il Fatto Nisseno - settembre 2014

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RESS

Settembre 2014

Mensile di approfondimento Direzione Editoriale: Michele Spena

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redazione: Viale della Regione, 6 Caltanissetta

- Tel/Fax: 0934 594864

ISSN: 2039/7070

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Anno III Num. 32

Poste Italiane S.p.A. - Sped. in Abbonamento Postale D.L. 353/2003 conv. N. 46 art. 1 comma 1. Sud /CL

- Stampa: STS S.p.A. Zona industriale Vª Strada, Catania - Reg. Tribunale di Caltanissetta n° 224 del 24/02/2011

L’ANNIVERSARIO

CURIOSITA’

MONTECITORIO

Sono trascorsi 200 anni dalla nascita di Mons. Guttadauro

Giuseppe Cancemi, il professore nisseno di storia e filosofia del premier Renzi

I parlamentari siciliani, soldati obbedienti ma non incisivi per l’Isola. “Sono i peggiori”

di S. Falzone

di G. A. Falci

di F. Falci

a pagina 10

a pagina 3

L’intervista

“Quindici righe”

Fatti in Redazione

il Messaggio

Diciotto anni di politica, Alessandro Pagano: “Entusiasmo immutato”

Speranza e cambia-menti — di

Città Disperata A

lessandro Pagano, 55 anni, da San Cataldo, il politico più discusso della provincia nissena da oltre 18 anni, si è raccontato a cuore aperto. La storia di un protagonista del proscenio della vita pubblica: tre elezioni all’Assemblea Regionale Siciliana, tre volte Assessore, due deputazioni nazionali. Pagano non ha fatto ricorso al politichese. Ha descritto il suo percorso, quello di un uomo, guidato da valori cristiani, che non nasconde i suoi difetti, i suoi errori, ma che non vuole siano disconosciuti o sminuiti i suoi pregi e l’impegno per la sua terra. di D. Polizzi e M. Spena

a pagina 13

Cambiare “dentro” per cambiare ciò che è fuori di noi

Fatti contro la mafia

Antonio Saetta La fermezza di un uomo riservato che faceva paura a “cosa nostra” di G. Tona

Caltanissetta, Corso Vittorio Emanuele

a pagina 4

Fatti & Vallone

Emergenza organico, Carabinieri insufficienti

La Compagnia di Mussomeli deve fare i conti con la spending review di G. Taibi

a pagina 7

a pagina 28 scrivi alla redazione: lettere@ilfattonisseno.it

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Mario Russotto —

L

a festa di San Michele Arcangelo, Patrono della diocesi e della città di Caltanissetta, quest’anno rischia di vedere un popolo lasciarsi cadere sempre più nell’abisso delle paure e della rassegnazione. Certo, la vita è spesso un lungo terribile travaglio del parto, ma è anche il grembo fecondo in cui l’umanità può imparare l’alfabeto della speranza. Nulla della vita, pur nel suo grande carico di dolore, è estraneo alla speranza. Sperare significa che, nonostante errori e fallimenti, esiste la possibilità di ricominciare, di percorrere di nuovo un cammino di vita e d’amore che sembrava chiuso per sempre. Il nostro è un tempo di “crisi”, cioè un’epoca di passaggio; è un tempo in cui ci è chiesto di sognare e costruire il futuro, la nuova civiltà dell’amore. Il nostro è tempo di semina, è il tempo della Speranza crocifissa che chiede di risorgere e rinascere ancora nel cuore di ciascuno di noi. Perché la speranza è più di un sentimento, più di una esperienza, più di una previsione. La speranza è un comando. E seguirlo significa vivere, sopravvivere, perseverare, non cedere mai alla rassegnazione, non concedere mai rabbiosamente spazio alla frustrazione. Ma occorre cambiare “dentro” per cambiare ciò che è fuori di noi. La speranza è una “lotta continua” che mantiene sempre viva la tensione tra essere e cambiare. Perché dobbiamo, prima di tutto, essere noi il cambiamento che vogliamo vedere nel mondo!


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Fatti & Palazzo del Carmine

di Salvatore Mingoia

Burocrazia in restyling, Dirigenti e dipendenti con il “fiato sospeso” C

omincia dal segretario generale la “rivoluzione interna” targata Ruvolo, a Palazzo del Carmine. Il nuovo massimo dirigente Rita Lanzalaco ha preso il posto di Eugenio Alessi impeccabile funzionario e segretario di fiducia fino all’amministrazione Campisi. La scelta di Lanzalaco professionista d’indiscusse qualità, deve essere letta nel chiaro solco del cambiamento e della discontinuità. Nel curriculum di Lanzalaco una lunga esperienza attraverso strutture comunali ed un percorso movimentato. Riguardo l’organizzazione interna della struttura comunale, come ampiamente annunciato dal sindaco stesso e da esponenti della sua giunta, il prossimo step riguarderà la riorganizzazione della pianta organica comunale, l’eventuale riduzione delle aree e la nuova attribuzione degli incarichi dirigenziali ai funzionari di categoria D. Una vero e proprio sconvolgimento epocale, quello promesso, che già nelle scorse settimane ha infiammato il dibattito politico. Con il rinnovo del vertice della burocrazia quindi dovrebbe anche arrivare il preannunciato sommovimento del personale del comune e che dovrebbe riguardare tutti i settore della pubblica amministrazione. Il nuovo segretario generale dovrà fronteggiare la agguerrita truppa dei comunali su due fronti; il fronte che riguarda il vertici della burocrazia e ed il secondo, non meno infuocato, che fa riferimento alle rivendicazioni di tutto il personale; precari compresi. Il sindaco Giovani Ruvolo tra i primi atti, subito dopo il suo insediamento aveva manifestato l’intenzione di avviare le procedure di mobilità interna del personale nei vari uffici per dare il via libera alla rotazione dei dirigenti. Un sommovimento del personale che come una sorta di patata bollente passa nelle mani del nuovo generale. Adesso con il rientro del Il segretario generale, Rita Lanzalaco

personale dalle ferie e il ritorno alla normalizzazione degli uffici la preannunciata rotazione potrebbe avvenire entro la prima quindicina del mese di ottobre. Sono previsti spostamenti all’ufficio anagrafe e stato civile, all’ufficio Sport, all’Ufficio tecnico e Lavori Pubblici ed anche all’ufficio del Teatro Regina Margherita. Lanzalaco sarà chiamata anche a sedare la silenziosa protesta che cova all’interno del personale precario del comune che chiede il provvedimento di stabilizzazione e l’aumento delle ore lavorative da 28 a 36 ore settimanali. Una risposta però che è subordinata anche alla verifica di cassa che il dirigente del settore Finanziario del Comune è chiamato ad effettuare. C’è poi l’altra vicenda che vede contrapposti i lavoratori del comune. Il capitolo è quello che riguarda il

concorso interno per quaranta posti riservato in via esclusiva ai precari, bandito dal comune che ha scatenato polemiche e anche qualche rancore tra colleghi che aspirano a rivestire un posizione o un ruolo diverso da quello che occupano oggi. Una diatriba tra colleghi che si è iniziata a combattere a colpi di carta bollata e che ha scatenato in pratica un vero e proprio braccio di ferro, se non una guerra, tra dipendenti comunali. Dopo la pubblicazione del bando sono partiti i ricorsi al Tar da parte di un nutrito gruppo di dipendenti comunali: la selezione, prevede l’assunzione di cinque lavoratori con la qualifica di istruttore ammini-

ranti esterni di altri comuni dell’isola. A questo ricorso si sono accodati un nutrito gruppo di dipendenti comunali, ex precari

Direzione Editoriale Michele Spena

Direttore responsabile Salvatore Mingoia

Collaborazioni:

Ivana Baiunco Marco Benanti Liliana Blanco Rino Del Sarto Alberto Di Vita Etico Fiorella Falci Giuseppe Alberto Falci Filippo Falcone Salvatore Falzone Franco Infurna Annalisa Giunta Lello Kalos Donatello Polizzi Alberto Sardo Lorena Scimé Giuseppe Taibi Giovanbattista Tona Michele Spena

Impaginazione Antonio Talluto

Distribuzione

strativo categoria D, diciassette posti di agente di polizia municipale categoria C, ventuno posti di istruttore amministrativo categoria C e un posto di vigilatrice d’infanzia categoria C. Contro questo bando hanno anche presentato ricorso alcuni aspi-

di categoria B, che vedono preclusa la opportunità di una progressione di carriera per cui collettivamente hanno presentato ricorso al Tar. L’intera vicenda, con l’eventuale nuovo bando di selezione, è anche questa nella mani del nuovo segretario. Truppa di comunali quindi in posizione di stallo; precari, dirigenti, posizioni organizzative e semplice impiegati tutti in attesa delle prossime mosse, prima di scatenare la controrivoluzione.

Giuseppe Cucuzza

Redazione Viale della Regione, 6 Caltanissetta redazione@ilfattonisseno.it Tel/Fax: 0934 - 594864 pubblicità: 389/7876789 commerciale@ilfattonisseno.it

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AVVISI LEGALI di Salvatore Falzone

Renzi è nissena

La “filosofia” di

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i gode gli ultimi scampoli di vacanza nelle campagne dell’entroterra, il prof siciliano di Matteo Renzi (e suo “primo avversario politico”) al liceo Dante di Firenze. Nella sua torre ottocentesca, tra Caltanissetta e Serradifalco, Giuseppe Cancemi, 74 anni, nisseno trapiantato a Montemurlo in provincia di Prato, ricorda l’alunno più famoso della sua carriera di insegnante di storia e filosofia. “Come lo conosco io, lo conoscono in pochi. E posso dire che era Renzi già allora, cioè nei primissimi anni Novanta. Molto intelligente, capace e dinamico. Lo utilizzavo infatti per spronare la classe e creare interesse. Io – continua Cancemi, che è stato segretario provinciale del MIS di Caltanissetta e poi consigliere comunale a Luino e a Firenze, sempre nelle file del partito di Almirante – ero la sua antitesi. Lui era la sinistra, io la destra. Discutevamo anche animatamente, mi piaceva il suo lato battagliero. Ci scontravamo sul significato di Medioevo e Rinascimento, sul pensiero di Benito Mussolini e di Alcide De Gasperi. Credo di aver contribuito molto alla sua formazione”. Sarà per questo che accusano il premier di essere troppo di

destra? “Renzi, o Renzino come lo chiamavamo, parte da posizioni di sinistra, anche se non comuniste. Lui apparteneva alla sinistra democristiana, quella di Dossetti e di La Pira. Era aperto al dialogo già allora e mi pare che lo abbia dimostrato anche adesso”. Si riferisce all’intesa con Berlusconi? “Anche. Secondo me, su questo fronte, è stato accusato ingiustamente. Per trovare la via giusta bisogna sentire le ragioni della controparte e poi cercare un punto d’incontro”. Parola di Cancemi il fascista (“in realtà non mi considero fascista, sono sempre stato vicino alla teoria di Gentile”, precisa) al quale Matteo ha dedicato due pagine del suo libro “Fuori” ricordando le prime battaglie politiche combattute in classe contro un professore che la pensava diversamente da lui ma col quale

aveva un rapporto di speciale affezione. Lo stesso Renzi ricorda un particolare di quegli anni: all’esame di maturità il presidente di commissione voleva dargli due punti meno del massimo e Cancemi si oppose con tutte le sue forze, chiamò l’ispettore e convinse la commissione. “L’orale di Matteo era perfetto,” ricorda il professore “e anche il tema

d’italiano”. Ma come se la cavava Renzino con la storia e la filosofia? “Prendeva sempre 8 e 9. Del resto non ho mai dato 10 a nessuno, la perfezione non esiste”. A distanza di quasi vent’anni, Cancemi afferma di riconoscere nel presidente del Consiglio il ragazzotto di allora. “A volte sorrido

quando, in televisione, gli sento ripetere alcune mie frasi alla lettera”. Per esempio? “Chi sono io, Mandrake? Oppure: che t’arriva la posta col cammello?…”. Tornando ai banchi di scuola, il professore insiste sul carattere dell’allievo. “I mie colleghi – racconta - ce l’avevano un po’ con lui. Si sentivano screditati da quel suo atteggiamento da primo della classe. Sostenevano che fosse polemico, perché ribatteva. Io rispondevo che faceva bene. Ma per questo Matteo rischiò l’otto in condotta”. E i compagni come lo vedevano? “Una parte della classe stava con lui, l’altra no, lo giudicava antipatico”. Ma – sentimenti a parte - sta facendo bene il suo ex alunno da premier? “L’Italia – risponde il professore - è sotto attenta sorveglianza dell’Europa che richiede uno svecchiamento e una razionalizzazione delle istituzioni, soprattutto con riferimento alla burocrazia elefantiaca e ai costi della politica. Non c’è dubbio che Renzi si accinga a quest’opera, forte della sua cultura e della sua carica caratteriale. Il problema - aggiunge - è che urta contro le difficoltà oggettive che insorgono all’interno del suo stesso partito oltre che contro la vischiosità dell’elettorato italiano che si lascia trasportare troppo da pregiudizi sentimentali”. Potrebbe fare qualcosina in più per la Sicilia? “Qui la situazione è tragica a causa anche di questioni di carattere storico. Il problema è prima educativo e poi operativo”. Un paragone fra Renzi e Crocetta? “Sarebbe improponibile”, allarga le braccia. Non è un po’ parolaio il suo Renzino? “No. E’ uno che usa, e secondo alcuni abusa, della sua ferrea dialettica e della sua capacità oratoria. Certo è che finora sta tenendo fede al suo programma. Insomma, ha idee e volontà. E si sforza di adempiere alle sue funzioni nel più breve tempo possibile. Avversari e alleati permettendo…”. Da quando Renzi siede a Palazzo Chigi, allievo e maestro non si sono visti né sentiti. “Sarebbe inopportuno” osserva Cancemi. “Non gli telefono per principio. Già lo accusano di essere di destra. Con tutte queste intercettazioni, poi, sono capaci di prendere una frase e di inventarsi chissà che cosa”. Ma se lo incontrasse, per caso, il vecchio professore gli direbbe: “Sii cauto, Matteo, guardati bene le spalle”.

TRIBUNALE DI CALTANISSETTA Esecuzione Immobiliare N.132/96 R.G. Es. Lotto unico: diritto reale di proprietà su appartamento per civile abitazione sito in Vallelunga Pratameno (CL), via Flavio Gioia n. 20, posto al secondo piano e composto da tre vani, cucina, doppi servizi e corridoio; censito nel Catasto dei Fabbricati del Comune di Vallelunga Pratameno (CL) posto al secondo piano e composto da tre vani, cucina, doppi servizi e corridoio; censito nel Catasto dei Fabbricati del Comune di Vallelunga Pratameno (CL) al foglio di mappa 25, particella 2572, subalterno 4, via Flavio Gioia, n. 20, categ. A/2 di classe I, cons. vani 6,5, sup. catastale 135 mq. Vendita senza incanto 12.11.2014 ore 10, ed, in caso di esito negativo, vendita con incanto 03.12.2014 ore 10 presso Studio Professionista Delegato Dr.ssa Elisa Ingala in Caltanissetta, viale della Regione n.97/C. Il prezzo base euro 25.524,00; offerte minime in aumento: euro 3.000,00. Maggiori informazioni e modalità di partecipazione presso lo studio del professionista delegato e custode, dr.ssa E. Ingala, nei giorni di Lunedì e Mercoledì h. 10 – 12 e su sito www.astegiudiziarie.it. Caltanissetta,09.09.2014 Il Professionista delegato Dott.ssa Elisa Ingala

TRIBUNALE DI CALTANISSETTA Esecuzione Immobiliare N.31/2008 R.G. Es. Lotto unico: diritto reale di proprietà su appartamento per civile abitazione sito in Caltanissetta (CL), Vicolo Scarlata n.11, composto da un vano al primo piano, quattro vani, un servizio ed un disimpegno al secondo piano, e da due terrazzini ed un vano - quest’ultimo realizzato abusivamente, ma sanabile - al terzo piano; in catasto foglio 303, particella 40, subalterno 6, categoria A/3 di classe 1a, cons. 7,5 vani. Vendita senza incanto 11/11/2014 ore 10, ed, in caso di esito negativo, vendita con incanto 02/12/2014 ore 10 presso Studio Professionista Delegato Dr.ssa Elisa Ingala in Caltanissetta, viale della Regione n.97/C. Il prezzo base euro 16.875,00; offerte minime in aumento: euro 2.000,00. Maggiori informazioni e modalità di partecipazione presso lo studio del professionista delegato e

custode, dr.ssa E. Ingala, nei giorni di Lunedì e Mercoledì h. 10 – 12 e su sito www.astegiudiziarie.it. Caltanissetta, 09.09.2014 Il Professionista delegato Dott.ssa Elisa Ingala TRIBUNALE DI CALTANISETTA SEZIONE ESECUZIONI IMMOBILIARI Espropriazione immobiliare n.17/2010 R.G.E. Il funzionario giudiziario rende noto che all’udienza, del 19.11.2014 alle ore 12,30 nella sala delle pubbliche udienze di questo Tribunale, avanti il Giudice dell’Esecuzione, avrà luogo la vendita senza incanto dei seguenti beni immobili: Lotto n.1:”Edificio adibito a civile abitazione sito in Mussomeli via Barba n.72 e via Militello 23, p. T, p:1° p.2° foglio 29 particella 733 p.t. S1, categoria A/5, classe 2, vani 1,5 rendita € 34,09. Prezzo minimo dell’offerta € 7.650,00. Lotto n.2 “Fabbricato ad uso deposito sito in Mussomeli via Al Bosco n.42 di mq 38 dotato di una piccola corte. Foglio 29 particelle 133 sub 1, piano terra, categoria C/2 classe 1 mq 30 rendita catastale € 79,02.Prezzo minimo dell’offerta € 3.206,25 I beni si vendono nello stato di fatto e di diritto in cui si trovano. Il tutto come meglio descritto in perizia agli atti. Ognuno, eccetto il debitore,è ammesso a fare offerte personalmente o a mezzo di mandatario munito di procura speciale. Ogni offerente dovrà presentare nella Cancelleria delle Esecuzioni Immobiliari di questo Tribunale, entro le ore 12 del giorno precedente la data per l’esame delle offerte, offerta di acquisto in bollo in busta chiusa. accompagnata da assegno circolare non trasferibile intestato alla procedura pari al 10% del prezzo offerto, a titolo di cauzione. Le offerte in carta bollata dovranno indicare il prezzo, il tempo ed il modo di pagamento ed ogni altro elemento utile alla valutazione dell’offerta. In caso di aggiudicazione, il saldo prezzo dovrà essere versato entro il termine di giorni 60 dalla data di aggiudicazione provvisoria mediante assegno circolare non trasferibile intestato alla procedura. Maggiori chiarimenti potranno essere richiesti in Cancelleria. VENDITA CON INCANTO Il Giudice dell’esecuzione comunica inoltre, per il caso di mancanza di offerte di acquisto senza incanto, ovvero in mancanza di emissione del decreto di trasferimento a seguito della aggiudicazione senza incanto, ovvero per qualunque altra ipotesi in cui la vendita senza incanto non abbia luogo , si terrà la vendita con incanto degli immobili per il giorno 03.12.2014, alle ore 12,30 ; Lotto n.1:”Edificio adibito a civile abitazione sito in Mussomeli via Barba n.72 e via Militello 23, p.t p. 1° p.2°. Foglio 29 particella 733 P.T. S1, categoria A/5, classe 2, vani 1,5 rendita € 34,09. Prezzo base d’asta € 7.650,00 Offerta minima in aumento € 700,00; Lotto n.2 “Fabbricato ad uso deposito sito in Mussomeli via Al Bosco n.42 di mq 38 dotato di una piccola corte. Foglio 29 particelle 133 sub 1 piano terra, categoria C/2 classe 1 mq 30 rendita catastale € 79,02. Prezzo base d’asta € 2.206,25 Offerta minima in aumento € 300,00. Ognuno, eccetto il debitore, è ammesso a fare offerte personalmente o a mezzo di mandatario munito di procura speciale. Ogni offerente dovrà presentare nella Cancelleria delle Esecuzioni Immobiliari di questo Tribunale, entro le

ore 12 del giorno precedente a quello stabilito per l’incanto domanda di partecipazione in bollo accompagnata da assegno circolare non trasferibile intestato alla procedura pari al 10% del prezzo offerto, a titolo di cauzione. Le offerte in carta bollata dovranno indicare il prezzo, il tempo ed il modo di pagamento ed ogni altro elemento utile alla valutazione dell’offerta. In caso di aggiudicazione, il saldo prezzo dovrà essere versato entro il termine di giorni 60 dalla data di aggiudicazione provvisoria mediante assegno circolare non trasferibile intestato alla procedura. Maggiori chiarimenti possono essere richiesti in Cancelleria e sul sito internet. www.astegiudiziarie.it. Caltanissetta 03.109.2014 Il Funzionario di Cancelleria F.to Chiolo Ignazia


