Onstage magazine luglio:agosto

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LUGLIO AGOSTO

2015

OH

+

YEAH!

TIZIAN O F E RRO MUSE

GUÉ P E Q UE N O

«Il mio palco è a colori, uno spazio contrario al minimalismo. Evoca la fantasia: un concerto è un modo per fare il pieno di vibrazioni». Lorenzo è pronto a sganciare dosi massicce di energia sull’Italia

N E W O RLE AN S MIKA

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50078 ISSN: 2421-0781

E THAN HAWKE

#LORENZONEGLISTADI2015


#walkingmind c o l m a r o r i g i n a l s .i t





#D1LLOCOLBEAT V1NC1 1L PR1VATE SHOW D1 EM1S K1LLA Scegli il tuo brano preferito di Emis Killa e RACCONTACI IN RIMA perché è così significativo per te.


È UNO DEI RAPPER PIÙ AMATI IN ITALIA. UNO DEI POCHI AD AVER AVUTO IL PRIVILEGIO DI ESIBIRSI IN UNA MAGICA NOTTE ALL’ARENA DI VERONA. IL VINCITORE DEL PREMIO COME MIGLIOR ARTISTA RAP AGLI ULTIMI ONSTAGE AWARDS. Stiamo parlando di Emis Killa, che mentre è al lavoro sui pezzi che andranno a comporre il nuovo album ha deciso di fare una sorpresa ai suoi fan. Grazie a TIM YOUNG LIVE, un fan di Emis e cinque suoi amici avranno la possibilità di assistere ad un’esclusiva esibizione del

rapper. L’iniziativa si chiama TIM YOUNG LIVE Private Show: per partecipare bisogna accedere alla sezione Private Show del sito timyounglive.timyoung.it Il fortunato vincitore potrà accomodarsi su un divano e godersi l’esibizione di Emis Killa a pochi metri da lui. La scaletta sarà scelta dallo stesso cantante appositamente per lo show!



DIECIMILA FIRME DANIELE SALOMONE

@DanieleSalomone

C

i sono due ottime ragioni per chiedere a Comune di Milano, Regione Lombardia e Arexpo (la partecipata che gestisce l’area dell’Esposizione Universale) di impegnarsi per garantire la sopravvivenza di Open Air Theater dopo Expo 2015. La prima, la più evidente, riguarda Milano nello specifico. In città, e nei suoi dintorni, non esiste un altro spazio all’aperto per i concerti in grado di accogliere 10mila persone - capienza necessaria per una piazza del genere - le cui caratteristiche non creino disagi ai cittadini e mettano il pubblico nelle condizioni di godersi uno spettacolo con i servizi necessari perché questo accada. Un buco enorme, una voragine per la città che vanta il maggior numero di live in Italia e quasi la metà del giro d’affari in questo settore (oltre 3 miliardi di Euro sui 7 complessivi). La seconda riguarda la cultura italiana. Non siamo abituati a progettare spazi per la musica: generalmente adattiamo strutture ideate per altri usi. A Milano, San Siro e il Forum di Assago (un palazzetto sportivo) sono esempi lampanti. Non rie-

sco a non pensare che sia un sintomo dell’insensibilità delle istituzioni, che generalmente commissionano questi progetti, verso un fenomeno che interessa milioni di persone, di ogni sesso, età, estrazione sociale eccetera. Forse è ignoranza più che insensibilità, ma cambia poco. Milano è leader nel mercato dei live ed è giusto che si prenda la responsabilità di proporre un modello virtuoso. Se funziona, come è accaduto anche ultimamente per altri servizi, è probabile o quantomeno possibile che altre città italiane ne seguano l’esempio. Ci siamo informati, siamo andati a vederlo e a fotografarlo, abbiamo parlato con l’architetto che l’ha progettato e con i rappresentanti delle istituzioni coinvolte - quelli che hanno risposto alle nostre domande - come potete leggere a pagina 36. Open Air Theater è una struttura che deve essere salvaguardata perché ha le caratteristiche necessarie per colmare la lacuna di Milano e indicare una strada virtuosa al resto del Paese. È stata progettata per gli spettacoli live, sorge in una zona

servita da strade e mezzi pubblici, non può infastidire i cittadini in alcun modo. Lasciarla in eredità alla città non costa nulla (sono necessari solo pochi interventi per garantire manifestazioni che prevedono un biglietto d’ingresso). Le istituzioni ci dicono che «al 99 per cento» accadrà quello che speriamo e chiediamo. Non basta, vogliamo la certezza assoluta. Per questo abbiamo deciso di lanciare una petizione online (bit.ly/SaveOpenAirTheater): vogliamo informare e sensibilizzare l’opinione pubblica, chi frequenta i concerti e chi li produce, perché i cittadini e il mondo della musica devono far sentire la propria voce, esercitando la pressione necessaria sulle istituzioni. Chiediamo insieme a Comune, Regione e Arexpo che Open Air Theater venga blindato a prescindere da chi si impossesserà di quei terreni dopo Expo e qualunque cosa voglia farne. L’obiettivo è fissato a quota 10mila firme, 10mila voci che si uniscano alla nostra, da raccogliere il prima possibile e comunque entro settembre. #saveopenairtheater

onstage luglio - agosto 09


36

42

50

58

INDICE

JUKEBOX 21. AC/DC 22. Clementino 24. Pink Floyd 25. Home Festival 26. Pistoia Blues

36.

42.

50.

È lo spazio giusto per Milano e va protetto con tutti i mezzi dei quali disponiamo. A partire dalla nostra petizione.

A pochi giorni dal suo primo tour negli stadi, Tiziano ci ha spiegato tutto quello che dobbiamo sapere su questi live.

Ci ha detto che i suoi live negli stadi saranno un pieno di vibrazioni. Sentendolo parlare, siamo certi che sarà così.

FACE TO FACE 30. Giorgio Moroder 32. Gué Pequeno

58.

64.

70.

Come solo i grandissimi, i Muse hanno il raro pregio di produrre musica e album senza tempo. Compreso Drones.

È un chiacchierone e dice che le donne e il sesso sono la sua più grande fonte di ispirazione. È proprio un italiano.

Reportage da NOLA a 10 anni dall'uragano Katrina. Per capire se e come ha capito la terribile lezione inflittagli dal Mississipi.

ONSTAGE PULSE! 34. As It Is

10 onstage luglio

- agosto

OPEN AIR THEATER

MUSE

TIZIANO FERRO

PAOLO NUTINI

JOVANOTTI

NEW ORLEANS


THE

TRASE

THE ORIGINAL. SINCE NOW.


80

76

98

INDICE

76.

80.

98.

Si diverte come ai tempi de L’attimo fuggente, parola sua.

Ogni festival ha il goer che si merita. E Sziget non fa eccezione.

A quattro anni dall’ultimo tour, gli irlandesi stanno per tornare in Italia. Vi diciamo cosa ci aspetta il 4 e 5 settembre a Torino.

ETHAN HAWKE

87.

TAME IMPALA Esce il terzo disco della band australiana: un capolavoro della nuova psichedelia.

FESTIVAL GOER

WHAT’S NEW 88. Musica 90. Cinema 92. Serie Tv 94. Games 96. Tech

U2

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ONSTAGEWEB.COM AI CONCERTI VI PORTIAMO NOI Onstage è sempre dalla parte di chi ama la musica dal vivo e per questo anche questa estate è media partner dei concerti e festival più prestigiosi della Penisola. Vi diamo un consiglio: tenete d’occhio il nostro sito e la nostra pagina Facebook. Per tutto luglio vi regaleremo i biglietti per alcuni degli show più attesi

12 onstage luglio

- agosto

dell’estate. Postepay Milano Summer Festival, Lucca Summer Festival, Hydrogen Festival a Padova. Grandi artisti internazionali come Paolo Nutini, Noel Gallagher, Mark Knopfler, Ben Harper, Lenny Kravitz. Grazie a Onstage potrete assistere ai loro concerti gratuitamente. Basta partecipare ai nostri contest.



OSPITI

PETER LINDBERGH

Considerato uno dei più importanti fotografi di moda, ha ritratto Mika in questo numero. Nato a Leszno in Polonia nel 1944, quando la città era ancora sotto dominio tedesco, è cresciuto in Westfalia e ora vive in giro per il mondo.

MARIANO VIVANCO

DANNY CLINCH

Fotografo peruviano classe 1975, scatta per importanti riviste di moda e ha ritratto le più grandi star mondiali della musica, da Rihanna a Lady Gaga, da Lana Del Rey a Katy Perry, da Ricky Martin al nostro Tiziano Ferro.

Regista, pubblicitario e affermato fotografo rock statunitense, vanta persino la partecipazione come armonicista in un paio di canzoni dei Foo Fighters. Suoi gli scatti del servizio sui Muse in questo numero.

MICHELE LUGARESI

Classe 1976, nome d’arte Maikid, sono già alcuni anni che Lorenzo “Jovanotti” Cherubini si affida al suo obiettivo. Ha anche girato i video di Ora e L’alba. Sue le foto del servizio in questo numero sull'artista toscano.

PAOLO PELLEGRIN

Membro dell’agenzia Magnum e vincitore di 10 World Press Photo e altri prestigiosi premi, è uno dei più importanti fotoreporter di guerra al mondo. Gli U2 lo hanno scelto per le foto legate al loro ultimo album e tour.

FRANCESCO PRANDONI

Classe 1970, specializzato in spettacolo e musica, soprattutto dal vivo, nella sua carriera ha potuto scattare fotografie ad alcuni dei più grandi artisti italiani e internazionali. Collabora con Onstage sin dal primo numero.

La foto di copertina di Jovanotti è stata scattata da Leandro Manuel Emede

14 onstage luglio

- agosto


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16 onstage luglio

- agosto

Mondadori Bookstore Via del Pellegrino Mondadori Multicenter Cola di Rienzo Hudson News - Aeroporto Fiumicino Hudson News - Stazione Termini


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ANNI FA

usciva Born to Run, l’album che avrebbe dato origine al mito di Bruce Springsteen: l’artista americano dimostrava di essere il miglior interprete della generazione a cavallo tra Elvis e il punk. L’apertura sognante di Thunder Road, l’inno all’amicizia di Backstreets, la speranza di una fuga della titletrack, l’epopea di Jungleland. Senza dimenticare Meeting Across The River, She’s The One, Night e Tenth Avenue Freeze-Out. Fu un disco sofferto, con una lavorazione di oltre un anno (un’eternità per quei tempi), e che portò a liti e rotture, ma anche alla formazione definitiva della E Street Band e all’inizio della collaborazione con Jon Landau. Quel 25 agosto 1975 iniziava la leggenda del Boss. [A.L.]


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JUKEBOX

LET THERE BE ROCK

TORNANO IN ITALIA A LUGLIO GLI AC/DC. CLAUDIO TROTTA, PATRON DI BARLEY ARTS E PROMOTER DEL CONCERTO, STA PREPARANDO (E PREPARANDOSI) ALL’UNICA DATA NAZIONALE DEL ROCK OR BUST WORLD TOUR.

Testo di JACOPO CASATI Foto di GABRIELE TEMPORITI

I

l più grande concerto all’aperto del 2015 si svolge il 9 luglio all’Autodromo Enzo e Dino Ferrari di Imola. Novantamila persone sono pronte a riversarsi nel circuito automobilistico per l’unica data italiana degli AC/DC, appuntamento che è andato sold-out nel giro di cinque giorni. «Vogliamo far vivere a tutti una giornata memorabile», dice Claudio Trotta, patron di Barley Arts e dal 2001 promoter italiano della storica rock band australiana. «Le aspettative sono elevatissime, ci saranno persone che verranno apposta dall’estero e proprio per questo cureremo maniacalmente ogni dettaglio». Dettagli che fanno sicuramente la differenza quando ci si trova a trattare con leggende del rock come Angus Young e compagni. «Ho iniziato a pensare di riportare gli AC/ DC in Italia la scorsa estate», ricorda Trotta. «C’è stata un’improvvisa accelerazione nella trattativa quando abbiamo proposto di fare lo show all’Autodromo». Molti sono rimasti spiazzati dalla scelta della location. «Questa volta i depistaggi hanno funzionato. Siamo stati bravi a far trapelare qualche indiscrezione che li dava al Meazza piuttosto che al Circo Massimo o all’Olimpico. A dire il vero lavoravo all’idea Imola da tempo, specialmente dopo aver visto uno speciale di Sky dedicato alla Lamborghini. Una puntata era stata girata da Brian Johnson (cantante della band e conduttore di Car That Rocks appunto, ndr) proprio a Imola. Da quel momento in poi ho

avuto la certezza di aver fatto la scelta giusta». Con buona pace di chi, a Milano, credeva di poter rivedere gli AC/DC dopo sei anni. Una conferma ulteriore delle difficoltà che la metropoli lombarda sta avendo ultimamente nell’accaparrarsi grandi eventi. Trotta non fa sconti alla sua città natale. «Uno dei motivi per i quali non porto grossi eventi a Milano è

«Le aspettative sono elevatissime, ci saranno persone che verranno apposta dall’estero e proprio per questo cureremo maniacalmente ogni dettaglio» l’impossibilità di farli in luoghi adatti a concerti tanto grandi», spiega. «Non ne voglio più sapere di parcheggi adattati e di comitati di quartiere che protestano per il volume. Stiamo lavorando bene e a stretto contatto con il Comune di Imola, con i Vigili, la Questura, i commercianti e gli abitanti, per coinvolgere tutte le componenti che un evento del genere va a toccare. La collaborazione con le istituzioni è fondamentale quando ar-

rivano in città 90mila persone e si crea un indotto importante per tutta la comunità». Analizzando più in profondità la scelta dell’Autodromo, viene spontaneo domandarsi come sia stata impostata l’organizzazione di un luogo che non ospita grandi concerti da anni. «Abbiamo pensato ad almeno due aree frangiflutto con delle divisioni in platea, oltre a un pit davanti al palco molto grande da 10mila persone», assicura Trotta. «Sono anche previste un’area per i bambini e molte zone dedicate alla ristorazione. Stiamo lavorando per fare in modo che la visuale e l’audio siano ottimali in ogni settore: chi è sulla Collina della Rivazza deve godersi lo show tanto quanto chi è nel parterre. Per spiegare tutto abbiamo anche lanciato una app, che aggiorna tutti i partecipanti su temi come l’accoglienza, la ristorazione e la logistica». È tutto pronto insomma e, per chi non ha il biglietto per Imola, Trotta lascia aperta una speranza. «Avevamo chiesto agli AC/DC una data doppia a Imola, ma la band ha rifiutato. Mi auguro che nel 2016 prendano in considerazione l’ipotesi di tornare in Italia». onstage luglio - agosto 21


JUKEBOX

MIRACOLI & RIME Il rap, la chitarra, il nuovo album, il tour, Pino Daniele. Clamentino è un rapper sui generis. Basti pensare che per i suoi show si ispira al teatro. Testo di MARCO AGUSTONI

C

lementino incassa il successo immediato del suo ultimo disco Miracolo!, schizzato la prima settimana di uscita in cima alla classifica FIMI ("E dire che sono abituato ad arrivare sempre secondo!"), senza perdere tempo a gongolare. Tra giugno e agosto, infatti, lo aspettano le date del suo Miracolo! Tour, con cui porterà l'album in giro per i palchi d'Italia. Nella sua versione doppia, il disco contiene ben 28 tracce, tante per tempi come questi in cui si producono per lo più singoli o dischi di pochi brani. Ma la filosofia del rapper campano è chiara: non ha senso aspettare il prossimo disco quando ci sono già dei pezzi pronti. Meglio buttare fuori tutto e subito, lasciando che gli ascoltatori si gustino le canzoni come le puntate di una serie tv.

«Il teatro mi ha fornito il materiale per costruire la mia presenza scenica. Sul palco porto sempre il trittico messaggio-contenuto-intrattenimento» In ogni caso dal vivo non ci sarà spazio solo per il suo lavoro più recente: «Suonerò molti pezzi da Miracolo!, ma anche quelli più significativi del passato e medley di brani vecchi. Il mio problema è che mi piace fare contenti tutti, dai fan di vecchia data a quelli dell'ultima ora». E soprattutto non si tratterà di sola musica, perché Clementino, grazie anche alla sua formazione teatrale, sul palco è un vero e proprio showman. «Ci sarà molto intrattenimento dal vivo, io sono uno che coinvolge il pubblico. In concerto porto sempre sul palco il trittico messaggio–contenuto-intrattenimento. Per cui da Toxico, uno dei miei pezzi più scanzonati, fino a O' Vient, uno dei più seri, nei miei live c'è tutto un insieme di sfumature». Per un campione di freestyle come lui, l'improvvisazione ha un ruolo fondamentale. Del resto, durante l’artista partenopeo è abituato a stranezze come "sfidare" se stesso 22 onstage luglio

- agosto

a colpi di rime libere, «come se sul palco salissero due personaggi differenti: da una parte Clementino e dall'altra Iena White». Viste le numerose suggestioni musicali presenti in Miracolo! - dal funk al reggae, passando per la musica melodica - non stupirebbe vedere il musicista salire sul palco con tanto di band. Per ora, tuttavia, Clementino preferisce affidarsi alla già rodata combinazione mc più dj,

con il fidato Tayone: «In futuro chissà... A quel punto però dovrei presentarmi anch'io con la chitarra!». Momento culminante degli spettacoli del Miracolo! Tour sarà Da che parte stai?, brano registrato con Pino Daniele. Clementino non si sognerebbe mai di escluderlo dalla scaletta dei suoi conceti: «Quel brano è l'orgoglio della mia vita, deve essere la ciliegina sulla torta dei miei spettacoli».



JUKEBOX

HOTLIST

A PORTE CHIUSEIN L’ASTRONAVE CAMPAGNA Rivive il mito dei Pink Floyd in una mostra a Pompei, per rievocare uno dei concerti più iconici degli anni Settanta. Testo di FRANCESCA VUOTTO

I

l 4 luglio, nella sede del Comune di Pompei, apre i battenti la mostra a ingresso gratuito Live@Pompei. 250 scatti raccontano lo storico concerto tenuto dai Pink Floyd nel 1971 nell’anfiteatro romano del sito archeologico, dove due millenni prima si uccidevano i gladiatori. Un’esibizione senza spettatori, realizzata appositamente per il regista Adrian Maben, che la riprese e ripropose nel docufilm del quale l’esposizione porta il titolo. «Pompei mi ha dato tanto e con questa mostra è mia intenzione ridarle indietro qualcosa». Maben è l’autore delle foto, nonché il curatore della mostra, e forse nemmeno lui avrebbe mai pensato che un’idea balenatagli nella mente durante una vacanza in Italia avrebbe avuto così tanti risvolti. Colpito dalla bellezza delle rovine, pensò che valesse la pena farci suonare qualcuno e immortalare il tutto. Roger Waters e soci gli sembrarono perfetti e Maben riuscì nel suo intento, grazie anche ad alcune conoscenze all’Università di Napoli che lo aiutarono a ottenere la location. Quest’anno ha deciso che fosse arrivato il momento di far vedere al pubblico, per la prima volta, gli scatti rimasti gelosamente custoditi nei suoi archivi.

LE RADICI DEL RAP ITALIANO Esce Numero Zero, un documentario sulla storia del rap in Italia, con interviste ai grandi protagonisti del genere negli anni Novanta, da J-Ax a Fabri Fibra.

partito dalla convinzione che «S ono questo fenomeno si potesse e si do-

vesse storicizzare anche con un film documentario. La distanza temporale è tale da permettere di stabilire dei punti fermi». Risale al 2004 l’idea di Enrico Bisi, regista con la passione per il rap e l’hip hop, di un film sulla storia di questo genere negli anni Novanta in Italia. Il sogno si è realizzato quest’anno, quando ha terminato di montare le oltre 20 interviste ad artisti e personaggi che di questa storia sono protagonisti - Ice One, Neffa, Tormento, Big Fish, Fabri Fibra, Frankie Hi-

24 onstage luglio

- agosto

Nrg Mc, J-Ax, Albertino, Paola Zukar tra gli altri. Ora Bisi sente di poter dire che Numero Zero è «una sorta di tragedia in cinque atti», raccontata attraverso la voce narrante di una nuova leva, Ensi. «Per qualcuno sarà fonte di nuove conoscenze, per altri un tuffo nella gioventù, per altri una delusione. L’importante è che il pubblico scopra qualcosa in più su un movimento che nel nostro Paese ha avuto una declinazione unica». In attesa di vederlo nelle sale e in dvd nei prossimi mesi, Numero Zero sarà proiettato in anteprima al Circolo Magnolia di Segrate (Milano) il 13 luglio. [F.V.]

