Terra e Tradizione - Settembre 2017

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Anno VIII - Settembre 2017 - Free Press

2T Periodico di Alba - Asti e Provincia

Douja d’Or ASTI: alziamo i calici

Speciale Asti Secco: la nuova via delle bollicine

Speciale Fiere: Alba e Asti protagoniste

Giacomo Oddero: una vita per le eccellenze



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Periodico a diffusione gratuita. Autorizzazione del Tribunale di Asti n. 6/2010 La redazione non si assume responsabilità per variazioni di date, orari e luoghi delle manifestazioni, e ringrazia tutte le Amministrazioni Comunali per la gentile collaborazione. È vietata la riproduzione anche parziale di impaginazione e grafica. Sede legale, Redazione, Pubblicità, Direzione, Progetto grafico, Pubbliche relazioni, Art Director, Proprietà artistica riservata:

Direttore responsabile: Livio Oggero Testi: Livio Oggero, Gianfranco Iovino, Laura Icardi, Cesare Torta, Daniela Prevignano

Foto: redazione Terra & Tradizione, Pixabay, Freepik, Consorzio per la Tutela dell’Asti D.O.C.G., Gazzetta d’Alba, Severino Marcato, Studio Wiki, Camera di Commercio Asti, Comitato Palio Montechiaro, Ass. Arte e Palio Montechiaro, Cristiana Bonifacio, Michele Caroselli, Ente Fiera del Tartufo Alba, CLIC Foto, Stefania Spadoni, Cantina Oddero per Giacomo Oddero, Luca Privitera Gli articoli pubblicati esprimono il pensiero dell’autore e non necessariamente quello dell’editore Distribuzione Gratuita “TerraeTradizione Rivista”

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Alba e Asti: un autunno da protagoniste! La stagione clou è alle porte: ma che cosa ne pensa la gente?

L’Editore S. Fiora

In autunno cadono le foglie e la natura di prepara al riposo invernale. Ad Alba ed Asti, e nei relativi territori, gli alberi della tradizione sono “sempre verdi”. La linfa del folclore, della cultura, dell’enogastronomia scorre praticamente tutto l’anno nelle venature degli arbusti albesi ed astigiani, ma in autunno raggiunge il suo culmine, prima del meritato riposo (senza però andare in letargo). Palio e Fiera Internazionale del Tartufo Bianco di Alba, Douja d’Or, Sagre, Palio di Asti, le feste patronali nei rispettivi territori, mostre, appuntamenti a tavola, musica: c’è l’imbarazzo della scelta in un autunno che, ancora una volta, si annuncia molto interessante. Sul numero di settembre della nostra rivista non potevano mancare pagine speciali dedicate ai vari eventi: vuoi per onore di cronaca, vuoi per rispetto delle persone che organizzano le varie manifestazioni, vuoi perché ci sentiamo un po’ tutti coinvolti in questo fermento che pervade la mente ed i cuori. E la mia riflessione in questo editoriale si sofferma proprio su questo ultimo punto. Partiamo da una domanda: noi abitanti di questi territori nominati Patrimonio Unesco dell’Umanità quanto ci sentiamo partecipi e coinvolti in questa girandola di emozioni che condividiamo con i numerosi turisti? Provate a rispondere anche voi, cari lettori, a questo quesito. Io l’ho fatto, ed ho cercato di capire il pensiero della gente. Il mio pensiero è positivo: mi ritengo una persona fortunata perché, anche tramite gli eventi organizzati sul territorio, sono diventata consapevole del bene prezioso che ogni giorno posso toccare con mano e vivere. Sto parlando delle colline, del panorama, del paesaggio, della quotidianità.

Abbiamo fatto un piccolo sondaggio in merito e le risposte sono risultate interessanti. Su un campione di qualche centinaia di persone intervistate, il 90% si è detto soddisfatto di come, soprattutto negli ultimi anni, sia cresciuta la varietà di offerta, testimoniata dai numerosi appuntamenti che coinvolgono diversi campi d’interesse. Nel territorio di Alba il 92% degli intervistati è soddisfatto di come durante tutto l’anno vengano organizzati appuntamenti. Ad Asti la percentuale cala al 75%, perché si vorrebbe una città più attenta, soprattutto ai giovani. Per quel che riguarda la stagione più attesa ad Asti praticamente tutti hanno risposto l’autunno. Ad Alba, oltre all’autunno, una buona percentuale ha detto la primavera. Il lavoro fatto negli ultimi anni con le manifestazioni in questo periodo dell’anno sta dando i suoi preziosi frutti. Alla domanda “Qual è la manifestazione che la emoziona di più?”, ad Alba il 75% ha risposto la Fiera del Tartufo, mentre ad Asti l’80% il Palio. Sembra scontato, ma non lo è: dobbiamo leggere i dati come una conferma che la tradizione piace sempre, o meglio ancora. Questo perché gli organizzatori hanno saputo mantenere viva la fiamma del passato, proponendola con grande entusiasmo anche in modo nuovo, o meglio “al passo con i tempi”. Questo pochi ma significativi dati ci fanno capire come Alba, Asti ed i loro territori siano “sempre verdi” di idee legate a sane radici, per un futuro che si spera sempre roseo. Buon autunno di Festa a tutti!

LA REDAZIONE CERCA

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Ospedale Alba-Bra intitolato a Michele e Pietro Ferrero Il direttore Livio Oggero

Deciso dai 76 sindaci di Langhe e Roero a capo all’Asl Cn2 Nuovo Ospedale a Verduno: la storia infinita? Per fortuna si sono aggiunte pagine al lungo libro di questa opera. Pagine costruttive che allietano un po’ il lettore, anche se i dubbi e le perplessità sulla nuova struttura ospedaliera non mancano. La mia riflessione in merito non è tanto su quello che è stato (non basterebbe di certo una pagina…), ma su quello che è ora e su quello che sarà. Andiamo indietro di soli due mesi scarsi: il 19 luglio è stata chiusa la SP7 nel tratto che collega Roddi a Verduno per la sistemazione dei tubi per l’impianto fognario del nuovo nosocomio. Tutto bene, traffico spostato sulla SS231 di Santa Vittoria, lavori finiti a tempo di record rispetto al mese preventivato. E questa è fatta. Ora basta solo finire l’Ospedale, saldare qualche mensilità agli operai e a qualche amministrativo qua e là, e permettere ai circa 200 operai di ultimare i lavori entro la fine di settembre 2018, come da programma. Detto questo, la seconda parte dell’estate è stata animata da una decisione che ha fatto riflettere, perché coinvolge due grandi famiglie dell’industria del territorio: Ferrero e Miroglio. Entrambe da sempre molto attente alla Sanità locale, hanno elargito contributi importanti per la modernizzazione ed il miglioramento dei servizi sanitari dell’Ospedale attuale di Alba. I 76 Sindaci di Langhe e Roero che fanno capo all’Asl Cn2 hanno deciso all’unanimità che il nuovo Ospedale Alba-Bra di Verduno porterà il nome di Michele e Pietro Ferrero. La motivazione riguarda il “ruolo decisivo che la famiglia Ferrero ha avuto nella storia recente del terri-

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torio e che l’intitolazione di un’opera come questa sia un giusto tributo alla sua dedizione”. Sicuramente un grande atto di riconoscenza che si inserisce in un discorso molto ampio. Questa decisione però ha fatto “storcere il naso” a qualcuno: la famiglia Miroglio che, con una lettera pubblicata su La Stampa ad inizio agosto, ha portato a riflettere non tanto sulla famiglia Ferrero ma su una decisione inaspettata e sorprendente per come è maturata. Breve riassunto: dal 1999 la famiglia Miroglio ha coinvolto diversi industrie, tra cui la Ferrero, ad impegnarsi economicamente per i servizi sanitari e, da quell’anno, è sempre stata molto attenta alla modernizzazione dell’Ospedale. Ed il ricordo in particolare è del compianto Franco Miroglio, sempre molto vicino al nosocomio albese. I sindaci hanno fatto sapere che “ci sarà spazio per tutti” e che la Miroglio troverà il giusto spazio ed il meritato ricordo, come gli altri industriali da sempre vicini al territorio. Non si vuole fare polemica o graduatorie, sostengono dall’Asl Cn2, ma forse un simile equivoco non ci voleva… Cosa ne pensate? Io dico la mia: grande rispetto per Ferrero, Miroglio e chi si è impegnato per la realizzazione dell’Ospedale e per la modernizzazione di quello attuale. A volte forse per raggiungere un fine, i modi che si utilizzano non sono chiarissimi. Ci vuole tatto… Senza polemica. Chi ha orecchie da intendere, intenda. L’importante è andare avanti, poi i modi ed i tempi per “chiarirsi” ci saranno tra gli organi competenti. Il direttore Livio Oggero



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Qualità dei prodotti Sociologo Cesare Torta

Cosa si nasconde dietro ad un prodotto di scarsa qualità? Quando si parla di qualità dei prodotti di solito lo si fa considerando aspetti strettamente commerciali: un prodotto di qualità costa di più di un prodotto di largo consumo, la qualità è una buona cosa ma non tutti se la possono permettere, la qualità è spesso abbinata alla popolarità del marchio e quindi più un marchio è conosciuto ed apprezzato più si pensa dedichi attenzione al livello qualitativo dei suoi prodotti. Per i consumatori più attenti ed informati è ormai consolidata la convinzione che spesso sono i prodotti artigianali, quelli fatti con i criteri tradizionali e con le materie prime selezionate e provenienti da particolari territori, quelli da cui ci si aspetta una qualità maggiore, rispetto ai prodotti industriali. Sappiamo che non è sempre così, comunque l’importante è avere gli strumenti per poter valutare di volta in volta il miglior prodotto da acquistare. Qualche passo avanti in questa direzione è stato fatto, sia a livello nazionale che a livello europeo, per rendere più trasparente la conoscenza dei prodotti in commercio, a partire dalle etichette e da obblighi di citare la provenienza degli ingredienti. Quello che raramente si considera è l’aspetto socio politico della qualità dei prodotti. Non si ricordano campagne elettorali con questo tema, né lotte politiche o sindacali che contemplino la qualità dei prodotti come elementi per cui valga la pena mobilitarsi e lottare.

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Eppure, a ben guardare, i prodotti che hanno più successo a livello mondiale, sono caratterizzati da un prezzo sempre più basso e da una qualità altrettanto più bassa. La mossa vincente, se guardiamo ai grandi numeri, è stata quella della riduzione dei prezzi. Come per la legge economica della moneta cattiva che scaccia quella buona, così per i prodotti, quelli più scadenti e meno duraturi hanno messo all’angolo i prodotti di qualità. Per sopravvivere nel mercato globale è quindi necessario ridurre i prezzi e per farlo ogni espediente è buono, a cominciare dalla remunerazione dei lavoratori (quando non si arriva a veri e propri sfruttamenti, compresi quelli sui minori), per poi proseguire con i materiali scadenti e dannosi per la salute e con la distruzione dell’ambiente naturale. Gli effetti di questa politica commerciale hanno influenzato tutti i settori economici, da quelli dei prodotti industriali, all’elettronica, all’abbigliamento e ai prodotti alimentari. Tutti hanno in comune l’esigenza di durare di meno nel tempo (così si è obbligati ad acquistarne sempre di nuovi) e di costare poco. Certo è più facile riporre le proprie attenzioni sugli effetti di questi fenomeni “globali” attribuendone la colpa alle leggi che regolano i licenziamenti e alle politiche troppo liberiste che condividono tutti i paesi occidentali. Anziché prendere il toro per le corna si cerca di prenderlo per la coda ma il risultato, a parte qualche voto di protesta, non porterà da nessuna parte. La strada è lunga e il primo passo è quello della consapevolezza e della conoscenza. A cui deve seguire una larga discussione sul piano politico e sindacale. I temi sono quelli dei diritti delle persone, del rapporto tra remunerazione dei produttori e della distribuzione. E soprattutto dei diritti dei consumatori, la grande classe sociale che comprende tutti, ricchi e poveri, ma di cui siamo consapevoli quale siano i più deboli e quindi destinatari di maggiori tutele. Diritto di conoscere la storia di ogni prodotto e diritto di scelta consapevole. L’Italia ha delle grandi potenzialità in termini di conoscenze tecniche e in termini di biodiversità dei suoi prodotti alimentari. Quindi è in grado di occupare un posto di prima fila nella battaglia per la difesa e la giusta valorizzazione della qualità dei suoi prodotti. La giustizia sociale e la riduzione delle diseguaglianze passa anche da qua.


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Territorio: qualità anche attraverso i rifiuti Sicurezza, tutela ambientale e procedure: come guardare al futuro Venite e vedrete, ecco le meraviglie del nostro territorio. Un’economia prevalentemente agricola che ha scoperto di poter essere meta di turismo grazie alla cura per i campi, le vigne, i boschi, le cascine e le cantine, i borghi e i palazzi comunali, le piazze e le storie dei vari paesi. Pochi però, si ricordano che anche il modo di gestire i rifiuti è un tassello importante per l’equilibrio, l’armonia e la sopravvivenza del nostro paesaggio. Ce lo rammentiamo solo quando le cose vanno male (scandali per scorretta gestione, per inquinamento, per emergenza rifiuti nelle strade), ma quando tutto scorre senza sussulti sembra normale, quasi banale che i rifiuti scompaiano dalle nostre soglie e non diano altri problemi. L’inquinamento provoca grossi danni soprattutto all’ambiente e all’immagine di un territorio che può risultare “non organizzato” se non addirittura disonesto.

Monitoraggio biofiltri all'impianto di compostaggio

Monitoraggio del biogas a Vallemanina

biologico ad Asti, discarica per rifiuti non pericolosi a Cerro Tanaro, l’ex discarica di Vallemanina, 10 Ecostazioni dislocate nella Provincia di Asti) in linea con la registrazione EMAS, un fiore all’occhiello dell’intero sistema. Si tratta infatti del massimo attestato in materia di tutela ambientale rilasciato dall’Unione Europea. Non è facile trovare tra le aziende che trattano i rifiuti chi possiede un intero sistema di impianti con gli standard EMAS. GAIA così contribuisce a far riconoscere un territorio che funziona, con un piede nel futuro sostenibile, anche agli occhi del visitatori del Nord Europa, quelli più attenti agli aspetti ambientali. Il settore “Analisi e monitoraggi” con personale interno controlla costantemente e con tempestività tutte le componenti ambientali al fine di prevenire ogni possibile conseguenza del trattamento di rifiuti su acqua, aria e territorio.