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Fatti contro la mafia

per non dimenticare

Storia & Cultura

Antonio

Saetta

il servitore dello Stato che sapeva di rischiare di Giovanbattista Tona

A

Canicattì non si sapeva nemmeno che Antonino Saetta era un magistrato così importante. I suoi concittadini, che pensavano di sapere tutte le chiacchiere del paese, se lo sentirono raccontare il 25 settembre 1988 dalla televisione che dava la notizia che “il Presidente Saetta” era stato ucciso insieme al figlio Stefano, mentre rientrava da Canicattì a Palermo, alle ore 22,40, alla guida della sua autovettura Lancia Prisma lungo la strada a scorrimento veloce Agrigento-Caltanissetta. Ma qualcuno forse sapeva che Anto-

in un villino della famiglia del magistrato in territorio di Carini. Antonino Saetta, alla Corte di Appello di Palermo, si occupò anche del processo riguardante l’omicidio del Capitano Basile e la Corte da lui presieduta ribaltò la pronuncia assolutoria emessa in primo grado che tanto clamore e molti fondati sospetti aveva generato. Anche in quel caso senza risparmio e senza ritegno gli esponenti di “cosa nostra” sottoposero a pressioni inaudite i magistrati togati e i giudici popolari che si occuparono del caso. Una sentenza di condanna a carico

della Corte di Appello una nota che oggi sembra profetica. Scriveva Saetta il 18 giugno 1987: “Il sottoscritto, che proviene da Caltanissetta, ove per oltre due anni ha presieduto quella Corte di Assise di Appello, che tra gli altri ha trattato il noto processo di mafia relativo alla strage Chinnici, processo difficile, sofferto e di particolare impegno, avrebbe gradito non continuare a trattare procedimenti di competenza delle Corti di Assise, senza con ciò pretendere di sottrarsi al proprio dovere. Non si vede perché, pur essendovi la possibi-

momenti prima della lettura della sentenza di condanna, Saetta aveva perduto la pazienza e aveva redarguito gli altri componenti del collegio dicendo loro: “se continuiamo così, da qui non si esce più”. Il 23 giugno del 1988 la Corte presieduta da Saetta condannò nuovamente gli imputati all’ergastolo. All’interno di “cosa nostra”, allora, cominciò a circolare voce che Antonino Saetta avrebbe presieduto l’appello del “maxiprocesso” e, alla luce del comportamento che aveva tenuto in occasione del processo per l’omici-

“La fermezza di un uomo riservato che faceva paura a “cosa nostra”

nino Saetta era stato Presidente della Corte di assise di Appello a Caltanissetta e si era occupato della strage di via Pipitone Federico dove il 29 luglio del 1982 avevano trovato la morte il Consigliere Istruttore di Palermo, Rocco Chinnici, il portiere del suo stabile e gli uomini della sua scorta. Tra gli imputati vi erano gli appartenenti alla famiglia Greco di “Ciaculli”, all’epoca al vertice di “cosa nostra” palermitana. Il processo si era concluso con un aggravamento delle condanne riportate dagli imputati in primo grado. Di certo a Canicattì qualcuno sapeva che, mentre stava trattando quel processo, Peppe Di Caro, uno degli esponenti mafiosi di maggior rilievo di quel paese, gli aveva fatto pervenire una segnalazione tramite una terza persona affinchè trattasse con riguardo i fratelli Greco. Dissero a Saetta che doveva stare attento perché si trattava di poveri innocenti, onesti lavoratori e non valeva la pena macchiarsi l’anima comminando una condanna ingiusta. Ma il magistrato rispose con fermezza. Dopo che fu emessa dal Collegio presieduto da Saetta la severa sentenza di condanna nei confronti degli imputati per la strage, a distanza di poco meno di un anno, venne appiccato il fuoco

degli imputati dell’omicidio Basile fu annullata dalla Corte di cassazione, presieduta da Corrado Carnevale per omesso avviso ai difensori degli imputati della data dell’udienza in cui si era proceduto all’estrazione dei giudici popolari. Era il 23 febbraio 1987 e in conseguenza di questa decisione, che afferma un principio non accolto dalla molta parte della giurisprudenza precedente, veniva disposto il rinvio alla Corte di Assise di Palermo per un nuovo giudizio. Frattanto Antonino Saetta veniva trasferito proprio in quella sede e veniva designato quale Presidente della I sezione della Corte di Assise di Palermo, quella che avrebbe poi potuto trattare quello stesso giudizio di rinvio. Saetta aveva richiesto di essere assegnato in realtà ad altra sezione penale ordinaria. Tuttavia nessuno dei magistrati che potevano avere titolo ad assumere le funzioni di Presidente della I sezione della Corte di Assise di Appello aveva chiesto di esservi assegnato; anzi, come emerge da un’attestazione di cancelleria dell’epoca, tutti, debitamente interpellati, dichiararono di non aspirare a quell’incarico, pure formalmente molto prestigioso. Dopo avere appreso della sua designazione, Antonino Saetta presentò al Consiglio Giudiziario e al Presidente

lità di essere destinato ad una sezione penale ordinaria, oggi debba invece essere assegnato alla Corte di Assise di Appello, tanto più che il sottoscritto, appunto per avere trattato quale Presidente della Corte di assise di Appello di Caltanissetta il grave processo di mafia suindicato, si presenta con una connotazione che lo espone a rischi maggiori di altri.” A Canicattì non lo sapevano di avere un concittadino che sarebbe divenuto un eroe. Ma Saetta l’eroe non voleva proprio fare. Eppure quando capì che la Corte di Assise doveva presiederla lui e caricarsi di tutti i rischi lo fece. Con amarezza ma senza esitazione. Frattanto gli uomini di “cosa nostra” avevano cercato di avvicinare, seguendo un loro consueto metodo tutti i giudici popolari. Ma Saetta se ne accorse subito. Li vedeva assai poco sereni, talvolta fortemente impauriti; sollevavano questioni non pertinenti con affermazioni disancorate dalle prove acquisite e con conseguenti effetti ostruzionistici, tali da indurlo – come confidò al figlio Roberto – ad esercitare con decisione i suoi poteri presidenziali. Dinanzi a queste difficoltà, amplificatesi negli ultimi

dio Basile, questa sua designazione veniva guardata con notevole preoccupazione. A quel punto per “cosa nostra” l’eli-

minazione di Saetta divenne improcrastinabile. Tanto da coinvolgere anche il figlio Stefano, che aveva la sola colpa di essere tanto amato dal padre da non separarsene mai. Non si ci poteva parlare col giudice Saetta, aveva la testa dura, chissà cosa si credeva di fare quando non voleva dare ascolto a quelli che volevano convincerlo ad essere “buono” con certi imputati. Ma in realtà è stato un esempio di come un servitore dello Stato sa custodire gelosamente la propria indipendenza e la propria autonomia e solo per questo – non per fare l’eroe – ha saputo sfidare la tracotanza della mafia.


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di Rino Del Sarto

na delle prime dispute di cui si abbia notizia intorno alle tre forme di governo – monarchia, oligarchia e democrazia – è narrata dallo storico greco Erodoto (484-425 a.C.). Otane, Megabizo e Dario discutono intorno alla futura forma di governo della Persia. A riproporla è Norberto Bobbio alla voce “democrazia” del Dizionario di politica curato insieme a Nicola Matteucci, redatto da Gianfranco Pasquino e pubblicato dalla UTET di Torino nel 1976. Mentre Megabizo difende l’aristocrazia e Dario la monarchia, Otane prende le difese del governo popolare che chiama secondo l’antico uso “isonomia” (o uguaglianza delle leggi, o uguaglianza di fronte alla legge), con l’argomento che ancora oggi i sostenitori della democrazia ritengono fondamentale: «Come potrebbe essere cosa perfetta la monarchia, alla quale è lecito fare quello che vuole senza doverne rendere conto?». Altrettanto classico è l’argomento con cui il fautore dell’oligarchia (e di rincalzo il fautore della monarchia) condannano la democrazia: «Nulla v’è di più stolto e di più insolente di una moltitudine incapace». Come può ben governare colui «che non ha ricevuto istruzione né ha conosciuto nulla di buono e di conveniente, e che sconvolge i pubblici affari buttandovisi dentro senza discernimento simile a un torrente in piena?». Sembra Matteo Renzi quello descritto da Megabizo circa 2.500 anni fa, se solo non avesse aggredito con una veemenza senza precedenti l’ordinamento democratico e la Costituzione Repubblicana in combutta con Silvio Berlusconi. O forse proprio per questo motivo. Ma l’attualità politica italiana non è IlFattoGlobale del momento, casomai la sua peggiore conseguenza. Esso è rappresentato invece dal dibattito internazionale sulla democrazia. E su quale forma di governo possa esprimere al meglio la mutata e mutevole realtà sociale: quella in cui miliardi di persone sono state abilitate dalla tecnologia a esprimere liberamente il proprio pensiero. Persone le cui idee, però, seppure innovative e accompagnate da ampi consensi, non riescono ad avere visibilità politica e a trasformarsi in azioni concrete. Un tema questo particolarmente caro a IlFattoGlobale, che fin dall’inizio ha dichiarato di essere nato per “dare un contributo alla circolazione delle idee”.

Miliardi di persone coltivano la libertà di pensiero sul web: concetti ampi e condivisi. La politica dei Governi “se ne fotte”

Quale democrazia? La rivoluzione informatica americana - che ha messo tutti noi nelle condizioni di esprimere il nostro pensiero liberamente ovunque nel mondo - è una diretta conseguenza della democrazia americana, della Costituzione degli Stati Uniti d’America. Praticamente immutata dai tempi della sua entrata in vigore, a fine ‘700. Ma oggi questa libertà dà fastidio e fa paura al potere politico. Mentre quello finanziario sembra si sia messo alla finestra per vedere come va a finire. E allora che fanno? Chiudono gli spazi costituzionali del confronto democratico delle idee: le province, il senato ... Ed è molto triste che questa reazione autoritaria avvenga per prima in Italia. La prova inconfutabile che in Italia sono in atto riforme elettorali e istituzionali smaccatamente antidemocratiche ed eversive rispetto al dettato costituzionale la fornisce ancora Norberto Bobbio: «In generale – spiega sempre alla voce democrazia del Dizionario di politica – la linea di sviluppo della democrazia nei regimi rappresentativi è da rintracciarsi essenzialmente in due direzioni: a) nel graduale allargamento dei diritto di voto, che primamente ristretto a un’e-

da rappresentanti eletti), che in primo tempo sono limitati a una delle due assemblee legislative, e poi si estendono via via all’altra assemblea, agli enti del potere locale, o, nel passaggio dal-

l’Ayatollah Alì Khamenei, la cui parola è indirizzo incontestabile. Eppure in un Paese così organizzato, ma dove si svolgono elezioni presidenziali democratiche, il Pre-

la monarchia alla repubblica, anche al capo dello Stato (come ad esempio è avvenuto in Francia, ndr)». Stati Uniti a parte, dove il Presidente Obama è in stato d’accusa da parte

sidente Hassan Rouhani è riuscito a riformare sia l’immagine dell’Iran nel mondo che il comune sentire e agire intero perdipiù senza modificare una sola legge né contraddire le

mità dei new media, la partecipazione democratica dei cittadini e la circolazione delle idee. Un altro esempio arriva dall’India, dove il nuovo primo ministro Narendra Modi, pur espressione del partito conservatore, intende introdurre una serie di innovazioni tecnologiche orientate al sociale che in certo senso scardinano la tradizionale suddivisione in caste della società Indù partendo dal gradino più basso: gli intoccabili. Ricordiamo che con i suoi oltre 700 milioni di aventi diritto al voto l’India è la più grande democrazia del mondo. E le elezioni, che durano tre mesi, rappresentano il maggiore evento democratico del Pianeta e sono seguite oltre che dai media “occidentali” dai

sigua parte di cittadini in base a criteri fondati sul censo, sulla cultura e sul sesso, si è andato estendendo secondo un’evoluzione costante, graduale e generale a tutti i cittadini d’ambo i sessi che abbiano raggiunto un certo limite d’età (suffragio universale); b) nella moltiplicazione degli organi rappresentativi (cioè degli organi composti

del Congresso per abuso di potere, è di tutt’altro segno nel mondo la reazione della politica all’avvento della partecipazione digitale e trasversale. E i migliori segnali arrivano da luoghi per molti versi inattesi. Dall’Iran anzitutto, una Repubblica Islamica dove vige la legge coranica e c’è una Guida Suprema politico-religiosa,

autorità religiose. Ma anzi facendole sue complici del cambiamento. Di recente, per esempio, ha chiesto alle autorità religiose di essere tolleranti verso i giovani, le donne e i cittadini in genere che usano il web. Dopo due giorni nel Paese non solo è arrivata la tolleranza ma addirittura Internet veloce. Abilitando di fatto la legitti-

colossi del web, locali e internazionali, che ogni volta si cimentano nel fornire servizi informativi ed elettorali alla popolazione usando le le elezioni come banco di prova delle loro piattaforme digitali. E ricordiamo che nonostante l’incontrovertibile risultato elettorale che lo ha portato a guidare il Paese, il premier Naren-

Norberto Bobbio

La rivoluzione informatica e i social sono la diretta conseguenza della democrazia americana


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di Giuseppe Alberto Falci

Backstage

Montecitorio

Tra un’invettiva a Crocetta e un ritorno a Palazzo dei Normanni, l’inutilità dei nostri “onorevoli”

Narendra Modi, Primo Ministro indiano

dra Modi al suo primo ingresso in Parlamento si è inginocchiato in senso di rispetto verso la massima isti-

tuzione democratica del Paese. Un fatto ordinario, ma che diventa straordinario se pensiamo che in Italia i leader dei tre pincipali partiti – PD, Forza Italia e Movimento 5 Stelle – sono extraparlamentari: Berlusconi perché è stato estromesso dal Senato, e Matteo Renzi e Beppe Grillo perché non si sono candidati e non sono mai stati eletti da nessuno. Ancora Bobbio infine: «Per non smarrirsi in discussioni inconcludenti bisogna riconoscere che nelle due espressioni “Democrazia formale” e “Democrazia sostanziale” il termine “Democrazia” ha due significati nettamente distinti. Nella prima indica un certo insieme di mezzi, quali sono appunto le regole procedurali indipendentemente dalla considerazione dei fini; nella seconda indica un certo insieme di fini, qual è soprattutto il fine dell’uguaglianza non soltanto giuridica ma anche sociale ed economica, indipendentemente dalla considerazione dei mezzi adoperati per raggiungerli». Il problema, evidenziato da Bobbio,

