il Fatto Nisseno - ottobre 2012

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RESS

Mensile di approfondimento Direzione Editoriale: Michele Spena

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redazione: Viale della Regione, 6 Caltanissetta

- Tel/Fax: 0934 594864

Ottobre Anno II Num. 17

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Antonio Urso parole e... pesi, una storia esemplare

N

on siamo in palestra, niente bilancieri o dischi, polvere di magnesio o gare. Il nisseno Antonio Urso, presidente della federazione italiana ed europea di pesistica, ha tralasciato i suoi luoghi abituali per visitare la nostra

Poste Italiane S.p.A. - Sped. in Abbonamento Postale D.L. 353/2003 conv. N. 46 art. 1 comma 1. Sud /CL

- Stampa: STS S.p.A. Zona industriale Vª Strada, Catania - Reg. Tribunale di Caltanissetta n° 224 del 24/02/2011

Les jeux sont fait Fatti in redazione

ISSN: 2039/7070

FREE P

Slot machines e video poker, la Polizia di Stato...fa saltare il banco. A Caltanissetta un’imponente operazione smantella l’ organizzazione criminale spalleggiata da Cosa Nostra. di D. Polizzi

Paolo

Cantaro

Il manager

della sanità nel nisseno

redazione e raccontarci la sua vita all’insegna dello sport, costellata di notevoli successi sia come atleta, sia come allenatore e sia come dirigente. Una storia esemplare, all’insegna della dedizione e dell’impegno ovvero “nothing is impossible”.

I

l sistema sanitario della provincia nissena: è “sano” o “malato”? Argomento ciclopico da analizzare con ponderatezza. Abbiamo intervistato Paolo Cantaro, attuale commissario straordinario dell’A.S.P. di Caltanissetta, già per tre anni Direttore Generale di questa struttura, che ha minuziosamente sviscerato le problematiche della sanità ed illustrato gli ingenti investimenti, ed i notevoli miglioramenti apportati all’offerta dei servizi sanitari in provincia di Caltanissetta.

Servizio a pagina 24

Teatro di L. Spitali

“Mutu” di Aldo Rapè ha incantato al festival di Avignone

segue a pagina 6

a pagina 8

MUSUMECI

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a pagina 16 e 17

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I fatti di

Etico

Un sorriso, un nome e una croce al posto giusto C’è in giro un sacco di gente diffidente che quando ti vede sorridergli ti guarda male. Fortunatamente ci sono tante altre persone a cui fa piacere osservare una persona sorridente. É bello vedere come questa gente reagisce di fronte ad un sorriso: diventa più affabile, forse non si è più abituati a persone solari, di sicuro gli fa piacere avere una persona sorridente! Aiuta se stessi e gli altri sorridere! E allora ci si chiede perché i primi

si dischiudono e i denti iniziano a comparire, il cuore si riscalda e una sensazione piacevole comincia a diffondersi. Sorridi, perché anche se sei disperato e triste, incazzato e deluso, irascibile e tormentato, il mondo continua a girare; non si cura del tuo stato d’animo e allora perché disperarsi? Se tutto corre e scorre veloce, se non posso sapere fino a quando potrò ancora svegliarmi, se il mondo è caratterizzato da persone che pensano

siano così diffidenti, tristi o col falso sorriso stampato in faccia. Questione di natura o forse perché le esperienze della vita hanno minato dentro la loro anima. I momenti brutti sono molti nella normale esistenza di una persona: malattie, perdita di lavoro, problemi con il partner; potrei stare qui a fare una lunghissima lista di cose negative. Io dico: sorridi prima di metterti a dormire, sorridi al giorno che se ne va, agli eventi che sono accaduti e che ti hanno fatto crescere, belli o brutti che siano ti hanno cambiato, ti hanno permesso di imparare, di migliorare te stesso … saluta il giorno che va con un sorriso. A volte è difficile, lo so, ma il semplice gesto aiuta a stare meglio, nel momento stesso in cui le labbra

solo “IO “, perché stare male? Se c’è qualcosa che non va si può trovare una soluzione, si può affrontare e se si può contrastarla perché essere depressi? Sorridi! Guarda il viso di tuo figlio, telefona ad un amico, ascolta una canzone. Capisco, a volte i problemi sono così grandi che è davvero difficile sorridere; questa città che muore, quell’anelito che ci opprime, la quasi certezza di non avere certezze del futuro, esserci fidati giusto di gente senza sorriso, quello vero autentico e sincero e aver affidato loro il nostro destino, mettono a dura prova la nostra voglia di sorridere. Non sarà una risata a seppellirli ma forse un dolce sorriso con un nome e una croce messi al posto giusto. Etico

Fatti & Politica

Un due tre...

si va a votare ...forse

di Giuseppe Alberto Falci

U

ndici candidati alla presidenza della Regione, diciannove liste, 1.629 aspiranti parlamentari regionali, il centrodestra di vecchio conio diviso in due tronconi, il Pdl ai minimi storici (diversi sondaggisti lo danno al 12%), il centrosinistra (Sì, esiste ancora!) sempre più spaccato. Ecco, benvenuti ad #elesicilia2012 (hastag su Twitter). Fra una settimana esatta scopriremo chi la spunterà: Nello Musumeci, o Rosario Crocetta? O il tour elettorale di Beppe Grillo farà trionfare il nisseno Giancarlo Cancelleri? Sondaggi e rumors prefigurano un testa a testa fra l’ex missino Musumeci e l’ex comunista Crocetta. A Palermo Bersani l’ha detto chiaramente:«Diciamo le cose come stann, in Sicilia si è capito come finisce il film: Rosario Crocetta o Nello Musumeci. Musumeci ha dietro Berlusconi che in Lombardia sta facendo accordi con Maroni, tutto il resto sono feudatari, valvassori e valvassini. E allora c’è un voto di testimonianza, che ha un significato, ma è un voto per il cambiamento. Siamo ancora qui in tempo per impostare qui una riflessione in questo senso». A stretto giro la risposta dell’ormai ex berlusconiano (sarà vero?) Gianfranco Micciché, candidato alla presidenza della regione per Grande Sud e Partito dei siciliani (l’ex Mpa):«Bersani pensa che solo Musumeci e Crocetta si contendano il successo? Lui capisce di Sicilia quanto io di fisica nucleare». Meraviglioso. Insomma un leader nazionale come

Pierluigi Bersani si appella alla teoria del “voto utile”, cercando di convincere gli elettori “sinistri” intenzionati a votare la “pasionaria” Giovanna Marano, candidata alla presidenza della Regione per Idv-SeL-Fds. Ma la campagna elettorale non decolla. A parte

stra siciliano. Un centrodestra ai minimi storici: sono lontani gli anni del “61 a zero”, quando “la macchina da guerra berlusconiana” sfondava nell’isola e fungeva da spinta propulsiva per le elezioni politiche. E allora come finirà? Sarà un testa

Beppe Grillo, che sta occupando tutte le piazze dell’isola, comiziando anche in peasini sperduti, i big hanno paura di mettere “la faccia” sul candidato di riferimento. Addirittura, come segnale il giornalista Sergio Scandura su Linkiesta, Musumeci avrebbe chiesto a Berlusconi di non scendere:«Meglio che Silvio non scenda e che non faccia nessun “cucù” durante la campagna elettorale in Sicilia». Probabilmente una battuta, ma che lascia intendere il clima che si respira all’interno del centrode-

a testa, confermano all’unisono osservatori e sondaggisti. Ma non sarà il “presidente” di tutti i siciliani. Più del 40% degli aventi diritto non andrà a votare, e il voto “di protesta” impazzerà. Eppure un sondaggio dell’ultima ora realizzato in Sicilia, seppure di dubbia attendibilità, preannuncia un clamoroso successo alle imminenti regionali del Movimento Cinque Stelle. Il partito di Grillo sarebbe il primo partito in Sicilia. Sarà vero? Twitter:@GiuseppeFalci


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di Salvatore Falzone

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reve spunto di riflessione sul rapporto fra politica e credibilità dei politici, fra interesse generale e interessi di parte. Ma per scansare la palude dei discorsi astratti, è meglio entrare subito nel merito della questione concreta: i sindaci dovrebbero fare i sindaci, e basta. Non dovrebbero trasformarsi in raccoglitori di voti. Certo, il primo cittadino è comunque un soggetto politico. Ma se si è presentato agli elettori come “tecnico”, perché poi non si comporta da “tecnico”? E se addirittura ha affermato di essere espressione di movimenti civici, come mai poi si mette al servizio di un partito? Che cosa vuol dire? Che ha tradito il patto con gli elettori? La situazione si complica se il sindaco è sostenuto da una maggioranza consiliare vasta e politicamente composita, per non dire contraddittoria; cioè se è proprio il sindaco il garante “tecnico” di una coalizione che, politicamente parlando, non ha né capo né coda; insomma, se è proprio lui, il primo cittadino, a rappresentare l’unico punto di equilibrio di un’alleanza disomogenea. A questo proposito saltano all’occhio due esempi attuali e tutti nostrani (ma se ne potrebbero fare degli altri): il caso Sommatino e il caso San Cataldo. In entrambi i comuni si è votato a maggio per il rinnovo del consiglio comunale A Sommatino l’attuale primo cittadino si è presentato agli elettori come il rappresentante di un patto civico e, per giustificare l’anomala alleanza tra Pdl, Pd e altre sigle (anomala non più di tanto, in verità, se si considera la prassi dei comuni di

Quella incredibile farsa chiamata

politica

piccole dimensioni), ha promesso pubblicamente che, per salvaguardare il bene del paese, si sarebbe comportato con assoluta imparzialità politica, mantenendo una posizione equidistante rispetto ai diversi partiti che ne sostenevano la candidatura. Oggi il sindaco di Sommatino è candidato all’Ars nelle file del Pdl (e l’escamotage di qualificarsi come “indipendente” non funziona: a maggior ragione che non ha possibilità di vittoria e che la sua candidatura risponde solo a un

ordine di scuderia: portare acqua al mulino del deputato uscente, che spera di essere riconfermato). A San Cataldo invece l’attuale primo cittadino, dopo i solenni proclami di indipendenza, addirittura di antipartitismo, di adesione a modelli di politica “dal basso”, dopo essersi presentato come “tecnico”, come garante di una squadra che va dalla Falce e Martello al Pid di Saverio Romano (fa piacere che al momento di accomodarsi in poltrona anche gli ortodossi della sinistra non

si siano fatti scrupoli di coscienza), ha deciso di sponsorizzare apertamente un candidato della lista Cantiere Popolare. Così facendo, ha svelato l’esistenza di un ben preciso disegno politico: legittimo, ma per nulla coerente con le affermazioni fatte nella trascorsa campagna elettorale. Il sindaco, insomma, ha disinvoltamente smentito se stesso a distanza di pochi mesi: accollandosi pure il rischio di compromettere la stabilità della sua maggioranza (rischio però che potrebbe essere, di fatto, inesistente: stupisce infatti il benestare del vicesindaco targato Pd: a meno che il candidato “portato” dal sindaco non sia, sotto mentite spoglie, anche il candidato del vicesindaco…). Ora, per carità, non è il caso di gridare allo scandalo né di strapparsi le vesti e neppure di indignarsi più di tanto. Ci mancherebbe. Ma almeno si potrebbe risparmiare ai cittadini l’ipocrisia condita dalla retorica. E così pure la favoletta dei “tecnici”, che ultimamente va tanto di moda, e tutto quell’armamentario preconfezionato di balle sulla politica dal basso, dall’alto e dal dietro… In fondo, e al di là dei casi citati, è questione di credibilità. Dove è scritto che in politica bisogna dire una cosa e poi farne un’altra? Conclusione: se gli attori della politica, a tutti i livelli, mistificassero meno la realtà, se dicessero davvero le cose come stanno, se i sindaci facessero i sindaci, se si comportassero così come hanno promesso in campagna elettorale, forse i cittadini avrebbero un po’ più fiducia: in loro, e in quella incredibile farsa chiamata politica.

Direzione Editoriale Michele Spena

Direttore responsabile Salvatore Mingoia

Collaborazioni:

Ivana Baiunco Osvaldo Barba Alessandro M. Barrafranca Rita Cinardi Alberto Di Vita Etico Fiorella Falci Giuseppe Alberto Falci Salvatore Falzone Gaia Geraci Annalisa Giunta Leda Ingrassia Lello Kalos Donatello Polizzi Laura Spitali Giovanbattista Tona

Disegno grafico Michele Spena

Impaginazione

Claudia Di Dino

Distribuzione

Giuseppe Cucuzza

Redazione Viale della Regione, 6 Caltanissetta redazione@ilfattonisseno.it Tel/Fax: 0934 - 594864 pubblicità: 389/7876789 info@ilfattonisseno.it


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Fatti contro la mafia

per non dimenticare

Storia & Cultura

Storia di Monica:

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il padre mafioso fece sparire la sua mamma, Patrizia Scifo, e uccise suo nonno, il mago di Tobruk

Figlia di un amore sfortunato e vittima dell’odio mafioso di Giovanbattista Tona

a mamma di Monica era minorenne quando scappò da un collegio di Catania, credendo alle promesse d’amore di Pino Spatola. “Se vieni con me”, le scriveva, “lascerò mia moglie e diventerò tuo marito”. E la convinse. Un giorno la andò a prendere, la fece entrare dentro il cofano della sua Fiat 132 e la portò a casa sua a Niscemi, facendole sperare l’inizio di una romantica vita a due. La mamma di Monica si chiamava Patrizia Scifo; anche la sua famiglia era di Niscemi, ma suo padre stava a Roma e girava il mondo. Negli anni “70 era diventato un famoso cartomante, scriveva libri su predizioni e profezie, aveva contatti con uomini dello spettacolo e del bel mondo, riceveva i suoi clienti in uno studio a Roma e un altro ne voleva aprire a Milano. Si chiamava Vito Vittorio Scifo, ma fuori Niscemi era noto come il mago di Tobruk. Dopo la fuga, Vito si andò a riprendere sua figlia a casa di Spatola; ma Patrizia era davvero innamorata e scappò di nuovo, stavolta da casa sua, per tornare dall’uomo dal quale si attendeva la felicità. Aveva 16 anni o poco più e cominciavano gli anni “80. Non ci volevano carte e chiromanzie per sapere chi era Pino Spatola; al mago di Tobruk e a sua moglie bastavano le voci di paese. Non era solo un uomo sposato che adescava una ragazza minorenne. Lo si vedeva sempre con gli esponenti mafiosi di Niscemi, era violento ed arrogante, aveva contatti con gli uomini di “cosa nostra” di Gela, dove di tanto in tanto andava a fare guardianie e a riscuotere estorsioni, curava i rapporti con gli esponenti del clan Santapaola di Catania, grandi amici della “famiglia” niscemese, godeva della fiducia del rappresentante provinciale di Caltanissetta, Giuseppe Madonia. Chi era quell’uomo, Patrizia Scifo lo

scoprirà vivendoci accanto, quando l’amore le sarà ricambiato con la prevaricazione e le promesse si trasformeranno in una vita di inferno. Il 28 luglio del 1982 il progresso aveva conquistato anche i paesi più isolati della Sicilia, ma era ancora presto per considerare normale che una donna, una casalinga, si recasse da sola dai Carabinieri a denunciare il proprio convivente perché la maltrattava. Invece Patrizia, esausta, lo fece. Dovette sembrare una cosa imperdo-

tuto farle da guscio contro le violenze e i maltrattamenti che in quella casa le si erano scagliate contro. Patrizia raccontò cose incredibili, ma erano vere e i Carabinieri le credettero. Disse che Pino la minacciava, la picchiava, faceva giungere intimidazioni ai suoi familiari e quando lei aveva preso per sé del denaro con una pistola caricata

