Licia Troisi, "La ragazza drago 4. I gemelli di Kuma"

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icia Troisi, nata a Roma nel 1980, è l’autrice fantasy italiana più venduta nel mondo, grazie allo straordinario successo delle saghe del “Mondo Emerso” e della “Ragazza Drago”. Laureata con una tesi sulle galassie nane, lavora come astrofisica.

Davanti alle loro bocche c’era la stessa luce

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che illuminava il prato. Le loro tenaglie pian piano la erodevano, producendo una miriade di piccoli schiocchi. Sofia inorridì. «Che sta succedendo?» mormorò.

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«Ci attaccano!»

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I GEMELLI DI KUMA

I GEMELLI DI KUMA

a battaglia finale per la salvezza del mondo è vicina. Per Sofia e i suoi compagni ogni gesto può significare il passo decisivo verso la vittoria o la caduta nell’abisso. Manca un solo Dormiente per riunire la schiera di Draghi della Guardia che un tempo difesero l’Albero del Mondo dalle brame di Nidhoggr, la malvagia viverna, e che ora vivono nei corpi di cinque ragazzi. Accompagnata dal professor Schlafen e dai suoi fedeli amici, Sofia parte per Edimburgo, dove ha percepito la presenza di uno dei frutti dell’Albero. Ma Nidhoggr ha infranto il sigillo che lo teneva prigioniero e si è impossessato di un corpo umano, un umano che potrà compromettere per sempre l’esito della missione. Nell’impresa più emozionante e pericolosa della sua vita, Sofia affronterà un viaggio che la trascinerà nel ventre della paura, tra le lapidi di un cimitero infestato, la promessa di un antico nemico e una verità insospettabile che la metterà a confronto con la parte più oscura e luminosa di se stessa.

€ 17,00

ART DIRECTOR: FERNANDO AMBROSI GRAPHIC DESIGNER: SILVIA BOVO

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In sovraccoperta: illustrazione di Paolo Barbieri logo di Michele Frigo

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Illustrazioni interne di Paolo Barbieri www.ragazzi.mondadori.it © 2011 Arnoldo Mondadori Editore S.p.A., Milano “La Ragazza Drago” e il relativo logo sono un marchio registrato da Arnoldo Mondadori Editore S.p.A. Prima edizione aprile 2011 Stampato presso Mondadori Printing S.p.A. Stabilimento N.S.M., Cles (TN) Printed in Italy ISBN 978-88-04-60844-8

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Prologo

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l sangue si diffuse rapido. Gli bastarono pochi istanti per scorrere lungo la via che dal cuore conduceva a vene e capillari. Pochi secondi d’infinito dolore. Poi tutto fu buio. La prima cosa che fece fu inspirare a fondo. Si riempì i polmoni dell’aria fredda e secca della notte. Gli odori erano la cosa che più gli era mancata in quell’eterna prigionia. Ai bei tempi il suo olfatto finissimo poteva percepire il profumo di un fiore a miglia di distanza. Si chiese se i lunghi secoli trascorsi a respirare l’odore ammuffito della terra non avessero spento in lui quel dono. Fumo, benzina, bruciato. Mattoni, acciaio, metallo. Sorrise. Ecco dunque di cosa sapeva ora il mondo. Era un odore nuovo, che non aveva mai sentito negli anni in cui aveva calcato la Terra. L’aveva intuito tramite i loro sensi, ma adesso che lo percepiva con il proprio corpo, era