ROMA - «Sono i peggiori, i peggiori che stanno qui dentro». Montecitorio, poco prima di pranzo dell’ennesima fumata nera nella votazione per eleggere i giudici della Corte Costituzionale e i membri laici del Csm. Il parlamentare di Scelta Civica Andrea Vecchio - imprenditore assai amato dall’antimafia che stette seduto ai banchi del governo di Don Raffaele Lombardo soltanto venti giorni, giusto il tempo di dimettersi e sbattere la porta in faccia all’allora inquilino di Palazzo d’Orleans - si avvicina al cronista. E con un tono elegantemente sommesso gli sussurra: «I peggiori, i peggiori, sono i peggiori, si guardi attorno». I peggiori sono i parlamentari siciliani, gli “onorevoli” eletti in quella maledetta isola che compone e scompone i governi regionali con il ritmo dei

litica di Sicilia «è stata sì per anni un laboratorio, ma con Crocetta viaggia su un altro pianeta», annota un vecchio Dc di Cosenza. L’uomo della rivoluzione, ormai snobbato dalle cronache dei “giornaloni” (copyright Giampaolo Pansa), è al centro dei mini-talk che si consumano nel cortile di Montecitorio. Tutto lo disprezzano, ma nessuno si azzarda a diramare un comunicato al vetriolo che lo trafigga: «Ma chi me lo fa fare, mica sono scemo, il nostro Saro detiene pur sempre il potere: le nomine nelle asl, nelle partecipate...». Di certo, però, quando il mini-talk entra nel vivo, l’ansia da prestazione elettorale si traduce nel principale sentimento comune che si annida tra le righe dei ragionamenti degli onorevoli. Un’ansia che si configura in un mood ancora una volta no-

governi della Prima Repubblica. L’isola che ha dato i natali a Leoluca Orlando, uno dei protagonisti della stagione della primavera dei sindaci all’indomani delle stragi di Capaci e via d’Amelio. Ma prima ancora una delle giovani promesse della Balena Bianca, che il giornalista Marco Damilano in uno strepitoso libro - “Democristiani Immaginari, edito da Vallecchi” – ha ribattezzato nella gioventù dei cosiddetti “barbudos”. E lui, Luca, sarebbe stato democristiano sì ma senza mai abbandonare l’immaginazione: «Il mio incubo è morire annegato dentro un bicchiere di whisky in un salotto borghese». E altrettanto avrebbe fatto quel simpatico galantuomo di nome Totò Cuffaro, che di certo nella sua carriera da governatore di Sicilia avrà esagerato con l’arte del “vasare”, ma ha fatto sentire il peso politico di quella maledetta isola quando si è trattato di varcare l’ingresso di Montecitorio. Insomma, uomini di Sicilia che nel bene o nel male hanno posto l’isola al centro della dibattito politico nazionale. Ora, invece, tutto è mutato. E, per dirla con il minuto deputato di Scelta Civica, basta recarsi a piazza Montecitorio e guardarsi “attorno”. «Si guardi attorno», rimbombano ancora in un Transatlantico superaffollato le parole del catanese. E “attorno” anche i parlamentari del continente irrigidiscono appena sentono parlare di Sicilia: «Non si capisce mai nulla in quella terra». Loro, invece, i siculi duri e puri, gli onorevoli, non vedono l’ora di tornare in quella maledetta terra. Non ne possono proprio fare a meno. E tra una pausa e l’altra dei lavori d’aula si scorgono capannelli trasversali - con dentro forzisti democrat e udiccini - discettare di Crocetta, del rimpasto, delle maggioranze variabili, in un crescendo di dialetto siciliano che allontana persino il più provinciale fra i calabresi. Perché la po-

stalgico: «Ah, la campagna elettorale per le nostre regionali, quella è politica», rivela un fonte forzista di rango agrigentino alla quale brillano gli occhi rimembrando le dinamiche di Palazzo dei Normanni. Del resto, è il mantra che si rincorre di capannello in capanello, «alla Camera non contiamo nulla, dobbiamo semplicemente obbedire, obbedire, e ancora obbedire agli ordini dei capigruppo. Io, infatti, vorrei tornare all’Ars perché da qui non posso distribuire clientele, aiutare gli “amici”...». Parole che registrano un altro stato d’animo comune fra la maggioranza dei parlamentari siciliani: «Da qui possiamo soltanto prendere in giro la nostra provincia di origine. Presentiamo la nostra puntuale interrogazione o interpellanza parlamentare che di fatto giriamo alla stampa locale...». E poi? Nulla. «Quando torniamo sul territorio - aggiunge con un filo di vergogna la fonte parlamentare de ilfattonisseno- spieghiamo ai cittadini che il ministro di competenza si sta già occupando del caso...». Una bugia. Ma non finisce qui. Perché attorno a questo pullulare di nostalgie di Sicilia e di parlamentari che ricordano le perfomance del governatore della “rivoluzione”, si annoverano anche i siciliani che si definiscono “continentali”. Insomma quelli che romanocentrizzano l’attività parlamentare, occupandosi di «temi alti», e sbattendosene del territorio. Quelli, insomma, che partecipano ai talk show televisivi perché si difendono con l’eloquio. Fatto sta che in alcuni casi hanno già gradi addosso di ministro o di sottosegretario. In altri, invece, sono dei semplici soldati del leader di turno. Ad ogni modo, per dirla con il solito Vecchio, sempre dei «peggiori» si tratta. Dei «peggiori» del nostro Parlamento italiano. Amen. @GiuseppeFalci

è che la Democrazia come metodo (formale) e la Democrazia come valore (sostanziale) non hanno alcun elemento connotativo comune e si ritrovano perfettamente insieme solo nella teoria di Jean Jacques Rousseau: «L’unico punto su cui gli uni e gli altri (i fautori della Democrazia formale e quelli della democrazia

sostanziale, ndr) potrebbero convenire è che una Democrazia perfetta – sinora in nessun luogo realizzata e quindi utopica – dovrebbe essere insieme formale e sostanziale», con-

Norberto Bobbio: “La democrazia perfetta, dovrebbe essere formale e sostanziale insieme” clude Norberto Bobbio. Una volta un grande giurista mi disse: “Vedi mio caro, tutta la storia del diritto, e dunque dell’umanità, si risolve nell’eterna lotta tra autorità e libertà. Tu da che parte vuoi stare?”. Non risposi. Lo faccio adesso: Libertà!


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Ornamenti

di Ivana Baiunco

100 giorni di Ruvolo e le imprese dei

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ono trascorsi nel tempo di un battito d’ali i primi 100 giorni di amministrazione del sindaco Giovanni Ruvolo e della sua giunta. Ancora in quel periodo che si chiama luna di miele con la città, i nuovi amministratori si stanno guardando intorno tra incidenti di percorso e prove tecniche di governo. C’è da dire che mai, forse solo durante alcuni anni dell’amministrazione Messana nessun’ altro sindaco ha goduto come quello attuale delle benevolenza della stampa. Se da un lato ci sta un’apertura di credito sino a Natale almeno, dall’altro c’è l’abilità innata di “story teller” cioè la capacità che ha un uomo politico di narrare ed intrecciare il suo dire come la trama di una fiction, che conquista, predispone all’ ascolto e mette alla prova la proverbiale diffidenza dei giornalisti. Certo è che,chi racconta le storie le deve sapere trasformare in fatti, questo è il compito dei politici che amministrano. Alla squadra dei magnifici sette arrivati a palazzo del Carmine con “la

I Fatti di

Etico

furia di capitano nuovo” si è presentata dinnanzi una situazione che con le belle parole e idee espresse in campagna elettorale non aveva niente a che fare. A partire dai computer completamente assenti in alcuni uffici. La scrivania del sindaco è stata vuota per anni nè carte né strumenti tecnologici. Nel tempo delle informazioni veloci come minimo crea un certo stupore, per infiocchettarla, che un sindaco non possa collegarsi in tempo reale non diciamo con il mondo, ma almeno con i suoi uffici. Ad ogni modo problema risolto, i computer sono arrivati con buona pace di tutti. Giovanni Ruvolo ha inaugurato il tempo delle giunte itineranti, delle buone maniere. Da ottimo uomo di “self marketing” gioca a scacchi con i bambini, risponde al telefono a tutti e soprattutto augura la buona notte alla città ed ai suoi abitanti su facebook. Ha inaugurato l’era dei sindaci interattivi, miraggio fino a qualche mese fa per questa città e della comunicazione capillare secondo la regola aurea del-

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la democrazia partecipata. Adesso però c’è un problema, il primo di una lunga serie che si paleseranno dinnanzi alla giunta, che a tratti sembra uscita dal libro cuore. Tutta la grande famiglia di sostenitori che gratuitamente hanno deciso di contribuire alla rinascita della città, il famoso “cerchio magico” ha scambiato palazzo del Carmine per la propria casa. Ma il condominio è già abbastanza affollato e dunque i nuovi arrivati devono entrare e trovare posto in silenzio e soprattutto chiedendo permesso. A gorvernare, decidere, discutere vanno solo quelli scelti dal popolo o istituzionalizzati dalla burocrazia e se non fosse così si creerebbe una grande torre di Babele. Il caso dell’esperto senza titolo è la prova che la burocrazia se ne infischia del potere. Perchè il potere passa i dirigenti restano. Spesso è la burocrazia che usa la politica, ma questa è un’altra storia. Vinta la battaglia Scat, sciolto il nodo, sedati gli animi anche e soprattutto grazie a qualche assessore illuminato

e un pò charmante, che ha sfoderato qualità, conoscenze e fascino sull’avversario arriva immantinente la politica a battere cassa, la politica che ha contribuito in maniera determinate all’ elezione di Ruvolo, al di là di ogni ragionevole dubbio. Politica che Ruvolo tratta con fare”radical chic” mai una parola fuori posto, sempre sorriso perfetto ed impeccabile ed in realtà fa come gli pare. Non ha però resistio il sindaco “boy scout” al richiamo della penna, solo lui poteva riuscirci, Alessandro Pagano lo ha provocato ed ecco che parte un comunicato piccato e piccante, ebbene si, anche Ruvolo ha ceduto ed ha contribuito a riaccendere la fiamma sopita di un delirio comunicandi del quale sinceramente nessuno aveva nostalgia. Barra ferma almeno per il momento sulla vicenda centro storico aperto o meglio chiuso durante i lavori della grande piazza. Per chi non avesse capito siamo passati dai forse ai si o

no, senza ritorno. Quel piglio decisionista che tanto piace alla gente ha anche l’altra faccia quella dell ‘ “indietro non si torna”. Mentre si vede l’assessore ai Lavori Pubblici che fotografa con fare serafico da intellettuale consumato le bellezze del centro storico e l’assessore alla Creatività che recensisce e bacchetta scrittori dilettanti dall’alto di una cattedra a contratto all’università, c’è una città che aspetta la svolta o meglio i primi segni della svolta. Perchè anche se spiegato in mille modi che era un balzello necessario, i cittadini hanno capito che pagheranno più tasse e che se questa amministrazione ha rifatto scendere la gente in piazza ed ha dato la possibilità ai locali notturni di lavorare di più e meglio cominciando a dire qualche si, deve però realizzare qualcosa di concreto per farli vivere meglio questi cittadini che l’hanno voluta perchè se no, finisce come ai tempi dei greci che si dava il divertimento per non pensare alla miseria.

pensieri, contorti nel migliore dei casi, o opportunistici spesso e volentieri, dimenticandoci di ascoltare chi non parla e ha bisogno. Non si ascoltano nemmeno più i figli e chi ci sta accanto, travolti da una vita frenetica e resa confusa dai media che fungono da grancassa ad una infinità di tribù perfino pagati per parlare. Si sia almeno osservatori nella polis e ci si comporti in modo consequenziale. Gandhi diceva che “un cercatore della verità deve stare in silenzio”. Osserviamo, ascoltiamo, riflettiamo quindi senza farci trascinare nella baraonda, nelle chiacchiere che diventano grida. Le beghe decanteranno, gli interessi emergeranno, saremo più sereni

nel giudicare. Verrà il tempo in cui ci saranno quelli che avranno qualcosa da dire e sapranno come dirlo. Se sapranno farsi ascoltare e comprendere, allora ci coinvolgeranno, ci attrarranno e ci stimoleranno. Abbiamo bisogno di costoro e del loro fascino e le loro parole lasceranno tracce profonde che ci muoveranno all’azione per ristabilire un equilibrio e per smascherare corrotti e malfattori. Con la speranza che non ricresca il rumore, che copra le voci autorevoli e diventando colpevolmente complice di chi il silenzio lo teme.

È nel silenzio

che capiremo meglio

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unque la nostra Caltanissetta, la nostra città, i giochi di potere, le beghe, le chiacchiere. Certo, dentro al concetto di politica possiamo mettere tutto questo. Non ci illudiamo e non ci facciamo illudere da quello che dice il Sindaco e la sua compagnia di giro, piuttosto ci preoccupano i personaggi che gli stanno vicino, sopra, sotto, accanto. La politica ha sempre meno a che fare con la polis; non sono gli scacchi, le notti variopinte o le giunte fuori porta a distrarci. Focalizziamo la nostra attenzione sul distacco del popolo, sulla sua apatia, sulla sua assenza. Ma se è così è ancora politica? Se la politica ruota soprattutto attorno all’interesse particolare dei suoi protagonisti, che come primo obiettivo (per vocazione, perché sono stati educati così, perché non riescono a immaginare di fare altro, perché sono dei miracolati scaraventati dalla Dea Fortuna in una dimensione che mai avrebbero raggiunto con i loro meriti) hanno quello di esserci comunque, a qualunque costo, allora la politica non si trasforma forse in qualcosa d’altro? In un’attività di scarsa utilità per la comunità e di estrema convenienza per chi la esercita? Ma è questo ciò che sta accadendo

oggi in Italia, in Sicilia, a Caltanissetta. Si pensa ad un rinnovamento, ci si presenta un progetto di rottamazione ed invece oltre gli scacchi e le notti variopinte ci ritroviamo i beneficiati dalla politica e del consenso dei lacchè nei posti e nei ruoli che contano. Ma se l’oblio in cui è caduto il cittadino comune ci angoscia, il rumore (inutile e deleterio di chi parla, straparla, sentenzia, indica, critica, accusa, rimprovera, ammonisce, provoca e perfino minaccia da parte di una marea di associazioni, comitati, singoli scrivani, pensatori in libera uscita, ideologi d’accatto) ci infastidisce al punto di spingerci verso il gruppo tremendamente numeroso degli apatici. Basta! Fate solo confusione e rischiate di essere gli utili idioti organici ai progetti particolari dei burattinai. Invoco il silenzio. Il silenzio, che bello il silenzio! Il silenzio ci servirebbe perfino a capire quali siano gli interessi di chi fa politica e di coloro che si servono della politica, di chi sono e come sono i miracolati della politica, cosa dicono e cosa non dicono, cosa producono e cosa non producono, ci servirebbe a delineare le figure che oggi e sempre abbiamo catalogato nell’ambito dei poteri forti. Il silenzio! Chi non sa tacere, spesso

non sa parlare non ha nulla da dire, ma non perde occasione per dirlo. Per dire che cosa? Niente, appunto. Purtroppo, per dire il niente che dicono, impiegano molto tempo e annoiano mortalmente e alzano il polverone che nasconde spesso il malaffare, degli altri. Fermarli è difficile, sopportarli è spesso un atto di eroismo. Parlano tutti, ma proprio tutti. Intervengono su ogni cosa e non si limitano ad intervenire sui blog che, tra l’altro, non dovrebbero nascondere l’anonimato. Un vocio continuo, un mettersi in evidenza frenetico per non lasciare traccia, forme autoreferenziali di nullità che però fanno rumore. Sprechiamo tanto tempo ad ascoltare un’infinità di cretini, a leggere i loro


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Storia & Cultura 200 anni fa nasceva

Monsignor

Guttadauro M

entre nasceva a Catania duecento anni fa, il 18 settembre del 1814, i delegati di tutti gli stadi europei si stavano accreditando al Congresso di Vienna, Napoleone era in esilio all’isola d’Elba, e la Restaurazione sembrava volere riportare indietro l’orologio della storia al vecchio regime dell’assolutismo prerivoluzionario. I conti con la grande storia li avrebbe fatti per tutta la vita, il giovane aristocratico Giovanni Guttadauro Reggio di Reburdone, principe siciliano di origine spagnola, attraversando le vicende tumultuose dell’unità d’Italia, la fine dei Borboni nelle Due Sicilie, l’espropriazione dei beni della Chiesa e lo scioglimento degli Ordini religiosi, la fine dell’Apostolica Legazia (che legava la Chiesa siciliana più al Re che al Papa), la rottura tra la Chiesa e il nuovo Stato unitario, il “non expedit” di Pio IX, fino alla svolta sociale di Leone XIII con la “Rerum Novarum” e la rivolta dei Fasci dei Lavoratori nella Sicilia di fine ‘800. In ognuno di questi passaggi, Giovanni Guttadauro, nominato Vescovo di Caltanissetta a 46 anni nel 1859, avrebbe guidato il suo popolo con fermezza e autonomia di giudizio, dedicando i 37 anni della sua missione a costruire dalle fondamenta la Diocesi che gli era stata affidata, nata appena 15 anni prima nel cuore tenebroso della Sicilia

del feudo e della zolfara, e ancora bisognosa di tutto, a cominciare dal Seminario, per la formazione di un clero capace di essere guida morale, classe dirigente e luce di una società soffocata dalla povertà e dall’ignoranza. Rispetto al “fronte interno” di un mondo clericale nisseno ancora poco integrato nella dimensione diocesana, ancorato all’autoreferenzialità di privilegi antichi e resistenti, che aveva circondato Mons. Stromillo con distacco quando non con ostilità, la personalità di Mons. Guttadauro si imponeva invece senza riserve e senza possibilità di condizionamento; e rappresentava nella società civile un interlocutore imprescindibile per le classi dirigenti e l’autorità morale assoluta per il popolo di Dio. Una Chiesa libera era il suo ideale, libera innanzitutto dai condizionamenti del potere, quello politico e quello economico, con un Vescovo capace di non piegarsi alle “circostanze” di opportunità, pronto a sfidare serenamente le autorità civili, per difendere l’autonomia del suo ministero. Come quando, stanco di perdersi nei meandri della burocrazia borbonica, che aveva sfinito il suo predecessore sulla costruzione del Seminario, decideva, pochi mesi dopo il suo ingresso a Caltanissetta, di fondarlo

il Vescovo “controcorrente”

da solo, il Seminario, in locali provvisori, in affitto, richiamando in pochi mesi più di cento giovani, e resistendo al boicottaggio del nuovo stato italiano anticlericale, che mandò un ispettore a chiuderlo.