Patrizia Scifo. A sinistra Vito Vittorio Scifo noto come il Mago di Tobruk

nabile. Pino Spatola, sicuro che tanto i Carabinieri non le avrebbero creduto, telefonò al piantone della Caserma, mentre Patrizia era ancora in sala d’attesa e con tracotanza gli disse: “sta venendo una ragazza che vuole parlare con il maresciallo in persona, lei non gliela faccia parlare. Domani verrò io e gli spiegherò tutto”. Monica quel giorno era lì, anche lei, in caserma con la madre; Patrizia la teneva in grembo ed era al settimo mese di gravidanza. Probabilmente voleva proteggere anche lei, pensando a quando sarebbe venuta al mondo, e la sua mamma non avrebbe po-

con un solo colpo l’aveva sottoposta alla roulette russa. L’uomo fu arrestato, ma di lì a poco rientrò a casa. Patrizia lo aveva perdonato e volle tornare con lui. Ma Pino non perdonava, anche se nel frattempo la loro bambina, Monica, era nata. Patrizia gli voleva bene ma rivendicava la sua dignità e non era disposta ad accettare angherie. E Pino non lo poteva consentire. Monica aveva otto mesi il 17 giugno del 1983, quando Patrizia uscì dalla casa di sua madre e non vi fece più ritorno. Il mago di Tobruk abbandonò il suo studio a Roma e le fruttuose

frequentazioni mondane per tornare a Niscemi e cercare la figlia. I suoi sospetti erano tutti su Spatola e sul suo mondo e forse già qualcosa aveva capito, quando una sera del 18 luglio del 1983, mentre stava seduto in un bar della centralissima piazza Vittorio Emanuele con degli amici, fu freddato a colpi di rivoltella da un uomo che si allontanò a passo veloce. Le indagini si concentrarono su Spatola ma si arenarono presto; il corpo di Patrizia non fu trovato e gli autori dell’omicidio del mago di Tobruk rimasero ignoti. Il 15 ottobre del 1984, quando Monica aveva due anni, nei pressi del centro abitato di Niscemi fu trovato il cadavere di suo padre, Pino Spatola, crivellato dai colpi di una calibro 7,65. Non fu possibile accertare nemmeno i responsabili di questo omicidio. E per venticinque anni la voce dei familiari di Vittorio e Patrizia Scifo, che chiedevano di sapere la verità, sembrò rimanere inascoltata. Frattanto diverse, a volte piccole e frammentarie informazioni venivano disseminate da alcuni collaboratori di giustizia nelle loro dichiara-

zioni ai magistrati. Lo venne a sapere Amalia Scifo, sorella di Patrizia, che insieme a Monica, oramai divenuta una donna, pretese e ottenne la riapertura dell’indagine nel 2009. E’ stato così individuato e condannato il killer che aveva sparato al mago di Tobruk, un “uomo d’onore” di “cosa nostra” di Gela, che aveva agito per fare un favore a Spatola; si è avuta maggiore certezza sul fatto che fu Spatola ad uccidere Patrizia e a occultarne il cadavere, chiedendo aiuto ai suoi amici della cosca mafiosa. Ma ancora nessuno ha fornito notizie precise su dove siano i resti della mamma di Monica. E oggi che un po’ più di verità si è avuta, ma non tutta, e che un po’ di giustizia è stata fatta, ma non tutta, Monica sa di chiamarsi ancora Spatola, come suo padre, che le ha dato il cognome e le ha tolto tutto il resto; però non sa se può dichiararsi vittima di mafia. E sì perchè la sua mamma e il suo nonno sono stati uccisi da un mafioso con l’aiuto di altri mafiosi e con metodi mafiosi; Monica tuttavia è la figlia di quello stesso mafioso e per la legislazione italiana chi ha legami stabili con gli ambienti delinquenziali non può considerarsi vittima di mafia. Sicché quello stesso male che ha reso violento suo padre, che le ha fatto scomparire sua madre, che ha sparato a suo nonno, che le ha segnato la vita e le ha tolto tutto, oggi rischia anche di impedirle di potersi definire “vittima”. Monica continua a sperare che, tra la gente che sa e non ha parlato ancora, ci sia qualcuno disposto a rompere il silenzio e a farle ritrovare i resti di sua madre; frattanto si impegna al fianco di un’associazione antiracket perché sa di non dovere solo guardare al passato. In questi giorni Monica ha compiuto trent’anni e bisogna farle gli auguri. Le auguriamo che la vita le accenda tutte le luci che la violenza, la mafia e l’omertà hanno cercato di spegnere.


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Fatti & Sanità

Grandi

L’intervista

ASPettative

Investimenti e progetti

migliora la “salute” della nostra provincia Paolo Cantaro Commissario Straordinario dell’A.S.P. di Caltanissetta

di Donatello Polizzi

L

a sanità, croce e delizia dei cittadini, e del bilancio nazionale e regionale. Dietro i meandri del “carrozzone” sanità si agitano molteplici elementi che rendono l’analisi del fenomeno (e delle sue conseguenze) estremamente complicato. Abbiamo affidato un approfondimento-disamina del servizio sanitario a Paolo Cantaro (63 anni, che ha avuto molteplici incarichi di grande importanza nel settore, anche a livello nazionale) Commissario Straordinario dell’A.S.P. di Caltanissetta (Azienda Sanitaria Provinciale). In precedenza dal settembre 2009 al

settembre 2012, ne era stato il Direttore Generale. Ci affidiamo alle sue grandi conoscenze per essere guidati all’interno della realtà amministrativa che sovrintende alla gestione della sanità nella nostra provincia. Il Servizio sanitario nazionale italiano si configura come un sistema in massima parte gratuito, poiché i cittadini hanno diritto ad ottenere dallo Stato le prestazioni sanitarie, per lo meno quelle essenziali. Quanto alle strutture che forniscono le prestazioni sanitarie, il Decreto n. 502 del 1992 introduce il sistema dell’accreditamento istituzionale, che prevede l’ingresso nel mercato sanitario anche di erogatori sanitari privati, che agiscono per conto del Servizio sanitario nazionale. A partire da quella data rimane pubblica la natura del servizio reso al cittadino, mentre l’ente erogatore può essere sia pubblico sia privato, a condizione che abbia ottenuto l’accreditamento all’esercizio dell’attività sanitaria o socio-sanitaria e abbia stipulato un contratto con la Regione e con le Aziende Sanitarie Locali (A.S.L.) che hanno preso il posto delle precedenti U.S.L. (Unità Sanitarie Locali). In Sicilia la trasformazione delle A.S.L. in A.S.P. (Azienda Sanitaria Provinciale) è avvenuta per effetto delle legge regionale N°5 del 2009. “ L’azienda è suddivisa in tre distretti per favorire il decentramento operativo e la re-

in parte già realizzato, far funzionare realmente il collegio di direzione (organo che presenta problematiche non indifferenti). Il livello di autonomia dei distretti è soddisfacente, svolgono notevoli funzioni delegate ed altre assegnate con nostre determinazioni”. Si evidenzia che l’interdipendenza di strutture ed uffici, sia elemento determinante ed imprescindibile per ottimizzare risorse umane ed economiche, e garantire risultati soddisfacenti per gli utenti. “Il collegamento immediato con gli operatori sanitari è la nostra priorità. Un dato sia illustrativo della capacità di coordinamento che dobbiamo mettere in campo, io sono direttore generale, di una struttura, dove prima vi erano tre direttori. Questo rende l’idea della complessità e del volume di scelte che realizziamo. Fondamentale accorpare le risorse”. Nel suo ufficio il direttore generale, durante il nostro colloquio, non smette un attimo di fornire indicazioni ai suoi collaboratori ed al suo ufficio di segreteria. L’attività ferve senza sosta, non sono consentiti tempi “malati”. Analizziamo alcune dei provvedimenti messi in atto nella nostra provincia per aumentare l’offerta sanitaria. “Voglio citare l’oculistica di Gela. Non potendo istituire il reparto, grazie ad un medico di Caltanissetta che si sposta una volta a settimana ed utilizzando gli operatori

sponsabilizzazione dei singoli dirigenti; distretto ospedaliero CL1, (ospedali di Caltanissetta, San Cataldo e Mussomeli), CL2 (ospedali di Gela, Niscemi e Mazzarino) e ”Area Territoriale” (ovverosia quello concernente tutte le politiche territoriali, ad esempio la prevenzione, l’attività ambulatoriale, medici di base). Abbiamo, poi, una fitta serie di dipartimenti già operativi e di altri in fase di completamento e di prossima operatività. Obiettivo di breve termine,

dell’ex ambulatorio, abbiamo trattato le cataratte. Il nostro obiettivo è di cinquecento l’anno. Antecedentemente i cittadini, dovevano spostarsi a Catania, Ragusa o in altri plessi”. Ipotizziamo che questa metodologia di ottimizzare le risorse, abbia avuto altri sviluppi ed impieghi. Non mancano gli esempi citati da Cantaro: “A Mussomeli, non si poteva istituire nuovo reparto di dialisi (teniamo conto dei cospicui tagli operati alla sanità), anzi gli standard

ci chiedevano una robusta cura dimagrante. Per comminare una risposta a circa quaranta famiglie di quella città, con il nostro personale che si reca in loco, abbiamo reso operativi sei posti di dialisi. Quelle famiglie che prima erano costrette a

“Abbiamo migliorato la radioterapia. In Italia, siamo all’avanguardia” spostarsi in altre strutture, ben tre volte a settimana, possono adesso essere soddisfatte presso il loro luogo di residenza. La possiamo, credo, definire una conquista sociale comune”. Il viaggio nei meandri del dietro le quinte della monumentale Azienda Sanitaria provinciale nissena, è pregno di fatti che richiedono competenze e abilità in settori svariati; non mancano i contenziosi amministrativi. “In questi tre anni abbiamo dovuto confrontarci con rimarchevoli problematiche amministrative. Voglio citare il contenzioso con la ditta Siemens che reclamava, per l’interruzione dei lavori presso la struttura di San Cataldo nel reparto di radioterapia, due milioni di euro a titolo di risarcimento. Se fossimo andati in tribunale, non avremmo realizzato la radioterapia di S. Cataldo (operativa dal 2010, con dati straordinari). Invece abbiamo recuperato il rapporto e sistemato la vicenda ed implementato la Radioterapia di Gela, la cui conclusione è prevista per la fine di quest’anno, e che sarà fra le più moderne del paese. Un dato, ancora una volta rende l’idea; dal 21 giugno 2012 sino all’agosto 2012, abbiamo eseguito 18.116 prestazioni. Mentre prima i nostri concittadini erano costretti a rivolgersi a centri di altre provincie o addirittura fuori dalla Sicilia, adesso sono gli altri che si servono dei nostri reparti. Peraltro si tratta di un settore, quello dei tumori, la cui incidenza sociale è ragguardevole”. Non bisogna cullarsi sui risultati raggiunti ma continuare a lavorare. Il direttore a tal proposito ha le idee chiare: “Oggi a Caltanissetta tutta l’offerta della patologia tumorale è presente. Non voglio prendermi meriti che non mi appartengono; la programmazione era presente ma noi l’abbiamo resa operativa e migliorata. In merito al sistema informativo per i dati sulle macchine operanti a San Cataldo e Gela, si è costruita una metodologia riguardante la storia clinica del paziente

che sarà presente uniformemente in ambedue le strutture. In caso, eventuale, di malfunzionamento di un macchinario, l’utente potrà utilizzare l’altro senza nessuna difficoltà. Inoltre abbiamo ripreso la campagna di screening (che erano sospese) all’utero, alla mammella ed al colon”. Voce imprescindibile è quella che si riferisce agli investimenti, seppur commisurati al momento poco prodigo di finanziamenti, considerata la situazione di congiuntura negativa della finanza nazionale. Paolo Cantaro, tira fuori una serie di dati di assoluta rilevanza: “Abbiamo sfruttato la nostra credibilità successiva al cambio di gestione, tenendo fede ad un crono-programma. Dal 2010 abbiamo consegnato alla provincia molte apparecchiature, grazie ai finanziamenti regionali ed al sistema delle gare unificate collaudato con l’Assessore Russo. Ben 5 milioni per i nostri ospedali. Opere murarie, in itinere, con finanziamenti per oltre 13 milioni nel piano poliennale degli investimenti. Oggi abbiamo due risonanze magnetiche nucleari operative, una nell’ospedale di Gela ed una a Caltanissetta: ognuna costa un milione e trecentomila euro, più lavori d’installazione e vari per ulteriori cinquecentomila euro. Abbiamo acquistato l’agiografo digitale (e rinnovato la relativa sala sita al S.Elia), quattro tac fra San Cataldo e Caltanissetta, un mammografo a Gela. Interventi sul territorio, quali ad esempio, il rinnovamento del poliambulatorio di S.Caterina Villarmosa. Ci tengo, infine a citare, a proposito dell’ospedale del capoluogo nisseno, il nuovo pronto soccorso e la palazzina dei servizi, ed in più sei milioni di euro per la ristrutturazione delle parti più storicizzate”. A proposito del pronto soccorso, non sono mancate in tempi recenti in talune occasioni delle lamentele da parte degli utenti. Attese smisurate, igiene dei locali non impeccabile, personale carente. “Non vogliamo dire che è tutto a posto ma alcune considerazioni sono d’obbligo. Consideriamo il notevole transito di pazienti e che programmare gli interventi è impossibile, ecco perché stiamo lavorando su due fronti; uno strutturale ossia lavorando con il medico di base e i punti di primo intervento, l’altro relativo ad un ampliamento dei locali (circa seicento metri quadrati) con la realizzazione di altri dieci posti di osservazione. Questo è un nostro merito perché i lavori della nuova palazzina, contigua al pronto soccorso, non avevano previsto tale variante. Personalmente ho modificato la progettazione. Gradevole, meritevole ed utile il fatto che da agosto siano attivi dei volontari, con una casacca di colore lilla che confortano i pazienti e sod-


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CHIRURGIA PLASTICA. Matteo Tutino, esperienze internazionali, incarichi in USA e in Messico

A Gela sarà istituito l’Utin. Eravamo l’unica provincia priva di questa prestazione disfano i loro bisogni immediati. L’interfaccia ideale fra funzione medica e quella sociale”. Punto dolente, almeno per l’opinione pubblica, forse in taluni casi artatamente sollecitata e la problematica relativa ai “Punti nascita” ed alla loro soppressione. L’argomento è finito più volte sulle prime pagine dei giornali. Utile fare il punto sulla situazione, con chiarezza: “Nel gennaio del 2010 è stato chiuso il punto nascita di Mazzarino (in ottemperanza alle normative vigenti) in cui l’ottanta per cento dei parti avveniva con il cesareo e su donne di età compresa fra venti e ventidue anni, che dunque poi erano costrette a ripeterlo nei parti successivi. Lo riteniamo un uso non appropriato di queste procedure che comunque; era una problematica che avevamo già attenzionato. Una scelta che non ha comportato nessun dissesto. Costruiremo due grandi centri nascita fra Caltanissetta e Gela. Inoltre, e ritengo questo sia un elemento assolutamente fondamentale, sarà istituito presso Gela l’Utin (Unità di terapia intensiva neonatale) per dare più sicurezza alle donne; siamo l’unica provincia cui manca quest’unità. A Niscemi, il 30 settembre scorso, abbiamo chiuso il punto nascita. Il fermo è stato disposto per mia decisione; talvolta si operavano interruzioni di gravidanza senza il consenso di chi esercita la patria potestà”. Il quadro fornito dal direttore generale Paolo Cantaro, è esaustivo, completo ed illuminante. Non è sufficiente programmare ed investire ma anche manutenzionare e mantenere alto il livello di guardia ed efficienza. La Sanità è un settore nodale della vita sociale che non può, e non dovrà mai essere, messo in secondo piano anche perché, più o meno direttamente, riguarda tutti. “I Sani sono malati che non sanno di esserlo” come scriveva Jules Romains in “Knock ovvero il trionfo della medicina” .

