POINT Z.E.R.O. 2

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ZERO . . . .

ZERO ENERGY ENVIRONMENTAL REFURBISHMENT OPERATING SYSTEM

RIVISTA PROMOSSA E PATROCINATA DAL CNAPPC

ISSN 2281-7573

POINT

Tjuvholmen Icon Complex di Renzo Piano Building Workshop > Musée du Louvre a Lens dello studio SANAA Haus der Tagesmütter dei TallerDE2 + Gutiérrez-delaFuentes > Queen Alia Airport di Foster & Partners


GUIDA ALL’UTILIZZO DEI FORMATI PUBBLICITARI MULTIMEDIALI Tramite appositi tasti virtuali presenti sulla pagina pubblicitaria, si può accedere ai contenuti multimediali dell’azienda

SITO AZIENDALE Dalla pagina pubblicitaria interattiva l’azienda porta direttamente il lettore nel proprio sito web

⤴ GEOLOCALIZZAZIONE Il lettore è guidato direttamente alla sede dell’azienda o a quella dei punti vendita sul territorio


FILMATI L’azienda presenta al lettore uno spot istituzionale o il suo prodotto attraverso un tutorial dimostrativo

⤴ PHOTO GALLERY L’azienda presenta al lettore, tramite una sequenza fotografica, il suo catalogo prodotti o i dettagli di questi

⤴ MEDIA KIT Il lettore ha a disposizione la scheda tecnica dei prodotti dell’azienda o il listino prezzi










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l’abilità non si misura con la tecnica l’immaginazione non si misura con la conoscenza la passione si misura con le emozioni

abilità immaginazione passione Penta Systems s.r.l.

Via dell’Artigianato, 6 - 37030 Badia Calavena (VR) tel. 045.7810719 - f. 045.7810813 - info@pentasystems.it

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INDICE 19. EDITORIALE / Less is more... 20. EDITORIALE 2 / ...Otherwhere

22. BOOK-SURFING

27. EVENTI / Architettura, edilizia, design 33. REPORT / Notizie e riflessioni dal mondo

PROGETTI

52. L’arte sul mare / Tjuvholmen Icon Complex, Oslo/ Renzo Piano Building Workshop

64. Cultura decentrata / Musée du Louvre, Lens/ SANAA

84. Architettura interstiziale / Haus der Tagesmütter, Selb/ TallerDE2 + Gutiérrez-delaFuentes

92. Una porta per Amman / Queen Alia Airport, Amman/ Foster & Partners

BLOCK NOTES

77. Alberto Zanni / La casa sostenibile

78. Andrea Poggio / Ripensiamo le città

79. Alessandra Tafuro / Cettina Gallo

80. Maria Berrini / Una vita più verde 81. Giuseppe Schlitzer

82. Andrea Rinaldi / Maria Angela Pucci

83. Roberto D’Agostino / Nuove politiche urbane

103. Palcoscenici urbani / Nuove forme dell’abitare

VETRO

110. Design / 116. Trasparenze da plasmare / 120. Fragile > Resistente 124. Uso e riuso del vetro / 128. L’inganno a vista / 130. Una pelle di vetro 132. Le travi ibride in vetro precompresso TVT / 136. News


POINT Z.E.R.O. Iscritta con l’autorizzazione del Tribunale di Bologna al numero 8210 del 16 novembre 2011 Anno 1 - n.2 - maggio 2013 Trimestrale

Direttore Editoriale Alessandro Marata Direttore Responsabile Maurizio Costanzo Caporedattore Iole Costanzo Coordinamento di Redazione Cristiana Zappoli Art Director

Laura Lebro

CNAPPC - Consiglio Nazionale Architetti Leopoldo Freyrie - Presidente / Rino La Mendola - Vice-Presidente Franco Frison - Segretario / Pasquale Felicetti - Tesoriere Lisa Borinato, Giorgio Cacciaguerra, Pasquale Caprio, Matteo Capuani, Simone Cola, Ferruccio Favaron, Raffaello Frasca, Massimo Gallione, Alessandro Marata, Paolo Pisciotta, Nico Podestà Redazione Enrica Borelli, Silvia Di Persio, Rossana Galdini, Manuela Garbarino, Federica Montecchiari, Luciano Sandri, Donatella Santoro, Margherita Tedeschi, Caterina Vecchi, Gianfranco Virardi Hanno collaborato Emilio Antoniol, Maria Berrini, Gianpaolo Caccini, Roberto D’Agostino, Maurizio Froli, Cettina Gallo, Vincenzo Mamoni, Andrea Poggio, Maria Angela Pucci, Andrea Rinaldi, Giuseppe Schlitzer, Alessandra Tafuro, Valeria Tatano, Alberto Zanni Si ringraziano Renzo Piano Building Workshop, SANAA, TallerDE2 Arquitectos e Gutiérrez-delaFuentes Arquitectos, Foster & Partners, Emanuel Babled

Per la pubblicità MEDIA ADV - Via A. Panizzi, 15 - 20146 Milano - Tel. 02.43986531 - www.mediaadv.it Stampa LITOSEI Officine Grafiche - Rastignano (Bo) - www.litosei.com Finito di stampare: maggio 2013

Via Santa Maria dell'Anima,10 - 00186 Roma - www.awn.it

KOrE E D I Z I O N I

Via F. Argelati,19 - 40138 Bologna - Tel. 051.343060 - www.koreedizioni.it

Questa rivista è dedicata a Giancarlo De Carlo, che mi ha trasmesso il valore della responsabilità nel lavoro e nel rapporto con gli altri, ad Hassan Fathy, che è stato tra i primi a farmi capire l'importanza di agire sempre nella direzione che possa consentire uno sviluppo sostenibile del mondo, a Bruno Munari, dal quale ho preso la voglia e l'entusiasmo di vedere il mondo attraverso gli occhi curiosi e interessati dei bambini, a Bruno Zevi, grazie al quale, da studente, ho imparato a vedere criticamente l'architettura con gli occhi dello studioso. Questo numero di Point Zero è dedicato a Paolo Soleri e al suo pensiero, libero e utopico.

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Alessandro Marata



PRIMO PIANO / Products

Forza estetica della luce in trasparenza “Arredare per trasparenze”, è questo il motto della Vetreria Vicentina che da quarant’anni rende unico ogni ambiente attraverso l’eleganza e la purezza del vetro. Il punto di forza della Vetreria Vicentina è che per dotazione tecnologica ed esperienza tecnica è in grado di progettare, produrre e installare in tutto il mondo soluzioni d’arredo in cristallo ai massimi livelli di qualità e design fino al più estremo. «Siamo depositari e titolari di svariati brevetti applicativi per tecniche di arredamento, - racconta il titolare, Silvio Giovanni Pittarello in particolare nel settore negozi, locali pubblici, navale e porte interne. I nostri principali clienti sono i migliori marchi di oreficeria, gioielleria, alta moda, cosmetica, farmaceutica del mondo e alcune tra le più prestigiose firme di porte interne italiane. Non da ultimo il settore navale come fornitori diretti nel settore crociere». Forte dei molti anni di esperienza nel settore, il team della Vetreria Vicentina può vantare

conoscenze tecniche specifiche sulle problematiche di costruzione e di messa in opera, uniche nel loro genere. Inoltre è in grado di garantire in ogni lavoro un'accuratezza e precisione nell'esecuzione che si fissano come un marchio indelebile su tutte le opere eseguite. Ma per Pittarello e il suo team, che cosa ha il vetro in più degli altri materiali? «Il vetro supera tutti i limiti che gli altri materiali disponibili in natura nel campo dell’arredamento hanno: legno, marmo, granito, pietra, sono disponibili nelle forme, nei colori e nelle dimensioni che la natura rende, mentre il vetro, in quanto elemento materiale plasmato dall’uomo, non ha limiti, di colorazione, forma, dimensione e resistenza tanto chimica quanto meccanica. È un materiale riciclabile, facilmente igienizzabile e, nella maggior parte dei casi, trasparente, quindi “sincero” e a impatto ambientale zero. Da ultimo, proprio grazie alla sua trasparenza, spalanca gli orizzonti e libera gli spazi cedendoli alla luce».

VETRERIA VICENTINA SRL

Via Dell’Artigianato, 4 36031 Dueville (VI) Tel. 0444595390 Fax 0444946363 info@vetreriavicentina.it www.vetreriavicentina.it

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PRIMO PIANO / Products

La cultura del legno «Il legno è come un libro che racconta del tempo che passa dove le parole sono sostituite dagli anelli di crescita: materia antica e nobile, alla quale l'uomo da sempre ricorre per migliorare la sua esistenza e garantire la sua sopravvivenza», così Silvia Corà racconta il legno. Dal 1919 la Corà Domenico & Figli è parte fondamentale dello sviluppo economico e produttivo del Paese nel settore della lavorazione del legno, dal reperimento della materia prima, alla sua lavorazione industriale e artigianale. «Il legno - prosegue Silvia - è il materiale che più di ogni altro si presta a dare sentimento a cose e case: riscalda, protegge, arreda. È facile apprezzarlo per la sua naturale bellezza, per la sua indiscussa utilità, per il valore ecologico del materiale, ma diverso è sapere quale specie legnosa fa la barca migliore, il pavimento più durevole, la finestra più resistente». La Corà non ha mai voluto trattare il legno soltanto come una merce, anzi, nei suoi ormai 90 anni di vita al servizio dell’artigianato e dell’industria, ha sempre ritenuto l’albero, i boschi e le foreste un patrimonio inestimabile, da salvaguardare a ogni costo. Per questo motivo la ricerca di fonti di approvvigionamento da foreste certificate e gestite in modo sostenibile è diventata oggi una vera e propria mission in Corà. Novant’anni di prestigiosa presenza nel mercato, quattro generazioni che si sono armonicamente avvicendate dal 1919, la famiglia Corà è da sempre animata da esemplari valori di impegno nel settore. Più giovane rispetto alla Corà legnami, ma non per questo meno dinamica, è la Divisione Parquet dell’azienda, nata nel 1992: «mi occupo direttamente di questa divisione - spiega Silvia - insieme a Roberto Marin, il nostro direttore vendite. Negli anni siamo cresciuti molto per dare alla nostra clientela prodotti di grande qualità e prestigio. Nonostante il momento decisamente difficile stiamo investendo moltissimo con il nuovo parquet 3 Strati della linea Nuevo Status. Materiali interamente fatti a mano, con finiture di altissimo pregio. A luglio 2012 uscirà l’ultima gamma di Tavole Oliate Naturali, questo per avvicinarci sempre più ai pavimenti naturali di un tempo, dal sapore vero e autentico». Corà è oggi soprattutto cultura del legno, in cui le acquisizioni e le esperienze del lavoro artigianale si sono fuse con la struttura tecnologica e organizzativa della grande azienda. L'ampia e assortita gamma di specie legnose provenienti da tutto il mondo, l'elevato standard qualitativo e la personalizzazione delle vendite, la possibilità di fornire anche nei depositi locali servizi accessori quali essiccazione, evaporazione, sfilagione e riselezione, rendono l'offerta della Corà Domenico & Figli la più completa attualmente disponibile sul mercato italiano. Alla tradizionale offerta di tavolame, negli ultimi anni si sono affiancate nuove categorie di prodotti derivati dal legno: pavimenti in legno tradizionali e prefiniti, lamellari per serramenti, pannelli multistrato, tranciati destinati all'industria e materiali specifici per il settore nautico.

CORÀ DOMENICO & FIGLI SPA

via Verona, 1 - 36077 Altavilla Vicentina (Vi) Tel. + 390444372711 / Fax +390444372770 info@coralegnami.it - www.coralegnami.it - www.coraparquet.it

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PRIMO PIANO / Products

La tradizione scolpita sulla pietra

Nella Lessinia, una zona ricca di cave in provincia di Verona, nasce nel 1964 la Quintarelli Pietre & Marmi grazie all’intuito del fondatore Antonio Quintarelli, una tradizione artigianale che oggi è passata nelle mani della figlia Federica e della sua famiglia. Attraverso l’estrazione della migliore qualità della Pietra di Prun (comunemente chiamata Pietra della Lessinia) nelle cave veronesi di Quintarelli, e del Marmo Rosso Trento e Verdello Trento nella cava “Pila” in provincia di

Trento, l’azienda ha cominciato a dare forma a progetti piccoli e poi, mano a mano, sempre più grandi. Ricerca, professionalità, moderne tecnologie e cura artigianale sono gli elementi che da sempre la caratterizzano. Dopo una severa selezione in cava, la pietra che in natura si presenta composta da 70 strati con spessori che vanno da 5 a 40 cm, viene lavorata nei laboratori tenendo conto delle caratteristiche, della composizione, della resistenza al gelo, delle esigenze territoriali e conservative dei luoghi dove andrà posato il materiale, in modo da poter fornire, per ogni progetto, il materiale più adatto e che mantenga inalterata nel tempo la sua bellezza. La cultura, basata sul rispetto dei luoghi e dei territori, unita alla manualità quasi artistica degli artigiani e alla collaborazione degli architetti, sono il segno distintivo dell’azienda, che ha il proprio punto di forza nei restauri conservativi di edifici, grazie alla realizzazione di lavorati sagomati e pezzi unici che permettono di recuperare, impreziosire e valorizzare ogni ambiente interno ed esterno unendo passato e presente sempre all’insegna della tradizione. Quintarelli è in grado di proporre un organico specializzato in ogni fase della lavorazione della pietra naturale, partendo dall'estrazione dalle cave di proprietà, passando dall'ufficio tecnico che studia le soluzioni ottimali per ogni progetto, fino ad arrivare al laboratorio dove si incontrano le più moderne tecnologie e l'abilità artigianale di tutto il team.

QUINTARELLI PIETRE & MARMI SRL

Via Croce di Schioppo, 2 - 37020 S. Anna d’Alfaedo (VR) Tel. 0457545182 - Fax 0457545283 www.quintarelli.net - info@quintarelli.net

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PRIMO PIANO / Products

Creare nuove scenografie domestiche René è un’azienda artigianale specializzata in pavimenti in legno, in particolare multistrati a plancia intera, principalmente in legno di rovere e larice. La lavorazione del prodotto viene seguita direttamente fin dall’inizio, con l’acquisto del legname grezzo. Il rovere viene importato dalle segherie che operano in Slovenia, Croazia o Romania, specializzate nella produzione di lamelle per parquet, che vengono inviate in Italia per la lavorazione. Stesso processo per il larice, per il quale si utilizza legname sia europeo (austriaco) che russo/siberiano, per soddisfare le diverse esigenze di tonalità e colore. Qui si procede alla prima lavorazione, ossia sezionatura, incollaggio sul supporto, calibratura e squadratura per la realizzazione del pavimento in legno prelevigato grezzo. Questo prodotto è quindi il risultato di un processo di lavorazione curato e certificato da aziende italiane. I professionisti di René si occupano infine della successiva fase di finitura nella sede di Monclassico, in Trentino, dove sono operativi gli impianti per i vari trattamenti: levigatura, spazzolatura, impregnatura, oliatura, verniciatura e quant’altro necessario per la preparazione del prodotto finito pronto per la posa. La struttura artigianale consente all’azienda di operare in maniera estremamente versatile, con la possibilità di realizzare finiture personalizzate a richiesta o a campione, con minime differenze di costo rispetto alle finiture standard, e senza quantitativi minimi di produzione. René mette a disposizione dei clienti anche tutti gli accessori necessari per la posa: vari tipi di sottoparquet, battiscopa e profili di finitura metallici, adesivi, prodotti di pulizia e manutenzione. Inoltre, l’azienda di Monclassico, è anche rivenditore dei pavimenti in legno della ditta svizzera Bauwerk (www.bauwerk-parkett.com).

RENÉ SNC DI PAOLO PANGRAZZI & C. - PAVIMENTI IN LEGNO

Via delle Contre 66 - 38020 Monclassico – Val di Sole (TN) - tel. 0463-974152 fax 0463-970731 - renesnc@tin.it - www.pavimentirene.it

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RE A D E RTE R R A N ’A ÈU

FOLLIE D’ARTE NASCE DALLA PASSIONE PER L’ANTIQUARIATO E PROPONE UN NUOVO MODO DI ARREDARE PIÙ CONSONO ALLE ESIGENZE DELLA VITA ATTUALE

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EDITORIALE 1 / PointZero n.2

LESS IS MORE... C risi nera e allarme rosso! Per fortuna ci sono l'economia verde e le tecnologie blu. Non c'è che dire. La nostra vita è a colori, ma non sempre nel senso positivo che vorremmo noi. Ma, nonostante le grandi difficoltà finanziarie e sociali che caratterizzano la nostra epoca, non si è mai parlato e dibattuto così tanto, come ora, di temi interiori, relazionali e percettivi. Partiamo dalla cosiddetta economia della felicità. La psicologia edonica, lo studio di ciò che rende le esperienze e la vita piacevoli o spiacevoli, grazie anche alle ricerche di David Kahneman e di Richard Easterlin, ci insegna che la qualità della vita è un tema di ricerca scientifica fondamentale e non solamente un campo legato alla soggettività e agli stili di vita individuali. Ne deriva l'osservazione che lo studio dell'economia non deve dimenticare i fini della vita delle persone e il fatto, dimostrato, che la felicità non aumenta in relazione al reddito. A volte avviene addirittura il contrario: è vero che all'inizio la felicità cresce insieme al reddito, ma solo fino ad un certo livello di sussistenza, dopo il quale intervengono altri fattori che contribuiscono, in modo differenziato, a darci la percezione di una determinata qualità della vita. Uno dei principali fattori di infelicità è la disuguaglianza e il confronto tra diversi. L'idea trainante dell'economia che ci porta ad affermare che “più è meglio” mostra i suoi limiti con evidenza e drammaticità. La felicità del consumare produce benessere temporaneo, che si alimenta soltanto con il “sempre di più”. Si diventa schiavi di un processo e la schiavitù notoriamente non produce sentimenti positivi. La felicità che deriva dalla qualità delle relazioni umane, che siano di amicizia, lavoro o amore, sono molto più durevoli. Come pure un uso consapevole e responsabile del tempo. Se durante un periodo di boom economico non si tiene sotto controllo il livello di disuguaglianza e di ingiustizia dei cittadini, si può stare certi che presto arriverà un periodo di difficoltà e di crisi. Non solo economica, quella è ciclica, ma morale e del benessere. Il celebre aforisma di Mies van der Rohe, riferito all'architettura, si applica molto bene anche alla psicologia edonica, soprattutto in un periodo nel quale il “di più” straborda e la sindrome dell'accumulo, sia di cose materiali che di semplice informazione, dilaga. Tutto ciò non ha, però, niente a che fare con il pensiero che auspica una futura decrescita felice a grande scala, concetto il cui sapore di nostalgia, unito a un sentimento antimoderno, potrebbe essere causa di pericolose diffidenze verso il progresso tecnologico. L'homo consumens, così come viene definito

da Zygmunt Bauman, tende a muoversi attraverso lo sciame, che sostituisce il gruppo, senza leader o gerarchie, con modalità prettamente individuali che tendono a isolarlo e a compromettere le relazioni sociali. Lo svolgimento dell'azione in un non-luogo farà, poi, il resto del danno. Alter ego del consumens è l'homo sacer, definizione che gli antichi romani davano della classe dei reietti destinati a scontare una pena terrestre o divina, in qualche modo esclusi o a margine dal grande saccheggio. Con una società divisa tra consumens e sacer, la ricchezza in mano a pochissimi, una classe creativa che corrisponde a circa l'uno per cento degli abitanti del mondo, come si può pretendere che le cose filino nella giusta direzione? La pratica del “less is more” è indispensabile sia per raggiungere la felicità di tutti gli uomini, che per la sopravvivenza del pianeta, che sarà al sicuro solo quando il livello di sostenibilità dello sviluppo sarà divenuto accettabile. Jeremy Rifkin, nel teorizzare l'imminente terza rivoluzione industriale, definisce coscienza biosferica quel tipo di sensibilità e attenzione che porta a considerare il genere umano come una estesa famiglia globale. Parag Khanna, considerato uno degli intellettuali più influenti della nostra epoca, termina il suo saggio su come si governerà il mondo con un capitolo che descrive i modi con i quali si realizzerà il prossimo rinascimento: “... sarà quindi una questione che riguarderà l'espansione esponenziale e consapevole delle interconnessioni. Stiamo vivendo la fase aurorale di una nuova età nella quale ogni individuo e ogni comunità possiedono la capacità di perseguire autonomamente i loro fini. La rivoluzione informatica ha messo ogni soggetto nella condizione di far valere la propria autorità, aprendo la strada a un mondo basato sulla reciprocità tra infinite comunità. L'epoca che si sta dispiegando dinanzi a noi ci obbliga a tenere presente la seconda legge della termodinamica, l'inesorabilità dell'entropia universale”. L'analogia con la peste nera che segnò la transizione dal Medioevo all'Età Moderna viene ormai segnalata da molti osservatori attenti e affidabili. Non si può fare altro, se se ne hanno le capacità, di trasformare la crisi in una risorsa. Se è vero che il pessimista vede difficoltà in ogni opportunità e l'ottimista opportunità in ogni difficoltà, proviamo, anche se è difficile, a essere pragmatici come Churchill, che amava ripetere: sono un ottimista, anche perché non è molto utile essere qualcos'altro. Alessandro Marata Direttore Editoriale Point Z.E.R.O.

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EDITORIALE 2 / PointZero n.2

...OTHERWHERE

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MANIFESTO PER DURBAN 2014

on possiamo trattare i problemi delle SOCIETÀ di OTHERWHERE come se fossero quelli che viviamo nei nostri singoli mondi. Non solo nel campo dell’Architettura le SOCIETÀ devono tendere a preservare la propria IDENTITÀ senza comunque combattere le DIVERSITÀ. Non possiamo pensare che le CITTÀ di OTHERWHERE nel mondo, persino ogni loro lembo, possano essere pianificate come se ogni parte di esse fosse uguale alle altre e come se restassero immobili nel TEMPO. Allo stesso modo devono essere considerate diverse le esigenze fra le CITTÀ del nord da quelle del sud, fra quelle di montagna rispetto a quelle di pianura, fra quelle dei deserti rispetto a quelle fronte mari o fiumi. Noi dobbiamo essere consapevoli che le CITTÀ contengono PATRIMONIO STORICO che deve essere correttamente valutato e protetto, mentre le CITTÀ crescono fuori e dentro se stesse e rinnovandosi costantemente di fatto provocano principi di (DE) RIGENERAZIONE URBANA. Non sempre sono state progettate o realizzate INFRASTRUTTURE sostenibili, a partire dalla MOBILITÀ urbana, in modo che esse siano coerenti e in buon rapporto con i bisogni complessi della CITTÀ che le contiene. Dobbiamo considerare come comprendere i principi della MOBILITÀ nei Piani e come questi si relazionano agli altri problemi delle CITTÀ. è essenziale riconoscere la diversità intrinseca di tutte le CITTÀ di OTHERWHERE. Le CITTÀ dense sono da preferirsi a quelle estese e sfrangiate, più semplicemente a quelle che hanno generato lo SPRAWL urbano. Non tutte le CITTÀ, comunque, necessitano sempre di piazze grandi, né la larghezza dei viali può o deve avere la stessa importanza in OGNI OTHERWHERE. Sempre più i progetti di nuovi FABBRICATI e anche quelli per il RESTAURO/RISTRUTTURAZIONE/RIUSO di parti storiche, non coprono aspetti importanti come quelli relativi alla SOSTENIBILITÀ AMBIENTALE, quelli che riguardano il RISPARMIO ENERGETICO o la produzione di ENERGIE RINNOVABILI in conseguenza dell’impiego di TECNOLOGIE amiche dell’AMBIENTE. Comunque siano stati costruiti i FABBRICATI di OTHERWHERE (o come quelli che ancora si stanno innalzando) e anche quelli da restaurare/ristrutturare (e a qualunque uso siano destinati) non sempre hanno prodotto o

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procreano ARCHITETTURE RESPONSABILI. I progetti di Architetture non sempre hanno tenuto in conto se essi guardano a Est invece che a Ovest. Se sono alti invece piuttosto che bassi o se sono fatti di cemento o di acciaio o legno. Se usano MATERIALI e TECNOLOGIE appropriate alla loro dimensione o all’esposizione del sole o dei venti. E così via. Se conseguentemente la loro costruzione, il loro restauro e/o riuso siano in grado di rispondere con coerenza alla loro utilizzazione. Gli ARCHITETTI hanno grande RESPONSABILITÀ nel progettare parti di CITTÀ e FABBRICATI e i sistemi che li legano nello SPAZIO e nel TEMPO, ovvero se questi non sono stati pensati e costruiti con propositi responsabili, cioè con una differente QUALITÀ-EFFICIENZA, rispetto a quanto sinora costruito, sia dal punto di vista storico, come del rapporto QUALITÀ-EFFICIENZA negli aspetti architettonici e ambientali. RESPONSABILITÀ e SOSTENIBILITÀ devono tenere in grande considerazione il fatto che in OTHERWHERE del mondo le condizioni sociali, economiche, politiche, culturali e ambientali, non solo hanno caratteristiche e peculiarità differenti, qma anche mutano nel TEMPO con differente velocità. Differenti per QUALITÀ-EFFICIENZA possono esserlo persino i FABBRICATI posti sulla stessa strada quando un fabbricato è alto e l’altro è basso, o quando l’uno guarda verso Nord, mentre quello antistante naturalmente guarda verso Sud. Differenti lo sono anche se da una parte vi sta l’AGIATEZZA e dall’altra l’INDIGENZA.

DOBBIAMO SMETTERLA

Non si possono utilizzare, in OTHERWHERE, gli stessi rivestimenti di facciata e manti di coperture o prevedere la stessa quantità di ENERGIA, per esempio a parità di volume, sia nei nuovi edifici che in quelli ristrutturati e destinati a un uso, diverso da quello per cui erano stati costruiti. È IMPENSABILE che le SOCIETÀ, le CITTÀ e gli EDIFICI di Berlino, Valencia e Khartoum o di OTHERWHERE nel mondo possano essere similarmente trattate e progettate, per essere poi usate allo stesso modo dalle persone di OGNI OTHERWHERE che, in differente AMBIENTE, ha ineguale STORIA e CULTURA e insieme ALTRI BISOGNI, ovviamente a partire dalla UNICITÀ delle AFRICANITÀ, NON SOLO DELLE LORO POVERTÀ. Antonio R. Riverso Vice Presidente Regione 1 - Unione Internazionale degli Architetti



BOOK-SURFING

BOOK-SURFING / Alessandro Marata

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Kahneman Daniel Pensieri lenti e veloci Milano, 2012

elicità urbana, decrescita felice, mondo liquido, velocità alta, pensiero lento, utopia, rispetto, altruismo, cittadinanza, disuguaglianza: queste, e altre, sono alcune delle parole chiave per navigare tra le seguenti novità editoriali. Daniel Kahneman è certamente uno dei pensatori più stimolanti del panorama internazionale. Le sue ricerche sulla psicologia sociale, l'economia comportamentale e la felicità, che gli hanno fruttato il Nobel nel 2002, sono compendiati nel suo ultimo saggio dedicato ai Pensieri lenti e veloci, uno studio sui processi decisionali, sui condizionamenti esterni e sugli auto-condizionamenti ai quali ognuno di noi, anche nella vita quotidiana, è sottoposto e che ci fanno percepire una realtà diversa da quella che ci circonda. Condizionamenti che, in particolar modo in un periodo di grande cambiamenti sociali ed economici come quelli stiamo vivendo, che Zizek sintetizza in Un anno sognato pericolosamente, fanno si che gli osservatori, quel-

Stiglitz Joseph Il prezzo della disuguaglianza Torino, 2013

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Zizek Slavoj Un anno sognato pericolosamente Milano, 2013

li più sensibili e attenti alla realtà contemporanea, siano pessimisti e speranzosi al tempo stesso. Pessimisti perché Il prezzo della disuguaglianza che stiamo pagando, a fronte di uno sviluppo sbilanciato ed ingiusto, è divenuto insostenibile. La disuguaglianza non è presente solamente nei paesi con la democrazia più arretrata; al contrario, spesso, prospera nelle nazioni più evolute, in virtù di una economia totalmente sbilanciata verso l'aspetto finanziario e indifferente alla redistribuzione delle risorse. è difficile, per la maggior parte di noi, forse Siamo il 99 %, intravedere vie di uscita veloci e non eccessivamente dolorose, per la risoluzione dei problemi. Noam Chomsky indica come prioritario porre la questione della disuguaglianza al centro dell'agenda politica internazionale. Il metodo è quello della partecipazione dei cittadini che non devono solo lamentarsi, ma agire come politici, mettendo in atto in modo diretto i fondamenti della democrazia: adesione ai processi di governo, intervento

Chomsky Noam Siamo il 99 % Roma, 2012


BOOK-SURFING / Alessandro Marata

Kourilsky Philippe Il tempo dell'altruismo Torino, 2013

diretto sulle procedure e condivisione degli obbiettivi. Possiamo però essere anche ottimisti perché Il tempo dell'altruismo è alle porte e la metà oscura del benessere, quella dell'ingiustizia che caratterizza la nostra società, inizia a palesarsi, rivendicando legittime aspettative di miglioramento sociale e auspicando rispetto, gentilezza e solidarietà, comportamenti che spesso sono disattesi, pur rappresentando i valori fondanti di una società che si possa definire anche solamente accettabile. Rispetto inteso non tanto come riconoscimento di una superiorità, sia pure morale anziché sociale, ma come legittimazione di uguaglianza: ti rispetto non perché sono educato, ma perché ti riconosco uguale a me. In Lezioni di cittadinanza undici esponenti del mondo della cultura, della chiesa, dell'imprenditoria, della filosofia e della politica ci indicano altrettanti interessanti e stimolanti punti di vista disciplinari per opporre resistenza contro il declino e la crisi, per diventare più umani. Alessandro