Per anni i seminaristi avrebbero continuato a studiare “clandestinamente”, e a sfidare i pedinamenti della polizia e le incursioni nelle chiese in cui andavano a lezione, fino ad ottenere la riapertura del Seminario,

di Fiorella Falci

Principe U

na personalità di statura eccezionale, quella di Mons. Guttadauro, disposto a spendere, a favore della sua Chiesa, anche la sua posizione sociale, oltre alle sue risorse personali, il suo rango aristocratico, per non piegarsi ai compromessi con il potere, fino alla sfida clamorosa di disertare la visita dei reali Umberto I e Margherita, a Caltanissetta nel 1881, suscitando le ire del prefetto, che ne propose la destituzione. Del resto si era fatto quasi arrestare, vent’anni prima, dal Luogotenente sabaudo di Sicilia, il generale Alessandro della Rovere, che lo aveva convocato a Palermo “sotto scorta armata” per rispondere del suo non aver voluto solennizzare con il “Te Deum”, unico Vescovo in Sicilia, le nuove festività civili del Regno. Ma la sua intransigenza non era quella di un nostalgico filoborbonico, come una certa storiografia conformista ha sostenuto nel passato: era il rigore di un Pastore che, final-

dalla parte dei poveri

mente, difendeva l’autonomia della Chiesa dal potere politico, riconoscendo soltanto nel Papa di Roma la propria autorità e la propria guida, a prescindere dai poteri istituzionali del territorio. Ma anche capace, nei confronti dello stesso Papa, di gesti assolutamente non conformisti: come quando, nel 1870, al Concilio Ecumenico Vaticano I, si era espresso contro il dogma dell’infallibilità del Papa, votando il “non placet” a tutti gli emendamenti e assentandosi deliberatamente nella seduta conclusiva in cui il dogma veniva proclamato. E questo non aveva impedito a Pio IX di stimarlo profondamente, tanto da proporgli la nomina a cardinale, che Mons. Guttadauro, con gesto ancora una volta inusuale, garbatamente rifiutò, per non lasciare la sua piccola Diocesi di periferia, ancora tutta da costruire. Nell’arco del suo lungo episcopato avrebbe ordinato 160 sacerdoti, formati secondo un nuovo modello

anche per i meriti acquisiti durante le epidemie di colera, in cui il Vescovo principe non aveva risparmiato i suoi mezzi e la sua Chiesa negli aiuti, nelle cure e nell’assistenza concreta alle popolazioni colpite.

di presenza esemplare nella società, molti sostenuti anche economicamente fino agli studi di perfezionamento a Roma. Ben otto Vescovi si sarebbero formati sotto la sua guida autorevole: Nicolò Audino, Vescovo di Lipari e di Mazara del Vallo, Ferdinando Fiandaca, Vescovo di Nicosia e di Patti, Giuseppe Scarlata, Vescovo di Muro Lucano, Alberto Vassallo, Arcivescovo e Nunzio Apostolico, Pietro Capizzi, Vescovo di Campagna e di Caltagirone, Giuseppe Vizzini, Vescovo di Noto, Eugenio Giambro, Vescovo di Sarsina. Ma la “perla preziosa” del Seminario di quegli anni sarebbe stata proprio uno dei suoi Rettori, il più illustre finora: Giuseppe Francica Nava, nipote di Mons. Guttadauro, Nunzio Apostolico in Belgio, poi Arcivescovo di Catania e cardinale, destinatario di voti nei Conclavi che avrebbero eletto Pio X, Benedetto XV e Pio XI. Vescovo “romano” quindi Guttadauro, ma non nostalgico del passato, romano perché libero dal potere

politico, e anche questa era una novità nella Sicilia postunitaria, novità che sarebbe “esplosa” qualche anno dopo, durante la rivolta dei Fasci dei Lavoratori, nel 1893, quando Mons. Guttadauro, con una lettera aperta ai suoi Parroci, li aveva invitati a svolgere un ruolo di mediazione nel conflitto sociale in corso, spezzando

Nel 1870 durante il Concilio Vaticano I, votò contro il dogma dell’infallibilità del Pontefice definitivamente l’allineamento della Chiesa rispetto agli interessi delle classi dirigenti, che per secoli aveva garantito gli equilibri di potere nella società siciliana.La missione dei

Parroci veniva ribadita dopo ogni passaggio della Lettera: “Giustizia e religione s’invochi dai Reverendi Parrochi, s’inculchi per ogni modo; carità e larghezza si usi pel povero operaio, che, spesso lottando con la miseria e la fame, privo del pane quotidiano per la famiglia che languisce, non sorretto dal sentimento della rassegnazione cristiana, si crede quasi costretto a ribellarsi”. Perentorio l’appello alle parti privilegiate, chiamate in causa una per una, perchè sapessero essere all’altezza dei loro compiti e della comune cultura: “Lo intendano i ricchi, i proprietari, i padroni, i gabelloti dei feudi del vasto territorio della nostra Diocesi; i proprietari e i gabelloti delle miniere zolfifere; si uniscano, si accordino in unità di principii; stabiliscano l’equità e la giustizia nei contratti con i loro dipendenti ed operai, secondo che la legge naturale, le dottrine del Vangelo e le lodevoli approvate consuetudini prescrivono e consentono”. Era il linguaggio semplice e inequivocabile di chi voleva farsi comprendere senza equivoci e senza diplomazie, ma anche con l’autorevolezza di chi impartiva delle disposizioni non opzionali in un ambito, quello della questione sociale, che non considerava “altro” rispetto al proprio orizzonte pastorale e al proprio magistero.Tutta la stampa italiana avrebbe dato grande rilievo alla lettera del Vescovo Guttadauro. Il “Corriere della sera” ne avrebbe pubblicato un


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Una personalità di statura eccezionale. Disposto a spendere a favore della sua Chiesa tutto se stesso

ampio stralcio, in prima pagina, con una valutazione positiva, così come “La Tribuna”, il quotidiano romano più diffuso nell’Italia meridionale, e la stampa cattolica, da “Civiltà Cattolica” a “L’Osservatore”, a “La Rivista Internazionale” di Giuseppe Toniolo. La Lettera avrebbe provocato persino un pubblico, clamoroso, elogio del deputato radicale Napoleone Colajanni, e avrebbe segnato l’inizio del movimento cattolico nella Diocesi e in Sicilia, con tutta una generazione di sacerdoti schierati a fianco degli strati più poveri della società: i “preti sociali”, impegnati a fianco dei contadini e degli artigiani, ai quali in quegli anni don Luigi Sturzo cominciava a rivolgersi con il suo progetto politico meridionalista, per l’autonomia delle comunità locali e la costruzione nuovi strumenti in difesa del lavoro, come le cooperative e le casse rurali, nate numerose anche nella Diocesi di Caltanissetta. Infatti, negli ultimi mesi dell’episcopato e dell’esistenza terrena di Mons. Guttadauro due eventi avrebbero rappresentato simbolicamente l’inizio di quella stagione esaltante. Il 14 ottobre 1895 si inaugurava a S. Cataldo la prima Cassa Rurale della Diocesi, una delle prime in Italia, alla presenza di don Cerruti, leader nazionale del movimento delle Casse Rurali, mentre il 26 gennaio del 1896, nel salone presso la chiesa del Collegio di Caltanissetta, si inaugurava la prima “Società cattolica

Durante il suo episcopato ha ordinato ben 160 sacerdoti, molti sostenuti negli studi di mutuo soccorso tra i lavoratori contadini con granaio economico”. Offrire ai contadini lo strumento concreto per sfuggire alla morsa soffocante dell’usura dei gabelloti, la maggior parte dei quali costitu-

ivano i “quadri intermedi” della criminalità mafiosa, rappresentava una sfida coraggiosa ai poteri forti che gestivano gli interessi economici nel territorio.Del resto era sempre stata costante l’attenzione solidale del Vescovo Guttadauro anche verso

tutto il suo beneficando la Chiesa ed i poveri e povero arrivava alla fine dei suoi santi giorni”. Coerente con lo stile della sua vita, volle essere sepolto nella modesta chiesetta di campagna di S. Petronilla. Oggi riposa in una cappella della sua Cattedrale, insieme agli altri Vescovi della Diocesi

La segnalazione

Alla “Badia” la strada intitolata a Monsignor... le vittime delle stragi minerarie: l’Istituto Maddalena Calafato e l’opera sociale della Congregazione delle Suore Francescane del Signore della Città (fondata da Padre Angelico Lipani), furono le realizzazioni più importanti in questa direzione. Alle prime luci dell’alba del 26 aprile 1896, il Vescovo principe chiudeva la sua lunga giornata terrena. Intorno alla sua memoria si raccoglieva la venerazione sincera della società nissena in tutte le sue componenti. Tutti i negozi della città esponevano la scritta listata a lutto: “Il nostro Vescovo è morto. Preghiamo”. La città dei ricchi e dei poveri si inchinava a quel Pastore “che aveva speso

Date a Cesare quello che è di Cesare e all’emerito Monsignor Giovanni Guttadauro quel che è di Guttadauro. All’insigne Vescovo fu intitolata una via nel quartiere Badia, ma nella targa fu commesso un grossolano errore nello scrivere il cognome dell’alto prelato. Nel corso degli anni nessuno si è preoccupato di porre rimedio alla mancanza. Ci rivolgiamo all’Amministrazione comunale, certi dell’interessamento, affinché si restituisca a Monsignor Guttadauro il suo “corretto” cognome.

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AVVISI LEGALI TRIBUNALE DI CALTANISETTA Espropriazione immobiliare n.43/2010 /1992 R.G.E. e n.76/2011 R.G.E. Il funzionario giudiziario rende noto che all’udienza, del 15.11.2014 alle ore 12,30 nella sala delle pubbliche udienze di questo Tribunale, avanti il Giudice dell’Esecuzione, avrà luogo la vendita senza incanto dei seguenti beni immobili: Lotto n.1: “Appartamento in Caltanissetta via Mazzini 30, foglio 301 plla 119 sub 3. Prezzo minimo dell’offerta € 7.825,50; Lotto n.2 “Appartamento in Caltanissetta via Mazzini 30, foglio 301 plle 116 sub 5 e 116 sub 6 07. Prezzo minimo dell’offerta € 21.371,06; Lotto n.3 “Magazzini- in Caltanissetta via Mazzini s.c. foglio 301 particelle 116 sub 8-118 sub 1 -119 sub 4, foglio 301 particella 121 sub 1. Prezzo minimo dell’offerta € 6.235,87; I beni si vendono nello stato di fatto e di diritto in cui si trovano. Il tutto come meglio descritto in perizia agli atti. Ognuno, eccetto il debitore,è ammesso a fare offerte personalmente o a mezzo di mandatario munito di procura speciale. Ogni offerente dovrà presentare nella Cancelleria delle Esecuzioni Immobiliari di questo Tribunale, entro le ore 12 del giorno precedente la data per l’esame delle offerte, offerta di acquisto in bollo in busta chiusa. accompagnata da assegno circolare non trasferibile intestato alla procedura pari al 10% del prezzo offerto, a titolo di cauzione. Le offerte in carta bollata dovranno indicare il prezzo, il tempo ed il modo di pagamento ed ogni altro elemento utile alla valutazione dell’offerta. In caso di aggiudicazione, il saldo prezzo dovrà essere versato entro il termine di giorni 60 dalla data di aggiudicazione provvisoria mediante assegno circolare non trasferibile intestato alla procedura. Maggiori chiarimenti potranno essere richiesti in Cancelleria. VENDITA CON INCANTO Il Giudice dell’esecuzione comunica inoltre, per il caso di mancanza di offerte di acquisto senza incanto, ovvero in mancanza di emissione del decreto di trasferimento a seguito della aggiudicazione senza incanto, ovvero per qualunque altra ipotesi in cui la vendita senza incanto non abbia luogo , si terrà la vendita con incanto degli immobili per il giorno 19.01.2014, alle ore 12,30 ; Lotto n.1:” :”Appartamento in Caltanissetta via Mazzini 30, foglio 301 plla 119 sub 3 Prezzo base d’asta € 7.825,50; offerta minima in aumento, € 700,00. Lotto n.2 “Appartamento in Caltanissetta via Mazzini 30, foglio 301 plle 116 sub 5 e 116 sub 6 07; Prezzo base d’asta € 21.371,06; offerta minima in aumento. € 1.500,00. Lotto n.3 “Magazzini- in Caltanissetta via Mazzini s.c. foglio 301 particelle 116 sub 8-118 sub 1 -119 sub 4, foglio 301 particella 121 sub 1 Prezzo base d’asta € 6.235,87; offerta minima in aumento, € 600,00. Ognuno, eccetto il debitore, è ammesso a fare offerte personalmente o a mezzo di mandatario munito di procura speciale. Ogni offerente dovrà presentare nella Cancelleria delle Esecuzioni Immobiliari di questo Tribunale, entro le ore 12 del giorno precedente la data per l’esame delle offerte, offerta di acquisto in bollo in busta chiusa. accompagnata da assegno circolare non trasferibile intestato alla procedura pari al 10% del prezzo offerto, a titolo di cauzione. Le offerte in carta bollata dovranno indicare il prezzo, il tempo ed il modo di pagamento ed ogni altro elemento utile alla valutazione dell’offerta. In caso di aggiudicazione, il saldo prezzo dovrà essere versato entro il termine di giorni 60 dalla data di aggiudicazione provvisoria mediante assegno circolare non trasferibile intestato alla procedura. Maggiori chiarimenti potranno essere richiesti in Cancelleria. Caltanissetta, 03.09.2014

Il Funzionario di Cancelleria F.to Chiolo Ignazia

TRIBUNALE DI CALTANISSETTA Espropriazione Immobiliare Procedimento esecutivo n.78/2004 Il delegato alla vendita Avv. Vincenza Caruso rende noto che in data 04/11/2014, alle ore 16,00 presso il proprio studio sito in Mussomeli nell’a P.tta P. Sorce, 5 avrà luogo la vendita senza incanto di: Lotto Unico Terreno – Uliveto - in Vallelunga Pratameno ( CL ) C/da Salice in catasto al foglio 10, part.la 95 di mq. 1.250,00 e part.la 96 di mq. 1.180,00 Prezzo Base vendita senza incanto .€45.562,00 Le offerte dovranno pervenire entro le ore 12,00 del giorno prima fissato per la vendita presso lo studio della delegata, in bollo ed in busta chiusa Nel caso in cui la vendita senza incanto non dovesse avere luogo, sempre presso lo studio della delegata, si terrà la vendita con incanto il giorno 11/11/2014 alle ore 16;00 al prezzo base d’asta di €.45.562,00 con offerta minima in aumento di €2 800,00 Le domande di partecipazione dovranno pervenire presso lo studio della delegata entro le ore 12,00 del giorno prima fissato per la vendita con incanto. Ulteriori informazioni possono essere richiesti presso il nominato delegato e custode giudiziario ed è possibile visionar, l’ordinanza, l’avviso di vendita e la perizia di stima sul sito www.astegiudiziarie.it Mussomeli 01/09/2014 Avv. Vincenza Caruso


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Viale della Regione Fatti in Redazione

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di Donatello Polizzi e Michele Spena

Il deputato sancataldese, ospite della redazione, racconta a cuore aperto il suo percorso politico. Dagli assessorati alla Regione a Montecitorio, tra valori e potere, amici e traditori

a politica nel nisseno negli ultimi 4 lustri si è identificata in un nome, Alessandro Pagano. Votato, idolatrato, abbandonato, criticato, attaccato, stimato, antipodi dialettici che la sua storia ha spesso unito, ma lui è sempre stato coerente con se stesso e con i suoi valori cristiani. Lo ospitiamo in redazione: siamo lieti di averlo nel nostro covo, è lieto di poter dialogare con noi. “Sono un miracolato”, affermazione netta, tranciante, non suscettibile di interpretazioni. Si è appena tolto la giacca, la cravatta e rivoltato le maniche della camicia: parte lancia in resta. Qualcuno potrebbe pensare possa essere un espressione di comodo di facciata, invece è l’emblema, la firma, del modo di porsi di Alessandro Pagano che dei valori cristiani, ne ha fatto un “marchio” evidente e facilmente rintracciabile nella sua vita politica. “Sono un miracolato, sin dall’inizio. Nel 1994 il mio nome venne inserito nelle liste, ma l’ultimo giorno, fu tolto. Accettati serenamente il fatto, mi affidai al signore. Poi ci furono le elezioni del 1996, per preferenze fui il primo degli eletti. Già quello mi causò delle antipatie, rovinai i piani elettorali di due potenti dell’epoca, non me l’hanno mai perdonato ed in seguito mi hanno presentato il conto”. Divide la sua lunga carriera politi-

ca, 18 anni, qualora in politica abbia senso parlare di carriera, in due fasi, differenziando le modalità operative del suo impegno dapprima a livello regionale e poi nazionale. Andiamo con ordine, la segmentazione non è attinente soltanto alla diversità dei ruoli ricoperti ma anche al modus operandi e alla forma mentis.

difficoltà a riconoscere la mia poca malleabilità, la mia scarsa flessibilità. Alla Sanità ad esempio, senza dare retta ai potenti di partito o agli ‘amici’, creai una squadra di giovani laureati che si rivelò vincente sotto tutti i profili; adesso quegli uomini hanno fatto carriera, sono diventati manager, direttori sanitari, hanno mostrato le

nel corso della sua vita in politica. Lo sguardo è pensieroso, leggero sbuffo e poi racconta. “È inutile nascondere che specialmente quando ero in auge ed amministravo come Assessore regionale, molti mi si avvicinavano per interesse diretto o indiretto.

lavoratori che dovrebbero sorreggere un numero spropositato di anziani (tratteggia un’altra piramide, ma questa volta il vertice è rivolto verso il basso: disegno emblematico, spiega tutto).

diciotto anni Alessandro Pagano:

I miei primi La strada di

“La prima fase la posso incardinare nei primi dodici anni, quando venni eletto tre volte all’Ars. Sono stato assessore alla Regione Sicilia per ben tre volte: dapprima alla Sanità (1996-1998), poi al Bilancio e Finanze (2001-2004) ed infine ai Beni Culturali (20042006). Attività amministrativa pura, in cui far valere competenza, moralità ed intraprendenza. Compiere delle scelte importanti, indirizzate al bene comune ed amministrando bilanci da miliardi di euro. Non ho fatto compromessi, scelta pagata in seguito. Ho sempre operato in autonomia. Non ho

luci e ombre

loro qualità. Tutt’oggi mi trattano con benevolenza, non per accondiscendenza o gratitudine, ma per riconoscimento al lavoro che ho svolto”. Non è il momento di occuparsi di amministrazione “corrente”, ci avventuriamo su percorsi irti e difficoltosi: i principi, l’etica, i valori. “La seconda parte attiene invece agli anni trascorsi al parlamento nazionale. Ho cambiato ‘vestito’, ho dato maggior vigore alle battaglie di principio, agli ideali, un livello più alto. Ho deciso di dedicarmi a progetti generazionali ed affrontare, senza remore, molti

“Lo ammetto non ho un carattere facile, non sono malleabile. Certe volte questo l’ho pagato a caro prezzo” dei temi caldi della nostra epoca: l’aborto, la legge bavaglio sull’omofobia che ti inibisce nel parlare, matrimoni e adozioni gay. Affronto con immutato entusiasmo il mio ruolo.” La domanda è pungente, e per un attimo facciamo un passo indietro. Quella escalation di assessorati non poteva presagire alla Presidenza della Regione. Sorride, non esita: “Sono stato ad un passo dalla candidatura, ma il mio carattere non facile, il mio non essere portato ai compromessi, ha indotto a non tenermi in considerazione; temevano potessi agire autonomamente, senza tenere conto dei….consigli. Va ugualmente bene, vuol dire che il Signore aveva per me altri piani”. “Uomini, mezz’uomini, gli ominicchi, i (con rispetto parlando) piglianculo e i quaquaraquà”. Scomodiamo le celeberrima distinzione dell’umanità espressa da Don Mariano Arena personaggio del “Giorno della Civetta” di Leonardo Sciascia. Con quali di queste categorie si è dovuto confrontare

Tanto rapidamente si sono avvicinati, ma altrettanto velocemente si sono dileguati: finti amici e parassiti. Altri mi temevano per il ruolo che ricoprivo. Tutti, poi hanno ingrossato le fila dei miei critici, di color i quali non hanno esitato a darmi addosso. Ad essi si sono uniti quelli che erano invidiosi e coloro i quali hanno coltivato l’odio ideologico (comunismo e fascismo) ed a cui mi sono opposto animato dal diritto naturale cristiano”. Molti episodi attraversano la sua mente, alcuni negativi, che hanno lasciato una cicatrice nei suoi ricordi, nei suoi pensieri.“Naturalmente il diritto di critica è accettabile, non la distruzione, l’annientamento, la vile delegittimazione, l’essere contro pregiudizialmente. A Caltanissetta, Michele Campisi, un sindaco integro che amministrato con giudizio, più volte è stato attaccato ferocemente perché era mia amico, non per il suo operato. Io sono a posto con la mia coscienza, anzi voglio ricordare un episodio. Alfano nel maggio 2012, venne a San Cataldo per un comizio elettorale; piazza strapiena ma alcuni lo fischiarono e contestarono, indirettamente era un messaggio rivolto a me. Al termine dell’intervento del mio segretario, scesi dal palco e con lo sguardo affrontai i miei concittadini più critici. Mi piantai in mezzo alla strada, nessuno osò contestarmi direttamente, defluirono lateralmente. Io sono in pace con la mia coscienza”. Fluiscono le parole, si intrecciano le domande, i chiarimenti, si accumulano i fogli. Il discorso si amplia, non possiamo non parlare dell’Italia, dei suoi problemi e dell’incognita legata al futuro dello Stivale, condizionato da una recessione senza precedenti. “La nostra società si fonda su quattro pilastri, che sono stati erosi. 1) La demografia. E’ calata inesorabilmente, non si fanno più figli. Scelta scellerata del 1968 che ha privilegiato il materialismo economico ed ideologico. Prima i giovani che erano tanti (disegna una piramide) lavoravano per pagare le pensioni delle persone anziane. Adesso è il contrario, pochi giovani

2) Educazione: è crollato, minata sempre dagli insegnamenti sessanttottini. Esempi a bizzeffe: il posteggio in doppia fila, ormai è giustificato e giustificabile. Una mafia culturale, come sovente i genitori che sempre e comunque danno ragione ai figli. L’educazione è un ‘testimone’ che le generazioni si passano di mano, non è insito nel dna. Quando una generazione salta, il danno è quasi irreparabile. 3) Istruzione: il 18 politico, l’abbattimento della democrazia. Basta partire da lì, anche quello frutto del sessantotto, per capire l’andazzo che ha preso. 4) Spiritualità: il rapporto con Dio è stato menomato. Il trionfo bieco del relativismo etico, della scomparsa della distinzione fra bene e male. Oggi essere cristiani, è quasi a rischio. Sentirsi sovente derisi, o messi in disparte perche si crede nei valori cristiani e nella parola di Dio”. Non nasconde la forza che gli conferisce la famiglia, la moglie Gabriella, perno della casa e attenta all’educazione dei 4 figli: Federica 26 anni, Massimo 25, Roberto 20 e Francesco 15. “Anche io però ho fatto la mia parte di padre, sono stato presente”. Improvvisamente guardiamo l’orologio, sono trascorse oltre tre ore, da quando siamo seduti al tavolino, il

Adesso il suo modus operandi è cambiato. Non più mera amministrazione ma battaglie di valori tempo è letteralmente volato. Siamo stupiti, lo guardiamo, ma ci sarà una terza fase della tua carriera politica: “Se dovesse esserci ben venga, non sono stanco o appesantito. Altrimenti continueò per altre vie. Io sono Affidato, mi affido al Signore” .


