lame è acciaio temprato per resistere alle usure, - precisa Bressanello - le cesoie hanno il cilindro rovesciato, hanno un innovativo e speciale fissaggio delle lame che garantisce velocità e semplicità di sostituzione, hanno un particolare fissaggio del perno centrale per garantire una lunga vita di lavoro, hanno una rotazione a doppio circolo di sfere heavy duty che supporta eventuali sforzi nelle situazioni più critiche”.


DA DISCARICA A POLO INTEGRATO, IL LIETO FINE DI BELLADANZA IL CONSORZIO STABILE ABILS HA REALIZZATO L’IMPIANTO INTEGRATO DI TRATTAMENTO, RECUPERO, VALORIZZAZIONE E SMALTIMENTO RIFIUTI DI CITTÀ DI CASTELLO di Bruno Vanzi

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ealizzato con un investimento del valore complessivo di 20 milioni di euro, il nuovo impianto in località Belladanza, vicino a Città di Castello nel Centro Italia, è stato inaugurato nell’estate del 2018 e collaudato nella sua interezza nel 2019. Sorto su un sito adibito a discarica, realizzata 40 anni fa dallo stesso gruppo di aziende che hanno in seguito dato vita ad Abils, l’impianto permette di trattare la frazione organica dei rifiuti provenienti sia dalla raccolta differenziata che dall’indifferenziata trasformandola in compost e in energia attraverso la produzione di biogas (con il futuro upgrading a biometano). L’impianto vero e proprio è stato realizzato dal Consorzio Abils di Arezzo per Sogepu, società partecipata del Comune di Città di Castello. Il Consorzio, formato da dodici imprese per l’esecuzione di lavori pubblici, dopo aver vinto la gara EPC ha sviluppato la progettazione esecutiva e costruttiva (oltre che l’esecuzione dell’as built finale con sistema BIM - Building Information Modeling) e ha realizzato l’impianto, utilizzando le migliori tec-

nologie disponibili, avviandolo poi alla produzione. Il polo integrato di Belladanza sorge su una superficie coperta di 14.500 metri quadrati. È costituito da un impianto integrato di trattamento, recupero e valorizzazione del rifiuto, di selezione di quello indifferenziato e di trattamento della frazione organica del rifiuto costituito da: • impianto di trattamento meccanico del rifiuto indifferenziato (RUR); • impianto di digestione anaerobica per il trattamento separato della frazione organica dei rifiuti solidi urbani da raccolta differenziata (FOU) e del sottovaglio prodotto dall’impianto di trattamento meccanico (FORSU), con produzione di biogas; • impianto di produzione di energia elettrica e termica da biogas; • impianto di stabilizzazione aerobica del digestato per la produzione di ammendante compostato misto (ACM) di qualità e compost fuori specifica, quest’ultimo da immettere di nuovo nel ciclo. L’impianto, come anticipato, è ubicato sopra una discarica dismessa, unico

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caso in Italia di recupero post operam, ed è stato dimensionato per consentire il trattamento di oltre 50.000 tonnellate di rifiuti l’anno (sia organici provenienti dal porta a porta che indifferenziati). I rifiuti, dopo una prima fase di ricezione, sono selezionati e trattati per arrivare a una raffinazione della frazione organica post maturazione per la produzione di compost, energia elettrica e termica da biogas.

SEZIONE DI TRATTAMENTO MECCANICO

La linea di selezione è stata dimensionata per consentire il trattamento di 35 t/ora di rifiuti urbani non differenziati, al fine di poter far fronte a periodici picchi di produzione. L’operatività della linea di selezione, in condizione di normale esercizio, sarà limitata a 200 gg/anno. Nella sezione impiantistica di selezione è inoltre previsto l’utilizzo di nastri trasportatori per la movimentazione dei carichi, dotati di pulitori sulle testate dei trasportatori e nastrini pulitori al di sotto dei trasportatori, carter di protezione e sistemi automatici di azionamento e di regolazione. I rifiuti

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solidi urbani sono inizialmente vagliati grazie a un vaglio dinamico rotante. La separazione operata dal vaglio con maglia 80 mm suddivide i rifiuti in due flussi nettamente distinti in due diverse uscite: • sottovaglio: flusso a prevalente matrice organica (pezzatura <80x80 mm) da destinare alle successive fasi di digestione anaerobica; • sopravaglio: flusso costituito dalla frazione secca (pezzatura >80x80mm), da destinare allo smaltimento in discarica. Il sottovaglio (frazione umida, FORSU) è esclusivamente avviato al bacino di biossidazione previo passaggio in un deferrizzatore per la separazione dei metalli ferrosi, questi ultimi destinati al recupero.

REPARTO SELEZIONE E PRETRATTAMENTO FOU

I sacchetti provenienti dalla raccolta differenziata sono inizialmente inseriti in un aprisacchi, che permetterà di aprirli e di selezionarli in modo che possano essere scartati e smaltiti nella discarica del polo integrato o, se compostabili, inviati alla fase di digestione. La frazione organica in uscita da tale sezione di pretrattamento (FOU) sarà periodicamente inserita, mediante

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mezzo meccanico, all’interno della sezione di preparazione del rifiuto.

REPARTO RAFFINAZIONE FRAZIONE ORGANICA (A VALLE DEL TRATTAMENTO BIOLOGICO)

La ridotta concentrazione di impurità nella frazione organica conferita consente di garantire una adeguata conduzione del processo, riducendo la complessità dei pretrattamenti del materiale in ingresso. Al fine di ottenere l’eliminazione delle impurità residue contenute nell’ammendante prodotto è comunque prevista la realizzazione di una specifica fase di raffinazione. La linea di selezione è stata dimensionata per consentire il trattamento di 20 t/ora di materiale. Analogamente a quanto previsto per la selezione del RSU, è previsto il ricorso a futuri vagli dinamici a dischi, che saranno caricati tramite la tramoggia disposta nel locale di post-maturazione contiguo. Sono attivi due vagli, il primo con sezione vagliante pari a 80 mm ed il secondo con sezione di 30 mm. Il ricorso a 2 vagli di differente sezione è correlato alla necessità di provvedere alla preliminare rimozione delle impurità (essenzialmente costituite da carta e plastica) e al successivo recupero dello strutturante, da riutilizzare nei successivi trattamenti biologici.

SEZIONE DI TRATTAMENTO FOU E FORSU MEDIANTE PROCESSO INTEGRATO DI DIGESTIONE ANAEROBICA E COMPOSTAGGIO

La soluzione impiantistica scelta prevede il trattamento della FOU e della FORSU, ai fini del recupero energetico e di materia, mediante un processo integrato di digestione anaerobica e di compostaggio. In estrema sintesi il processo, una volta eseguita la fase di preparazione (miscelazione) dei rifiuti provenienti dai trattamenti meccanici, prevede le seguenti componenti: Unità 1: Digestione anaerobica della FOU e della FORSU con produzione di: • una fase gassosa (biogas) che va ad alimentare, previo trattamento, l’impianto di cogenerazione; • una fase solida (digestato) che, miscelata alla frazione di rifiuti ligno-cellulosici (strutturante), va ad alimentare la sezione di compostaggio; • una fase liquida (percolato) che viene inviata al sistema di accumulo da cui in parte viene ricircolato nei processi di digestione e di stabilizzazione in biotunnel. Unità 2: Compostaggio (Digestione Aerobica) delle matrici organiche in ingresso all’impianto, mediante miscele costituite da rifiuti ligno-cellulosici/


sovvalli di ricircolo e da digestato solido proveniente dalla fase di digestione anaerobica, con la produzione di Ammendante Compostato Misto conforme ai requisiti imposti dalla vigente normativa in materia. Unità 3: Trattamento biogas e Cogenerazione da fonti rinnovabili mediante combustione, in cogeneratore, del biogas prodotto dalla digestione anaerobica, con produzione combinata di energia elettrica ed energia termica.

DIGESTIONE ANAEROBICA

Il processo di digestione anaerobica previsto è del tipo a semi-secco e utilizza digestori chiusi che vengono caricati con il materiale e lasciati operare per un certo numero di giorni, estraendo il digestato a fine ciclo. La tipologia a semi-secco implica che il rifiuto pretrattato venga alimentato ai digestori tal quale, senza essere miscelato o addizionato con una fase liquida. Il rifiuto viene sottoposto a ricircolo continuo del percolato. Il comparto di digestione anaerobica è costituito da 9 digestori costituiti da strutture in calcestruzzo ciascuno con dimensioni di m 30,00 x 7,00 x 5,00 (h). Le due tipologie di rifiuto sono mantenute separate per cui i primi 6 digestori sono destinati alla FOU, gli ultimi 3 alla FORSU. Il processo scelto è del

tipo mesofilo e i batteri che lo contraddistinguono vivono a una temperatura che si aggira intorno ai 40°C, tipicamente in un range da 37 a 43°C. La digestione stessa fornisce il calore per mantenere tali condizioni termometriche, ma in alcune particolari condizioni o periodi risulta necessario un ulteriore apporto esterno per termostatare il digestore ai valori ottimali: il calore necessario proviene dalla centrale di cogenerazione o in avviamento - emergenza dalla centrale termica. I percolati sono raccolti in vasche di accumulo mantenendo la distinzione tra FOU e FORSU. CAPTAZIONE BIOGAS E FLUSSAGGIO ARIA La captazione di biogas da ciascun digestore avviene normalmente tramite una presa DN 80 presidiata da valvola a farfalla automatica, con valvola manuale di sezionamento. Questa tubazione porta a un collettore DN 150 che raccoglie la produzione di gas di ciascun digestore e recapita al gasometro posto sopra le vasche di accumulo dei percolati.

COMPOSTAGGIO

Terminata la fase di digestione anaerobica, il materiale viene inviato prima al trattamento meccanico di strutturazione, poi alla fase di stabilizzazione biologica che sarà effettuata in biocel-

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le con aerazione forzata, definita anche ACT (Active Compost Time). Il digestato in uscita dalle celle viene quindi sottoposto a stabilizzazione aerobica finalizzata al completamento della degradazione della materia organica e all’ottenimento dell’igienizzazione del materiale. Il digestato verrà sottoposto a un trattamento di stabilizzazione che si sviluppa in due fasi: • biossidazione accelerata; • post-maturazione. Dato che il materiale organico ha già subito una parziale degradazione, i tempi di permanenza nel reparto di stabilizzazione aerobica sono stati contenuti normalmente entro i 38 giorni. BIOSSIDAZIONE ACCELERATA La stabilizzazione aerobica del digestato verrà inizialmente effettuata in biotunnel statici ad aerazione forzata, dotati di sistemi di insufflazione aria, ricircolo degli eluati e di estrazione e trattamento dell’aria esausta. In particolare sono state realizzate 7 biocelle chiuse e confinate, costituite da strutture in calcestruzzo armato, ciascuna con dimensioni di m 20,00 x 7,00 x 5,00 (h), al cui interno vengono caricate le biomasse per essere sottoposte al trattamento aerobico intensivo di degradazione. L’insufflazione di aria dal pavimento

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consente di creare le condizioni ottimali alla conduzione del processo, senza dover ricorrere ai rivoltamenti per ossigenare la massa, mentre l’estrazione forzata dell’aria ne assicura la depressione e impedisce la fuoriuscita di miasmi. L’ammendante prodotto dal trattamento della FOU sarà oggetto di trattamento di raffinazione mediante vagliatura, dalla quale sarà possibile recuperare circa il 40-50% dello strutturante utilizzato nel singolo processo di biossidazione, in quanto esso è costituito da ramaglie triturate grossolanamente e quindi facilmente recuperabili. Ai fini della conduzione del processo saranno pertanto necessari, in condizioni di regime, circa 5.000 t/ anno di strutturante. Le modalità di conduzione del processo dovranno comunque garantire l’igienizzazione della biomassa, che dovrà mantenere temperature di 55°C per almeno 3 giorni e una percentuale di ossigeno superiore al 10% per tutta la durata del processo. POST-MATURAZIONE Terminata la fase di stabilizzazione nei biotunnel, il materiale estratto dai medesimi viene introdotto nell’area di post-maturazione e posizionato su platee aerate del capannone dedicato, dove viene sottoposto a un ulteriore trattamento di aerazione forzata. Tale trattamento è finalizzato al finissaggio dei prodotti del processo di trattamento biologico; anche in questo caso il materiale viene disposto in cumuli statici all’interno della struttura di contenimento. Come per le altre aree di lavorazione, anche la post-maturazione viene condotta in specifici locali tamponati, realizzati in calcestruzzo armato e dotati di porte di apertura ad azionamento

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automatico, mantenuti in costante depressione e collegati al sistema di trattamento aria. RAFFINAZIONE Al fine di ottenere l’eliminazione delle impurità residue contenute nell’ammendante prodotto è prevista la realizzazione di una specifica fase di raffinazione già descritta in precedenza.