La bellezza non solo vanità, è anche salute Ritocchi al corpo che curano l’anima. L’estetica al solo costo del ticket

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a bellezza non ha prezzo. Così anche in tempi di recessione economica lifting, antirughe e “ritocchini” non conoscono crisi. Ogni anno il numero di chi ricorre alla chirurgia plastica aumenta. Ma a volte non si tratta di sola estetica, ma delle ricadute che il proprio aspetto ha sul profilo psicologico e sui rapporti con gli altri nella vita di

di Rita Cinardi tutti i giorni. Un seno che non c’è più in seguito ad una mastectomia, un naso troppo grande o eccessivamente storto, un’obesità che non si riesce a combattere. Veri e propri incubi per chi si trova ad affrontare la propria esistenza in queste condizioni. Disagi che anche secondo la nuova visione dell’Azienda Sanitaria Provinciale, sicuramente più moderna e al passo con i tempi rispetto a qualche anno fa, possono essere risolti. E così l’ospedale Sant’Elia si è arricchito di una nuova figura: Matteo Tutino, chirurgo plastico di fama internazionale che opererà quotidianamente in tutti quei reparti in cui la sua professionalità sarà necessaria. A partire dalla chirurgia generale fino all’otorinolaringoiatria. Matteo Tutino già in passato aveva collaborato con il nostro ospedale. “Negli anni – racconta - come consulente avevo operato con il dottore Francaviglia permettendo la realizzazione di accessi alla base del cranio per facilitare l’asportazione di tumori che interessavano questa zona. Inoltre avevo fornito la mia collaborazione anche per interventi di chirurgia ortognatica”. Il suo è un curriculum di tutto rispetto: laurea in medicina e chirurgia a Palermo, specializzazione in chirurgia plastica all’università di Catania. Matteo Tutino ha anche lavorato negli Stati Uniti e in Messico per un periodo di circa cinque anni per acquisire la sub specializzazione in chirurgia plastica in cranio-maxillo-facciale. Diversi i brevetti depositati, tra cui una lega che ha permesso di dividere due gemelli siamesi a New York, e altri riguardanti prodotti per l’estetica e

il ripristino per la funzionalità cutanea”. L’attività di Matteo Tutino all’interno dell’ospedale Sant’Elia è cominciata qualche giorno fa con un esordio davvero importante: un paziente affetto da un tumore maligno e invasivo che interessava la fascia media del viso, ormai quasi totalmente deturpato, è stato salvato grazie all’asportazione del cancro e la ricostruzione del naso,

E’ un settore che interessa varie parti del corpo. Centrale la ricostruzione cranio-maxillo facciale

delle palpebre inferiori e della regione orbitaria. “Si tratta – ha spiegato il chirurgo plastico - di un tumore che tende a recidivare e se non viene operato in maniera radicale nel tempo può generare metastasi. La parte del volto che ormai sembrava irrimediabilmente compromessa è stata ricostruita con un doppio lembo e con innesti di pelle dello stesso paziente. L’intervento è stato realizzato in collaborazione con l’ematologia che ha messo a disposizione un gel piastrinico realizzato dal centro trasfusionale dell’ospedale sant’Elia con il sangue dello stesso paziente che consentirà una rapida cicatrizzazione della pelle”. Questo è solo uno dei campi in cui opererà Matteo Tutino ma la chirurgia plastica è un settore vasto che interessa varie parti del corpo. La novità è che i pazienti potranno prenotare le visite ed effettuare gli interventi pagando il solo costo del ticket

per quanto riguarda la chirurgia plastica e ricostruttiva cranio-maxillo-facciale, la ricostruzione del seno, del naso, del viso e del cuoio capelluto ed effettuare interventi di chirurgia estetica in regime di attività intramoenia. Presto inoltre sarà attivato un ambulatorio per l’obesità dove saranno effettuati interventi per ridurre il tessuto adiposo in soggetti obesi o in sovrappeso. “Gli interventi di chirurgia plastica – spiega Matteo Tutino – sono importanti perché oltre a ripristinare le funzioni di organo e correggere le anomalie del viso o di altre parti del corpo deturpate fanno sentire meglio il paziente dal punto di vista psicologico. Perché la persona che sta bene dentro il suo corpo affronta meglio la vita e i rapporti con il mondo del lavoro e la società senza portarsi dietro ciò che non desidera”. Il nuovo chirurgo plastico opererà in collaborazione con vari reparti fornendo un servizio impensabile fino a qualche tempo fa per la gioia di tanti nisseni costretti nel passato a recarsi altrove. “Abbiamo attuato – ha spiegato il direttore medico di presidio Raffaele Elia – una delibera di dotazione organica che prevedeva due chirurghi plastici, e per il momento il primo, il dottore Matteo Tutino è stato assunto con la mobilità. Oggi siamo dunque in grado di offrire alla popolazione un nuovo servizio e i pazienti possono già rivolgersi al Centro Unico per le Prenotazioni per fissare una consulenza”. Primi segnali che la sanità nissena sta davvero cambiando allineandosi agli standard europei. L’arrivo di un chirurgo plastico farà sicuramente la gioia di chi sente il proprio corpo come un estraneo e desidera ritrovare l’armonia con il proprio aspetto esteriore.

Musumeci presidente

MUSUMECI


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Rapè

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Aldo

l’attore operaio

conquista Avignone

di Laura Spitali “Nemo propheta in patria”, disse Gesù Cristo durante la visita in sinagoga nella sua Nazareth. Una citazione che andrebbe applicata anche a quei nisseni che nella propria città non vengono apprezzati per la loro attività e il loro talento, ma che aldilà del perimetro cittadino riscuotono successi e riconoscimenti. Una circostanza nella quale sembra rientrare anche il nisseno Aldo Rapè, autore – attore – regista teatrale e cinematografico, che lo scorso luglio, alla soglia dei 36 anni, ha ottenuto il premio per il miglior spettacolo straniero al “Festival Avignone Off 2012” con la pièce “Mutu” e la sua compagnia Primaquinta. Un premio che in sessant’anni dall’istituzione di questo festival internazionale di teatro mai nessun italiano aveva conquistato. Un riconoscimento di valenza mondiale che però in Italia non ha fatto notizia, mentre all’estero e soprattutto in

Francia ha fatto molta eco. Lo spettacolo vincitore “Mutu” è la storia di due fratelli, Saro e Salvuccio, il primo prete e il secondo mafioso. Due uomini che si ritrovano dopo tanti anni mettendo a confronto le loro due “vocazioni”. Anni di silenzi, muti per fame e per necessità, che s’interrompono quando un giorno la coscienza e il sangue cominciano a urlare. Abbiamo incontrato Aldo Rapè per saperne di più di questo premio, della sua carriera artistica, dello “stato di salute” del mondo dello spettacolo in Italia. Come ha vissuto la partecipazione e la vittoria al ‘Festival Avignone Off 2012’? “La conquista di questo premio è sta-

“Mutu” è stato riconosciuto miglior spettacolo straniero ad “Avignone Off 2012” ta per me e per gli altri tre miei colleghi della compagnia Primaquinta del tutto inaspettata, poiché a partecipare eravamo ben 1200

compagnie provenienti da tutto il mondo. È stata una favola, e anche la conferma che quando uno crede in qualcosa e la fa al meglio viene pre-

Sopra un’immagine dello spettacolo teatrale “Mutu” del regista Aldo Rapè portato in scena dalla compagnia “Primaquinta”

miato. Sono partito da un piccolo centro siciliano, a bordo di una piccola macchina, con una piccola compagnia proponendo un piccolo spettacolo in dialetto. Si è trattata di una grande competizione, nella quale il nostro lavoro è stato molto apprezzato dal pubblico, ma anche dalla stampa e dalla critica che hanno deciso di assegnarci questo ambito riconoscimento. All’estero funziona così: i critici ti osservano, e se il tuo lavoro è davvero bello ti portano alle stelle. A differenza dell’Italia, dove purtroppo si fa soprattutto spazio alla mediocrità. Infatti, se un italiano vince un premio internazionale ciò non costituisce una notizia interessante come, ad esempio, quella di una consigliera regionale che sfila in costume da bagno. Ma credo, anche, che in Italia noi teatranti ci siamo adagiati proponendo per troppi anni spettacoli triti e ritriti, producendo sempre gli

stessi titoli e inducendo il pubblico a dormire in sala. All’estero mi sento dire: “Voi italiani siete i più bravi in assoluto, ma il vostro problema è che non avete abbastanza disciplina”. Inoltre, all’estero il teatro siciliano in

particolare è molto apprezzato. L’anno prossimo io e la mia compagnia torneremo da vincitori al Festival di Avignone, e poi andremo in tournée in Svizzera, Belgio e Parigi per quasi tre mesi. Quando ha debuttato lo spettacolo ‘Mutu’? “Il debutto è avvenuto nel 2008, girando nelle case e nei teatri di sperimentazione, preferendo piccoli spazi che potessero ospitare un massimo di 50 spettatori alla volta. In quattro anni abbiamo fatto più di 300 repliche in Italia, con un percorso importante che ci ha permesso di partecipare a manifestazioni culturali e alla carovana di ‘Libera’ di don Ciotti”. Quando ha inizio la sua carriera nel mondo dello spettacolo? “Ho iniziato a 27 anni, dopo aver lavorato per sette anni nella Guardia di Finanza. Il lavoro da finanziere è stato un periodo bellissimo, che mi ha anche permesso di studiare per prepararmi a fare l’attore. Quando ho deciso di cambiare lavoro tutti mi hanno preso per pazzo, ma io non l’ho mai vissuto né come un gesto di follia né di coraggio. Non è stata una scelta facile, ma ero consapevole del mio talento. Credo di aver fatto quello che ognuno di noi dovrebbe fare in questa vita, ossia fare quello per cui siamo portati e che ci piace fare. E in questo il coraggio non c’entra nulla. Ho iniziato come cabarettista, diplomandomi all’Accademia del Comico di Serena Dandini, con la quale ho collaborato per quasi un anno e mezzo. Successivamente ho lavorato a Zelig per tre anni, studiando nel contempo scrittura di testi comici e vincendo premi specifici. Poi ho sentito l’esigenza di una formazione più ampia: ho seguito un corso all’Accademia Silvio d’Amico di Roma, e per due anni mi sono approcciato a una nuova metodologia russa chiamata “Metodo Alschitz”. Poi sono tornato al comico, e mi sono formato come clown e artista di strada, con esperienze in Danimarca e in Francia. In seguito ho iniziato a fare cinema

per passione, realizzando ad oggi sei cortometraggi che hanno vinto diversi premi, e per due anni consecutivi sono stato selezionato per il David di Donatello, che però non mai conquistato, mannaggia! Adesso, tra l’altro, sto lavorando al mio primo film, tratto dallo spettacolo ‘Mutu’. Già completata la fase di scrittura della sceneggiatura, ho presentato la richiesta di fondi al Ministero dello Sviluppo Economico”. In Italia si vive di spettacolo e di cultura? “Si, naturalmente in base a che vita si vuol fare. Io ne ho fatto un mestiere. È chiaro che i primi anni che ti muovi non è facile vedere la luce, però poi si riesce a svolgere una vita cosiddetta normale. Io mi ritengo un attore operaio. Solitamente distinguo due categorie di attori: gli attori benestanti, che sono il 90 % in

Facevo il finanziere, ho cambiato lavoro perchè consapevole del mio talento Italia, e sono coloro i quali possono permettersi di fare gli attori. E poi ci sono gli attori operai, che si alzano presto la mattina, studiano e vanno a cercarsi il lavoro. Io ogni giorno mi alzo di buonora come se dovessi andare in fabbrica, altrimenti non camperei”. Da segnalare che Aldo Rapè sta avviando un laboratorio su Rosso di San Secondo a Caltanissetta, che avrà inizio a novembre e terminerà a maggio 2013 e si svolgerà presso il Centro Culturale Michele Abbate. Sarà suddiviso in quattro sessioni, che affronteranno la materia teatrale attraverso un approccio ludico della disciplina, con la finalità della messa in scena di una performance teatrale, rivolto sia ai bambini che agli adulti. Per maggiori informazioni e iscrizioni inviare un’email all’indirizzo primaquinta@ yahoo.it.


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Comunicazione Pubblicitaria elettorale

I candidati nella lista del Cantiere Popolare al servizio del territorio

L’utilizzo dei fondi UE che ci verranno assegnati nei prossimi anni è la grande sfida del nuovo governo della regione

Il tuo voto alla lista del Cantiere Popolare premia una compagine di persone serie che guardano alla politica come servizio e si impegnano per il territorio nisseno per promuoverne lo sviluppo nella piena legalità e difendere l’ambiente.

Il voto è un atto di libertà

L’ invito del parlamentare nisseno ad esercitare il diritto di voto per cambiare il volto alla Sicilia di Rudy Maira

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n questi giorni si fa un gran parlare di voto di protesta e di astensione dal voto. Il voto, o il non voto, non si impongono, sono un atto di libertà, ma il voto non è solo un diritto, è anche un dovere, per se stessi, per la propria famiglia, per la comunità. Il voto di protesta è un voto senza contenuti, senza progetto, è fine a se stesso, di questi tempi può anche essere capito, ma non è giustificato. Il non voto ha come conseguenza di delegare ad altri, a chi vota possibilmente con idee diverse, il proprio futuro e quello della