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Fatti & Riflessioni

Prima

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Pagina

il perchè di uno scatto

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a città arranca, la salita è irta, il senso di fatica ottenebra gli arti e le menti dei nisseni, impegnati, non più nel vivere, ma nel sopravvivere. Il movimento congiunturale nazionale, forse sarebbe più esatto dire mondiale, è critico; nelle lontane province del decadente “Impero” Romano, i postumi della crisi sono laceranti. La foto della nostra prima pagina racconta di

di Donatello Polizzi Liberateci, preservateci dal vostro masochismo, dal demenziale autolesionismo che vi anima e che alimenta il vostro cervello. Non vogliamo neanche raccontare ai nostri lettori, la favoletta dal lieto fine, della svolta positiva che si concreterà a breve, della ripresa dietro l’angolo. Descriviamo lo stato attuale di Caltanissetta. Il capoluogo nisseno non è al, dialetticamente celebre, bivio, ha di-

Economia in ginocchio e crisi di valori: Città in cerca di una sua identità. No al pessimismo e al disfattismo, si alla positività

una popolazione “seduta”, stanca, mai come adesso, stretta in una morsa dolorosa di disoccupazione e povertà. Non nascondiamo le nostre difficoltà nel raccontare una città piegata. Non vogliamo cadere, rotolare, crogiolarci, nel pessimismo, nell’autocommiserazione, nella vacua, improvvida e improduttiva lamentela, nell’errore di allinearci alle “personcine” che si riempiono con stoltezza la bocca dello storpiante “Caltatristezza”. Non vogliamo che questi individui risiedano nella nostra città, fateci una cortesia, andate via, sparite!

nanzi una sola strada: un’arrampicata dai contorni titanici, in cui la volontà non è motore sufficiente, serve un valore superiore, occorre la speranza. Non tacciamo che abbiamo chiesto aiuto al nostro Vescovo, Mons. Mario Russotto, sottoforma di un messaggio, un’indicazione, una luce nella nebbia che indicasse la direzione, che potesse fungere da bastone, per quell’anziano desolato, seduto nel nostro Centro Storico, con lo sguardo triste e perso nel vuoto, che abbiamo fermato nella foto che campeggia nella prima pagina di

questo nostro mensile. Dobbiamo riprendere il cammino, “nulla della vita, pur nel suo grande carico di dolore, è estraneo alla speranza”. Il monito è perentorio, secco, incisivo, senza però privarci del bene prezioso dello sguardo su un futuro che confidiamo possa essere migliore dell’asfittico presente. Sullo sfondo della foto, s’intravedono le ruspe che scavano e lavorano nel

Centro Storico. I negozi chiudevano già prima quando le auto giungevano sull’uscio dei negozi. Oggi la chiusura della zona al traffico veicolare atterrisce i commercianti, temono possa arrecare loro un danno peggiore. La crisi preesisteva, le saracinesche negli ultimi anni si sono abbassate senza sosta il passaggio delle auto rappresenta davvero una panacea, è l’ancora di salvezza? Nel frat-

tempo i cittadini, vorrebbero iniziare la loro “risalita” incominciando a vivere il cuore della città, violentato negli ultimi lustri da una politica miope, incapace, superficiale, inconcludente e amorale. La speranza è un comando. E seguirlo significa vivere, sopravvivere, perseverare, non cedere mai alla rassegnazione, non concedere mai rabbiosamente spazio alla frustrazione. Illuminanti le parole del Vescovo, ci incitano alla resistenza, a non virare, ad affrontare la tempesta. La “trincea” in cui ci barcameniamo quotidianamente, è intrisa dal fango dell’inciviltà di chi sporca le strade, di chi posteggia in doppia fila, di chi svende il proprio voto e con esso il proprio futuro, di chi elude la legge, di chi non rispetta la fila; tutte quelle piccole “mafiosità” culturali che rendono ancor più complicata la scalata. Nessuno è chiamato a fare l’eroe, siamo semplicemente chiamati a comportarci da cittadini normali in una terra, la nostra, in cui la normalità è diventata un lusso.


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L’intervista

di Alberto Sardo

L’approfondita analisi della situazione attuale dell’economia e del commercio, dell’assessore allo sviluppo e innovazione

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unzionario regionale di Coldiretti, da 23 anni nel sindacato, dove è entrato nel 1991, Luigi Zagarrio, classe 1970, è l’assessore alle Innovazioni e Sviluppo della Giunta Ruvolo, chiamato a gestire una serie di deleghe molto importanti, alla luce del programma elettorale di “Alleanza per la Città”, in quota del suo partito, l’Udc. La sua esperienza professionale è dunque tutta nel sindacato Coldiretti dove rivendica di essere partito “dal basso”. Ha iniziato come ragioniere, divenendo esperto in materia fiscale e poi divenendo funzionario e dirigente a livello regionale per l’organizzazione. Adesso è il delegato del direttore regionale per far rinascere la Coldiretti nei territori di Messina e Catania. Lì sta cercando di rilanciare l’organizzazione nei territori e dice “per farlo devi avere persone che stanno sul territorio, che vi operano e con loro capire i percorsi sindacali, come organizzazione non si può solo dare un servizio, sia esso fiscale o di disbrigo pratiche, ma il ruolo del sindacato è più ampio, di rappresentare le imprese”. Dei Forconi, l’assessore comprende le ragioni della protesta, forte, “per

Se vuoi fare uno sviluppo del territorio è la prima cosa che devi fare”. Il progetto “Verso l’Expo 2015”: fare rete per creare un brand che rappresenti l’eccellenza “La visione deve essere ampia e coinvolgere gli attori del territorio. Ragioniamo in rete per fare squadra, se condividiamo progetti e idee, qualcosa la riusciamo a realizzare anche perchè il territorio esprime tante eccellenze, non solo agroalimentari, ma anche artigiane, commerciali e tanta cultura”. Ecco perchè nasce l’idea “verso l’Expo”. Un momento eccezionale di vetrina per rappresentare il territorio. “Per fare questo dobbiamo però lavorare insieme e condividere la progettualità. Se lo facciamo, possiamo riprendere l’economia di questo territorio, che si è perso per strada. Caltanissetta ha tutto, in fondo, se parliamo di eccellenze Non manca di nulla. Ciò che manca è un sistema in cui le eccellenze si riconoscano e siano riconoscibili”. A Marzo 2015 inizia l’Expo di Milano che è dedicato il primo anno in particolare all’alimentazione, al mangiare bene che è il tema principale. “Andando al nostro territorio, bisogna però

La ricetta di

le loro rappresentanze che hanno ben condiviso il progetto perchè portare a Milano il territorio non è facile, diventa possibile solo se si collabora. Già dieci comuni aderiscono e propongono di inserire nei tavoli i loro specialisti, oltre agli assessori e gli stessi Sindaci. Si parte dalla Fiera di San Michele, in concomitanza, con il progetto “Verso l’Expo 2015”. I comuni portano ognuno le eccellenze enogastronomiche del proprio territorio, ognuno di loro con tre stand, e sono loro a indicare quali sono le eccellenze da inserire. Non siamo noi a farlo, pur essendo in possesso dei dati, anche se abbiamo una visione complessiva e tramite il tavolo tecnico conosciamo le aziende, è giusto che siano i Sindaci a individuare le eccellenze”. Parliamo di ditte che hanno già avuto un percorso e un esperienza che li ha portati fuori, con esperienze di internazionalizzazione e che fanno impresa a un certo livello. All’interno dell’esposizione a Villa Amedeo ci sarà soprattutto enogastronomia, ma anche artigianato. Sono previsti dei concorsi rivolti alle scuole, in particolare un concorso di

Zagarrio

Tante le idee: dall’Expo 2015 al chilometro zero farsi sentire”, anche se poi negli anni si è scoperto che c’era anche la politica. “L’organizzazione sindacale nasce per rappresentare i propri associati e su questo deve lavorare. Se un sindacato finisce solo per dare servizi, non ha più quel ruolo. Coldiretti a livello nazionale ha una visibilità che in Sicilia, a Caltanissetta, manca in quelle proporzioni, ma accade anche in altre organizzazioni. Si sta lavorando per recuperare la fiducia, come del resto deve fare la politica”. “La politica – dice Zagarrio - deve recuperare anni persi, ascoltare il cittadino, un’amministratore che si chiude in se stesso, non sente cosa accade fuori. Per primi ad essere ascoltati devono essere i cittadini, ma poi anche le parti sociali perchè sono coloro che ti rappresentano i problemi.

rappresentare anche altre realtà e serve definire cosa è e qual è il territorio. Dunque, per farlo, invitiamo le forze che hanno lavorato negli anni, il distretto turistico, la Pro Loco, i Comuni”. Si parte con la Fiera di San Michele, con la concomitante iniziativa “Verso l’Expo 2015” che si terrà a villa Amedeo dal 27 al 29 settembre, con allestimenti innovativi, anche con materiale riciclabile. Prima regola: “Apertura ad altri comuni”. “Chi rappresenta il territorio sono i sindaci e

idee per ideare, disegnare, immaginare e realizzare un unico “Brand” dei prodotti nisseni. “Siccome vogliamo portare un brand a Milano, che ci rappre-

senti, l’idea è di lanciare la sfida alle scuole, fucina di creatività. Le scuole inoltre saranno partecipi con gli orti scolastici e gli orti urbani. Il concorso è un coinvolgimento in più per iniziare a costruire, ideare un logo, un brand e un marchio che ci possa rappresentare in modo unitario a Milano”, spiega l’assessore Zagarrio. Poi seguiranno altri

Centro Storico: esenzioni sulla Tasi e sulla Tari La giunta Ruvolo, su proposta dell’assessore Boris Pastorello, condivisa dall’assessore al ramo produttivo, Zagarrio, aveva già inserito alcuni sgravi per le imprese del centro storico. Poi il consiglio, con un emendamento ha articolato la proposta, estendendo alcuni termini. Ecco di cosa si tratta. Esenzioni sulla Tasi (e IMU) per il 100% per un anno per gli esercizi

commerciali, le attività artigianali e produttive del centro storico che insistono su arterie oggetto di lavori pubblici. È il caso della “Grande Piazza”. Se i lavori in corso Vittorio Emanuele si protrarranno per più di 3 mesi, scatterà l’esenzione della Tasi. (La giunta aveva previsto sei mesi, poi abbassati a tre dal consiglio). Esenzioni sulla Tari sui rifiuti: Esenzione totale pari al 100% della

parte variabile del tributo della Tari per il primo anno (poi riduzione pari al 50% il secondo anno e 25% il terzo anno) per coloro i quali condurranno nuove attività commerciali ed artigianali in Centro Storico, mentre per le nuove attività, in altre zone della città, sarà accordata una riduzione del 50% il primo anno e del 25% il secondo anno.

eventi, almeno altre due tappe, per condividere l’idea che rappresenterà Caltanissetta a Milano. “All’Expo 2015, arriveremo con il mondo della cultura, dell’artigianato, tirando fuori tutto ciò che abbiamo in termini di eccellenza”. Circa cinquanta aziende

hanno già aderito, tramite i rispettivi comuni. Eventi, commercio e agricoltura. “Dobbiamo cominciare a porci con le realtà imprenditoriali in modo diverso. Abbiamo vissuto in questi anni, a Caltanissetta, un momento di lassismo, di abbandono a noi stessi. Si sono fatte alcune cose senza obiettivi. Oggi non organizzo più un evento per fare iniziative estemporanee. Se ragioniamo con una progettualità, allora ci dobbiamo chiedere quale sia la base e dove vogliamo arrivare. Il nostro dovere è valorizzare le attività che abbiamo, ne abbiamo tante”. L’assessore Luigi Zagarrio non è persona dal metodo malleabile. Ma a fronte di un’indicazione di metodo ferrea, anticipa a tutti gli attori economici che è aperto al dialogo, ai suggerimenti e anche alle critiche, anche a cambiare idea nelle decisioni. Ma il metodo, quello no, altrimenti non avrebbe remore a lasciare. “Eravamo abituati che si presentavano le domane e subito si ottenevano i contributi. Questo non è nel mio stile, io vengo da un’azienda privata. Per lavorare, si fa per il bene dell’azienda. In questo senso, il Comune oggi è un’azienda che deve far funzionare il territorio. L’azienda all’interno deve essere un po rivista, per far ripartire la macchina amministrativa, al contempo bisogna lavorare con le forze del territorio. Mettere le cose insieme non è facile, però non dobbiamo buttare la spugna. Altrimenti le cose non le cambieremmo mai”. “Se parti con un’energia sbagliata il nostro lavoro è finito. Dobbiamo essere forti e convinti a spiegare ciò che vogliamo fare e quali sono gli obiettivi. Poi dal confronto si possono migliorare le idee. A me piace lavorare in squadra, sono abituato alle critiche, in un sindacato la gente viene e se fa una critica, non devo vederla come un attacco, ma come la rappresentazione di un problema che devo risolvere” “Le critiche servono a capire se stai sbagliando. In questo sistema sono felice di farlo ed è uno dei miei obiettivi.


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Poca benzina per la macchina amministrativa Dallo sportello unico per le attività produttive all’ufficio turismo, dall’ufficio europa alle attività produttive. Sono alcune delle deleghe ricoperte dall’assessorato “Innovazioni e sviluppo” guidato dall’assessore Luigi Zagarrio in quota Udc. Ma per ogni settore ci sono tante idee, prospettive, ma anche criticità. “Al Suap, le carpette delle pratiche vengono sistemate a terra. Come fa un impiegato, pur volenteroso, a lavorare in modo ottimale, se deve recuperare da terra i documenti?”. Se poi ti manca anche il collegamento internet, più che difficile, diventa impossibile. Ma non è tutto. All’ufficio turismo non c’è neanche un dipendente, mentre l’intero assessorato non ha un dirigente, posizione coperta ad interim dallo stesso dirigente dei Lavori pubblici e urbanistica, Armando Amico che pur valente, è oberato, oltre ad essere in prossimità della pensione a partire da Gennaio. Questa la realtà con cui si confronta l’assessore Luigi Zagarrio e in fondo l’intera giunta.