I 10 BRANI PIÙ ASCOLTATI IN REDAZIONE DURANTE LA LAVORAZIONE DI QUESTO NUMERO FLORENCE + THE MACHINE Ship To Wreck (How Big How Blue How Beautiful, 2015) MUSE REAPERS (Drones, 2015) THE ARCS STAY IN MY CORNER (Yours, Dreamily, 2015) DAVID BOWIE REBEL REBEL (Diamond Dogs, 1974) BRANDON FLOWERS STILL WANT YOU (The Desired Effect, 2015) KATHRYN WILLIAMS ELECTRIC (Hypoxia, 2015) ERLEND ØYE GAROTA (Legao, 2014) TREMONTI RADICAL CHANGE (Cauterize, 2015) RICHARD BENSON VI DOVETE SPAVENTARE (L’inferno dei vivi, 2015) JUDAS PRIEST EAT ME ALIVE (Defenders Of The Faith, 1984)


HOME SWEET HOME È arrivato alla sua sesta edizione Home Festival, kermesse trevigiana che si propone di portare in Italia la filosofia dei grandi eventi internazionali. A partire dall’accoglienza del pubblico. Testo di FRANCESCA VUOTTO - Foto di DAVIDE CARRER

U

n bosco di musica: Amedeo Lombardi, organizzatore dell’Home Festival di Treviso, nell’analizzare il passato e nel pensare al futuro, ricorre spesso a una metafora che appartiene al mondo vegetale. «Iniziare con gruppi locali, vedere aumentare nel tempo il numero di palchi, passare ad un cast nazionale (prima) e ad uno internazionale (poi), allungare la fascia oraria delle esibizioni, offrire un programma sempre più variegato è stato come vedere crescere una foresta, lenta e silenziosa. Anche se i nostri volumi sono elevati», mi racconta ripensando alle cinque edizioni alle spalle. Lui e il suo staff si trovano «all’inizio della fase due di un progetto il cui obiettivo finale è far diventare Home “il” festival, inteso come manifestazione che dà molti contenuti in pochi giorni». Insomma, di offrire al Paese un festival alla Glastonbury, Sziget, Rock Am Ring e via dicendo. Il paragone con il mondo vegetale torna a proposito del futuro. «Vogliamo regalare un luogo di incontro dal quale la gente esca arricchita da un’esperienza di vita con la musica come denominatore comune. Mi piace pensare che ognuna delle persone se ne torni a casa con un seme in tasca. Ciò che succederà a questo seme nel tempo lo vedremo fra un po’». Il solco lo hanno tracciato negli anni e sta diventando sempre più profondo e incisivo. A testimoniarlo ci sono le 62mila persone che hanno affollato la Zona Dogana nel 2014, nonostante per la prima volta avessero dovuto pagare un modico biglietto (rimasto tale anche quest’anno) per entrare. «Ci siamo dati del tempo nella consapevolezza che dovessimo abituare il pubblico a qualcosa di diverso», spiega Lombardi. «Il fatto che la kermesse non fosse tematica, che non avesse un solo palco, che proponesse tante attività in contemporanea all’inizio era una novità, mentre all’estero è prassi. Se avessimo proposto fin da subito un mega evento con tutte queste caratteristiche avremmo raccolto meno consensi, perché le persone non associano alla parola festival

una manifestazione così». Amedeo e i suoi hanno capito che il pubblico italiano andava preso per mano e accompagnato, non strattonato e piazzato al punto di arrivo. È così che sono riusciti ad instaurare un clima di fiducia. «La

«La nostra responsabilità inizia quando incolliamo il primo manifesto e finisce quando l’ultima persona è rincasata» gente compra il biglietto per Coachella o Glastonbury prima che siano annunciati gli artisti perché si fida degli organizzatori: sa a priori che la line up sarà stellare e, soprattutto, che andare lì non si ridurrà a quello. Perciò ci siamo detti “va bene il grande nome sul palco, ma pensiamo anche

al resto”». È qui che si capisce che la loro è una missione. «La nostra responsabilità inizia quando incolliamo il primo manifesto e finisce quando l’ultima persona è rincasata. Non possiamo prescindere dagli aspetti legati all’accoglienza». Su questo fronte c’è ancora molto da fare, a causa soprattutto degli immancabili bastoni tra le ruote messi dalla burocrazia. «L’anno scorso per ogni abitante della città ce n’era uno da noi. Significa che non abbiamo più una dimensione locale e che la voglia di eventi così c’è. Andiamo avanti, armati di pazienza e passione, disposti a rialzarci, e imparare, dopo ogni ostacolo». Per fermare i ragazzi dell’Home Festival ci vuole ben altro, sono già pronti a prendersi cura di ognuno dei tanti che arriverà da loro dal 3 al 6 settembre per vedere Interpol, Franz Ferdinand & Sparks, J-Ax, Paul Kalkbrenner, Negrita e Fedez. onstage luglio - agosto 25


JUKEBOX

FESTIVAL & RASSEGNE

CHITARRE DA MOSTRARE

LUGLIO/AGOSTO

Il Pistoia Blues Festival ospita, dal 17 al 24 luglio, il Fender Vintage Museum, che custodisce la più grande collezione al mondo di chitarre, bassi e amplificatori della storica marca. COLLISIONI FESTIVAL (BAROLO, CN)

Testo di FRANCESCA VUOTTO

18/07 PAOLO NUTINI - 19/07 J-AX +

L

a storia di Flavio Camorani e degli oltre 100 pezzi Fender che possiede, tra chitarre ed amplificatori, comincia a una cena qualche decina di anni fa. Lui, direttore di ristoranti e alberghi, ha una passione per la sei corde e ne possiede molte di diversi marchi, ma non è pienamente soddisfatto: imperfezioni e customizzazioni ne sporcano il suono. Gli amici gli suggeriscono di concentrarsi su una sola categoria e lui non ha dubbi su quale sarà. «Iniziai a liberarmi di tutto ciò che non fosse Fender super-originale. Il mio obiettivo diventò avere un’intera gamma di strumenti e amplificatori prodotti dal mitico Leo Fender», racconta sul suo sito. «Da allora stipendi e mance furono investiti per la costruzione di casa mia e l’acquisto di strumenti vintage, senza mai concedermi il lusso di vacanze o sfizi vari», prosegue. E così, dopo 25 anni di risparmi, nel 2004 arriva a possedere la più completa collezione al mondo di chitarre e bassi e amplificatori Fender, tutti rigorosamente costruiti tra il 1951 e il 1974, anno nel quale il celebre liutaio decise di vendere l’azienda.

I pezzi costituiscono oggi il Fender Vintage Museum e Flavio li porta in giro per il mondo, corredati di custodie originali e targhette identificatrici, esponendoli in ordine cronologico e filologico. È così che li potrete vedere in mostra al Teatro Bolognini di Pistoia dal 17 al 24 luglio, come parte del programma del Pistoia Blues Festival - che ospita Mumford&Sons, Counting Crows, Hozier, Santana e Sting, tra gli altri. Troverete tutti gli esemplari di Stratocaster (quella di Jimi Hendrix, Eric Clapton e Kurt Cobain) e Telecaster (la preferita di Keith Richards), Jazz Bass e Precision Bass, i più rinomati e di maggior valore, ma per Flavio non è solo una questione di prestigio. «Sono altrettanto importanti l’anima, il fascino e il suono di un mandolino elettrico del 1957, la silhouette futuristica di una piccola Swinger o la vernice sgranata di una Stratocaster Anniversary White 1979. Anche loro, insieme ai modelli più famosi, hanno scolpito i solchi dei vinili dal ’60 al ’90. Sono la vera essenza del vintage e producono note come nessun ampli o strumento di oggi».

FEDEZ - 20/07 MARK KNOPFLER

21/07 STING FERRARA SOTTO LE STELLE 15/07 VERDENA - 17/07 PAOLO NUTINI 19/07 THE JESUS & MARY CHAIN 21/07 GEORGE EZRA - 30/07 2CELLOS GOA-BOA (GENOVA) 06/07 FEDEZ - 07/07 FRANZ FERDINAND & SPARKS - 08/07 JIMMY CLIFF

09/07 CARAVAN PLACE - 11/07 BLUVERTIGO - 16/07 CARMEN CONSOLI

HYDROGEN FESTIVAL (PADOVA) 06/07 DAMIEN MARLEY - 08/07 NOEL GALLAGHER'S HIGH FLYING BIRDS -

14/07 STROMAE -.17/07 BEN HARPER & THE INNOCENT CRIMINALS - 18/07 MARK KNOPFLER - 25/07 ANASTACIA -

29/07 LENNY KRAVITZ PISTOIA BLUES (PISTOIA) 01/07 MUMFORD AND SONS - 03/07 COUNTING CROWS - 07/07 HOZIER

15/07 PASSENGER - 17/07 ITALIAN BLUES NIGHT - 18/07 THE DARKNESS

19/07 DREAM THEATER - 21/07 CARLOS SANTANA - 24/07 STING

SEXTO 'NPLUGGED (PORDENONE) 05/07 EINSTURZENDE NEUBAUTEN 06/07 ST. VINCENT - 13/07 BELLE AND SEBASTIAN - 16/07 PASSENGER -

25/07 ANNA CALVI SIREN FESTIVAL (VASTO, CH) 24/07 VERDENA, JON HOPKINS 25/07 JAMES BLAKE, THE PASTELS UNALTROFESTIVAL (MILANO) 07/07 OF MONSTERS AND MEN 08/07 HOZIER YPSIGROCK (CASTELBUONO, PA) 07/08 THE SONICS, BATTLES - 08/08 METRONOMY - 09/08 NOTWIST , FUTURE ISLANDS

26 onstage luglio

- agosto


Fare banca per bene.


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ONSTAGE PRIVATE SHOW

MARCO MENGONI TWIX COMPLEX OFF PACK MARK XX

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Zeina Hatem zeina.hatem@eu.effem.com

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IL CONCERTO PRIVATO DI MARCO PER LA FORTUNATA VINCITRICE DEL CONCORSO DI TWIX (e cinque sue amiche) Amanda Hopkin amandahopkin@jkr.co.uk +442074288000

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enerdì 29 maggio. Ore 19. Marco Mengoni arriva nella redazione di Onstage per un evento speciale: un concerto per sole sei persone, che hanno potuto godersi uno speciale set dell’artista a un metro dal palco, senza transenne o altre separazioni. Grazie a Twix Onstage Private Show, il contest promosso da Twix, Erika D., la fortunata fan vincitrice del concorso, ha assistitito allo strepitoso show di Mengoni insieme a cinque amiche su un divano rosso posizionato a pochi centimetri dal palco. Il cantante ha deciso di includere nella scaletta cinque canzoni: il concerto è iniziato con Guerriero, per poi proseguire con Un giorno qualunque, Se sei come sei, Esseri umani e arrivare alla grande chiusura con L’essenziale. L’evento è iniziato con l’arrivo della vincitrice nella redazione di Onstage, allestita per l’occasione per accogliere un concerto. Ma la festa è cominciata con l’ingresso di Marco che, dopo l’esibizione, si è anche divertito a firmare una dedica speciale per Erika e a posare con lei e le sue amiche in una speciale foto ricordo.

t www.twix.it


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Foto di Marco Antinori


FACE TO FACE

GIORGIO MORODER IL PADRINO DELLA DISCO MUSIC PUBBLICA IL PRIMO ALBUM IN 30 ANNI. L’USCITA DI DÉJÀ VU E IL TOUR COME DJ SONO L’OCCASIONE PER PARLARE DEL PASSATO E DEL PRESENTE DI MORODER. E DELLA DANCE. Testo di MARCO RIGAMONTI Foto di ANNA MARIA ZUNINO NOELLERT

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EV'ESSERE

STATA

UN'ESPERIENZA

PIUTTOSTO SCIOCCANTE PUBBLICA-

RE UN ALBUM DOPO 30 ANNI DI SILENZIO DI-

SCOGRAFICO. O NO? Non più di tanto, perché non ho mai abbandonato veramente la musica. L'unica reale differenza tra gli anni 70 e oggi è che un tempo si partiva da idee che in seguito venivano sviluppate insieme in studio, mentre oggi gran parte del lavoro avviene via internet. Per esempio Kylie Minogue ha registrato la voce a Londra, poi mi è stata mandata a Los Angeles, io l'ho inviata a un mio musicista in Germania, mentre nel frattempo un collaboratore finiva di sistemare i suoni in Inghilterra.

CI SI POTEVA ASPETTARE UN DISCO MARCATAMENTE ANNI 70, MA DÉJÀ VU SUONA MODERNO. Inizialmente volevo incidere un album dalle sonorità disco. Ma poi ho pensato che sarebbe stato difficile utilizzare i nuovi brani nei miei dj set, quindi mi serviva un sound attuale. A ben vedere non c'è tantissima differenza tra i suoni di 40 anni fa e quelli di oggi. Adesso sono più duri e la tecnologia li ha migliorati, ma il mondo sonoro è molto simile. Per esempio nel brano con Sia non ho incontrato nessuna difficoltà a inserire strumenti tipici della disco music, come gli archi e il Fender Rhodes, in un contesto moderno.

«Non credo ci siano le condizioni perché qualcuno possa fare una rivoluzione come quella che mi è stata attribuita con I Feel Love» MI ASPETTAVO UN FEATURING CON I DAFT PUNK, VISTO IL FAVORE CHE GLI HAI FATTO NEL

Sono loro che hanno fatto un favore a me: da quella collaborazione per me è cambiato tutto. Mi hanno fatto conoscere a generazioni che non sapevano LORO ULTIMO DISCO.

nemmeno il mio nome. Non me la sono sentita di chiedere loro un altro favore. INTRAVEDI UNA NUOVA DONNA SUMMER? A mio parere Kelis ci si avvicina molto. Oltre a essere bella, è brava a cantare e sa anche comporre musica e parole. Ha una voce forte e un carattere gentile: in studio non ho mai avuto problemi con lei, non ho mai dovuto darle indicazioni perché possiede un talento naturale e sa fare tutto da sola. E UN NUOVO MORODER C’È? Non

credo ci siano le condizioni perché qualcuno possa fare una rivoluzione come quella che mi è stata attribuita con I Feel Love. Però ti posso dire che secondo me Calvin Harris è un mezzo genio, e anche Zedd è proprio bravo. SEI LA DIMOSTRAZIONE CHE SI PUÒ INIZIARE

Mi avevano chiesto più volte di fare il dj, ma io non l'avevo mai considerato. Rispondevo cose tipo: «Sono un produttore famoso, i dischi li faccio, non mi abbasserei mai a metterli!». Fino a poco tempo fa il dj metteva la musica ai matrimoni, non era la superstar di oggi. Poi un mio amico mi ha convinto a sonorizzare una sfilata e poco dopo ho accettato di mettere i dischi a un evento: così ho cominciato a rendermi conto di quanto fosse interessante quel mestiere. Il featuring con i Daft Punk mi ha dato la spinta psicologica definitiva, ed eccomi qui: una superstar che si diletta a fare il dj davanti a folle di migliaia di persone. E pensare che negli anni Settanta in discoteca ci andavo solo per chiedere a un amico dj di testare i miei pezzi!

UNA CARRIERA DA DJ ANCHE A 70 ANNI.

È VERO, COME SI DICE, CHE STAVI PER MOLLARE LA MUSICA GIÀ NEGLI ANNI '80? A

un certo punto della mia carriera mi sono detto: ho avuto successo nella musica, perché non provo a fare altro? Avendo studiato arte, la prima cosa che mi è venuta naturale fare è stata creare delle opere: quadri al neon. Poi Jerry Bruckheimer mi ha riportato nel mondo reale, chiedendomi di scrivere la colonna sonora di Flashdance. Ma non ho perso il vizio e mi sono messo a fare un sacco di altre cose. Tipo costruire automobili, fare cortometraggi, sfogare la mia vena artistica utilizzando il computer. E poi mi sono dato al golf e alle parole crociate, rigorosamente in italiano. 30 onstage luglio

- agosto


In collaborazione con

www.midnightfactory.it

/midnightfactoryIT


FACE TO FACE

GUÉ PEQUENO UNA SVOLTA PER IL RAP ITALIANO, CHE DEVE RECUPERARE LA «STRADA» E PRENDERE LE DISTANZE DA UN CERTO TIPO DI HIP-HOP. È QUESTA L’AMBIZIONE DI GUÈ CON IL NUOVO ALBUM VERO. Testo di MARCO AGUSTONI

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ERO È IL PRIMO ALBUM ITALIANO A USCI-

È un riconoscimento importante. Anche perché la mia formazione mentale è decisamente anni '90 e la Def Jam di Rick Rubin è stata un'etichetta fondamentale nella mia adolescenza. RE PER DEF JAM: ORGOGLIOSO?

Spero che questo sia l'inizio di qualcosa di più grosso per l'Italia. In Francia c'è Def Jam France e l'hip hop è tenuto più in considerazione.

TI SENTI UN APRIPISTA?

TI SEI REGALATO QUALCHE COLLABORAZIONE INTERNAZIONALE, MA I FEATURING SONO

Lavorare con Akon, per Interstellar, è stato grandioso. E poi c'è anche Joke, uno dei miei mc francesi preferiti, in Tu non sai. Nel corso della mia carriera ho collaborato con cani e porci, e mi sono un po' stufato dei featuring. Un disco lo devi apprezzare per l'artista principale, non perché è pieno di ospiti. POCHI.

«In Italia l'hip hop è diventato una musica per bambini. Per questo ho sentito il bisogno di chiarire cosa sia il rap»

SE TANTI PERSONAGGI OGGI HANNO VISIBILITÀ È ANCHE PER MERITO O PER COLPA DEI CLUB DOGO: VERO È IL TUO MODO DI SISTEMARE LE COSE? Non mi sento responsabile di niente, non mi sento un guru e nemmeno mi interessa. Sono distaccato dalla scena rap italiana. Mi interessa fare musica che spacca. Mi interessa avere gli occhi puntati su di me, far parlare la gente, questo sì. C'È UN GAP GENERAZIONALE NEL PUBBLICO?

Sì, molti ragazzini non sanno nemmeno di cosa parlano, magari fanno anche i puristi, ma in un modo un po' ridicolo. Poi ci sta avere tra i propri ascoltatori anche i teenager o, per citare uno dei pezzi del disco, le “bambine che piangono”. Ma fortunatamente non ho solo quelli. PENSI CHE I RAPPER GIOVANI ABBIANO UNA PROSPETTIVA STORICA DELL'HIP HOP ITALIA-

NEL SINGOLO SQUALO DICI “RIPORTIAMO QUETI SEI FATTO UN'IDEA SUL PERCHÉ TI ABBIANO

STA ROBA IN STRADA DOVE È NATA”: L'HIP HOP

SCELTO? Non sono stato proprio scelto. È più il coronamento di un rapporto costruito nel tempo. In ogni caso credo che sia stato premiato il fatto che ho sempre portato avanti lavori di una certa qualità. Sono stato lungimirante: l'Italia mi è sempre stata un po' stretta e negli anni ho cercato di fare dischi più internazionali.

ITALIANO È INTRAPPOLATO NELLE CLASSIFICHE? Da noi l'hip hop è diventato una musica per bambini. C'è stato un affiorare di teen idol che è un po' fuori contesto. Per questo ho voluto fare un disco più duro, per mettere in chiaro cosa sia il rap. Spesso mi criticano, ma penso di essere molto più hip hop di tanti altri che passano il tempo a giudicarmi.

NO? Non te lo saprei dire. Però so che molti giovani vedono in me, in Marracash e in pochissimi altri delle figure di riferimento e non caghino tutto il resto. E questo per me è un segnale forte. PRESENTANDO IL SUO ULTIMO DISCO MARRACASH HA FATTO UNA DISTINZIONE TRA HIP HOP E “HIP HOP POP”. SEI D’ACCORDO CON LUI?

Marra ha ragione quando dice che non può essere accomunato a certi artisti. Ma non la vedo neanche come una polemica, è semplicemente giusto così. Senza girarci tanto attorno: i vari Fedez e compagnia non fanno hip hop, fanno qualcos'altro. Ma non mi sento di criticarlo. TORNANDO ALL'ALBUM, IN VERO ATTRAVERSI MOLTI STILI DIFFERENTI: IN QUESTE TUE ESPLORAZIONI HAI TROVATO UNA DIREZIONE PER IL FUTURO? Con Vero penso di avere fatto qualcosa di interessante: ho cambiato tanti stili, ma al contempo ho sempre mantenuto una mia impronta ben riconoscibile. Ho registrato un disco con suoni più internazionali, ma senza copiare nessuno. Questa è la mia direzione. STAI PENSANDO A QUALCOSA DI PARTICOLARE

Quest'estate farò qualche incontro promozionale, mentre con i concerti veri e propri comincio a gennaio. Sto lavorando già ai visual con un artista e al mio fianco avrò un dj campione di turntablism. PER I PROSSIMI LIVE?

32 onstage luglio

- agosto



As It Is

ZERO MENATE

34 onstage luglio

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DC SHOES presenta ONSTAGE PULSE!

Prosegue l’iniziativa di Onstage Magazine: grazie alla collaborazione con DC Shoes, brand innovatore nel campo dello streetwear, vi proponiamo i migliori talenti del panorama internazionale. Onstage Pulse! si occupa in questo numero di una delle rivelazioni dell’anno in corso: gli As It Is sono la prima band britannica ad aver firmato un contratto con la celebre Fearless Records – istituzione statunitense in ambito punk e alternative – che ha portato alla pubblicazione del disco d’esordio Never Happy, Ever After. Con il frontman Patty Walters abbiamo parlato della filosofia del gruppo. Testo di LUCA GARRÒ

Rete o no, essere la prima band inglese ad ottenere un contratto dalla Fearless ha aumentato il vostro hype non di poco… Puoi dirlo forte! Tutto è nato quando ci siamo messi a cercare un’etichetta per il nostro primo album. Avevamo prodotto un EP, ma onestamente si trattava di una cosa ancora molto poco professionale sotto tanti punti di vista: quattro brani registrati in cinque giorni, con una produzione che oggi, alla luce del nostro disco di debutto, cambierei completamente. A quell’EP dobbiamo co-

munque tutto, perché è proprio quello che il nostro manager ha fatto sentire alla Fearless. Sentiamo una responsabilità enorme per il fatto di essere i primi inglesi ad avere firmato un contratto con loro e credo si sia trasformata in un album senza momenti deboli, che unisce perfettamente entrambe le nostre anime, sia quelle musicali che di scrittura. Scanzonati e d’impatto, ma con più chiavi di lettura.

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Troppi gruppi si considerano sempre artisti e mai intrattenitori. Per noi invece se un tizio ci segue vuol dire che gli abbiamo lasciato qualcosa e non può essere in nessun caso un problema

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ome nelle migliori favole dei nostri tempi, il vostro successo nasce da YouTube e dai video con i quali avete creato una fan base prima di avere un album pronto. Immagino che percepiate Internet solo come una grande opportunità. Diciamo che siamo tra quelli che considerano la Rete solo in termini di vantaggio puro, senza alcun tipo di accezione negativa. Siamo consapevoli del fatto che la possibilità di esporsi con estrema facilità non sia di per sé una fortuna, visto che questa cosa aumenta anche la concorrenza. Credo che ci siano altre realtà come la nostra in Rete, ma di sicuro so che ne esistono moltissime di peggiori che non fanno che intasare il web e rallentare la strada a band valide. Poi ci vuole anche fortuna, per l’amor di Dio, ma non credo sia sufficiente, altrimenti non esisterebbe tutta quella carrellata di personaggi nati e morti nel giro di pochi mesi. Dire che Internet abbia distrutto tutto talvolta mi sembra una grande scusa per non ammettere gli errori e non parlo degli artisti, ma di chi sta dietro. Ad ogni modo sono convinto che forse alcune delle cose migliori degli anni Duemila siano rimaste sepolte in quel mare magnum e nessuno verrà mai a scoprirle.

