Terra e Tradizione - Agosto 2018

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Anno IX - Agosto 2018 - Free Press

2T Periodico di Alba - Asti e Provincia

Valerio Berruti : l’artista albese apprezzato in tutto il mondo

Alba: la Fiera del Tartufo protagonista degli eventi autunnali

Alba: 7 Ottobre, si corre il Palio degli asini

Asti: la Douja D’or premia la qualità dei vini italiani


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2T Periodico di Alba - Asti e Provincia

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CREDITS

Periodico a diffusione gratuita. Autorizzazione del Tribunale di Asti n. 6/2010 La redazione non si assume responsabilità per variazioni di date, orari e luoghi delle manifestazioni, e ringrazia tutte le Amministrazioni Comunali per la gentile collaborazione. È vietata la riproduzione anche parziale di impaginazione e grafica. Sede legale, Redazione, Pubblicità, Direzione, Progetto grafico, Pubbliche relazioni, Art Director, Proprietà artistica riservata:

Direttore responsabile: Livio Oggero

Testi: Livio Oggero, Diego De Finis, Gianfranco Iovino, Laura Icardi, Cesare Torta, Lucio Rinetti, Ufficio Stampa Gaia Spa, Roberto Cerrato

Foto: redazione Terra & Tradizione, Diego De Finis, Freepik.com, Clic Foto, Davide Dutto, Archivio fotografico Comune di Asti, Wikipedia, Camera di Commercio di Asti, Davide Carletti, Tino Gerbaldo, Studiowiki, Luca Riva Studio per Studiowiki Gli articoli pubblicati esprimono il pensiero dell’autore e non necessariamente quello dell’editore Distribuzione Gratuita

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pag. 14-15 EDITORIALI

Ed ora diventa pericoloso anche viaggiare (A cura di L. Oggero)

RUBRICHE

Logica, lo strumento per conoscere il mondo (A cura di Diego De Finis) Libri di casa nostra (A cura di Gianfranco Jovino) Educazione, rispetto e vergogna (A cura di Cesare Torta) L’assegnazione della casa coniugale (A cura dell’Avv. Lucio Rinetti) Meglio controllare le etichette (A cura di Laura Icardi) Il collegio arbitrale, la giusta opportunità (A cura di Daniela Prevignano) La teoria dei rifiuti zero (A cura di GAIA S.p.a. Asti)

TERRITORIO E TRADIZIONE Consegnati i premi di poesia a Roddi Don Bosco, il santo di strada Fra arte e natura nel Parco Paleontologico astigiano Alba, due mesi di eventi con la Fiera del Tartufo La storica corsa ad Alba, del Palio degli asini Consegnato a S. Stefano Belbo il premio Pavese Asti, la Douja D’or premia i vini italiani Festival delle sagre: si torna indietro nel tempo Dal medioevo, una delle corse più affascinanti

PAG. 16-20 IL PERSONAGGIO: VALERIO BERRUTI l'artista albese che ha conquistato il mondo

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editoriale

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Ed ora diventa pericoloso anche viaggiare… Il direttore Livio Oggero

Quattro ponti caduti in meno di due anni: che cosa succede? Il 14 agosto doveva essere una giornata come tutte le altre, nella settimana in cui le città non fanno il solito rumore, e non hanno lo stesso vestito. Il 14 agosto in Liguria, su Genova, pioveva a dirotto, e non sembrava neanche estate. Tutto ovattato, tutto avvolto nella nebbia causata dall’umidità. Un silenzio quasi surreale nei giorni del Ferragosto. All’improvviso un forte boato, una grande nuvola di polvere: qualche secondo per capire che cosa era appena successo, e la paura, l’incredulità, lo sgomento, hanno preso il posto di quel silenzio. Il vestito della città si è macchiato di sangue: è appena crollata una parte del Ponte Morandi che, come un gigante d’argilla, si è piegato per la rottura di alcuni stralli, portando nel vuoto, verso la morte, i conducenti delle auto e dei camion in transito, spezzandone il filo della vita. Un taglio netto, fatale, e per 43 persone è stato l’ultimo viaggio, mai terminato, finito in modo assurdo fra i quartieri di Sampierdarena e Cornigliano, nel letto del torrente Polcevera, tra le macerie di un ponte inaugurato nel 1967, e, da anni, sotto l’occhio di vigilanza per i problemi di corrosione del cemento armato. E anche in questo caso quindi “si chiude il cancello solo dopo che i buoi sono scappati?”... L’unica domanda che viene spontanea è “Perché?”. Un perché che avrà le sue risposte dopo le varie inchieste che negli anni si succederanno e che sono già iniziate. Ma i problemi alla viabilità in Italia sono disseminati un po’ dappertutto, anche nel nostro Piemonte. Il caso del crollo del cavalcavia sulla tangenziale di Fossano è l’ultimo esempio. E solo la buona sorte, la Provvidenza, la causalità (chiametela come volete) ha evitato che “ci scappasse il morto”. Era il 19 aprile

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2017 e, a distanza di quasi un anno e mezzo, la tangenziale è stata sì riaperta, ma non ai camion. E anche qui il “mistero” del crollo continua… Ma sono molti gli esempi di ponti o cavalcavia “pericolosi” in Italia, tenuti sotto osservazione. Però non basta! Forse ci vuole maggiore attenzione alle infrastrutture della nostra viabilità: le arterie non possono essere occluse, come le vene periferiche perché ne va della circolazione generale! L’Italia ha una rete di strade capillare, come il sistema circolatorio del nostro corpo: se ci si tiene alla salute si previene anche, e non si osserva solo! Puntare il dito dopo le disgrazie sembra invece essere diventato lo “sport nazionale”… Non entro nel merito perché ce ne sarebbe per tutti, e non è mio stile criticare in modo non costruttivo. Non mi piace puntare il dito… Termino la mia riflessione con un dato poco simpatico, quasi “sinistro”: negli ultimi due anni sono crollati quattro ponti. Nell’ordine: Lecco, 28 ottobre 2016, il cavalcavia lungo la Statale 36 Milano – Lecco, che collega i Comuni di Cesana Brianza e Annone (Lecco), crolla all’improvviso sotto il peso di un Tir che schiaccia due auto in transito. Bilancio: un morto e cinque feriti di cui tre bambini. Il 9 marzo 2017 ad Osimo crolla un cavalcavia sulla A14 tra Ancona Sud - Osimo e Loreto su cui si stavano effettuando lavori: due morti e due feriti. Come scritto prima il 18 aprile 2017 a Fossano cede all’improvviso il ponte della tangenziale e schiaccia un’auto dei Carabinieri che, accortisi che qualcosa non andava, si erano allontanando in tempo. E per ultimo il Ponte Morandi, sperando che sia veramente l’ultima grave ferita al nostro Bel Paese.


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Logica, lo strumento per conoscere il mondo A cura di Diego De Finis

Ovvero come cercare di distinguere il vero dal falso Quali sono gli strumenti del filosofo? È già stato accennato nella primo intervento di questa rubrica: il filosofo intende scoprire la verità attraverso la ragione, dunque attraverso la logica. Per questo la sua ricerca è puramente logica. Quasi tutti i filosofi hanno anche cercato di affinare i propri strumenti di ricerca, a dimostrazione che nulla in filosofia può essere dato per scontato, ma soprattutto che men che mai nel campo del linguaggio esistono convinzioni condivise da tutti. Il problema è che anche sulla definizione di vero e di falso sono state fatte ricerche, peraltro si tratta di una questione importantissima, scoprire in che modo si sbaglia (e quale sia poi la strada giusta da percorrere) implicherebbe un passo fondamentale nel campo della filosofia. Fin dai primi pensatori dell’antica Grecia, la logica si è legata strettamente alla matematica, già i filosofi greci pensavano fossero strettamente connesse. Seguendo il grande schema (un po’ grossolano) esposto nelle ultime due puntate anche la logica si può dividere in due grandi tipi di ragionamento differenti, la deduzione e l’induzione. Per Platone e Aristotele il metodo deduttivo è quello classico da utilizzare per il ragionamento filosofico. Come indica lo stesso nome la deduzione parte da un principio, che il filosofo considera un punto fermo indiscutibile, per “dedurre”, attraverso passaggi logici concatenati e rigorosi, tutta una serie di importanti conseguenze. In questo modo si dovrebbe raggiungere necessariamente una verità, posto che la concatenazione di passaggi logici sia davvero rigorosa. Il problema si pone però nello stabilire se davvero il punto di partenza sia davvero una verità indiscutibile. In tempi moderni alcuni filosofi che hanno basato la propria ricerca sull’importanza dell’esperienza hanno sviluppato le proprie ricerche verso l’induzione. Si tratta del metodo per cui dalla raccolta di tanti dati particolari (per esempio constatare che i corvi sono generalmente neri) arrivare alla conclusione generale che tutti i corvi sono neri. Questo sembra un sistema più ancorato alla raccolta di dati di fatto, ma presenta il problema dell’impossibilità di raccogliere sempre davvero tutti i dati necessari. Nel Novecento la ricerca sulla logica ha continuato ad essere strettamente legata alla matematica, subendo comunque un grande impulso grazie a personalità di altissimo rilievo. Una di queste è certamente il filosofo austriaco Ludwig Wittgenstein, genio poliedrico che ha scritto un testo fondamentale in questo campo, diventato una pietra miliare. Sembra incredibile, eppure il suo “Tractatus logico-philosophicus” è stato scritto mentre combatteva la Prima guerra mondiale, è stato anche sul fronte italiano, sull’Altopiano di Asiago ed è stato imprigionato nel 1918, per rientrare in patria nel

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1919. Fortemente influenzato dal Cristianesimo decise di vivere una vita dignitosa, ma senza lussi o inutili orpelli, solo con l’essenziale. Anche la sua ricerca sulla logica era così. Il suo libro era di circa 70 pagine, asciutto, privo di retorica, tanto che l’editore si decise a pubblicarlo grazie anche all’Introduzione di Bertrand Russel. In esso il testo è diviso in sette asserzioni principali seguite da commenti conseguenti. La prima è quasi certamente la più importante: “Il mondo è tutto ciò che accade” Il filosofo austriaco in sostanza afferma che la logica non descrive oggetti (per esempio “la sedia”) ma fatti, ovvero situazioni (per esempio “la sedia traballa”). Il mondo è fatto di questi fatti atomici. Le proposizioni, come quella appena presentata sono di fatto immagini di questi fatti e in loro non possono essere ne vere ne false, solo la corrispondenza con la realtà può determinarne il grado di verità. Il testo è densissimo ed è stato soggetto a tante interpretazioni. L’affermazione che lo conclude forse è la più celebre: “Su ciò di cui non si è in grado di parlare, si deve tacere”. Forse convinto di aver scritto il testo definitivo sulla logica e alla luce dell’ultima affermazione decise di ritirarsi dalla ricerca filosofica e svolse il mestiere di maestro elementare in Austria per alcuni anni. Pubblicò il suo secondo e ultimo libro in vita, il “Dizionario per le scuole elementari”. Ma alcune interpretazioni al “Tractatus” che considerava errate e il dibattito che questo aveva suscitato in ambiente accademico lo spinsero a tornare alla ricerca. Siamo all’inizio degli anni ‘30 e nell’Europa continentale spira l’aria dell’antisemitismo. Lui era Ebreo e nel 1929 prese la cittadinanza inglese, diventando professore a Cambridge. Di qui ricomincia una lunga ricerca nel campo della logica che non lo porterà a conclusioni definitive. Non pubblicò infatti altri libri in vita, il frutto delle sue riflessioni è stato pubblicato postumo in libri che hanno preso il nome di colori: “blu”, “marrone”. Una delle teorie più affascinanti di questa fase è quella dei “Giochi linguistici”, per la quale il linguaggio assume un carattere creativo, con infinite possibilità. Wittgenstein è morto a Cambridge nel 1951.


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Libri di “casa nostra”: a cura di: Gianfranco Iovino giornalista e scrittore

da chi li scrive a chi li legge Al consueto appuntamento con i consigli alla lettura su “libri ed autori di casa nostra” questo mese suggeriamo la lettura di 2 titoli di fresca uscita che ci hanno ben impressionato per stile narrativo, efficacia di linguaggio e interesse di trama. Partiamo con “A TORINO NON CI SONO SCORCIATOIE” (Araba Fenice editore) dell’autrice Elena Occleppo che nel suo nuovo lavoro editoriale ci racconta del giovane Vincenzo, un tatuatore che abita nel quadrilatero romano, cuore antico di Torino. E’ nato a Torino, da genitori emigranti meridionali, ma ama così tanto la sua città al punto da specializzarsi nel disegnare sul corpo dei propri clienti i monumenti della capitale sabauda. Vincenzo è un personaggio comune, facile da incontrare nella vita di ognuno di noi: ha una madre meravigliosa, un amore del passato che gli ha sempre impedito di scegliere una vita affettiva migliore, e tantissimi amici, torinesi e non. Non gli piace allontanarsi dal suo quartiere, perché gli basta la vita, gli spazi e le persone che gli animano le giornate, ma un giorno tutto cambierà, stravolgendo la vita del giovane tatuatore artistico, permettendo ai lettori di avventurarsi in uno straordinario viaggio nella Torino contemporanea, grazie all’abile penna letteraria di Elena Occleppo, nata ad Ivrea nel 1967 ed attualmente residente a Torino, che sa rendere il libro assolutamente affascinante, sia per i piemontesi di sempre che per i nuovi arrivati, così da diventare quasi una guida alla scoperta di posti unici e un po’ magici. Laureata in Architettura, l’autrice lavora al CSI Piemonte, nel settore territoriale cartografico. Ha scritto poesie e racconti brevi che gli hanno permesso di raccogliere molti riconoscimenti importanti. Nel 2016 ha debuttato con l’opera prima “L’attimo infinito, diario di una malattia” con cui ha raccontato la sua odissea personale, pubblicato da Talos Edizioni.

Il secondo libro che vi consigliamo, porta la firma di Lorenzo Matta, un laureato in Storia Contemporanea all’Università di Torino, nato ad Asti nel 1991 dove, nel cuore della città, oggi gestisce una struttura di accoglienza turistica e che, nel 2016 ha pubblicato la “Guida di Asti e del suo territorio”, scritta insieme ad Alessandro Besio. Il titolo è “ IL COMPLOTTO DEL BENE” (Saletti Editore) ed è il riassunto approfondito di un periodo preciso della seconda guerra mondiale: novembre 1942 al settembre 1943, arco temporale in cui il Regio Esercito

occupò una parte della Francia meridionale, e la Costa Azzurra, la Savoia e il Delfinato divennero il riparo involontario ed imprevisto di migliaia di ebrei che cercarono rifugio nella zona di occupazione italiana, in un periodo storico in cui l’Europa era dominata dal nazifascismo e l’Italia era il principale alleato della Germania nazista ma che, nonostante tutto, seppe rifiutare con fermezza, la deportazione degli ebrei rifugiati nella loro zona di occupazione, riservandosi il diritto di proteggere una parte di un quel popolo che lo stesso Reich tedesco aveva deciso di distruggere. Una bella storia che merita certamente di essere letta e raccontata.

Non ci resta che congedarci chiedendovi di segnalarci i libri di autori locali, ed augurando a tutti una buona lettura! 7


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Educazione, rispetto e vergogna A cura del sociologo Cesare Torta

Chi ricorda ancora queste parole? Eppure sono necessarie più che mai I fenomeni sociali e i modi di pensare prevalenti, è risaputo, sono complessi e difficili da interpretare, in particolare nelle loro cause iniziali, nel loro sviluppo che il più delle volte si manifesta in tempi e luoghi diversi ma che finisce per caratterizzare momenti storici che accomunano molti paesi anche lontani tra di loro. Questo non fa che rafforzare la constatazione che il mondo globale è sempre più interconnesso e che ciò che accade in una parte del mondo finisce per influenzare anche le restanti parti. L’ondata di populismo e di sovranismo che per semplicità noi definiremo “l’era dell’ognuno pensi per sé e gli altri si arrangino” non può essere capitata così per caso sia in America sia in Europa. Ognuno trovi le ragioni di questa tendenza che condiziona la politica in generale e molti rapporti tra le persone e gli stati, quello che è certo è che assistiamo al prevalere di sentimenti di ostilità e chiusura verso gli “altri” e al rafforzamento di concetti come il patriottismo, l’autarchia, l’identità. Sulla cresta dell’onda veleggiano parole di primato in base al territorio, alla lingua e alla razza, spesso ali-

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mentate dalla paura nei confronti degli altri che rappresentano un pericolo in grado di scalfire il nostro livello di benessere. Non ancora morte ma moribonde parole come educazione, rispetto e vergogna. Ho già premesso quanto siano complessi fenomeni di questo tipo. Permettetemi però di azzardare una chiave di lettura che prende lo spunto proprio dal progressivo decadimento dell’importanza dei valori che queste tre parole rappresentano. L’educazione è sempre stata alla base della formazione dei giovani ed è costituita da una serie di regole da rispettare per essere considerati buoni cittadini, sia in famiglia sia nella società. I componenti dei gruppi sociali apprezzano e valorizzano le persone educate e sanzionano i maleducati. Il rispetto verso le altre persone, tutte, anche chi non la pensa come noi, è una componente essenziale dell’educazione. Se allarghiamo il campo al concetto di “education” cioè alla formazione e alle conoscenze di cui si interessa l’istituzione scolastica completiamo l’ambizioso progetto di formazione dell’uomo sociale cioè del cittadino della moderna democrazia che gode di diritti ed ha dei doveri nei confronti della società. La svalutazione dell’educazione e del rispetto si son trascinate dietro la perdita della vergogna. Dal momento che i comportamenti devianti e negativi non sono più sanzionati dalla società e dalle elite politiche che stanno conquistando il potere un po’ ovunque, non c’è più bisogno di vergognarsi. Le forme con cui si manifesta questa tendenza sono molteplici ma, per cercare di semplificare al massimo, alla base di tutto c’è l’atavico istinto di sopravvivenza ben descritto dal filosofo inglese Thomas Hobbes vissuto nel 17° secolo, che riteneva che nello stato di natura ogni singolo individuo tende ad acquisire per sé tutto ciò che serve alla propria conservazione e questo lo porta in conflitto con gli altri che hanno la stessa esigenza. Questo provoca un eterno conflitto tra gli uomini per cui ogni singolo diventa lupo per ogni altro uomo (homo homini lupus). Dopo anni di rivoluzioni, lotte civili e conflitti di tutti i tipi l’umanità ha fatto passi da gigante nel cammino per la conquista di diritti umani e di forme democratiche di convivenza civile quali sono le moderne democrazie. Conquiste che evidentemente non sono mai da considerarsi definitivamente acquisite.