Farinetti Oscar (a cura di) Lezioni di cittadinanza Torino, 2012

Mordacci Roberto Rispetto Milano, 2013

Baricco propone riflessioni sul futuro e sull'imbarbarimento di alcuni aspetti della nostra civiltà, nella quale diritti e doveri sono concetti diluiti e non sempre ben definiti. Luigi Ciotti ci mette in guardia sulle nuove forme di discriminazione e razzismo, guardando al problema dell'integrazione con quella sensibilità e quel coraggio che quasi sempre mancano ai cittadini distratti del nostro tempo. Dove va il mondo? Qualcuno dice che senza decrescita si va verso la barbarie e che un sano catastrofismo illuminato è l'unico modo per difendersi e saper riconoscere la giusta via. Che non è certo quella dell'Usa e getta, che Latouche stigmatizza e che caratterizza la modalità della iper-produzione della società turbo-capitalista attuale. è necessario individuare stimoli per il miglioramento della vita quotidiana, Utopie. Percorsi per immaginare il futuro, modalità democratiche di cambiamento delle distorsioni dell'economia e della cultura contemporanea. Come spiega Gillo Dorfles

AA. VV Dove va il mondo? Roma, 2012

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BOOK-SURFING

BOOK-SURFING / Alessandro Marata

Latouche Serge Usa e getta Torino, 2013

l'utopia è architettura, nell'accezione di luogo buono, non di luogo che non esiste; purtroppo la maggior parte delle utopie sono distopie, cioè utopie andate a male. è indispensabile ricercare una convincente personale Etica delle nuove tecnologie, per evitare di diventare schiavi di un progresso tecnico sempre più invadente, avvolgente e coincidente con le nostre vite. Adriano Fabris tratta, da filosofo, di etica del virtuale, umana e roboetica; della dipendenza della ricerca scientifica dalla tecnologia; dell'interazione tra comportamento e tecnica; di Hans Jonas e della responsabilità. Forse ognuno di noi dovrebbe confezionarsi un personale Piccolo manuale di etica contemporanea, attraverso il quale impostare almeno il proprio percorso di modifica comportamentale, alla ricerca di un miglior modello di vita, per liberarsi da quella che si può considerare la tomba della creatività e dell'innovazione, La dittatura delle abitudini, che, dal marketing ai diritti ci-

Fabris Adriano Etica delle nuove tecnologie Brescia, 2012

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Mazzoli Lella e Zanchini Giorgio (cura di) Utopie, Torino, 2012

vili, immobilizza o quantomeno rallenta l'evoluzione della società. è noto come molte delle scelte che ogni giorno dobbiamo fare derivino da consuetudini e non da riflessioni. è anche evidente come le singole azioni possano essere poco importanti, ma nell'insieme, con inaspettate interazioni, producano effetti molto rilevanti sulla salute, l'economia e la felicità delle nostre vite. Dovremmo coltivare maggiormente L'arte dell'equilibrio, quale strumento di controllo sulle decisioni, i comportamenti e le opinioni che quotidianamente ci troviamo a dover attuare e che possono essere causa di disuguaglianza, patimento e ingiustizia. Le sfide della felicità urbana contiene domande e, laddove è possibile, risposte a quei problemi che la nostra condotta, non si può sempre dare la colpa agli altri, provoca: sofferenza sociale, difficoltà di integrazione, accesso alla giustizia, disparità nei diritti e nei doveri. Più della metà della popolazione mondiale vive oggi nelle città ed entro il 2050 si pen-

Brezzi Francesca Manuale di etica contemporanea Roma, 2012


BOOK-SURFING / Alessandro Marata

Duhigg Charles La dittatura delle abitudini Milano, 2012

Schmid Wilhelm L'arte dell'equilibrio Roma, 2012

sa che diventeranno cittadini i due terzi degli abitanti della terra. Un miliardo di persone, degli otto o nove che tra pochi decenni popoleranno il pianeta, vivranno, inoltre, in cinquanta enormi conurbazioni da più di venti milioni di abitanti. Problemi di convivenza, mobilità, lavoro, accesso ai servizi, condivisione delle risorse. La città, oggi come sempre, è luogo di contraddizioni, opportunità, tolleranza, creatività, contaminazione. Londra, che è considerata la città più creativa del mondo, è il luogo dove la tolleranza, in campo sociale, è più evidente che in ogni altro posto. Forse per questo è la città del mondo dove si parla il maggior numero di lingue e che ha il maggior numero di comunità etniche. Creativa perché contaminata? Contaminata perché tollerante? Tollerante perché creativa? Sicuramente creativa e tollerante in quanto democratica. La città è anche il luogo dove si utilizza la maggior quantità di energia, nelle sue varie forme. Ogni forma di energia produce inquina-

mento: acustico, atmosferico, elettromagnetico, luminoso, graffiti, rifiuti. L'energia produce inquinamento e causa guerre, ma è anche fonte di felicità ed opportunità. Se è vero, come è vero, che la questione dell'energia, intesa in senso lato, è una delle cause principale dei molti malanni che affliggono il nostro pianeta, sia in oriente che in occidente, le considerazioni sulle Alternative energetiche che l'ormai novantenne architetto Yona Friedmann ci propone sono inconsuete: imparare dalle bidonville, la miniera urbana dei rifiuti, la civiltà contadina modernizzata, l'automobile condivisa, l'acqua temperata, rimedi al colonialismo urbano, il tempo e lo spazio, lo spreco anonimo. Questo suo ultimo saggio aiuterà i meno esperti, ma anche coloro che si ritengono competenti, a capire meglio la realtà e gli scenari futuri dell'umanità, per poter intravvedere, all'interno di un raro cannocchiale di saggezza, la vittoria della civiltà sulla disuguaglianza tra gli abitanti del pianeta.

Ravazzini Marzia e Saraceno Benedetto (a cura di) Le sfide della felicità urbana Milano, 2012

Friedman Yona Alternative energetiche Torino, 2012

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EVENTI

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1. Ricciotti architecte, Parigi, Cité de l’architecture & du patrimoine, fino all’8 settembre 2013 Retrospettiva dedicata all’architetto nato in Algeria 2. DMY International Design Festival, Berlino, Airport Berlin Tempelhof, dal 5 al 9 giugno 2013 Giovani designer e creativi già affermati presentano le loro ultime novità 3. Gae Aulenti. Gli oggetti e gli spazi, Milano, Triennale Design Museum, fino all’8 settembre 2013 Una selezione dei più iconici oggetti di design realizzati dal 1962 al 2008 da Gae Aulenti 4. Una passione per Jean Prouvé, Torino, Pinacoteca Giovanni e Marella Agnelli, fino all’8 settembre 2013 Mostra di mobili e architetture del designer francese provenienti dalla collezione Seguin

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5. Louis Kahn - The Power of Architecture, Weil am Rhein, Vitra Design Museum, fino all’11 agosto 2013 La mostra con modelli, illustrazioni originali, foto e film racconta l’architetto americano 6. Design of the year, Londra, London Design Museum, fino al 7 luglio 2013 Mostra dei progetti vincitori del premio annuale consegnato dall’istituzione londinese

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EVENTI

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1. He, Roma, piazza del Maxxi, 21 giugno 2013 Inaugurazione dell’installazione vincitrice dello YAP MAXXI 2013, dello studio bam! bottega di architettura metropolitana

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2. The Presence of the Past. Peter Zumthor Reconsiders Lacma, Los Angeles, Museum of Art, dal 9/06 al 13/09/2013 La mostra illustra le future trasformazioni del LACMA affidate allo svizzero Peter Zumthor 3. La sindrome dell’influenza, Milano, Triennale Design Museum, fino al 23 febbraio 2014 La VIa edizione del Triennale Design Museum è dedicata alla curiosità verso altre culture tipica del design italiano 4. Marcel Breuer (1902 – 1981), Parigi, Cité de l’architecture & du patrimoine, fino al 17 luglio 2013 Il ritratto di uno dei più influenti e importanti progettisti del XX secolo 5. Architettura, rappresentazione spaziale e immaginario cinematografico, Roma, Istituto Svizzero, 13/14 giugno 2013 Simposio internazionale per esplorare la complessa interrelazione tra architettura e cinema dalla modernità al presente

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REPORT / Dal mondo

RISPARMIO ENERGETICO

+ luce + efficienza

con12 watt

NanoLeaf Ltd. ha recentemente lanciato la NanoLight, una rivoluzionaria linea di lampadine a LED con la più alta efficienza energetica in tutto il mondo. Usando solo 12 watt di elettricità, la Nanolight genera quasi 1600 lumen (lÊunità di misura per lÊintensità luminosa generata da un bulbo), tanti quanti ne produce una comune lampadina a incandescenza da 100 Watt: 133 lumen ogni Watt consumato, unÊefficienza quasi doppia rispetto alla miglior lampadina a LED in commercio. La Nanolight, sviluppata da un team di tre persone, tutte di San Diego, Gimmy Chu, Christian Yan e Tom Rodigner, sfrutta un sistema innovativo di gestione dei flussi dÊaria interni, per ovviare al surriscaldamento, un problema comune alla maggior parte delle lampadine a basso consumo energetico attualmente sul mercato: genera, infatti, meno della metà del calore emesso dalle altre lampadine ed è inoltre dotata di un sistema di protezione capace di attenuare la luce prodotta in caso di surriscaldamento. Diversamente da quello che accade per le altre lampadine LED, il sistema di accensione della Nanolight è istantaneo e le sue prestazioni non vengono influenzate dalla frequenza di accensione e spegnimento. La lampadina Nanolight è attualmente disponibile su kickstarter a un prezzo di 30 dollari. Acquistando la lampadina si aderirà alla campagna di finanziamento attivata per avviare una produzione di Nanolight su più grande scalda.

PRE-VISIONI

I due musei di Holl Steven Holl lavora a due nuovi progetti che saranno inseriti nella pianificazione della prima eco city della Cina, Tianjin

L’Ecology e il Planning Museums sono i due edifici progettati da Steven Holl per la città cinese di Tianjin, la prima città ecologica della Cina. Progettata dal governo cinese in collaborazione con quello di Singapore, un terzo dell’eco-città è già stato costruito e si prevede che sarà terminata nel 2020, quando Tianjin Ecocity avrà un'area totale di 30 chilometri quadrati e ospiterà 350mila abitanti, la metà dei quali lavorerà in loco già dal 2013. La città è stata

studiata in modo da avere un perfetto equilibrio tra la costruzione di abitazioni e le possibilità di impiego. Sorge a pochi chilometri da Pechino, su un terreno bonificato che ospitava una ex discarica. I punti di forza della nuova città saranno i trasporti ecologici (per ridurre tutte le emissioni di CO2 della città, gli abitanti potranno contare su una fitta ed efficiente rete di trasporto pubblico che dovrebbe coprire oltre il 90% del fabbisogno), efficaci turni di smal-

timento e riciclo dei rifiuti, piste ciclabili e aree pedonali, vegetazione e fonti d’acqua, sfruttamento totale delle fonti rinnovabili (solare, eolico, micro-idroelettrico) per produrre energia. La città avrà uno sviluppo verticale inframmezzato da importanti aree verdi, che fungeranno anche come luoghi di svago e aggregazione sociale. Tianjin Ecocity faceva parte dei 100 progetti urbani più interessanti del 2011 selezionati da una giuria di esperti per la società di consu-

[I giardini pensili verticali riducono l’inquinamento nelle strade fiancheggiate da palazzi (fonte: Karlsruhe Institute of Technology)[ 33


REPORT / Dal mondo

lenza Kpmg. I due siti museali di Steven Holl, che sono dedicati ai temi dell’ecologia, della mobilità, della pianificazione e della bioarchitettura, si svilupperanno complessivamente su una superficie di 60mila mq e sono pensati sulla base del concetto cinese dello “Yin Yang”, ovvero con un rapporto di rovesciamento secondo un meccanismo di scambio e reciprocità di geometrie, di relazioni e di spazi. Il Planning Museum è stato ideato come un volume cui vengono sottratte porzioni di spazio, mentre l’Ecology Museum, al contrario, è composto da un blocco cui si aggiungono le parti private all’altro corpo. L’Ecology Museum si sviluppa su tre livelli. Al piano terra si trova l’area amministrativa con il ristorante e uno spazio per la proiezione di filmati per orientarsi all’interno del museo. Al piano più alto, che i visitatori possono raggiungere in ascensore, si trova il punto di partenza della visita. I visitatori avanzano, lungo un sistema di rampe, attraverso un percorso diviso in tre declinazioni dell’ecologia: Terra verso Cosmo, Terra verso Uomo, Terra verso Terra. Al termine di quest’ultima zona ha inizio il percorso dell’Ocean Ecology Exhibition, che prosegue al di sotto dello specchio d’acqua ubicato nella piazza centrale che separa le due sedi. Oltre ad affacciarsi entrambi sulla piazza i due musei saranno collegati con il centro del distretto grazie a una navetta ad alta velocità collocata nel piano interrato di entrambi i musei. Dall’ingresso del Planning Museum si accede alla hall e a un’area dedicata alle mostre temporanee. Si giunge poi a una grande esposizione di masterplan che riguardano l’intera eco-city e a un’area destinata a proiezioni digitali che forniscono ulteriori informazioni sull’argomento. Al secondo piano si trovano sale espositive interattive e, al terzo, un cinema tridimensionale e un ristorante con vista mare. Una scala mobile con34

Alcuni rendering e plastici dei due edifici espositivi progettati da Steven Holl. Saranno le prime realizzazioni a popolare il nuovo distretto culturale dell’Ecocity di Tianjin

YSiExpo è il catalogo digitale che contiene prodotti e materiali ecosostenibili messi a disposizione nel contesto di Expo 2015Z


REPORT / Dal mondo

INCONTRI

Nuove strade per l’acciaio

duce al quinto piano dove sarà collocata un’esposizione dedicata all’architettura verde e da qui è possibile accedere al giardino pensile. La vicina baia di Bohai ha una storia antica che attraversa migliaia di anni. Gli enormi cumuli di conchiglie che la caratterizzano ispirano lo spazio pubblico attorno ai musei, definito da piccoli rilievi. I percorsi pedonali creano un taglio in mezzo a questi rilievi, mostrando le conchiglie incorporate nel calcestruzzo. Le persone possono anche raggiungere a piedi la vetta dei rilievi per godere di una splendida vista sui due musei e, in lontananza, sui palazzi dell’Eco-Forum e del governo.

Dialogo, questa è la parola chiave che ha messo dÊaccordo tutti i relatori seduti intorno al tavolo della conference organizzata da Fondazione Promozione Acciaio lo scorso 3 aprile, dal titolo „LÊarchitettura si libera con lÊacciaio‰, patrocinata dal Consiglio Nazionale degli Architetti, dal Consiglio Nazionale degli Ingegneri, dallÊOrdine degli Ingegneri e Ordine degli Architetti della provincia di Milano e dal Politecnico di Torino. Convegno che ha dato vita a un confronto diretto tra architetti e costruttori sul tema dellÊutilizzo dellÊacciaio nel comparto Building. Gli Architetti Silvio DÊAscia, Alfonso Femia, Piero Lissoni, e i costruttori Danny Bagarolo (Bit Costruzioni) e Luca Benetti (Stahlbau Pichler) sono i protagonisti di un dibattito che ha, in conclusione, mostrato come il nostro Paese sia pronto a „far fruttare‰ al meglio le caratteristiche di un materiale amato dai più grandi progettisti nel mondo. ˚ emerso chiaramente come lÊacciaio si presti a molteplici interpretazioni progettuali, consentendo lo sviluppo di realizzazioni assolutamente diverse tra loro per funzione e chiave interpretativ. Due punti di vista differenti, architetti e costruttori, ma volti allo stesso obiettivo: creare strutture destinate a durare nel tempo, affascinanti dal punto di vista estetico, dalla forte personalità, definite da forme uniche, vantaggiose dal punto di vista economico, sostenibili e messe in opera grazie a soluzioni capaci di proiettare nella realtà lÊidea architettonica nella sua concezione originaria. Da parte loro i progettisti hanno espresso idee e visioni dellÊarchitettura moderna facendo emergere un chiaro e imprescindibile legame di questÊultima con lÊevoluzione delle società. LÊurbanistica diviene lo specchio del nuovo modo di vivere la città. I tempi si fanno più veloci e la capacità di risposta dei protagonisti dellÊedilizia deve necessariamente essere in linea con il moderno sistema di vita: tempi ristretti per costruzioni agili e sicure.

✸ Lo studio Althatissolid ha progettato un edificio in cui produzione e consumo coincidono, senza impattare sull'ambiente

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REPORT / Dal mondo

Energia dalle alghe

Ad Amburgo bio pannelli che producono energia utilizzati per un’abitazione

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fondamentale è costituito dalle micro-alghe. L'edificio comprende 15 unità abitative di superficie variabile dai 50 ai 120 metri quadrati distribuite su cinque livelli. Le alghe che ricoprono la facciata sono inserite in modo tale da crescere più velocemente alla luce del sole e da fornire più ombra all’interno della casa. I “bio-reattori” non solo producono biomassa che può essere immagazzinata, ma possono anche catturare l’energia solare ed entrambe queste forme di energia possono essere utilizzate per alimentare l’edificio. Ogni metro quadrato della superficie della facciata rende circa 15 grammi di biomassa al giorno che a sua volta consente la produzione di circa 4.500 kWh/anno. Grazie all’ombreggiamento dell’edificio si riesce a mantenere automaticamente una temperatura

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metano

Sta partecipando, in questi mesi, alla International Building Exhibition 2013 (durerà fino al 3 novembre) di Amburgo, ed è stata progettata dal gruppo di architetti Splitterwerk Architects: è la Biq House, un edificio alimentato attraverso il ricorso a una facciata bio-reattiva, il cui componente

NUOVE RISORSE

caldo

ciclo

C02

Schema per una facciata a bioreattori 1. facciata a bioreattori; 2. scambiatore di calore; 3. separatore di alghe; 4. conversione impianto; 5. da e per le linee di scarico per mezzo di coltura

più bassa in estate, mentre il calore prodotto dalla biomassa delle alghe riscalda l’edificio in inverno e fornisce energia elettrica. Le alghe, inoltre, sono un ottimo sistema di insonorizzazione. Il progetto dei bioreattori nasce dalla ricerca del gruppo Arup, in collaborazione con la SSC Strategic Science Consult e Colt International. La progettazione e la costruzione del Biq ha richiesto tre anni di lavori con un costo di 5 milioni di euro, finanziati dal gruppo IBA che ha intrapreseo ben 16 progetti innovativiconl'obiettivodidimostrareche ci sono modi convenienti di rendere gli edifici bio-compatibili.

Gli studenti della Newcastle University hanno realizzato una caffetteria interamente realizzata con materiale di rifiuto



REPORT / Dal mondo

Una casa su tre ruote PRE-VISIONI

La nuova abitazione pensata da alcuni creativi cinesi è pieghevole e trasportabile

La Tricycle House è stata realizzata in occasione della “Get It Louder del 2012”, la mostra biennale itinerante della produzione creativa di Pechino, e affronta il tema del futuro delle persone, un futuro da intendersi sempre più sostenibile. I progettisti, due diversi team creativi entrambi con sede a Pechino, People’s Architecture Office (PAO) e People’s Indu-

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strial Design Office (PIDO), sono partiti dal presupposto che le città sono sempre più popolate e la casa diventerà un bene sempre più ricercato. La Tricycle House è pensata come una casa d’emergenza soprattutto per paesi come la Cina, dove la proprietà privata della terra non esiste e tutti i terreni sono di proprietà dello stato o gestiti da organizzazioni economiche collettive e dove affitti e costi delle case sono spesso insostenibili per gran parte della popolazione. Realizzata in polipropilene piegato, è montata su un carrello e trainata da una bicicletta a tre ruote, è quindi un modulo abitativo trasportabile ovunque semplicemente pedalando e per questo realizzato con materiali estremamente leggeri. È una casa unifamiliare accessibile e sostenibile,

non necessita infatti di nessun tipo di energia esterna, è del tutto autosufficiente e ha bisogno solo della forza “umana” e permetterebbe, inoltre, di non lasciare vuoti i parcheggi di notte ma, anzi, di sfruttarli al massimo. Ogni pezzo è tagliato con un route CNC, una macchina di modellatura controllata dal computer, segnato, piegato e saldato nella forma richiesta. Questo tipo di plastica può essere piegato senza perdere la sua robustezza e la sua forza. Le pareti sono flessibili e nel complesso la casa appare come una sorta di fisarmonica che si espande verso l’esterno e può anche connettersi con altre case. Il materiale di cui è fatta è traslucido e permette quindi agli interni di essere illuminati dalla luce del sole di giorno e dai lampioni di notte. All’interno l’abitazione è munita di

lavello, piano cottura, vasca da bagno (che all’occorrenza possono collassare nella parete frontale della casa) e serbatoio d’acqua. I mobili sono tutti trasformabili: il letto diventa tavolo da pranzo con panca di seduta e poi ancora piano di lavoro. I designer hanno pensato anche a un Tricycle Garden, piccolo giardino su tre ruote, dove è possibile piantare erba ma anche piccoli alberi e verdure, da far muovere in simbiosi con il resto della casa, a dimostrazione che vivere in movimento non vuol dire vivere senza terra. Anche i giardini, come le case, possono essere combinati fra loro per creare un grande spazio verde.

La Tricycle House e il Tricycle Garden, pensati per essere spostati, sono montati su un carrello trainato da una bicicletta e sono realizzati con materiali estremamente leggeri

Dalla riqualificazione dell’ex industria La Forgiatura, a Milano nasce un nuovo centro polifunzionale dedicato alla moda



REPORT / Dal mondo

In queste foto: la grande bolla di poliestere priva di qualunque scheletro e sostenuta solo dall’aria. Una volta gonfiata si sviluppa fino a 90 metri di altezza e 50 di diametro, pesa più di 5 tonnellate

Impacchettare l’aria INSTALLAZIONI

In Germania un’affascinante bolla di poliestere nel Gasometro di Oberhausen

L’artista settantasettenne Christo, torna a lavorare nel Gasometro di Oberhausen, in Germania, 14 anni dopo l’installazione “The Wall”, un muro di 13mila barili colorati alto 26 metri. La nuova installazione, che rimarrà esposta fino al 30 dicembre di quest’anno, si chiama “Big Air Package”ed è la prima creazione dell’artista, originario della Bulgaria, dopo la morte della moglie, Jeanne - Claude, con la quale ha lavorato tutta la vita (le loro opere, opere di land art e su grande scala, avevano infatti la firma “Christo and Jeanne-Claude”). Il Gasometro di Oberhausen è una location senza dubbio affascinante: costruito negli anni ’20 e dismesso nel 1988, dal 1994 è diventato un luogo espositivo, caratterizzato da un cilindro di acciaio alto 117 metri e largo 68. Il “Big Air Package”, letteralmente “grande impacchettamento d’aria”, è in

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pratica una grande bolla di poliestere priva di qualunque scheletro e sostenuta solo dall’aria: è fatto con più di 2mila mq di poliestere semitrasparente e 4500 metri di corda. Una volta gonfiato si sviluppa fino a 90 metri di altezza e 50 di diametro, pesa più di 5 tonnellate e ha un volume di 177mila metri cubi. Due ventilatori creano una pressione costante che permette alla struttura di stare in piedi. Occupa quasi tutto lo spazio del gasometro da muro a muro, lascia solo un piccolo spazio per permettere al visitatore di camminare attorno alla struttura. Anche se l’installazione è fatta in modo che chi la visita sia spinto a entrarci, grazie a una camera stagna che evita sbalzi di pressione. Lo spazio interno è illuminato da una luce diffusa creata dai lucernari del gasometro e da 60 proiettori addizionali. Tutto ciò permettere di vi-

vere, all’interno della struttura, una straordinaria esperienza di forma, spazio e luce. Tanto che l’artista stesso, una volta completata l’installazione, si è meravigliato di quello che ha creato: «all’interno di “Big Air Package” - ha detto sembra di nuotare letteralmente nella luce». Christo e Jeanne Claude sono conosciuti per “l’arte dell’impacchettamento”: nel corso degli anni hanno avvolto diversi oggetti ma anche diversi edifici in differenti tessuti. Nel 1969 hanno impachettato 93mila metri quadri di costa in Australia con del tessuto bianco (sono serviti 150mila metri quadri di tessuto e trenta chilometri di funi); nel 1983 una loro installazione ha occupato le isole disabitate di Biscayne in Florida, circondando undici isole con 600mila metri quadri di tessuto rosa galleggiante; hanno “impacchettato” il Rei-

chstag a Berlino, il Pont Neuf a Parigi e anche una parte delle Mura Aureliane di Roma e, a Milano, il Monumento a Vittorio Emanuele in Piazza del Duomo e quello a Leonardo in Piazza della Scala. Un elemento importante del loro lavoro è quello di realizzare un’immagine unica, non hanno mai fatto la stessa opera due volte. Spesso Christo ha spiegato che tutti i loro progetti sviluppano una propria identità nell’ambito delle relazioni con le comunità locali: è questo che chiama land art. L’installazione “Big Air Package” è accompagnata da una mostra dei principali lavori della coppia negli ultimi 50 anni. Sono esposti fotografie, filmati e schizzi. «Ogni interpretazione del nostro lavoro è lecita, - ha detto Christo - ma non abbiamo mai voluto fare altro che creare qualcosa di bello e che riuscisse a regalare gioia».

YCresce la raccolta differenziata degli imballaggi in plastica. Nel 2012 ha raggiunto le 693.314 tonnellate: +5,5% sul 2011 Z


REPORT / Dal mondo

INIZIATIVE VERDI

300 alberi per bologna

GAIA (Green Areas Inner city Agreement) è un progetto co-finanziato dallÊUnione Europea, il cui scopo è quello di incrementare le aree verdi di Bologna piantando nuovi alberi per contrastare i cambiamenti climatici, migliorare la qualità dellÊaria e lÊambiente urbano. Il progetto si basa sulla realizzazione di partnership pubblico - privato tra il Comune e le aziende locali che decidono di partecipare compensando le emissioni derivanti dalle loro attività. NellÊarco di tre anni verranno piantati tremila alberi e verrà messo a punto un sistema di governance ambientale applicabile per il futuro. NUOVE SOLUZIONI

Il grasso che diventa elettricità La Thames Water, azienda di fornitura idrica inglese, insieme a 2OC, una società di servizi pubblici, sta realizzando a Beckton, a est di Londra, la più grande centrale elettrica del mondo alimentata con grasso di scarto e in grado di dare corrente a 40mila edifici. I rifiuti dei cibi cucinati in migliaia di ristoranti e aziende alimentari londinesi alimenteranno la centrale. Inoltre, raccogliendo trenta tonnellate al giorno di grassi e rifiuti oleosi, potrà essere risolto il problema delle fognature della capitale inglese, intasate dagli avanzi dei grassi alimentari: sono 40mila i blocchi della rete fognaria che ogni mese costano 1 milione di sterline in operazioni di pronto intervento.

✸ I ricercatori dell’Università della Georgia hanno trovato il modo di produrre elettricità pulita dalla fotosintesi delle piante

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Contro l’inquinamento REPORT / Dal mondo

NUOVE SOLUZIONI

In Messico piastrelle tridimensionali in grado di purificare l’aria

Lo studio tedesco Elegant Embellishments ha installato sul lato lungo della Torre de Especialidades dell’ Hospital Manuel Gea Gonzalez di Città del Messico una facciata che è in grado di ridurre l’inquinamento dell’aria. La Torre de Especialidades si trova su Avenida San Fernando, una strada molto trafficata nel quartiere di Tlalpan. La scelta di questo tipo di facciata quindi è stata fatta soprattutto per le sue qualità anti inquinamento, ma anche per caratterizzare in maniera decisa l’ospedale rendendolo una sorta di promemoria del grave problema dell’inquinamento della città messicana. Sono 2500 metri quadrati di facciata formata da moduli architettonici decorativi bianchi Prosolve370e a forma di X. Ogni elemento plastico termoformato è ricoperto da una polvere fotocatalitica di biossido di titanio, un materiale brevettato da Millennium Chem nel 2002. Questo materiale, attraverso una reazione fotocatalitica, è in grado di ridurre gli elementi inquinanti presenti nell’aria. I moduli della facciata sono assemblati in cantiere in pannelli e poi fissati sull’involucro edilizio mediante staffe di acciaio. Ispirati ai frattali che si trovano in natura, le forme ondulate servono a massimizzare la superficie, a direzionare la luce naturale direttamente all’interno dell’edificio e gestire le correnti in modo da distribuire al meglio gli inquinanti atmosferici attraverso la superficie delle piastrelle. L'effetto fotocatalitico, che provvede anche a mantenere pulita la facciata, dura 5-10 anni, senza necessità di manutenzione. Terminato l'effetto, è possibile “riattivare” la facciata mediante spruzzatura di un nuovo strato di rivestimento fotoca-

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talitico in situ o dopo aver smontato gli elementi. Queste piastrelle tridimensionali possono essere installate rapidamente anche su edifici già esistenti per ridurre l'inquinamento dell'aria negli ambienti urbani. Le emissioni dei motori a combustione delle automobili sono identificate come la causa maggiore dell’inquinamento atmosferico in città. Sembra che queste piastrelle, posizionate vicino a fonti inquinanti, contribuiscano in maniera decisiva a trasformare spazi inquinati e spazi sicuri per l’uso pedonale. Questi moduli hanno bisogno solo di un po’ di luce naturale e di umidità per neutralizzare NOx (Ossido di azoto) e i composti organici volatili direttamente dove si generano. Quando i raggi del sole colpiscono gli elettroni contenuti nelle particelle di TO2 (biossido di titanio) che compongono il rivestimento, queste diventano in grado di abbattere NOx e composti organici volatili trasformandoli in acqua e in una piccola quantità di nitrato di calcio, un ingrediente comune nei concimi, che viene eliminato dalla pioggia. Secondo le analisi condotte, la facciata dell’ospedale dovrebbe eliminare ogni giorno una quantità di ossido di azoto equivalente a quello prodotto da 8750 veicoli. Essendo fatte di materie plastiche, che le rendono leggere e forti, queste piastrelle sono un materiale poco ortodosso per la facciata di un edificio, infatti la maggior parte della produzione di Prosolve viene utilizzata nell’industria automobilistica. In realtà questi moduli possono essere utilizzati in tantissimi ambiti, oltre che sulle facciate degli edifici, anche nei parcheggi, nei tunnel, lungo le autostrade e perfino sui muri interni degli edifici.