Ma se qualcuno dall’esterno mi deve dire ciò che devo fare senza condividerlo, non l’ho mai fatto e non lo farò, questo per essere chiaro. Tradirei i miei valori. Sarei anche disposto a dimettermi”. Qualità e chilometro zero. Da potenziare i mercati dei produttori. “Il sindaco mi ha incontrato con i GAS, gruppi di acquisto solidale, con cui abbiamo lavorato. Così ha conosciuto come lavoro. Ma siamo lontani dalla cultura del chilometro zero? “C’è un fattore culturale da sottolineare. Il sistema della vendita diretta è una realtà in Italia, in cui si sono avvicinate le aziende agricole ai consumatori, con un dialogo diretto. In Italia questo sta avendo un boom enorme, risolvendo una parte di economia, il consumatore risparmia e ottiene il prodotto migliore senza intermediari. Garantendo stagionalità, tracciabilità, genuinità”. “Qui purtroppo, le amministrazioni che si sono succedute, hanno investito pochissimo. Il ‘mercato del contadino’, fu subito bocciato dalla Coldiretti, perchè un mercato del contadino, senza i dovuti controlli alle aziende agricole su cosa e come producono e quanto le vendono, senza garanzie di certificazioni, non è accettabile. In secondo luogo la location, dentro il mercato ortofrutticolo di via Bloj era profondamente sbagliata. Se parli di vendita

“Non è semplice fare a meno del dirigente che mette in campo le azioni che la politica decide. Poi muoversi nei meandri dell’amministrazione non è facile”. Nessun ostruzionismo, per carità, ma la mia azione deve essere di indirizzo”, afferma l’assessore.

messo a disposizione. In questo periodo, poniamo le basi per far ripartire la macchina amministrativa che deve essere rivista su alcune posizioni interne agli uffici,

deve essere incentivato e coinvolto. “Se oggi ragionassi con i soldi che ha il mio assessorato, dovrei stare fermo e aspettare che finisca il mio mandato e poi andare a casa. Siccome sono abituato a lavorare senza soldi, mi

dare anche fuori a trovare le risorse. Poi ci sono eventi che devi fare anche senza risorse, coinvolgendo le altre istituzioni, il territorio, la Camera di Commercio, le banche, che ci hanno fatto anche proposte, come il Bcc del

UFFICIO EUROPA “Diventa il cuore dell’attività amministrativa. Se l’amministrazione non fa sviluppo, non crea attività ed economia in un Comune, allora fallisce. La funzione non è quella di far pagare imposte. Aspettavamo il nuovo segretario e adesso lavoriamo sul personale”. Esperti, seppur a titolo gratuito, e tavoli tecnici, non bastano, ci vuole a fianco l’articolazione amministrativa. Oggi sono assessore, domani non so, quindi il mio obiettivo è lasciare una macchina in ordine. Non vivo di politica, mi piace la politica e mi sono

ma anche esterne”. Oggi non saremo nelle condizioni di assumere, ma il personale lo abbiamo,

muovo sulla base di idee che vengon proposte e condivise, diventano progetti e se i progetti esistono, si può an-

nisseno con il Presidente Di Forti, che vuole dare una speranza in più ai giovani, con la loro progettualità”.

diretta e poi metti gli stand a fianco il mercato all’ingrosso, è un fatto strano, ed infatti quel mercato è finito”. Le realtà su cui puntare “Ci sono altre realtà buone, ma circoscritte. Il mercato Bio in via Malta e ‘Campagna Amica’ al Parco Testasecca, che oggi rappresentano questo

duzioni. Se escludiamo i cibi esotici, tutto il resto, ortaggi, frutta, lo abbiamo”. “Questa è una cosa su cui voglio lavorare. Dobbiamo rivalutare questi due mercati, dargli possibilità di spazi adeguati per essere competitivi, mettersi in evidenza nella città, senza andare

nuovo modo di mangiare e fare impresa agricola. Purtroppo molte volte avevamo chiesto spazi pubblici per fare questi mercati, ma non sempre abbiamo trovato accoglienza. Questi mercati educano il consumatore a consumare nel nostro territorio. Noi abbiamo una fortuna, in tutta la provincia ci sono tutte le pro-

in contrasto con altre attività. Possono convivere come fanno in tuta Italia, ma devi farli uscire da dove sono stati messi, perchè la visibilità è poca” La Strata ‘a foglia: la sua storia conduce al vero mercato a chilometro zero del futuro, ma bisogna fare presto! “Sto lavorando per fare rete. Io guardo la Strata ‘a Foglia, che ha perso un po’

l’essenza del mercato. Ci vanno clienti chi abitano nelle vicinanze i residenti del quartiere . Poche sono le attività rimaste, e altre non hanno nulla che vedere con l’agroalimentare. Ma siccome è un mercato storico, dobbiamo rivitalizzarlo. Non intendo l’evento. Debbo capire cosa fare innanzitutto parlando con gli operatori. L’idea è come posso attirare i consumatori di nuovo al mercato della strata ‘a foglia. L’evento può lanciare un progetto, se c’è già un progetto su cui lavorare”. Allora l’assessore si chiede e chjiede: “Storicamente cosa era il mercato? Tutti raccontano gli odori, le grida, perchè funzionava in quanto c’erano i produttori agricoli, gli artigiani, la pescheria. La sua storia nasce da questa realtà. Siccome le abbiamo. possiamo costruire su questa storia. Prima dobbiamo far sapere alla gente che ci sono queste attività a chilometri zero”. “Non ci sono solo i centri commerciali. Per farlo dobbiamo rendere appetibile quel mercato della Strata a’ foglia. Al consumatore interessa qualità e prezzo e su queste basi dobbiamo ricostruire il mercato”. Centro Storico, commercio, chiusura al traffico: quale idea si è fatto l’assessore Zagarrio “A Dittaino, al centro commerciale, cammino molto a piedi e non mi lamento. Il centro storico deve diventare un vero centro commerciale. Deve

essere chiuso, ma con alle spalle tutti i servizi e le attività che lo consentano. I passaggi sono delicati e graduali, ma dobbiamo costruire un percorso che riattivi il centro storico. Potrebbe essere il centro commerciale, ma non naturale nel senso che è stato inteso fino ad oggi, ma un vero centro commerciale. Con alcune attività di punta che possano trainare. Nell’edificio della banca d’Italia vorremo cercare di attrarre un grosso gruppo che incentivi lo shopping in centro e faccia da volano”. Ma niente salti in avanti, assicura l’assessore, “lo faremo con le organizzazioni sindacali”. “Se chiudi il centro senza la possibilità di mobil tà e parcheggi, non puoi farlo, ma è anche chiaro che devi cominciare a farlo”, spiega Zagarrio in riferimento all’Isola Pedonale sperimentale in corso Umberto e alla necessitò di mantenerla anche durante i lavori del secondo lotto della Grande Piazza. “Il transito prima era aperto e le attività chiudevano. I lavori si dovevano fare, se ci concentriamo sulla chiusura di una strada, scopriamo che non è quello il problema. Però dobbiamo creare il sistema dei parcheggi collegato al trasporto degli autobus. Così puoi creare aree pedonali, che serviranno anche al sistema del commercio. Fermarsi in doppia fila davanti un negozio due minuti crea caos, quello non è shopping. Per fare shopping devi camminare”.


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Gela & dintorni di Liliana Blanco

Comune di Gela

“patto di stabilità falsato” I

conti non tornano al Comune di Gela. Lo sospetta la Corte dei Conti di Palermo che ha avanzato dubbi sul patto di stabilità presentato dall’amministrazione Fasulo nonostante le cifre presentassero delle discrepanze fra le entrate e le uscite. Certo, che qualcosa che non andasse nella gestione dei bilanci si è sempre pensato, non foss’altro perché nel corso degli ultimi dieci anni gli schemi di bilancio di previsione sono approdati in aula sempre a fine anno: con l’amministrazione Crocetta ad ottobre e di recente addirittura a fine anno. E parliamo di bilancio di previsione! Questo implica che il consiglio comunale abbia dato un’occhiata veloce ed abbia approvato senza cognizione di causa. Lo chiedono a gran voce i consiglieri comunali coinvolti nello scandalo come è avvenuto quando si

è parlato della Tasi. “Dove è il bilancio? - ha detto Terenziano Di Stefano - lo vogliamo vedere. Portatelo in aula e troviamo insieme le soluzioni, altrimenti, come è avvenuto, saremo coinvolti in manovre di cui non sappiamo niente. Anche di questo sarà informata la Corte dei conti”. In questo clima di mistero si aggiunge lo scandalo che prende di sorpresa un’intera classe dirigente quando la Corte dei conti ha inviato una notifica con la quale chiede spiegazioni perentorie sui debiti fuori bilancio pagati in ritardo che hanno creato un danno erariale di circa 20 milioni di euro. I 35 destinatari sono consiglieri comunali, i dirigenti, assessori attuali e dimissionari ed il sindaco in primis sono stati chiamati a dare spiegazioni sui dei ritardi nell’approvazione di centinaia di debiti fuori bilancio inseriti negli ordini del giorni del consiglio comunale e mai esitati, se non da qualche mese. La Corte dei conti ha giudicato gli uffici del comune di Gela ineffica-

ci, inefficienti e inadeguati. Il periodo passato al setaccio è quello che va dal 2010 al 2012. L’indagine è nata dalla relazione inviata dal collegio dei sindaci revisori del Comune di Gela in cui poste all’attenzione dei magistrati le discrepanze fra i debiti contratti in periodi lontanissimi e le somme cui l’ente è stato costretto a pagare a seguito di sentenza esecutiva. I revisori dei conti hanno vagliato migliaia di debiti del periodo che va dal 1982 ad oggi , gravati di interessi moratori e adeguamenti riconosciuti dai giudici che poi deve sanare l’ente locale. Si tratta perlopiù di forniture di beni e servizi non pagati per i quali le ditte si sono rivolte ai giudici che ha riconosciuto il diritto e ne ha quantificato la rivalutazione; risarcimenti per incidenti dovuti alla scarsa manutenzione delle strade e per gli espropri che

hanno fatto arricchire imprenditori nella realizzazione di interi villaggi residenziali. I terreni venivano recinti senza darne comunicazione ai titolari, poi pagati a cifre irrisorie per le quali il giudice a cui i proprietari si sono rivolti, hanno riconosciuto fino al quintuplo del valore stimato dal comune di Gela. Sono nati così debiti fuori bilancio che hanno creato una vera voragine, in anni di dimenticanze delle passate amministrazioni. . “E’ emersa - si legge nella richiesta della Corte - la mancata conciliazione delle risultanze di cassa della gestione di tesoreria con le scritture contabili dell’ente per euro 10.377.396,87. Atti a contenuto meramente interlocutorio sono pervenuti a questa Corte. E’ apparsa l’indubbia esistenza, in relazione alla gestione delle spese, di un circuito organizzativo comunale connotato da inefficacia, inefficienza, inadeguata attenzione per gli interessi finanziari del Comune e da misurazione approssimativa degli elementi rilevanti nella

circostanza (esemplare in merito la nota comunale n.94848 del 25-7-2013 che spiega la mancata contabilizzazione negli atti comunali componenti il rendiconto 2010 dell’esorbitante importo di euro 10.377.396,87, con giustificazioni obiettivamente incongrue e inconsistenti)”. Secondo l’organo magistratuale il Comune di Gela ha eluso il divieto dell’art. 31 della legge 183/2011 che impedisce alle amministrazioni mantenere il patto di stabilità attraverso una non corretta imputazione delle entrate o delle uscite ai pertinenti capitoli di bilancio o altre forme elusive”. La mancata conciliazione dei dati derivante dai pagamenti per azioni esecutive non regolarizzate alla chiusura di ogni esercizio a partire dal 2003 ha fatto lievitare l’importo complessivo, fermo nel 2010 ad euro 10.377.396,87, ad euro 14.137.181,10

nell’esercizio finanziario 2012. L’amministrazione Fasulo è stata la pirma a cominciare a pagare i debiti ma anche la prima a subire l’inchiesta e la penale. Adesso si corre ai ripari e avviando le azioni di rivalsa sarà possibile il pareggio che per il momento pesa sul Comune di Gela. In questa situazione ci si chiede come è stato possibile mantenere il patto di stabilità interno rispetto ai rendiconto 2010, 2011 e 2012. Una seconda notifica ha chiarito punto per punto le criticità in 21 pagine di critiche sulla gestione. Le spese extra, secondo i magistrati sono frutto di un’amministrazione discutibile: servizi stradali inesistenti che provocano incidenti per i quali i cittadini chiedono risarcimenti; proroghe usate come criterio costante che hanno fatto aumentare in manie-

ra spropositata il debito provocando un dissesto poi ripianato artatamente per mantenere il patto di stabilità ma solo sulla carta. Le due deliberazioni sono stata redatte dopo le audizioni del primo cittadino, del direttore generale Renato Mauro e del dirigente del settore bilancio Alberto Depetro. Le note sono state fatte pervenire al presidente del consiglio comunale Giuseppe Fava, in attesa della valutazione sulla relazione del bilancio 2014 Ai raggi X la relazione sul rendiconto 2012 dei revisori comunali e quella del sindaco Angelo Fasulo sulla efficacia e regolarità del sistema dei controlli adottato dall’ente locale nel 2013. Una seconda batosta che arriva dai magistrati palermitani che contestano all’amministrazione adozioni di iniziative e corredano le loro critiche con i correttivi che avrebbero dovuto essere adottati. Ma vediamo, uno per uno i tempi più scottanti. Sulla relazione del collegio dei revisori comunali per il rendiconto 2012, i magistrati hanno scritto: “Pur prendendosi atto del percorso virtuoso intrapreso dall’ente - si legge nella relazione dei magistrati della sezione di controllo che ha portato al riconoscimento, con relativa copertura contabile, di una parte consistente della m a s s a passiva finora

emersa, risulta tuttavia dalle memorie depositate come continuino ad emergere ulteriori debiti fuori bilancio da riconoscere, per importi considerevoli, che rendono allo stato difficile una definitiva perimetrazione della reale massa passiva dell’ente, con evidenti incognite circa la futura tenuta degli equilibri. La consistenza dei debiti fuori bilancio, in continua emersione, denota una prassi, risalente nel tempo, assolutamente contraria a basilari principi di salvaguardia degli equilibri di bilancio che, in violazione delle regole giuscontabili, ha prodotto la trasformazione del debito fuori bilancio da evento straordinario ad ordinaria modalità per affrontare le esigenze della gestione. L’emersione di tale massa passiva denuncia poi come si sia sottratta questa mole debitoria, negli anni, alla doverosa riconduzione al bilancio dell’ente e ai necessari, tempestivi, interventi di riequilibrio”. Sotto questo profilo, infatti, i magistrati del

controllo bocciano la gestione dell’ente comunale a causa “del superamento del parametro relativo all’esistenza di procedimenti di esecuzione forzata per 14.137.181,10 euro, superiori allo 0,5% della spesa corrente pari a 50.456.001,23 euro, con un’incidenza del 28,1%”. Un punto a favore dell’amministrazione attuale è la volontà di volere ridurre il debito che, nel tempo, ha assunto dimensioni enormi e

Sono stati giudicati inefficaci, inefficienti e inadeguati gli uffici del comune di Gela. Al setaccio 2010/12 questo è stato valutato positivamente dalla sezione di controllo che prende atto che l’amministrazione Fasulo ha adottato un’inversione di tendenza nella riduzione degli incarichi esterni pur permanendo “la sussistenza di gravi profili di criticità con riferimento alla sana gestione finanziaria dell’ente con riferimento al rendiconto 2012”. Un capitolo a sé è quello delle proroghe contrattuali: “In ordine alle spese - si legge - vale rilevare la necessità di monitorare attentamente il ricorso alle procedure d’affidamento diretto e all’istituto della proroga contrattuale. La sezione invita l’amministrazione comunale ad intervenire con decisone e tempestività al fine di monitorare costantemente l’attività contrattuale dell’ente che si caratterizza per un eccessivo ricorso alle procedure negoziate e agli affidamenti diretti. Appare infine censurabile - scrivono i magistrati - il frequente ricorso alla proroga contrattuale, posto che la stessa costituisce un istituto di carattere eccezionale, in contrasto con il divieto di rinnovazione dei contratti pubblici ed indicativo di un’inadeguatezza dell’attività di programmazione delle attività negoziali, posto che l’amministrazione comunale avrebbe dovuto tempestivamente organizzarsi in vista delle imminenti scadenze contrattuali”. Incarichi legali e le costituzioni in giudizio per conto del comune: “Il comune - si legge - riferisce che quasi il 50% delle costrizioni sarebbe motivato da atti di citazione per risarcimento danni scaturenti da difetti di manutenzione del manto stradale e dei marciapiedi mentre gli espropri occuperebbero una percentuale pari all’8%. La sezione non può non ribadire in proposito come, nonostante le numerose richieste in tal senso effettuate in sede di controllo finanziario e, da ultimo, in occasione dell’esame del rendiconto 2012, l’ente non abbia an-


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Molte le anomalie riscontrate per incarichi legali e costituzioni in giudizio per conto dell’Ente

cora prodotto un elenco dettagliato del contenzioso e delle relative passività potenziali”. Sulla relazione di regolarità della gestione e sull’efficacia e l’adeguatezza del sistema dei controlli interno all’ente per l’anno 2013, presentata dal sindaco il servizio di controllo si esprime in termini positivi per quel che concerne il capitolo dei costi dei servizi a domanda individuale che “sono assicurati complessivamente nella misura superiore

al limite minimo stabilito dalla normativa vigente; in particolare la percentuale complessiva di copertura dei costi dei servizi a domanda individuale, per l’esercizio 2013, è pari al 66,48%”. Sistema della riscossione dei tributi e di altre forme di contribuzione economica dell’ente locale, non condiviso: “Si rappresenta - si legge nella relazione - la necessità di un costante monitoraggio dell’attività del concessionario al fine di garantire l’effettività e la rapidità della riscossione. Non appare infatti apprezzabile la giustificazione addotta per la mancata indicazione della percentuale d’inesigibilità delle entrate: l’ente assume che il dato non è disponibile atteso che gli agenti della riscossione Equitalia spa e Serit Sicilia spa non hanno ancora inviato le comunicazioni d’inesigibilità. Tale maggiore controllo è necessario anche per quanto riguarda la gestione dei beni patrimoniali dell’ente per i quali, ove concessi in comodato d’uso, occorre una puntuale e rigorosa verifica dei singoli affidamenti quanto a sussistenza dei presupposti per l’assegnazione ed alle condizioni contrattuali regolanti il rapporto, verifica che non è dato desumere con chiarezza dalla risposta fornita”. Stante a queste motivazioni, dalla Corte dei conti ha conteggiato le sanzioni in base al minimo legale previsto dalla legge. Spetta ai destinatari della nota fornire le controdeduzione alle contestazioni per convincere la Corte oppure scegliere di pare subito le cifre calcolate al minimo legale, in questo caso la pro-

cedura si chiude. L’orientamento dei consiglieri è quello di pagare perché c’è il rischio di non potersi candidare. La candidatura infatti non si concilia con l’incompatibilità che tocca che ha una “lite pendente” con il comune o un “procedimento amministrativo” in atto. Il Presidente della Regione Rosario Crocetta è intervenuto sulle contestazioni della Corte dei Conti : Più e più volte in aula, durante gli anni della mia sindaca tura - ha detto - ho

più volte sottolineato la necessità di votare i debiti fuori bilancio in aula. Io la montagna di debiti l’ho ereditata; debiti molto vecchi. Li pagavamo piano piano ma io non avevo la maggioranza in aula ed i consiglieri non volevano riconoscerli dicendo che non volevano saperne niente. Dissi più volte che la Corte prima o poi sarebbe intervenuta”. Crocetta aggiunge che i consiglieri si decisero a votarli tutti nel 2007 e questo portò allo sforamento del patto di stabilità del Comune di Gela. “Siamo stati i primi a volere sanare questa situazione - ha detto il sindaco Fasulo - eppure la situazione è emersa ora che sta avvenendo il ripianamento e la sana amministrazione. Per il resto non ci sono né responsabilità relativi ad una cattiva gestione, né problemi di patto di stabilità. La corte dice che questi debiti andavano pagati subito e ove ci fossero stati i soldi, pagandoli si sarebbe potuti incorrere in una violazione del patto di stabilità. Non c’è violazione del patto di stabilità assumendo una posizione responsabile e la stessa corte dei conti lo riconosce. Io sono contento di potere dire di avere avviato il controllo di gestione, il protocollo informatico, la fatturazione elettronica che assicura il pagamento in ordine cronologico e non in ordine di amicizia”.