TRATTAMENTO DEL BIOGAS E COGENERAZIONE

Al di sopra delle vasche seminterrate di accumulo dei percolati è realizzato il gasometro (cupola gasometrica di volume pari a circa 500 mc), chiuso da una doppia membrana a forma semisferica in tessuto di poliestere spalmato di PVC completa di soffiante di regolazione della pressione dell’intercapedine, valvola di sfiato aria, misuratore di livello a ultrasuoni, valvola di sovrapressione biogas con guardia idraulica dotata di controllo di livello e reintegro con valvola a galleggiante. Il trattamento vero e proprio del biogas avviene attraverso un primo passaggio rappresentato dalla deumidificazione che si ottiene per raffreddamento dello stesso. Allo scopo si utilizza un package costituito da un filtro combinato ghiaia-candele ceramiche, uno scambiatore di calore a fascio tubiero e uno scaricatore di condensa. Il raffreddamento ottenuto nello scambiatore provoca la condensazione dell’acqua contenuta e il biogas, dopo lo scaricatore di condensa, ne esce praticamente secco. Per il raffreddamento si utilizza acqua glicolata refrigerata da un chiller. Il package è completato da una soffiante finale per l’innalzamento della pressione del gas. Il passaggio successivo è l’affinamento della rimozione dell’idrogeno solfo-

rato su filtri a carbone attivo. In uscita dai filtri, il biogas giunge al cogeneratore per il recupero energetico che permette di ottenere circa 700 kW elettrici e 1.000 kW termici.

SEZIONE DI TRATTAMENTO ARIA

Il sistema di aspirazione mantiene in depressione tutti i fabbricati dell’intero sistema impiantistico destinati alle lavorazioni del rifiuto, a partire dalle zone di conferimento, di preparazione e miscelazione, ai corridoi di manovra e dei locali di maturazione. Il sistema di trattamento aria è composto da: • linee di captazione e convogliamento arie esauste; • ventilatori centrifughi di aspirazione; • sistema di lavaggio arie in estrazione (scrubber); • sistema di biofiltrazione finale. Inoltre il sistema di aspirazione viene integrato da un gruppo filtrante a maniche per un trattamento preliminare di depolverazione dell’aria prodotta dalla sezione di raffinazione del compost.

SISTEMA DI BIOFILTRAZIONE FINALE

Il maggior impatto ambientale di un impianto di compostaggio è sicuramente costituito dalle emanazioni fortemente odorose proprie del processo. Esso è però in sostanza nullo quando, come in questo caso, si sia adottato un efficiente impianto di estrazione delle arie esauste e un adeguato sistema di biofiltrazione per l’abbattimento dei reflui gassosi odorigeni definito biofiltro. I due biofiltri, di superficie complessiva pari a circa 2500 mq, si occupano della depurazione dell’aria proveniente dai locali di pretrattamento e di maturazione, oltre che dalle varie aree di manovra, mediante un letto di biofiltrazione in materiale vegetale di varia pezzatura.



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UNA POTENZA COMPATTA UNA CESOIA ISS 10/20 È STATA IMPEGNATA IN PROVINCIA DI BOLOGNA NELLO SMANTELLAMENTO DI DUE TURBO COMPRESSORI DI UN’IMPORTANTE CENTRALE DI STOCCAGGIO DEL GAS METANO DELLA RETE NAZIONALE di Laura Veneri

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togit, società controllata da Snam, ha avviato un articolato piano di ammodernamento presso la centrale di stoccaggio di Minerbio in provincia Bologna. L’azienda, che è il maggiore operatore di stoccaggio in Italia e uno dei principali in Europa, gestisce nove impianti di questo tipo e opera in sinergia con le altre infrastrutture di trasporto e rigassificazione, contribuendo quindi in modo determinante alla sicurezza energetica nazionale. Il sistema di stoccaggio è infatti di fondamentale importanza perché consente di compensare le diverse esigenze tra fornitura e consumo del gas, e anche per questo Stogit pone particolare attenzione alla sicurezza ed efficienza dei propri impianti. L’intervento presso la centrale di Minerbio è articolato in più fasi, ma nella prima parte di quella in atto ha richiesto che le aree interessate dai lavori fossero riportate alla condizione di “prato verde”, così da renderle disponibili agli interventi successivi e da aumentare lo spazio utile all’interno della centrale. I lavori hanno comportato quindi la totale demolizione e rimozione degli impianti, le strutture in elevazione, le tubazioni (interrate e in superficie) e i basamenti

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in c.a. dei due turbo compressori, giunti ormai alla fine del loro ciclo operativo, per sostituirli con uno di maggiore potenza e dimensioni, caratterizzato da una più moderna concezione e una migliore efficienza.

UNA SCELTA RAGIONATA DELL’ATTREZZATURA

L’intervento di smantellamento dei due turbo compressori è stato affidato da Stogit a Sicilsaldo/Nuova Ghizzoni, impresa specializzata nel settore petrolifero e attiva nella costruzione di gasdotti e impianti, nei montaggi industriali e nel settore civile anche nel mercato internazionale, avendo portato a termine importanti commesse in Tunisia, Kuwait, Algeria. Sicilsaldo/ Nuova Ghizzoni oggi fa parte della cordata di imprese incaricate della costruzione del TAP (Trans Adriatic Pipeline) il gasdotto che attraversando l’Adriatico porterà in Italia il gas naturale proveniente dal Mar Caspio, dopo aver attraversato Turchia, Grecia e Albania, ma sta completando importanti commesse anche in Messico e Algeria. L’impresa, che è una delle più importanti realtà italiane del settore e si distingue per l’esperienza, l’alta


specializzazione del personale e l’efficiente organizzazione logistica, può vantare anche un vasto parco mezzi, composto da centinaia di macchine e attrezzature. Nonostante quest’ampia disponibilità, per il particolare intervento presso la centrale di stoccaggio di Minerbio, Sicilsaldo/ Nuova Ghizzoni ha deciso di acquistare una cesoia Indeco ISS 10/20. Come riferitoci da Luca Di Vita, che rappresenta l’impresa presso Stogit ed è anche Construction Site Manager, le dimensioni dell’attrezzatura e la sua potenza sono state un fattore determinante: “Come sempre facciamo, anche per questo intervento abbiamo calibrato l’impiego delle risorse e valutato tutti gli aspetti della commessa, così da rispettare specifiche e tempistiche del capitolato d’appalto. Visto che la centrale di stoccaggio è in esercizio abbiamo poi posto particolare attenzione alle modalità di impiego di macchine e attrezzature, e delle aree in cui queste avrebbero operato, tenendo in grande considerazione anche i più stringenti criteri di sicurezza. La scelta di una cesoia relativamente piccola è dunque scaturita dall’esigenza di poter operare all’interno delle aree assegnate, tutte caratterizzate da dimensioni relativamente ridotte. Una cesoia più grande avrebbe infatti richiesto un escavatore di peso superiore, penalizzando fortemente la mobilità durante le fasi di smantellamento dei turbo compressori e, alla lunga, anche la produttività di tutte le operazioni. L’alta concentrazione di viabilità interne e di passaggi pedonali avrebbe inoltre limitato lo spazio a disposizione anche per la fase di ulteriore taglio dei

vari elementi strutturali e dei componenti degli impianti, necessaria a ridurli a una pezzatura consona al trasporto verso il riciclaggio. Nonostante fosse in un certo senso sottodimensionata per affrontare la demolizione degli elementi strutturali più grandi, la ISS 10/20 ha mostrato grande produttività ed un’eccezionale capacità di taglio, ma ci ha anche consentito la forte limitazione delle lavorazioni manuali, un vantaggio che ha influenzato significativamente la rapidità e soprattutto la sicurezza di tutte le fasi del processo demolitivo”.

LA PIÙ PICCOLA DELLA GAMMA INDECO

La cesoia ISS 10/20 acquistata da Sicilsaldo/Nuova Ghizzoni è la più piccola delle sei che compongono la gamma Indeco e, con i suoi 2400 kg di peso operativo e la forza massima in punta di ben 120 tonnellate, è caratterizzata da un’eccezionale rapporto tra peso e potenza. Come gli altri modelli della gamma, questa attrezzatura presenta una robusta struttura interamente realizzata in acciaio Hardox ed è dotata di una doppia guida che mantiene le ganasce sempre perfettamente allineate, prevenendo le flessioni su tutto il movimento di taglio. La doppia valvola di rigenerazione rende più rapido il movimento della ganascia velocizzando l’apertura e la chiusura e quindi migliorando la produttività, mentre il doppio sistema d’incisione nella punta superiore e inferiore consente una più efficace progressione del taglio.

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DEMOLIRE SENZA PROGETTARE (QUANDO UN RISPARMIO SI TRASFORMA IN UNA SCOMMESSA) RIFLESSIONI SULLA NECESSITÀ DI UNA FASE PROGETTUALE ANCHE PER GLI APPALTI DI LAVORI DI BONIFICHE E DEMOLIZIONI (DECOMMISSIONING) DI OPERE CIVILI E/O IMPIANTISTICHE di Alfio Bazzichi e Paolo Cecchella*

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’idea di progetto è usualmente associata alla natura dell’uomo di costruire qualcosa. Prescindendo dalla obbligatorietà dettata da procedimenti amministrativi, quando si intende costruire un’opera è comunemente accettato associare le due fasi (progettazione e costruzione) come strettamente correlate fra loro, sia che ci si ponga nell’ottica del committente (sia esso pubblico o privato) o dell’esecutore: ciascuna delle parti interessate, prima di dare il via alla realizzazione, si preoccupa di avere un progetto che illustri quanto meno lo stato finale (ciò che si vuole ottenere), le fasi realizzative (come si raggiunge l’obiettivo), le specifiche di costruzione (la qualità dell’opera) e preveda i tempi e i costi. Quando, invece, l’opera da realizzare consiste nella demolizione di un manufatto esistente, sia esso di tipo civile o industriale, non è altrettanto usuale pensare alla necessità di una fase progettuale. L’approccio mentale che spesso si incontra è: “devo demolire quel manufatto, visibile a tutti, non c’è da prefigurare nulla e lo stato finale è la sua rimozione: chiamo qualche impresa esper-

ta in demolizioni e affido il lavoro a chi offre meno”. Questo approccio, semplicistico, pare presentare un primo immediato vantaggio: risparmiare i costi della progettazione. Un secondo apparente vantaggio è anche contrarre i tempi complessivi che intercorrono dall’idea alla realizzazione (in questo caso intesa come completamento della demolizione), avendo saltato i tempi della fase progettuale. Ma siamo sicuri che tutte le offerte che riceveremo saranno equiparabili, tanto da ridurre il confronto solo sul piano economico? O con questo approccio ci stiamo esponendo a variabili di cui non conosciamo bene le incertezze e a quali derive ci potrebbero condurre? Senza avere pretesa di essere una linea di indirizzo, si vuole qui presentare alcuni aspetti critici di interventi di demolizione, derivanti dalle esperienze degli autori, e sui quali si ritiene necessario dedicare particolare attenzione. Infatti, errate valutazioni su questi aspetti potrebbero portare a riserve, da parte dell’Appaltatore, tali da stravolgere a volte budget e tempi.

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ALCUNI FATTORI INFLUENTI NELLA DEFINIZIONE DEGLI INTERVENTI DI DEMOLIZIONE DEFINIZIONE DEI LIMITI DI BATTERIA

Il fatto che l’oggetto della demolizione sia riscontrabile da tutti, non risolve la definizione di cosa è incluso nell’intervento e cosa non lo è. Pare una ovvietà, ma è spesso capitato che l’omissione in una specifica o la mancanza di una precisa indicazione sui confini dell’intervento, sia diventato motivo di riserva o di lavoro non completato da parte dell’impresa. CASO TIPICO: IL “PIANO CAMPAGNA” Indicare genericamente di completare la demolizione fino “a piano campagna”, non chiarisce come lasciare i basamenti, i plinti o le parti di impianto che fuoriescono dal piano campagna stesso (inteso come livello naturale del terreno). In aggiunta, sempre nell’ipotesi di una demolizione che si arresti a piano campagna, la presenza di cunicoli, fosse, vani interrati non determina univocamente come affrontare questi volumi posti sotto la quota del piano preso a riferimento ma che ne fanno parte funzionalmente. Il piano campagna può anche trovarsi a quote diverse rispetto a differenti orientamenti dello stesso corpo di fabbrica, generando altro motivo di confronto contrattuale.

OPERAZIONI PROPEDEUTICHE: STRIP-OUT, PULIZIE

Il principio di “demolizione selettiva”, al quale si deve tendere per una corretta gestione dei rifiuti, richiede che prima di affrontare la demolizione vera e propria, il corpo di fabbrica/l’impianto sia adeguatamente preparato, attraverso una serie di fondamentali operazioni propedeutiche.