In effetti, a dispetto del titolo, musicalmente le vostre canzoni trasmettono tutto tranne che infelicità. Hai ragione, quello che viene definito per convenzione Pop Punk ha caratteristiche tali da indurre immediatamente gioia nell’ascoltatore, voglia di muoversi e sentimenti comunque riconducibili a un mood positivo. Tuttavia, sai bene che non sempre le sonorità si sposano con quello che dicono le liriche: se però nei paesi anglofoni il messaggio è immediato, nei paesi che non lo sono spesso il passaggio non avviene o comunque è più macchinoso. Vero è anche che ormai chiunque dispone dei mezzi per capire i messaggi di una canzone, basta averne voglia. E credo ci siano davvero pochissime persone a non conoscere l’inglese, almeno di base. Come ti

dicevo prima, la nostra musica offre diverse chiavi di lettura ed è comunque bello che ognuno ne tragga ciò che gli serve. Quindi non vi preoccupate troppo che il pubblico recepisca i vostri messaggi. O no? Diciamo che tendiamo a non farci troppe menate, che molti gruppi invece si fanno perché pensano troppo agli anni Novanta e si considerano sempre artisti e mai intrattenitori. Ti confesso che tengo molto ai messaggi delle mie canzoni, così come sono contento di sentire persone che dicono di rispecchiarsi dentro di esse, ma non ho problemi quando mi trovo qualcuno davanti che sbaglia il testo di un brano o cose di questo tipo. Preferisco guardare la cosa da un altro punto di vista: se vieni a vederci vuol dire che ti lasciamo qualcosa, qualsiasi cosam e questo non può essere visto in nessun caso come un fatto negativo. Possiamo dire che il vostro Ep d’esordio fosse più punk e Never Happy, Ever After più pop? Mi stai provocando vero (ride, ndr)? Per certi versi sono assolutamente d’accordo con te, anche se so che la tua domanda è posta in tono semi-ironico. Sicuramente dal punto di vista della preparazione e delle finanze, il primo rispetta fedelmente i classici canoni del do-it. yourself: registrato in pochi giorni, una sola take e tanta birra. Inoltre, senza un soldo (ride, ndr). Devi capire però che quel tipo di attitudine non te la inventi e soprattutto non la perdi nel tempo, nonostante tu possa disporre di mezzi in più o di più tempo per registrare. In questo senso vedo quindi una continuità assoluta tra i due dischi, perché quello che sei dentro puoi provare a mascherarlo, ma uscirà sempre. E noi non vogliamo nemmeno provarci.

onstage luglio - agosto 35



Open Air Theater

UN’EREDITÀ POSSIBILE Milano è il centro della musica in Italia ma ha storicamente una lacuna: una location per concerti estivi, all’aperto, con una capienza di 10mila persone. Ora, grazie a Expo, è stato costruito un impianto perfetto per i live. Ma il suo destino non è ancora certo (e proprio per questo Onstage lancia una petizione). Testo di GIANLUCA MAGGIACOMO - Foto di FRANCESCO PRANDONI

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xpo 2015 potrebbe regalare un nuovo teatro alla città di Milano. L’Esposizione Universale, che è stata inaugurata il 1° maggio e terminerà il prossimo 31 ottobre, ha tutte le condizioni per trasformarsi in un’occasione per il capoluogo lombardo di dotarsi di un ulteriore spazio per concerti e eventi live. Un nuovo impianto da poter sfruttare soprattutto nel periodo estivo. L’opera in questione è l’Open Air Theater, un’arena all’aperto costruita proprio tra i 145 padiglioni di Expo. In questi mesi

di Esposizione il teatro ospita Le Cirque du Soleil (ultima esibizione il 30 agosto). Domani, probabilmente, diventerà un nuovo centro d’attrazione per spettacoli dal vivo di vario genere. Il condizionale, però, è ancora d’obbligo. Soprattutto perché non si sa ancora cosa sorgerà nell’attuale zona Expo una volta che l’evento sarà terminato. Il dibattito, che finora ha coinvolto soprattutto gli enti locali, è ancora aperto. All’area si sono interessati in tanti. Si tratta di un milione di metri quadrati di terreni, pari a 140 campi

da calcio, compresi tra i comuni di Milano e Rho, non lontano dalla nuova Fiera che sorge a sud della città. Molte sono state le proposte ventilate su cosa voler fare in quella vasta porzione di terra. Si sono fatti avanti sia soggetti pubblici, come l’Università Statale, che privati, ma una decisione è ancora lontana dall’esser presa. Per questo Onstage ha deciso di lanciare una petizione online (bit.ly/SaveOpenAirTheater) per informare e sensibilizzare l’opinione pubblica e i fruitori di concerti: è importante che i cittadini e il mondo della musica facciano sentire la


propria voce, esercitando una pressione positiva sulle istituzioni. Open Air Theater deve essere protetto e lasciato alla città qualunque sia la destinazione finale dei terreni dell’Esposizione Universale. La partita sul post-Expo sembra essere diventata ancora più grande dell’evento stesso. Un tema affascinante e complicato. All’interno del quale si inserisce anche il futuro dell’Open Air Theater. Secondo Filippo Del Corno, assessore alla cultura del Comune di Milano, però, «è sbagliato focalizzare l’attenzione solo su quell’impianto. Certo è un tema importante. Ma in gioco c’è molto di più. La vera questione è cosa la città vorrà fare della zona Expo a partire dal prossimo

anno. È un punto cruciale, questo. Perché rappresenta la sfida più rilevante in vista del 2016». Di sicuro, se il teatro costruito in occasione di Expo resterà alla città e verrà sfruttato per le sue potenzialità, si andrebbe a colmare una carenza che a Milano si avverte da anni. È da tempo che chi lavora in ambito musicale si lamenta della mancanza di uno spazio all’aperto in grado di ospitare eventi per un pubblico di medie dimensioni. Non una struttura alternativa allo stadio San Siro, adatto per grandi concerti. Ma un impianto complementare a esso. A Milano, città dove gli eventi live, secondo i dati della Camera di Commercio, muovono un giro d’affari pari a

3,6 miliardi l’anno, quasi la metà dell’intero business nazionale, un’area del genere manca. Per questa ragione non sono pochi, dalle istituzioni agli operatori del settore, coloro che auspicano che l’Expo possa essere l’occasione per sopperire a tale assenza. Secondo Roberto De Luca, patron di Live Nation, «se l’Open Air Theater fosse incluso nel territorio urbano anche in futuro, sarebbe una cosa molto positiva, che consentirebbe a Milano di avvicinarsi un po’ di più agli standard di altre città europee. Non dovesse esser così sarebbe un peccato e un’occasione sprecata».

CHIAVI IN MANO Sì, perché l’Open Air Theater ha tutte le


carte per soddisfare le esigenze di una città da sempre meta di concerti, anche nel periodo estivo. È un’arena polifunzionale, che può contenere circa 11mila persone, 7mila delle quali con posti a sedere. Il palco è l’unica area coperta grazie a un tetto formato da un reticolo di tubi in ferro e da pannelli fotovoltaici, posti in cima, che forniscono energia all’intera struttura. Il costo? Expo, interpellato in materia, non ha fornito alcuna risposta. A progettarlo è stato Pietro Valle, architetto udinese il cui studio ha messo la firma, tra gli altri, sull’Olympia di Parigi e sul teatro comunale di Vicenza. «Sin dall’inizio noi abbiamo lavorato su una pianificazione preliminare che ci ha fornito Expo,

ma poi l’abbiamo modificata», spiega Valle. «L’Open Air Theater, così come appare oggi, è un impianto adatto per tutti gli eventi che non siano puramente acustici, ma che hanno bisogno di amplificazione. Al suo interno si possono tenere concerti rock, musical, balletti e rappresentazioni teatrali, solo per fare qualche esempio. In più, essendoci la possibilità di montare più palcoscenici, si possono ospitare anche le orchestre». Insomma, si tratta una struttura flessibile, «così pensata per andare incontro alle richieste di Expo». Una caratteristica, la duttilità, che potrebbe sicuramente tornar utile anche per un eventuale utilizzo post Esposizione Universale. Dal punto di vista architettonico, invece,

l’Open Air Theater è una struttura incassata nel terreno, a circa cinque metri dalla superficie circostante: «Abbiamo optato per questa soluzione per venire incontro al pubblico. All’interno del teatro c’è un ambiente intimo, raccolto, dove lo spettatore, quando è seduto a godersi il suo concerto o la sua rappresentazione, si sente avvolto e coinvolto in ciò cui sta assistendo». Ma al di là dei meri aspetti tecnici, una delle potenzialità della struttura, è la sua logistica. L’Open Air Theater sorge fuori Milano, è circondato da molti parcheggi ed è servito da metropolitana e treni. «Questo significa che, dopo l’Esposizione Universale, ha tutto per diventare un centro d’attrazione per vari tipi di eventi


live», dice Valle. Anche se un futuro utilizzo del teatro dovrebbe passare attraverso ulteriori lavori. Interventi minimi ma necessari. «L’arena ha bisogno di una schermata per allontanare i suoni esterni (a pochi metri c’è la ferrovia della tratta Milano-Torino, ndr). E poi va isolata per renderla fruibile per eventi a pagamento. Bisogna, cioè, separare lo spazio per il pubblico da tutto ciò che c’è intorno, cosa che adesso è poco evidente», conclude l’architetto.

FUTURO INCERTO Ogni decisione sull’Open Air Theater, e non solo, dovrà esser presa dagli enti locali. I soggetti principali chiamati in causa saranno il

Comune, la Regione e Arexpo, la società per azioni che ha reperito i terreni dove oggi sorge l’Esposizione e che, in questo momento, sta cercando di raccogliere e valutare i progetti per il futuro dell’area. I presupposti per valorizzare anche in futuro uno spazio che può ospitare oltre 10mila spettatori ci sono. Ciò che manca, a quanto pare, è la certezza al cento per cento che ciò avvenga. Almeno, questo è quel che traspare dalle parole delle istituzioni. Posizioni spesso simili, ma con sfumature che fanno capire quanto ancora il dibattito sia aperto. Secondo Lorenzo Pallotta, Architectural and Urban Senior Designer di Arexpo, la società partecipata da Regione Lombardia, Comune di Milano, Fondazione

Fiera di Milano, Città metropolitana e Comune di Rho, «i lavori per l’Esposizione sono stati impostati basandosi sulla reversibilità di poche strutture, come la Cascina Triulza, un vecchio edificio che è stato restaurato, il Padiglione Italia e l’Open Air Theater. Anche perché, allora come oggi, eravamo all’oscuro sui progetti del post-Expo e non potevamo fare scelte definitive». Dal punto di vista di Arexpo, quindi, il piano di ciò che resterà dopo l’evento è chiaro e si raccoglie intorno alle tre strutture. Di più. «Opere come il padiglione Italia e il teatro hanno già avuto l’autorizzazione da parte degli enti pubblici a restare al loro posto anche in futuro. Per questo motivo noi, quando esamineremo i progetti di


intervento futuro sull’area dell’Esposizione, tenderemo a privilegiare quelli che sapranno maggiormente valorizzare le strutture esistenti», conclude Pallotta. Più sfumata e articolata è invece la posizione della politica che, seppur in parte, non coincide con quella di Arexpo. Le istituzioni mostrano una totale predisposizione a conservare l’Open Air Theater e a sfruttarlo anche in futuro, ma nessuno si sbilancia. Secondo Cristina Cappellini, assessore alla cultura di Regione Lombardia, «ha senso mantenere il teatro così com’è, ma a patto che lo si leghi alla valorizzazione dell’intera area. In caso contrario», ammonisce, «ci sarebbe il rischio di trovarsi con un’opera del genere, votata allo spettacolo e all’intrattenimento,

piantata in mezzo al nulla o in un contesto estraneo: non proprio il massimo. Detto ciò, credo che l’Open Air Theater resterà lì dov’è e sarà parte della città al 99 per cento». Insomma, per capire se Milano avrà un nuovo spazio per organizzare eventi live si deve guardare a tutto ciò che c’è intorno. «Il confronto sul post-Esposizione nel corso del tempo ha avuto frenate ed accelerate improvvise», argomenta l’assessore lombardo. «Ora sembra che il dibattito si sia intensificato e tutti gli attori in campo stanno convergendo sull’idea di creare in quell’area un campus universitario. Dovesse andare in porto questa ipotesi, come sembra possibile, sarebbe anche una buona notizia per il teatro, che si incastrerebbe alla

perfezione nel contesto». Non solo. Cappellini si spinge anche oltre: «L’Open Air Theater ha tutte le carte per diventare un punto di riferimento in ambito musicale per la città di Milano e per l’intera regione». Una posizione che si lega a quella già espressa dal Comune con Del Corno, che associa il futuro della struttura alla risposta del pubblico nei mesi di Expo. «Una scelta definitiva potrà esser presa solo dopo aver valutato i risultati in termini di numeri e presenze che si registreranno nelle giornate che ci sono da qui alla fine di ottobre». Insomma, c’è ancora da parlare, accordarsi e decidere. Anche se il tempo stringe e il post-Expo è già cominciato. Firmate la petizione, è importante. l


Tiziano Ferro

L’ESPERIENZA DEL DEBUTTANTE È cominciato il 20 giugno da Torino il tour negli stadi di Tiziano Ferro. Una nuova esperienza, assaporata per oltre un anno, che si consumerà nell’arco di due settimane, fino al concerto di Verona dell’8 luglio. Poco prima di cominciare, l’artista di Latina ci ha parlato di come ha preparato lo spettacolo e di quale concerto vedranno le tantissime persone che parteciperanno a questa sua “prima volta”. Un debutto affascinante, perché affrontato con l’esperienza di una carriera che ormai ha superato i 10 anni. Testo di DANIELE SALOMONE - Foto di MARIANO VIVANCO


onstage maggio - giugno 39


«È

importante che la squadra sia composta da grandi persone oltre che grandi musicisti, perché la chimica in una band è tutto». Mancano un paio di settimane all’esordio. Tiziano sta ultimando le prove (in studio) con la band e non trattiene l’entusiasmo. «Tim Stewart viene dal tour con Lady Gaga. È un grande professionista, un chitarrista dal tocco magico, e l’intesa con lui è totale. Speravo che trovassimo subito un linguaggio comune e ci siamo riusciti. Tra i nuovi c’è anche il batterista Aaron Spears, lo seguivo da tempo ma solo dopo l’ultimo tour con Usher sono riuscito a conoscerlo: l’ho scongiurato di suonare con me e per fortuna ha accettato! Un’altra new entry è Nicola Peruch, organo, tastiere e piano, ottimo musicista e bravissimo ragazzo. E poi figure per me storiche come Davide Tagliapietra, che con la sua chitarra mi accompagna fin dal primissimo provino. Luca Scarpa alle tastiere, irrinunciabile. E Reggie Hamilton, uno dei migliori bassisti del mondo e un amico che fa del bene a tutti a livello umano oltre che musicale». Mettiamo subito le cose in chiaro, sembra dirmi Tiziano. Ci sono gli stadi, ok, ma la musica resta musica anche dentro queste strutture enormi. E per fare grande musica servono grandi musicisti. Elementare, ma non scontato. Tanti artisti per entrare in certi spazi scelgono strade radicalmente diverse. Il tour 2015 è un nuovo debutto per il 35enne Tiziano Ferro, una nuova prima volta. Curiosità, consapevolezza, un pizzico di giustificata paura, gioia. Le emozioni che si avvertono chiaramente nelle parole di Tiziano raccontano di un artista che dopo quasi 15 anni di carriera sta affrontando un tour con l’adrenalina dell’esordio e la serenità dovuta all’esperienza. Non credo ci siano condizioni migliori per salire su un palco. FINO ALLO SCORSO AUTUNNO DICEVI CHE GLI STADI TI “SPAVENTAVANO” E CHE SOLO LA CONSAPEVOLEZZA DI DOVER FARE IL TUO SPETTACOLO, I TUOI STADI, DIVERSI DA TUTTI GLI ALTRI, TI DAVA LA SICUREZZA NECESSARIA PER AFFRONTARLI. COME SARANNO GLI STADI

Credo che quando le cose si fanno complicate, bisogna cercare risposte nella verità, e quindi nella semplicità. E questa è una di quelle situazioni. Non essendo un artista rock, il mio è uno spettacolo di canzoni. E quindi ho pensato di fare quello

che so fare meglio, cioè cantare delle belle canzoni, senza inventare nulla. Ci sono 15 anni di singoli che il pubblico ama - del resto sono loro ad avermi portato fino a qui - e c’è il mio entusiasmo. Piuttosto che inventarmi chissà cosa ho preferito assemblare una band di altissima qualità, composta di grandi professionisti che sono capaci di raggiungere il massimo livello possibile per la mia musica. È uno spettacolo molto suonato, con una grande interazione tra me e il gruppo e molta meno elettronica rispetto al passato.

«Piuttosto che inventarmi chissà cosa ho preferito assemblare una band di grande qualità, composta di professionisti capaci di raggiungere il massimo livello possibile per la mia musica»

IMMAGINO CHE IL PALCO ASSECONDI QUESTA IDEA.

Devo essere sincero: mi sono sempre fidato dei professionisti con i quali collaboro e ho sempre lasciato che fossero loro a proporre un progetto. È andata così anche per il tour 2015. Solo che di solito ci sono dei passaggi prima di arrivare al disegno definitivo del palco e delle luci. Questa volta no: Claudio Cantucci, creativo di Giò Forma, ha presentato un concept che mi è piaciuto fin dal principio, sia per la gestione degli spazi che per la disposizione degli schermi. Senza che gli avessi detto nulla, il disegno andava incontro ai due obiettivi che avevo in testa: innanzitutto far vedere bene lo show anche al più lontano degli spettatori - che poi è l’esigenza che sento io quando a vado a vedere un concerto. Ci sono metri quadrati su metri quadrati di schermi ad altissima definizione e visual di grande gusto. Ma senza esagerazione. Tutto volevo tranne che un baraccone, non mi si addice. E questo era l’altro obiettivo: una struttura grande, da stadio, ma sobria, con linee pulite, che non distolga l’attenzione dalla musica, che deve restare il centro di tutto.

DI TIZIANO FERRO?

44 onstage luglio

- agosto

MI SEMBRA DI CAPIRE CHE TU ABBIA DATO LA PRIORITÀ ALL’ESIGENZA DI SENTIRTI A TUO AGIO IN UNO SPAZIO CHE CONOSCI POCO PIUTTOSTO CHE ALLA RESA SPETTACOLARE DELLO SHOW.

Un artista deve necessaria-


onstage maggio - giugno 41


FILOTTO Sono otto in totale i concerti di Tiziano Ferro negli stadi italiani. L’Olimpico di Torino (20 giugno), il Franchi di Firenze (23 giugno), due volte l’Olimpico di Roma (26 e 27 giugno), il Dall’Ara di Bologna (1 luglio), due volte San Siro (4 e 5 luglio), il Bentegodi di Verona (8 luglio).

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mente sentirsi a proprio agio nell’affrontare un’esperienza del genere. Specialmente se, come nel mio caso, si tratta della prima volta. Affrontare un esordio da giovanissimo è più semplice perché hai dalla tua l’incoscienza e la sfacciataggine dell’età. A 35 anni lo fai con un'altra testa, hai bisogno di maggiori certezze. Sono riuscito a trovare un giusto bilanciamento. Come ti dicevo, siamo partiti dalla “famiglia”, cioè dalla band. Dopodiché abbiamo lavorato anche su situazioni altamente spettacolari che mi fanno sentire “scomodo” ma mi divertono ed eccitano così tanto che la scomodità non mi pesa. Momenti nei quali sacrifico qualcosa del canto, ma lo faccio volentieri perché quello che accade è qualcosa che gratifica me e lo spettatore ugualmente.

«Non ho paura di avere paura. Non mi spaventa l’idea di sbagliare o di mostrare le mie fragilità, e penso che molta gente si sia avvicinata alle mie canzoni proprio per questo»

DICI CHE IL FOCUS È SULLE CANZONI: COME

Ti dico una cosa molto chiara, che non può essere travisata: la scaletta è composta dai singoli che ho estratto dai miei dischi. Tutti, e solo loro. Che poi è il tipo di show che vorrei vedere io quando vado ai concerti dei miei idoli. Il vantaggio di un tour che segue una raccolta sta proprio nel potersi permettere questa soluzione. È una scaletta “a prova di lamentela”, perché non ne manca uno dei miei pezzi più famosi. Naturalmente, per questioni di tempi, ho escluso duetti e collaborazioni esterni ai miei album. HAI SCELTO LA SCALETTA?

DIMMI CHE NON LI SUONERAI IN ORDINE CRO-

Certo che no! Non avrebbe senso. Il concerto è un piccolo viaggio durante il quale l’artista accompagna l’ascoltare, che ha voglia di fare con lui quel viaggio. Per questo è giusto pensare alla scaletta come a un percorso di salite, discese, pause... Mi piace molto studiare l’ordine delle canzoni di un concerto. Sono un feticista delle scalette, le adoro! Le farei anche per gli artisti che mi NOLOGICO.

piacciono (ride, ndr). UNA PARTE DEL PUBBLICO SARÀ MOLTO PIÙ LONTANO RISPETTO AL SOLITO. MA NON È DETTO CHE L’EMPATIA NE SOFFRA, ANZI CHI FA GLI STADI ABITUALMENTE SOSTIENE CHE L’ENERGIA SPRIGIONATA DA TUTTA QUELLA GENTE RISCHIA ADDIRITTURA DI TRAVOLGERE

Ho solo un’esperienza alle spalle, all’Olimpico nel 2012, che è stata rivelatrice. Quella sera, mi sono accorto che lo stadio impone un altro modo di parlare alle persone, di comunicare. È lo stesso shock che ho vissuto quando sono passato dai club ai palazzetti: posso dire di essermi abituato a quella dimensione solo durante l’ultimo tour… ed era il terzo o il quarto! Finalmente avevo preso le misure spazio-emotive e me la godevo. Con gli stadi ricomincio da capo, non so che cosa accadrà, è l’incognita che mi tiene sveglio queste notti. Perché non la posso controllare, non la posso pre-gestire. So solo che non è la stessa cosa, perché spazi diversi hanno diversi modi di mettere in relazione le persone che in quegli spazi si muovono. CHI STA SUL PALCO. CHE NE PENSI?

PAURA. È UNA PAROLA CHE RICORRE SPESSO NELLE TUE INTERVISTE. HAI PAURA DEGLI

All’inizio della mia carriera ho capito una cosa: dovevo abbandonare l’idea di rispondere a canoni che la musica mi sembrava imporre. Come per esempio essere sicuri, sempre fighi e a proprio agio in ogni situazione, capaci di avere relazioni perfette con i discografici e i fan. Non ci sono mai riuscito, per fortuna aggiungo, e quindi mi sono abbandonato all’opposto. Quando ho iniziato, tra la fine degli anni Novanta e l’inizio dei Duemila, tutto era pop e colorato ma ho avuto la forza di ricordare alla gente che esistono anche quelli deboli, quelli fragili e quelli che parlano di queste persone, ne cantano le gesta e non se ne vergognano. Questo approccio è diventato il mio punto di forza, perché accettare significa vincere. È un concetto che ho portato ancora più in alto con me stesso su altri fronti, ma vale anche a livello artistico. Non ho paura di avere paura. Non mi spaventa l’idea di sbagliare o di mostrare le mie fragilità, e penso che molta gente si sia avvicinata alle mie canzoni proprio per questo. Mi rendo conto di non essere perfetto e patinato come tanti cantanti pop, ma forse io sono qui a fare un altro lavoro rispetto a loro. Io sono quello che canta con l’anima. STADI?

onstage luglio - agosto 47


SI DICE CHE NON TI PIACCIA PIÙ DI TANTO STARE SUL PALCO. IN EFFETTI PENSANDO CHE IL TUO ULTIMO CONCERTO RISALE AL 2012 CI SI POTREBBE QUASI CREDERE.