Il mio impegno parlamentare in aula e in commissione è stato costante propria famiglia e della propria comunità. Io sono stato in questi quattro anni deputato regionale di opposizione ai governi “Lombardo”, e lo sono stato senza tentennamenti, con convinzione, senza cercare “inciuci” ma, quando ne ho avuto la possibilità, in vero poche volte, con spirito costruttivo cercando di migliorare i provvedimenti legislativi che discuteva l’ARS. Ho svolto una pressante attività d’Aula con interventi a tutto campo e con innumerevoli ordini del giorno sempre approvati dall’Aula ed a volte fatti propri dal Governo che poi li ha puntualmente disattesi. Ho presentato innumerevoli mozioni, interrogazioni ed interpellanze alle quali spesso il Governo non ha dato risposta o ha fornito risposte insoddisfacenti. Il mio impegno parlamentare è stato costante, e ritengo produttivo, in Aula come nelle Com-

missioni: non sono stato un deputato “assenteista” anche se ciò ha comportato l’addebito di essere poco presente sul territorio: la funzione del parlamentare nell’ interesse generale è in Aula e nelle Commissioni e non solo sul territorio alla ricerca di soddisfare clientele o di godersi in poltrona le indennità parlamentari. Della mia attività parlamentare chi vuole può trovare riscontro cliccando sul mio sito www.rudimaira.it . Alcune mie “battaglie” parlamentari, qualcuna vinta, altre perdute perché minoranza perdente di fronte ai numeri di una maggioranza schiacciante e sciagurata di cui hanno fatto parte, non dimenticatelo, oltre l’MPA il PD, l’UDC e FLI, potrete leggerle e visionarle sul sito. I governi “Lombardo” stanno lasciando la Sicilia, ed ancor più la nostra Provincia, con il “popò” per terra: la crisi è nera per le aziende e per le famiglie, la disoccupazione è dilagante, i governi sono senza speranze per il loro futuro (e la speranza non la riacquistano con il voto di protesta), gli anziani sono privi di adeguata assistenza, la Formazione Professionale dopo essere stata usata e strumentalizzata è in agonia ed in stato confusionale, i precari dopo 2530 anni di utile lavoro temono, e seriamente, per il loro futuro, la riforma sanitaria è un disastro (e lo sanno direttamente quei cittadini che passano dai pronto soccorso o che prenotano una visita specialistica), il sistema dei trasporti è privo di “carburante”, l’agricoltura sta appassendo, la rete delle infrastrutture è cadente e non se ne riesce a progettarne ed a finanziarne di nuove, la riforma degli ATO Ri-

fiuti è un immondezzaio, sempre più simile a quanto successo a Napoli, i Comuni sono senza risorse, ecc., ecc. I Governi “Lombardo” hanno portato al “fallimento” la Sicilia? Credo proprio che siamo ad un passo dal baratro definitivo. Fra le grandi colpe di Raffaele Lombardo, e dei suoi alleati, c’è quella di non avere saputo spendere i fondi dell’Unione Europea che sono stati restituiti, che non ci verranno riassegnati, e che se utilizzati avrebbero cambiato il

volto e l’economia della Sicilia. L’utilizzo dei fondi UE che ci verranno assegnati nei prossimi anni è la grande sfida del nuovo Governo della Regione. Occorre che vinca l’On. Musumeci, e per la piccola parte che potrò svolgere, anche l’On. Maira che Ti scrive, per mettere mano alla rinascita della Sicilia. Testimoniano la mia capacità e la mia voglia di far bene per la mia Provincia e per Caltanissetta quello che ho fatto da Sindaco e da amministratore comunale oltre che la mia attività parla-

mentare. Datemi questa possibilità: Vi dimostrerò che so lavorare per l’interesse di tutti Voi, sia di chi mi voterà, sia di chi voterà diversamente. E’ del 18 ottobre, la notizia che il Consiglio di Giustizia Amministrativa ha reso un parere secondo il quale tutte le nomine effettuate da Raffaele Lombardo, e dal suo Governo, dopo il 4 agosto di quest’anno, sono nulle. Questo parere è l’effetto della c.d. “legge bloccanomine” da me per primo ipotizzata, tant’è


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Nello Musumeci, un “galantuomo” per governare la nostra Isola

L’imbarbarimento della politica dei nostri tempi ha raggiunto livelli pericolosi

che la legge porta la mia firma come primo proponente ed il disegno di legge da me articolato è stato il primo ad essere depositato. Questa legge ha un forte impatto moralizzatore perché evita inquinamenti elettorali e tutti debbono prendere coscienza, sia i fraudolentemente nominati, sia i cittadini, che le nomine fatte non valgono nulla e che la democrazia è prevalsa sulla bieca gestione del potere.

Votando Nello Musumeci alla presidenza della Regione si affida il governo dell’Isola ad una persona perbene, ad un politico di grande capacità e ad una coalizione omogenea che potrà garantire stabilità e concretezza rispetto alla realizzazione del programma. Votando Musumeci si dice basta ai ribaltoni, all’antipolitica dei comici ed alle alleanze di potere che hanno messo insieme Crocetta, Miccichè, Lombardo, l’Udc e il

Pd, che hanno affossato la Sicilia trascinandola nella peggiore crisi economica e politica. Votando Musumeci premiate la scelta del Cantiere Popolare che in questi anni ha fatto dura opposizione ai governi di Lombardo. Votando Musumeci rimettiamo in pista la Sicilia con tutte le sue potenzialità e le opportunità di investimento che arrivano dall’Europa. È l’occasione per dare speranza e futuro alle famiglie ed ai giovani.

IL VOLANTINO. Gioco “sporco” ed invettiva personale di un anonimo cittadino esasperato

“Non avete mai votato un mafioso”

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ira in Città un “simpatico” foglietto predisposto da un anonimo c.d. “cittadino indignato”, dietro il quale, ovviamente, si nasconde qualche “coniglio”, e “canaglia” di candidato, che mi riguarda e che tenta di riscrivere , in modo del tutto strumentale e negativo la mia vita professionale e politica. Un simile “del i n q u e n t e” non merita risposta ma debbo alla dignità dei cittadini nisseni, che mi hanno sempre votato, alcune precisazioni per tranquillizzarli che hanno dato fiducia ad una persona che, come tutti ha commesso degli sbagli , ma è profondamente perbene. Questa precisazione la debbo anche ai miei figli ed ai miei nipoti. Per quanto riguarda gli aspetti professionali: Potrò anche essere un “azzeccagarbugli di provincia”, come “generosamente” mi definisce questo indegno anonimo, ma l’incarico professionale conferito dalla ex BPS per la sua fusione con il MPS non nasce all’im-

provviso ma a seguito di una collaborazione professionale consolidata in oltre 10 anni di attività legale; quella parcella con tanti zeri, come afferma il soggetto autore dell’anonimo volantino, è stata oggetto di una interrogazione parlamentare alla quale il ministro Guido Carli, già governatore della Banca d’Italia, rispose che era stata liquidata ai minimi

della Tariffa Forense soprattutto a riguardo del valore degli nteressi in giuoco, della durata dell’incarico e della importanza e qualità delle questioni trattate e delle prestazioni professionali rese. Per quanto riguarda gli aspetti giudiziari, perla di cattiverie e di voluta disinformazione: non sono mai stato indagato

per l’eccidio del giudice Falcone, della moglie e della scorta, anzi quando questa notizia è stata pubblicata dai giornali e comunicato dai mezzi televisivi, il Procuratore della Repubblica di Caltanissetta del tempo emanò immediatamente un comunicato ufficiale, riportato da tutto il sistema di informazione, precisando la mia estraneità a quei

fatti. Ed il P.M. di udienza nella relazione iniziale del processo Falcone ribadì che l’on. Maira nulla aveva a che vedere su quei fatti. Poiché la vicenda era nata da una relazione di servizio della Polizia di Stato, invero fuorviante e depistante, ho intentato causa al Ministero dell’Interno chiedendo il risarcimento dei danni subiti, risarcimento che mi è stato riconosciuto dal Tribunale e dalla Corte di Appello di Caltanissetta; i presunti miei collegamenti alla “mafia” dopo 5 anni di indagini, con ben tre richieste di archiviazione della Procura Distrettuale Antimafia, ed altrettanti di processo, sono stati cancellati dal Tribunale Penale di Caltanissetta che mi ha assolto, e non per insufficienza di prove come “amabilmente” sostenuto dal “pio” anonimo, da ogni ipotesi di rapporto con la mafia, escludendo anzi ogni mio rapporto,

applicando la prescrizione per la sola ipotesi di voto di scambio semplice, prescrizione da me non accettata tant’è che ho proposto appello. Alla sentenza la Procura della Repubblica non ha proposto appello condividendo , pertanto, la decisione di assoluzione . Da questa vicenda, contrariamente a quanto ritiene il “benefico” anonimo, possono trarsi queste conclusioni: la prima, amara, per fermare la maldicenza d una scorretta, violenta, vile ed antidemocratica lotta politica, per alcune indegne persone non bastano neanche le decisioni assolutorie della Magistratura; l’imbarbarimento della politica dei nostri tempi ha raggiunto livelli pericolosi che l’elettore non può fare a meno di valutare e condannare: dopo 10 anni di indagini e di processo nessuno può pià permettersi di indicarmi come

Un simile “delinquente” non merita risposta ma debbo alla dignità dei cittadini nisseni alcune precisazioni “mafioso”: si facciano indagare per 10 anni gli altri attori politici di questa provincia, otre gli anonimisti da strapazzo e prezzolati, e chissà cosa salta fuori; questa vicenda, nella sua realtà e verità, deve rassicurare quegli elettori che mi hanno sempre prescelto, e mi auguro lo faranno anche adesso, di non avere mai votato un mafioso e di non vergognarsi dei consensi dati o che mi daranno. Rudy Maira


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di Ivana Baiunco

Il teatro e’ morto Dopo una lunga agonia è spirato il teatro a Caltanissetta e con esso la cultura

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iente di più adatto che la “Messa da Requiem” di Mozart per fare da colonna sonora all’argomento di questa rubrica. Un’orazione funebre in memoria del fu teatro a Caltanissetta. Nella stagione alla quale andiamo incontro non vedremo più, a quanto pare, nessuna rappresentazione teatrale. Non ci sarà cartellonené pubblico né privato. Restano dunque solo un lontano ricordo le 300 giornate e più in cui il teatro “Regina Margherita” era in piena attività. Abbiamo avuto anche quattro stagioni teatrali durante lo stesso inverno. Adesso con il teatro va via anche l’ultimo brandello di spazio per pensare che questa piccola borghese cittadina di provincia ha avuto. L’ amministrazione è silente, anzi pensa ad affidare la gestione del teatro comunale con una gara pubblica, forse l’unica buona idea degli ultimi anni nel settore, si spera che non appaia come per magia un bando ad hoc. L’auspicio è che vengano rispettati i canoni europei dunque aperto a tutti in egual misura. Se da un lato il comune pensa al bando e con i tempi pachidermici della burocrazia chissà quando avverrà, dall’altro il gruppo di imprenditori che a fatica sino ad oggi aveva supplito alle “defiance” dell’amministrazione per qualche anno, ha gettato la spugna, tutto troppo costoso . Le ultime stagioni sono state portate avanti a fatica, lo si è visto dalla la scelta degli spettacoli. Un calo quali-

tativo di anno in anno, di contro quelle del Margherita sono state un vero flop, iniziate e mai finite. E quindi che fare? Domanda senza risposta, dubbio senza chiarificazione. La soluzione sarà, per chi ama l’affabulazione scenica una viaggio sino alle vicine Palermo e Catania per abbeverarsi alla fonte.

cartellone per bambini, briciole rispetto ai grandi pasti luculliani ai quali gli spettatori sono stati abituati. Quando a calcare le scene c’erano i più grandi nomi del teatro italiano. Non voglio aprire il capitolo Emma Dante perché ci sarebbe da scrivere tanto, signora Dante merita un capitolo

Qualche giorno addietro ho ricevuto una telefonata con un che di nefasto, ho avuto la stessa sensazione di quando giunge una notizia luttuosa, la morte di un parente, un amico. Dall’atro lato dell’apparecchio una voce che mi annunciava che il teatro era stato ucciso, a sopravvivere solo qualche fiaba, un mini

a parte. Il tanto vituperato “Rossofestival” ha regalato a tanti addetti ai lavori e non, una ribalta nazionale che adesso è solo un miraggio. Dover rinunciare al coinvolgimento dei sensi all’ebbrezza che da entrare in una sala ed assistere ad una rappresentazione teatrale è un dispiacere immenso. L’udito, l’olfatto, la

vista, è un tripudio. L’odore delle tavole del palcoscenico è inconfondibile, quello delle pareti di velluto e broccato dei palchetti , il rosso del sipario, caldo, intenso, significativo. Anche per chi non si fa trasportare dai sensi, anche per il solo fatto di togliere dalla naftalina la pelliccia per farsi un giro in platea vale la pena che il teatro rimanga aperto. Lo scopo del teatro per lungo tempo è stato quello di suscitare riflessioni attraverso il riso ed il pianto, la commedia e la tragedia. Sulla catarsi liberatoria sono stati versati fiumi di inchiostro. Certo è, che la gestione onerosa del “Margherita” non aiuta, ma non aiuta neanche la convinzione che la rappresentazione scenica è voluttuaria di secondaria importanza. “La cultura costa, l’ignoranza è gratuita” scrive Pino Caruso. Vivere solo perché si respira, perché il cuore ed i polmoni funzionano, senza esercitare la capacità critica della quale il teatro è fedele alleato, fa esistere i pensieri’ a metà. Come si può ridurre tutto ad un mero conto economico ? La prosa non è calcolo è calore per l’anima, è cibo per la mente, è linfa per il cuore. Se il teatro è morto anche un parte di noi con lui. Chi ha ucciso il teatro? Abbiamo le prove e a breve usciranno fuori i colpevoli. Il teatro è morto. Viva il teatro.

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La Sicilia va amministrata seguendo “modelli vincenti”

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entile elettore, mi chiamo Tilde Falcone, sono di Caltanissetta e mi occupo di orientamento professionale; sono sposata, ho una figlia di 25 anni che non studia in Sicilia e penso che rimarrà a lavorare fuori dall’isola. Ho deciso di candidarmi alle elezioni regionali del 28 di ottobre nella lista di Nello Musumeci e quindi di sostenerlo quale presidente della regione Sicilia, poiché lo considero un politico onesto ed una persona serissima. Non è stata una scelta facile la mia, quella di scendere in campo, perché, come è noto, è diffusa tra le persone una sfiducia enorme nei confronti della politica e in tutti coloro che hanno amministrato la nostra isola fino ad ora. Però, mi sono resa conto che è necessario assumersi responsabilità in prima persona, di quello che sarà il futuro dei nostri figli. Io sono convinta che non basta più scommettere sulle persone, ma ci vogliono progetti validi per il nostro territorio. Ho osservato per alcuni anni il modello amministrativo del-

la Lombardia e mi sono resa conto che in quella regione funziona tutto benissimo, e mi sono chiesta perché non prendere esempio da una delle regioni più virtuose che esista? Per-

“Il voto è una cosa preziosa e va dato a chi può rappresentare i tuoi bisogni” ché in Sicilia gli ospedali non debbono funzionare e lì invece funziona tutto? Molti politici in questi giorni parlano di sicilianismo e invitano gli elettori a consumare solo prodotti siciliani, io invece dico che sarebbe giusto che i politici aiutassero i nostri imprenditori ad esportare i nostri prodotti in una economia ormai globalizzata. Questo permetterebbe alle nostre imprese di crescere ed as-

Musumeci presidente

sumere nuovi giovani. Insomma, io penso che non abbiamo nulla da inventarci, bisogna solo copiare alcuni modelli vincenti che già esistono. Nel 2015 ci sarà l’expo’ a Milano ed aderiranno centinaia di paesi del mondo, il tema sarà l’energia e l’alimentazione nel mondo. La Sicilia come si sta preparando? Da quell’evento dipenderà il futuro economico dei prossimi 50 anni. E noi, sul tema dell’agricoltura, dell’alimentazione, delle tradizioni popolari, abbiamo tanto da dare e da dire. Io ho un programma per il futuro della nostra terra, e voglio confrontarmi con tutti gli altri candidati. Ti chiedo quindi, caro elettore di darmi fiducia e affidarmi l’unico strumento di democrazia che possiedi. Il voto è una cosa preziosa e va dato a chi veramente può rappresentare i tuoi bisogni e le tue necessità. Basta con gli sprechi, le ruberie, le indecenze, la gente soffre la fame. Sia io che Nello Musumeci lavoreremo per un taglio netto alle indennità e agli agi di cui usufruiscono i politici. Se pensi che io possa rappresentarti,

con la mia onestà e la mia concretezza votami, altrimenti, se pensi che sia meglio mantenere le cose come stanno, vota le solite persone. La nostra provincia, muore lentamente, bisogna intervenire subito, immediatamente. Dammi la tua fiducia e io ne risponderò sempre. Grazie per aver dedicato il tuo tempo alla lettura di questa lettera. Matilde falcone


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Il processo di beatificazione IL MOTTO EPISCOPALE. “Super omnia charitas”, l’amore sopra ogni cosa

Chiusa la fase diocesana Aperto il 13 gennaio 2008, il processo di beatificazione di Mons. Giovanni Jacono, quinto Vescovo di Caltanissetta, ha chiuso la sua fase diocesana con una solenne concelebrazione presieduta dal nostro Vescovo, Mons. Mario Russotto, il 27 settembre, anniversario del primo ingresso in diocesi di Mons. Jacono, nel lontano 1921, ed insieme della consacrazione episcopale di mons. Mario Russotto, nel 2003. “Super omnia charitas” era il motto episcopale di mons. Jacono: l’amore sopra ogni cosa. E “Solo con l’amore si testimonia l’identità e

l’essenza di Dio”: con queste parole mons. Russotto, ha sintetizzato nella sua omelia il senso della vicenda terrena del Servo di Dio Mons. Giovanni Jacono, sottolineando i fili che la storia ha intrecciato tra la sua esistenza e la Chiesa di Caltanissetta, ancor prima di diventarne il Pastore: in particolare il rapporto con Mons. Francica Nava, che lo aveva accolto nel Seminario di Catania, e che era stato ordinato prete a Caltanissetta, dove era stato anche Rettore del Seminario e Vicario generale. E lo stesso mons. Francica Nava lo aveva ordinato sa-

cerdote e poi segnalato a Roma per la nomina episcopale. Dopo quattro anni di indagine storica, raccolti più di 600 testi e documenti e registrate circa cinquanta testimonianze di suoi contemporanei, incluse le segnalazioni di grazie ricevute da fedeli anche in tempi recenti, si sono sigillate le tre casse che li contengono, che saranno portate a Roma, presso la Congregazione per le cause dei Santi, dal postulatore della causa, don Carmelo Mezzasalma, che ha giurato solennemente di farlo nel corso della fase finale della cerimonia.

