Onstage Magazine febbraio 2011

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BURLESQUE | JOVANOTTI | LITTLE BIG PLANET 2 | MARLENE KUNTZ | VERDENA

febbraio 2011 - n.38

Katy Perry

“Amo lustrini e paillettes ma quello che più mi interessa è l’anima”

My Chemical Romance LIGABUE ALLEVI

SKUNK ANANSIE




EDITORIALE

Magazine Registrazione al Tribunale di Milano n. 362 del 01/06/2007

Direttore responsabile Emanuele Vescovo Direttore editoriale Daniele Salomone d.salomone@onstageweb.com Art director Eros Pasi e.pasi@onstageweb.com Caporedattore Stefano Gilardino s.gilardino@onstageweb.com

G

iusto quattro anni fa, proprio in questo periodo, cominciavamo i lavori per il numero zero di Onstage. Un progetto che ci sembrava “solo” ambizioso. Ma più ci ripenso, anche adesso che abbiamo raggiunto molti degli obiettivi fissati allora, e più mi sembra che fosse piuttosto un’idea ai limiti della pazzia. Chi mai avrebbe lanciato un progetto editoriale, free press per di più, quando già da anni il mercato pubblicitario stava contraendosi a ritmi spaventosi? Roba de matt, si dice qui a Milano. Una cosa da folli. Quest’idea di “follia” mi rimbalza in testa mentre scrivo. Vado a curiosare tra le pagine di Wikipedia, ed ecco cosa trovo alla voce che cercavo. «La follia viene identificata come una mancanza di adattamento nei confronti dell’ambiente, tenendo ben presente che la definizione è influenzata dal momento storico, dalla cultura, dalle convenzioni, quindi è possibile considerare folle qualcosa o qualcuno che prima era normale, e viceversa». Torna tutto. Il nostro ambiente, l’editoria, non era certo terra di conquista in quel periodo (non lo è nemmeno oggi che sono passati quattro anni). Eppure fino ai tardi anni Novanta era normale pensare che potessero essere investiti tempo e risorse per dare vita ad un progetto editoriale. Certo, poteva andare bene o male, ma non era strano provarci. Ricapitolando, noi non ci siamo adattati all’ambiente e abbiamo fatto qualcosa che prima era considerato normale. Follia, quindi. Quattro milioni di Onstage dopo – è il numero di copie che abbiamo stampato e distribuito da giugno 2007 a dicembre 2010 – possiamo permetterci

di celebrare la crescita del progetto, raccontandovi tutto quello a cui abbiamo lavorato in questi mesi. Innanzitutto c’è un nuovo circuito distributivo, che si aggiunge ai concerti e che a partire da marzo vi consentirà di trovare il magazine in luoghi come i centri CTS. Non meno importante è l’ampliamento dell’orizzonte in cui si muove il magazine in termini di contenuti. Cinema, moda, cultura e spettacolo sono da questo numero parte dell’universo che Onstage racconta. E poi c’è un deciso restyling grafico, che a noi piace e speriamo piaccia anche a voi. Parlando di web, proprio a febbraio rilasceremo la versione beta del nostro nuovo sito, mentre su Facebook abbiamo sfondato quota 6.500 fan. Dulcis in fundo, proprio questo mese lanciamo la nostra prima campagna abbonamenti. E, leggete bene, è gratis! Cioè si può ricevere Onstage a casa per un anno senza spendere soldi. Avete mai sentito di un magazine, anche free press, che si offre in abbonamento gratuito? Io no. Tutto questo non è pura, entusiasmante follia? Winston Churchill sarebbe contento di sapere che abbiamo confermato la sua teoria («La più grande lezione nella vita è sapere che anche i pazzi alle volte hanno ragione») rendendo Onstage capace di sopravvivere prima e di crescere poi. Un pezzo alla volta, piano piano, facendo una fatica infernale. Santi in paradiso da queste parti non ne abbiamo. Finanziamenti pubblici nemmeno, e badate bene che non sono solo i quotidiani e i grandi gruppi editoriali a goderne ma anche piccole realtà che vendono sì e no duemila copie. Quella sì che è vera follia. Ben diversa dalla nostra, che, lasciatemelo dire, assomiglia molto a una virtù. Daniele Salomone

Onstage Magazine on tour - Febbraio 2011 LIGABUE: 7 FEBBRAIO: TEATRO LA PERGOLA, FIRENZE; 10 FEBBRAIO: TEATRO PONCHIELLI, CREMONA; 13 FEBBRAIO: TEATRO REGIO, TORINO; 14 FEBBRAIO: TEATRO DEL LINGOTTO, TORINO; 16 FEBBRAIO: TEATRO CREBERG, BERGAMO; 18 FEBBRAIO: GRAN TEATRO GEOX, PADOVA; SKUNK ANANSIE: 12 FEBBRAIO: MEDIOLANUM FORUM, MILANO GIOVANNI ALLEVI: 19 FEBBRAIO: PALALOTTOMATICA, ROMA; 8 MARZO: TEATRO COMUNALE, ALESSANDRIA; KATY PERRY: 23 FEBBRAIO: MEDIOLANUM FORUM, MILANO

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Redazione Francesca Vuotto f.vuotto@onstageweb.com Marcello Marabotti m.marabotti@onstageweb.com

Amministrazione, distribuzione, logistica Mario Vescovo m.vescovo@areaconcerti.it Concessionaria per la pubblicità Areaconcerti srl via Carlo De Angeli, 3 20141 Milano tel. 02.533558 info@areaconcerti.net Filiale di Roma via Nizza, 53 00198 Roma Tel. 06.45474811 p.marullo@onstageweb.com

Fashion editor Chiara Zannini c.zannini@onstageweb.com

Pubblicità Triveneto, Mantova, Emilia Romagna Ever Est Via delle Industrie, 13 35010 Limena (PD) Tel. 049.8849246 info@everestadv.it

Editorialisti Charlie Rapino Mattia Odoli

Pubblicità Toscana e Umbria Sara Moretti s.moretti@onstageweb.com

Hanno collaborato Blueglue, Massimo Longoni, Roberta Maiorano, Claudio Morsenchio, Gianni Olfeni, Marco Rigamonti, Adriano Mariani

Stampa Centro Stampa Quotidiani Spa Via dell’Industria, 52 25030 Erbruso (BS)

Direttore marketing Luca Seminerio l.seminerio@onstageweb.com

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INDICE

rubriche

3 Jukebox 1Inserite la monetina e scegliete l’argomento che più vi aggrada: musica, arte, cinema, spettacolo… C’è solo l’imbarazzo della scelta!

18 Face To Face Interviste a

26 Giovanni Allevi

due grandi band italiane, alle prese con altrettanti nuovi capitoli della propria carriera: Marlene Kuntz e Verdena.

Il vero alieno della musica pop - nel senso di popolare, accessibile a tutti - è proprio lui, Giovanni Allevi, un pianista classico con il successo di un musicista rock.

46 Rock’n’fashion I modelli del mese sono veraci come la terra da cui provengono. “Vieni a vivere a Napoli”, ve lo chiedono Le Strisce.

22 Katy Perry

La brunetta californiana incarna alla perfezione il modello attuale di popstar, con annessa sindrome di Peter Pan che la “costringe” in un mondo di favola.

32 Ligabue

Niente stadi questa volta, ma una serie di concerti intimi a teatro, con un allestimento che ricorda più il salotto di casa piuttosto che un palco.

55 What’s New I nostri consigli del mese in fatto di dischi, libri, film e videogiochi: Jovanotti, White Lies, 127 ore, la biografia di Keith Richards…

62 Coming Soon L’appunta-

36 Skunk Anansie

Si erano separati qualche anno fa, hanno siglato il comeback discografico lo scorso settembre. Restano intatte la potenza musicale e la splendida voce della pantera nera Skin.

42 My Chemical Romance Sono giorni pericolosi questi. Se ne devono essere accorti anche i giovani My Chemical Romance che tornano con un album nuovo che rimarca la loro costante evoluzione.

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mento clou del mese prossimo è con i Negramaro. Non vi piacciono? Ci sono decine di altri concerti consigliati da Onstage.



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Oscar veri e immaginari

Il 27 febbraio Los Angeles ospita l’annuale cerimonia di assegnazione dei premi Oscar. Come noto, l’Italia non ha film in gara. L’Academy of Motion Pictures ha escluso La prima cosa bella di Paolo Virzì persino dalla cosiddetta ‘short list’, lista dalla quale sono state scelte le cinque pellicole che concorrono al premio di “miglior film in lingua straniera”. E così Roberto Benigni resta l’ultimo italiano a essersi aggiudicato la prestigiosa statuetta (nel 1999). Un primato che resiste anche nell’anno in cui Che bella giornata di Checco Zalone ha superato La vita è bella come incassi al botteghino - anche se qualcuno sostiene che il dato non sia corretto. «Non è dai soldi che si misura il valore di un film – ha commentato Zalone – e chiedo scusa al maestro Benigni. Quando a Hollywood si rincoglioniranno e mi daranno tre Oscar, allora si potrà dire che l’ho superato». Visto che difficilmente accadrà, consegniamo a Checco un ideale Oscar dell’Onestà.

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CELEBRATION

21 marzo 1999: Roberto Benigni gioca con le statuette vinte alla 71esima edizione degli Academy Awards Foto di Steve Starr Š Corbis

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JUKEBOX Musica, spettacolo, moda, cultura, cinema

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Forti del successo dell’ultimo disco Science And Faith (trainato dal singolo For The First Time), arrivano in Italia gli Script, irlandesi puro sangue tra Joyce e U2.

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La mostra Il cinema con il cappello. Borsalino e altre storie, alla Triennale di Milano, ci racconta l’importanza del copricapo nella costruzione delle icone del cinema.

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I Tiromancino di Federico Zampaglione portano in tour il disco appena pubblicato, L’essenziale. Un album di cui si è parlato troppo poco. Guarda caso è bellissimo.

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MTV ha lanciato un progetto nuovo di zecca che vuole supportare i musicisti italiani che lo meritano. Altro che talent show

Musica

Christina colpisce ancora

Due miti della canzone pop americana, Cher e Christina Aguilera, contribuiscono a rinverdire i fasti del burlesque nella pellicola di Steven Antin, nelle sale italiane dal 18 febbraio. di Stefano Gilardino

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i era già venuto qualche piccolo so- sque Lounge, locale di grande successo ma avvia- che all’accattivante colonna sonora, pubblicata da spetto, soprattutto dopo avere visto to sulla strada del tramonto. La proprietaria Tess Sony Music, appannaggio della regina Aguilera la martellante pubblicità di un nuovo (una grande Cher) insegna alla ragazza l’arte del (ma con due brani di Cher), che offre ai suoi fan show televisivo dedicato proprio a burlesque, puntando sul suo talento, e vede bene: un paio di pezzi che rientrano alla perfezione nel questo argomento. E, ora, l’atteso film con Chri- Ali diventa la star del club, trova l’amore e anche suo ormai collaudato stile, fatto di r’n’b moderno stina Aguilera e Cher non fa che e ritmi danzerecci, come Show Me « La regina Aguilera offre ai suoi fan pezzi che rientrano How You Burlesque e The Beautiful confermare l’ipotesi che vuole il burlesque – spettacolo quasi alla perfezione nel suo collaudato stile personale, fatto di People From Burlesque. Il resto delcabarettistico partito come una la soundtrack, invece, paga per’n’b moderno e ritmi danzerecci » specie di parodia e divenuto nel gno alla tradizione del burlesque corso dei decenni una forma d’arte tra il grotte- una rivale, la prima ballerina Nikki (Kristen Bell). e quindi ad atmosfere più jazzate, soul e fumose. sco e il sexy, sempre più popolare e apprezzata – Ma un’importante decisione rimette le carte in ta- Lasciano il segno Something’s Got A Hold On Me, come uno dei fenomeni annunciati del 2011. Che vola… But I Am A Good Girl, Guy What Takes His Time e la sia l’effetto Dita Von Teese (la sua interprete più Pur senza sostanziali novità, Burlesque supe- delicata ballad Bound To Me, che siamo certi sottocelebre) o quello di questa pellicola che negli Sta- ra la media proprio grazie - colpo di scena - alla lineerà una scena d’amore! Discorso a parte merites ha già raccolto ottimi consensi di pubblico non performance della Aguilera, calata con piacevole tano le due canzoni interpretate da Cher, Welcome è dato a sapere, ma è certo che l’Italia è pronta a immedesimazione nella parte, e soprattutto della To Burlesque e You Haven’t Seen The Last Of Me, le farsi travolgere. In breve, la storia vede la Agui- bionica Cher: ogni volta che appare, il fantasma sue prime registrazioni da sette anni a questa parlera (Ali) trasferirsi a Los Angeles per sbarcare il del grande musical sembra tornare a splendere. te: la seconda si candida come singolo da alta claslunario. Viene assunta come cameriera al Burle- E una parte del successo del film lo si deve an- sifica grazie alla sua grande interpretazione.

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JUKEBOX Musica

Musica

Un po’ Joyce e un po’ U2

Passare dall’anonimato al paragone con gli U2 in breve tempo è roba da far perdere la testa. E invece gli Script sono rimasti lucidi. Merito di un saldo legame con la quotidianità.

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di Francesca Vuotto

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10/02 Milano

he Script, “gente di Dublino”. Come i racconti di Ja- fonda. è questa la mission degli Script. La title track dell’ulmes Joyce, la storia di questa band trasuda di quoti- timo album Science And Faith (uscito nel 2010), ad esempio, è dianità, di vita reale. Dopo una lunga gavetta - anni nata da una discussione tra il chitarrista Mark Sheenan e sua passati a scrivere musica per altri – il trio irlandese comincia moglie. «Pensa alla fede e alla speranza: non si può vedere a far parlare di sé nel 2008 grazie al primo omonimo album, tutto con il telescopio» gli ha detto. Da quell’osservazione che va dritto al numero uno in Gran Bretagna (e Irlanda) e hanno composto il brano, che parla della coesistenza convende due milioni di copie. Il successo del disco consente traddittoria tra elementi razionali e altri più emotivi che caalla band di esibirsi come spalla di Paul McCartney, Take ratterizza la nostra esistenza. That e U2. Sarà l’Irlanda, saranno i temi affrontati, ma è impossibile Anche oggi che ce l’anno fatta, da buoni dublinesi gli non pensare agli U2. Spesso gli Script sono stati accostati ai Script continuano a tenere i piedi ancorati a terra. «Le perso- connazionali più famosi. Un paragone eccessivo, forse aline vendono la casa, la macchina mentato dal fatto che le storie « Gli U2 sono politicamente e i gioielli perché la crisi non è dei due gruppi si sono già incropiù solo un titolo da prima pa- impegnati, noi non lo siamo affatto. » ciate in occasione di un concerto gina» spiega il frontman Danny a Dublino nel 2009. E poi Eve O’Donoghue. Eppure, la luce si s’intravede anche in questi Hewson, figlia di Bono, è la protagonista della clip del singotempi economicamente bui: «Non si stava meglio quando lo For The First Time che ha lanciato Science And Faith. «Credo c’erano più soldi. Le persone ora hanno perso quasi tutto, che la gente ci metta a confronto solo perché siamo irlandesi ma stanno ritrovando se stesse. Circondarsi di oggetti è un come loro» spiega O’Donoghue. «Gli U2 sono politicamente modo per fuggire le relazioni». impegnati, noi non lo siamo affatto. Loro cambiano gli equiCogliere nel quotidiano gli spunti per una riflessione pro- libri, noi invece cambiamo le persone».

Sound of 2011

I più autorevoli media musicali britannici hanno indicato gli artisti emergenti da tenere d’occhio nel 2011. Vi presentiamo i migliori. James Blake

Info: Tra i più apprezzati producer elettrodub, James ha prodotto e registrato il suo album di debutto, Limit To Your Love, nella sua stanza. Il nostro giudizio: Giovane cantautore che incarna lo scontro tra

Aphex Twin e John Legend. Jessie J Info: Numero 1 nel sondaggio Sound Of 2011 della BBC, l’inglesina è ‘la miglior cantante del mondo’, per Justin Timberlake. Il nostro giudizio: Tra Rihanna e Lady Gaga. Se tanto ci dà tanto... Nicki And The Dove Info: Hanno la stessa etichetta dei Bloc Party. Un estratto del loro album di debutto, Mother Project, è in download gratuito sul loro web site ufficiale Il nostro giudizio: Elettro-rock frizzante che rimane avvinghiato alla testa. The Naked And Famous Info: Rock band neozelandese. Il loro secondo singolo, Young Blood, ha debuttato direttamente al numero 1 della New Zeland chart. Il nostro giudizio: Esplosivo electro-pop che vi farà ballare anche sul tram. The Vaccines Info: Londinesi, sono stati paragonati ai Jesus & Mary Chain e nientemeno che ai Ramones. L’album di debutto è firmato Columbia Records. Il nostro giudizio: Indie-pop britannico. Ottime potenzialità schiacciate, per ora, dal cliché. Vondelpark Info: Vive a Surrey, Londra. Non ha MySpace. Suona la disperazione suburbana in chiave elettronica. Il suo EP di debutto, Sauna, è una chicca. Il nostro giudizio: Cantautore elettro-rock cromoterapico. Qui, ha trovato il colore giusto.

Moda

Solo per tipi coraggiosi

Reinterpretare Rivincita di Marracash: è questa la sfida che Diesel lancia ai rapper italiani. di Chiara Zannini

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uettare con uno dei più amati e controversi rapper italiani, Marracash. È questo il premio finale dell’ambizioso concorso, o forse sarebbe meglio dire tour de force, promosso da Diesel “Only the Brave - the Fragrance”. Fedele alla sua anima libera e dinamica, la fragranza della maison vicentina - con il suo celebre flacone a forma di pugno - lancia una sfida per scovare talen-

ti creativi. I partecipanti sono invitati a rielaborare in chiave personale il testo e la base musicale del singolo Rivincita di Marracash - tratto dal disco Fino a qui tutto bene (uscito la scorsa estate) - oppure a realizzare il videoclip dello stesso brano o ancora a ridisegnare la cover del disco. Per partecipare al contest basta consultare il sito www.facethe-music.it entro il 28 febbraio.

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JUKEBOX Cultura

Giù il cappello

London calling di Charlie Rapino - Produttore, discografico...

