Lungarno n. 24 - dicembre 2014

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Dicembre 2014

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L’AGENDA DI DICEMBRE / LIBRERIE A FIRENZE / CECI N’EST PAS UNE IDÉE / PANARIELLO


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SOMMARIO sipario

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DICEMBRE IN SCENA di tommaso chimenti arte

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CECI N’EST PAS UNE IDÉE di il tavolo del prosecco pellicole

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L’ESPERTO CONSIGLIA di caterina liverani domande

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XENOS CONTEMPORANEA di eleonora ceccarelli cose nuove

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LIBRERIE A FIRENZE di gabriele ametrano serie

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SEVENTIES

di giustina terenzi personaggi

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GIORGIO PANARIELLO di riccardo morandi a quel paese

14 Alexander platz, auf Wiedersehen! Dicembre 2014

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di alba parrini

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l’agenda di DICEMBRE boxini

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DICEMBRE da non perdere

L’AGENDA DI DICEMBRE

i provinciali

20 DICEMBRE PRATESE di pratosfera

point of view

KLEIN+BROOKLYN+KLEIN di gilberto benni

un sex symbol al mese

la zona d’ombra

di il moderatore

di michele baldini

22 Camarón de la Isla la scena

23 EDOARDO FLORIO

BUTTA UN PESCE... just kids

PARI OPPORTUNITÀ di laura ceccherini

palestra robur

24 VIALE XI AGOSTO di leandro ferretti

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stelle

di faolo pox

EDITORIALE di matilde sereni Ebbene, mi hanno regalato un gatto. Contro ogni pronostico, io Matilde Sereni, avrò la completa responsabilità di un essere vivente. Non ho ancora deciso il nome, ma quello è un dettaglio.* Sarà una bella sfida. Quest’ultimo è stato un periodo particolarmente faticoso e in tutta sincerità sono stanca di essere stanca. Avere una scusa per non sentirmi in obbligo di dover incastrare mille impegni, sono certa che mi aiuterà ad organizzare meglio il mio tempo. SÌ VA BENE, LA VERITÀ È CHE MI STO CAGANDO SOTTO. Comunque, dicembre, mese di nodi al pettine. Questo 2014 è passato un po’ in sordina, no? Pochi eventi eclatanti, tanto timore nell’osare, troppa cura nel mantenere e poca nel creare. Ma, se ad una cosa mi serve lavorare per Lungarno (oltre ad uno splendido ritratto a matita nel quale mi rivelo una schizofrenica telefono-compulsiva e pure scompigliata ragazza) è quella di scrutare il sottobosco. Quell’humus che permea la città di eventi ed iniziative ed associazioni e collaborazioni e progetti e idee e colla che mantengono viva la fiamma. Nell’arco di questi 11 numeri ne ho lette e pubblicate di ogni, ed ogni mese nasce o cresce qualcosa di nuovo. In questo numero, ad esempio, troverete l’apertura di tre nuove librerie in città (quattro se vogliamo considerare la mega-Feltrinelli in stazione), inaugura una galleria d’arte contemporanea, resistono grandi realtà come il Festival dei Popoli giunto alla sua 55° edizione. Poi arrivano Natale e Capodanno, con tutto ciò che comportano. C’è chi se ne va e c’è chi resta; entrambi hanno ragione delle loro scelte, perché entrambe sono scelte coraggiose a seconda del punto di vista. Ad esempio, qualche giorno fa Samantha Cristoforetti si è aggiudicata il titolo di prima donna italiana ad andare nello spazio, io, con tutto il rispetto, mi appresto a cambiare la lettiera del gatto, preparargli la cena ed evitare di passare le prossime tre ore a sventolare una pallina di fili colorati in attesa che la belva plachi la sua sete di divertimento notturno spasmodico. Vi assicuro che l’impegno in rapporto è più o meno equiparabile. Ci leggiamo nel 2015. Buon proseguimento. *per idee e suggerimenti scrivere a: matilde@lungarnofirenze.it

basta stare tranquilli

26 LE GAMBE DI SAINT VINCENT di simona santelli matite

28 LETTERA A BABBO NATALE di sergio leone

Iscrizione al Registro Stampa del Tribunale di Firenze n. 5892 del 21/09/2012 N. 24 - Anno III - DICEMBRE 2014 - Rivista Mensile - www.lungarnofirenze.it Editore: A ssociazione Culturale Lungarno Via dell’Orto, 20 - 50124 Firenze - P.I. 06286260481

29 PAROLE

di gabriele ametrano

Direttore Responsabile: Marco Mannucci Direttore Editoriale: Matilde Sereni

30 suoni

Responsabile di redazione: Leonardo Cianfanelli Editor: Caterina Verrienti

di lespertone

Stampa: Grafiche Martinelli - Firenze Distribuzione: Ecopony Express - Firenze

in copertina: “Santa Croce” di Riccardo Sabatini

Riccardo Sabatini è un designer e visual artist originario di Pescia, in provincia di Pistoia, ma da tempo risiede sul suolo fiorentino. Si occupa di lavori che spaziano dalla grafica e tipografia all’arte digitale. È stato pubblicato da case editrici e partecipato a mostre collettive in Costarica e in Sud Corea e Cina. Lo potete trovare, come indicato dall’illustrazione della cover che ci ha fatto, al mercatino natalizio di Santa Croce a banchettare con stinco e birra. Consideratevi invitati. http://riccardosabatini.com/

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Hanno collaborato: Tommaso Chimenti, Caterina Liverani, Riccardo Morandi, Pratosfera, Eleonora Ceccarelli, Gilberto Benni, Alba Parrini, Leandro Ferretti, il moderatore, Michele Baldini, Il tavolo del prosecco, Faolo Pox, Aldo Giannotti, Lespertone, Gabriele Ametrano, Simona Santelli, Giustina Terenzi, Sergio Leone, Riccardo Sabatini, Laura Ceccherini. Nessuna parte di questo periodico può essere riprodotta senza l’autorizzazione scritta dei proprietari. La direzione non si assume alcuna responsabilità per marchi, foto e slogan usati dagli inserzionisti, né per cambiamenti di date, luoghi e orari degli eventi segnalati. Scopri dove trovare Lungarno su www.lungarnofirenze.it

Si ringrazia la Lira Srl e la famiglia Fattori per sostenere e credere in Lungarno.


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SIPARIO

di tommaso chimenti

DICEMBRE IN SCENA

I

panettoni e le lucine fanno già bella mostra di sé da un mese a questa parte e quando il Natale arriva, arriva. La senti per forza l’aria fresca e forse anche la voglia di leggerezza proprio quando qualcosa sta per finire e ancora il nuovo è lontano da venire. E visto che siamo tutti più buoni, allora qui saremo buoni e benevoli, o quanto meno comprensivi, anche verso il teatro d’evasione (da che cosa dovete evadere poi, visto che le gabbie ve le mettete addosso da soli?), e addirittura (brrrividi) nei confronti del musical. Se i grandi teatri sparano i loro nomi e le cartucce da bacio sotto il vischio (non rischiando mai il fischio visto che “il pubblico è ammaestrato e non ci fa paura” e ormai nessuno protesta più né si lamenta; sarà l’anagrafe zoppicante e cedevole), alcuni lasciano decantare solide presenze. Da qui vogliamo cominciare. Ad esempio al Teatro dell’Antella, sempre più coraggiosa la direzione di Riccardo Massai, che ha avuto la forza e la tenacia di aprire con un pezzo con la sempre più grande e intensa Maria Paiato (bisognerebbe assegnarle un Premio Ubu all’anno d’ufficio), arriva (il 6) la favola nerissima di Biancaneve vista dagli occhi lugubri del Teatro Del Carretto. Niente smancerie, niente sofisticazioni né alterazioni disneyane (quanti bambini ha rovinato il massone Walt!), nessuna concessione alle delicatezze. Le ossessioni inquietanti affiorano, gli incubi emergono, la fitta

boscaglia s’ingrossa, il cielo si fa scuro e tetro. Al Teatro Carlo Monni (noi ormai la togliamo la passata dicitura dantesca) di Campi Bisenzio Paolo Rossi, uno dei pochi ormai, assieme ad Haber, che ha fatto della propria vita un’opera teatrale, senza sconti né reticenze, arriva con il nuovo Il colore è una variabile dell’infinito (il 19) una buona scelta e tra le poche chicche, al di là dei nomi da cassetta, del teatro diretto da Andrea Bruno Savelli. Anarchico e senza categorizzazioni possibili Rossi è “l’inventore della rosa blu”, una fantasia, un’utopia che è divenuta realtà per la costanza dello scienziato-botanico. Una spinta a non abbandonare le strade non battute, i sentieri impervi, a farsi sempre più salmone che risale la corrente invece che pecora al caldo nella pancia del gregge. Big al Teatro della Pergola per la felicità di quegli abbonati che senza il nome di grosso calibro non si schiodano da casa. Ecco Stefano Accorsi per tutte quelle fanciulle di ogni età, che mischiano bravura e bellezza, con un’altra declinazione del Decamerone (dal 9 al 14) per chi non si è accontentato della passata versione. A seguire Silvio Orlando ne Il mercante di Venezia, (dal 16 al 21) altra interessante regia di Valerio Binasco, messinscena inferiore alla Tempesta, ma sempre di alta qualità, che interpreta proprio l’ebreo Shylock (nell’ultima trasposizione cinematografica a stelle e strisce il ruolo fu di Al Pacino;

da non proporre nemmeno lontanamente un minimo parallelo). Al Teatro Verdi i brillantini si sprecano e la polvere di stelle qui è di casa. Prima i segni della croce con Jesus Christ Superstar (dal 2 al 7) con Ted Neeley, il mitico protagonista della pellicola del ’73. Sono passati quarant’anni, il Golgota è sempre lo stesso, ma la nostra fede si è annacquata avvicinandosi sempre più a un gorgheggio, a un salmo mandato a memoria nell’infanzia inconsapevole: perfetto per lo spirito natalizio. Dopo l’incenso e i miracoli, dopo l’orto dei Getsemani, i ricordi e le starlette del grande circo mediatico, di scarpe lucide e tip tap di Cinecittà con Christian De Sica chansonnier e Cicerone all’interno delle parabole, dei percorsi del grande e affascinante (ci si può anche bruciare) mondo della celluloide. Quei piani sequenza, quelle inquadrature, quelle zoomate, quei tagli, le bobine e le “pizze”, tutto riassunto in un viaggio vero e proprio di due ore all’interno di un immaginario collettivo secondo, per portata nei decenni, solo a Hollywood. Comunque regalare biglietti teatrali è sempre (insieme ai libri), il miglior presente: immateriale e talmente volatile da essere eterno e infinito nella memoria e nel ricordo. Sempre che il teatro sia un buon teatro. Spettatore annoiato che dici che non c’è mai niente di interessante “continuerai a farti scegliere o finalmente sceglierai”?