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inquantacinque anni dopo la sua morte, la testimonianza di Mons. Jacono ci interroga sulle forme che la santità può assumere, nella nostra vita quotidiana, non nella dimensione eccezionale ed eroica, ma nella fatica dell’esistenza, nel contesto in cui ognuno di noi vive la porzione di tempo e di storia di cui è responsabile. Mons. Jacono ha guidato la Chiesa nissena per 35 anni, attraversando la storia complessa e tumultuosa del ‘900, dalla nascita del fascismo fino alla seconda guerra mondiale e all’occupazione anglo-americana, dalla nascita della repubblica e della democrazia, fino al consolidarsi di un sistema politico e sociale in cui l’egemonia era saldamente in mano ad un partito, la Democrazia Cristiana, che proprio ai valori del cattolicesimo faceva riferimento. Attraverso i tornanti di queste vicende, emerge il ruolo di riferimento morale che il vescovo Jacono ha rappresentato con grande coerenza, testimone di

La solenne celebrazione presieduta da Monsignor Mario Russotto il 27 Settembre in Cattedrale. (Foto di Lillo Miccichè)

Giovanni Jacono Il vescovo santo amico di Papa Giovanni una visione della Chiesa assolutamente autonoma rispetto ai poteri della società, poteri che riconosceva e rispettava, qualunque essi fossero, ma senza consentire mai che interferissero più del dovuto nella vita della Chiesa a lui affidata. La difesa delle prerogative pastorali era una soglia che non fu mai disposto a lasciare oltrepassare da nessun potere temporale, e con altrettanta coerenza interpretava il carisma della carità, della povertà e del disinteresse personale assoluto, libero dai condizionamenti mondani da cui non sempre erano invece immuni le gerarchie ecclesiastiche in quegli anni. Questa autorevolezza morale, poco “spettacolarizzata”, in una società che cominciava ad abi-

tuarsi ai riti di massa del totalitarismo, gli veniva riconosciuta con spontaneità dai più umili, anche da quegli zolfatai, “classe sovversiva” per eccellenza, tradizionalmente lontani ed emarginati dalla Chiesa, che quando lo incontravano per strada gli si avvicinavano, si inginocchiavano e gli baciavano la mano con sincera devozione. Al momento del suo ingresso in diocesi, nel 1921, il mondo cattolico nisseno, uscito dalla fase dell’impegno sociale di fine secolo e del movimento politico ispirato alla leadership di Luigi Sturzo, si presentava come una “costellazione” di realtà sociali, creditizie (le prime Casse Rurali siciliane si erano sviluppate nel nostro territorio), cooperativistiche (attivissime nel primo dopoguerra per la quotizzazione dei latifondi), politiche (rilevante la presenza organizzata del PPI, con propri parlamentari: Aldisio, Pietro Cascino ed Ernesto Vassallo) e culturali ( i circoli giovanili popolari nei quali si era formato il giovane Giuseppe Alessi). Ma questo mondo politico e culturale, così come nel resto d’Italia, non aveva retto all’imporsi della dittatura fascista, e aveva subito tutti i contraccolpi del riposizionamento trasformista di gran

parte della classe dirigente siciliana: il caso più eclatante quello di Ernesto Vassallo, sancataldese, ministro Popolare, protagonista della spaccatura che distrusse il PPI di fronte alla scelta di collaborare con Mussolini dopo la marcia su Roma, passato clamorosamente tra i ranghi del regime, nominato nel 1927 primo Podestà fascista di Caltanissetta. A fronte di questa fragilità culturale e morale del laicato cattolico, Mons. Jacono, con la sua linea pastorale, era

Rispettava i “poteri” della società ma non consentiva che interferissero con la chiesa stato l’interprete genuino della “ritirata strategica” della Chiesa dal terreno politico, reso ormai impraticabile dal fascismo, e della scelta di rafforzarsi nella società attraverso la formazione catechistica, la preparazione del clero e il rilancio delle Parrocchie (da 16 a 45

nel corso del suo episcopato), vissute anche come centro della vita civile, oltre che religiosa, luogo di impegno dei laici, la cui cittadinanza andava connotata non politicamente, ma dalla cifra morale e spirituale, consolidando una autonomia culturale dal fascismo, che rappresentava già per questo una “resistenza morale” alla dittatura. Nei decenni tra le due guerre, la vicenda politica di molti cattolici si era delineata come una lunga marcia dentro le istituzioni dello Stato, senza pregiudiziali “ideologiche” nei confronti del regime, fino a configurarsi come classe dirigente alternativa, con il crollo del fascismo, pronta alla “supplenza” in un dopoguerra tumultuoso, reso in Sicilia ancora più drammatico dal separatismo, in un contesto di conflitti sociali esplosivi, che avevano fatto saltare tutti gli schemi della cultura politica tradizionale. La figura emblematica di questa “traversata nel deserto”, era stata quella del primo prefetto di Caltanissetta, nominato dagli anglo-americani nel ’43 proprio su indicazione del vescovo Iacono: l’avvocato Arcangelo Cammarata, di San Cataldo, già vice-segretario provinciale del PPI in epoca prefasci-


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Il seminarista povero che non poteva pagarsi gli studi religiosi Nato a Ragusa da una famiglia povera, figlio di un artigiano che riparava gli arnesi di lavoro nelle campagne, trovò nella povertà economica il primo ostacolo alla sua vocazione religiosa, respinto dal seminario di Siracusa per l’impossibilità di sostenere il costo degli studi. Dopo il diploma tecnico, un lavoro di contabile ed il servizio militare, riuscì ad entrare nel seminario di Catania a condizione di lavorare come portinaio notturno, e fu apprezzato e protetto dal cardinale Nava, che, dopo l’ordina-

sta, dal 1929 presidente (il primo laico) della Giunta Diocesana di Azione Cattolica. Cammarata era stato il tecnocrate delle opere sociali cattoliche, referente del sistema creditizio delle Casse Rurali, capofila di una rete di strutture di solidarietà, nelle quali il pensiero sociale della “Rerum Novarum” aveva continuato a sopravvivere sottotraccia, scegliendo anche di mimetizzarsi, di infiltrarsi nel regime, (non senza scatenare i sospetti dei gerarchi locali).

All’arrivo degli anglo-americani, dopo un’ondata di bombardamenti devastanti, le strutture dello stato fascista si erano dissolte, le autorità civili avevano abbandonato la città sotto le macerie, mentre il Vescovo Jacono era rimasto nella sua sede fedelmente, offrendo i locali del Seminario per le necessità dei feriti e dei bisognosi, ed era stato interpellato dalle autorità alleate perché indicasse, come in altre città della Sicilia, una figura di riferimento per reggere la Prefettura. L’indicazione dell’avv. Cammarata era coerente con la linea pastorale (e non politica) seguita nei decenni precedenti, anche se non era una scelta “popolare”, negli stessi mesi in cui, a Caltanissetta, nello studio dell’avv. Giuseppe Alessi, si ricostituiva la Democrazia Cristiana, che rivendicava con forza l’impronta antifascista del nuovo partito, la discontinuità rispetto al passato regime e l’autonomia programmatica rispetto alle gerarchie ecclesiastiche. I nodi sarebbero venuti al pettine un decennio più tardi, proprio sul rapporto tra potere politico e indirizzi pastorali, in uno scontro devastante che avrebbe diviso i cattolici politicamente impegnati e lo stesso clero, investendo direttamente il Pastore della Chiesa nissena. Lo scontro avvelenato tra le correnti democristiane, aveva schierato su fronti opposti anche il clero, intorno alla gestione delle dinamiche potere/consenso, specialmente nel rapporto con i ceti più emarginati ed in collegamento con la nuova istituzione regionale, (nella quale il peso della leadership nissena, con la presidenza di Alessi, era determinante), forte dell’accreditamento totale che la Chiesa siciliana, diretta dal Cardinale Ruffini, aveva affidato alla Democrazia Cristiana.

zione sacerdotale, nel 1902, lo mandò a Roma al Collegio Apollinare per perfezionare gli studi. Tornato a Catania fu nominato padre spirituale e poi rettore del Seminario, canonico penitenziere della Cattedrale, e quindi, nel 1918, Vescovo di Molfetta-Giovinazzo e Terlizzi in Puglia. Nel 1921 fu trasferito a Caltanissetta, dove si fece apprezzare per la carità e l’umiltà del suo stile pastorale, dedicandosi con impegno alla fondazione di nuove parrocchie, al completamento del Seminario e della Cattedrale, “in

Caltanissetta visse allora una fase tumultuosa, precorritrice delle vicende “milazziane”, con la spaccatura della DC locale intorno alle leadership di Alessi e di Volpe, con l’espulsione dalla DC del sindaco Longo e di tre assessori alla vigilia delle elezioni del 1956, la presentazione di una lista civica contrapposta a quella del partito “ufficiale”, la spaccatura, intorno ai due schieramenti, della società cittadina, delle parrocchie, mentre erano sul tavolo della politica locale gli interessi legati al piano di ricostruzione, al nuovo Piano Regolatore, ai finanziamenti regionali per la zona industriale. In quegli anni la Chiesa locale, perduta quell’autonomia dal potere politico che l’aveva protetta durante il fascismo, era stata pesantemente coinvolta, fino alla delegittimazione del vescovo Jacono

Non ritenne mai la politica strumento affidabile di cambiamento della vita dell’uomo come azione dimostrativa della “geometrica potenza” del gruppo di potere dominante, che aveva ottenuto la nomina di un altro Vescovo nel 1954, non ausiliare ma coadiutore e quindi con diritto alla successione. La visita del card. Ruffini nel 1955, era stata un grande evento mediatico, direttamente gestito dal presidente della Regione Alessi, come iconografia della saldatura tra Chiesa e sistema politico che si era costruita “dall’alto” dei vertici

costruzione” dalla fine del XVI secolo, che, anche dopo i bombardamenti devastanti del 1943, volle restaurata e definita con cupola e transetto. Le divisioni aspre della politica locale, agli inizi degli anni ’50, avvelenarono

gli ultimi anni del suo episcopato, che visse con grande sofferenza e dignità, fino a lasciare la diocesi, nel 1956, ritirandosi a Ragusa dove visse in grande povertà gli ultimi mesi della sua vita, conclusa il 25 maggio 1957.

istituzionali e che dall’alto interveniva sulla società. La dignità con cui mons. Jacono ha attraversato, senza una parola di polemica, quelle vicende dolorosissime per lui e certamente ingloriose per la politica locale, ha segnato con l’intensità di un moderno martirio la conclusione del suo magistero pastorale a Caltanissetta. Era la conferma di quella diffidenza per la politica, mai ritenuta strumento affidabile di cambiamento della vita dell’uomo, che aveva caratterizzato sempre il suo episcopato: i maneggi, le manovre che l’accompagnavano, non lo avevano mai attratto e distratto, sin dalla sua prima lettera pastorale, inviata da Ragusa l’8 settembre 1921, nella quale aveva sentito la necessità di dichiararsi “al di sopra delle parti politiche”, e “bramoso di concorrere(…) come cittadino e come Vescovo, a rendere illustre, grande, felice la nostra Patria”. Sarebbe quindi un errore di prospettiva leggere “politicamente” la figura e l’episcopato di mons. Jacono, nel contesto

della Chiesa preconciliare. Nella sua testimonianza emerge il primato assoluto della dimensione spirituale, interpretata con umiltà “scandalosa” (come quando vendette di nascosto la sua croce episcopale per aiutare i poveri e lasciò credere di averla perduta), e non dall’alto di una sapienza teologica elitaria, ma “dal basso” di una testimonianza di carità quotidiana vissuta come esperienza di vita e riconoscibile per “dissonanza” rispetto allo stile prevalente delle gerarchie ecclesiastiche del suo tempo. Il suo ricordo funebre lo definiva significativamente “povero fino all’indigenza, diede e costruì con munificenza regale”, e “umile fino all’annientamento”. Non erano parole di circostanza, riecheggiavano quanto aveva scritto cinquant’anni prima il futuro Papa Giovanni XXIII, che lo aveva avuto come compagno di studi a Roma negli anni della sua formazione: “Io lo ammiravo sempre e chiedevo al Signore che mi facesse diventare buono come Giovanni Jacono”.