[ Due designer brasiliani hanno inventato Plicopà: una custodia-supporto per iPad in cartone ondulato del tutto riciclabile [



Bamboo courtyard teahouse REPORT / Dal mondo

CULTURE ALTERNATIVE

Materiale naturale e quindi del tutto sostenibile, il bambù è stato scelto dall’architetto Sun Wei per il progetto della Bamboo Courtyard Teahouse

Situata nel parco ShiQiao di Yangzhou, una città a nord ovest di Shanghai, la Bamboo Courtyard Teahouse è una casa da tè galleggiante fatta in bambù, progettata dall’architetto cinese Sun Wei, partner dello studio HWCD, Harmony World Consulting & Design, uno studio internazionale con sedi a Shanghai, Londra e Barcellona. Alla base dei loro progetti c’è il desiderio di enfatizzare “l’interconnessione universale” tra le sfere del design e dell’architettura, facendo incontrare la tradizionale estetica orientale con il

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moderno linguaggio del design. La Bamboo Courtyard Teahouse è un esempio di questa filosofia, comprendendo i fondamenti del tradizionale giardino cinese in perfetta armonia con l’ambiente naturale. Il bambù è disposto orizzontalmente e verticalmente in modo da dare profondità alla casa e da creare affascinanti effetti visivi per chi ci cammina attorno. Alti filari di bambù creano corridoi lungo la passerella esterna e sono disposti in modo asimmetrico sul lago. Tradizionalmente, i cortili di Yangzhou sono formati da padiglioni rivolti verso l’interno per creare uno spazio decisamente caratteristico. Ispirandosi a questo concetto la casa da tè ha una base quadrata divisa in tanti piccoli spazi che caratterizzano fortemente l’area interna. Da ognuno di questi spazi è possibile avere una bella visuale sui dintorni e sul lago. Dall’esterno la casa si presenta a forma cubica con delle variazioni di pieni e vuoti. La forte verticali-

_ Ha riaperto a San Francisco Exploratorium che è considerato il più grande museo al mondo a Energia Zero _


REPORT / Dal mondo

TUTTI I NUMERI DEL BAMBÙ

1250

SONO LE SPECIE DI BAMBÙ ESISTENTI

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‣ ‣ ‣ ‣ ‣ ‣ ‣ ‣

SONO I GENERI DIVERSI

10

CENTIMETRI È L’ALTEZZA MINIMA CHE PUÒ RAGGIUNGERE UN BAMBÙ NANO

20

METRI L’ALTEZZA MASSIMA CHE PUÒ RAGGIUNGERE UN BAMBÙ GIGANTE

30

CENTIMETRI È IL DIAMETRO CHE RAGGIUNGE IL BAMBÙ PIÙ LARGO CONOSCIUTO COME DENDROCALAMUS GIGANTEUS

1000

SONO LE SPECIE PRESENTI IN ASIA

300

SONO LE SPECIE PRESENTI SOLO IN CINA

20 milioni

LE TONNELLATE DI BAMBÙ CHE VENGONO COMMERCIALIZZATE OGNI ANNO

tà diventa evidente nelle ore notturne, quando le luci della casa illuminano tutti i dintorni. La forma è quindi semplice, in perfetta armonia con la natura, così come i materiali utilizzati, il bambù e il laterizio, del tutto sostenibili. Il bambù è un materiale versatile e flessibile, leggero ma molto resistente, e proprio per queste sue caratteristiche è destinato a un crescente utilizzo in vari settori. È una pianta che ha una crescita rapidissima, fino a 60 cm al giorno, la sua biomassa può raggiungere un incremento annuale fino al 30%, mentre generalmente quella degli alberi oscilla fra il 2 e il 5%, ed è capace di assorbire molta anidride carbonica, cresce in quasi tutti i climi e la sua coltivazione non richiede alcun intervento antipa-

rassitario o di concimazione. Trattandosi di un materiale naturale, l’intero ciclo di vita del prodotto è sostenibile, dalla fase di reperimento fino alla sua dismissione. I vuoti della struttura della Bamboo Courtyard Teahouse favoriscono una ventilazione naturale, mentre il muro di mattoni trattiene il calore durante l’inverno, riducendo ai minimi termini la necessità di sistemi meccanici di riscaldamento o refrigeramento. Il tè è uno dei più importanti patrimoni culturali della Cina e il “rito” che lo accompagna richiede un ambiente modesto per concentrarsi e apprezzarne il lento processo di preparazione. La Bamboo Courtyard Teahouse è senza dubbio un ambiente adeguato per vivere questa esperienza.

In Cina sono stati installati 120 lampioni alimentati grazie alla combinazione di tecnologia eolica e fotovoltaica

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Un edificio modulare REPORT / Dal mondo

RICOSTRUZIONE

A Mirabello Cucinella ha progettato una nuova scuola post sisma

Il progetto dello studio Mario Cucinella Architects per la scuola per l’infanzia Mantovani e la scuola primaria Gonelli a Mirabello, in provincia di Ferrara, è un esempio di “ricostruzione” post sismica di qualità e caratterizzato da una grande attenzione al territorio. Gli edifici originari sono stati gravemente danneggiati dal sisma che ha colpito l’Emilia Romagna nel maggio dell’anno scorso e lo studio dell’architetto Cucinella, insieme a C.M.C. Prefabbricati di Adria, ha vinto il bando di gara regionale per la costruzione del nuovo polo scolastico che andava realizzato il più presto possibile affinché fosse pronta per l’inizio della scuola. Il risultato finale rappresenta un nuovo modello di scuola a basso costo, sicura ed efficiente. La luce naturale e il diretto contatto tra spazio interno ed esterno sono stati gli elementi guida della progettazione. La scuola è concepita come uno spazio sicuro e protet-

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toenellostessotempoapertoepermeabile. L’inserimento nel paesaggio rappresenta un altro elemento essenziale del concept architettonico. L’edificio presenta uno schema planimetrico semplice ma di forte connotazione formale e volumetrica. La costruzione è costituita da una sequenza di piani che conferiscono all’insieme leggerezza e scardinano la tipica immagine della scuola come volume compatto e monolitico. Il nuovo edificio scolastico diviene cosìunoggettodalcorposfrangiato, senzaun bordo definito, aperto verso gli spazi a verde del lotto e della vicina campagna, è inteso come un segno nel paesaggio. L’edificio copre una superficie di circa 1000 mq ed è organizzato in tre stecche parallele di 6 metri di luce netta, separate tra loro da spazi di circolazione di larghezza pari a 4 metri. Le due scuole sono fisicamente indipendenti ma grazie a un piccolo patio interno è possibile

Dopo i danni causati dal sisma dello scorso anno, Cucinella ha progettato per Mirabello due scuole differenti. L’architetto ha studiato una soluzione prefabbricata e sostenibile, che è stata costruita in poco tempo e che perfettamente si adatta all’ambiente circostante grazie al suo corpo sfrangiato

YDa giugno partirà SOFTCITY, per individuare possibili interazioni tra software e tecnologie per trasformare le città in smart city Z


REPORT / Dal mondo

LIBRI

25 anni di Tonelli design

la connessione tra le due unità scolastiche in occasione di eventi (feste, assemblee, lezioni all’aperto etc.). Le aule sono posizionate nelle maniche laterali in modo da garantire un affaccio verso l’esterno e verso il giardino e un adeguato apporto di luce e ventilazione naturale. La manica centrale ospita invece gli uffici e i blocchi servizi, i magazzini, i locali tecnici per una migliore razionalizzazione degli apparati impiantistici. Cosa che rispecchia in pieno l’idea di architettura di Cucinella che ha da sempre coltivato uno speciale interesse per i temi legati alla progettazione ambientale e alla sostenibilità. Secondo Mario Cucinella e il suo team il concetto di sostenibilità deve avere in sé due punti di vista, il primo di carattere tecnico prestazionale

e il secondo relativo al rapporto tra architettura e paesaggio, che devono coesistere in maniera empatica. La scuola di Mirabello rispecchia in pieno entrambi questi punti di vista. L’intero complesso è basato su un sistema costruttivo semplice e modulare che ha permessounabuonarapiditànellafase di prefabbricazione e assemblaggio e che ha consentito di rispettare gli strettissimi tempi a disposizione per la costruzione previsti dal bando, ovvero 45 giorni. La possibilità di prefabbricare in stabilimento gli elementi parete e la copertura ha permesso di attuare numerose lavorazioni durante le operazioni di preparazione del cantiereedelgettodellefondazioni. Una volta in cantiere, i pannelli sonostatiposatiattraversounanormale autogru e fissati con degli ap-

positi bulloni certificati. Arrivando in cantiere già completi dell’impianto elettrico e idrico, le operazioni da svolgere in loco si sono ridotte al collegamento dell’edificio alla reti pubblica e al montaggio di corpi illuminanti e sanitari. Le finiture interne ed esterne sono state scelte in funzione della massimasemplicitàesecutivaemigliore prestazione. Con un consumo annuo previsto di 7,68 KWh/m3 è certificato come edificio di Classe A. Il progetto nel suo risultato finale ha fornito una risposta funzionale, rapida ed economica ai temi di emergenza imposti dal bando di gara e nello stesso tempo ha costituito una proposta architettonicadiqualità,mirataasuggerire un’idea di integrazione ideale e formale tra il costruito e il paesaggio circostante.

La Tonelli design, azienda produttrice di mobili in vetro, ha da 25 anni un elemento distintivo: la tecnica dellÊincollaggio a mano. Da quando nel 1988, la Tonelli ha provato questa tecnica sperimentale elaborata dal giapponese Shiro Kuramata, le è rimasta sempre fedele. E adesso ha voluto festeggiare questi 25 anni con un pubblicazione, „La fabbrica trasparente‰ curata da Leonardo Sonnoli e Irene Bacchi dello studio Tassinari/Vetta, che investiga e riflette sulle sfumature visive, grafiche e concettuali del vetro. In un cofanetto di otto volumi scorrono le immagini dalle origini a oggi. Come per esempio lÊallestimento del Salone del Mobile del 1988, dove vengono presentati i primi oggetti dÊarredo disegnati da Isao Hosoe, De Pas, DÊUrbino e Lomazzi, Marco Gaudenzi e Luigi Serafini. Il percorso si snoda attraverso diverse indagini fotografiche condotte da Massimo Gardone che si serve del vetro per far esplodere lo spettro in componenti cromatiche, da Daniele Lisi che fotografa con visibile pazienza i segni del tempo degli ambienti di lavoro della fabbrica e da Bianca Fabbri che con una macchina stenopeica immortala, servendosi del vetro, la fragile bellezza del paesaggio pesarese (la Tonelli design ha sede a Pesaro). Il volume si conclude con due ricerche condotte dagli stessi Sonnoli e Bacchi: una riflette sullÊidea del design come rapporto tra manualità e produzione in serie attraverso un processo di imitazione della casualità delle forme di vetro generate dalla rottura; lÊaltra ha come protagonista la silhouette dei flaconi di liquido per la pulizia del vetro, prova della diffusione di questo materiale nelle nostre case.

✸ L’architetto Eugenio Aglietti ha ideato una proposta per limitare l’inquinamento a Shanghai grazie alla pianta di Vetiver

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TJUVHOLMEN ICON COMPLEX / Oslo (Norvergia)

Cliente Selvaag Gruppen / Aspelin Ramm Gruppen Luogo Oslo,Norvegia Progettisti Renzo Piano in collaborazione con Narud-Stokke-Wiig Strutture AAS–Jacobsen;Seim & Hultgren Progettazione del verde Gullik Gulliksen,Bjørbekk & Lindheim Superficie 15.600m2

L’ARTE SUL MARE 52


Tutte le foto di Nic Lehoux

A Oslo, tra mare e terra, è nato un nuovo centro dedicato all’arte. Un luogo d’incontro per i cittadini. Un segno architettonico che intreccia vita sociale cittadina e cultura, senza però rinunciare all’aspetto ludico di Manuela Tomassini

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SEZIONI BIOCLIMATICHE

20.95 17.40

10.10 6.50 2.50 0.75

-1.60

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13.85

Esposizione

Uffici

Esposizione

Esposizione

10.35 6.75 2.50 0.75


D

TJUVHOLMEN ICON COMPLEX / Renzo Piano Building Workshop - Narud-Stokke-Wiig

a pochi mesi lo Studio Renzo Piano Building Workshop, in collaborazione con Narud-Stokke-Wiig di Oslo ha firmato il nuovo museo d’arte moderna della città, il Tjuvholmen Icon Complex. Situato in un’area collocata a nordovest rispetto al centro storico di Oslo, in prossimità di una banchina portuale dismessa, il Tjuvholmen Icon Complex ha riqualificato il sito esistente mediante l’integrazione di arte, cultura, funzioni terziarie e di intrattenimento. Un’architettura posta tra la terra e il mare, affacciata su un canale che divide in due l’edificio e che si arricchisce anche di un parco urbano con sculture all’aperto. Il nuovo museo d'arte moderna di Oslo assume quindi le sembianze di un landmark per il paesaggio, articolato in volumi diversi e coperto da un'unica vela, che s’integra perfettamente con la città preesistente. I volumi, rivestiti da doghe in legno che assecondano la tradizione costruttiva scandinava, sono disposti lungo un nuovo canale artificiale e collegati tra loro mediante passerelle in quota. Il museo e la raccolta di opere iniziano sin dallo spazio esterno dove è stato creato un parco che si articola

In alto: la parte centrale della struttura è divisa in due da un canale che separa anche i corpi di fabbrica, messi in comunicazione da un ponte. Tra i suoni dei flutti sul legno, dopo aver visitato il museo, è possibile anche fermarsi sulla banchina per fare un bagno o giocare con l’acqua. A destra: il canale e le due superfici in copertura che ne collegano le parti

in un gioco organico di canali, ponti e prati, in cui è possibile vedere le sculture della collezione Selvaag. Questo spazio è aperto al pubblico e ospita giochi per bambini ed è attrezzato per la balneazione, per godersi da vicino la natura e il mare. All’interno, in un grande spazio a doppia altezza, i visitatori iniziano il loro percorso tra le opere della mostra temporanea del Museo Astrup Fearnley. Il progetto del nuovo museo si compone di due edifici principali, uno che ospita le esposizioni temporanee e uno destinato alla collezione permanente che vanta opere di artisti come Andy Warhol, Damien Hirst, Jeff Koons, Charles Ray, Richard Prince, Matthew Barney, Bruce Nauman, Robert Gober e Cindy Sherman. Ogni piano rappresenta un piccolo universo d’arte, unito al successivo da ponti


TJUVHOLMEN ICON COMPLEX / Oslo

La cavità creata dalla forma curva della copertura è ventilata naturalmente in estate e chiusa in inverno per aumentare l'isolamento che si affacciano sul parco e sulla piazza, collegandosi agli interni e agli esterni. Una caffetteria è prevista lungo il lato della spiaggia, è dotata di una facciata apribile durante la bella stagione e da qui è possibile godere della vista del parco e delle raffiche di vento provenienti dai fiordi. Una copertura continua dalla forma curva, realizzata in vetro, ricopre i corpi edilizi e scende sino quasi a toccare la quota del terreno, dove sono collocati i parcheggi. Gli spazi espositivi che si trovano sul lato nord del canale ospitano la collezione permanente d'arte contemporanea all'interno di uno spazio aperto e flessibile dove si svolgono an-

che alcune delle numerose attività educative. L'edificio sulla Skjaeret, sul lato sud del canale, è destinato, invece, alle mostre temporanee ed è composto di due piani: un piano terra e un piano rialzato, con la luce naturale che filtra da un lucernario presente sul tetto. Al secondo piano, un'ampia terrazza sulla copertura ospiterà alcune sculture all'aperto. Un piccolo bar si trova anche accanto alla hall e la sua terrazza si estende sin al parco e alla spiaggia. L’intero andamento di questa nuova architettura sembra proseguire lo skyline della città lungo la passeggiata Aker Brygge. La metà di questa lunghezza sarà composta dal A sinistra: planimetria generale. In alto: il museo in testata. Vi si arriva percorrendo la banchina lignea che lo attraversa e arriva ad affacciarsi direttamente sul mare. A destra: i due prospetti prospicienti il canale. Il legno adottato in facciata è destinato a scolorirsi

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Le sale espositive sono tra loro diverse. Quelle poste all’ultimo piano godono di luce naturale zenitale proveniente dalla copertura di vetro. Le sale rispondono a due precipue funzioni: l’esposizione permanente e l’esposizione temporanea, di cui fa anche parte il terrazzo superiore, allestito con opere d’arte contemporanea


La collezione permanente può vantare opere di artisti di fama internazionale come Andy Warhol, Damien Hirst, Jeff Koons, Charles Ray, Richard Prince, Matthew Barney, Bruce Nauman, Robert Gober e Cindy Sherman. Ogni piano rappresenta un piccolo universo d’arte, unito al successivo da ponti che si affacciano sul parco e sulla piazza


TJUVHOLMEN ICON COMPLEX / Oslo


A sinistra: schizzo prospettico. In basso: una delle sale poste subito sotto la copertura in vetro, nella sua parte più bassa. A destra: una vista sul canale centrale. Tutto ricorda il design esile ed essenziale di una nave

nuovo lungomare che proseguirà lungo Strandhagen verso Skjaeret fino a quando terminerà in corrispondenza di un bacino galleggiante, da dove un traghetto condurrà verso altre destinazioni lungo il fiordo di Oslo. Il design della copertura in vetro è il segno distintivo del progetto. La cavità creata dalla forma curva della copertura è ventilata naturalmente in estate e chiusa in inverno per aumentare l'isolamento dell'articolato pacchetto costruttivo. Le sottili colonne in acciaio su cui si adagia la vela, rinforzate da un sistema di cavi, s'ispirano agli alberi maestri delle navi attraccate al porto e confermano la sua sensibilità e la sua esperienza nel relazionarsi con un contesto simile, quale il Porto di Genova. La hall d'ingresso è stata pensata per essere un luogo di silenzio e meditazione ma anche un posto dove incontrare persone o osservare il mare tra i fiordi, grazie alle ampie vetrate trasparenti. I materiali per i nuovi edifici sono pochi, al fine di sottolineare l'unità del complesso architettonico e per esaltare il ruolo del tetto come elemento più importante e scenografico. L'uso e la scelta dei materiali, come tradizione dello stile Piano, assumono grande importanza in tutti gli elementi e i dettagli del progetto. La struttura del tetto è costituita da travi in legno lamellare, sostenuta da colonne di acciaio. Il rivestimento in

legno dà risalto e dinamicità alla forma del tetto e contribuisce a rendere più confortevole e accogliente l’ambiente interno del museo. Il vetro della copertura ha una finitura di grana fine di colore chiaro, costituita da una fitta ceramica bianca che avvolge l'intera superficie riducendo la trasparenza del vetro del 40%. Le vetrate sono rivestite da telai sottili e, dove possibile, sono stati eliminati per migliorare la trasparenza e per minimizzare la decolorazione della luce negli spazi espositivi. Le vetrate degli uffici e degli ambienti non riservati al pubblico sono dotate di propri rivestimenti, con l’aggiunta di sfumature interne per il controllo dell'abbagliamento proveniente dalla luce esterna. La scelta delle schermature tecniche a motore con i loro tessuti filtranti e oscuranti, declinate in diversi modelli e tessuti, s'inseriscono nel contesto stilistico della struttura. Il legno scelto a stagionatura naturale è stato utilizzato per le parti opache della facciata e in breve tempo acquisterà un colore grigio-argento morbido come effetto dell'esposizione agli agenti atmosferici. Il percorso espositivo è organizzato secondo diverse tipologie di spazi: la visita al museo assume la forma di un viaggio culturale tra i vari percorsi portando il visitatore attraverso una serie di dieci camere, ognuna con una diversa altezza del soffitto, materiali e forme. 61


PLASTICO LIGNEO DELL’INTERA STRUTTURA

Il sistema della copertura (sotto) è realizzato con il vetro e i pannelli fotovoltaici. Coinvolge entrambi i corpi di fabbrica e parte dello spazio centrale. La cavità assicura una ventilazione naturale in estate mentre chiusa in inverno fa aumentare l'isolamento termico. A sorreggerla sottili colonne in acciaio che s'ispirano agli alberi maestri delle navi. Le travi sono di legno lamellare e ben si raccordano con quello scelto per l’esterno

MODELLO DELLA COPERTURA

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SEZIONE LONGITUDINALE CORPO INTERNO

SEZIONE LONGITUDINALE CORPO ESTERNO

PROSPETTO COPERTURA

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MUSÉE DU LOUVRE / Lens (Francia)

CULTURA DECENTRATA Progettisti SANAA / Kazuyo Sejima + Ryue Nishizawa Progetto Musée du Louvre-Lens Committente Région Nord-Pas-de-Calais Paesaggio Mosbach Paysagistes Museografia Imrey Culbert,Studio Adrien Gardère Acustica Avel Acoustique

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MUSÉE DU LOUVRE / Kazuyo Sejima + Ryue Nishizawa / SANAA

Rigenerazione. È ciò che è accaduto a Lens, un territorio dalla vocazione mineraria. Un ex sito carbonifero è stato trasformato, con l’ausilio di un progetto firmato dagli architetti giapponesi Sanaa, in un museo-parco: il Louvre di Lens

Foto di Hisao Suzuki

di Iole Costanzo

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I

MUSÉE DU LOUVRE / Lens (Francia)

l giovane direttore del Louvre di Lens, Xavier Dectot, con una punta di orgoglio, a qualche mese dall’inaugurazione, ha fatto presente che il nuovo museo ha già superato i 120 mila visitatori. Dopo il Centro Pompidou di Metz, anche il Louvre, altra importante istituzione culturale francese, ha realizzato la stessa esperienza di decentramento, e questa volta il tutto è avvenuto nella Francia settentrionale, nel dipartimento del Passo di Calais. A progettarlo è stato il gruppo giapponese SANAA, con la collaborazione della paesaggista francese Catherine Mosbach e degli architetti americani Celia Imrey e Tim Culbert. Fino a oggi la città di Lens era in un certo senso sinonimo di carbone. Questi territori erano rinomati per la ricchezza nascosta nelle viscere della terra, per i neri giacimenti di carbone che per oltre 100 anni hanno determinato lo sviluppo di tutta la regione. Ma com’è facile immaginare l'attività estrattiva dagli anni Sessanta a oggi si è notevolmente ridotta portando tutta la regione verso una profonda crisi che si è ulteriormente aggravata in questi ultimi anni con l’attuale crisi economica. Il nuovo Museo del Louvre di Lens rappresenta una possibile risposta all’esigenza di riattivare l’economia. Ha doppia funzione di cataliz-

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zatore culturale e di volano per l’economia della città e del suo hinterland. L’approccio strategico-economico adottato è quello che venne applicato a Bilbao alla fine degli anni Novanta del secolo scorso. In quell’occasione la cittadina basca, con l’apertura della nuova sede del Guggenheim, progettata da Gehry, che alimentò fortemente il dibattito architettonico, dopo un lungo periodo di crisi, acquisì una notorietà che ancora oggi dopo vent’anni ha ripercussioni più che positive. La distanza del nuovo Louvre-Lens dalla capitale parigina non è poi così eccessiva, si tratta di 200 chilometri a nord, ed è anche non lontano da Bruxelles da cui dista meno di 150 km, e da Lussemburgo con circa 320 km. La nuova struttura è formata da cinque parallelepipedi realizzati in vetro, acciaio e alluminio costruiti all’interno di un’area vasta più di 20 ettari. Cinque nuovi padiglioni che occupano una superficie di 28mila metri quadrati. Cinque strutture che accoglieranno le opere del Louvre di Parigi, ne esporranno a rotazione alcune note ma soprattutto metteranno in mostra i suoi tesori nascosti. Quelli per anni serbati negli archivi. A ciò bisogna aggiungere che la città di Lens nel 2012 è stata anche dichiarata Patrimonio culturale dell’umanità da parte dell’Unesco proprio per quelle nere piramidi, i più grandi

Sotto: schema volumetrico dei movimenti del terreno. Tra le nuove e diverse pieghe, terrazze e terrapieni, le nuove essenze accompagnano i segni lasciati dalla linea ferrata e colonizzano un terreno rimasto arido per anni

A destra: visione notturna del Museo del Louvre di Lens. Al centro e sotto: le due immagini rendono chiaro il concetto di trasparenza e permeabilità. La struttura del nuovo museo si dispone, tranne che per pochi ambienti ipogei, su un unico piano semplice e libero, con strutture portanti esili e un sistema delle facciate di alluminio e vetro


Foto di Hisao Suzuki

è un unico livello che offre, oltre alle sale espositive, una biblioteca, un auditorium da 300 posti e ampie zone per il ristoro

Foto di Hisao Suzuki

Il foyer ospita le “bolle”, strutture di vetro, alte 3 metri, che ospitano servizi come la caffetteria, la boutique e il bookshop

Foto di Hisao Suzuki

MUSÉE DU LOUVRE / Kazuyo Sejima + Ryue Nishizawa / SANAA

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MUSÉE DU LOUVRE / Lens (Francia)

Foto di Iwan Baan

cumuli di scorie di carbone di tutta l’Europa, che si ergono, solitarie e compatte, fino al cielo. E non lontano da queste è stato costruito il nuovo complesso progettato dai Sanaa. È stato costruito proprio in un ex distretto carbonifero, a testimonianza che l’intenzione del nuovo museo è quella di contribuire alla svolta economica della regione mineraria senza che questi rinneghi, anzi ne faccia un elemento propulsore, il suo passato minerario. È un’area destinata al rimboschimento. Un sito che la natura lentamente dal 1960 ha riconquistato. Un suolo rialzato, a causa del riporto del materiale estratto dalla miniera, su cui è stata costruita la nuova soluzione architettonica: un unico livello, accessibile, inserito nel particolare e unico paesaggio, che offre oltre alle luminose sale espositive anche una biblioteca multimediale, un auditorium da 300 posti e ampie zone per il ristoro. Come lo stesso gruppo Sanaa ha dichiarato: «Il padiglione centrale, tutto in vetro, ha

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all’interno del complesso un vuoto, il foyer d’ingresso del museo, un autentico spazio pubblico a servizio della comunità di Lens. Gli altri volumi sono invece rivestiti con pannelli di alluminio anodizzato, spazzolato, che rendono sfuocati i contorni dell’edificio e riflettono diversamente luce e paesaggio». Anche i tetti sono in buona parte in vetro, e la scelta è determinata dall’intenzione progettuale di portare la luce naturale, riflessa, all’interno dell’esposizione. Una luce naturale controllata da alcuni dispositivi che hanno condizionato la forma stessa del soffitto, e che sono alla base del confort termico presente all’interno. L’impianto di refrigerazione è veramente minimo ed è alimentato dal sistema geotermico e coadiuvato da quello di ventilazione naturale che avviene per scambio attraverso il solaio di copertura e quello inferiore. La luce, come gli stessi architetti hanno ribadito, in questo tipo di struttura risulta essere molto importante, e nella progettazione lo studio ha tenuto

Questi territori erano rinomati per i neri giacimenti di carbone, che per 100 anni hanno determinato lo sviluppo economico di tutta la regione


MUSÉE DU LOUVRE / Kazuyo Sejima + Ryue Nishizawa / SANAA

A sinistra: foto aerea del sito. Originariamente, informe e incolto, l’ampio lotto faceva parte del sistema minerario di Lens. Prima del nuovo intervento è stato bonificato e sistemato rispettando la morfologia del terreno e i sistemi biotici-botanici. Sotto: planimetria prospettica delle essenze e del sistema di raccolta delle acque piovane. Sopra: il padiglione di vetro. La sistemazione interna vista dall’alto e il prospetto. È l’ultimo manufatto a nord dell’intera area

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MUSÉE DU LOUVRE / Lens (Francia)

Foto di Iwan Baan

A sinistra: l'interno della Galleria del Tempo: la spina dorsale del Louvre-Lens. È un viaggio cronologico attraverso 6mila anni di storia dell'arte. La scelta progettuale è quella di eliminare qualsiasi classica partizione e creare uno spazio espositivo spettacolare (circa 3.200 mq) che offre al pubblico una prospettiva unica sulla storia dell'arte

Foto di Iwan Baan

A destra: il corpo centrale, la hall del museo. È qui che lo spazio è stato suddiviso in bolle contenenti più funzioni. Luoghi di scambio culturale e di relazioni. Spazi dove far sedimentare o rielaborare ciò che si è visto, che si è appreso attraverso una logica espositiva nuova

Foto di Iwan Baan

Sia a destra che a sinistra, è facile leggere la scelta fatta dagli architetti di pensare la galleria senza pannelli espositivi e percorsi cronologici. È intorno ad alcuni cluster che il pubblico passeggia, si ferma e contempla. Mentre i pannelli di alluminio alle pareti creano un gioco estetico raffinato quasi etereo

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Foto di Iwan Baan

MUSÉE DU LOUVRE / Kazuyo Sejima + Ryue Nishizawa / SANAA

Foto di Iwan Baan

I tetti sono in parte in vetro, e la scelta è determinata dall’intenzione di portare la luce all’interno dell’esposizione conto della particolare luce presente in questo ambito geografico: quasi sempre fredda, dovuta al minore angolo d’incidenza. I cinque volumi, divisi dal foyer centrale, hanno tra loro funzioni diverse, a est ci sono la grande Galleria del Tempo e il Padiglione in Vetro, sale che sono state deputate a ospitare in primo luogo le opere provenienti dal Louvre. Sono ambienti che presentano una logica espositiva diversa da ogni canonica ripartizione in settori, legata al genere artistico o geografico, e copre un intervallo temporale che va dal 3500 a.C. fino a metà del XIX secolo. Un’innovativa impostazione didattica adottata proprio per creare l’opportunità di individuare e alimentare, anche solo intuitivamente, nuove relazioni. Un vero e proprio viaggio esplorativo attraverso la storia della cultura. L’auditorium - la Scène - è stato costruito all’interno dei 5 padiglioni. Ha un programma direttamente collegato, in modo consequenziale, con le mostre

che sono in programmazione. Lo spazio dedicato al pubblico è invece su due livelli, di cui uno ipogeo, mentre gli uffici amministrativi posti a sud e il ristorante che è stato organizzato sul versante nord instaurano un collegamento diretto tra il museo, il parco e la città. Del foyer c’è da aggiungere che oltre a rappresentare il cuore della struttura - infatti è da qui che si può accedere anche ai laboratori, ai magazzini e agli altri ambienti di servizio interrati - ha come nota peculiarità la presenza delle cosiddette “bolle”, strutture di vetro, alte 3 metri, che ospitano servizi come la caffetteria, la boutique e il bookshop, oppure spazi isolati che hanno funzione di nicchie di raccoglimento. Cinque eterei padiglioni costruiti su terra nera, è questo il Louvre di Lens. Una terra bonificata, che negli anni si trasformerà, su progetto dello Studio Catherine Mosbach, in un parco rigoglioso, elemento di congiunzione tra il museo e il tessuto cittadino. 71