La Triennale di Milano celebra il contributo del cappello all’iconografia cinematografica del Novecento con la mostra Il cinema con il cappello. Borsalino e altre storie. Fino al 20 marzo. di Adriano Mariani

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Jean-Paul Belmondo e Jean Seberg, Fino all’ultimo respiro (1960) di Jean Luc Godard - © Photomovie Collection

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ome già il titolo potrebbe far intuire, la mostra ideata da Elisa Fulco (curatrice della Fondazione Borsalino) e dal critico cinematografico Gianni Canova pone l’attenzione sul valore iconografico che il cappello – nello specifico quello della maison piemontese - ha assunto grazie alle sue numerose apparizioni cinematografiche degli ultimi cento anni. La mostra, ricca di elementi tridimensionali, multimediali e scenografici di grande impatto, impressiona e coinvolge per il grande lavoro di ricerca storica e reperimento di materiali, incuriosisce e affascina per le diverse e talvolta inaspettate letture di quello che per molti è un semplice elemento del guardaroba. All’interno delle varie sezioni in cui è suddiviso il percorso espositivo, il cappello viene raccontato come elemento utile alla connotazione e all’identità degli attori del cinema. Sottolineando la valenza simbolica e formale che ha assunto nei gesti del nostro quotidia-

no - come salutare, gioire o esprimere disappunto - ne viene tentata una fisiognomica (come se appunto il copricapo sostituisse la funzione del volto umano) utile ad associare determinate scelte stilistiche a sentimenti e caratteristiche quali la paura, la tristezza o la seduzione. Il nesso con il cinema è sottolineato, oltre che dalle numerose pellicole citate e proiettate, dalle bozze dei costumisti delle star hollywoodiane, a rendere lampante come il cappello fosse imprescindibile nella creazione di nuove icone. Quello che potrebbe lasciare perplessi della mostra è tuttavia il sentore che certe associazioni di valore e certe interpretazioni monotematiche siano forse eccessive. Il dubbio che altrettanti capi possano godere delle stesse attenzioni e declinazioni rimane forte e suggerisce una considerazione: probabilmente non sono i singoli capi a incidere sul costume bensì la relazione di più indumenti nella costruzione dell’immagine del singolo.

Sanremo dreamin’

a biondina mi sistema la cravatta. «Buongiorno Rapino, beato te che vai a Sanremo». Mi infilo sulla limo per l’aeroporto. Incrocio David Foster, in arrivo da LA, in connessione per Nizza. Anche lui, come me, fa parte della giuria del Festival, siamo stati entrambi chiamati dal nuovo direttore artistico Caterina Caselli. Ci facciamo un aperitivo nella sala lounge e parliamo di quanto sia brava e affascinante Caterina - forse la migliore imprenditrice della discografia italiana - e di quanto ottimo sia stato il festival dell’anno passato da lei diretto, con la vittoria del duo D’Angelo/Maria Nazionale, di poco su Malika. Foster mi dice che Ry Cooder sta dando gli ultimi ritocchi all’album di Nino e Maria. Le scelte della Caselli sono state molto accorte e intelligenti: niente televoto e voti sindacali orchestrali, niente ospiti, comici, attori, figli, fidanzate, principi vari che non c’entrano un cazzo con la canzone italiana. Per la prima volta dopo tanti anni, gli artisti stranieri dovranno cantare i pezzi degli artisti in gara. Elton John canterà con Carmen Consoli, James Hetfield dei Metallica con i Negramaro , i Take That con i Modà. C’e’ grande attesa anche per il pezzo di Elisa, arrangiato da Morricone, che sarà cantato (in versione inglese) da Chris Martin. Siamo stati molto attenti durante le selezioni, sotto la direzione dell’ex Casco d’oro, a non avere i soliti cadaveri eccellenti della musica italiana, o i soliti artisti “da Sanremo” che avevano affossato la manifestazione. La regia dello spettacolo è stata affidata al candidato Oscar per il miglior film straniero Luca Guadagnino, e il festival sarà presentato quest’anno da Maria De Filippi, la biondina yé-yé. Andrà in onda in diretta in tutta Europa! Caterina mi ha già chiamato sul cellulare per chiedermi se ho visto Simon Cowell in aeroporto (sarebbe dovuto essere sul mio volo) e per dirmi che vuole fare uno special di X-Factor sul Festival della Canzone Italiana... Della Canzone Italiana... Della Canzone Italiana... Della Canzone Italiana.... Della Canzone Italiana.... Della Canzone Italiana... «CHARLIE! CAZZO SVEGLIATI!!». «Eh? Cosa vuoi Gino? La tua faccia così d’acchito mi manda in cassa!». «Stai russando e c’è il Nuovo Quartetto Cetra con Gianluca Grignani, Cristicchi, Gazzè e la Grandi, non ci sentiamo un cazzo!». «Ah, vuoi pure sentirli?»

Musica

Non si campa di solo avere Federico Zampaglione si è liberato anche dell’ultima catena discografica. Ora, è libero di dare tutto. di Roberta Maiorano

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l viso è nascosto dietro la solita massa di riccioli neri, gli occhi piccoli e stralunati s’intravedono appena e la voce, sottile come un sussurro, sembra non aver perso nemmeno un atomo del suo fascino. Per Federico Zampaglione il tempo sembra essere un dettaglio da niente, eppure il leader dei Tiromancino è un artista in continuo movimento: sedici anni di carriera, gli amici che si sono avvicendati sul palco (della formazione originale è rimasto solo Federico), un’incursione fortunata nel mondo del cinema (due film per il grande schermo e l’amore dichiarato per il genere horror), la relazione con l’attrice Claudia Gerini, la nascita di Laura, la prima figlia, e il ritorno alla musica. Svincolato da qualsiasi contratto con grandi major discografiche e felicemente indipendente, Federico è riusci-

live

03/02 Catania, 04/02 Palermo, 07/02 Roma, 14/02 Milano, 18/02 Fontaneto (NO), 22/02 Firenze. Il tour continua, tutte le date su onstageweb.com

to a pubblicare – in ottobre – L’essenziale, undicesimo album in carriera targato Tiromancino. Il tutto registrato tra Roma e Los Angeles (mixato negli studi Henson, fondati da Charlie Chaplin), prodotto dallo stesso Zampaglione con Saverio Principini (a lungo al fianco di Vasco). Da notare la firma di Domenico Zampaglione - papà di Federico ed ex professore di filosofia – in quasi tutti i testi, un delicato mix di poesia e attualità. Il tutto condito da un sound compatto, che lascia in bocca quel tanto di sapore rock che non guasta. Un disco nato in un momento di grande cambiamento umano e, allo stesso tempo, di grande serenità e uscito quasi in sordina. L’artista romano non ha mai amato il clamore, e questo lavoro – essenziale e gradevole - lo dimostra. Poche e selezionate apparizioni in tv, molto presente in radio e

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valigia pronta per partire per una nuova avventura live, da febbraio in poi: «Io sono il primo a rompermi le palle di me. E rimarrò sempre un personaggio intermedio, non sarò mai un artista da stadi. è perché cerco di cambiare, di non riproporre una cosa anche se funziona. Io amo il mio pubblico, le persone che mi seguono, ma voglio avere la sensazione di dare qualcosa di me e non solo quella di prendere qualcosa da loro».


Musica

Questo (non) è un talent show

C’è chi vuole spettacolarizzare il talento e chi semplicemente lo supporta. MTV ha scelto la seconda opzione, organizzando un contest, MTV New Generation, che premia solo i veri talenti. di Gianni Olfeni

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a storia è questa. Ottobre 2010, tra New York e Los Angeles si svolge l’Hit Week, festival che promuove la musica italiana negli States. Oltre a big come Elisa, Allevi e Negrita, si esibiscono alcuni artisti emergenti, tra cui due band selezionate da MTV grazie al contest MTV New Generation. I live di My Awesome Mixtape e Thank You For The Drum Machine sono eccellenti e stupiscono persino gli addetti ai lavori statunitensi.

Corsi & ricorsi di Mattia Odoli - Autore

Il Giorno della Marmotta

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ittà di Punxsutawney, Pennsylvania, 2 febbraio 1887. Viene istituito il Groundhog Day ovvero il Giorno della Marmotta. Tutto nasce da una simpatica marmotta di nome Phil, grazie alla quale gli abitanti locali riescono a prevedere il tempo. Se Phil emerge dalla tana e non riesce a vedere la sua ombra perché il tempo è nuvoloso, l’inverno avrà vita breve. Se invece vede la sua ombra perché è una bella giornata, spaventandosi e tornando di corsa nella sua tana, l’inverno continuerà per almeno altre sei settimane. Il metodo – celebrato persino da Hollywood con il film Ricomincio da capo (Il Giorno della Marmotta), pellicola del ’93 con Bill Muray e Andie MacDowell - è fantasioso, ma molto pratico. E allora perché dopo più di cent’anni ci siamo ridotti a consultare le previsioni meteo ogni cinque minuti, trasformando la meteorologia nella droga più potente del ventunesimo secolo? A chi interessa scoprire se nel giro di un paio d’ore verrà a piovere, quando passiamo il 95% della nostra vita in uno spazio chiuso - casa, automobile, uffici, palestre, locali? Per capire la piega drammatica che ha preso il fenomeno meteo, basta osservare l’evoluzione dei personaggi che si occupano di meteorologia in tv. Anni fa c’era il classico colonnello dell’aeronautica: uno stoccafisso in divisa, generalmente dotato di grossi baffi neri, che sembrava obbligato da qualche superiore sadico a comparire in tv ripetendo la cantilena delle “piogge sparse sul versante tirrenico”. Poi, di colpo, un giocatore di dama in abbigliamento da dipendente Inps diventa il Signore del meteo italiano: il colonnello Mario Giuliacci, trasformato in star per merito dei suoi difetti di postura e dei tic causati da decenni di previsioni. Da lì in poi il meteo in tv diventa un circo, toccando il punto più basso con la partecipazione del metereologo Paolo Corazzon in pianta stabile a Mattino 5, dove diventa la cavia da laboratorio di Barbara D’Urso. La nota dolente è che i due sentono di avere una verve comica, ricamando gag che anche la compagnia del Bagaglino avrebbe scartato con orrore. Se proprio vogliamo parlare di comicità applicata al meteo, vi invito a dare un’occhiata al canale Sky Meteo 24, dove una schiera di giornalisti zombie annuncia senza tregua che “in questo momento a Cuneo si registra una temperatura di 3°”. Se sono di Cuneo me ne accorgo da solo che fa un freddo boia, se non sono di Cuneo non me ne frega una mazza di saperlo. La prossima volta che riceverete un sms che vi chiede “vuoi ricevere in tempo reale le previsioni meteo della tua città?”, alzate lo sguardo al cielo. Risparmierete tempo e denaro.

Tanto che arrivano gli inviti per importanti festival come il South By Southwest di Austin (Texas) e il californiano Coachella. Un successone, che convince MTV a rimettere in moto la macchina dell’MTV New Generation. «In un momento in cui si pensa che i nuovi talenti della musica italiana vengano solo dai talent show – scrive Luca De Gennaro, mentore musicale di MTV Italia - vogliamo continuare a investire energia, entusiasmo e “spazi” per dare visibilità ai giovani musicisti che lo meritano, che suonano davvero, che hanno un progetto musicale». Come? Con una piattaforma multimediale attorno alla quale possa crearsi una comunità di musicisti, che sia vetrina per chi vuole emergere e punto di riferimento per l’industria musicale e gli addetti ai lavori. Per partecipare al progetto serve il videoclip di un brano originale, da postare su mtv.it/newgeneration. L’iniziativa è aperta a tutti, ma pochi godranno della visibilità che la piattaforma offre. Questa è la vera novità: MTV vuole

promuovere solo gli artisti o le band che mostrano davvero talento, scegliendo “nel pieno rispetto dell’indipendenza editoriale del canale” precisano dall’emittente. E quindi solo quelli che MTV riterrà meritevoli vedranno il proprio video pubblicato online. Tra questi, i due migliori di ogni mese entreranno in rotazione su MTV+ (canale 67 del Dtt, canale 708 di Sky). «Da quando MTV è arrivata in Italia – ci racconta De Gennaro - ha accompagnato artisti che sono diventati “grandi” con lei: Subsonica, Negramaro, Fabri Fibra e tanti altri. Oggi in Italia esiste una nuova generazione di band che scrivono canzoni, fanno concerti, si costruiscono un seguito sfruttando la Rete. A loro vogliamo offrire la meritata esposizione con MTV New Generation». Potevamo non sposare un progetto così? No, e infatti Onstage è partner ufficiale dell’iniziativa. Da marzo in poi vi parleremo dei migliori musicisti coinvolti, qui e sul nostro sito (onstageweb.com).

On Tour con

PJ Harvey live in Europe

PJ Harvey torna dopo due anni con un nuovo disco (Let England Shake, recensione a pagina 57) e una nuova tournèe, che a febbraio girerà l’Europa. Vi segnaliamo quattro location interessanti del tour di Polly, quattro “scuse” per organizzare viaggi nelle più suggestive città europee. All’insegna della musica, naturalmente. 18/19 febbraio, Bruxelles

21/22 febbraio, Berlino

Cirque Royale: splendida sala da concerto dall’atmosfera tranquilla e morbida.

Admiralspalast: regale sala teatrale capace di contenere fino a 1750 persone.

Con CTS volo per Bruxelles da 46 euro a/r Hotel*** da 28 euro a persona

Con CTS Volo per Berlino da 56 euro a/r Hotel*** da 25 euro a persona

24/25 febbraio, Parigi

27/28 febbraio, Londra

Olympia: storico teatro, è il più antico music hall di Parigi ancora in attività.

Troxy: ex cinema degli anni ’30 convertito in location per concerti live.

Con CTS Volo per Parigi da 34 euro a/r Hotel** da 34 euro a persona

Con CTS Volo per Londra da 87 euro a/r Hotel*** da 40 euro a persona

Le offerte indicate sono riservate ai soci CTS. Le quote dei voli sono per partenze da Roma e Milano. Le quote degli hotel sono a persona, a notte, in doppia, con prima colazione. Info e prenotazioni su www.cts.it, nelle sedi CTS o al n° 06-4411166.

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FEBBRAIO


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FACE2FACE

live

11/02 Levico (TN), 12/02 Colle Val D’Elsa (SI), 18/02 Torino, 19/02 Bologna, 26/02 Brescia. Il tour continua, tutte le date su onstageweb.com

MARLENE KUNTZ

L’ottavo disco dei Marlene Kuntz si intitola Ricoveri virtuali e sexy solitudini ed è pubblicato da Sony Music. Una scelta importante che segna il ritorno a quel sound rock momentaneamente accantonato con Uno (2007). Un ottimo lavoro, energico, avvolgente, che si porta dietro - però - la “rabbia” di Cristiano Godano. di Marcello Marabotti

P

artiamo dal titolo, curioso e complesso: per- è un mondo per cui oggi proviamo disaffezione, perché senza si fa sentire molto. Qui, invece, sembra esser parché avete scelto queste “immagini” così lon- l’amore per la musica è greve, non c’è humour e non si tito dal vostro suono e il risultato è un disco non elettrotane fra loro? capisce che dietro al progetto c’è un programma. All’este- nico o freddo, quasi il contrario… Cercavo un titolo che fosse lungo e d’impatto ro c’è un pubblico più preparato con una preparazione È stata una sorpresa. Howie è un produttore, un dj fondacosì ho pensato di unire due immagini forti, come “rico- culturale diversa. mentalmente elettronico: era interessato alla performance veri virtuali” e “sexy solitudini”. Penso che la solitudine (Cristiano si riferisce ad alcune polemiche che hanno ri- e il risultato è stato un suono molto caldo, al contrario di non sia negativa in sé, ed è il tema della canzone Io e me: guardato i Marlene, accusati di aver perso l’indipendenza Beautiful. Questo perché in sala prove abbiamo lavorato se escludiamo la cosiddetta terza età, la solitudine può es- di una volta, nda) come una volta, provando moltissimo per riuscire ad arsere una condizione positiva. Poi un termine come “sexy” Perché il conflitto tra mondo indie e mainstream è così rivare a un risultato che avesse le esatte sensazioni che aiuta a stemperare la tensione creata da quel ‘ricoveri forte in Italia? stavamo cercando. virtuali’, emblema dei non-luoghi dove possono dilagare In Italia abbiamo l’attitudine a massacrarci. Certe critiche Avete realizzato insieme ai Masbedo (duo di video arl’insensibilità e altri aspetti negativi dell’uomo. non hanno senso: noi lavoriamo, e non poco, per mante- tist che hanno esposto alla 53esima Biennale di Venezia, Ascoltando l’album, l’impressione dominante è che vi nerci a questi livelli. Voi media dovreste far capire questo nel 2009) un progetto video - presentato fuori programsia un filo conduttore che lega le canzoni. Un sentimento aspetto al pubblico. Della nostra professione vengono sot- ma al Torino Film Festival - che coinvolge anche il sinforte, uscito come una necessità. Ad esempio, un verso tolineati solo i privilegi. Il nostro è un lavoro meraviglio- golo Paolo anima salva, girato in Islanda. Perché avete di Pornorima recita: “Che pensino a scopascelto proprio questa location? Per il mood « Il nostro è un lavoro meraviglioso, ma attenzione re/ i farisei dell’indie-rock/ le anti-sbrododei pezzi? a banalizzarlo, perché rimanere on stage vent’anni line snob/ gli alternativi a pacchi e stock”. Con i Masbedo abbiamo girato un progetto Quali sensazioni racchiude il disco? comporta sacrifici che non tutti sono capaci di sopportare » visivo in quattro atti che coinvolge altrettanti Erotismo e rabbia sono le componenti che cabrani del disco - Piacere speciale, Io e me, Paolo ratterizzano il progetto che si cela dietro a Ricoveri virtuali so, ma attenzione a banalizzarlo, perché rimanere on sta- anima salva (primo singolo) e Vivo - girati interamente in e sexy solitudini. L’erotismo, che noi esibiamo in maniera ge vent’anni comporta sacrifici che non tutti sono capaci Islanda. Questa terra è l’emblema del concept che si cela provocatoria, mai volgare, è un argomento dominante di sopportare. dietro all’album: è una landa tersa e disabitata, perfetta nelle nostre vite e qualsiasi autore ci si deve confrontare. Ricoveri virtuali e sexy solitudini è un disco rock, per rappresentare la solitudine dell’individuo trasmessa Il sesso è predominante oggi, soprattutto su internet. oscuro e solare allo stesso tempo. Musicalmente, dove dal disco. Perfetto. Ma la rabbia? nasce questa scelta? Nei ringraziamenti c’è una citazione per Samuele BerLa mia rabbia arriva dall’idea che stiamo accettando la de- Ci siamo idealmente collegati con la parte finale del tour sani. Perché? riva della musica facendo dischi gratis. È terribile, viene di Uno: avevamo voglia di catturarne l’energia. Siamo È un aneddoto legato al video di Paolo anima salva: Samueda chiedersi: “perché dovrei impiegare quattro mesi della soddisfatti, merito anche della produzione di Howie B. le è amico dei Masbedo, aveva fatto un viaggio con loro mia esistenza per un progetto che nessuno comprerà?”. Un personaggio fantastico che ha valorizzato il nostro proprio in Islanda e quando abbiamo pensato di girare là, Ma non è solo questo. È una rabbia composita che conflu- suono e, soprattutto, ha capito il potenziale sensuale dei lui ha voluto partecipare. La cosa fantastica è stata la sua isce in un fiume fatto di amarezza. Non ce l’abbiamo con Marlene in termini di groove. semplicità nel mettersi a disposizione del progetto dando nessuno in particolare, ma il contesto della musica indie La produzione è sorprendente: di norma, la sua pre- una mano per le riprese.