Impianto di recupero energetico: utilizza il biogas generato dalla discarica per produrre energia elettrica ed evitare il surriscaldamento globale

GAIA fin dagli albori ha mantenuto un paletto imprescindibile: la qualità dei processi industriali e la tutela dell’ambiente come priorità. Non è un caso che la maggioranza dei soci di quest’azienda che tratta, recupera e smaltisce i rifiuti urbani nell’astigiano, siano proprio 115 Comuni della Provincia di Asti che, in un recente sondaggio, hanno espresso le loro priorità: il peso maggiore (4,6 su 5) è stato dato agli aspetti ambientali, a seguire gli aspetti sociali (3,9 su 5) e in coda gli aspetti economici (3,8 su 5). Nello stesso sondaggio i Comuni Soci hanno ribadito l’importanza (4,8 su 5) delle certificazioni al fine di dimostrare e mantenere alta l’attenzione delle diverse componenti. GAIA da anni ha tutti i 15 siti lavorativi (impianto di compostaggio a San Damiano d’Asti, impianto di valorizzazione e impianto di trattamento meccanico

“Registrazione EMAS”

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a cura dell’Ufficio Comunicazione di GAIA Spa – Asti

Polo Trattamento Rifiuti Asti (tutte le arie e le polveri della lavorazione rifiuti vengono captate senza disperderle in atmosfera)

GAIA ha conquistato anche il BEST4+ (Best four plus), ovvero il marchio consegnato a chi ha la registrazione EMAS ed è in linea con 4 certificazioni: ISO9001 (prodotti e processi di qualità) ISO14001 (conformità ambientale di prodotti e procedure) OHSAS18001 (a tutela della salute e sicurezza dei lavoratori) e la SA8000 (per il rispetto dei valori etici e di responsabilità sociale dell’azienda). In Italia solo 7 aziende possono fregiarsi di tale riconoscimento (in Piemonte c’è solo GAIA). Tutto ciò mostra come gli astigiani siano attenti al territorio, capaci di far crescere una cultura ecologica, consapevoli che la cura dell’ambiente è stimolo per l’economia, la vivibilità ed è un investimento sulle generazioni future.

G.A.I.A. spa via Brofferio 48 - 14100 Asti - Tel. 0141 35.54.08 - Fax 0141 35.38.49 www.gaia.at.it - info@gaia.at.it - info@legal.gaia.at.it

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Passione di libri: a cura di: Gianfranco Iovino giornalista e scrittore

da chi li scrive a chi li legge

SOPRAVVIVERE ALLA MORTE DI UN FIGLIO... SI PUO’? Quando la sofferenza interiore raggiunge gli apici della sopportazione si trasforma in angoscia e arrendevolezza ad ogni minima reazione, perché nella mente s’insinua una spessa coltre di rassegnazione impossibile da spazzare via con rimedi e cure mediche, soprattutto se la mente non accetta nessun aiuto esterno, isolandosi in se stessa. Ed è così che il male del ricordo, la spietatezza della solitudine e il senso dell’infelicità perenne albergano in ogni minima attività giornaliera, impoverendola di entusiasmi, specialmente quando la vita di qualcuno che ti era assolutamente caro e vitale viene strappata improvvisamente. Questo il punto di partenza con cui immergersi nella lettura di “lacrime VERSATE”, un testo importante, intenso e profondo scritto da chi il dolore lo ha vissuto in prima persona e in maniera indifesa: una madre che prova a raccontarci le pieghe e gli incroci che abitano il dolore quando si perde un figlio. Parliamo di Hannelore Marlon Keller, nata in Germania residente a Verona, ma assidua frequentatrice di Alba e i territori collinari circostanti, che racconta parte della sua odissea subita a causa dell’improvvisa scomparsa della figlia Olivia, morta a 22 anni a Valdobbiadene con il proprio ragazzo, mentre erano in moto, spensierati e felici dopo un pranzo con gli amici: un’auto è uscita dallo stop senza fermarsi ed Olivia è volata per trenta metri morendo sul colpo insieme anche al suo ragazzo e il conducente della vettura. Da quel primo novembre del 1995, giorno dell’incidente, la vita di Keller ha smesso di esistere perché orfana di un bene tanto assoluto, quanto insostituibile qual è quello che appartiene ad una figlia, lasciando che il tempo ispessisca sempre più la soglia di sopportazione al dolore così da permettere una lentissima risalita verso la rassegnazione che consenta di riguadagnare un minimo di serenità, nella convinzione che l’amore e la voglia di vivere sono l’unico antidoto al nulla e la morte. Come la stessa autrice sostiene in ogni incontro con il pubblico, è importante considerare sempre che un figlio è un bene in prestito e che non si deve mai dare per scontata l’idea di averlo per sempre accanto a sé, e solo partendo da questa ragione, maturata con grande dolore, che poi si riesce a convivere con la sofferenza, e a tal riguardo l’autrice prova a raccontare la testimonianza personale di chi, dopo un simile dramma deve provare a non commettere l’errore di chiudersi in se stessi, ma affrontare le conseguenze, allargando le stanze del cuore per farci coesistere sia dolore che speranza a non arrendersi completamente, perché alla fine si può sopravvivere alla morte, pur se con tremenda fatica, nel ricordo d’amore di chi non è più accanto a noi. Marion Keller continua la sua missione di assistenza e sostegno alle famiglie colpite da drammi simili al suo ed ha aperto una pagina facebook (lacrimeversate) per i familiari delle vittime della strada molto frequentata.

LETTO PER VOI:

“Le otto montagno” di Paolo Cognetti Il protagonista del Premio Strega 2017 é Pietro, un ragazzino di città, solitario e scontroso e con due genitori, la madre impegnata in un Consultorio ed il padre un chimico ombroso ed affascinante, che gli hanno trasmesso la loro grande passione per la montagna, dove si sono conosciuti, innamorati e sposati, ai piedi delle 3 cime di Lavaredo. Pietro ogni estate della sua infanzia la trascorre nel paesino di Grana, ai piedi del monte Rosa, dove conosce Bruno, suo coetaneo che, a differenza di lui che frequenta quei luoghi da villeggiante, ha la responsabilità di seguire un pascolo di mucche. Nella stesura del romanzo si susseguono i racconti con tema centrale la forte amicizia dei due ragazzini, tra esplorazioni e scoperte tra case abbandonate e sentieri aspri e solitari. Ed é durante tutti i riecheggi al passato di Pietro che il lettore si ritrova ammaliato dalla sorprendente forza imperiosa scatenata dalla montagna, che il ragazzino amerà sempre più grazie alla guida e gli esempi da cui trae spunto il padre nel prepararlo a vivere la vita da adulto e la consapevolezza che la montagna e la sua quiete riesce a curare ogni ansia e stress accumulati a vivere in città. Saprà emozionare ed incuriosire il caso letterario a firma di Paolo Cognetti, che ancora prima di essere pubblicato era già stato venduto in ben 22 Paesi nel mondo, per un libro unico nel suo genere, che sa descrivere gli stati d’animo e le suggestioni che soltanto la montagna sa regalare. Indubbiamente una bella storia, con la montagna e l’amicizia principali protagonisti, per un’opera che vi trasporterà su alte cime da cui assistere allo spettacolo impercettibile movimento della vita respirandola dall’alto.

IN VETRINA: Consigli alla lettura L'estate resta il periodo dell'anno in cui si legge di più e noi proviamo ad allungarla il più possibile consigliandovi qualche testo agli apici delle classifiche dei più letti. - Partiamo con Ken Follet e il suo nuovo “LA COLONNA DI FUOCO”, vera e propria epica fatica letteraria da 912 pagine, con una storia incentrata nel 1558, quando Willard fa ritorno a casa e si rende conto che il suo mondo sta per cambiare radicalmente. Ambientato in uno dei periodi più rivoluzionari di tutti i tempi, Follet riesce ancora una volta a parlare del passato che richiama all’ attualità di oggi. - Camilleri ci propone una nuova avventura del commissario Montalbano che con “LA RETE DI PROTEZIONE” dovrà confrontarsi con un mondo a lui sconosciuto, quello dei Social, dove Facebook, Twitter e i Blog saranno suoi alleati, ma anche i più difficili nemici da conoscere. - Con lo stesso inconfondibile stile che ha incantato 18 milioni di lettori con “La ragazza del treno”, torna in libreria Paula Hawkins, e ci regala un thriller avvincente dal finale sconvolgente, dal titolo “DENTRO L’ACQUA”.

Non ci resta che congedarci e augurare a tutti una buona lettura!

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Cani e gatti: ma quanto ci vogliono bene? a cura di: Eleonora Scanavino

Ci sono segni chiari e precisi che testimoniano il loro affetto Non sanno parlare ma si fanno capire bene, e lo dimostrano, in ogni situazione. Il cane ed il gatto, gli animali da compagnia per eccellenza, di cui i libri di storia sono pieni, anche a livello di venerazione, con i loro padroni possono essere molto affettuosi. Ma come fanno? Scopriamolo insieme. Partiamo dal gatto.

IL GATTO: COME CI VUOLE BENE?

Riconoscere i segnali di affetto del gatto è importante per farlo sentire a suo agio con noi, nonostante che sia un animale molto indipendente e capace di stare da solo. Il gatto domestico sa anche amare il suo padrone, e lo fa capire molto bene.

Quando il gatto si avvicina e sfiora la sua fronte contro la nostra, è un segno di grande dolcezza perché per lui è come “entrare in intimità”. Quando ci regala le tenere “testatine” contro le gambe o le braccia, strusciandosi con il corpo, sta dicendo che noi gli apparteniamo: facciamo parte del suo territorio. Ci dimostra affetto muovendo la punta della coda o tutta la coda in modo tranquillo. E se ci guarda in faccia in modo insistente e socchiude gli occhi, ci sta inviando “baci” a modo suo. Durante le coccole che accetta da noi, fa capire il suo gradimento iniziando a “ronfare”: il gatto fa le fusa, sta “godendo” del contatto con il padrone, e lo dimostra facendo la “pasta” con le zampe o su di noi o su un cuscino o divano dove è abituato a stare. Con questo segnale ci dice che siamo come la sua “mamma”, ricordando un gesto infantile di quando il gatto era intento a succhiare il latte. Altri segnali di grande affetto sono il voler annusare e mordicchiare i nostri capelli, magari salendoci sulla testa con le zampine anteriori, leccarci le mani, e portare doni al padrone, quali piccole prede. Questo lo fanno soprattutto i gatti di campagna, abituati a girare fuori durante la giornata. Infine il gatto dimostra il suo affetto attraverso una serie di vocalizzi particolari, simili ad un cinguettio o ad un trillo acuto.

IL CANE: COSI’ DIMOSTRA L'AFFETTO

Il migliore amico dell’uomo. Da sempre considerato tale, il cane si conferma l’animale da compagnia

per eccellenza, pronto ad aiutare il suo padrone, dimostrando totale rispetto per l’uomo. Se il cane che abbiamo ci guarda fisso negli occhi con uno sguardo dolce, significa che sta dicendo quanto ci vuole bene. Il cane se vuole dormire nella nostra stanza o sul nostro letto, è innamorato del suo padrone ma bisogna fargli capire che il “capobranco” non è lui. Se si permette una libertà eccessiva, l’animale ne approfitterà, sentendosi lui il “capobranco”. Il voler dormire con l’umano quindi non deve essere segno di sottomissione da parte del padrone! I cani affettuosi tendono a comunicare con la lingua: leccare le mani o la faccia del padrone è un segno di coccole e di servizio ai membri superiori del branco. Il cane quando vuole giocare con noi ci porta il suo gioco preferito: il suo atteggiamento è chiaro, perché ha bisogno di sentire il padrone vicino durante il momento ludico. Questo lo gratifica e ne fortifica il rapporto con l’umano. Infine, ma non per ultimo, anche il cane comunica il suo affetto con “vocalizzi”, come fa il gatto. Gli animali ci parlano, sta a noi saperli ascoltare.

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PrestO : degni eredi dei voucher? “Prestazioni Occasionali” come funzionano? Dopo l’abolizione dei voucher avvenuta lo scorso 17.03.2017, manovra di legge che ha generato numerose polemiche da parte delle aziende utilizzatrici, è stato pubblicato sulla gazzetta ufficiale il decreto Legge n. 50/2017 che ha introdotto una nuova tipologia contrattuale, le cosiddette “prestazioni occasionali”. La nuova fattispecie, destinata a far fronte ad esigenze momentanee ed occasionali, presenta alcuni limiti nell’utilizzo, nello specifico: € 5.000,00 netti annui per ciascun prestatore, con riferimento alla totalità degli utilizzatori € 5.000,00 netti annui per ciascun utilizzatore, con riferimento alla totalità dei prestatori. Per le prestazioni rese da ogni prestatore a favore del medesimo utilizzatore, che non possono superare le 280 ore annuali, è previsto un compenso di importo non superiore ad € 2.500,00 netti nell’anno. Al fine del rispetto dei limiti annui, la misura del compenso è calcolata sulla base del 75% del suo effettivo importo per le seguenti categorie: titolari di pensione, giovani under 25 iscritti ad un percorso di studi, persone disoccupate. Il decreto precisa che non sia possibile fare ricorso alle prestazioni occasionali con soggetti con i quali l’utilizzatore abbia in corso un rapporto di lavoro subordinato o con i quali abbia avuto un rapporto di lavoro subordinato o co.co.co. nei sei mesi precedenti. Le prestazioni occasionali, cosiddette “PrestO”, si suddividono in due tipologie: il libretto famiglia e il contratto di prestazione occasionale. Il libretto famiglia è utilizzabile solo da persone fisiche per lo svolgimento di lavori domestici e assistenza

domiciliare a bambini; tale prestazione deve essere attivata tramite piattaforma telematica inps o contact center entro il terzo giorno del mese successivo. Il valore nominale per lo svolgimento di un’ora di prestazione è fissato in € 10,00 (€ 8,00 netti compenso al lavoratore - € 2,00 contributi previdenziali e assistenziali). Il contratto di prestazione occasionale può essere utilizzato da: imprese occupanti fino a 5 dipendenti a tempo indeterminato, imprese del settore agricolo (solo con titolari di pensione, giovani under 25 iscritti ad un percorso di studi, persone disoccupate) e pubbliche amministrazioni; sono tassativamente escluse le imprese edili ed affini. Tale prestazione deve essere attivata almeno 60 minuti prima dell’inizio dello svolgimento della prestazione lavorativa tramite piattaforma telematica inps o contact center; in caso di mancata comunicazione scatta la sanzione da € 500,00 ad € 2.500,00 per ogni violazione. Il valore nominale per lo svolgimento di un’ora di prestazione è fissato in € 12,41 (€ 9,00 netti compenso al lavoratore - € 3,41 contributi previdenziali e assistenziali); l’Inps precisa che il compenso giornaliero al lavoratore non potrà essere inferiore a € 36,00 anche qualora la prestazione lavorativa sia inferiore alle 4 ore. Nella speranza che questa nuova fattispecie introdotta nel mondo del lavoro non vada a complicare ulteriormente le incombenze di aziende e privati, auspichiamo invece possa diventare un valido metodo di contrasto al lavoro nero che purtroppo incombe nella realtà del precariato.

