i Quaderni di Technopolis N°1

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i quaderni di STORIE DI ECCELLENZA E INNOVAZIONE

Smart City

NUMERO 1 | OTTOBRE 2014

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Scenari

10

Tecnologie

13

Esperienze

ALLA SCOPERTA DELLE CITTÀ INTELLIGENTI: COME FUNZIONANO E COME REALIZZARLE

Il cammino delle smart city fra criticità e opportunità

Le idee vincenti? Quelle che generano efficienza

Innovazioni e app al servizio della salute


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i quaderni di S T O R I E D I E C C E L L E N Z A E I N N O VA Z I O N E

I quaderni di Technopolis n. 1 - ottobre 2014 Inserto di Technopolis periodico bimestrale registrato presso il Tribunale di Milano al n° 378 del 09/10/2012. Direttore responsabile: Emilio Mango Coordinamento: Gianni Rusconi Hanno collaborato: Piero Aprile, Valentina Bernocco, Patrizia Fregonara, Paolo Galvani, Fabrizio Granelli, Laura Tore Sales and marketing: Marco Fregonara, Francesco Proietto Foto e illustrazioni: www.dollarphotoclub.com Editore, redazione, pubblicità: Indigo Communication Srl Via Faruffini, 13 - 20149 Milano tel: 02 36505844 info@indigocom.it www.indigocom.com Stampa: RDS Webprinting - Arcore © Copyright 2012 Indigo Communication Srl Tutti i diritti di proprietà letteraria e artistica riservati. Il Sole 24 Ore non ha partecipato alla realizzazione di questo periodico e non ha responsabilità per il suo contenuto. Pubblicazione ceduta gratuitamente.

Editoriale

P

Sommario 04

Scenari

Il cammino delle smart city

fra criticità e opportunità

06

Smart grid e green Internet:

che cosa sono e dove ci

04

porteranno

08

Tecnologie

Il cuore delle smart city?

Le reti e i device

10

Le idee vincenti? Quelle

che generano efficienza

e riducono i costi

12

Esperienze

Italia: mosaico senza

visione d’insieme

14

Le mini car elettriche

per le città ecosostenibili

14

di Gianni Rusconi

erché nascono I Quaderni di Technopolis? Per rispondere a questa domanda proviamo a sintetizzare in un solo concetto le tante idee discusse, analizzate e argomentate quando li abbiamo pensati: dare continuità ai temi che affrontiamo su Technopolis, nell’edizione su carta (come allegato del Sole24Ore) e in quella online (con un sito tutto rinnovato), focalizzando l’attenzione su argomenti che toccano particolarmente da vicino la vita di cittadini, imprese e istituzione. Con i Quaderni vogliamo quindi spiegare e approfondire, rivolgendoci a manager, professionisti e imprenditori, come le nuove tecnologie stanno cambiando e sempre più cambieranno le dinamiche e le abitudini quotidiane della società, del mondo pubblico e del tessuto aziendale italiano. Per farlo coinvolgeremo esperti e addetti ai lavori, metteremo in evidenza le esperienze

di maggior successo senza dimenticare di affrontare le criticità. Parleremo di tecnologia, attraverso il contributo dei vendor Ict ma non solo, con un approccio che speriamo possa essere coinvolgente e spunto di riflessione. Il primo numero della collana è dedicato alle smart city. In “testa” abbiamo già altri temi che stiamo sviluppando, dall’Internet delle cose al Digital Manufacturing, per arrivare alle startup. La nostra ambizione è quella di dar vita a un prodotto legato all’attualità ma che possa mantenere un valore nel tempo. Per questo abbiamo pensato al formato dell’inserto, un oggetto da conservare, che si aggiunge alla versione digitale. L’intento è quello di informare, nel modo più completo e trasparente possibile, andando oltre i soliti canovacci, privilegiando la qualità alla quantità. Cercando, con il supporto di tutti, di confezionare uno strumento interessante e utile. 03


scenari

Il cammino delle smart city fra criticità e opportunità INNOVAZIONE CHE VIENE DAL BASSO, AREE URBANE CHE RECEPISCONO I MODELLI EUROPEI, DISPONIBILITÀ DI RISORSE FINANZIARIE. MA C’È IL ROVESCIO DELLA MEDAGLIA. testo di Gianni Rusconi

C’

è chi, come Michele Vianello, ex vice sindaco di Venezia e attuale direttore generale del Vega Parco Scientifico e Tecnologico della città lagunare, non risparmia critiche a un certo modello di smart city. Un modello che a suo dire ha eletto questo fenomeno a facile moda e l’ha considerato, in alcuni casi almeno, “un pretesto per accedere a bandi nazionali ed europei per l’innovazione nelle aree urbane”. Paolo Testa, direttore di Cittalia (il centro ricerche dell’Anci) e responsabile dell’Osservatorio Nazionale Smart City promosso dalla stessa Anci, appartiene invece al partito degli ottimisti. E propone questa visione: dopo una fase di studio dedicata alla comprensione delle variabili, “sono sempre più numerosi i casi di città che stanno dando fattiva operatività ai progetti e alle idee raccolte”. Le criticità non mancano e ostacolano il riuso delle soluzioni smart fra i diversi 04