ARTE

Baustelle Emanuele Becheri Andrea Mastrovito Alexandros Papathanasiou Luigi Presicce Giuseppe Stampone a cura di Gino Pisapia

26 ottobre – 20 dicembre 2014 da martedì a sabato, ore 14.00 -19.00 Biagiotti Progetto Arte, Via delle Belle Donne 39/r, 50123, Firenze

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di il tavolo del prosecco

el nostro mondo, ridondante di ego condiviso e social-media, si registra un’inflazione altissima nell’uso di frasi celebri, di aforismi e di citazioni. Il perché lo si faccia su Facebook o Twitter è abbastanza banale: essendo strumenti di auto-racconto, per non dire di auto-celebrazione, si impacchetta l’idea migliore di sé e la si consegna lustratissima ai propri follower. Ma qual è il valore e il fine ultimo dell’uso della citazione in campo letterario e artistico? Benché il mio spirito cinico-critico continui a pensare che anche lì si nasconda dell’ego (faccio mie parole di un maestro, perché la penso come il maestro e, per un facile sillogismo, potevo essere maestro anch’io), un’analisi più razionale porta l’accento sul passato, sull’insegnamento che viene dall’esperienza vissuta, collettiva o personale, e sulla rielaborazione del presente basata su principi che nel passato hanno ricevuto la loro certificazione di qualità. Capito? In buona sostanza ciò che appartiene ai tempi andati è ormai codificato e accreditato, per tanto possiamo usarlo come una tavola periodica per orientarci nel presente. Vi torna? Mentre ci pensate potete sempre farvi un giro alla Galleria Biagiotti, dove siete ancora in tempo per vedere una bella mostra collettiva che ruota tutta intorno alla citazione. Fulcro dell’esposizione (mi raccomando cominciate dall’ultima stanza del piano interrato), è l’opera inedita di Emanuele Becheri, che dà il titolo alla mostra, Ceci n’est pas une idée. Inutile dirvi

CECI N’EST PAS UNE IDÉE

che cita l’iconico e ironico quadro di Magritte Ceci n’est pas une pipe, in cui il maestro del Novecento denunciava l’equivoco fra oggetto e rappresentazione dello stesso, tra materia e idea, ed è proprio sull’idea che si incunea Becheri che restituisce alla materia foglio, vetro e inchiostro la smaterializzazione del concetto. Detto così magari sembra complicato, o peggio un esercizio intellettuale, ma se ci pensate bene riprendere le parole di un maestro e aggiungere un finale diverso vuol dire fare un passo avanti nel presente che porterà al futuro. E non è forse questo quello che dobbiamo fare? Passi avanti? Infatti, andiamo avanti, perché gli artisti esposti in questa mostra hanno in comune un’idea di partenza, più o meno consapevolmente, ma si differenziano molto per stile e media utilizzati – lampante dimostrazione matematica di come diversi procedimenti portino alle stesse conclusioni e di come si possa fare a meno dell’analogia stilistica nella curatela di una collettiva. Dalla nicchia riflessiva di Becheri ci troviamo davanti a una vecchia tv che trasmette in loop il video dei Baustelle Un romantico a Milano, diretto da Lorenzo Vignoli e pensato come omaggio allo scrittore, saggista, giornalista e critico televisivo Luciano Bianciardi, toscano di origine e milanese di adozione, morto prematuramente nel 1971. Le citazioni nascoste in questo video sono tante, dalla Merda d’artista di Piero Manzoni a Truffaut, da Godard a Chaplin. Salendo le scale a chiocciola ci si trova nel bel

mezzo dell’installazione site-specific di Giuseppe Stampone, Mental Parking, una serie di cartelli di segnalazione stradale che fanno da supporto agli ormai famosi tracciati a penna Bic dell’artista che si snodano in eleganti ritratti iperrealistici di icone dell’arte o di opere molto note, accostate con ludica irriverenza a frasi, parole, luoghi ed eventi della storia passata o contemporanea. Non confondete 1 Samuele 17 di Andrea Mastrovito con una citazione pulpfictioniana di Samuel L. Jackson: l’operazione è ben diversa e proietta uno scontro fra ebrei e palestinesi su una copia in gesso a scala ridotta del David di Michelangelo, imprimendo a grafite su gesso e su intonaco la violenza politica e religiosa (se ancora di religione si può parlare). One Lie, A Thousand Truths (trovo questo titolo bellissimo), di Alexandros Papathanasiou crea, invece, un inganno estetico, fra la preziosità dell’apparenza di questa scultura e l’origine povera dei materiali di cui è composta. Una pulizia e semplicità nella composizione che diventa eleganza, l’illusione di un monolite dorato nella reale leggerezza e fragilità dei componenti. Chiude il percorso il video della performance di Luigi Presicce, Le tre cupole e la torre delle lingue, in cui l’elenco delle citazioni artistiche, simboliche, esoteriche, popolari è sfaccettato come in un gioco di specchi e di rimandi continui, ma talmente tritato, masticato, digerito ed elaborato da dare vita a un linguaggio originale, peculiare e ormai riconoscibile, dell’artista salentino.


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PELLICOLE

di caterina liverani

L’ESPERTO CONSIGLIA CHRISTMAS EDITION

A

rriva un momento ogni 25 dicembre nel quale, con lo stomaco pieno e i pantaloni sbottonati, la salivazione aumentata dalla massiccia assunzione di moscato e torrone e le membra intorpidite dalle numerose ore passate con le gambe sotto a un tavolo, che nasce in me una prorompente esigenza di evasione. Ho bisogno, anzi ho urgenza di qualche ora sola con me stessa… e con un film. Senza essere cinici le festività natalizie sono un affettuoso rituale nel quale nel migliore dei casi ti sei alleggerito il portafogli e appesantito il punto vita, hai scartato qualche pessimo presente e molto probabilmente hai qualche difficoltà digestiva. Il cinema per me è sempre stato valvola di sfogo e appuntamento fisso nei giorni di festa, sia che si trattasse di buttarsi in una sala – evitando i giorni di maggior fisiologica affluenza – che di abbandonarsi sul letto con una tisana al finocchio sul comodino e un dvd nel lettore. Ma procediamo con ordine: tra le moltissime uscite in sala, nutro non poche aspettative per Magic in the moonlight, l’ultima sofisticata commedia di Woody Allen che promette di essere un godibile divertissement con Emma Stone e Colin Firth, per Pride con minatori e attivisti gay e lesbiche uniti e solidali in epoca tatcheriana, per Jimmy’s Hall di Ken Loach ambientato nell’Irlanda dei primi anni Venti, in cui Jimmy

Granton aveva aperto un centro culturale dove le persone oltre che al ballo si dedicavano all’aggregazione, che fu fortemente osteggiato dalle autorità ecclesiastiche locali e, ovviamente, e infine per St. Vincent in cui Bill Murray, scorbutico veterano ad alto tasso alcolico, promette di farci divertire e commuovere. Tra gli appuntamenti da non perdere nelle sale fiorentine, possiamo già segnalarvi le due grandi anteprime al Portico del 1 dicembre con Pride e del 29 con The Imitation Game. La versione restaurata di Tempi Moderni, il capolavoro in cui Charlie Chaplin salutò il pubblico indossando per l’ultima volta i panni di Charlot, ma facendo finalmente sentire la sua voce cantare Je cherche après Titine, sarà l’8 dicembre allo Stensen, e il 18 all’Odeon che inoltre animerà il 23 l’antivigilia con The Hobbit. Sempre all’Odeon gli amanti dell’original sound potranno gustarsi in esclusiva la commedia argentina Storie pazzesche (15 e 16 dicembre) prodotta da Pedro Almodóvar, Jimmy’s Hall (18-26) e St. Vincent dal 27 al 31 con spumante e panettone per tutti gli spettatori l’ultimo dell’anno. Potrà anche capitare, però, che nei giorni di festa, e soprattutto nei day after, complice la pigrizia, un hangover di capodanno (e il non potersi portare in sala una borsa termica con gli avanzi del cenone), ci sia poca ispirazione a uscire dalle

proprie case. Noi consigliamo quindi, per soddisfare la sete di evasione, di spengere la luce, accendere le luci dell’albero e il lettore dvd. C’è un’intera corrente di pensiero circa i film che si “dovrebbero” vedere a casa per Natale, alla quale noi ci siamo adeguati, suggerendovi i due titoli nella pagina a fianco a cui si potrebbero aggiungere gli intramontabili A piedi nudi nel parco, Love Actually o, perché no, il primo Vacanze di Natale con Jerry Calà al piano bar, Claudio Amendola innamorato, Cristian De Sica con i suoi fusilli e l’inarrivabile brindisi di Riccardo Garrone: “E anche questo Natale… ce lo siamo levati dalle palle!” Vi sfidiamo però a rompere con le tradizioni e a optare per un film che ha ben poco in comune con questi titoli: Eyes Wide Shut. Tanto carico di richiami al Natale – le bizzarre decorazioni di casa Ziegler, gli alberi addobbati che compaiono in diverse scene (provate a contarli), e la splendida sequenza finale nel negozio di giocattoli – quanto privo di buoni sentimenti. Fate con noi questo esperimento e guardate l’ultimo capolavoro di Kubrick in una delle notti che precedono o seguono le festività. Se non l’avete mai visto, sarete rapiti dalla sua ammaliante suggestione che difficilmente dimenticherete, se invece già conoscete i turbamenti natalizi del Dotto Bill Hartford, rivedrete un gran film da una nuova prospettiva. Buone Feste!


L’ESPERTO CONSIGLIA

200 CIGARETTES

B

en e Casey Affleck, Kate Hudson, Christina Ricci, Courtney Love, Elvis Costello e tanti altri attori direttamente dalle nostre commedie preferite degli anni Ottanta e Novanta ( Janeane Garofalo di Giovani, carini e disoccupati, Martha Pilmpton de I Goonies e Paul Rudd di Friends, solo per citarne alcuni), in un film da gustare rigorosamente con l’approssimarsi del sempre temuto veglione di Capodanno. New York City, 31 dicembre 1981: una parata di gustosissimi personaggi collegati dal fil rouge di un comune invito a una festa nell’East Village, se ne vanno a zonzo per la città tra vecchi e nuovi amori, storie di una notte, fiumi di alcool e centinaia di sigarette appunto. Un nuovo grande classico, co-prodotto da MTV nel suo massimo splendore dei tardi anni Novanta, 200 Cigarettes – con la sua ottima colonna sonora – è il film perfetto in cui rispecchiarci con tutte le nostre nevrosi di fine anno, ricordandoci che “se ti rilassi, e hai l’atteggiamento giusto, puoi divertiti anche se puzzi di cacca di cane!” P.S.: diffidate dalle tiepide recensioni che troverete in rete!

IL CLASSICONE

LA VITA È MERAVIGLIOSA

(1946)

«T

hank you to the audience, you gave me a wonderful life, Good bless you». Con queste parole James Stewart nel 1985 accettò, dalle mani dell’amico Cary Grant, l’Oscar alla carriera. La finestra sul cortile, La donna che visse due volte, L’uomo di Laramie, Alla conquista del West, Una strega in paradiso… in una vita costellata da capolavori Jimmy Stewart, l’eroe di guerra, il bravo ragazzo affascinante e vulnerabile scelse di rievocare La vita è meravigliosa che nel 1946 lo restituì al suo pubblico dopo un’assenza di cinque anni dedicati al servizio militare nell’aviazione durante il secondo conflitto mondiale. Salvata nel suo frangente più drammatico da Clarence, l’angelo senza ali “dall’intelligenza di un coniglio e la fede di un bambino”, l’ordinaria vita dello straordinario George Baily, dopo quasi settanta anni riesce ancora a scaldare il cuore e a far versare qualche lacrima, ricordandoci che nessun uomo che abbia degli amici è un uomo perduto.