Consulente del lavoro Daniela Prevignano Studio in Asti, C.so alla Vittoria, 48 - Tel. 0141 33444 - 0141 530253 daniela.prevignano@gmail.com 12 12

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Il vino fa buon sangue A cura della Dr.ssa Laura Icardi

Analizziamo pregi e difetti Il vino è un alimento con i pregi e i difetti di tutto ciò che mangiamo e deve essere inserito correttamente in un regime alimentare per “far buon sangue”, vale a dire, portare effetti positivi minimizzando gli effetti negativi. Se per gli effetti positivi esistono innumerevoli articoli di autorevoli scrittori, vorrei al contrario chiarire alcuni aspetti dei difetti….l’unico….il vino contiene alcol! Alcuni nutrizionisti sostengono che l'alcol, non rientrando tra i principi nutritivi classicamente riconosciuti (carboidrati, grassi, proteine, sali minerali, vitamine) non dovrebbe essere inserito nelle tabelle di composizione alimentare. Ma così è una tristezza! Mangiare è comunque e sempre un piacere della vita! Mangiare correttamente è un dovere verso noi stessi, ma la soluzione non sono le rinunce, piuttosto le scelte consapevoli! È noto che un moderato consumo di vino può ridurre, grazie all'interazione tra vari componenti, il rischio di malattie al cuore, oltre a svolgere un effetto positivo sulla prevenzione dell'arteriosclerosi e delle patologie coronariche. Ovviamente per far buon sangue occorre moderazione e coscienza. Vediamo le semplici regole da seguire per godersi un buon salutare bicchiere di vino: • Il vino apporta calorie e occorre considerarlo nella nostra dieta, in media, il vino Rosso Secco fornisce dalle 90 alle 130 kcal a bicchiere (150 ml/200 ml), il vino Bianco Secco dalle 85 alle 125 Kcal a bicchiere (150 ml/200 ml). Se le volete calcolare più esattamente, moltiplicate il numero di gradi alcolici scritto sull'etichetta, quello espresso in volume (%), per 0,8 (peso specifico dell'alcol) quindi moltiplicate il risultato per 7 (Kcal per grammo date dall'alcol), si ottiene così il numero di Kcal per 100 millilitri di vino a cui andranno aggiunte le Kcal apportate dallo zucchero residuo, in genere inversamente proporzionale al grado alcolico….ma non è il caso di essere così precisi, non siamo caldaie!

• L’alcol non è adatto ai minori cui è vietata la vendita dall’art. 7 del DL 158/2012. Questo non perché non facciano tardi dalla discoteca, ma perché la capacità di assorbire l’alcol si sviluppa, grazie a un enzima, solo intorno ai 20-21 anni. Nei più giovani, quindi, entra in circolo nel sangue e raggiunge il cervello, causando seri danni. Quando l’alcool arriva nel cervello distrugge i neuroni e le staminali neurali concentrati nell’ippocampo, cellule destinate a svilupparsi ancora per favorire un ulteriore sviluppo cognitivo. I ragazzini che bevono sono destinati ad avere più difficoltà intellettuali, di orientamento e di memoria rispetto ai coetanei che non assumono bevande alcoliche. • L’alcol ha un effetto disidratante (le sostanze di questo tipo sono dette diuretiche), che causa secchezza delle fauci, letargia e mal di testa dovuta alla diminuzione del livello di fluidi nel cervello; questo effetto può essere ridotto bevendo molta acqua durante e dopo il consumo di alcolici. Pertanto, il consumo deve essere inserito in una dieta bilanciata e composta da alimenti sani e di facile digeribilità. • Non “beviamoci” la patente, la quantità di alcol presente nel corpo si definisce alcolemia, che si misura in grammi per litro. La legge italiana stabilisce in: 0 grammi per litro di sangue (g/l) il limite alcolemico per i guidatori sotto i 21 anni di età o patentati da meno di 3 anni e per chi eserciti professionalmente l’attività di trasporto di persone o cose; 0,5 grammi per litro di sangue (g/l) il limite alcolemico per tutti gli altri guidatori, limite oltre il quale l’influenza dell’alcol risulta un rischio per la guida. Indicativamente, 24 grammi di alcol (due unità alcoliche) sono sufficienti per il sesso femminile a raggiungere il limite legale per la guida; per un uomo il limite si raggiunge con circa 36 grammi di alcol (3 unità alcoliche). È noto, tuttavia, che già a valori di alcol nel sangue nettamente inferiori ai limiti stabiliti per legge si possono avere effetti pericolosi per la guida come, ad esempio, la sopravvalutazione delle proprie capacità di controllo. Per questo è meglio per tutti rinunciare a bere se ci si deve mettere alla guida. Direi che note e chiare queste semplici regole, si possa bere responsabilmente e ricavare dal vino tutti gli effetti positivi sulla salute che ha “estratto” dall’uva e gli effetti sull’umore riconosciuti nella storia a partire dal Neolitico per non dimenticare tutti i momenti della storia in cui il vino è stato simbolo di positività. Personalmente mi piace ricordare quel passo della Bibbia (Genesi 9,20-27) in cui Noè, dopo il Diluvio Universale, piantò una vigna, raccolse l’uva, fece del vino e lo bevve fino ad ubriacarsi!!! Direi che l’occasione, poteva meritarlo! Salute a tutti.

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Giacomo Oddero:

una vita a servizio del territorio

Per raccontare Giacomo Oddero non basta una vita. E gli anni all’anagrafe iniziano ad essere importanti: 91, tutti passati a servizio della valorizzazione del territorio, una passione diventata quasi una missione, un compito che aspetta a pochi “predestinati”. E tra questi pochi eletti c’è sicuramente il barolista, il farmacista, il leader, tutti vestiti che Giacomo Oddero ha indossato nella sua vita. Vino, tartufi, opere pubbliche, miglioramento del territorio, sono alcuni degli aspetti di cui si è occupato, ottenendo risultati positivi grazie ad una lungimiranza che l’ha sempre contraddistinto. In questa intervista, che potremmo definire forse “traguardi di vita”, cerchiamo di conoscere Giacomo Oddero ripercorrendo i suoi decenni di vita. 14


rubrica Si dice che al raggiungimento di ogni decennio di vita si tagli un traguardo importante. Proviamo a partire dall’inizio della sua vita. Chi era Giacomo Oddero da bambino, diciamo a 10 anni? «Sono nato a Santa Maria nella casa paterna dove sto trascorrendo tuttora la mia vecchiaia. I ricordi da bambino sono legati agli anni della scuola che, al tempo, era ancora a Santa Maria ed era formata da multi classi. Che bello il suono della campanella alle 7.30, che apriva la giornata, e quella delle 8 che sanciva l’inizio delle lezioni. Ero un bambino fortunato: ho fatto l’asilo dalle suore Luigine e le elementari nel mio paese, concluse poi ad Alba (la 5ª Elementare), nel collegio Maiolo. Sorrido a pensare anche a mia cugina Liberina Oddero che mi accompagnava quando ero piccolo. Lei aveva 12 anni più di me. Poi crescendo continuai gli studi: non c’erano le scuole Medie, bisognava scegliere già un indirizzo, ed io, consigliato dal Parroco, optai per gli studi classici. Tra i miei compagni, tutti grandi uomini nella vita, c’era anche don Paolo Tablino, un grande sacerdote che ha saputo fare del bene con le sue Missioni in paesi dove la miseria dilaga ancora oggi». A 20 anni oggi si diventa ragazzi, ai suoi tempi era meglio dire uomini: che cosa ci può dire di quel periodo della sua vita? «Nel 1946 era da poco finita la guerra ma i ricordi degli anni del conflitto sono ben chiari nella mia mente. Ricordo la non democrazia, le retate da parte dei tedeschi contro i partigiani, l’obbligo di dire a scuola “W il Duce”, le minacce di alcuni professori se non si rispettavano le regole imposte dal Fascismo. Un periodo brutto per chi l’ha vissuto. Noi in campagna ce la siamo sempre cavata ma Alba ha vissuto momenti di tensione, anche per i bombardamenti. Ricordo l’episodio di cinque studenti del nostro Liceo che furono portati a Roma, processati e condannati a 5 anni di carcere, poi liberati dagli americani. Durante una lezione di educazione fisica non risposero al saluto al Duce per ben tre volte ed il professore denunciò l’accaduto. Questo per dire come in quegli anni la sola ragione era quella di chi era al potere. Ricordo i “sabato fascisti” con il prof. Grasso tra i capi. E poi c’erano gli esempi che io consideravo giusti, tra cui la prof.ssa Lucia Marchiaro che ci insegnava inglese e che ci faceva vedere come Londra fosse un esempio di democrazia, pur essendo considerata dai Fascisti come la “perfida Albione”. Abbiamo superato anche quegli anni».

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Nel 1956 eccoci ai 30 anni. Cosa faceva e come si è sentito in quel momento della sua vita? «Negli anni ’50 ho iniziato la mia attività di farmacista acquistandone una con il dott. Degiacomi e lavorando con mia moglie che era anche lei farmacista. In quel periodo, dopo la scomparsa di mio padre a soli 58 anni, insieme a mio fratello ripristinammo la vecchia cantina, i vigneti, e tutte le strutture per poter salvaguardare la terra. In tutto questo vedevo un avvenire più sicuro per queste terre che poi, infatti, risorsero e sappiamo ora come la

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speciale

www.terraetradizione.com di fare capire come la voglia di imparare per stare al passo con i tempi sia di fondamentale importanza per valorizzare le eccellenze delle nostre terre».

vitivinicoltura delle Langhe e del Roero sia apprezzata nel mondo. Sentivo le lamentele della gente sulla viticultura non protetta e pensavo di fare qualcosa per il territorio. Entrai in una lista civica per le elezioni comunali a La Morra e mi fecero sindaco». A 40 anni lei è stato sindaco di La Morra dal 1965 al 1970: siamo nel 1966, come si viveva nella Langa in quel periodo? «Negli anni ’60 la gente cercava di fare bene per il territorio. La mentalità generale è sempre stata quella di non sprecare, anzi di salvaguardare, con sacrifici e rinunce, ma l’essenziale non mancava di certo: non si moriva di fame nelle nostre terre. In quel periodo cercavo di stare attento alle lamentele della gente sulla situazione della vitivinicoltura: praticamente gli agricoltori non avevano gli strumenti per trasformare l’uva in vino, ed erano l’anello più debole della catena, in mano ai commercianti. Cercai di impegnarmi come uomo politico nel mettere in pratica la Legge Desana del 1963, che disciplinò le produzioni di vino in fatto di DOC. Fu un grande passo che molti capirono con gli anni. Ricordo ad esempio la grande affluenza di sindaci della zona del Barolo nel grande convegno a La Morra, organizzato da me per parlare di questo fondamentale argomento. Sono contento ancora oggi se penso alle prime 30 richieste che vennero fatte come Camera di Commercio al Governo a Roma. Ho sempre cercato

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50 anni: un’età importante per un uomo. Gli anni ’70 inaugurano un periodo ricco di incarichi: presidente Acquedotto, Camera di Commercio Cuneo, assessore provinciale all’Agricoltura, giusto per citarne alcuni. Come ha lavorato in quegli anni e nei decenni successivi? «Partiamo dall’Agricoltura: in quel periodo ho capito come era diversificata l’agricoltura in Provincia di Cuneo e che c’erano differenze significative tra zona e zona. Per stare nel campo del vino pensiamo alla questione delle trattative per il prezzo del Moscato: partecipai a diverse manifestazioni e, in quella a Santo Stefano Belbo, fui caricato dalle Forze dell’Ordine e portato sulla camionetta con altri. La situazione si sbloccò grazie agli industriali che iniziarono le trattative solo dopo la nostra liberazione. Questo per dire come la tensione non mancasse neanche nelle nostre zone. Di quegli anni l’opera di cui vado più fiero è quella della costruzione dell’Acquedotto delle Langhe. Era il 1973 e Mario Martini, presidente della Provincia di Cuneo, mi nominò presidente dell’Acquedotto delle Langhe. Ne avevo sentito parlare poco e tanti pensavano fosse un sogno portare a termine un progetto che contava appena 100 metri di tubature realizzate nel Monregalese. Mi impegnai a fondo, perché avevo capito che l’acqua sarebbe stata la forza delle Langhe, per poter portare avanti le attività lavorative. Senza acqua cosa farebbero tante cantine? Ve lo immaginate? Nonostante le resistenze del Genio Civile di Cuneo, delle Comunità Montane di Limone e Vernante, nel 1976 la Langa vide la prima acqua. Fu un lavoro lungo: nel 1991 finii il mio mandato e l’acqua arrivò nelle Langhe e nel Roero e fino a Canelli, per un totale di 600 km di tubature. Una grande vittoria che porto nel cuore ancora adesso: vedo questa opera come un servizio dovuto ad una comunità molto attiva. Il tutto costò 7 miliardi di vecchie Lire». E poi sono arrivati gli 80 anni ed i 90 anni: Giacomo Oddero non si ferma mai? «Fino a 90 anni ho portato avanti incarichi, soprattutto alla Banca Regionale Europea, per la promozione del tartufo bianco di Alba e dei formaggi della nostra Provincia. Sono molto legato alle eccellenze del territorio e, come per il vino, ho cercato di valorizzare il settore caseario cuneese con le DOP, i Consorzi, la promo-


speciale zione, grazie anche a persone che hanno sempre creduto nelle mie idee. Mi sono messo a servizio del territorio e qualcosa di buono lo abbiamo fatto. Per il Tartufo Bianco d’Alba abbiamo istituito il centro studi: questa eccellenza è da preservare, studiare, sviluppare sempre di più. La tutela c’è stata anche per le barbatelle dei nostri vitigni: la scuola Bardelli di Guarene a Vaccheria ne era un esempio. Ho cercato di aprire diverse strade nella mia vita e, se mi volto indietro, vedo che molte sono ben trafficate. La nostra terra mi ha dato tanto, ed io ho cercato di contraccambiare». Ultima domanda: qual è il desiderio più grande di Giacomo Oddero. «Quando si è giovani non si ha paura di nulla, quando si invecchia i ricordi iniziano a prendere il posto dell’entusiasmo ed il futuro fa più paura. Non tanto per se stessi,

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ma per le generazioni future. Il mio più grande desiderio è quello di vedere le eccellenze Made in Italy, ottenute e valorizzate con tanto lavoro, sempre attente e forti di fronte alla eccessiva globalizzazione ed al pericoloso miraggio del protezionismo statunitense, che speriamo non diventi reale. Gli Stati Uniti apprezzano molto i nostri prodotti che spero non vengano mai sopraffatti dalla “Legge dei grandi numeri” che qualcuno vorrebbe».