Comuni, ma il primo raffronto fra le azioni intraprese dalle oltre 70 città censite dall’Osservatorio per declinare la smart city a seconda delle specifiche caratteristiche dei contesti urbani è comunque positivo. L’innovazione urbana made in Italy, spiega Testa, è capace di riprendere i modelli europei in maniera nuova e spesso partecipata, ed è reale. Dai cassonetti intelligenti alle app per segnalare spazi verdi o luoghi da riqualificare, dal bike sharing ai gruppi di acquisto per il solare, dai coworking ai fablab. L’Italia delle smart city, secondo l’Anci, è tutt’altro che ferma al palo. I fondi, l’ecosistema e l’Agenda Digitale Un miliardo di euro per le città metropolitane, tre miliardi disponibili dal recupero dei fondi non spesi della programmazione 2007-2014, 540 milioni (70 milioni l’anno fino al 2020) stanziati per l’efficienza energetica delle PA, un miliardo per l’edilizia scolastica.

I numeri con vista sulle smart city che enuncia Gianni Dominici, direttore generale di Forum PA, sono importanti e rappresentano a suo dire “fondi da ben spendere per generare effetti positivi, per abilitare un cambio di paradigma, per attribuire alle città il ruolo di motore di sviluppo”. Il punto della questione non è, però, l’entità delle risorse disponibili, quanto piuttosto la presenza di capacità progettuale. In una parola di governance, di competenze


scenari

[

]

«La smart city può diventare anche un nuovo modello di istituzione pubblica grazie alle nuove tecnologie, alla sharing economy, alle iniziative di social business e co-working, agli Open Data»

adeguate per governare le opportunità. Serve, secondo Dominici, lavorare sul concetto di “enabling city”, di città come piattaforma ed ecosistema abilitante. La smart city può essere anche “un nuovo modo di essere istituzione pubblica” grazie alle nuove tecnologie, alla sharing economy, a iniziative di social business e di

co-working, agli Open Data”. Temi che l’Agenda Digitale, purtroppo, non considera tutti come prioritari e, secondo il direttore di Forum PA, per una ragione ben precisa. “L’obiettivo dell’Agenda è quello di modernizzare e digitalizzare la macchina pubblica e i servizi che questa offre; con le smart city

si vuole pensare a uno Stato partner, che faciliti il co-design dei servizi in collaborazione con gli stessi utenti”. Volendo fare una sintesi del “Dominici pensiero” si può dire questo: l’Agenda Digitale è innovazione incrementale, mentre la smart city è innovazione radicale che viene dal basso. I fondi ci sono, i vendor e le tecnologie anche, la progettualità va invece costruita e consolidata. Ma se manca l’endorsement politico diventa tutto più difficile. l 05


scenari

I NUMERI DELL’INTERNET DELLE COSE Meno prodotti, più servizi. Da scaricare on demand dalla Rete o da fruire attraverso le macchine. I sensori, i microchip e le connessioni wireless saranno ovunque e costituiranno le fondamenta della società (e della città) del futuro. La vision è a firma di Vito di Bari, noto futurologo e innovation designer, secondo cui “produrremo in casa i beni fisici di consumo quotidiano”, con le stampanti 3D o con altri smart device. È una delle facce della case intelligenti di domani, una fra le tante tendenze che alimenteranno il fenomeno smart city. Nell’ecosistema che ci aspetta conviveranno persone e oggetti

[

connessi a Internet: questi ultimi, entro il 2020, potrebbero essere qualcosa come 200 miliardi e nel 2025, sommandosi ai ranno a produrre l’indefinibile volume di 250mila exabyte di informazioni strutturate (oggi siamo a quota mille exabyte). Dove saranno ubicati gli oggetti connessi? Nelle aziende manifatturiere, negli apparati di sicurezza (sistemi di riconoscimento facciale), nella Sanità (i tatuaggi diventeranno dei computer biologici che rileveranno e segnaleranno le disfunzioni del nostro organismo), nel retail (con la realtà aumentata, l’advertising di contesto, lo shopping virtuale) e nell’automotive (computer di bordo dotati di sensori per rilevare l’ambiente circostante). E ovviamente nelle smart city, dove troveranno posto palazzi intelligenti con centraline digitali amministrate da remoto e facciate dinamiche, regolate da flussi di informazioni aggiornate in tempo reale. E dove opereranno microchip integrati nel sottosuolo per gestire in modo più intelligente i servizi pubblici. Ma questo è già qualcosa di reale, in Irlanda. 06

]