©Chico De Luigi

9 / 14 dicembre STEFANO ACCORSI

DECAMERONE vizi, virtù, passioni 2 / 7 dicembre

SPRING AWAKENING

dal Decamerone di Boccaccio adattamento e regia Marco Baliani

da Frank Wedekind regia Emanuele Gamba

31 dicembre

16 / 21 dicembre

ROCCO PAPALEO

SILVIO ORLANDO

IL MERCANTE DI VENEZIA di William Shakespeare regia Valerio Binasco

Biglietteria Via della Pergola 24 Tel. 055.0763333 biglietteria@teatrodellapergola.com Lun > sab 9.30 > 18.30, domenica riposo

www.teatrodellapergola.com

UNA PICCOLA IMPRESA MERIDIONALE di Rocco Papaleo e Valter Lupo regia Valter Lupo


SA

po

DOMANDE

di eleonora ceccarelli

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XENOS CONTEMPORANEA

X

enos arte contemporanea riapre le porte a tutti noi in una nuova sede. Dopo un anno passato in via dei Serragli, adesso la ritroviamo poco lontana, in viale Francesco Petrarca al 60r, con un nuovo inizio. Vaia Balekis, la gallerista, ha le idee molto chiare: portare avanti un progetto innovativo che renda l’arte contemporanea accessibile e fruibile a tutti. Lo spazio sarà dedicato primariamente all’esposizione e, alla promozione di artisti locali e non. Ma non finisce qui. Il progetto nasce dall’esigenza forte di avere un luogo a Firenze dove poter entrare in contatto con proposte artistiche nuove, di promuovere e portare l’arte contemporanea nella vita delle persone. L’idea è quella di una open gallery dove sia possibile avere uno scambio tra artisti e pubblico, attraverso workshop, laboratori, incontri, talk e letture. Verranno, inoltre, promosse attività trasversali di indagine sociale e antropologica, progetti di rete e collaborazione a più livelli con scuole, università e accademie, nell’ottica di realizzare uno spazio polifunzionale che non crede nell’esposizione statica standard come unico modo di fruizione dell’arte. Come ci rivela l’origine greca del nome xenos, ossia straniero, altro, ospite, l’importanza dell’accoglienza e l’ospitalità, il fare incontrare persone con il pretesto dell’arte sono gli obbiettivi fondamentali. Entrare in una galleria spesso suscita una sensazione di freddezza e di distacco che qui è totalmente assente. Attirare un pub-

blico più vasto? Sì, un popolo più ampio e vario frequenterà questo spazio e altri luoghi fiorentini dove Xenos si sposterà con la sua attività. Anche questo è nell’aria. La consapevolezza che il confronto e lo scambio siano alla base di una crescita culturale si evince chiaramente dai molti progetti che fremono all’interno di queste mura. Nascerà presto anche un book corner dove si troveranno in vendita e in consultazione cataloghi e libri su arti visive e performative, musica, grafica, fotografia, design, architettura, letteratura, danza, teatro e cinema. Agenda a portata di mano quindi, perché solo a dicembre gli appuntamenti sono molti. Dall’asta di beneficenza Todo Modo, che si terrà sabato 13 dicembre alle 18 c/o, per una raccolta fondi a favore dell’Orto Botanico/Giardino dei Semplici di Firenze, alla presentazione del libro Temporiuso. Manuale per il riuso temporaneo di spazi in abbandono in Italia, che è prevista mercoledì 17 dicembre alle ore 18.30 c/o presso Villa Romana, via Senese 68. Inoltre, dal 16 al 19 dicembre, Xenos ospiterà l’edizione 2013/14 di StArt Point a cura dell’Accademia di Belle Arti di Firenze. Insomma basta, ne ho dette già troppe. Seguite queste attività e quelle future: ascoltate il mio consiglio! Un occhio di riguardo andrà anche ai bambini e ai laboratori a loro dedicati. Strumenti importanti, questi, per offrire ai ragazzi l’occasione di conoscersi e di approfondire le loro naturali inclinazioni, trovando nell’arte un modo nuovo di comunicare attraverso progetti di fruizione

attiva e di avvicinamento alle opere e agli artisti. Tutto questo è per Vaia imprescindibile. L’esperienza di Lucio Amelio nella Napoli anni Settanta e Ottanta è per la giovane ed energica gallerista uno spunto da cui trarre positività e ispirazione per realizzare la sua idea di una realtà aperta e viva, di un punto d’incontro e di scambio accessibile alle persone comuni, l’anima reale della città, e non solo a un’élite privilegiata. Anche per gli artisti la possibilità di avere un dialogo aperto con chiunque sia incuriosito e si senta di voler entrare in contatto con loro è sicuramente un’esperienza unica. Annullati i preconcetti di chi è già inserito nel modo dell’arte, insomma. La scelta di Firenze non è casuale, è una scelta coraggiosa che deve avere tutto il nostro sostegno. Luoghi come Xenos danno ossigeno alla città, portano ottimismo e buone vibrazioni. Ci sono realtà musicali, di arti performative e visive che troppo spesso restano al buio proprio a causa della mancanza di collaborazione e di una rete che riesca a metterle in contatto. Io sono molto felice di avere conosciuto una giovane donna, mamma, intraprendente e serena. A volte, usciamo da una conversazione con una bella sensazione: pensiamo che le cose stiano e possano cambiare, anche per le sfide che sembrano impossibili, come rendere l’arte contemporanea accessibile a tutti. E questa è proprio una di quelle volte. http://xenoscontemporanea.com/


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COSE NUOVE

di gabriele ametrano

LIBRERIE A FIRENZE

D

ice che una rondine non fa primavera, ma tre librerie fanno cultura. Nel giro di poche settimane Firenze ha visto sbocciare tre nuovi luoghi per gli amanti dei libri. Una sorpresa, ma soprattutto una speranza. Scommettere oggi sui libri sembra un gesto incosciente, un’utopia che ha già ha avuto i suoi lutti nelle scorse stagioni. Seeber, Edison, Martelli e poi la libreria del Porcellino, quella di libri a metà prezzo in via della Spada e, per chi se la ricorda, quella di arte in via del Sole: erano tappe fisse per chi voleva immergersi in volumi e pubblicazioni di ogni tipo. Poi per un motivo o per l’altro hanno chiuso i battenti. “Con i libri non si vive” era diventata una nenia triste e poco consolatoria. Poi arriva l’autunno. Un autunno stranamente mite che regala a Firenze giornate di sole e scampagnate. I ragazzi escono senza sciarpe e cappelli, le ragazze ancora evitano le calze. E due vetrine in città tolgono i cartelli dei lavori in corso. E in pieno centro alcuni operai tirano su una struttura rettangolare. Dietro i vetri, dentro quella costruzione, compaiono i libri. Libri diversi, libri di ogni genere e fattura. C’è chi inciampa guardando quella meraviglia, chi entra, chi grida al miracolo. Dice che il giorno di apertura di queste nuove librerie siano volate le rondini in cielo. Siamo in autunno, ma per la cultura di Firenze è primavera.

BLACK SPRING BOOKSHOP Via Camaldoli 10/r Margherita ha deciso di aprire la sua libreria nel cuore dell’Oltrarno. Libri illustrati, qualche edizione straniera, molti volumi che da altre parti neanche vengono citati. Alle pareti murales che richiamano il gusto gotico, la cultura underground, il rito e l’arte dei tatuaggi. Ci si siede per un caffè sulle poltrone in fondo alla sala, si ascolta musica e si chiacchiera. Chi viene alla Black Spring si immerge nel gusto della cultura che si muove sotterranea ma c’è, esiste, critica e costruisce. L’esperienza è quella internazionale, delle librerie indipendenti lontane dai circuiti di cui siamo abituati a vedere le scelte. La linea è chiara: non come gli altri. E così gli scaffali sono ricchi di letture di piccole e sconosciute case editrici (con titoli più che interessanti), raccolte illustrate, qualche classico. All’interno c’è una caffetteria con prodotti che stanno lontano dalla grande distribuzione. Insomma, Black Spring rappresenta l’esperienza letteraria che mancava. E in città è realmente unica. https://www.facebook.com/blackspringbookshop/

TODO MODO Via dei Fossi 15/r Dal libro di Sciascia l’idea del nome. E sembra proprio che quel nome, Todo Modo, abbia dato la forza per metter su una libreria incredibile. Perché i cinque soci hanno creduto in tutti i modi a questo progetto e ne hanno tirato fuori una preziosa presenza. Sono circa centottanta metri quadri: scaffali ovunque, libri ovunque. Ci sono cataloghi interi di case editrici, libri usati e libri a rendere (compri, leggi e se riporti ti viene ridato un quarto del prezzo di copertina). La scelta dei titoli è sbalorditiva: oltre al gusto dei cinque Todo Modo, alcuni scrittori hanno dato una lista di libri preferiti. Così se volete leggere ciò che vi consiglia, ad esempio, Alan Pauls lo trovate nello scaffale. Uqbar è il nome della enoteca caffetteria al suo interno: prodotti slow food, caffè e vino scelto con cura. Ma oltre tutto questo rimarrete meravigliati da una trovata architettonica: sul fondo dell’ultima sala una gradinata di legno che regna sullo spazio circostante. Gli eventi proposti potranno essere visti da lì, come a teatro. http://www.todomodo.org/ Chapeau! LA VIA DEI LIBRI Via Martelli Guardando il Duomo sulla sinistra. Siamo nel cuore della città, in piena zona pedonale vista campanile. Mandragora e Clichy hanno rimesso insieme le forze e creato questa esperienza letteraria da passeggiata. Una libreria generalista, con di tutto un po’. In calendario presentazioni e approfondimenti dal gusto toscano. Qui la vera novità però non la fa la struttura, ma chi ci lavora. Chi vi consiglierà i libri da leggere? Gli ex librai Edison, gli stessi che una volta vi coccolavano in Piazza della Repubblica. E questa è una bella notizia. Bentornati amici, bentornati! https://www.facebook.com/LaPiazzaDeiLibri/


SERIE

11

di giustina terenzi

SEVENTIES

T

orniamo in questi nostri excursus sulle serie televisive a fare qualche passo indietro nel tempo, prendendo in esame tre superbe serie che hanno in comune almeno quattro aspetti fondamentali. Sono serie tv americane, sono ambientate tutte negli anni Settanta, sono interpretate in gran parte da afroamericani, e soprattutto sono avulse da quell’insopportabile patina del politically correct che per anni a seguire ha tarpato le ali a sceneggiature e creatività. Parliamo di Archibaldo, dei Jefferson e dell’irresistibile Sanford and Son. Partiamo dall’irriverente Arcibaldo (titolo originale All in the Family), una sitcom statunitense, prodotta a partire dal 1971. Grandissimo successo ispirato a sua volta alla sitcom britannica Till Death Do Us Part, appositamente riadattato per il mercato americano, apre la strada a temi di fondo nuovi e fino allora ritenuti non idonei per il pubblico del piccolo schermo, come il razzismo, il sesso, l’omosessualità, l’aborto, la guerra in Vietnam, il cancro e addirittura l’impotenza! Soggetti impensabili per una sitcom, che sfidarono il temibile codice di censura della Federal Communications Commission che vietava di parlare di argomenti considerati inadatti ai minori nella fascia oraria tra le 20.00 e le 21.00. La serie è incentrata sulla famiglia Bunker, del Queens, New York. Nella casa convivono Arcibaldo (Archie Bunker), la moglie Edith, la figlia Gloria e il suo compagno (e futuro genero) Mike Stivic. Archie, bianco cinquantenne tassista, è ben lontano dal prototipo del padre di famiglia tutto ideali e buoni sentimenti; è invece un uomo bigotto, razzista, sciovinista pieno di pregiudizi. A catalizzare la sua rabbia è

soprattutto il futuro genero Mike, disoccupato, progressista e di origini polacche, ma anche la famiglia Jefferson (i vicini di casa di colore) e Frank e Irene Lorenzo che vivono al di là della strada (lui casalingo di origine italiana, lei meccanica di origine irlandese), e la cugina Maude (tre volte divorziata e femminista). Una comicità cinica e spregiudicata, che suscitò scalpore per il linguaggio e i temi trattati in maniera realistica, ma che nonostante tutto riuscì ad andare in onda per ben venticinque anni inaugurando un vero filone del genere. Da una costola di Archibald nacque infatti il fortunatissimo spin off The Jefferson. Gli ex vicini di Archie Bunker, dopo aver costruito una solida fortuna con le lavanderie, si trasferiscono in un lussuoso attico di Manhattan. Qui vivono Weezie e il capo famiglia George (la versione nera di Archibald), razzista, tirchio e sospettoso, a sua volta raccontato e immortalato nella quotidianità dei tempi in una chiave inedita: politicamente scorretta e linguisticamente smaliziata (si diceva “negro”, dall’americano nigger, invece che “di colore”, e le coppie miste venivano chiamate “zebre”). Il tutto con un linguaggio libero e irridente, anticipando in taluni casi i tempi di ben trent’anni se pensiamo a battute come: «Se andiamo avanti di questo passo avremo un presidente negro». Così tuonava George in una delle duecento cinquantatré puntate spalmate su undici stagioni. Una comicità verace, concreta, mai disincantata o citazionista e postmoderna come ne vediamo oggi. Personaggi come la sprezzante cameriera Florence, o la divertente Weezie, che ridono assieme al pubblico delle proprie battute, lontane dall’alienazione e dalla

nevrosi delle serie tv contemporanee; personaggi vitali e divertenti, in sintonia con se stessi e con lo spettatore. Non da meno è la serie Sanford e Son: centotrentasei episodi trasmessi per la prima volta nel corso di sei stagioni dal 1972 al 1977. Due raffazzonati rigattieri neri di Los Angeles, Fred un uomo vedovo, burbero, dispotico e conservatore e il figlio Lamont, irrequieto trentenne che non riesce ad abbandonare il tetto familiare; tra una cianfrusaglia e l’altra, i due non smettono mai di beccarsi a vicenda in un susseguirsi di battute pungenti, cattive e veri e propri tormentoni, come quando Fred, debole di cuore, di fronte a situazioni di stress urla alla moglie defunta: «Elisabeth sto arrivando…» (solo nella puntata pilota si contano quindici infarti simulati). Attorno ai due personaggi un cast di brillanti caratteristi di colore e una colonna sonora da urlo composta da Quincy Jones. Filo comune in queste produzioni è il rimando a tempi e quadri comici mutuati più dalla commedia dell’arte che dalla sofisticata e algida commedia radical di stampo newyorkese. Non sappiamo se la riproposta di queste serie potrebbe avere un qualche seguito (io credo di si!), ma di sicuro contengono ancora qualcosa che merita di essere riscoperto, come quel gusto innocente della risata, privo di spocchia o elucubrazioni. Certo, probabilmente, al di là della forma e delle spregiudicatezze linguistiche, si tratta di prodotti più “rassicuranti”, ma senza dubbio una miniera inesauribile di situazioni comiche e spunti che potrebbero fare da traccia a produzioni contemporanee.