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Asti Secco: la nuova via delle bollicine

“E chiamale se vuoi, emozioni”. Così cantava Lucio Battisti nel 1970, in una delle sue canzoni più famose. E possiamo parlare di emozioni nuove, da provare al palato. Dopo mesi di tanto parlare è finalmente nata la nuova denominazione Asti Secco, modifica al disciplinare della denominazione “Asti”.

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Una nuova via per le bollicine, un nuovo modo di gustare il Moscato d’Asti in questa variante Dry che dovrebbe permettere ai produttori di proporre agli appassionati un prodotto nuovo, ideale per gli aperitivi e per piatti freschi. L’Asti Secco è un’occasione molteplice: permette di confermare la bontà del vitigno Moscato, capace di esprimersi in diversi modi nel bicchiere, e di affrontare il mercato con una nuova strategia che si basa sulla qualità e sul prestigio. L’Asti Secco è un vino che merita il suo posto ben preciso nel mercato nazionale ed internazionale. In questi mesi sono state tante, forse troppe, le parole spese nel paragonarlo al Prosecco. E’ stato creato un dualismo scomodo, poco edificante per entrambe le denominazioni. Asti Secco e Prosecco hanno in comune solo il metodo produttivo: sentori e gusto diversi, vitigni diversi, zone di produzione diverse. Entrambi sono testimoni di territori di produzione, ognuno con le loro caratteristiche. Non spendiamo altre parole su questo dibattito che speriamo esaurito. Diamo voce all’Asti Secco, alle sue caratteristiche, a quello che vuole essere per il territorio. E per fare questo abbiamo intervistato Romano Dogliotti e Giorgio Bosticco, rispettivamente presidente e direttore del Consorzio per la Tutela dell’Asti. Dalle loro parole possiamo capire quale sia la posizione ufficiale e le prospettive sull’Asti Secco da parte dell’organo ufficiale. ASTI SECCO: CHE VINO SEI? L’Asti Secco è una variante Dry del vino Moscato prodotto in chiave spumante. Siamo nel fantastico mondo delle bollicine che, da alcuni anni, hanno riscontrato successo tra gli appassionati, grazie alla qualità ed alla particolarità delle diverse denominazioni proposte in tutta Italia. Anche i produttori di Moscato che producono Asti, hanno pensato di proporre un nuovo spumante e, nell’Assemblea del Consorzio della Tutela dell’Asti di settembre 2016, è stata approvata una variazione al Disciplinare. E’ iniziato un iter che ha portato alla pubblicazione del disciplinare da parte della Gazzetta Ufficiale, e, da settembre, vedremo bottiglie di Asti Secco sugli scaffali, con la possibilità di degustare questa idea diventata realtà, e destinata a dare sempre più luce al mondo del Moscato. Ma l’Asti Secco in che fascia si posiziona? Come abbiamo detto viene prodotto secondo il metodo classico usato per lo spumante. Ha meno residuo zuccherino (da 12 a 49,99 g/l) e una più alta gradazione (da un minimo di 11,5% ad un massimo di 13,5%) rispetto all’Asti Docg.

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Al palato è pieno ed equilibrato e la sua sapidità lo rende molto gradevole con un finale che ricorda i sentori al naso di agrumi, pesca e sambuco. E’ un vino ideale per i momenti di socializzazione: aperitivi, incontri formali ed informali, ed accompagna piatti leggeri, sia di prima che di seconda portata. L’Asti Secco esprime freschezza, piacevolezza e quel pizzico di brillantezza dati dalle bollicine che allietano la mente ed il palato. In questo modo il Moscato si esprime ancora una volta in un modo molto gradevole, ideale per tutte le età: l’Asti Secco fa sentire giovani!

ROMANO DOGLIOTTI PRESIDENTE del CONSORZIO di TUTELA dell’ASTI

Da pochi mesi è diventato presidente del Consorzio: il suo primo bilancio e come sta lavorando? «Essere diventato Presidente del Consorzio è stato per me una sorpresa molto apprezzata. Sono presente in questa realtà da 28 anni, inserito al tempo da Vittorio Gancia che mi chiese di fare parte di quella che era una realtà in crescita. Portai altri colleghi e, con il tempo, il Consorzio è diventato quello che sappiamo. Ora continua la mia opera e ricoprire questa carica mi gratifica molto. In questi mesi abbiamo ottenuto un primo risultato sulla resa del Moscato: siamo arrivati a 80 qt/Ha, con un +10 qt da utilizzare per la produzione dell’Asti Secco e, per febbraio, sbloccheremo anche i +10 qt per il Moscato. Speriamo di arrivare presto a 100 qt/Ha, quello che il mondo contadino spera, nel rapporto di equilibrio che da sempre bisogna tenere con il mondo industriale». Questione Asti Secco: ci siamo, pronti per la commercializzazione di questo nuovo prodotto che conferma come il Moscato sia un vino capace di esprimersi in diversi modi. Cosa ne pensa? «Speriamo che l’Asti Secco parta subito bene. I vantaggi saranno due: una maggiore immagine ed uno stoccaggio minore con conseguente riduzione dei costi soprattutto per l’industria. Siamo pronti per i mercati: penso che l’Asti Secco sia una tipologia di vino adatto a molti palati che amano aperitivi e pranzi o cene a base di un vino interessante e particolare. Il Moscato si conferma come vino capace di stupire».

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Asti Secco e Prosecco: un dualismo che ha o non ha senso? «Per me questo dualismo non ha senso perché si fonda su “aria fritta”. La parola “secco” è stata, per così dire, la pietra dello scandalo. E’ solo una parola che inquadra l’Asti Secco tra i vini a base secca, come sono tanti altri. Il mondo del Prosecco ha una dimensione molto più grande rispetto alla nostra. Basti pensare al numero di bottiglie prodotte ed alle varie fasce di prezzo. Non vedo dove stia il problema. L’Asti Secco è un nuovo modo di bere il Moscato nella sua versione Asti, rappresenta un determinato territorio e non copia nessuno». Capitolo vendemmia: il 2017 che annata sarà? «In base ai dati delle prime raccolte effettuate nell’ultima settimana di agosto l’annata si presenta con un equilibrio molto interessante tra acidità, gradazione e aromaticità. L’uva sana, frutto di poche precipitazioni, favorirà il processo di lavorazione in cantina». Capitolo mercato: il Consorzio come si muove? «Siamo attenti ai mercati consolidati in cui la comunicazione non deve mai mancare. Puntiamo anche molto alle zone dove ci sono potenzialità di crescita sia in Italia che all’estero. Cerchiamo di portare giornalisti ed addetti ai lavori nei nostri territori: questo aspetto è per me molto importante, perché solo vedendo come e dove nasce il Moscato, si diventa consapevoli del lavoro che viene fatto dai produttori, veri protagonisti della valorizzazione del nostro territorio».



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GIORGIO BOSTICCO DIRETTORE del CONSORZIO di TUTELA dell’ASTI

Lei è sempre impegnato in prima fila per la promozione dell’Asti. Riassumiamo in poche parole la vicenda Asti Secco e la situazione attuale. «Siamo partiti più di due anni fa per fronteggiare un’esigenza della base associativa del Consorzio (piccoli produttori e industrie). Bisognava risolvere il problema della crisi di mercato in Unione Sovietica, dove si vendevano 15 milioni di bottiglie, del calo dei consumi in Germania per la concorrenza di spumanti aromatici a basso prezzo, e della flessione in Italia per la crescita del Prosecco. Partendo da questi dati di fatto e per ridurre gli stoccaggi di prodotto che crescevano, con tecnici specializzati abbiamo pensato ad un’alternativa creando l’Asti versione Secco. Dopo le sperimentazioni, il protocollo, la modifica del disciplinare, la ricerca di mercato (1000 soggetti intervistati tra Italia e estero), ora siamo pronti per la commercializzazione. L’Asti Secco esalta la parte più “amarognola” del Moscato, rendendolo un vino ideale a tutto pasto, per aperitivi e per momenti social. Potrà essere prodotto in versione Secco, Dry, Demi Sec, in base alle varie esigenze dei produttori. Insieme a questo in etichetta ci saranno regole definite per mantenere la chiara identità dell’Asti come denominazione, per non confondere il consumatore la versione dolce dalle altre». Asti Secco: che cosa vi aspettate e qual’è il vostro progetto promozionale per questa novità. «Ci aspettiamo che l’Asti Secco nel medio/lungo termine possa portare il consumatore ad apprezzare una variante del Moscato che conferma come questo vitigno sia il grado di esprimersi in diversi modi, tutti interessanti e testimone del territorio. Anche l’Asti Secco mantiene le caratteristiche dell’Asti in generale perché viene prodotto con uve 100% Moscato del territorio. L’aromaticità è assicurata. Ci stiamo muovendo con una precisa strategia di marketing e presenteremo il prodotto in modo ufficiale a fine settembre, inizio ottobre in una conferenza stampa di livello nazionale. Bisogna lavorare bene anche sul nostro territorio di produzione, facendo sentire i produttori stessi protagonisti».

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Se si beve Asti Secco che cosa viene in mente? «L’Asti Secco ha la grande aromaticità dell’Asti. Si avvertono profumi di frutta e quel piacevole amarognolo finale che rende questo spumante unico nel suo genere. Nel panorama degli spumanti secchi non ci sono altri prodotti simili. E’ un vino che si beve molto bene e con piacere». Quale sarà il posizionamento di mercato? «Ogni azienda farà la sua strategia ed individuerà il segmento di mercato migliore per le sue esigenze. Come Consorzio porteremo avanti la denominazione Asti Secco con promozione istituzionale sul territorio, in Italia, e poi all’estero». Guardando al mercato globale del Moscato d’Asti in tutte le sue varianti, qual è il vostro giudizio? «Già nel 2016 e nel 2017 la situazione dell’Asti si è stabilizzata ed attualmente vengono prodotte circa 60 milioni di bottiglie. Il mercato russo è ancora in difficoltà ma almeno la ferita si sta rimarginando. I dati delle vendite del Moscato d’Asti sono in crescita: 32 milioni le bottiglie prodotte, grande richiesta negli Stati Uniti (70% delle vendite complessive) e segmento Premium di immagine e prezzo. Guardiamo al futuro con positività sapendo che anche l’Asti Secco potrà essere un ottimo alleato per la “Moscato Mania” che cerchiamo di diffondere nel mondo del vino». 2018: che cosa bolle in pentola? «Dal 2018, e per tre anni consecutivi, investiremo 2 milioni di euro l’anno per promuovere il Moscato d’Asti ancora di più, grazie al progetto “Enjoy it’s from Europe”. Tre sono le vie che si uniscono e che percorreremo: Asti Secco, Moscato d’Asti e la “cultura del dolce” che è molto radicata sul territorio grazie a realtà artigianali ed industriali che lavorano nel campo dell’enogastronomia. Basti pensare che ci sono circa 200 specialità dolciarie che attivano i turisti nella nostra “Sweet Valley” e, per questo, a metà dicembre ci saranno eventi su Asti e Alba nei grandi palazzi storici, ed un Capodanno speciale ad Asti».


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Neviglie:

dove il Moscato è di casa Neviglie è un piccolo Comune della Provincia di Cuneo dove la vita dei suoi abitanti è colorata dalle sfumature delle colline coltivate a vigneto. E proprio questa è la caratteristica principale del centro abitato e del suo territorio: Neviglie fa parte dei 52 Comuni che compongono la zona di produzione del Moscato, tra le Province di Cuneo, Alessandria ed Asti. I suoi versanti regalano un vino dall’alta aromaticità, molto apprezzato sul mercato, capace di fare innamorare gli appassionati del “dolce”. Si parte dal Moscato, il vitigno capace di esprimere il territorio in molti modi, grazie alla mente sapiente e creativa dei produttori. Ed il mercato ama le diverse varianti in cui questa uva si esprime. I produttori presenti nel territorio di Neviglie lo sanno bene: il Moscato d’Asti e l’Asti Docg la fanno da padrone anche in questa zona ma la novità dell’Asti Secco in generale è stata accolta con entusiasmo, anche perché ogni produttore potrà provare la versione che crede meglio tra Sec, Demi Sec, Dry, in base al residuo zuccherino che si deciderà di lasciare nel range che delimita gli spumanti secchi. Dopo aver letto il parere del Consorzio per la Tutela dell’Asti D.O.C.G., abbiamo intervistato alcune cantine, per sapere cosa ne pensano. Tra queste c’è chi ha già chiara la strada da seguire per produrre Asti Secco, altre che per ora prediligono il lato dolce, continuando solo con il Moscato d’Asti o l’Asti Docg. Al di là delle scelte aziendali, il territorio di Neviglie si conferma una valle dove il Moscato è protagonista, ed il sindaco Roberto Sarotto, in qualità di primo cittadino, esprime così il suo pensiero a riguardo del territorio e della novità dell’Asti Secco che potrà essere interessante per la zona: «Come territorio posso dire che il Comune è ricco di produttori che da sempre credono nel Moscato. Il loro lavoro negli anni ha portato frutti ed ha permesso di ottenere una qualità molto apprezzata sul mercato. Sia il Moscato d’Asti che l’Asti Docg sono due tipologie molto interessanti, capaci di esprimere bene le caratteristiche della nostra terra. Parlando di Asti Secco come primo cittadino, vedo questa novità come una grande opportunità perché il prodotto rappresenta una nuova tipologia di interpretazione del Moscato. La versione secca è unica nel suo genere perché mantiene i profumi e l’aromaticità tipiche del nostro Moscato in un modo nuovo, che sarà apprezzato dal mercato che predilige gli spumanti secchi. Secondo me avvicinerà gli appassionati al territorio da un punto di vista diverso e nuovo. Con il tempo spero che l’Asti Secco venga prodotto sempre di più anche dalle cantine più piccole e non solo dall’industria perché questo spumante può inserirsi in un segmento di mercato di nicchia. A livello d’immagine questo spumante secco può portare nuovo entusiasmo per un territorio che il turista deve apprezzare ancora di più. La zona sta crescendo anche grazie all’influenza di Alba e del suo territorio: il Moscato è un’eccellenza e la nuova versione di Asti Secco può essere un valido aiuto per confermarlo».