«In futuro gli smart meter consentiranno l’attivazione di servizi innovativi quali la democratizzazione energetica, la riparazione automatica dopo un guasto e la gestione automatizzata di domanda e risposta»

dati generati dai singoli individui, arrive-

RIDURRE I CONSUMI E AUMENTARE L’EFFICIENZA ENERGETICA. I CONTATORI INTELLIGENTI E LE RETI MOBILI SONO DUE FACCE DI QUESTA BATTAGLIA IN FAVORE DELLE ESIGENZE DELL’UTENTE. testo di Fabrizio Granelli*

C

on il termine smart grid si intende, generalmente, l’evoluzione della rete di trasmissione e distribuzione elettrica, mirata a un utilizzo più efficiente delle risorse e con enfasi su fonti rinnovabili

Smart grid e green Internet: quali solare, eolica e altre. Essenzialmente, si tratta di incrementare l’intelligenza dell’attuale rete sovrapponendo alla stessa uno strato di tecnologie Ict. In questo ambito, l’Italia parte da una situazione di vantaggio, dal momento che nell’ultimo decennio Enel ha coperto il 99% delle abitazioni con i cosiddetti “contatori intelligenti” (gli smart meter), componenti fondamentali per la transizione verso la smart grid e verso un utilizzo più efficiente delle disponibilità energetiche. Al momento, tali dispositivi sono usati per


scenari

LO SMART METERING ALL’ITALIANA SI METTE ALLA PROVA. VIA AI TEST IN NOVE CITTÀ Torino, Reggio Emilia, Parma, Modena, Genova, Verona, Bari, Salerno, Catania, oltre ad alcuni comuni di minori dimensioni. È il campione selezionato dall’Autorità per l’Energia per dare vita a sette progetti pilota che prevedono l’installazione di smart meter “multiservizio”, e cioè apparati dedicati a misurare i consumi di gas, elettricità, acqua, teleriscaldamento e, in prospettiva, anche di altri servizi di pubblica utilità. I punti di fornitura coinvolti saranno nel complesso 60mila e le iniziative saranno finanziate con un contributo di circa 10 centesimi l’anno, prelevati dalla bolletta del gas di ciascun consumatore italiano. Un passo in avanti “istituzionale” nel campo dello smart metering e di quello delle smart city più in generale, quindi, avente una preciso scopo: testare la possibilità di utilizzare un’unica rete condivisa per trasferire i dati sui consumi da contatori diversi e di vari fornitori, e di conseguenza “certificare” una soluzione innovativa che consentirebbe di ridurre i costi di gestione e di funzionamento dei servizi, assicurando un flusso di informazioni ottimale. I risultati dei progetti di cui sopra dovranno essere resi pubblici (di fatto saranno dei veri e propri open data) e messi a disposizione di tutti gli operatori regolati direttamente dall’Autorità, ma anche di altri settori attinenti le smart city, come per esempio l’illuminazione pubblica. Fra i servizi “intelligenti” previsti dai vari progetti, spiccano in particolare quelli relativi alla sperimentazione di sensori per parcheggi dedicati ai portatori di handicap (interessa l’utility Asec di Catania) e per la rilevazione del rumore (in carico all’Agsm Verona), per misurare il riempimento dei cassonetti dei rifiuti (l’Hera di Modena) e per il monitoraggio delle perdite dall’acquedotto pubblico (Acquedotto Pugliese e Comune di Bari).

che cosa sono e dove ci porteranno in futuro applicazioni di telegestione: per la misurazione dei consumi e della produzione, l’automatizzazione delle bollette e l’individuazione di guasti. In futuro, gli smart meter consentiranno di attivare servizi estremamente innovativi, quali la democratizzazione energetica (cioè la possibilità per i consumatori di partecipare alla gestione dell’energia), la riparazione automatica dei guasti e la gestione automatizzata di domanda/risposta (cioè il bilanciamento dell’energia fornita a ciascuna abitazione sulla base delle richieste

in tempo reale). Il green Internet, invece, rappresenta uno sforzo verso l’incremento dell’efficienza energetica della “Rete delle reti”: oggi il Web è “responsabile” del 3-5% delle emissioni di anidride carbonica immesse nell’atmosfera a opera dell’uomo (una quantità pari a tutto il traffico aereo mondiale). Il volume di dati trasmessi via Internet aumenta inoltre di un fattore 10x ogni cinque anni. Un dato che, se unito al precedente, rende manifesto il problema di contenere l’impatto ambientale di Internet, principalmente agendo sull’u-

tilizzo di fonti rinnovabili. Parlando di infrastrutture wireless, invece, gran parte del consumo energetico (il 55-60%) è associato alle reti di accesso mobile, seguite dagli hot-spot pubblici o casalinghi (circa il 25-30%) e poi dai relativi data center (10-15%). In questo scenario, operatori e produttori sono al lavoro per attuare strategie di riduzione dei consumi delle reti cellulari di nuova generazione, agendo sulla pianificazione e gestione intelligente (e adattabile) delle infrastrutture in base alle esigenze degli utenti, nonché sul miglioramento dell’utilizzo delle risorse radio. l