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L’assegnazione della casa coniugale. Solo in presenza di figli e a determinate condizioni L’assegnazione della casa familiare (o casa coniugale, gli aggettivi sono infatti sinonimi) è sicuramente uno degli aspetti più delicati su cui si concentrano le richieste dei coniugi in fase di separazione o in vista del successivo divorzio. L’immobile infatti può – in mancanza di accordo - essere assegnato ad uno dei due coniugi, e ciò a prescindere dalla titolarità della proprietà, in presenza di figli: - minori; - maggiorenni non economicamente autosufficienti; - portatori di handicap. La normativa di riferimento che disciplina tale istituto è l’art. 337 sexies del codice civile, secondo il quale, infatti: “Il godimento della casa familiare è attribuito tenendo prioritariamente conto dell’interesse dei figli. Dell’assegnazione il Giudice tiene conto nella regolazione dei rapporti economici tra i genitori, considerato l’eventuale titolo di proprietà. Che cosa si intende per casa familiare? La casa familiare è il luogo di dimora stabile all’interno del quale si svolge con continuità la vita dei coniugi e dei figli la cui accezione comprende tutte le pertinenze della stessa, quali mobili, arredi, ecc… con l’esclusione dei beni strettamente personali. A chi viene assegnata la casa coniugale? Come detto, condicio sine qua non per l’assegnazione della casa coniugale è che la coppia abbia avuto figli e questi siano minorenni o maggiorenni non autosufficienti, o portatori di handicap. Il provvedimento di assegnazione però non equivale a un trasferimento della proprietà dell’immobile, bensì come si ricava dal tenore letterale della legge, trattasi di un diritto personale di godimento avvicinabile alla locazione o al comodato. Il Giudice assegna la casa coniugale al coniuge presso cui vengono accollati i figli: ciò significa che a prescindere dalla proprietà il magistrato è tenuto ad attribuire il godimento della casa coniugale al genitore convivente con i figli, fino al raggiungimento della maggiore età o dell’ indipendenza economica di questi ultimi.

Chi deve pagare il mutuo, le bollette e le spese condominiali? Il pagamento delle rate del mutuo spetta al proprietario dell’immobile. Naturalmente il Giudice potrà tenere conto di questa circostanza ai fini della determinazione del quantum dell’ assegno di mantenimento. Se invece il mutuo è cointestato, l’importo continuerà a gravare al 50% su entrambi i titolari. Il coniuge a cui è stata assegnata la casa coniugale è tenuto invece - salvo provvedimento diverso - a corrispondere il pagamento delle rate condominiali ordinarie e più in generale, tutte le voci di spesa connesse quali a titolo esemplificativo: bollette luce e gas, tassa rifiuti, canone tv. La trascrizione del provvedimento. Il provvedimento di assegnazione della casa familiare deve essere trascritto. È quanto prevede l’ art. 337-sexies c.c. la cui finalità è giocoforza quella di rendere opponibile a terzi il diritto dell’ assegnatario. Chi deve pagare l’affitto? Se l’intestatario del contratto è anche il genitore affidatario, il rapporto procederà senza soluzione di continuità, viceversa se il contratto è intestato al genitore estromesso o a entrambi i coniugi, in caso di separazione subentra il solo coniuge a cui è assegnata la casa familiare. Il coniuge assegnatario della casa succede ex lege nel contratto locatizio, con la conseguenza che il rapporto in capo al coniuge originario conduttore si estingue. L’assegnatario è pertanto tenuto, a partire dalla data del provvedimento, al pagamento dei canoni di locazione e delle spese connesse. Tale modifica contrattuale, verrà formalizzata con l’invio al locatore di una raccomandata con avviso di ritorno. Quando si perde l’assegnazione della casa familiare? Diversi sono i casi in cui si può vedere revocata l’assegnazione e precisamente: - mancata abitazione stabile nella casa di assegnazione; - convivenza more uxorio o nuovo matrimonio; - cessazione irreversibile della convivenza da parte della prole con il genitore assegnatario. In tali casi, il coniuge non assegnatario può agire avanti al Giudice per chiedere un provvedimento di revoca dell’assegnazione della casa coniugale.

Avv. Lucio Rinetti P.zza Medici, 16 - Asti - Tel. 0141 592777 studio@avvocatorinetti.com www.avvocatorinetti.com 9

informazione publiredazionale

A cura dell’Avvocato Lucio Rinetti


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Cibi… senza, senza, senza…. A cura della dott.ssa Laura Icardi

Leggere gli ingredienti in etichetta è importante! Negli ultimi tempi, tra gli scaffali dei negozi e dei supermercati, si notano sempre più etichette che vantano a colori sgargianti cosa in quel prodotto non c’è inducendoci a pensare che un cibo è salutare quando preparato senza determinati ingredienti e non perché contiene ingredienti nobili e di qualità! L’altro giorno ho trovato una confezione di biscotti su cui era riportato: senza glutine, senza zuccheri aggiunti, senza lattosio, senza uova, senza sale, senza olio di palma….. nell’idea comune un biscotto è fatto con farina (glutine), latte e burro (lattosio), uova, zucchero…quindi non era un biscotto perché non conteneva neanche uno degli ingredienti classici!!! Queste campagne commerciali che esaltano assenze piuttosto che qualità hanno l’effetto ingannevole di

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farci credere che un prodotto che non contiene certi ingredienti sia più salutare di un suo simile che non vanta le assenze o li contiene. Con questo non voglio accusare le aziende che adottano certi messaggi perché i messaggi pubblicitari rispondono all’esigenza dei consumatori. In pratica, se si diffonde il messaggio che l’olio di palma sia dannoso, i consumatori cercano prodotti che indichino che non è presente. È molto più facile, e nell’idea comune più sicuro, affidarsi ad un claim che leggere gli ingredienti! A questo punto, il marketing di un produttore, per non vedere crollare le vendite del suo prodotto, sarà “costretto” a inserire l’indicazione “senza olio di palma”. Negli ultimi anni abbiamo assistito alla diffusione di moltissimi messaggi che mettevano al bando ingredienti considerati, spesso senza motivi o ragioni evidenti, come non salutari e questo ha portato al fiorire di messaggi in negativo! Contemporaneamente, dal momento che l’attenzione del consumatore si è concentrata su cosa non doveva esserci, si sono ridotti i messaggi di “cosa c’è”. Così la qualità di un prodotto viene misurata sulle assenze e non, come dovrebbe essere, sul reale contenuto o le modalità di preparazione. Vero anche che, quando un messaggio funziona, c’è chi ne approfitta con messaggi esagerati e a volte distorti e ingannevoli. La legge (Reg. 1169/2011) impone che le informazioni rivolte al consumatore, siano esse sulla confezione di un prodotto o contenute in un annuncio pubblicitario, non devono indurlo in errore rispetto all’origine, alla natura, alle caratteristiche o alle proprietà di quell’alimento o di quella bevanda. Inoltre il claim pubblicitario non deve attribuire arbitrariamente al prodotto caratteristiche proprie della categoria a cui appartiene, pena il rischio di indurlo in errore sulla natura dell’alimento stesso. Per esempio, è ingannevole riportare l’indicazione “senza glutine” su un succo di frutta o una bibita perché nessun succo o bibita contiene glutine mentre è lecito riportare l’indicazione su una torta perché normalmente le torte contengono farina con glutine. Inganni a parte, siamo noi consumatori che governiamo il mercato e se fossimo più accorti non ci sarebbe bisogno di nessuna legge per proteggerci. Non siamo vittime indifese, siamo persone in grado di scegliere e il mercato offre, per definizione, quanto viene chiesto!


rubrica Dobbiamo smettere di credere ad urlatori di messaggi salutistici che, spesso senza competenze, esagerano i fatti e non danno spiegazioni. Dobbiamo smettere di lasciarci abbindolare da messaggi che sembrano far tutto semplice e soprattutto permetterci quello che il buon senso o il nostro medico ci vieta; non è che mangiando senza limiti un prodotto senza sale ridurremo l’ipertensione e neppure dimagriremo mangiando prodotti senza zucchero o poveri di grassi se ne mangiamo tre volte tanto! Mi permetto di suggerire alcune semplici strategie per scegliere correttamente i prodotti alimentari da acquistare: 1. Decidere cosa acquistare prima di recarsi al punto vendita e compilare una lista così eviteremo di farci attrarre da un sacco di prodotti inutili. Cosa mangiare lo dobbiamo decidere noi e non chi ha saputo fare le etichette più accattivanti. 2. Escludere tutti i prodotti della categoria che hanno un prezzo troppo alto o troppo basso (i primi spesso non sono giustificati dalla qualità, ma da altri fattori che non c’entrano con l’alimento, i secondi sono certamente stati realizzati con ingredienti di basso prezzo e spesso bassa qualità). 3. Leggere PRIMA DI TUTTO la lista ingredienti e non i messaggi in evidenza o il commento del personaggio famoso ritratto in etichetta. 4. Non lasciarsi attrarre dall’idea di diventare come la snellissima modella fotografata sul pacchetto ingozzandoci di cereali!!! 5. Solo dopo aver letto gli ingredienti, dare un’occhiata alla tabella nutrizionale. Attenzione però, non scegliere un prodotto piuttosto che un altro perché ha 1 Kcal in meno….se meno nutriente o saporito, finiremo per mangiarne il doppio e addio risparmio calorico! 6. Escludere a prescindere tutti i prodotti che offrono gagget o partecipazioni a concorsi a premi…. se per farci scegliere quella marca hanno bisogno di

www.terraetradizione.com regalarci una padella, non hanno nulla di meglio da offrire! 7. Lasciamo perdere prodotti con, senza, senza senza….preferiamo produttori più coraggiosi che non si vantano del “nulla”. 8. Dubitiamo di chi vanta proprietà speciali…. non esistono cibi speciali o miracolosi. 9. Scegliamo i prodotti più semplici, con pochi ingredienti, con confezioni sobrie. Ricordiamo che nel prezzo è compreso l’imballaggio, una lavorazione complessa, il famoso di turno che ci mette la faccia. 10. Non credere ai messaggi epidemici quali “l’olio di palma fa male”, “il burro è nocivo” “meglio mangiare senza glutine” solo perché passano dalla televisione. Siamo nell’era l’informazione facile, scegliamo fonti autorevoli e affidabili, confrontiamo più pareri, ma alla fine usiamo la nostra testa! Se saremo consumatori realmente attenti, se impareremo a scegliere per la sostanza delle cose, il mercato imparerà che non serve bombardarci di messaggi inutili, ma investire le risorse in qualità reale.

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La sanzione disciplinare Il collegio arbitrale, la giusta opportunita’ Non tutti sanno che l’art. 7 della Legge n. 300/1970 prevede, in tema di sanzioni disciplinari, la possibilità di risolvere la controversia sorta fra datore di lavoro e lavoratore con la costituzione di un “Collegio di conciliazione ed arbitrato”, per il tramite dell’Ispettorato territoriale del Lavoro (ITL). Il lavoratore, al quale sia stata applicata una sanzione disciplinare, può quindi adire l’autorità giudiziaria oppure promuovere, direttamente, con il supporto di un professionista o attraverso un’organizzazione sindacale, la costituzione del Collegio. Si tratta di un organo composto da un rappresentante di ciascuna delle parti e da un terzo membro scelto di comune accordo o, in difetto di accordo, nominato dal direttore dell’ITL entro 40 giorni dalla nomina degli arbitri di parte. I termini per la richiesta del lavoratore e per l’adesione del datore di lavoro sono perentori: entro i 20 giorni successivi all’applicazione della sanzione, per il lavoratore, ed entro i 10 giorni dall’invito rivoltagli dall’ITL, per il datore di lavoro. Se quest’ultimo non nomina il proprio rappresentante entro la scadenza suddetta, la sanzione disciplinare non avrà alcun effetto. E’ importante sottolineare che il collegio arbitrale trae origine dalla volontà delle parti di rimettere la loro controversia disciplinare al giudizio degli arbitri, con la possibilità di confermare la sanzione o di diminuirla (ma non di aumentarla). Secondo la giurisprudenza della Corte di Cassazione, la revoca della manifestazione di volontà posta in essere da ciascuna parte, con la conseguente opportunità di adire il giudice del lavoro, è ammessa solo fino al momento in cui gli arbitri non abbiano ancora accettato il mandato. La procedura conciliativa-arbitrale prevede la sospensione della sanzione fino alla pronuncia del Collegio. In particolare, l’effetto sospensivo della sanzione decorre dal momento in cui il datore di lavoro abbia avuto legale notizia (es. con PEC o lettera raccomandata) dell’istanza presentata all’ITL. In merito agli aspetti procedurali, si ritiene che, visto il silenzio della legge, possano essere seguite, per quanto applicabili, le norme del codice di procedura civile previste dal titolo VIII, art. 806 e ss. La forma relativa all’acquisizione delle prove è libera e gli eventuali testimoni convocati non hanno l’obbligo di intervenire né sono sottoposti al vincolo del giuramento.

La decisione del collegio arbitrale è detta “lodo”; va sempre motivata e deve contenere i requisiti essenziali previsti dall’art. 823 c.p.c., fra cui rammentiamo l’indicazione delle parti, il dispositivo, il luogo e la data. Il lodo ha gli effetti di una sentenza nel caso di arbitrato rituale, il quale ricorre quando la clausola compromissoria è prevista da contratti o accordi collettivi di lavoro, mentre nel caso di arbitrato irrituale il lodo ha gli effetti di un contratto. E’ opportuno notare che l’arbitro dissenziente possa non firmare la decisione; il lodo sottoscritto a maggioranza è comunque valido, a condizione che sia stato adottato in presenza di tutti gli arbitri. Qualora gli arbitri non possano arrivare ad un lodo, il collegio dovrà rimettere il mandato alle parti, le quali potranno di conseguenza adire l’autorità giudiziaria. Il collegio di conciliazione ed arbitrato detiene il c.d. “potere di derubricazione”; trattasi della facoltà, qualora ravvisi sproporzionata la sanzione inflitta al dipendente (riconosciuto responsabile), di convertire “in minus” la sanzione disciplinare. Al contrario, il magistrato non può inficiare il potere del datore di lavoro di proporzionare la sanzione in relazione alla gravità del fatto contestato, fatto salvo il rispetto del limite edittale previsto dal CCNL o dal regolamento disciplinare. Il collegio è comunque vincolato al “petitum” (richiesta), dovendo per l’appunto esaminare solo le questioni che siano collegabili direttamente alla sanzione impugnata. In conclusione si ritiene che la procedura arbitrale possa ispirarsi maggiormente, rispetto all’autorità giudiziaria, a principi equitativi, con l’obiettivo più mirato di riportare un clima di serenità e fiducia nel rapporto lavorativo.

Consulente del lavoro Daniela Prevignano Studio in Asti - C.so alla Vittoria, 48 - Tel. 0141 33444 - 0141 530253 daniela.prevignano@gmail.com 12

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A cura della Consulente del lavoro Daniela Prevignano


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Gestione Ambientale Integrata dell'Astigiano S.p.A.

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GAIA e la teoria dei rifiuti zero

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e lo slogan “rifiuti zero” viene capito male si potrebbe pensare a un mondo senza rifiuti, ma questo è impossibile. Il ciclo naturale delle cose, da che mondo è mondo, contempla la produzione di scarti che però in natura vengono riciclati sempre, per quello occorre stare attenti quando si parla di “eliminare il problema rifiuti”. Al massimo si GESTISCE il problema rifiuti, ma è illusorio pensare di eliminarlo. L’obiettivo “rifiuti zero” è perciò da intendere come l’impegno a diminuire, fino ad eliminare se possibile, tutti quegli scarti che tecnicamente sono destinati allo “smaltimento”, cioè ad essere seppelliti in qualche discarica in attesa che i secoli ne blocchino il potere nocivo. I rifiuti che invece si possono recuperare, o meglio SI DEVONO RECUPERARE (ci sono specifici obblighi di legge), esisteranno sempre. Se non vogliamo privare completamente il Pianeta delle risorse che ci mette a disposizione, e vogliamo mantenere uno stile di vita agiato, dovremo per forza recuperare i materiali che scartiamo nei rifiuti senza consumare ulteriori materie prime. Dato che non esiste la possibilità di eliminare il problema dei rifiuti, non esisterà mai un mondo senza rifiuti per cui l’apparente distanza tra il lavoro di GAIA e lo slogan “rifiuti zero” non esiste. L’azienda astigiana a partecipazione pubblica non può desiderare di eliminare i rifiuti, anzi ne ha bisogno come il pane per poter fare business, ma contemporaneamente

plaude l’impegno a raggiungere l’obiettivo di “rifiuti zero” perché significa aumentare i volumi di materiali che si lavorano, selezionano e recuperano, la fondamentale mission di GAIA. A questo punto non sembrerà più strano che GAIA progetti con il WWF la prima Oasi WWF a rifiuti zero. Così come non è strana l’attivata svolta negli anni per incentivare il compostaggio domestico. La cultura del recupero crea opportunità e sviluppo sostenibile, l’economia circolare non è uno slogan e più si sperimentano i vantaggi del recupero, più scarti arrivano ben separati agli impianti di GAIA. Ogni giorno i rifiuti, astigiani e non solo, vengono caricati sui camion per essere trasportati agli impianti di GAIA che si preoccupa di avere sempre spazio per non bloccare la filiera. Allo stesso tempo non si può pensare di continuare a scavare buchi dove ingenuamente nascondere il problema, così come non si può pensare a soluzioni semplicistiche o peggio abbandonarli perché tanto qualcuno se ne occuperà: sarebbe come nascondere la polvere sotto il tappeto, al primo inciampo ritorna tutto a galla, peggio di prima. Non si può facilitare la gestione rifiuti con soluzioni superficiali, occorre impegno, risorse e creatività per intercettare tutti i materiali presenti nei rifiuti, vera e propria risorsa: questa è la strategia dei “rifiuti zero”. •

DEFINIZIONE DI RIFIUTO: qualsiasi sostanza od oggetto di cui il detentore si disfi o abbia deciso o abbia l’obbligo di disfarsi.