Butera

Capitale dei matrimoni internazionali B utera capitale mondiale dei matrimoni? A giudicare dalle nazionalità di quanti si sono detti il fatidico “si” nella cittadina buterese in questi ultimi mesi, sembra proprio di si. Butera piace agli italiani, ma non solo a loro. Piace anche parecchio ai turchi come agli scozzesi, ai russi come agli americani e an-c h e ai vietnamiti. Sarà il fascino irresistibile della cappella del Castello di Falconara a due passi dal mare, oppure la seduzione del centro storico medievale con le sue chiese e il suo castello arabo normanno; sarà lo charme delle strutture ricettive della zona a mare con la loro atmosfera unica che si riesce a respirare nel momento in cui i matrimoni vengono organizzati al loro interno. C’è un qualcosa che incanta i tanti stranieri che vengono a Butera per sposarsi. Non deve dunque

Turchi, scozzesi, vietnamiti, inglesi e americani tra coloro che hanno pronunciato il fatidico “sì” in riva a mare nell’affascinante cappella del Castello di Falconara. meravigliare se Butera ha finito per assumere sempre più una dimensione internazionale in ma-

teria di matrimoni. Addirittura, di recente il sindaco Luigi Casisi, siccome sempre più spesso la celebrazione dei matrimoni con rito civile avviene in location d’eccezione in spiaggia, proprio davanti al mare, ecco che ha deciso di determinare il compenso da erogare al personale dell’ufficio di stato civile impegnato in occasione della celebrazione dei matrimoni fuori dalla Casa C o -

munale. Matrimoni che si celebrano di sabato o domenica e quindi non in giornate lavorative per i dipedenti comunali. Eventi che diventano autentici spot promozionali per Butera e per le sue bellezze turistiche e paesaggistiche. Bellezze che attirano aspiranti sposi da ogni parte del mondo. Qualche settimana fa nella cappella del castello di Falconara è stato celebrato da padre Aldo Contraffatto il matrimonio tra due giovani, un inglese ed una argentina. Un matrimonio il cui rito è stato celebrato in tre lingue: italiano, inglese e spagnolo. Matrimoni internazionali che, ovviamente, prevedono ospiti internazionali per la gioia degli albergatori locali che vedono aumentare notevolmente le loro presenze nelle strutture ricettive grazie agli invitati degli sposi. E’ così che Butera è diventata una location per matrimoni senza frontiere tanto da far

affermare al sindaco Luigi Casisi che i matrimoni internazionali a Butera rappresentano un valore aggiunto per il turismo e per la valorizzazione e promozione dell’immagine del nostro territorio nel mondo. Un fenomeno che, oltre a lievitare notevolmente, appare destinato a crescere parecchio in prospettiva futura. Di sicuro un fiore all’occhiello per la cittadina nissena che trova in questi eventi una spinta promozionale per far conoscere la propria immagine a livello intern a z i on a l e. La cappella del Castello di Falconara è ormai divenuta una meta sempre più ambita da parte di tanti giovani provenienti da ogni parte del mondo che intendono coronare il loro sogno d’amore con la celebrazione del proprio matrimonio. Una coppia di turchi ha scelto la spiaggia di Falconara per sposarsi con rito civile alla presenza del sindaco Luigi Casisi. Prima di loro s’erano sposati a Butera una coppia di scozzesi, anche loro con il rito civile, e poi anche una coppia di americani. Di recente la collana dei matrimoni internazionali nel castello di Falconara, con vista sulla spiaggia e sul mare di Butera, s’è arricchita di un nuovo anello: il matrimonio tra un vietnamita ed una lombarda. E già si parla di nuove prenotazioni di matrimoni dall’estero per una nuova stagione, quella targata 2015, che si annuncia sempre più all’insegna di matrimoni internazionali che stanno facendo di Butera una delle location più ammirate e desiderate da tutte quelle coppie che intendono pronunciare il proprio “si” in un luogo magico come ormai è diventata la zona a mare di Butera.


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Fatti & POST SCRIPTUM

La Sicilia, la politica I

l teatrino che continua ad andare in scena all’Ars, spinge a qualche riflessione in merito. Si tratta, a dire il vero, di una storia che, in quei “aviti” palazzi, va avanti ormai da lungo tempo, frutto di un retaggio e di una cultura fatta di spinte ambiziose e trasformistiche, che interessano da sempre la nostra politica regionale ed i suoi tanti personaggi. Da quella storia si è sviluppata una classe politica - certo, anche con delle eccezioni - che ha continuato a persegue primariamente gli interessi dei suoi soli confini, nel torpore, nell’immobilismo, spesso nella cialtroneria politica e nell’incultura, procedendo ottusamente su questa strada, a testa bassa, facendo ormai della parola uno strumento letargico, che induce più all’indifferenza che al rispetto o al riconoscimento di autorevolezza. Ci “conforta”, però, la convinzione dei politici siciliani - per me più una sorta di leggenda - che la Sicilia sia sempre stata anticipatrice delle future soluzioni politiche nazionali (si è parlato spesso di “laboratorio politico”). Convinzione che - a mio modesto parere - è servita più a gettare fumo negli occhi sulla sua stessa insufficienza che altro. O, peggio ancora, a soddisfare quella vanesia idea di essere al centro di tutto e coprirne maldestramente la subalternità rispetto ai poteri forti del centralismo romano. Ripeto: non si può fare di tutta l’erba un fascio. A contrastare un certo modo di fare politica, nelle nostre parti, c’è stata anche una, seppur esigua, minoranza di politici seri ed impegnati che, però, molto spesso, non hanno avuto una sponda nell’opinione pubblica. Opinione pubblica che ha preferito sovente - almeno sino a non molto tempo fa - non contrastare questa deriva, bensì far prevalere la logica del “teniamo famiglia”, non disdegnando la richiesta del favore, della segnalazione, della raccomandazione. Così facendo - come criterio generale - la politica stessa si è ridotta in Sicilia a “mera pratica del far politica”, ad astuzia autoreferenziale del potere, ad esercizio di trasformismo, ovvero, a pura e semplice attività di mediazione di interessi, di volta in volta, capaci di emergere e farsi valere sulla scena. Tutta questa impalcatura non poteva, nel corso dei decenni, che essere contrapposta ed ostile, ad ogni logica di programmazione, di sviluppo socio-economico, bloccando, di fatto, ogni minimale progetto di cambiamento e innovazione.

Diciamocelo chiaramente, basta vedere quello che continua ad accadere all’Ars per constatare di come, ancora oggi, in quei luoghi, si eserciti una politica come gioco delle ipocrisie, delle finzioni, dell’agire per motivare ideali per il bene comune, ma in pochi poi realmente credendo a quegli stessi enunciati predicati. Questo fenomeno che ha, a dire il vero, una diffusione ormai quasi capillare nel nostro Paese, tocca però punte massime proprio in Sicilia ed ha una sua sede proprio in quegli elefantiaci apparati della Regione siciliana. Qui, sempre più difficile è distinguere la destra dalla sinistra e dove un mare è stato il patrimonio di denaro dilapida-

di Filippo Falcone

e la fabbrica dei miti

un’immagine addolcita della Sicilia - per carità va pure bene quella, per intenderci, alla “commissario Montalbano”, quella della pasta con le sarde, dei cannoli alla ricotta, dei suoi luoghi suggestivi; cioè la continua voglia di autocelebrazione dell’isola, ma soprattutto di noi siciliani. Però poi, sul concreto, ad esempio, oggi non c’è un ministro che rappresenti questa terra in sede di governo, un politico autorevole che ne sia voce “alta” a livello nazionale. Cosa conta la Sicilia nel parlamento? Dove sono le perso-

tà e, soprattutto, i giovani, che devono sul serio scendere in prima linea in campo. Ma, la cosa fondamentale per noi siciliani è anche un’altra. Le battaglie si possono fare solo se si hanno le carte in regola per farle. Quando, nel caso della nostra Regione autonoma, la spesa pubblica arriva a livelli di assurdità, non si può poi dire che quella nazionale fa schifo. La Sicilia, oggi, queste carte in regola non le ha. Il bilancio della Regione è in buona parte assorbito dal funzionamento - quasi mai efficiente - della sua macchina burocratica. Eppure, non si può dire che occasioni di sviluppo nel corso dei decenni non ve ne siano state: dal-

dimenticare il periodo del fiume di entrate straordinarie dell’art.38 dello Statuto siciliano, quasi del tutto assorbite dalla perversa logica del clientelismo. Oggi, di fronte a questo sedimentato quadro, che resiste anche alla tanto attesa “Era Crocetta”, che potere contrattuale può avere la politica siciliana, nella difesa dei livelli occupazionali dei lavoratori del Petrolchimico di Gela, come di quelli ex Fiat di Termini Imerese, come di tanti altri che rischino il proprio posto di lavoro o dell’esercito di giovani che non riescono neanche a trovarlo? La vera forza dei politici siciliani rimane il discutere dei problemi senza avere la capacità di affrontarli; figuriamoci di risolverli. Di non andare mai a fondo delle questioni, di restare sempre alla superficie, alla passerella spicciola, alla fiera della vanità, al “politicantismo” da

la Cassa per il Mezzogiorno; ai fondi della mancata industrializzazione; sino ad arrivare alla dissennata gestione, nell’ultima fase, dei Fondi strutturali europei (in gran parte rimandati indietro); passando per il fallimento dello Statuto autonomistico. Non dobbiamo

comizio, alle formidabili pappatorie di cui è capace. Ma, la domanda provocatoria è un’altra: e se, di fronte a tutto ciò, la politica in Sicilia non fosse altro che lo specchio in cui siamo riflessi noi stessi siciliani? I siciliani dal voto, quasi sempre, delegato ad un potere autoreferenziale e totalmente assente dai territori. E mentre si rimane impantanati in un fiume di chiacchiere, che servono solo a far rumore, la Sicilia è ormai “da salvare da se stessa”, per dirla alla Buttafuoco, dove i “messia” sembrano sempre più uomini dell’apparire che non dell’essere. Cosa fare? Non lo so. Ma sicuramente mettere in campo forze fresche, giovani soprattutto, portatori di nuove energie; che io, però, al momento - a dire il vero - non vedo, ma che mi auguro siano latenti.

Noi siciliani siamo convinti che nell’Isola si trovi la chiave di lettura dell’intero universo e che siamo al centro di tutto. Non è affatto così to nel tempo nei corridoi dei suoi tanti assessorati. In questi ragionamenti non si tratta di condannare, ma di cercare di capire se - al di là di tutto - sia ancora oggi possibile una lenta, ma vera, rinascita della nostra terra, della rigenerazione del suo ceto politico, di una maggior senso civico di tutti noi. Se vi siano ancora energie per potersi concentrare, tutti insieme, in un’epocale impegno; seppur in un quadro sociale ed economico generale ormai drammatico. Per fare ciò, però, si dovrebbe uscire, una volta e per sempre, dalla “fabbrica dei miti”. Quelli per i quali noi stessi siciliani siamo convinti che in Sicilia si trovi la chiave di lettura dell’intero universo! Che noi siciliani siamo al centro di tutto! Perché non è affatto così. Nella nostra isola, molto spesso, si costruiscono questi miti solo per eludere la realtà, per sublimarla. Ma poi la realtà ci riporta brutalmente con i piedi per terra. Oggi, a noi siciliani piace dare

nalità che hanno lo spessore di alzarsi e fare un discorso non demagogico, ma documentato, serio, di analisi, che sia davvero una voce di rilievo nazionale. E questo lavoro, nella politica siciliana, può ritornarlo a fare solo la cultura, le università, i buoni giornalisti, la socie-


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Fatti & San Cataldo

Randagismo: quando il vero problema è l’uomo di Alberto Di Vita

I

l fenomeno del randagismo ha assunto negli ultimi mesi una dimensione che per molti è preoccupante, sia nella Città di San Cataldo che in quella di Caltanissetta. Una fetta della popolazione è spaventata dai gruppi di cani che scorrazzano liberamente per le strade, soprattutto in notturna: situazione aggravata dalla mancata conoscenze delle abitudini dei cani e dello stesso fenomeno del randagismo. Sin troppo spesso se ne è fatta una informazione a uso e consumo della politica, o di interessi di parte, piuttosto che vera spiegazione al cittadino. A San Cataldo ci sono diversi gruppi di cani randagi che, non essendo ancora sterilizzati ed essendo piuttosto giovani, tendono a raggrupparsi e formare piccoli branchi. Nonostante le paure (spesso infondate) partiamo dal presupposto che la legge 281 del 1991 porta l’Italia tra i paesi più civili ed evoluti in materia di cani e gatti randagi e vaganti, impedendone l’abbattimento: negli anni precedenti si consumava una vera e propria strage di massa, con punte annuali di oltre 100mila animali abbattuti durante gli anni 70. La stessa legge introduce una differenza che a prima vista potrebbe sembrare un semplice distinguo lessicale: parla cioè di cani “randagi” e di cani “vaganti”, distinguendo i primi perché “reduci” da un abbandono recente e che si abituano a vivere in una condizione semi-selvatica. Talvolta i due termini sono usati in senso opposto: ma qui ci preme di più distinguere le categorie e mostrare se

e quanto aggressivi possano essere i cani cittadini in libertà. Il fatto linguistico, quindi, non è questione di lana caprina. Per molte ragioni, la Città di San Cataldo non sembra registrare veri casi di cani randagi a tutti gli effetti, “selvatici” se passate il termine. La maggior parte dei cani che circolano in libertà (denominazione che la legge usa, invece, per i gatti) sono ex cani padronali, spesso abbandonati o custoditi con scarsa attenzioni e fuggiti da condizioni infelici. Sono, quin-

Un’ ordinanza ha disposto l’identificazione e la registrazione della popolazione canina di, cani che in teoria hanno abitudine al contatto con l’uomo, che formano il branco per necessità e non sono tendenzialmente aggressivi: a meno di non essere provocati. Riescono a sopravvivere appena qualche anno alle intemperie, a differenza dei cani “inselvatichiti”, quelli cioè “nipoti” o “pronipoti” dei cani padronali abbandonati: mentre i primi hanno conservato una sorta di dipendenza dall’uomo (affettiva o alimentare), i secondi rifiutano il contatto e diventano predatori di animali selvatici, sono

più riottosi a formare dei branchi e in gran parte muoiono ben prima di raggiungere l’età della riproduzione. D essere facile fare una deduzione: i cani cittadini in linea di massima non sono aggressivi. Va aggiunta una terza categoria di cani, quella che di fatto è poi la vera fonte del randagismo (inteso nel senso più ampio): i cani padronali vaganti. Si registrano numerosissimi casi: cani che vivono in case, villette o campagne nella immediata periferia urbana che, soprattutto di notte, vagano liberi, nella certezza di poter ritrovare casa e cibo l’indomani mattina. Liberi di uscire per le ragioni più svariate, spesso anche perché di notte disturbano il sonno di chi li “custodisce” ed è “meglio” lasciarli liberi. Insomma padroni irresponsabili che non microchippano il cane per non esserne ufficiali proprietari e poi, anche fosse solo per la “fatica” di alimentarlo, lo lasciano libero. Ci sono almeno un paio di quartieri in cui è possibile vedere diversi animali con collare addosso e modi “urbani” che cercano affetto, contatto e coccole. La prima fonte del randagismo è, infatti, l’irresponsabilità di molti nostri concittadini. Il fenomeno, inoltre, è spesso alimentato anche dall’abbandono di cuccioli in tenerissima età.

Con questo non si vuole minimizzare le, legittime, preoccupazioni di chi non sa o non è abituato a gestire la presenza di cani solitari o in branco, soprattutto dei bambini: qualche cane territoriale prende l’abitudine di difendere il territorio, e non è insolito sentir abbaiare o vederli inseguire auto o moto dei passanti. La reazione istintiva di spavento è quasi fisiologica. Questa è dunque una sfida per le nuove amministrazioni. A Giugno, il Sindaco Giampiero Modaffari e l’Assessore La Rosa hanno convocato una Conferenza di Servizi, a cui hanno partecipato i dirigenti dell’ufficio tecnico, un veterinario dell’ASP, un rappresentante del canile, la Polizia Municipale e alcuni rappresentanti delle associazioni animaliste. In quella sede si è tracciato il percorso da seguire per il controllo del fenomeno randagismo e la sua progressiva eliminazione. Con l’ordinanza 54 del 29-07-2014, il Sindaco Modaffari ha previsto di adottare delle misure per l’identificazione e la registrazione della popolazione canina nel territorio comunale. Ravvisata la necessità e l’urgenza di

emanare ulteriori disposizioni per arginare soprattutto il dilagare del fenomeno dell’abbandono dei cani, stante la necessità di tutelare i cittadini e la salute pubblica, a breve sarà avviata una campagna di sensibilizzazione e una “stretta” sui controlli dei microchip e relativa registrazione all’anagrafe canina (entrambi i servizi, ricordiamo, sono gratuiti). A questo si aggiungerà un forte controllo del territorio, con catture mirate. I cani così fermati saranno prima controllati, come da obbligo di legge, per una decina di giorni; dopodiché saranno microchippati e sterilizzati. Al termine del normale periodo di degenza, reimmessi nel territorio con un collare fosforescente che li renderà distinguibili dagli altri. Ricordiamo che i cani sterilizzati perdono quasi tutta la loro aggressività e tendono a diventare stanziali, veri e propri cani di quartieri che non hanno più necessità di seguire il branco. A quel punto, “avere paura” sarà davvero soltanto un rapporto tra il cittadino e le sue fobie.