*Professore

Associato presso l’Università degli Studi di Trento

APPROFONDISCI IL TEMA “SMART CITY” SU WWW.TECHNOPOLISMAGAZINE.IT

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tecnologie

Il cuore delle smart city? Le reti e i device

SMARTPHONE, SENSORI, TECNOLOGIE WIRELESS, CLOUD: LE CITTÀ INTELLIGENTI RUOTERANNO INTORNO A QUESTI ELEMENTI. CON I DATI AL CENTRO. testo di Gianni Rusconi

“I

l profondo ed enorme cambiamento generato dallo sviluppo delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione non è finito, anzi. Il suo naturale sbocco sarà quello che consentirà la trasformazione delle città in smart city, attraverso una sempre più stretta connessione tra cittadini, pubbliche amministrazioni, erogatori di servizi e infrastrutture materiali”. Il quadro disegnato da Fausto Giunchiglia, presidente di Trento Rise, ci aiuta a entrare nel merito più strettamente tecnico del fenomeno. “Ciò che nel concreto renderà possibili le smart city”, spiega il professore, “saranno device come gli smartphone, sensori di ogni tipo per misurare il traffico o monitorare l’inquinamento, la nuvola informatica che garantirà capacità di archiviazione praticamente illimitate a tutti e, naturalmente, la Rete”. La vera linfa vitale delle città intelligenti, secondo Giunchiglia, saranno però i Big Data, e cioè quell’enorme quantità di informazioni che quotidianamente ciascuno di noi contribuisce a generare. E per raccogliere, gestire e trasportare i

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tecnologie dati servono per l’appunto le tecnologie, a cominciare dalle reti.

STANDARD E FINANZIAMENTI CERCANSI

Alla ricerca della tecnologia universale Se l’obiettivo delle smart city è quello di elevare la qualità della vita dei cittadini, gli apparati in grado di mettere in relazione fra loro persone e cose sono un elemento importante, e forse addirittura irrinunciabile, di questo paradigma. “Senza tecnologie di comunicazione adeguate non si può migliorare la mobilità, intervenire sul trasporto pubblico, ottimizzare la gestione dei consumi di acqua, gas o energia. Incrementando il livello dei servizi offerti e riducendo i costi”. L’assunto a firma di Tony Spizzichino, senior sales director Italy & South Eastern Europe di Telit Wireless Solutions, è chiaro. E lo è ancora di più se proviamo a fare un esempio concreto di come operano reti e device di comunicazione. I cassonetti intelligenti pensati per tracciare il conferimento dei rifiuti (Soelia, l’azienda multiservizi del Comune di Argenta, in Provincia di Ferrara, ha vinto per un progetto di questo tipo il premio Smart City allo Smau 2014 di Bologna) sono abilitati alle loro funzioni da sistemi di telecomunicazione avanzati, in cui convergono applicazioni software, sensori a ultrasuoni, tag Rfid, trasmettitori wireless, moduli “machine-to-machine” (M2M) e algoritmi di ottimizzazione dei percorsi dei singoli mezzi. Le città diventano quindi più smart anche grazie a dati che viaggiano da un oggetto a un cervello (un computer) centralizzato di gestione. E uno dei punti focali della questione sono per l’appunto le tecnologie di trasmissione impiegate. Chi pensa che tutto corra sulle reti mobili, 3G e 4G, pecca di superficialità. “Fino a oggi”, osserva Spizzichino, “sono state utilizzate su larga scala le reti cellulari, adattandone le caratteristiche a un uso diverso da quello per cui sono state sviluppate. Ma non sempre sono la soluzione migliore e, per contro, i vantaggi applicativi offerti dalle tecnologie M2M e da quelle a corto raggio a basso consumo ancora non sono stati pienamente recepiti”.

Il primo, più noto, è quello dei finanziamenti. Il che non significa tanto l’assenza di risorse,

Due problemi rallentano il percorso italiano, e più in generale europeo, verso la città del futuro. quanto il loro discutibile uso: a fine 2013 l’Italia aveva infatti utilizzato solo il 40% dei fondi messi a disposizione dall’Unione Europa per il periodo 2007-2013. Gli 1,2 miliardi di fondi straordinari stanziati invece per i sette anni compresi fra 2014 e 2020 (estremi inclusi) saranno spartiti fra 15 comuni metropolitani, lasciando a bocca asciutta tutte le realtà più piccole. Il secondo problema riguarda gli standard, e non è soltanto una questione teorica: per ottenere i finanziamenti, i comuni devono dimostrare di rispettare i parametri che rendono davvero smart un progetto di gestione della rete elettrica o idrica, di sicurezza, di edilizia sostenibile. Organismi come l’Itu (International Telecommunication Union, un’agenzia delle Nazioni Unite) da anni lavorano per risolvere questo problema, solo apparentemente banale. “In tema di smart city c’è confusione perché non esiste una definizione internazionale su che cosa sia una città intelligente”, spiega Paolo Gemma, senior expert WEU Energy Saving and Environmental Sustainability di Huawei, nonché responsabile del gruppo che all’interno dell’Itu si occupa degli aspetti ambientali legati alle città (e-waste, efficienza energetica, soluzioni a basso impatto). “Stiamo elaborando una serie di Kpi (Key performance indicator, ndr) per poter valutare le smart city”, precisa Gemma. L’idea è quella di offrire alle amministrazioni uno strumento per poter valutare l’impatto dei progetti e che tenga conto delle diversità fra una città e l’altra. V.B.