SMALTIMENTO RIFIUTI: un rifiuto viene smaltito quando viene depositato in discarica, quando non si prevede più nessuna possibilità di recupero. In provincia di Asti meno del 40% dei rifiuti va allo smaltimento, tutto il resto viene recuperato.

RACCOLTA DIFFERENZIATA: attività necessaria per separare gli scarti ed avviarli al recupero. Se si raccoglie tutto insieme diventa difficile -spesso impossibile- separare i diversi materiali mettendo a rischio la possibilità di recuperarli. Da sola la raccolta differenziata non basta: sono necessari impianti che lavorino e separino ulteriormente i materiali per rendere possibile ed efficiente il recupero. Per esempio la plastica per essere rigenerata dovrà essere divisa a seconda della diversa composizione degli scarti (PET, HDPE, LDPE, PP, PS, PVC…)

G.A.I.A. spa via Brofferio 48 - 14100 Asti Tel. 0141 35.54.08 - Fax 0141 35.38.49 info@gaia.at.it - info@legal.gaia.at.it www.gaia.at.it 13

informazione publiredazionale

“Il recupero come risorsa economica e ambientale”

A cura dell’Ufficio Comunicazione di GAIA Spa – Asti


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l’azienda del mese

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anni dedicati alla macinazione del grano

Il Molino Fruttero torna alle origini per valorizzare la farina di qualità!

Parlare della storia del Molino Fruttero con Gianluca Fruttero, il suo amministratore, significa fare un tuffo nel passato e osservare come è cambiato il mondo contadino negli ultimi 100 anni, sì perché il mulino è nato all'inizio del XX secolo, nel 1912, e oggi è un punto di riferimento non solo per i professionisti del settore, le panetterie e non solo, ma anche per tanti privati che continuano ad acquistare al mulino la farina, come una volta. Allora, quando è nato, produrre farina per gli abitanti della zona, era il suo obiettivo principale, poiché lo era per tutti i mulini. Ma andiamo con ordine. Quando è stata posta la sua prima pietra, il Molino Fruttero non si chiamava così, non era di proprietà della famiglia Fruttero. È stato costruito a Fossano con le pale del mulino che si muovono grazie al Canale di Bra, diramazione del fiume Stura, e si trova lungo via Cuneo, sulla strada che porta verso la capitale della Provincia Granda. Il Molino è stato acquisito dalla famiglia Fruttero nel 1930, veniva da frazione Tagliata sempre a Fossano, dove gestiva una fornace e l'idea del nuovo gestore, Michele Fruttero, era quella di dare alla sua numerosa famiglia, che includeva nove figli, un'azienda che le permettesse di mantenersi. In quel periodo l'attività principale del Molino Fruttero era quella di fornire un servizio agli agricoltori della zona. In un'economia agricola basata ancora molto sulla sussistenza, le famiglie portavano il grano al mulino perché questo venisse trasformato in farina che poi la stessa famiglia utilizzava per fare il pane e tanti altri prodotti alimentari, in sostanza la farina serviva per l'autosostentamento e il Molino era un punto di riferimento molto importante per tutti, come accadeva in tutte le borgate rurali nell'Italia agricola di allora. Naturalmente utilizzava la macina a pietra come tutti i mulini del periodo, che fornivano un prodotto ancora grezzo, poco raffinato, la farina dalla quale si produceva il pane scuro (oggi diremmo integrale) e che veniva consumato da tante famiglie povere. Nei primi anni ‘40 il Molino ha dovuto sopportare i disagi e le difficoltà della guerra, soprattutto nel biennio fra il ‘43 e il ‘45, con l'occupazione dell'esercito nazista nel nord Italia. Per fortuna il mulino non ha subito danni strutturali, ma la famiglia Fruttero ha dovuto sopportare più volte la requisizione del frutto del suo lavoro da parte dell'esercito occupante che aveva la caserma lì vicino. È stato un periodo di fame e privazioni. Fra gli anni '50 e '60 il Molino Fruttero subisce una serie di trasformazioni che gli permettono di restare al passo con i tempi, anzi di essere all'avanguardia. «Il Molino ha cominciato ad emergere grazie a due turbine collegate al canale. Col tempo abbiamo realizzato una piccola centrale idroelettrica che fa funzionare i macchinari del molino. Siamo sempre stati autonomi, prima era l'acqua che muoveva direttamente le pale, poi l'elettricità prodotta dall'acqua stessa, è sempre il Canale di

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Bra a permettere il funzionamento del nostro mulino». Così racconta Gianluca Fruttero, una scelta lungimirante da parte del nonno Michele che ha permesso all'azienda di funzionare nel migliore dei modi in un periodo in cui produrre energia elettrica per conto proprio non era una scelta consueta. Negli anni '60 viene installato il primo mulino a cilindri che è il sistema che utilizzano i mulini ancora oggi, al netto delle innovazioni tecnologiche che nel frattempo si sono susseguite. Questo ha permesso una raffinazione molto più sofisticata, con la realizzazione di un prodotto superiore dal punto di vista qualitativo. Era possibile realizzare la farina da cui nasceva il pane bianco, che era considerato un pane molto buono e che buona parte delle famiglie italiane avevano cominciato ad apprezzare grazie ai prodotti che arrivavano dagli Stati Uniti per merito del Piano Marshall. Le nuove macine permettevano anche la classificazione delle farine, insomma si trattava di un'innovazione davvero importante per il Molino Fruttero. Nel periodo del “Boom economico” è cresciuta notevolmente la produzione del Molino destinata agli artigiani professionisti, ovvero ai panettieri. Ormai la parte preponderante della produzione era interna alla filiera del pane per fornire al consumatore un prodotto finito La parte di farina prodotta per le famiglie contadine diminuiva sempre di più. Nel frattempo i nove figli di Michele, intraprendono altre strade al di fuori della gestione del Molino, solo Francesco Fruttero, padre di Gianluca e Giuseppe Fruttero si dedicano a tempo pieno al mulino ed ai progetti futuri. Nel 1975 è nato Gianluca, che oggi porta avanti l'azienda; questa evolve velocemente, seguendo i cambiamenti della società italiana. La lavorazione col mulino a cilindri si affina e il Molino Fruttero

sempre riusciti a vendere presto il nostro prodotto e i panificatori lo utilizzavano subito» dice Gianluca Fruttero. Un'altra novità che arriva nella seconda metà degli anni '70, consiste nella diffusione delle pizzerie. Queste rappresentano una nuova categoria di artigiani a cui rivendere farina, che si aggiunge ai panettieri. La farina per la pizza deve essere adatta a quel prodotto e il Molino avvia una produzione specifica. Gli anni '90 rappresentano un momento di passaggio per il Molino Fruttero. Da una parte la gestione passa tutta nelle mani di Francesco Fruttero, mentre il fratello Giuseppe va in pensione, inoltre Gianluca conclude il suo percorso di studi, pronto per raccogliere l'eredità di famiglia: «Sono stato uno degli ultimi ad avere studiato all'Arte Bianca di Torino in un corso che formava specificatamente mugnai. Era unico in Italia e venivano studenti da tutti gli angoli della penisola per studiare questa specializzazione. Ora purtroppo è stata abbandonata, le scuole di arte bianca formano solo studenti destinati alla pasticceria. È un peccato, è stata un'esperienza molto bella e importante per la mia formazione. Oggi i mugnai vengono formati in azienda oppure dalle ditte che realizzano le macchine per la produzione di farina». Purtroppo nel 1999 la prematura scomparsa di Francesco spinge Gianluca a prendere in mano le sorti dell'azienda, nella gestione che prosegue tuttora. Oggi il Molino Fruttero recupera alcune preziose caratteristiche del passato, valorizzando anche le buone pratiche che non ha mai abbandonato. La produzione principale è tornata verso il grano autoctono a chilometro zero, con l'intenzione di valorizzare l'agricoltura del territorio. Ne nasce una farina di alta qualità, frutto di un lavoro

riesce a realizzare un prodotto sempre più raffinato, come le farine a doppio zero. «Negli anni '70 la produzione porta a un prodotto più calibrato e in purezza. Il molino ormai serve prevalentemente professionisti, ovvero i panificatori. Il livello di qualità cresce sempre di più, sia dal punto di vista organolettico, che da quello visivo, la farina è la base di un pane digeribile, di gusto elevato ed appetibile. La produzione delle panetteria ormai si è diversificata e anche noi seguiamo questa tendenza, realizziamo vari tipi di farine a seconda delle richieste, quella adatta a fare il pane, quella per i grissini, quella per i dolci. Anche la scelta del grano si allarga. Prima si prendeva soprattutto quello del circondario, della nostra zona, mentre dagli anni '70 l’offerta di questa materia prima aumenta, e si è sempre alla ricerca del grano migliore a seconda delle esigenze, in Italia , ma anche all'estero. Il Molino Fruttero ha sempre puntato soprattutto sulla qualità, e le nuove tecniche di lavorazione ci hanno permesso di incrementare anche la quantità. In tutta la storia dell'azienda è sempre stata realizzata farina col germe di grano, che è la parte viva della farina, quella che le dona maggiore gusto e profumo. In quel periodo molti produttori rinunciarono al germe perché la farina avesse una più lunga conservazione, ma noi non abbiamo seguito questa strada, il problema della conservazione non si poneva, perché siamo

attento di collaborazione interno alla filiera. La produzione viene realizzata certo con i mulini a cilindro, ma anche con le macine a pietra, simili a quelle che venivano utilizzate alla nascita del Molino. Questo con l'obiettivo di ottenere farine più grezze, ricche di sali minerali, prodotti più naturali. La produzione si diversifica sempre con uno sguardo attento alla qualità: «C'è una stretta collaborazione con gli agricoltori che forniscono il grano al mulino, un lavoro condiviso che viene portato avanti tutto l'anno e non si limita al mero acquisto da parte nostra del grano» conferma Gianluca Fruttero. Un altro aspetto della valorizzazione delle buone abitudini delle origini consiste nello sviluppo della vendita al minuto delle farine. In realtà il Molino Fruttero non ha mai abbandonato del tutto il rapporto con gli acquirenti privati. Certo, quando è nato, la sua produzione era soprattutto frutto dell'esigenza delle famiglie della zona di macinare il proprio grano per ottenere farina, ora le cose sono cambiate, ma il mulino si è nuovamente rivolto alle esigenze dei consumatori, aprendo uno spaccio di rivendita al minuto delle proprie farine e prodotti artigianali. Visitate il nostro nuovo sito: www.molinofruttero.it A cento anni di distanza dalla sua nascita, il Molino Fruttero, porta avanti tante delle istanze per le quali era stato fondato, con lo sguardo nuovo e le tecnologie del XXI secolo.

Molino Fruttero - San Sebastiano (CN) - V. Cuneo, 139 - Tel. 0172 633392 - molino@molinofruttero.it ...e se volete raccontarci la vostra azienda telefonate a Terra & Tradizione 0173 290797 - ALBA 2T Periodico di Alba - Asti e Provincia

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l’intervista

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Valerio Berruti, l'artista albese che ha conquistato il mondo

Su questo numero di Terra & Tradizione vogliamo presentare al pubblico un artista albese molto importante che ha conquistato la critica internazionale con le sue opere d'arte proponendole in tutto il mondo e che in occasione della Fiera internazionale del Tartufo bianco D'Alba che è alle porte, propone una mostra personale nella chiesa di San Domenico intitolata “La storia di Nina”, che illustra il suo ultimo lavoro d'animazione con lo stesso titolo, realizzato insieme al musicista Ludovico Einaudi 16


l’intervista

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l’intervista

www.terraetradizione.com Valerio Berruti è nato ad Alba nel 1977 e ha conquistato molto presto la ribalta artistica internazionale. Nella sua carriera ha attraversato tanti campi dell'arte figurativa. Laureato in critica d’arte al D.A.M.S. di Torino, vive e lavora a Verduno in una chiesa sconsacrata del XVII secolo che ha acquistato e restaurato nel 1995. I primi riconoscimenti sono arrivati all'inizio del secolo, nel 2004 ha vinto il Premio Celeste e il Premio Pagine Bianche d'Autore della Regione Piemonte, nel 2005 è stato selezionato dall'International Studio and Curatorial Program di New York. Nel 2007 ha partecipato alla mostra collettiva “Uniforms and costumes” presso l'Herzliya Museum of Contemporary Art in Israele e al “48' October Salon” di Belgrado; è stato selezionato per una delle residenze più importanti d’Europa, la “Dena Foundation for Contemporary Art” a Parigi. Tra gli eventi internazionali del 2008 si ricordano la mostra personale “Magnificat” alla Keumsan Gallery di Seoul, la collettiva “Detour”, presso il Centre Pompidou di Parigi. Nel 2009 espone la sua installazione “E più non dimandare”, alla Galleria Civica di Modena, nello stesso anno è il più giovane artista del Padiglione Italia della 53ª Biennale di Venezia con la video-animazione: “La figlia di Isacco”, con la colonna sonora di Paolo Conte. Nel 2011 la sua personale “Kizuna” (con un video con le musiche appositamente realizzate dal maestro Ryuichi Sakamoto) era al Pola Museum di Tokyo. A settembre a Belgrado ha esposto al City Museum, e l’installazione “La rivoluzione terrestre”, curata da Andrea Viliani, con musiche di Alessandro Mannarino, compariva nella Chiesa di San Domenico ad Alba. Nel 2012 ha esposto la personale “Udaka” alla Nirox Foundation a Johannesburg e nel 2013 ha proposto allo Spazio NonostanteMarras di Milano, l’installazione “Il momento in cui i nostri occhi si incontrano”, a cura di Francesca Alfano Miglietti e, nelle Langhe la personale “Dove il cielo s’attacca alla collina” con testo di Angela Vettese. Nel 2014 ha realizzato la copertina dell’ultimo libro di Andrea Bajani “La vita non è in ordine alfabetico” edito da Einaudi, e ha presenta a Pietrasanta la mostra “Così sia”; ha partecipato alla Biennale Italia-Cina a Pechino. Nel 2015 la sua opera “Udaka” è stata esposta nella mostra “Holy Mystery”, organizzata alla Chiesa del Santo Volto di Torino, in occasione dell’ostensione della Sacra Sindone. Recentemente Berruti è stato protagonista su Sky Arte dello speciale “Tra cielo e terra” della serie “Ritratti” a cura di Francesca Priori. Nel 2016 le 5 sculture monumentali “Just Kids” sono state esposte in Piazza Duomo a Verona in prossimità della meravigliosa Cattedrale romanica di Santa Maria Matricolare. A partire dal 15 ottobre 2017 la galleria Al Blu di Prussia di Napoli ha ospitato la sua personale “Out of your own” a cura di Maria Savarese. Infine quest'anno a febbraio la sua opera monumentale “Just Kids” è stata scelta per il progetto Polis/ Artworks, a cura di Angela Vettese, che ha diffuso opere d’arte nel centro di Bologna in occasione di Artefiera. Le cinque grandi sculture in alluminio sono state esposte nel cortile di Palazzo D’Accursio in Piazza Maggiore. A marzo l’artista ha portato la sua ultima produzione “Endless Love” all’Istituto Italiano di Cultura di Los Angeles in occasione della Giornata Italiana del Design e ha ritirato il premio “IIC Creativity Award”, riconoscimento all’eccellenza italiana nel mondo. Quali sono state le tappe più importanti nella sua attività artistica? Nel 2005 sono stato selezionato dall'International Studio and Curatorial Program di New York dove ho vissuto e lavorato per un anno. Sicuramente il mio primo grande traguardo è stata la partecipazione alla Biennale di Venezia nel 2009 dove ho portato la mia videoanimazione “La figlia di Isacco” con la colonna sonora ideata appositamente da Paolo Conte.

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l’intervista

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Normalmente gli artisti vengono “incasellati” in movimenti e correnti artistiche, questo vale anche per lei? Riconosce in un altro artista un maestro o comunque un'importante punto di riferimento? Non mi riconosco in nessun movimento se non in quello del figurativismo contemporaneo, che più che essere un movimento è un genere. Ovviamente ho molti artisti di riferimento, nella storia direi Egon Schiele e nel contemporaneo Yoshitomo Nara e Olafur Eliasson sono fra i miei preferiti. È diventato celebre, anche fuori dallo stretto ambito degli addetti ai lavori, per le sue rappresentazioni dei bambini. Cosa vede nel mondo dell'infanzia? Perché questa ispirazione? Per me i bambini sono una metafora, rappresentano il momento della vita in cui tutto può ancora avvenire, dove nessuna strada è ancora stata delineata. In quel periodo siamo tutti uguali e con infinite possibilità davanti a noi. Questo è il motivo per cui nelle mie opere è facile specchiarsi.

