"Neuroscienze Anemos"

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Psicologia Letteratura

Apr-Giu 2013 | anno III - numero 9

Il tema della follia si diffonde nella letteratura russa, parallelamente a quelle europee, con la nascita del Romanticismo, come reazione al culto illuministico della ragione. La follia si collega al tema della genialità, da un lato, e a quello dell’amore infelice, dall’altro. gno del matrimonio fallito fra gli ideali e la realtà, della sconfitta dei sogni, del positivismo e della fede cristiana, della fine di un’epoca (cfr. Urusov 1990: 29). Nella novella romantica L’estasi della follia (Blaženstvo bezumija, 1833) di Nikolaj Polevoj (1796-1846) il giovane Antioch è un folle in pieno spirito romantico, che precipita nel delirio dopo la morte dell’amata Adel’gejda. Ma la sua follia, oltre a presentarsi nelle forme di una malattia psichica incurabile, è anche uno strumento di conoscenza, una sorta di sapere esoterico e il “bene” più grande, sempre secondo l’idea romantica della superiorità del mondo invisibile e sovrasensibile sul mondo terreno (v. Ioskevič 2009: 55-71). Dopo l’Antioch di Polevoj, anche gli artisti folli che Vladimir Odoevskij (1803-1869) mette in scena ne Le notti russe (Russkie noči, 1844) sono gli emblemi di una concezione della pazzia riconducibile all’estetica romantica, che unisce in sé un polo positivo (la creatività del genio e quella che Urusov 1990 definisce la “sintesi fra follia e immaginazione”) e uno negativo (la distruzione, la morte) (v. Ioskevič 2009: 71-93).

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La “follia sociale” da Gogol’ a Dostoevskij. Sfogliate qualche romanzo o racconto del Realismo russo, e noterete quanto cambi l’atteggia-

mento degli scrittori verso l’infermità mentale. In concomitanza con lo sviluppo della psichiatria, i mali dell’anima cominciano ad essere osservati con occhio medico, e ad essere giudicate non sono più le conseguenze astratte della sofferenza amorosa o della genialità creativa, ma vere e proprie malattie degenerative. La follia è ora “desacralizzata” e letta come il sintomo di una psicosi in atto. È così che, attraverso le pagine di Gogol’ e Dostoevskij, ci si offre il diario concitato e incalzante della malattia che avanza, l’infierire della demenza sulla psiche del protagonista, le ultime resistenze della ragione e il suo piombare nel regno dell’anarchia cerebrale, fino all’ultimo istante, quando accade l’irreparabile: l’internamento in manicomio. Il tutto è reso con una scrittura possente e tormentata che rispecchia, nelle sue convulsioni febbrili, i profondi abissi dell’alienazione della coscienza così come viene intesa dal pensiero moderno. Nel Diario di un pazzo (Zapiski sumasšedšego, 1835) di Nikolaj Gogol’ (1809-1852) è lo stesso impiegatuccio Popriščin a raccontarci la propria vicenda di follia. L’ambizione professionale, che gli aveva perfino fatto sognare di sposare la figlia del direttore, elevandolo da meschino temperatore di penne a personalità altolocata e di spicco,

si scontra con la realtà. Per sfuggire al proprio orgoglio ferito Popriščin trasforma l’umiliazione nel desiderio di prevaricazione, arrivando a credersi il re di Spagna Ferdinando VIII. La follia che l’io di Popriščin concreta per difendersi - sembra volerci dire Gogol’ - è in realtà proprio ciò che lo distrugge. Giorno 43 aprile dell’anno 2000 Oggi è giorno di grandissimo tripudio! La Spagna ha un re. È stato ritrovato. Questo re sono io. Sono venuto a saperlo proprio oggi. Confesso che l’illuminazione è stata come un lampo. Non capisco come abbia potuto credere e immaginarmi di essere un consigliere titolare. Come è potuta saltarmi in mente quest’idea pazzesca? Fortuna che nessuno allora ha pensato di rinchiudermi in manicomio. Adesso dinanzi a me è tutto chiaro. Ora per me ogni cosa è un libro aperto. Mentre prima, non capisco perché, prima vedevo tutto come annebbiato. E tutto ciò accade, penso, perché la gente s’immagina che il cervello umano si trovi nella testa; niente affatto: viene portato dal vento che soffia dal mar Caspio (Gogol’ 2011: 421, 423). La pazzia di Popriščin declina la parodia dell’elemento romantico in una nuova visione patologica dei disturbi mentali.


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