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Una delle prime operazioni da eseguire è la rimozione di tutti i materiali sfusi presenti nell’area di impianto e di tutti quei materiali che, a parte essere vere o potenziali criticità di sicurezza sul lavoro e ambientali (che quindi devono essere affrontate e risolte in modo mirato), se non preventivamente separati dai rifiuti prodotti dalla demolizione (tipicamente materiali inerti e rottami), potrebbero compromettere la possibilità di recupero dei medesimi, con conseguenti maggiori oneri di smaltimento. CASO TIPICO: LA PULIZIA DEGLI IMPIANTI CON RESIDUI DI POLVERI/CENERI Nel caso di un impianto, la pulizia dei residui di processo va condotta necessariamente prima della demolizione o, al più, in fase con l’avanzare della demolizione, ma comunque prima che la parte di impianto interessata sia demolita. Questo concetto è usualmente riconosciuto e preventivamente definito nel caso di residui di processo o di stoccaggio, ma, a volte, non sufficientemente chiarito nel caso di residui polverulenti secondari, quali le ceneri che possono essere presenti nei riscaldatori aria o nelle tramogge di fondo di una caldaia per la produzione di vapore come pure nei filtri a manica o negli elettrofiltri. Prendendo come caso esemplare la demolizione dei riscaldatori aria in un intervento seguito dagli autori, la mancata preventiva rimozione delle ceneri presenti all’interno di un Ljungström ha comportato la produzione di un quantitativo di rifiuto pericoloso 10 volte maggiore rispetto ad analogo intervento, condotto nel medesimo sito su altro Ljungström, nel quale la rimozione delle ceneri era stata condotta preventivamente alla demolizione. Nel caso di demolizione senza preventiva pulizia, l’impresa ha quindi ottenuto un doppio beneficio, avendo ridotto il costo dell’intervento senza dover scontare i maggiori costi di smaltimento, sopportati invece dal Cliente, in quanto in quell’appalto


erano riconosciuti a misura. Questo è stato possibile perché la specifica di appalto non definiva una chiara modalità di intervento né dava prescrizioni in merito. In aggiunta agli aspetti contrattuali, merita fare un breve cenno anche sul fatto che una inadeguata operazione di separazione/pulizia potrebbe anche portare a interventi dell’autorità giudiziaria (per capi di imputazione correlati a una non corretta gestione dei rifiuti), coinvolgendo sia l’impresa che il Committente, con tutte le problematiche che ne derivano.

OPERAZIONI PROPEDEUTICHE: DRENAGGI/LAVAGGI

Il drenaggio e l’eventuale successivo lavaggio di un impianto dai residui di processo, come già sopra introdotto, è una operazione necessaria e propedeutica alla demolizione del medesimo. La modalità di gestione dei reflui prodotti dai lavaggi può sicuramente avere impatti economici e ambientali significativi. CASO TIPICO: LA PULIZIA DI SERBATOI O CIRCUITI DI IMPIANTO CONTENENTI OLIO COMBUSTIBILE DENSO (OCD) La pulizia di serbatoi o tubazioni che hanno contenuto OCD comporta inevitabilmente una significativa produzione di reflui liquidi. Questi, se estratti dal serbatoio tramite equipaggiamenti di cantiere (pompe, manichette) sono classificati a tutti gli effetti come rifiuti. Per contro, nel caso sussistano le condizioni operative, potrebbero essere convogliati direttamente all’impianto di trattamento acque reflue di stabilimento, non configurandosi una gestione di rifiuti, ma piuttosto una gestione di reflui di processo. Questo approccio, che comunque deve essere tecnicamente eseguibile e condiviso con i locali Enti di controllo, consente un notevole risparmio, ma va prima ben chiarito in specifica.

OPERAZIONI PROPEDEUTICHE: SCOIBENTAZIONI

La presenza di coibenti comporta la necessità di una loro rimozione preventivamente alla demolizione del manufatto. La normativa sull’amianto è assai chiara e da lungo tempo applicata, pertanto, per le diverse tipologie di MCA incontrabili nelle costruzioni e negli impianti, si sono raggiunti degli standard di bonifica equiparabili su tutto il territorio nazionale.


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Invece, per quanto riguarda la rimozione delle Fibre Artificiali Vetrose (FAV) non si hanno precise indicazioni normative. Nel cercare di fornire indirizzi univoci sulle metodiche di classificazione e di rimozione delle FAV, la Conferenza Permanente Stato-Regioni ha emanato la Linea Guida FAV (il cui più recente aggiornamento risale al Novembre 2016). La citata linea guida fornisce dei chiari indirizzi sul metodo di classificazione delle FAV, sulla identificazione della pericolosità per la salute umana e sulla classificazione come rifiuto (spingendosi fino a indicare i codici EER da utilizzare), ma rimangono ancora alcune incertezze interpretative sulle metodiche di rimozione. Infatti, se per le Fibre Ceramiche Refrattarie, di cat. 1-B (classe di pericolo H-350 i: può provocare il cancro per inalazione), l’indicazione delle Linee Guida FAV è la rimozione in ambiente statico-dinamico, con operazioni analoghe a “quelle previste dal D.M. 06/09/1994, relative alla bonifica di materiali contenenti amianto” (cap. 7 delle citate Linee Guida), per la rimozione delle FAV di cat. 2 (classe di pericolo H-351: sospettato di provocare il cancro per inalazione), il già ricordato cap. 7 fornisce la sola indicazione che sia redatta una valutazione del rischio di esposizione ai sensi dell’art. 223 D.Lgs. 81/2008 e, in esito alla valutazione, siano adottate le misure previste dall’art. 224. Oltre a ciò, al cap. 10, cercando di fornire delle indicazioni operative, è riportata anche l’indicazione che la rimozione delle FAV di cat. 2 sia eseguita in confinamento statico (tabella 11). Inoltre, sempre al cap. 10, il confinamento statico è indicato come una necessità per chiudere tutte le aperture verso ambienti non interessati dal lavoro, mentre, qualora siano presenti finestre nella zona di intervento, “è consigliabile tenerle aperte per facilitare il ricambio d’aria”. Parere degli scriventi è che le Linee Guida forniscono solo delle indicazioni di massima, ma il riferimento va fatto alla Legge, che, come sopra ricordato, prevede la valutazione del rischio in funzione delle procedure che l’impresa intende adottare. L’impresa deve quindi definire una propria metodologia di intervento ed elaborare una sua valutazione, verificando poi, in corso

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d’opera, che siano mantenute condizioni di salubrità adeguate. Per fare questo, occorre avere dei riscontri analitici di monitoraggi condotti in condizioni rappresentative, che non si esauriscono in un unico monitoraggio (rif. UNI 689:2018). Se, fatti i monitoraggi, si confermerà che la modalità di lavoro è adeguata a contenere la concentrazione di FAV in aria al di sotto delle concentrazioni limite, la modalità di lavoro sarà accettabile, altrimenti occorrerà modificarle. Infine, merita sottolineare che in aggiunta ai requisiti di legge, vi possono essere delle esigenze contingenti che richiedono di eseguire le scoibentazioni di FAV in ambiente confinato (presenza di obiettivi sensibili nelle vicinanze, politiche di maggiore tutela di lavoratori non esposti, politiche di maggiore tutela ambientale). Tutto ciò per chiarire che nella fase di progettazione si dovranno dare indicazioni precise al fine di evitare che l’Appaltatore possa, una volta firmato il contratto, avanzare ulteriori richieste perché la “sua” analisi di rischio ha portato a utilizzare metodi più onerosi oppure che, viceversa, l’intervento sia eseguito in aria libera quando il Committente si attendeva essere in ambiente confinato. Un suggerimento è richiedere l’analisi preventivamente (in modo da valutarla in fase di allineamento delle offerte stesse), oppure definire preventivamente i parametri dell’analisi di rischio da adottare.

MODALITÀ DI INTERVENTO: COLLASSI CONTROLLATI

L’art. 153 del D.Lgs. 81/08 richiede che “il materiale di demolizione non deve essere gettato dall’alto, ma deve essere trasportato oppure convogliato in appositi canali, il cui estremo inferiore non deve risultare ad altezza maggiore di due metri dal livello del piano di raccolta”. L’art. 155 del decreto citato richiede che “la demolizione di parti di strutture aventi altezza sul terreno non superiore a 5 metri può essere effettuata mediante rovesciamento per trazione o per spinta” e che “deve essere evitato in ogni caso che per lo scuotimento del terreno in seguito alla caduta delle strutture


o di grossi blocchi possano derivare danni o lesioni agli edifici vicini o a opere adiacenti pericolose per i lavoratori addetti”. Da una lettura conservativa della legge, se ne potrebbe concludere che non sono ammesse metodiche di demolizione che possano fare collassare per trazione o spinta strutture con altezza superiore a 5 m e che non si possono gettare materiali dall’alto senza che siano convogliati in canali fra loro raccordati. In ogni caso si deve evitare lo scuotimento del terreno in seguito alla caduta di strutture. Nella prassi industriale, invece, si registrano interventi di demolizione di strutture di grande altezza e massa realizzate con tiri o spinte, preceduti da una specifica preparazione del manufatto (isolamento, indebolimenti mirati o “cernierizzazioni”, cuscinetti di caduta, ecc.). Fra i cantieri direttamente seguiti dagli autori, a vario titolo, di particolare significato sono stati: • la demolizione di strutture intelaiate (castelli caldaia, Ljungström, filtri a manica, ecc.) mediante indebolimento e tiro; • la demolizione di altoforno e di sacca a polvere con indebolimento e tiro; • la demolizione di carroponte di sala macchine, mediante tiro; • la demolizione di piezometrico con struttura portante metallica, mediante indebolimento e tiro; • la demolizione di diffusore verticale e forno verticale di zuccherificio, mediante indebolimento e tiro, • la demolizione di telai portanti edificio sala macchine, mediante indebolimento e tiro o spinta. A questi si aggiungono le casistiche di demolizione controllata di ciminiere, eseguita sia meccanicamente che con esplosivo. Tutte queste metodiche hanno richiesto un livello di progettazione in grado di assicurare il completo controllo dell’intervento, l’analisi di eventuali deviazioni e le misure correttive eventualmente da adottare, in modo da evitare che la caduta fosse incontrollata, anche nel momento in cui diventava “libera”, e che forti vibrazioni si producessero nel terreno. In altri termini, per poter soddisfare i requisiti della norma, le demolizioni che si in-

tende realizzare mediante collasso controllato, dovranno essere ingegnerizzate. La progettazione non è necessario sia definita in fase di specifica di appalto o alla presentazione delle offerte, ma nella specifica si dovranno definire il livello di approfondimento della progettazione ritenuta necessaria, per evitare che si abbiano elementi insufficienti a verificare la soddisfazione dei requisiti di norma. Altro aspetto da attenzionare è sulla firma del progetto. Se questo non è chiarito in sede di specifica, l’impresa potrà fornire progetti firmati dal proprio Responsabile tecnico e/o dal Datore di Lavoro o anche solo dal Capocantiere/Preposto. Inoltre, in un mercato sempre più europeo, il concetto di tecnico iscritto all’ordine può non essere così scontato, se non preventivamente chiarito. La specifica dovrà quindi dare indicazioni anche in tale senso, perché, prescindendo da attribuzioni di responsabilità, il grado di progettazione dipende anche dalla professionalità dell’estensore. Se questi aspetti non sono ben chiariti in sede di richiesta di offerta, si potranno avere offerte apparentemente simili ma di fatto non comparabili.

GESTIONE DEI RIFIUTI

La tipologia contrattuale con la quale si intende attuare il riconoscimento degli oneri di smaltimento (a corpo o a misura) unita alla individuazione del produttore del rifiuto (il Committente oppure l’impresa esecutrice), può influenzare la classificazione dei rifiuti e le metodologie di intervento, pur rimanendo nei contorni dettati dalla legge. Ad esempio, in un intervento in cui lo smaltimento è pagato a misura, l’impresa può non essere interessata a spingere sulla separazione dei rifiuti, qualora le prescrizioni specifiche non fossero adeguatamente vincolanti verso i desiderata del Committente. Nel caso che il produttore sia l’esecutore, l’approccio di avere una quotazione associata ai codici EER potrebbe indurre a fornire una classificazione, pur rispettosa delle Legge, indirizzata a

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un maggiore ritorno economico per l’esecutore. Anche sulle modalità di tenuta dei rifiuti si possono avere gradi di libertà che possono poi portare a una mancanza di qualità rispetto a quello che il Committente si attendeva (per non parlare del rispetto dei requisiti di legge che spesso sono lasciati alla libera interpretazione degli enti di controllo locali e che pertanto variano in funzione del sito), e di conseguenza, aprire alla richiesta di varianti onerose da parte dell’impresa. L’impostazione della gestione contrattuale dei rifiuti deve essere ben studiata e calata nella specificità dell’intervento e delle modalità di appalto scelto.