I miei artisti di riferimento sono John Lennon e Lucio Battisti. Artisti da studio, che amavano scrivere, artisti riservati. Evidentemente mi sono riconosciuto in loro. Non posso nascondere che la mia attitudine umana sia quella della persona solitaria. Sono uno solitario nella vita, non esco molto, non ho molti amici, e di conseguenza automaticamente a livello artistico questa mia attitudine si proietta in un atteggiamento riservato. Un concerto per me non può diventare un ripetersi meccanico: salire sul palco significa mettere in gioco la propria anima. E non riesco a farlo alla leggera, per me è faticosissimo. Il palco mi sfinisce emotivamente, vengo talmente svuotato dall’esperienza dal vivo che non posso riproporla frequentemente. COSA PENSI DI QUEI TUOI COLLEGHI CHE INVECE SEMBRANO NON VOLER MAI SCENDERE

48 onstage luglio - agosto

Non ti nascondo che in certi casi la trovo un’esagerazione. Non voglio assolutamente fare polemica, ma mi chiedo come facciano. Sarà sicuramente un discorso di attitudine: probabilmente riescono a di-

DAL PALCO?

«Mi chiedo come facciano certi artisti a stare sempre sul palco. Probabilmente si divertono, lo fanno con leggerezza. Ma ci vedo anche un pizzico di presenzialismo, che un po’ mi disturba»

A UN TOUR COSÌ GRANDE LAVORANO TANTISSIME PERSONE: L’INDUSTRIA TIZIANO FERRO HA ORMAI DIMENSIONI ENORMI. CHE EFFETTO TI FA? Mi fa sentire felice, in un mondo in recessione continua, in un mercato dove ho visto perdere il lavoro a tanta gente che conosco. I live per fortuna funzionano e permettono a tanta gente di lavorare. Tra le cose belle dei tour c’è anche il contatto con queste persone che incontro ogni due, tre anni: tecnici, fonici e tutti i professionisti che lavorano a produzioni del genere. Si crea una bella atmosfera anche quando le luci sono spente. Una tournée del genere fa bene a tanti, sotto molti i punti di vista. HAI PENSATO ALLE PRIME PAROLE CHE DI-

vertirsi, beati loro, e a vivere i concerti con più leggerezza di quanto riesca a fare io. Ma ci vedo anche un pizzico di presenzialismo, che un po’ mi disturba. Io non sono così. Ho l’esigenza di esprimermi quando sono nelle condizioni di farlo, non di esserci sempre e a tutti i costi.

RAI ENTRANDO SUL PALCO DELL’OLIMPICO DI TORINO, DEBUTTO DEL TOUR? No, non ci ho pensato. Sarà una cosa che deciderò al momento, anche perché faccio molta fatica a memorizzare dei copioni. Funziono molto meglio con l’improvvisazione e sarà così anche negli stadi. l


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onstage maggio - giugno 45


Jovanotti

L’ESPLORATORE Un nuovo album. Un nuovo tour negli stadi. Un nuovo viaggio artistico. Ma la stessa voglia di sempre di stupire e sorprendere. Jovanotti è pronto per portare in tutta l’Italia l’energia che lo contraddistingue e che incanala nella sua musica anche grazie alle esperienze all’estero. Perché, ci ha detto, ancora oggi continua a vivere dove viveva a 18 anni: in giro.

Testo di ALVISE LOSI - Foto di MICHELE LUGARESI

C'

è una canzone in Lorenzo 2015 cc che mi colpisce più di ogni altra. È un brano che compare nel secondo lato dell’album e si intitola Si alza il vento. Quella canzone è la mia idea di Jovanotti. Un artista che è arrivato dove è oggi per due motivi: l’ambizione di scrivere musica non banale e l’umiltà di affidarsi a compagni di viaggio sempre nuovi eppure mai diversi. Sembra una contraddizione ma non lo è: in quella canzone c’è qualcosa di inedito (la collaborazione con il tuareg Bombino), ma anche le vecchie certezze (la musica africana). Ed è sempre stato così con Lorenzo: da decenni ha gli stessi collaboratori ma da sempre cerca di spingere la sua musica verso nuovi orizzonti. Esplorando nuovi mondi. Non sempre gli è riuscito: dopo il grande successo de L’albero ci sono voluti parecchi anni per ritrovare quell’ispirazione, eppure non ha mai smesso di cercare. Prima a Capo Horn, poi nel Quinto mondo, per tornare, dopo un’ottima analisi del (Buon) sangue, all’Africa con uno splendido Safari. E Ora, all’alba dei 50 anni, Jovanotti ha ripercorso mentalmente tutti i suoi viaggi, tutti i suoi mondi, e li ha riuniti in un’opera masto50 onstage luglio

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dontica, dove ogni ascoltatore potrà pescare qualcosa di suo gradimento, e nello spettacolo che ha progettato per il tour Lorenzo negli stadi 2015. Esiste un vizio diffuso nel nostro Paese: il campanilismo, esattamente contrario all’idea di apertura e scoperta di altri luoghi. Un gusto di dividersi in schieramenti, perché o si tifa a favore o contro: non sono possibili vie di mezzo, e men che meno l’indifferenza. Ed è, naturalmente, un vizio ben presente anche nel mondo della musica, sia al suo interno sia tra spettatori e fan. Pochi artisti se ne sottraggono. Jovanotti è uno di quelli che ci riesce. «Perché?», mi sono chiesto. Poi ho pensato che fosse meglio chiederlo a lui. Insieme a un paio di altre cose. MENTRE FINIVO DI PREPARARE L’INTERVISTA, HAI POSTATO UN VIDEO DOVE MOSTRAVI I RENDERING DEL TUO PALCO. È UNA PRODUZIONE IMPONENTE, CON UN GRANDE FULMINE CHE DOMINA LA SCENOGRAFIA. CHE COSA RAPPRESENTA? Avevo in mente i grandi palchi dei concerti che mi hanno fatto impazzire, i giganteschi spazi degli U2 o gli spettacoli di Bruce Springsteen, show che riescono a trasformare uno stadio in uno spazio intimo dove è possibile il contatto.


onstage novembre - dicembre 47



Penso anche ai Rolling Stones dell’81 di Let’s Spend The Night Together. Ho lavorato sull’idea di un palco a colori, di uno spazio che sia il contrario del minimalismo. In un momento come questo desidero evocare la fantasia: musica, regia, costumi, luci, effetti e visual ad altissima tecnologia. Ho bisogno di gridare che la vita è una grande opportunità da cogliere, e un concerto è un modo per fare il pieno di vibrazioni. Ho scelto il fulmine perché è contemporaneamente il passaggio tra il cielo e la terra, energia, elettricità, rapidità, meraviglia, velocità, luce nella notte ma è anche una crepa che dichiara la nostra fragilità che, dinamica e pericolosa, mostra l’assoluta precarietà delle cose. E a cavallo di questo crinale si arricchisce l’esistenza e quindi questo spettacolo. Anche il rock ‘n’ roll per certi versi è una crepa/fulmine.

ta, dalle scenografie alle luci fino ai visual e ai costumi. Abbiamo anche progettato delle scarpe apposta, disegnate per lo spettacolo, e ogni costume, i miei e quelli della band, fanno parte della scrittura dello show. Lavoro con Nick Cerioni da qualche anno e ci divertiamo molto, poi ci confrontiamo con grandi creativi dello stile italiano e così nasce il progetto finale. Quest'anno con Costume National, con i quali collaboro da tanti anni e ho fatto tanti spettacoli, e anche con i direttori creativi di Valentino, con i quali invece ho lavorato per la prima volta, l’intesa è stata immediata. E in effetti il risultato è forte, è molto rock‘n’roll. Anzi, molto pop, come dico io. È IL TUO SECONDO TOUR NEGLI STADI. COSA TI HA INSEGNATO LA PRIMA ESPERIENZA CHE TI CONSENTIRÀ DI MIGLIORARE LO SPETTACOLO

«Ho lavorato sull’idea di un palco a colori, di uno spazio che sia il contrario del minimalismo. In un momento come questo desidero evocare la fantasia»

Che la gente viene a divertirsi e a emozionarsi e che io devo fare di tutto perché questo accada tenendo in considerazione diversi aspetti, senza tralasciare nessun dettaglio, e dando tutto quello che ho e anche quello che non so di avere. CHE ABBIAMO VISTO NEL 2013?

CREDI CHE DOPO PRODUZIONI COSÌ MAESTOSE UN ARTISTA ABBIA LA LIBERTÀ DI TORNARE INHAI CITATO I VISUAL, CHE SONO UNA COSTAN-

DIETRO E FARE ALTRE SCELTE? Un artista ha la

TE E UN PUNTO DI FORZA DELLE TUE PRODU-

libertà di fare quello che vuole, se è un artista e finché è un artista. Ma hai idea di che figata sia suonare in uno stadio? Io mi diverto come un matto e sento anche il grande privilegio di poterlo fare. Questo non esclude la possibilità di suonare in altri spazi, ma oggi il mio spazio ideale è lo stadio.

ZIONI. A COSA TI SEI ISPIRATO E CON CHI HAI SCELTO DI COLLABORARE? Mi piace che lo spettacolo sia completo e oggi lo schermo è una possibilità in più per emozionare: aldilà delle dimensioni, conta quello che ci metti dentro e un bel progetto visual può fare la differenza. Lavoro con una squadra di fuoriclasse. Registi, programmatori, animatori e creativi. Detto le linee guida e realizziamo il progetto. Quest'anno il concept di partenza è il mondo dell'animazione, dai manga fino ad adventure time passando per ogni forma di linguaggio anime. Poi c'è il film all'inizio del concerto che è una grande novità e che ho realizzato con Yonuts Production, Nicolò Celaia e Antonio Usbergo con i quali avevo già collaborato (insieme a Salmo) per il video di Sabato. Il risultato è sorprendente e fantascientifico! SI È PARLATO MOLTO DEI COSTUMI DEL TOUR.

Anche questo spettacolo è una specie di onda emotiva che ha bisogno che tutto sia sincronizzato a un'estetica che ho in mente, dal suono alla scaletCOME SONO NATE LE IDEE?

DA SAFARI IN POI HAI AUMENTATO ESPONENZIALMENTE IL TUO PUBBLICO. SECONDO TE

Fortunatamente queste cose a volte capitano e, da parte mia, ho fatto il possibile perché capitasse. Però l'unico che può rispondere a questa domanda è il pubblico, dovremmo intervistare lui, uno per uno, nomi e cognomi, e chiedergli come mai. Poi però promettimi che mi mandi le interviste!

PERCHÉ?

NON SARÀ FACILE, MA UN MODO PER ENTRARE IN CONTATTO CON LORO ESISTE: CHE RUOLO DAI AI SOCIAL NETWORK OGGI? Mi diverte giocarci ma neanche più di tanto. Lo faccio bene, lo faccio male? Non lo so, ma mi piace ascoltare il mondo e anche quello dei social è uno strumento importante. Da settembre c’è anche la JovaTV: sono entusiasta delle cose onstage luglio - agosto 53


che faccio, mi appassiono, mi entusiasmo e mi piace raccontare i progetti in tutte le fasi. E attraverso le nuove tecnologie lo posso fare. SOCIAL O NON SOCIAL: MIA SUOCERA DI 56 ANNI A SAN SIRO VUOLE ESSERCI, MA ANCHE MIO NIPOTE DI 13. TI PIACE L’IDEA CHE A CONVINCERLI SIA UN MIX TRA LA MUSICA DI LORENZO E IL PERSONAGGIO JOVANOTTI?

Io non so nulla delle cose che faccio, le faccio e basta. Non sono in grado di fare un'analisi seria di ciò che mi succede. So solo una cosa: cerco di connettermi con le persone che ho davanti, di fargli vivere una bella esperienza, ricca, profonda, folgorante, autentica. Qualunque sia il motivo che porta qualcuno a un mio concerto a me piace. Non c'è mai una ragione sbagliata per voler vedere un concerto di qualcuno: specialmente il mio (sorride, ndr)!

«Non sono in grado di fare un'analisi seria di ciò che mi succede. Cerco di connettermi con le persone che ho davanti, di fargli vivere una bella esperienza, ricca, profonda, folgorante, autentica»

(ma preferisco il “tanto”), poi di sicuro la qualità streaming nel futuro migliorerà molto, la tecnologia ha bisogno di continui upgrade per confrontarsi con il mercato. La nuova tecnologia non uccide la vecchia, la relega in una nicchia, ma nel futuro le famose nicchie avranno molto senso e chi vorrà potrà ascoltare musica anche in modo tradizionale. Ho da poco visto un negozio che vende musicassette, giuro. LA MODALITÀ DI FRUIZIONE DELLA MUSICA OGGI STIMOLA ASCOLTI MENO ATTENTI E COMUNQUE PIÙ FRENETICI. HO L’IMPRESSIONE CHE A RISENTIRNE SIANO SOPRATTUTTO I TESTI. PER ESEMPIO, NON MI SEMBRA CHE IL MESSAGGIO DI SABATO SIA STATO COLTO IN

Invece io penso che Sabato sia arrivata come doveva, ossia in modo trasversale, strano, lasciando aperture di senso che a me piacciono. La forza di quel pezzo è proprio nell'avere un'identità multipla.

PIENO.

SONO UN PO’ DI ANNI ORMAI CHE VIVI ALL’ESTERO. CHE COSA HAI CAPITO DELL’ITALIA IN PIÙ DI QUELLO CHE SAPEVI GUARDANDOLA DA UN PUNTO DI OSSERVAZIONE PIÙ DISTACCATO? Non vivo all'estero, ci tengo a dirlo, vivo dove ho sempre vissuto da quando ho 18 anni: in giro. SEI ANCORA CONVINTO CHE STARE LONTANO DAL PROPRIO PAESE SIA IL MODO MIGLIORE

A PROPOSITO DI TECNOLOGIE, HAI PARLATO DI

LORENZO 2015 CC COME DI UN CLOUD, DI UNA PLAYLIST, E NON DI UN DISCO, PROPRIO IN UN MOMENTO IN CUI TUTTI PARLANO DELLA “MORTE” DEL CONCETTO DI ALBUM. MA PRIMA DEI 33 GIRI ESISTEVANO I 45 GIRI: IL FUTURO È IN REALTÀ MOLTO PIÙ SIMILE AL PASSATO DI QUANTO PENSIAMO? Penso di sì, anche se con alcune differenze importanti, la più grande è lo streaming che cambierà del tutto la fruizione della musica. Nel passato non c'era ed una grande rivoluzione: non si possiederà più la musica come una proprietà, la musica diventerà "servizio", come l'acqua corrente o l'elettricità.

PER TROVARE NUOVI STIMOLI? La civiltà si è sviluppata in due modi: sulle rive dei fiumi, a ridosso delle grandi vie di comunicazione terrestri e marittime, oppure navigando e percorrendo le vie di comunicazione. Continua a essere così: se vuoi che ti accadano cose devi stare dove le cose accadono. E continuo a credere che specialmente quando si è giovani vedere il mondo sia un grande regalo da fare a se stessi. Ma può darsi che i nativi digitali la pensino in un altro modo. E se fosse così, io non ho nulla da eccepire. A PROPOSITO DI VIAGGI IN GIRO PER IL MONDO, LA MUSICA AFRICANA È SEMPRE ENTRATA NEI TUOI ALBUM: HA IL RITMO, ESPRESSIONE DELLA GIOIA, MA ANCHE TANTA MALINCONIA.

ASCOLTARE IL TUO ALBUM SU SPOTIFY O SU

È QUESTA CONTRAPPOSIZIONE CHE TI AFFA-

STEREO SECONDO ME REGALA DUE ESPERIEN-

SCINA TANTO? Penso di sì. C'è una bellezza nella musica africana, specialmente in quella che nasce dal doppio rimbalzo Africa -America (intesa come il continente intero, nord e sud) - Africa. È una musica che ha dentro migliaia di chilometri che smussano i

ZE (NON SOLO SONORE) COMPLETAMENTE DIVERSE. PREFERISCI CHE UNA TUA CANZONE SIA ASCOLTATA TANTO MA MALE O POCO MA BENE? E NON RISPONDERMI “TANTO E BENE”…

Cominciamo con il “tanto” o anche il “poco” 54 onstage luglio

- agosto



13 È BELLO. Jovanotti non dev’essere un tipo scaramantico: sono infatti 13 le date del tour Lorenzo negli Stadi 2015. Partito il 20 giugno da Ancona, si conclude il 30 luglio a Bari. In mezzo tre volte San Siro (25, 26 e 27 giugno), Padova (30), Firenze (4 e 5 luglio), Bologna (8), Roma (12), Messina (18), Pescara (22), Napoli (26 luglio).

suoi angoli, è una musica che vive di poco confronto con una vera industria, ha spesso dentro un'ingenuità che per me nella musica è un valore. Tutta la musica “spontanea” è in qualche modo africana. Mi piace la musica fatta da chi non ha la padronanza totale dei propri mezzi espressivi. Come succede quando si è giovani, come si sente nelle registrazioni dei primi dischi di quasi tutti, compresi i miei. SE GUARDO IL VIDEO DELLA TUA PERFORMANCE A SANREMO 1989 VEDO TANTO TALENTO, MA ANCHE TANTA INGENUITÀ. QUANTO LAVORO C’È STATO PER DIVENTARE UN GRANDE

Non lo so, non l'ho più vista quella performance. Sono partito da una totale mancanza di basi, ma pieno di amore e di voglia di sfondare, e ho sempre un grande piacere nell'imparare cose. Il piacere della fatica è il più grande regalo che mi abbia fatto il mio babbo.

SONO MARGINI DI MIGLIORAMENTO? I margini

sono infiniti: in senso assoluto, non si finisce mai di crescere.

SE POTESSI ESPRIMERE UN DESIDERIO, CHI

«Continuo a credere che specialmente quando si è giovani vedere il mondo sia un grande regalo da fare a se stessi. Ma può darsi che i nativi digitali la pensino in un altro modo. E se fosse così, io non ho nulla da eccepire»

PERFORMER DAL VIVO?

TRA POCO PIÙ DI UN ANNO COMPIRAI 50 ANNI DI VITA E 30 DI CARRIERA. INVECCHIARE È UNA COSA SERIA PER TUTTI, MA PER UN UOMO DI PRIA IMMAGINE CREDO LO SIA ANCORA DI PIÙ.

Dici davvero che vivo di immagine? Non ci avevo mai pensato. Direi che vivo “di” e “per la” musica. Ma comunque di carattere tendo a fare di necessità virtù. E oggi quando mi guardo allo specchio sono contento di quello che vedo. E poi trovo sia figo, oggi più di prima e meno di poi, chiamarsi Jovanotti (ride, ndr). l CI PENSI?

ULTIMAMENTE È DIVENTATA UN’ABITUDINE, SIA IN ITALIA SIA ALL’ESTERO, FARE SCEGLIERE AI FAN ALMENO UNA DELLE CANZONI DAL VIVO. NON SO COME COSTRUIRAI LA SCALETTA, MA COSA NE PENSI DI QUESTA TENDENZA? QUANDO ANDIAMO A TEATRO O AL CINEMA

TUO POTENZIALE DA INTRATTENITORE O CI

NON ABBIAMO QUESTA POSSIBILITÀ. Scelgo

- agosto

Il Lorenzo che aveva 20 anni per cantare insieme Gimme Five. Gli direi “Hai visto dove siamo arrivati? Neanche tu ci avresti scommesso vero?”. Sarebbe un bel duetto, ma dovrebbe essere reale: senza ologrammi e cose simili. TI PIACEREBBE OSPITARE SUL PALCO?

SPETTACOLO CHE VIVE ANCHE DELLA PRO-

CREDI DI AVER RAGGIUNTO IL MASSIMO DEL

56 onstage luglio

per loro, ma scelgo cose che gli piacciono, adatte al momento, e poi scelgo anche quello che deve mancare.

io



Muse

TIMELESS BAND Testo di MARCO RIGAMONTI - Foto di DANNY CLINCH 58 onstage luglio

- agosto

L’uscita di un album dei Muse non è mai stato e non è un fatto banale. Perché la qualità degli inglesi è stata fin dagli esordi eccellente e il loro sound nel tempo si è evoluto senza adattarsi passivamente alle mode del momento, perché le scelte sono sempre state coraggiose e spesso tal-


mente in controtendenza da risultare all’avanguardia. Come i grandi gruppi a cui sono spesso stati accostati, i Muse hanno il raro pregio di produrre musica e album senza tempo. In occasione dell’uscita di Drones, abbiamo parlato di tutto questo con Chris Wolstenholme.

N

ei primi anni '90 Chris Anthony Wolstenholme suonava la batteria in una band di Teignmouth. Nel frattempo gli esigenti Matthew Bellamy e Dominic Howard (che invece avevano un altro gruppo) avevano quasi perso le speranze di reclutare un bassista all'altezza dello loro aspettative. Dopo due anni di audizioni fallimentari, chiamarono Chris e lo convinsero a cambiare strumento. Mai scelta fu più azzeccata: nacquero i Rocket Baby Dolls, che di lì a poco si sarebbero trasformati in una delle band più importanti

del pianeta: i Muse. Oggi Chris ha 36 anni e 6 figli, e ci racconta la genesi dell'ultimo album composto con Matt e Dominic - Drones è il settimo lavoro in studio della band inglese. Un'intervista fiume tra citazioni letterarie e musicali eccellenti, il valore degli album nell’era dei singoli file da cliccare e condividere, la voglia di tornare ad essere un trio rock e l'assurda impossibilità di apparire cool agli occhi dei propri bimbi. Una chiacchierata che disegna inequivocabilmente il profilo dei Muse: una band perfettamente calata nell'epoca attuale ma che non smette di onstage luglio - agosto 59



trarre ispirazione dal meglio di ciò che il passato ci ha proposto. LA PAGINA DI WIKIPEDIA A VOI DEDICATA RIPORTA UN ELENCO DEI LIBRI CHE HANNO INFLUENZATO I VOSTRI TESTI. AVETE LETTO QUALCOSA DI NUOVO CHE HA ISPIRATO DRO-

Non parlerei di libri in questo caso, perché credo che i media siano una fonte di ispirazione più che sufficiente: è difficile sfogliare un giornale senza domandarsi quanto sappiamo veramente di quello che succede intorno a noi. Piuttosto che affrontare nuovi argomenti ci siamo concentrati su discorsi già affrontati in passato, come il pensiero di Orwell esplicitato in The Resistance e le teorie cospiratorie espresse con Black Holes and Revelations. A mio parere questi temi si sono incontrati in Drones e hanno finalmente raggiunto una conclusione. Credo la band sia maturata: abbiamo raccolto la sfida di radunare le nostre idee in un'unica opera scrivendo una storia, dall'inizio alla fine. È un'idea di concept album che appartiene ad altri tempi, ormai non lo fa più nessuno. NES?