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© Paolo De Francesco

FACE2FACE

VERDENA

live

03/12 Fontaneto (NO), 04/12 Zurigo, 07/12 Bologna, 11/12 Castelprio (VA), 18/12 Senigallia (AN) Il tour continua, tutte le date su onstageweb.com

Lunghi mesi barricati nel proprio studio di registrazione/sala prove hanno fruttato un doppio album che rilancia i Verdena come una delle band più coraggiose e sperimentali del panorama rock italiano. Abbiamo intercettato Alberto Ferrari e Roberta Sammarelli per farci raccontare il loro lavoro più complesso e soddisfacente… di Stefano Gilardino

A

ncora più che nei dischi precedenti, Wow mostra una voglia sempre più crescente di sperimentazione e di assenza di punti di riferimenti ben precisi. Alberto: Hai ragione, i Verdena non vogliono assolutamente focalizzarsi su un suono piuttosto che su un altro, cerchiamo di essere sempre in movimento, recepire influenze esterne e poi metabolizzarle in modo personale. È ovvio che siamo ben consci di muoverci entro certi parametri, quanto meno in un ambito rock, se così vogliamo dire, ma ci piace spaziare a seconda del momento. In ogni caso, credo che il nostro stile e la mia voce si riconoscano all’istante, creando una continuità con i lavori precedenti. A pensarci bene, è soprattutto il mio modo «A di cantare a definire i Verdena, a volte è persino quasi difficile risentirmi su disco… (risate) È stato complesso comporre così tanto materiale? A.: Per quanto riguarda la musica è stato molto divertente, nessuna fatica, ma ho avuto qualche difficoltà con i testi, specialmente quando si è trattato di passare dall’inglese che uso in fase di composizione all’italiano del brano finito. Capita di abituarsi troppo a certe parole e avere problemi a convertire il tutto nella nostra lingua. Roberta: Per questo disco, molti pezzi hanno guadagnato parecchio con la conversione in italiano, molte altre volte ci sembrava che il passaggio fosse traumatico e sfavorevole. È solo una questione di suono, ovviamente, ma quando per mesi hai a che fare con le stesse canzoni con un testo anglofono, fai fatica a gestire il cambiamento. Il risultato finale, nel caso di Wow, ha superato le nostre aspettative e ora non ce la faremmo mai a immaginarci questi pezzi in altri modi. Del disco, colpisce soprattutto una cura maniacale per le parti vocali. Se per A Capello è quasi scontato dirlo, ci sono molti altri momenti, Loniterp per esempio, in cui

CD. Io considero Wow come il secondo disco dei Verdena, Requiem è un secondo esordio in pratica. La prima parte della nostra carriera si è conclusa con Il suicidio dei samurai, e da lì siamo ripartiti verso altre direzioni. Non vi piacciono più i vecchi dischi? A.: No, non è proprio così: all’esordio siamo legatissimi, è il disco che rifaremmo per intero dal vivo se ci chiedessero di scegliere un nostro album per un concerto. Solo un grande sasso ci piace poco, cambieremmo molte cose di quel disco, mentre Il suicidio dei samurai è bello ma un po’ troppo commerciale e leggero. Requiem è il vero punto di partenza dei Verdena, quindi. La mole di musica contenuta in Wow è davvero imponente, stupisce quasi che una band pubbliparte poche eccezioni, contiamo di suonare chi così tanta roba in un colpo solo al giorno tutte le canzoni di Wow dal vivo, occuperanno d’oggi. R.: Abbiamo anche avuto problemi all’inizio, la maggior parte del concerto » non volevano che uscisse un doppio CD, lo conio! Siamo in sala prove da un mese e mezzo per mette- sideravano un suicidio commerciale. Avevamo appronre a punto la scaletta e suonare i brani nuovi, ma siamo tato una scaletta da 25 pezzi che stava su un solo disco, estremamente soddisfatti, stiamo tornando in forma ra- ma era troppo pesante, così abbiamo optato per mettere pidamente. più pezzi su due supporti e lasciare una pausa. Pensa che A.: A parte poche eccezioni, contiamo di suonare quasi uscirà anche su vinile doppio, ce lo stampiamo noi e lo tutte le canzoni di Wow dal vivo, occuperanno la maggior vendiamo ai concerti! parte del concerto. Avete prima accennato al tour, come pensate di afTornando al disco, a parte rare eccezioni, sembrano frontare il palco questa volta? mancare quei pezzi violenti e quasi hard rock che erano A.: Vogliamo offrire uno spettacolo più concentrato, meno una vostra cifra stilistica ben precisa. lungo che in precedenza, ci sono stati dei concerti in cui A.: Devo ammettere che non sono riusciti a scriverne di ci siamo annoiati persino noi per la lunghezza dello show così efficaci da meritarsi la pubblicazione, forse non era (risate). Un’ora e mezza dovrebbe andare bene, no? Non il periodo giusto, chissà… Forse l’unica eccezione è Atto- vogliamo mica che la gente si annoi, anzi deva andare via nito, ma la vedo quasi come una canzone banale, un no- con la voglia di ascoltare ancora i Verdena. stro tributo ai Cheap Trick. Nel materiale scartato c’era R.: Come ho detto prima, il fatto di movimentare la sequalche altra cosa di simile, ma la nostra strada ha preso rata con scambio di strumenti ci permetterà di divertirci un’altra svolta direi, come si può capire ascoltando i due persino di più. stupisce il grande lavoro che avete fatto. A.: A Capello, tra l’altro, è dedicata proprio al famoso allenatore, l’ho composta il giorno in cui l’Inghilterra è uscita dai mondiali di calcio, è stato un puro caso (ride). Comunque è il primo disco in cui facciamo dei cori e devo dire che anche noi siamo soddisfatti del risultato, anche se è stato arduo andare a tempo e con la giusta intonazione. R.: E quei pezzi li suoneremo anche dal vivo, abbiamo anche inserito un quarto elemento in fase live, un ragazzo che si chiama Omid Jazi e suonerà chitarra, tastiere e contribuirà ai cori. Sarà bello scambiarsi un po’ gli strumenti sul palco, credo che darà un valore aggiunto a questo tour, pensa che dovrò cantare in un paio di pezzi anche

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LIVESTYLE

Š Ari Michelson

live

Gay Unfriendly: I kissed a girl è stata oggetto di una feroce critica da parte di Beth Ditto dei Gossip. La cantante della band americana, notoriamente omosessuale, ha dichiarato di odiare Katy Perry e di ritenerla offensiva per la cultura gay.

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23/02 Assago (MI)


LIVESTYLE

Katy Perry

Il sogno di un’eterna

teenager

Si può esordire con un disco gospel e fare il botto con un pezzo che gioca sull’ambiguità a sfondo sessuale del testo (I Kissed A Girl). Si può diventare un’icona sexy e pubblicare un disco che si ispira alla purezza dell’adolescenza. Si può essere per sempre teenager, per lo meno nello spirito. è il vangelo di Katy Perry. In attesa di vederla per la prima volta dal vivo in Italia, siamo volati a Madrid per incontrarla. di Gianni Olfeni - foto: Mike Ruiz

L

a folla che si accalca lungo le transenne disposte davanti al Westin Palace è composta principalmente da giovanissime ragazze, rumorose e festanti. Ci sono anche i coetanei maschietti, che cercano invano di nascondere l’emozione dietro un atteggiamento più composto, e naturalmente qualche genitore. Più i soliti curiosi, turisti per lo più, che osservano ignari. Tra le mura del lussuoso albergo si sono rifugiati alcuni degli artisti che MTV ha invitato a Madrid per animare l’edizione 2010 degli European Music Awards. Sono loro gli eroi che centinaia di adolescenti impazienti aspettano di vedere, magari toccare. Non ho idea di chi effettivamente sia ospite dell’albergo, ma la giovane ed eterogenea umanità assiepata davanti all’ingresso suggerisce che ci siano proprio tutti, dalle popstar ai gruppi rock. Sicuramente c’è Katy Perry. è lei il motivo per cui mi trovo, un po’ in imbarazzo, ad affrontare la selva di steward che fanno da filtro tra la scalinata d’ingresso e la hall del Westin Palace. Ci metto diversi minuti prima di entrare. Non è facile trovare la persona giusta a cui spiegare chi sono, cosa devo fare, chi mi manda. Sembra un film. Katy si fa attendere il giusto. Nel salottino al dodicesimo piano, oltre al sottoscritto, ci sono altre persone, tutte spagnole, che aspettano di incontrarla. La sentiamo in lontananza mentre scherza ad alta voce con qualcuno del suo staff - il suo accento americano si riconosce ben prima che

lei si manifesti in carne ed ossa. è il suo modo di annunciarsi. Prima le televisioni, poi le radio e infine la stampa. Per ultima la stampa straniera, quindi io. Un privilegio, penso, non mi interromperanno allo scoccare del quindicesimo minuto perché è il turno di qualcun’altro. E invece succederà esattamente il contrario. «Non sono mai stata a Roma. Lo so, è strano, specialmente per una come me che ha visto quasi tutto il mondo. Però

persone che idealizzi. Che poi non per forza devi conoscerle, possono trovarsi anche su un poster. Sogni di incontrare quella persona e inevitabilmente te ne innamori. Io vorrei che gli adolescenti s’infatuassero di me nei loro sogni e vorrei far ricordare a chi è un po’ più grandicello la sensazione del primo innamoramento, della prima volta». Missione compiuta, almeno nella sua prima parte. Nel meraviglioso mondo di Katy non sembra esserci spazio per l’età adulta, intesa come esistenza inquinata e corrotta che si porta via la purezza dei fanciulli. Lei stessa si comporta in modo spontaneo e ingenuo proprio come una teenager, nonostante abbia compiuto 26 anni e si sia pure sposata (sull’argomento mi è stato imposto il silenzio, chissà poi perché). «Vedi, io credo che le persone siano tutte speciali e che ognuno di noi possa e debba privilegiare la purezza del proprio animo, perché in questo modo è più facile tirare fuori le qualità che abbiamo dentro. Tutti hanno talento per qualcosa. Non importa che tu sia una cantante, un giornalista o, che ne so, uno chef. Hai sicuramente delle virtù che meritano di esplodere come fuochi d’artificio (è quello che Katy canta in Fireworks, canzone dell’ultimo disco di cui si dichiara “molto orgogliosa”, nda). E quando accade sono contagiate anche le persone che ci circondano. E loro possono fare lo stesso con noi, è un circolo virtuoso. Io voglio essere un fuoco d’artificio e avere intorno solo persone in grado di rendere la mia vita speciale!».

« La vita può essere davvero stressante, dura, e la soluzione spesso è riderci sopra. E’ necessario provare a sdrammatizzare. Bisogna ridere della vita mentre si vive » sono stata diverse volte in Italia. Conosco Milano, mi affascina soprattutto la sua anima industriale. E poi i negozi del centro!». Lei è esattamente come te l’aspetti. Dirompente, alta, colorata, truccatissima. Piuttosto sexy nel suo mini-abito giallo fluo. Tacco 15, rigorosamente.

FOREVER TEEN C’è un filo, neanche poi tanto sottile, che lega il secondo e per il momento ultimo disco di Katy Perry, Teenage Dream, e i ragazzini all’ingresso dell’albergo. «Quando siamo molto giovani viviamo tutto più intensamente. Il mio album racconta il sentimento euforico di quando sei un teenager e t’innamori per la prima volta o hai fantasie su

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LIVESTYLE Katy Perry

Il dipinto che ha ispirato la copertina di Teenage Dream è opera di Will Cotton, famoso per il filo conduttore unico delle sue opere: soffici nuvole. «Katy incarna gli archetipi che cerco nei soggetti dei miei quadri. È stato entusiasmante lavorare con lei».

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Nel titolo del singolo California Gurls, Katy ha sostituito la “i” con la “u” affinchè la parola “gurls” suonasse grintosa. «è una sorta di codice. Nell’era della comunicazione digitale tutti parlano in codice e quindi mi sono adattata anche io».

K

One Of The Boys è stato certificato disco di platino dalla Recording Industry Association of America, mentre Teenage Dream, negli USA, ha venduto 192.000 copie nella prima settimana di uscita. In totale Katy ha venduto oltre 22 milioni di singoli.

Nel 2011 è previsto il debutto di Katy come doppiatrice. Sarà la voce di Puffetta nella versione cinematografica de I Puffi. Il film, girato con una tecnica mista (trazione dal vivo e grafica computerizzata) uscirà nelle sale italiane il 16 settembre.

Nel video di Hot’N’Cold (del 2008), girato da Alan Ferguson, il protagonista maschile è un amico d’infanzia di Katy, Alex Rodriguez, e la First Christian Church è la stessa del film Indiana Jones e il regno del teschio di cristallo.

Katy ha all’attivo più di un’esperienza davanti alla cinepresa. Tra le altre, ha recitato nella soap Febbre d’amore, oltre ad esser comparsa nei video dei Gym Class Hero, Cupid Chokehold, e Goodbye For Now dei P.O.D.

A sorprendermi non è tanto la visione ottimistica del genere umano che Katy mi ha appena raccontato, quanto il fatto che le sia stata stimolata da un libro e uno scrittore che mai avrei immaginato appartenessero al suo background: «Nella lista dei libri che il mio neo-marito Russell Brand mi ha consigliato la scorsa estate c’era On The Road di Jack Kerouac. Russell mi ha fatto notare in particolare il capitolo dove l’autore spiega l’importanza di essere circondati da persone frizzanti e mai legate ai luoghi comuni, individui che sono come dei fuochi d’artificio, esplodono nel cielo e illuminano la vita di tutti quelli che li circondano».

SDRAMMATIZZARE E’ POP Katy è divertente, possiede quel genere di simpatia tipicamente americana che tanto affascina al di qua dell’oceano. Sta tutto nella gestualità, nella mimica facciale e nella capacità di modulare il tono di voce. E infatti, appena pronuncio il termine “witty”, che in inglese significa “spiritoso”, la mora (per questa volta) cantante americana si accende. «Io amo il senso dell’umorismo. La vita può essere davvero stressante, dura, e la soluzione spesso è riderci so-

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pra. è necessario provare a sdrammatizzare. Bisogna ridere della vita mentre si vive. Vale anche e soprattutto per la musica e io credo di essere brava in questo senso». Quando il discordo cade sul singolo California Gurls, primo estratto da Teenage Dream, abbiamo un esempio chiaro di cosa intenda Katy per “sdrammatizzare”. Quel pezzo è una risposta a Empire State Of Mind, brano tributo a New York confezionato da Jay Z per Alicia Keys. «Mi sono accorta che a Los Angeles tutti impazzivano per quella canzone. è blasfemo! Se una persona è così affascinata da New York, perché diavolo vive a LA? Così ho pensato che forse alla California mancasse un inno e che potesse essere interessante offrirlo da una prospettiva femminile». Mentre Katy parla, rifletto sul pop. Sarà il caldo delle luci che qualcuno avrebbe dovuto spegnere dopo le interviste televisive – più che la suite di un albergo di lusso sembra un centro abbronzatura – ma parto per un viaggio immaginario lungo una sessantina d’anni, che arriva fino ad Elvis. In effetti, il compito della popular music è sempre stato quello di dare risposte positive, di tranquillizzare, rasserenare. Per il resto, rivolgersi altrove please.


LIVESTYLE Katy Perry

NON SIAMO ROBOT! Vista da fuori, la vita delle star è perfetta. Le parole di Katy mi cullano nella dolce illusione che ogni singola persona possa vivere nello stesso mondo dorato. Ma per prima lei sa che le cose non stanno così. «Ovviamente questo è quello che sembra, anche perché in effetti ogni tanto la nostra vita si trasforma in esistenza irreale dove tutto è fantastico. Ma dura poco, perché siamo come tutti gli altri. E quando commettiamo l’errore di dimenticarcene, anche solo per un attimo, c’è sempre qualcosa che ci riporta alla realtà. Anche il più stupido degli incidenti. Per esempio recentemente mi sono tagliata e mi hanno chiuso la ferita con 17 punti!». Katy ride (sdrammatizza!), si rende conto che sono ben altre le questioni difficili da affrontare. «Scherzi a parte, sono perfettamente a conoscenza del fatto che anche io devo morire. Le popstar non sono robot, ma esseri mortali come tutte le persone di questa terra». Un nuovo e forse

più consapevole lato della sensibilità di Katy Perry sta emergendo proprio quando comincio a sentire il fiato sul collo dei discografici spagnoli (per l’occasione travestiti da svizzeri). Il famoso quindicesimo e ultimo minuto sta per scoccare. Peccato.

temente ho pubblicato un album acustico perché quello è il mio background musicale. Io e una chitarra. Del resto ho scritto molte canzoni di One Of The Boys (suo primo album pop, secondo in assoluto) in un piccolo caffè, seduta a un tavolino. E per Teenage Dream ho composto al piano. Chissà, in futuro potrei tornare sui miei passi. Naturalmente amo i costumi, il trucco, i lustrini e le paillettes, ma quello che più mi interesse è l’anima, il cuore, il talento. Però sono convinta che anche adesso la mia musica sia in grado di esprimere tutto ciò. Dopo I Kissed A Girl avevo paura che mi cucissero addosso l’etichetta della “one hit girl”. Poi con i successivi singoli ho notato che la mia fan-base aumentava sempre più. E la paura è diventata soddisfazione. è bello vedere tanta gente saltare a bordo!». Tradotto, non vedremo Katy Perry cambiare stabilmente profilo. Anche perché, in fondo, che bisogno c’è? Lunga vita a lustrini e paillettes.