PERSONAGGI

G

iorgio Panariello non è Giorgio Panariello. Se esistesse una sindrome da sdoppiamento di personalità comica questa potrebbe chiamarsi “Sindrome da Panariello”. Perché Giorgio Panariello è Naomo, è Simone, è Mario il bagnino. Giorgio Panariello è Renato Zero. Un Oscar della toscanità comica e di spettacolo che, forse per la prima volta, con i suoi personaggi e le sue battute, riesce a penetrare l’Olimpo del cabaret italiano. Torna a Firenze, Panariello, con uno spettacolo a venti anni dal primo bagno di folla che questa città gli regalò. Era il 1994, Panariello era uno dei giovani ragazzi che tutti conoscevamo grazie ad uno spettacolo su una tv locale. La grande stagione dei comici toscani continua, venti anni dopo, sullo stesso palco con “Panariello sotto l’albero”. Riproponi a distanza di venti anni “Panariello sotto l’albero”, uno spettacolo che in un certo senso ti battezzò artisticamente a Firenze. Cosa è cambiato, secondo te, in questa città in venti anni? Non vivo più a Firenze da anni, ma quando ci vengo ho sempre un’ottima impressione: la trovo molto migliorata in termini di vivibilità, soprattutto rispetto a Roma, dove abito. Sicuramente Firenze rimane comunque una città stupenda, accogliente e aperta, i giudizi su questo luogo sono sempre positivi fra le persone che incontro per lavoro. Sei in un certo senso l’emblema della comicità toscana di oggi, ma non sei fiorentino bensì versiliese. Che tipo di rapporto hai con la nostra città? Nasco a Firenze ma ci ho vissuto per pochissimi anni e poi mi sono trasferito in Versilia, il rapporto con questa città l’ho recuperato negli anni successivi, quando è diventata casa mia. Da bimbo versiliese vedere i fiorentini era strano: in casa nostra, ad esempio, li chiamavamo “i si-

di riccardo morandi

gnori” perché con i nonni affittavamo la nostra casa in estate a famiglie di Firenze e andavamo a vivere nella casa davanti, più piccola. Crescendo poi, da ragazzi, vivevamo i fiorentini come gli invasori perché ci portavano via in estate le donne che noi corteggiavamo tutto l’anno, ma a pensarci bene, quando “i forestieri” se ne andavano, ci rimaneva una grande malinconia e tristezza. Come il mare quando finisce la stagione. Hai iniziato a lavorare al cinema con un ruolo drammatico, in “Albergo Roma” di Ugo Chiti. Ti piacerebbe un giorno tornare a un cinema impegnato, come hanno fatto i tuoi colleghi Boldi e Abatantuono con Pupi Avati? Certamente e non a caso ti comunico con molto piacere che girerò un film a gennaio con Mimmo Calopresti. Un film drammatico, con Isabella Ferrari, che andrà anche a Cannes.Del resto la comicità spesso si basa sul dramma: Totò ha fatto i suoi film migliori con questa tematica, per non parlare di Fantozzi, che personalmente mi fa commuovere. Il filo sul quale camminiamo noi comici è sottilissimo. Hai iniziato a fare sia spettacoli che TV con il mitico gruppo dei comici toscani di Vernice Fresca e Aria Fresca. Un grande gruppo, con dentro i vari Pieraccioni, Carlo Conti, Ceccherini. Su chi avresti scommesso ai tempi? Chi era per te il numero uno? Sicuramente Andrea Cambi e te lo avrei detto anche se fosse ancora vivo. Andrea aveva delle potenzialità espressive impressionanti, talmente forti che è stato letteralmente inseguito negli ultimi suoi anni di vita da Ettore Scola per un progetto di un film. Purtroppo Cambi ha avuto grandi difficoltà di maturazione, avesse avuto l’istinto di sopravvivenza di un Pieraccioni, sarebbe stato il numero uno. Provate a guardare direttamente su Youtube il suo clip “la telefonata”: è un capolavoro. Quale è la cosa più faticosa e quella che ti

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diverte di più del tuo lavoro? TV, teatro o cinema? Mi diverto molto nel mio lavoro, qualsiasi esso sia. Mi diverto anche quando faccio la pubblicità, che pur molti considerano solo una “marchetta” ma che invece è pericolosissima se fatta male, visto quanto passano gli spot in ogni dove. Il mio habitat preferito è il teatro, perché lo vivo come un grande gioco, come una cena fra amici in cui ci si diverte. Dal vivo inoltre puoi cambiare tutto, puoi rivoluzionare il tuo spettacolo, cosa che al cinema non è possibile, visto che una volta girato un film, tutto si è concluso. Stessa cosa in tv, dove una volta andato in onda, esaurisci il tuo messaggio e rischi di avere la sfortuna di Ceccherini, ad esempio, che con una brutta espressione ha cancellato anni di lavoro... Che rapporto hai con la musica? Amo la musica, ne ascolto spesso prima degli spettacoli e per rilassarmi. Non ho un genere di riferimento anche se apprezzo molto i Radiodervish e un cantautore non molto conosciuto, Joe Barbieri. Allora la tua conduzione di Sanremo è stata appagante… Al contrario, è stata una delusione. Ero partito con le migliori intenzioni, avevo parlato con tutti gli artisti e con i produttori, volevo dare tanto. Mi sono reso conto, con il passare del tempo, che il “festival” era il “festival di Panariello” e non della canzone italiana. Invece che la buona musica, i media cercavano il gossip, la polemica, il commento sull’abito o sull’espressione. Quest’anno è tutto in mano a Carlo Conti, mio amico da oltre trent’anni, sono sicuro che farà in ogni caso un lavoro egregio. Che lavoro avresti fatto se non avessi lavorato nello spettacolo? Beh, con tutta probabilità avrei lavorato in un albergo. Il mio sogno sarebbe stato quello di aprire invece un bel negozio di abbigliamento.


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A QUEL PAESE

di alba parrini

Alexander platz, auf Wiedersehen!

N

on so se anche voi siete di quelli che le festività vi uccidono, che basta un cuoricino rosso, una zucca o un costume da arlecchino per farvi salire l’ansia da calendario. Ecco, per me questo avviene col 25 dicembre. Generalmente verso fine novembre, quando “si accendono e brillano le luci di Natale”, inizio a trasformarmi inesorabilmente nel Grinch. Vi chiederete quindi che cosa sto a fare qui a parlarvi di mercatini di Natale a Berlino. Ebbene, l’unica occasione in cui ho finalmente sentito quel friccicorino allo stomaco, la famigerata “magia del Natale”, è stato proprio bevendo Glühwein e mangiando biscotti allo zenzero al Weihnachtsmarkt Jannowitzbrücke und Alexanderplatz all’ombra della torre della televisione, toccante simbolo del retaggio sovietico. Ma Berlino è da vedere e da vivere sempre. La capitale della Germania resta comunque la città dove si è fatta la storia più recente dell’Europa e del mondo. I tedeschi non hanno rinnegato gli errori fatti, ma hanno trovato il modo di raccontarli in maniera oggettiva e non buonista, con acquisita consapevolezza. Berlino è il memorial all’olocausto: una superficie di 19.000 metri quadrati con 2.711 blocchi di cemento di dimensioni differenti, concepito come un labirinto che sprofonda sempre più in basso, dentro il quale perdere l’orientamento. È impossibile uscirne senza aver provato una sensazione claustrofobica. La storia di Berlino è naturalmente legata al muro: le famiglie separate, i giovani morti per scappare a un destino segnato, e quel giorno del 1989 in cui finalmente i berlinesi dell’est hanno raggiunto la porta di Brandeburgo, primo baluardo del benessere, un miraggio visibile dall’alto del Reichsstadt. Immancabile una visita al Checkpoint Charlie, il più noto dei posti di blocco che collegava il quartiere di Mitte (sovietico) con Kreutzberg (americano). Ironia della sorte, è proprio il Mitte, tra i quartieri ex sovietici, ad essere oggi il top dei sobborghi berlinesi. Numerose gallerie d’arte (sperimentazioni d’avanguardia, installazioni, video art) sono state aperte qui, e hanno e fatto

salire i prezzi degli immobili alle stelle. Ma l’arte a Berlino non è irraggiungibile, tutt’altro; si può toccare e vedere, e chiunque può entrare in galleria e proporre le proprie opere. A Berlino si ha la consapevolezza di trovarsi nel centro interculturale dell’Europa contemporanea. Nell’era post bellica, la città è stata accogliente con tutte le popolazioni migranti, spinta inizialmente forse da un sentimento di colpevolezza per i peccati commessi contro l’umanità. Non a PLAETZCHEN – biscotti di Natale tedeschi caso la comunità italiana è numerosissima e ben integrata, anche Ingredienti: ad alti livelli professionali: Fabia 500 gr. di farina bianca e Alekos, architetto e avvocato, vi200 gr. di zucchero vono qui da molti anni e mi con1 bustina di zucchero vanigliato fermano che la qualità della vita 2 tuorli d’uovo è altissima. Mi raccontano che 1 uovo intero questo mix di culture ha dato vita 250 gr. di burro a un fermento e a una vita intelcannella, zenzero, chiodi di garofano a piacere lettuale che è sicuramente la più attiva del nostro continente. Mescolare farina, zucchero e zucchero vanigliato in una Se andate a Berlino, non potete terrina, aggiungere quindi il burro ammorbidito e le non fare un salto a Kreuzberg, il sobborgo dove la multiculturaliuova. Aggiungere le spezie a gradimento. Impastare il tà è la norma. Quartiere tra i più tutto fino a formare un panetto e lasciarlo riposare per avanguardisti d’Europa, prima qualche ora nel frigorifero. della caduta del muro, ha subìto Stendere l’impasto sottilmente, tagliare i biscotti successivamente una grossissima nei modi che più vi sono congeniali prevedendo ondata d’immigrazione turca, eventualmente un foro per appenderli all’albero. Cuocere che l’ha portato oggi a delinearin forno a 170°C per 13/15 minuti circa. si come crogiuolo della cultura, degli hipster, dei locali notturni, dei ristoranti di tutte le cucine del mondo e dei prezzi bassissimi. A Kreuzberg ci nettiera milanese che vende il pane a 5€ al kg. sono due destinazioni imperdibili per gli amanti Ma se andate sotto Natale, sicuramente non podello shopping 2.0: si tratta di Original Unvertete perdervi una scivolata sullo slittino o una packt, il primo supermercato in Europa dove i partita a piastra sul ghiaccio al Winterwelt, tra i prodotti vengono venduti senza imballaggio, e grattacieli futuristi di Potsdamer Platz, oppure il di Markthalle Neun, mercato di generi alimenWeihnachtszauber – magia del Natale – a Gentari dove è possibile trovare dal contadino di darmenmarkt. Se questa magia ha colpito anche Brandeburgo che smercia verdura bio, alla pavoi, che dire? Alexander Platz, au wiedersehen!