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l’intervista

Lei è un artista poliedrico, passa dalla pittura alla scultura. Quale forma espressiva preferisce? E quale ha utilizzato maggiormente fino a oggi? Credo che ogni concetto che voglio esprimere abbia un suo “media”, non riesco a concentrarmi su un genere o su una tecnica. Intendo dire: quel che comunico con la pittura non potrei mai esprimerlo con la scultura, così come quel che voglio far passare con l'animazione non potrebbe avvenire con il disegno. A seconda del progetto penso ci sia una giusta tecnica che lo può rappresentare, se non sono capace cerco di imparare! Quest'anno propone ad Alba, alla Fiera del Tartufo, una mostra “La storia di Nina” nella chiesa di San Domenico. Nel 2011 aveva presentato “La rivoluzione terrestre”. Trova la città di Alba una buona sede per le sue esposizioni? Ovviamente per me esporre nella mia città ha un valore principalmente affettivo, ma trovo che la Chiesa di San Domenico sia uno spazio meraviglioso e spero davvero che possa essere sempre utilizzato per grandi mostre. La sua attività artistica si svolge ad Alba e nelle Langhe. Questi luoghi sono una fonte di ispirazione per lei? Qual è il suo rapporto col nostro territorio? Io sono profondamente langhetto. Lo dicono i miei geni, lo dicono i miei gusti, lo dicono i miei valori e an-

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che i miei difetti. Viaggio in tutto il mondo, ma questo è davvero l’unico luogo in cui mi interessa vivere. La mostra albese illustra il suo ultimo progetto artistico: “La storia di Nina”, un cortometraggio d'animazione realizzato in collaborazione con Ludovico Einaudi, che ne ha curato la colona sonora. Può parlarci del progetto? Tutto è nato dal fatto che Sky Arte, che ben conosce il mio lavoro, ha deciso di investire su di me per realizzare un corto d’animazione che fosse diametralmente opposto a ciò che si può fare oggi con computer grafica ed effetti speciali. Ho accettato la sfida e adattato una storia scritta dal mio amico Filippo Bessone. In questo progetto totalmente Made in Langa non poteva mancare la nostra più grande eccellenza a livello musicale. Ludovico Einaudi con la sua composizione riuscirà a far parlare la mia opera. Quali sono i suoi progetti futuri? Nel 2019 il cortometraggio parteciperà ai più importanti festival di cinema internazionale. Io a quel punto non potrò che limitarmi ad incrociare le dita e intanto progetto nuove mostre tra gli Stati Uniti e il Giappone.


territorio

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Domenica 26 agosto consegnato il Premio Roddi In Langa premiate le migliori poesie in Italiano e Piemontese C'era tanta emozione fra tutti i premiati, soprattutto fra i più giovani, domenica 26 agosto a Roddi, durante la cerimonia di consegna del “Premio Roddi” concorso di poesia promosso dall'associazione culturale “Premio Roddi” che ha assunto ormai un respiro nazionale, visto che sono state oltre 500 le opere giunte alla manifestazione da tutta la penisola, dal Piemonte naturalmente, ma anche da Valle D'Aosta, Emilia, Liguria, Lazio, Marche. Il concorso è ormai una realtà consolidata nel panorama culturale langarolo, essendo giunto quest'anno alla XXIII edizione (nato nel 1996). A fare gli onori di casa, come avviene ormai da tempo, il professor Giovanni Tesio e Riccardo Corino, insieme a tutti i membri della Giuria e ai componenti dell'associazione promotrice, guidata da Margherita Vaira. La premiazione si è svolta come di consueto nello splendido cortile all'ombra del castello medievale a partire dalle 16.30. Come di consueto l'iniziativa ha premiato i giovani, grazie alla sezione loro intitolata, dedicata a Alba Beccaria, a sua volta divisa in varie fasce d'età, fra bambini, ragazzi e i più grandi. Poi c'era il concorso principale, diviso fra le sezioni “Lingua italiana” e “Lingua piemontese”. Un premio speciale è stato destinato a un'opera dedicata allo spazio e allo spirito di un paese di Langa, Roero e Monferrato. Per quanto riguarda il concorso generale in lingua italiana la vittoria è andata a Leone D'Ambrosio di Latina per la composizione “Fino alla fine”, seguito da Fabrizio Brignone di Cuneo che ha scritto “Tu dovevi ancora uscire alla vita”; per la sezione in lingua piemontese il riconoscimento è andato a Daniele Ponsero di Torino per il componimento “Pere”, seguito da Nicola Peretti di Cavallermaggiore che ha scritto “Coscrit”.

Per quanto riguarda il Premio Alba Beccaria, dedicata ai giovani poeti, la sezione bambini ha visto primeggiare Pietro Capetta della scuola primaria Rodari di Alba con la poesia “Fiocchi”, seguito da Stella Ruggeri, (con la poesia “Come un anello e la sua perla”) e da Valeria Varagnolo (autrice di “Guardo fuori dalla finestra”) entrambe della stessa scuola del vincitore. Nella sezione “Ragazzi, il premio è andato a Vilfredo Rabino, studente del Liceo Classico “Govone” di Alba per il componimento “Venerdì santo”; alle sue spalle Marianna Faccenda, anche lei studentessa del Classico di Alba (autrice di “Estate”) e Gaia Rustichelli, dell'Istituto comprensivo di La Morra, che ha scritto “Il mare”. Infine nella sezione “Giovani” ha vinto Chiara Armando di Cuneo, autrice de “L'imperfezione degli anni ribelli”, seguita da Laanaya Khaoula, studentessa dell'Istituto Gadda di Fornovo Taro (che ha scritto “Vivi debole”) e Stella M. Albarelli del Liceo scientifico di Borgo Val di Taro (con la poesia “E ti stupisci se le persone mentono”). Il Premio Roddi, premio speciale per una poesia dedicata a una località del territorio di Langhe, Roero e Monferrato, è stato assegnato a Giulio Rovella di Niella Tanaro, autore di “Ancora un sorso di (dolcetto)”. Un'iniziativa speciale presentata durante la cerimonia è stata quella della IV A del Liceo artistico “Pinot Gallizio” di Alba, intitolata “Parole cucite”. Gli studenti hanno preparato uno speciale allestimento con loro poesie, oppure stralci di opere note, scritte su panni stessi, cucite, dando vita a una esposizione di grande impatto. A tutti i presenti alla manifestazione è stata consegnata in omaggio una copia dell’“Antologia 2018”, che è la raccolta delle poesie vincitrici e di quelle segnalate.

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il personaggio della tradizione

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Don Bosco, il santo di strada Il prete dei giovani, a cura di: Gianfranco Iovino che insegnò la preghiera giornalista e scrittore tra acrobazie e giochi di magia

Il personaggio del mese è Giovanni Melchiorre Bosco, da tutti conosciuto semplicemente come DON BOSCO, un presbitero fondatore delle congregazioni dei Salesiani e delle Figlie di Maria Ausiliatrice, amato soprattutto dai piemontesi perché da sempre definito il “Santo sociale torinese”. Giovanni Bosco nacque il 16 agosto del 1815 da una famiglia contadina, papà Francesco e mamma Margherita Occhiena, in una cascina dove oggi sorge il Tempio di Don Bosco nella frazione collinare de I Becchi di Castelnuovo d’Asti, oggi rinominata Castelnuovo Don Bosco. Il padre, rimasto vedovo della prima moglie Margherita Cagliero, dalla quale aveva avuto due figli, Antonio e Teresa Maria, (morta 2 giorni dopo la nascita), si unì a Margherita Occhiena con la quale ebbe Giovanni ed anche Giuseppe. All’età di soli 2 anni però, Giovanni subì la perdita del padre, morto per una grave forma di polmonite ad appena 33 anni, lasciando la moglie vedova con tre figli da accudire, oltre alla suocera, che segnarono pesantemente l’adolescenza del giovane Giovanni sia per gli stenti, chei sacrifici dovuti sopportare per la fame che dovette affrontare l’intero nucleo familiare, come del resto la maggior parte dei popoli di quel tempo, che registrò la morte di moltissima gente per cause legate alla fame, la miseria e le epidemie. A nove anni un sogno, che lo stesso Giovanni Bosco definì "profetico", lo indusse a seguire la strada del sacerdozio, che inizialmente venne ostruita da don Lacqua, cappellano di Capriglio, dove vi era la scuola elementare in cui studiava Giovanni, che non lo accolte fra i suoi alunni perché apparteneva ad un altro comune. Poi il fato, o un disegno più elevato (per restare in tema al personaggio raccontato), volle che morta la serva del curato, questi assumesse la sorella di Margherita Occhiena, zia di Giovanni Bosco, che

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il personaggio della tradizione pregò il curato di accogliete il nipote a scuola. Questi malvolentieri accettò, per poi finire con l’affezionarsi moltissimo al ragazzo di campagna tanto attento, studioso e che fin da subito si era fatto notare da tutti perché aveva saputo mettere in pratica un metodo del tutto personale, nuovo ed infallibile con i ragazzi del paese, che pur di avvicinarli alla preghiera e alla santa messa: con costanza ed abilità, Giovanni si dedicava ai giochi di prestigio e le acrobazie dei saltimbanchi, così da riuscire ad attirare le attenzione dei coetanei, che potevano assistere alle sue mirabilie senza alcun costo, ma a condizione che venisse prima recitato il Rosario ed ascoltata una lettura dal Vangelo. Il 26 marzo 1826 è il giorno in cui Giovanni Bosco fece la sua Prima Comunione, all’età di soli undici anni, accentrando su di sé le invidie dei coetanei e le ira del fratellastro Antonio, da sempre invidioso di Giovannino che frequentava la scuola e trascorreva il tempo a pregare e compiere giochi di prestigio. Si lamentò lungamente di lui con la madre costringendo Margherita a mandare lontano da casa Giovanni, in affido temporaneo dalla famiglia Becchi per farlo vivere come garzone presso la cascina dei coniugi Luigi e Dorotea Moglia di Monducco Torinese, dove rimase per 2 anni e mezzo, svolgendo il compito di vaccaro della famiglia. Ma il desiderio di studiare era così forte in Giovanni da chiedere a suo zio Michele Occhiena di intercedere per lui, affinché qualche sacerdote accettasse di istruirlo, ma nonostante l’impegno profuso non gli permise di ottenere alcun risultato. Fortunatamente, però, nel settembre del 1829 a Morialdo si stabilì il cappellano don Giovanni Calosso, un sacerdote settantenne che intuendo quanta intelligenza e desiderio di studiare avesse il giovane Giovanni, lo accolse nella propria casa per insegnargli grammatica latina e prepararlo alla vita del sacerdote. Un aneddoto importante legato a don Calosso è legato alla sua malattia da apoplessia, che lo colpì un anno dopo, e da moribondo diede al giovane amico la chiave della sua cassaforte, dove erano conservate seimila lire che avrebbero permesso a Giovanni di entrare in Seminario, ma che nonostante tutto non volle accettare, consegnando l'eredità ai parenti del defunto. Solo nel 1831, quando il fratellastro Antonio si sposò e la madre decise di dividere i beni patrimoniali, Giovanni poté fare ritorno a casa, riprendendo così gli studi a Castelnuovo con la possibilità di una pensione presso Giovanni Roberto, sarto e musicista del paese che gli insegnò il proprio mestiere. L’incontro con Giovanni Roberto permise al giovane Bosco di imparare il mestiere di sarto e quello del fabbro nella fucina di Evasio Savio, grazie al quale ricevette insegnamenti importanti al punto da riuscire a fondare laboratori per i ragazzi dell'Oratorio di Valdocco, che rappresentano il fulcro della sua attività missionaria a favore dei giovani a cui insegnare un lavoro che permettesse un futuro migliore. Per mantenersi gli

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studi Giovanni, nel suo successivo soggiorno di Chieri, lavorò come garzone, cameriere e addetto alla stalla, trovando anche il tempo per fondare la Società dell'Allegria con la quale, in compagnia di alcuni giovani di buona fede, tentava di far avvicinare alla preghiera i coetanei attraverso i suoi giochi di prestigio e i numeri acrobatici. Durante quegli anni strinse una forte amicizia con Luigi Comollo, nipote del parroco di Cinzano, spesso maltrattato ed insultato dai suoi compagni, che obbligava Giovanni Bosco a difenderlo finanche azzuffandosi con i suoi aggressori. Nell'autunno del 1832, Giovanni Bosco iniziò la terza grammatica e nei successivi due anni proseguì a frequentare le classi che venivano chiamate UMANITA’ e RETORICA, dimostrandosi allievo eccellente, fino a presentarsi all’esame per entrare al seminario di Chieri il 25 ottobre del 1835, vestendo l’abito ecclesiastico il 30 ottobre. Dopo due anni iniziò la teologia, e in quel tempo rincontrò l'amico Comollo con il quale poté così stabilire una salda amicizia che però fu divisa per sempre dalla morte che sopraggiunse per Comollo nel 1837 a soli 22 anni. Curiosa testimonianza diretta di Giovanni Bosco e dei suoi venti compagni di camera, quella che racconta che alcuni giorni dopo la morte l'amico defunto apparve loro sotto forma di una luce che, per tre volte consecutive, disse: "Bosco! Bosco! Bosco! Io sono salvo!". A ricordo dell'evento fu posta una lapide in un corridoio nel Seminario di Chieri. Nel 1841 ricevette l'ordine del diaconato e il 26 maggio iniziò gli esercizi spirituali di preparazione al sacerdozio che ricevette il 5 giugno 1841 a Torino. Ispirato alle imprese di Don Giovanni Cocchi, che pochi anni prima aveva tentato di radunare all'interno di un Oratorio i ragazzi disagiati di Torino, Giovanni Bosco scese per le strade della sua città ad osservare i giovani, esperienza che gli permise di incontrare moltissimi ragazzi e, successivamente, insieme a Don Cafasso visitò anche le carceri inorridendo dinanzi alle condizioni disagiate in cui vivevano i giovani dai 12 ai 18 anni, rosicchiati dagli insetti e desiderosi di mangiare anche un misero tozzo di pane. I carcerati lentamente si avvicinarono al sacerdote, raccontandogli le loro vite e i loro tormenti, e Don Bosco cosciente che quei giovani senza una guida di vita ed un supporto di fede sarebbero stati destinati ad un'esistenza breve ed infelice li convinse, una volta usciti di galera, a raggiungerlo alla chiesa di San Francesco, costruendo le basi dei suoi futuri fondamenti dell’attività ecclesiale: l'amicizia con i giovani, l'istruzione e l'avvicinamento alla Chiesa attraverso il dialogo, la preghiera e le attività di gruppo. Seguendo i giovani anche nei luoghi di lavoro, Don Bosco si accorge ben presto di come i padroni sfruttassero gli apprendisti utilizzandoli come servitori e sguatteri. Non esistevano contratti scritti, nessun riposo settimanale e nessuna tutela della sicurezza o la salute, motivi

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il personaggio della tradizione questi che spinsero Don Bosco a presentarsi dai datori di lavoro, a difesa degli sfruttati, arrivando l'8 febbraio 1852 a Torino, nella casa dell'oratorio San Francesco di Sales, a far firmare al giovane apprendista falegname Giuseppe Odasso il primo contratto di «apprendizzaggio» opera prima in tutta Italia. Da lì a poco iniziarono a diffondersi anche i primi laboratori dove Don Bosco, aiutato da artigiani adulti, insegnava ai ragazzi senza futuro una professione, diventando in futuro il fulcro della scuola salesiana. Un cenno va riservato alla grande opera di rinserimento e riqualificazione morale e sociale che don Bosco riservò a favore dei giovani reclusi nelle prigioni piemontesi, grazie ad accordi con le autorità reali, con i quali permettere ai galeotti minorenni di uscire dalle galere per alcune ore al giorno in modo che potessero imparare dei mestieri e non ricadere in futuro negli stessi errori, il tutto sotto la sola sorveglianza di don Bosco e dei suoi collaboratori senza la presenza di guardie armate. Un progetto ambiziose a di grande successo al punto che anche dall'estero venne studiato il "metodo salesiano" di recupero sociale, e che oggi ancora è un percorso formativo di reinserimento sociale, attraverso i permessi giornalieri di "lavoro". Una data importante nella vita del Santo è quella di domenica 12 aprile 1846, giorno di Pasqua, quando i tanti ragazzi a raccolta trovarono la loro casa: “Tettoia Pinardi” a Valdocco, presa in affitto dal signorotto Francesco Pinardi per 300 lire l’anno: una casupola con un grande stanzone adibita a deposito di biancheria che, di lì a poco, fu presto adattata a cappella con annesso terreno circostante, che divenne il campo di gioco di questo primo oratorio in Italia. Cinque anni più tardi (il 19 febbraio 1851) l'immobile e i terreni che lo circondavano furono acquistati da Don Bosco per 28.500 lire e negli anni a seguire “la tettoia” divenne da nucleo primitivo e prima sede stabile delle attività salesiane a santuario, quello di Maria Ausiliatrice. Nel 1875 Don Bosco partì per la sua prima spedizione missionaria in Argentina, in quanto la sua presenza fu richiesta direttamente dall’arcivescovo monsignor Aneiros, che informato dal console argentino Gazzolo sul lavoro dei Salesiani, propose a Don Bosco di accettare la gestione di una parrocchia di Buenos Aires con annesso collegio di ragazzi a San Nicolàs. A quel primo gruppo di missionari si unirono, un anno più tardi, altri sacerdoti guidati da don Francesco Bodrato e nel 1877, alla terza spedizioni si affiancarono anche le prime Figlie di Maria Ausiliatrice, guidate da suor Angela Vallese. Agli iniziali anni duri di insediamento e conversione,

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l’entusiasmo e il seguito raggiunto da don Bosco e i suoi seguaci permise un’ampia consistenza dei “figli di Don Bosco in Argentina” sempre più considerevole e considerati da tutti per la loro missione d’amore e fraternità, scrivendo intere pagine sulla storia dell’evangelizzazione in quella terra straniera e lontana dall’Italia, patria del “prete-santo dei deboli”. Don Bosco morì a Torino il 31 gennaio 1888 ed il suo corpo è attualmente esposto all'interno di un'urna nel Santuario di Maria Ausiliatrice. 41 anni dopo, papa Pio XI lo beatificò, dichiarandolo santo il 1° aprile del 1934 nel giorno di Pasqua. A 100 anni dalla sua scomparsa, Papa Giovanni Paolo II lo nominò “padre e maestro della gioventù” rimarcando con sole tre parole l’immensa attività missionaria prodigata durante il suo sacerdozio durante il quale fu profondissimo l’amore espresso per i giovani, ritenendola la chiave fondamentale di tutta la sua opera educativa: ragione, religione ed amorevolezza.