PER QUANTO MI SIA SFORZATO DI TROVARLO, NON CREDO CI SIA UN LIETO FINE IN QUESTA

In parte sono d'accordo con te. Però la valutazione è strettamente personale: a ben vedere il finale è aperto a interpretazioni diverse. Me ne accorgo quando ascolto il pezzo conclusivo: è un brano corale, qualcosa di simile a ciò che facevano i Beach Boys - una musica che adoro. Ogni volta che lo sento non riesco a capire se sia incredibilmente felice o incredibilmente triste: dipende dal mio stato d'animo in quel preciso istante. E' un finale perfetto perché lascia aperte entrambe le opzioni: la vittoria e la sconfitta. Sono certo che se facessi la stessa domanda a Matthew o a Dominic ti darebbero una risposta diversa dalla mia, ed è proprio quello che volevamo. STORIA.

SI DICE CHE TU SIA L'ELEMENTO CHE PORTA IL “ROCK” NEI MUSE. CHE CONTRIBUTO HAI DATO A DRONES? A

lavoro finito è molto difficile scorporare le intuizioni di un singolo componente della band. Quando Matthew ci porta le bozze si attivano automaticamente diversi processi: piccole idee influenzano altre idee, innescando un effetto domino. Il risultato è che le canzoni sono di tutti, e diventa impossibile identificare i singoli apporti. Mi ricordo di avere suggerito il riff di

Psycho nei versi... Ho rimosso il modo esatto in cui sono intervenuto, ma so che dopo il mio consiglio il pezzo è cambiato. La verità è che siamo tre persone che suonano insieme e restano sempre disponibili a valutare i pareri degli altri: è una condizione necessaria per fare crescere le canzoni in modo naturale.

«Abbiamo radunato le nostre idee in un'unica opera scrivendo una storia, dall'inizio alla fine. È un'idea di concept album che appartiene ad altri tempi, ormai non lo fa più nessuno»

COME GIUSTIFICHI LA SCELTA DI ROBERT “MUTT” LANGE IN FASE DI PRODUZIONE?

Penso che si giustifichi da sola! Ha un modo di incidere semplicemente fenomenale: produce dagli anni 70, e ha avuto a che fare con stili diversi riuscendo sempre a tirare fuori il meglio dagli artisti con cui ha lavorato. Drones è un disco che spazia: ad esempio Reapers è classic rock, mentre The Handler è un brano molto più alternativo. A noi serviva qualcuno in grado di plasmare il suono di pezzi potenzialmente differenti in modo tale da creare una coesione globale. Quando penso a Lange mi viene subito in mente Back In Black, che a mio parere è il suo capolavoro. Quell'album comunica la sensazione di una rock band in uno specifico periodo storico che suona in un modo specifico: sembra quasi che gli AC/DC siano di fronte a te in una stanza. E noi avevamo bisogno proprio di questo. Ultimamente era capitato di fare intervenire singoli producer per singoli brani (pensa a Nero con Follow Me), mentre per questo lavoro ci sembrava logico trovare una coerenza totale. Nella nostra testa l'ascoltatore avrebbe dovuto provare la sensazione di assistere a uno spettacolo teatrale. Ce l’abbiamo fatta per merito di Robert! Non credo che esista un nostro disco che dia questo tipo di percezione, forse solo The Resistance ci si avvicina. Qui siamo noi tre: le nostre personalità vengono davvero fuori. VI SIETE PENTITI DI AVERE COMPOSTO UN

onstage luglio - agosto 61


PEZZO CON INFLUENZE DUBSTEP COME FOL-

QUANDO AVETE DICHIARATO CHE CON DRO-

Assolutamente no: quel brano è magnifico. Non ci siamo mai trovati nella condizione di rinnegare un nostro pezzo. Se lo abbiamo composto è perché credevamo che in quel momento fosse la cosa giusta da fare. Ogni volta che ci chiudiamo in studio vogliamo progredire: se non succede, in musica equivale a un fallimento. Poi può succedere che qualche anno dopo riascolti un tuo pezzo e non ti piace più: fa parte del gioco. Ma fortunatamente a noi non è ancora capitato. Prendi Showbiz, per esempio: mi sono rifiutato di ascoltarlo per dieci anni, avevo paura che non ci rappresentasse più dopo tutto questo tempo. Eravamo inesperti e ci siamo affidati al produttore per molte scelte, perché non avevamo ancora trovato noi stessi. Recentemente ho avuto il coraggio di ascoltarlo. E sai che ti dico? E' un ottimo disco! Non suona come suoniamo oggi, ma riflette quello che eravamo ai tempi. E non eravamo affatto male.

NES SARESTE TORNATI ALLE VOSTRE RADICI

LOW ME?

«Vent'anni fa usavo le cassette per corteggiare le ragazze. Credo di potere affermare con una certa sicurezza che inviare una playlist via mail non abbia lo stesso impatto emotivo»

PARLANDO DI SHOWBIZ, DISCO CHE APPARTIENE A UN ALTRO MILLENNIO, MI DICI QUALI SONO I PEZZI CHE SONO SOPRAVVISSUTI? MAGARI QUELLI CHE SUONATE ANCORA DAL VIVO? L'unico brano che ricorre costantemente nei nostri live è Sunburn. Recentemente abbiamo rispolverato Muscle Museum, ma non la suonavamo live da 8 anni. A mio parere la title-track è il picco di Showbiz, e credo che si avvicini molto al nostro sound attuale. Ma probabilmente Matthew non la pensa come me: io e Dominic abbiamo tentato di persuaderlo a metterla in scaletta nell'ultimo tour, ma non c'è stato verso. Poi quando esce un nuovo disco si aggiungono talmente tanti pezzi che tirare fuori un brano dal primo album diventa ancora più complicato. IN TEORIA AVREBBE AVUTO SENSO, DATO CHE

62 onstage luglio

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MOLTI SI ASPETTAVANO UNO SHOWBIZ 2.0...

Posso capirlo, però noi lo abbiamo inteso in un altro senso: volevamo tornare ad essere noi tre. Ci siamo evoluti troppo per tornare al 1999; il nostro obiettivo era riproporci allo stato brado, evitando le sperimentazioni che avevano inevitabilmente annacquato la nostra essenza. Ecco perché in termini di strumentazione Drones suona come Origin Of Symmetry e Absolution, e in parte come Black Holes and Revelations. Nel corso di una carriera è normale che ti venga voglia di oltrepassare i tuoi limiti, e che quindi nasca un pezzo come Madness che si discosta dalla tipica scrittura di una band di tre elementi. Ma è anche umano provare un minimo di nostalgia di quello che sei stato e che fondamentalmente continui ad essere.

ininterrottamente per due settimane. Erano un evento sociale: guarda caso proprio attraverso queste esperienze ho conosciuto i ragazzi coi quali tutt'ora condivido un'amicizia e la mia vita professionale. Il discorso oggi è diverso: l'attenzione si è spostata quasi completamente sui singoli, che vengono condivisi attraverso dispositivi elettronici e senza grande attenzione con una massa di amici e conoscenti. Mi pare che sia tutto un po' più freddo: spero di sbagliarmi.

«I miei figli s’interessano a noi solo se condividiamo il palco con qualche popstar: l'amara verità è che neanche suonare nei Muse fa di te un padre fico!»»

DRONES È UN CONCEPT ALBUM IN UN MONDO

Sarebbe fantastico se il pubblico lo ascoltasse per intero, ma mi rendo conto che sia difficile. Il modo in cui la gente si ciba di musica è cambiato radicalmente. I singoli ci sono sempre stati, ma avevano la funzione di attrarre l'ascoltatore per approfondire il discorso con l'album. Mi basta osservare i miei figli quando usano Spotify: tutto quello che fanno è cliccare sulle playlist. Non ho nulla in contrario: vent'anni fa registravo le mie selezioni su cassette, che usavo per corteggiare le ragazze. Ma credo di potere affermare con una certa sicurezza che inviare una playlist via mail non possegga lo stesso impatto emotivo. É il bello e il brutto della tecnologia: ti offre delle opportunità, ma ti toglie altro. Oggi puoi ascoltare quello che vuoi quando vuoi: ma il risultato è che ci si perde in un oceano di musica, e si fa fatica a trovare quello che si cerca. Il vero appassionato riesce comunque a non perdere la bussola, ma chi invece vuole solo ascoltare qualcosa ricorre alle playlist. Non ho mai sentito uno dei miei figli pronunciare parole tipo: “Hey, questo è davvero un bell'album!”. Non sanno nemmeno che cosa sia un album. In passato prima che un disco uscisse c'era grande fermento: da grande fan dei Nirvana, ricordo che quando ho saputo dell'uscita di In Utero ho messo via i soldi per comprarlo. Il 21 settembre 1993 ho puntato la sveglia, sono andato al negozio, ho comprato la cassetta e sono corso a casa per ascoltarlo. Ed è rimasto nel mio stereo

CHE VUOLE SOLO SINGOLI.

A PROPOSITO DELLE NUOVE LEVE, CHI MEGLIO DEL PADRE DI 6 BAMBINI PUÒ SVELARCI LE PREFERENZE MUSICALI DELLE GENERAZIONI

Gli ultimi tre sono ancora troppo piccoli, quindi non fanno testo. Ma ti posso dire che Ava-Jo ha 14 anni, suona il piano e la chitarra e ha una voce fantastica, ma ha ancora l'inclinazione da teenager che la spinge ad ascoltare musica pop tipo Rihanna. Alfie ha 16 anni, però ha scelto lo sport e non ha nemmeno uno stereo in camera (non capisco come faccia a vivere senza musica, ma ovviamente rispetto la sua scelta). Frankie ha 11 anni ed è un batterista: l'ho traviato mostrandogli un live dei Nirvana su YouTube, ed è stato fantastico sentire un bimbo così piccolo entusiasmarsi nel vedere Kurt, Chris e Dave spaccare gli strumenti a fine concerto. Ha pronunciato testuali parole: “Questo è fottutamente fantastico!”. CHE VERRANO?

Qualcosa ascoltano... stanno cominciando a prendere coscienza di quello che faccio nella vita. Però vanno completamente fuori di testa solo se capita che ci troviamo a condividere il palco con qualche popstar: quando abbiamo suonato ai Brit Music Awards e hanno scoperto che ci sarebbe stata anche Taylor Swift volevano venire a tutti i costi. L'amara verità è che neanche suonare nei Muse fa di te un padre fico! l E I MUSE NON SE LI FILANO?




Paolo Nutini

A CUORE APERTO Paolo Nutini torna nel nostro Paese. Un’ottima occasione per scambiare due parole con questo ragazzo di 28 anni che sembra molto più maturo della sua età. È scozzese, ma le sue origini italiane devono essere ben impresse nel suo carattere vista la grande disponibilità che ha mostrato durante l’intervista. E visto che, come ci ha detto, che le donne e il sesso continuano a rimanere la sua più grande fonte di ispirazione. Testo di ALVISE LOSI

C

i sono artisti più interessanti di altri. È inutile negarlo, e non è un fatto soggettivo. Perché è vero che dietro a ogni artista c’è una storia da raccontare, ma non tutte le storie sono ugualmente interessanti. Quella di Paolo Nutini lo è particolarmente. Un ragazzo scozzese, di origini italiane, che a soli 19 anni raggiunge un successo enorme con il suo primo album (These Streets, 2006). E che dopo dieci anni continua a crescere, senza essere stato schiacciato da una popolarità che ha bruciato tanti prima di lui. La sua musica è prepotentemente ispirata dagli anni Sessanta, ma non al punto da risultarne schiacciata. Anzi, l’identità artistica di Paolo è più che solida. E un aspetto che - sarebbe ipocrita non sottolinearlo - lo aiuta a conquistare l’attenzione di ogni donna (e probabilmente non solo) dai 6 agli 80 anni, senza che qualcuno abbia mai pensato che il suo successo sia legato solo a quel bel viso. Nutini è prima di tutto un cantautore, uno che scrive la musica e i testi che canta. Con una voce che ammalia senza possibilità di scampo. Per un motivo semplice: lo fa col cuore. E, abbiamo scoperto, la stessa generosità la dimostra anche quando parla: è un gran chiacchierone e non ha problemi ad aprirsi. Insomma, è un italiano vero. LA PRIMA VOLTA CHE HO ASCOLTATO CAUSTIC

LOVE HO PENSATO «È INCREDIBILE SIA STATO SCRITTO DA UN RAGAZZO DI 27 ANNI», POI

PERÒ HO REALIZZATO CHE QUANDO È USCITO BLONDE ON BLONDE BOB DYLAN AVEVA 25 ANNI: C’È TROPPO SCETTICISMO NEI CON-

Non saprei. Se pensi a un artista come Van Morrison, lui aveva 23 anni quando pubblicò Astral Weeks e ancora meno quando iniziò con i Them. Ci sono sempre stati artisti giovani che hanno dimostrato di essere più saggi e maturi di quanto la loro età suggerisse. E credo che lo stesso si possa dire di oggi. Penso che semplicemente ognuno abbia il suo percorso e in base a quello costruisca la sua personalità e l’età non è necessariamente un limite. Io posso essere più maturo di miei coetanei, ma sicuramente ci sono persone più giovani di me che a loro volta sono più mature di me. Ma non so dirti se sia una questione solo italiana.

FRONTI DEI GIOVANI OGGI?

HAI AVUTO SUCCESSO GIOVANISSIMO, A 19 ANNI, MA A DIFFERENZA DI TANTI TUOI COLLEGHI ANCHE PIÙ GRANDI SEMBRI NON ESSERE STATO TRAVOLTO DALLA POPOLARITÀ. COSA C’È DI DIVERSO IN TE? Ciascuno

di noi è differente e come siamo fatti dipende da tanti fattori. Naturalmente tanto è legato alla conoscenza. Non mi riferisco solo alla cultura e ai libri, ma alla conoscenza in senso lato: puoi imparare a fare tante cose semplicemente osservando. Puoi recepire informazioni riguardo a tante cose dal mondo che ti circonda. E il fatto di essere più grande non significa necessariamente che tu abbia più esperienza. Parlando di musica, credo di essere molto fortunato se penso che sono già dieci anni

che faccio il lavoro che amo. Facendo un paragone, si potrebbe dire che ho camminato tanto e cambiato tante paia di scarpe per esplorare diversi luoghi e diverse culture e sono tutte cose che poi rientrano nella mia musica. Ho sempre voluto fare canzoni, ma allo stesso tempo ho sempre cercato di non essere un prodotto. Io voglio fare il musicista, e per farlo devo calarmi nel mondo: devo vivere nella realtà per essere un professionista. IL TUO ULTIMO ALBUM CAUSTIC LOVE È INCREDIBILMENTE VARIO. DOVE RIESCI A TROVARE ISPIRAZIONE PER COMPORRE CANZONI COSÌ

Sicuramente le donne e il sesso sono stati sempre una parte importante della mia ispirazione e della mia musica. Ma naturalmente non solo questo: più in generale quello che mi circonda e le persone che mi stanno intorno. Credo che più cresci, più realizzi quale sia il tuo ruolo nella società, anche guardandoti indietro per rivalutare e ripensare alle esperienze di quando eri più giovane, perché magari non eri abbastanza concentrato su certi sentimenti e sensazioni per comprenderli del tutto. E poi è importante non smettere mai di entrare in contatto con la gente: più parli con persone come te più trovi stimoli, e io cerco sempre di comunicare tramite la mia musica. Quindi ci sono tanti altri fattori che intervengono in maniera quasi naturale con il passare del tempo, perché la vita non è mai uguale: non so se tu lo sia già, ma io un giorno vorrei diventare padre e per farlo è fondamentale avere

DIVERSE TRA LORO?

onstage luglio - agosto 65


1 + 4. Paolo Nutini è in Italia per cinque volte in questa estate 2015. Dopo una prima data a Trieste il 23 giugno, torna nel nostro Paese per suonare a Lucca (8 luglio), Pescara (15 luglio), Ferrara (17 luglio) e Barolo (18 luglio).

una personalità e un bagaglio di opinioni da trasmettere e lasciare in eredità ai tuoi figli.

per fortuna c’è ancora questa differenza tra l’essere un musicista e un politico (ride, ndr).

UNO DEI MIGLIORI PEZZI DELL’ALBUM, SECONDO ME, È IRON SKY. CE NE PARLI? Per quanto riguarda nello specifico quella canzone, ci sono state molte cose che mi hanno ispirato: innanzitutto la situazione politica del mio Paese, la Scozia, ma anche il cinema. Soprattutto il cinema espressionista: ho guardato molti film tedeschi, e in particolare Fritz Lang e il suo Metropolis mi hanno davvero colpito molto, con l’idea di queste persone che vengono trasformate in macchine e automi. E da lì deriva questa idea della tecnologia che sta diventando sempre più invasiva nelle nostre vite. Ho visto anche molti show televisivi e serie tv di fantascienza. Penso ad Iron Sky quasi come a parte di un musical o un’opera rock, e nelle sue atmosfere ho cercato di richiamare i problemi della società di oggi, ho cercato di pormi domande. Ma non ho risposte né soluzioni da proporre:

66 onstage luglio

- agosto

«Ho sempre voluto fare musica, ma allo stesso tempo ho sempre cercato di non essere un prodotto. Se vuoi fare il musicista devi calarti nel mondo, conoscerlo»

HAI DICHIARATO CHE DOPO IL TOUR DI SUNNY

SIDE UP HAI AVUTO BISOGNO DI STACCARE E SPEGNERE IL TELEFONINO. ERA PER PREN-

nato lì, dopo essere stato anche in altri posti, come la Spagna o Milano. A Barga c’è una situazione diversa, particolare, dove non ho distrazioni e posso realmente rilassarmi: sono andato con l’idea di passarci un paio di settimane e alla fine credo di esserci stato quasi tre mesi. Ho spento il telefono e nessuno poteva chiamarmi. Non ho fatto altro che camminare tanto, andare in bicicletta, osservare quei bellissimi paesaggi. Per me tutto quel periodo è stato come riprendere contatto con me stesso, anche perché ho iniziato a fare un sacco di lavori manuali. Insomma ho potuto godermi del tempo per me, per riflettere, e dopo pochi mesi ero incredibilmente stupito nel rendermi conto di quanto mi mancassero alcune cose e alcune persone.

DERSI UNA PAUSA DA QUELLA TECNOLOGIA CHE ANCHE NELLA MUSICA STA DIVENTANDO

SEMBRA CHE IL TUO RAPPORTO CON LA TUA

Sin da quando ero piccolo andavo a Barga, in Toscana, la terra di origine di mio padre, per passare un po’ di vacanze. E finito lo scorso tour sono tor-

TERRA DI ORIGINE SIA MOLTO SALDO.

SEMPRE PIÙ CENTRALE?

Assolutamente, pensa che uno dei miei primi concerti fu proprio ai Bagni di Lucca, un paesino a metà tra Lucca e Barga. Lì c’è un locale che



si chiama il Ristorante del Sonno, che organizzava un piccolo festival, e io mi dovevo esibire prima di Gordon Haskell, autore di How Wonderful You Are e membro dei King Crimson. E se non mi ricordo male fu anche la prima volta in assoluto che mi pagarono per esibirmi. Poi tornai a Lucca nel 2010 per fare un concerto in piazza Napoleone: sono una città e un luogo splendidi. E fu bellissimo per me e la mia famiglia che io potessi suonare lì. A PROPOSITO DI LIVE, COSA SIGNIFICA PER TE

Affronto ogni concerto con questo spirito: ogni persona che viene lo fa scegliendo te, spende i suoi soldi che ha guadagnato lavorando duramente per vedere te su quel palco, e così ogni volta è importante per me dare il massimo. Fare del mio meglio per regalare un sorriso e un momento di felicità. E poi sono molto orgoglioso a ogni nuovo concerto di poter suonare insieme ad altri musicisti, come in un festival, o STARE SUL PALCO?

68 onstage luglio

- agosto

con qualcuno in apertura, come nelle date di un tour. E a volte capita anche di avere la fortuna che l’opening act sia un grande artista come gli Alabama Shakes, che secondo me sono una delle migliori band attualmen-

TI PRENDI SEMPRE PARECCHIO TEMPO TRA UN ALBUM E L’ALTRO: DA THESE STREETS A SUN-

NY SIDE UP ABBIAMO DOVUTO ASPETTARE TRE ANNI E POI PER CAUSTIC LOVE ALTRI CINQUE. QUANTO CI FARAI ATTENDERE PER IL PROS-

Chi può saperlo? Mi sento in un periodo di grande creatività, forse quello più prolifico che ho attraversato finora, e ho un sacco di idee che mi girano in testa. Ma ormai pubblicare un album è una cosa strana: potrei anche decidere, quando dovessi avere anche solo cinque canzoni pronte, di farle uscire semplicemente perché ho voglia che le persone possano ascoltarle. E poi magari dopo qualche mese pubblicarne altre cinque. Credo, tornando al discorso di prima sulla tecnologia, che il futuro della musica potrebbe essere questo: continuare a fare più concerti possibile e intanto pubblicare canzoni. Ciò non toglie che, qualunque cosa farò, sono sempre stato e resto un grande fan degli album fisici. Quindi boh… si vedrà. l SIMO DISCO?

«Affronto ogni concerto dando il massimo perché la gente per vedermi ha speso dei soldi guadagnati lavorando duramente: devo fare del mio meglio per regalare un sorriso e un momento di felicità» te in circolazione. È una di quelle cose che ti rende veramente felice di fare questo mestiere. Per quanto riguarda invece la scaletta, nei prossimi concerti oltre alle nuove canzoni ci saranno anche le vecchie naturalmente, ma con nuovi arrangiamenti.