Il messaggio, certo non isolato, che viene dai vendor di tecnologia è quindi facilmente interpretabile: siamo ancora alla ricerca del vero standard di comunicazione ideale per le smart city e l’Internet delle cose. E non è ovviamente un compito facile, visto e considerato che i campi di applicazione (energia, trasporti, illuminazione pubblica) sono molteplici e hanno esigenze diverse. Certo, suggerisce il manager di Telit, una maggiore sinergia a livello di infrastruttura sarebbe auspicabile, partendo magari dal metter a fattor comune una tecnologia già eletta a standard in Europa come il Wireless M-Bus. Dai contatori smart all’energy harvesting L’esempio che arriva da Enel è emblematico di come una “rete” ad hoc possa massimizzare i benefici. La società è partita molti anni fa per arrivare a una gestione più intelligente dei consumi e delle risorse per l’energia elettrica; la cosiddetta remotizzazione delle utenze si è appog-

giata a reti “wired power line” e moduli di rete mobile. Un mix tecnologico che però, secondo Spizzichino, mal si adatta alla gestione intelligente dei contatori di gas (ce ne sono circa 20 milioni in attività in Italia) e acqua. “Si potrebbero rendere smart e collegarli alla piattaforma di gestione delle utility tramite una tecnologia di comunicazione standard, senza ricorrere a Sim telefoniche e a infrastrutture di rete mobile dedicate”. L’Autority per l’energia (vedi box a pag. 7) si è mossa con decisione sul fronte dello smart metering, ma la sensazione è che difficilmente si andrà a lavorare su un unico standard tecnologico per pilotare le città intelligenti e i progetti dell’Internet of Things. In prospettiva, ma parliamo del 2020, troveranno sempre più spazio le tecnologie che popolano il variegato mondo dell’energy harvesting, e quindi l’utilizzo di dispositivi capaci di sfruttare le sorgenti alternative (l’energia solare o quella elettromagnetica) per alimentare i sensori che raccolgono i dati. Anzi i Big Data. l 09


tecnologie MOLTI I PUNTI DI CONTATTO TRA SMART CITY E INTERNET DELLE COSE. IL PIÙ EVIDENTE È NEI DISPOSITIVI INDOSSABILI, CHE CAMBIERANNO LE REGOLE DELL’ASSISTENZA SANITARIA PUBBLICA E PRIVATA GENERANDO EFFICIENZA E ABBATTENDO I COSTI PER LA COLLETTIVITÀ. testo di Emilio Mango Filippo Rizzante, Cto di Reply

Le idee vincenti? Quelle che generano efficienza e riducono i costi

C’

è qualcuno che, in Italia, non ha perso il treno dell’Internet delle cose, il macrosettore che ingloba anche le soluzioni per le smart city e il digital manufacturing. È Reply, la rete di aziende che ha sposato un modello strategico snello e flessibile proprio per arrivare presto a cavalcare le ondate tecnologiche che gli americani amano chiamare “disruptive”, cioè dirompenti. “L’Internet of Things”, dice Filippo Rizzante, chief technology officer del Gruppo Reply, “non è un nuovo trend tecnologico. È un fenomeno che sta cambiando

i connotati della società, sia sul lato business sia su quello consumer. Quella degli oggetti è una vera e propria terza fase della rete, dopo quella dei computer e quella delle persone (la rivoluzione social), destinata a durare per sempre, non un fenomeno passeggero”. Nato nel 2009 con l’acquisizione del centro di ricerca italiano di Motorola, l’interesse di Reply per l’IoT è cresciuto in questi anni, fino al punto di contare ben sette società dell’ecosistema che si occupano, in misura e in settori diversi, di questo tema. Si va dall’investimento