PLANIMETRIA GENERALE CON SISTEMA DEL VERDE

parcheggio grande spiazzo

spia

prateria

parco di piante pioniere

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giardino delle arti

bar

rampe d’accesso


azzo

terrazzo di robinie ter ren o

di pia nte in vasiv e terrazzo pomeridiano

terrapieno

rampe d’accesso

terrazza Devocelle

Il Louvre Lens si trova a Lens Gohelleou, un insieme di colline, pianure e zone boscose ai piedi del crinale Artois, che va da sud-ovest a nord-est. Cumuli e piattaforme di materiali minerari sono diffusamente presenti ancora oggi in molte zone della regione. La finalità di questo progetto è quella di coinvolgere culture e storie del territorio. I giardini diventano luoghi di socialità , fatti di spazi ricreativi comuni: una porta per accedere alla cultura

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PIANTA PIANO TERRA

1. foyer 2. spazio scenico 3. esposizione temporanea 4. libreria 5. sala d’incontro 6. caffetteria 7. area pic nic 8. bolle di vetro 9. saletta 10. atelier 11. galleria del tempo 12. padiglione di vetro

1 2

3

4

9

5 6 8

7

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PIANTA PIANO INTERRATO

13. sala studio 14. archivio d’opere d’arte 15. gruppo d’accoglienza 16. sala del personale 17. piccolo auditorium 18. sala d’incontro 19. sala formazione 20. atelier 16 15

18

17 19

19 13

14 20

ANALISI DEL CONTESTO

C

B

STRATI VEGETALI

e a

b

III

A1

c d

A1: percorsi incassati; A2: fronte di piante invasive; A3: terrapieno; B: parco di piante pioniere; C: giardino del Louvre; a: spiazzo; b: terrazzo di robinie; c: terrazzo pomeridiano; d: giardino delle arti; e: aree di intervento

4

II

A2

A3

IX

I VIII

DINAMICHE CULTURALI

VII

IV

V

X

2

VI

I: edificio; II: prateria; III: grande spiazzo; IV: prato; V: piattaforma; VI: spazio di apertura; VII: fascia attiva; VIII, IX, X: segni sul territorio

1

ELEMENTI MINERARI

5 6 3

1: pozzo; 2: terrapieno; 3: terrazza Devocelle; 4: cumuli di residui minerari; 5: fronte di piante invasive; 6: percorsi incassati


DETTAGLI COSTRUTTIVI

4a 4b 4c

4a - brise soleil; 4b - doppio vetro 4c - apertura mobile interna; 4d - elemento d’acciaio verniciato 4e - pannello in alluminio a nido d'ape; 4f - isolamento 140mm 4g - cemento; 4h - pannello in alluminio a nido d'ape 4i - massetto di cemento lucidato; 4j - isolamento 90mm 4k - cemento strutturale

4d

GALLERIA DEL TEMPO

4e 4f 4g

4h

3a - elemento metallico per la copertura; 3b - pannello acustico 3c - pannello di metallo perforato; 3d - fascia 3e - parasole a rullo; 3f - doppio vetro 3g - montante; 3h - colonna 3i - grata galvanizzata; 3j - massetto di cemento lucidato 3k - isolamento 90mm; 3l - cemento strutturale 5a - elemento metallico per la copertura; 5b - pannello acustico 5c - pannello di metallo perforato; 5d - fascia 5e - parasole a rullo; 5f - vetro laminato 5g - montante; 5h - montante 5i - doppio vetro; 5j - colonna 5k - grata galvanizzata; 5l - griglia per la ventilazione naturale 5m - massetto di cemento lucidato; 5n - isolamento 110mm 5o - cemento strutturale

4i 4j 4k

3d

3f

3i

3e

3g

3a

5a

3b

5b

3c

3h

HALL

3j 3k 3l

5k

5d

5e

5f

5g 5i

5h

5l

5c

5j

PADIGLIONE DI VETRO

5m 5n 5o



BLOCK NOTES Clima, edilizia, trasporto, risorse naturali, consumo del suolo e inquinamento. sono tematiche che meritano piena convergenza nel dibattito sulla sostenibilità, in corso tra professionisti, politica e opinione pubblica

Alberto Zanni

La casa sostenibile L’Europa ci chiede di ridurre spreco ed emissioni di gas dannosi. Entro il 2020 tutti gli edifici di nuova costruzione dovranno essere a “energia quasi zero”: alta classe energetica e consumi molto contenuti Chiarire il termine “casa sostenibile” significa esplorare un mondo ampio e variegato. Emerge non solo un'abitazione dalle proprie specificità, moderna e attenta a un uso intelligente, ecologico e all'avanguardia, ma una gradazione di sensazioni e atteggiamenti, a essa legati, in grado di generare un diverso modus vivendi. Sostenibilità è un vocabolo che oggi suona già quasi consunto, data l'ampia frequenza con cui lo percepiamo e incontriamo nei più svariati ambiti della vita quotidiana. La nostra cultura odierna è permeata dalla necessità e dalla consapevolezza che ciò che usiamo oggi deve soddisfare in modo funzionale le nostre esigenze, senza intaccare però le risorse necessarie per il futuro. Casa sostenibile è ricerca di armonia ed equilibrio con l'ambiente, che spesso abbiamo solo sfruttato o semplicemente dimenticato. Chi oggi vuole vivere in un'abitazione sostenibile è un individuo che ha capito l'importanza dell'integrazione con la natura, prima di tutto il resto. Per progettarla in maniera corretta, lo studio del sito e delle sue potenzialità, gli orientamenti solari, le ventilazioni sono elementi chiave che necessitano di un'attenzione mirata. Sostenibilità non significa soltanto attenzione al risparmio energetico e cura nei materiali utilizzati, ma anche profonda integrazione con il sito, comprensione dei suoi punti di forza e di debolezza. Studiati e preziosi accorgimenti progettuali sarebbero in parte vani se non abbinati a una corretta lettura del tessuto in cui il costruito prenderà vita. La necessità di tutto ciò sta proprio nel significato stesso che il termine “casa sostenibile” ha assunto per noi. L'utente tipico di questo prodotto è colui che cerca un “vivere di qualità”, salutare, piacevole e rispettoso. Altro requisito richiesto è la minor onerosità dei costi di gestione. Se infatti i costi di realizzazione possono essere talvolta un po' più elevati rispetto a quelli di un'abitazione tradizionale, soprattutto per la scelta di un'impiantistica all'avanguardia, questi sono generalmente ben ammortizzati dalle ottime prestazioni energetiche che garantiranno, se la casa è ben costruita, bollette dagli importi sensibilmente più bassi. Alla base c'è quello che l'Europa ci ha chiesto di fare per ridurre

spreco ed emissione di gas dannosi: la Direttiva 2010/31/UE sul rendimento energetico in edilizia richiede, entro l'anno 2020, che tutti gli edifici di nuova costruzione siano “ad energia quasi zero”, di alta classe energetica, con consumi molto contenuti e produzione di energia dovuta in larga parte all'utilizzo di fonti energetiche rinnovabili (solare, eolica, geotermica, aerotermica...). In Lombardia, regione italiana all'avanguardia nell'applicazione di politiche energetiche, già si contano più di 1000 edifici nuovi a energia quasi zero. La casa sostenibile moderna ha alla base una progettazione mirata di involucro e impiantistica di servizio, è spesso molto alternativa ed esula dalle soluzione scontate, soprattutto nella scelta dei materiali. È innovazione e attenzione a “naturale” e “alto performante”. Le fiere di settore e i convegni organizzati sono testimoni di una diversificazione sempre in crescita e in divenire nella scelta dei materiali isolanti da usare nell'involucro, ad esempio fibre vegetali (legno, canapa, ecc) o sughero senza collanti, del tutto naturali e salubri. Il leitmotiv è l'assenza di emissioni nocive, la facile reperibilità e la totale riciclabilità a fine ciclo di vita, pur garantendo massime prestazioni di risparmio energetico e di comfort termo-igrometrico. Anche malte e cementi utilizzati sono spesso composti da fibre organiche e riciclabili. Le realizzazioni sono le più diversificate. Si parte dalla classica casa sostenibile in legno (il calcestruzzo non è certo il prodotto più adatto), con sistemi spesso di tipo prefabbricato, rapidi e versatili, caratterizzati da cantieri leggeri e non invasivi; si arriva ad abitazioni anche molto originali, con una forte connotazione propria. Interessanti sono le realizzazioni di case in paglia, materiale utilizzato come tamponamento interno, accoppiato ad una struttura portante in legno, che permette un notevole risparmio. A differenza della paglia sciolta, muri in blocchi di paglia precompressa intonacati sui due lati possono ottenere una buona resistenza al fuoco e pare siano meno attaccabili da parassiti rispetto ad altri materiali. Di tutto rispetto le realizzazioni in mattoni di terra cruda, o semplicemente in pannelli di terra cruda usati come tamponamento in pareti perimetrali. Questo materiale possiede una grande capacità di accumulo di calore e abitazioni realizzate con questi sistemi ricordano i vecchi casolari di campagna di un tempo, freschi nelle giornate di calura estiva e in grado di donare tepore nel gelido inverno. Infine, una progettazione mirata dell'impiantistica è di rigore. È pur vero che un corretto studio dell'involucro già risolve da solo molti problemi, ma ci sono severi requisiti normativi minimi a cui attenersi, uno su tutti quello, già menzionato, di un'ampia fetta di produzione energetica da fonti rinnovabili. Una strada in linea col perseguimento di questi obiettivi sembra essere quella che prevede l'utilizzo di tecnologie a pompa di calore, caratterizzate da consumi primari ridotti rispetto ad altre tecnologie tradizionali. Questi strumenti permettono soluzioni diversificate, onnicomprensive (riscaldamento e raffrescamento), che ben si integrano con le architetture realizzate. (Alberto Zanni, Presidente nazionale di Confabitare, è impegnato nella difesa e nella tutela della proprietà immobiliare) 77


BLOCK NOTES Andrea Poggio

Ripensiamo le città Città intelligenti che sappiano fare buon uso di un’economia ambientale sostenibile. Proiettate in un futuro in cui riduzione del traffico, miglioramento dei trasporti e del benessere siano delle certezze

Le città del prossimo futuro saranno sostenibili: per l'ambiente, per le relazioni sociali, per la nuova economia che si svilupperà. I loro abitanti condurranno una vita diversa, cambieranno per primi stili e consumi, peseranno sull'ambiente meno della minoranza che abiterà nelle aree demograficamente meno dense. Parlo di queste cose nel volume Le città sostenibili, Bruno Mondadori. Urgenza C'è un'urgenza di cambiamento nell'aria delle città di tutto il mondo. L'umanità è divenuta a maggioranza urbana e, nell'arco della prossima generazione, più di un miliardo di contadini popoleranno nuove città. Dalla necessità di riorganizzare le infrastrutture in chiave “verde” e di rendere sostenibile la vita e lo sviluppo sociale nasce una nuova economia. Con la green economy il modello sta cambiando. Si stanno svuotando le periferie industriali, non hanno più senso i quartieri dormitorio, separati da quelli commerciali. Le città, i quartieri stessi, tornano a essere luoghi di produzione, di creazione di valore. Dalle città vengono le innovazioni più radicali e le condizioni per un’economia ambientalmente sostenibile. Gli stili di vita stanno mutando: in Europa, come anche in Cina, in India, in America Latina, i cittadini pretendono servizi, accesso a beni economici e relazionali diversi da quelli del secolo scorso. Gli esseri umani che si concentrano nelle megalopoli cinesi di Canton, Shenzhen o in quelle sudamericane di Bogotá o Caracas, non accetteranno più inquinamento, acqua meno potabile, trasporti pubblici meno efficienti, verde pubblico inesistente dei pretenziosi abitanti di New York, Roma o Londra! L'Italia cerca la sua strada nel mondo di domani, perché non possiamo permetterci di sostenere a lungo una disoccupazione giovanile superiore al 30%. Sperperiamo ancora miliardi di euro in faraoniche opere che non verranno mai completate. Mentre avremmo urgenza di ricostruire le nostre città: secondo una ricerca Ambrosetti-ABB, gli investimenti necessari per rendere smart la totalità dei sistemi urbani del nostro paese ammonterebbero a 22 miliardi di euro l’anno sino al 2030. Tanto, ma non impossibile. Non così tanto se si tiene conto che gli investimenti devono riguardare il settore dell’energia, l’edilizia, 78

la mobilità, nuovi materiali, informazione e servizi. Mentre i vantaggi economici generati dal miglior funzionamento delle nostre città sarebbero enormi: tra 128 e 160 miliardi di euro l’anno, pari a 8- 10% del PIL attuale. Quindi si tratta di investimenti con un alto rendimento, talvolta un tempo di ritorno molto breve. Esiste una terza alternativa? Quella di lasciare a ogni città, a ogni regione d’Italia, la capacità di arrangiarsi e uscire dalla crisi in modo autonomo? Alcune aree dell’Italia ce la faranno, con fatica, altre si perderanno per strada, in balia degli aiuti di uno Stato sempre più povero, condannate al declino. Magari in attesa di una catastrofe, come è successo alla città de L’Aquila. Con il terremoto abbiamo perso un centro storico, una comunità capace di creare valore. Quanto vale per noi e per l’Italia una città? Le città, la capacità di viverle e riprodurle, sono il patrimonio fondamentale che l’Italia ha accumulato nella sua storia millenaria. Rappresentano la principale opportunità di rilancio e posizionamento nel mondo globale di domani. Radicalità Il secolo scorso si prevedeva di ridurre traffico e inquinamento. Oggi si prescrivono case a (quasi) zero energia, zone a zero emissioni, ecoquartieri. Quartieri “car free”, perché è ridotto al minimo l'uso di mezzi di trasporto proprietari. Ad Helsinki ci si muove con il satellitare sì, ma le applicazioni usate sono gratuite, stanno sugli smartphone e servono per muoversi a piedi e in bicicletta, usare e pagare i mezzi pubblici, prenotare auto di car sharing e i biglietti di musei e spettacoli: open data e nuovi portali di servizio sono allo studio insieme ad altre città: Milano (Legambiente) e Barcellona in prima fila (progetto SuperHub). Da Stoccolma, Green Capital 2010, alla più recente nomina di Copenahagen, colpisce il coraggio e la precisione dei piani. Nel mondo futuro potranno coesistere megalopoli in transizione accanto a città ricche ed ecologiche come Zurigo che, adagiata sulle sponde di un lago alpino, ha stabilito con un referendum di diventare energicamente efficiente e rinnovabile, tanto da ridurre del 90% entro il 2050 la sua dipendenza dal petrolio. Le città che sapranno crescere e assumere maggior importanza in futuro saranno sempre più intelligenti e sostenibili. Grazie alle nuove tecnologie dell’informazione e della comunicazione si riuscirà a garantire la funzionalità e l’efficienza delle infrastrutture più complesse, la compatibilità ambientale e un’elevata qualità della vita per la maggioranza degli abitanti. Si intraprendono progetti e piani visionari per lo sviluppo delle smart cities: le città non dovranno essere solo intelligenti (intelligent cities), ma anche sostenibili, perché il forte contributo delle tecnologie per migliorare la funzionalità delle infrastrutture urbane dovrà essere messo al servizio dei nuovi stili di vita più sostenibili dei cittadini del prossimo futuro. Cambiano le case, cambiano i materiali di costruzione, cambiano i “mestieri”, la progettazione, gli artigiani e le società di costruzione e ristrutturazione. Il settore comprende installatori di rinnovabili, controllo e gestione dell'energia, delle reti, dei servizi. Cambiano i modi di vivere le abitazioni. Da una decina d’anni a questa parte, si sono iniziati a costruire ecoquartieri, nei quali anche i servizi urbani sono green, si ricicla tutto e i bambini sono tornati a giocare in strada, dove circolano meno auto. Cambiano le strade, cambia l'aspetto della città: se si trattasse solo di tecnologie ed efficienza le città non sarebbero poi così diverse.


Collaborazione e prontezza Non possiamo uscire dalla crisi da soli. Non si costruisce sostenibilità solo per la propria famiglia o all’interno della propria comunità. Non ha senso una casa in classe A in un quartiere trafficato e inquinato. I pionieri del futuro abitano “ecoquartieri” in cui si trovano abitazioni che costano solo 2-3000 euro al metro quadrato, perché la sfida per la nuova edilizia cittadina è conciliare qualità con prezzi contenuti, come Amsterdam, Vienna, Bolzano e Friburgo. Queste ormai sono le linee di finanziamento dei nuovi fondi europei dal 2014: quartieri in cui si dovrà dimostrare che gli abitanti riducono le emissioni pro capite di CO2. Dubito delle progettazioni non partecipate, ancorché sostenibili. Ho ammirato il lavoro svolto cinque anni fa dal professor Alessandro Balducci del Politecnico, che si intitolava “Città di Città” e aveva lo scopo di censire e promuovere attraverso un bando “progetti e poli-

tiche dal basso” che potessero rappresentare delle buone pratiche da diffondere in tutta l’area metropolitana e persino in altre città. Sono stati documentati 269 buoni esempi di piccole e grandi realizzazioni o servizi, poi raccolti in un libro bianco. L’amministrazione pubblica non può fare tutto, ha bisogno della partecipazione e del controllo di cittadini e di soggetti sociali capaci di interpretare i nuovi bisogni cittadini: solo così si può pianificare il percorso verso la città sostenibile del futuro. La progettazione ha bisogno e deve tener conto sia di processi top down sia, al contrario, di processi bottom up. (Andrea Poggio, vicedirettore Legambiente, responsabile stili di vita, www.viviconstile.org, e Premio Innovazione Amica dell'Ambiente. Organizza il primo servizio di car sharing, la mostra Green Life, costruire città sostenibili, Triennale Milano. Scrive Le città sostenibili, Bruno Mondadori)

ALESSANDRA TAFURO

Docente di Economia aziendale - Facoltà Scienze Matematiche, Fisiche e Naturali del Salento Dal punto di vista di chi si occupa di economia aziendale, cosa si intende con: strategie e strumenti contabili per la sostenibilità ambientale?

Il rapporto tra ambiente e azienda è un tema interdisciplinare che, nel tempo, ha contribuito ad alimentare, tra gli altri, un filone di studi noto come Management Ambientale. Secondo un approccio economico-aziendale, tale disciplina si occupa di analizzare le modalità di gestione delle questioni ambientali connesse alla conduzione delle aziende. È fondamentale adottare un approccio proattivo verso l’environment con il quale considerare tale variabile nel processo di pianificazione strategica e in quello di attuazione delle politiche aziendali. La realizzazione di una strategia che ingloba l’environment è possibile se all’interno dell’impresa esiste un sistema informativo-contabile che sia di supporto per i processi decisionali e consenta di registrare e misurare gli effetti dell’azione manageriale in ambito ambientale. Per un’azienda un approccio gestionale rispettoso dell'ambiente perché dovrebbe essere conveniente?

Un’attenta gestione manageriale orientata agli aspetti legati all’ambiente gioca un ruolo da pivot nella determi-

nazione delle performance aziendali. Diversi studi, infatti, hanno dimostrato l’esistenza di una correlazione positiva tra performance ambientali e performance economico-competitive.

Per un’azienda puntare sulla sostenibilità può essere una strategia per il futuro?

Certamente sì. L’adozione di una strategia volta alla tutela e al rispetto dell’ambiente non genera soltanto costi. Un tale atteggiamento è da considerare un investimento che, nel lungo periodo, determina l’aumento del valore di una azienda. Inoltre, è importante sottolineare che la variabile ambientale, oramai, costituisce una fattore che, a tutti gli effetti, è considerato nei processi di valutazione delle imprese (due diligence) e in quelli di assegnazione del merito creditizio (green rating). Ma scegliere la strada della sostenibilità oggi per un’azienda non è anche una questione di immagine?

Seguendo la strada della sostenibilità, un’azienda migliora la propria immagine acquisendo maggiore legittimazione, consenso e fiducia tra i propri stakeholder. Tutto ciò determina un miglioramento della posizione competitiva dell’azienda e quindi anche un ritorno di carattere economico.

CETTINA GALLO

Architetto - IAA (International Academy of Architecture) Professor In Italia esistono programmi incentivanti l’aspetto bioclimatico e sostenibile degli interventi da realizzare?

Negli ultimi dieci anni c’è stato un notevole impulso, anche grazie al Codice concordato di raccomandazioni per la qualità energetico ambientale di edifici e spazi aperti promosso dalla CNEA (Conferenza Naz. Energia e Ambiente) nel 1998 e rivolto alle amministrazioni locali. È essenziale che ogni regione strutturi le linee guida in materia, perché a quelle devono poi attenersi i comuni. Uno dei primi comuni attivo in quest’ambito è stato Faenza. In Italia quanto si costruisce seguendo le istanze bioclimatiche?

Si costruisce nella misura in cui ci sono vantaggi per tutti gli attori: per il costruttore, che in cambio di una particolare cura per gli aspetti “sostenibili” dell’edificio ottiene dall’amministrazione locale particolari benefits, per l’utente che vivrà in un edificio migliore e più economico, per gli amministratori che lasciano alla comunità spazi più sani. La bioclimatica è percepita come una moda o è riconosciuta come giusto approccio etico alla vita futura?

Nonostante ancora oggi esista l’equivoco della bioclimatica come “utilizzo dei pannelli solari e/o fotovoltaici” tout court, il concetto di bioclimatica come eliminazione degli sprechi, utilizzo delle risorse naturali e gratuite del luogo si diffonde e credo che sarà questo il punto di forza per il suo sviluppo. Il recupero, la valorizzazione e il ripristino ambientale quanto sono legati all’architettura bioclimatica?

Nel nostro paese i prossimi anni saranno dedicati alle ristrutturazioni nel tessuto urbano per migliorare gli spazi vuoti o dismessi: questo andrebbe fatto non dimenticando i criteri della bioclimatica al fine di utilizzare meglio le risorse, ridurre l’inquinamento e il consumo di energia tradizionale. 79


BLOCK NOTES

Maria Berrini

edifici: pareti, solai, coperture, che fino a oggi si sono limitati a un modesto 6%. Per attivarli serve tanta informazione. Serve un sistema del credito sensibile a promuovere e sostenere quest’azione. Servono politiche nazionali e locali mirate. Servono infine professionisti capaci di analizzare il potenziale di intervento e dare il giusto consiglio a privati cittadini e amministratori di condominio disponibili ad ascoltarli e a fare la scelta giusta.

In questo quadro conviene anche allargare lo sguardo. Se si possono realizzare case ecologiche, perché non pensare anche a eco-quartieri? In Europa si lavora in tal senso ormai da più di Come a Friburgo, Amsterdam, Amburgo, Stoccolma, 15 anni. Scelte consapevoli compiute da città, da imprenditori, anche in Italia bisogna sensibilizzare i cittadini e le da cittadini, che hanno voluto dare forma all’idea di sostenibiistituzioni per la nascita di ecoquartieri e dare forma lità urbana, a una scala adatta per cominciare e per produrre riall’idea di sostenibilità urbana. L’Europa insegna sultati rilevanti e visibili.

Una vita più verde

Crisi ambientale e crisi economica sono fortemente intrecciate. La crisi ambientale è rappresentata dai cambiamenti climatici, che hanno moltiplicato gli eventi meteorologici estremi e i danni conseguenti. La crisi economica, che in Italia si intreccia anche con la crisi di sistema, impone che le risorse economiche siano utilizzate con cura, concentrandole sulle priorità e investendo su quelle azioni che possono produrre un ritorno, in termini di risparmio per le famiglie e per la pubblica amministrazione, e in termini di nuova occupazione e di tenuta per le imprese. Rendere al più presto energeticamente più efficienti gli edifici è la soluzione che dovrebbe essere ovvia. Facendolo infatti si investe in modo diffuso, attivando imprese locali, riqualificando un patrimonio oggi caratterizzato da grandissimi sprechi, e in questo modo si aumenta reddito e occupazione e si riducono costi economici e costi ambientali futuri. La Commissione Europea da tempo sta alzando l’asticella degli obiettivi e dei sostegni finanziari in questo campo. Entro il 2020 tutta la nuova edilizia dovrà essere a emissioni quasi zero. Ma la maggior parte degli edifici italiani sono e continueranno ad essere quelli esistenti. In Italia le detrazioni fiscali (il cosiddetto 55%) nel solo triennio 2007-2009 hanno attivato circa 600mila interventi. La diminuzione delle emissioni è stata di circa 900mila tonnellate di anidride carbonica. Molto, anche se ancora insufficiente rispetto agli obiettivi di Kyoto, ma certamente un indicatore del giacimento di risparmio ancora disponibile. Il 94% degli interventi si sono però concentrati sulle sostituzioni degli infissi e sull’adozione di caldaie a condensazione e pannelli solari. Certamente perché sono quelli di minor costo e più semplici da attivare. Ma il maggiore ritorno, economico e ambientale, perfino doppio rispetto agli altri interventi, sarebbe invece quello sulle “strutture” degli 80

In alcuni casi si è trattato di interventi di risanamento su quartieri esistenti, in altri di operazioni di trasformazione radicale di aree dismesse, in altri di interventi su aree libere, realizzati con rispetto del contesto. Ovunque si è trattato di un fortunato intreccio tra innovazioni tecnologiche e sociali, che è servito a innescare un effetto pilota, trascinando con sé altri quartieri, se non addirittura l’intera città. I casi che ritengo più interessanti sono quelli di: Friburgo, Germania, con i quartieri di Vauban e Reiselfeld; Amsterdam, Olanda, con GWL Terrain e Zuidas; Vienna, Austria, con Autofreie (senz’auto) Mustersiedlung, Bike City e Eurogate; Salisburgo, Austria, con Gneiss Moss e Samer Mösl; Malmö, Svezia, con Augustenborg e Västra Hamnen; Stoccolma, Svezia, con Hammarby Sjöstad; Amburgo, Germania, con HafenCity; Zurigo, Svizzera, con Eulachhof e Più Che Abitare. Il racconto di queste esperienze e le loro caratteristiche sono riportati nel libro Green Life, Guida alla vita nelle città di domani, Edizioni Ambiente, 2010, e nel catalogo Green life: costruire città sostenibili, Ed. Compositori, 2010. http://www.edizioniambiente.it/eda/catalogo/libri/399/ http://www.compositori.it/scheda_numero.asp?n=9314 (Maria Berrini. architetto, ha fondato Ambiente Italia srl (www.ambienteitalia.it). Alla fine del 2011 è stata nominata Amministratore Unico di AMAT srl - Agenzia Mobilità Ambiente Territorio del comune di Milano (www.amat-mi.it). Per 10 anni membro italiano del Gruppo "Esperti di Ambiente Urbano" della Commissione Europea (CE), dal 2008 al 2012 nel Panel di valutazione per il Premio Europeo Green Capital. È stata coautrice della mostra e del catalogo Green Life, costruire città sostenibili, dei rapporti European Common Indicators, Ensuring quality of life in Europe's cities and towns)


che hanno un’azione fotocatalitica che consente un abbattimento di inquinanti nocivi presenti nell’aria con i quali vengono in contatto. Quanto il recupero di materia e di energia dai rifiuti rappresenta nell'industria del Cemento una reale alternativa?

GIUSEPPE SCHLITZER

Attualmente consigliere delegato dell’Aitec. Ha lavorato alla Banca d'Italia, Fondo Monetario Internazionale e Confidustria L’Aitec (Associazione Italiana Tecnico Economica del Cemento) e Legambiente hanno presentato alcune linee guida per la progettazione, la gestione e il recupero delle aree estrattive. Perché questa esigenza?

Il proposito delle Linee Guida è diffondere i principi di gestione sostenibile dell’approvvigionamento di materie prime per cemento e gli obiettivi di tutela ambientale, che devono guidare gli operatori del settore durante tutto il ciclo di vita della cava o della miniera, dalla fase di pianificazione e progettazione fino al recupero. L’attività estrattiva causa inevitabilmente un cambiamento dello stato dei luoghi generando impatti sull’ambiente. Con questa iniziativa vogliamo portare a conoscenza l’esperienza e le buone pratiche maturate dalle nostre aziende nella progettazione e gestione sostenibile dell’attività estrattiva. Vogliamo inoltre dimostrare che è possibile mettere in campo azioni che non solo mitighino gli impatti, ma anche rendano possibile un recupero ambientale tale da creare nuovo valore naturalistico, apportare benefici alla biodiversità e agli ecosistemi, offrire nuovi spazi fruibili alla collettività. Tra i principi delle Linee Guida, ci piace ricordare quello del coinvolgimento degli stakeholder nel processo produttivo, che privilegia comportamenti virtuosi e rende più agevole l’attività delle aziende che operano nella legalità.

La produzione di circa 2,5 tonnellate di cemento all’anno partecipa con ben l’8% alle emissioni di gas serra. È possibile trovare una strategia per abbattere tale indice?