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LI UOMINI DI HOKINAWA G Plaz (FI) ing. libero BANANE (5-6/12) Teatro delle Spiagge (FI) ing. 10/8 € EVA DIARIO DI UNA COSTOLA Teatro Puccini (FI) ing. 18/22 € SABATO 6 IVER TO RIVER (6-12/12) R Cinema Odeon (FI) ing. 6 € THE DIMAGGIO CONNECTION Glue Firenze (FI) ing. libero con tessera ROLLING AND TUMBLIN Tender Club (FI) ing. NP GREEN LIKE JULY Limonaia (Fucecchio) ing. libero SCREAM BABY SCREAM Exenzia Club (PO) ing. libero POLO QUARTET Pinocchio Jazz (FI) ing. 13/10 € I FRATELLI RAUDO Plaz (FI) ing. libero IL PUPAZZO DI NEVE Teatro Verdi (FI) ing. 5/8 € ELECTRICITY Teatro Dante Carlo Monni (Campi Bisenzio) ing. NP METALLICA CONVENTION Viper Theatre (FI) ing. NP L A REGINA DADA Teatro Puccini (FI) ing. 16/20 € L A CANTATRICE CALVA (6-7/12) Teatro Metastasio (PO) ing. NP UNPOPIUINLÀ (6-7/12) Teatro Fabbriconi (PO) ing. NP … E D’ORO LE SUE PIUME (6-7/12) Teatro Comunale Niccolini (San Casciano V.P.) ing. 10/16 € CINQUANTA SUONATI...E CANTATI (6-8/12) Teatro Le Laudi (FI) 18/16 € FIERA NERA (6-7/12) Black Spring Bookshop (FI) ing. libero MOSTRA FELINA Fortezza da Basso (FI) ing. NP DOMENICA 7 T WO MOONS Exenzia Club (PO) ing. 5 € K ALASHNIKON Next Emerson (FI) ing. NP FIGLI DELLE STELLE Plaz (FI) ing. libero

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VENERDÌ 12 DELUXE Auditorium Flog (FI) ing. 12/10 € IN ZAIRE Controsenso (PO) ing. libero con tessera PETER HOOK DJSET + INFLAGRANTI Tender Club (FI) ing. 15 € FOLKSTONE Viper Theatre (FI) ing. NP THE GABBAS Exenzia Club (PO) ing. libero CONTESSA AND THE SQUIRES Plaz (FI) ing. libero ONDERÒD (12-13/12) Teatro Puccini (FI) ing. 20/25 € MI HANNO RIMASTO SOLO (12-13/12) Teatro Lumière (FI) in.15/13 € IL VILLINO DELLE SIGNORINE SQUILLONI Teatro Obihall (FI) ing. NP CH’È VERO ICCHÈ DICANO? Teatro Dante Carlo Monni (Campi Bisenzio) ing. NP RISATE AL 23° PIANO (12/12-4/1) Teatro di Cestello (FI) 15/13 € SABATO 13 USICA PER BAMBINI M Glue Firenze (FI) ing. libero con tessera LAST KILLERS Tender Club (FI) ing. NP ROCKCONTEST - FINALE Auditorium Flog (FI) ing. 5/8 € IL CILE Viper Theatre (FI) ing. NP DADAMATTO Limonaia (Fucecchio) ing. libero CONCERTO DI NATALE (13-14/12) Basilica di Santa Trinita (FI) ing. libero STEFANO MAURIZI 4TET Pinocchio Jazz (FI) ing. 10/7 € SNEAKERS + CONCURA Exenzia Club (PO) ing. 10 € R ABARBARI TRIO Plaz (FI) ing. libero LA FAMIGLIA CAMPIONE Teatro delle Spiagge (FI) ing. 10/8 € INIZIAZIONI (13-14/12) Cango (FI) ing. 8 € LE LIBERE DONNE DI MAGLIANO (13-14/12) Teatro Le Laudi (FI) 18/16 €

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MARTEDÌ 30 C HICA VAMPIRO Teatro Obihall (FI) ing. 17/32 € L A CARTA PIÙ ALTA (30/12-6/1) Teatro di Rifredi (FI) ing. 14/12 € NON C’È DUO SENZA TE (30-31/12) Teatro Puccini (FI) ing. 16/20 € THE BEST OF MUSICAL (30-31/12) Teatro Verdi (FI) ing. NP MERCOLEDÌ 31 C APODANNO ROCK Exenzia Club (PO) ing. NP THE NIGHT OF INDIE ROCK WARRIORS Tender Club (FI) ing. NP CENA+SPETTACOLO Spazio Alfieri (FI) ing. NP L A SUPPOSTA EREDITÀ DEL CAVALIER NENCIONI Teatro Dante Carlo Monni (Campi Bisenzio) ing. NP GIOCONDO ZAPPATERRA (31/12-16/1) Teatro Le Laudi (FI) ing. NP UNA PICCOLA IMPRESA MERIDIONALE Teatro della Pergola (FI) ing. 28/58 €


DICEMBRE MARTEDÌ 2 ELISA Teatro Obihall (FI) ing. NP A me di tutta la produzione musicale di Elisa mi sono rimasti impressi pochi scampoli. Ve li elenco. Il primo file è dedicato al primo brano che mi ricordo di qualche annetto fa una hit tutta in inglese e mi ricordo che su radio 101 la presentavano come la Dolores O’Riordan di casa nostra. L’altro è legato alla cover di Femme Fatale inclusa in un album che la mia ragazza dell’epoca ascoltava anche sotto la doccia provando a fare il coretto dei Velvet Underground e quel momento li era uno dei pochi in cui la amavo con tutto me stesso. Ma il ricordo al quale sono affezionato è quando mi si fermò la macchina sulla FI-PI-LI per un guasto elettrico che aveva fatto impazzire frecce, luci, chiusura centralizzata e soprattutto l’autoradio. Quando arrivò il carro attrezzi l’autoradio iniziò ad alzare il volume lentamente proprio su un pezzo di Elisa e, quando raggiunse l’assordante livello di “30”, come un’apparizione di Gandalf o di San Pietro arrivò a sorpresa il Liga che era ospite di quel singolo. Il mio soccorritore mi guardò perplesso, tentato dal lasciarmi li. Epico.

MERCOLEDÌ 3 FABI-SILVESTRI-GAZZÉ Nelson Mandela Forum (FI) ing. 34 € Vi dirò la verità. Secondo me il Renzi nel suo tempo libero ascolta il CD di Fabi, Silvestri, Gazzé sentendosi vicino ai giovani. Anzi io ce lo vedo pure a canticchiare “Life is sweet” in macchina la domenica mattina prima di andare a messa. Dopo questa cazzata veniamo alle cose serie. A me di questi esperimenti di fusioni artistiche interessa ben poco dopo aver sentito l’unico esempio valido di questo genere: Raf e Umberto Tozzi in Gente di Mare. Poi ci andrò a vederlo perché sono tre piacioni e dai piacioni c’è sempre da imparare qualcosa.

VENERDÌ 5 DEAN BLUNT Ostello Tasso (FI) ing. NP Succede che i quattro moschettieri di Lungarno ci chiamino e ci dicano che Dean Blunt è una roba importante, di livello e che si meriterebbe un posto nel “da non perdere”. Succede anche che nella stessa telefonata qualcuno, sotto, pronunci il nome dei Dear Jack, in concerto a Firenze il 20 dicembre. Non so per quale motivo ma ero convinto di dover scrivere un boxino sui Dear Jack. Quindi mi sono ascoltato meticolosamente le loro hit. Sopravvissuto a fatica posso affermare prima di tutto che la pioggia è uno stato d’animo. Poi ho ascoltato una serie di cover su spotify tutte tratte da Amici di Maria de Filippi, dagli U2 ai Pooh, dai Baustelle agli Oasis, da Celentano a Cocciante e ancora non capisco chi gli ha slegati questi.

SABATO 13 LA PRINCIPESSA SUL PISELLO Teatro Metastasio (PO) in. NP Ora io mi sento anche un po’ in difficoltà a mettere insieme due forme di arte che spesso non si parlano, ma il titolo di questo spettacolo mi ha fatto venire in mente la prima volta che vidi un giornalino porno nel campetto di calcio al lato della chiesa. C’era un capannello di amici tutti chini come se stessero guardando al piano di sotto. In realtà guardavano basiti l’immagine di una teutonica svestita che in un montaggio (ironia involontaria) di tre scatti prima guardava stupita, poi avvicinava impaurita e poi si accomodava sopra un grandissimo uccello che stava attaccato a un ometto emaciato e secco. Stupore. Ma ancora di più fui stupito quando, mesi dopo, mia nonna, mentre discuteva con la Zia Maria, le disse “ecco, adesso fai la Principessa sul Pisello”? Ad un tratto non sapevo se pensare che il porno fosse meno tabù di quanto mia madre mi aveva detto oppure pensare che mia nonna fosse un’estimatrice delle pubblicazioni e che poi faceva come con Famiglia Cristiana, ossia dopo averla letta la passava anche alle altre cognate. Comunque il trauma di aver immaginato mia zia come la teutonica ho faticato a farmelo passare.

da non perdere da VENERDÌ 19 a DOMENICA 21 IL PICCOLO PRINCIPE Teatro Goldoni (FI) ing. 10 € Il Piccolo Principe incontrò un mercante di pillole che calmavano la sete. “Perché vendi questa roba?” chiese il Piccolo Principe. “È una grossa economia di tempo” disse il mercante “gli esperti hanno fatto dei calcoli. Si risparmiano 53 minuti alla settimana.” “E che cosa se ne fa di questi 53 minuti?” chiese perplesso il Piccolo Principe “Se ne fa quel che si vuole...” rispose sicuro il mercante “Io” disse il Piccolo Principe “se avessi 53 minuti da spendere, camminerei adagio, adagio verso la fontana...”

SABATO 20

Quando proponemmo a Lungarno di fare una rubrica sugli eventi top l’agenda di questo giornale era buona ma non sempre pienissima. Per noi quindi era più facile scrivere i boxini, c’era meno scelta ed eravamo più costretti. Il 20 dicembre ci sono così tanti eventi da segnalare che vi rimandiamo all’elenco nella pagine precedenti e questo significa che Lungarno funziona sempre di più e noi possiamo continuare a selezionare gli eventi da “coprire” secondo i nostri perametri. Ossia: se il titolo ci stuzzica, se nessuno ci ha detto “dai, fate un boxino che quelli ci hanno comprato tanta pubblicità, se lo meritano un boxino, e poi si fanno in quattro, lavorano sodo...”, se l’ufficio stampa non ci sta sul cazzo, se non si tratta di gobbi e se ci regalano i biglietti gratis.

MARTEDÌ 23 FRANKENSTEIN JUNIOR Teatro Verdi (FI) ing. NP L’universo femminile per me si divide tra chi ha visto Frankenstein Junior e Spaceball e chi non li ha visti. Tra queste esiste la categoria femminile che dice “non guardo quelle cagate” che racchiude quelle dalle quali bisogna scappare a gambe levate. E non sottovalutate questo mio consiglio. Detto questo, sono curiosissimo di vedere come riusciranno a portare in scena il capolavoro e soprattutto sono curioso di vedere l’attore che fa Aigor e la sua interpretazione.

GIOVEDÌ 25 DIAFRAMMA Controsenso (PO) ing. libero con tessera XMAS LIVE Limonaia (Fucecchio) ing. libero XMAS PARTY Auditorium Flog (FI) ing. NP Mangiato troppo pesante? Natale triste? Regali insoddisfacenti? Lo zio Andrea aveva un alito come un impianto di compostaggio? La zia Ersilia puzzava di naftalina e aveva i capelli viola? Tua cognata ti ha chiesto di assaggiare la sua specialità con i rapini è ancora adesso la stai vedendo impressa ovunque manco fosse la pubblicità di Intimissimi? Tuo fratello ti ha regalato un abbonamento a Cani & cavalli? Tua nonna era così in tranche ai fornelli che é andata di fori, ha lessato un nipote nel brodo, ha grattugiato una gamba del tavolo sul risotto e poi ha rincorso con un machete tuo padre perché ha osato dire “manca un pizzico di sale”? La tua ragazza ti ha fatto capire in tre nanosecondi e senza il minimo rimorso o senso di colpa che quel regalo che le hai fatto é al 99,5% preciso a quello che voleva lei ma non é il 100% quindi sai già come finirai l’anno e come lo inizierai ossia che non ci si può mai fidare di te e che sei approssimativo? Ecco tre alternative per sfuggire dalla tombolata o dal Trivial Pursuit e rifugiarsi con altri ruttofili del post pranzo natalizio.


