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Non vogliamo scuse, vogliamo giustizia

Doug George-Kanentiio

Il 1o aprile 2022 il Papa ha ricevuto una delegazione di indigeni canadesi (Indiani, Inuit e Meticci). In quel contesto ha pronunciato un discorso di scuse per le violenze disumane che "diversi cattolici" (senza citare l'intera Chiesa cattolica) avevano inflitto ai ragazzi indigeni nelle residential schools, i convitti creati per assimilarli. Ma non ha nessun valore il commento positivo che molta stampa ha fatto del discorso papale: l'opinione che conta è quella dei diretti interessati. Per questo pubblichiamo il parere di Doug George-Kanentiio, membro delle Sei Nazioni (Cayuga, Mohawk, Oneida, Onondaga e Seneca), meglio note come Confederazione Irochese.

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Esiste un motivo ben chiaro per il quale la Confederazione Irochese non è stata invitata all'incontro dove il Papa ha chiesto scusa per i crimini delle residential schools: noi non vogliamo delle scuse, vogliamo giustizia. Migliaia di bambini hanno sofferto pene atroci nelle scuole gestite dalla Chiesa cattolica col beneplacito dei governi locali e federali, ed è stato provato che migliaia di loro sono morti per incuria o sono stati uccisi dai preti, dalle suore e dal personale.

Io sono stato battezzato col rito cattolico nel territorio mohawk di Akwesasne. Sono stato rinchiuso nel Mohawk Institute di Brantford, Ontario, a 600 kilometri da casa, e con altri 24 abitanti di Akwesasne sono stato sottoposto ad abusi sessuali, psicologici e fisici, malnutrito e in condizioni igieniche pessime, e il mio corpo è rimasto segnato da cicatrici permanenti.

Siamo stati abbandonanti dai consigli tribali, organismi creati e finanziati dal governo federale per rimpiazzare il governo tradizionale e condannarci a un ruolo culturale e politico irrisorio. Anche se i media e la Commissione per la verità e la riconciliazione (Truth and Reconciliation Commission, TRC) l'hanno ignorato, quei consigli tribali hanno giocato un ruolo attivo in questa tragedia, consegnando ai preti i bambini che avrebbero dovuto difendere. Al tempo stesso, è mancata la volontà di inchiodare la Chiesa cattolica e quella anglicana alle proprie responsabilità. Se manca un criterio che renda perseguibili penalmente i colpevoli, permetta alle vittime di confrontarsi con loro e di ottenere un giusto risarcimento, le scuse sono irrilevanti. Niente di tutto questo era presente nel processo di riconciliazione definito dalla TRC.

Un'altra lacuna evidente è stata l'esclusione delle vittime dalla supervisione di qualsiasi misura riguardante le chiese cattoliche e anglicane. Per loro è stato un salvacondotto. Questo è inaccettabile. Così abbiamo creato una struttura apposita che difende i diritti dei sopravvissuti. La nostra linea si oppone nettamente all'Assembly of First Nations (AFN), alla TRC e alle Chiese. Il nostro principio è semplice: "Nulla di quanto ci riguarda può essere deciso senza di noi". Ci occuperemo di ogni iniziativa che riguarda le residential schools. Faremo sapere all'AFN, alla chiese e al governo federale che non vogliamo più essere vittime passive. Raccoglieremo le nostre testimonianze, racconteremo le cose alla nostra maniera e – cosa più importante – indagheremo personalmente sulle migliaia di bambini sepolti nei terreni dove sorgevano le scuole. Per localizzare i corpi dei bambini abbiamo strumenti tecnici all'avanguardia che fondono le scienze giuridiche moderne col bagaglio delle nostre conoscenze ancestrali. Per prima cosa abbiamo dichiarato che il terreno di ogni scuola canadese deve essere oggetto di indagine come potenziale scena del crimine.

Siamo fermamente convinti che all'indagine, laddove necessario, debba seguire l'arresto. L'età avanzata non deve garantire l'impunità e anche le strutture ecclesiastiche saranno portate in tribunale quando le prove lo imporranno. Vogliamo che i colpevoli vadano in prigione e che le vittime vengano risarcite secondo i criteri che fisseremo. Per questo rifiutiamo le scuse delle Chiese e del Papa che non includano la seria intenzione di fare giustizia. Ecco perché gli Irochesi non sono stati invitati a Roma. Ecco perché nessuno ha parlato per noi a Roma. L'AFN ha cercato di soffocare la nostra voce, ma noi non staremo mai zitti. Non verremo meno al dovere di dare voce e portare pace a quei bambini che sono stati sepolti sottoterra dai loro assassini.