Il settore del cemento italiano ha ridotto le proprie emissioni di circa il 38% dal 1990 al 2012, a fronte di una diminuzione di minore entità (36% circa) dei volumi produttivi, a testimonianza di come lo stesso sia riuscito in questo periodo a garantire una riduzione del fattore specifico di emissione. Questo dato appare tanto più significativo se si considera che secondo i dati EEA (European Environmental Agency - rapporto 2012) sull’andamento delle emissioni di CO2 tra il 1990 e il 2012, la riduzione ottenuta dall’Italia è stata del 3,5%, con altri settori che hanno visto ridurre solo in modo marginale le proprie emissioni (energia - 3%) o addirittura aumentarle (trasporti + 21%). Le emissioni dirette di CO2 legate alla produzione del cemento derivano per circa il 60% dalla “decarbonatazione”, ovvero dal processo di “cottura” delle materie prime che avviene a temperature molto elevate (1400°C) -

che non possono essere ridotte se non con un decremento di produzione - e per circa il 40% dalla combustione necessaria per raggiungere le elevate temperature richieste dal processo - che dipendono pertanto dalla prestazione energetica dell’impianto e dall’intensità di carbonio del mix energetico. Le leve su cui il settore del cemento può agire per un contenimento delle proprie emissioni sono legate al miglioramento dell’efficienza energetica dei propri impianti; al contenimento dell’intensità di carbonio del proprio mix energetico (aumentando la valorizzazione energetica di rifiuti in cementeria facendo sì che tali materiali non vengano inceneriti o inviati in discarica e evitando così la produzione di CO2 e di CH4 legata a questi processi); infine al maggiore utilizzo dei cementi di miscela con un contenuto di clinker ridotto. Su questi punti, come noto, il settore si sta impegnando anche se purtroppo il ricorso a maggiori quantità di combustibili alternativi trova una forte opposizione da parte dell’opinione pubblica, che spesso non è informata sugli aspetti tecnici e sui reali benefici di questa comune pratica industriale, già molto diffusa in altri Paesi, soprattutto del nord Europa. Il cemento per varie ragioni è considerato tutt’altro che sostenibile. Un certo tipo di ricerca ha proposto un cemento che in fase di indurimento assorbe la CO2 dall’atmosfera, condizione che andrebbe a compensare le emissioni rilasciate durante la produzione. È una reale possibilità sostenibile?

Durante il ciclo di vita di un’infrastruttura di calcestruzzo il cemento idratato contenuto all’interno del calcestruzzo reagisce con la CO2 presente nell’aria. Attraverso questo processo parte della CO2 emessa durante la produzione è riassorbita dal cemento attraverso la carbonatazione (ricarbonatazione). Degli studi hanno dimostrato che una percentuale compresa tra il 5 e il 20% della CO2 emessa durante la produzione del cemento, può essere riassorbita durante il ciclo di vita del calcestruzzo grazie a questo fenomeno. La ricarbonatazione avviene anche quando il calcestruzzo viene demolito, frantumato e stoccato per il suo riutilizzo. Un ulteriore 5-10% di CO2 è poi riassorbito durante il ciclo di vita del calcestruzzo riciclato. In tale modo si raggiunge un’economia di CO2 pari al 25 % circa della CO2 emessa durante la produzione. Vi sono inoltre alcuni tipi di cemento, quali quelli contenenti biossido di titanio di ultima generazione,

La Commissione Europea considera l’utilizzo di rifiuti in parziale sostituzione sia delle materie prime che dei combustibili come una delle migliori tecniche disponibili per il settore per ridurre il proprio impatto ambientale. La sostituzione delle materie prime (calcare e argilla) con scarti derivanti da altri processi industriali non solo consente un notevole risparmio di materie naturali ma rappresenta un’alternativa sostenibile per l’ambiente, le imprese e la società civile. Il recupero di energia e la parziale sostituzione dei combustibili fossili con Combustibili Solidi Secondari (derivati da rifiuti) consente all’industria cementiera di ridurre i costi di produzione e al contempo di ridurre le emissioni di CO2, oltre a fornire un contribuito sostenibile alla gestione integrata del ciclo dei rifiuti. Come dimostrano molti esempi europei, il recupero di materia ed energia dai rifiuti non è alternativo alla minimizzazione della produzione dei rifiuti, al riutilizzo e alla raccolta differenziata, ma complementare. E quali esempi vi sono in Italia?

In provincia di Cuneo, la cementeria del Gruppo Buzzi Unicem utilizza da anni combustibili derivati dai rifiuti nei propri forni per la produzione di cemento. Una scelta fatta più di dieci anni fa dall’amministrazione provinciale chiamata a “chiudere” il ciclo dei rifiuti e convinta a non costruire un termovalorizzatore in linea con quanto accade nella vicina nord Europa; scelta che nel tempo si è confermata virtuosa, tanto da permettere alla Provincia di Cuneo di vincere il “Premio Sfide 2009”. Nonostante ciò in Italia è difficile replicarlo sul territorio a causa di una forte opposizione, spesso pregiudiziale, delle comunità locali, ma anche a causa della complessità degli iter autorizzativi che non consentono la definizione di tempi certi per il rilascio delle autorizzazioni. Le novità normative di recente intervenute possono contribuire a un innalzamento della qualità e della tracciabilità dei materiali e allo snellimento delle procedure autorizzative.

I conglomerati cementizi negli anni si sono dimostrati poco longevi. Necessitano prima dei 50 anni di seri interventi di manutenzione. E ciò comporta altro consumo di CO2. Esistono ricerche su questo tema?

Questa affermazione è discutibile: esistono esempi di strutture di calcestruzzo ancora perfettamente efficienti per i quali, nel corso degli anni, gli interventi di manutenzione sono stati pressoché inesistenti. Gli esempi di degrado citati, purtroppo esistenti, sono da attribuirsi a una progettazione non conforme alla norma e a una non corretta posa in opera. Di norma, le strutture di calcestruzzo sia per edifici che per infrastrutture vengono progettate per durare dai 50 a più di 100 anni in funzione delle prestazioni richieste. 81


BLOCK NOTES ANDREA RINALDI

Direttore del Centro Ricerche Architettura-Energia del Dipartimento di Architettura di Ferrara Quanto e come la riqualificazione energetica del patrimonio edilizio si incontra o si scontra con l’idea, sempre invisa, della conservazione intesa come protezione da qualsiasi possibile intervento innovativo?

La riqualificazione è la testimonianza della capacità della società di innovare senza distruggere le radici su cui si regge. Non possiamo prescindere dal risanamento energetico del tessuto edilizio di base dei centri storici italiani, per evitare di avere edifici di minor qualità di vita e valore commerciale rispetto a quelli di una più efficiente - almeno in termini energetici - periferia. In poche parole non possiamo pensare di conservarli così come sono, perché rappresenterebbe la via più breve per la loro distruzione. Questa operazione di risanamento rappresenta un’opportunità interessante per un risparmio energetico rapido e consistente. Paradossalmente il tipo edilizio del centro storico mostra una via più semplice al risanamento tipologico ed energetico rispetto al tipo edilizio della periferia urbana a causa delle minori dimensioni, delle scelte tecnologiche fortemente vincolate, delle limitazioni impiantistiche, e del risparmio economico che può generare. Riqualificazione energetica e ricerca tecnologica quanto sono legate?

È opinione comune e diffusa che il rapporto architettura energia sia connesso alle tecniche costruttive o, ancor peggio, alla fisica tecnica. Nulla di più sbagliato. Il rapporto architettura energia va affrontato liberandosi dalla retorica della tecnologia e della fisica tecnica, affidando al progetto dell’architettura il controllo dell’intero processo. La materia e la tecnologia separate dall’architettura non sono portatrici di modernità e di progresso, mentre concentrarsi sul calcolo è il metodo migliore per annullare le idee. Il tema è molto più ampio: come possiamo rileggere il rapporto tra l’architettura e l’energia nel progetto della forma, dello spazio, del luogo. Compattezza, rapporto pieni-vuoti nelle superfici di facciata, continuità dell’involucro isolato, razionalizzazione dei caratteri distributivi riguardo all’esposizione, sperimen82

tazione tipologica e morfologica, colore, spessore, sono solo alcuni degli aspetti di una ricerca volta a rileggere l’energia in funzione di un diverso approccio al progetto dell’architettura. La crisi economica ha reso chiaro quanto sia necessario intervenire sul cospicuo patrimonio edilizio energivoro, ma certamente non è il momento di sostenere ingenti spese. Come conciliare questi due aspetti?

Gli strumenti di agevolazione ci sono, e se saranno mantenuti nei prossimi anni, permettono di conciliare i due aspetti. Un intervento di risanamento energetico di un immobile, oltre a migliorare il benessere personale, deve essere letto come un investimento e non come una spesa di consumo.

Come varia l’approccio progettuale quando si affronta la riqualificazione di un’edilizia diversa sia come posizione geografica sia come tecnica costruttiva?

L’approccio progettuale è metodologicamente uguale, e deve inevitabilmente considerare i seguenti punti: Recupero tipologico: prioritariamente a ogni operazione di risanamento energetico occorre procedere al progetto tipologico dell’edificio esistente: leggere il tipo esistente, recuperare la percezione e proporzione degli spazi, conservare gli elementi salienti e innovare sugli elementi non più percepibili. Risanamento energetico: pensare a limitare l’efficienza, pur migliorando le condizioni esistenti e pur comportando un minor investimento iniziale, non consentirebbe all’edificio di reggere il passo con il mutare della situazione. Alto isolamento dell’involucro, massa e ventilazione sono i parametri su cui agire. Principio del carbon-zero: fabbisogni molto ridotti e integrazione di energie rinnovabili, come il fotovoltaico. I timori su questo tipo d’impianto risultano spesso ingiustificati perché il loro livello d’integrazione è molto elevato e in continuo miglioramento al contrario di parabole di ricezione, antenne televisive, camini di caldaie, che devastano spesso la percezione dell’insieme delle coperture delle nostre città.

MARIA ANGELA PUCCI

Presidente di Edilpaglia, Associazione Edilizia in Paglia In qualità di Presidente di Edilpaglia, quali sono le ragioni per cui si dovrebbe costruire con la paglia?

Le murature in balle di paglia provvedono a un ottimo isolamento termico che è quasi tre volte quello richiesto per case costruite con materiali convenzionali. Le balle di paglia offrono anche un sensibile miglioramento dell’isolamento acustico: da alcuni test olandesi si evince che un muro in balle di paglia di 45 cm di spessore con intonaco interno-esterno di 35 mm di argilla produce un abbattimento acustico di 55 dba. Quali caratteristiche tecniche rendono la muratura in paglia adatta a un’edilizia antisismica?

L’azione sismica produce un’accelerazione che agisce sulla massa. Utilizzando le balle di paglia si ottiene una diminuzione delle azioni sismiche sull’edificio, esse “seguono” la struttura portante nella sua deformazione non modificandone il comportamento. Se si realizzano edifici in paglia con la tecnica loadbearing, dove le balle di paglia rappresentano la struttura portante, gli effetti di flessibilità sono ancora più evidenti. In Italia le balle di paglia non sono riconosciute come materiale portante?

Edilpaglia sta portando avanti la procedura per ottenere l’attestato di idoneità tecnica all’impiego della paglia come materiale strutturale. Quanto invece prodotto è già stato proposto per edilizie pubbliche cittadine?

La maggior parte degli edifici in paglia italiani sono edifici di abitazione. Edilpaglia ha partecipato alla costruzione dell’edificio pubblico di proprietà del comune di Vaiano (PO). Sono in corso progetti per la realizzazione di cantine vinicole, edifici religiosi, un centro-visitatori di un parco pubblico, ecovillaggi. Che tipo di certificazioni ha questa modalità costruttiva?

Attualmente non esistono certificazioni italiane relative alla paglia come materiale da costruzione. Nella realizzazione di edifici in cui si utilizza la paglia come isolamento si fa riferimento a certificati ottenuti in altri paesi europei. Quanto costa un edificio costruito con le balle di paglia e che durata ha?

La singola balletta pesa circa 15-17 chili e costa tra 1,50 e 3 euro. Utilizzando balle di paglia si può avere un risparmio dal 50% al 75%. Poiché la paglia è un materiale leggero e la struttura portante risulta di modeste dimensioni, si può raggiungere un risparmio sul costo di costruzione dell'ordine del 10%-15%. Per costruire con le balle di paglia occorre una manodopera istruita ma non specializzata, nell'economia generale dell'edificio si può quindi scendere al di sotto dei 700 euro/mq. Quanto risparmio energetico produce una muratura realizzata con la paglia?

La conduttività termica di muri in balle di paglia da costruzione di 45 cm di spessore con 3 cm di intonaco esterno e interno in argilla assume i seguenti valori: λ = 0.052 W/mK. I pannelli in fibre di legno hanno un λ pari a 0.060 W/mK mentre un muro in mattoni forati murato con malta isolante ha un λ pari a 0.18 W/mK, quindi notevolmente inferiore a quelli della muratura in paglia (dati Casaclima).


Roberto D’Agostino

Nuove politiche urbane Per tutte quelle istituzioni che governano il nostro territorio la rigenerazione urbana non è riuscita ancora a diventare una politica consolidata. Indica alcune vie d’uscita, ma anche tante incertezze e perplessità In un suo libro di molti anni fa, Bernardo Secchi, avanzando la propria visione su quali fossero i compiti della pianificazione, ironizzava acutamente sui luoghi comuni che allora imperavano in tutti i Piani, o meglio in tutte le relazioni di Piano. Che si trattasse di una città grande o piccola, gli obiettivi proposti e le formule utilizzate erano sempre le medesime e riflettevano la cultura media di architetti e amministratori che cercavano di campare ciascuno con il proprio mestiere. Queste formule e quegli obiettivi raramente avevano un riscontro con la realtà e gli esiti del piano: ma questa è un’altra questione. La critica di Secchi si collocava in un momento storico di rivalutazione dopo che gli strumenti urbanistici avevano favorito la crescita senza regole delle nostre città - dell’importanza dei piani come strumenti di controllo e guida delle trasformazioni territoriali. Era l’urbanistica delle regole e della partecipazione (più invocata che praticata) che, dopo un periodo di buoni successi, quando veniva applicata da alcune amministrazioni, si è via via ripiegata in modalità ripetitive, vincolanti e distanti da quella realtà che si sarebbe voluta guidare e che ha trovato i suoi modi autonomi per realizzarsi, spesso distorsivi, come ha rivelato la vicenda della cosiddetta urbanistica contrattata. Il processo di critica/innovazione/banalizzazione e crisi che ha seguito quel percorso urbanistico è durato alcuni decenni. In analogia con la rapidità che una società più globalizzata e meno organizzata impone agli eventi, altri percorsi urbanistici che si sono succeduti fino ad oggi hanno attraversato il medesimo ciclo con durate via via più brevi: percorsi nati come critica e superamento di modalità amministrative e tecniche non più rispondenti alle domande della realtà in evoluzione, che sono più rapidamente entrati in crisi e si sono più rapidamente banalizzati generando uno scarto tra la loro diffusione (tutti ne parlano), la loro utilizzabilità (nessuno sa bene cosa farsene) e la loro applicazione (eterogenesi dei fini). Si sono così succedute le fasi dell’urbanistica del progetto (effimera); quella del governo delle trasformazioni e dei progetti complessi, di cui è rimasta a galleggiare ancora oggi la parte deteriore (l’urbanistica degli accordi di programma e dei commissari); la stagione relativamente lunga del recupero delle aree dismesse, con la sua coda delle

“città da rottamare”. Oggi che l’urbanistica in Italia non si fa più, affossata da sciagurate leggi regionali tutte uguali che dilatano tempi, costi e produzione di carte, e impediscono scelte urbane trasparenti e condivise, lasciando come non mai campo libero alle “emergenze” e dunque agli interessi privati gabellati come pubblici, esistono però alcune “parole d’ordine”, di per sé giuste, che tutti ripetono. Una di questa riguarda la rigenerazione urbana. Non vi è dubbio che a questa tematica si sia giunti dopo un lungo percorso concettuale che segna la parte migliore della nostra cultura e pratica urbanistica, prima fra tutte la stagione del recupero dei centri storici e, in continuità ideale con essa, quella del recupero delle aree dismesse. E vi si è giunti anche in forza dei duri comandamenti della realtà che, da un lato ha fatto prendere atto degli esiti disastrosi delle politiche quantitative applicate alle nostre città, dall’altro, e più recentemente, ha mostrato l’impraticabilità materiale di tali politiche nell’epoca della crisi. E infine è vero che il tema della rigenerazione urbana, nella sua accezione complessa di rigenerazione del patrimonio sociale, economico e ambientale, tenta di essere praticato in numerose situazioni e sta accumulando un numero di esperienze sufficienti per definire una tendenza. Ma a dispetto della popolarità del tema e della sua ineludibilità ogni volta che ci si accinge a qualche ragionamento sull’urbanistica delle nostre città, la rigenerazione urbana non è (ancora) riuscita a diventare una politica consolidata. Nel caso della rigenerazione urbana, politica consolidata non vuole dire l’accumulo di molti o moltissimi interventi spot diffusi per l’Italia, ma qualche cosa che abbia a che fare con la radicalità della modifica dei destini delle città. Riprendendo il parallelo con la fortunata politica della salvaguardia dei centri storici, allora si capiva bene che essa aveva probabilità di successo solo se si tenevano insieme tre fattori: la visione del centro storico come un unico monumento da salvaguardare che non poteva essere suddiviso per parti a seconda dei “valori” che si attribuiva a ciascuna delle sue parti; l’idea della salvaguardia integrata, o, come si diceva allora, attiva, di edifici, persone, attività economiche; lo stretto legame tra politiche di salvaguardia del centro storico e contenimento della crescita delle altre parti di città. Analogamente, la rigenerazione urbana può avere senso solo se diventa non una delle politiche virtuose che vengono fatte da una amministrazione, ma la sola politica di trasformazione urbana delle città concepibile una volta attraversato quel tornante della storia che sta definendo nuovi modi di vivere e di operare e nuovi parametri economici a cui rapportarsi. Di questa visione complessiva ci sono poche tracce quando al contrario dovrebbe essere il principale assillo teorico e pratico di chi opera nelle nostre città. Larga parte della responsabilità di tutto ciò risiede nel successo mediatico dei prodotti delle cosiddette archistar che ha amplificato in modo ossessivo il senso di quelle immagini pubblicitarie come via d’uscita per la qualificazione delle nostre città, e, per converso, nella mediocrità dell’inutile produzione di carte che dovrebbero costituire i piani previsti dalla nuova legislazione urbanistica regionale. Resta il fatto che le politiche di rigenerazione urbana rappresentano oggi poco più che una speranza: indicano una via d’uscita, tutta da indagare e da percorrere. (Roberto D’Agostino, Presidente della società pubblica Arsenale di Venezia S.p.A., membro del direttivo AUDIS) 83


HAUS DER TAGESMÜTTER / Selb (Germania)

Progettisti TallerDE2 Arquitectos + Gutiérrez-delaFuente Arquitectos Luogo Selb,Germania Studio tecnico SelbWERK GmbH Strutture Ingenieurbüro Schultheiß – Dietel Budget 1.267.000 euro Superficie 510,30 m²


HAUS DER TAGESMÜTTER / TallerDE2 Arquitectos + Gutiérrez-delafuente Arquitectos

ARCHITETTURA INTERSTIZIALE Ha vinto il primo premio al Concorso Internazionale Europan 9. È la Haus der Tagesmütter,realizzata, ancora solo in parte, nel centro di Selb. Consiste in piccoli inserimenti volumetrici all’interno di un tessuto urbano già esistente

Tutte le foto di Fernando Alda

di Iole Costanzo


HAUS DER TAGESMÜTTER / Selb (Germania)

Haus der Tagesmütter, pur mantenendo le peculiarità dimensionali e morfologiche dell’architettura locale, con l’introduzione di disallineamenti delle facciate e di discontinuità nelle coperture, è un esempio di integrazione e differenziazione

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er centri abitati in via di “estinzione”, che versano in situazioni critiche e cioè che subiscono l’abbandono da parte dei cittadini, un progetto pensato per la sua dinamizzazione rientra sicuramente nella logica della rigenerazione urbana. La Haus der Tagesmütter, la “Casa della Babysitter”, realizzata nel centro della città bavarese di Selb su progetto dei giovani TallerDE2 Arquitectos + Gutiérrez-delaFuente Arquitectos fa parte di una strategia urbana che ha l’obiettivo di riattivarne la vitalità, intesa anche come nuovi ed efficienti servizi, e attrarvi così una popolazione più giovane. Il progetto propone l’attuazione di una serie di provvedimenti il cui insieme potrebbe essere nominato “agopuntura urbana”: una soluzione che consiste nel fare piccoli inserimenti volumetrici all’interno di un tessuto urbano già esistente, operazioni puntuali, di ricodificazione del tessuto storico-industriale, ottenute 86

mediante la costruzione interstiziale e il riuso delle strutture abbandonate. È una logica che nasce dalla necessità di opporsi all’insostenibile e incontenibile sistema di espansione orizzontale tipico dei centri urbani del XX secolo e alla progressiva saturazione edilizia dei brownfields. Inoltre a queste due citate situazioni socio-urbane c’è da aggiungere che anche le nuove ed evidenti ristrettezze economiche di quest’ultimo periodo storico, associate a una maggiore sensibilità della tutela del suolo, hanno spostato l’interesse immobiliare, almeno in alcune zone europee, verso l’interno degli organismi urbani, generando così una nuova domanda di soluzioni tipologiche inedite, sia per ciò che concerne le strutture abitative sia per la gestione degli spazi pubblici. Questo nuovo progetto, la Haus der Tagesmütter, risponde pienamente a queste tendenze o propositi che siano. L’edificio qui illustrato è il primo dei quattro che

Sopra: un plastico del progetto. La struttura si inserisce all’interno del sistema urbano esistente. La nuova struttura si compone di sei corpi tra loro collegati e dotati di relativo spazio verde retrostante. A destra: i due prospetti



HAUS DER TAGESMÜTTER / Selb (Germania)

sono attualmente in fase di costruzione secondo l’attuazione della proposta premiata con il 1° premio al Concorso Internazionale Europan 9, un concorso biennale di idee aperto agli architetti under 40, abilitati nei paesi europei. Negli ultimi anni i temi scelti per questi concorsi si sono attestati sul triplice leitmotiv “urbanità europea, città sostenibile e nuovi spazi pubblici”. Tutti temi strettamente legati agli esiti del Copenhagen Climate Change Summit del 2009. E la Haus der Tagesmütter, questo particolare micro sistema di edifici per mamme e bambini, risponde pienamente a tutto ciò e proprio per questo ha anche ottenuto il Premio Internazionale Biennale “First Works-2013” dalla nota e ricercata rivista berlinese Bauwelt. La realizzazione di questa architettura destinata ai bambini è anche sede operativa di un’associazione di madri lavoratrici nata per coniugare maternità e lavoro. Consiste in una serie di piccoli volumi colorati che si innestano nel tessuto urbano preesistente e ne riempiono gli spazi interstiziali coinvolgendo parte del centro abitato. La città di Selb geograficamente si trova ai confini con la Repubblica Ceca, non è molto abitata, ha

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circa 17.000 abitanti e l’industria che è stata prevalente per molti anni, la ceramica, dagli anni ’70 del secolo scorso a oggi ha subito grossi cambiamenti. Ecco perché il comune sta provando a generare nuovi interessi, e aver aderito a questo progetto potrebbe servire ad attrarre molte giovani famiglie anche da altre città. Haus der Tagesmütter è un progetto pertinente, che si inserisce nel contesto in cui si colloca rispettandone la scala e l’equilibrio. È realizzato a fasce accostate, autonome tra loro, sia come approccio cromatico che materico-volumetrico, che reinterpretano in modo originale il tradizionale tetto a 2 falde, tipico degli edifici adiacenti al lotto, piegandolo in più direzioni e creando così volumi sempre diversi. Pur mantenendo le peculiarità dimensionali e morfologiche dell’architettura locale, con l’introduzione di disallineamenti delle facciate e di discontinuità nelle coperture, le nuove micro strutture diventano esempi di integrazione e differenziazione. È un gioco di colori, di nuove linee, di schermi colorati e di luci. Un linguaggio diverso che si inserisce nell’esistente, lo qualifica e lo avvicina, in più e diversi sensi, alle nuove generazioni.

Sia in basso che a destra alcuni ambienti interni. Il colore e la luce naturale sono presenti ovunque. La struttura realizzata, insieme alle altre che saranno presto costruite, creerà un sistema di microstrutture che avranno come scopo quello di essere supporto a giovani madri lavoratrici


HAUS DER TAGESMÜTTER / TallerDE2 Arquitectos + Gutiérrez-delafuente Arquitectos


SCHEMA DELLE FUNZIONI Collegamenti verticali

Ludoteca Servizi Spazi interni Serra Deposito

I sei volumi strutturanti l’intero immobile hanno funzioni diverse. Quelli centrali sono dedicati al gioco, ai servizi igienico-sanitari, all’alimentazione e al riposo. La serra al secondo livello assicura uno spazio giochi all’aperto

PROSPETTO PRINCIPALE

PROSPETTO POSTERIORE


PIANTA PIANO TERRA

PIANTA PIANO PRIMO

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6

13

5

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9

3

1

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2 12 4

8 4

7

1

PIANTA PIANO SECONDO

PIANTA COPERTURE

2

1

01-S fascia di collegamento verticale/ingresso 02-S zona gioco 03-S zona tecnica/zona filtro acustico

04-S zona tutelata/uffici, riposo 05-S ingresso principale/accesso al parco/serra 06-S servizio interno e pubblico PIANTA PIANO TERRA: 1. entrata coperta; 2. entrata; 3. disimpegno; 4. cucina; 5. area giochi; 6. area giochi in giardino; 7. dispensa; 8. stoccaggio; 9. servizi igienici - fasciatoio; 10. reception; 11. zona riposo; 12. passeggini; 13. biciclette; 14. giardino pubblico. PIANTA PIANO PRIMO: 1. disimpegno; 2. area giochi; 3. biblioteca; 4. cucina; 5. servizi igienici; 6. ufficio; 7. zona riposo; 8. serra; PIANTA PIANO SECONDO: 1. disimpegno; 2. area giochi/multiuso


QUEEN ALIA AIRPORT / Amman (Giordania)

UNA PORTA PER AMMAN

Cliente Airport International Group Progettisti Foster & Partners Strutture Buro Happold Strutture Aeroportuali ADPI Acustica Rahe Kraft, Sandy Brown Illuminotecnica World of Lights iGuzzini


QUEEN ALIA AIRPORT / Foster & Partners

Geometricamente legato al luogo in cui è sorto, il nuovo aeroporto di Amman in Giordania ha un design energeticamente passivo. La struttura potrà ampliarsi negli anni per adattarsi alle future necessità di Federica Calò


QUEEN ALIA AIRPORT / Amman (Giordania)

A sinistra: la copertura è modulare e l’effetto è quello di un mosaico realizzato con una serie di cupole realizzate con strutture sottili in calcestruzzo. I moduli potranno essere aggiunti ogni qual volta la struttura necessiterà di ulteriori ampliamenti. A destra: le strutture portanti che ricordano nel loro design le foglie di una palma

L’intera superficie dell’aeroporto è sovrastata da una particolare copertura modulare realizzata anch’essa in cemento. Si tratta di una serie di cupole modulari ripetute, utili anche per ombreggiare le facciate

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allo scorso marzo è entrata in funzione la nuova struttura del maggiore aeroporto della Giordania. Il Queen Alia è situato 32 Km a sud della città di Amman, che dopo aver riscontrato un forte aumento dei passeggeri del 40% negli ultimi due anni, ha investito nell’ampliamento di questa importante infrastruttura. Amman è il centro nevralgico dell'economia giordana per le comunicazioni, il trasporto, il turismo, l'istruzione e i continui investimenti delle imprese interne e straniere che la stanno trasformando in un importante centro finanziario. Il nuovo terminal, in effetti, sembra promettere un aumento della capacità totale dell’aeroporto fino a nove milioni di passeggeri annui. L'aeroporto, infatti, ha tre terminali, due per i passeggeri e uno per il traffico delle merci. Il progetto, che ha richiesto un investimento di oltre 580 milioni di euro, è stato realizzato dallo studio di Norman Fo94

ster, architetto britannico tra i principali esponenti dell’architettura contemporanea degli ultimi anni. Il nuovo terminal ha un’estensione complessiva di 103mila mq e lo stile architettonico scelto condensa in sé un mix tra l’architettura islamica e le più moderne tecnologie strutturali e impiantistiche, ideali per accogliere velocemente ed efficacemente grandi flussi di viaggiatori. Il nuovo progetto è stato pensato anche per rendere molto più semplice e immediato l’accesso ad alcune importanti aree come la boarding lounge e le aree shopping, mantenendo i più alti standard di sicurezza. La posizione geografica di Amman, posta su di un altopiano, gli permette di godere di un clima mediterraneo e le stagioni godono generalmente di bel tempo rispetto ad altri luoghi della regione della Giordania. Per rispondere a queste condizioni climatiche che, soprattutto in estate, sono caratterizzate da ele-


La trama della copertura rimanda a forme islamiche e mostra la complessitĂ della tecnologia studiata ad hoc


QUEEN ALIA AIRPORT / Amman (Giordania)

L'edificio è interamente costruito in calcestruzzo. La scelta è ricaduta su questo materiale perché ritenuto adatto a rispondere in modo adeguato ad alte escursioni termiche diurne, come quelle che in estate si riscontrano in questa regione mediorientale. L'elevata massa termica del materiale garantisce un adeguato controllo microclimatico

vati sbalzi termici tra giorno e notte, è stata realizzata una struttura in cemento armato, che consente, grazie alle sue caratteristiche e alla consistente massa del materiale, di rispondere con un buon controllo termico. Il nuovo terminal è caratterizzato da alti standard di efficienza energetica ed è predisposto a future fasi di ampliamento perché pensato in chiave modulare. L'aeroporto ha un design energeticamente passivo e molto efficiente, che ha preso spunto da fattori e caratteristiche locali, ed è basato su una soluzione modulare flessibile che permette anche una futura espansione. L’intera superficie dell’aeroporto è sovrastata da una particolare copertura modulare realizzata anch’essa in cemento. Si tratta di una serie di cupole modulari ripetute fino a estendersi per ombreggiare le facciate. Le cupole si diramano dalle colonne centrali di supporto e la luce naturale raggiunge i percorsi interni con fasci di luce che filtrano dalle giunzioni delle colonne. La particolare trama della copertura rimanda con chiari riferimenti a forme islamiche e mostra anche la complessità della tecnologia studiata ad hoc per questo progetto. Le strutture sono state pensate appositamente in collaborazione 96

con lo studio di architettura Foster + Partners e altri specialisti del settore raggiungendo elevati standard di dettagli costruttivi. Sotto la copertura, volumi pieni e cortili all’aperto si susseguono ripetutamente, una caratteristica dell’architettura tradizionale della regione che contribuisce alla strategia ambientale del terminale. L’aeroporto è costituito da un corpo centrale contenente le aree destinate a negozi, saloni e ristoranti, da cui dipartono due assi che conducono ai due corpi laterali contenenti le uscite per gli imbarchi e gli sbarchi dei passeggeri. Le piante e gli alberi posti negli spazi aperti dell’aeroporto aiutano a filtrare il livello d’inquinamento prima di essere convogliato nel sistema di trattamento dell’aria utile agli spazi interni. Gli specchi d’acqua presenti sulla pavimentazione esterna riflettono la luce naturale rimbalzandola sulle facciate del terminale interamente rivestite da vetrate per consentire una vista completa sui velivoli, sul

All’esterno sono state poste delle sedute, degli alberi e delle panchine, dove le persone possono riunirsi per salutare i viaggiatori


QUEEN ALIA AIRPORT / Foster & Partners

La trasparenza dell’involucro esterno è ripresa anche negli spazi interni, strutturati come un grande open space


PIANTA PRIMO LIVELLO

PIANTA SECONDO LIVELLO

SEZIONE TRASVERSALE


PIANTA TERZO LIVELLO

PIANTA COPERTURA

SEZIONE LONGITUDINALE


QUEEN ALIA AIRPORT / Amman (Giordania)

La luce naturale in questa struttura è presente ovunque. Nei livelli più bassi penetra dalle facciate completamente vetrate. Sistema che assicura anche un continuo contatto con il paesaggio esterno. Nei piani alti, oltre alle vetrate dei prospetti, sono fonte di illuminazione naturale anche le asole di calcestruzzo che si disegnano tra le cupole

piazzale e sulle piste di atterraggio. Nei punti di maggiore soleggiamento le vetrate sono protette dal posizionamento di lamelle orizzontali che filtrano la luce nelle ore più calde. La struttura in cemento armato che sostiene le calotte della copertura incorpora nel composto anche la ghiaia locale allo scopo di avere a disposizione a Km0 eventuale materiale per le opere di manutenzione e per donare armonia con le tonalità naturali della sabbia che si trova sul territorio. La scelta di questo stile architettonico riprende molto forme e usanze della città di Amman che è una delle più antiche città popolate del mondo e la progettazione dell'aeroporto rispecchia, in particolare nella forma della copertura, l’immagine del tessuto scuro di una tenda beduina. Nei dettagli ci sono anche riferimenti alla tradizione giordana dell’ospitalità e alla celebrazione del vivere in comunità. Allo spazio aperto è stata data molta importanza. Sono state poste delle sedute, degli alberi e piante nelle vicinanze delle panchine, dove le persone possono riunirsi per salutare i viaggiatori prima e dopo le loro partenze. La trasparenza dell’involucro esterno è ripresa anche negli spazi interni, perché l’intero am-

biente è strutturato come un grande open space sul quale si dislocano le diverse aree e funzioni. Sotto all’ampia copertura, che, soprattutto di notte, finemente illuminata, assomiglia a un elemento galleggiante leggermente appoggiato alle vetrate, si alternano rampe e scale mobili. E a scandire l’ampio spazio di attesa dei passeggeri spuntano da sotto la copertura le imponenti colonne, le stesse che sostengono le calotte galleggianti. Grazie alle ampie vetrate, e alle numerose superfici trasparenti poste sopra la copertura, lo spazio sottostante si presenta sempre molto luminoso e avvolto dalla luce naturale. Di conseguenza non è stato necessario dotare l’architettura di una forte presenza di apparecchi luminosi. Sotto le calotte della copertura sono stati posti una serie di corpi illuminanti che si alternano alle lamelle che schermano gli impianti di riscaldamento e raffrescamento di tutto l’aeroporto.