Tutto BUST

la vita e l’arte meraviglioso inganno


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I PROVINCIALI

di pratosfera

DICEMBRE PRATESE

A

nche i pratesi sono consapevoli che a Natale ci si intenerisce tutti un po’ e soprattutto che è cosa buona fare i regali a coloro per i quali nutriamo affetto e amore. E allora dobbiamo confessare che il pratese medio prova dell’affetto profondo, anche se molto ben riposto, per i cugini fiorentini, e in particolar modo per quelli curiosi e appassionati di musica ha pensato bene, quest’anno, di agevolare la loro partecipazione ai grandi eventi musicali in programma a Prato nel mese di dicembre. Intendiamoci, non siamo al punto di un vero e proprio sconto per i residenti in provincia di Firenze, però siamo quasi certi che arriveranno presto. Magari il prossimo anno. Ecco, il 16 dicembre da Firenze si potrà venire a Prato per respirare la densa nebbia di quell’Emilia Paranoica che Giovanni Lindo Ferretti

si porta dietro da trent’anni. Questo è il concertone di Natale a Prato, c’è poco da fare. Dai CCCP ai giorni nostri, al Metastasio. Un altro grande regalo che i pratesi faranno ai fiorentini, ma anche a tutti gli altri toscani, italiani e appassionati di un certo cinema d’autore, è lo spettacolo sulla vita di Francesco Nuti. Si dice che anche a Firenze abbiano riso e pianto con i suoi film, addirittura imparato a memoria intere sequenze di Caruso Pascoski, per esempio. Ecco, lo spettacolo si intitola Francesco Nuti – Andata, caduta e ritorno e Nicola Pecci, sul palco per impersonarlo, racconta in prima persona la storia e la vita del regista pratese, le sue gioie e i suoi dolori, i suoi trionfi e le sue cadute senza indulgenza alcuna. L’appuntamento per questa prima nazionale è al Metastasio il 29 e 30 dicembre.

POINT OF VIEW

P.S.: se vi capita di fermarvi a guardare uno dei trentatré alberi di Natale parcheggiati in giro per la città perché, secondo voi hanno qualcosa di strano, sappiate che in effetti qualcosa di strano ce l’hanno.

di gilberto benni

KLEIN+BROOKLYN+KLEIN

C

hi era William Klein? Era forse un regista? Un fotografo? Un pittore? Impossibile a dirsi. Quello che è certo è che fosse un artista a tutto tondo che grazie alla fotografia è riuscito a ritagliarsi un posto di rilievo nel gotha del mondo artistico. Considerato uno dei venticinque fotografi più influenti del ventesimo secolo divenne celebre per il suo approccio rivoluzionario per il suo “rifiuto senza compromessi delle regole prevalentemente accettate della fotografia” e per “l’approccio ambivalente e ironico al mondo della moda”. Dopo aver vinto il Premio Nadar per il libro di immagini sulla sua amata New York si trasferisce al capezzale di Fellini e finisce per fargli da assistente, producendo, nel corso della sua carriera da cineasta, svariati documentari e più di duecentocinquanta spot televisivi. Negli anni Ottanta torna alla fotografia e da qui riparto per presentarvi uno dei suoi più bei progetti (in mostra a Milano presso

la Leica Galerie) Klein+Brooklyn+Klein. Un progetto che attraversa il quartiere brulicante di gente, insegne al neon, muri risvegliati dall’arte di guardare in alto un insieme di segni e di simboli che qualcuno preferisce portare sulla pelle, un quartiere che balla il tiptap sul marciapiede con le ragazzine e offre un giro sulle giostre della sua umanità variegata e colorata. Per farvi capire ancora meglio cos’è Brooklyn per Klein vi lascio le sue parole: «A midnight scene… only in Brooklyn. My assistant and I were watching a mediocre minor league double header. The Staten Island Yankees versus the Coney Island Mets. Their split. A man came over to join us. He was a Czech Rabin who had arrived here in 1980, a baseball and photography fan. He recognised me and asked, “What are you guys doing?” We told him. He asked us whether we wanted to see a Hasidic prayer and study session. It was only a block away. We accepted.»

Non sono abeti, anche se lo sembrano. Sono querce modificate. Vedete quante meraviglie svela Prato a chi ha la pazienza di conoscerla meglio?



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UN SEX SYMBOL AL MESE

di il moderatore

una non precisata (ma di certo illuminata) mente alle prese con la vera essenza della bellezza

Camarón de la Isla

L

a Spagna non è più molto di moda ultimamente, passati nel dimenticatoio Zapatero e la nazionale di calcio più titolata della storia, tornano in mente solo le sue tradizioni più aberranti: la corrida, la corsa dei tori di Pamplona, gli Héroes del Silencio, la “s” sibillina, senza contare le incomprensibili spinte indipendentiste che ogni tanto infiammano la politica iberica. Poi c’è il flamenco. E qui bisogna fare un discorso a parte. Una sorta di prototipo gitano del melodramma napoletano, questa malinconica forma di esuberanza, urlata al mondo intero dal profondo dell’Andalusia, significa puro, atavico slancio di passione latina che nessuno riuscirà mai a interpretare come fece, anni or sono, Camarón de la Isla. Inarrivabile cantore, simbolo della misteriosa connessione fra sex appeal ed estensione delle corde vocali – alto o basso che sia il tono, non cambia la sostanza – il Camarón è, in patria, una leggenda del flamenco, troppo prematuramente scomparso per conquistare un pubblico più vasto, impresa riuscita invece ai suoi emuli più recenti quali i Gipsy Kings o Joacquin Cortés, gente che ha sfondato (le palle, soprattutto), un po‘ in ogni dove, ma che mai arriverà all’intensità delle interpretazioni e soprattutto al parossismo tricologico di colui che nacque José Monge Cruz.

LA ZONA D’OMBRA

di michele baldini

antagonismi gratuiti

BUTTA UN PESCE NELL’ACQUARIO

O

vvero, del come e del perché chi conosce molta gente finisce per parlare solo di gente. Ovvero, ho conosciuto troppe persone inutili nell’ultimo periodo della mia vita. Sawaki Kōdō è un grande maestro zen del XX secolo. Un aforisma a lui attribuito cita: «La gente crea dei gruppi per praticare la stupidità di gruppo». Condivido appieno allorché la costituzione di un gruppo qualsiasi non si orienti al raggiungimento di un preciso obiettivo, sia esso sentimentale, artistico, sociale o economico, non risponda a passioni o a interessi reali e comuni, non si strutturi in un percorso di scambio e di crescita reciproca, ma semplicemente si orienti al fare comunella per sentirsi meno soli. Come dire, l’esatto rovescio del ben più celebre detto “l’unione fa la forza”. E questo perché non credo sia apprezzabile in nessun sistema logico mettere insieme persone a caso sull’onda del “ci siamo ritrovati” se non orientandole – appunto – al caso come inizio e fine ultimo. La cosa però accade, e siccome l’affetto è una malattia molto contagiosa (condividere pensieri, esperienze, momenti pubblici e privati per un determinato tempo con un paracarro porterebbe probabilmente all’amarlo incondizionatamente), bisognerebbe stare attenti a chi si sceglie come

compagni. Ci sono molti tipi di cattive compagnie. Non solo gli amici drogati più grandi che ci deviano quando abbiamo quindici anni. Noi possiamo essere, credo – anzi quasi sempre lo siamo – i peggiori compagni di noi stessi e di conseguenza lo diventiamo nostro malgrado per coloro che frequentiamo, cambiandoli, peggiorandoli. Il contagio spesso diventa vorticoso e – come dire – si autoalimenta: conoscere persone e trovarsi bene – o male – una volta, porta al desiderio di conoscerne altre con cui paragonare – in positivo e in negativo – le esperienze pregresse. Ossia a parlare di persone di medio livello che hanno detto cose di medio livello con altre persone di medio livello che dicono altre cose di medio livello. Lo sviluppo di questo turbine porta infine a parlare di gente con altra gente, specializzandoci in banalità che non interessano a nessuno e men che meno a noi, convinti di essere interessanti solo perché si è fatta molta esperienza umana. Non so se sia troppo pertinente, ma di recente ho rivisto Teorema di Pasolini. Il concetto è questo: proviamo a buttare un pesce nuovo in un acquario dove l’acqua non viene cambiata da un po’ di tempo e vediamo cosa succede. Nel 99% dei casi l’acquario, cioè il gruppo, esploderà.


LA SCENA

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piccole incursioni nel sottobosco locale

Edoardo Florio Di Grazia Identificati in qualche modo. Sono Edoardo Florio Di Grazia, suono e canto in una band meravigliosa che si chiama Le furie. Perseguo il mio obbiettivo da quando ho otto anni, età in cui ho cominciato a suonare e ad amare la musica. Inoltre sono laureato in storia, specializzando in scienze storiche. Lavoro a Controradio dove ho un programma il sabato pomeriggio intitolato “Giovani andrà tutto bene”. Do lezioni di musica ai bambini, metto i dischi in qualche locale, faccio il cameriere due volte alla settimana. In camera mia c’è una scritta: studiare, suonare, lavorare. Questi sono i miei comandamenti, e l’ordine dei verbi non è casuale. Cos’è per te La Scena? Scena è una parola antica che indica il luogo dove dimorare al chiuso o un palco coperto sul quale agivano gli istrioni. Al tempo degli etruschi era semplicemente un luogo riparato da una tenda, poi nel corso della storia ha assunto diversi significati, ma è interessante scoprire come molto spesso una scena artistica non sia altro che un luogo in cui nascondersi e dove fare mo-

stra di sé. Infatti, far parte di una scena non vuol dire nulla, è un qualcosa di esterno. Qualcuno può vederti appartenere ad essa, ma sentirsene parte, il più delle volte, vuol dire aver voglia di pavoneggiarsi senza alcun motivo. Come sempre quello che conta veramente non è la scena alla quale appartieni, ma il lavoro che fai. È solo quello che può farti sentire fiero di te stesso.

Perché credere ne La Scena? Non bisogna credervi. La scena è spesso qualcosa di effimero, superficiale, di poco valore e di frequente devia il tuo intento. Quello in cui bisogna credere sono la costanza, il lavoro, la perseveranza e lo scambio con l’altro, solo così un uomo o un artista può crescere veramente. Anche lo scambio con l’altro non può essere indirizzato da una scena, ma solo dalla libertà di condividere quello che vuoi con chi vuoi, sia egli un musicista siciliano, un falegname tedesco, un poeta napoletano o quant’altro. In un mondo globale non si più parlare di scene, ma solo di libero scambio di vite. È sempre lo stesso discorso: bisogna avere e trovare il coraggio di evolversi nel modo di parlare, di scrivere, di pensarsi.