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La Ragazza Drago diverso. Eppure c’era qualcosa del suo regno, in esso. Sapeva di viverna. Aprì piano gli occhi, certo di non doversi attendere sorprese. Aveva già visto tutto attraverso i loro, di occhi. Davanti a lui, una ragazza magra e nervosa, una figura che conosceva bene. Il suo volto era appena più affilato del solito, i suoi occhi più irrequieti, ma era la Nida di sempre. Mosse piano le dita, assaporando il contatto con le cose. La stoffa grezza dello strano vestito che aveva sulle spalle piccole e fragili, il freddo del cemento sotto le palme e i polpastrelli, il duro del pavimento. Il mondo era diverso, percepito attraverso le membra di un umano. Si alzò barcollando. Ricordava come muovere un ventre possente e spiegare ali smisurate, e come sollevarsi su zampe muscolose. Ma non sapeva che fare del proprio corpo, ora che si ritrovava con gambe esili e mani pallide dalle unghie mangiucchiate. Cadde, e Nida accorse in suo aiuto. «Mio Signore!» Nidhoggr chiuse gli occhi, cercò l’equilibrio, quindi la scansò malamente. Nida si allontanò appena, remissiva, ma pronta a intervenire in caso di necessità. “Debole, sono debole” si maledisse Nidhoggr, e ringhiò. O almeno tentò di farlo: dalla sua gola non uscì che un gemito soffocato, un lamento infantile.

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Prologo «Come vi sentite?» insistette Nida. Nidhoggr si guardò le mani, le palme rosee, la pelle delicata. Il suo viso si distorse in una smorfia di disgusto. Poi venne il dolore, improvviso, lacerante. Si piegò in due, e prima che potesse reagire, Nida gli fu accanto, le mani intorno alle sue spalle gracili. «Sapevo che sarebbe stato così, va tutto bene» disse lui tra i denti. «Questa non è la mia casa, è solo una sistemazione provvisoria.» Si divincolò di nuovo con rabbia, e puntò gli occhi rossi e irati su Nida. «E comunque sono sempre io, anche se mi vedi in questo schifoso involucro. Sono io, tuo padre e padrone, e presto lo sarò in tutta la mia potenza.» Nida si inginocchiò. «Non l’ho mai dimenticato, mio Signore.» «E allora risparmiati quei patetici tentativi di aiutarmi!» urlò Nidhoggr, e la gola gli inflisse una stilettata di dolore. Prese fiato. Era più complesso del previsto. «Sai cosa devi fare, vero?» Nida chinò il capo. «Sì, mio Signore.» «E allora mettiti all’opera.» La ragazza abbassò ancora di più la testa, e i capelli le coprirono completamente il volto. Un balzo, e Nidhoggr la vide allontanarsi in volo. La seguì per qualche istante, una figura sempre più indistinta nel cielo senza luna della città. Certo, l’aveva vista molte volte, ma guardarla ora, con

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La Ragazza Drago veri occhi, gliela rendeva diversa. Capiva molte più cose di lei, incrociando il suo sguardo attraverso quelle pupille di cui si era appena impossessato. E questo lo ripagava del dolore, della sensazione di disagio che provava in quelle fattezze che non gli appartenevano. Si sedette a terra, provato dalle fitte che continuavano ad attraversargli le membra. “Sarà sempre così, fino a quando non mi sarò liberato del tutto” pensò. E allora la rabbia divampò funesta, come era sempre stato da ventimila anni a quella parte, da quando ave­ va perso e Thuban l’aveva ridotto a un’esistenza miserabile, sepolto sottoterra e imprigionato da un sigillo, costretto ad assistere al disfacimento del proprio potere. Lo odiava, più di ogni altra cosa, e i secoli trascorsi nell’im­ mobilità non avevano minimamente scalfito quell’odio. Anzi, l’avevano sublimato, reso più puro e profondo, assoluto. Perché lui non poteva evitare di pensare a com’era stato prima, quando ancora possedeva tutto, quando spalancava le ali alle corren­ ti, e anche lui volava nel cielo terso di quel mondo perduto, Draconia, sopra una terra vergine. Né poteva dimenticare che era stata colpa di Thuban se aveva perso tutto.

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1 Un’ombra sul futuro

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ra una distesa erbosa, ma non un prato qualsiasi; a inter­ valli più o meno regolari, qualcosa spuntava dal terreno. L’immagine si definì rapidamente: lapidi, una selva di lapidi di pietra. Ce n’erano di vari tipi: semplicemente rettangolari, alte, basse, molte a forma di croce, finemente intagliate. Tra tomba e tomba passeggiava un cane di piccola taglia, spelac­ chiato e dall’aspetto triste. Poi, d’un tratto, le forme si sciolsero per annegare in un viola brillante e indistinto, illuminato da vortici e bagliori. Durò poco, perché presto fu chiara la natura di quel colore: era uno dei frutti, appeso ai rami di un albero splendido. Accanto c’erano anche gli altri: rosa, oro, azzurro, verde. Brillavano vividi, nel pieno del loro fulgore. E così era anche l’albero, con le foglie carnose e piene di vita, i rami robusti, il tronco forte e ben piantato. L’Albero del Mondo, fonte di ogni bene. Si sentì scaldare il cuore.