è caratterizzato da alti standard di efficienza energetica ed è predisposto a future fasi di ampliamento perché pensato in chiave modulare


La scelta dellostile architettonico riprende forme e usanze della città di Amman che è una delle più antiche città del mondo



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PALCOSCENICI URBANI / Vauban (Friburgo)

NUOVE FORME DELL’ABITARE

Lo sviluppo del quartiere sostenibile di Vauban, a Friburgo, è collegato all'attività del Forum Vauban, un’associazione formata dai residenti che coordina le attività e la partecipazione alla collettività. È un esempio di insediamento residenziale realizzato sulla base di principi legati alla sostenibilità ambientale, sociale ed economica con la partecipazione dei residenti fin dalle fasi di progettazione. Propone un modello di vita partecipativo dove i comportamenti negativi vengono disincentivati attraverso sanzioni

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PALCOSCENICI URBANI / Vauban (Friburgo)

Vauban è una sorta di laboratorio dove testare le tecnologie più intelligenti per la riduzione dei consumi, dell’inquinamento e per il miglioramento della qualità della vita

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PALCOSCENICI URBANI / Vauban (Friburgo)

L’esigenza di coniugare le politiche abitative con i temi della crescita urbana e gli obiettivi della sostenibilità ambientale, economica e sociale, hanno dato vita negli ultimi anni a una serie di interessanti programmi di housing sociale localizzati in prevalenza nei paesi del nord e del centro Europa. Ciò che accomuna le diverse pratiche è il tentativo di giungere a soluzioni in grado di soddisfare alcuni requisiti basilari come la qualità morfologica e spaziale degli insediamenti, la sostenibilità ambientale, il risparmio energetico, il contenimento di costi, la sperimentazione legata all’innovazione tecnologica, la corretta interpretazione degli spazi abitativi, elementi in grado di determinare la qualità del buon vivere. E non solo. La dimensione ambientale dell’abitare rimanda al rispetto per la natura e alle norme che salvaguardano le risorse e quindi il futuro, ma veicola anche un’idea di coesione sociale, di superamento di quella logica di esclusione che ha creato nelle periferie urbane quartieri ghetto e degrado di uso. La domanda dell’abitare è, oggi, caratterizzata da relazioni materiali e immateriali con gli altri elementi del sistema urbano. È una domanda di infrastrutture e servizi ma anche di processi più lenti, di coinvolgimento dei destinatari, di collaborazione e di condivisione. L’housing sociale costituisce in questo senso una risposta adeguata per la sua forte connotazione sociale. Le nuove forme dell’abitare pongono l’accento sia sull’uso delle risorse e dei materiali che sulla corretta interpretazione degli spazi abitativi a tutto vantaggio del vivere bene. Il raggiungimento dei migliori risultati anche in termini di bassi costi di manutenzione e la grande attenzione nella progettazione dei luoghi di socializzazione e di servizio per i residenti, fanno dell’housing sociale una soluzione tesa ad assecondare lo sviluppo di una società collaborativa, solidale e sostenibile. L’attenzione ai diversi aspetti della costruzione genera il ben-essere, che si sviluppa quindi dalla costruzione di rapporti equilibrati tra uomo, edificio e ambiente. Con riferimento alle pratiche dell’abitare dunque il termine “sostenibile” si riferisce ai processi e ai prodotti che riescono ad integrarsi con l’ambiente in cui l’uomo vive. Nella prima conferenza internazionale sull’Edilizia Sostenibile (Sustainable Construction) nel 1994, Charles Kibert enunciava la teoria delle 5R che mette in relazione tra loro pianificazione, progetto, costruzione, gestione e dismissione dell’edificio con le risorse (energia, acqua, materiali, suolo): Riduci: quantità di materiali, energia, acqua, emissioni inquinanti. Riusa: suolo, edifici, materiali. Ricicla: acqua, energia, materiali Ricostruisci: su suoli già utilizzati, strutture già esistenti. Ristruttura o restaura: aree, edifici, componenti edilizie.

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PALCOSCENICI URBANI / Vauban (Friburgo)

I principi riportati sopra rappresentano oggi alcuni dei fattori principali su cui si basano gli interventi di housing sociale, cohousing, pratiche di autocostruzione e che sono alla base di alcune interessanti esperienze europee. In Germania a Friburgo, il quartiere Vauban è un esempio di insediamento residenziale realizzato con la partecipazione dei residenti in fase di progettazione, e sulla base di principi legati alla sostenibilità ambientale, sociale ed economica. Vauban è la prova di come sia possibile rispondere ai principi di sostenibilità con un approccio olistico alla progettazione. Il quartiere, costituito da duemila abitazioni per un totale di circa 5000 residenti, è stato realizzato nel rispetto di determinati criteri di sostenibilità tra cui: rapporto equilibrato tra aree abi-

L’estrema cura, l’attenzione al verde, l’uso attento del colore e l’efficienza dei servizi e delle strutture generano una percezione molto positiva degli spazi assicurando un’elevata qualità della vita tate e aree produttive e tra gruppi sociali; rispetto della vegetazione esistente; realizzazione dei servizi in loco; progettazione partecipata di aree verdi, adozione di scelte architettoniche e tecnologiche finalizzate a ridurre la domanda di energia e all’utilizzo dell’energia solare. Infatti, l’installazione di collettori termosolari e di pannelli voltaici rendono Vauban uno dei quartieri europei a maggior densità di tecnologia solare. I nuovi concetti che sono alla base di questo esemplare intervento riguardano la pluralità degli ambiti verso cui le azioni sono dirette come la coesistenza tra luoghi di lavoro e residenze, al fine di ridurre gli spostamenti; la creazione di alloggi per diverse utenze sociali, l’ideazione di un sistema di mobilità sostenibile che valorizza i trasporti pedonali, la realizzazione di piazze e spazi pubblici, negozi per gli acquisti quotidiani, un asilo e una scuola elementare. Per tutti gli edifici sono stati fissati standard di basso consumo energetico da rispettare stabilendo che una percentuale di questi fosse costituita da case passive e plus energy house, cioè case che producono più energia di quella che consumano. È stato, inoltre, realizzato un impianto di cogenerazione alimentato esclusivamente da trucioli di legno e gas naturale, agganciato alla rete del riscaldamento, mentre la riduzione del 60% delle emissioni di CO2, è garantita dalla coibentazione e dall’e icienza dell’utilizzo del calore. Gli impianti solari ad oggi sviluppano il 65% dell’energia prodotta. L’acqua piovana vie-

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PALCOSCENICI URBANI / Vauban (Friburgo)

Per tutti gli edifici sono stati fissati standard di basso consumo energetico da rispettare stabilendo che una percentuale di questi fosse costituita da case passive e plus energy house, cioè case che producono più energia di quella che consumano ne raccolta e utilizzata per le case e per l’irrigazione del terreno. Il potenziamento dei mezzi pubblici ha inoltre permesso al 40% delle famiglie di non aver bisogno della macchina, perché è presente il car-sharing, ma soprattutto perché coloro che non utilizzano il parcheggio godono di veri e propri incentivi economici. L’esito di questi interventi ha prodotto un processo di valorizzazione e tutela dell’ambiente, nuove opportunità di sviluppo per l’industria turistica locale che continua a registrare trend di crescita rilevanti. I residenti sono membri di un’associazione, il Forum Vauban riconosciuta dal comune di Friburgo, che coordina le loro attività e la loro partecipazione alla collettività. La programmazione e la progettazione del nuovo quartiere ha seguito fin dall’inizio il principio di “pianificazione didattica”, cioè un’elevata flessibilità nel reagire a nuove esigenze emergenti e nuove proposte da parte della cittadinanza. Il quartiere Vauban è una sorta di laboratorio dove testare le tecnologie più intelligenti per la riduzione dei consumi, dell’inquinamento e per il miglioramento della qualità della vita. Vauban propone, non senza critiche, un modello di vita partecipativo e collettivo dove i comportamenti negativi sono disincentivati e sanzionati. Un quartiere ideale? Per molti aspetti la risposta sembra essere positiva, esistono però dei limiti e delle imperfezioni rispetto ad un modello che privilegia una certa omogeneità sociale e culturale: la popolazione residente appartiene in prevalenza a una fascia medio-alta di popolazione, dotata di un elevato capitale culturale, venendo meno a quell’idea di mix sociale che è alla base delle pratiche di housing di use in Europa. Inoltre l’estrema cura, l’attenzione al verde, l’uso attento del colore e l’efficienza dei servizi e delle strutture generano una percezione molto positiva degli spazi assicurando un’elevata qualità della vita. Tutto ciò rende però Vauban anche una vetrina in cui tutto è visibile, oggetto della curiosità dei turisti attratti da una pratica comunitaria alternativa, progressista, a tratti troppo perfetta per essere reale. (Rossana Galdini Dipartimento di Scienze Sociali ed Economiche Sapienza Università di Roma)

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VETRO / Design

Plinio il Vecchio, in Naturalis Historia, ne narra la scoperta casuale fatta da alcuni mercanti fenici. Una scoperta accidentale dovuta all’accensione di un fuoco su alcuni blocchi di salnitro. È così che l’uomo è venuto a conoscenza di un materiale che lo accompagnerà in ogni sua epoca: il vetro. Il materiale per eccellenza trasparente e in un certo senso magico. La si deve ai romani, nel I secolo a.C., l’introduzione della rivoluzionaria tecnica della soffiatura e l’inserimento nel campo dell’edilizia delle piccole lastre di vetro in sostituzione di quelle di alabastro. Quando raggiunge lo stato di fusione, a 1.200 - 1.400 °C, il vetro acquisisce una plasticità che lo rende unico, prova ne sono le opere di arte vetraria dei maestri dell'isola di Murano. Espressione artistica giunta fino ai nostri giorni e storicamente legata alle crociate, essendo Venezia la beneficiaria, quale importante porto dell'Adriatico, del trasferimento in Occidente dei segreti dell'arte del vetro dell'Oriente. La lavorazione di questo materiale è così dominante nella repubblica veneziana da spingere le autorità alla promulgazione nel 1291 di un decreto che ne stabilì il trasferimento delle numerose botteghe nell'isola di Murano. Situazione considerata necessaria per due ragioni: controllare e isolare gli incendi dei numerosi forni e proteggere i segreti di queste particolari tecniche lavorative. Segreti che pian piano si sono diffusi in tutto il mondo. Oggi siamo abituati alle grandi superfici vetrate. Alle ampie fonti di luci, suggestive, come già lo erano le mitiche e mistiche vetrate gotiche, ma solo l’attuale evoluzione tecnologica ha portato alla costruzione di facciate e volte completamente realizzate in vetro. Attualmente è considerato come un qualsiasi altro materiale strutturale perché, scevro della sua peculiare fragilità, viene impiegato anche in condizioni statiche, fino a qualche tempo fa considerate impensabili. La conseguenza di questo importante cambiamento è l’introduzione nel linguaggio architettonico della “veduta”, del contatto visivo con l’esterno, della modifica dei rapporti tra ciò che è interno e ciò che è esterno. In questi ultimi due secoli il vetro ha fatto modificare l’approccio progettuale. Sono stati introdotti concetti quali immaterialità plastica e riflessione, due requisiti prestazionali che oggi sono stati portati all’apice della loro significatività. L’arte del costruire oggi è legata al vetro, a questo materiale che da fragile è diventato strutturale, passando da una instabile rigidità a una condizione di elemento plasmante l’architettura contemporanea in tutta la sua essenza, compresa quella del design. 110


SPECIALE

VETRO / Design

LU Murano, una linea di lampadari della Vetreria Fornasier Luigi, interamente fatti a mano e soffiati a bocca. Declinato in colori, trasparenze, traslucenze e riflessi (sono disponibili in varie misure e in oltre 20 diverse colorazioni), ogni lampadario è un’opera esclusiva che racconta l’atto creativo dell’artista e la sua ricerca personale. Nella pagina a fianco, Press Lamp, di Nendo per Lasvit.

vetro


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Macramè, di Fiam Italia, collezione di tavolini composti da una base in vetro filato intrecciato in maniera artigianale e da un piano di vetro da 10 mm, disegnata da Paolo Lucidi e Luca Pevere, che insieme hanno aperto LucidiPevere Design Studio. La collezione prevede piano in vetro trasparente con base verniciata verde, piano extralight con base in vetro extralight, piano bronzo con base verniciata bronzo. “Un filo di vetro incandescente, - spiegano i due designer - continuo e annodato disegna un’intera collezione di tavoli come nell’antica arte del macramè”.

Deep Sea, del designer Nendo per Glas Italia, è una libreria in cristallo trasparente extralight stratificato e termosaldato. I ripiani della libreria sono in cristallo trasparente colorato nei toni del grigio o dell’azzurro. Passando da un elemento all’altro, la distanza tra gli stessi diminuisce gradualmente, mentre l’intensità del colore diventa sempre più carica. Questo effetto cromatico, associato alle basi a specchio, conferisce ai pezzi grande profondità e un gioco di magici riflessi. La collezione comprende anche dei tavoli bassi.

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Sopra: Homune, ideato da Michael Young per Lasvit è un tavolo costituito da una gamba in vetro soffiato a mano e un piano in cristallo. Lasvit ha sviluppato una tecnologia specifica per creare questo prodotto: la gamba è formata da 36 frattali di vetro separati, soffiati ognuno separatamente e poi uniti in un unico pezzo. A sinistra: sempre prodotta da Lasvit, Jar RGB, di Arik Levy, un sistema di luce che fa incontrare le tecniche del vetro soffiato colorato e l’idea RGB dei colori, utilizzando il vetro bianco per uno dei vasi appesi e permettendogli di trasformarsi in una grande lampadina che genera luce per tutta la struttura.

A sinistra: Bakkarat, design D'Urbino-Lomazzi, di Tonelli Design, un tavolino in vetro che ha come struttura portante una saetta di cristallo che irrompe nel prodotto diventandone la struttura portante. Precedentemente tagliato, successivamente molato e infine incollato con precisione il frammento regala un caleidoscopio di rifrazioni. A destra: della stessa azienda, Claro, di Fabio Calvi e Paolo Brambilla: un tavolo formato da una struttura alare sulla quale poggia il piano in vetro extrachiaro. La trave centrale di lunghezza variabile è sorretta da due gambe che si ispirano agli anni '50.


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Scultura di luce è il nome di questo innovativo chandelier di Pataviumart che fonde maestrie antiche con tecnologie ultramoderne. Realizzato nel corpo centrale con l’antica tecnica per esecuzioni di lampadari di Murano, la tecnica Rezzonico, che prevede l’utilizzo di singoli e regolari pezzi di vetro fatti a mano e perfettamente incastonati tra loro fino a comporre il lampadario finito, l’opera utilizza un sistema di illuminazione di ultima generazione, il led: ben 180 metri di led trasmettono impulsi luminosi che donano al modello una cangiante variabilità di gradazioni di colori.

La lampada a sospensione Gong, novità 2013 di Prandina, ha raccolto il fascino delle tradizionali lanterne cinesi, ispirandosi alla loro forma per contenere, proteggere e portare la luce. Il diffusore è un bozzolo di cristallo soffiato, inciso internamente e verniciato all'esterno lasciando però trasparente l’ultima porzione di vetro rivolta verso il basso. Realizzata ora, dopo una sofisticata ricerca su specchiatura e metallizzazione, anche nelle versioni silver e rame, la lampada, accendendosi, esalta le riflessioni dei preziosi metalli.

Le bottiglie Alla Morandi sono l’omaggio di Matteo Thun al pittore Giorgio Morandi, una linea realizzata da Venini che sta nel mezzo tra il design e l’arte. Thun riprende le composizioni dell’artista creando trittici in vetro di Murano dai colori caldi e naturali. Sono in vetro soffiato e lavorato a mano, successivamente velate e molate. “Da molti anni - ha spiegato il designer assisto alle soffiate del vetro muranese e da molti anni cerco di capire cosa succede in quelle frazioni di secondo: desideravo che la complessità della soffiata riproducesse un che di arcaico, come nelle tele di Morandi”.

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L’uso ripetuto di un unico elemento geometrico in vetro di Murano o in cristallo ottico, lavorato a mano con sfaccettature irregolari o molate, è il segreto della linea Cristalli di Patrizia Volpato. Centinaia di cristalli verticali si uniscono per creare strutture sempre nuove, che insieme formano un’armonica sinfonia di luce. La linea comprende lampadari, appliques, steli o lampade da tavolo. A garanzia di una tenuta perfetta, le creazioni “Cristalli” sono sostenute da un fissaggio meccanico e per implementare la sicurezza, a richiesta è possibile aggiungere un’ulteriore soluzione per la tenuta.

A sinistra: la nuova collezione di sospensioni Stelle filanti, creata da Atelier Oï per Venini. La lampada si compone di un diffusore in vetro soffiato e di un reticolo di cuoio finissimo, che lo sostiene e ne avvolge l’estremità superiore. Sotto: il vaso Geacolor, disegnato da Gae Aulenti per Venini nel 1995, un vaso in vetro multicolore realizzato con una tecnica molto particolare: il vaso viene inizialmente soffiato all’interno di uno stampo per ottenere una forma sferica, poi vengono soffiate e attaccate a caldo più di quaranta bolle di vetro colorato trasparente, successivamente rotte in modo da ottenere strati irregolari di vetro.

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TRASPARENZE DA PLASMARE 116


VETRO / Emanuel Babled

Emanuel Babled ha lavorato per anni a fianco dei maestri vetrai di Murano per scoprire tutti i segreti del vetro e della sua lavorazione. Perché è il materiale con cui ha iniziato e continuato a svolgere la professione del designer di Cristiana Zappoli

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a sensibilità verso il saper fare artigiano è senza dubbio una delle sue più spiccate caratteristiche e va di pari passo con la grande attenzione verso il vetro che trasforma per realizzare i suoi oggetti. Emanuel Babled, nato in Francia nel 1967, ha studiato Design Industriale all’Istituto Europeo del design di Milano e ha aperto il suo studio, che oggi ha sede ad Amsterdam, nel 1992. Ha autoprodotto diverse collezioni limited edition e ha lavorato con alcune delle aziende più importanti del design internazionale: Venini, Baccarat, Rosenthal, Covo, fra le altre. Il suo primo, e probabilmente più grande, amore è stato il vetro. Per conoscerlo e studiarlo a fondo, partendo dal presupposto che un buon progetto può nascere solo dal diretto contatto con il territorio che produrrà quel progetto, ha passato 15 anni nelle vetrerie di Murano, gomito a gomito con i maestri vetrai. Babled non studia la tradizione per limitarsi a celebrarla, quello che vuole è apportare cambiamenti che portino a risultati innovativi. La sua profonda conoscenza del vetro e delle sue reazioni durante la lavorazione gli permette non solo di disegnare gli oggetti, ma anche di progettarne la realizzazione.

Sopra: luce modulare Digit, in vetro di Murano soffiato, una limited edition dello Studio Babled. Può essere composto da uno o più elementi. Sotto, a sinistra: un oggetto della linea Osmosi, realizzata quest’anno, che combina il vetro con il marmo creando sculture e oggetti di design. A fianco: un dettaglio di un vaso della linea Seaform, in vetro di Murano

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Emanuel Babled, il vetro per lei è stato una scelta o un incontro casuale?

Entrambe le cose. Ho frequentato e amato la produzione artigianale. All’inizio della mia carriera Ettore Sottsass, che avevo incontrato qualche volta, mi aveva consigliato la strada del vetro vedendo alcuni miei disegni. La prima realizzazione è stata una lampada per Venini nel 1993: non ho mai più smesso di frequentare Murano. In 15 anni trascorsi nelle vetrerie di Murano, cosa ha imparato sul vetro?

Non immaginavo di imparare tanto, il vetro è un materiale ricco e dinamico, l’unico materiale solido dalle forme fluide: plasmato liquido si solidifica per sempre con colori perenni. Vedere la creazione di un oggetto è come assistere a una nascita. Insieme ai maestri vetrai, alle loro mani esperte e al lavoro di squadra, necessario per la dura lavorazione del vetro, sono nate e nascono opere anche inaspettate. La mia è una vera passione per un materiale in un certo senso ingrato ma generoso se si impara a coglierne i doni. Lei ha detto in un’intervista che il vetro va “accompagnato, ascoltato”. Cosa intendeva?

Il materiale va ascoltato e va osservato per raggiungere il risultato finale. La purezza delle forme e delle superfici dipenderà spesso della delicatezza dei processi con la quale lo si tratterà. È corretto dire che lei è un po’ designer, un po’ artista e un po’ artigiano?

Artigiano no, e anche volendo non potrei sostituirmi alle mani esperte che realizzano le mie opere. In realtà come artista/designer ho solo imparato quali sono i gesti e i processi che i maestri usano per poter disegnare opere che solo le loro mani e le macchine che usano sono in grado di fare. Senza sapere non c’è controllo. Questo è la vera scuola del vetro: senza conoscere il materiale in fusione, In alto: tre oggetti della linea Osmosi. Per unire vetro e marmo, il progetto combina le nuove tecnologie con la tradizione artigianale: i due materiali infatti sono messi insieme con una precisione possibile solo con una tecnologia digitale di alto livello. La parte in vetro e la parte in marmo sono pezzi separati ma che non hanno senso l’uno senza l’altro. Stanno insieme attraverso la sola gravità. Sopra: un altro esempio di combinazione dei moduli Digit. A fianco: uno dei vasi a edizione limitata Seaform (dimensioni: 58 x 18cm) 118


VETRO / Emanuel Babled

i suoi comportamenti, non si può disegnarlo. In fondo credo che il designer sia soprattutto una mente creativa, che accumula e accomuna saperi e li ordina per disegnare il contemporaneo. Noi stessi, come agenzia di design, lavoriamo sia come consulenti per l’industria, disegnando prodotti anche per la grande distribuzione, sia per l’artigianato, creando delle produzioni sofisticate. In tutti e due i casi si tratta di design, cambiano solo i parametri. Qual è la realizzazione in vetro a cui è più legato?

Sono tutti miei adorati “figli”, non posso indicare preferenze. L’ultima produzione, “Osmosi”, che presentiamo a fine maggio a Venezia (fino a fine luglio a Palazzo Franchetti-IED, ndr), mi ha molto soddisfatto, perché grazie alla tecnologia digitale siamo riusciti a unire marmo e vetro in un modo mai fatto prima. Chi è il designer che più ammira?

Sottsass, come designer, per la sua opera completa e trasversale e per le sue capacità che gli hanno permesso di creare addirittura un movimento di cui oggi molti esponenti sono figure leader del design italiano. Non di meno sono affascinato dall’opera dell’architetto Oscar Niemeyer. Il suo è un lavoro di innovazione. Quale delle ditte con cui ha lavorato l’ha lasciata più libero di esprimersi?

La più grande libertà l’ho avuta quando mi sono autoprodotto. Ma devo ammettere che oggi, con aziende come per esempio Venini, sono in un rapporto di fiducia tale che mi sento molto libero, come fossi a casa. Io e i maestri vetrai di Venini ci conosciamo da anni, molti li ho visti crescere, e loro mi hanno insegnato mille cose. La proprietà, la terza da quando ho iniziato a lavorarci, non può che apprezzare una tale intesa.

Le parti in vetro degli oggetti Osmosi (sopra e a fianco) sono prodotti dalla fornace Venini a Murano, quelle in marmo da Testi a Verona. Le realizzazioni della linea Osmosi saranno esposte a Venezia a Palazzo Cavalli Franchetti da giugno a settembre 119


VETRO / Analisi

FRAGILE >RESISTENTE

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Caratteristiche tecniche e potenzialità innovative del vetro. Un materiale sostenibile che grazie a un utilizzo poliedrico nel mondo dell’architettura assume oggi una funzione strutturale. Ne parliamo con Valeria Tatano Quali sono le caratteristiche più importanti del vetro in generale e quali quelle che lo rendono un materiale adatto per l’edilizia?

Valeria Tatano Professore associato di Tecnologia dell’architettura presso la Facoltà di Architettura dell’Università Iuav di Venezia, dove insegna discipline tecnologiche nel corso di laurea in Scienze dell’architettura e nella laurea magistrale in Sostenibilità. Tra le pubblicazioni si segnalano: Verde: naturalizzare in verticale, Maggioli, Rimini, 2008; Oltre la trasparenza. Riflessioni sull’impiego del vetro in architettura, Officina, Roma, 2008

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Il vetro è un materiale che deve il suo incredibile fascino alle antinomie che lo contraddistinguono: è fragile e resistente nel contempo, trasparente ma anche del tutto opaco. I contrasti e la straordinaria capacità di poter essere plasmato e utilizzato in mille modi, funzioni e forme lo hanno reso un materiale da sempre amato da architetti e designer. La sua storia moderna inizia con Paul Scheerbart, autore nel 1914 del piccolo saggio Glasarchitektur, con cui lo scrittore tedesco influenzò intere generazioni di architetti sostenendo le infinite possibilità legate all’impiego del vetro, materiale portatore di una nuova architettura e di una nuova civiltà, intrinsecamente collegate, perché il vetro “permette alla luce del sole, al chiarore della luna e delle stelle di penetrare nelle stanze non solo da un paio di finestre, ma direttamente dalle pareti, possibilmente numerose, completamente di vetro, anzi di vetro colorato. Il nuovo ambiente che in tal modo ci creeremo dovrà portarci una nuova civiltà”. Nell’immaginario comune rappresenta il materiale in grado di trasmettere per eccellenza un senso di leggerezza strutturale e nel contempo percettiva, peculiarità che si traducono nella smaterializzazione dell’oggetto architettonico, e nell’ottenimento di una trasparenza fisica e simbolica. Anche per questi motivi non c’è tipo edilizio che non possa vantare oggi una realizzazione in vetro, non c’è piccolo centro urbano nel quale non sia stato costruito un palazzo per uffici dotato di una facciata vetrata, segnali, questi, di un successo che non conosce con-

fini geografici, proponendosi in climi caldi e freddi, né limiti urbani, confrontandosi con centri storici e periferie, con spesso apparente imperturbabile ripetitività. Le elevate prestazioni tecniche e le potenzialità formali, che i progettisti degli ultimi venti anni hanno saputo in larga misura sfruttare al meglio, non hanno eliminato però eccessi e malfunzionamenti, spesso mediati dall’impiego degli impianti di riscaldamento e raffreddamento, in grado di controllare e correggere eventuali errori. Questa situazione è stata messa in crisi da una nuova consapevolezza ambientale, maggiormente attenta e sensibile alle ripercussioni che ogni scelta comporta a medio e lungo termine, che ha ridimensionato l’uso “spregiudicato” delle superfici vetrate. Perché un edificio completamente vetrato posto in zone contraddistinte da climi torridi, ad esempio, è un controsenso che non si dovrebbe temere di criticare in quanto energeticamente costoso, per i suoi utenti e per l’ambiente in generale, e sbagliato nella sua stessa essenza. La responsabilità non è certo del - materiale vetro - che oggi garantisce elevate prestazioni rispetto ai temi energetici e acustici, o in merito alla sicurezza meccanica e alla resistenza al fuoco, con lastre che possono essere antisfondamento, antiproiettile e persino antibomba. La responsabilità è del progettista. Tutte le sue straordinarie potenzialità sono, dunque, nelle mani di chi lo utilizza. Perché il vetro è un materiale sostenibile?