« Sono perfettamente a conoscenza del fatto che anche io devo morire. Le popstar non sono robot, ma esseri mortali come tutte le persone di questa terra » LUSTRINI E PAILLETTES Anche se può sembrare retorica, voglio concludere chiedendo a Katy se ha mai pensato di cambiare strada, di virare bruscamente lungo la sua rotta artistica. In fondo è la figlia di un pastore evangelista e ha esordito musicalmente con un disco gospel, nel 2001 – nel quale oltretutto si firmava con il suo vero nome, Katy Hudson. «Recen-

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LIVESTYLE

UN

Giovanni Allevi

ALIENO TRA NOI

Alien è il titolo dell’ultimo disco per pianoforte solo di Giovanni Allevi, che non avrebbe potuto scegliere sostantivo migliore per un suo progetto. Perché “alieno” non è solo il suo talento, ma anche il dono che gli consente di trasformarsi da timida persona (qual è nel privato) a carismatico artista. Qualche settimana prima della data inaugurale del suo tour, una chiacchierata elettronica ha confermato l’impressione avuta qualche anno fa. di Daniele Salomone - foto: Gianluca Saragò

L

a prima volta che ho incrociato Giovanni Allevi è stato qualche settimana prima dei suoi concerti sinfonici all’Arena di Verona con la All Star Orchestra, nel settembre di due anni fa. Allevi era una celebrità da almeno un paio d’anni. Eppure, nella stanza che ospitava il nostro incontro, mi sono trovato di fronte una persona timida, quasi in imbarazzo, che tradiva una certa fragilità. Salvo poi trasformarsi in un convinto trascinatore man mano che le parole davano forma ai suoi ragionamenti. è lo stesso identico “miracolo” che si compie quando con un pianoforte trasforma in note la musica che ha pensato, coccolato, custodito gelosamente nella sua testa. Il timido Giovanni che diventa il grande Allevi. Questa volta i suoi impegni non ci consentono di incontrarci. Ci scriviamo. Uno scambio epistolare dal sapore antico che soddisfa il palato di entrambi, anche se naturalmente il supporto non è cartaceo ma elettronico. Non lo vedo, ma mentre gli scrivo lo immagino esattamente come in quella stanza in cui l’ho conosciuto. E quando leggo le sue risposte, ho di nuovo la sensazione che il timido Giovanni abbia subito una nuova metamorfosi, trasformandosi nel grande Allevi. Giovanni, innanzitutto vorrei sapere com’è il tuo umore dopo le premiere internazionali di Alien. Come hanno accolto all’estero il tuo nuovo lavoro? Esaltante! Sono davvero contento di aver eseguito Alien sui palchi internazionali. L’accoglienza è stata come sempre festosa, e ogni volta mi stupisco di come la mia musica strumentale entri in sintonia con le emozioni dei ragazzi indipendentemente dai confini geografici. Incontrare soprattutto i giapponesi è un’esperienza che ti tocca nel profondo: una delicatezza, un’eleganza nei modi che lascia senza parole. C’è un motivo particolare che ti ha spinto a partire dall’estero?

è stato un caso, ma ora che ci penso è andata sempre così. Pensa che la mia prima tournèe importante, nel 2004, si svolse in questo modo: Hong Kong, Shanghai, New York, Peschici e Cerisano. Ma questa è la globalizzazione, baby! Hong Kong e Peschici sono più vicine di quanto sembri. Globalizzazione e soprattutto decentramento culturale. Una volta le cose importanti e significative avvenivano solo nelle grandi città. Oggi è possibile creare, ideare, immaginare anche in un piccolo centro. Veniamo ad Alien. è un disco chiaramente diverso da Evolution. Ci spieghi tu perché? Molto semplicemente rappresenta il ritorno al pianoforte solo, mentre Evolution è il mio lavoro con orchestra sinfonica. Ma ho trasferito sul pianoforte le stesse forme dilatate che avevo sperimentato con l’orchestra. A cosa ti riferisci quando parli di “forme dilatate”? E quando dici – è scritto nella presentazione del disco - che Alien “è un disco sperimentale, dove la ricerca è tesa al raggiungimento di una purezza totale del suono”? La sfida è stata quella di prendere la più classica e complessa delle strutture musicali, la forma sonata, e farne un uso contemporaneo. La sonata è solo un’architettura, molto antica, che può inglobare elementi anche modernissimi, presi dal mondo che ci circonda. Alien è il risultato di questa mia ricerca, molti dei suoi brani sono appunto in forma sonata. Questo significa che sono molto più estesi di una canzone pop, perché contemplano l’esposizione di due temi principali, il loro sviluppo e la ripresa dei temi stessi. Realizzo così quella che per me è l’ideale di Musica Classica Contemporanea, che ho teorizzato in maniera pressoché inattaccabile nei miei libri (La musica in testa e In viaggio con la strega, entrambi con Rizzoli ed entrambi del 2008, nda). La purezza del suono invece è dovuta al lavoro maniacale di preparazione del pianoforte, di registrazione e della scelta dello studio. In al-

« Tutto accade solo nella mia mente, lontano dallo strumento. La musica viene a trovarmi senza un motivo, ed io la lascio fare. Anzi, cerco di interferire il meno possibile »

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LIVESTYLE

Session Man: Nel 2002 Lorenzo Jovanotti lo ha voluto nella sua band in qualitĂ di pianista, nel tour de Il quinto mondo. Allevi ha anche accompagnato, come ospite, Ligabue nel tour acustico nei teatri del 2003.

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LIVESTYLE

cuni momenti sembra che il suono non abbia più timbro, solo altezza e intensità. Cosa aggiunge e cosa toglie il fatto di essere da solo, senza l’accompagnamento di un’orchestra? Suggestioni a parte, cambia la struttura del discorso musicale. Se ho a disposizione una varietà di timbri, come nell’orchestra, posso permettermi di ripetere una frase, passandola tra strumenti diversi, senza che cali l’attenzione dell’ascoltatore. Nel pianoforte solo questo non è possibile. Anche Alien è nato nella tua mente prima ancora che al pianoforte? Che cosa ti ha ispirato? Ormai questo è il mio modo di comporre: tutto avviene solo nella mia mente, lontano dallo strumento, che raggiungo solo all’ultimo momento, quando tutto è pronto. Non c’è nulla in particolare che mi abbia ispirato: la musica viene a trovarmi senza alcun motivo, e io la lascio fare. Anzi, cerco di interferire il meno possibile. In ultima analisi, è cambiato il tuo linguaggio musicale, oppure gli hai solo messo un abito nuovo? No no, è proprio cambiato! Io cerco sempre la diversità, non solo rispetto ai lavori precedenti, ma anche all’interno dello stesso album. Nel mio caso, un puro cambiamen-

to di facciata non mi verrebbe perdonato dal pubblico. Ma non posso neanche mettere alla prova l’affetto di chi mi segue con brusche virate. Per fortuna è la musica stessa a suggerirmi cosa fare e dove vuole andare. Mi fido di lei! L’Alien Tour debutta al PalaLottomatica di Roma. Sei riuscito a “invadere” uno spazio sacro del pop/rock come il palazzetto. Un ulteriore segnale di come la tua musica sia in grado di abbattere barriere. Evidentemente la “semplicità” di cui hanno parlato alcuni tuoi detrattori (mi riferisco a quel manipolo di critici che ha snobbato la tua musica) non è poi così un male...

attese, brusche impennate, momenti di vuoto e picchi di intensità. Tutti aspetti che non ritrovo nella musica che ci viene proposta giornalmente dai media, che invece cerca di dare il massimo delle informazioni in pochi secondi, restando statica nel tempo. La semplicità, un elemento costitutivo della mia musica, è comunque la dimensione più difficile da raggiungere. è una sorta di premio insperato dopo essere passati attraverso le strade anguste della tecnica. In ogni caso, io non voglio invadere spazi sacri, né della classica né del pop, è l’affetto della gente che me lo permette. Per quale motivo la critica classica si è mostrata dura nei tuoi confronti? Forse perchè in questo Paese chi rompe con il passato dà fastidio? Eppure i più grandi musicisti sono proprio quelli che hanno innovato l’estetica musicale, da Stravinsky a Hendrix. Un attacco diffamatorio mediatico senza precedenti nel mondo musicale classico, ecco cosa è stato! E ti confesso che per molto tempo ho perso il sonno, perché nel dormiveglia facevo interminabili discorsi in cui immaginavo di difendermi. Ma poi ho capito che è stato inevitabile. Se c’è un sistema rigido e immobile sulle proprie convinzioni, come si può pensare che accolga con entusiasmo il

« Se c’è un sistema fermo sulle proprie convinzioni, come si può pensare che accolga con entusiasmo il cambiamento che forse lo condurrà, non dico alla fine, ma almeno a un ripensamento? »

Due giorni prima del concerto, Allevi nuota in piscina riprovando mentalmente i movimenti delle dita sulla pianoforte e nel camerino mangia sempre una fetta di torta al cioccolato.

è l’inedita complessità a fare breccia nel cuore di chi mi segue, è proprio quell’osare, quel mettere in gioco forme classiche dilatate, in un linguaggio che a tratti ti prende, poi ti lascia e ti costringe a una continua attenzione, a essere protagonista della mia vicenda artistica da sempre. Ciò che vado a recuperare dalla tradizione classica è proprio il senso orizzontale del discorso musicale, fatto di

Le melodie che compone Allevi prendono spunto dalle persone che incontra durante il giorno. Giovanni si segna tutti i nomi su un tovagliolo di carta, lasciando che ispirino le sue composizioni.

Joy è stato concepito a Milano, durante un viaggio in ambulanza a seguito di un attacco di panico al ritorno dalla tournée in Cina. Joy esprime la gioia di vivere di Allevi attraverso la musica.

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Uno dei pezzi più tecnici di Allevi è Piano karate, scritto pensando a un combattimento di karate tra lui e il pianoforte in un inusuale ritmo di 10/16. Lo stesso compositore lo ha definito “ai limiti delle mie capacità”.

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Joy ha avuto un notevole successo sia tra la critica che tra il pubblico: è arrivato alla posizione numero 1 della classifica PMI/Nielsen degli album indipendenti e con 50.000 copie vendute è diventato disco d’oro.


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cambiamento che forse lo condurrà, non dico alla fine, ma almeno a un ripensamento? Dunque la casta della musica classica ha messo in gioco tutto il suo potere più o meno occulto per screditarmi in ogni modo. Una lobby che sicuramente si è dimostrata più potente di me, ma non della mia musica né dell’affetto che la gente mi regala. Ho provato sulla mia pelle che solo ciò che crea critica porta innovazione e cambiamento, mentre ciò che suscita unanime consenso è solo ripetizione dello status quo, e dunque è destinato a non lasciare traccia. Vedi un problema di “lobbismo” nella musica italiana? Cioè: manca davvero talento oppure non ci sono gli spazi giusti perché venga fuori? In questo senso cosa pensi dei talent show? Alcuni sono convinti siano un’opportunità, altri una gabbia per aspiranti musicisti. A me sembra che in Italia ci sia un’esplosione di talento! Anzi, i talent show forse sono l’indicatore di un’esigenza planetaria di creatività. Le nuove generazioni vogliono recuperare la dimensione magica del sogno. Per il momento ho una percezione positiva di questo genere di spettacolo meritocratico. E poi i ragazzi che vincono pare riescano davvero a continuare una carriera artistica. Sono d’accordo quando dici che le nuove generazione vogliono recuperare la dimensione magica del sogno. Ma temo che i talent non li aiutino. Mi sembra che creino prodotti usa-e-getta. E invece un artista, anche il più dotato, ha bisogno di tempo per maturare. In ogni caso è bene ricordare che la musica e i talent (compresa la discografia) sono cose diverse. La musica è l’essenza, la sostanza delle cose, mentre il resto è un mezzo

per la diffusione e la commercializzazione. Il vero rischio è che se il secondo aspetto prende il sopravvento, viene meno la totale libertà di espressione artistica, che diventa schiava della vendita a tutti i costi. Dicono che la musica

e invece passo tutto il resto del tempo taciturno, in preda all’ansia e alla concentrazione. Ecco, vorrei fare un’eccezione per l’Alien Tour, passando in allegria anche i momenti di viaggio e di backstage, con lo staff e i tecnici di palco. Vorrei essere pervaso da una palpabile leggerezza! Non vorrai darti alla pazza vita da rockstar?!? Scherzi a parte, quella “palpabile leggerezza” dipende da te. Tra tutte le sfide che hai affrontato, probabilmente “domare” la tua emotività è quella più grande e difficile. Dici sul serio? L’emotività non va domata, bisogna lasciarla a briglia sciolta. Ma forse è come dici tu, vorrei un po’ di pazza vita da rockstar!

« In tour sono felice sul palco o quando incontro i fan ma passo il resto del tempo taciturno, in preda all’ansia e alla concentrazione. Questa volta invece vorrei essere pervaso da una palpabile leggerezza » sia in crisi. Non è così: sono in crisi la discografia e i meccanismi commerciali legati alla musica. Torniamo a te e all’esperienza live. Come si prepara un concerto per pianoforte solo? Voglio dire, non devi pensare a effetti speciali, video etc. Cerco un “non luogo” dove ci sia tanta gente. Ho già i miei preferiti dislocati nel mondo: una panchina della stazione del metrò di Milano, o un punto della stazione dei treni di Tokyo, per fare qualche esempio. Mi siedo e osservo intorno. Faccio partire nella mia testa la musica di Alien e immagino di suonarla per le persone che indaffarate camminano davanti a me. Uno alla volta ripasso a mente tutti i brani, nota per nota, in uno stato quasi di trance. Non è solo un modo per studiare il pianoforte senza lo strumento (fatto per me necessario essendo quasi sempre in tour) ma rappresenta soprattutto l’ideale incontro con l’ascoltatore, cioè colui che accoglierà le mie note nel suo cuore, rendendole vive con la propria emozione. Cosa ti aspetti da questo tour? In genere, durante le tournèe, sono felicissimo quando sono sul palco o quando incontro i fan dopo il concerto,

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Ve lo immaginate Giovanni Allevi nei panni dell’artista maledetto che durante i tempi morti del tour si butta nei party circondato da donne? Io no. Proprio no, specialmente ripensando al nostro primo incontro. Quella “palpabile leggerezza” a cui si riferisce non sta certo dentro un bicchiere o tra le gambe di una donna. Lo sanno bene sia il timido Giovanni che il grande Allevi. In ogni caso, quando parlavo di “domare” l’emotività non mi riferivo alla volontà di ingabbiarla, ma piuttosto alla capacità di individuare quando lasciarla a briglie sciolte. O forse ha ragione lui, via le briglie sempre e comunque. Mi piacerebbe poter prolungare questa discussione, scambiando con lui ancora qualche riflessione. Ma non c’è più tempo, il pezzo deve andare in stampa con tutto il resto del magazine. Non dispero, l’Alieno, primo o poi, si rifarà sentire.


Marani Photo: Fulvio Bonavia

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live

1-2-3/02 Roma, 5-6-7/02 Firenze, 13-14/02 Torino, 19/02 Venezia, 21-22/02 Napoli. Il calendario completo su onstageweb.com

Tra sogno e realtà: Ligabue ha avuto l’onore di ospitare nella versione live di Hai un momento Dio?, contenuta in Su e giù da un palco, il leggendario chitarrista dei Rolling Stones, Mick Taylor.

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Ligabue

Benvenuti nel mio salotto

Dalla Scala del calcio alla succursale della Scala, quella vera. Perché negarsi qualcosa quando si può avere tutto? E così Ligabue, secondo una consuetudine rodata ormai da anni, smette per un attimo i panni del rocker tutto chitarre elettriche e sudore e spoglia scenografie e arrangiamenti per adattare le sue canzoni a una dimensione più intima, quella del teatro. Che, per l’occasione, trasforma nel salone di casa sua. di Massimo Longoni - foto: Francesco Prandoni

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tenere a battesimo il “Quasi acustico tour 2011” ci ha pensato lo scorso 22 gennaio il Teatro Arcimboldi di Milano, luogo perfetto per incarnare la doppia anima del Liga. Teatro elegante e classico con uno sviluppo in altezza degno di una curva di San Siro, sorta di anello di congiunzione tra un contesto e l’altro. Per questo tour, che proseguirà fino a marzo inoltrato, è stata scelta una forma davvero itinerante: anche nel caso di più date nella stessa città lo show non si svolgerà mai due volte nella stessa location. Un modo come un altro per far vibrare le molteplici corde della musica del Liga.

UN PIED-A-TERRE ANNI 70 Chi pensa all’artista di Correggio soltanto come il rocker capace di gareggiare con Vasco Rossi a chi riempie lo stadio di San Siro per più sere, potrebbe pensare che una dimensione più misurata come quella teatrale possa essere per lui inedita se non quasi aliena. Errore. Perché il Luciano nazionale ha iniziato a flirtare con chitarre acustiche e volumi smorzati dal lontano 1996, quando realizzò un concerto per MTV nello sfruttatissimo filone Unplugged dei primi anni Novanta. Per lui una sorta di rivelazione. «È stato bellissimo e spiego perché. Il musicista si spoglia di tutti gli orpelli e mostra quello che realmente sa fare con uno strumento. Sappiamo bene che spesso una chitarra distorta o un qualsiasi altro effetto possono supplire a certe carenze. Invece lì no, ogni tocco dello strumento è pulito: una grande prova della verità. Io obbligherei tutti i musicisti, prima di iniziare la carriera, a superare un esame di questo genere. Insomma, bisogna conoscere i rudimenti della musica per crescere». Un entusiasmo che lo ha portato a riprendere l’esperimento nel 2003 con un tour realizzato insieme a Mauro Pagani e D.Rad degli Almamegretta (nell’album live Giro d’Italia), e poi di nuovo nel

2006 (e a testimoniare il “Nome e cognome Tour” c’è un monumentale dvd quintuplo). Quindi attenzione, nessuno stupore quando si apre il sipario. Non ci sono maxi schermi e nemmeno palchi faraonici. Giusto tre divanetti e qualche abat-jour, tanto che sembra di trovarsi davanti il salotto di un pied-a-terre anni 70, di quelli dove le feste tra compagni di scuola si trasformavano in occasioni per “socializzare”. E la musica? I “dischi” li mette il Liga: comodamente seduto al centro, camicia a scacchi e jeans d’ordinanza, completamente solo se si eccettua la compagnia della fida chitarra acustica. Illuminata dalle morbide luci sui toni del rosso, Metti in circolo il tuo amore è il perfetto benvenuto per gli spettatori, il modo migliore per creare l’atmosfera calda che questo progetto richiede.