Diversamente dagli altri appuntamenti con i "personaggi storici del nostro territorio", chiudiamo questa intensa biografia riportando alcune massime ed aforismi del "sacerdote-santo dei giovani" estrapolati da una vastissima produzione di scritti e sunti, dall’altissimo livello educativo e spirituale:

“Fare il bene senza comparire... La violetta sta nascosta ma si conosce e si trova grazie al suo profumo”. “Amate ciò che amano i giovani, affinché essi amino ciò che amate voi.” “Camminate coi piedi per terra e col cuore abitate in cielo.” “La gioia è la più bella creatura uscita dalle mani di Dio dopo l’amore.” “Le cose fanno gli uomini, non gli uomini le cose.” “Parla poco degli altri e meno di te.” “Dite ai giovani che li aspetto tutti in Paradiso.” (sul letto di morte a Don Bonetti)

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Arte e natura sui sentieri di 17 comuni del Monferrato Progetto di valorizzazione per il Parco Paleontologico Astigiano Ci saranno installazioni artistiche dello scultore Sergio Omedè, belvedere attrezzati con elementi di arredo disegnati per il progetto, una passerella sospesa sul rio Tiglione simile ai ponti tibetani. Sono questi gli elementi di maggior richiamo di un progetto in fase di realizzazione, di cui è capofila il “Parco Paleontologico Astigiano”, che interesserà diciassette comuni in una zona a sud del Tanaro. I lavori sono cominciati nel mese di marzo e la conclusione è programmata a settembre. Gli interventi insistono sulla rete sentieristica già inserita nel “Patrimonio escursionistico regionale” e si articolano lungo due itinerari, “La via del mare astigiana” e “Dalla Langa al Monferrato”, che toccheranno i territori di Azzano, Belveglio, Calosso, Castagnole Lanze, Castelnuovo Calcea, Coazzolo, Costigliole, Isola, Mombercelli, Mongardino, Montaldo Scarampi, Montegrosso, Rocca d’Arazzo, Rocchetta Tanaro, San Marzano Oliveto, Vigliano, Vinchio per poi diramarsi verso altri centri e province. Si potrà passeggiare, pedalare, andare a cavallo in questo splendido spazio. «L’elemento che caratterizza l’intero territorio - spiega Gianfranco Miroglio, presidente dell’Ente Parco - è rappresentato dai geositi, anche di significativo valore, e comunque dalla matrice comune testimoniata dai numerosi affioramenti: presenza accertata o accertabile nei diciassette luoghi prescelti, quasi tutti già aderenti al Distretto Paleontologico dell’Astigiano e del Monferrato. Con questo progetto, attraverso le sculture di Sergio Omedè, portiamo a compimento anche un vecchio sogno: creare una galleria artistica all’aperto per valorizzare il paesaggio». Le opere dell’artista astigiano caratterizzeranno sei punti di osservazione situati a Mombercelli, Mongardino, Montaldo Scarampi, Rocca d’Arazzo, Rocchetta Tanaro e Vigliano. Con una particolarità voluta: «Da lì si potrà ammirare la bellezza di un paesaggio delicato - spiega Renato Morra, ingegnere ambientale, il cui studio professiona-

le firma il progetto di cui è capofila l’Ente Parco - ma anche le compromissioni favorite dall’intervento umano rappresentate, per esempio, da capannoni, muraglioni, serbatoi dell’acqua, ripetitori, autorimesse di lamiera. Quello che vorremmo indurre è la coscienza di come anche interventi apparentemente marginali abbiano una ricaduta sulla percezione che abbiamo del paesaggio, che sotto questo aspetto non ha un lato A e un lato B. Le installazioni che andremo a collocare segnalano inoltre la possibilità di recuperare e riqualificare, con poco, siti altrimenti destinati al degrado, su cui già i sindaci hanno voluto positivamente attivarsi». Il progetto è finanziato al 90 per cento grazie alla misura 7.5.1 del “Programma di sviluppo rurale” della Regione Piemonte; la restante parte dal “Parco Paleontologico”. Il costo complessivo è di 250 mila euro, per gli interventi di valorizzazione del territorio. Gli itinerari, in sterrato e in parte asfalto, condurranno alla passerella pedonale che, su funi di acciaio, attraverserà il rio Tiglione a Belveglio e ai belvedere di Castagnole Lanze e Montegrosso, dove verranno installati elementi di arredo urbano (portabici, totem e panchine) disegnati dallo Studio Morra. Gli stessi saranno collocati anche a Azzano, Calosso, Castelnuovo Calcea, San Marzano Oliveto. Panchine di legno saranno presenti nell’area spettacoli all’aperto di Coazzolo, ai margini del concentrico, mentre un totem in frazione Mongovone, a Isola, informerà sulla vicina area del rio Bragna, area ricca di biodiversità. A Costigliole si procederà alla sistemazione dell’atrio del castello, concepito come futuro punto di accoglienza turistica; un altro ne nascerà a Vinchio in corrispondenza dell’area sportiva comunale posta vicino alla cantina sociale. Infine, in ciascuno dei punti coinvolti dei diciassette comuni, pannelli informativi racconteranno la geopaleontologia come radice della terra.

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Alba

Fiera del Tartufo

Due mesi di eventi gastronomici e culturali fra ottobre e novembre

Nelle m

L’ottantesima Fiera Internazionale del Tartufo Bianco d’Alba presenta alcune novità di rilievo, a partire dalla durata della manifestazione. Tradizionalmente prende il via a partire dalla seconda settimana di ottobre, subito dopo il Palio degli Asini, quest’anno invece, il fine settimana del Palio è all’interno della Fiera, che parte il 6 ottobre per concludersi il 25 novembre. Dunque due mesi fitti di eventi attendono gli albesi e i turisti che affollano ogni autunno, la capitale delle Langhe e le colline della zona. 26


territorio Il grande protagonista ovviamente è il Tartufo Bianco d'Alba, che sarà al centro della scena per tutti i fine settimana di ottobre e novembre. L'Ente Fiera è cautamente ottimista sul fatto che quest'anno i tartufi saranno in buona quantità, visto quanto è stata piovosa la primavera. Si attendono come di consueto numeri importanti relativamente alle presenze turistiche, visto che la manifestazione ha già fatto registrare in passato la presenza di oltre 600.000 persone. La forza di questa manifestazione consiste anche nell'aver saputo trasformarsi in un evento di ampio respiro capace di andare oltre l'aspetto puramente gastronomico, con la presenza di manifestazioni folcloristiche, mercati, mostre e in generale tanti appuntamenti culturali. L'edizione di quest'anno si intitola “Tra Terra e Luna” per richiamare l'astro che accompagna solitamente il percorso di ricerca del tartufo da parte dei Trifolao. Al centro della grande kermesse anche quest'anno il Mercato mondiale del Tartufo Bianco D'Alba, aperto ogni sabato e domenica (con aperture straordinarie l'1 e il 2 novembre). Si tratta di uno spazio prezioso nel quale incontrare i trifolao e conoscere storie e leggende legato al “Tuber Magnatum pico” e in cui poter comprare in sicurezza tartufi garantiti dal Centro Nazionale Studi Tartufo. Si tratta del più grande mercato al mondo dedicato ai tartufi, visitato ogni anno da 110.000 appassionati. All'interno del Cortile della Maddalena, che ospita il grande mercato verrà allestita anche AlbaQualità, una vetrina che propone la più pregiata offerta enogastronomica piemontese attraverso selezionati espositori; non mancherà nemmeno l'area degustazione in cui trovare e gustare i grandi vini di Langhe, Roero e Monferrato, una grande Enoteca dell'Associazione Italiana Sommelier (Ais). Al Mercato Mondiale del Tartufo si aggiunge “Alba Truffle show”, attesi show cooking, eventi gastronomici e esperienziali organizzati in collaborazione con Life e con il Consorzio Alta Langa docg. Ogni fine settimana all'interno di “Alba Truffle show” ci saranno i “Foodies moments” appuntamenti con i più importanti cuochi di Langhe, Roero e Monferrato, territorio che annovera ben 23 ristoranti stellati con chef provenienti da tutta Italia che proporranno speciali abbinamenti con il Tartufo bianco. Fra i protagonisti Flavio Costa, Ugo Alciati, Luca Zecchin, Andrea Larossa, Pasquale Larea, Andrea Ribaldone, Davide Oldaini, Martino Ruggieri, finalista italiano del “Bocuse D'Or” e altri. Tutti gli show cooking sono tradotti in inglese per permettere al pubblico internazionale di partecipare. Non mancheranno analisi sensoriali del tartufo e “Wine tasting experience” organizzate in collaborazione con la “Strada del Barolo e grandi vini di Langa”, esperienze immersive che permetteranno di scoprire le caratteristiche organolettiche di tartufi e pregiati vini. Come già anticipato la Fiera propone eventi di altissimo livello non solo dedicati all'enogastronomia.

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La cultura ha uno spazio molto importante all'interno della grande manifestazione autunnale albese. Uno degli eventi più prestigiosi da questo punto di vista è la mostra personale di Valerio Berruti intitolato “La storia di Nina”, a cura di Arturo Galansino. La splendida chiesa medievale di San Domenico ospita un'esposizione del pittore albese noto per le sue immagini essenziali ispirate al mondo sospeso dell'infanzia, il momento della vita in cui tutto deve ancora accadere. L'artista utilizza diverse tecniche, dall'affresco alla scultura, passando per la videoanimazione formata da disegni uniti in sequenza. La mostra è un evento nell'evento, poiché racconterà la creazione del nuovo lavoro cinematografico dell'artista albese, intitolato naturalmente “La giostra di Nina”, un'opera che lega il suo tratto lieve all'animazione mettendo in sequenza circa 3000 disegni. Il

dedica anche uno speciale spazio ai bambini, dopo il successo riscosso nella passata edizione. “Alba truffle bimbi” nel 2017 ha visto la partecipazione di oltre 4000 bambini a giocare con il “Ristorante di legno”. Per tutta la durata della Fiera il Palazzo Mostre e congressi “Giacomo Morra” accoglie l'area ludico didattica a ingresso gratuito proposta dalla fiera. I giocattoli saranno realizzati esclusivamente in legno e utilizzando materiali naturali in collaborazione con l'associazione “Sinergia Outdoor”. Questo spazio si inserisce all'interno del progetto “Scuola di territorio” realizzato in collaborazione con l'associazione per il Patrimonio dei paesaggi vitivinicoli di Langhe-Roero e Monferrato, che si prefigge di diffondere e valorizzare nelle scuole la cultura e le tradizioni delle colline Patrimonio Unesco. «Anche per l'88ª edizione della Fiera Internazionale

cortometraggio animato ha una sceneggiatura articolata, tratta da un racconto di Filippo Bessone. La musica, unico elemento sonoro presente ne''opera priva di parole è stata composta da Ludovico Einaudi compositore molto amato da Berruti. L'incontro fra questi due grandi artisti è reso possibile da “Sky arte” il canale dedicato all'arte della piattaforma televisiva. «E’ la prima volta che Sky Arte si lancia nella produzione di un film d’animazione. - dichiara il direttore di Sky Arte Roberto Pisoni - Quello che ci ha persuasi fin dal primo incontro con Valerio Berruti è la sintonia sul progetto artistico complessivo: partire da una piccola storia, radicata nel territorio, e farla germogliare in direzioni inaspettate». Inoltre la Fiera dedica nuovamente spazio al design, con il progetto “Guanto per il Tartufo Bianco d'Alba”speciale accessorio pensato per lamellare il tartufo, il cui pattern è stato ideato da Patricia Urquiola e realizzato dall'Ente Fiera Internazionale del Tartufo Bianco D'Alba, insieme al Centro nazionale Studi Tartufo. Si rinnova anche il sodalizio fra la Famiglia Ceretto e il Comune che porta nel Coro della Maddalena, nel centro storico, fra il 27 ottobre e il 25 novembre, un'altra importante mostra dal respiro internazionale. Si intitola “Lynn Davis, Patty Smith: a collaboration”, un'esposizione che coniuga fotografia e poesia: la fotografa americana Lynn Davis propone i suoi scatti accompagnati in un lavoro a quattro mani pensato appositamente per l'evento albese da scritti della cantante e poetessa Patti Smith. Da non dimenticare la grande collettiva della Fondazione Ferrero intitolata “Dal nulla al sogno. Dada e Surrealismo dalla Collezione del Museo Boijmans Van Beuningen”, fra il 27 ottobre e il 25 febbraio del 2019, a cura di Marco Vallora. La Fiera

del Tartufo Bianco d'Alba abbiamo pensato di offrire ai nostri visitatori un’esperienza, unica e immersiva. – dichiara la Presidente dell’Ente Fiera Internazionale del Tartufo Bianco d’Alba Liliana Allena –. Sarà l'Alba Truffle Show, in particolare, il luogo in cui scoprire gusti e profumi provenienti dalle altre Regioni italiane che saranno ospiti d’eccezione alla Fiera Internazionale del Tartufo Bianco d’Alba. Un’occasione speciale per compiere un itinerario tra i saperi e i sapori della penisola in straordinario connubio col nostro Tartufo Bianco d’Alba. Immancabili nell’offerta della Fiera gli show cooking, il folclore, i numerosi appuntamenti che completano il nostro calendario e ora più che mai, nell'Anno del Cibo Italiano voluto dal Ministero delle Politiche Agricole, Alimentari e Forestali e dal Ministero dei Beni Culturali, tanti percorsi di approfondimento. Grazie al grande collettore della Fiera, è l’intero territorio ad offrirsi ad un viaggiatore attento, esigente e preparato. L'artista albese Valerio Berruti ci accompagna, con la personale "La storia di Nina" in un poetico viaggio nell'infanzia musicato da Ludovico Einaudi, straordinario pianista conosciuto nel mondo e originario delle Langhe. E poi ancora due grandi mostre, a cura della Fondazione Ferrero e della famiglia Ceretto, e un importante incontro letterario grazie alla collaborazione con la Fondazione Bottari Lattes. La Fiera Internazionale del Tartufo Bianco d'Alba è motivo di viaggio per un pubblico sempre più curioso e internazionale: per questa ragione il nostro obiettivo è quello di regalare ai turisti un percorso privilegiato tra il cibo, la cultura e lo stile italiano». Per conoscere nel dettaglio il programma della Fiera autunnale di Alba, con tutti gli orari ed i costi, consultare il sito internet:

www.fieradeltartufo.org.


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Lo spirito che riveste la Fiera Internazionale del Tartufo Bianco d'Alba

raccontato dagli organizzatori. Alla presidente dell'Ente Fiera Internazionale del Tartufo Bianco D'Alba, Liliana Allena abbiamo chiesto quali sono i punti forti dell'edizione di quest'anno della Fiera Internazionale del Tartufo Bianco D'Alba? «La Fiera Internazionale del Tartufo Bianco d’Alba si svolgerà attorno al tema “Tra terra e luna”, un argomento estremamente affascinante che sottolinea l’importanza delle fasi lunari per il percorso della cerca del tartufo. Come ogni anno il nostro punto di forza sarà il Mercato Mondiale del Tartufo Bianco d’Alba, un luogo in cui si potrà approfondire la conoscenza del nostro fungo più prezioso e si potrà conoscere l’intero patrimonio enogastronomico italiano grazie a tante occasioni d’incontro con i saperi e i sapori da tutta la penisola. Oltre agli show cooking, agli appuntamenti con il folclore e la tradizione saranno tante le “esperienze” da vivere in Fiera. Sono certa che questa nuova edizione regalerà momenti speciali che associano la nostra rinomata enogastronomia ad appuntamenti culturali di altissimo livello». Marco Scuderi, in rappresentanza dell'Aca, l'Associazione commercianti Albesi spiega il percorso della Fiera nelle ultime edizioni: «Il prolungamento della Fiera Internazionale del Tartufo Bianco d’Alba fino all’ultimo week end del mese di novembre è il risultato di un pianificato percorso di crescita della manifestazione, principalmente legato all’elevata qualità del Tartufo Bianco d’Alba che registra il suo apice, in un perfetto bilanciamento qualità-prezzo, nell’undicesimo mese dell’anno. Si è lavorato molto sulla programmazione degli eventi che, negli anni, hanno consolidato i primi week end di novembre, prima con l’Asta Mondiale del Tartufo Bianco d’Alba e poi con numerosi altri eventi che, legati alle richieste degli operatori e motivati dalle sempre più numerose presenze turistiche internazionali, hanno indirizzato nel 2016 il Consiglio dell’Ente Fiera presieduto da Liliana Allena, in accordo con l’Amministrazione Comunale della Città di Alba e l’Ente Turismo Alba Bra Langhe e Roero a calendarizzare l’evento fieristico fino all’ultimo week end del mese di novembre. Quest’anno la Fiera Internazionale del Tartufo Bianco d’Alba sarà protagonista degli eventi enogastronomici internazionali per otto settimane consecutive. Si inizierà in concomitanza con il week end che storicamente vede principali attori i Borghi albesi con la sfilata storica e il Palio degli Asini, con l’apertura del Mercato

Mondiale del Tartufo Bianco d’Alba sabato 6 ottobre e si concluderà domenica 25 novembre». Infine l'architetto Luca Sensibile si sofferma sulla natura profondamente culturale della manifestazione, quest'anno legata al tema della Luna: «La luna assume molteplici significati legati non solo alla cerca del tartufo bianco. Infatti anche in agricoltura la luna è molto importante alcune coltivazioni vengono effettuate in base alle fase lunari. La figura della luna nel mondo dell'agricoltura è molto importante ed è dunque una componente della cultura materiale legata alla terra e all'agricoltura. A questo si aggiunge il valore che ha assunto nella cultura alta del nostro territorio, basti pensare al romanzo capolavoro di Cesare Pavese “La luna e i falò”. Negli ultimi anni in generale la Fiera internazionale del Tartufo Bianco d'Alba è diventato un grande evento capace di catalizzare l'attenzione di tanti turisti e visitatori, dunque ha allargato anche il discorso che ha assunto una valenza sempre più culturale. Una cultura declinata naturalmente verso l'enogastronomia e alle eccellenze del territorio di Alba e del Piemonte, ma anche quella propriamente detta, grazie alle mostre che ogni anno vengono organizzate in concomitanza col grande evento, quest'anno quella di Valerio Berruti, ma anche quelle organizzate dalla Famiglia Ceretto. Inoltre l'apertura della Fiera si è orientata anche verso le eccellenze gastronomiche degli altri territori. La Fiera è ormai uno dei principali eventi gastronomici in Italia e dunque si propone di valorizzare e far incontrare l'eccellenza rappresentata dal tartufo bianco D'Alba, con altre eccellenze della penisola. Con l'obiettivo di creare sinergie positive fra gli enti produttivi italiani e di crescere tutti insieme. Quest'anno ospitiamo i prodotti liguri e continuiamo la collaborazione con la Basilicata. Prosegue la collaborazione già avviata con Parma e abbiamo come ospite il Passito di Pantelleria. Con la località siciliana siamo legati da una cultura contadina per certi versi simile e dal fatto che anche quel territorio ha ricevuto il riconoscimento dell'Unesco».