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Game Over La fine di un gioco “sporco” con les jeux sont fait 2 Svelati i retroscena delle indagini e delle intercettazioni che si sono protratte per quattro anni di Donatello Polizzi “E’ una Metastasi sociale”. Questa l’incisiva definizione utilizzata da Giovanni Giudice, capo della squadra mobile nissena, nella conferenza stampa di martedì 10 ottobre, per indicare la penetrazione notevole ma negativa che il gioco d’azzardo ha avuto nella nostra città. Molte le persone, spinte dal bisogno o dal desiderio del facile arricchimento, che quotidianamente si affollano nei bar e giocano alle slot machines od ai video-poker, dilapidando somme considerevoli. Un giro di soldi su cui si erano concentrate le attenzioni di taluni soggetti che in combutta con alcuni appartenenti alle forze dell’ordine, avevano costruito un’organizzazione criminale (fiancheggiata da Cosa Nostra) che la polizia ha sgominato: “Dobbiamo considerare il profilo dell’illegalità in cui operavano i soggetti che abbiamo arrestato. Oltre a questo, sottolineo l’incidenza che avevano in termini assolutamente nefasti sul tessuto sociale. Famiglie sul lastrico a causa del gioco d’azzardo, bar che si trasformavano in ricettacoli di personaggi poco raccomandabili che influivano sui giovani avventori, e cifre spropositate che hanno fiaccato anche i valori di servitori dello stato. Il tutto senza dimenticare l’influsso di Cosa nostra che si sta gettando, in maniera famelica sul settore delle scommesse e dei giochi on-line”. Cosa Nostra, è realmente coinvolta in questa vicenda o è una sorta di accessorio verbale necessario da abbinare ad ogni operazione di polizia? “Le intercettazioni telefoniche e le dichiarazioni dei pentiti non lasciano adito a dubbi. L’impero degli Allegro è stato realizzato in regime di monopolio grazie all’influsso ed alla collaborazione di Cosa Nostra (un membro è fra gli arrestati), cui andava parte dei

proventi. La consorteria mafiosa vuole impossessarsi del mercato delle slot machines e dei video poker. Troppo

“La consorteria mafiosa controlla il mercato delle slot machines e dei video poker” grande la torta degli interessi economici”. Secondo le più recenti analisi effettuate dalla Direzione Nazionale Antimafia, riportate nella relazione sui rischi d’infiltrazione mafiosa nel settore dei giochi leciti ed illeciti presentata nel decorso anno alla Commissione Antimafia, in Italia l’industria del gioco ha attualmente un fatturato complessivo pari al 3% del Pil e dà lavoro a 5000 aziende e 120.000 persone. I dati, che si riferiscono al gioco legale, sono destinati ad impennarsi se si guarda anche al gioco clandestino. Enorme la mole d i lavoro svolta in termini d’indagini. Ulteriori informazioni sono fornite da Marzia Giustolisi, commissario capo, dirigente della sez. criminalità organizzata: “Quattro anni di attività investigativa capillare e di intercettazioni e sulle indagini che hanno preceduto le ordinanze di custodia

cautelari. Non possiamo negare gli assist vincenti di alcuni collaboratori di giustizia. Abbiamo monitorato l’attività degli Allegro e sviscerato ogni particolare. Doloroso l’aspetto concernente i poliziotti, attratti dal lato oscuro. Arrestare colleghi con i quali hai condiviso molto, credo che sia il segnale più evidente del lavoro che abbiamo svolto. Abbiamo fatto pulizia anche in casa nostra”. In manette anche due poliziotti (un’assistente capo ed un sostituto commissario), due marescialli della Guardia di Finanza, un vigile urbano ed un’assistente capo della polizia Penitenziaria. Dimostrazione dell’alto profilo della retata. Capitolo a par-

t e merita la vicenda dei gestori dei bar (sono stati ventuno i provvedimenti d’interdizione dall’esercizio dell’attività d’impresa, emesse nei confronti degli esercenti di bar e circoli dove si trovavano, posizionate le macchinette elettroniche da gioco, alterate e non collegate con la rete dei Monopoli di Stato), che operavano volontaria-

mente per frodare i propri clienti, con dolosa consapevolezza ovverosia li impoverivano. Marzia Giustolisi, chiarisce la situazione: “Situazione acclarata dalle centinaia d’intercettazioni telefoniche. Spesso, addirittura, erano i gestori dei bar, che chiamavano gli Allegro per segnalare malfunzionamenti o vincite anomale. Tutto era mirato a non far vincere i giocatori ed a frodare lo stato”. Non mancano retroscena curiosi: “Gli arrestati non avevano limiti e non se ne ponevano. Basti citare “la Gallina”, macchinetta che non consentiva nessun tipo di vincita. Un flusso continuo di euro

I gestori dei bar frodavano, con dolosa consapevolezza, i propri clienti con talune vicende quasi, divertenti, se l’aggettivo non fosse poco adeguato all’argomento. Talvolta, gli arrestati, erano frodati dai gestori che caricavano e scaricavano le macchinette in


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Le foto della discordia, una mancanza “voluta” Le foto della discordia. La mancanza, nel tabellone che illustrava l’operazione “Les jeux sont faits 2”, delle foto degli arrestati appartenenti alle forze dell’ordine, ha causato non poche polemiche. L’importanza sociale ed etica di quest’azione di pubblica sicurezza è sembrata quasi passare in secondo piano; il fatto che la Polizia, così come la Guardia di Finanza, non abbia esitato ad agire pur in presenza di appartenenti al proprio organico, è stato quasi sminuita dalla vicenda concernente la mancanza delle foto. Giovanni Giudice, capo della Squadra mobile nissena, autoritario ma al contempo sereno, con incisiva e innegabile chiarezza ha precisato: “Direttive del Ministero

dell’Interno ci prescrivono di non divulgare le foto di appartenenti alle forze di Polizia tratti in arresto. Discorso diverso se i mezzi d’informazione, per conoscenze proprie, riescono ad ottenerle e pubblicarle. Prescindendo dalle indicazioni ministeriale, io in coscienza non avrei comunque fornito le foto. Gli arrestati, infatti, potrebbero (si tratta di un’eventualità) patteggiare la pena e tornare in servizio seppur in altra sede ed ufficio, per cui non dare le effigi fotografiche attiene ad un profilo di sicurezza, di salvaguardia dell’incolumità di chi presta un servizio pubblico delicato come il nostro. Abbiamo comunque fornito

nome cognome, qualifica e ufficio di appartenenza, per cui crediamo di avere anche in questo senso dato prova di professionalità e tra-

sparenza. I miei uomini hanno agito con abnegazione, coscienti del difficile compito che dovevano svolgere, della riservatezza che la circostanza imponeva, della determinazione profusa nel far scattare le manette a chi, pur lavorando con noi, è venuto meno ai valori della divisa e del senso civico di giustizia ed etica”. La voce è ferma, il cipiglio fiero. Non sono delle istantanee, su una lavagna di compensato, che creano giustizia ma il lavoro di poliziotti che, nello svolgere il loro dovere, non guardano in faccia nessuno. Questa è una garanzia per i cittadini, questo è un fatto… non l’interesse morboso per delle fotografie.

Giovanni Giudice: “Il cambiamento? Dalle due associazioni antiracket nissene nessuna denuncia”

Nella foto della conferenza stampa da sinistra il Comandante provinciale della Guardia di Finanza Pierluigi Sozzo, il Procuratore Sergio Lari, il Questore Filippo Nicastro, il capo della Squadra Mobile Giovanni Giudice e il Commissario capo, dirigente criminalità organizzata, Marzia Giustolisi.

maniere autonoma”. Chi di frode ferisce, di frode…perisce. Speriamo che oltre al lavoro delle forze dell’ordine, per debellare la piaga del gioco d’azzardo, si mobilitino le coscienze dei cittadini.

“Dopo oltre venti mesi, mi ritrovo a parlare di Caltanissetta ma senza aver percepito quella voglia di cambiamento che auspicavo la scorsa volta”. E’ trascorso più di un anno e mezzo da quando Giovanni Giudice è stato ospite sulle pagine del nostro mensile nel numero del febbraio 2011. Lo sguardo nei meandri della nostra città, di questo valente ed efficiente servitore dello stato, si rivolge a quegli angoli bui, dove ristagna, sedimenta e prospera il “marcio”. Caltanissetta, una città all’apparenza tranquilla, è un cumulo di cenere sotto il quale cova il fuoco del disagio sociale, implementato dalla crisi economica e dalle azioni criminose e coordinate di varie consorterie criminali. “La nostra attività di repressione e prevenzione, non è sufficiente se non supportata ed incentivata dalla voglia di riscatto sociale messa in campo dai cittadini. Sono loro la forza attiva e prospera della città. Ma come possiamo auspicare il cambiamento, anzi il miglioramento se la cosiddetta società civile langue o si disinteressa?”. Le parole del capo della squadra mobile nissena, risuonano perentorie ed incisive. “Voglio offrirvi un dato che spero possa fungere da spunto di riflessione. Ad esempio da parte delle due associazioni antiracket cittadine, non è arrivata in questi anni neanche una denuncia e abbiamo registrato solo collaborazioni “forzate” di commercianti che non hanno potuto negare l’evi-

denza dei fatti raccontati dai collaboratori di giustizia. Il racket delle estorsioni è sicuramente una piaga che combattiamo senza sosta ma come valutare questo elemento?”. L’analisi a trecentosessanta gradi incide su ogni elemento. “Dopo l’operazione ‘ le jeux sont faits’ credo sia opportuno rilanciare il dibattito su quale economia sia da rilanciare in città, se quella delle scommesse e delle slot, che magari crea qualche posto di lavoro ma anche tanto disagio sociale e povertà, oppure un’economia fondata su basi più sostenibili, incentrata sul turismo, sui servizi o sulle nuove tecnologie. Io credo che le istituzioni locali, i cittadini, ogni singola persona che abbia a cuore Caltanissetta debba contribuire ad aprire La pagina de “Il Fatto Nisseno” del mese di Febbraio 2011.

un dibattito serio su questo. Altro elemento di valutazione: a Gela recentemente si sono verificati molti incendi, ovviamente dolosi, di auto dopo un periodo di sostanziale calma. Ciò corrisponde alla scarcerazione, di taluni illustri e pericolosi soggetti per decorrenza dei termini di custodia cautelare. La voglia di cambiamento, in itinere della forza sana di Gela, è rallentata dal ritorno in strada di taluni criminali. Ma anche lì serve una nuova stagione di rilancio dell’economia, con progetti anche a lungo termine che permettano di dare respiro alla popolazione e creino occupazione. La criminalità si scon-

figge anche (e soprattutto) con il lavoro vero”. Essere un tutore dell’ordine, ricoprire un posto di grande responsabilità che richiede non indifferenti capacità di scelta e valutazione, conferiscono a quest’approfondimento cospicuo valore. “Non mi stancherò mai, di considerare fondamentale l’apporto della società civile all’opera di risanamento e rilancio del nostro capoluogo. Noi siamo il braccio, incidiamo sui rami secchi e le mele marce, ma la spinta propulsiva pulita, la forza rigeneratrice e fervida di prospettive è nelle coscienze e nelle azioni di ognuno di noi che viviamo in questa città. E si esprime innanzitutto nella scelta dei propri candidati alle varie elezioni, che va fatta preferendo gli onesti ed i competenti. Io credo che entrambe queste categorie esistano, nonostante quello che stiamo vivendo in questi giorni”. Mohandas Gandhi disse: “La giustizia nei confronti dell’individuo, fosse anche il più umile, è tutto. Il resto viene dopo”.

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Real Maestranza 2013

il Capitano di Leda Ingrassia

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decise di sospendere la processione. Da allora ho continuato a sfilare e a maturare il desiderio di diventare Capitano fino al grande momento in cui sono stato eletto. Partecipare alle manifestazioni della Real Maestranza per me è stato sempre molto importante, soprattutto per una questione di devozione religiosa”. Il neo Capitano, che riceverà il passaggio delle consegne a Febbraio, ha alle spalle una lunga esperienza lavorativa. “Faccio questo mestiere, ovvero quello di pittore edile, da quando avevo 16 anni: a quella età ho seguito mio fratello maggiore che mi ha avviato a quest’arte, mentre lui ha pre-

molto affiatata che lo sostiene. La moglie, Maria Assunta Andaloro, mi confessa di essere molto contenta per la nomina del marito. Il resto della famiglia è composto da tre figli, Salvatore, Liborio e Marcella: il maggiore di loro, ovvero Salvatore, militante nella Real Maestranza da vent’anni, sarà inoltre accanto al padre nelle sfilate del prossimo anno dato che è stato eletto Alabardiere. Oltre agli Scarantino, a comporre la squadra capitanale per l’anno prossimo sono Antonio Matina, Alfiere Maggiore, Gianluigi Bingo, Scudiero e Michele Lombardo, Portabandiera. Tanti i momenti che nel corso delle manifestazioni per la Settimana Santa nissena vedranno protagonista la Real Maestranza e in particolare il suo Capitano. “Penso che il momento più forte, dal punto di

Il momento più forte sarà il Mercoledì Santo quando avrò il crocifisso tra le mani

Armando Scarantino

forte, difficile da spiegare, anche perché ancora la devo vivere a pieno. E’ sicuramente qualcosa di bello, di storico, è la massima onorificenza che un artigiano nisseno possa ricevere”. Essere nominato Capitano della Maestranza, però, comporta grande responsabilità e presuppone il possesso di una serie di rigorosi requisiti morali, religiosi, civili. “Partecipo alle sfilate della maestranza dal 1975 e nel ’79 addirittura sono stato nominato Portabandiera: un evento della mia vita difficile da dimenticare anche perché quell’anno, in occasione della nostra sfilata, a Caltanissetta aveva nevicato così tanto che giunti all’altezza della statua di re Umberto il vescovo

ferito dedicarsi al commercio aprendo una galleria in Corso Umberto. Anche i miei tre figli si sono appassionati di pittura e dopo la morte di mio fratello hanno continuato a portare avanti la galleria d’arte di famiglia, tutt’ora sita di fronte la biblioteca Scarabelli. Nel 1963 poi, solo per un anno e mezzo, ho anche fatto il carabiniere a Napoli: carriera, quella militare, che per via del grande amore che ho per la pittura ho ben presto abbandonato. Dopo essermi congedato, sono rientrato a Caltanissetta per tornare a fare il mestiere che amo”. Accanto al Capitano poi, com’è noto, importante è anche il ruolo e il sostegno della famiglia e Scarantino ne ha una

TRIBUNALE DI CALTANISSETTA SEZIONE CIVILE AVVISO DI VENDITA Causa Cvilie n. 1373/2007 R.G.C.

Sarà un pittore

n pittore di 69 anni che vanta una lunga esperienza nel mondo dell’artigianato, ex carabiniere, sposato e papà di tre giovani, un uomo dai grandi valori etici, morali e religiosi: è questo in sintesi l’identikit di Armando Scarantino, eletto Capitano della Real Maestranza per il 2013. Il successore di Gioacchino Ricotta è stato scelto, così come le altre cariche, all’interno della categoria dei pittori e decoratori nel rispetto della tradizione che prevede una turnazione tra i dieci ceti artigianali. Che emozioni si provano ad essere eletto Capitano della Real Maestranza? Lo abbiamo chiesto proprio al diretto interessato. “E’ una sensazione

AVVISI GIUDIZIARI

vista religioso ed emotivo, sarà quello del Mercoledì Santo quando, durante la processione, avrò tra le mani il crocifisso”. Un aspetto di certo non trascurabile è poi quello del vestito: è top secret sul nome di chi realizzerà il capo di alto prestigio che Scarantino indosserà n e l corso delle sfilate della Settimana Santa. “Il sarto sarà sicuramente un artigiano nisseno, ma al momento non abbiamo ancora deciso”. L’intervista al neo Capitano è anche l’occasione per fare un bilancio della situazione dell’artigianato a Caltanissetta, approfittando pure della presenza di Gaetano Villanucci, presidente della categoria dei pittori e decoratori. “Il momento - afferma Villanucci - è davvero critico per questo settore professionale che va sempre più a morire. Negli ultimi anni i giovani tendono ad allontanarsi da questo ambito lavorativo e ciò si rispecchia anche nella sempre più ridotta partecipazione alle manifestazioni della Real Maestranza. Per questo motivo invitiamo chiunque lo voglia a farsi avanti perché l’associazione è aperta a tutti. Chiediamo anche alle istituzioni di assicurarci una maggiore collaborazione economica e morale: per quel che ci riguarda possiamo garantire ai Nisseni che, nonostante le tante difficoltà, la categoria dei pittori e decoratori per il 2013 cercherà di soddisfare tutte le esigenze organizzative e di conservare lo spirito religioso di ogni manifestazione che la vedrà protagonista”.