MODALITÀ DI APPALTO

Appalto a corpo o appalto a misura? Nella esperienza degli autori, si è maggiormente riscontrato il ricorso all’appalto “a corpo” o all’appalto “a corpo e a misura”, con la quota di valorizzazione a misura limitata allo smaltimento dei rifiuti o, al più, anche dei monitoraggi ambientali. La formula dell’appalto a corpo sebbene paia, apparentemente, più cautelativa per il Committente, nasconde insidie che possono determinare maggiori esborsi in corso d’opera, anche rispetto al medesimo appalto impostato a misura. Infatti, l’appalto a corpo trova la sua compiutezza nella completa definizione dell’opera da eseguire. Quanto più le informazioni fornite in sede di richiesta di offerta sono esaustive e complete sulla natura dell’intervento in termini di quantità, condizioni al contorno, limiti di batteria, modalità esecutive, tempistiche, attenzioni alla sicurezza e all’ambiente, tanto più la formula dell’appalto a corpo risulta cautelativa per il Committente. Di contro, la carenza parziale o totale di informazioni, in un appalto a corpo apre alla possibilità di tanti gradi di libertà dell’impresa, che potrà sempre richiamare la mancata previsione in specifica della casistica non attesa. Purtroppo, non c’è una formula preferibile che metta al riparo il Committente o l’impresa da sorprese. Lo scopo finale di un contratto di appalto non è cautelare più l’una parte rispetto all’altra, ma fornire un quadro di regole chiaro nel quale l’una parte e l’altra possano interagire per il raggiungimento dello scopo del lavoro tendendo a perseguire i comuni obiettivi di: • tutelare la salute e la sicurezza dei lavoratori; • evitare l’inquinamento delle matrici ambientali; • massimizzare il recupero dei rifiuti; • minimizzare la produzione di rifiuti pericolosi; • rispettare i limiti di batteria previsti; • preservare i manufatti non rientranti nello scopo dell’appalto; • ridurre le interferenze di qualsiasi genere derivanti dall’esecuzione degli interventi oggetto dell’Appalto con le altre attività del reparto e dello stabilimento; • rispettare i tempi pattuiti. In assenza di un vero e proprio progetto di demolizione da appaltare, un primo suggerimento per superare eventuali carenze di informazioni, è consegnare ai concorrenti tutta la documentazione reperita sul manufatto e, anche, la pos-

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sibilità di effettuare ricerche negli archivi del Committente (se presenti), unita alla possibilità di effettuare sopralluoghi, anche su più giorni, al fine di poter effettuare tutte le misurazioni di quantità che caratterizzano l’intervento. Inoltre, è bene dare anche la possibilità di eseguire dei campionamenti, per quanto compatibili con le condizioni di accessibilità e sicurezza, in modo da consentire all’impresa di avere un quadro rappresentativo della qualità dei materiali presenti e di poter impostare la proposta su una chiara metodologia di intervento, che dovrà essere illustrata. Questo consentirà di avere una possibilità di comparazione delle diverse proposte pervenute.

CONCLUSIONI

La disamina degli aspetti presentati, senza avere pretesa di essere esaustiva né completa, vuole invitare a riflettere sulla necessità di una fase progettuale anche per gli appalti di lavori di bonifiche e demolizioni (decommissioning) di opere civili e/o impiantistiche. Anche per interventi di decommissioning che sembrano ben circoscritti, senza particolari problematiche, saltare la fase progettuale comporta sempre la possibilità di forti incertezze, correlate alla mancata o incompleta conoscenza dell’oggetto da demolire. Inoltre, la non definizione delle modalità di intervento e degli impatti che queste modalità possono comportare (verso le persone e/o verso l’ambiente e/o verso le situazioni al contorno) determinano, di fatto, una esposizione a un rischio non quantificato di incertezza su tempi e/o costi. Infine, il mancato completamento di una demolizione in tempi certi può comportare anche ulteriori perdite, se legate all’assunzione di specifici impegni successivi al decommissioning (i.e. riutilizzo del suolo liberato). La mancata chiarezza sui limiti dell’intervento e sulle modalità di esecuzione può consentire all’impresa di impostare il lavoro diversamente da quanto credeva il Committente o, viceversa, al Committente di pretendere modalità esecutive diverse da quelle immaginate dall’impresa nella propria proposta tecnico-economica, rendendo interventi apparentemente analoghi non più comparabili né sul piano economico, né su quello temporale né su quello qualitativo. Tutto ciò che si presta a interpretazione porta a maggiori gradi di libertà di azione e apre a possibili varianti contrattuali. In conclusione, è opportuno che la fase progettuale di un decommissioning sia sempre fatta, con un approccio pari a qualsiasi altra attività esecutiva, se si vuole ridurre l’incertezza sul risultato finale atteso. Non sempre la fase progettuale dovrà necessariamente tradursi in un vero e proprio progetto. Il taglio progettuale, ovvero l’approfondimento del progetto e la tipologia di elaborati prodotti (sia esso Studio di fattibilità, Specifica tecnica o progetto per Appalto, Feed o progetto esecutivo), dipenderà dalla complessità dell’intervento, dalla disponibilità delle informazioni acquisibili, dalla conoscenza ed esperienza che il Committente ha su interventi analoghi, dal contesto nel quale l’intervento dovrà essere realizzato e dall’iter autorizzativo al quale dovrà essere sottoposto. *Golder Associates S.r.l.


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RECUPERO DI UN’EX DISCARICA CON IL LANDFILL MINING A ERBA LA TECNICA DEL LANDFILL MINING, REALIZZATA CON LE MACCHINE FORNITE DA IMPIANTI INDUSTRIALI, HA PERMESSO DI RECUPERARE UN’AREA ADIBITA IN PRECEDENZA A DISCARICA PER RIFIUTI INERTI di Maria Beatrice Celino

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una tecnica di intervento sulle discariche (“landfill”) di cui forse abbiamo sentito più parlare in letteratura e nei convegni specialistici che non realizzata in pratica. Il landfill mining consiste nell’estrazione mediante scavo (“mining”) dei rifiuti depositati e nel loro successivo trattamento finalizzato alla selezione delle diverse componenti (destinate a essere successivamente gestite in modo differenziato) e permette di perseguire vari obiettivi (bonifica di discariche, recupero di risorse, recupero ambientale dei siti di discarica). Questa tecnica consente di recuperare risorse importanti anche alla luce delle recenti normative che spingono verso un’economia circolare. Nel caso specifico, il cantiere in cui è stata utilizzata la tecnica del landfill mining è un’area nella prima periferia di Erba che era stata adibita a discarica autorizzata per il conferimento di rifiuti inerti. L’area di proprietà della Rigamonti Francesco S.p.A., una società di ingegneria e costruzione con una storia centenaria alle spalle, potrà ora ospitare in estrema sicurezza e tutela ambientale nuovi insediamenti di edilizia industriale. L’area interessata dalle operazioni di landfill mining è una porzione di 23.000 m2 di una più ampia superficie (57.000 m2). La porzione era stata destinata ad attività di cava prima e successivamente a discarica autorizzata per il conferimento di rifiuti inerti da scavo o demolizione, a seguito dell’autorizzazione di Regione Lombardia. L’attività di discarica per rifiuti inerti risaliva all’inizio degli anni ’90 e venne conclusa intorno al 1995. Il restante spazio di 34.000 m2 è sempre stato terreno natu-

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rale. L’azienda Rigamonti Francesco acquistò l’intera area nei primi anni 2000. Nel 2010 il Comune di Erba con il piano regolatore la destinò a insediamenti produttivi. Nel 2012 l’azienda sottoscrisse con il Comune una convenzione per la realizzazione di un piano attuativo industriale facendosi carico di eseguire un’indagine ambientale e di avviare al recupero la porzione che era stata nel passato adibita a discarica. La Rigamonti a inizio luglio 2018, in collaborazione con la società di consulenza ambientale Arethusa di Curno (BG), ha individuato nella tecnica del landfill mining la migliore da adottare per il recupero di quest’area e a tal fine sono stati presi i contatti con gli enti competenti e avviati a novembre 2018 gli iter autorizzativi con Regione Lombardia, che a fine aprile 2019 ha rilasciato le autorizzazioni all’avvio dei lavori. Il recupero ambientale con la tecnica del landfill mining dell’area di Erba è stato il secondo cantiere avviato e concluso in Regione Lombardia, il primo per quantità di materiale da trattare. Giuseppe Rigamonti, rappresentante la quarta generazione della famiglia, ci ha riassunto i tempi del cantiere: “A luglio 2018 abbiamo avviato la progettazione, a novembre abbiamo presentato in Regione Lombardia la richiesta di autorizzazione di questa attività e ad aprile 2019 abbiamo ottenuto i decreti autorizzativi. Il 20 maggio abbiamo avviato il cantiere che è terminato il 9 agosto. Il cantiere è durato quindi 80 giorni in cui abbiamo scavato 38.000 m3 di rifiuti inerti avviandone al recupero in sito 30.000 m3 e riutilizzando gli aggregati riciclati ottenuti per la riconfigurazione morfologica dell’intera area; 8.000 m3 di rifiuti sono stati invece conferiti ad impianto


di recupero esterno.” Per le attività di scavo, movimentazione e riutilizzo dei materiali l’azienda si è rivolta all’impresa edile Comedil Mangino di Olgiate Comasco; il trattamento in sito dei rifiuti è stato eseguito mediante le macchine di Impianti Industriali, distributore ufficiale per il nord Italia di Terex Powerscreen. I rifiuti inerti presenti nell’ex discarica sono stati escavati formando preliminarmente dei cumuli di ca. 2.000 m3 l’uno che, sottoposti ad approfondite analisi, si sono rivelati esenti da qualsiasi elemento contaminante. Successivamente 30.000 m3 di rifiuti sono stati trattati in loco con un frantoio mobile Powerscreen Premiertrak 300 e un vaglio mobile Powerscreen Warrior 800. In circa 60 giorni le macchine fornite da Impianti Industriali hanno lavorato 30.000 m3 di rifiuti inerti che, a seguito del trattamento e delle analisi di caratterizzazione dei prodotti ottenuti, sono stati reimpiegati come aggregati riciclati per la riconfigurazione morfologica dell’intera area, completando anche tale attività nei successivi 20 giorni.

LANDFILL MINING Il landfill mining è una tecnologia di intervento applicata sulle discariche che consiste nell’escavazione dei rifiuti depositati e nel loro successivo trattamento. Questa tecnologia ha la finalità di inertizzare le frazioni pericolose ed effettuare una separazione dei diversi materiali (frazioni recuperabili e frazione residua) destinati a essere successivamente gestiti in modo differenziato. L’intervento di landfill mining viene effettuato per rimuovere completamente il corpo rifiuti con una finalità che può essere la necessità di bonificare una discarica che è fonte di inquinamento per le matrici ambientali, il recupero di volume per incrementare la capacità della discarica stessa prolungandone in tal modo l’esercizio, il recupero di risorse tramite la valorizzazione dei rifiuti trattati e infine il recupero ambientale dell’area qualora questa sia di particolare interesse e possa ad esempio essere destinata a un diverso sviluppo. Per quanto non siano numerosi i casi applicativi di questa tecnica le potenzialità del landfill mining sono state confermate sia dal punto di vista economico, che ambientale e territoriale.