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Palio degli Asini

Si rinnova domenica 7 ottobre la tradizionale gara fra i nove borghi cittadini Nelle m

Si corre il “Palio degli asiniâ€?, la manifestazione folcloristica di Alba, che ogni anno coinvolge circa un migliaio di volontari suddivisi nei nove borghi della cittĂ , che danno vita prima alla sfilata storica in costume medievale e poi appunto al Palio degli Asini, la corsa che vede contrapporsi i borghi albesi per la vittoria finale, in questa gara nata come burla, che, da sempre, mantiene il suo carattere goliardico. 30


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Come il più noto Palio di Asti, nel quale i fantini gareggiano in groppa a cavalli, anche la corsa albese affonda le proprie radici nel medioevo, anzi, proprio nello stesso episodio storico. Infatti la prima menzione storica del Palio si rifà alla cronaca di Guglielmo Ventura che raccontò che nel 1275 il palio astigiano venne corso sotto le mura di Alba, assediata dal comune nemico. Secondo la leggenda che da origine alla corsa albese, gli assediati per rispondere all'umiliazione inflitta dall'esercito nemico, con una burla corsero all'interno delle mura un palio con gli asinelli.

Palio. In serata, alle 21 in piazza del Duomo l'elezione della Bela Trifulera dei Borghi, preceduta da una sfilata in costume medievale lungo le vie del centro storico. Per l'occasione ogni borgo porta avanti una sua candidata per diventare la reginetta del palio. Sabato 29 settembre alle 21 si rinnova un'altra cerimonia che precede storicamente il palio: “L'Investitura del Podestà”. Si tratta della ricostruzione dell'episodio nel quale il Podestà di Alba concede ai borghigiani la possibilità di correre il palio. La serata viene accompagnata da rappresentanze dei

La corsa degli asinelli, nella sua versione moderna, ha passato i 50 anni di vita e si rinnova ogni anno seguendo riti ormai consolidati, animata dai nove borghi della città di Alba e dalla Giostra delle Cento Torri. I nove Borghi sono San Lorenzo, Moretta, Santa Barbara, Rane, Brichet, Patin eCOMPOSIZIONI Tesor, Santa Rosalia, Fumo, San Martino. La corsa si corre la prima domenica di ottobre e normalmente inaugura la lunga serie di manifestazioni legate all'autunno albese e alla Fiera del Tartufo, che quest'anno prende il via il sabato precedente la corsa. Anche se il giorno atteso è quello di domenica 7, ci sono altri eventi collaterali che lo precedono. Sabato 22 settembre alle 16.30 la sala consiliare del Palazzo municipale ospita il Capitolo della Giostra delle Cento Torri, nel corso del quale viene consegnata l'onorificenza “Amico della Giostra” a chi si è distinto per l'impegno a favore del Palio e dei borghi. A seguire la messa in Duomo e la benedizione del

nove borghi albesi e dall'esibizione degli sbandieratori. Infine domenica 7 ottobre arriva finalmente il Palio, alla preparazione del quale i nove borghi albesi hanno lavorato per tutto l'anno, provando e allestendo i costumi dedicati alla storia medievale della città. Dopo le cerimonie del mattino, nel corso delle quali PRÊT-À-PORTER saranno controllati gli asini scelti dai borghi e saranno sorteggiati gli altri, fra quelli messi a disposizione dall'organizzazione, la sfilata storica prenderà il via nel primo pomeriggio, subito dopo pranzo. Ogni corteo in costume confluirà verso piazza Michele Ferrero e da qui si sposterà verso piazza Cagnasso, che ospita il campo del Palio. Si tratta di un momento molto atteso da albesi e turisti, il corteo colora le strade della città sotto gli occhi di numerosi spettatori presenti ai lati delle strade. All'interno del campo del Palio, a partire dalle 15 circa prenderanno il via le rappresentazioni dei borghi che metteranno in scena episodi storici legati alla storia

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territorio medievale di Alba. Un grande spettacolo che stupisce ogni anno tutti gli spettatori della corsa almeno quanto la stessa gara. I volontari danno vita a scene divertenti di vita quotidiana nel Comune medievale così come alla rappresentazione di scontri armati o eventi epici. L'organizzazione dedica un premio speciale per la migliore rappresentazione storica, radunando una giuria di esperti chiamati a giudicare l'esibizione dei volontari. Conclusa questa prima fase, dopo l'allestimento del campo, prende il via la gara fra gli asini vera e propria. Si articola in due batterie e una finale. Ogni borgo farà scendere in campo due concorrenti, che si sfideranno nelle prime due batterie da nove concorrenti ciascuna. I primi classificati andranno a giocarsi la finale. È possibile che alcuni borghi arrivino in finale con due asini e che qualcuno resti fuori dalla sfida definitiva. Normalmente si tratta di gare molto divertenti da vedere, che strappano più di un sorriso fra gli spettatori. Gli asini, soprattutto quelli non addestrati, sono animali non facili da controllare e soprattutto molto testardi, può capitare che corrano veloce oppure che si fermino subito dopo la partenza, nonostante le insistenze dei fantini e nulla riesce a convincerli a ripartire. Lo spettacolo è garantito, come l'allegria generale. Alla fine della corsa, ormai in serata, uno dei borghi alzerà soddisfatto il Palio al cielo, per gli altri l'appuntamento è per l'anno successivo. Nel 2017 la corsa è stata vinta dal Borgo dei Brichet, uno dei più titolati. Ma gli appuntamenti con i nove borghi albesi non si concludono col Palio. Sabato 20 ottobre fra le 18 e le 24 ci sarà il “Baccanale del Tartufo” e domenica 21 dalle 10 alle 19 “Il Borgo si rievoca”, eventi nel corso dei quali i volontari animeranno le strade del centro storico vestiti in costume d'epoca proponendo antichi giochi, balli, canti e prelibatezze della cucina tradizionale.

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Alberto Cirio, Europarlamentare di Forza Italia e presidente della Giostra delle Cento Torri, ci rilascia un parere sul ruolo del Palio degli asini nel programma degli eventi autunnali albesi. Quanto è importante il Palio degli asini all'interno del calendario delle manifestazioni autunnali ad Alba? «Molto, perché insieme alle molteplici eccellenze enogastronomiche il folklore è ciò che del nostro territorio piace di più ai turisti, che cercano i nostri colori, la spontaneità dei figuranti, l’allegria del Palio, il fascino di una lunga storia. Sapere che in autunno due terzi dei visitatori arriva dall’estero ci rende felici, sia perché il turismo sostiene e genera posti di lavoro, ma anche perché ci fa comprendere quanto sia importante il lavoro della Giostra». Quanto conta il lavoro svolto dai volontari dei borghi albesi per la buona riuscita del Palio e in generale degli eventi d'autunno? «Senza la passione dei volontari, che sono centinaia, non esisterebbero né il Palio né molti degli eventi che rappresentano la tradizione della Fiera del Tartufo e dell’autunno albese. È vero che facciamo animazione, ma il nostro orgoglio è farlo per la città che amiamo, sapendo che tutto questo contribuisce a far crescere la nostra splendida terra». All'inizio di ottobre la corsa degli asini accoglie ad Alba l'avvio delle manifestazioni autunnali in un clima di festa e goliardia che riempie la città di colori e che contagia tutti con la sua irresistibile allegria.

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l'autore affronta temi difficili e complessi, sintetizzati nel significativo sottotitolo “la solitudine dei padri e la generazione senza eredità”. Ilo giornalista ha parlato della natura della sua pubblicazione, non un libro di politica, ma di educazione scritto da un padre. Ha ribadito l'importanza dell'educazione perché i giovani rappresentano il futuro, in questo senso occuparsi di questo argomento è un atto anche politico. È intervenuto successivamente Corrado Augias, autore di “Questa nostra Italia”, “saggio colto e raffinato che si propone l'ambizioso obiettivo di ricercare, attraverso luoghi, testimonianze e memorie, le radici di una nostra possibile identità nazionale”. L'autore ha accennato a Pavese, lo scrittore, cui è dedicato il premio, dicendo che oggi, autori come Pavese e Fenoglio, dal punto di vista delle tematiche civili dei loro romanzi sono in ombra, fuori gioco. Poi ha parlato del suo viaggio in Italia, iniziato da Torino e concluso a Palermo, attraverso le mille diversità che si possono incontrare nella penisola. Ha spiegato che l'Italia ha la vocazione alla bellezza che ne rappresenta l'identità comune a tutti i suoi territori. Lidia Ravera, ha dedicato il suo romanzo “Il terzo tempo” alla vecchiaia. “Un romanzo ampio, articolato, complesso, che affronta in modo originale e con elegante fluidità narrativa un tema arduo e raramente messo a nudo nella sua dura e contraddittoria realtà, quello della terza età”. La scrittrice ha esordito ricordando il padre, nato proprio a Santo Stefano Belbo, che aveva desiderato tornare nel paese d'origine. Poi ha riflettuto sulla vecchiaia, il momento esistenziale a cui è dedicato il suo romanzo: “essere vecchi è bellissimo”, ha detto, è un momento in cui si recupera libertà da impiegare, continuando sempre a imparare. È anche intervenuto un rappresentante dell'Ambasciata cinese in Italia per ritirare il premio destinato al presidente Xi Jinping, ha ringraziato la giuria e gli organizzatori per il riconoscimento auspicando rapporti sempre più stretti fra i due Paesi. A seguire Sergio Giunti, il presidente della casa editrice, ha spiegato le ragioni della traduzione del testo “Governare la Cina”.

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Domenica 26 agosto a Santo Stefano Belbo presso il Cepam (Centro pavesiano Museo Casa Natale) è stato consegnato il Premio Cesare Pavese, che ogni anno assegna riconoscimenti a grandi figure intellettuali italiane e a chi, attraverso i propri studi, ha contribuito alla ricerca riguardo la letteratura del grande scrittore originario di Santo Stefano Belbo a cui è intitolato il premio. L'iniziativa è giunta alla 35ª edizione organizzata ogni anno dal Cepam. Sono stati premiati Lidia Ravera, per il romanzo “Il terzo tempo” (Bompiani, 2017), Corraudo Augias per il saggio “Questa nostra Italia” (Einaudi 2017), Antonio Polito per il saggio “Riprendiamoci i nostri figli” (Marsilio, 2017), Riccardo Olivieri con la silloge “A quale ritmo per quale regnante” (Passigli, 2017), per la sezione “Opere edite”. Sono stati consegnati anche altri premi: il premio speciale assegnato a un'opera straniera è andato a “Governare la Cina” di Xi Jinping, il presidente della Repubblica popolare Cinese, pubblicato in Italia di Giunti nel 2016; Alberto Comparini è stato premiato per la tesi di laurea dedicata a Cesare Pavese, ora diventata un saggio edito dalla casa editrice Mimesis, intitolato “La poetica dei Dialoghi con Leucò di Cesare Pavese”. Come editore è stato premiato Reverdito; sono risultati meritevoli di menzione Antonella Saracco per “Il primo giro di pietre” e Marco Delpino per “Tornerà Natale”. Invece il giorno prima, sabato 25 agosto, erano stati premiati i vincitori della sezione “inediti”: Claudia Cravero per la narrativa in italiano e Attilio Rossi per quella in Piemontese, Lorenzo Vaira per la poesia in Piemontese e Achille Guzzardella per la saggistica. Nel corso della mattina di domenica a fare gli onori di casa sono stati Luigi Gatti, presidente del premio e Giovanna Romanelli. Sono intervenuti i principali vincitori del concorso. Il primo a ricevere il riconoscimento è stato il poeta Riccardo Olivieri, poiché, stando alla motivazione della giuria “Quest'ultima silloge... prosegue e raffina quel cammino iniziato tempo fa verso la ricerca di una parola scarna, essenziale, autentica, capace di tradurre con immediatezza il proprio sentire, il proprio essere nel mondo”. L'autore dal canto suo ha spiegato di ispirarsi alla figura del lupo, animale sociale e al tempo stesso silenzioso. Successivamente è intervenuto il giornalista Antonio Polito, che ha pubblicato un saggio sull'educazione e sul rapporto fra genitori e figli, un testo dallo “stile narrativo fluido, capace di agevolare anche la ricezione al lettore meno attrezzato nell'interpretazione. Infatti, con analisi fine e misurata

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Asti

Douja d'Or

Il meglio della produzione vinicola nazionale

Tra il 7 e il 16 settembre torna ad Asti la Douja D’or, il salone nazionale di vini selezionati, organizzata dalla Camera di Commercio di Asti, divenuta ormai una delle più prestigiose fiere mercato del vino in Italia. Una manifestazione nata nel 1967 su idea dell’allora presidente della Camera di commercio astigiana Giovanni Borello, che si conferma punto di riferimento per gli appassionati del vino di qualità, grazie al rigore della sua selezione ed alle proposte sempre nuove che presenta ogni anno. 34


territorio Tra gli elementi di novità di quest’anno c'è la dislocazione dell'evento in una specie di “cittadella della Douja” capace di accogliere i visitatori in tutto il centro storico. Un' impostazione che apre le piazze e le vie cittadine alla presenza della mostra, con i suoi spazi di degustazione, offerta di prodotti e di eventi. «In quest’ottica verranno inseriti alcuni degli eventi clou in programma, come quello dell’importante ricorrenza dei 40 anni dell’Anag, Associazione Nazionale Assaggiatori Grappa e Acquaviti con il ritorno dell’ambito “Premio Alambicco d’Oro” e lo spazio dedicato ai Vermouth, che tanto successo ha avuto nella scorsa edizione» ha affermato il presidente della Camera di Commercio di Asti Erminio Renato Goria. Strettamente collegato con il Salone nazionale c'è anche il concorso enologico nazionale “Premio Douja D'or”, organizzato sempre dalla Camera di commercio di Asti, insieme all'Onav (Organizzazione Nazionale Assaggiatori di Vino), e da quest’anno oltre ai vini a doc e docg, permette la partecipazione anche ai vini a Indicazione Geografica Protetta (igp). Alla fine del mese di luglio l'organizzazione ha reso noti i vini selezionati dal concorso. Il “Premio Douja d’Or” viene attribuito dalle commissioni dell’Onav solo ai vini che, in fase di degustazione, raggiungono almeno 87 punti su 100. Si tratta di punteggi particolarmente rigorosi che richiedono ai vini il possesso di caratteristiche di elevata qualità. Quei vini che alle selezioni raggiungono un punteggio superiore ai 92/100 vengono ulteriormente premiati da una speciale commissione di tecnici che, in relazione alle loro eccellenti caratteristiche qualitative, attribuisce loro il prestigioso riconoscimento dell’“Oscar della Douja d’Or”. La selezione dei vini partecipanti al concorso di quest'anno è stata naturalmente rigorosa, a fronte di un'ampia partecipazione da parte delle aziende vitivinicole di tutta Italia. Ben 320 produttori hanno presentato 864 vini, suddivisi tra doc, docg, bio e per la prima volta anche igp. Sono stati 283 i vini premiati, in rappresentanza di 175 aziende, con una percentuale finale di riconoscimenti del 32,75%. Trentasei vini sono risultati meritevoli dell’Oscar Douja d’Or a differenza dei 48 della precedente edizione. Dodici i vini piemontesi che possono vantare il riconoscimento, seguiti in classifica da Liguria con 5 e Sardegna con 4. Diciannove sono gli Oscar assegnati ai vini rossi, 16 ai vini bianchi e 1 ai vini rosati; 2 i vini bio e uno igp premiati. I Produttori piemontesi rappresentano ben il 41,7 % dei vini premiati. Un ottimo risultato.