LE DIVERSE STRADE DEI

PRODUTTORI

Roberto Sarotto in qualità di produttore, e titolare dell’omonima cantina, ha il seguente pensiero: «Ho voluto provare da più di un anno prodotti sperimentali sulla fermentazione a secco per capire la strada da seguire.L’Asti Secco è un prodotto in continuo divenire e sono molto fiducioso che questa alternativa possa essere apprezzata nel mondo dello spumante secco. Per ora la produzione è limitata ma con il tempo siamo fiduciosi che aumenterà, anche grazie all’apporto del comparto industriale. Comparandolo ad altri spumanti secchi di altre zone trovo che abbia grandi possibilità per la ricchezza di profumi e aromi che lasciano un segno nella mente di chi lo beve. L’Asti Secco si affianca così al Moscato d’Asti ed all’Asti Docg che nel settore degli spumanti dolci sono tra i più bevuti, e che io ed altri colleghi negli anni abbiamo saputo valorizzare. Vedo colleghi motivati e lo scambio di idee e di esperienze è continuo, anche grazie al Consorzio per la Tutela dell’Asti. Finalmente è stato trovato un prodotto che potrà diminuire lo stoccaggio».

Claudio e Marco Rapalino, titolari della Cantina Rapalino, precisano che l’Asti Secco potrà essere uno spumante unico nel suo genere: «Crediamo molto in questo nuovo modo di proporre il Moscato. Il metodo classico applicato al Moscato può dare risultati molto interessanti: la tecnica di lavorazione delle uve in cantina sarà fondamentale, senza dimenticare il vigneto, dove si dovranno raccogliere i grappoli migliori per questa tipologia di vino.Mi spiego: il Moscato coltivato nelle nostre zone, rispetto a quello di altri territori, regala

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speciale un’aromaticità molto spiccata, ottima per la versione dolce che tutti conosciamo. Per realizzare la versione secca ci vogliono, a nostro avviso, uve selezionate non completamente mature, in cui l’aromaticità è presente ma non in modo così accentuato. La materia prima è fondamentale, bisogna saperla scegliere bene. Come vino l’Asti Secco è unico: l’aromaticità si sposa con il classico “amarognolo” degli spumanti secchi, in un equilibrio che non si trova in altri spumanti. Questo lo rende ottimale per un consumo di larga scala, adatto a tutte le occasioni. Siamo molto fiduciosi: l’Asti Secco aiuterà noi produttori ad ottenere un preciso spazio nel mondo degli spumanti secchi».

Gianpiero Pedrotto, tra i titolari della Cantina Sargentin, ha optato invece per il mercato dei vini aromatizzati: «Noi abbiamo optato per questo mercato perché portiamo avanti dal 2009 un’azienda storica specializzata nel settore dei vermouth. E’ un mercato di nicchia che apprezza questa tipologia di prodotto a base di vino di qualità unito alle erbe aromatiche. Le ricette che usiamo sono una rivisitazione moderna della tradizione, senza snaturare le caratteristiche storiche, ma solo rendendole più morbide, in base al gusto moderno. Con mio fratello, specializzato nella ricerca delle erbe, continuiamo così la tradizione degli ex titolari e, come loro, crediamo in questo particolare modo di intendere il vino. E’ un mondo affascinante, capace di regalare emozioni al palato, grazie all’alta qualità che viene prodotta. Barolo Chinato, Brûlè e Langamèr: due vini aromatizzati più dolci, ed un amaro. Il mondo delle erbe e quello del vino uniti per dare al consumatore un’alternativa interessante in precisi momenti del pasto ed in occasioni specifiche. Negli ultimi anni anche le cantine classiche stanno proponendo queste antiche ricette ai consumatori, e credo che per il mondo dei vini aromatizzati sia un bene, anche se bisogna fare molta attenzione alla qualità».

Natale Simonetta, titolare di Cascina Baricchi, segue una strada particolare per la produzione del Moscato: «La nostra azienda, acquistata dai miei genitori nel 1979, e da me gestita in toto dal 1996, è nata per produrre vino di qualità. Sembra una frase scontata, ma non lo è, perché fare la vera qualità non è semplice, e ci vuole preparazione e tanta passione. La cultura del vino è importante sia per i rossi che per i bianchi. Noi produciamo entrambe le tipologie e, parlando del Moscato, da metà anni ’90 uso tecniche particolari, fin dalla vendemmia, che effettuo anche di notte, e raccolgo anche grappoli in “Ice wine”. In particolare io cerco di ottenere uno Spumante che possa mantenere i profumi e la grande aromaticità dell’uva Moscato: una

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www.terraetradizione.com bollicina importante ottenuta da uve mature che donano colore dorato, vivo da vigne vecchie. Abbiamo nel nostro territorio il vitigno aromatico più importante al mondo, e noi piccoli produttori abbiamo il dovere di portare avanti questa filosofia basata sulla grande qualità. Abbiamo in mano un’eccellenza rara al mondo! Per l’Asti Secco direi che per ora non ci sono le condizioni in cui io possa credere in una produzione di massa, anche se è un prodotto che mi stimola e che in futuro proporrò seguendo la mia filosofia. Io produco anche vini rossi e vedo che c’è differenza. Questo è il mio modo di vedere e di lavorare. E concludo dicendo che per fare il vino buono bisogna saper essere grandi degustatori per offrire al consumatore un prodotto di qualità».

Roberto Garbarino, titolare dell’azienda che porta il suo nome, produce Moscato, e non solo: «Il Moscato di qualità si produce dalla vigna. Mi definisco un “produttore ecosostenibile”, attento alla salute ed alla terra perché non faccio certi tipi di trattamenti né nel sottofila né alla vite. Il mio Moscato conferma come questo vitigno sia capace di esprimersi in modi diversi: i vigneti, posti a circa 500 metri s.l.m., donano uve per un vino che esalta sentori più tendenti al floreale rispetto alla pesca ed all’albicocca classiche. Vendemmio in cassetta, per portare in cantina uve non stressate. In chiave spumante utilizzo il metodo classico e sto sperimentando per vinificare anche il Moscato. Cerco di essere attento al mercato perché il Moscato d’Asti o gli spumanti metodo classico sono molto apprezzati, sia in Italia che all’estero, e devo dire che si sta lavorando bene, per avere sempre più spazio. Ben vengano le novità come l’Asti Secco, segno che il comparto vuole donare al cliente sempre qualcosa di interessante. Solo un piccolo appunto in generale: secondo me si dovrebbe essere più attenti nella vigna a livello di trattamenti perché la salute degli operatori e il preservare la terra dovrebbero essere i presupposti per lavorare in piena sicurezza.Vedo situazioni che non mi piacciono, anche se nel campo si sono fatti passi avanti».


speciale

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Agostino Casetta, titolare con il figlio della cantina Ca’ Foja D’Or, si distingue per una produzione all’insegna dei rossi: «I nostri vigneti sono sul confine a cavallo tra Neviglie e Treiso, e da sempre abbiamo l’influenza della zona del Barbaresco e prediligiamo la produzione di vini rossi rispetto a quelli bianchi. Il nostro modo di lavorare punta alla valorizzazione del prodotto fin dalla vigna: siamo un’azienda che riduce al minimo l’uso di prodotti antiparassitari. E su questo devo fare una riflessione: siamo stati per 10 anni azienda biologica certificata. Ora continuiamo il lavoro stando molto attenti all’ambiente ma, notando che c’era troppa gente che approfittava del-DOC Runcneuv Langhe Arneis la parola “biologico”, non Barbaresco ci siamo Riserva più DOCG Currà trovati in quel modo di concepire Baroloquella DOCG Briccobergera filosofia di lavoro che portiamo avanti inDOCG Solatìo Moscato d’Asti modo serio e pulito. E qui mi fermo. Detto questo il consumatore è attento alla sua salute e apprezza i nostri prodotti: noi siamo una piccola realtà sul

territorio ed i nostri cinque vini vengono venduti bene in Italia. Siamo in generale in un buon momento di mercato, e c’è un buon livello di conoscenza da parte degli appassionati. In chiave di immagine penso che il Barbaresco, pur avendo meno numeri in chiave di produzione rispetto al Barolo, possa e debba essere maggiormente comunicato sul mercato, con azioni che devono interessare noi piccoli produttori: ci vuole maggiore sinergia per ottenere i risultati».

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Asti

Douja d’Or, alziamo i calici

Dal 8 al 17 settembre in programma il 45° concorso enologico nazionale all’Enofila

Settembre per Asti è da sempre un mese importante: Douja d’Or, Sagre, Palio. Tre eventi che rendono la città un punto di incontro per molti appassionati di vino, tradizione e folclore. Tre aspetti che fanno grande questa terra. 26


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Partiamo dal vino che, in questa terra, fa rima con Douja d’Or, un concorso enologico capace di crescere anno dopo anno: ricevere un riconoscimento o, meglio, un Oscar, per i produttori è motivo di soddisfazione perché la giuria di valutazione è composta da addetti ai lavori con grande esperienza, facenti parte dell’ ’O.N.A.V. (Organizzazione Nazionale Assaggiatori di Vino), associazione che da anni collabora con la Camera di Commercio di Asti per la buona riuscita di questo concorso. Ma come si svolge questa importante manifestazione, giunta alla 45ª edizione? Gli eventi aperti al pubblico sono solo la punta dell’iceberg che poggia su una solida base sommersa da cui nascono i magnifici vini che vanno a premio. Si parte dai campioni di vino “alla cieca”, esaminati dai tecnici ed esperti assaggiatori dell’O.N.A.V in vari banchi di assaggio. L’esame organolettico degli 863 “concorrenti di questa edizione consiste in una rigorosa valutazione visiva (limpidezza, colore, fluidità, effervescenza, ecc.), olfattiva (profumo, aroma, bouquet, franchezza, ecc.) e gustativa (vinosità, alcolicità,corpo, armonia, retrogusto ecc.). I vini che raggiungono almeno un punteggio di 87/100 ricevono il “Premio Douja d’Or”, sinonimo di elevata qualità, risultato di una rigorosa analisi. I vini che alle selezioni raggiungono un punteggio superiore ai 90/100 diventano Oscar della Douja d’Or, il massimo riconoscimento in questo concorso. Tutti i vini premiati al “Concorso Enologico Nazionale Douja d’Or” sono contraddistinti dal bollino “Premio Douja d’Or”, autorizzato dal Ministero delle Politiche Agricole e Forestali.

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Territorio Tutti i vini premiati si potranno degustare ed acquistare durante il 51° Salone nazionale Douja d’Or, in programma dall’8 al 17 settembre ad Asti, nella prestigiosa sede di palazzo Ottolenghi. «Anche quest’anno – dichiara soddisfatto il Presidente della Camera di Commercio di Asti, Erminio Goria – le selezioni hanno impegnato oltre 50 assaggiatori professionisti che con competenza, esperienza e passione hanno espresso le loro valutazioni su una

rappresentanza delle produzioni vinicole di eccellenza di tutto il territorio italiano. I risultati di questo attento e complesso lavoro ci permetteranno di allestire a settembre un ricco e interessante salone per tutti gli appassionati del mondo del vino. Voglio inoltre ricordare che i vini premiati al Concorso saranno inseriti di diritto nella guida on-line Prosit, guida “perenne” dei vini d’Italia realizzata dall’ONAV: un ulteriore riconoscimento, anche in termini di visibilità e promozione, alle imprese che lavorano per la qualità e che credono nelle potenzialità del nostro Concorso Enologico Nazionale “Douja d’Or”». (Fonte www.doujador.it).