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TROVATA UNA SOLUZIONE PER L’ABBATTIMENTO DEI PFAS ECOSTARGREEN HA BREVETTATO UN PROCEDIMENTO PER IL TRATTAMENTO DELLE SOSTANZE PERFLUOROALCHILICHE DAL PERCOLATO DI DISCARICHE E DA ALTRI REFLUI CONTAMINATI di Domenico Cappozzo*

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e sostanze perfluoroalchiliche, i cosiddetti PFAS, sono sostanze ormai note soprattutto perché protagoniste di una preoccupante vicenda legata alla contaminazione delle acque in una vasta area del Veneto. La conoscenza di tali sostanze nonché la loro diffusione deriva però dall’ampio utilizzo in un gran numero di processi produttivi, tra i quali la cromatura o altri processi dell’industria galvanica, nella produzione di stoviglie antiaderenti, nell’industria tessile e conciaria. I PFAS sono una famiglia di composti chimici usati prevalentemente in campo industriale, tecnicamente catene alchiliche idrofobiche fluorurate ovvero acidi usati in forma liquida con una struttura che li rende resistenti ai processi di degradazione. Data la loro persistenza nell’ambiente è stata riscontrata la presenza di concentrazioni di PFAS non solo nei reflui industriali di tali processi produttivi ma anche nel percolato di discariche dove vengono conferiti i prodotti di tali processi industriali alla fine del loro uso. In seguito al rilascio durante la fabbricazione, l’uso e lo smaltimento dei prodotti che li contengono, i PFAS persistono infatti a lungo a causa della loro elevata stabilità e resistenza ai tipici processi di degradazione. Per questo motivo queste sostanze si riscontrano anche nel percolato delle discariche, che viene normalmente raccolto

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per essere sottoposto a vari trattamenti di depurazione e di abbattimento di inquinanti di vario tipo, ma non dei PFAS. Il percolato, una volta depurato, viene quindi reimmesso nell’ambiente causando una diffusione di queste sostanze, per le quali sono ancora in corso di definizione dei limiti normativi, e attraverso le acque di falda e il terreno, vengono assunte dalle piante, dagli animali e dall’uomo, entrando così nella catena alimentare. I PFAS, quando assunti da un organismo ad esempio attraverso l’acqua e i derivati, come frutta e verdura dell’orto, cresciuti con acqua di pozzi contaminati, si concentrano nel sangue e tendono a rimanere a lungo immutati al suo interno, anche per anni. Molti studi hanno comunque evidenziato una correlazione tra l’assunzione di PFAS e alcune patologie di vario tipo ed entità, anche in funzione della quantità di PFAS assunta e dei tempi di esposizione. La letteratura scientifica più recente dice che la pericolosità di questa sostanza è molto alta. Dai primi dati sembra accertato che nei soggetti residenti nelle aree contaminate vi siano problemi di salute connessi ai PFAS pertanto risulta molto importante sviluppare dei processi di trattamento in grado di garantire l’abbattimento di queste sostanze. A tale scopo Ecostargreen sta da tempo sperimentando delle soluzioni di trattamento fino a mettere a punto lo scorso anno un nuovo procedimento


di abbattimento di PFAS ideato per il percolato delle discariche ma che può essere adottato anche per altri liquidi dove tali sostanze si presentino in concentrazioni significative. Il procedimento, oggetto di brevetto presentato nel novembre 2018, prevede, dopo la prima fase di ricezione o raccolta di percolato proveniente da una o più discariche, un trattamento per osmosi inversa che dia come risultato un concentrato contenente i PFAS. Da tale trattamento di osmosi inversa si ottiene una frazione pari circa al 30% del totale contenente gli inquinanti da abbattere, mentre il restante 70% è acqua sostanzialmente priva di PFAS. La frazione contenente gli inquinanti viene quindi sottoposta ad almeno un trattamento di distillazione, eseguito in evaporatore, per separare una frazione distillata, sostanzialmente acqua, pari a circa il 90%, da una frazione concentrata, tra il 5 e il 10%, che contiene le sostanze inquinanti, tra cui PFAS. La frazione distillata può essere ricircolata una o più volte a monte di detto evaporatore e sottoposta ad ulteriori processi di distillazione, per ridurre ulteriormente la concentrazione di inquinanti. La frazione concentrata ottenuta viene infine inviata ad una fase di smaltimento, ad esempio mediante termodistruzione. Gli elementi principali che compongono l’impianto di abbattimento PFAS dal percolato di discariche sono: • vasca di stoccaggio del percolato o liquido contaminato da trattare; • stazione di trattamento per osmosi inversa del percolato, da cui si ottiene una prima frazione sostanzialmente priva di PFAS, che viene immessa in una prima linea di scarico, e una

seconda frazione contenente PFAS, che viene immessa in una seconda linea di adduzione alla stazione di distillazione; • stazione di distillazione, atta a trattare la frazione concentrata proveniente dal trattamento di osmosi inversa, da cui si ottiene una prima frazione distillata, immessa in una linea di ricircolo, e una seconda frazione concentrata che rappresenta la parte da destinare a smaltimento e che viene allontanata mediante la linea di asporto; • linea di ricircolo che porta nuovamente la frazione distillata alla stazione di distillazione per subire un nuovo processo di separazione; • linea di asporto, che invia la frazione concentrata a smaltimento. Questa tipologia di impianto può essere installata presso le discariche, a valle del sistema di raccolta del percolato oppure in impianti di trattamento rifiuti. Per info: info@ecostargreen.it - tel. 335 299006 *Ecostargreen s.r.l.


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ACQUE METEORICHE: DIFFERENZE TRA ACQUE DI RUSCELLAMENTO E ACQUE DI DILAVAMENTO NEL CASO SPECIFICO DELLE DISCARICHE DI RIFIUTI ANALISI DELLA NORMATIVA DI RIFERIMENTO E RUOLO DEL D.LGS. 36/2003 E DEL D.LGS. 152/2006 di Rosa Bertuzzi*

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rattando il tema delle acque meteoriche si rende necessario ricostruire il quadro giuridico in materia, partendo in primis dall’analisi delle disposizioni normative applicabili.

D.LGS. 36/2003

La norma giuridica di partenza è il D.lgs. 13 gennaio 2003, n. 36 “Attuazione della direttiva 1999/31/CE relativa alle discariche di rifiuti” (di seguito, “D.lgs. 36/2003”), il quale rappresenta il testo normativo di riferimento in materia di gestione di discariche di rifiuti. Ai sensi dell’art. 10 del D.lgs. 36/2003

è necessario il provvedimento autorizzatorio rilasciato dalla Regione o dalla Provincia (il quale comprende anche il Piano di gestione operativa, il Piano di gestione post-operativa, il Piano di sorveglianza e controllo e il Piano di ripristino ambientale della discarica medesima [1]), che detta tutte le prescrizioni sulla costruzione e gestione di una discarica: “la Regione assicura che l’autorizzazione rilasciata ai sensi del presente decreto sia comprensiva anche delle autorizzazioni relative alle emissioni in atmosfera, scarichi idrici e prelievo di acque” (art. 10, c. 6). Sarà dunque all’autorizzazione rilasciata alla singola disca-

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rica che dovrà farsi anzitutto riferimento per individuare le prescrizioni fissate in materia di gestione delle acque meteoriche, le quali saranno evidentemente coordinate con quanto previsto dal D.lgs. 36/2003. In particolare: • l’art. 12 “Procedura di chiusura” prevede che “la procedura di chiusura della discarica può essere attuata solo dopo la verifica della conformità della morfologia della discarica e, in particolare, della capacità di allontanamento delle acque meteoriche a quella prevista nel progetto di cui all’articolo 9, comma 1, lettera a) [il progetto di discarica approvato]...”; • l’Allegato 1 “Criteri costruttivi e gestionali degli impianti di discarica” impone l’adozione di misure adeguate per limitare la quantità di acqua di origine meteorica che penetra nel corpo della discarica (punto 1.3.) e, al contempo, richiede l’installazione di un sistema di raccolta delle acque di percolazione. Il medesimo allegato aggiunge inoltre che “per quanto consentito dalla tecnologia, [...] (le) acque meteoriche devono essere allontanate dal perimetro dell’impianto per gravità, anche a mezzo di idonee canalizzazioni dimensionate sulla base delle piogge più intense [...]. Il percolato e le acque di discarica devono essere captati, raccolti e smaltiti per tutto il tempo di vita della discarica, secondo quanto stabilito nell’autorizzazione, e comunque per un tempo non inferiore a 30 anni dalla data di chiusura definitiva dell’impianto” (punto 2.3.). Precise prescrizioni sono infine dettate in merito alla copertura superficiale finale del corpo dei rifiuti, la quale “[...] deve garantire l’isolamento della discarica [...]” e “[...] deve essere oggetto di continua manutenzione al fine di consentire il regolare deflusso delle acque superficiali [...]” (punto 2.4.3.). Risulta quindi evidente la distinta gestione del percolato (e delle acque di discarica) e delle acque meteoriche di ruscellamento; • previsioni in materia di acque meteoriche si rinvengono pure nell’Allegato 2 “Piani di gestione operativa, di ripristino ambientale, di gestione post-operativa, di sorveglianza e controllo, finanziario”. Al riguardo, è stabilito che il Piano di ripristino ambientale (il quale individua gli interventi che il gestore deve effettuare per il recupero e la sistemazione dell’area della discarica e chiusura della stessa) debba tenere conto “della necessità di favorire il naturale deflusso delle acque meteoriche dell’area stessa” (punto 3.), che il Piano di gestione in fase postoperativa debba individuare (fra l’altro) le operazioni relative alla “[...] rete di raccolta e smaltimento acque meteoriche” (punto 4.1.) e, infine, che il Piano di sorveglianza e di controllo debba prevedere (fra i parametri da monitorare) le “acque di drenaggio superficiale” (punto 5.). Ebbene, il D.lgs. 36/2003 impone dunque “unicamente” che la gestione delle acque meteoriche sia condotta in modo da evitare infiltrazioni nella massa dei rifiuti e commistione con il percolato. A tal fine, richiede che la copertura superficiale della discarica garantisca l’isolamento dei rifiuti e il regolare deflusso

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delle acque superficiali, le quali devono essere convogliate in un’apposita rete di raccolta e smaltimento. Non vengono invece fornite prescrizioni, né tanto meno indicazioni, in merito al recapito finale di siffatte acque meteoriche, né riguardo all’eventuale necessità di richiedere un’ulteriore autorizzazione allo scarico delle acque (la cui gestione, peraltro, dovrebbe essere se del caso regolata nell’autorizzazione all’esercizio della discarica, in ragione della natura omnicomprensiva di siffatta autorizzazione come previsto dal citato art. 10, c. 6 del D.lgs. 36/2003) e al loro trattamento.

D.LGS. 152/2006

Le menzionate previsioni del D.lgs. 36/2003 non possono tuttavia, dopo il 2008, prescindere dall’esame della normativa generale in materia di acque meteoriche. Occorre a tal fine fare riferimento alle diverse normative regionali, in ragione dell’espressa delega alle Regioni contenuta nell’art. 113 [2] del D.lgs. 3 aprile 2006, n. 152 (di seguito, “D.lgs. 152/2006”). Ciò che, del resto, risulta in linea con “la costante giurisprudenza di questa Corte (la Corte di Cassazione), secondo cui in tema di tutela penale dall’inquinamento, le acque meteoriche da dilavamento sono costituite dalle sole acque piovane che, cadendo al suolo, non subiscono contaminazioni con sostanze o materiali inquinanti, poiché, altrimenti, esse vanno qualificate come reflui industriali ex articolo 74, lettera h), D.lgs 3 aprile 2006, n. 152” (Cass. Pen., Sez. III, 30


ottobre 2018, n. 49693; nello stesso senso, Cass. Pen., Sez. III, 21 giugno 2018, n. 28725 [3]). Se dunque, in linea generale, le acque meteoriche che dilavano superfici in cui sono depositati rifiuti devono essere collettate in una specifica rete di raccolta e convogliamento, devono essere sottoposte a trattamenti e il loro scarico deve essere autorizzato, tali adempimenti sono esclusi laddove sia documentato che le superfici scolanti non determinino contaminazione delle acque meteoriche. In tal caso, a norma dell’art. 23, le acque di prima pioggia e di lavaggio devono essere recapitate “[...] sul suolo o negli strati superficiali del sottosuolo, nelle zone non direttamente servite da rete fognaria e non ubicate in prossimità di corpi idrici superficiali e solo qualora l’autorità competente accerti l’impossibilità tecnica o l’eccessiva onerosità di utilizzare i recapiti di cui alle lettere a) e b) [rete fognaria e acque superficiali] e fatti salvi i divieti di cui al punto 2.1 dell’Allegato 5 alla parte terza del D.lgs. 152/06 (sostanze per cui esiste il divieto di scarico [4]), nel rispetto dei valori limite di emissione della tabella 4 del medesimo allegato e dell’art. 19 della presente disciplina (ovvero, nel rispetto di eventuali limiti più restrittivi previsti dalla normativa regionale)”.

Appare dunque come i valori limite di cui alla tabella 4 dell’Allegato 5 alla Parte III del D.lgs. 152/2006 “Limiti di emissione per le acque reflue ed industriali che recapitano sul suolo” possano fungere da parametro per vagliare se vi sia (o meno) un rischio di contaminazione delle acque meteoriche di dilavamento e, conseguentemente, possano trovare applicazione le eventuali esenzioni stabilite in leggi regionali che considerano “libero” il recapito delle acque negli strati superficiali del suolo o, al contrario, sia necessaria un’apposita autorizzazione allo scarico e un preventivo trattamento [5].