LE CITTÀ PIÙ MATURE PER UTILIZZO DELL’ICT L’abilità di impiegare le soluzioni tecnologiche in modo cross-funzionale ha un forte impatto sulla capacità innovativa di una città. Secondo l’edizione 2013 del Networked Society City Index redatto da Ericsson, Stoccolma, Londra e Singapore sono, nell’ordine, le tre migliori metropoli al mondo per maturità Ict. In tutto sono state analizzate 31 città e nella lista non c’è nessuna presenza italiana, ed è forse un segno inequivocabile del gap del Belpaese in fatto di informatizzazione e digitalizzazione a livello pubblico. L’indice in questione misura la capacità di fare leva sugli investimenti in software, hardware e servizi per lo sviluppo economico, sociale e ambientale. Il legame tra l’Ict e il cosiddetto ”triple bottom line”, dice lo studio, si concretizza nell’adozione di sistemi avanzati come le reti 4G e gli Open Data. La prima posizione di Stoccolma si spiega, in tal senso, con la qualità dell’infrastruttura informatica della capitale svedese e con la rete ad alta velocità in fibra ottica che collega circa l’80% delle famiglie e quasi il 100% delle aziende. 10

in Sensoria, società statunitense specializzata nello sviluppo di tecnologie “wearable”, fino al recentissimo annuncio di Breed Reply, l’incubatore di startup guidato da Emanuele Angelidis (ex Fastweb) con sede principale a Londra, nato per favorire le nuove imprese nel settore. “Con Breed Reply aiuteremo startup da tutto il mondo a sviluppare le loro idee in ambito Iot e wearable”, dice Rizzante, “non solo sostenendole sul fronte finanziario, ma anche su quello manageriale e consulenziale. In più, come abbiamo fatto con le altre realtà della nostra rete, metteremo a disposizione degli startupper tutto il nostro ecosistema, che comprende anche agenzie di comunicazione e strutture commerciali, pronte a valorizzare le idee che hanno l’impatto più forte sul mercato”. Sì, perché la recente esperienza insegna che i casi di maggior successo in ambito smart city e IoT sono proprio quelli in cui


tecnologie

IL CALZINO PARLANTE PER LA RIABILITAZIONE Il “calzino parlante” di Sensoria, di cui Reply è azionista, è pensato per facilitare la riabilitazione ortopedica post traumatica direttamente fra le mura di casa. Questa vera e propria calza dotata di sensori integrati nel tessuto si aggancia con una clip a un trasmettitore da mettere alla caviglia, il quale invia le informazioni relative alla camminata o alla corsa del paziente a un tablet o a uno smartphone. Un’app dedicata (qui entra in gioco direttamente Reply) raccoglie tutti i dati e li invia al sistema informatico ubicato nella struttura del centro che offre il servizio (e il calzino). Così i medici possono disporre di uno storico sempre aggiornato delle condizioni del paziente impegnato nella riabilitazione.

oltre all’effetto “wow” ci sono parametri economici interessanti, per le aziende o per la Pubblica Amministrazione, quindi minori costi o maggiore efficienza. “Non è una coincidenza”, dice Rizzante, “se nonostante l’interesse suscitato e l’entusiasmo iniziale i wareable per il fitness non hanno per ora sfondato, mentre i contatori intelligenti e le applicazioni per l’e-health, che permettono grandi risparmi e maggiori efficienze a tutta la comunità, stanno registrando un notevole successo anche commerciale”. La Sanità, così come il retail e le assicurazioni, è fra i settori più ricettivi alle nuove soluzioni smart abilitate dall’IoT. “Il segreto per noi che ci occupiamo della fascia business to business del mercato”, conclude Rizzante, “è riuscire a portare avanti idee complesse, seguendo le aziende dalla fase di progettazione fino al controllo di qualità, anche su implementazioni con grandi volumi di apparati e quindi di dati”. l

LA RETE ENERGETICA INTELLIGENTE È SUL CLOUD Sarà Expo 2015 il banco di prova dell’Energy Management System, il cuore digitale che sta al centro del funzionamento della smart grid (rete intelligente) che Enel, in qualità di partner della manifestazione, realizzerà in tempo per gestire tutte le problematiche legate alla distribuzione di energia. Nei sei mesi in cui gli impianti installati nei padiglioni saranno assetati di potenza e affollati dai dispositivi mobili dei visitatori in transito, l’erogazione intelligente di energia sarà un fattore chiave per il successo di Expo. Enel ha affidato a Siemens, e in particolare alla divisione Smart Grid operante in Italia, la realizzazione di alcune delle soluzioni “intelligenti” che poi potrebbero essere, su scala maggiore, applicate in modo permanente ad aree più estese. La piattaforma tecnologica sfrutta l’architettura cloud ed è rappresentata, in sostanza, da una serie di dispositivi di misurazione e da soluzioni software, controllate da una centrale operativa, che permettono di monitorare tutti gli aspetti di distribuzione e utilizzo dei flussi energetici per gli edifici, per i mezzi di trasporto e anche per intere città. I tecnici della centrale di controllo, al momento installata presso la sede Siemens di Milano, visualizzano su grandi monitor, e con un’interfaccia utente grafica e user friendly, le “griglie” di distribuzione e i punti di erogazione, individuando in tempo reale i consumi, le inefficienze ed eventuali criticità. Aiutati dal software, potranno quindi risolvere da remoto molti dei problemi tipici di una rete. All’Energy Management System possono essere collegati direttamente anche i sistemi più assetati di energia, come la gestione della mobilità elettrica, gli impianti di automazione degli edifici e quelli dell’illuminazione pubblica. E.M. 11