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territorio Fra le province piemontesi, quella sul gradino più alto del podio si conferma Asti con 52 etichette premiate, seguita da Cuneo con 43 e Alessandria con 19. L’edizione del 2018 alle degustazioni dei vini premiati al Consorzio Enologico Nazionale Douja d’Or, in assaggio presso il banco del Salone, propone anche quelle delle nobili produzioni vinicole del territorio (Barbera d’Asti, Asti, Alta Langa, Barolo, Gavi, Erbaluce di Caluso, Roero, Freisa di Chieri, Brachetto d’Acqui, Timorasso) dei 10 Consorzi di tutela regionali coordinati da “Piemonte Land of Perfection”. L’iniziativa si svolge nella cornice di Piazza San Martino, uno degli spazi architettonici barocchi più belli di Asti. Uno degli eventi interni alla Douja più interessanti è il “Piatto&Dolce d’Autore”, che si svolgerà presso la sede dell’Agenzia di formazione professionale “Colline astigiane”. Dieci rinomati ristoranti si alternano presentando un piatto – primo o secondo – abbinato alle eccellenze vinicole del territorio (Barbera d’Asti, Nizza, Albugnano, Ruché, Freisa) offerte dal Consorzio Barbera d’Asti e Vini del Monferrato. Poi viene proposto un dolce d’autore ideato per l’occasione da maestri pasticceri della Confartigianato abbinato, di volta in volta, a un calice di vino dolce: Asti Spumante, Moscato d’Asti, Brachetto d’Acqui o Malvasia, offerti dai rispettivi Consorzi di Tutela. Per chiudere, un assaggio di grappa offerto dal Consorzio Tutela Grappa del Piemonte e Grappa di Barolo. La scuola “Colline Astigiane” non solo ospita la rassegna ma, nell’ambito di un progetto di formazione condiviso con la Camera di Commercio e la sua azienda speciale, offre ai ragazzi impegnati nei diversi corsi, con il supporto degli insegnanti, un’occasione di apprendimento sul campo, con momenti di istruzione teorica e esperienze in cucina e in sala nell’ambito dell'evento. Il prezzo promozionale è di 19 euro più un euro di diritto di prevendita. L’area ristorazione dispone di 160 posti (tavoli con 10 coperti) e sono previsti 2 turni di servizio: alle 20 ed alle 21.30. Per gli importi superiori a 100 euro si accettano solo pagamenti con carta di credito o bancomat. Anche quest'anno la Douja D’or si presenta come l'evento centrale delle manifestazioni di settembre ad Asti, appuntamento da non perdere per tutti coloro che cercano il vino di alta qualità.

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Asti, la provincia più premiata alla Douja d'Or! Quest'anno il salone si apre alle piazze e alle vie del centro storico Presidente della Camera di Commercio di Asti, Erminio Renato Goria.

Qual è in generale la qualità dei vini selezionati in occasione del Salone nazionale Douja D'or? Come sempre estremamente rigorosa la selezione operata dai commissari di degustazione, con soli 36 vini meritevoli dell’Oscar Douja d’Or. Dodici i vini piemontesi che possono vantare il riconoscimento, seguiti in classifica da Liguria con cinque e Sardegna con quattro. Diciannove sono gli Oscar assegnati ai vini rossi, sedici ai vini bianchi e uno ai vini rosati, tra cui due vini bio e uno Igp premiati. Di interesse anche la presenza delle province piemontesi, che vede salire sul gradino più alto del podio ancora una volta Asti con 52 etichette premiate, seguita da Cuneo con 43 e da Alessandria con 19. Confermata anche in questa edizione l’attribuzione delle menzioni speciali alle imprese della provincia di Asti i cui vini doc e docg del territorio hanno ottenuto il punteggio più elevato nell’ambito delle selezioni e ben 13 sono state le imprese che hanno ottenuto il riconoscimento. Anche quest’anno abbiamo assistito a un incremento della qualità delle produzioni vinicole presentate in degustazione. Complessivamente premiati 283 vini. Quest'anno oltre ai vini Doc e Docg il concorso ha previsto la possibilità di partecipazione anche a quelli a Indicazione Geografica Protetta (Igp), quali sono le ragioni di questa scelta? Un Concorso dalla grande storia come la Douja d’Or, giunto ormai alla 46esima edizione, deve sempre avere la capacità di aggiornarsi con il passare del tempo. Proprio in questa direzione di grande attenzione alla contemporaneità, al mercato e ai gusti dei pubblici più esigenti va la scelta di inserire all’interno della platea dei vini del concorso anche quelli a indicazione geografica tipica. Una denominazione di origine che oggi, sempre di più, rappresenta una fetta importante della produzione vitivinicola d’eccellenza equamente ripartita su tutti i territori italiani di produzione. Quali sono i punti di forza del Salone nazionale di quest'anno? La manifestazione dimostra anche quest’anno di costituire un importante e autorevole volano di promozione per le eccellenze vitivinicole non soltanto di Asti e del Monferrato, ma anche dell’intero territorio piemontese e nazionale. Tra gli elementi di novità di quest’anno, la dislocazione della manifestazione in una vera e propria città della Douja in grado di accogliere i visitatori in tutto il centro storico. Una nuova impostazione che aprendo le piazze e le vie cittadine alla presenza della mostra, con i suoi diversi spazi di degustazione, offerta di prodotti e di eventi, consentirà di includere maggiormente il tessuto urbano e sociale astigiano e rappresenterà il connubio ideale tra dimensione produttiva, offerta culturale e presenza turistica. Grande sinergia con il Presidente Mobrici di Piemonte Land of Perfection, consorzio nato per riunire e promuovere in Italia e all’estero tutte le denominazioni dei vini piemontesi. Da segnalare poi la grande intesa con il Sindaco Rasero, il forte sostegno della Fondazione Cassa di Risparmio, e la potente macchina organizzativa con tutti gli altri protagonisti di un programma intenso di dieci giorni.

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A Palazzo Alfieri la Douja del Monferrato dedicata ai vini del territorio Tante novità e conferme fra gli eventi collaterali la “Douja del Monferrato”, nella quale le eccellenze vitivinicole del Monferrato verranno proposte in accompagnamento a degustazioni di prodotti tipici locali, in collaborazione con il Consorzio Barbera d’Asti e Vini del Monferrato e l’Afp “Colline Astigiane”. Inoltre Tutte le sere Palazzo Ottolenghi ospiterà le degustazioni e gli eventi a cura dell’Onav e dei Consorzi dell'Asti Docg, del Brachetto d'Acqui Docg e dell'Anag. Saranno numerosi gli eventi collaterali che accompagneranno tutto lo svolgimento della manifestazione, a partire dalle mostre di Palazzo Mazzetti che apriranno le porte al pubblico sabato 8 settembre. La Mostra del Maestro del Palio che racconta i 50 anni dell'evento e la storia della maggiore manifestazione cittadina attraverso le opere dell'architetto Giorgio Guarene, eletto Maestro del Palio 2018 e la Mostra “Del maneggiar l'insegna - il maneggio della bandiera nei secoli” che propone un suggestivo viaggio nella storia della bandiera a cura di Giovanni Nardoni, in occasione del cinquantennale di fondazione di Asta , che sarà rievocato in piazza Cattedrale sabato 15 settembre. Inoltre, ancora in piazza Cattedrale ci sarà la suggestiva “Douja del Palio”, rievocazione storica con personaggi in costume medievale, musici e sbandieratori che culminerà con la rappresentazione degli “Eno-scacchi”, evento lanciato qualche anno fa dal giornalista Sergio Miravalle. In piazza San Secondo lungo tutta la giornata di domenica 16 settembre, l'importante iniziativa di valorizzazione della Barbera d'Asti Docg, dedicata alla raccolta fondi per sconfiggere la Sclerosi Laterale Amiotrofica (Sla). La Camera di Commercio, presso Palazzo Borello, ospita gli “Incontri d'Autore”, tra cui le presentazioni de “Il grande libro dei Vermouth di Torino. Storie e attualità di un classico prodotto piemontese” a cura di Giusy Mainardi e Pierstefano Berta. È in programma anche “Aleramici in Sicilia” con la presenza dell'autore Roberto Maestri, presidente del Circolo culturale “I Marchesi del Monferrato”, che dopo il convegno astigiano ne terrà il 5 ottobre un altro a Palermo sullo stesso tema, accompagnato dai produttori del Monferrato. Fra le novità di questa edizione anche l'evento “Wine street” a cura dell'associazione culturale “Cre(at)ive”, presentato da Donatella Curletto: «due serate, venerdì 14 e sabato 15 settembre per assaporare vini e cibi in un percorso enogastronomico nei locali del cuore storico della città di Asti, un'occasione per brindare insieme ai festeggiamenti del settembre astigiano».

Si è svolta lunedì 27 agosto la presentazione ufficiale del programma completo della Douja D'or e del Festival delle Sagre, nella sede della Camera di commercio di Asti. Nell'occasione è stata sottolineata dai presenti l'importanza degli eventi astigiani di settembre come volano per l'economia della città nell'ottica dello sviluppo turistico. Il presidente della Camera di Commercio di Asti Renato Goria ha sottolineato «come il Settembre Astigiano costituisca attraverso i suoi eventi più rappresentativi, un patrimonio fondamentale per l’intero territorio astigiano e piemontese. Con oltre mezzo secolo di storia rappresenta la sintesi ideale di tradizione, capacità di evoluzione e innovazione produttiva». Il presidente della Camera di Commercio di Alessandria Gian Paolo Coscia ha detto «un patrimonio condiviso importante anche in vista dell’accorpamento delle nostre camere provinciali, che mette in evidenza come l’unione delle due realtà attraverso il Monferrato debba esserne occasione di valorizzazione e tutela per l’intero comparto enogastronomico, turistico e culturale». Il sindaco di Asti Maurizio Rasero ha parlato delle novità del Palio: «A partire dall'anticipazione della data del Palio, che verrà assegnato domenica 2 settembre. Una scelta dell'amministrazione comunale dettata da alcune motivazioni rilevanti tra cui la possibilità di disporre di ore di luce maggiori e di temperature più gradevoli, le scuole ancora chiuse e un afflusso di ragazzi e famiglie più consistente, l'allestimento della struttura agevolato dal periodo di ferie cittadino». Per quanto riguarda gli eventi della Douja ci sono alcune novità e tante conferme rispetto alle precedenti edizioni. A Palazzo Alfieri si svolgerà per la prima volta

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52° Salone Nazionale di Vini Selezionati

45°Festival delle Sagre Astigiane

7-16

ASTI SETTEMBRE 2018

ASTI SETTEMBRE 2018

festivaldellesagre.it

8-9

Piazza Campo del Palio

Azienda Speciale per la promozione e per la regolazione del mercato Camera di Commercio industria Artigianato e Agricoltura di Asti

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www.terraetradizione.com territorio L'Asti docg “La Selvatica” dell'azienda “Caudrina” premiato con l'Oscar della Douja d'Or 2018 Fra i vini premiati dal concorso nazionale della Douja D'or, c'è anche l'Asti docg “La Selvatica” dell'azienda agricola Caudrina di Romano Dogliotti di Castiglione Tinella. Un Asti di alta qualità che giustamente la giuria del concorso, organizzato dalla Camera di Commercio di Asti e dall'Onav, ha premiato con l'Oscar, ovvero il riconoscimento più importante assegnato dal concorso. Infatti i vini che alle selezioni raggiungono un punteggio superiore ai 92/100 ricevono l'ulteriore premio di “Oscar della Douja D'or”. Ne abbiamo parlato con Romando Dogliotti, il produttore.

«Si tratta di un Asti Spumante prodotto dal Crü “La Selvatica”. Lo facciamo a partire dal 1992. Romano Dogliotti: Lavoriamo nel migliore dei modi perché sia un “Per la vendemmia è prodotto di alta qualità e continueremo su questa bene aspettare la piena strada» afferma Dogliotti. maturazione dell'uva” Quali sono le prospettive della vendemmia di quest'anno? «Non si può fare una valutazione definitiva, ma le prospettive sono buone. Ci sono state delle grandinate nelle ultime settimane che hanno fatto danni purtroppo. Ora la temperatura è molto alta, sarebbe meglio se il caldo diminuisse un po' e soprattutto che le notti fossero fresche. L'importante è comunque attendere la piena maturazione. Negli ultimi anni abbiamo avuto delle vendemmie un po' anticipate, con la partenza alla fine di agosto, per via dell'estate molto calda, ma la data di riferimento per la vendemmia dovrebbe essere fra il 7 e il 15 settembre. È importante che la maturazione si completi. Il Consorzio Dell'Asti sta effettuando i campionamenti per fornire le indicazioni più opportune, occorre equilibrio fra quadro acido e aromatico».

dei vini Moscato e Asti.

«Si sta lavorando per realizzare degli ottimi vini e per allargare il mercato. C'è quello del Moscato, quello dell'Asti e adesso l'Asti secco, da alcuni mesi sta mostrando di avere prospettive interessanti. In questo modo speriamo di ampliare i volumi di vendita».

E per quanto riguarda la produzione dell'Azienda “Caudrina”?

«Noi produciamo soprattutto Moscato, e naturalmente Asti. Il nostro mercato copre tutto il globo, ovunque i nostri vini siano apprezzati. Per esempio il mercato cinese e quello Giapponese. Puntiamo molto sulla qualità dei nostri vini, magari anche a scapito del numero di bottiglie prodotte. In fondo la nostra è un'azienda agricola».

Romano Dogliotti lavora in vigna da quando aveva 14 anni, una vita spesa per fare buoni vini.

«Da quando ero giovane le cose sono molto cambiate. Allora c'erano meno possibilità, e meno tecnologia, la pigiatura si faceva a mano per esempio. La tecnologia ha cambiato tante cose e per fortuna, con i mezzi di adesso riusciamo a migliorare notevolmente la qualità della nostra produzione. Merito soprattutto dei miei figli che sono aggiornati e portano avanti l'azienda insieme a me».

Romano Dogliotti è anche il presidente del Consorzio dell'Asti e gli abbiamo chiesto quali sono le prospettive

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Festival delle Sagre

Si torna indietro nel tempo

Nel fine settimana compreso fra l’8 e il 9 settembre torna ad Asti il Festival delle Sagre, una manifestazione unica nel suo genere, una vera e propria rievocazione del mondo contadino fra Ottocento e Novecento. Migliaia di persone accorrono ogni anno per respirare l’atmosfera presente nel corso dell’evento giunto alla 45ª edizione. 40


territorio Il 9 settembre sarà la vera e propria giornata del festival che prenderà il via alle 9.15 con la sfilata storica nelle vie di Asti animata da circa tremila figuranti in costumi d’epoca, a piedi, su carri trainati dai buoi oppure da pesanti trattori “a testa calda”. Ogni paese, con la sua pro loco, porta in piazza il lavoro nei campi, i mestieri, le feste contadine insieme ai riti religiosi: dalla vendemmia al battesimo, dalla battitura del grano alla festa di leva. I gruppi partecipanti propongono ognuno un tema preciso. Ad accompagnare la sfilata si saranno i “Frustatori” di Rocchetta Tanaro con il Gruppo “I controcorrente”, le bande musicali di Costigliole e Villafranca e “Ji Arliquato”. La partenza è fissata alle 9.15 di domenica 9 da piazza Marconi, si prosegue successivamente lungo via Cavour, piazza Statuto, piazza San Secondo, via Gobetti, corso Alfieri, piazza Alfieri, corso Alfieri nuovamente, piazza I° Maggio, via Calosso, viale alla Vittoria, via F.lli Rosselli, corso G. Ferraris per rientrare in piazza Campo del Palio. Alla conclusione della sfilata, nel Campo del Palio, intorno alle 11.30, decine di casette, una per ogni Pro loco disegnano i confini del villaggio, un luogo stupefacente che nasce e svanisce insieme alla manifestazione, composto appunto da casette on miniatura (che sarebbe davvero riduttivo definire stand), si tratta di piccole cascine-ristorante in miniatura costruite le une accanto alle altre con tavoli, panche e dehors. Sono realizzate in mattoni o in legno, con scrupolosa attenzione per i dettagli in modo da riprodurre fedelmente le antiche abitazioni, osterie, locande, rustici con tanto di fienile, botteghe, forni; hanno coperture in autentici coppi, vere grondaie, finestre e ringhiere. Qui nulla è lasciato al caso, tutto è preparato con cura perché le strutture rispondano nel migliore dei modi alle esigenze di comfort e di funzionalità, degli ospiti, rappresentando nel contempo la migliore celebrazione del mondo contadino del Festival. Anche le soluzioni adottate per gli interni appaio credibili. Si può trovare il pavimento in cotto d’epoca, il portone a pannelli intagliati, i centrini e i paralumi fatti a mano, le tendine ricamate, grandi ritratti ovali dei nonni appesi alle pareti, madie dell’Ottocento, sedie e tavoli lucidi e profumati, la credenza austera al buffet con le antine dai vetri colorati. Non possono mancare gli attrezzi agricoli del passato come gioghi, tridenti, rastrelli, zappe e roncole, setacci, paioli, pentole, botti, tini, bigonce e torchi, arcolai, fusi e rocche, bordature e finimenti per cavalli, insieme a addobbi naturali come tralci di vite e grappoli d’uva, trecce d’aglio, collane di cotechini, ceste di peperoni, vasi di fiori e pannocchie di granoturco. Questo villaggio può arrivare a ospitare anche 200.000 persone, venute appositamente ad Asti, da tutta Italia e dall'estero per gustare le prelibatezze del festival. Ogni Pro loco propone il suo piatto, sapientemente preparato dai tanti cuochi coinvolti per uno dei banchetti più appetitosi che possano capitare con ben 80 portate disponibili, divisi tra antipasti, primi, secondi e dolci. Naturalmente sono proposte solo ed esclusivamente ricette tradizionali, tramandate di generazione in generazione e cucinate con materie prime provenienti dal territorio. Tagliatelle, Agnolotti, risotti, e polente in tanti abbinamenti. I secondi celebri della tradizione monferrina: bolliti, fritto misto, bagna cauda e tanti piatti purtroppo scomparsi dai menu dei ristoranti: fra questi la “puccia” (soffice polenta sciolta nel

www.terraetradizione.com minestrone di fagioli e condita con burro e formaggio) oppure il “baciuà”, zampino di maiale lessato, aromatizzato nell’aceto e fritto. Il festival rappresenta un'occasione unica per gustare prelibatezze rare per chi non vive sul territorio. I piatti di dolci sono solitamente oltre trenta: si va dalle creme ai biscotti, dal bunet alle torte fatte come una volta. Il giorno prima, sabato 8 settembre è in programma una gustosa anteprima, con le pro loco che servono le loro specialità gastronomiche. Giuliano De Giovanni, presidente dell'Unpli Piemonte (Unione nazionale Pro loco d'Italia), accompagnato da Luisella Braghero Presidente Unpli Asti e Bruno Verri Consigliere nazionale Unpli, ha illustrato «il grande lavoro di coinvolgimento delle 41 Pro loco organizzate dalla Camera di Commercio di Asti per un evento unico capace di trasmettere al pubblico una grande emozione fatta di cultura, sapienza e sapori della tradizione». Vincenzo Severino Presidente della sezione Aisla (Associazione Sclerosi Laterale Amiotrofica) di Asti ha annunciato l'importante presenza dei propri volontari con uno spazio dedicato, che garantirà anche quest'anno la partecipazione al Festival alle persone con disabilità. Confermata da Unpli l'assegnazione del “Premio speciale” per la sfilata della rievocazione. I premi per il festival si arricchiscono inoltre di un riconoscimento dell'“Accademia Italiana della cucina” intitolato al gastronomo Giovanni Goria. Il villaggio gastronomico è aperto al pubblico sabato 8 settembre dalle 18.30 alle 23.30 (solo i dolci verranno serviti fino alle 24) e domenica 9 dalle 11.30 alle 22.