GLI AMICI DEL LIGA Tra un brano e l’altro Ligabue racconta in maniera ironica stralci della sua vita, con l’atteggiamento colloquiale di un vecchio amico. Dalle sue parti, dice, uno come lui lo definiscono “quello che non lavora, ma fa il cantante” e ormai sono più di vent’anni che Luciano “non lavora”.

il passo a La Banda, anche se i tour che si susseguono sono spesso l’occasione per ritrovarsi tutti insieme. In questi anni i compagni di viaggio sono cambiati più volte ma alcuni amici, pur a fasi alterne, li si ritrova sempre accanto a lui, come Federico Poggipollini o Mel Previte. Quest’ultimo è rientrato per l’occasione nella band che accompagna Ligabue mentre è stato concesso un giro di riposo a Capitan Fede. Previte è cresciuto a pane e chitarra acustica e quindi fa perfettamente al caso di questo tour, andando a riannodare i fili di un sodalizio che era durato quasi nove anni e aveva fruttato i capolavori del rocker emiliano, a partire da Buon compleanno Elvis (tutt’oggi il suo album più venduto), al quale il chitarrista pugliese ha dato un contributo decisivo. A completare la band la sezione ritmica a stelle e strisce composta da Michael Urbano e Kaveh Rastegar (che per l’occasione si cimenta con il contrabbasso), e Luciano Luisi, da tre anni padrone delle tastiere.

POLIEDRICO & ECLETTICO Milioni di dischi venduti e alcuni eventi da enciclopedia della storia del rock, come il megaraduno al Campovolo di Reggio Emilia (era il 10 settembre del 2005) quando suonò di fronte a 180mila spettatori paganti, o le sette serate consecutive in una Arena di Verona stracolma (nel 2008). Sono i numeri e l’entusiasmo dei fan a certificare il successo di Ligabue. In quanto ai detrattori, a quelli che in lui vedono un Bruce Springsteen al Lambrusco che ripropone la stessa canzone da vent’anni, evidentemente non lo hanno ascoltato con sufficiente attenzione. Senza contare le felici incursioni anche in altri campi artistici, (il cinema con due film da regista e la letteratura con racconti, romanzi e poesie) basterebbe analizzare la sua discografia per ribattere facilmente: cantautorato italiano, rock americano di stampo classico, rock di impronta british,

« Io obbligherei tutti i musicisti, prima di iniziare la carriera, a superare un esame di questo genere. Insomma, bisogna conoscere i rudimenti della musica per crescere » Era il 1990 quando un giovane Ligabue saliva sul palco del Festivalbar per portarsi a casa il Disco Verde come miglior rivelazione, ma la sua Balliamo sul mondo già allora era molto meglio di certe cose proposte dai “big” affermati. Liga ricorda i suoi vent’anni e le serate alcoliche a Sanremo Rock con i ClanDestino, la sua prima band. Oggi le serate si sono fatte forse più tranquille e non ci sono più i ClanDestino, che da un bel po’ hanno ceduto

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Il Liga deve gran parte della sua fortuna a Pierangelo Bertoli, che nell’88 incluse Sogni di rock’n’roll nell’album Tra me e me, l’anno successivo Figlio d’un cane nell’album Sedia elettrica e propose Luciano al suo produttore, Angelo Carrara. Lo stesso di Ligabue, 1990.

Liga e il cinema si incontrano la prima volta nel 1998 con Radiofreccia, al quale segue Da zero a dieci. Ad aprile 2010, in oltre 100 sale italiane arriva il LigabueDay. Il pezzo I ragazzi sono in giro, è introdotto da una citazione di un monologo di Amarcord di Federico Fellini.

acustica ed elettronica. Ligabue ha attraversato con un suo stile fasi creative e generi diversi, dimostrandosi anche autore sensibile alle caratteristiche altrui scrivendo per esempio uno dei pezzi più belli cantati da Elisa negli ultimi anni, Gli ostacoli del cuore. Un percorso artistico che emerge chiaro nella scaletta studiata con cura certosina per lo show, un vero viaggio nella musica di Luciano. L’ultimo album, Arrivederci mostro, fa la voce grossa con una decina di pezzi, non fosse altro perché, essendo stato proposto interamente in versione acustica per l’edizione speciale dell’album, gli arrangiamenti erano già belli pronti. Ma questa è l’unica concessione alla via più rapida per la rilettura delle canzoni: sarebbe stato semplice infatti impostare lo show su quelle canzoni nate di per sé con un flavour acustico. Semplice ma scontato e banale. E così molti di quei pezzi sono stati messi da parte (questo anche a costo di “tagli” dolorosi) per lasciare spazio a interpretazioni stranianti di pezzi nati con un intento completamente diverso. Tra palco e realtà riesce a mantenere intatta la sua

carica di inno da stadio anche se le chitarre elettriche cedono il passo a un riff di mandolino, mentre Certe notti prima di incanalarsi nei binari più classici stupisce con un attacco tutto d’atmosfera, quasi psichedelico. Ci sono poi le scelte fatte un po’ per i fan più attenti e un po’ per se stessi. Può quindi capitare di non sentire Ho perso le parole o A che ora è la fine del mondo, ma in compenso dal passato si riscopre La porta dei sogni, gioiellino dimenticato nelle pieghe di un album ispirato come Miss Mondo. Lo show del “Quasi acustico tour 2011” è un happening di quasi due ore che si chiude sulle note della recente Taca banda, con i protagonisti che abbandonano uno alla volta il loro strumento e arrivano al proscenio per prendersi l’applauso del pubblico. Uno spettacolo che dimostra come il rock non sia solo distorsione o volume al massimo: si può scuotere la gente, al punto da impedirgli di stare seduta, anche con qualche chitarra acustica, un contrabbasso e un dobro, comodamente seduti nel salotto di casa propria.

« Dalle sue parti, uno come lui lo definiscono “quello che non lavora, ma fa il cantante” e sono più di vent’anni che Luciano “non lavora” »

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Secondo i dati della FIMI, Arrivederci Mostro è il disco più venduto del 2010, tutt’ora al vertice della classifica con 35 settimane di permanenza. Uscito l’11 maggio, l’album ha raggiunto il traguardo in soli 7 mesi, arrivando ad esser il “miglior album” per gli utenti di itunes.

Ligabue “scrittore” esordisce con la raccolta Fuori e dentro il borgo, 1997, e, soprattutto, con il suo primo romanzo, La neve se ne frega: 200.000 copie vendute e vincitore del premio Fernanda Pivano. Il 3 ottobre 2006, esce Lettere d’amore nel frigo, raccolta di 77 poesie, come le iniziali del rocker.

Nel ‘97 durante le prove del concerto a San Siro, Luciano, in tensione per l’esordio in uno stadio, si taglia con una corda della chitarra. Dell’episodio il Liga ricorda che quello fu “il momento in cui feci il patto di sangue con il rock”.

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Io canto da sola: Prima della reunion, Skin ha intrapreso una carriera di successo da solista, pubblicando due album: Fleshwounds e Fake Chemical State.

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Ogni tanto ritornano e vale pure la pena di andarli a vedere dal vivo! La reunion degli Skunk Anansie, nuovamente in pista da più di un anno ormai, è destinata a bissare il successo della prima volta senza spingere troppo sull’effetto nostalgia, particolare che ce li rende ancora più simpatici. Nonostante un collegamento telefonico un po’ azzardato, le voci di Cass e Ace, due quarti degli Skunk Anansie, giungono forti e chiare. live

di Stefano Gilardino - foto © Jeon Seung Hwan

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Insomma, lo sappiamo bene che dietro a tutti questi improvvisi comeback, dichiarazioni di amore (quasi) eterne e greatest hits/compilation/remix ci sono assegni con molti zeri e voglia di guadagno facile, ma la band guidata dalla sensuale Skin non si nasconde certo dietro a un dito. D’altronde, come spesso succede, anche per i quattro inglesi l’occasione di incontrarsi nuovamente nella stessa stanza è giunta per la pubblicazione di un album con i più grandi successi targati Skunk Anansie. Il tutto dopo una lunga pausa che li aveva visti impegnati in album solisti e altri progetti - il batterista Mark Richardson ha suonato con i Feedeer, Cass ha sviluppato la sua passione per la fotografia. La parola va proprio a quest’ultimo e ad Ace, rispettivamente basso e chitarra di questa formidabile band: «In effetti l’idea originaria è venuta alla nostra casa discografica che più di un anno fa ci convocò per discutere di un possibile greatest hits. Non che fossimo particolarmente entusiasti della cosa, ma era un modo come un altro per ritrovarci nella stessa stanza e confrontarci, dopo esserci un po’ persi di vista a causa dello scioglimento e dei progetti individuali di ognuno di noi. Non avevamo intenzione di lasciare ogni decisione in mano all’etichetta e volevamo quindi partecipare in prima persona al progetto. Il nostro incontro è stato ricco di stimoli ed è servito a rinsaldare i vecchi rapporti di amicizia, dando inizio al processo che ha portato alla vera e propria reunion. Pensavamo che si trattasse solo di qualche

data per promuovere il disco, ma dopo aver assistito all’entusiasmo incredibile dei nostri fans – i biglietti per le primissime date sono andati esauriti nel giro di qualche minuto – abbiamo pensato a come articolare meglio questa seconda occasione. In quei giorni è nata la consapevolezza che gli Skunk Anansie fossero ancora un gruppo valido, attuale e con margini e possibilità di crescita». Il vero dramma che riguarda la maggior parte dei comeback, anche quelli meglio riusciti e ineccepibili dal vivo, è la mancanza di un obiettivo, l’incapacità di andare oltre alla sensazione di essere divenuti una cover band di se stessi. È quindi un piacere sentire Ace ribadire come l’evoluzione sia tuttora al primo posto nella lista delle priorità degli Skunk Anansie e come, nonostante uno stop di qualche anno, i quattro musicisti abbiano continuato a sperimentare un percorso personale di crescita, lo stesso che li ha portati a comporre e registrare il nuovo capitolo discografico chiamato Wonderlustre, un album abbastanza differente rispetto al passato più recente, che mostra lati inediti del quartetto pur mantenendo come costante un sound heavy che da sempre li rappresenta alla perfezione. «Sono contento che tu lo dica», mi confessa Cass, «per noi era la priorità, non volevamo nemmeno lontanamente correre il rischio di sembrare dei musicisti patetici che cercano di rivivere un passato che non tornerà mai più. Infatti a noi interessano il presente e il futuro, siamo concentrati sul nuovo tour che stiamo per intraprendere e sulla composizione di nuovi pezzi. Sinceramen-

« Rispetto a quando ci siamo sciolti per la prima volta, il business musicale è mutato parecchio, ormai Internet è il mezzo privilegiato per far viaggiare i suoni e le idee »

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te non potremmo scrivere un album come Post Orgasmic Chill nemmeno se lo volessimo, i tempi sono davvero cambiati troppo per poter pensare di incidere un lavoro del genere».

RISCHIATUTTO Mica male come affermazione, soprattutto se si pensa a quanti gruppi al giorno d’oggi vivacchiano di rendita in un panorama musicale che del rischio non sa nemmeno più cosa farsene. «Rispetto a quando ci siamo sciolti per la prima volta, il business musicale è mutato parecchio, ormai Internet è il mezzo privilegiato per far viaggiare i suoni e le idee, in pochi minuti si possono ascoltare nuove band e tenersi aggiornati su tutto quello che esce. Non siamo mai stati così eccitati come in questi ultimi mesi, è bello poter scoprire gruppi interessanti quasi ogni giorno, innalza il livello della competizione e credo che anche il pubblico possa guadagnarci. Diciamo che c’è tutto un nuovo mondo fuori dalla porta di casa nostra e siamo felici di farne nuovamente parte…». Con pieno merito, verrebbe da aggiungere, visto anche l’entusiasmo e la modestia che continuano a contraddistinguere Ace e Cass. «Abbiamo una storia ben precisa alle spalle, un’eredità che ci accompagna e ci permette di continuare per la nostra strada senza dover dimostrare nulla. È importante potersi concentrare sulla musica, un vantaggio che abbiamo rispetto agli esordienti: la nostra forza è certamente la performance live e il palco continua a essere quello che contraddistingue una vera band da un progetto in studio.

Non ci interessava suonare solo le vecchie canzoni, avevamo bisogno di confrontarci con del materiale inedito anche dal vivo, così la nascita di Wonderlustre è stata una mossa necessaria». Prosegue Cass: «Non avevamo nemmeno un brano pronto, ci siamo trovati in studio portando idee inedite e decidendo volta per volta, con Skin che provava nuovi testi a seconda dell’umore dei pezzi. È stato un processo di lavorazione molto semplice se devo dire la verità, pareva quasi che le canzoni nascessero da sole, forse era talmente tanta la voglia di suonare di nuovo assieme che la composizione del disco si è rivelata un ostacolo semplice da superare. Penso che per gli Skunk Anansie questo sia un periodo di estrema creatività, ci ha fatto bene restare separati per qualche tempo, ora siamo tornati più forti che mai e non abbiamo nessuna intenzione di smettere sul più bello. Scrivere questo album è stato anche una prova di amicizia per noi quattro, abbiamo riscoperto il piacere di passare molto tempo assieme e non parlo solo come band, ma anche a livello personale. Alla fine delle prove si usciva a bere e mangiare tutti assieme e credo che questo affiatamento si senta piuttosto bene».

« Non vediamo l’ora di ricominciare a sudare sul palco, siamo un gruppo rock e il live è il nostro momento cruciale »

Gli Skunk Anansie han prestato molti pezzi al cinema: Charlie Big Potato (L’uomo senza ombra); Secretely (Cruel Intention); Brazen (Welcome To The Epidrome); Black Skin Sexuality (Tonnage 2); Weak (Mission Impossible); Feed/ Selling Jesus (Strange Days).

Nel 2002 Skin ha partecipato come attrice al corto drammatico Hideous Man, scritto, diretto e narrato da John Malkovich.

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Nel 2004 il gruppo londinese è stato nominato dal Guinness Book Of British Hit Singles & Albums alla posizione numero 491 della classifica per le band di maggior successo del periodo 1952 – 2003, grazie ad un totale di 141 settimane di permanenza nelle charts inglesi.

TUTTA UN’ALTRA MUSICA Se a livello musicale è più semplice percepire le differenze rispetto al passato, bisogna comunque rimarcare come le liriche di Skin si incastrino alla perfezione con un sound che pare rinnovato e ricco di sfumature. Contrariamente a quanto successo in precedenza, non c’è molto spazio per riflessioni politiche in Wonderlustre, sostituite

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Tra le curiosità “behind the scenes”, gli Skunk Anansie hanno una passione per le calde isole del deserto; hanno un ingente bisogno di consumare grandi quantità di aragoste e, last but not least, Skin è ghiotta di calamari.


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Wonderlustre Tour edition

Non capita spesso di ritornare a parlare di un disco a distanza di parecchi mesi dalla sua uscita, specialmente se si pensa a quanti album arrivano in una redazione di una rivista di musica in un mese. Non c’è il tempo materiale per “digerire” così tanti lavori, inutile negarla, e il nuovo lascia sempre spazio al nuovissimo e così via; ogni tanto però, la provvidenziale tour o deluxe edition ci consentono di spendere altre parole su un album, come nel caso di Wonderlustre, ultimo capitolo del quartetto britannico, implementato in questa nuova edizione approntata per l’imminente tour da un secondo disco che raccoglie sei brani in versione semi-acustica registrati nel corsoi di tre nevose serate a Shoreditch, quartiere londinese. Nulla per cui andare matti, intendiamoci, ma il classico bonus che farà felice chi di Skin e compagni non riesce a fare meno. Largo quindi al materiale recente, con You Saved Me e God Loves Only You sugli scudi, ma anche a un ripescaggio di classe come Because Of You.

da testi piuttosto introspettivi, personali e persino oscuri. Ace concorda con la nostra valutazione. «Non si può certo dire che fossimo una band politicizzata ma è vero che in passato abbiamo speso delle parole ben precise riguardo a certi argomenti. Credo che Skin, in questo caso, abbia preferito un approccio più poetico, se così si può dire, qualcosa che si legasse maggiormente alla musica. Molti dei testi sono stati composti strada facendo, mentre si suonava in sala prove, assecondando l’atmosfera che si creava di volta in volta e ciò ha regalato a Wonderlustre una connotazione molto particolare».

ai nostri concerti. Non vediamo l’ora di ricominciare a sudare sul palco, siamo un gruppo rock e il live è il nostro momento cruciale, quello per cui lavoriamo duramente e che ci caratterizza. Non abbiamo effetti speciali, scenografie particolari, siamo solo quattro musicisti che danno il meglio davanti a una platea che si esalta per la musica. A pensarci bene, forse è questo il segreto per cui siamo così amati dalle vostre parti…». Skin e compagni hanno anche partecipato come ospiti a una puntata del talent show X-Factor, un tipo di trasmissione che non sempre riceve attestati di stima da parte dei musicisti professionisti. I due però hanno opinioni ben diverse e più concilianti. “Ci siamo divertiti parecchio come ospiti della puntata e Skin ha persino fatto il giudice di una delle due manche! Non comprendo tutto l’odio per quel tipo di format, è solo un programma televisivo incentrato sulla musica. Capisco che non si debba pensare a X-Factor come all’unica strada percorribile per diventare famosi, ma a livello di puro entertainment è utile avere uno show che parli di musica. Per molta gente è un modo per avvicinarsi ad artisti o band che non hanno mai sentito nominare e questo vale anche per gli Skunk Anansie. Ripeto, noi arriviamo da un percorso completamente opposto, fatto di sudore, prove in cantina, concerti, ma penso ci sia spazio per entrambe le cose, basta avere ben chiare le differenze».