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La Ragazza Drago Una voce che conosceva lo distolse dalla contemplazione. «È splendido, non trovi anche tu?» Era un drago enorme, bellissimo, una macchia verde cupo che stemperava in un giallo tenue sul ventre. Era magnifico. Il corpo vibrava di potenza, i muscoli guizzavano sotto il velo della pelle coriacea. Sentì di amarlo profondamente, percepì un legame indis­ solubile tra sé e quella creatura. Si sorrisero. Era tutto perfetto, immerso in una pace così completa da sembrare irreale. E infatti qualcosa turbava quel quadro, qualcosa che lui non era ancora in grado di comprendere. D’un tratto i colori parvero meno vividi, come se la patina di perfezione lenta­ mente scolorisse. Si sentì avvolgere da una nostalgia dolorosa, da un pungente senso d’inquietudine. I suoi occhi andarono istintivamente agli artigli del compagno, avvolti attorno all’Albero del Mondo. Forse troppo affilati, forse stretti in una presa che non aveva nulla di protettivo, e che parlava invece di un’oscura brama di possesso. Fu allora che ogni cosa perse colore per lasciare posto a un’immagine in bianco e nero, e il quadro si spense defini­ tivamente. Il cielo divenne scuro come l’inchiostro, gravido di minacce, e la città intorno, la splendida Draconia, si tinse di sangue.

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Un’ombra sul futuro Thuban gridò con tutto il fiato che aveva in gola, mentre precipitava verso un abisso di cui, lo sapeva, non esisteva fine. Sofia si tirò su di scatto, urlando. Ci mise qualche secondo a capire dove fosse, mentre il sudore sulla fronte pian piano si faceva gelido. Nella penombra andò a definirsi il profilo di oggetti familiari, e il chiarore della luna indicò la posizione della finestra. Sospirò sollevata. Era nella sua stanza, a Castel Gandolfo. Si alzò e andò a piedi nudi verso la finestra. Scostò la tenda e guardò fuori, con la fronte appoggiata al vetro freddo. Il calore della sua pelle disegnò sulla superficie una nuvoletta opaca, che subito si dissolse, come l’incubo da cui era riemersa. Non era la prima volta che faceva quel sogno. Di recente le capitava spesso. Soprattutto il cimitero: era la terza notte di seguito che lo sognava. “Dovrò parlarne con il prof, domattina” pensò, e si apprestò a tornare a letto. Qualcosa però attirò il suo sguardo. La notte era serena, la luna piena. Per questo la notò subito: una vasta nube nera, innaturalmente compatta e scura. Quando passò davanti alla luna, la spense del

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La Ragazza Drago tutto, come se fosse una cortina di velluto. Sofia sentì un lungo brivido correrle giù per la schiena. “Sta cambiando il tempo” si disse per tranquillizzarsi, e tornò verso il letto. Si infilò sotto le coperte e se le tirò fin sul naso. La sensazione di gelo e di paura, però, non se ne andò, e le impedì di riaddormentarsi. Il mattino dopo, la faccia del professor Schlafen indicava che non era stata una bella nottata neppure per lui. Sofia lo raggiunse in cucina camminando come uno zombie. Se le toglievi le sue otto ore di sonno, la mattina seguente non connetteva. «Buongiorno prof, ciao Thomas» disse sbadigliando. Cioccolata calda e cornetti. Be’, almeno poteva tirarsi su con una bella sferzata di energia. “Sì, che ti finirà tutta sul sedere, visto quanto sono burrosi questi cornetti” pensò mentre addentava il primo con un vago senso di colpa. Non ci volle molto e scesero anche Lidja e Karl, la prima con un vistoso paio di occhiaie, il secondo con la faccia tirata. A quanto sembrava era stata una notte complicata per tutti. Da quando erano tornati da Monaco, Karl stava con loro. Dopo la morte di Effi non aveva più ragione di