Il concetto di sostenibilità è oggi molto articolato, e il termine un po’ abusato, anche se mi rendo conto che per brevità è quello che meglio circo-


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scrive i temi che evoca. Si potrebbe affermare che tutti i prodotti dell’edilizia possono essere considerati “sostenibili”, tanto è ampio lo spettro degli elementi che concorrono a definire sostenibile un prodotto. Secondo me è più corretto parlare di architetture “consapevoli”, di progetti in grado di adottare materiali, prodotti e sistemi costruttivi in modo appropriato rispetto alle condizioni che il progetto, a tutte le scale, pone. Con questa premessa, il vetro si può certo considerare un materiale “sostenibile” per molte caratteristiche intrinseche alla sua natura, ma un utilizzo non corretto può vanificare le qualità di cui è dotato. Una delle “doti” più importanti è la possibilità di riciclarlo. Negli impianti di produzione di vetro piano è prassi che una percentuale del cavato venga destinata alla rottamazione e poi reimmessa nella miscela vetrificabile per ottenere lastre di qualità, con il vantaggio di consentire un risparmio di materia prima e di energia: 1 tonnellata di sfridi di vetro sostituisce circa 1,2 tonnellate di materie prime e l’introduzione di rottame nel forno in quantità pari a 10% consente un risparmio di energia del 2-3%. Dalla raccolta differenziata di imballaggi, bottiglie, flaconi, barattoli e vasetti arriva altro materiale in grado di rientrare nel ciclo produttivo e in questo senso la raccolta del vetro in Italia, avviata in via sperimentale nel 1976, ha anticipato tutti gli altri. Il mercato offre oggi prodotti vetrosi riciclati pre-consumo (che utilizzano sfridi e scarti di produzione) e post-consumo (che impiegano il vetro di elementi giunti a fine vita). Molteplici sono le loro possibilità di impiego: come pannelli isolanti, materiali inerti, piastrelle per pavimentazioni, lastre di rivestimento per superfici orizzontali e verticali. Un esempio di isolante di origine minerale con una proporzione di vetro riciclato pari a 45-50% è il vetro cellulare, composto da sabbia di quarzo e vetro proveniente da lampade al neon e da vetri di automobili. Caratterizzato da una struttura a celle chiuse che permette un’assoluta impermeabilità all’acqua, sia allo stato liquido che di vapore, viene impiegato in tutte le situazioni di contatto con il terreno, in copertura e in tetti giardino. Particolarmente interessante è anche la ricerca finalizzata alla realizzazione di vetroschiume mediante l’impiego di vetri provenienti dalla dismissione di tubi cato-

dici, schiumati utilizzando carbonato di calcio. I tubi catodici di televisori e computer derivano dalla giunzione di tre vetri ad alto contenuto in ossidi di metalli pesanti che ne impediscono un significativo riciclo per la produzione di altri tubi catodici, pertanto questo insolito impiego costituisce una significativa opportunità. In che modo il vetro può contribuire all’efficienza energetica degli edifici?

Sotto: l’Apple Store di New York sulla 5th Avenue, costruito nel 2006. È un esempio emblematico dell’utilizzo del vetro con funzione strutturale. Il cubo esterno, la passerella di ingresso e la scala elicoidale sono interamente in vetro

L’intero involucro di un edificio è chiamato a garantire l’efficienza energetica. Fino a non molti anni fa le parti trasparenti di un muro consentivano il passaggio della luce e dell’aria, ma erano considerate l’elemento di vulnerabilità di una costruzione, cui dava un correttivo l’impiego, a volte smodato, di sistemi per il riscaldamento invernale e la climatizzazione estiva. Oggi non è più così. Infissi e curtain wall devono isolare termicamente come un muro. Ma l’efficienza energetica non si può raggiungere puntando su un unico materiale o un unico dispositivo: si tratta di operare in sinergia, una sorta di lavoro di equipe, esattamente come quello che è chiamato a fare un progettista. Così le superfici trasparenti possono essere protette dall’eccesso di irraggiamento dei mesi caldi

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Sotto: la poltrona Ghost in vetro di Cini Boeri. Una seduta che non si vede, cioè trasparente. Prende forma a partire da un’unica lastra di vetro dello spessore di 12 millimetri, prima incisa da un getto d’acqua ad alta pressione e alta velocità (1000 metri al secondo) con cui viene ricavato un unico taglio precisissimo e poi formata a caldo (cioè curvata)

da brise-soleil esterni, e integrare elementi fotovoltaici per la produzione di energia elettrica. L’importante è che tutti gli elementi lavorino insieme. Quali sono le proprietà termiche che possiede il vetro e quali quelle acustiche?

Il vetro è un conduttore di calore relativamente buono dato che attraverso di esso avvengono due tipi di scambi: una perdita di calore dall’interno verso l’esterno e un apporto di energia dall’esterno verso l’interno. Sovrapponendo lastre e strati intermedi è possibile migliorare e aumentare le proprietà termiche. Riguardo al comportamento termico il vetro presenta, indicativamente, i seguenti valori (dati tratti dalla documentazione Saint-Gobain): Conducibilità termica λ = 1,0 W/(mK) pari a 0,89

Emissività

Vetro semplice da 6 mm U = 5,7 W/(m2K); Vetrata isolante tradizionale da 6 + 6 mm (con intercapedine d’aria da 16 mm) 6 = U = 2,8 W/(m2K)

Trasmittanza termica:

Per quanto riguarda le prestazioni acustiche il valore dell’isolamento acustico del vetro è determinato mediante il confronto con una curva di riferimento per un’intensità sonora uniforme. Tale valore risulta però spesso non convincente perché,

considerando ad esempio lastre separate da intercapedine, le lastre non agiscono solo come massa ma anche come sistema oscillante, con una propria frequenza di vibrazione. Tale frequenza critica comporta maggiore vibrazione e propagazione del rumore, poiché fa registrare una perdita di prestazione variabile tra i 10 e i 15 dB. La progettazione di specifici vetri permette di eliminare l’effetto della frequenza critica. I riempimenti di gas in intercapedine, ad esempio, sono in grado di modificare sia la velocità del suono che l’isolamento acustico parziale che aumenta alle frequenze più elevate e diminuisce alle frequenze più basse. Dato che conoscendo la fonte effettiva del rumore è possibile ipotizzare una soluzione ottimale dal punto di vista acustico, non ci sono problemi che non si possano risolvere, tanto che persino in un auditorium sono state previste delle facciate in vetro. A Parma, nell’auditorium Niccolò Paganini progettato da Renzo Piano nel 2001, le due facciate di chiusura del vecchio zuccherificio Eridania riconvertito, sono state chiuse mediante facciate vetrate. La struttura metallica sostiene un vetrocamera a doppia lastra stratificata che nell’intercapedine contiene gas ad elevato abbattimento acustico. Deflettori, sempre in vetro, ancorati alla parete, regolano la riflessione dell’onda acustica consentendo, insieme ad altri dispositivi, il perfetto funzionamento della sala. È corretto dire che negli ultimi anni l’utilizzo del vetro è andato verso una funzione sempre più strutturale?

L’impiego del vetro è poliedrico, ma certo la sfida strutturale ha tenuto impegnati ingegneri e architetti negli ultimi anni. Scale con pedate in lastre monolitiche, passerelle sospese e facciate vetrate sostenute da pinne anch’esse vetrate non sono più eccezioni isolate. Il progetto per l’Apple Store di New York sulla 5th Avenue, del 2006, è un esempio emblematico di tale impiego. Il cubo esterno, la passerella di ingresso e la scala elicoidale sono interamente in vetro. La “scatola” è stata realizzata mediante tre file di pannelli sovrapposti in vetro stratificato e temperato, sostenuti da pinne in vetro stratificato lunghe dieci metri. Da notare che le lastre sono state di recente sostituite con altre, più alte (un’unica lastra per l’intera altezza). I gradini della scala, larghi un

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metro e ottanta, sono costituiti da quattro lastre di vetro, sempre temperato e stratificato, acidati per essere opachi e antisdrucciolevoli. In questo modo il tempio della Apple si offre al passante e al visitatore con tutte le valenze simboliche del vetro, legando la propria immagine e i propri prodotti a un ulteriore oggetto del desiderio, che trova nella monomatericità del vetro di cui è costituito la sintesi perfetta degli stessi obiettivi della famiglia di prodotti Apple: altissime prestazioni tecniche e incredibile design. Quali tipi di vetro si utilizzano maggiormente in architettura e quali nel design?

Sono trascorsi diversi decenni da quando Sir Alastair Pilkington mise a punto, nel 1952, il procedimento per ottenere le lastre di vetro float e ormai tutte le lastre impiegate nel settore dell’edilizia vengono realizzate in questo modo. Nelle vetrocamere troviamo abitualmente vetri basso-emissivi. Ormai comunissimi, sia in casa che nei parabrezza delle automobili, sono anche gli stratificati, che in caso di rottura trattengono i frammenti di vetro nel PVB interno con cui sono accoppiati. Il settore del design è troppo ampio per poter delimitare il campo di utilizzo del vetro perché si usa davvero qualsiasi variante. Solo un esempio: nel design di interni i mobili in cristallo curvo, come la celebre poltrona Ghost di Cini Boeri. Anche le vetrerie di Murano hanno saputo coniugare la tradizione del vetro soffiato con l’innovazione di gusto, stile e tecniche di lavorazione di cui sono stati portatori personaggi come Carlo Scarpa o, più di recente, Alessandro Mendini. Dopo l’implementazione avuta negli ultimi decenni, il potenziale innovativo del vetro, secondo lei, si è esaurito?

Il motore dell’innovazione, a livello italiano e internazionale, è sempre potente, anche in tempo di crisi, e i settori trainanti della ricerca, in primis quelli aerospaziale e bellico, continueranno ad alimentare, a caduta, l’edilizia. Abbiamo tutto il campo del recupero a cui prestare attenzione, con la manutenzione del comparto edilizio antico e moderno, dove ancora molto c’è da fare e da inventare. I vacuum glass, ad esempio, costituiscono

un esempio di prodotto molto interessante. Si tratta di vetri che utilizzano il vuoto per offrire elevate prestazioni termiche e acustiche, con spessori di circa 6 mm, composti da due lastre con un’intercapedine interna di 0,2 mm di spessore da cui viene estratta l’aria. Ancora piuttosto costosi, i vacuum glass potrebbero trovare largo impiego negli infissi dei palazzi storici o dell’architettura moderna in cui è importante non smarrire il rapporto tra pieni e vuoti delle dimensioni originali delle finestre. Anche le nanotecnologie stanno contribuendo al miglioramento delle caratteristiche generali del materiale vetro, garantendo la manutenzione di grandi e piccole superfici attraverso vetrate facili da pulire o addirittura autopulenti. Chi è, secondo lei, l’architetto che più ha saputo sfruttare le potenzialità del vetro?

Tutti coloro che hanno saputo usare la materia vetro, senza tradirla. E tra tutti ricordo Joseph Paxton, il giardiniere-architetto che realizza il Padiglione per l'Esposizione internazionale di Londra del 1851: la prima standardizzazione delle lastre vetrate. Trecentomila lastre di vetro normalizzate nelle dimensioni allora disponibili di 122 x 25 cm. Un edificio, andato distrutto, che è divenuto l’archetipo dell’architettura in vetro.

Sopra: Auditorium Niccolò Paganini, progettato da Renzo Piano nel 2001 a Parma. Le due facciate di chiusura del vecchio zuccherificio Eridania riconvertito sono state chiuse mediante facciate vetrate

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VETRO / Riciclo

USO E RIUSO DEL VETRO 124


VETRO / Intervista Gianpaolo Caccini

L’Unione europea supera il 70% e l’Italia è al quarto posto nella classifica dei vari paesi. Questi i dati aggiornati sul riciclo del vetro. Che ci consente di risparmiare materie prime, energia e soprattutto ridurre i costi di produzione di Cristiana Zappoli

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l vetro è un materiale riciclabile al 100%. Composto da minerali che si trovano in abbondanza in natura, ovvero la sabbia, il carbonato di sodio e il carbonato di calcio, il vetro può essere riciclato all’infinito, nell’ambito dello stesso processo industriale. Secondo gli ultimi dati, pubblicati a fine marzo dalla Federazione Europea dei Contenitori in vetro (FEVE), il tasso medio di riciclo del vetro nell’Unione Europea è cresciuto, per la prima volta, oltre la soglia del 70%. Questo significa che oltre 11 milioni di tonnellate di vetro sono stati raccolti per essere riciclati in tutta l’Unione Europea nel 2011. L'Italia è al quarto posto nella classifica europea dei paesi virtuosi nel riciclo di questo materiale, dopo Germania, Francia e Inghilterra: un risultato che dovrebbe essere ancora migliorato. Il riciclo del vetro porta, infatti, enormi vantaggi da diversi punti di vista: consente di risparmiare materie prime, energia e riduce i costi di produzione. Lo spiega il dottor Gianpaolo Caccini, presidente di Coreve, il Consorzio nazionale per la raccolta, il riciclaggio e il recupero dei rifiuti di imballaggio in vetro prodotti sul territorio nazionale. Che ruolo ha Coreve nel processo di riciclo del vetro?

Il Coreve - Consorzio Recupero Vetro - non ha fini di lucro ed è costituito allo scopo di raggiungere gli obiettivi di riciclaggio e di recupero dei rifiuti di imballaggio in vetro provenienti dalla raccolta differenziata effettuata dal servizio pubblico su tutto il territorio nazionale. Si occupa, inoltre, dell’informazione diretta al cittadino su temi riguardanti il riciclaggio. Al Coreve aderiscono produttori di vetro cavo meccanico per imballaggio, importatori, imbottigliatori e grossisti. Che vantaggi porta il recupero del vetro?

Con il riciclo il rottame di vetro torna a “vivere” in nuovi contenitori pronti per essere riutilizzati dalle aziende che producono succhi, acqua, olio, marmellate etc., rientrando nelle nostre case con la spesa di tutti i giorni. In Italia, più di tre bottiglie su quattro ven-

gono prodotte riciclando vetro da raccolta differenziata, offrendo così alla collettività importanti vantaggi: risparmio di materie prime, riduzione dei consumi energetici e delle emissioni climalteranti, riduzione dei rifiuti solidi urbani e dei costi per lo smaltimento. Quali sono le regole principali per riciclare il vetro e quali gli errori più comuni in cui s’incorre?

Ogni tipologia d’imballaggio deve essere conferita in maniera corretta nell’apposito contenitore , così che la raccolta differenziata venga realizzata in modo efficace, massimizzando il successivo avvio a riciclo e i corrispettivi economici che Coreve riconosce ai Comuni, sulla base della quantità e della qualità del vetro raccolto. è importante che il vetro resti il più possibile separato dagli altri materiali sin dall’origine, per “accorciare” il complesso e costoso processo di selezione e trattamento che precede l’arrivo del “pronto al forno” in vetreria per la produzione di nuovi contenitori. Bisogna svuotare i contenitori da eventuali residui e rimuovere tappi e collarini facilmente asportabili, ma non è necessario risciacquarli! Con un ritornello facile da ricordare possiamo dire: «Bottiglia e Vasetto, binomio perfetto! Per tutto il resto, cambia cassonetto». Con questa semplice regola dovrebbe essere più semplice chiarire dubbi ed evitare gli errori più comuni. è necessario infatti fare molta attenzione ai “falsi amici del vetro”: oggetti di cristallo, ceramiche e porcellane, vetroceramiche

(pirofile) tipo “pyrex” su tutti, ma anche lampadine, tubi al neon, specchi, monitor, lastre e inerti vari, tutti questi materiali possono sembrare “amici del vetro” da imballaggio, perché a esso simili o assimilabili, ma in realtà sono materiali contaminanti, perché incompatibili con il riciclo del vetro. Anche se presenti in piccole quantità possono “inquinare” e rovinare una raccolta del vetro solitamente di buona qualità. Introducendo elementi dannosi come questi, si vanificano gli sforzi dei cittadini e il virtuoso percorso generato con il loro impegno. In linea di massima ecco come comportarsi: se si detengono piccoli quantitativi di tali materiali è bene gettarli con il rifiuto indifferenziato mentre, per quantitativi più importanti, bisognerebbe conferirli presso le isole ecologiche comunali. è però importante fare sempre riferimento al proprio comune di residenza per conoscere l’esatta destinazione di questi rifiuti, perché le modalità di smaltimento possono variare a seconda del sistema adottato localmente. Gianpaolo Caccini, presidente di Coreve, Consorzio nazionale per la raccolta, recupero, riciclaggio, dei rifiuti di imballaggio in vetro in Italia


VETRO / Riciclo

Fino a quante volte può essere riutilizzato il vetro?

Materiale eco-compatibile per eccellenza, il vetro può essere riciclato infinite volte, dando vita a contenitori sempre nuovi con proprietà originarie invariate. È un materiale riciclabile al 100%?

Costituito da minerali abbondanti in natura - sabbia, carbonato di sodio e carbonato di calcio - il vetro è un materiale riciclabile al 100%, all’infinito, nell’ambito del medesimo processo industriale, senza necessità di aggiungere altro materiale. Ogni volta che una bottiglia o un barattolo di vetro s’infrangono, possono essere totalmente riciclati nella produzione di nuovi contenitori identici a quelli di partenza senza dover aggiungere un granello di sabbia, risparmiando energia, materie prime e riducendo l’emissione di CO2. Il vetro raccolto e qualitativamente idoneo all’avvio a riciclo in vetreria può, quindi, essere rifuso e utilizzato infinite volte per produrre nuove bottiglie, in un sistema virtuoso “a circuito chiuso”, senza mai perdere le prestazioni del contenitore d’origine. L’Italia, rispetto alla media europea, è un paese virtuoso nel riciclo del vetro?

La nostra nazione anche quest’anno si è confermata al quarto posto della classifica europea (dati a consuntivo del 2011), dopo Germania, Francia e Inghilterra. Tuttavia è importante dire che se la quantità e, soprattutto, la qualità della raccolta differenziata del nostro Paese migliorassero, raggiungendo la media dello standard europeo, si potrebbero incrementare ulteriormente i risultati ottenuti, soddisfacendo appieno, senza il ricorso all'importazione di rottame, la grande capa-

cità di riciclo del settore vetrario italiano, che ormai supera i 2 milioni di tonnellate all'anno. Quanto contano le amministrazioni locali nel processo di riciclo del vetro?

Le diverse amministrazioni locali hanno un ruolo fondamentale, in quanto a loro spetta scegliere e attivare un efficiente sistema di raccolta differenziata del vetro. Ciò significa garantire importanti risparmi ambientali ed economici al proprio comune e dare una grande risposta di civiltà a esigenze di diverso tipo. In primo luogo, la raccolta differenziata del vetro risponde a una richiesta dei cittadini, sempre più sensibili al tema del riciclo e disponibili ad attivarsi in prima persona tramite i “canali di recupero” messi a disposizione dall’amministrazione comunale. Il recupero del vetro rappresenta, inoltre, uno strumento strategico in grado di assicurare la quadratura del cerchio tra efficacia dei servizi erogati ed efficienza dal punto di vista dei costi. Scegliendo la modalità di raccolta più adatta alla realtà urbana locale, è possibile ridurre gli oneri a carico della comunità e liberare risorse utili ad altre attività. Infatti, il ritiro dei rifiuti di imballaggio in vetro provenienti dai comuni o dai loro gestori delegati convenzionati avviene attraverso il riconoscimento di un corrispettivo economico volto a sostenere i costi della raccolta differenziata. Più il vetro è di qualità, più alto è il corrispettivo riconosciuto da Coreve ai comuni, quindi più bassi gli oneri per i cittadini, minori i costi per la sua valorizzazione e maggiori i risultati finali. Quant’è importante la differenziazione in colori?

ll vetro raccolto in Italia e poi avviato al riciclo, essendo di colore misto, alimenta la pro-

duzione di contenitori in vetro colorato (ambra, verde scuro, eccetera). E non può essere utilizzato per la produzione di contenitori in vetro incolore (bianco e mezzo bianco). Per questo genere di produzione, infatti, o si ricorre alla materia prima vergine oppure al rottame di vetro separato per colore. Questo tipo di selezione può essere operata “a monte” (la raccolta differenziata separata per colore) oppure a valle (separazione negli impianti di trattamento rifiuti). La raccolta separata per colore, in Italia è attualmente attiva in via sperimentale solo in alcune realtà che sono: Lecce, Verona (alcuni quartieri e alcuni esercizi commerciali) e alcune località della Versilia durante il periodo estivo (gli esercizi commerciali). Queste iniziative hanno prodotto risultati eccellenti, perché i cittadini hanno mostrato ottimo senso civico e hanno capito le finalità alla base della sperimentazione, ma i quantitativi così raccolti sono ovviamente modesti e largamente insufficienti a soddisfare il bisogno nazionale. Oggi largamente coperto attraverso le importazioni di rottame incolore dall’estero. Come detto la cernita cromatica può però avvenire anche nella fase di trattamento e valorizzazione del vetro raccolto. Sono ormai disponibili speciali e sofisticati lettori ottici in grado di separare automaticamente i frammenti di vetro bianco da quello colorato. Le aziende impegnate nel settore probabilmente si doteranno progressivamente di queste macchine, che richiedono investimenti significativi dal punto di vista finanziario. Già attivi in questo tipo di selezione sono, ad oggi, due grandi centri di trattamento del vetro situati uno a Piegaro (PG) e l’altro a Lonigo (VI). Per mettere l'Italia in grado di evitare il ricorso all'importazione di rottame incolore, occorre però procedere su entrambi i fronti, quello del miglioramento tecnologico degli impianti e quello della raccolta differenziata. Un percorso che in Italia è stato avviato ma richiederà ancora del tempo perché possa dare risultati significativi coinvolgendo l'intero territorio nazionale. Quali sono state le iniziative più importanti intraprese da Coreve per migliorare la situazione del riciclo del vetro? ➜ Fondo Anci-Coreve

Coreve e Anci hanno istituito nel 2009 un fondo per i finanziamenti da destinare ai comuni, finalizzato a migliorare e ottimizzare la qualità della raccolta e il recupero del vetro. Il fondo viene utilizzato per cofinanziare: 126


VETRO / Intervista Gianpaolo Caccini

1) progetti che promuovono la specializzazione dei sistemi di raccolta (introduzione del mono-materiale, raccolta per colore); 2) progetti di comunicazione e di controllo sulla qualità dei conferimenti; 3) progetti per forme di riciclo sussidiario ove incanalare flussi “incorreggibili” anche da parte della sofisticatissima tecnologia di selezione oggi in uso. Dalla sua istituzione, il fondo ha consentito di avviare o ripristinare in molti comuni la raccolta mono-materiale (cioè del solo vetro), di sperimentare in altri la raccolta del vetro separato per colore e di alimentare progetti di ricerca e di sviluppo innovativi, con l’obiettivo di individuare processi e prodotti per lo sviluppo di nuovi impieghi del vetro di scarto, altrimenti destinato alla discarica. ➜ Ricerca: pasta di vetro Il fondo stanziato dal Coreve e dall’Anci si occupa anche di finanziare progetti sperimentali volti a individuare impieghi alternativi del vetro destinato alla discarica. è stata finanziata un’attività di ricerca specifica dell’Università di Reggio Emilia e Modena che, tra l’altro, ha riguardato anche lo sviluppo di un materiale innovativo brevettato: la cosiddetta “pasta di vetro”. Ottenuta dagli scarti vetrosi fino ad ora destinati alla discarica, in percentuali anche superiori al 90% in peso, la pasta di vetro (padiver) consente ad aziende di ecodesign, bioarchitettura e imprese di costruzione di entrare in un nuovo scenario industriale e ottenere importanti vantaggi economici nella fase di produzione, riducendo l’estrazione delle materie prime e di conseguenza anche l’inquinamento. Con questo nuovo materiale si possono realizzare rivestimenti e complementi d’arredo, come piastrelle, top per cucina, sanitari, arredi urbani e molti altri manufatti per l’edilizia. A titolo di esempio, di recente sono state realizzate: delle maniglie per un super-yatch di lusso, l’Amer 92, presentato al Salone di Genova e degli arredi urbani come panchine, dissuasori del traffico e fioriere, presentate a Ecomondo 2012. ➜ Campagna “C’è Vetro e Vetro” A partire da febbraio 2011 è stata lanciata la campagna di comunicazione “C’è Vetro e Vetro” che ha previsto, sul territorio italiano, una serie di iniziative pensate per informare direttamente i cittadini, ma anche amministratori e manager aziendali, per aiutarli a organizzare la raccolta differenziata del vetro. La campagna di Coreve ha lo scopo di promuovere, inoltre, il dialogo con i comuni e gli enti

I numeri del CoReVe Il Coreve gestisce il ritiro dei rifiuti di imballaggio in vetro raccolti in modo differenziato in oltre 6mila comuni italiani(per il 78% circa dei comuni italiani). La popolazione coinvolta è

di oltre 50milioni di abitanti, corrispondente all’86% della popolazione italiana. Oggi, il tasso di riciclo degli imballaggi in vetro consumati in tutt’Italia è del 70%.

locali, per individuare insieme a loro nuove soluzioni per migliorare la qualità del vetro recuperato attraverso la raccolta differenziata e incrementare, così, il tasso di imballaggi in vetro avviati a riciclo. ➜ Campagna Green Tour Il Green Tour s’inserisce all’interno della campagna “C’è Vetro e Vetro” e ha lo scopo di premiare ogni anno sei città italiane, consegnando il Green Award alle tre amministrazioni comunali che si sono distinte per aver raggiunto livelli di eccellenza nella qualità della raccolta differenziata del vetro, e il Blue Award alle tre amministrazioni che hanno avviato i progetti più promettenti di sviluppo dei sistemi di raccolta, al fine di migliorare la qualità del vetro. Coreve premia le realtà più virtuose, percorrendo l’itinerario dell’Italia che differenzia bene, accendendo i riflettori sulle “best practices” e sulle eccellenze che, a livello locale, consentono di ottenere una raccolta differenziata del vetro di assoluta qualità. ➜ Glass Tellers - Progetto scuola Coreve e Assovetro, nell'ambito del Protocollo d'Intesa sottoscritto con il Ministero della Pubblica Istruzione, dell'Università e della Ricerca, propongono ogni anno alle scuole uno strumento didattico finalizzato alla sensibilizzazione dei giovani sulle tematiche ecologiche e ambientali, con particolare riferimento all'utilizzo dei contenitori in vetro. I cicli didattici interessati dal concorso sono le classi delle scuole secondarie di primo grado e le classi quarte e quinte della scuola primaria. Quest’anno gli studenti si sono trasformati in mini-scrittori per proseguire la stesura di un racconto (tema: il viaggio di un barattolo di vetro), partendo dall’incipit scritto da Cristina Comencini, famosa regista, scrittrice e sceneggiatrice italiana. Il concorso permette, con l’ausilio degli insegnanti, di far conoscere e approfondire con gli studenti le qualità dei contenitori di vetro, soprattutto focalizzandosi sui quattro temi, da cui partire per sviluppare i racconti: Salute, Ambiente, Design e Riciclo.

Errori da non fare

Prodotti che vengono erroneamente conferiti nelle campane del vetro: ⦁ vetri delle finestre 60,6% ⦁ oggetti in cristallo 46,8% ⦁ specchi 30,5% ⦁ lenti degli occhiali 25,5% ⦁ pirofile 21,2% ⦁ lampadine 17,1% ⦁ ceramica 13,7% ⦁ vetro TV 9% ⦁ tubi al neon 7,3%

Grazie al riciclo... ➔ si

è ridotta l'estrazione di materie prime tradizionali per oltre 3 milioni di tonnellate; ➔ si è recuperata una quantità di energia tale da permettere il funzionamento di quasi 7 milioni di lavatrici di Classe A per un anno; ➔ si è evitata l'emissione in atmosfera di oltre 2 milioni di tonnellate di CO2 equivalenti a quelle prodotte da circa 1 milione e 300 mila auto utilitarie Euro 5 in un anno; ➔ si sono risparmiati costi, evitando di sostenere gli oneri per lo smaltimento, a cui si sommano i contributi economici riconosciuti ai diversi operatori della raccolta, del recupero e del riciclo, per una cifra che si stima intorno ai 150 milioni di euro all’anno.