« La nostra forza è certamente la performance live e il palco contraddistingue una vera band da un progetto in studio »

BIG IN ITALY L’Italia è da sempre una delle roccaforti degli Skunk Anansie e anche stavolta si è mostrata molto generosa con il quartetto, con i fans entusiasti che hanno spedito il disco al numero uno in classifica e preso d’assalto il botteghino per il concerto unico che si terrà a Milano il 12 febbraio. Un successo non facilmente spiegabile ma che i due musicisti tengono in grande considerazione. «Non penso esista una giustificazione oggettiva, ma è da quando abbiamo pubblicato il nostro primo lavoro che siamo famosi e benvoluti in Italia. Siete stati tra i primissimi a decretare il nostro successo e siamo felici di poter venire in tour ogni volta che ce n’è la possibilità, il pubblico reagisce sempre in maniera entusiastica

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My Chemical Romance

O V O U N UN O L O T I P CA

O Z N A M DEL RO

Nonostante siano poco più che trentenni, i My Chemical Romance hanno all’attivo quasi dieci anni di carriera e quattro album. Una lunga storia, di cui si conosce l’inizio ma non la conclusione. Un romanzo in divenire, a cui Gerard Way e soci hanno recentemente aggiunto un nuovo capitolo, Danger Days, nel quale i protagonisti mostrano nuove ambizioni e maggiore consapevolezza. Ce ne ha parlato Ray Toro, chitarrista della band americana. live

di Marco Rigamonti

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o ti ho portato i miei proiettili, tu mi hai dato il tuo amore. Tre urrà per la dolce vendetta. La parata nera. Giorni pericolosi. Ci sono mistero e poesia nei titoli dei quattro dischi che compongono la discografia dei My Chemical Romance. Ma se nei primi due si coglie una sensibile vena romantica, The Black Parade e Danger Days sembrano sacrificare una buona quantità di lirismo in favore di argomenti più concreti e in qualche modo sofferenti. Il segnale è chiaro: la band originaria del New Jersey sta crescendo. Già con il terzo “drammatico” album - un concept apocalittico e maestoso, accompagnato da esibizioni teatrali che hanno fatto meritare ai MCR paragoni illustri (il David Bowie del periodo Ziggy Stardust e il Bob Geldof attore nel film dei Pink Floyd, The Wall) – Gerard&co. si sono levati di dosso l’etichetta di promettente gruppo “emo” - una delle definizioni più inconsistenti e abusate della storia del giornalismo musicale. Quattro anni dopo ritornano con un altro disco profondo e frutto di una gestazione faticosa. A ben vedere, dopo avere sfiorato la perfezione con The Black Parade, non sarebbe potuto essere altrimenti. Abbiamo parlato di Danger

Days con il chitarrista Ray Toro, soprannominato “Torosaurus”. Prima dell’uscita ufficiale di Danger Days, Gerard si è lasciato scappare una dichiarazione dai contorni surreali: «Il prossimo album sarà sicuramente rock. Perché la band sente la mancanza dello status di gruppo rock». Ci spieghi cosa intendeva? La verità è che c’è stato un momento in cui avevamo registrato diversi brani nuovi, ma non eravamo affatto contenti del risultato. Onestamente sono ancora dell’opi-

dicevamo, cosa che ha circondato la band di un’energia negativa. Quella dichiarazione è figlia di uno stato d’animo tipico di chi vuole fare solo una cosa, ma è in qualche modo obbligato ad eseguire anche un certo numero di compiti di contorno. Noi volevamo e vogliamo solo essere una rock band, punto.” E che rock sia, dunque. Ma come ci spieghi le audaci influenze disco palesate in momenti come Planetary (Go!)? È stato un processo molto naturale: abbiamo cominciato a esplorare il mondo delle tastiere, dei beat programmati e della musica elettronica in generale. Anche se potrebbe non sembrarti vero, perfino Sing è nata da un loop di batteria, che poi è stato risuonato ed è diventato il punto di partenza del pezzo. Noi non vogliamo stare fermi: il rock è anche un continuo viaggio. È giusto che l’ascoltatore non sia mai completamente sicuro di quello che succederà. E parlando di viaggi, credo che questa voglia di cimentarci con i suoni elettronici nasca anche dai nostri soggiorni nel Regno Unito e più in generale in Europa. Dalle vostre parti è pieno di club e c’è sempre questa musica che non

« Le fonti d’ispirazione che stanno all’esterno della band contano sempre meno nella musica che scriviamo. Dopo tutti questi anni è come se ci nutrissimo a vicenda » nione che in quel periodo non avremmo dovuto rilasciare interviste, perché eravamo molto confusi riguardo al futuro. Quando tu stesso non sai esattamente dove vuoi arrivare o dove arriverai, che senso ha provare a spiegarlo agli altri? È impossibile! Così credo che abbiamo fatto l’errore di dare troppa importanza alla stampa e a quello che

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VUOI PASSARE UN GIORNO (PERICOLOSO) COI MY CHEMICAL ROMANCE? Grazie alla preziosa collaborazione di Warner Italia e Hub Music Factory, Onstage regala a dieci fortunati vincitori un meet’n’greet con Gerard Way e compagni prima della loro unica data italiana (Milano, Palasharp, 7 marzo). Se volete essere tra i prescelti che potranno salutare di persona i My Chemical Romance, mandate una mail a contest@onstageweb.com entro il 28 febbraio, scrivendo nell’oggetto “MCR” e specificando il vostro nome e cognome e numero di telefono e la risposta esatta alla seguente domanda: Quali sono i nomi dei due batteristi ufficiali che hanno militato nella band? Incrociate le dita e aspettate, verrete avvisati qualche giorno prima del concerto con spiegazioni e orari.

The Burton Parade: Le uniformi indossate dalla band nel video di The Black Parade sono state disegnate da Colleen Atwood, nota per la sua collaborazione con Tim Burton in Edward mani di forbice, Ed Wood e Alice in Wonderland.

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dà tregua. Ti ritrovi a ballare fino a quando non ne hai più. Planetary è sicuramente figlia di queste serate, perché qualsiasi esperienza che vivi poi si riflette nel modo in cui scrivi e proponi la tua musica. Non ci vergogniamo neanche degli espliciti riferimenti agli anni 80 di The Kids From Yesterday. Sebbene si tenda a denigrare quella decade, bisogna ricordarsi che c’erano delle band come i Cure e i Joy Division che sapevano esattamente come portare l’elettronica nel rock senza abusarne. Allora a questo punto non possiamo non citare un brano come Summertime, la più bella canzone che i Cure non hanno mai scritto. È sicuramente una delle mie canzoni preferite del disco. Uno degli aspetti meravigliosi della musica è che non sempre i processi avvengono in maniera razionale ed evidente: ci sono delle influenze che ti strisciano dentro, che entrano nel tuo subconscio. Io conosco i Cure, ma in maniera piuttosto sommaria: li posso riconoscere, so che musica fanno, carpisco l’energia che trasmettono. Le cose stanno così: mentre stai scrivendo un pezzo, ti viene in mente un suono di tastiera che si trova da qualche parte nel tuo cervello e che potrebbe essere perfetto per l’occasione. Allora aggiungi la par-

te, ma solo dopo ti rendi conto che l’ispirazione è partita da un determinato brano o da una sonorità tipica di una band storica. è la bellezza del mistero della musica. Arrivate da un concept come The Black Parade. Anche i testi di Danger Days sembrano essere legati da concetti comuni. Ci sono temi come speranza e liberazione, la salvezza dal buio attraverso la luce, il presentimento di trovarsi a giocare l’ultima chance o il sogno del passato.

tamente e seguendo anche delle illuminazioni che poi ti portano a posizionare nel disco dei brani di dieci secondi oppure di dieci minuti. Mi ricordo che anche ai tempi di The Black Parade c’è stata una discussione a riguardo, perché io tuttora sostengo che siamo bravi a scrivere pezzi di 3 o 4 minuti, è la nostra forza. Credo che il personaggio del Paziente (il protagonista della parata nera, nda) sia nato in maniera molto spontanea, e noi abbiamo cercato di raccontare la sua storia senza però falsare il nostro modo di comporre. In Danger Days non c’è una vera storia. Ci sono diversi temi ricorrenti, dalla gioventù a quel feeling che ti porta ad agire per cambiare le cose, e sono anche in qualche modo legati dagli interventi di uno speaker di una radio pirata. Ma lo definirei un album tematico, piuttosto che un vero e proprio concept. Chi vi conosce sa che la vostra ispirazione proviene in gran parte dalla passione per i fumetti (qui sottolineata dalla collaborazione con Grant Morrison – celebre autore scozzese - che presta la voce al famigerato conduttore radio di cui sopra, Dr. Death) e dai film horror. A dieci anni dalla formazione della band è cambiato qualcosa o i punti di riferimento sono sempre gli stessi?

« Abbiamo cominciato a esplorare il mondo delle tastiere, dei beat programmati e della musica elettronica in generale. Noi non vogliamo stare fermi: il rock è anche un continuo viaggio » È un altro concept quindi? Sì e no. Credo che un concept debba avere un inizio e una fine. Che ci debbano essere dei protagonisti ben definiti che vivono una storia nel tempo e che le vicende che accadono debbano essere messe in ordine dalle canzoni, brano dopo brano. Scrivere un album del genere è un lavoro che a mio parere ti può distogliere dal semplice e diretto processo di scrittura dei pezzi. Perché venga bene devi affondare nel tuo stesso racconto, abbandonandoti comple-

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I film sono e saranno sempre importanti per noi. In studio quando proviamo e registriamo abbiamo sempre uno schermo che proietta qualcosa. Non lo so nemmeno io perché, ma certe volte una scena ti entra dentro e la fai uscire con un certo tipo di energia oppure sotto forma di melodia. Qui mi ricollego al discorso che facevo prima: suonare certe note molto spesso è collegato inconsciamente a ricordi e suggestioni che ti entrano nella testa senza che tu te ne possa accorgere. Recentemente, però, mi sono spesso ritrovato a pensare a un fatto curioso: le fonti d’ispirazione che stanno all’esterno della band contano sempre meno nella musica che scriviamo. Dopo tutti questi anni è come se ci nutrissimo a vicenda, quindi è facile che una parte suonata da un membro della band diventi la vera ispirazione per chi ha tra le braccia un altro strumento. E a dirla tutta penso che sia molto più interessante fare uscire qualcosa di poco identificabile che si trova all’interno di un gruppo piuttosto che interpretare fatti e situazioni che tutti possono vedere. Avete suonato con tantissime band importanti. Con chi vi siete trovati meglio, sia musicalmente che a livello empatico? Non me ne vogliano gli altri, ma i Muse sono una spanna sopra a tutti. Quando stavamo per formare i My Chemical Romance era

uscito da poco Origin Of Symmetry, e dire che mi ha shockato è poco: non avevo mai sentito un gruppo rock attingere dalla musica classica in quel modo. Così quando abbiamo avuto la fortuna di suonare insieme a loro nel 2007 mi è sembrata la perfetta chiusura del cerchio. È piuttosto confortante, alla fine dell’intervista con Ray, rimarcare come il terribile prefisso “emo”, da sempre appiccicato al sound dei My Chemical Romance, non sia venuto a galla nemmeno una volta, allontanando ancora di più – e speriamo in veste definitiva – una definizione di comodo e che, di fatto, è sempre andata stretta al quartetto. L’evoluzione del loro sound passa quindi sempre più attraverso la complessità di opere come quelle di Queen, David Bowie e Pink Floyd, da un lato, e la violenza sonora di mostri punk come Black Flag e Misfits, come hanno spesso dichiarato Gerard Way e compagni. Un accostamento di certo azzardato, quasi blasfemo a pensarci bene, ma che permette al gruppo di mantenere un equilibrio che pare sempre più l’elemento chiave del loro repertorio. Sempre che riescano a superare i “giorni difficili”…

« Negli anni 80, bisogna ricordarsi che c’erano delle band come i Cure e i Joy Division che sapevano come portare l’elettronica nel rock senza abusarne »

L’undici settembre 2001 Gerard Way assiste in diretta al crollo delle Torri Gemelle mentre in traghetto si dirige agli studi televisivi di Cartoon Network. Completamente scioccato, scrive la canzone Skylines And Turnstile e forma i My Chemical Romance con il fratello Mikey.

Il nome dei My Chemical Romance si deve a un’intuizione del bassista Michael James Way, aka Mikey, fratello di Gerard e co-fondatore della band. Lo spuntoarriva dal libro di Irvine Welsh Ecstasy: Three Tales Of A Chemical Romance, una raccolta di tre romanzi brevi, pubblicata anche in Italia da Guanda.

Nel 2007 il frontman Gerard Way pubblica il fumetto The Umbrella Academy, in cui un gruppo di supereroi, istruiti da un alieno ‘mascherato’ da imprenditore, deve salvare il mondo. Nel 2012 dovrebbe uscire l’adattamento cinematografico.

Tra le edizioni speciali di The Black Parade, una contiene un’immagine disegnata e dipinta da James Jean, noto autore di fumetti, che s’ispira al video della title-track. Jean ha curato anche i disegni di The Umbrella Academy, vincendo 6 Eisner Awards, il massimo riconoscimento nel campo fumettistico.

Le uniformi indossate dalla band nel video di The Black Parade sono state disegnate da Colleen Atwood, nota per la sua collaborazione con Tim Burton in Edward mani di forbice, Ed Wood e Alice In Wonderland.

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Da sinistra: Francesco giacca doppiopetto Boglioli, cardigan bicolore Replay, jeans grigi Seven For all Mankind, scarpe Converse, occhiali Rayban - Enrico veste giacca fantasia Gant, golf Mauro Grifoni, jeans Wrangler, scarpe Giuliano Fujiwara, occhiali Rayban - Andrea veste giacca di lino Boglioli, camicia a quadri Marlboro Classics, cravatta Mauro Grifoni, jeans Tommy Hilfiger, scarpe Converse, occhiali Rayban - Davide veste giacca con profile a contrasto Vivienne Westwood, t-shirt Wrangler, Jeans Seven For all Mankind, scarpe stringate Vivienne Westwood, occhiali Rayban - Raffaele veste giacca Mauro Grifoni, t-shirt CK Calvin Klein, jeans Closed, scarpe Giuliano Fujiwara, occhiali Rayban

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Le Strisce

Comunque vada sarà un successo Dietro il progetto Le Strisce ci sono cinque ragazzi napoletani entusiasti dell’avventura che stanno vivendo. Ironici, sognatori coi piedi per terra – come il titolo del loro primo album (Torna ricco e famoso) racconta perfettamente – sono la faccia pulita della musica che vuole emergere senza l’esasperazione della fama a tutti i costi. foto: Loris Savino@Linke stylist: Silvia Gabrielli a cura di Chiara Zannini

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Da sinistra in alto: Andrea veste giacca Calvin Klein Collection, t-shirt Grifoni Denim, jeans Tommy Hilfiger, scarpe Converse - Francesco veste giacca Calvin Klein Collection, t-shirt CK Calvin Klein, jeans Seven For all Mankind, scarpe Converse, occhiali Rayban - Enrico veste giacca Giulina Fujiwara, t-shirt Calvin Klein Collection, jeans Wrangler, scarpe Giuliano Fujiwara - Davide veste giacca Calvin Klein Collection, t-shirt Kaos, jeans Seven For all Mankind, scarpe Vivienne Westwood - Raffaele veste giacca Ck Calvin Klein, cardigan Cruciani, t-shirt Calvin Klein Collection, jeans Closed, scarpe Giuliano Fujiwara

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I

ncontriamo Le Strisce a gennaio, nella periferia di Milano. La sera prima di scattare lo shooting che vedete in queste pagine hanno finito di registrare il loro secondo album, in uscita nelle prossime settimane. Sono stanchi, anzi esausti, stufi della nebbia e del freddo, ma felici e pieni di aspettative, quasi elettrizzati all’idea di aver concluso un progetto che loro stessi definiscono molto ambizioso. E poi c’è Vieni a vivere a Napoli a tenerli sull’attenti. Quel pezzo, che tutti i più grandi network stanno passando, li ha portati alla fase finale di Sanremo Giovani, a un passo dal palco dell’Ariston. Non sappiamo ancora se saranno tra i sei finalisti, ma suona già come un piccolo miracolo. Potranno godere dell’esposizione mediatica di una vetrina così importante oppure, come premio di consolazione, ingrossare le fila dei rocker che sono stati stroncati o snobbati dal festival, molti dei quali sono diventati “ricchi e famosi” per davvero, come Vasco e i Negramaro. Chissà che un’eventuale esclusione non gli porti fortuna. Davide, il frontman del gruppo, è un vero divo: capigliatura con ciuffo che nemmeno Elvis Presley si sarebbe sognato, due occhi magnetici da gatto, e una buona dose di sense of humor. Racconta aneddoti sulle giornate passate a registrare in studio, prende in giro i ragazzi del gruppo, indugiando principalmente su Francesco (il bassista), detto “Zoid”. Pare che nessuno ricordi come è nato questo soprannome, durante una notte di festeggiamenti. Sono amici da sempre, si conoscono così bene che Davide a un

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Davide veste occhiali Rayban, giacca in pelle Ck Calvin Klein - Raffaele veste giacca in pelle Gaudì, camicia Mauro Grifoni, jeans Closed, scarpe Giuliano Fujiwara - Francesco veste coat Boglioli, camicia in denim Boglioli, jeans Seven For all Mankind, scarpe Converse, occhiali Rayban - Enrico veste coat Gant, camicia Closed, jeans Wrangler, scarpe Giuliano Fujiwara - Andrea veste trench Gant, cardigan a righe Replay, t-shirt Wrangler, jeans Tommy Hilfiger

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certo punto la butta lì: «Io so fare la caricatura di Zoid!». E così, mentre posano davanti alla macchina fotografica, inizia a disegnare. Enrico (uno dei due chitarristi) se la ride appollaiato sul divano, con l’aria di chi quel disegno l’ha visto fare mille volte. Chiacchierando, Andrea (l’altra chitarra) e Raffaele (batteria) ci parlano dell’amicizia con Cesare Cremonini. Il cantautore romagnolo li ha scoperti sul web e li ha contattati per complimentarsi - le canzoni della band napoletana gli piacciono molto. In seguito, si sono incontrati a Bologna e, visto che da cosa nasce cosa, ha suonato per loro il piano in uno dei pezzi del primo disco. Anche Cesare, probabilmente, è rimasto “vittima” della singolare autopromozione che Le Strisce avevano studiato prima ancora di aver inciso un brano: «Abbiamo cominciato a bombardare case discografiche, musicisti e cantanti con mail e messaggi promozionali», racconta Andrea. «Per un periodo di circa quattro mesi siamo stati un incubo per centinaia di persone. Mandavamo inviti per concerti che non avremmo mai tenuto, lasciavamo messaggi nelle segreterie telefoniche urlando: “Ti amo, richiamami!”. Alla fine la gente non ne poteva più e per sfinimento andava a vedere su internet chi fossero queste Strisce. Quando abbiamo messo le canzoni della prima demo online, c’era già una certa aspettativa. Siamo stati contattati da diverse major, ma alla fine abbiamo scelto i primi che hanno creduto in noi per davvero». Shooting @ Studio Linke (Milano) - www.linkelab.net

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Katy Perry

California girl Neo reginetta del pop, a Katy Perry piace giocare con la moda. Sexy e ironica, tra provocazione e divertissement, ha fatto della sua aria da pin-up anni Cinquanta un’icona. a cura di Chiara Zannini

Tribale ma con glamour, la bag si veste di frange colorate. Prezzo su richiesta. Dior

Floreale e intenso, rappresenta l’essenza della donna moderna. Da € 52. Lola Marc Jacobs

Azione rinforzante e a lunga tenuta. € 7,70. Maybelline New York

© Emma Summerton

Effetto ciglia finta con Cil Architecte 4D. € 17,99. L’Oreal Paris

Spirito pop per la nuova collezione Fashion Jewellery della maison. Prezzo su richiesta. Louis Vuitton

Si ispira alla disco anni ’70 il nuovo make up Ultra Lavande. Da € 19. Lancôme

Tacco a stiletto e gioco di intrecci fetish. Prezzo su richiesta. Miu Miu

Idratanti, lasciano un velo di colore sulle labbra. € 17,90. Chubby Stick Clinique

Immancabili gli shorts in denim. Fucsia, Zadig & Voltaire, decorati White Seal by Replay.