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Territorio La parola al Presidente

Renato Goria

Un bilancio dei vini partecipanti, di quelli premiati e dei 48 oscar che si sono aggiudicati la “Douja D’Or” di questa edizione 2017… Il bilancio della edizione del 2017 è straordinario perché per la prima volta nella storia del concorso

Il Presidente Renato Goria con alcune bottiglie mascherate per le degustazioni del concorso

sono stati assegnati 48 Oscar per una combinazione vincente: la bravura dei produttori e la forza della natura. La vendemmia 2016 è stata molto buona e le aziende in gara hanno mandato vini veramente straordinari: premiati 299 etichette che hanno superato gli 87/100 e di queste 48 non plus ultra. Il salone dei vini: una grande manifestazione giunta alla sua 51esima edizione. Qual è il valore per Asti e il suo territorio nell’ospitare un grande evento come questo? Il 51° salone è un fatto straordinario nella sua normalità. A noi sembra normale perché la macchina organizzativa con tutti gli impiegati e dirigenti della Azienda Speciale e della Camera, collaboratori esterni e fornitori, associazioni di categoria e scuole di formazione, sono abituati a lavorare a ritmi sostenuti e di qualità ma Vi assicuro che di questi tempi, tale normalità è un fatto straordinario. Asti con questo evento che si ripete ogni anno è la città vocata alla selezione della qualità a partire dal settore del vino per estendere in ogni ambito del turismo, della cultura ecc.. questa mentalità selettiva per il meglio per i propri abitanti ed ospiti.

www.terraetradizione.com vastissima offerta nel settembre astigiano? Sono tanti anni che si parla di settembre Astigiano e le istituzioni sono allenate a collaborare indipendentemente dalle forze politiche che hanno l'onere dell'amministrazione Comunale e sempre in armonia con gli Enti che sponsorizzano gli eventi cittadini. Coloro che sono stati eletti in ogni ambito, hanno a cuore il settembre astigiano e cercano di dare il meglio. Asti vive il suo settembre per sé e per ospitare calorosamente amici, turisti italiani e stranieri con semplicità, proposte culturali, eventi storici, mostre, proposte scientifiche educative e grande partecipazione popolare come nel caso degli oltre 3000 (tremila) figuranti della sfilata della cultura moferrina prima del grande banchetto del Festival delle Sagre con oltre 80 specialità delle Pro Loco. Langhe, Roero, Monferrato. I Paesaggi vitivinicoli e le cattedrali sotterranee patrimonio dell’umanità UNESCO. Identità nuove per storie lunghe secoli. Cosa cambia in meglio per il territorio, i suoi abitanti, i suoi produttori? Il Patrimonio Unesco ha dato più notorietà diffusa alla nostra terra. Lo spunto è il paesaggio del Monferrato delle Langhe e del Roero ma la forza è data dalla laboriosità della gente, dalla sua capacità di intraprendere percorsi internazionali di commercio. Il riconoscimento Unesco ci stimola a far meglio ed in modo più coinvolgente. Stiamo lavorando molto a partire dal nostro compleanno, cioè i 1050 anni della nascita del Monferrato, perché insieme a Langhe e Roero sia sempre più ampia e brandizzata una proposta territoriale affascinante. La sicurezza delle manifestazioni. Quali le misure prese quest’anno per garantire la tranquillità di tutti i visitatori? La sicurezza è gestita dalle autorità competenti. Noi siamo a disposizione per effettuare le misure che ci sono indicate. In linea di massima tenga conto che la nostra piazza del Palio, dove ci saranno le casette delle Pro Loco per il Festival delle Sagre, è una piazza molto aperta che da sempre per l'occasione ha una delimitazione che non può essere superata da furgoni non strettamente autorizzati. Abbiamo ampie vie pedonali di accesso che con delle fioriere non consentono altri accessi.

Il Piatto e il dolce d’autore. E poi il Festival delle Sagre di domenica 10 settembre: un anno in un giorno! Una

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Asti

Festival delle Sagre

Piazza del Palio accoglie i profumi ed i sapori della cucina tradizionale delle Pro Loco

La tradizione nel piatto. Possiamo riassumere così l’essenza del Festival delle Sagre di Asti, giunto alla 44ª edizione, in programma sabato 9 e domenica 10 settembre. Un modo di fare festa unico nel suo genere: Asti, in piazza Campo del Palio, ritorna a vivere il mondo contadino di fine Ottocento – inizio Novecento, quando le donne si dedicavano alla cucina e gli uomini andavano a faticare nei campi, per poi tornare a casa e mangiare le prelibatezze preparate dalle loro mogli. I tempi cambiano, si sa, ma le vere tradizioni no. 30


Territorio E così, ogni anno, tra uno sforzo e l’altro, le casette prendono vita per creare il “Villaggio del Gusto della Tradizione”, grazie all’impegno delle Pro Loco e dei vari Comitati dei Rioni di Asti, che portano in tavola i piatti che da sempre contraddistinguono i vari paesi partecipanti. E tutto questo impegno viene ripagato da migliaia di persone che ogni anno fanno visita ad Asti durante questo weekend di goduria eno-gastronomica assicurata. La due giorni iniziano la mattina del sabato con la sfilata storica tra le vie di Asti, animate da ben 3000 figuranti che, in costume d’epoca, danno vita ad uno spaccato di quotidianità contadina della città astense e del suo territorio.

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Ogni paese, grazie all’impegno della Pro Loco, mette in scena il lavoro nei campi, i mestieri, le feste contadine e i riti religiosi, dalla vendemmia al battesimo, dalla battitura del grano alla festa di leva. La sfilata arriva in piazza del Campo del Palio e così iniziano le Sagre per i pranzi e le cene dei due giorni. C’è l’imbarazzo della scelta: più di 80 piatti tipici, dall’antipasto al dolce, tutti praticamente cucinati al momento, con ingredienti esclusivamente del territorio. Ricette antiche come la “puccia” (soffice polenta sciolta nel minestrone di fagioli e condita con burro e formaggio) o il “baciuà”(zampino di maiale lessato, aromatizzato nell’aceto e fritto) tornano di moda in questi due giorni, e vanno a ruba! Il villaggio gastronomico è aperto al pubblico anche sabato 9 settembre dalle 18.30 alle 23, e la domenica praticamente tutto il giorno. Presente anche un’area attrezzata per i disabili.

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Territorio ESTATE

CALLIANETTO: il ciclo della canapa. Gran fritto misto di Callianetto. Tortino ‘d Gianduja. MOTTA DI COSTIGLIOLE: il peperone quadrato d’Asti: dalla terra alla tavola. Gran “bagna càuda” con peperoni e verdure di stagione. Involtino di peperone (con ripieno di tonno, burro, acciughe e capperi). SAN DAMIANO: la festa ‘d San Roc. Salsiccia alla Barbera d’Asti. Canestrelli di San Damiano. COSTIGLIOLE: per grazia ricevuta. Ravioli con il “plin”. Bunèt di Costigliole. PORTACOMARO: ‘l balun a brassal (l’antico gioco del pallone col bracciale). Gran fritto misto di Portacomaro. Torta di castagne. CALLIANO: la fonte solforosa della Pirenta. Agnolotti d’asino. Salamini d’asino. MONTEGROSSO: il ritorno della campana. “Cisrà” minestra di ceci con costine. Panfritto con salumi del Monferrato. MONGARDINO: ‘l martinèt (il maglio) d’ Mungardìn e l’antica fabbricazione degli attrezzi agricoli. Risotto alla Barbera d’Asti. Antico “mun”. QUARTO: la corsa degli asini. Tagliatelle al sugo di cinghiale. Rotolo al cacao con nocciole. VARIGLIE: la pesca limonina: coltivazione, raccolta e conservazione. Pan marià (pane raffermo, passato nell’uovo e fritto). Friciulin (frittini) di riso.

AUTUNNO

VILLAFRANCA: la festa di leva. Tagliatelle ai funghi porcini. “Bunèt” al cioccolato. CUNICO: la vinificazione. Gnocchi alla Cunichese. SAN MARZANOTTO: i due San Marziano: quello della Chiesa e quello della pentola. Polenta arrostita sulla brace con salsiccia e peperonata. Lardo macinato, insaporito e spalmato sul pane. CASABlANCA: ‘l carbùn d’na vira (taglio e commercio della legna). Polenta fritta e gorgonzola. Salame dolce di Casabianca. CATERINA DI ROCCA D’ARAZZO: quando ci si faceva male. Agnolotti al sugo di carne. Antico “bodino” di Casa Savoia”. ANTIGNANO: l’esodo dalla campagna verso la fabbrica negli anni ’50. Tajarin di mais 8 file al sugo di salsiccia. Crostata di mais con confettura di ciliegie. CASTELLO DI ANNONE: la 1* fiera dell’artigianato e le feste settembrine del 1932. Lasagnette della vigilia (condite con bagna cauda). Torta dell’abbondanza. BOGLIETTO DI COSTIGLIOLE: la distilleria: dal grappolo alla grappa. Taglierini fatti in casa conditi con sugo di carne. Pesche al Moscato d’Asti. AZZANO: quando ad emigrare eravamo noi.. ..sogni, speranze, disperazione verso “la Merica”. Risotto ai funghi. Il dolce dell’Abbazia. VALENZANI: San Martin del masuè (il San Martino del mezzadro). Polenta e bocconcini di cinghiale. Salamini di cinghiale. ROCCHETTA TANARO: la scuola di ricamo e gli antichi mestieri all’ombra del castello. Rustica ai formaggi. Friciulin (frittelle) di patate. PALUCCO: l’aratro nel tempo. Lingua in salsa verde. “Friciö” (frittelle dolci). VILLANOVA: la gallina bionda ed altri animali da cortile alla fiera di Santa Caterina. Vitello tonnato. Pesche ripiene al cioccolato. CASTELLERO: la nocciola, principale risorsa economica della vita contadina di un tempo. “Fundent” (fondenti di nocciole). Croccanti di nocciole. SERRAVALLE: la zucca nella vita: tradizione e cultura contadina. Tonno di coniglio. Torta di zucca.

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INVERNO

VIARIGI: finalmente il rimedio alla filossera: l’innesto. Agnolotti alla moda di Viarigi conditi con sugo di arrosto CELLARENGO: il ciclo del legno: taglio, contrattazione e lavorazione. Tinche in carpione. Trippa calda con cipolle (biséca). ISOLA D’ASTI: “el ginìch e la galaverna” (freddo e gelo). Baciuà (soffice zampino di maiale lessato, posto sotto aceto aromatizzato, impanato e fritto in padella) con bagnetto. Frittura di lumache. CORTAZZONE: “el bal ëd l’ors” (il ballo dell’orso): riti carnevaleschi nelle campagne astigiane. Tagliatelle all’uovo con tartufo. Focaccia di mele. CESSOLE: la castagna: raccolta, essiccatura e battitura. Frittelle salate alla campagnola. MONCALVO: la fiera del bue grasso. Sontuoso bollito misto di Moncalvo. Panna cotta. REVIGNANO: andùma a viè (la veglia nella stalla). Zabaglione al Moscato d’Asti. Bunèt della nonna. CANTARAN A: “dai magnin alla ciapèta”: dall’antico mestiere di stagnino al carnevale Cantaranese. Cotechino con purea di ceci. Tomini elettrici (formaggio fresco di latte vaccino condito con salsa di prezzemolo, aglio, olio e peperoncino).

PRIMAVERA

REVIGLIASCO: le ciliegie: la fioritura, la raccolta, il mercato. Stufato di vitellone piemontese alla Barbera d’Asti con polenta. SESSANT: quando la campanella dell’asilo suonava a Sessant. Carne cruda all’Astigiana. Torta di pane. CORSIONE: al forno come una volta. Torta di mele. MONTIGLIO MONFERRATO: l’acqua elemento essenziale di vita e di lavoro nel Monferrato agli inizi del ‘900. Uova al tegamino con tartufo e polenta. Torta di nocciole. GRAZZANO BADOGLIO: la processione del venerdì santo. “Soma d’aj” con uva. Pane arrostito con pomodoro e uva. NIZZA MONFERRATO: Nizza Monferrato: terra di botti e di vino. “Belecauda” (farinata di ceci). MONTECHIARO: le sarte di Montechiaro. Risotto con tartufo. Crema dolce in pasta sfoglia. MONASTERO BORMIDA: il polentonissimo di Monastero Bormida. “Puccia” di Monastero (soffice polenta sciolta nel minestrone di fagioli condita con burro e formaggio). Robiola di Roccaverano con pane cotto nel forno a legna e mostarda di uva Moscato.


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“PIATTI & DOLCE D’AUTORE”: CHE RASSEGNA!

La Rassegna “Piatto & Dolce d’Autore” continua con un buon seguito di pubblico. Nata per esaltare le eccellenze enogastronomiche locali, ogni anno si arricchisce di nuova creatività che si esprime nei piatti degli chef di dieci rinomati ristoranti. Un primo o un secondo, abbinati ad un dolce. La rassegna, realizzata in collaborazione con l’Associazione Albergatori & Ristoratori Astigiani (Ascom Confcommercio Imprese per l’Italia Asti) e Confartigianato Asti, coinvolge il Consorzio Barbera d’Asti e Vini del Monferrato, i Maestri Pasticceri, ed il Consorzio per la Tutela dell’Asti. La rassegna si svolge presso la sede dell’ “Agenzia di Formazione Professionale Colline Astigiane” ed il servizio di sala è affidato agli studenti della scuola, pronti a mettere in campo la loro esperienza, ed ad arricchire il loro bagaglio per un futuro professionale. Ogni serata costa 20 Euro, la capienza della sala è di 160 posti (tavoli da 10 coperti) e sono previsti tre turni di servizio: alle ore 19.30, alle 21 ed alle 22.30. Ecco il programma con il menù, giorno per giorno.

Venerdì 8 Settembre

Guanciotti di Fassona al Terre Alfieri Arneis di “Pescaja” laccati alla soia su blinis di patate e agrodolce di verdure. Biscotto alla mandorla, mousse al cioccolato e mousse alla nocciola e croccantino alle nocciole su salsa di pesche al Moscato.

Sabato 9 Settembre

Lasagnetta verticale, parmigiano, zucchine, bocconcini di galletto speziato. Morbido gianduiotto con cuore di crema di nocciole e cacao su letto di crema di zabaione al moscato, nocciole pralinate e biscotto friabile, accompagnato da una gelatina di grappa al moscato.

Domenica 10 Settembre

Stufato di sottopaletta di razza piemontese al Barolo Chinato, polentina di grano saraceno e patate di montagna Fonduta di robiola di Roccaverano. Dolce alla pera madernassa.

Lunedì 11 Settembre

Risotto allo spumante con ossobuchi. Persi ripieni.

Martedì 12 Settembre

Ravioli gobbi astigiani al sugo d’arrosto. Guanciale di vitello al Barbera d’Asti Superiore. Torta di nocciole e zabaione all’Asti Spumante.

Mercoledì 13 Settembre

Risotto al Grignolino d’Asti con tocchetti di salsiccia e pollo col fiocco al rosmarino. Piccola pasticceria accompagnata con mousse all’Asti Spumante.

Giovedì 14 Settembre

Tonno di gallo tonchese, riso rosso hermes su crema di piselli e salsa brusca astigiana. Dolce desiderio piemontese alla robiola di Bossolasco.

Venerdì 15 Settembre

Baccalà su vellutata di ceci e pane croccante. Spuma di pesche gialle con amaretti e biscotto al cioccolato.

Sabato 16 Settembre

Gnocchi di patate con toma d’alpeggio al forno e coniglio disossato con funghi porcini. Tartella alla crema gianduja e frangipane alla nocciola.

Domenica 17 Settembre

Polentina di grano saraceno con fonduta di Castelmagno e quaglia caramellata al miele d’acacia. Bicchierino di semifreddo alla Tonda Gentile su cremoso cioccolato al rhum e salsa di albicocca.