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“Vivere in città e per la città”

l’esempio di San Cataldo U na Città viva e vegeta. È questa la San Cataldo che abbiamo descritto più volte sulle pagine di questo giornale, soprattutto in relazione alle attività associazionistiche e culturali: sotto la coltre creata dalla crisi e da un progressivo impoverimento generalizzato, ribolle una straordinaria voglia di attivismo, quel senso di “esserci” che è il primo mattone, indispensabile, di una civiltà che vuole esprimere le proprie doti migliori. Ed è anche il quadro che ci restituisce l’estate sancataldese 2014, ricca di iniziative e spettacoli, ma anche momenti di riflessione e raccoglimento. Due mesi e mezzo in cui la Città ha offerto a sé stessa e agli avventori un numero enorme di eventi: con o senza contribuzione comunale, con o senza patrocinio, si contano più o meno un centinaio di eventi di ogni tipo, a partire dalla seconda settimana di luglio per completarsi a fine settembre. C’era da sostenere attività già vive da molti anni e che necessitavano non solo di un sostegno economico ma anche di una diffusione più trasversale, una condivisione e un appoggio più convinti: obiettivi che sembrano raggiunti in pieno. D’altra parte, il compito di una cultura locale non può essere soltanto quella della sperimentazione e della innovazione: conservare quanto prodotto, con sforzo e idee importanti, è un segnale di attenzione e di rispetto che non possono mancare. Ha aperto il “Superestor”, manifestazione che richiama, non soltanto nel nome, una manifestazione nata molti anni fa e che è stata recuperata nel 2013, una sorta di “giochi senza frontiere” per over 18 che si è snodata in tutta la Città per sette giorni consecutivi. A seguire, l’ottavo anno del “Sasizza Village”, un appuntamento ormai fisso per l’estate dei sancataldesi, quest’anno anche confortata da un pubblico partecipativo e numeroso. Queste due manifestazioni, assieme al “Campfest Gabara”, sono quelle che hanno avuto quel “quid” in più in fase organizzativa

e che andrebbero prese come esempio da tutti. A chiudere il mese di luglio, una festa multietnica, con punto forte nello spettacolo “My Name is 133”, che ha ricordato quanto accogliente sia la Città di San Cataldo. Il 2 agosto ”prove tecniche”di Notte Bianca: a corso chiuso al traffico e negozi aperti fino alle 24, si sono fuse le finali regionali multidisciplinari di “Marte Live” e la manifestazione tenutasi all’interno della villa comunale “Castrorum Legio XV Apollinaris”, esibizione di costumi, usanze, accampamento e battaglie al tempo dei romani;

degustazioni in uno dei cortili più suggestivi del centro Città. È stato anche il 19° anno di “Teatro sotto le stelle”, quest’anno anche con la gradita sorpresa di una commedia interpretata da bambini (un totale di 5 spettacoli con il solito conforto di pubblico presente) e della 16ª edizione del “Campfest Gabara”, le due organizzazioni più longeve nel nostro panorama associativo. Nota di merito anche per le organizzazioni de “La Locanda del buon Samaritano” che, pur nelle facilmente immaginabili difficoltà economiche,

posti a sedere) , tra cui gli spettacolari “Canto di te…” e “Sinfonie: quando il classico incontra il gospel” che hanno visto protagonisti moltissimi artisti sancataldesi. A dimostrazione di una vitalità di altissimo livello, le manifestazioni “Dialogando con l’Arte… alla Furca” e “PerCORSI di paisi” che ha visto animare Piazza San Giuseppe e Via Garibaldi, anche qui si parla di Centro Storico. A chiudere l’estate, spettacoli, sagre e degustazioni a “Borgata Palo” e altro teatro con le attività organizzate dalla Pro Loco.

delle candele, e tanti piccoli spettacoli senza amplificazione. In Piazza Orologio, “Letizia Forever”, con protagonista Salvatore Nocera, spettacolo che tratta il tema della violenza sulle donne e che probabilmente è stata la proposta più insolita, originale e compiuta di tutta l’estate. E, lo sappiamo, ne stiamo dimenticando molte altre. Non è stato, ovviamente, tutto un “rose e fiori”: c’è ancora moltissima strada da fare nell’ambito della organizzazione, a partire dalla progettazione per finire alla qualità e varietà delle proposte; ma anche e so-

Entusiasmo, passione e tante idee hanno contraddistinto l’esperienza dei mesi estivi

Foto di Lorena Giardina

altro evento organizzato dai sancataldesi e che si è distinta per scrupolo e spettacolarità. “Cortili in festa” è stato uno dei tanti momenti di riscoperta del Centro Storico, con canti, balli e

ha non solo portato artisti di calibro come Pippo Franco, Paolo Villaggio e Fabrizio Fontana, ma anche messo a disposizione per molti spettacoli la propria splendida struttura (circa mille

Due menzioni speciali per la giornata del 7 agosto. In Corso Sicilia la manifestazione “M’illumino di meno” ha consentito di vivere il corso con una partecipazione unica, con la sola luce

prattutto dal punto di vista della collaborazione stessa tra le varie associazioni, troppo spesso rimaste impigliate in una autoreferenziale solitudine che ne impedisce la crescita che potenzialmente c’è. Ma la strada è tracciata, le menti, la forza, la capacità e soprattutto la voglia di essere attivi, vivi e presenti, protagonisti del “vivere in Città e per la Città” ci sono tutti, con in aggiunta una maggiore presenza nei quartieri più periferici voluta dalla Amministrazione Comunale e che è stata sposata subito. La “San Cataldo dell’Arte” è viva e vegeta, piena di idee e con grande volontà di incidere sul futuro culturale del territorio. L’anno prossimo sarà per tutti un appuntamento più complesso, perché si aspettano anche dei cambiamenti, delle scelte coraggiose e, magari, artisticamente più azzardate. Perché, si sa, la “pazzia” a volte può essere foriera di straordinarie sorprese: e la Città di San Cataldo ne ha in abbondanza per stupire ancora. (A.D.)


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Fatti & Provincia

Serradifalco, le pretese degli eredi del casato dei Baucina R

iprenderà il prossimo 8 ottobre presso il Tribunale Civile di Caltanissetta, davanti al giudice Maria Lucia Insinga, la vicenda che vede gli eredi del principe Antonio Licata di Baucina, cioè i figli Biagio e Francesco, reclamare la proprietà di mezzo paese e il relativo rimborso per diversi terreni di famiglia cedute in enfiteusi nei quali, tuttavia, sono state poi nel tempo realizzate scuole, un teatro, un parcheggio, villette comunali, la nuova sede stessa del municipio. Terreni in cui sorge anche l’area artigianale, un campo di calcio e due di tennis. Si parla di 5 fogli catastali ricadenti in ben 45 particelle. Insomma, per farla breve, non un pezzetto di terreno, ma una notevole estensione riguardante più di mezzo paese. Secondo gli eredi Baucina, difesi dall’avv. Maria Cecilia Peritore, Domenico Antonio Lo Faso e Ventimiglia duca di Serradifalco lasciò tutti i suoi beni all’unica figlia Giulietta lo Faso e Ventimiglia duchessa di Serradifalco che istituì erede la nipote Giulia Fardella di Moxharta giusto testamento olografo del 7.4.1886; Giulia Fardella ha poi sposato il principe Antonio Licata di Baucina che ha indicato come eredi il nipote Antonio Licata di Baucina, in usufrutto, i pronipoti Biagio e Francesco. Il testamento del padre Antonio risale al 1973. Secondo i Baucina i terreni sarebbero stati espropriati e mutati nella destinazione d’uso senza che loro, legittimi proprietari, ne siano mai stati informati. Tutto il nodo è legato al diritto di enfiteusi che non

si esaurisce mai, per cui gli eredi della nobile famiglia altro non fanno che reclamare il diritto di proprietà. Il Comune di Serradifalco, a loro modo di vedere, avrebbe tenuto conto solo dei titolari dei diritti enfiteutici senza mai pagare i proprietari, cioè i Baucina. Che chiedono perciò il riconoscimento del diritto all’integrale risarcimento dei danni in ragione dell’attuale valore venale dei terreni con rivalutazione ed interessi. Secondo i Baucina il Comune avrebbe

famiglia palermitana, significherebbe per il Comune l’esborso di una somma enorme quantificabile nell’ordine di qualche milione di euro. E considerato che il Comune,

Il Sindaco Giuseppe Dacquì: “Difenderemo il nostro territorio con le unghia e con i denti”

sbagliato a non cercarli in quanto loro hanno tutte le carte in ordine e hanno pagato persino le tasse di successione Una vicenda controversa che, se il giudice dovesse riconoscere legittime le pretese della nobile

tramite la Giunta, ha fatto richiesta di pre dissesto e non sembra versare in condizioni economicamente floride, una sconfitta in Tribunale potrebbe determinarne il probabile dissesto. Il sindaco Giuseppe Maria Dacquì, tuttavia, non appare disposto in alcun modo a cedere di un solo millimetro in questa vicenda. Ha nominato legale del comune l’avv. Antonio Campione ed ha deciso di difendere le ragioni del Comune incondizionatamente e ad oltranza dicendosi disposto a difendere il Comune con le unghia e con i

denti. Il primo cittadino ha anche annunciato di essere pronto, in caso di esito favorevole della causa, a chiedere i danni ai due eredi dei Baucina per “lite temeraria” oltre al pagamento delle spese legali. E intanto, in attesa dell’udienza del prossimo 8 ottobre, un primo round c’è già stato ed ha riguardato la richiesta di mediazione avanzata dagli eredi dei Baucina. Richiesta che, tuttavia, secondo quanto reso noto dal sindaco è stata presentata due giorni dopo (il 16 e non il 14 aprile) il termine per la presentazione che era stato indicato dal Giudice. Il termine di 15 giorni, secondo l’amministrazione comunale, era a decorrere dal 31 marzo scorso per l’instaurazione del procedimento di mediazione, pena la improcedibilità dell’azione, mentre l’udienza era stata rinviata all’8 ottobre prossimo. Tuttavia, lo scorso 24 aprile l’associazione Medea, organismo di mediazione con sede a Mazara del Vallo, ha comunicato l’avvio del procedimento di mediazione nei confronti del Comune a seguito dell’istanza proposta da Biagio e Francesco di Baucina. Lo ha fatto però, secondo l’amministrazione, solo il 16 aprile 2014, cioè due giorni dopo il termine ultimo per presentare l’istanza di mediazione

che era stato indicato dal giudice istruttore. Perciò, quando il 15 maggio scorso il legale che difende il Comune, l’avv. Antonio Campione, s’è presentato all’incontro a Caltanissetta, ha ribadito che il Comune non ha intenzione di aderire alla mediazione, ma ha anche contestato l’infondatezza di tale pretesa facendo rilevare che alla Medea l’istanza di mediazione da parte dei legali degli eredi Baucina è arrivata due giorni dopo (il 16 aprile) la scadenza perentoria del termine che era stato assegnato dal giudice per la presentazione della stessa istanza (14 aprile). La Giunta ha ribadito che non c’è nessuna intenzione né obbligo ad aderire alla procedura di mediazione anche nella considerazione che l’istanza è stata prodotta fuori tempo massimo dagli eredi Baucina insistendo sulla improcedibilità dell’azione dal momento che è stata esperita oltre i termini perentori di legge, per cui è da ritenere come se non fosse mai stata fatta. La pensa ovviamente in modo diverso la parte avversa che promette a sua volta battaglia. A questo punto l’appuntamento è per il prossimo 8 ottobre, data della prossima udienza di una vicenda nella quale il giudice sarà chiamato a stabilire se sono legittime le ragioni sostenute dagli eredi dei Baucina che chiedono il pagamento dei terreni dei loro avi, oppure se ad essere riconosciute dovranno essere le ragioni sostenute dal Comune secondo cui tali pretese degli eredi Baucina sarebbero illegittime e non ci sarebbero nemmeno le condizioni per procedere.


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Fatti & Vallone

Aiuto

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nel Vallone mancano i Carabinieri

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ochi, troppo pochi. E in un posto di frontiera, segnato drammaticamente dal suo isolamento e lontano dai grossi centri, sembrano ancora meno. I carabinieri nel Vallone scarseggiano; la Compagnia di Mussomeli oramai è ridotta all’osso diventando l’esempio più tangibile e lampante delle continue denunce sostenute dal generale Leonardo Gallitelli, il comandante dell’intera Arma, che da tempo si batte contro la spending review. In Italia, secondo una recente stima, mancherebbero per completare l’intero organico della Benemerita ben 12 mila uomini: 4 mila tra appuntati e carabinieri, 6 mila brigadieri, 2 mila marescialli e 200 ufficiali. Per quanto riguarda la Compagnia di Mussomeli un dato certo al momento non c’è; chi guida l’Arma a livello territoriale non elenca i numeri di una penuria di uomini, ma anche di mezzi, che pone molti interrogativi sul mantenimento

della sicurezza in un’area così vasta. Ma non c’è bisogno di conferme ufficiali per fotografare una situazione al limite del collasso. Il Vallone, che soffre le pene dell’isolamento, è diventata la cartina tornasole di un’emergenza che da qualche settimana è piombata sulla scrivania del premier Renzi, con i poliziotti che hanno addirittura minacciato di scendere in piazza. I pochi uomini in servizio tra Mussomeli e i paesi circostanti, con enorme spirito di sacrificio e lodevole senso delle istituzioni, si caricano di turni, a volte doppi, pur di mantenere in funzione quel presidio di Stato. Tra i reparti più colpiti dalla scarsità di personale c ’ è sicuramente quello del Radiomobile. Oramai ad assicurare il servizio, ad ogni turno, è rimasta una

sola pattuglia. Una decina gli uomini assegnati nell’arduo compito di pattugliare un enorme e frastagliato lembo di Sicilia, condizionato da una viabilità da Terzo mondo. Addirittura sono poco più della metà i militari in forze al Nucleo operativo, coloro insomma impegnati a condurre importanti indagini; troppo pochi per un territorio in cui la presenza mafiosa, basti pensare le realtà di Campofranco e Vallelunga, non è stata sradicata del tutto. I carabinieri in servizio invece alla Stazione di Mussomeli, oltre ai compiti di polizia giudiziaria, di gestione dell’ordine pubblico, di pattugliamento del territorio, sono costretti ad assicurare i turni dei piantoni nella caserma di via Quasimodo. E quando si verificano dei trasferimenti, sempre con maggiore difficoltà seguono i ricambi. Per il nuovo comandante appena arrivato, il capitato Luigi Balestra, sarà proprio il sottodimensionamento della Compagnia la sua prima grande “sfida”. Gli uomini a sua disposizione sono pochi, a dispetto di questo pezzo di Sicilia contrassegnato dalle lunghe distanze tra paese e paese, e da una vastità geografica non indifferente. Basti pensare che sotto la pertinenza della Compagnia, oltre che Mussomeli, confluiscono Acquaviva, SuIl comandante della Compagnia di Mussomeli Cap. Luigi Balestra

tera, Campofranco, Milena, Montedoro, Bompensiere, Villalba, Vallelunga e Marianopoli. La sicurezza dell’intero Vallone perciò, è affidata ad un manipolo di uomini che pur di mantenere il controllo e la difesa del territorio si sobbarca ore ed ore di straordinario; un presidio di Stato che si affida allo spirito di sacrificio e di abnegazione di pochi e capaci militari, che nonostante tutto continuano imperterriti nel loro quoti-

di Giuseppe Taibi E’ laureato in Scienze giuridiche presso l’Università degli studi di Modena e Reggio Emilia ed in Giurisprudenza all’Ateneo di Roma Tor Vergata. Subito dopo l’iter formativo il suo primo incarico in Sardegna, dove ha ricoperto il compito di comandante e insegnante presso la Scuola allievi carabinieri di Iglesias. Poi il trasferimento a Catania dove ha effettuato con ottimi risultati il suo servizio per cinque anni, occu-

I militari dell’Arma si sobbarcano, con senso del dovere, di straordinari per assicurare il servizio in tutto il Vallone

diano servizio. Un compito perciò poco facile attende il neo comandante. Terzo pugliese alla guida dei carabinieri del nord Nisseno, il capitano Luigi Balestra, 29 anni di Francavilla Fontana, in provincia di Brindisi, prende il posto di un suo conterraneo, il leccese Filomeno Montinari, al momento a disposizione della Legione Sicilia e in predicato di ricevere una nuova destinazione. Prima ancora a reggere le sorti del “territoriale” dell’Arma c’era stato un altro pugliese, il barese Gabriele Tadoldi, attualmente al Reparto operativo provinciale di Reggio Calabria. Il capitano Balestra, si è formato nei ruoli regolari dapprima all’Accademia Militare di Modena e in seguito alla Scuola ufficiali di Roma.

pandosi di incarichi importanti e di indagini delicate. Dapprima ha diretto il Nucleo operativo della Compagnia Carabinieri Catania Piazza Dante, poi si è dedicato alla “caccia” ai latitanti guidando la Sezione “Catturandi” del Nucleo investigativo del Comando provinciale. Impegno che ha assolto fino al suo arrivo a Mussomeli. Un giovane ufficiale già predisposto a condurre delicate indagini, ma che dovrà essere capace di ottimizzare le poche risorse a suo disposizione. In attesa che da Palermo, o ancora meglio da Roma, si accorgano che esiste il Vallone, la terra di Genco Russo e Vizzini, dove la sicurezza non può mai essere considerata una questione di serie B.


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Fatti & Musica

Marco

Giannone il DJ nisseno conquista l’Inghilterra

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arco Giannone. Per anni nel capoluogo nisseno il suo nome è stato sinonimo di Disc Jokey e divertimento; la sua figura è indissolubilmente legata alla “gold age” delle discoteche nissene, un locale su tutti: il “Grog”. Nel corso degli anni, Marco ha coltivato, coccolato, approfondito, vissuto la sua passione per la musica. Nell’estate 2014, in tre periodi differenti, ha piazzato ben tre brani (2014 revive, start tonight e on and on) in cima alla classifica HTFR,

di Donatello Polizzi nizio mi ha aiutato anche economicamente. Non sarebbe stato facile per un adolescente acquistare i giradischi, gli impianti, i vinili, tutto ciò che serviva per affinare il mio talento. A circa 15 anni, durante le prime vacanze estive con i miei amici, frequentavamo il Tout Va, leggendaria discoteca taorminese, ma mentre loro ballavano e si divertivano, io m’intrufolavo in consolle e rimanevano affascinato dall’attività di chi mixava la musica con i vinili”. In uno dei suoi tanti viaggi a Riccione, ha avuto la fortuna di conoscere

anni. “Vederlo all’opera, conoscerlo, apprezzarlo, ha rappresentato per me un valore aggiunto straordinario” Una sorta di luce illumina il giovane Marco, la similitudine più probabile riporta alla mente Jake “Joliet” Blues (Jhon Belushi), allorchè è illuminato dalla luce divina in una delle scene cult del film musicale più celebre della storia del cinema “The Blues Brothers”. Studente

gio Nug foto Ser

una delle più importanti di quelle anglossassoni. Vogliamo raccontare la vita, forse sarebbe meglio chiamarla la “compilation” della storia di un ragazzo che non ha mai abdicato, che non ha mai smesso di credere e che ha voluto vivere la musica. Adesso vive a Padova, dove si è trasferito da poco più di un anno, per accettare la richiesta di collaborazione dell’etichetta indipendente “Music Selection” di Alessandro Lunetta, anch’egli nisseno. “Il mio primo pensiero è rivolto a mia madre, Carla Russo, che mi ha sempre supportato. Mai, ha arretrato di un passo, è stato un porto sicuro, che all’i-

ara

Collabora con la casa discografica Music Selection di Alex Lunetta

Marco Trani, uno dei più grandi DJ della storia italiana, scomparso, il 21 settembre di un anno fa, all’età di 53

del glorioso liceo classico “R. Settimo” di Caltanissetta, già all’epoca della scuola era ammirato come personag-

gio della notte. Il talento è innato, la capacità di applicazione notevole e pian piano inizia la sua ascesa alla consolle. “Nel 1987 Alessandro Carli, altro conosciutissimo personaggio della movida nissena degli anni ’90, decide di darmi fiducia e approdo al Rucker. Iniziano anni straordinari, con numerose

serate nei templi nisseni della musica: lo Shanty Dam, il Grog e il Black-out. Eventi il cui ricordo si perpetua tutt’ora in tutti coloro i quali vi hanno partecipato; parliamo di serate con oltre mille biglietti venduti. Piccolo inciso, dal


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