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My Chemical Romance

Colour parade Anima rock ma con un tocco di colore. Tra musica elettronica e sonorità post-punk, la band capitanata da Gerard Way predilige il colore. Anche in fatto di look. a cura di Chiara Zannini

Un concentrato di vitamine idratanti per mantenere la pelle giovane. € 10,50. L’Oréal Men Expert

Grigio perla e in cotone l’ultima versione della bombetta. € 42. Kangol

In tessuto tecnico con dettagli in neoprene. € 169. Timberland

Rosso corallo in cotone. € 20. Eastpak

Classica t-shirt, ma rivista con stampa psichedelica. € 47. Lacoste

L’iconica fragranza dell’enfant terrible della moda. Da € 53,51. Le Male Jean Paul Gaultier

Classico, da vista, ma con twist. Prezzo su richiesta. Persol

Pulizia profonda con un programma ad hoc studiato per la pelle maschile. Da € 21. Clinique

Ispirazione anni Ottanta per il modello basket. Prezzo su richiesta. Diesel

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WHAT’SNEW Musica, cinema, videogames, libri

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Il cibo per le vostre orecchie questo mese ha il tocco femminile di grandi personaggi come Gianna Nannini, Adele, Cristina Donà, PJ Harvey e Anna Calvi.

Jovanotti Ora

(Universal)

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Tenete almeno un paio di sere libere per gustarvi alcune pellicole che si preannunciano spettacolari: 127 ore e Il grinta promettono molto bene.

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© Giovanni Stefano Ghidini

Munitevi di joypad e immergetevi nei mondi folli e stravaganti di Little Big Planet 2, secondo capitolo del capolavoro video ludico.

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Prima di dormire, dedicate qualche minuto alla lettura, accompagnati da Keith Richards, Brizzi e Ammaniti. Buonanotte e rock’n’roll!

Ci sei riuscito ancora Lore’!

Il nuovo disco di Jovanotti è lontano anni luce dal suo predecessore Safari. Fuori le chitarre, via la batteria, dentro sequencer e drum machine. Ora ha il groove e i suoni della musica che i dj passano nei club. è l’ennesima, riuscitissima svolta stilistica di Lorenzo. di Daniele Salomone

A

ll’inizio degli anni novanta, Jovanotti è uno dei personaggi emergenti del mondo dello spettacolo di casa nostra. Una delle poche novità che gli anni ottanta hanno lasciato in dote. Ma fare canzoni non è ancora la sua migliore espressione artistica. Eppure, è proprio in quel momento che parte la storia musicale di Lorenzo, quella che conduce dritta a Ora. La svolta arriva nel 1991 con Una tribù che balla. è il primo passo verso una metamorfosi totale, nei testi, nella musica e ancora prima nel modo di concepire sè stesso: da personaggio Lorenzo si trasforma in artista. In quel momento comincia un lungo viaggio che nei successivi vent’anni lo porterà a spasso per l’universo musicale, saltellando da un genere all’altro – rap, funk, rock, elettronica. Per la prima volta Jovanotti ci mostra la sua migliore qualità: la capacità di reinventarsi. Negli anni questa dote diventa la sua cifra stilistica, una formula alchemica composta dalla

somma di due elementi: discontinuità musicale e continuità di linguaggio – Lorenzo ha elaborato una capacità comunicativa che è sua e solo sua . Dopo le 600.000 copie di Safari e il successo di Baciami ancora, cercare di ripetersi sarebbe stato (quasi) legittimo. La tentazione era forte – come lui stesso ha confidato – ma caderci avrebbe significato tradire un’identità artistica costruita nel tempo. Per questo Jovanotti ha ancora una volta sparigliato le carte, fissando un nuovo obiettivo: catturare il suono di oggi - contemporaneo, moderno, chiamatelo come volete. Quello che sta trasformando dj e produttori in star (David Guetta) e le star in dj (Black Eyed Peas). Piaccia o no, questo è il sound che funziona, una sorta di pass par tout universale per accedere alle orecchie (e alla testa) di milioni di persone. E così Jovanotti ha preso i suoi più stretti collaboratori - il produttore Michele Canova su tutti, ma anche Stefano Fontana - e si è calato in questa nuova realtà.

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Ora è un disco nato dal suono più che dalle canzoni, un album di musica elettronica che si concede qualche escursione nella techno. C’è ancora spazio per qualche ballata (Le tasche piene di sassi), per esperimenti “world” (La bella vita, con Amadou&Mariam), e per un accenno di rock (Il più grande spettacolo dopo il Big Bang), ma il cuore pulsante dell’album sono le sonorità metropolitane, con le luci fluo nell’oscurità dei club e le persone che si muovono ammassate. Il primo singolo (Tutto l’amore che ho) e pezzi come Megamix, Amami, La porta è aperta, sono i migliori esempi del riuscito esperimento. Riuscito perché i pezzi funzionano e il suono è degno delle più raffinate produzioni electro. E poi, sotto a tutto, si percepiscono sentimento e grande passione. “Senza l’amore sarei un ciarlatano” canta Jovanotti, che è un generoso per natura e come sempre ha messo tutto sè stesso in questo nuovo progetto. Missione compiuta ancora una volta Lore’.


WHAT’S NEW Musica

Gianna Nannini

R. Kelly

(Sony)

(Jive/Sony)

Io e te

Love Letter

HHH

HH di Marcello Marabotti

di Massimo Longoni

Iniziare (e dare) una nuova vita a 56 anni. Quello raggiunto da Gianna Nannini con Io e te è un traguardo particolarmente importante. Niente per lei sarà più come prima. Inevitabile agganciare il titolo e la maggior parte dei brani alla recente gravidanza. Ma è corretto fino a un certo punto visto che le canzoni, come Gianna stessa ha specificato, erano in realtà già pronte prima che scoprisse di essere incinta. Qualche riferimento a Penelope c’è, ma si tratta di pochi versi qua e là. Se si vuole cogliere la reale influenza della maternità su questo lavoro è nella dolcezza e nella serenità che lo pervade, che traspare prima di tutto nella voce della Nannini – Gianna aveva rinunciato ad alcol, sigarette e quant’altro potesse nuocere alla

salute sua e della figlia. Io e te è un album forse meno immediato di altri ma nasconde non poche perle. Il primo singolo, Ogni tanto, ha una fortissima carica melodica – è la tipica Nannini degli ultimi anni – ma è solo uno dei molteplici colori che compongono l’album. Così come il rock, con brani come Perché, Mi ami e Rock 2 che restano la farcitura di un sandwich in cui le fette di pane sono chitarre acustiche, pianoforte e archi. Vale la pena sottolineare anche gli esperimenti più bizzarri, come l’elettronicamente dopata Scusa o la versione hard rock di Nel blu dipinto di blu. Per non parlare del capolavoro Com’era, dove malinconia ed energia, tradizione e avanguardia, canto melodico e rock si fondono con una classe che appartiene solo alle grandi. Quale Gianna è.

Love Letter è un omaggio alla musica soul degli anni ’60, ’70 e ’80. Per il suo decimo album, R. Kelly si è ispirato a Marvin Gaye, Jackie Wilson, Sam Cooke, Michael Jackson e Stevie Wonder, “addomesticandoli” ai propri standard musicali. Le tracce When A Woman Loves e Radio Message sono emblematiche in tal senso: confezionate in pieno stile sixties non incidono, perché troppo perfette, quasi plastificate. Con una linea vocale impeccabile, melodie eleganti, linee di basso delicate e cori puntuali, Love Letters sembra essere un album composto più da esercizi di stile fini a se stessi che da tracce musicalmente rilevanti. Da notare la cover di You Are Not Alone di Jacko, cucita sulle note di I Believe I Can Fly. Forse, non si sentiva la necessità di un omaggio. Forse, avremmo bisogno di qualcosa di nuovo.

Mogwai

Hardcore Will Never Die, But You Will (Rock Action)

HHHH di Claudio Morsenchio

Quale possa essere il futuro del rock, nessuno lo sa. Dalle origini a oggi, le mille contaminazioni e interpretazioni e le più rosee profezie hanno solamente allungato la vita alla musica del diavolo. Una personale opinione sul tema devono averla chiara, i Mogwai, combo scozzese dedito da anni alla ricerca di un format sonoro personale, distorto, a tratti nichilista, che mette la musica davanti a tutto, davanti soprattutto a parole e liriche sterili. Questo nuovo lavoro contiene tutto il dna della band di Glasgow, che per la prima volta rende positivo il messaggio, aggiungendo quel pizzico di elettronica che rende frizzanti alcuni passaggi, rende ampi gli spazi di ascolto e coinvolge maggiormente. Il post rock passa quindi da un piccolo mondo di nicchia a una dimensione passionale e meno noiosa.

Hercules & Love Affair

Cristina Donà

(DFA)

(EMI)

Blue songs

HHH di Marco Rigamonti

Per capire il mondo parallelo in cui vive Andrew Butler basta ascoltare la sua interpretazione di una hit di Lady Gaga: vi ritroverete in un luogo indefinito situato tra New York e Chicago a cavallo tra fine ’70 e metà ’80, con un suono che mischia le orchestrazioni post-disco di Larry Levan, il celebre suono della bass-line Roland Tb-303 (sdoganato da Dj Pierre) e la vena house di Larry Heard. In Blue Songs - secondo ottimo disco di H&LA - non c’è traccia di Antony Hegarty (che con la sua voce aveva marchiato Blind del 2008) ma interviene Kele Okereke dei Bloc Party nella saltellante Step Up. Vengono inoltre a galla dei tratti new wave finora rimasti nascosti (Boy Blue) e c’è un omaggio molto particolare ai Pet Shop Boys (la cover di It’s Alright). Il tutto confezionato con il proverbiale stile DFA, naturalmente.

Torno a casa a piedi

HHHH di Roberta Maiorano

Cantautrice di culto, sacerdotessa del rock all’italiana, misteriosa, sfuggente. Cristina Donà è stata tutto questo fino a quando la vita non è cambiata per sempre, con la maternità. Con il nuovo disco, Torno a casa a piedi, ha voluto raccontare il cambiamento – aiutata da Saverio Lanza, produttore esperto e di spessore, a dispetto della giovane età. L’emblema di tutto l’album è il singolo Miracoli, brano arioso e festoso, ricco di fiati e percussioni tanto da ricordare una banda di paese, così lontano dallo standard della Donà, che per la prima volta si lascia alle spalle invettive in stile PJ Harvey, per raccontare piuttosto quotidianità e serenità: “Tornare a casa a piedi è una scelta, non un imprevisto, è per me sinonimo di liberazione e simbolo di libertà. è un momento di riflessione, di indipendenza, di autonomia”.

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Verdena Wow

(Universal)

HHHH di Stefano Gilardino

Se si prendono per buone le parole di Alberto Ferrari, chitarrista e cantante, che il vero percorso della band è iniziato con Requiem (quarto disco della loro discografia), allora questo Wow è una prova di grande maturità artistica. E la parola “maturità” sta a significare la voglia di non fermarsi, il coraggio di sbagliare, la tendenza a sperimentare cose belle e strane. Wow trabocca di idee, regala pezzi eccelsi (Loniterp, Nuova luce, Mi coltivo), li alterna a cose meno riuscite ma sempre interessanti, si apre a nuovi orizzonti (le melodie vocali di A Capello, per esempio, ma pure il quasi prog di Razzi, arpia, inferno e fiamme e lo splendore di Miglioramento, che suona quasi U2), dà la sensazione di essere un grande disco di rock. Roba che in Italia manca da tantissimo tempo…


WHAT’S NEW Musica

PJ Harvey

Let England Shake

Hot List

(Vagrant)

HHH di Marcello Marabotti

Dieci brani della playlist di Let England Skake è l’ottavo album di PJ Harvey. Un progetto diverso dai precedenti. La cantautrice britannica, infatti, ha passato gli ultimi due anni squadrando le parole giuste per comporre testi focalizzati sulla storia moderna della sua terra, l’Inghilterra - per una volta, niente dogmi o versi autoreferenziali. Oltre a parlare di sessualità (Ride Of Me), amore (To Bring You e Is This Desire?) e fragile psicologia della felicità (White Chalk), Polly si sofferma sulla Prima guerra mondiale, sulla battaglia di Gallipoli del 1915, sulla caduta dell’imperialismo e sul legame che unisce l’uomo alla propria terra. Legame che lei stessa ha voluto celebrare registrando il disco in una chiesa del XIX secolo situata nella contea del Dorset: un orizzonte che sembra aver influenzato PJ, la cui voce è particolarmente ispirata e intensa. Il tutto con la supervisione del produttore Mark ‘Flood’ Ellis e l’accompagnamento di John Parish e Mick Harvey che, insieme al batterista Jean-Marc Butty, seguiranno Polly anche in tour.

Adele 21

(XL Recordings)

HHH di Stefano Gilardino

Sono passati due anni dal debutto della giovanissima cantante inglese (non era difficile calcolarlo, visto che si intitolava 19, riferito proprio alla sua età) e questo suo ritorno non fa che confermare le buone parole spese a suo tempo da buona parte della critica musica. Confortata da un grande successo di pubblico, specie in Gran Bretagna, Adele appronta un sophomore album che prosegue sulla strada tracciata da 19 e fa delle emozionanti love songs la propria forza. Largo quindi a strazianti relazioni che traggono ispirazione dalla vita personale della cantante e rispondono al nome di Don’t You Remember, Someone Like You, Lovesong (con un titolo così…) e Rumour Has It, ma ci piace ricordare come Adele sia davvero insuperabile quando si trasforma nella regina del soul come in I’ll Be Waiting, tutta suggestioni anni sessanta e con una sezione fiati davvero calda. In attesa del ritorno di Amy Winehouse, potete consolarvi con Adele.

FRANK & SARAH JANE

Anna Calvi Anna Calvi (Domino)

HHHH

Frank, attivo nel mondo delle radio da diversi anni con un’esperienza che va dal “dietro le quinte” al “davanti ai microfoni”, e Sarah Jane, nata in Inghilterra e vissuta per molto tempo all’estero prima di approdare in Italia, hanno iniziato su Radio Deejay quasi per gioco con Un’estate da Deejay. Ora animano il weekend con Weejay, programma in cui gli ascoltatori raccontano come passeranno il loro fine settimana, che va in onda tutte le domeniche dalle 14.00 alle 16.00.

di Stefano Gilardino

Cominciamo con le cose ovvie, quelle che comunque servono a inquadrare il personaggio e a incuriosire chi non ha mai sentito parlare di questa nuova stella della musica pop rock inglese. Anna Calvi, di chiare origini italiane, ha destato grandissima sensazione nel Regno Unito grazie alle sperticate lodi di pezzi grossi come Brian Eno – l’ha definita seconda solo a Patti Smith – e Nick Cave, che l’ha voluta come opener per i concerti dei suoi Grinderman. Un bel biglietto da visita, che trova la sua ragione di essere, in questo debutto omonimo strepitoso, che raccoglie dieci brani che la brava Calvi ha raffinato fino alla perfezione negli ultimi tre anni. Se il rock è il comune denominatore dell’intera tracklist, non è difficile notare inserti pop, blues, dark, addirittura operistici, per una sequela di piccoli capolavori da brividi tra cui ci permettiamo di segnalare almeno Blackout, I’ll Be Your Man, Suzanne And I, Love Won’t Be Leaving e la spettacolare e suadente No More Words. Appunto, basta parole, andate a comprarvi il disco.

1

Party And Bullshit The Notorious B.I.G.

Who’s the Man? Soundtrack (MCA)

2

Hell Is Round The Corner Tricky

Maxinquaye (Island Records)

3 4

Controcultura Fabri Fibra

Controcultura (Universal Music)

Monster

Michael Jackson Feat. 50 Cent Michael (Sony Music)

5

I Need A Doctor

Dr. Dre featuring Eminem & Skylar Grey I Need A Doctor – single (Interscope Records)

White Lies

6

Ritual

(Fiction/Universal)

HHH

7

di Marcello Marabotti

Con l’album di debutto (To Lose My Life, uscito nel gennaio 2009) sono arrivati al primo posto della classifica inglese, superando quota un milione di copie. Un successo improvviso e clamoroso, che gli ha oltretutto consentito di entrare nella scuderia per cui gareggiano anche Franz Ferdinand e Kaiser Chiefs. Ora, i White Lies sono tornati con il loro secondo progetto: Ritual. Titolo solenne, sigillo alla marcia imponente del trio di Londra, la cui tavolozza sonora si è ora arricchita di venature elettroniche e linee di basso di grande impatto - in pieno stile Peter Hook (bassista e fondatore dei Joy Division). La voce di Harry McVeigh si muove sicura su un tappeto musicale pre-1985, con evidenti rimandi a Ian Curtis e Echo & The Bunnymen su tutti. In una tracklist orientata sul lato più dark del revival post-punk, Strangers e Holy Ghost sono momenti di pura luce. Anticipato dal singolo Bigger Than Us, l’album è stato prodotto da Alan Moulder (Depeche Mode, My Bloody Valentine). Una collaborazione illustre che certifica le ambizioni dei White Lies e che, soprattutto, ne conferma lo spessore.

ONSTAGE

57

FEBBRAIO

Senza fine Mina

Piece Of My Heart Janis Joplin

Cheap Thrills (Columbia Records)

8 9 10

California Joni Mitchell Blue (Reprise)

Flying Home Ella Fitzgerald

Pure Gold (Putlabel)

She’s Got Her Ticket Tracy Chapman

Tracy Chapman (Elektra)


WHAT’S NEW Cinema

a cura di

127 0re

www.nicklive.it

127 Hours, Usa/Gran Bretagna, 2010, 94 min. Cast: James Franco, Kate Mara, Amber Tamblyn di Danny Boyle critica pubblico

HHHH HHH

Il ventisettenne Aron Ralston, appassionato di free climbing e mountain bike, parte per un viaggio in solitaria tra i canyon dello Utah, ma un incidente lo riduce in una situazione ai limiti della sopravvivenza: cade in una crepa e rimane con il braccio incastrato sotto un masso che non riesce a spostare. Resta intrappolato cinque giorni (127 ore, per la precisione), durante

i quali vede in faccia la morte, fino a individuare l’unica, estrema soluzione di salvezza. Perché vederlo? Il ritratto realistico di un figlio di questi tempi: positivamente proteso alla vita fino al punto di scottarsene seriamente. Una storia vera girata in modo superbo, più angosciosa e tesa di qualsiasi thriller. Con un generosissimo James Franco.