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L’INGANNO A VISTA

VETRO / Progetti

Il centro commerciale progettato dallo studio MVRDV per la città di Schijndel sembra un’enorme fattoria tradizionale. È interamente coperto da una facciata in vetro stampato. Al suo interno una serie di servizi aperti al pubblico, tra cui un ristorante, alcuni negozi e un centro benessere di Cristiana Zappoli 128


L

Per queste foto si ringrazia Van den Brand Vastgoed

Esterni e interni della Glass Farm. Una grande costruzione di 1600 metri quadrati di superficie, con facciate esterne di 1800 metri quadrati, realizzate in vetro stampato. Su queste vetrate è stato apposto un collage di immagini rappresentanti fattorie tradizionali olandesi

a Glass Farm è un progetto dello studio olandese MVRDV per la cittadina di Schijndel, nel sud dell’Olanda, poco distante da Eindhoven, la città natale di Winy Maas, che insieme a Jacob van Rijs e Nathalie de Vries, dirige lo studio di architettura. Schijndel, e in particolare la sua piazza del mercato, subì durante la seconda guerra mondiale diversi danni che costrinsero, negli anni successivi, a numerosi ampliamenti e ristrutturazioni. Già nel 1980 Maas scrisse al consiglio comunale della città per proporre alcune idee e riportare alla vita la piazza, che si trova tra la chiesa, il municipio e la via principale della città, e che per tanti anni è stata vuota. Nel 2000, dopo lunghi dibattiti il Comune ha approvato una delle idee dell’architetto (la sua settima proposta), la costruzione di un nuovo centro commerciale, la Glass Farm, inaugurata a gennaio di quest’anno. La struttura occupa 1600 m2 ed è interamente coperta da una facciata in vetro, al suo interno si trovano diversi servizi pubblici, come ristoranti, negozi e un centro benessere. Il massimo sviluppo volumetrico previsto dagli urbanisti per questa struttura corrispondeva perfettamente al volume delle fattorie tradizionali della zona di Schijndel. Per questo gli architetti hanno misurato e analizzato le fattorie tradizioni ancora esistenti e hanno elaborato, a partire dai dati raccolti, una fattoria “media” sulla base della quale dare forma al nuovo centro commerciale. In collaborazione con gli architetti, l’artista Frank van der Salm ha fotografato le stesse fattorie e ha creato poi un collage di queste foto in modo da ricostruire un’immagine della fattoria tipica della zona e l’immagine è stata stampata sui 1800 mq di facciata in vetro, ottenendo un effetto molto simile a quello delle grandi vetrate delle

VETRO / Glass Farm

cattedrali. La stampa è più o meno traslucida a seconda del bisogno di luce di giorno e della necessità di guardare verso l’esterno. L’impressione è quella di essere di fronte a una vera e propria fattoria in mattoni, solo molto più grande. La Glass Farm, alta 14 metri, è stata infatti volutamente costruita in scala 1:6 rispetto alle fattorie reali e anche le immagini stampate sul vetro sono molto più grandi (la porta del fienile è alta 4 metri), questo per simboleggiare la crescita della città. Per accentuare ancora di più l’effetto, all’esterno sono stati posti un tavolino e un’altalena, in una sorta di cortile anch’esso sovradimensionato. Agli architetti non è sfuggito, inoltre, il lato nostalgico del progetto: hanno pensato che costruendo l’edificio più grande rispetto al modello di riferimento, gli adulti si sarebbero trovati a guardare la fattoria con gli occhi di un bambino. Di notte la struttura è totalmente illuminata dall’interno e diventa un vero e proprio monumento alle fattorie tradizionali. L’editore NAi Publishers ha inoltre pubblicato un libro che documenta la costruzione dellla Glass Farm, includendo una descrizione letteraria del lungo processo che ha condotto alla sua realizzazione.


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UNA PELLE DI VETRO VETRO / Progetti

Colore e trasparenza sono gli strumenti scelti da uno studio francese per connotare un edificio a Parigi. Garantendo un adeguato comfort luminoso agli ambienti interni di Emilio Antoniol

N

el 2006 la Camera di Commercio e dell'Industria di Parigi ha bandito un concorso per la ristrutturazione e l'ampliamento della sede della Novancia Business School, un istituto privato di alta formazione nel settore della finanza e dell'economia. Il progetto vincitore, elaborato dallo studio francese AS Architecture-Studio, ha previsto un attento restauro del vecchio complesso e il suo ampliamento con la realizzazione di una nuova ala dell'edificio. Caratteristica peculiare dell'intervento è la pelle esterna in vetro colorato che racchiude, quasi come fosse un grande guscio, le diverse funzioni disposte lungo il perimetro del nuovo edificio. Gli spazi più interni sono dominati da ambienti comuni quali il grande atrio di accesso a tutt'altezza, con il sistema dei collegamenti verticali, e l'auditorium principale. Quest'ultimo costituisce un volume interno a sé stante, alto due piani, e presenta in copertura una piazzetta interna a servizio della caffetteria della scuola. La chiusura superiore di questa zona centrale è realizzata con un sistema di cuscini in ETFE trasparente che permette l'illuminazione naturale dell'atrio e delle zone comuni. L'involucro esterno è realizzato con

oltre 4mila lastre di vetro stratificato dello spessore di 30mm e larghe 400mm. Esse sono sostenute da una orditura metallica che presenta dei profili marcapiano in acciaio a vista. Questi, a loro volta, scandiscono il prospetto dell'edificio dividendolo in sette fasce di altezza variabile. Il sistema di rivestimento piega parzialmente anche in copertura così da definire un volume puro e lineare, in contrasto con le forme più elaborate che caratterizzano la storica facciata in mattoni del vecchio complesso a cui si affianca. L'effetto di contrapposizione è accentuato anche dalla colorazione vivace e cangiante che caratterizza i nuovi prospetti, conferendo loro espressività e forza comunicativa. Le lastre in vetro sono stampate con tre diversi pattern grafici a righe, in sette gradazioni cromatiche differenti. In prossimità dell'edificio esistente, la pelle ha una colorazione giallo brillante che muta in modo graduale verso l'arancio, fino ad arrivare al rosso scuro sul lato nord per poi virare nuovamente, e gradualmente, verso il giallo sul fronte opposto. Le diverse colorazioni e le diverse densità nella trama grafica definiscono vari gradi di permeabilità alla luce ed effetti di riflessione mutevoli in funzione della posi-

zione del sole nel cielo. Il rivestimento è stato progettato con un’attenzione particolare ai temi del soleggimento al fine di garantire un ottimale controllo della radiazione luminosa in ingresso e di ridurre gli effetti di abbagliamento interno. L'esposizione prevalente dei fronti principali dell'edificio, a sud-ovest e nord-est, ha portato alla scelta di un sistema di frangisole a lamelle verticali in grado di schermare i raggi solari che presentano inclinazioni molto ridotte tipiche di tali esposizioni. Inoltre le lastre possono ruotare meccanicamente, a gruppi di tre, quattro o cinque elementi, attorno a un perno centrale, permettendo così di regolare in modo autonomo l'afflusso di luce all'interno delle varie stanze. Questa possibilità di movimento produce un ulteriore effetto di "increspatura" sulla superficie e ne modifica le proprietà riflettenti. Il sistema in vetro della facciata è quindi allo stesso tempo un interessante espediente formale e una sofisticata macchina per il controllo solare. Vetro, colore e trasparenza sono gli strumenti scelti dai progettisti per connotare con forza il loro progetto ma allo stesso tempo sono i mezzi per garantire agli utenti finali un adeguato comfort luminoso negli ambienti interni.

A sinistra: fronte sud-ovest del complesso. Sullo sfondo è possibile intravedere il vecchio edificio novecentesco. A destra: vista del fronte nord dall'incrocio tra Rue Armand Moisant e Rue Antoine Bourdelle (foto di Georges Fessy)

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VETRO / Novancia Business School

Sopra: dettaglio del sistema frangisole in vetro: 1. lastra in vetro stratificato con stampe colorate; 2. profilo porta lastra in acciaio con perno centrale per permettere la rotazione dell'elemento; 3. staffe in acciaio di collegamento del sistema di facciata alla chiusura dell'edificio; 4. sistema di bloccaggio della rotazione della lastra; 5. lamierino forato sp.1 mm; 6. profilo tubolare in acciaio di sostegno della facciata vetrata; 7. sistema motorizzato per la movimentazione della lastra frangisole; 8. infisso esterno in alluminio a taglio termico A sinistra: dettaglio del sistema frangisole in vetro. Si possono notare le diverse densitĂ dei motivi stampati sulle lastre (foto di Georges Fessy). Sotto: modello tridimensionale del sistema di facciata

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VETRO / Ricerca

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Fig.1

Fig.2

LE TRAVI IBRIDE IN VETRO PRECOMPRESSO TVT Strutture in vetro: dalle visioni dell’architettura alle realizzazioni dell’ingegneria

L’intrinseca trasparenza del vetro, i giochi di riflessi e di rifrazioni ma anche la sua durezza e la resistenza chimica agli attacchi degli agenti climatici hanno decretato da sempre il successo di questo materiale negli impieghi in campo architettonico sia pur tradizionalmente limitati alla realizzazione di elementi secondari quali finestrature, tamponamenti e pareti divisorie. Architetti visionari come Mies van der Rohe e Bruno Taut hanno predetto con largo anticipo l’ingresso trionfale del vetro in architettura ma è solo in epoche relativamente recenti che ha trovato impiego anche per la realizzazione di strutture portanti principali quali facciate continue, orizzontamenti, nervature, colonne, sotto la spinta esercitata da numerosi importanti architetti verso il raggiungimento di una completa smaterializzazione delle strutture portanti [M.Froli: Il vetro: ricerca dell’evanescenza, Architetture Pisane, n°19, pgg. 7-11, 2010]. La caratteristica di fragilità aleatoria che affligge questo materiale, e dunque l’apparente impossibilità di prevederne il comportamento a rottura, rendono però tecnicamente ed economicamente arduo ingegnerizzare strutture in vetro,

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tra le quali le travi, senza limitare troppo le libertà formali richieste dagli architetti. Ed è ancora a causa della sua fragilità che tecnici e committenti continuano a nutrire un atteggiamento di diffidenza per un impiego del vetro in opere strutturalmente impegnative, come appunto le travi, specie se di luce considerevole. Tuttavia questo traguardo ambizioso è stato raggiunto grazie alle maggiori conoscenze teorico-sperimentali sviluppate attorno al comportamento meccanico di questo affascinante materiale, all’ampliamento dei margini di prestazioni statiche sotto Stati Limite di Esercizio ottenibili mediante adeguate tecniche di presollecitazione, nonché all’amplificazione delle riserve di sicurezza nei confronti degli Stati Limite Ultimi ottenibili grazie alla scelta di un sistema costruttivo e di uno schema statico che rispettino i due principi fondamentali di ridondanza e gerarchia delle resistenze caratterizzanti il Fail Safe Design (FSD). Il principio di ridondanza impone che componenti strutturali tra loro eguali siano disposte in parallelo semplice (almeno due componenti) o multiplo in modo che nella eventualità di collasso parziale o completo di una componente le altre siano in grado di sostenere il carico con un inferiore ma ancora

accettabile margine di sicurezza come illustrato in sintesi nel seguito. Il principio di gerarchia prescrive che a livello di ciascuna componente strutturale le risorse resistenti dei vari elementi siano graduate in modo che la successione delle crisi segua un preciso e prestabilito ordine. Nel caso di strutture ibride vetro-acciaio si cercherà, per esempio, che la crisi per snervamento delle parti in acciaio preceda quella per compressione delle parti in vetro. Travi stratificate ibride a parete discontinua e armatura attiva: le Travi Vitree Tensegrity

L’obiettivo di raggiungere luci considerevoli con travi di vetro può essere raggiunto se la trave viene segmentata in tanti pannelli di vetro dotati di dimensioni relativamente contenute e conveniente geometria modulare e se si affida integralmente alla presollecitazione la interconnessione reciproca tra i vari pannelli [M. Froli, G. Masiello: Giunzioni ed incollaggi. Design strutturale ai limiti delle possibilità tecniche, Architetture Pisane, n°19, pgg. 14-15, 2010]. La genesi e il funzionamento delle Travi Vitree Tensegrity (TVT), ideate da Maurizio Froli e da lui brevettate per l’Università di Pisa, si basa sui due precedenti con-


VETRO / Travi Vitree Tensegrity

cetti di presollecitazione e modularizzazione. La frammentazione manifestata dalle travi in vetro a parete continua quando raggiungono il collasso è stata anticipata nelle TVT e pilotata verso una suddivisione regolare in pannelli triangolari equilateri tra loro identici disposti secondo uno schema Warren. Ciascun pannello è libero da fori e ottenuto per laminazione di due lastre di vetro HSG con interposto strato di PVB. I vertici dei pannelli sono arrotondati e vincolati per semplice contatto monolaterale in alloggiamenti circolari presenti nei nodi di acciaio di interconnessione. Il contatto diretto tra vetro e acciaio che potrebbe suscitare pericolose concentrazioni di pressione è evitato grazie ad una sottile lamina di idoneo materiale deformabile. La precompressione viene attuata per mezzo di un sistema di barre o cavi in acciaio che confluiscono, insieme ai vertici degli elementi in vetro, in nodi di acciaio opportunamente sagomati. A livello complessivo le TVT si compongono di due ordini paralleli e verticali di pannelli triangolari in vetro opportunamente distanziati tra loro. L’unione tra i due ordini paralleli è ottenuta mediante profili tubolari di acciaio avvitati al centro dei nodi. Al lembo superiore compresso è disposta una struttura orizzontale controventante, anch’essa composta da pannelli vitrei. Il comportamento meccanico sotto carico di una trave TVT si esplica essenzialmente in tre fasi legate all’ordine di applicazione dei carichi e alla loro intensità. Facendo riferimento allo schema statico di trave semplicemente appoggiata con carico di esercizio verticale applicato ai nodi superiori si manifestano successivamente le seguenti fasi: ➔

Fase “O” o della presollecitazione All’atto della tesatura, la trazione nel sistema dei tiranti spinge i vertici dei pannelli in vetro contro i nodi d’acciaio i quali reagiscono con forze risultanti, dirette all’incirca secondo le bisettrici dei pannelli, che generano nel vetro uno stato di compressione. La prevalenza della trazione dei cavi inferiori su quella degli altri tiranti produce nella trave uno stato di pressoflessione e una controfreccia. ➔

Fase “1” o dell’esercizio In questa fase la trave viene posizionata sugli appoggi. Oltre al proprio peso essa viene sottoposta anche al carico esterno di esercizio. Le azioni esterne, applicate alla trave in corrispondenza dei nodi superiori, generano un momento flettente positivo e quindi inducono una progressiva decompressione del

vetro al lembo inferiore della trave e un aumento degli sforzi di compressione al lembo superiore. Raggiunta la decompressione del vetro al lembo inferiore lo sforzo di trazione viene assorbito e trasmesso esclusivamente dalle barre longitudinali inferiori mentre il vetro risulta pressoché esente da trazioni, fatta eccezione per modesti sforzi secondari dovuti a fenomeni di diffusione delle isostatiche di compressione. A partire dalla decompressione lo schema statico della trave si evolve avvicinandosi moltissimo al comportamento reticolare di una travatura Warren formata da aste con nodi-cerniera.

Fig.3

Fase “2” o del collasso Questa fase inizia ad avere luogo quando qualche componente di acciaio raggiunge la tensione limite di snervamento o quando qualche componente in vetro si instabilizza o inizia a fessurarsi e termina con il collasso completo della trave. Nelle travi TVT le barre metalliche longitudinali inferiori tese sono dimensionate in modo tale che il loro snervamento preceda la instabilità del vetro compresso al lembo superiore della trave. In tal modo è rispettato il principio di gerarchia del FSD e la rottura della trave è di tipo duttile e si evita la rottura fragile così temuta in una trave di vetro. Particolare attenzione in fase di sviluppo e progettazione delle travi TVT è stata rivolta alla standardizzazione degli elementi che la compongono. I pannelli in vetro costituenti i piani verticali, tutti di forma triangolare equilatera e di uguali dimensioni, permettono di diminuire i tempi di produzione, di ridurre gli sfridi e di facilitare le operazioni di assemblaggio della trave. Un ulteriore vantaggio conseguente l’impiego di pannelli triangolari equilateri è la presenza di sole tre tipologie distinte di nodi metallici che risultano invarianti rispetto ad un ampia variazione della altezza costruttiva della trave a causa della invarianza angolare dei vertici dei pannelli. Inoltre, grazie alla loro natura segmentale, le travi TVT presentano l’enorme vantaggio economico ed eco sostenibile di evitare l’intera rimozione della trave nel caso di rottura accidentale anche di una sola lastra, come avviene nelle travi tradizionali stratificate a parete continua, ma solo la sostituzione del pannello danneggiato. Questa tipologia di travi risulta dunque ispirata alla modularità, all’ottimizzazione di impiego dei materiali e alla standardizzazione, presentando al contempo un elevatissimo grado di trasparenza e soddisfacendo i requisiti di gerarchia e ridondanza strutturale del FSD.

Fig.4

Fig.5

Fig. 1 - Trave in opera sugli appoggi Fig. 2 - Elementi metallici di connessione reciproca tra pannello rettangolare e pannelli triangolari Fig. 3 - Nodo di estremità inferiore assemblato Fig. 4 - Nodo di estremità superiore assemblato Fig. 5 - Nodo intermedio assemblato 133


VETRO / Ricerca

Fig. 6 - Applicazione della presollecitazione alle barre inferiori mediante martinetto idraulico Fig. 7 - Dettaglio dei nodi superiori e del loro collegamento reciproco Fig. 8 - Fase di assemblaggio del secondo piano vetrato verticale Fig. 9 - Sollevamento della trave

Fig.6

I prototipi TVT e TVT

Fino ad oggi sono stati sviluppati e realizzati successivamente tre prototipi appartenenti a questa linea di travi, denominati rispettivamente TVTα, TVTβ, e TVTγ. Simulazioni numeriche e prove di laboratorio statiche, cicliche e dinamiche effettuate sui primi due prototipi TVTα (L= 2330 mm), e TVTβ (L= 3330 mm) hanno confermato il comportamento meccanico previsto a livello intuitivo in fase di concepimento dell’idea inventiva, mettendo inoltre in luce anche capacità di dissipazione dell’energia attribuibili agli scorrimenti con attrito in corrispondenza dei nodi e agli scorrimenti viscosi nel materiale plastico di interstrato. In particolare il prototipo TVTβ, pesante complessivamente solo 125 daN, ha raggiunto un carico di rottura pari a circa 40 volte il suo peso, ossia 5000 daN [ M.Froli, L.Lani: Strutture duttili in vetro: le Travi Vitree Tensegrity, Rivista del Vetro, n°2, 2008; M. Froli, L.Lani: Travi trasparenti, Modulo, n°341, 2008; M.Froli, L.Lani: Glass Tensegrity Trusses, Structural Engineering International, N°4, 2010]. .

Il prototipo TVT e il traguardo dei 12 metri

I buoni risultati sperimentali esibiti dal prototipo TVTβ e l’ottima corrispondenza tra previsioni FEM e sperimentazione hanno mostrato che con questa tecnologia la strada verso la realizzazione di travi in vetro capaci di raggiungere con adeguati margini di sicurezza strutturale valori importanti di luce libera era aperta. Il traguardo è stato raggiunto con la costruzione del terzo prototipo della serie, il TVTγ , il quale, con la sua luce libera tra gli appoggi di 12 metri rappresenta attual-

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Fig.7

mente una delle travi di vetro più lunghe del mondo (v. Fig. 1). La concezione costruttiva di questo modello non differisce da quella dei primi due prototipi e descritta in precedenza. La sezione trasversale ha in questo caso la forma di una C rovesciata nel quale ciascuna delle due anime verticali, tra loro distanti 600 mm, è formata da un piano vetrato composto da 19 pannelli triangolari equilateri in vetro laminato aventi lato di 1087 mm. In considerazione della luce circa 4 volte maggiore rispetto al modello TVTβ e dunque delle maggiori richieste di prestazioni statiche, è stato necessario introdurre nel progetto le modifiche e i perfezionamenti di seguito illustrati. Il piano orizzontale superiore della trave, che nel modello precedente era costituito da un traliccio reticolare in acciaio, nel TVTγ è stato realizzato mediante una successione di 10 pannelli rettangolari di vetro piano laminato di dimensioni 1126x524mm, incernierati cilindricamente agli estremi, i quali svolgono contemporaneamente la funzione di controvento orizzontale delle zone compresse dei pannelli verticali triangolari e quella di aumento della quota di sezione trasversale della trave resistente a compressione. Per aumentare ulteriormente la stabilità locale delle parti compresse, e quindi la capacità portante ultima dell’intera struttura, la lunghezza libera di inflessione dei pannelli rettangolari e del lato superiore dei pannelli triangolari è stata dimezzata vincolando tra loro i pannelli nei punti di mezzo dei bordi liberi mediante uno speciale ritegno metallico (v. Fig. 2). Tutti i pannelli sono stratificati con 2 lastre di vetro indurito termicamente (HSG) aventi spessore di 10mm e interlayer polimerico

(PVB) di spessore 1.52mm. I vertici dei pannelli sono smussati con raggio pari a 28mm. Al fine di evitare nocive concentrazioni di pressioni di contatto ogni interfaccia vetroacciaio è stata guarnita mediante idoneo materiale deformabile. Altro elemento costruttivo nuovo della versione γ rispetto alla precedente versione β è l’introduzione di un sistema di irrigidimento trasversale a croci di sant’Andrea formato da barre d’acciaio preteso di diametro 6mm che fornisce alla trave una notevole rigidezza torsionale aumentandone in esercizio la stabilità flesso-torsionale sotto carichi esterni e garantendone la indeformabilità trasversale nelle fasi di sollevamento, movimentazione e messa in opera. Nel modello γ i tiranti in acciaio sono stati realizzati in barre anziché mediante trefoli spiroidali. Le barre longitudinali hanno un diametro di 18mm, le barre diagonali di campata hanno diametro di 14mm mentre quelle di estremità hanno diametro di 16mm. Anche i nodi di acciaio e il sistema di tesatura hanno subìto una notevole evoluzione nel passaggio dal modello β al modello γ a causa del maggiore impegno statico (v. Fig. 3, v. Fig. 4, v. Fig. 5). La tesatura delle barre diagonali e di quelle longitudinali superiori, che nel modello β avveniva per mezzo di tenditori, nel prototipo γ viene attuata mediante avvitatura di dadi esagonali posti alle estremità filettate delle barre e serraggio con chiave dinamometrica. I dadi trovano alloggio, nel caso delle diagonali, in apposite cavità ricavate nel corpo stesso dei nodi (v. Fig. 6). Alle estremità superiori i nodi sono muniti di selle di appoggio mentre alle estremità inferiori essi sono stati conformati in modo da of-


VETRO / Travi Vitree Tensegrity

Modello TVTγ-2a Modello tridimensionale di metà trave che permette di determinare il comportamento sotto carico in assenza di imperfezioni geometriche locali dei pannelli ma in presenza di un’imperfezione geometrica globale della trave (40mm).

Fig.8

frire adeguato contrasto al sistema di presollecitazione. Infine, la novità di maggiore rilievo che differenzia nettamente la versione γ dal prototipo β risiede nella sensibilmente maggiore entità della pretensione delle barre longitudinali inferiori che ha raggiunto il valore 30 KN per ciascuna di esse ed è stata attuata per mezzo di un martinetto idraulico (v. Fig. 7). L’analisi del comportamento meccanico e le verifiche di resistenza e stabilità della trave e dei suoi componenti sono state effettuate mediante modellazione numerica agli Elementi Finiti (FEM). Sono stati realizzati modelli numerici globali e locali e analisi numeriche non lineari considerando sia le non linearità geometriche e dei vincoli che le possibili imperfezioni geometriche iniziali. I modelli numerici locali sono stati realizzati allo scopo di studiare il comportamento dei pannelli in vetro e la loro capacità portante al variare dello spessore delle lastre costituenti il pannello ovvero al fine di dimensionare lo spessore delle lastre. Inoltre con tali modelli si è cercato di valutare l’influenza delle caratteristiche meccaniche del materiale di interposizione in PVB sulla capacità portante dei

Fig.8

pannelli perché le caratteristiche meccaniche del PVB decadono all’aumentare della temperatura e della durata di applicazione del carico essendo il PVB un materiale visco-elastico. Su questi modelli sono state effettuate analisi elastiche, analisi di buckling e analisi non lineari, in quest’ultimo caso sia in assenza che in presenza di una imperfezione iniziale posta pari a 1/300 della lunghezza del pannello. Sono stati realizzati 4 diversi modelli numerici globali: ➔

Modello TVTγ-1a Modello tridimensionale di un quarto di trave che permette di determinare il comportamento sotto carico in assenza di imperfezioni geometriche sia locali (dei pannelli) che globali (della trave).

Modello TVTγ-1b Modello tridimensionale di un quarto di trave che permette di determinare il comportamento sotto carico in presenza di imperfezioni geometriche locali dei pannelli (4mm) e in assenza di imperfezioni geometriche globali della trave.

Modello TVTγ-2b Modello tridimensionale di metà trave, che permette di determinare il comportamento sotto carico in presenza di imperfezioni geometriche locali dei pannelli (4mm) e in presenza di un’imperfezione geometrica globale della trave (40mm). I modelli numerici globali denominati Modello TVTγ-1a e Modello TVTγ-1b si compongono di 31261 elementi bidimensionali di tipo plate/shell a 3 e a 4 nodi, 1198 elementi unidimensionali di tipo beam alcuni con comportamento non lineare e 15503 elementi di tipo link. I modelli numerici globali denominati Modello TVTγ-2a e Modello TVTγ-2b si compongono di 62522 elementi bidimensionali di tipo plate/shell a 3 ed a 4 nodi, 2395 elementi unidimensionali di tipo beam alcuni con comportamento non lineare, e 30821 elementi di tipo link (v. Fig. 8). In seguito al posizionamento della trave sugli appoggi questa è stata sottoposta a monitoraggio costante al fine di valutare gli effetti delle condizioni ambientali di temperatura e umidità sul livello di presollecitazione a causa del comportamento visco-elastico del materiale polimerico di interstrato e di interposizione (v. Fig. 9, v. Fig. 10). In un secondo momento si è proceduto alla caratterizzazione dinamica del prototipo e successivamente all’esecuzione di prove di carico di tipo statico spinte fino a collasso. I risultati delle prove sono in questo momento in fase di elaborazione e si si sta procedendo inoltre ad un confronto con i risultati previsti dal modello precedentemente realizzato. Il prototipo TVTγ ha un peso complessivo di 18kN. Maurizio Froli. Associato di Tecnica delle Costruzioni, DESTeC - Dipartimento di Ingegneria dell’Energia, dei Sistemi, del Territorio e delle Costruzioni, Sezione di Strutture, Università di Pisa. Vincenzo Mamone. Dottorando, DESTeC Dipartimento di Ingegneria dell’Energia, dei Sistemi, del Territorio e delle Costruzioni, Sezione di Strutture, Università di Pisa. 135


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VETRO / News

CIRCONDATI DALLA NATURA Dalla progettazione di uno showroom è nata l’idea per una casa da costruire su misura: la Glass House. Un’abitazione totalmente in vetro, sia nelle strutture portanti che negli interni, di Carlo Santambrogio e Ennio Arosio

Dalla collaborazione tra l’architetto italiano Carlo Santambrogio e il designer Ennio Arosio è nata la Glass House: una casa completamente realizzata in vetro, dalle pareti fino agli interni, e quindi totalmente trasparente. Inizialmente era stata pensata come uno showroom per esporre i mobili progettati da Santambrogio ma, una volta visto il risultato, Ennio Arioso ha iniziato a pensare che si sarebbe potuta progettare allo stesso modo una vera casa. Il concept della Glass House è un progetto totalmente custom. La superficie della casa può variare da uno spazio di 30 mq fino a 300 mq, e può essere costruita su uno o più piani, sia sovrapposti che sfalsati. Una estrema libertà di progettazione dunque, che

permette di esaudire ogni richiesta. La particolarità di questo progetto è che chi abiterà in questa casa potrà essere in contatto con la natura a 360°, ma allo stesso tempo ottenere la privacy di una normale abitazione. Questo è possibile attraverso l'utilizzo di materiali speciali, come il PrivaLite glass, che permette di cambiare una parete di vetro solo con un click, rendendola da trasparente a opaca. Anche la presenza di tende, sia interne che esterne, permette di isolare le stanze a piacimento. La tipologia di vetro utilizzata per la casa è pensata per affrontare le condizioni atmosferiche invernali, quindi un vetro extra chiaro Saint Gobain stratificato, di ottima resistenza e incredibile trasparenza. Per quanto riguarda il riscaldamento, un sistema di ventilazione garantisce la temperatura ottimale. Anche tutti i mobili, dai divani ai fornelli, dal tavolo e dalla sala da pranzo alle scale e alla libreria, sono in lastre di vetro unite da policarbonato che risaltano per la loro assoluta leggerezza.

UN CONFRONTO TRA ARTISTI Nell’ambito del progetto Le Stanze del Vetro ad aprile è stata inaugurata la mostra Fragile? che proseguirà fino al prossimo 28 luglio nello spazio espositivo dell’Isola di San Giorgio Maggiore a Venezia

Le Stanze del Vetro è un nuovo spazio espositivo dedicato allo studio e all’esposizione delle forme moderne e contemporanee dell’arte vetraria veneziana. Situato sull’isola di San Giorgio Maggiore a Venezia, il museo fa parte della Fondazione Giorgio Cini, un’istituzione non-profit che si è occupata di ricostruire l’isola dopo un secolo di occupazione militare, e ha riproposto le sue originali strutture storiche a scopo culturale e accademico. Nell’ambito del progetto Le Stanze del Vetro, la Fondazione Giorgio Cini ha istituito, all’interno del suo Istituto di Storia dell’Arte, uno specifico Centro Studi del Vetro con l’obiettivo di diventare un punto di riferimento internazionale per lo studio del vetro. Fa parte 136

del progetto Le Stanze del Vetro la mostra Fragile?, aperta fino al 28 luglio nello spazio espositivo dell’Isola di San Giorgio Maggiore. Nel particolare contesto della produzione vetraria veneziana e della tradizione artigianale che la caratterizza, la mostra prende in considerazione un altro aspetto, l’utilizzo del vetro nelle arti visive del secolo scorso e di quello appena iniziato: l’impiego del vetro come oggetto trovato, come materiale dalle particolari qualità metaforiche e linguistiche. Anziché la precisione o l’originalità del disegno del manufatto, entrano in gioco il potenziale simbolico della trasparenza, della fragilità e della resistenza, dell’imprecisione e della levigatezza, nella costruzione di una situazione che attinge dall’esperienza della realtà quotidiana e del linguaggio artistico contemporaneo. La mostra mette insieme le opere di alcuni tra i più interessanti artisti del nostro tempo, che hanno utilizzato il vetro con intenti e risultati tra i più diversi e contrastanti.




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