CONSEGUENTI OBBLIGHI IN MATERIA DI GESTIONE DELLE ACQUE METEORICHE E PRASSI APPLICATIVA

Ebbene, dall’analisi normativa appena realizzata risulta che la gestione delle acque meteoriche di ruscellamento sui moduli esauriti post-discarica deve avvenire conformemente al D.lgs. 36/2003, il quale impone la copertura definitiva, ed adeguatamente impermeabile, dell’abbancamento dei rifiuti (così da minimizzare l’infiltrazione dell’acqua meteorica nella massa dei rifiuti), e l’allontanamento delle acque dal

NOTE

[1] Cfr. art. 10, c. 2: “[...] il provvedimento di autorizzazione alla costruzione e gestione di una discarica indica almeno: [...] e) l’esplicita approvazione del progetto definitivo dell’impianto e dei piani di cui all’articolo 8, comma 1, lettere g), h), i) e l)”. L’Allegato 2, punto 1. precisa ulteriormente che “i piani di gestione operativa, di ripristino ambientale, di gestione post-operativa e di sorveglianza e controllo, che rappresentano uno dei contenuti essenziali dell’autorizzazione e devono essere approvati dall’Autorità procedente, definiscono compiutamente le fasi di gestione operativa, di ripristino ambientale e di gestione post-operativa della discarica...”. [2] Ai sensi dell’art. 113 del D.lgs. 152/2006: “[...] 3. Le regioni disciplinano altresì i casi in cui può essere richiesto che le acque di prima pioggia e di lavaggio delle aree esterne siano convogliate e opportunamente trattate in impianti di depurazione per particolari condizioni nelle quali, in relazione alle attività svolte, vi sia il rischio di dilavamento da superfici impermeabili scoperte di sostanze pericolose o di sostanze che creano pregiudizio per il raggiungimento degli obiettivi di qualità dei corpi idrici”. [3] La Corte ribadisce che “[...] le acque meteoriche di dilavamento sono solo le acque piovane che cadendo al suolo non subiscono contaminazioni con sostanze o materiali inquinanti, mentre nel caso di specie le acque erano state contaminate dai rifiuti pericolosi presenti nell’area gestita dall’azienda”, come dimostrato anche dalla contaminazione del terreno. [4] Il punto 2.1. dell’Allegato 5 alla Parte III del D.lgs. 152/2006 prevede che “restano fermi i divieti di scarico sul suolo e nel sottosuolo delle seguenti sostanze: - composti organo alogenati e sostanze che possono dare origine a tali composti nell’ambiente idrico - composti organo fosforici - composti organo stannici - sostanze che hanno potere cancerogeno, mutageno e teratogeno in ambiente idrico o in concorso dello stesso - mercurio e i suoi composti - cadmio e i suoi composti - oli minerali persistenti e idrocarburi di origine petrolifera persistenti - cianuri - materie persistenti che possono galleggiare, restare in sospensione o andare a fondo e che possono disturbare ogni tipo di utilizzazione delle acque. Tali sostanze, si intendono assenti quando sono in concentrazioni non superiori ai limiti di rilevabilità delle metodiche di rilevamento in essere all’entrata in vigore del presente decreto o dei successivi aggiornamenti [...]”. [5] Conferma della possibilità di prendere i valori della tabella 4 quali parametri di riferimento si rinviene pure nell’art. 24, c. 4, il quale prescrive che, prima dello scarico le acque di prima pioggia e di lavaggio (oggetto di autorizzazione) “[...] devono essere sottoposte a trattamenti appropriati tali da garantire i limiti di cui alla [...] tabella 4, scarico sul suolo o strati superficiali del sottosuolo, dell’Allegato 5 alla parte terza del D.lgs. 152/06. A tal fine l’Autorità competente può prescrivere autocontrolli specifici a carico del titolare dello scarico oltre che le modalità di effettuazione dello scarico”.

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perimetro dell’impianto per gravità, anche a mezzo di idonee canalizzazioni che ne evitino la commistione col percolato.

SITUAZIONE DELLE ACQUE METEORICHE NELLE DISCARICHE

Analizzato il quadro normativo è ora necessario soffermarsi sulla gestione delle acque meteoriche di ruscellamento delle coperture impermeabili delle discariche, le quali potrebbero, anche, essere intercettate dalla canaletta perimetrale al corpo di discarica e convogliate in vasca di decantazione. Occorre prendere le mosse dalle previsioni dell’autorizzazione all’esercizio della Discarica, in ragione del fatto che - come già indicato - “[...] l’autorizzazione rilasciata ai sensi [...] (del D.lgs. 36/2003) è comprensiva anche delle autorizzazioni relative alle emissioni in atmosfera, scarichi idrici e prelievo delle acque” (art. 10, c. 6 del D.lgs. 36/2003). A tal riguardo bisogna obbligatoriamente fare riferimento alle norme regionali in materia. Generalmente il Piano di gestione post-operativa (il quale individua tempi, modalità e condizioni delle singole attività da svolgere durante tale fase) indica la necessità di tenere sotto costante controllo la rete di raccolta e smaltimento delle acque (attraverso la verifica che le canalette perimetrali non siano ostruite) e di procedere al ripristino, se necessario, delle “[...] corrette pendenze della copertura [...] allo scopo di permettere il

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deflusso ottimale delle acque meteoriche dal corpo della Discarica verso la rete di raccolta perimetrale”. In particolare, è il Piano di sorveglianza e controllo (il quale prevede le attività che devono essere svolte durante le varie fasi di vita della discarica, realizzazione, gestione e postchiusura, nonché tutti i fattori ambientali da controllare) a contenere un paragrafo specifico sulle acque di drenaggio superficie, a tenore del quale: “le acque di drenaggio, acque di pioggia, che ruscellano sulla copertura finale dei rifiuti confluiscono nella canaletta perimetrale di raccolta delle acque bianche che permetterà il deflusso ottimale delle acque meteoriche dal corpo della discarica verso il sistema superficiale naturale esistente. Verrà effettuata un’ispezione giornaliera del canale di guardia perimetrale, la sua periodica pulizia, la rimozione del materiale grossolano ed articolato depositato dalla corrente idrica, così da essere sempre libera la intera superficie idraulica della canaletta”.

CONCLUSIONI

Alla luce di quanto rappresentato, si può ritenere che il D.lgs. 36/2003 non impone alcun obbligo di preventivo trattamento e di ulteriore (separata) autorizzazione allo scarico delle acque meteoriche di ruscellamento della copertura finale del corpo della discarica, né impone che siffatte acque vengano collettate verso un corpo ricettore predeterminato. * Studio Ambienterosa s.r.l. - Consulenze legali ambientali


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TERRE E ROCCE DA SCAVO E LINEE GUIDA ISPRA N. 59/2019 UN BREVE VIAGGIO NORMATIVO PER COMPRENDERE MEGLIO IL VALORE DELLE SOFT LAW NEL CONTESTO DI RIFERIMENTO di Cinzia Silvestri*

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a movimentazione delle terre da scavo (TRS) ha storia normativa travagliata e sofferta. Movimentare terra significa porre in essere attività necessarie (ad esempio in campo edilizio) che richiedono speditezza e certezza di gestione; significa anche porsi sul piano della tutela ambientale e controllare la movimentazione di terre che possono essere potenzialmente inquinate (terre e amianto, ad esempio); significa regolamentare la destinazione finale, l’utilizzo, il trasporto delle terre movimentate. Il bilanciamento dei contrapposti interessi - movimentare terre e il controllo sulle stesse - è difficile anche per la molteplicità delle variabili (cantieri di piccole dimensioni, grandi dimensioni, trasporto, terre su aree da bonificare ecc.). Il presente scritto vuole recuperare il viaggio normativo della disciplina sulle terre che trova prima collocazione normativa nell’art. 186 D.lgs. 152/2006 che rivive, dopo la sua abrogazione, nei Regolamenti Ministeriali e Governativi (D.M. 161/2012 e D.P.R. 120/2017). Le Terre e rocce da scavo trovano infine approdo nel Manuale - Linee Guida n. 54/2019 - redatto dal neonato (2016) Consiglio del Sistema Nazionale Protezione Ambiente (ISPRA/ARPA); manuale con intento tecnico di chiarimento che impone di riflettere in ordine alla sua collocazione normativa nella gerarchia delle fonti (soft law?). In questo contesto, attraverso il viaggio normativo (certo non esaustivo) è possibile affrontare la lettura del manuale (Linee Guida Ispra 59/2019) ponendolo nella giusta collocazione normativa. Si precisa: 1) TRS dal 2006 al 2010 - D.lgs. 152/2006 Il primo innovativo inciso normativo dedicato alle terre e rocce da scavo lo troviamo nell’introduzione dell’art. 186 nel D.lgs. 152/2006; articolo che dal 2006 al 2010 subisce numerosi interventi modificativi. 2) TRS dal 2010 al 2012 - D.lgs. 205/2010 Il D.lgs. 205/2010 sancisce (art. 39) la vigenza dell’art. 186 fino all’emissione del Decreto Ministeriale previsto dall’art. 184 bis D.lgs. 152/2006 e la conseguente abrogazione dell’art. 186 citato. L’art. 186 D.lgs. 152/2006 continua dunque la sua vigenza fino alla emanazione del D.M. 161/2012 vigente dal 6.10.2012 (pubb. Gazz. Ufficiale del 10.8.2012). 3) TRS dal 2012 al 2017 - D.M. 161/2012 Il D.M. 161/2012, a sua volta, è vigente fino al 2017 (22.8.2017); esplica i suoi effetti per 5 anni. Il D.M. 161/2012 si badi è un Regolamento Ministeriale redatto ai sensi del comma 3 della L. 400/88. Nelle more della sua vigenza interviene il D.L. 133/2014 (L. 164/2014 art. 8) che decreta la fine e abrogazione del D.M.

161/2012 all’atto dell’emanazione di nuovo testo di disciplina che troverà forma nel D.P.R. 120/2017, oggi vigente. 4) Dal 2017 ad oggi - D.P.R. 120/2017 Il D.P.R. 120/2017, vigente dal 22.8.2017, abroga dunque il D.M. 161/2012, e assume nuova veste di Regolamento Governativo (non ministeriale come il precedente) ai sensi del comma 2 della L. 400/88. Testo dunque di rango superiore nella gerarchia delle fonti. Con evidenza il legislatore ha scelto di disciplinare la particolare e complessa materia della movimentazione delle terre e rocce da scavo attraverso “Regolamenti” (ministeriali o governativi) che dialogano con le norme primarie del D.lgs. 152/2006; norme primarie di riferimento che sono individuabili negli articoli 184 bis (Sottoprodotti), art. 184 ter (Cessazione qualifica rifiuto), art. 185 (Esclusioni [...]). 5) SNPA (Sistema Nazionale Protezione Ambiente) - 2016 In questo contesto si inserisce nel 2016 (L. 132/2016 art. 13) l’istituzione del Consiglio SNPA (Sistema Nazionale Protezione Ambiente) presieduto da un membro dell’Ispra, Direttore generale Ispra e dai legali rappresentanti di ARPA. Il Consiglio formato da tecnici (SNPA) ha emanato il Regolamento con delibera n. 13/2017 (31.5.2017) che recita all’art. 8 Tipologia ed efficacia dei provvedimenti del consiglio “1. Le decisioni del Consiglio SNPA sono assunte attraverso deliberazioni con rilevanza anche esterna al sistema stesso; 2. Gli atti assunti dal Consiglio SNPA si intendono immediatamente esecutivi [...]”. Il Consiglio SNPA può deliberare con rilevanza esterna ed esecutiva. Bisogna dunque comprendere il grado di importanza delle delibere del Consiglio, neo costituito, sulla vita quotidiana delle imprese che operano nel settore della movimentazione di terre. 6) Sottoprodotti e D.M. 264 del 13.10.2016 - Regolamento Bisogna ricordare che nel 2016 viene emanato il Regolamento, sui sottoprodotti, che dialoga direttamente con il D.M. 161/2012 e poi col D.P.R. 120/2017, atteso l’intimo legame tra la movimentazione di terre e sottoprodotto (quale residuo di produzione che a certe condizioni viene escluso dalla applicazione della normativa dei rifiuti e dunque dai controlli inerenti). 7) Linee Guida Ispra (L.G.) n. 59/2019 In questo quadro di riferimento, il Consiglio SNPA Delibera il 9.5.2019 (n. 54/2019) di approvare il Manuale “Linee Guida sull’applicazione della disciplina per l’utilizzo delle terre e rocce da scavo”. Linee Guida “immediatamente esecutive” e pubblicate sul sito www.snpambiente.it.