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CALENDARI & AGENDE

SISTEMI VISIVI

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Asti

Si corre il Palio

17 settembre grandi emozioni al Canapo

Il Palio di Asti non è solo una corsa in un catino spettacolare e sicuro: è un modo di vivere la tradizione in un giorno speciale, dedicato alla storia, al folclore, alle grandi emozioni. E’ uno storytelling, un racconto di vita che parte dal corteo storico, un lungo serpentone colorato, rumoroso e affascinante che si muove per le vie del paese. 34


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La sfilata è dedicato alla Asti medioevale: ogni gruppo è preceduto dal Vessillifero che porta i colori del Borgo, Rione o Comune, seguono i figuranti in costume che danno vita ad un tema storico che varia ogni anno, frutto del lavoro di mesi da parte dei componenti dei vari gruppi. I costumi sembrano gli originali dell’epoca, realizzati con grande maestria da parte delle sarte, come i tessuti, le fogge e gli accessori, senza dimenticare le acconciature e le attrezzature storicamente corrette. Al miglior gruppo il Soroptimist International d’italia, club di Asti, assegna la “Pergamena d’autore”, per premiare il miglior corteo storico. Un riconoscimento nato nel 1983, frutto di una giuria composta da esperti scenografi, costumisti, docenti di storia medievale, registi e attori, selezionati dall’Assemblea del Club. Il corteo parte alle ore 14 da Piazza Cattedrale, e prosegue per via Caracciolo,

Giovedì’ 14 Settembre 2017

Ore 21 - Piazza San Secondo: Palio degli Sbandieratori. Competizione a squadre

Venerdì 15 Settembre 2017

dalle ore 9 alle 24 - Piazza Statuto: Mercatino del Palio con oggetti artigianali dedicati al Palio dalle ore 13.30 alle 19.30 - Piazza Alfieri: prove ufficiali della corsa dalle ore 20.30 - cene propiziatorie nei Rioni cittadini e nei Comuni partecipanti al Palio

Sabato 16 Settembre 2017

dalle ore 9 alle 24 - Piazza Statuto: Mercatino del Palio con oggetti artigianali dedicati al Palio ore 12 - Piazza San Secondo - Municipio: iscrizione ufficiale di fantini e cavalli. dalle ore 14.45 - Corso Alfieri (Liceo Classico): Avvio della sfilata dei bambini. Percorso: Corso Alfieri, Via Gobetti, Piazza San Secondo, Via Garibaldi, Piazza Alfieri dalle ore 16 – Piazza Alfieri: Prova generale della vigilia con cavalli montati a pelo (ingresso gratuito) dalle ore 20.30 - cene propiziatorie nei Rioni, Borghi cittadini e nei Comuni partecipanti al Palio

Domenica 17 Settembre 2017

ore 10 - presso le Parrocchie cittadine: cerimonia della benedizione del cavallo e del fantino. ore 11 - Piazza San Secondo: esibizione degli sbandieratori dell'A.S.T.A. ore 14 - avvio del Corteo Storico in piazza Cattedrale. Il corteo è aperto dal Gruppo degli sbandieratori dell’A.S.T.A., dal Capitano del Palio a cavallo e dal suo seguito. Rioni e Comuni, sfilano con la partecipazione di milleduecento figuranti in costume medievale, proseguendo in Via Caracciolo, Piazza Cairoli, Corso Alfieri, Via Gobetti, Piazza San Secondo, Garibaldi, Via Gardini, Piazza Alfieri.. DOMOTICA - ANTINCENDIO - Via ANTIFURTI L’ultimo a sfilare, prima del carroccio, il vincitore dell'anno precedente. 16 - Piazza Alfieri: Corsa del Palio con cavalli montati “a pelo” (senza sella); ANTENNISTICA - ore CONDIZIONAMENTO tre batterie da sette cavalli e finale da nove. ore 17 - Esibizione degli sbandieratori. AUTOMAZIONE CANCELLI - FOTOVOLTAICO ore 18 - Finale ed assegnazione del Palio.

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speciale Piazza Cairoli, Corso Alfieri, Via Gobetti, Piazza San Secondo, Via Garibaldi, Via Gardini e Piazza Alfieri. Il tutto questo il Comune ha un suo spazio con un Gruppo composto dal Capitano e dal suo seguito a cavallo, con il compito di aprire il corteo storico, preceduto dal Gruppo degli Sbandieratori dell’A.S.T.A. I costumi del gruppo del Comune, sono stati realizzati su bozzetti dello scenografo astigiano Eugenio Guglielminetti, e ricordano i colori della città ed esaltano le funzioni di magistrati e cavalieri che controllano il regolare svolgimento della corsa. Il Capitano e il suo gruppo partecipano nel corso dell’anno alle iniziative dei Rioni e alle sedute del Consiglio del Palio,per prendere le decisioni più importanti, insieme ai Rettori e all’autorità comunale. Il Corteo viene chiuso dal Carroccio, simbolo del Comune per eccellenza, scortato da da una schiera di armigeri in rappresentanza dei ventuno partecipanti. Un ricordo dei carri da guerra utilizzati nel Medioevo, all’epoca dei liberi Comuni in tutta Italia. E’ trainato da tre coppie di candidi buoi, e porta i simboli della Città ed il Palio, il bramato premio del vincitore della corsa. Gli altri premi (la borsa di monete d’argento, gli speroni, il gallo vivo, la coccarda e l’acciuga) vengono portati dai messi comunali e precedono il Carroccio.

Palio di Asti: conosciamolo meglio Il Palio è tutto quello che si crede: emozioni, sensazioni, tradizione, storia, sogno, corsa, ma ci sono due aspetti conosciuti più di altri: il Palio è il grande drappo di velluto con le insegne di Asti e la raffigurazione del patrono San Secondo, e la corsa nel catino della passione, per cui ci si prepara praticamente tutto l’anno, per quei pochi adrenalinici minuti alla caccia del titolo finale. «... andate e che San Secondo vi assista!»: parole “sante”, pronunciate dal Sindaco per fare un augurio speciale ai partecipanti. Ventuno i partecipanti, tre batterie da sette cavalli l’una, con i primi tre che vanno alla finale a nove, dove solo uno sarà ricordato per la vittoria. Il Palio fa dimenticare tutte le fatiche fatte durante i mesi precedenti che sono serviti a preparare i preziosi costumi della sfilata, le feste, le cene propiziatorie della vigilia, le bandiere e gli stendardi. Ed a questo gli allenamenti con i cavalli. Fino alla fine, ma tutto questa fatica merita. Ma lo sapevate che il Palio è “I Palii”? Infatti sono due in uno: il «labaro » dipinto, che porta l’effige del Santo e le insegne della Città di Asti, e il «Palio» propriamente detto, costituito da una lunga pezza di velluto cremisino congiunta al «labaro». Il Palio si misura in «rasi»: sedici per il Palio della corsa, dieci per il Palio offerto alla Collegiata. Il raso, antica misura piemontese, corrisponde a sessanta centimetri.

La pista: dove l’adrenalina scorre! Siamo in pieno centro ad Asti, tra palazzi storici ed attività che da sempre caratterizzano il centro storico di questa città. Una volta all’anno, piazza Alfieri si trasforma in una pista per cavalli. Non parliamo di ippodromo, quella è un’altra storia. Parliamo di una pista dove scorrono l’adrenalina, la storia, la passione e le rivalità che da sempre fanno grandi il Palio di Asti. E complimenti a chi la costruisce questa pista, tra mille cavilli burocratici e di sicurezza, per il cavalli, i fantini ed il pubblico. Un gruppo di esperti, coordinati da un geologo, verifica l’esatta miscela di circa 800 metri cubi di sabbie astiane del Pliocene Superiore, così che l’impasto non sia troppo cedevole o troppo consistente. Il manto sabbioso deve tenere in ogni condizione meteo e per tutta la durata dei tre giri, dalle batterie alla finalissima. Proprio per questo il tracciato è stato studiato e perfezionato da una commissione di tecnici: le curve sono state calibrate in modo da consentire la massima sicurezza in corsa e sono protette da robusti “materassi”. Nessuno deve

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speciale farsi male: cavalli e fantini sono importanti allo stesso modo. Una commissione di docenti universitari di Veterinaria visita con cura gli animali nei giorni che precedono la corsa, verificando con estrema attenzione le loro condizioni fi siche: in fondo sono atleti e come tali dovranno affrontare al meglio della forma una competizione impegnativa. Se tutto va bene, i cavalli passano l’esame e si presentano “al canapo” per la partenza dove viene tesa la grossa corda lunga circa 15 metri e pesante quasi un quintale, che, con un sistema di argano elettromeccanico, attraversa la pista da un punto all’altro della linea di partenza. Il mossiere regola l’allineamento dei partecipanti e fa cadere il “canapo” per la partenza: si parte per i 450 metri di pista da ripetere tre volte, in cui si fa la storia del Palio di Asti. Ne resterà soltanto uno, o meglio gioirà uno solo per la vittoria: questo è normale, in ogni competizione, è la dura legge del più forte.

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I Premi 1° arrivato: il Palio, drappo di velluto con l'effige del Santo Patrono 2° arrivato: la borsa di monete d'argento 3° arrivato: gli speroni 4° arrivato: il gallo vivo 5° arrivato: la coccarda ultimo arrivato: l'inchioda (acciuga) con l'insalata

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Montechiaro

Attenti al “brand” Monferrato

Cresce la “febbre per il Palio” in un paese che da sempre attende la corsa

Sentirsi da sempre parte del territorio del Monferrato ed impegnarsi ogni giorno per essere appetibile al turismo: conservare le tradizioni per un futuro creativo e ricco di soddisfazioni, tra arte, cultura e folklore. Questo è Montechiaro d’Asti. 38


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L'affermazione del "Brand" Monferrato passa anche da Montechiaro. E questo è un concetto a cui il Comitato Palio tiene molto, perché è frutto di un lavoro di gruppo tra Comune, Pro Loco, Comitato Palio, Gruppo Alpini e tutti coloro che si impegnano per la buona riuscita delle manifestazioni che precedono e che preparano al Palio di Asti, evento da sempre sentito. Ci si impegna nei mesi precedenti per mettere in mostra beni culturali, arte, il mondo contadino, rievocazioni storiche, fiera nazionale del tartufo (Fiera Nazionale), tamburello, eccellenze del cibo. Tutti aspetti apprezzati dagli appassionati e dai turisti che, ogni anno, arrivano sempre più numerosi per godersi il ricco cartellone di eventi in programma. E l’arte sembra farla da padrona: dopo “Arte sotto i voltoni” e il “Potere delle immagini”, che hanno animato i mesi di luglio ed agosto, dal 2 settembre si continua con “Arte al Patrono” in occasione delle feste patronali, con la “Mostra personale di Marina Bottero”, vincitrice di “Arte sotto i voltoni”, con “Provocazioni artistiche”, evento a cui partecipano artisti da tutta l’Italia, in occasione di “Aspettando Montechiaro al Palio di Asti” dal 13 al 30 settembre. L’arte piace anche ai ragazzi: lo conferma la mostra degli alunni della scuola media che hanno partecipato al concorso indetto dal comitato palio dal titolo “Creiamo i nuovi foulard di contrada”. A Montechiaro piace farsi “portatori di

cultura”, come afferma il Rettore del Comitato Palio Roberto Fava, per continuare ad operare nel solco dei valori e delle tradizioni ormai consolidati. E l’ “Anteprima del Palio”, che si svolge la notte del 13 settembre, lo testimonia: suggestioni medievali e sapori locali per le vie del contado. E la cena propiziatrice del 16 settembre non è da meno con la cena a lume di candela ed il giuramento del fantino. A Montechiaro si lavora con entusiasmo e passione, per spingersi verso il futuro con creatività, innovazione e coraggio. Così il Comitato Palio ama definire il proprio lavoro, fatto di piccoli passi ogni giorno, capace di costruire un lungo sentiero sempre più affascinante, tra le colline dei Monferrato.

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Gli artisti che hanno partecipato nei mesi estivi, agli eventi dedicati : Alfio Amadio,Tata Artagna, Giacomo Barletta, Elena Bellaviti, Elisa Bernardo, Claudio Bertagna, Armanda Bertolina, Donata Bonazzi, Silvia Borello Lenta, Marina Bottero, Raimondo Carretta, Giuseppe Colli, Giuseppe De Angelis, Raffaella Di Benedetto, Iris Del Vecchio, Carmelo Fusolini,Valter Ghio, Alberto Lovisi, Antonio Lupo, Francescalupacanto, Giuseppe Maio, Olga Manganiello, Adriana Martino, Mara Marzin, Bianca Matera, Rosalba Masone Beltrame, Nino Melloni, Lorenzo Meneghel, Italo Medda, Antonella Murgia, Federico Olivero, Cesare Oneda, Mario Pavone, Giovanni Petrucci, Crissi Piras, Domenica Raimondo, Giovanni Rapicano, Rossella Rossi Forza, Eugenio Santoro, Maria Satta (Maritel), Sonia Simoneschi, Daniela Soccol, Giuliano Tacite, Ugazio Mauro, Vittorio Zitti, Angelo Zuffinetti, Alessandra Ardissone, Rita Carrodano, Maria Antonietta Claretto, Adriano Franco, Patrizia Gozzellino, Piero Paletto, Francesca Staglianò, Riccardo Varesio, Silvio Volpato. Le proposte d'arte sono visitabili nella sede del Comitato Palio in via Vittorio Emanuele 8, nei fine settimana.

Per info: artpalio@virgilio.it 3487999260.

Ernestino Rebaudengo,

responsabile manifestazioni Montechiaro Lei continua a impegnare il suo tempo per Montechiaro. La passione non passa mai? «La passione è alla base della mia attività per il paese di Montechiaro. Come ha già detto è dal 1968, quando avevo 22 anni, che cerco di rendermi utile per il paese. E dal 1977, con l’associazione Arte e Palio, insieme ad altre persone, cerco di unire la parte artistica a quella folcloristica della corsa, alla quale ogni anno si guarda come ad un traguardo da raggiungere. In quel periodo abbiamo creato il gruppo sbandieratori e da lì non abbiamo mai mollato, tra alti e bassi. Il 2017 è un anno importante perché festeggiamo i 40 anni dell’associazione ed i 30 anni della Fiera del Tartufo di Montechiaro che si svolgerà come di consueto a novembre. Il bilancio di questi decenni è sicuramente positivo, e devo dire che il lavoro di squadra con comune, pro loco, paesani, sponsor, ha sempre portato a risultati riconosciuti anche dai turisti che hanno fatto visita al nostro paese». Il 2017 che anno è stato finora e che cosa vi aspettate per il finale? «La seconda parte dell’anno è quella più attesa perché si “vive” per il Palio. Speriamo di andare in finale, sarebbe già un buon traguardo: si punta sempre alla vittoria ma questa corsa è talmente particolare che non si possono fare troppi pronostici. C’è molto entusiasmo e il bilancio dei mesi precedenti è positivo: le diverse manifestazioni già svoltesi hanno permesso di aggiungere nuovi tasselli sul puzzle della conoscenza del paese da parte dei turisti».