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Un’ombra sul futuro rimanere in Germania, e il professore aveva detto che era preferibile che tutti i Draconiani vivessero insieme. Li aspettava una missione pericolosa, e dunque era meglio affrontarla uniti, combinando le forze e proteggendosi a vicenda dagli attacchi nemici. Un discorso perfettamente logico e ragionevole, che però non aveva convinto Fabio. Sofia ci pensava ogni mattina. A Monaco mangiavano tutti assieme; adesso, invece, lui non c’era. «Sapete dove trovarmi. Se avete bisogno, fate un fischio» aveva detto infilando un biglietto con un numero di cellulare in mano al professore. Spiegargli che da solo sarebbe stato più vulnerabile e che lì avrebbe potuto allenarsi non era servito a niente. Lui aveva insistito per stare per conto suo. Lidja aveva protestato accusandolo come al solito di egoismo e indolenza, il professore aveva fatto un ultimo tentativo per convincerlo. Ma solo Sofia aveva capito. Quello che era accaduto a Monaco, quando Fabio aveva ucciso Ratatoskr, aveva scavato un ulteriore solco tra loro. Se soltanto avesse accettato di farsi aiutare, se avesse cercato di parlare di ciò che provava, di come si sentiva… “Forse potresti fare tu il primo passo, no?” si era detta. “Potresti dirgli che non deve sentirsi in colpa, che era

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La Ragazza Drago l’unica cosa da fare, e che la sua sofferenza indica che è uno di noi, e mai e poi mai sarà un servo di Nidhoggr.” Invece gliene era mancato il coraggio, e in silenzio lo aveva guardato andar via. Scosse la testa. Non aveva senso continuare a rimuginarci sopra. Fabio non era con loro, punto e basta: doveva farsene una ragione. «Sbaglio, o abbiamo avuto tutti una nottata pesante?» disse. «Sarà il cambiamento del tempo… Hai visto che nuvolone? Poi però non è piovuto…» rispose Lidja. «Non era una semplice nuvola» osservò grave il professore, gli occhi chini sul suo cappuccino. I Draconiani lo guardarono interrogativi e lui sollevò la testa. Sofia non l’aveva mai visto così teso. «Il sigillo che Thuban pose su Nidhoggr quando lo sconfisse non è eterno, lo sapete. Si sta indebolendo ogni giorno di più, e cominciamo ad avvertirne gli effetti. Quella nube portava il suo marchio» annunciò. Tutti tacquero in un silenzio atterrito. Lidja fu la prima a romperlo: «Quanto tempo abbiamo?» «Sempre meno, ma non saprei quantificarlo. Dobbiamo assolutamente sbrigarci a trovare gli ultimi due frutti dell’Albero del Mondo.» Sofia rimestò la sua cioccolata. Lo stomaco le si era

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Un’ombra sul futuro completamente chiuso. L’immagine della nube rievocò all’improvviso quella del sogno. «Prof… a questo proposito… È qualche notte che ho strani incubi.» Raccontò per filo e per segno quanto aveva sognato la notte prima; parlò del cimitero, del cane e del drago bellissimo e inquietante. «C’era qualcosa in lui che… non lo so… non mi è piaciuto. Com’era Kuma, l’ultimo Drago della Guardia?» Il professore scrollò le spalle. «Come tutti gli altri, direi, almeno a quel che ricordo. Devoto alla missione, coraggioso… Fu il primo a morire, durante la battaglia decisiva, e il suo corpo non fu mai ritrovato. Era un guerriero sopraffino, il più forte sul campo di battaglia. In ogni caso, l’elemento davvero interessante del tuo sogno è la parte del cimitero e del cane. Sospetto possa trattarsi di un indizio sulla posizione del quarto frutto. Bisognerà fare qualche ricerca…» «Ci penso io, prof» esclamò Karl saltando giù dalla sedia. Era patito di tutto ciò che aveva a che fare con tecnologia e computer. In stanza ne aveva un paio, sui quali trafficava di continuo. Quando si trattava di fare ricerche, si offriva sempre volontario. La rete per lui non aveva segreti, ed era di un’abilità senza pari a destreggiarsi nel mare di notizie improbabili che si