JUST KIDS

di laura ceccherini

Piccole pari opportunità crescono

S

uccede spesso a noi italiani di arrivare fra gli ultimi su importanti dibattiti di natura sociale e culturale, e di finire per dire la nostra in modo un po’ goffo su questioni che altrove trovano un rispetto di ben altro spessore. È il caso del dibattito sulle pari opportunità e sulle differenze di genere. Mentre qui si discute di strategie per creare parità in modo posticcio, nel mondo anglosassone si va oltre e si sposta il dibattito sull’infanzia e sull’educazione dei bambini, che saranno gli adulti di domani. È attraverso il gioco che i bambini affinano e sviluppano la loro identità, sperimentano il mondo adulto e costruiscono la loro visione della realtà: va da sé che dovrebbero avere la libertà di scegliere fra tutti i giochi possibili quelli che più li divertono e non quelli che gli adulti ritengono “adatti” a maschi o a

femmine. Insomma, se nel nostro domani vogliamo che più donne occupino posizioni di leadership, dobbiamo dar modo alle bambine di oggi di sviluppare capacità di problem solving che certamente il set per la stiratrice perfetta non aiuta ad accrescere. E se sul fronte familiare aspiriamo a una maggior condivisione delle incombenze domestiche dobbiamo permettere ai nostri bambini di fare gli “ometti” con bambole e biberon senza timore di portarli sulla sponda sbagliata. A questi temi si è appassionata anche Barbara Imbergamo, esperta di governance e ideatrice di Cuntala, un gioco di carte per raccontare storie che hanno per protagonisti donne astronaute, muratrici, un ostetrico e una famiglia arcobaleno. Forte di un’idea nuova e vincente, e con un’operazione di crowdfunding di successo, Barbara ha iniziato a ideare e produrre giochi creativi che mettono in discussione stereotipi di genere e promuovono la diversità, con l’ambizione di contribuire a costruire un mondo di pari opportunità. Accanto all’universo gioco, nella galassia della letteratura per l’infanzia, non siamo messi troppo meglio. La ricerca di Irene Biemmi sugli stereotipi di genere della donna nelle fiabe dipinge un quadro deprimente della narrativa con cui raccontiamo il mondo ai nostri figli: un mondo abitato da maschi forti e valorosi, e da donne malvagie oppure buone, ma inette, che possono aspirare a un ventaglio di futuri possibili assai più ridotto e banale di quello riservato ai maschi. In questo campo si iniziano a imporre prepotentemente nuovi titoli che grazie a editori coraggiosi offrono storie in cui le femmine si liberano dalle briglie dello stereotipo per mostrarsi in tutta la loro complessità o dove maschi vigorosi rivendicano il piacere di fare l’uncinetto; o, ancora, una bambina può avere anche due mamme e lo zio può sposare il suo fidanzato. Sono segni importanti di qualcosa che cambia, o che è destinato a cambiare. Ripartendo dai bambini e dalle bambine.


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PALESTRA ROBUR lezioni di ginnastica culturale per fiorentini

VIALE XI AGOSTO

I

n un tempo, per la verità, non lontano si chiamava, rispettando la vecchia usanza di attribuire alle strade i nomi delle attività prevalenti che vi si svolgevano, Metano, dal nome dell’unico distributore che allora erogava un gas di ancora non frequente uso per la locomozione. Era una strana virgola puntata verso il selvaggio nord-ovest, un passaggio degno di Lewis e Clark; uno stradone che si perdeva nel nulla di ancestrali campagne, un’arteria ben presto trasformata in “stradicciuola” che menava in verso Sesto. Vi si svolgevano sfide con auto, moto e soprattutto motorini truccati all’inverosimile, che al calar della notte sfrattando improbabili prostitute sgommavano in quel panorama di asfalto e di arbusti come in Gioventù bruciata. Erano le Colonne d’Ercole di Firenze, che lambivano un ridicolo aeroporto ed erano sovrastate da una ferrovia per lungo tempo non finita. Oltre il terrapieno c’erano delle piscine poco avveniristiche, le Palle, e più in là spiccava la sagoma del Mercato Ortofrutticolo. Dedicata al giorno della Liberazione, questa strada non andava in realtà in nessun posto. Esisteva semplicemente come possibilità dello spirito, indicava un punto cardinale, un’opportunità, un desiderio, o anche niente. Era periferia pasoliniana, oggi riempita come in un horror vacui da treni e strade che vanno da qualche parte. L’ultimo baluardo dell’indecisione caduto così, in balia di pregevoli cartelli stradali.

di leandro ferretti


STELLE

di faolo pox - disegni di aldo giannotti

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Bene ariete, sei stato leggero e i frutti si vedono. A dicembre sarai leggero come un fiocco di neve, leggiadro come una ballerina nel lago dei cigni, volteggiante con grazia ed energia come una ginnasta dell’europa dell’est negli anni 70 e come lei dovrai anche nascondere le palle e tirarle fuori al momento giusto. Regalo da farti: un gratta e vinci

Adesso il giardino è bello pulito e hai capito che è sempre meglio chiamare un giardiniere bravo che mettersi a potare le piante a cazzo magari guardando un tutorial su youtube. Tutto sto spazio ti piace, stai già pensando a cosa potresti farci, alle piante da sacrificare per far spazio a nuovi colori. Continua così Toro, sei sulla strada giusta. Regalo da farti: scatola di matite colorate

Hai un diario o un blog o ti piace scrivere di te e dei rapporti con gli altri. Sei un narratore. Se non lo sei leggi comunque l’oroscopo che ti serve sempre. Rileggi quello che hai scritto soprattutto circa i rapporti incrinati, convinciti di dover in qualche modo recuperare e sfrutta dicembre - e il Natale - anche per chiedere uno “scusa” (sai cos’è uno scusa??). Regalo da farti: un posacenere

Si, devi essere diretto come ti ho detto a novembre, ma non devi scatenare guerre o tirare fendenti in questo modo. Ho temuto il peggio è spero sempre che tu non faccia un lavoro di diplomazia perché potrei trovarmi una guerra in casa. Calma, goditi gli incontri anche se alcuni sono banali, pensa al lavoro e aspetta le sorprese. Ce ne saranno eccome. Regalo da farti: un portafogli

Novembre è andato e il suo colpo di coda sará la trottola di dicembre che, pur essendo un mese freddo e distante dal vostro temperamento, quest’anno sarà un mese di gettate, travi, divani, costruzioni, insomma, di progetti che diventeranno comode evoluzioni possibili. Che oroscopo serio, ci devi mettere della musica sotto. Anzi, lo dovresti fare sempre. Regalo da farti: abbonamento spotify

Compra. Scarpe, vestiti, bicicletta, telefono nuovo super tecnologico, cappotto, piumino, piumone, piatti, bicchieri, quel completino che secondo te ti sta così bene o è arrivato il momento di comprarti un nuovo paio di scarpe da calcetto. Compra, firma ricevute, fai contratti, senza sensi di colpa, compra e il piacere del comprare si rifletterà su tutto quello che ti circonda. Regalo da farti: aumenta il plafond della carta di credito

Quest’anno il vero cambio di stagione si fa a dicembre. Preparati per lo scintillante 2015 e sbuffa perché questa frase l’hai già letta in altri 6 oroscopi. Però devi continuare a buttarti in tutto, a scordarti i musi lunghi ma anche le performance scintillanti quando non servono. Buttati per bene e non di sotto che il 2015 ha bisogno di vederti vivo. Regalo da farti: una corda per fare i salti

Esiste sempre uno sfogo intramontabile. Il fare. Stai combattendo, usi le giuste armi, sei propositivo e soprattutto non ti piangi più addosso (e neanche fai piangere gli altri, grande conquista anche questa). Per toglierti tutti i pensieri ti consiglio di fare cose pratiche, cambia le tende, lava la macchina, compra due tazze nuove per la colazione ma non combinare casini sentimentali. Regalo da farti: un kit per il bricolage

Potrei parlare del trigono Sole-Sagittario con Giove-Leone ma riuscirei solo a darti un altro argomento su cui farti domande. Allora ti basti pensare che erano 13 anni che non accadeva e che potrebbe essere uno dei migliori regali di compleanno per te. Devi pianificare meglio tutto, devi pensare prima di agire, dei guardare avanti pensando a tempi e spazi. Stop improvvisazione. Regalo da farti: un’agenda

La stagione dei bilanci. Non tutta la tua vita, tranquillo, ma dicembre per te è fatto di bilanci, di somme da tirare, di evoluzioni o involuzioni compiute. Bravo, così si dovrebbe fare e sempre è così fai bene a fare ogni dicembre. L’importante poi è trarre vantaggio da questa fatica, non pensare troppo agli errori, non vivere di rendita sui successi e pensare a cosa portare nel 2015. Regalo da farti: una borsa da viaggio

Apri gli occhi per bene acquario. Ci sono novità che durano e novità che non durano e tu hai novità di tutti i tipi dappertutto... e non le vedi. Le novità sono anche modi nuovi di vedere le cose di sempre. Anzi quelle sono le migliori. Non le vedi o ne sei spaventato? Bene, nel primo caso sarai ancora più sorpreso, nel secondo sarai ancora più premuroso. Regalo da farti: una lampada

Hai faticato duro, te ne venga riconosciuto il merito. E sei pronto a lamentarti con il Direttore di Lungarno nel caso in cui a dicembre non ci sarà un riconoscimento del tuo lavoro, specialmente da punto di vista professionale, fosse anche un “grazie” detto da chi pare non accorgersi mai di te. E poi investi che il futuro brilla. Regalo da farti: un BOT


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BASTA STARE TRANQUILLI

di simona santelli

LE GAMBE DI SAINT VINCENT

M

ancavano ancora alcune ore al concerto e già ce l’aveva duro. Seduto in Campo de’ Fiori, continuava a fissare da un po’ il solito bicchiere di birra e aveva quel prurito fisso, l’idea di andare a smanettarselo in bagno gli era passata più e più volte in testa, ma poi aveva pensato no va be’ mica sono un erotomane che spando sperma nei localini per innamorati e per turisti ignari della città eterna pensando a lei. Meglio aspettare, distogliere il pensiero da una delle versioni più gettonate fra le scene tantriche che si materializzavano nella sua testa sotto forma di interno notte, uno chalet, fuori bufera, la stanza spoglia, solo un camino acceso. Lui nudo in ginocchio su un tappeto di pelle di mucca scuoiata nell’atto di possedere quel qualcosa in fondo a delle lunghissime gambe aperte a sessantacinque gradi. Solo le gambe si vedevano, nella scena. Scarpe col tacco, ma non da mignotta. Anzi, stivaletti quasi vittoriani, lacci, erotismo puro, moulin rouge. Gocce di sudore sulla pelle. Bordi sfumati intorno all’inquadratura. In ogni caso ormai le mutande stringevano. Ricacciare indietro il pensiero. Rimandare a dopo il momento in cui l’immaginazione sarebbe diventata visione, via via sempre più nitida, via via reale. Pensa al video che hai visto oggi su youtube del leone marino che stupra un pinguino. Pensaalvideodelleonemarinochestupraunpinguino. Pens, leone marino. Dì a voce alta pinguino. «Pinguino!» Meglio.

Ore dopo era sempre lì a pensare alle gambe di St. Vincent. Fra qualche minuto si sarebbe esibita al Parco della Musica, dalle parti dei ricconi pariolini incamiciati di destra, alemanniani e laziali. Ma sinceramente a lui della politica non poteva fregargliene di meno, c’aveva in testa questa idea da un anno e mezzo e non se l’era più tolta, da quando era stato a vedere David Byrne, ingenuo come il fanciullino pascoliano, e l’unica cosa che sapeva è che la Testa Parlante aveva fatto questa collaborazione con una cantante, tale Annie Clark in arte St. Vincent, che l’album era figo, che era in teatro. Solo che lui e la mandria di infognatoni di elettro-postpunk-nuwave-alternative anni Ottanta mica lo sapevano che si sarebbero trovati davanti una roba del genere. E ci erano rimasti tutti molto male quegli sfigatoni. Una verve fuori dagli schemi. Una virtuosa delle sei corde. Una bella voce calda, ma graffiante. E lo sguardo, un inspiegabile cocktail di inaccessibilità e infinita voglia di cazzo. (Dì a voce alta PINGUINO). Eccola, finalmente la rivedeva. Era sul palco. Una silhouette fragilissima e allo stesso tempo forte. Occhi immensi, liquidi. Capelli color argento che schizzavano da tutte le parti. Ma soprattutto le gambe, chilometri di gambe. Tipo Golden Lady, una calza a rete sotto cui si intravedeva chiaramente una pelle liscissima, ma non liscia perché fresca di depilazione, proprio glabra di suo, idratata e fotoshoppata, i polpacci affusola-

ti, le tibie perfettamente incastonate nelle ginocchia, piccolissime e scattanti. Le cosce. Tornite, elastiche. La vedeva muoversi in quelle sue coreografie fatte di passetti minuscoli e calcolati, a simulare una geisha servizievole e meticolosa, per poi esplodere in onanismi musicali, sempre in movimento, sempre a tirare quei muscoletti nervosi e perfetti da una parte e dall’altra. In pratica aveva davanti l’allegoria della “chiavabilità”, riusciva anche a reggere bene l’ormone, era seduto comodo in poltrona cantando insieme a lei Oh, what an ordinary day / Take out the garbage, masturbate, quando il ragazzo di fianco lo guardò con aria complice e gli disse: «Ma sai che forse è pure lesbica… che spreco». Come? Lesbica? No. Non ci credeva. Quindi capiamoci, questa sta lì a cantare Marry me John, marry me John, I’ll be so good to you e poi le piace la patata? No. Cominciò a scorrere articoli su Google. St. Vincent lesbian. «I believe in gender fluidity and sexual fluidity. I don’t really identify as anything.» Tirò un sospiro di sollievo. Quindi pennello e radice. Era veramente una zoccola di prima categoria, la Clark. Si alzò senza indugi, a metà canzone. Annie, per dove andiamo noi non servono strade. Toilette, interno notte.