esperienze

“I

testo di Valentina Bernocco

n Italia esistono amministrazioni locali lungimiranti e innovative che hanno realizzato progetti focalizzati su singoli aspetti delle smart city. Quello che ancora manca è una pianificazione a livello centrale, la cosiddetta cabina di regia, che permetta di andare oltre la logica dei progetti pilota e che porti avanti un approccio sistematico allo sviluppo delle città intelligenti”. Così Alessandro Cozzi, direttore della divisione Enterprise di Huawei Italia, riassume lo stato dell’arte delle smart city nel Belpaese: un mosaico di iniziative, anche lodevoli, ma ancora non coordinate da una visione d’insieme. La società cinese è certamente titolata a parlarne, avendo portato in oltre 60 città nel mondo le proprie soluzioni (reti e infrastrutture) per l’e-government, la sicurezza metropolitana, la gestione dell’energia, il controllo alimentare, i trasporti, la Sanità, la scuola, il turismo. Soluzioni che sono frutto delle risorse dedicate dalla multinazionale a ricerca e sviluppo: il 45% dei suoi 150mila dipendenti e 5 miliardi di dollari di investi-

Italia: mosaico senza visione d’insieme DECINE DI PROGETTI SMART, IN EUROPA E ASIA. HUAWEI DÀ L’ESEMPIO. menti ogni anno (il dato è riferito al 2013 e corrisponde al 12,8% del fatturato). La nota dolente, in questo scenario, è l’assenza di case history pubbliche riferibili a città italiane, mentre la speranza è che i casi di eccellenza realizzati da Huawei all’estero possano illuminare la via. “Abbiamo sviluppato interessanti progetti sia in Asia sia in Europa”, dice Cozzi. “In particolare vale la pena citare quello realizzato per la municipalità di Londra insieme all’operatore UK Broadband, ba12

sato su tecnologia eLte. In pratica tutta la sicurezza e le funzionalità per i servizi di emergenza garantite finora dalle soluzioni Tetra sono state arricchite dai benefici della rete mobile di quarta generazione evoluta, come le chiamate video e i servizi dati avanzati. In Italia stiamo lavorando per portare alle comunità locali queste possibilità”. Se l’expertise e l’offerta – di Huawei e di altri vendor di tecnologia – certamente non mancano, che cosa manca, allora? La cabina

di regia, già citata dal manager italiano, ma anche altri due elementi: un più pertinente uso delle risorse a disposizione delle smart city e poi la definizione di un “linguaggio comune”, fatto di standard validi per tutte le realtà ma comunque adattabili ai diversi contesti. Più facile a dirsi che a farsi, ma è su questo che stanno lavorando organismi regolatori come l’Itu, l’International Telecommunication Union, l’agenzia delle Nazioni Unite per le tecnologie digitali. l


esperienze

Innovazioni e app al servizio della salute SCOPRIAMO I PROGETTI CHE VOGLIONO MIGLIORARE LA VITA DEI CITTADINI E CHE NASCONO NELLE STRUTTURE SANITARIE ITALIANE. testo di Piero Aprile

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i sono, anche in Italia, esempi sicuramente all’avanguardia di applicazione in campo medico delle nuove tecnologie, in forma di sperimentazione e non solo. I progetti nati in pancia al dipartimento di Ingegneria e Scienze dell’Informazione dell’Università di Trento, attivo da circa un decennio nel campo delle tecnologie di tipo “assistive” per anziani e disabili, rientrano fra quelli che cercano di migliorare la vita dei cittadini. Posticipando per quanto possibile la degenza presso case di cura e promuovendo la riabilitazione e il monitoraggio delle attività svolte dal soggetto fra le mura domestiche. L’esperienza sul campo Acube (Ambient Aware Assistance), finanziato dalla Provincia Autonoma di Trento, è il primo di questi progetti ad aver preso forma, con il fine di sviluppare una piattaforma per il monitoraggio di soggetti affetti da Alzheimer. Ha coinvolto diversi attori del sistema della ricerca trentino, la fondazione Don Gnocchi di Milano e vari istituti della Regione con cui sono state condotte le sperimentazioni. Suoi principali destinatari: il personale medico-sanitario di piccole case di cura e case famiglia. Vero e proprio servizio ospedaliero di assistenza digitalizzata, è un’altra “creatura” ideata dall’ateneo trentino con la collaborazione dell’ospedale di Villa Rosa di Pergine Valsugana e del centro Abilita. Il progetto in questione si chiama Ausilia ed è pros-