STO BRE

onstage maggio - giugno 69


New Orleans

10 anni dopo Katrina Testo di PIETRO PRUNEDDU - Foto di MICHELE ARDU

70 onstage maggio

- giugno


onstage maggio - giugno 71


NEW ORLEANS

N

ew Orleans è una bellissima prostituta. Chiassosa e maleodorante, senza sonno e senza pudore. Ti abborda mentre stai bevendo un whisky, se ne fa offrire uno. Si siede accanto a te ad ascoltare l’alchimia di qualche jazzista che improvvisa. Ti sussurra all’orecchio in francese, ti parla della sua vita in spagnolo. Racconta di quella volta nel 1788 quando un incendio l’aveva rasa al suolo o di quando dieci anni fa è stata stuprata dall’uragano Katrina. E il suo pappone è lì a pochi metri. Onnipresente, minaccioso. Big Muddy, come chiamano da queste parti il fiume Mississippi, sgomita nervoso, un’ansa a destra, una curva a sinistra, col suo enorme carico di limo color fango. Un zig-zag barcollante che imita quello alcolico degli avventori del French Quarter, la Disneyland del peccato. Cuore e anima di NOLA, nomignolo cool della città, sono racchiuse in poche vie colorate dal disordine, epicentro e capolinea (o punto di partenza) di un’intera nazione.

ESODO E APPRODO Qui si arriva o da qui si parte. È il destino di tutte le città portuali. New Orleans è il malinconico bordello immortalato in The House of The Rising Sun, la palla di vetro immersa nei bayou dei Creedence Clearwater Revival. Si viene spinti dentro la città dalla Highway 61, dopo un approccio fatto di povertà e paludi. La 61, per gran parte delle sue 1400 miglia, è sonnolenta, polverosa, guardata a vista dal fiume che le scorre accanto. L’autostrada della grande migrazione ha portato al nord milioni di afroamericani e il loro blues, fino alle sponde ventose di Chicago o alle innevate lande del Minnesota. Il viaggio a ritroso, dai paesaggi dove i fratelli Coen hanno ambientato Fargo fino alla Louisiana, è stato rifatto esattamente 50 anni fa da un magro ragazzino di Duluth, la città dove la highway inizia. Da quel cammino, che spezza metaforicamente in due gli States, è nato uno dei dischi più celebri e rivoluzionari di sempre: Highway 61 Revisited, l’album che ha consacrato Bob Dylan nell’agosto del 1965. Ed è sull’autostrada diretta a New Orleans che Dio chiede ad Abramo di sacrificare un figlio.

72 onstage luglio

- agosto

Sempre lì bivaccano i memorabili personaggi dylaniani dell’omonima canzone, come l’uomo che deve sbarazzarsi di 40 stringhe per scarpe o il tizio annoiato che sta cercando di creare la prossima guerra mondiale. Ma l’approdo è sempre NOLA. «I drifted down to New Orleans», canterà dieci anni dopo Dylan in Tangled Up in Blue. E nel 1997, in Trying to Get to Heaven, scriverà «I'm goin' down the river / Down to New Orleans». Ne è irrimediabilmente attratto, come chiunque ci metta piede una volta.

LE FERITE DI KATRINA Passeggiando per New Orleans si ha la sensazione che qualcuno abbia voluto sfidare la Natura. Il lago Pontchartrain a nord, il golfo del Messico a sud, il fiume in mezzo. Da sempre è una città circondata. Dagli argini del Mississippi si percepisce chiaramente che interi quartieri sono costruiti sotto al livello dell’acqua. Uno di questi è il Ninth Ward, una distesa di casette monofamiliari abitate dalla popolazione nera più povera. Qui Katrina ha fatto i danni maggiori. E a dieci anni di distanza il quartiere è spettrale, le poche persone in giro hanno i volti scavati di chi non si è ancora rialzato dalla devastazione. Molte case hanno assi di legno su porte e finestre, i tetti sono rimasti scoperchiati, le pareti sfondate. Somiglia a un cimitero, disseminato di cartelli For Sale nell’utopica speranza che qualche acquirente possa essere interessato a questi cumuli di legno e detriti. Katrina, tra il 29 e il 31 agosto 2005, ha inondato l’80 per cento della città. Le cifre ufficiali parlano di 134 mila case colpite dall’uragano più distruttivo della Storia americana: 1836 morti e circa 100 miliardi di dollari di danni. Tantissimi sfollati non sono mai tornati dalla fuga, nella più massiccia diaspora statunitense di tutti i tempi. Gironzolando in macchina nel Ninth Ward ci si può imbattere nella villetta di Fats Domino, assoluto pioniere del rock, che nonostante il successo è sempre rimasto a vivere nel quartiere dove nacque nel 1928. La sua casa-studio spicca per il gusto kitsch delle rifiniture dorate e le enormi iniziali in bella vista sulla facciata del tetto. Durante Katrina era scomparso e qualcuno su un muro scrisse «Riposa in pace, Fats, ci mancherai». Ma non


onstage luglio - agosto 73


NEW ORLEANS

era morto, un amico l’aveva portato in salvo lontano dal disastro. Tutto intorno, nel quartiere, ci sono sporadiche tracce di ricostruzione. La fondazione no profit Make it Right, creata dall’attore Brad Pitt, ha coinvolto una serie di archi-star per progettare un centinaio di nuove abitazioni prefabbricate ed ecosostenibili da destinare al Lower Ninth Ward. Qua e là si possono vedere queste case dai colori va-riopinti, facilmente individuabili perché sono le uniche innalzate dal suolo di un metro e mezzo, come fossero palafitte, per evitare allagamenti in vista di future inondazioni.

DIMENTICARE L’URAGANO Altre zone della città mostrano meno cica74 onstage luglio

- agosto

trici ma altrettanta paura. Nel distretto di Metairie e in quello di Gentilly, tra le villette residenziali, scorrono il 17th Street Canal e il London Avenue Canal, che nel 2005 collassarono. Ora i due corsi fluviali sono praticamente oscurati alla vista da enormi argini alti 10 metri. Antiestetici muri in cemento armato, come la Berlino della Guerra fredda o la Gaza odierna, per proteggersi non da uomini ma dall’acqua. Gli americani, di solito propensi alle celebrazioni (anche delle tragedie), in questo caso hanno preferito una sorta di rimozione collettiva dell’evento. Si pensi alla mitologia legata a Fort Alamo, alle annuali ricostruzioni della battaglia di Gettysburg, al rispetto per i veterani di Pearl Harbour, ai memoriali per l’11 settembre. Gli Stati Uniti adorano gli eroi. E durante Katrina ce ne

furono pochi. Fa impressione l’esposizione pubblicitaria che la città destina al National WWII Museum, il museo che ospita cimeli della Seconda Guerra Mondiale, un conflitto lontano nel tempo e nello spazio. Mentre la tragedia più tangibile di New Orleans, avvenuta appena dieci anni fa, è ricordata solo con un piccolo Memoriale, in un cimitero distante dal centro e quasi impossibile da trovare, persino arrivandoci con Google Maps. Il miglior trucco per esorcizzare l’accaduto è stato il Mardi Gras, il folle carnevale cittadino che trasforma NOLA nella Rio de Janeiro nordamericana. Per alcune settimane l’anno è un trionfo di parate festose, maschere, tasso alcolico alle stelle e un continuo lancio di collane colorate di plastica. Tutti le tirano addosso a tutti. E l’usanza non si limita al pe-


riodo carnevalesco, con il risultato che l’intera città è costantemente tappezzata di queste collanine, impigliate sugli alberi, sui fili elettrici, sulle ringhiere dei balconi. Durante il Mardi Gras i festeggiamenti investono anche i cimiteri, alcuni dei quali veri luoghi di pellegrinaggio. Il St. Louis, per esempio, dove Peter Fonda e Dennis Hopper in Easy Rider si facevano un acido. E dove si trova la (presunta) sepoltura di Marie Laveau, sacerdotessa voodoo a metà tra storia e leggenda. La sua, si dice, è la seconda tomba più visitata d’America dopo quella di Elvis. Nessuno lascia dei fiori, in compenso tanti tracciano delle X sulle lapidi. Porterebbe fortuna. Tra le minuscole stradine del camposanto è possibile imbattersi in carrelli del supermercato arrivati lì chissà come o inciampare su botti-

glie di qualche buon distillato del Kentucky.

LA LENTA RINASCITA Anche i cimiteri sono un business in una città che ha sempre vissuto di turismo. Nel 2014, per la prima volta, il numero di visitatori è tornato intorno ai 10 milioni, ai livelli pre-Katrina. Nel 2006 era crollato a meno di 4 milioni. Nel Quartiere Francese invece l’uragano è come se non fosse mai passato. Come in una cartolina, si viene magneticamente affascinati dalle splendide case in architettura creola, dai ristoranti di cucina cajun o dai chioschi dove ordinare Shrimp Po’Boy, i tipici panini con gamberetti fritti. O ancora dai locali storici che hanno visto la nascita della musica jazz, come la celebre

Preservation Hall. Bourbon Street, la via simbolo del French Quarter, uscì quasi indenne dall’uragano ed è tornata a essere la calamita dell’intero Deep South per studenti festaioli, hippie incalliti, spogliarelliste ammiccanti, senzatetto, musicisti di strada. Ed è un miscuglio da colpo di fulmine. «Sai cosa significa sentire la mancanza di New Orleans», cantavano in un celebre duetto voce/ tromba Billie Holiday e Louis Armstrong. Satchmo, figlio prediletto e amatissimo di New Orleans, conosceva bene quella fitta al cuore, comune a tutti quelli che qui trascorrono dieci minuti o dieci anni. È il ricordo nostalgico di notti insonni, schiamazzi e umidità appiccicosa. Rimanere indifferenti alla bellissima prostituta, semplicemente, non è contemplato. l onstage luglio - agosto 75


ALL YOU NEED IS LOVE Testo di LORENZO LAMPERTI

76 onstage maggio 68

- giugno


È facile associare L'attimo fuggente al grande Robin Williams. Ma quel film ha anche il merito di aver lanciato un allora giovanissimo Ethan Hawke. Da quel momento il texano ha scritto e diretto film e, soprattutto, ha interpretato molti ruoli (a luglio lo vedremo in Predestination) mostrando grande talento e versatilità. Grazie all’amore per il proprio mestiere, Ethan continua a divertirsi come nell’89. Se poi c’è di mezzo la fantascienza, meglio.

N

e è passato di tempo da quando saliva sui banchi e gridava «Capitano! O mio capitano». E ne ha fatta di strada da quando impersonava quel timido e impacciato studente che desiderava tanto recitare. Ethan Hawke ha realizzato il sogno del primo personaggio importante da lui interpretato, Todd Anderson ne L'attimo fuggente. Era il 1989 e quel magrolino esordiente che veniva dal Texas era appena diventato maggiorenne. Ethan ha colto l’attimo e oggi è un attore maturo che negli anni ha saputo dimostrare tutta la sua versatilità. Da commedie come Before Sunrise ai thriller alla Training Day, dall'horror di Daybreakers all'esperimento sociologico di Boyhood, Hawke ha saputo imporsi in tutti i generi. Dopo aver scritto due romanzi più qualche sceneggiatura e aver anche diretto un film (L'amore giovane, 2006), sta vivendo un momento d'oro, che lo ha portato su nove diversi set nel giro di due anni. Con un'attenzione particolare alla fantascienza, genere che lui conosce bene sin dai tempi di Gattaca e che ritrova in Predestination, al cinema dal 1 luglio. E proprio da qui comincia la nostra chiacchierata. ETHAN, È SOLO UN CASO CHE NELLA TUA

Science Fiction degli anni Sessanta e Settanta. E nel corso degli anni ho sempre mantenuto un occhio di riguardo per il genere.

MA PENSI CHE UNO SPETTATORE DI UN FILM IL TUO FEELING CON IL GENERE VIENE RIBA-

DI FANTASCIENZA SIA PIÙ ATTRATTO DAL

DITO IN PREDESTINATION. QUANTO È SIMILE

CONTENUTO VISIVO E SPETTACOLARE OP-

E QUANTO È DIVERSO QUESTO FILM DALLA

PURE DALLE RIFLESSIONI PROFONDE CHE

FANTASCIENZA CHE LEGGEVI DA RAGAZZINO?

PUÒ FAR SCATURIRE? Entrambe le cose. La bellezza dei film di fantascienza è proprio questa capacità trasversale di far divertire e far riflettere. Predestination è allo stesso tempo un thriller, un film fantascientifico sui viaggi nel tempo, una riflessione morale che svela anche un personaggio transgender. Pellicole come questa vengono apprezzate di più dopo la seconda visione, perché sono molto ricchi di contenuti. Durante la prima visione è difficile cogliere tutto.

Per molti versi è un ritorno al passato, con tratti però molto originali. La prima volta che ho letto la sceneggiatura di questo film mi sono sentito come dopo aver visto Brazil. Hai presente lo straordinario film di Terry Gilliam, no? Ecco, ho pensato subito che Predestination potesse rientrare in quel genere di fantascienza. Non solo per quanto riguarda le tematiche affrontate ma anche per quanto riguarda lo spirito. È un film che va totalmente fuori dagli schemi, mi è piaciuto tantissimo lavorarci.

MOLTI CONSENSI PER LA SUA INTERPRETA-

«Della fantascienza amo il fatto che utilizzando gli strumenti del genere introduca profondi elementi di riflessione. O almeno, la migliore fantascienza è in grado di farlo»

STO LA FANTASCIENZA OPPURE C'È DIETRO

No no, non è solo un caso. Recito spesso in film di fantascienza semplicemente perché mi piacciono da morire. Io sono cresciuto leggendo un sacco di libri di fantascienza. Amavo alla follia Philip K. Dick, ma anche Robert Heinlein e Kurt Vonnegut. Insomma, divoravo tutta la

NEL FILM SEI AL FIANCO DELLA SEMI DEBUTTANTE SARAH SNOOK, CHE HA RICEVUTO

CARRIERA TROVI COSÌ DI FREQUENTE POQUALCOSA DI PIÙ?

come uno strumento per arrivare ad affrontare temi delicati.

CHE COSA TI PIACE DI PIÙ DEL GENERE FAN-

Il fatto che utilizzando gli strumenti del genere introduca profondi elementi di riflessione. O almeno, la migliore fantascienza è in grado di farlo. Predestination, per esempio, utilizza il viaggio nel tempo non come un mero espediente ma TASCIENTIFICO?

ZIONE. ANCHE TU HAI FATTO CENTRO AL DEBUTTO, QUANDO ERI APPENA MAGGIORENNE. QUALI SONO LE QUALITÀ CHE DEVE AVERE

Ci vuole soprattutto energia. E sul set Sarah Snook possedeva quella strana energia che a volte solo i giovani attori possono avere. Durante le riprese insieme a lei mi capitava di sentirmi come se stessi lavorando al fianco di un giovane Leonardo Di Caprio o con Eddie Furlong. Mi ha impressionato davvero tanto. Era assolutamente meravigliosa come donna e del tutto convincente come uomo. E in più sembrava che nemmeno recitasse. Ecco, la naturalezza è un'altra cosa fondamentale per un attore. Fa diventare, o quantomeno sembrare, tutto molto più facile, anche se in realtà stai mettendo in scena siUN GIOVANE ATTORE AGLI ESORDI?

onstage luglio - agosto 77


tuazioni davvero penose e sentimenti molto dolorosi. Un attore deve essere innanzitutto in grado di portare sullo schermo umanità. HAI COMINCIATO DA MOLTO GIOVANE A RE-

lo ha suscitato in me così tante domande, così tante emozioni. Cerco di mantenere sempre viva quella gioia e quella voglia di sorprendermi. È l'amore per i film che può fare la differenza per un attore.

CITARE A HOLLYWOOD. HAI DOVUTO FARE SACRIFICI, SOPRATTUTTO ALL'INIZIO, PER SO-

Ho fatto di tutto. Ho cucinato hamburger, ho fatto palline di gelato, ho consegnato la pizza, ho anche lavorato come muratore. Ecco, nonostante in Predestination il mio personaggio si chiami semplicemente “Il Barman”, mi manca proprio quello: non ho mai fatto il barista. Però credo che mi sarebbe piaciuto, ho sempre amato parlare con la gente. Si possono imparare tante cose facendo conversazione.

«Ho passato una vita a studiare recitazione ma cerco di mantenere viva la gioia e la voglia di sorprendermi che avevo da bambino. È l'amore per il film a fare la differenza per un attore»

NEGLI ANNI SEI DIVENTATO UN ATTORE PO-

RICEVERAI SICURAMENTE UN SACCO DI CO-

POLARE MA ANCHE UNO SCRITTORE E UN RE-

PIONI CON PROPOSTE PER RUOLI DA PROTA-

GISTA. QUALI CARATTERISTICHE DEVE AVERE

GONISTA. CHE COSA DEVE AVERE UNA SCE-

UN ARTISTA NEL PIENO DELLA MATURITÀ PER

NEGGIATURA PER COLPIRTI E CONVINCERTI

SVOLGERE AL MEGLIO IL PROPRIO LAVORO?

A FARE QUEL FILM?

STENERE LA TUA CARRIERA?

dell'arte e chi non lo fa e pensa solo ai premi o ai soldi. Per me non esiste niente di peggio di quei film che nascono inseguendo già l'Oscar. Ne sono allergico. O peggio ancora quei film che sono a caccia da subito del grande incasso, dei 100 milioni di dollari. Lo avverti immediatamente quando ti ritrovi davanti a film del genere, costruiti con l'unico pensiero delle statuette e del botteghino. Tutto ciò non mi piace. Preferisco di gran lunga film più piccoli - tipo La notte del giudizio, nel quale ho recitato un paio d'anni fa - ma che abbiano qualcosa da dire. NEL CORSO DELLA TUA CARRIERA TI SEI TROVATO TANTE VOLTE A GIRARE SCENE D'AZIONE. IN QUEI CASI ASCOLTI UN TIPO DI MUSICA PARTICOLARE PER PREPARARTI ALLE RIPRE-

Secondo me è fondamentale fare le cose che più ti piacciono. La chiave di tutto è l'amore per ciò che fai. I più grandi artisti del cinema, come Steven Spielberg e Martin Scorsese, sono così grandi perché mantengono sempre vivo il bambino che è dentro di loro, quell'entusiasmo e quell'energia che sposandosi con l'esperienza e le conoscenze li rendono così straordinari. È fondamentale riuscire a bilanciare il proprio io adulto e il proprio io bambino. Ho passato una vita a studiare recitazione ma allo stesso tempo cerco di alimentare quella parte di me che si entusiasmava quando da piccolo vedevo un film di fantascienza. Per esempio, ti ricordi Il mondo dei robot di Michael Crichton? SÌ, CERTO.

Ecco, quando l'ho visto da picco-

Il problema con i personaggi principali è che quasi sempre si sa già che cosa faranno, vale a dire la cosa giusta. Per quanto mi riguarda, il mio intento è sempre quello di cercare storie originali con un approccio innovativo. Devo dire che per quanto riguarda la mia carriera questo è uno dei migliori periodi della mia vita. Boyhood per esempio è un film unico nel suo stesso DNA. Ma anche Predestination non scherza. COSA NON TI PIACE NEL MONDO DEL CINEMA?

Nel cinema come nella vita non mi piace lo snobismo. Il mio primo maestro è stato Joe Dante, il regista del mio primo vero film da attore, Explorers. Dante mi ha insegnato a distinguere tra chi mette il proprio pensiero e la propria passione al servizio del cinema e

In realtà cambio quasi sempre, ma prima di girare le scene d'azione ascolto molto spesso gli Arctic Monkeys. La musica è il miglior strumento che ha a disposizione un attore per la creazione di uno stato d'animo. È un'arma fondamentale. SE?

CHE COSA FARÀ ETHAN HAWKE DA “GRANDE”? CHE TIPO DI FILM TI PIACEREBBE FARE

Intanto ho diretto un documentario sulla storia e sulla vita del grande compositore e pianista Seymour Bernstein, Seymour: An Introduction. Poi mi piacerebbe fare un film sull'eterna guerra dei sessi e su come gli uomini prevarichino spesso le donne grazie alla violenza, fisica e psicologica. Può sembrare un po' pretenziosa come idea, ma se incastoni questo tema in un genere specifico può venire fuori qualcosa di interessante. IN FUTURO?

HO UN'IDEA IN MERITO AL GENERE AL QUALE STAI PENSANDO...

Fantascienza, of course.

PREDESTINATION di Michael & Peter Spierig – Australia, 2014 IL CAST:

i deludenti Undead e Daybreakers i fratelli Spierig, o

Ethan Hawke, Sarah Snook, Noah Taylor

"Sci-fi Brothers" come li chiamano in Australia, abbandonano le atmosfere da horror trash e confezionano un

78 onstage luglio

- agosto

Un agente speciale va avanti e indietro nel tempo per

thriller fantascientifico dai forti contenuti etici e morali,

bloccare futuri criminali. Il suo ultimo incarico è anche

rivelando tutto il loro talento visivo. Ethan Hawke è il

il più pericoloso: dovrà trovare un terribile assassino e

protagonista di quello che può essere considerato un

garantire l'applicazione della legge per l'eternità. Fon-

Minority Report più complicato ma anche più coinvol-

damentale per portare a termine la missione il ruolo di

gente. Predestination è un puzzle dirompente i cui tas-

una donna il cui destino si intreccia con il suo. Dopo

selli si sistemano solo in un finale avvincente.


MAX PEZZALI TOUR 2015 SETTEMBRE 23 MORBEGNO Polo Fieristico (DATA ZERO) 25 ANCONA Palarossini 26 RIMINI 105 Stadium 29 MANTOVA Palabam

OTTOBRE 02 FIRENZE Mandela Forum 06 LIVORNO Modigliani Forum 08 ROMA Palalottomatica 13 PERUGIA Palaevangelisti 15 BARI Palaflorio 17 ACIREALE (CT) Palasport 20 EBOLI (SA) Palasele 22 BOLOGNA Unipol Arena 24 TORINO Pala Alpitour 27 GENOVA 105 Stadium 29 MODENA Palapanini 31 VERONA Palasport

NOVEMBRE 01 TRIESTE Palatrieste 06-07 MILANO Mediolanum Forum 09 MONTICHIARI (BS) Palageorge 12 CONEGLIANO (TV) Zoppas Arena 15 PADOVA Palafabris

onstage maggio - giugno 79


OGNI FESTIVAL HA IL SUO GOER Sziget, Glastonbury, Sonar. Con la bella stagione il Vecchio continente propone un’ampia varietà di festival, ognuno dei quali ha la sua filosofia. E ogni filosofia ha il suo seguace, disposto a tutto pur di esserne parte. Perché la musica, in realtà, non è affatto il primo motivo per partecipare a un festival Testo di FRANCESCO RICCARDI

80 onstage luglio

- agosto


Q

uelli che seguirebbero il loro cantante preferito in capo al mondo. Quelli che apprezzano il clima generale, e in fondo potrebbero benissimo fare a meno della musica. Quelli che inseguono un arricchimento culturale e magari anche un viaggio nel tempo. O un viaggio e basta (intendetelo come volete). Quelli che vogliono ritrovarsi in una comunità. Quelli

che vanno in mezzo agli altri per sentirsi più soli. Quelli che mettono su una posa e un ricordo da campionario, filtrato come una foto su Instagram. Tutti sotto a un palco, attirati non solo dall'artista ma dalla composizione dell'intero cartellone. Ci sono tanti motivi per frequentare un festival. Ai motivi, spesso, corrispondono diversi tipi di festivalgoer, ossia gli spettatori da festival. Diversi tra loro, ma quasi sempre alla ricerca di una vibrazione. Una sensazione

unica: diversa da quella data da un concerto occasionale, alternativa a quelle del mondo appena fuori dal cordone d'ingresso.