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8) Scopo delle Linee Guida e difficoltà Qual è lo scopo delle Linee Guida Ispra? Il Manuale lo dichiara a pag. 4: “ […] produrre Manualistica per migliorare l’azione dei controlli attraverso interventi ispettivi sempre più qualificati, omogenei integrati”. È indubbio che la lettura delle Linee Guida si aggancia al D.P.R. 120/2017 e vuole essere strumento idoneo a indicare percorsi utili agli operatori. Tuttavia emerge anche la difficoltà della delibera Ispra n. 59/2019 di attuare l’intento di tracciare percorsi chiari. Un esempio di difficoltà si rinviene nella trattazione della questione sulla “normale pratica industriale” (punto 6 pag. 41 del manuale). Il manuale afferma: “Le numerose interpretazioni di giuristi e tecnici ma anche le pronunce giurisprudenziali sull’argomento non si sono rivelate decisive nel dettare un criterio chiaro di comportamento, soprattutto con riferimento alla cd. Normale pratica industriale; infatti il punto che genera maggiori difficoltà interpretative è la condizione di cui alla lettera c) secondo cui la sostanza o l’oggetto deve essere utilizzato «direttamente senza alcun ulteriore trattamento diverso dalla normale pratica industriale»”. La delibera rileva alcune criticità, propone una soluzione che diviene anch’essa interpretativa (attingendo non solo al D.P.R. ma a circolari del Ministero, al D.P.R., a giurisprudenza e dati tecnici). 9) Linee Guida in materia ambientale Caratteristica delle linee guida in materia ambientale è di bilanciare la norma di diritto che spesso mal conosce la norma tecnica di riferimento; evitare che si creino in ambito giuridico situazioni paradossali o non fattibili tecnicamente; indicare agli operatori percorsi tecnici chiari anche per evitare eventuali sanzioni. Si precisa che le linee Guida non sono ritenute fonti di diritto e vengono attratte per lo più nel sistema di soft law (ben conosciuto nel sistema appalti - Anac). Sono perlopiù strumenti di ausilio tecnico alla norma primaria o secondaria. Tuttavia non si può celare l’importanza crescente delle soft law o linee guida in materia ambientale. Se l’operatore segue le indicazioni anche interpretative del Manuale può dirsi al riparo da eventuali contestazioni amministrative o penali? Bisogna verificare innanzitutto se il Manuale prescrive condotte o impone obblighi, a prescindere dall’assenza di sanzioni; se il Manuale può prescrivere condotte o imporre obblighi. 10) Conclusione - condotte/obblighi - alcuni esempi Utile la lettura del punto 3.2 Cantieri di grandi dimensioni non sottoposti a VIA o AIA, pag. 17 del Manuale che non si esprime in termini di condotta/obbligo ma suggerisce e ritiene “opportuno” seguire le procedure indicate dagli allegati 2 e 4: “Per i cantieri di grandi dimensioni anche se non sottoposti a procedure di VIA o AIA, vista la complessità delle opere e la quantità di materiale potenzialmente scavato, appare opportuno che ai fini delle procedure di campionamento, della caratterizzazione chimico fisica e dell’accertamento della qualità ambientale si applichino le medesime procedure indicate dagli Allegati 2 e 4 per i grandi cantieri in VIA/AIA”. Diverso l’approccio del Manuale in merito al punto 3.1 pag. 17 sulle modalità di campionamento in cui viene precisato che “il D.P.R. 120/2017 non fornisce indicazioni esplicite” e dunque nelle L.G. “si riportano modalità operative utili al fine della dimostrazione del possesso dei requisiti di cui all’art. 4 Criteri per qualificare le terre e rocce da scavo come sottoprodotti” ma aggiungono che “Tali modalità operative saranno applicate dal SNPA nell’ambito dei compiti in materia di vigilanza e controllo attribuiti alle Agenzie regionali e provinciali per la protezione dell’ambiente dal D.P.R. 120/2017”. In questo caso il Manuale sceglie le modalità di campionamento ritenute utili e avverte che tali modalità saranno poi accertate nel caso di controllo dell’autorità. Si conclude dunque nel ritenere che le Linee Guida, collocate nel giusto contesto operativo, siano utile faro applicativo per le imprese ma nel contempo richiedono una lettura comparata e attenta della normativa di riferimento. *Studio Legale Ambiente

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UN NUOVO ABBATTITORE DELLA POLVERE PER GENERAC MOBILE®

Generac Mobile® ha recentemente introdotto un nuovo modello compatto di Dust Fighter, il DF 4500. Questo nuovo modello si inserisce nella attuale gamma Dust Fighter a cavallo tra la fascia “mini” (Smart e Mini) e la fascia “midi” (DF 7500, DF 15000, DF 20000). Con questo modello, Generac Mobile® si propone di colmare il gap attualmente esistente tra le due fasce applicative. I modelli “mini” sono adatti per l’utilizzo in cantieri di piccole dimensioni; i modelli “midi” invece sono adatti per cantieri, cave e altre aree di lavoro di medie dimensioni; i modelli “large” infine sono pensati per grossi impianti minerari, estrattivi e grandi cave. Pur essendo più grande dei modelli “mini”, il DF 4500 è così compatto da poter essere posizionato ovunque e manovrato da un unico operatore e contemporaneamente è in grado di produrre un flusso di acqua nebulizzata sufficiente a coprire distanze considerevoli. La gittata del DF 4500 è infatti di oltre 30 metri e grazie al sistema di rotazione, manuale o automatico, questo modello può coprire un’area di oltre 2600 m2. Il DF 4500 è dotato di un sistema d’inclinazione manuale o elettrica, così da poter dirigere meglio il flusso d’acqua, infine è equipaggiato con traino lento (da cantiere), pannello di controllo integrato e telecomando per il controllo remoto.

FANTONI: COMBY10 IL DECANTATORE MODULARE AD ALTO RENDIMENTO Il decantatore modulare in vetroresina della serie Comby 10 è un brevetto Fantoni, nato per risolvere i problemi di sedimentazione e di separazione puntuale dei fanghi dal fluido immesso, occupando spazi ridotti. È di facile manutenzione, ad alto rendimento e chimicoresistente. Trova la migliore collocazione negli impianti di tipo chimico-fisico che necessitano di trattare molti mc/h. Tuttavia, il principio di funzionamento fa sì che il Comby 10 sia utilizzabile, con modeste modifiche, anche come disoleatore o come stadio intermedio tra grandi decantatori e filtri a sabbia o a carbone, per aumentare il rendimento. L’apparecchiatura mette a disposizione una superficie utile fino a 10 volte superiore alla superficie occupata, senza organi meccanici in movimento sfrutta i sistemi di decantazione gravitazionale, sommando in un’unica soluzione una serie di vantaggi derivati dall’azione combinata di vari elementi: a. l’abbattimento ciclonico delle particelle fluido-disperse sfruttando la loro forza d’inerzia; b. la localizzazione forzata del fluido da trattare, mediante una compartimentazione della zona di immissione dove è massima l’eccitazione del fluido; c. una zona di calma, dove una cartuccia formata da 10 o più tronco-coni sovrapposti, concentra un’ampia superficie di sedimentazione fine. Le peculiarità costruttive del Comby 10 permettono cicli di manutenzione ordinaria a lunga frequenza e soprattutto non sono presenti parti di rapida usura. Il pacco coni, praticamente impossibile da saturare, è realizzato in vetroresina strutturata e avrà vita pari al decantatore. La versione più piccola dei decantatori della serie Comby 10 (da 75 cm di diametro) viene proposta da F&L in comodato d’uso gratuito per un mese, come periodo di prova, in prospettiva dell’acquisto di una versione più grande e confacente a specifici bisogni. In alternativa, il più piccolo dei decantatori può essere noleggiato per fronteggiare situazioni di momentanee necessità.

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TREVI BENNE: NOVITÀ TECNICHE E RESTYLING ESTETICO E STRUTTURALE Trevi Benne ricopre un ruolo primario nel panorama delle aziende leader nella costruzione di attrezzature da demolizione, riciclaggio, movimento terra, industria mineraria e forestale. Propone all’utilizzatore frantumatori, multi-kit, pinze da demolizione e movimentazione, cesoie per il metallo, benne vagliatrici e benne standard e speciali on demand per escavatori sino a 500 t. Il 2019 per l’azienda vicentina è stato un anno decisamente orientato alla presentazione di diverse novità tecniche e al restyling strutturale ed estetico di alcune attrezzature. Come ad esempio il restyling dell’iconico Frantumatore Girevole Serie FR nel modello da 8 ton., ora decisamente più “aggressivo” e più resistente allo stress nelle fasi di frantumazione. Vediamo alcuni degli interventi effettuati per rendere questo modello ancora più performante in cantiere: a. aumento delle dimensioni della ralla e configurazione a due motori di rotazione; b. pacchetto di rotazione chiuso per proteggere la componentistica idraulica; c. prevista l’installazione del sistema di ingrassaggio centralizzato; d. nuovo sistema di denti Heavy Duty; e. 10 denti invece dei 6 previsti nel modello precedente; f. presenza di inserti antiusura per proteggere il telaio; g. ganasce con profilo studiato per facilitare la pulizia del materiale al suolo.

VIRTO-CUCCOLINI: VAGLI MULTIFREQUENZA X-LINE NEL RECUPERO DI CARTONGESSO Le applicazioni nell’ambito del riciclo di materiali da costruzione offrono sempre sfide interessanti, poiché occorre elaborare ogni volta soluzioni innovative che richiedono di pensare fuori dagli schemi. La linea di vagli multifrequenza X-Line di Virto-Cuccolini, con una tecnologia dirompente che ridisegna i limiti della vagliatura fine in ambiti industriali, bene si accoppia al campo del riciclaggio dei materiali da costruzione. Un esempio è la separazione del gesso dalla carta che compone i pannelli in cartongesso, al fine di poter riutilizzare il gesso per la produzione di nuovi pannelli. La tecnologia multifrequenza di Virto-Cuccolini, che con un sistema di trasformazione brevettato amplifica le vibrazioni e le applica direttamente alla rete di vagliatura per evitare intasamento e migliorare quindi l’efficienza del processo, rappresenta una soluzione concreta per il riutilizzo di un materiale di assoluto valore, che nonostante i vari utilizzi non altera mai le proprie caratteristiche. Nella soluzione individuata da Virto-Cuccolini per un grosso produttore italiano, i frammenti di cartongesso passano attraverso la rete vagliante per liberare la frazione di gesso dalla carta e poterla rinviare alla linea di produzione come materia prima perfettamente riutilizzabile. Il movimento di vibrazione impresso alla rete, che supera ampiamente i 5G tradizionali senza per questo destabilizzare la costruzione dello stesso vaglio, permette al gesso di separarsi facilmente dalla carta.

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KELLER: SULLE TRACCE DELLA PRESSIONE Per le importanti funzioni di controllo nella costruzione di macchinari e nell’impiantistica la KELLER S.p.A., società per le tecnologie manometriche, presenta il manometro digitale LEO 2 ad elevata precisione. Nel campo di temperatura compensato di 0…50°C l’apparecchio controllato da un microprocessore rileva due valori di misurazione al secondo, con una precisione complessiva che ricade tipicamente nello 0,1%FS. Il doppio display digitale fornisce il valore della misurazione attuale e simultaneamente il valore minimo o massimo della dimensione del processo raggiunto nel corso del processo stesso. Due tasti posizionati ergonomicamente permettono di sfruttare in modo sicuro tutta la funzionalità del manometro modello LEO a microprocessore. Oltre alla scelta tra cinque differenti unità di misura, all’inizio dei periodi di osservazione vengono neutralizzati i valori estremi memorizzati fino a quel momento. In modalità standard il manometro elettronico si spegne automaticamente circa 15 minuti dopo l’ultima pressione di un tasto. La capacità della batteria, con l’apparecchio impostato sulla modalità di funzionamento continuativo, arriva fino a 1400 ore. Una modalità di funzionamento di LEO 2 non comune, ma di assoluto rilievo nell’utilizzo pratico, permette di definire un qualsiasi valore di rilevazione come “linea dello zero” attraverso la semplice pressione di un tasto. In questo modo il manometro indicherà ogni volta gli scostamenti da questo valore nominale. Il manometro, sviluppato e costruito in base alle esigenze dell’utilizzo pratico, è disponibile in quattro campi di misura da 1…3 bar fino a 0…700 bar. La forma di costruzione standard offre già la classe di protezione IP65 per la struttura di alloggiamento. Con la custodia di protezione opzionale LEO 2 funziona in maniera affidabile anche in ambiente esterno con qualsiasi condizione meteo. L’apparecchio è disponibile anche nella versione di protezione Ex conforme alla normativa 94/9/CE (ATEX 100a). Nella dotazione di consegna è compresa un’unità di montaggio per la regolazione ottimale della lettura durante il funzionamento.

COMETFER: RICICLO E COMMERCIO DI TUTTI I METALLI Cometfer fornisce servizi di riciclo dei materiali ferrosi, recupero dei rottami metallici e degli sfridi industriali nel rispetto dell’ambiente e delle vigenti normative nazionali e comunitarie. Collabora con molteplici aziende, officine e altre unità industriali, è partner affidabile dei principali gruppi siderurgici e metallurgici italiani ed europei, e si propone inoltre quale interlocutore qualificato per tutte quelle aziende che si occupano di bonificare, demolire e riconvertire aree industriali. Oltre a disporre delle autorizzazioni necessarie per il trasporto, lo stoccaggio e il recupero di rifiuti non pericolosi, è azienda certificata per il sistema di gestione ambiente, sicurezza e qualità ed è in possesso di attestati di conformità ai Regolamenti Europei n. 333/2011 e n. 715/2013. Cometfer, al centro del sistema di economia circolare, è una realtà all’avanguardia nei processi di riciclo grazie ad attrezzature sofisticate e all’elevata qualità del servizio offerto, entrambe prerogative irrinunciabili per essere competitivi in un mercato strategico e in costante evoluzione. Ulteriore peculiarità di Cometfer è data dall’alta professionalità e competenza del proprio personale, aspetti questi che garantiscono capacità di innovazione e di ricerca, in un’ottica orientata al miglioramento continuo.