MILANO SI VESTE DA SMART CITY PER PREPARARSI A EXPO 2015 Rete WiFi cittadina, isole digitali, Open Data e altro ancora: la corsa del capoluogo lombardo verso l’esposizione universale passa anche attraverso obiettivi che si chiamano accessibilità, sostenibilità e risparmio energetico. Il progetto della rete outdoor è partito a luglio 2012 e oggi conta 400 punti di accesso distribuiti in varie zone della città; gli iscritti sono più di 290mila e il numero, assicurano dal Comune, è in forte crescita nel 2014. Gli spazi già attivi a Milano che offrono servizi di vario genere (connettività WiFi, noleggio o ricarica di quadricicli elettrici, totem informativi digitali) sono, invece, una quindicina e altri dodici verranno aggiunti prossimamente. Il progetto Open Data, avviato anch’esso nel 2012, ospita oggi circa 200 dataset di diversa natura (alfanumerici, geografici, statistici). In ambito smart energy, infine, è in essere una sperimentazione in vari edifici pubblici (asili, polizia locale e biblioteche) finalizzata al controllo dei consumi di energia all’interno di locali con un’elevata concentrazione di dispositivi connessi a una rete IP. I risparmi possibili per ogni apparecchio collegato sono stimati al 25%. 13


esperienze simo alla fase esecutiva. Di che cosa si tratta? Di un “living lab”, un laboratorio territoriale dove i pazienti con necessità di ausiliazione possono sperimentare all’interno dell’ospedale, in condizioni realistiche ma monitorate da personale specializzato, l’utilizzo di tecnologie a supporto delle disabilità. Il risultato finale sarà la definizione di un protocollo di intervento, personalizzato in funzione delle specifiche patologie, che permetterà una maggiore qualità della vita nella propria abitazione, riducendo al contempo i costi di ospedalizzazione. Oltre i confini nazionali anche grazie alle startup Il professor Francesco De Natale, che coordina l’attività del Dipartimento di cui sopra e il gruppo di ricerca del Multimedia Signal Processing and Understanding Lab (MM-Lab), parla “di esperienze replicabili su scala nazionale” e ci conferma come gli orizzonti dell’innovazione al servizio del cittadino vadano anche oltre frontiera. Un esempio? Il progetto Uncap, finanziato con 30 milioni di euro nell’ambito di Horizon 2020, coordinato dalla startup tecnologica Trilogis e dedicato allo sviluppo di sistemi per la cura degli anziani nel processo di invecchiamento.

Innovazione è quindi anche quella di una startup di ateneo qual è Xtensa, votata allo sviluppo di tecnologie di supporto per pazienti affetti da patologie degenerative come la Sla. Punta di diamante della sua opera è EyeAssist, una soluzione ausiliaria di comunicazione basata sul controllo oculare, che offre la possibilità di interagire con il mondo circostante attraverso un computer. Tramite un sistema di visione artificiale, l’utente sarà in grado di controllare il Pc con gli occhi, accedendo a funzioni di comunicazione di base (un normale editor di testo predittivo) e più avanzate (frasi pre-compilate e messaggi di allarme) e interagendo con i propri contatti via email o via Skype. La peculiarità di EyeAssist, che andrà presto in commercio indirizzandosi a ospedali, Asl e centri specializzati pubblici e privati del Nord Italia? I suoi costi, come ci spiega Mattia Daldoss, socio e cofondatore di Xtensa. “Volevamo rendere queste tecnologie accessibili a tutti e quindi abbiamo abbattuto gli oneri dovuti all’uso di hardware dedicato, concentrandoci il più possibile su prodotti disponibili su larga scala”. Il risultato sono prezzi dell’apparecchio fino a dieci volte inferiori ai sistemi tradizionali già presenti sul mercato. l

LE MINI CAR ELETTRICHE AL SERVIZIO DELLE CITTÀ ECOSOSTENIBILI Un progetto di car sharing sperimentale, della durata di tre anni, che in Toyota non esitano a definire innovativo. Per la casa giapponese è l’occasione di testare sul campo, in quel di Grenoble, le sue “full electric” ultracompatte a tre e quattro ruote i-Road e Coms, ma non solo. La valenza di questa iniziativa è anche nel fatto che il servizio di noleggio offerto da Cité lib (società di car sharing già attiva in città) si basa su un’applicazione di data management totalmente integrata e interconnessa con il sistema informatico che gestisce il trasporto pubblico cittadino. Il vantaggio? Poter offrire all’utenza la migliore programmazione a livello di spostamenti, combinando i diversi mezzi utilizzabili, direttamente dal proprio smartphone o tablet. Ad alimentare le 70 auto elettriche della flotta ci penseranno 27 stazioni di ricarica delle batterie (120 colonnine in totale) ubicate vicino alle fermate di tram, treni e autobus. “Cité lib Ha:mo” (abbreviazione che sta per Harmonious Mobility) è anche il primo progetto su larga scala che il produttore di auto nipponico avvia fuori dal Giappone. Ora sbarca a Grenoble, centro dotato di una viabilità decisamente ben organizzata e con un’amministrazione locale molto sensibile ai benefici promessi dalla mobilità sostenibile.

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