UN CONTORNO MOLTO BUONO «La cosa più bella secondo me è proprio l'atmosfera. Si può passare una settimana senza vedere neanche un concerto e diver-

onstage luglio - agosto 81


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- agosto

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tirsi lo stesso». Marco, 28 anni, è un fan sfegatato di Sziget, il festival più famoso del centro Europa. Ormai è un veterano, con sette edizioni alle spalle e un entusiasmo tale da indurlo a far parte dell'organizzazione dell'evento. Non vede l'ora di ripartire per Budapest. A conquistarlo non sono stati soltanto i palchi, ma tutto ciò che succede sull'isola della vecchia Buda. «Certo, ho visto un sacco di gruppi che mi piacciono tantissimo. Ma la musica, più che altro, è un contorno molto buono. L'isola è grande, coloratissima e piena di arte: dalle installazioni alla pittura, dalla scultura alla street art». Una volta piantata la tenda – la buona attitudine al campeggio è un requisito essenziale per un vero festivalgoer – ci si può dare persino al circo, provare sport estremi come il bungee jumping o semplicemente abbrustolirsi in spiaggia, consumando birra a prezzi stracciati. Quando parla dell'isola, Marco assomiglia al naufrago protagonista di Onda su onda di Paolo Conte («Stupenda l'isola è / il clima è dolce, intorno a me...»). Sul Danubio mancheranno le palme e i bambù, nondimeno è un luogo pieno di virtù: «L'ambiente ti attira, appaga tutti i sensi. Si provano solo sensazioni positive». E si sperimenta per una settimana un vero villaggio globale, in compagnia di oltre 400mila persone provenienti da una novantina di Paesi: «Ritrovi varietà negli stili di vita come nella musica. E anche chi è un po' chiuso riesce ad aprirsi». Insomma, si va al Sziget guidati dalla voglia di scoprire

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nuove band, ma il requisito fondamentale resta l'apertura mentale. Tanto che Marco si dichiara con la frase che contraddistingue ogni vero festivalgoer: «Io ormai ci vado a prescindere da chi suona».

IL 10 PER CENTO Che poi sarebbe il punto fondamentale, quando parliamo di festival. Da Sziget a Glastonbury (“Glasto” per i fan più accaniti), dai mega ai piccolissimi raduni, è importante creare un marchio riconoscibile. Serve a guadagnarsi la fedeltà degli spettatori. Ci vuole un lavoro costante negli anni per costruire credibilità. Solo così si inducono gli appassionati a comprare i biglietti di un festival prima ancora che escano le line up definitive. Ma è proprio qui che, storicamente, l’Italia fallisce. Vuoi il dialogo non sempre facile con le istituzioni locali. Vuoi pure una mancanza di pianificazione e di analisi da parte dei promoter. Risultato: i festival made in Italy di solito durano poco e si estinguono con facilità. Tant’è vero che il festivalgoer di casa nostra si è abituato a mettere i soldi da parte per viaggiare all'estero. Via in direzione di Primavera Sound a Barcellona, per esempio, tappa obbligatoria per gli amanti dell'indie. Quest'anno gli italiani lì erano circa il 10 per cento. Oppure al suddetto Sziget, 500 chilometri di autostrada dopo Trieste. O in uno dei tanti festival inglesi, dove peraltro si può scoprire un fenomeno da noi quasi inesistente: la di-

COMPTOIR DES COTONNIERS Cintura sottile in pelle intrecciata nei toni dell’arancio, azzurro e argento. 65 Euro

mensione familiare del rock. Una passione a base di chitarre elettriche che si tramanda da tre generazioni. Non è difficile trovare genitori e figli sdraiati insieme in un parco, attrezzati come per il più classico dei picnic, in attesa di una vecchia gloria come Neil Young o dei nuovi big come i Muse. Un altro tipo di famiglia è costituita dai generi musicali. Potete scommettere che chi fa una gita al Sonar (di nuovo Barcellona) vorrà andarci di nuovo l'anno dopo – senza mettere da parte la possibilità di girare gli altri eventi elettronici del Continente e non solo. Renato, giovane avvocato milanese, sta invece cercando di tornare a The Fest, in Florida: va lì per rivedere chi segue l'etica punk e lo stile DIY (Do It Yourself ): «Sono incontri che non si fanno nei grossi festival». Il metal continua ad avere le sue coordinate a parte – e non c'è rischio che il movimento si fermi, come confermano i dati di Spotify sulla fedeltà d'ascolto.

BAFFI ARRICCIATI Intanto, guardando all'Italia, l’universo indipendente si organizza da più parti per vedere da vicino i suoi eroi. Di norma accorrono, oltre ai curiosi, quei tipi umani pronti a concedersi il guilty pleasure del pop tricolore d'antan e a ridisegnarsi con un vestito vintage. La dose di hipsteria (o hipsterismo) può essere alta. Anzi, in certi casi potrebbe dare il capogiro. Ma attenzione a non prenderli tutti per poser: sarebbe un'ingiustizia,

CLAIRE’S Ghirlanda per capelli in corda con rose applicate, in perfetto stile Woodstock. 11,99 Euro

onstage luglio - agosto 83


STYLE

e grave. Il modello, ancora una volta, va cercato all’estero. Nei vari Coachella e Bonnaroo, traboccanti di baffi arricciati, barbe surreali e T-shirt di band che forse ancora non esistono. Certo, in occasioni così, la condivisione social non può mancare – a dispetto della classica e ricercata noncuranza sfoggiata dagli hipster. Eppure dovunque il festivalgoer, pur pronto a scomodità di ogni tipo, si è dotato della strumentazione più adatta a inquadrare i suoi ricordi.

NON LASCIARE TRACCIA E non va dimenticato il lato fashion, in fondo presente anche nella più confusa delle arene estive. Coachella, negli Stati Uniti, è la piazza ideale per sfoggiare lo stile bohémien chic che avete sempre dovuto

comprimere. E se la compressione si è estesa ad altri aspetti della vita, non vi resta che fare una capatina nel deserto del Nevada per Burning Man, una delle ultime mete libertarie. La musica, lì, c'entra relativamente: come festival fa genere a sé. Ma non è detto che le vostre vie dei canti non vi facciano tappa. È un’esplosione di creatività psichedelica tinta di anarchia, nello scenario di ritorno alle condizioni base della convivenza umana. Non stupitevi nel vedere la popolazione dei festivalgoer girare nuda o quasi, con addosso più accessori strambi che vestiti. Una scelta sicura? Portarsi dei costumi da bagno – suggerimento valido per molti festival, a dire il vero. Ricordate che l’importante, alla fine, è “non lasciare traccia” e far rimanere intatto l’ambiente circostante. Le conseguenze più durature del Burning

Man sono nelle memorie, magari un po’ sballate, dei suoi avventori. Se invece restate al di qua dell'Atlantico, con molta probabilità guarderete dritti Glasto – adizeil quale, La T-shirt e i apantaloncini ro di propria Adidas che indossa Fabio per inciso, nella definizione ufficiaFognini il sono le non cita affatto popin otessuto il rock,climalibensì le te®, che impedisce all'umidità «contemporary performing arts». Un medi prendere parte al gioco. Ogni morabile oceano di èfango, rockstar mistimaglietta stampata a mano epercismo più ociò meno posticcio (Glastonbury, ogni capo è unico. Le scarpe Roland Feather 3 nonostante sia un Garros paese adizero piuttosto piccolo, sono state ispirate della dai match è da anni una delle capitali Newche Age). si giocano nell’impianto francese, Il festivalgoer medio lo venera tanto da farlo sono ultraleggere e assicurano andare sold grip oute ben prima della resistenza grazie allapresentasuola zione definitiva dei protagonisti. Per farcela ADIWEAR™ 6. in quella specie di zoo umano, non vi conviene pensare troppo. Limitatevi a seguire il consiglio dell'Indipedent: «Nel dubbio, vestitevi come Kate Moss. Anche se siete uomini».

TUTTI A BUDAPEST

L’edizione 2014 del Sziget è stata da record, oltre

+ The Machine, The Script, Gogol Bordello, Avicii,

si susseguiranno 24 ore su 24 durante la settimana

415.000 le presenze. Quest’anno gli organizzatori si

Kasabian, Limp Bizkit e chi più ne ha più ne metta.

di Ferragosto. Non resta che pianificare il viaggio. Ma

preparano ad accogliere ancora più persone, grazie

E non manca nemmeno una buona rappresentanza

non vi preoccupate, al Sziget pensano proprio a tut-

anche ad una line up che, come sempre, non esclude

della musica di casa nostra, con Canzoniere Greca-

to, anche a come agevolare l’arrivo dei tanti italiani.

nessun genere musicale. Dal 10 al 17 agosto si esibi-

nico Salentino, Roy Paci e Aretuska All Stars, Après

Sul sito del festival http://it.szigetfestival.com/ potete

ranno sulla verde isola di Obuda - situata nel mezzo

la Classe, FASK e Lo Stato Sociale. Sono oltre 50 i

comprare i biglietti A/R del pullman (con partenze da

del Danubio a Budapest - Robbie Williams, Florence

palchi su cui si farà musica e circa mille gli eventi che

ben 19 città) o trovare tutte le info per fare da soli.

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- agosto

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onstage luglio - agosto 85



WHAT’S NEW

FARFALLE IN ACIDO IL NUOVO ALBUM DEGLI AUSTRALIANI TAME IMPALA È UN CAPOLAVORO. A METÀ TRA JOHN LENNON, FLAMING LIPS E DAFT PUNK, PORTA LA PSICHEDELIA SU NUOVI ORIZZONTI. Testo di PIETRO PRUNEDDU

TAME IMPALA Currents (Interscope)

« H la gente ballare con la nostra mu-

o realizzato che non ho mai visto

sica». Il tarlo nell’eclettica mente di Kevin Parker ha agito per tre lunghi anni. Quelli trascorsi da Lonerism, il disco della consacrazione per i Tame Impala, a Currents, terzo album della band australiana. Il nuovo lavoro degli alfieri del Rinascimento psichedelico ha l’obiettivo dichiarato di essere «più dance-friendly». Parker, il cantante, chitarrista, compositore e produttore, ha spiegato che «ascoltare le nostre canzoni era un’esperienza solitaria e volevo muovermi da questo». La direzione indicata dal leader è quella ispirata dalla «Goa trance e dai rave indiani sulle spiagge». Prendano nota gli organizzatori di feste estive, perché Currents è zeppo di hit da ballare davanti a un falò sotto le stelle o nelle discoteche a cielo aperto, all’alba, per chiudere con classe una serata. Sembra un abusato cliché, ma il terzo disco del capellone di Perth è quello del cambiamento. Se l’esordio Innerspeaker (2010) era introspezione, Lonerism (2012) è stato il trovarsi, finalmente. Currents è il bisogno di

accendere i riflettori e mostrarsi al mondo. La one-man-band più influente dell’emisfero australe da bruco è diventata crisalide e si è trasformata in una coloratissima farfalla in acido. Le registrazioni casalinghe si sono perfezionate, le contaminazioni ampliate. C’è una maniacale cura del dettaglio alla Kendrick Lamar (anche lui dell’etichetta Interscope), il fedele richiamo del sound Sixties estrapolato da Cream e Jefferson Airplane, l’ammiccamento al synth come fossimo nella colonna sonora di un film di Nicolas Winding Refn. Currents è il disco che John Lennon farebbe se fosse vivo nel 2015, con il supporto di una band come i Flaming Lips e con la produzione dei Daft Punk. La prima traccia Let it Happen, singolone da quasi 8 minuti, culla la transizione dai familiari Tame Impala di sempre a un universo di robot francesi con maschere da astronauti. L’andamento da parco giochi festoso e sintetico è chiaro anche in The Moment, prima della meravigliosa Yes, I’m changing, tuffo nelle ballate da lento e luce spenta delle festicciole adolescenziali

anni ‘80. Ma è The Less I Know the Better il vero segnale di un cambio di passo verso nuovi orizzonti. Il “goffo” (parole di Parker) ma riuscito esperimento di fare una canzone funk da un bianco del nuovo millennio. Folle e visionario. Il passaggio seguente è Past Life, rimpallo di voci fluttuanti senza epoca e ninna nanna straziante. In ‘Cause I’m Man la mutazione verso la disco music è completa. Testo diretto (una rarità per i Tame Impala), dedicato alla debolezza insolente dell’uomo. Ed è qui che la voce di Parker viene esposta, messa a nudo, spogliata da strati di orpelli fuzzy. Non scade mai questo album. Nella conclusiva New Person, Same Old Mistakes il debito con il già citato rave indiano è saldato alla perfezione. Qualche anno fa Kevin Parker, scherzando (o forse no) disse che gli sarebbe piaciuto che i Tame Impala «suonassero un po’ Britney Spears». Un’iperbole per spiegare che la psichedelia può essere anche pop. Ma questo album va molto oltre. La farfalla dai colori accecanti sta già volando più in alto di qualsiasi etichetta immaginabile. onstage luglio - agosto 87


MUSICA

MATURITÀ ARTISTICA Testo di MASSIMO LONGONI - Foto di PETER LINDBERGH

MIKA No Place in Heaven (Universal)

D

opo tre anni durante i quali Mika è stato quasi esclusivamente “il giudice di X Factor”, si torna finalmente a parlare di lui per quello che è il suo vero mestiere, cioè autore e interprete di canzoni. No Place in Heaven è figlio di un lungo lavoro, tanto che già nella primavera di un anno fa il cantante aveva annunciato di volerlo pubblicare entro il 2014. I tempi si sono invece allungati, forse anche perché in questo periodo di pausa, complice la pubblicazione di una raccolta nel 2013 (Songbook vol. 1), Mika ha tirato un po’ le somme del percorso fatto fin qui e ha pensato che fosse il momento di cambiare qualcosa. Chiamatela maturazione o semplicemente spostamento del fuoco su altri modelli, fatto sta che la differenza si sente, forse anche perché questo è un album fatto in casa, nel vero senso della parola. Scritto e realizzato in un appartamento

preso in affitto da Mika sulle colline di Los Angeles, a un passo da dove incideva Carole King, uno dei punti di riferimento di questo lavoro insieme ai primi Elton John e Billy Joel. Le sue passioni affondano così sempre negli anni Settanta, un decennio per lui fondamentale e prezioso. Ma se prima i paragoni che saltavano alla mente erano quelli con i Queen, David Bowie o i big della disco più spensierata, adesso Mika ha voluto dare un taglio più “cantautorale”, dove le virgolette sono d’obbligo. Eccettuate le ballate pianistiche come Ordinary Man e Hurts, si tratta sempre di un pop contagioso, nei suoni così come nella levità, sempre bilanciata da una vena di malinconia, della scrittura. Ma è evidente un minore istrionismo, per esempio a partire dall’uso del falsetto, più contenuto rispetto al passato, e un gusto per brani più dritti. Quello che

resta è la grande qualità, in fase compositiva e di confezione (tra gli arrangiatori c’è Lucio Fabbri). Mika omaggia a suo modo personaggi e melodie che lo hanno forgiato. In Good Guys si rivolge ai personaggi controcorrente che lo hanno ispirato, come Andy Wharol e James Dean, Last Party (che è tutto tranne una party-song) è dedicata a Freddie Mercury, mentre Talk About You cita apertamente la melodia di Sarà perché ti amo dei Ricchi e Poveri, al punto che tra gli autori sono stati inseriti anche quelli del brano italiano. All She Wants e Promiseland sono quasi impossibili da non ballare, ma per cercare i semi della maturazione bisogna andare alla title track, intima e intrisa di una malinconia dove pure non manca mai il sorriso. Quello di chi dice «se andrò in paradiso bene, altrimenti mi divertirò lo stesso». E noi con lui.

Micro-reviews WE ARE WAVES Promises (MeatBeat Records)

Ci sono i primi #DepecheMode dietro a questa giovane band torinese, ma anche gli #Smiths del connubio Morrissey - Johnny Marr. Insomma tanti anni Ottanta, ma rinfrescati al giorno d’oggi. E bene.

88 onstage luglio

- agosto

KATHRYN WILLIAMS Hypoxia (One Little Indian / Audioglobe)

Ispirato al romanzo La campana di vetro della poetessa Sylvia Plath, questo splendido album non potrà non conquistarvi sin dalla prima canzone. #Folk e #Pop accompagnati da una voce sopraffina.

BOOMDABASH Radio Revolution (Soulmatical)

Tanta bella energia nel quarto album della band salentina che ha saputo sporcare #reggae e #roots con un pizzico di sano pop e canzone italiana. Il featuring con J-Ax è #tantaroba.

YEARS & YEARS Communion (Polydor)

Sono il gruppo sul quale puntare tutte le fiches per l’anno 2015. Un sound perfetto e un frontman capacissimo di attirare su di sé tutte le attenzioni. #Synthpop, #elettronica e #dance.


FLO MORRISSEY Testo di ALVISE LOSI

Tomorrow Will Be Beautiful (Glassnote Records)

GUÉ PEQUENO Testo di MARCO AGUSTONI

Vero (Universal / Def Jam Recordings)

V

«

orrei non avere età. Mi piace pensare che quando le persone ascoltino la mia musica non pensino che a cantare sia una ragazza di 19 anni». A prescindere dalla bellezza della voce e delle melodie, Flo Morrissey ha perfettamente realizzato il suo obiettivo, perché il suo primo lavoro sembra tutto fuorché un album di debutto. Tomorrow Will Be Beautiful è forse un disco pulito, elegante, fatto di belle e solide canzoni, scritte, suonate e cantate con grande intensità, ma privo del classico brano di successo. E sono queste le prime volte più belle. Perché si riduce il rischio di trasformare immediatamente una giovanissima e promettente artista in una star, e di conseguenza renderla subito dopo una meteora. Cresciuta vicino a Portobello Road, una delle zone più suggestive (e care) di Londra, e supportata dalla famiglia al punto di abbandonare la scuola a 17 anni per intraprendere la carriera musicale, sembra che Flo abbia le idee piuttosto chiare su quale sia il tipo di percorso da seguire.

R

iportiamo questa roba dove è nata, in strada», ripete Gué Pequeno in Squalo, singolo di lancio tratto dal suo terzo album da solista Vero. Una frase così programmatica potrebbe far pensare a un drammatico cambio di rotta, addirittura a un disco hip hop vecchia scuola oltranzista. Ma - purtroppo o per fortuna a seconda dei punti di vista - non è questa la strada intrapresa dall'mc dei Club Dogo, nonostante l'apertura del disco possa farlo credere. Pequeno, pezzo prodotto da Bassi Maestro con un beat molto classico, privo di ritornello e con numerose punchline come usava una volta, serve a Cosimo Fini per mettere in chiaro le proprie qualità tecniche, in passato lasciate spesso da parte in favore di un flow più disteso e frammentario. Il brano successivo, Le bambine piangono, prosegue su un registro simile, ma quando arriva il momento il rapper lascia da parte i virtuosismi e predilige un approccio forse meno elegante, ma di sicuro più diretto e

«

Neil Young e Nick Drake, Devendra Banhart e Antony and the Johnsons sono i suoi artisti preferiti. Ma, giura, «non ho influenze particolari quando scrivo». Certo è che avere un produttore come Noah Gerogeson, che ha lavorato con Joanna Newsom, non può essere solo una coincidenza, così come la presenza di strumenti come l’arpa celtica o l’armonium nella maggior parte dei pezzi. Resta il talento puro di un’artista in grado di infilare una sequenza di dieci ballate delicate ma forti, dall’apertura di Show Me alla sognante Sleepless Dreaming, dalla trascinante Pages of Gold alla splendida Tomorrow Will Be Beautiful. Tutte molto personali, come è normale che sia per una ragazza che a 19 anni può avere visto solo una parte di mondo. C’è sicuramente ancora molto lavoro da fare, soprattutto per evitare che Flo diventi l’ennesima cantautrice incastrata nell’omologazione del troppo e del solo: una voce troppo eterea e una scrittura solo evocativa. In ogni caso uno dei debutti più interessanti dell’anno.

immediato, vedi episodi come Bosseggiando o Mollami. Gué si concede pochi featuring (per quanto di prestigio, come Akon in Interstellar), ma in compenso si affida a uno squadrone di produttori - dagli italiani Don Joe, Crookers e Bassi Maestro all'americano Major Seven - che lo aiutano a dispiegare una palette di suoni e stili piuttosto ricca, con accenni vintage e sonorità moderne che si susseguono e mescolano traccia dopo traccia. Questa varietà sonora e stilistica consente di apprezzare tutte le sfaccettature dell'artista, ma nel complesso risulta di una qualità discontinua. Eppure con il suo esordio per la prestigiosa Def Jam Recordings Gué Pequeno è riuscito a mettere in piedi un disco che dovrebbe trovare d'accordo tanto i seguaci di vecchia data quanto gli ultimi arrivati. E, tutto sommato, servire anche a far pace con i delatori più accaniti, che se anche non apprezzeranno il marchio di fabbrica del Guercio, ne dovranno riconoscere le potenzialità.

onstage luglio - agosto 89


CINEMA

SIAMO ANCORA LIBERI DI SCEGLIERE? Prendete lo scrittore/sceneggiatore di fantascienza piĂš osannato degli ultimi 20 anni, il mito di Frankenstein e le cronache degli scorsi mesi su Google e i colossi del web. Mischiate tutto con una miscela di tecnologia e quesiti sull'identitĂ e avrete come risultato Ex Machina, la prima opera da regista di Alex Garland. Testo di TOMMASO MAGRINI

EX MACHINA

90 onstage luglio

- agosto

di Alex Garland, Usa/Gran Bretagna, 2014 - CAST: Domhnall Gleeson, Oscar Isaac, Alicia Vikander, Sonoya, Chelsea Li