Biutiful

Il cigno nero

Il grinta

Rabbit hole

Spagna/Messico, 2010, 147 min.,

Black Swan, Usa, 108 min.

True Grit, Usa, 2010, 110 min.

Usa, 2010, 90 min.

Cast: Javier Bardem, Maricel Álvarez, Hanaa Bouchaib, Guillermo Estrella

Cast: Natalie Portman, Vincent Cassel, Mila Kunis, Winona Ryder, Barbara Hershey

Cast: Jeff Bridges, Hailee Steinfeld, Josh Brolin, Matt Damon, Barry Pepper

Cast: Nicole Kidman, Aaron Eckhart, Dianne West, Miles Teller, Tammy Blanchard

di Alejandro González Iñárritu

di Darren Aronofsky

di Joel ed Ethan Coen

di John Cameron Mitchell

critica pubblico

HHHH HH

La vita di Uxbal, già complicata dai suoi affari poco legali, dal rapporto burrascoso con la moglie e da condizioni sociali di indigenza, è segnata da una notizia tragica: l’uomo ha il cancro e sta per morire. Tra i meandri di una Barcellona mai così dura al cinema, Uxbal cerca, nell’arco di una giornata, di riconciliarsi con la famiglia e di affrontare i “conti in sospeso” della sua esistenza. Perché vederlo? Iñárritu abbandona gli intrecci di storie che l’hanno reso celebre (Babel, 21 grammi) per concentrarsi su un unico personaggio (un notevole Bardem). Il titolo è l’opposto dell’atmosfera dominante del film, e non c’è niente di pittoresco in questa Barcellona antituristica. Ma le emozioni forti sono garantite.

critica pubblico

HHHH HHH

critica pubblico

HHHHH HHHH

La vita di Nina, talento del New York City Ballet, è completamente dedicata alla danza, anche a causa della presenza di una madre ossessiva che ballava negli anni di gioventù. Quando il direttore artistico decide di rimpiazzare la prima ballerina per Il lago dei cigni, Nina è scelta come Cigno Bianco, ma è costretta a confrontarsi con la talentuosa Lily, il Cigno Nero, in un legame morboso, ai limiti tra allucinazione e realtà.

In seguito alla morte di suo padre, ucciso dal sicario Tom Chaney, la quattordicenne Mattie Ross cerca di vendicarsi. Assolda lo sceriffo Cogburn, malridotto a causa della dipendenza dall’alcol e della vecchiaia. Sebbene non si gradiscano, la ragazzina e il fuorilegge si imbarcano in un viaggio alla ricerca di Chaney nel territorio indiano. Li segue il ranger LaBoeuf, che cerca Chaney per altri scopi.

Perché vederlo? Anche in un ambiente apparentemente distante come il mondo della danza classica, il geniale Aronofsky riesce a dar vita alle sue inquietudini sul nostro lato oscuro. Un’opera raffinata e disturbante, che deve moltissimo alla straordinaria interpretazione di Natalie Portman.

Perché vederlo? I Fratelli Coen prendono Il grinta, che portò John Wayne all’Oscar nel 1970, e lo invadono del loro fatalismo cosmico, trasformando i toni da commedia western dell’originale in un’emozionante caccia all’uomo. Damon e Brolin, da comprimari, sono notevoli; la giovane Steinfeld è una rivelazione.

ONSTAGE

58

FEBBRAIO

critica pubblico

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La vita di Becca e Howie Corbett, una coppia della middle class newyorkese, è stata sconvolta dalla tragica morte del figlio di quattro anni, investito da un auto. Tornare alla normalità è davvero dura, tra sensi di colpa che riaffiorano e una comunicazione sempre più difficile. Nel loro percorso solitario, Becca cercherà di conoscere il ragazzino che era presente all’incidente, mentre Howie si legherà a una donna conosciuta durante la terapia di gruppo. Perché vederlo? Raffreddato dramma da camera sulla crisi di una coppia borghese, ci riconcilia con Nicole Kidman, finalmente in un ruolo che la valorizza. Il regista Mitchell (Shortbus) filma con grande raffinatezza, ma non cede al sentimentalismo, in un film sottilmente spietato.


On STAGE Amoroso.pdf

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25/01/11

17.24


WHAT’S NEW Videogames

Little Big Planet 2 (Media Molecule) Disponibile per: Ps3

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Trent’anni or sono la Nintendo si rese responsabile dell’invenzione della parola “platform” applicata a un videogioco pubblicando Donkey Kong. Nella sua definizione più basica un “platform game” è un gioco indissolubilmente legato al movimento del salto: il nostro mitico idraulico baffuto (Mario, per gli amici) deve salire rampe e scale evitando i barili sganciati dallo scimmione prepotente che ha rapito la principessa. Semplice, intuitivo, geniale. Con l’evoluzione della tecnologia viene implementato lo “scrolling” – il movimento orizzontale e verticale dello schermo – che dà nuova linfa al genere con capolavori come Super Mario Bros, Bionic Commando, Sonic e chi più se ne ricorda più ne

Genere: Azione/Puzzle

metta. Un po’ meno semplice, ma sempre intuitivo e altrettanto geniale. E poi? Poi arriva il maledetto 3D a complicare tutto. Come faccio a spiegare a mia mamma che per controllare Lara Croft servono ben più di due tasti? Tralasciamo Tomb Raider e spostiamoci su Little Big Planet, anche se definirlo un platform è un po’ limitante - controlliamo un esserino di pezza che saltella per lo schermo, ma in questo caso non si può ridurre il tutto al superamento di un baratro con un salto. Siamo al punto in cui entrano in scena movimenti legati alla fisica, parti in cui bisogna fare funzionare il cervello per procedere, minigiochi che s’ispirano ai classicissimi (Arkanoid e Space Invaders, per citarne un paio), rendendo il platform un’esperienza spumeggiante, varia e in grado di provocare assuefazio-

ne. La competizione passa in secondo piano in favore di un’avvincente sistema di collaborazione online. Superare il livello non è più così importante, perché il divertimento sta nell’esplorazione, nel godere delle ambientazioni e dei personaggi folli che popolano mondi stravaganti e colorati. Little Big Planet 2 è un’opera d’arte spassosa che offre un divertimento sano e democratico. Roba che se per caso muori ti fai una risata e ricominci dal punto dove sei morto – altro che joypad fracassati in giro per la casa. E poi se proprio i 30 livelli di gioco non sono sufficienti basta scaricarne uno di quelli fatti dagli utenti, o, con un po’ di pazienza, crearne uno su misura con il potente editor che ha fatto la fortuna del primo episodio. Lunga vita a Media Molecule!

Deadly Premonition (Ignition) Disponibile per: Xbox 360 Genere: Survival Horror

Pac Man Championship Edition DX (Namco)

HHH

HHHH

Più volte in queste pagine ci si è soffermati sul declino dei Survival Horror, tanto che per glissare sul fallimento (almeno parziale) degli ultimi Silent Hill, Resident Evil e Alan Wake si è cercato di includere nella categoria anche giochi che in realtà sono degli sparatutto (Left 4 Dead) o degli action game (Dead Rising). L’unico a salvarsi all’unanimità è stato Dead Space, e le speranze ora ricadono sull’imminente sequel - sono consentiti gli scongiuri del caso. Ma intanto chi si sente davvero “hardcore inside” ed è disposto a chiudere un occhio sul comparto tecnico (viziato da uno sviluppo eccessivamente dilatato nel tempo – il gioco era stato annunciato intorno al 2007) può tranquillamente buttarsi nel mondo bizzarro e disturbato di Deadly Premonition. Nella trama, comunque valida, ci sono evidenti riferimenti a David Lynch e a qualche b-movie horror, mentre il gameplay è old-school al limite del revival. Ma la carta vincente è l’atmosfera in bilico tra paura e senso del ridicolo, che dona al titolo un carattere unico e intrigante.

Lo so cosa state pensando: Namco sta cercando di rifilarci il classico polpettone riscaldato. E invece, con stupore di chi scrive, non è così. Soprassedendo sull’immortalità di una dinamica di gioco tanto elementare quanto efficace, in questa deluxe edition vengono apportati dei pregevoli ritocchi che rendono uno dei videogiochi più famosi di sempre davvero godibile anche nel 2011. E senza snaturarne la personalità. Prima di tutto oltre alla modalità classica ce ne sono due nuove: una suddivisa in micro livelli con tanto di boss finale, un’altra in cui viene messo l’accento sulla nostra abilità nel mangiare i fantasmini. Poi i suddetti fantasmini si sono un po’ imbastarditi. Se ne stanno li fermi a dormire fino a quando il loro territorio non viene invaso, per poi inseguire senza tregua come da manuale. Fortunatamente però, quando il rischio di venire pappati è concreto ecco attivarsi una provvidenziale sequenza al rallentatore, che offre l’ultima chance per farla franca. Palline e fantasmini per tutti!

Blueglue consiglia:

Libri

Disponibile per: Xbox 360/Ps3

Titolo/Store

Genere: Arcade

Consigliato a chi...

Fallout New Vegas (Xbox Live/Marketplace) Dead Rising: Case West (Xbox Live/Marketplace) Hydroventure (Wiiware)

...non ne ha avuto abbastanza di gironzolare nella zona contaminata del Mojave. ...vuole andare a fondo sull’epilogo di Dead Rising 2. ...ama i puzzle game alternativi.

A cura di Stefano Gilardino

Keith Richards

Enrico Brizzi

Niccolò Ammaniti

Life (Feltrinelli)

La vita quotidiana in Italia ai tempi del Silvio (Editori Laterza)

Io e te (Einaudi)

Uscito in contemporanea con la pubblicazione ufficiale inglese, Life è un esempio perfetto di come inchiodare alla poltrona il lettore per oltre 500 pagine. Facile, direte voi, quando si è dei personaggi come il chitarrista degli Stones. Vero, ma viaggiare attraverso la “vita” di una delle figure più importanti della storia del rock e pop è un’esperienza irripetibile e avvincente. E unica, verrebbe da aggiungere, soprattutto se si pensa che il socio Jagger non ha nessuna intenzione di scrivere la propria biografia…

Seconda incursione di Brizzi nella collana Contromano di Laterza: se in precedenza lo scrittore aveva raccontato la propria di vita quotidiana, rapportata alla città di Bologna in cui è nato e cresciuto, con questo nuovo libro si concentra invece sull’avvento, prima televisivo, poi politico, di Berlusconi, anzi del Silvio. In pratica, un’avvincente storia d’Italia dagli anni ottanta a oggi, raccontata dal punto di vista di uno scrittore dapprima esordiente e poi di grande successo.

ONSTAGE

60

FEBBRAIO

Nuova fatica per Ammaniti, amato in Italia grazie a libri come Io non ho paura e Come Dio comanda, da cui sono stati tratti film di buon successo. 100 pagine soltanto per Io e te, quasi un racconto lungo (o romanzo breve?), e una storia ben strutturata che mette a confronto Lorenzo, ragazzino della borghesia romana con scarsa propensione alla socializzazione, e la sorellastra Olivia, figura dannata che contribuirà alla sua crescita e maturazione. Finale poco buonista e qualche momento di grande scrittura.


PRESENTA

MARLENE KUNTZ 11.02.2011 LEVICO - Palalevico 12.02.2011 COLLE VAL D’ELSA (SI) Sonar 18.02.2011 TORINO Hiroshima M.A. 19.02.2011 BOLOGNA - Estragon 26.02.2011 BRESCIA - Latte+

04.03.2011 SAN BENEDETTO (AP) Teatro 05.03.2011 MILANO - Alcatraz 11.03.2011 ROMA - Alpheus 13.03.2011 NAPOLI - Duel Beat 19.03.2011 MARGHERA (VE) Rivolta

20.02.2011 NAPOLI - DUEL BEAT

12.03.2011 FIRENZE - AUDITORIUM FLOG

26.02.2011 CATANIA - ZO

17.03.2011 MILANO - CIRCOLO MAGNOLIA

4.02.2011 POTENZA - TEATRO DUE TORRI

03.03.2011 ROMA - ALPHEUS

18.03.2011 MODENA - OFF

05.02.2011 LECCE - LIVELLO 11.8

04.03.2011 LIVORNO - THE CAGE

19.03.2011 BRESCIA - LATTE +

19.02.2011 PERUGIA - URBAN

05.03.2011 TORINO - HIROSHIMA MON AMOUR

26.03.2011 COLLE VAL D’ELSA (SI) - SONAR

24 GRANA

PERTURBAZIONE

IO?DRAMA

STATUTO

CRISTICCHI

RAGAZZO SEMPLICE

11.02.11 BOLOGNA - Tpo 12.02.11 CORNELIANO D’ALBA (CN) Cinema Vekkio 19.02.11 COLLE VAL D’ELSA (SI) Sonar 25.02.11 MODENA - Off

11.02.11 SETTIMO MILANESE (MI) Palazzo Granaio

05.02.2011 VITERBO - Arci Belushi 11.02.11 TORINO Hiroshima 18.02.11 MARINA DI MASSA (MS) Baraonda 26.02.11 MILANO Live Forum

01.02.2011 - Li Romani in Russia FOLLONICA (GR) 05.02.2011 - con Orchestra TALMASSONS (UD) Piazza Municipio 06.02.2011 - con Orchestra FAGAGNA (UD) - Piazza Vittoria 10.02.2011 - Li Romani in Russia MATERA - Teatro Duni 11.02.11 - con GNU QUARTET CHIOGGIA (VE) Auditorium S. Nicolò 12.02.11 - con GNU QUARTET TREVISO Sala congressi albergo bhr 26.02.11 - con GNU QUARTET PONTEDERA (PI) Teatro Era

25.02.11 TERNI Tabard Inn

26.02.11 UDINE - No Fun

26.02.11 PRATO Controsenso

Big Fish S.r.l. Mail: segreteria@bigfishent.it TeL. +39.02.36709352 Fax: +39.02.36709389 www.bigfishent.it Ripa di Porta Ticinese 63.a, 20143 Milano


COMINGSOON Marzo

Negramaro

I

loro dischi, in costante crescita ed evoluzione hanno ribadito come i Negramaro siano ormai e senza nessun dubbio residuo, una delle migliori realtà italiane in campo pop-rock, una delle poche band ad aver saputo costruire un percorso che riesce a coniugare influenze internazionali e una personale ricerca che affonda le radici nella melodia italiana. Buona parte del merito, bisogna ammetterlo, va al frontman e compositore Giuliano Sangiorgi, autentica figura di riferimento di un gruppo che però conferma sia in studio di registrazione che in concerto come la propria forza stia nella grande coesione e nella

live

chimica efficace che unisce tutti i componenti. Lo ha ribadito più volte lo stesso cantante, persino alla presentazione al cinema Odeon di Milano di Casa 69, ultima prova targata Negramaro, illustrando il concept che sta alla base di quell’album: «Dopo aver indagato il concetto di tempo con Mentre tutto scorre e quello di spazio con La finestra, con questo disco parliamo dell’io. Tra tempo e spazio c’è l’individuo, che ha bisogno di altri individui per potersi realizzare, per esistere. Ci dicono che siamo in grado di fare tutto da soli, che possiamo fare a meno degli altri, che non abbiamo bisogno di nessuno. Non è vero! Io per

esempio, senza gli altri Negramaro sarei perso». A un’abilità compositiva nettamente sopra la media, aggiungiamo alla ricetta anche la capacità di convincere (e avvincere) il pubblico senza ricorrere a trucchetti smaccatamente commerciali e una comprovata energia live che testimonia come il sestetto sia anche e soprattutto una macchina da palco. La conquista dello stadio Meazza in san Siro è l’ennesimo passo in direzione di un successo di massa che li accomuna ad altri grandi colleghi come Ligabue, Vasco Rossi o Biagio Antonacci. Piaccia o no, i Negramaro tocca cercarli nella categoria fuoriclasse…

10-11-12/03 ROMA, 15/03 ACIREALE, 19-20/03 CASERTA, 24-25/03 MILANO, 29/03 TORINO Il tour continua, tutte le date su onstageweb.com

Da sinistra: Danilo Tasco (batteria), Ermanno Carlà (basso), Andrea De Rocco (campioni, tastiere), Giuliano Sangiorgi (voce e chitarra), Andrea Mariano (tastiere), Emanuele Spedicato (chitarra).

» Adele 30/03 Milano » ELISA 4-5/03 Roma 07/03 Montecatini (PT) 8-9/03 Bologna 11-12/03 Ancona 14-15/03 Mantova 17-18-19/03 Milano 21/03 Trieste 26-27/03 Pavia 28/03 Varese 30-31/03 Venezia » Fabri Fibra 04/03 Catanzaro

05/03 Messina 11/03 Pescara 12/03 Senigallia (AN) 18/03 Castelfranco (TV) 19/03 Gattatico (RE) 25/03 Trezzo d’Adda (MI)

» James Blunt 13/03 Roma 14/03 Milano

» Gogol Bordello 04/03 Roma

» Jamiroquai 30/03 Milano 31/03 Mantova

» La Fame di Camilla 04/03 Poggiomarino (NA) 05/03 Aversa (CE) 10/03 Treviolo (BG) » Ligabue 02/03 Parma

» Maroon 5 09/03 Milano

» Marta Sui Tubi 26/03 Modena

» Taylor Swift 15/03 Milano

» Linea 77 04/03 Legnano (MI) 12/03 Castelletto Cervo (BI) 25/03 Torino

» Mogwai 09/03 Bologna 10/03 Milano

» Verdena 04/03 Torino 05/03 Ravenna 11/03 Pordenone 12/03 Brescia 18/03 Firenze 19/03 Perugia 26/03 Recanati (MC)

» Marlene Kuntz 04/03 S. Benedetto (AP) 05/03 Milano 11/03 Roma 13/03 Napoli 19/03 Marghera (VE)

» Joan As Police Woman 03/03 Milano 05/03 Bari 06/03 Roma 07/03 Firenze

ONSTAGE

» Kylie Minogue 08/03 Milano

» Marracash 05/03 Nonantola (MO)

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FEBBRAIO

» My Chemical Romance 07/03 Milano » Nesli 25/03 Fontaneto (NO) 26/03 Villafranca (VE)

» White Lies 12/03 Bologna

» Subsonica 31/03 Pordenone

» The low anthem 28/03 Milano




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