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CAMS: 100% RICICLAGGIO, 0% IMPATTO AMBIENTALE

Perché Centauro? Perché svolge tre lavorazioni in un’unica macchina. Perché rispetta l’ambiente. Perché è unico nel suo genere. E perché è totalmente Made in Italy. “L’idea di sviluppare Centauro è nata chiacchierando con alcuni dei nostri clienti più consolidati” - il top manager di CAMS S.r.l. spiega come è nata l’idea di sviluppare questo modello di impianto mobile di frantumazione e vagliatura dalle elevate prestazioni in grado di sostituire fino a tre macchinari - “le esigenze comuni erano la necessità di riciclare quanto più materiale possibile, poterlo fare direttamente in cantiere e soprattutto minimizzare l’impatto ambientale”. Con 5 sistemi brevettati a livello internazionale Centauro è in grado di soddisfare queste esigenze e raggiungere il massimo dell’efficienza nel riciclaggio dei rifiuti da costruzione e demolizione e dell’asfalto. Capace di sfruttare lo sforzo di taglio durante la frantumazione, riduce il consumo energetico e l’usura dei componenti richiedendo pochissima manutenzione. Da sempre sensibile alle problematiche ambientali, CAMS installa su tutti gli impianti sistemi di inibizione delle emissioni acustiche e polverose, ma Centauro ha una marcia in più. Grazie alla doppia motorizzazione, questo gigante del riciclaggio porta l’ibrido a casa dei suoi clienti e oltre a un bassissimo consumo di carburante è dotato di un gruppo elettrogeno in grado di ridistribuire energia elettrica al cantiere. Il futuro è verde.

FGMTECH: MACCHINE INDUSTRIALI FRA COSTRUZIONE E INNOVAZIONE La FGMTech S.r.l. è un’azienda dinamica con reali e significative doti tecniche nell’ambito della costruzione di macchine industriali con lo sguardo rivolto verso l’innovazione. La scelta strategica di inserire all’interno dell’azienda collaboratori dalla comprovata e pluriennale esperienza permette oggi, alla FGMTech, di offrire sui mercati nazionale ed estero prodotti standardizzati e collaudati in grado di soddisfare al meglio le esigenze della clientela di riferimento. Tra i prodotti di punta che la FGMTech produce vanno menzionati i trasportatori a nastro, bandebord e a tapparelle, i vagli a tamburo e a dischi, le tramogge di carico, i frantumatori a rulli e le macchine lava reti per gli impianti ittici. Un’attenzione particolare deve essere rivolta al trasportatore a nastro Mod. NB. La versatilità di utilizzo, la standardizzazione e l’industrializzazione del prodotto, la semplicità di montaggio e di manutenzione qualificano tale sistema come il trasportatore a nastro con il più alto rapporto qualità/prezzo oggi presente sul mercato. Non a caso molte aziende leader nel campo dell’impiantistica industriale hanno scelto il trasportatore a nastro Mod.NB per le linee che producono e che propongono alla propria clientela. La FGMTech è in continua e costante evoluzione infatti, grazie al consolidamento del proprio staff tecnico parallelamente ai prodotti di punta, è in grado di studiare e produrre macchine e/o sistemi personalizzati.

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MIGLIORI PRESTAZIONI PER LE ATTREZZATURE PROMOVE In occasione delle celebrazioni per il trentesimo anno di attività, Promove ha presentato un completo restyling delle sue linee di attrezzature da demolizione, a cominciare dalla gamma di Frantumatori Fissi. Ampia apertura della chela, alte forze di rottura e robustezza sono i più importanti punti di forza su cui si è basata tutta la progettazione dell’Ufficio Tecnico Promove, dotato di ventennale esperienza nel settore. La gamma, interamente realizzata in Hardox 400, è stata concepita come blocco unico, eliminando saldature che indebolirebbero la struttura. La Mascella Mobile è dotata di tre file di due denti intercambiabili in materiale duro. La coppia di denti anteriori favorisce una maggiore accoglienza del materiale da demolire. La piastra intercambiabile dota i frantumatori di una presa sicura e stabile sul terreno di lavoro: costituita da Hardox 400, è in grado di supportare numerosi cicli di lavoro. I nuovi frantumatori fissi Promove garantiscono una maggior manovrabilità in quanto sono più compatti e al tempo stesso una maggior produzione perché possono accogliere più materiale essendo più larghi. I modelli da 2 tonnellate, sono dotati di serie della valvola Speed Valve per la velocizzazione del ciclo di lavoro. L’ambizione di Promove è quella di rafforzare la posizione nel mercato della demolizione secondaria e del riciclaggio, con una gamma innovativa, dalle alte prestazioni e dai costi più contenuti, con uno sguardo sempre rivolto al miglioramento continuo e agli orientamenti del mercato stesso.

VAUCHÈ BIOMA ITALIA: SOLUZIONI INTELLIGENTI PER IL TRATTAMENTO DEI RIFIUTI Dal 1996 VAUCHÈ BIOMA ITALIA S.r.l. mette a disposizione del mercato italiano la propria esperienza di costruttore di impianti di trattamento rifiuti. Con il tempo l’azienda ha perfezionato processi di selezione altamente performanti per tutti i settori relativi al trattamento dei rifiuti solidi, sia che si tratti di raccolte differenziate sia che si tratti di rifiuti urbani indifferenziati e/o industriali non pericolosi. Gli impianti e le soluzioni tecniche proposte sono supportate da un attento studio ingegneristico sviluppato sulla base delle esperienze in campo che permettono di parametrare le soluzioni proposte nel massimo rapporto di costo beneficio. VAUCHÈ BIOMA ITALIA inoltre, attraverso la proposta rappresentata VAUCHÈ, si forgia altresì della qualifica di costruttore di macchinari che sono ideati e realizzati valorizzando l’esperienza nell’ottica di ottimizzare i costi e l’affidabilità di gestione. Affidarsi a un costruttore come VAUCHÈ BIOMA significa quindi realizzare il proprio impianto di trattamento con soluzioni tecnologicamente all’avanguardia che integrano, costruttivamente, tutti gli accorgimenti di processo per ottenere il massimo rendimento in termini quali-quantitativi con il minimo impiego di manodopera. L’esperienza di VAUCHÈ BIOMA ITALIA nel design degli impianti permette inoltre di ottimizzare il layout dell’impianto minimizzando gli ingombri al suolo dei macchinari installati senza peraltro creare strutture complesse di difficile manutenzione. Le realizzazioni impiantistiche attualmente operative sul territorio nazionale dimostrano la capacità di adattamento delle soluzioni proposte a tutti i tipi di rifiuti e in ogni genere di edificio attraverso processi di selezione non standardizzati che garantiscono, in ogni caso, rese elevate e performance superiori alla media. VAUCHÈ BIOMA ITALIA si conferma quindi un partner affidabile per tutte le società del settore che valutano il costo di investimento come una delle componenti alla realizzazione di un impianto che deve corrispondere, da subito, alle richieste di produttività e di qualità delle frazioni selezionate al fine di garantire un sicuro ritorno dell’investimento.

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APPUNTAMENTI MCT PETROLCHIMICO

SAN DONATO MILANESE, 28 NOVEMBRE 2019

mcT Petrolchimico - Mostra Convegno Tecnologie per l’Industria Petrolchimica è la vera iniziativa verticale di riferimento per i professionisti impegnati nel settore del Petrolchimico e dell’industria di Processo. Giunto quest’anno all’11a edizione, l’evento, organizzato da EIOM, oltre alla sessione congressuale, prevede un’importante area espositiva e una serie di workshop tecnico-applicativi pomeridiani di approfondimento, così da consentire agli operatori di esaminare in modo specifico le tecnologie del momento.

www.mctpetrolchimico.com

SICON

ROMA, DAL 12 AL 14 FEBBRAIO 2020

Il workshop SiCon - Esperienze negli interventi di risanamento, ci attende in questa 11a edizione presso il Chiostro della Facoltà di Ingegneria Civile e Industriale di Sapienza - Università di Roma, dove verranno analizzati e condivisi casi di studio e interventi a scala reale di risanamento e messa in sicurezza di siti contaminati, con particolare approfondimento degli aspetti procedurali e tecnico-operativi, favorendo altresì il confronto tra Accademia, Enti e Istituzioni, Associazioni di categoria e comparto Industriale e dei Servizi. È prevista una visita tecnica presso un sito di bonifica nella Regione Lazio.

www.sicon2020.it

TOP ENERGY

PESCHIERA DEL GARDA, DAL 19 AL 20 FEBBRAIO 2020

Top Energy è il punto d’incontro tra domanda e offerta nel mondo dell’energia. È un evento unico nel suo genere che offre l’opportunità al Direttore Tecnico/Energy Manager della grande industria di poter incontrare in modo mirato, al più alto livello, le società specializzate nel mondo dell’efficienza energetica. La partecipazione permette un aggiornamento tecnico e la possibilità di trovare soluzioni competitive per la propria azienda. La convention è organizzata da Meeting International, società italiana specializzata da venti anni nell’organizzazione di eventi con appuntamenti programmati rivolti al Top Management.

www.meetinginternational.it/topenergy

BIE

FIERA MILANO, DAL 17 AL 20 MARZO 2020

BIE - Biomass Innovation Expo è l’evento interamente dedicato al mondo del riscaldamento a biomasse. Si svolge in concomitanza con MCE - Mostra Convegno Expocomfort e ne promuove l’integrazione con il settore. Per quattro giorni innovazione tecnologica, efficienza energetica ed energie rinnovabili saranno al centro del business internazionale attraverso una gamma completa di soluzioni flessibili e all’avanguardia che saranno proposte a progettisti, installatori, buyer, interior designer e distributori da tutto il mondo. Un ricco calendario di workshop e convegni favorirà occasioni di scambio, aggiornamento e formazione tra professionisti, istituzioni e aziende.

www.bie-expo.it

SAMOTER

VERONA, DAL 21 AL 25 MARZO 2020

Il focus tematico del 31° Salone Internazionale Macchine per Costruzioni è “Tecnologia, Innovazione, Efficientamento”. Le attività connesse al movimento terra ormai possono essere svolte utilizzando tecnologie sofisticate: esseri umani e macchine sono interconnessi mediante interfacce digitali; le macchine dialogano con altre macchine producendo dati archiviati in cloud che consentono l’automazione progressiva delle attività edili, lo sviluppo dell’efficienza e la gestione in sicurezza dei lavori più pericolosi. La rivoluzione dell’industria 4.0 sta investendo il mondo delle macchine per costruzioni e SaMoTer è l’osservatorio privilegiato per capire il cantiere del futuro.

www.samoter.it

MECSPE

PARMA, DAL 26 AL 28 MARZO 2020

Mecspe è la fiera di riferimento per l’industria manifatturiera. Suddivisa in 12 saloni tematici che offrono al visitatore una panoramica completa su materiali, macchine e tecnologie innovative e alle iniziative uniche come Fabbrica Digitale 4.0, la manifestazione rappresenta la via italiana per l’industria 4.0. La 19a edizione di Mecspe “L’eccellenza della tecnologia applicata all’industria”, permetterà di aggiornarsi sulle tecnologie più avanzate e incontrare i più autorevoli fornitori di servizi e tecnologie per implementare un’industria intelligente.

www.mecspe.com

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R U B RI CH E

APPUNTAMENTI

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Anno 12 - Numero 49 – Dicembre 2019 ISSN 2421-2938

Direttore responsabile: Massimo Viarenghi Direttore commerciale: Maria Beatrice Celino Coordinamento editoriale: Maeva Brunero Bronzin Collaboratori: Alfio Bazzichi, Rosa Bertuzzi, Domenico Cappozzo, Paolo Cecchella, Maria Beatrice Celino, Emilio Guidetti, Riccardo Lenti, Valentina Salati, Cinzia Silvestri, Laura Veneri

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solo 40€ per 1 anno e 75€ per 2 anni

Comitato Scientifico: Maria Rosaria Boni (Sapienza Università di Roma) Daniele Cazzuffi (CESI spa) Laura D’Aprile (MATTM, Roma) Luciano De Propris (Consulente ambientale) Ennio Forte (Università degli studi di Napoli) Luciano Morselli (Università di Bologna) Andrea Quaranta (Giurista ambientale - Cuneo) Gian Luigi Soldi (Città Metropolitana di Torino) Federico Vagliasindi (Università di Catania) Mariachiara Zanetti (Politecnico di Torino)

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Ufficio commerciale - Vendita spazi pubblicitari: Maria Beatrice Celino Tel. 011 7497964 Cell. 335 237390 e-mail: b.celino@deaedizioni.it

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ROBOT RADIOCOMANDATI ALL’OPERA PER LA DEMOLIZIONE DELLE PILE DI UN VIADOTTO

TERRE E ROCCE DA SCAVO: COSA DICONO LE LINEE GUIDA ISPRA N. 59/2019

END OF WASTE: LO STOP AL BLOCCO RIUSCIRÀ A RIDARE CORPO ALLA GREEN ECONOMY?

ECOMONDO 2019: ANTICIPAZIONI E NOVITÀ DI UN’EDIZIONE DA RECORD

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