Il cancelliere rende noto che il giudice del giudizio iscritto al n. 1373/2007 ha disposto procedersi alla vendita senza incanto della seguente unità immobiliare con le seguenti modalità e condizioni: 1) La vendita avverrà in unico lotto, così individuato al relativo prezzo base. - Appartamento destinato a civile abitazione posto al sesto piano, con ingresso di fronte a sinistra salendo le scale, dell’edificio condominiale sito in Caltanissetta Via Fasci Siciliani n. 9/C, con superficie catastale mq 106 composto da tre vani, cucina, doppi servizi, corridoio e ripostiglio. L’immobile risulta censito al N.C.E.U. del comune di Caltanissetta al foglio 86, particella 1028 sub 14, categoria A/3 classe 2°, consistenza 6 vani. L’immobile realizzato giusta licenza di costruzione edilizia n. 1607/686 V del 17.04.1976 mentre per ciò che concerne il suolo sul quale il fabbricato condominiale insiste è pervenuto all’ IACP di Caltanissetta giusta atto di trasferimento del diritto di superficie per anni novantanove (99) prorogabili rogato dal Segretario del comune di Caltanissetta in data 28.03.2002 rep. 3606 e trascritto in Caltanissetta il 26.04.2002 ai nn. 3766/3257. L’appartamento è conforme agli strumenti urbanistici e si presente in stato di manutenzione e conservazione “normali” ma con caldaia dell’impianto autonomo di riscaldamento allo stato non funzionante. Prezzo base: € 79.500,00 (euro settantanovemilacinquecento/00) In caso di gara per pluralità di offerenti ciascun rilancio non potrà essere inferiore ad: € 250,00 (euro duecentocinquanta/00); - La vendita si intende effettuata a corpo e non a misura ed ha ad oggetto l’immobili sopra descritto che sarà consegnato dalle parti all’acquirente libero da persone e cose e nell’attuale stato di fatto e di diritto, con le eventuali servitù attive e passive legalmente costituite nonché di quelle nascenti dalla situazione dei luoghi; a riguardo ogni interessato potrà esaminare la consulenza tecnica e gli altri documenti inerenti la vendita presso la Cancelleria civile e visionare il bene previa richiesta alla sig.ra Ginevra Ester, quest’ultima attuale occupante dell’immobile, facendo espresso onore a quest’ultima di consentire agli eventuali acquirenti di visionare l’immobile. Il giudice fissa alle ore 12 del 16.01.2013 l’udienza avanti a sé (palazzo di giustizia terzo piano stanza n. 418. Giudice C. D. Cammarata) per la deliberazione sulle offerte e l’eventuale gara tra gli offerenti. Dispone, nel caso in cui la vendita senza incanto non abbia luogo per mancanza di offerte o per altra ragione, che gli stessi beni siano venduti mediante incanto con prezzo base pari al prezzo minimo sopra indicato. Fissa l’incanto avanti a sé alle ore 12 del giorno 30.01.2013 stabilendo il rilancio minimo di € 250,00. CONDIZIONI DELLA VENDITA - L’offerente deve presentare nella Cancelleria dichiarazioni, in regola con il bollo, contenente l’indicazione del prezzo, del tempo e modo del pagamento, che in ogni caso dovrà venire entro e non oltre sessanta giorni dalla data di aggiudicazione e ogni altro elemento utile alla valutazione dell’offerta; l’offerta non è efficace: a) Se perviene oltre le ore 12 del giorno precedente la vendita; b) Se inferiore al prezzo come sopra determinato; c) Se l’offerente non presta cauzione, a mezzo di assegno circolare non trasferibile intestato alla Cancelleria civile in misura non inferiore al decimo del prezzo da lui proposto; L’offerta è irrevocabile salvo che: 1) Il giudice ordini l’incanto; 2) Siano decorsi 120 giorni dalla sua presentazione ed essa non sia stata accolta. - L’offerta deve essere depositata in busta chiusa all’esterno della quale sono annotati, a cura del cancelliere ricevente, il nome, previa identificazione, di chi materialmente provvede al deposito, il numero di Registro Generale del giudizio di divisione di riferimento e la data dell’udienza fissata per l’esame delle offerte; - L’assegno circolare per cauzione deve essere inserito nella busta; - Le buste sono aperte all’udienza fissata per l’esame delle offerte alla presenza degli offerenti; per il caso di eventuale successiva vendita all’incanto si precisa che: - Essa deve aver luogo al prezzo e con offerte in aumento non inferiori a quanto sopra indicato; - Con presentazione delle relative istanze di partecipazione agli incanti (mediante domanda in regola con il bollo vigente) presso la Cancelleria civile entro le ore 12 del giorno precedente a quello stabilito per l’incanto; - Con versamento, contestuale alla presentazione delle dette istanze, della cauzione in ragione di un decimo del prezzo base d’asta suddetto, a mezzo di assegno bancario non trasferibile intestato alla Cancelleria civile. Il giudice con riferimento alle disposizioni relative sia alle vendite senza incanto sia a quelle con incanto stabilisce altresì: che l’aggiudicatario dovrà versare la differenza del prezzo (detratta dal prezzo di aggiudicazione la cauzione di cui sopra) entro un termine massimo di sessanta giorni dalla data di aggiudicazione a mezzo di assegni circolari non trasferibili intestati alla Cancelleria civile. In mancanza del suddetto versamento verrà pronunciato decreto di decadenza dell’aggiudicatario e pronunciata la perdita della cauzione (art. 587 c.p.c.), la spese inerenti la vendita ed il trasferimento di proprietà sono poste a carico dell’aggiudicatario come pure le spese per la cancellazione delle formalità pregiudizievoli, che soltanto all’esito degli adempimenti precedenti sarà emesso il decreto di trasferimento, ai sensi dell’art. 586 c.p.c. Maggiori informazioni, anche relative alle generalità dei proprietari, possono essere fornite dalla cancelleria a chiunque vi abbia interesse. E’ possibile visionare il bene, previa richiesta all’attuale occupante dell’immobile, su cui incombe l’onere di consentire la visione agli eventuali acquirenti. Il bando, l’ordinanza di vendita e la perizia sono pubblicato sul sito internet www.astegiudiziarie.it. Caltanissetta, 19.10.2012 Il Cancelliere (il Funzionario Giudiziario) Maria Cagnina


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Fatti & personaggi

fotografia in città

Professione fotoreporter i “click” di Mingoia e Sciandra sulle pagine dei quotidiani locali di Gaia Geraci Ogni giorno le pagine dei quotidiani locali ci raccontano di fatti di cronaca, di politica, di gossip, di spettacolo e cultura. Temi vari accomunati dall’elemento visivo della fotografia, uno dei prodotti quotidianamente più fruito, spesso inconsciamente, tramite giornali, libri e pubblicità. A chi non è mai capitato di acquistare un giornale per essere stato attratto dalle foto in prima pagina? È pertanto veritiero il detto “un’immagine vale più di 1000 parole” soprattutto quando si racconta di cronaca. Le immagini di cronaca, infatti, richiedono al fotoreporter doti di prontezza e di esperienza notevoli lavorando, alle volte, in condizioni disagevoli e perfino pericolose. Spesso dimenticati dai lettori, i fotoreporter, attraverso le immagini, ci portano una testimonianza autentica degli eventi. Essere un fotoreporter significa essere al tempo stesso giornalista e fotografo. Significa saper condurre un’inchiesta, fare cioè un lavoro di informazione e di documentazione, vuol dire conoscere e saper usare il linguaggio fotografico, cioè comunicare attraverso la fotografia. Il fotoreporter non da opinioni racconta fotografando, presta il suo sguardo al lettore testimoniando emozioni. Abbiamo intervistato due dei più “navigati” fotoreporter nisseni Giovanni Sciandra, classe 50, e Nicola Mingoia, clas-

se 79. Due generazioni a confronto, una passione comune, ed un’amicizia consolidata a “colpi di click”. “Lavoro da circa 25 anni per il quotidiano La Sicilia, sono forse il più vecchio della redazione- ci racconta Sciandra- vi posso assicurare che si tratta di una professione che si può fare soltanto per

Sciandra: “questo mestiere è cambiato molto, una volta era più faticoso” passione perché bisogna essere sempre reperibili, non ci sono orari”. Opinione che condivide Mingoia, il quale ricorda come ha iniziato: “Lavoro da circa 10 anni per il Giornale di Sicilia, ho iniziato per passione usando una mac-

china fotografica a rullino di mio padre che da Giovanni Sciandra

oltre 35 anni lavora al Giornale di Sicilia. Frequento la redazione da quando ero piccolissimo, mi cambiavano i pannolini lì sulle scrivanie. È stata un evoluzione naturale quella del fotoreporter”. Molte cose sono cambiate durante tutti questi anni di lavoro, come racconta Sciandra: “Prima fare questo lavoro era più faticoso per esempio entro le 17 si portavano le foto stampate a colori all’autobus per la consegna alle sedi regionali, ma nel caso in cui succedeva qualcosa di notte o durante le festività stampavamo le foto in redazione in bianco e nero e poi chiamavamo un taxi per il recapito. Oggi con il digitale via e-mail fai tutto però non c’è più la professionalità di una volta”. E a proposito dell’avvento del digitale, Mingoia aggiunge: “Il digitale ha semplificato il nostro lavoro, ma ha anche contribuito alla crisi del settore, basta un telefonino per fare una foto discreta. Al giornale arrivano migliaia di foto via e-mail perché chiunque ovunque si trovi se succede qualcosa scatta e in-

via. La fotografia può parlare più dello scritto ed è per questa ragione che la nostra è una professione che non andrà mai a finire. Normalmente si sceglie

un articolo da leggere proprio dalla foto, perché ti da modo quasi di vivere le emozioni di quel momento”. Ma come si svolge oggi una giornata tipo di questi professionisti? “Ogni giorno mi reco in redazione – risponde Mingoia- dove si svolgono le riunioni con il responsabile del giornale, si fa il punto della situazione su ciò che accade in città e poi si iniziano a seguire gli eventi durante tutta la giornata. Ma può anche capitare di essere catapultati all’improvviso in una sparatoria, in un incidente o un omicidio, è come trovarsi in una situazione surreale quasi da film, con la polizia scientifica, cadaveri e scene strazianti di ogni tipo. All’inizio scatti a raffica soprattutto quando ci sono situazioni poco felici, come, per esempio, i familiari delle vittime di un incidente, ma il diritto di cronaca ci impone di fare il nostro lavoro. Dopo vado in redazione con le foto dove è il caporedattore a scegliere le foto che andranno in pubblicazione”. Ma quale criterio di valutazione utilizza il giornale nel decidere per la pubblicazione di una foto piuttosto che un’altra? “Al Giornale di Sicilia si scelgono sempre le foto che danno l’idea del movimento e non quelle statiche – ci spiega Mingoia - anche in una foto di una pattumie-

ra stracolma c’è sempre una persona che indica ciò che fotografo per attirare l’attenzione del lettore. Queste sono le direttive del nostro direttore Giovanni Pepi”. Prima fotografi e poi chiedi il permesso è questo il motto dei nostri intervistati, come ci spiega Sciandra: “Ho imparato le basi del mio lavoro dal caporedattore dell’epoca Giorgio De Cristoforo come, ad esempio, avere sempre con me la macchina fotografica anche quando non lavoro. Ricordo una volta di aver subito un linciaggio in chiesa durante un funerale di un uomo morto ammazzato. Quando i familiari si sono accorti che io ero lì a fotografare non mi hanno accolto nel migliore dei modi. Un fotoreporter deve avere dalla piccola macchinetta per fotografare di nascosto a quella grande e veloce che, ad esempio, serve per gli eventi sportivi”. Una professione che li ha resi una fonte inesauribile di aneddoti e storie tragi-comiche: “Una volta sono accorso sul luogo in cui un uomo minacciava di uccidersi – ricorda Sciandra - era tardo pomeriggio e fotografando con il flash ho attirato l’attenzione del potenziale suicida il quale ha iniziato a inveire contro di me e minacciare che sarebbe sceso per linciarmi. A quel punto i carabinieri hanno visto in me un’esca per farlo desistere dalle sue intenzioni e così Nicola Mingoia


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A sinistra due foto panoramiche di Caltanissetta scattate da Lillo Miccichè

è stato”. Ma quali sono i pro e i contro di questa professione tanto affascinante quanto complessa? “Essendo tra i primi ad arrivare sul luogo in cui accade il fatto, omicidio o incidente che sia, subiamo le fasi strazianti. Quando si tratta di arresti subiamo, invece, le offese dei carcerati o dei parenti che, alle volte, non risparmiano sputi e insulti, ma fa parte del nostro lavoro”. Se Sciandra spiega un aspetto di certo non gradevole, Mingoia continua parlando dei risvolti positivi: “Il mio lavoro mi permette di conoscere molte persone e scoprire luoghi della mia città a me sconosciuti di grande bellezza. Mi piace e mi permette la massima libertà espressiva. E poi la soddisfazione di avere

La nostra professione non morirà mai, la foto può comunicare più dello scritto pubblicata in prima pagina una tua foto che poi andrà in rassegna stampa sui tg nazionali”. Una vita di istantanee che diverranno ricordi per sempre impressi nella memoria, proprio come degli scatti che Sciandra rievoca con emozione: “Le foto più toccanti sono quelle, ahimè, dell’omicidio del Sindaco Abbate, un amico, e seguire tutta la vicenda è stato straziante. Capita che il personale si mischi al professionale, ma è il mio lavoro e bisogna scindere le cose”. Come è noto la bella notizia non fa notizia e più che mai oggi i giornali si riempiono di storie di violenza. Due storie umane e professionali che condividono una apparente corazza con un punto debole, la memoria.