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territorio

P R I M AV E R A

ESTATE

L’acqua, elemento essenziale di vita e di lavoro nel

Il ciclo della canapa

MONTIGL I O MO N F E R R ATO

Ecco i piatti che si potranno gustare nel corso del Festival delle Sagre:

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Monferrato agli inizi del 900

Uova al tegamino con tartufo e polenta – € 4,00 Torta di nocciole – € 2,00

C A L L I A N E T TO Gran fritto misto di Callianetto – € 8,00 Tortino ‘d Gianduja – € 1,80

MOT TA D I COST I G L I O LE

REVIGLIA S CO

Il peperone quadrato d’Asti: dalla terra alla tavola

Stufato di vitellone piemontese alla Barbera d’Asti

stagione – € 4,50

Le ciliegie: la fioritura, la raccolta, il mercato con polenta – € 4,50

CORSION E

Gran “bagna càuda” con peperoni e verdure di

Involtino di peperone (con ripieno di tonno, burro, acciughe e capperi) – € 3,00

Al forno come una volta

Q UA RTO D ’A ST I

GR AZZAN O BA D O G L I O

Tagliatelle al sugo di cinghiale – € 3,50

Torta di mele – € 2,20 – € 2,90

La corsa degli asini

La processione del venerdì santo

Rotolo al cacao con nocciole – € 1,80

Pane arrostito con pomodoro e uva – € 2,20

L’ultimo saluto all’Arciprete Maggiora

“Soma d’aj” con uva – € 2,20

MO N T E G ROSS O

NIZZA MO N F E R R ATO

“Cisrà” minestra di ceci con costine – € 3,50

Terra di botti e di vino

Panfritto con salumi del Monferrato – € 2,60

MONTEC H I A RO

Il maestro Ginella e la sua scuola di fisarmonica

“Belecauda” (farinata di ceci) – € 3,20 Le sarte di Montechiaro

Risotto con tartufo – € 5,00

Crema dolce in pasta sfoglia – € 1,80

MONAST E RO BO R M I D A Il polentonissimo di Monastero Bormida

“Puccia” di Monastero (soffice polenta nel minestrone di fagioli condita con burro e formaggio) – € 3,30

Robiola di Roccaverano con pane cotto nel forno a legna e mostarda di uva Moscato- € 2,20

SESSANT

Quando la campanella dell’asilo suonava a Sessant Carne cruda all’Astigiana – € 4,20

Torta di pane della tradizione contadina – € 1,80

I S O L A D ’A ST I

Baciuà (soffice zampino di maiale lessato, posto sotto aceto aromatizzato, impanato e fritto in padella) con bagnetto – € 3,80

Frittura di lumache – € 4,70

CALLIANO

La fonte solforosa della Pirenta Agnolotti d’asino – € 5,00 Salamini d’asino – € 2,00

MO N G A R D I N O

‘L martinèt (il maglio) d’ Mungardìn e l’antica fabbricazione degli attrezzi agricoli

Risotto alla Barbera d’Asti – € 3,50

Antico “mun” (mattone dolce) – € 1,80

VA R I G L I E

La pesca limonina: coltivazione, raccolta e conservazione

Pan marià (pane raffermo, nell’uovo e fritto) – € 2,20 Friciulin (frittini) di riso – € 1,70

COST I G L I O L E Per grazia ricevuta

Ravioli con il “plin” – € 4,30

Bunèt di Costigliole – € 1,80

SAN DAMIANO La festa ‘d San Roc

Salsiccia alla Barbera d’Asti – € 3,70 Canestrelli di San Damiano – € 1,70

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territorio

AUT U N N O

VILL AFR ANC A La festa di leva

Tagliatelle ai funghi porcini – € 3,50 “Bunèt” al cioccolato – € 1,80

ROCCHET TA TA N A RO

La scuola di ricamo e antichi mestieri all’ombra del castello Rustica ai formaggi – € 2,50

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C A ST E L LO D I A N N O N E

La 1ª fiera dell’artigianato e le feste settembrine del 1932

Lasagnette della vigilia (condite con bagna cauda) – € 4,00 Torta dell’abbondanza – € 1,80

C A ST E L L E RO

La nocciola, principale risorsa economica della vita contadina di un tempo

“Fundent” (fondenti di nocciole) – € 1,80

Friciulin (frittelle) di patate – € 2,30

Croccanti di nocciole – € 1,80

San Martin del masuè (il San Martino del mezzadro)

La distilleria: dal grappolo alla grappa

Salamini di cinghiale – € 2,50

Pesche al Moscato d’Asti – € 2,00

VALENZANI

BO G L I E T TO D I COST I G L I OLE

Polenta con bocconcini di cinghiale – € 4,50

Taglierini fatti in casa conditi con sugo di carne – € 3,50

S. Caterina

di

RO C C A d ’A R A Z ZO A Z Z A N O

Anno 1918: il ritorno a casa... ma non per tutti

Quando ad emigrare eravamo noi…sogni, speranze,

Antico “bodino” di Casa Savoia” – € 1,80

Risotto ai funghi – € 3,50

Agnolotti al sugo di carne – € 4,30

disperazione verso “la Merica”

CASABIANCA

Il dolce dell’Abbazia – € 2,00

Polenta fritta con gorgonzola – € 3,00

La fiera di Santa Caterina

'L carbùn d’na vira (taglio e commercio della legna)

V I L L A N OVA

Salame dolce di Casabianca – € 1,80

Vitello tonnato – € 4,10

L'esodo dalla campagna verso la fabbrica negli anni '50

S E R R AVA L L E

Crostata di mais con confettura di ciliegie – € 1,80

Tonno di coniglio – € 5,00

ANTIGNANO

Pesche ripiene al cioccolato – € 2,00

Tajarin di mais 8 file al sugo di salsiccia – € 3,50

La zucca nella vita: tradizione e cultura contadina

CORTAZZON E

Torta di zucca – € 1,80

L'ultimo viaggio

Tagliatelle all’uovo con tartufo – € 5,00 Focaccia di mele – € 1,80

PALUCCO

L'aratro nel tempo

Lingua in salsa verde – € 3,50

“Friciö” (frittelle dolci del contadino) – € 1,80

CUNICO

La vinificazione

INVERNO REVIGNANO

Andùma a viè (la veglia nella stalla)

Zabaglione al Moscato d’Asti – € 2,00 Bunèt della nonna – € 2,00

C E SS O L E

La castagna: raccolta, essiccatura e battitura Frittelle salate alla campagnola – € 2,50

Gnocchi alla Cunichese – € 3,50

VIARIGI

MOMBERCEL L I

Agnolotti alla moda Viarigi conditi con sugo arrosto – € 4,30

La vecchia fabbrica del torrone

“Friciula” (frittella salata) con lardo – € 3,00

MONCALVO La fiera del tartufo

Sontuoso bollito misto di Moncalvo – € 6,20 Panna cotta – € 1,70

SAN MAR ZA N OT TO

I due San Marziano: quello della Chiesa e della pentola

Crostone del contadino con bagnèt e acciughe – € 2,50

Lardo macinato, insaporito e spalmato sul pane – € 2,00

Finalmente il rimedio alla filossera: l’innesto

CELLARENGO

Il ciclo del legno: taglio, contrattazione e lavorazione Tinche in carpione – € 5,50

Trippa calda con cipolle (biséca) – € 3,70

C A N TA R A N A

“Dai magnin alla ciapèta”: dall’antico mestiere di stagnino al carnevale Cantaranese

Cotechino con purea di ceci – € 3,50

Tomini elettrici (formaggio fresco di latte vaccino condito

con salsa di prezzemolo, aglio, olio, peperoncino) – € 2,70

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territorio

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Asti

Si corre il Palio

Dal medioevo una delle corse più affascinanti

Domenica 2 settembre, Asti si ferma per la manifestazione più attesa da tutta la città. La corsa coinvolge 21 concorrenti dei rioni cittadini e di alcuni comuni dell’Astigiano. Per la preparazione del Corteo storico che la precede, e per l’allestimento della corsa, tutti i partecipanti, hanno lavorato intensamente per l’intero anno. 44


territorio Il Palio è uno degli eventi folcloristici più importanti in Italia, anche perché ricco di storia, visto che la sua tradizione affonda nel medioevo, periodo storico nel quale la città, come Comune, ha vissuto il suo periodo d'oro. La prima attestazione storica del Palio di Asti risale al 1275 al memoriale scritto da Guglielmo Ventura, speziale che si dilettava nella scrittura delle cronache del tempo. Riporta Ventura che Asti, impegnata nell'assedio del Comune nemico, Alba, decise di correre il Palio sotto le mura della città sotto attacco, una beffa da unire al danno portato dagli scontri bellici (curiosamente l'episodio storico è anche all'origine della leggenda del palio degli asini albese). Questa testimonianza dimostra in realtà che il palio era già un abitudine per gli Astigiani a quel tempo. L'origine della tradizione forse può darcela un altro cronista, Ogerio Alfieri, che scrive nel 1280 che “in caso di necessità la città può contare su seicento cavalieri dotati di due cavalli... il contado può fornire centosessanta cavalieri dotati di un cavallo o di una cavalla”. Nel corso dei secoli sono numerose le testimonianze che attestano la presenza della corsa dei cavalli ad Asti, un Palio sempre presente nella vita cittadina, dedicato al santo patrono, San Secondo. Quest'anno il Palio anticipa i tempi rispetto al solito, quando si svolgeva nel cuore del mese di settembre

insieme alle altre grandi manifestazioni del settembre astigiano, la Douja D'or e le Sagre, la prima domenica di settembre è quella più attesa da tanti astigiani e naturalmente anche da tanti turisti che riempiranno il Campo del Palio. Il programma del palio è ormai ben definito. La giornata della corsa è preceduta dal Mercatino del Palio in piazza San Secondo, in programma fra giovedì 30 agosto e sabato 1 settembre. Il centro storico astigiano ospita il variopinto mercatino che vede protagonisti Rioni, Borghi e Comuni partecipanti. Ognuno, nella sua bancarella propone oggetti curiosi

www.terraetradizione.com e gadget personalizzati con i propri colori. Un appuntamento divenuto ormai tradizionale e atteso sia dagli astigiani che dai turisti. Giovedì 30 alle 23 a Palazzo civico c'è anche la Presentazione ufficiale dei Fantini. Le prime prove ufficiali del Palio si tengono venerdì 31 agosto a partire dalle 13.30. I partecipanti hanno a disposizione un quarto d'ora ciascuno per definire gli ultimi dettagli prima della gara vera e propria; non c'è limite di partecipazione a queste prove per fantini e cavalli. Sempre venerdì alla 18 c'è la Sfilata dei Monelli in corso Dante, corso Alfieri e via Rossini; in serata, a partire dalle 20.30 le cene propiziatorie nei Rioni e Borghi cittadini e nei Comuni partecipanti: momenti di festa intorno alla tavola per tutti i partecipanti, nella speranza di guadagnare la fortuna necessaria per la vittoria finale. Sabato 1 settembre è il momento della prova generale della vigilia, a partire dalle 16 ogni borgo, rione o comune è tenuto a partecipare con un solo cavallo e con il fantino ufficiale. In questa prova vengono ricreate le condizioni della gara stessa, ci sono tre batterie da sette cavalli, con la partenza al canapo agli ordini del mossiere. È anche un momento di incontro e confronto fra i borghigiani partecipanti che convergono tutti in piazza Alfieri. Sabato è anche il giorno della sfilata dei bambini. Nel pomeriggio una suggestiva sfilata in costume vede protagonisti giovanissimi sfilanti fra i 4 e i 14 anni, lungo il percorso che della sfilata del giorno successivo, da corso Alfieri fino a piazza Alfieri, dove assisteranno alle prove dei rispettivi cavalli e fantini. Poco più di mille i bimbi protagonisti per un pomeriggio. Dalle 20.30 le ultime cene propiziatorie prima della giornata fatidica. E arriva domenica 2 settembre, il giorno della corsa. La giornata inizia alle 10 presso le parrocchie cittadine, con la cerimonia di benedizione del cavallo e del fantino. Alle 11 in piazza San Secondo ci sarà l'esibizione degli sbandieratori dell'Asta. Si tratta dell'Associazione sbandieratori di tradizione astigiana (di qui l'acronimo Asta), gruppo nato nel 1968 in seguito alla ripresa della storica corsa del Palio avvenuta nel 1967. Il gruppo è il vero e proprio biglietto da visita del Palio di Asti in Italia e nel mondo. Si è esibito in Francia, Spagna, Gran Bretagna, Germania, Svizzera e tante altre nazioni europee ed è andato anche fuori dai confini continentali, in Giappone e Stati Uniti. Lo spettacolo che propone si collega alla tradizione astigiana del gioco di bandiere in base a documenti ufficiali del 1275. I costumi sono fedeli riproduzioni della moda medievale e le bandiere presentano i colori di Borghi, Rioni e Comuni che corrono il Palio. Il gruppo è composto da circa 80 atleti, tra musici (tamburini e trombettieri) e sbandieratori e offre

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territorio uno spettacolo che può arrivare a durare anche 60 minuti. A partire dal 2012 Asta è tornata in seno alla “Federazione Italiana Antichi Giuochi e Sports” della bandiera dopo un periodo di assenza e nello stesso anno ha fondato la sezione “Junior”, composta da oltre 70 giovanissimi fra 7 e i 16 anni: gli junior partecipano alle trasferte del gruppo e alle gare federali. L'esperienza dell'Asta ha anche dato vita a una “scuola astigiana di sbandieratori” che viene alimentata dai vari rioni. Perché naturalmente ogni borgo ha il suo gruppo di sbandieratori. Questi partecipano al Palio degli sbandieratori, occasione per verificare la bravura dei gruppi rionali. L'evento si svolge sotto l'occhio severo di esperti e la supervisione del Capitano del Palio; il gruppo vincitore si aggiudica il “Paliotto”, drappo che riproduce le insegne della città. Il vincitore si aggiudica il diritto di partecipare alle manifestazioni italiane dedicate alla bandiera di maggior prestigio. Nel 2018 questo palio è stato vinto dal Borgo San Lazzaro. Tornando al programma, partendo dalla piazza della Cattedrale il Corteo storico si muove verso piazza Alfieri, aperto dagli sbandieratori dell'Asta e chiuso dal Carroccio. Il Corteo è composto dai figuranti di ogni gruppo partecipante al palio e dà vita a un imponente affresco che rievoca la storia medievale di Asti. Ogni gruppo è preceduto dal Vessillifero che porta i colori del borgo, rione o Comune. Ogni anno sono circa 1.200 i figuranti che partecipano al corteo e ogni gruppo rappresenta un tema storico preciso, al migliore il “Soroptimist international d'Italia”, club di Asti, consegna la pergamena d'autore, premio molto ambito dai partecipanti. La sfilata si snoda per le vie del centro storico: piazza della Cattedrale, via Caracciolo, piazza Cairoli, corso Alfieri, via Gobetti, piazza San Secondo, via Garibaldi, via Gardini, per giungere in piazza Alfieri. La gara vera e propria prende il via alle 16, il momento tanto atteso per tutto l'anno, si articola in tre batterie nelle quali corrono sette concorrenti. I fantini cavalcano i cavalli “a pelo” ovvero senza sella.

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www.terraetradizione.com La pista viene preparata con grande cura per tenere per tre giri di corsa, in qualsiasi condizione climatica, sia con la pioggia che col bel tempo. In ogni corsa la partenza è decisa dal Mossiere che ne è il responsabile unico, sia per le batterie che per la finale. Questi deve garantire l'allineamento al canapo dei cavalli, secondo l'ordine del sorteggio, può richiamare ufficialmente i fantini scorretti e invalidare la partenza se questa non rispetta le condizioni previste. Da ognuna delle batterie escono tre vincitori che vanno a contendersi la finale. Fra le batterie e la corsa conclusiva c'è un'esibizione degli sbandieratori (intorno alle 17). Infine alle 18 circa la finale nella quale gareggiano nove concorrenti, ma solo uno vince il palio. Il premio finale, appunto, il Palio, drappo di velluto

con l'effige di San Secondo, patrono di Asti. Al secondo arrivato è assegnata una borsa di monete d'argento, al terzo gli speroni, al quarto il gallo vivo, al quinto la coccarda. Infine all'ultimo classificato l'acciuga con l'insalata. Ma nessuno si ricorderà di altri che non sia il vincitore, lo scorso anno, nel 2017, è stato San Lazzaro (col fantino Giuseppe Zedde in groppa a Bomario) chi sarà quest'anno?


RAIMONDO sas Bolle Carlo & c.

Acqua & bevande



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