MICRO-REVIEWS

I

mmaginate un mondo dove il principale motore di ricerca presente sul web raggiunge il 94 per cento delle quote di mercato. Un mondo dove la delega delle attività umane alle macchine è sempre più forte, dove non bisogna nemmeno più avere la preoccupazione di non sapere quale porta aprire e quale porta lasciare chiusa quando ci si trova ospiti a casa del proprio datore di lavoro. Un mondo nel quale i sentimenti sono sostituiti dal beep di un sensore. Un mondo omogeneizzato che ha cancellato il dubbio perché una Rete onnisciente ti mostra solo quello che sai già, quello che ami già. Un mondo dove l'umano lascia sempre più sue funzioni all'artificiale e l'artificiale assume sempre più i contorni dell'umano. Immaginate tutto questo e avrete un'idea del mondo cui ha dato vita Alex Garland, regista e sceneggiatore di Ex Machina. Una situazione poi non molto diversa da quella attuale, dove la Rete agisce già come una perenne conferma dei nostri gusti e Google si candida seriamente a fare le veci del Big Blue del film. Tanto che il colosso di Mountain View è recentemente finito nel mirino dell'Unione Europea per sospetto abuso di posizione dominante. Secondo l'antitrust di Bruxelles Google sistematicamente mostra in posizioni più visibili nei risultati di ricerca i suoi servizi di comparazione di prodotti, indipendentemente dal merito, non garantendo dunque un risultato neutro. L'inglese Garland, lo scrittore di culto di The Beach e 28 giorni dopo continua il suo percorso fantascientifico ma non troppo riprendendo le fila della tematica dell'identità di Non lasciarmi. In quel caso si occupava di cloni, qui di intelligenze artificiali. E lo fa portando alle estreme conseguenze quello che sta già accadendo intorno a noi. Così il capo del più grande motore di ricerca al mondo, interpretato da un disturbante Oscar Isaac, può addirittura aspirare a diventare un dio, in grado di donare la vita a immagine e somiglianza dei propri desideri. Mentre uno dei suoi dipendenti, il giovane Domhnall Gleeson, viene scelto in base alle sue ricerche più intime su internet per rispondere a uno scopo: testare una nuova intelligenza artificiale, resa carne e cavi dalla conturbante Ava, interpretata da Alicia Vikander. Fantascienza? Mica troppo. Negli ultimi 10 anni Google ha effettuato 250 acquisizioni con l’obiettivo di esplorare nuove frontiere della tecnologia e aprire nuovi mercati. Droni, auto intelligenti in grado di guidarsi da sole e tutti i vari progetti sulla realtà aumentata sono solo

una parte delle innovazioni che Mountain View ha in mente. A Google interessano molto anche i robot: nel 2013 ha acquisito Boston Dynamics, una società che costruisce automi che mimano i movimenti di esseri umani e animali con stupefacente abilità, rapidità e a volte anche forza eccezionale. E sono ormai una decina le aziende di robotica in mano a Big G. La robotica è guidata sempre più dai dati e gestita tramite sensori e algoritmi. Non è impossibile allora pensare che in un non troppo lontano futuro possa venire davvero alla luce una nuova Eva, che come l'Ava di Ex Machina non sia altro che il risultato di miliardi di dati ed espressioni rubati dagli smartphone di tutto il mondo. L'esito è sconvolgente: molto spesso Ava sembra persino più umana dei due protagonisti in carne e ossa, nonostante i suoi circuiti

«La situazione del film non è molto diversa da quella attuale, dove la Rete agisce già come una perenne conferma dei nostri gusti» elettronici siano (quasi) sempre in bella mostra. Ma davvero Ava è in grado di provare sentimenti? Oppure il suo desiderio di umanità non è nient'altro che un input dettatole dal suo creatore? La domanda non è di facile risposta. Ciò che sembra assodato è che incarna il desiderio del suo creatore e i suoi comportamenti sono il risultato dei comportamenti di altri. Ava, come i motori di ricerca o come i social network, ci mostra quello che lei pensa noi vorremmo vedere. Caleb è attratto da lei e lei si fa attrarre da lui, così come YouTube ci suggerisce in continuazione di guardare video che corrispondono alle nostre passioni. Garland ci avverte dei rischi di un mondo, il nostro, dove i nostri dati personali e la nostra privacy sono sempre più esposti e nel quale le nostre passioni o i nostri interessi vengono continuamente riutilizzati per ricerche di mercato, consigli di navigazione. La Rete ci imbocca e spinge a omogeneizzare, accomunare il simile e allontanare il diverso. Ci fa aprire porte che già conosciamo e lasciare chiuse tutte le altre. Il rischio è quello di trovarci un giorno, come Caleb, dietro porte che non saremo più in grado di aprire.

TERMINATOR GENISYS di Alan Taylor (Usa, 2015) Azione e #fantascienza nel reset della saga creata nel 1984 da James Cameron. Arnold Schwarzenegger torna nei panni del #cyborg buono programmato per proteggere la piccola Sarah. Perché non si esce vivi dagli anni '80.

BABADOOK di Jennifer Kent (Australia, 2014) Applicazione originale del mito dell'#uomonero in uno dei film più spaventosi dell'anno. Questo #horror disturbante e anticonvenzionale assume i contorni di una favola morale che insegna a fare i conti con le proprie paure.

PIXELS di Chris Columbus (Usa, 2015) Gli #alieni scambiano le immagini dei #videogiochi anni ‘80 per una dichiarazione di guerra e decidono di invadere la #Terra. Con gli stessi videogames. La sorte dell'umanità dipende da un team di nostalgici #nerd capitanati da Adam Sandler e Peter Dinklage.

ANT-MAN di Peyton Reed (Usa/Gb, 2015) Continua l'invasione dei supereroi #Marvel. Stavolta tocca al dottor Pym alias #UomoFormica. Capace di rimpicciolirsi e aumentare la forza a piacimento, è membro fondatore degli #Avengers. E, manco a dirlo, gli tocca salvare il mondo.

MISSION: IMPOSSIBLE ROGUE NATION di Christopher McQuarrie (Usa, 2015) Quinto film della saga con protagonista l'agente #EthanHunt, con un Tom Cruise che a 50 anni si appende ancora ad aerei in volo. La nuova sfida impossibile: eliminare il #Sindacato, una letale organizzazione criminale.

GRIMSBY di Louis Leterrier (Usa, 2015) Sacha Baron Cohen torna con una #spycomedy. L'ex protagonista di Borat interpreta un tifoso di #calcio dal quoziente intellettivo infinitesimale che rimane coinvolto in una delicatissima indagine dei servizi segreti britannici.

QUALCOSA DI BUONO di George C. Wolfe (Usa, 2014) Dramma sentimentale interpretato da Hilary Swank ed Emmy Rossum, star della serie tv Shameless. Storia di un'#amicizia tra due donne, una malata di #Sla l'altra studentessa/badante. Tratto dal romanzo di Michelle Wildgen. onstage luglio - agosto 91


SERIE TV

DOSTOEVSKIJ IN SALSA POP Dopo lo straordinario esordio torna True Detective, fiore all’occhiello di Hbo per non cedere il trono delle serie tv. Per la seconda stagione cambiano storia, ambientazione e cast. La sfida è quella di mantenere gli ingredienti del primo capitolo. A partire da un approfondimento filosofico imprevedibile per un prodotto pop. Testo di TOMMASO MAGRINI

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on importa quanta banalità e ripetitività pervadano la televisione, perché la luce sta tornando. Una libera parafrasi dell'ultimo dialogo della prima stagione di True Detective che contiene l'auspicio di molti: il secondo capitolo dello show creato da Nic Pizzolatto sarà all'altezza del primo? È quello che si augura anche Hbo, che non ha nessuna intenzione di cedere il trono (di spade) conquistato grazie al fantasy politico Game of Thrones e rinsaldato con il poliziesco filosofico di True Detective. Il debutto più acclamato degli ultimi anni non deve deludere le attese, per forza di cose altissime. Otto nuove puntate ci diranno se True Detective raggiungerà il suo reale obiettivo: diventare la cosa più vicina a un romanzo per immagini che sia mai apparsa sul piccolo schermo. Per farcela deve vincere tre sfide. Prima sfida: mantenere i tratti distintivi. True Detective rappresenta quasi un unicum nel panorama delle grandi serie tv. La seconda stagione avrà una storia, un'ambientazione e dei protagonisti totalmente diversi dalla prima. Dalle paludi della Louisiana si passa alla California. Il duo Matthew McConaughey - Woody Harrelson cede il passo a Colin Farrell e Vince Vaughn. Pizzolatto sarà riuscito a conservare quell'atmosfera e quell'unità narrativa che hanno portato la prima stagione a livelli recitativi e visivi forse mai visti al di fuori di una sala cinematografica? Seconda sfida: stabilire una forte alchimia tra i personaggi. McConaughey e Harrelson erano due detective agli antipodi l'uno dall'altro ma nel corso delle puntate la loro

profonda e umana complessità li ha portati a un punto d'incontro. I tre detective Farrell, McAdams e Kitsch più il criminale Vaughn funzioneranno allo stesso modo? Terza sfida: l'approfondimento filosofico. È ciò che ha reso così grande la prima stagione. Nichilismo, realismo, eterno ritorno. Esagerando un po', si potrebbe dire che un

prodotto popolare così denso di temi esistenziali e religiosi non si vedeva dai tempi di Dostoevskij. Qualcuno ha accusato Pizzolatto di aver scopiazzato qualche teoria di Nietzsche e qualche altra di Thomas Ligotti. Tocca al buon Nic dimostrare che non siamo rimasti folgorati da un fuoco di paglia e che la luce sta davvero vincendo.

MICRO-REVIEWS

EXTANT 2° stagione negli Usa dal 1° luglio (Premium Action) Halle Berry

è un'astronauta che torna a casa misteriosamente incinta dopo un viaggio nello #spazio. Cbs, network celebre per classiconi come Csi, Beautiful e Dallas continua il suo svecchiamento affidandosi alla #fantascienza.

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MASTERS OF SEX 3° stagione negli Usa dal 12 luglio (Show Time) Tornano i maestri del #sesso. La terza stagione farà un salto in avanti di svariati anni fino al 1967. Tema portante il triangolo amoroso tra Michael Sheen, Lizzy Caplan e Caitlin Fitzgerald. La tagline dice tutto: #cometogether.

SEX&DRUGS&ROCK&ROLL 1° stagione negli Usa dal 16 luglio (Fx) Esiste ancora qualcuno che vive secondo i tre mantra sacri del #rock? Denis Leary, autore e interprete della serie, prova a scoprirlo dando vita alla reunion della band #TheHeathens, il cui stile di vita negli anni '90 scandalizzava persino #KeithRichards.

PUBLIC MORALS 1° stagione negli Usa dal 25 agosto (Tnt) New York, anni '60. Il dipartimento di #polizia in difesa della pubblica morale è immerso in un mondo fatto di vizio e ipocrisia che sta velocemente cambiando. Crime drama pieno di #violenza, azione e dilemmi etici. Il debutto più atteso di fine estate.



GAMES

FARMING SIMULATOR 15 Le nuove console nella vecchia fattoria. Testo di MARCO RIGAMONTI

SVILUPPATORE:

Giants Software

/ GENERE:

Simulazione

/

DISPONIBILE PER:

PS4 / Xbox One / PC

T

utti bravi quando si tratta di comprare lo smartphone di ultima generazione e smanettare con le moderne app. Ma a livello di coltivazione dei campi come siamo messi? E' una domanda bizzarra, che probabilmente chi è abituato a vivere in città non sentirebbe mai il bisogno di porsi. Giants Software ci prende per i capelli e ci trascina giù dal piedistallo, ricordandoci che nella realtà esistono delle mansioni che non consideriamo affatto - ma che possono rivelarsi appassionanti. Farming Simulator era stato accolto con una certa ilarità nel 2013; oggi si prende la sua rivincita conquistando anche il territorio delle console di ottava generazione. Come si intuisce dal titolo, qui tocca arare campi, curare animali, gestire cicli, occuparsi della raccolta di legname e soprattutto prendere le decisioni giuste per tenere in piedi l'attività. Se vi sono venuti in mente i titoli simulativi del passato (i mitici “Sim”), cambiate subito logica di pensiero: qui il discorso è molto più complicato. Intanto perché i tutorial sono carenti – cosa che vi costringerà a pagare i vostri errori, soprattutto in termini di tempo sprecato. E poi perché occorre familiarizzare con ogni singolo macchinario che abbiamo a disposizione...e sono davvero tantissimi. Ogni mezzo richiede abnegazione per essere padroneggiato come si deve, e operazioni a prima vista semplici si trasformano presto in incubi ad occhi aperti. Laddove nei titoli simulativi anni 90 bastava un clic, qui ci

si deve impegnare per imparare le manovre utili ad eseguire anche il più facile dei gesti (stiamo parlando, per esempio, di sollevare una balla di fieno). Ma il sudore - come sempre - paga. Ovvio, stiamo parlando di un gioco dal ritmo lentissimo, e che richiede una pazienza ai

limiti dello zen. Ma una volta superato lo shock iniziale l'esperienza diventa affascinante (e istruttiva). Se riuscite a divertirvi anche senza sparare o senza sfrecciare a 300 all'ora su circuiti mozzafiato dategli una chance: quando vi prenderà sarà un'impresa staccarsi dal monitor.

MICRO-REVIEWS

SPLATOON

(Wii-U) Con le sue divertentissime battaglie a colpi di vernice per conquistare il territorio il nuovo titolo sviluppato da Nintendo fa centro; contenuti aggiuntivi gratis in arrivo a breve. #colorthecity

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BADLAND: GTY EDITION (Xbox One / PS4 / PS3 / PSVita / Wii-U / PC / OS X) Non capita spesso che un titolo “mobile” venga riproposto su piattaforme più specializzate; ma Badland è un capolavoro di semplicità che merita di essere vissuto anche su console e computer. #ilvolodiClony

THE WITCHER 3

(Xbox One / PS4 / PC) La sorprendente profondità della trama, lo sterminato open world e la varietà delle missioni bilanciano le carenze di un combat system che rimane il punto debole della produzione polacca. #Geraltisback

NOT A HERO

(PS4 / PS Vita / PC) Un affascinante run-and-gun in 2D dove a farla da padrone sono l'estrema velocità, la vena splatter, il politically scorrect e una buona dose di tamarraggine. Imperdibile. #pixelstilosi #explicitlyrics


UNA PRODUZIONE

19 SETTEMBRE 2015

REGGIO EMILIA IL CONCERTO PIÙ LUNGO DI SEMPRE

FESTEGGIAMO I 25 ANNI DALL’USCITA DEL PRIMO ALBUM LIGABUE SUONANDOLO PER INTERO CON I CLANDESTINO

FESTEGGIAMO I 20 ANNI DALL’USCITA DI BUON COMPLEANNO ELVIS SUONANDOLO PER INTERO CON LA BANDA

FESTEGGIAMO LA FINE DEL MONDOVISIONE TOUR SUONANDO IL MEGLIO DI GIRO DEL MONDO CON IL GRUPPO


TECH

PER LA PRIMA VOLTA APPLE INSEGUE Cupertino lancia il suo servizio di musica in streaming e si trova a dover competere con Spotify e Deezer, che già da anni hanno iniziato la partita. Apple riuscirà a vincere anche questa volta? Testo di GIANNI OLFENI

A

pple non smette di essere sulla cresta dell’onda tecnologica (e mediatica) dalla quale da sempre guarda i competitor dall’alto in basso. Il 30 giugno debutta ufficialmente Apple Music, il nuovo servizio streaming di Cupertino, che il noto produttore discografico Jimmy Iovine ha definito «rivoluzionario». Peccato che lo stesso Iovine non sia del tutto disinteressato, se si pensa che è stato insieme a Dr. Dre il fondatore e capo di Beats, che Apple ha acquisito nel maggio dello scorso anno per un totale di 2,5 miliardi di dollari. Non proprio la frase di un osservatore esterno. Ma cosa propone di realmente diverso Apple Music? Come sempre in questi casi servirà un periodo di prova per capire a che cosa abbiano realmente pensato gli uomini di Cupertino per rendere il loro prodotto differente rispetto agli ormai classici Spotify e Deezer. Due cose saltano agli occhi in prima

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battuta. Apple Music non è fruibile gratuitamente, è necessaria un’iscrizione da 9,99 euro al mese (con i primi tre mesi di prova gratuiti), circa come Spotify, che però ha l’opzione gratuita (in cambio dell’ascolto delle pubblicità). Perché questa scelta? Perché come avevano spiegato gli U2 dopo aver “regalato” il loro album Songs of Innocence tramite iTunes, «noi in realtà siamo stati pagati». Insomma, la musica ha un valore e non può essere gratuita in nessun caso. Un’altra novità riguarda i consigli degli esperti, che in questo caso saranno persone in carne ossa invece di algoritmi. Resta un interrogativo: Apple crede realmente nella sua nuova creatura o lo considera solo un passo dovuto per non perdere il treno dello streaming? Non è una domanda da poco, perché ciò che ha reso Cupertino quell’impero che oggi conosciamo è sempre stata la capacità di anticipare i tempi e dettare le novità. E questa è

sempre stata la prima grande regola imposta da Steve Jobs ai suoi dipendenti. Ecco, Apple Music non sembra essere quella sorpresa che in tanti speravano, anche se il servizio parte con il boost di 800 milioni di account iTunes, sarà accessibile anche su Android (è la prima volta che Apple usa la piattaforma concorrente per una sua creatura) e inoltre sarà integrato da una radio (Beats 1) e da un social network che dovrebbe consentire un contatto diretto tra fan e artisti. E qui l’ultimo tasto dolente, perché i rapporti con le star della musica non sono solo idilliaci. La Mela morsicata aveva inizialmente stabilito di non pagare le royalties alle case discografiche per i primi tre mesi di prova gratuiti, ma alcuni big (vedi Taylor Swift) e molte etichette indipendenti non l'avevano presa benissimo, minacciando di non concedere il proprio catalogo. E Apple, per una volta, è stata costretta a fare marcia indietro.


23 GIUGNO

24 GIUGNO

DALLE 23 DJSET INGRESSO GRATUITO:

DALLE 23 DJSET INGRESSO GRATUITO:

OLD & NEW SCHOOL METAL

PUNK/HARD ROCK '80/'90

6 LUGLIO

4 LUGLIO

14 LUGLIO

DALLE 23 DJSET INGRESSO GRATUITO:

POP ROCK/INDIE

16 LUGLIO

22 LUGLIO

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FROM REGGAE/DUB ROOTS TO DANCEHALL

AREA VILLAGE OGNI VENERDÌ DALLE 22

PHEEGA... È GIÀ VENERDÌ! DJ SET // ANIMAZIONE // DRINKS INTERACTIVE & OLD SCHOOL GAMES // GOOD VIBES

OGNI SABATO DALLE 22

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COMING SOON

CALENDARIO CONCERTI

U2

L’iNNOCENCE + eXPERIENCE Tour RIPARTE DALL’ITALIA Testo di CAROLINA SAPORITI - Foto di PAOLO PELLEGRIN

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ono passati quattro anni dall’ultimo tour degli U2 e finalmente il 4 e 5 settembre la band irlandese arriverà in Italia, al Pala Alpitour di Torino, per aprire la tranche europea dell’iNNOCENCE + eXPERIENCE Tour 2015 che è iniziato lo scorso maggio dalla Rogers Arena di Vancouver in Canada e prevede venti tappe complessive (con più date in ogni città). Bono, The Edge, Adam Clayton e Larry Mullen Jr. hanno scelto il capoluogo piemontese per le due uniche date italiane nelle quali suoneranno dal vivo molti nuovi brani tratti dal loro ultimo album Songs of Innonce, pubblicato a settembre dello scorso anno, e “imposto” ai possessori di iTunes recapitandolo direttamente nelle loro librerie (mediaticamente una strategia ineccepibile). In ogni caso dopo quindici minuti dalla messa in vendita i 14mila biglietti per ogni data sono andati sold out. Le novità più rilevanti rispetto all’ultimo tour sono il palco e la scenografia: i concerti degli U2 si terranno per la prima volta dopo 10 anni in palazzetti al coperto che possono ospitare meno persone rispetto a uno stadio, ma che - come ha assicurato Bono – permet-

teranno un contatto più stretto con il pubblico. Coerente con questa prima scelta gli U2 promettono di dare maggiore spazio alla musica e non alla tecnologia e agli effetti speciali come è loro solito. Quindi niente megaschermi, ma due palchi uno di fronte all’altro uniti da una passarella, pubblico a 360° gradi e un doppio schermo a led sul quale saranno proiettati video animati con i quali Bono interagirà durante il concerto. Voci di corridoio parlavano anche di una prima data elettrica e una seconda più acustica che avrebbero giocato sui temi dell’innocenza e dell’esperienza, ma le esibizioni oltreoceano non hanno segnato grandi differenze tra le due serate se non nella scaletta, aperta comunque in entrambi i casi con The Miracle (Of Joey Ramone) dell’ultimo disco. Se le due date non dovessero bastarvi potete pensare di cogliere l’occasione per una gita fuori porta ad Amsterdam, Barcellona, Londra, Berlino o Parigi. Ma il nome iNNOCENCE + eXPERIENCE Tour lascia intendere che ci sarà presto un seguito con la pubblicazione di un nuovo album Songs of Experience e un tour, forse negli stadi.

SETTEMBRE/OTTOBRE

BAD RELIGION 02/09 TREZZO SULL’ADDA (MI) 03/09 BOLOGNA CARMEN CONSOLI 05/09 MILANO - 10/09 ROMA CESARE CREMONINI 23/10 TORINO - 24/10 GENOVA - 27/10 ROMA - 30/10 PESARO - 31/10 BOLOGNA CROSBY, STILLS & NASH 01/10 MILANO - 03/10 PADOVA 04/10 ROMA DAVE MATTHEWS BAND 17/10 MILANO - 18/10 FIRENZE 20/10 ROMA - 21/10 PADOVA DEEP PURPLE 30/10 PADOVA - 31/10 MILANO FABRI FIBRA 17/10 MILANO - 24/10 ROMA FEDEZ 06/09 TREVISO - 23/09 MODENA DAVID GILMOUR 14/09 VERONA - 15/09 FIRENZE INTERPOL 02/09 ROMA - 03/09 TREVISO J-AX 05/09 BRESCIA - 12/09 MILANO LIGABUE 19/09 CAMPOVOLO (RE) MIKA 27/09 MILANO - 29/09 ROMA 30/09 FIRENZE NICKELBACK 25/10 ROMA - 27/10 TORINO EROS RAMAZZOTTI 12/09 RIMINI - 16/09 VERONA - 18/09 VERONA - 07/10 MILANO - 09/10 MILANO - 12/10 FIRENZE - 14/10 ROMA - 16/10 ROMA - 20/10 BOLOGNA SUBSONICA 05/09 MODENA 19/09 MILANO TAKE THAT 13/10 MILANO ANTONELLO VENDITTI 05/09 ROMA - 17/09 TAORMINA (ME) 19/09 PALERMO

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