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Il Palio: come si vive nei mesi precedenti? «Il paese si veste a festa: colori, folclore, allegria si uniscono ai festeggiamenti per il Santo Patrono e per tutto il mese di settembre il paese è vivo. Vedere molte persone presenti agli appuntamenti che precedono la corsa, la presentazione del fantino, ascoltare gli aneddoti e le curiosità, sono tutti aspetti che fanno parte del nostro vivere quotidiano, mentre il Palio si avvicina». Che cosa è per lei il Palio di Asti, ne ha vissuti tanti? «Non mi ci sono ancora abituato, e forse proprio questo è la mia forza: il giorno della corsa, da quel lontano 1976, anno in cui riportammo Montechiaro a correre il Palio, ho sempre lo stesso mix di sensazioni, tra apprensione, gioia, timore, tensione, che mi fanno bene. A volte va bene, a volte no, ma, al di là del risultato, viviamo questo giorno come un’opportunità per fare conoscere al pubblico il nostro paese che, con gli altri centri ed i Rioni di Asti, mette in scena la storia di questa terra. Vedere il ragazzi che sbandierano e che si impegnano è educativamente costruttivo e crea le basi per un futuro in cui la tradizione potrà essere presente senza problemi». Un invito a visitare Montechiaro. «A Montechiaro si deve venire volentieri, con la consapevolezza che in questo paese durante l’anno si può vivere il “brand Monferrato” in modo autentico e vero. Da noi arte, folklore, cultura e eccellenza enogastronomica si uniscono per donare al turista un’esperienza unica e speciale».


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ALBA

Fiera Internazionale del Tartufo Bianco

“Tagliato per il design”: al via l'87ª edizione in programma dal 7 ottobre al 26 novembre 2017

Otto settimane di Fiera, il tartufo, “gioiello della terra”, sarà al centro di un ricchissimo programma di eventi che comprenderanno mostre, esposizioni, show cooking, enogastronomia, incontri culturali, musicali, letterari, folcloristici e sportivi. Quasi due mesi di appuntamenti che coinvolgeranno non solo Alba, ma tutto il territorio dove, di anno in anno, si rinnovano il mistero e la magia del Tuber magnatum Pico. 42


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IL PROGRAMMA Prima, durante e dopo FESTA DEL VINO Domenica 24 settembre, dalle 14.00 alle 20.00, appuntamento con la 19ª edizione della Festa del Vino, organizzata lungo le vie e le piazze del centro storico di Alba.

PALIO DEGLI ASINI E NON SOLO I primi eventi che danno inizio alle manifestazioni folcloristiche sono il Capitolo della Giostra, previsto per sabato 16 settembre nella sala consiliare del Comune di Alba; e l’Investitura del Podestà, sabato 23 settembre 2017 in Piazza Risorgimento. L’investitura è la ricostruzione di un episodio storico attraverso cui la medioevale figura del Podestà di Alba concede ai borghi di correre il Palio degli Asini che, preceduto dalla grande sfilata medioevale, quest’anno è in programma domenica 1 ottobre 2017. Gli appuntamenti con la storia e il folclore proseguono con la gara dimostrativa di pallapugno della Pantalera in costume storico, sabato 7 ottobre 2017; le rievocazioni medievali del Baccanale del tartufo, sabato 14 ottobre; il Borgo si rievoca, che si svolge lungo tutta la giornata domenica 15 ottobre e il Festival della Bandiera, gara di sbandieratori in calendario domenica 22 ottobre 2017.

IL MERCATO MONDIALE DEL TARTUFO E ALBAQUALITA’ Dal 7 ottobre al 26 novembre, riaprono le porte del più grande mercato tartuficolo al mondo, il luogo che incarna l’esperienza stessa del «Re dei funghi» e delle eccellenze enogastronomiche piemontesi. Come ogni anno, la Fiera Internazionale del Tartufo Bianco d’Alba apre ai visitatori le porte del Mercato Mondiale del Tartufo Bianco d’Alba. Ubicato all’interno del Cortile della Maddalena, nel cuore del centro

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Territorio storico, il Mercato è un’area espositiva d’eccellenza, il luogo ideale dove conoscere, apprezzare e acquistare il meglio dei tartufi appena cavati dai boschi di Langhe, Roero e Monferrato. Con oltre 110 mila ingressi a stagione, il Mercato Mondiale del Tartufo Bianco d’Alba è il simbolo stesso della Fiera e dell’eccellenza enogastronomica del territorio, qui presente con oltre cento espositori provenienti da tutto il Piemonte. È aperto ogni sabato e domenica lungo tutti i weekend della Fiera, dalle ore 09.30 alle 20.00, con apertura straordinaria durante il ponte di Ognissanti, da sabato 28 ottobre a mercoledì 1 novembre.

ALBAROMATICA Domenica 8 ottobre, il centro storico di Alba si profuma delle essenze di Albaromatica, kermesse giunta alla 12ª edizione, dedicata alla scoperta di erbe aromatiche e spezie nei loro usi più disparati. Oltre 50 espositori saranno divisi in aree tematiche: Barolo chinato, amari, distillati per “Erbe in bottiglia”; thè e tisane per “Erbe in tazza”; colori e profumi per “L’isola delle spezie”; confetti, caramelle, cioccolatini e gelati alle erbe con “Erbe in tasca”; mentre l’area “Benessere verde” mostrerà i mille impieghi di erbe e spezie nella cura del corpo e dello spirito attraverso oli, unguenti, creme e profumi.

MÚSES ACCADEMIA EUROPEA delle ESSENZE di SAVIGLIANO Quest’anno, Múses - Accademia Europea delle Essenze di Savigliano partecipa alla Fiera Internazionale del Tartufo Bianco d’Alba con una ricca serie di eventi legati alle essenze e alle esperienze sensoriali. L’8 ottobre 2017 Múses sarà in Piazza Risorgimento durante la kermesse di Albaromatica con uno stand dedicato e, contemporaneamente, a partire dalle ore 15.00, in Sala Beppe Fenoglio.

I MERCATI della FIERA I mercati sono un appuntamento tradizionale della Fiera Internazionale del Tartufo Bianco d’Alba, un’occasione per gustare e conoscere le eccellenze agroalimentari e le produzioni artigianali del territorio. Mercato ambulante della Fiera: Domenica 1, 8, 15 e 22 ottobre 2017, ore 9.00 - 20.00 per le vie e piazze di Alba Mercato Km0 “Campagna Amica” Domeniche di ottobre, ore 9.00 - 20.00 Piazza antistante l’ex Il Mercato della Terra Slow Food, tutti i sabati mattina ore 9.00 - 13.00. La domenica dal 17 settembre al 26 novembre 2017, ore 9.00 - 20.00 Piazza Pertinace, Alba all’interno del Mercato della Terra. Mercatino delle produzioni enogastronomiche e artigianali delle carceri del Piemonte domenica 1 ottobre, ore 9.00 – 19.30

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www.terraetradizione.com Mercato Unione Agricoltori domenica 8 ottobre, dalle 9.00 alle 20.00 Piazza Falcone – Alba Mercato ambulante della Fiera: Domenica 1, 8, 15 e 22 ottobre 2017, ore 9.00 - 20.00 per le vie e piazze di Alba Mercato Km0 “Campagna Amica” Domeniche di ottobre, ore 9.00 - 20.00 Piazza antistante l’ex Il Mercato della Terra Slow Food, tutti i sabati mattina ore 9.00 - 13.00. La domenica dal 17 settembre al 26 novembre 2017, ore 9.00 - 20.00 Piazza Pertinace, Alba all’interno del Mercato della Terra. Mercatino delle produzioni enogastronomiche e artigianali delle carceri del Piemonte domenica 1 ottobre, ore 9.00 – 19.30, mercato Unione Agricoltori domenica 8 ottobre, dalle 9.00 alle 20.00 Piazza Falcone – Alba.

GIORNATA del CANE da TARTUFO Il cane da tartufo è il simbolo dell’amicizia e della complicità tra animali e uomini, compagno insostituibile nella cerca del Tartufo Bianco d’Alba. Al cane da Tartufo è dedicata una giornata della Fiera Internazionale del Tartufo Bianco d’Alba, in programma domenica 22 ottobre 2017, in Piazza Medford, dove si terrà la Finale del Campionato Piemontese Gara di Cerca.


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A.M.A. la CARNE, FESTIVAL della FASSONA BATTUTA al COLTELLO Sabato 21 (Ore 19-24) e domenica 22 ottobre (10-19) nella centrale Piazza Risorgimento di Alba, l’A.M.A. - Associazione Macellai Albesi, in collaborazione con il Borgo della Moretta, organizza degustazioni di specialità della cucina albese, approfondimenti sulla Fassona e sui migliori piatti che ne esaltano la tipicità e il gusto unico.

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ASTA MONDIALE del TARTUFO BIANCO d’ALBA Domenica 12 novembre il Castello di Grinzane Cavour ospita la 18ª edizione dell’Asta Mondiale del Tartufo Bianco d’Alba, la più importante e prestigiosa asta legata al mondo del Tartufo Bianco d’Alba. Altri eventi della Fiera sul sito ufficiale: www. fieradeltartufo.org

IL SALOTTO DEI GUSTI E DEI PROFUMI L’87 ª edizione della Fiera Internazionale del Tartufo Bianco d’Alba rinnova l’appuntamento con il Salotto dei Gusti e dei Profumi, il padiglione che, in Piazza Risorgimento, accoglie il meglio delle eccellenze agroalimentari piemontesi e guida i visitatori a conoscerle attraverso esperienze sensoriali, laboratori e percorsi didattici. Obiettivo dell’iniziativa è quello di creare un’area informativa che valorizzi le produzioni agroalimentari locali, le Indicazioni Geografiche e il made in Italy come valore storico-culturale dei territori di produzione. Il Salotto dei Gusti e dei Profumi mira a fornire un orientamento del consumatore a scelte di qualità attente alla tracciabilità, all’origine dei prodotti, al basso impatto ambientale e ai marchi di certificazione. All’interno di un’elegante struttura ubicata sotto le torri del Duomo di Alba, in piazza Risorgimento, il Salotto dei Gusti e dei

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Territorio Profumi sarà visitabile durante i weekend della Fiera Internazionale del Tartufo Bianco d’Alba, dalle ore 10.00 alle 20.00, a partire da sabato 28 ottobre a domenica 26 novembre. Ogni settimana le eccellenze agroalimentari presenti nel Salotto ruotano, affinché i visitatori possano apprezzare un diverso aspetto dell’enogastronomia del territorio, con particolari approfondimenti sulle Dop e Igp piemontesi. Da sabato 28 ottobre a mercoledì 1 novembre 2017: “Nocciola Piemonte I.G.P. Alta Langa, la più buona del mondo”. Degustazioni guidate in abbinamento al Moscato d’Asti Docg in collaborazione con l’Ente Fiera della Nocciola e prodotti tipici dell’Alta Langa. Sabato 4 e domenica 5 novembre 2017 “Il cioccolato degli artigiani pasticceri della Provincia di Cuneo e le pregiate grappe piemontesi”, in collaborazione con la Confartigianato Imprese Cuneo e l’Istituto Grappa Piemonte. Sabato 11 e domenica 12 novembre 2017 “Wonderful

Alba Bra Langhe Roero. Il pan ëd Langa incontra la salsiccia di Bra”. Città di Alba e Città di Bra in collaborazione con le rispettive Associazioni Commercianti presentano un weekend ricco di gusto. Sabato 18 e domenica 19 novembre 2017 “Campagna Amica Day – Biologico”, a cura di Coldiretti Cuneo. Sabato 25 e domenica 26 novembre 2017 “I formaggi Dop del Piemonte e la Pera Madernassa”, in collaborazione con l’Onaf e il Consorzio di Tutela e Valorizzazione della Pera Madernassa di Guarene e del Roero.

ALBA: ALTRE DUE CANDIDATURE UNESCO? La Fiera Internazionale del Tartufo farà da cassa di risonanza a due candidature Unesco: la «Cerca e Cavatura del Tartufo in Italia» come Patrimonio Immateriale dell’Umanità, avanzata dall’Associazione Nazionale Città del Tartufo, e l’ingresso della Città di Alba all’interno del network delle Creative Cities. La prima candidatura fa capo all’Associazione Nazionale Città del Tartufo, di cui la Città di Alba fa parte, e riguarda l’inserimento della «Cerca e cavatura del Tartufo in Italia: conoscenze e pratiche tradizionali» all’interno del Patrimonio Immateriale dell’Umanità dell’Unesco. La candidatura, presentata a settembre 2016 dall’Associazione Nazionale Città del Tartufo, ha ricevuto il parere favorevole della Commissione Nazionale Italiana Unesco il 27 marzo scorso ed è stata inviata a Parigi a rappresentare l’Italia per il 2018. L’esito della Commissione Unesco, una volta valutati i

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www.terraetradizione.com requisiti, dovrebbe essere reso pubblico nel corso del 2019. La seconda candidatura, il cui risultato sarà svelato il 31 ottobre 2017, è quella che vede protagonista la Città di Alba che, il 15 giugno di quest’anno, si è candidata a far parte delle Creative Cities Unesco, network internazionale che comprende 166 città in 54 diversi paesi del mondo che hanno fatto della «creatività» in diversi campi del sapere e dell’arte un asset di sviluppo territoriale. Alba si presenta di fronte alla commissione Unesco Creative Cities nel campo della «Gastronomia» e può contare sull’endorsement della Commissione Nazionale Italiana per l’Unesco (CNIU) che, a inizio giugno 2017, ha firmato una lettera ufficiale di sostegno. Attualmente, le Creative Cities Unesco per la Gastronomia contano solo 18 città nel mondo, di cui Parma è l’unica rappresentante italiana.




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