5 //--> 6 dic

10 //--> 11 apr

Teatrodilina testo e regia Francesco Lagi 13 dic

Le prediche di Savonarola 500 anni dopo rielaborazione e cura scenica di Stefano Massini

Compagnia Gli Omini

17 //--> 18 apr

9 //--> 10 gen danza

regia Roberto Caccavo

Banane

La famiglia campione

L’ospite Clam Cafè

Nasdrovie Thisharm 15 gen

Viaggio Italiano uno spettacolo di Emergency con Mario Spallino 23 gen

Calderòn

Compagnia Teatro O

Indignati

L’aiuto becchino 25 apr 70° anniversario della Resistenza

Cantata di donne di guerra Teatri d’Imbarco e Musiquorum 8 //--> 9 mag

Ma il “Che” gioca nel Brasile? di e con Anna Meacci

17 mag Giornata contro l’omofobia

29 gen Giorno della Memoria

Talk from the wild side

Teatro dei Conciatori di David Gow

22 //--> 23 mag danza

Cherry Doc’s

6 //--> 7 feb

di e con Nicole De Leo

Verweile Doch! Danceorama

La coscienza di Zeno spiegata al popolo

Teatro delle Spiagge Residenza Artistica della Regione Toscana

Goulasch Blues Explosion regia Paolo Rossi

TEATRO RAGAZZI

13 feb

Scherzo ma non troppo Gogmagog 26 feb

Aracne

ore 21 | Domenica ore 16.30 Biglietti 10€ / rid 8€

6€ teatroragazzi

a cura di Teatri d’Imbarco e Comune Firenze Q5 18 gen

Bluodissea

6 mar Festa della Donna

14 //--> 15 feb

regia Nuccio Siano

regia di Laura Landi

Adarte

Fratelli Applausi 28 feb //--> 1 mar

21 mar Giornata in memoria delle vittime innocenti di mafia

Teresa

Un pranzo di “famiglia” Teatro del Carro 22 mar

Bassitalia Via del Pesciolino - Firenze (trav. Via Pistoiese 1° piano centro comm.le Conad) T 055 310230 • 329 4187925 info@teatridimbarco.it www.teatridimbarco.it

Natale alle Spiagge

di Alberto Severi

Signorinette Inzio spettacoli

21 dic

La grammatica della fantasia Magno Prog

14 //--> 15 mar

L’incredibile storia di Lupo e Capra Teatri d’Imbarco

Teatro del Carro

12 apr

28 mar

Teatri d’Imbarco

Ragazzitaliani

uno spettacolo di Mario Grossi la stagione è sostenuta da

Il ponte di Luciano


lettera a babbo natale di sergio leone


PAROLE

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di gabriele ametrano

IO SONO JONATHAN SCRIVENER di Claude Houghton Castelvecchi - pp. 278

Quando uscì in Italia nel 1954 non venne quasi preso in considerazione. Forse troppo indisciplinato per la narrativa del tempo, troppo precario per le sicurezze dell’epoca. Oggi invece è perfetto, tanto da alzarlo agli allori del capolavoro. Sono questi i misteri nella narrativa e le croci che portano gli scrittori: essere troppo distanti dalla mentalità del proprio contemporaneo rende trasparenti. Fortunatamente, poi, ci sono editori come Castelvecchi che ripescano dal cilindro Io sono Jonathan Scrivener di Claude Houghton e i lettori si meravigliano. «Questo libro è un invito a prendere parte a un’avventura.» Inizia così quest’opera , dopo che Henry Miller ha spiegato nella sua prefazione che «i protagonisti del romanzo di Houghton possiedono la deliziosa imperturbabilità degli essere anarchici, liberi dalle assurde catene della Storia», ma più che altro che «vivere in compagnia di tali personaggi è un lusso che pochi autori contemporanei sanno offrirci». E allora non possiamo che imbarcarci in questa storia che sa di assurdo, nella quale ci troviamo a contatto con i racconti di James Wrexham e dei suoi strani incontri nella casa del nuovo datore di lavoro, Jonathan Scrivener per l’appunto. Assunto come segretario senza mai aver incontrato chi lo paga, ma con sole e poche istruzioni di avvocato, l’uomo comincia a preoccuparsi della sua posizione dopo che personaggi strani entrano ed escono dalle stanze dell’appartamento. Una grottesca umanità racconta di Scrivener, senza che però gli elementi entrino in contatto. Chi racconta una cosa, chi si lamenta di un’altra, chi sembra inventarne gesta e pessime reputazioni. Ognuno vede il padrone di casa nella sua maniera, in un filtro che passerà psicologicamente dal descrivere al descriversi, in una geniale commedia in cui alla fine il vero protagonista rimane uno solo: il lettore. Ci siamo buttati nell’avventura (ci aveva avvisato l’autore narratore) e quindi dobbiamo prenderci carico delle nostre azioni. Ma forse di più: dobbiamo prenderci carico della nostra anima.

ANNA di Francesco D’Isa Effequ - pp. 202

Cominciamo dal sottotitolo: Storia di un palindromo. Poi continuiamo in quella che è la storia di Anna, ragazza che ha subito un’operazione di neurochirurgia e, per un errore durante l’intervento, non riesce più a parlare del proprio passato, o meglio, quando lo fa sembra che le sue parole provengano da un sogno. Questo primo romanzo dell’eclettico e quanto mai fiorentino artista Francesco D’Isa sembra uscito da una tela. Immagini e linguaggio, linguaggio e immagini. Un continuo rimpallo di visioni che trovano nella narrazione un percorso a due sensi. Possiamo cominciarlo dalla fine o, come tutti fanno, dall’inizio: il risultato non cambia. Come non cambia la comprensione del passato quando questa non c’è: è chi parla a non spiegarsi o è chi ascolta a non capire? Se una risposta c’è siete voi lettori ad averla, non certo i personaggi di questo libro. Scordavo: il romanzo Anna è anche una storia d’amore. Ma diciamolo, anche l’amore non si capisce bene dove comincia e che risposta debba avere.

Letture digitali LE PAROLE PERDUTE DI AMELIA LYND

IL CONTAGIO

di Nicola Gardini

Mondadori

Feltrinelli

Io ho un debole per questo autore. Scrittura limpida, scorrevole, capitoli brevi. Mai un eccesso di descrizione, mai un personaggio fuori luogo. Non mi permetterei mai di decretare i lavori di Gardini dei capolavori, ma consigliarli sì. In questo siamo negli anni Settanta. In un condominio milanese sta per arrivare un nuovo inquilino, Amelia Lynd, e questo crea scompiglio nel delicato equilibrio di un microcosmo in cui speranze e illusioni si mescolano a cattiveria e civetteria. Ridiamo di quei poveri diavoli di personaggi, ma alla fine non siamo tanto diversi nei nostri atteggiamenti.

di Walter Siti

Potrebbe diventare ben presto un classico (soprattutto dopo essere stato citato nella trasmissione Gazebo), ma forse già lo è. Walter Siti guarda la periferia di Roma, la borgata che diventa sempre più una poltiglia di umanità conformista e priva di identità. E mentre i “borgatari” cercano di assurgere al ruolo di borghesi (Pasolini docet), la tendenza sempre più frenetica della borghesia è quella di assumere le sembianze della borgata. Un libro autentico e feroce, quanto un amore mancato.

ESERCIZI DI STILE / gabrieleametrano.com


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SUONI

di lespertone

20 dischi internazionali 1

01. The Budos Band “Burnt Offering” (Daptone) 02. Neneh Cherry “Blank Project” (Smalltown Supersound) 03. Sun Kil Moon “Benji” (Caldoverde) 04. Thee Silver Mt. Zion Memorial Orchestra “Fuck Off Get Free We Pour Light on Everything” (Constellation) 05. Hundred Waters “The Moon Rang Like a Bell” (!K7)

2

06. Micah P. Hinson “Micah P. Hinson and the Nothing” (Talitres) 07. Notwist “Close to the Glass” (City Slang) 08. Sharon Van Etten “Are We There” ( Jagjaguwar) 09. The War on Drugs “Lost in Dream” (Secretly Canadian) 10. Caribou “Our Love” (City Slang) 11. Young Fathers “DEAD” (Anticon)

3

12. Marshall Ellen presents Sun Ra and His Arkestra “In The Orbit of Ra” (Strut) 13. Perfume Genius “Too Bright” (Matador) 14. Sharon Jones & the Dap-Kings “Give the People What They Want!” (Daptone) 15. Angel Olsen “Burn Your Fire for No Witness” ( Jagjaguwar) 16. J Mascis “Tied to a Star” (Sub Pop) 17. Swans “To Be Kind” (Mute) 18. Damon Albarn “Everyday Robots” (Parlophone) 19. Hookworms “The Hum” (Domino) 20. Ariel Pink “Pom Pom” (4AD)

1

10 dischi italiani

5 Singoloni

01. Edda “Stavolta come mi ammazzerai?” (Niegazowana)

Jungle Busy Earnin’ (il più para e smuovi-culo)

02. Cristina Donà “Così Vicini” (Quibaseluna) 03. Paolo Benvegnù “Earth Hotel” (Woodworm) 04. Nada “Occupo Poco Spazio” (Santeria) 2

05. Valerian Swing “Aurora” (To Lose La Track) 06. Giardini di mirò “Rapsodia Satanica” (Santeria) 07. Ronin “Adagio Furioso” (Santeria/Tannen) 08. Fast Animals and Slow Kids “Alaska” (Woodworm) 09. Julie’s Haircut “Ashram Equinox” (Santeria/Woodworm) 10. Calibro 35 “Sogni di Gloria” (Record Kicks)

Sharon Van Etten Tarifa (per i fiati) Damon Albarn Lonely Press Play (per la tristezza) Ólöf Arnalds Patience (per quando la sentiremo in un spot) Yann Tiersen Meteorites (perché canta/parla Aidan Moffat)

BE NOISE Shellac “DUDE INCREDIBLE” (Touch and Go Records) Albini-Weston-Trainer sono un po’ i Gullit-Rijkaard-Van Basten del Noise Rock/Post-Hardcore da molti, molti anni. Dopo 7 anni senza dischi, gli Shellac tornano per il sesto album, di venti anni più giovane rispetto all’esordio-perla che fu “At Action Park”. I tre dell’Illinois continuano a dar vita ad un composto sonico che, oggi come allora, è un marchio di fabbrica non emulabile e sempre perfettamente riconoscibile. Voce asettica che narra di storiacce; chitarra precisa a far da punto di riferimento e guida, tra effetti e rumore; basso roboante ma matematico, teleguidato nella sua potenza; batteria piena, ora presente con fantasia e variazioni, ora assente per lasciar respirare. “Dude Incredible” è il pezzo simbolo. Incalzante la corsa di “You Came In Me“. “All The Surveyors” ripesca le atmosfere dell’album “1000 Hurts”, mentre “The People’s Microphone” assalta senza voci facendo però gridar forte gli strumenti. Tutto il nucleo è Post-Hardcore ma il sound si irrobustisce, con classe, anche con iniezioni massicce di Noise Rock teso, spigoloso, isterico nel cantato. Bocconcini Math Rock nella tecnica, spinta Punk nell’anima: gli Shellac rimangono fedeli a se stessi. Per qualcuno vanno (ancora) bene così, per altri sono arrivati a ripetersi. Chi ha ragione? Ai posteri del Post-Hardcore l’ardua sentenza. Emanuele Giaconi http://www.benoise.com



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