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La Ragazza Drago trovavano su Internet per tirarne fuori le informazioni davvero utili. Lo videro dunque trotterellare verso la sua stanza, infagottato in uno dei suoi pigiami con gli orsacchiotti. A vederlo non si sarebbe certo detto un mago del computer. Riemerse dalla camera più o meno a metà mattina e convocò tutti in salotto. Attese che si fossero seduti, tossicchiò un paio di volte, tirò in fuori il petto. Lidja alzò platealmente gli occhi al cielo e Sofia ridacchiò. A Karl piaceva sempre fare un po’ di scena quando combinava qualcosa di buono. «Dunque, a giudicare dalle lapidi che mi hai descritto, quelle con la croce celtica in particolare, il cimitero deve essere nel Regno Unito o in Irlanda. Ma abbiamo anche l’elemento cane che, sempre dalla tua descrizione, sembrerebbe un terrier o qualcosa del genere.» «Guarda che sappiamo cosa ha sognato Sof, vieni al dunque» disse Lidja tanto per punzecchiarlo. Karl arrossì e si produsse in altri colpetti di tosse. Sofia stava per scoppiare a ridere. «Va bene, dovrebbe essere il cimitero di Greyfriars.» L’unico volto che parve illuminarsi di una qualche forma di comprensione fu quello del professore; Lidja e Sofia avevano due punti interrogativi stampati in faccia. «Non lo conoscete?» fece Karl in tono di sufficienza.

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Un’ombra sul futuro «È un famoso cimitero di Edimburgo; lì fu sepolto John Gray, un poliziotto. Be’, il suo cane Bobby passò il resto della sua vita, e stiamo parlando di ben quattordici anni, a gironzolare per il cimitero nei dintorni della tomba del padrone.» «Torna, eccome se torna!» esclamò Sofia. Il professore si batté le mani sulle cosce. «Allora, a quanto pare, Edimburgo sarà la nostra prossima meta. Gli indizi sembrerebbero condurci proprio lì. Vado a fare i biglietti» disse alzandosi. «Ti toccherà prendere di nuovo l’aereo» osservò Lidja guardando l’amica con ironia. Sofia, che già stava fantasticando sulla Scozia e i suoi paesaggi, sentì un senso di nausea stringerle la bocca dello stomaco. “Cavoli, di nuovo l’aereo! No…”

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icia Troisi, nata a Roma nel 1980, è l’autrice fantasy italiana più venduta nel mondo, grazie allo straordinario successo delle saghe del “Mondo Emerso” e della “Ragazza Drago”. Laureata con una tesi sulle galassie nane, lavora come astrofisica.

Davanti alle loro bocche c’era la stessa luce

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che illuminava il prato. Le loro tenaglie pian piano la erodevano, producendo una miriade di piccoli schiocchi. Sofia inorridì. «Che sta succedendo?» mormorò.

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«Ci attaccano!»

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a battaglia finale per la salvezza del mondo è vicina. Per Sofia e i suoi compagni ogni gesto può significare il passo decisivo verso la vittoria o la caduta nell’abisso. Manca un solo Dormiente per riunire la schiera di Draghi della Guardia che un tempo difesero l’Albero del Mondo dalle brame di Nidhoggr, la malvagia viverna, e che ora vivono nei corpi di cinque ragazzi. Accompagnata dal professor Schlafen e dai suoi fedeli amici, Sofia parte per Edimburgo, dove ha percepito la presenza di uno dei frutti dell’Albero. Ma Nidhoggr ha infranto il sigillo che lo teneva prigioniero e si è impossessato di un corpo umano, un umano che potrà compromettere per sempre l’esito della missione. Nell’impresa più emozionante e pericolosa della sua vita, Sofia affronterà un viaggio che la trascinerà nel ventre della paura, tra le lapidi di un cimitero infestato, la promessa di un antico nemico e una verità insospettabile che la metterà a confronto con la parte più oscura e luminosa di se stessa.

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