Lillo Miccichè: “con le foto amo raccontare ciò che mi circonda” di Annalisa Giunta “A cosa serve una grande profondità di campo se non c’è un’adeguata profondità di sentimento?” sosteneva Eugene Smith, fotografo americano del XX secolo. Pensiero condiviso anche dal fotografo nisseno Lillo Miccichè, il quale attraverso le sue fotografie si pone l’obiettivo di raccontare e trasmettere emozioni, mettendo in evidenza i particolari, ciò che può sembrare banale e scontato, e che spesso sfugge all’occhio di chi è distratto dai ritmi frenetici della vita quotidiana, facendo così cogliere la bellezza della nostra città. Uno sguardo d’amore quello di Lillo Miccichè che va al di là delle tecniche fotografiche, una continua ricerca, come ama lui stesso definire la fotografia. Lillo Miccichè, opera nel settore da circa trent’anni, ha realizzato diverse mostre fotografiche nelle quali ha spesso raccontato gli aspetti più comuni della vita quotidiana, spaziando dalla foto paesaggistica, alla ritrattistica. Negli ultimi anni ha inserito nella sua ricerca quelli che sono gli aspetti più spontanei della gente comune, mettendo in risalto l’umanità di ogni individuo. Le sue immagini sono state utilizzate per varie pubblicazioni, per diverse attività culturali, artistiche e pubblicitarie. Ha inoltre realizzato diversi reportage, ha tenuto incontri e conferenze sulla fotografia e ha ritratto molti personaggi famosi della politica nazionale e dello spettacolo. “Attraverso la fotografia – afferma Miccichè – amo raccontare ciò che mi circonda, uno squarcio della città,

mettendo in evidenza i particolari, i colori e i giochi di luce. Le mie foto - siano esse paesaggi o ritratti - sottolineano la normalità, la presenza umana anche quando si tratta di paesaggi e monumenti, luoghi vissuti quotidianamente”. Nelle sue foto si osservano quegli alberi che non avevamo mai notato, quel prezioso balcone, quei fregi sotto i tetti di un palazzo, quell’arco elegante, la quiete di un vicolo, la facciata di pietra gialla di una villa, il trionfo di stucchi e di ori di una chiesa, la bellezza e la forma particolare della fontana del Tritone vista da una prospettiva nuova. Con i suoi scatti Lillo Miccichè ci regala un’immagine di Caltanissetta diversa, spesso sconosciuta nei suoi dettagli, una città che non conosciamo, una città bella da osservare e impregnata di storia e di tradizioni religiose tra le più ricche di tutta la Sicilia. Una città che ha voluto raccontare alle generazioni future con le sue pubblicazioni tra cui: “Caltanissetta: “Immagini di una città” (2001), “Palazzi e Dimore di Caltanissetta” (2005) e “Caltanissetta: strade, mura e colori” (2006). Tra i suoi progetti c’è anche la realizzazione di un libro che racconterà la città nell’aspetto architettonico, integrato dalle foto sulle tradizioni religiose, tra cui la Settimana Santa e San Michele. Abbiamo chiesto, vista la grande esperienza di Lillo Miccichè, se l’avvento delle tecnologie digitali ha cambiato il modo di lavorare, se ha fatto perdere il fascino del mestiere. “Io credo – afferma il fotografo nis-

seno – che l’uomo tende a seguire i tempi. Per quanto mi riguarda il concetto di fotografia non è cambiato, si tratta sempre di un modo di raccontare e di lasciare impresso nella mente

Lo scatto fotografico è la parte finale di una tua idea. La foto è luce

e nel tempo qualcosa. La foto è luce. Riprendendo il concetto di Berengo Gardin, uno dei più grandi fotografi italiani, lo scatto è la parte finale di una tua idea, quindi prima con l’uso della pellicola si ponderava maggiormente lo scatto, filosofia che io seguo anche con la digitale. Il digitale ha complicato la vita perché prima si incaricava il laboratorio di fiducia di stampare la foto, oggi si deve avere un computer, dei programmi per il fotoritocco e molti inizialmente non sapevano usare il pc. Alla base comunque ci deve essere sempre il desiderio della ricerca, di pensare qualcosa e realizzarla, così come fa un pittore. La fotografia è sempre nell’anima, nel cuore… nel momento in cu diventa un lavoro, per un committente, per un giornale ecc… diventa

più impegnativo e richiede maggiori tecnicismi”. Dunque abbiamo chiesto un consiglio per ottenere una buona foto. “L’occhio – ci consiglia Miccichè -deve seguire la luce. Invito comunque i nisseni ad apprezzare di più la nostra città e a viverla”.


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Fatti & San Cataldo

Dall’ entroterra siciliano un pittore

“testardo” di Alberto Di Vita

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a un piccolo paese del centro Sicilia alle più prestigiose mostre italiane, con uno sguardo al futuro, all’estero e all’affermazione compiuta del suo talento artistico. Sembra la trama di uno dei tanti film che trasmettono in tv, e invece è una storia vera, di quelle che devono fare i conti con le mille difficoltà e avversità che nella vita sono ostacoli reali. È la storia di Salvatore Alessi, artista che nasce nel giugno del 1974 a San Cataldo e lì si diploma al liceo artistico. Poi prosegue gli studi all’Accademia di Belle Arti a Palermo: da lì una scelta che gli sembra obbligata, perché sa che restare in Sicilia, in quella parte della Sicilia, gli precluderebbe molte occasioni. Va a Roma, portando con sé anche la speranza e il desiderio di lavorare nel cinema, verso il quale nutre una passione intensa dall’età di 10 anni. Riesce, in un primo periodo, nel tentativo: fa l’assistente, collabora per una rinomata serie televisiva italiana. Ma non vede sbocchi. Non aveva mai provato a far diventare un mestiere la pittura: come una gran parte dei siciliani sente il peso di pregiudizi che spesso impediscono a tanti siciliani di fare il passo giusto verso la personale affermazione, non solo artistica. Alessi non ci sta: si intestardisce, sfida sé stesso e i propri dubbi, presentandosi nel 2006 al Polittico di Roma. L’accoglienza è entusiasta, e da quel momento nasce una collaborazione che ormai dura da anni. La sua prima mostra collettiva con quattro quadri è del 2007, poi è stata la volta di una mostra personale e via via una serie di importanti esposizioni, tra le quali ricordiamo l’ArtVerona 2009, il Mito del Vero a Milano 2010, Centogiri a Seregno 2009, PiziArte a Teramo 2009, nonché una mostra patrocinata dal Coni a Berlino nel 2009 in occasione dei Mondiali di Atletica con tema lo sport (“la leggerezza nello sport e nell’arte”) e soprattutto la presenza alla celebre esposizione internazionale, la 54ª Biennale di Venezia nel Palazzo delle Esposizioni di Torino e curata da Vittorio Sgarbi. Arrivano anche riconoscimenti importanti: è tra i 10 finalisti del Premio Arte 2009, e soprattutto è tra i 45 giovani artisti più interessanti di paesi come Italia, Francia, Gran Bretagna, Germania, Ungheria e

Spagna (oltre a Cile, Giappone, Usa, Norvegia, Olanda e Serbia) individuati da un gruppo di oltre trecento artisti segnalati dalle Gallerie d’Arte più importanti per il Premio Lissone 2010. Di recente è stato presentato da Beatrice Buscaroli, docente di Arte Contemporanea all’Università di

Per l’artista sancataldese dipingere è anche un viaggio verso una travagliata introspezione Bologna e curatrice di un centinaio delle più rilevanti mostre italiane, alla mostra-evento “Elementi” tenutasi a Catania e che ha visto esporre 20 selezionatissimi artisti. Tra il 18 e il 22 di Ottobre sarà protagonista alla ArtVerona 2012, presentato da una delle più celebri Gallerie d’Arte d’Italia, la Galleria Forni. È indubbiamente un periodo di grosse soddisfazioni nel campo della pittura, che si aggiungono al successo per la direzione del lungometraggio finanziato dal Ministero dei Beni Culturali “Un uomo nuovo”, tratto dal romanzo “Cogli la rosa, evita le spine” e con musiche di un altro straordinario artista sancataldese, Aldo Giordano. Un percorso lavorativo e umano che sta trovando sbocchi interessanti e che ripagano Alessi dei suoi sforzi, dei sacrifici e del coraggio. Ripagano anche una scelta artistica mai banale, portata avanti con una dignità rara nel mondo dell’arte, in un viaggio che ha messo al centro la coerenza con sé stesso, col suo mondo, con la sua idea di arte, senza svendersi mai, senza scendere a compromessi. Alessi si individua facilmente nella corrente dell’iperrealismo, che banalmente può essere semplificato nella riproduzione pittorica di un soggetto fotografico. Nella sua pittura, però, ci sono caratteri che escono dall’ambito di questa corrente, per diventare stile personale, inconsueto e originale. Affascinato dalla figura umana, sembra che l’oggetto del desiderio non

sia l’estetica in sé ma il contenuto dell’anima che la pittura riesce a catturare, con l’ausilio di una foto e luci controllate dall’autore stesso. Alessi parte sempre da qualcosa di reale, di concreto e conosciuto, per poi arrivare alla scoperta dell’irrazionale nella sua consistenza visionaria. Sa che ciascuno di noi ha un “segreto”, una verità che le parole non riuscirebbero a violare ma che, al tempo stesso, lo sguardo, l’espressione e la gestualità umana lascia trapelare goccia a goccia: fotografare e poi dipingere quell’istante è un modo per fermarsi di fronte a quella inarrivabile soglia: frammenti di umanità dispersi attimo dopo attimo ma che sulla tela trovano l’istante rapito dell’eternità, nell’interminabile attesa di svelarsi. Un iperrealismo,

tempo stesso nella dimensione onirica dell’ambiente circostante che diventa materia da plasmare a piacimento. I soggetti non sono mai banali, non lo sono neanche le pose o le luci: tutto è studiato con estrema cura, fa parte di un’idea che prende forma ben prima, praticamente nulla è lasciato al caso; i suoi personaggi sono amici, conoscenti, persone di cui conosce pregi e difetti: oltre a essere una vera esigenza espressiva, questo gli consente di approfondire aspetti molteplici, la tensione, la durezza, la profonda umanità, il senso di solitudine e di indefinibilità, l’amore come desiderio di pace e

Dall’alto “Brainstorming”, “Persistent Traces” e “Interference of frequencies”, alcune delle opere dell’artista Salvatore Alessi

quindi, che non è solo riproduzione estetica. Nei dipinti di Alessi non esiste l’imitazione, neanche come reazione istintiva alla necessità d’espressione: è un lavorìo individuale, instancabile, intimista, che trova la sua purificazione nella tangibilità dei volti, nella concretezza dei corpi, ma al

perdizione al tempo stesso. Ogni soggetto mostra sempre una tensione, emotiva e fisica, verso qualcosa che è al di fuori della tela e che coinvolge l’os-

servatore, che si ritrova ignaro come contenuto inespresso dell’opera. In questo modo, dipingere (e, per noi, osservare) diventa anche un viaggio verso una travagliata introspezione interiore. Il risultato finale non lascia mai dubbi: in ogni tratto è evidente la volontà dell’autore, la sua dote di straordinaria coerenza, sulla tela nessuna infedeltà (volontaria o meno) dal corso tracciato in origine.


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Viale della Regione Fatti in Redazione

Antonio

Urso

“Slancio” alla federazione, “Strappo” con il passato di Donatello Polizzi

Atleta di rilievo, allenatore di successo, dirigente che ha conquistato il vertice della federazione italiana ed europea “La pesistica era l’unico sport, gratuito, accessibile a tutti che all’epoca si poteva praticare a Caltanissetta e che io, figlio di minatore, mi potevo permettere”. Sincero, quasi commosso, nel ricordare il suo inizio nella pesistica e di quanto abbia influito nella sua vita questa disciplina sportiva. Inizia così il racconto del nisseno Antonio Urso, cinquant’anni, presidente dell’EWF (European Weightlifting Federation) e della FIPE (Federazione Italiana Pesistica), oltre

Il lavoro paga. Eravamo 11.000 tesserati, adesso siamo 50.000 che membro esecutivo della Federazione Mondiale di Pesistica. Uomo autentico di sport, al suo secondo mandato in ciascuno degli organi che presiede, con un trascorso di spessore come atleta professionista (campione italiano esordienti, allievi, juniores e due volte agli assoluti) e tecnico della nazionale femminile. “La possibilità di potere competere in manifestazioni nazionali e di andare oltre lo stretto di Messina, rappresentava quasi un sogno. Non potrò mai dimenticare la partecipazione al mio primo campionato italiano esordienti nel 1977, che vinsi, emozione unica ed indescrivibile. Inoltre, devo evidenziare l’appetibilità della prospettiva di lavoro collegata all’ingresso nel gruppo sportivo Fiamme Oro. L’approdo a Roma ha cambiato, in tutti i sensi, il percorso della mia esistenza”. Il futuro contiene le vie del passato. “Devo tutto a Caltanissetta e ad alcuni personaggi straordinari che ho avuto la fortuna di incontrare. In primis, Ettore Pilato, dotato di una volontà immensa e che pur non provenendo dal professionismo, si è inventato la pesistica a Caltanissetta, in uno scantinato, aggregando giovani, per una storia sportiva che ancora oggi continua”. Si snodano ricordi e aneddoti. “La vita nella capitale, le frequentazioni con i professionisti ed i componenti della Nazionale, mi ha ulteriormente spronato. Lì conobbi un grande dello sport tricolore, il generale Ermano Pignatti, direttore sportivo delle Fiamme Oro. Parliamo di un gigante della pesistica, medaglia

di Bronzo alle Olimpiadi di Melbourne del 1956, scienziato dell’allenamento, della cui simpatia ho goduto. E’ stato il mio trampolino di lancio”. Nello stesso tempo altro personaggio di spessore si staglia nell’orizzonte del presidente Antonio Urso, si tratta dell’allora tecnico della Nazionale Woicek Dousa, con il quale durante le sessioni di allenamento s’instaura un rapporto intenso. Lui descrisse la realtà dei paesi dell’est, completamente differente da quella italica, nella quale si fondeva voglia di evadere degli atleti e una metodologia scientifica di allenamento, frutto di una ricerca minuziosa. Com’è avvenuto il passaggio da atleta a dirigente? “Iniziai come allenatore della nazionale femminile, esperienza protrattasi per nove anni, forte dei suggerimenti di Pignatti. Vincemmo due ori, tre argenti e quattro bronzi, in campo internazionale; era la prima volta che accadeva alla nazionale femminile. Nel 2000, l’allora presidente della federazione, mi chiese una mano per curare l’aspetto tecnicodiringenziale. L’esperienza fu negativa e dopo due anni, diedi le dimissioni perché non credevo più in quel modello. Decisi di tornare a fare il tecnico”. La vita riserva sviluppi imprevisti, Antonio Urso riceve una telefonata molto “particolare”; la sua serietà, competenza, lungimiranza, non passa inosservata. “Mi contattarono, un gruppo con a capo la Sicilia, sostenuta da ben altre quattro regioni per chiedermi di candidarmi come presidente. Inizialmente rifiutai, poi riflettendo, intuii che quello poteva essere il modo per cambiare il sistema. Posi però una condizione, avrei valutato con attenzione la qualità delle persone che mi avrebbero affiancato. Venni eletto il 26 febbraio del 2005”. La possibilità di cambiare da dentro il sistema. Quali emozioni riserva e quanto lavoro? “E’ stato un percorso per certi versi avvincente per altri, deprimente perché le cose da cambiare erano tantissime. Abbiamo capito ed individuato le priorità da soddisfare. Inizialmente si è recuperato un buco di bilancio di 400mila euro ed abbiamo ristrutturato il settore tecnico. Incentivata la formazione scientifica dei tecnici. Istituita una scuola di formazione e migliorata la divulgazione scientifica. Ora siamo l’unica federazione che parla di sport a tutte le altre. Otteniamo dalla formazione dei tecnici quasi un milione di euro; l’entità della cifra è ragguardevole se, ad esempio, considerate che il Coni ci da un milione e quattrocentomila euro”. I progressi, che forse per correttezza dovremmo chiamare successi, della Fipe sono costanti ed incisivi. “Stampiamo diecimila copie della rivista, Strenght

& Conditioning, che è distribuita gratuitamente ai nostri tecnici. Abbiamo cambiato il sistema di organizzazione delle gare, con un sistema itinerante

sito una credibilità internazionale elevata che ci ha consentito di aprire molte serrature. Non dimentico, anzi è prioritaria, la nostra lotta al doping, un punto fermo. Nel mondo si fanno più congressi che

parlano di antidoping che non di cardiologia, eppure il doping cresce; forse se ne parla soltanto. Chiudo con un dato che fotografa la situazione italiana, eravamo undicimila tesserati, siamo adesso cinquantamila”. Giunge poi la poltrona di presidente dell’EWF. “Anche quella è una vicenda particolare, in centodieci anni nessun italiano era mai stato presidente di un organo internazionale. Io lo sono

Amarcord in bianco e nero

La foto racconta del primo successo del “giovane” Urso atleta. Affidiamo alle sue parole il racconto di queste emozioni.

“Rappresenta figurativamente la mia prima vittoria ad un campionato italiano di pesistica, ma nella sua essenza molto, molto di più. Non avevo fino a quel giorno idea di cosa potesse rappresentare in ambito nazionale il mio risultato fatto fino ad allora solo in allenamento. Ero convinto che avrei incontrato molti altri ragazzi più forti di me, andavo pertanto a San Marino solo con l’intenzione di capire di più e meglio questo mondo della pesistica. La vittoria e il record italiano nello strappo furono, oltre che una grande soddisfazione, assolutamente illuminanti, capii che con questo sport ci avrei trascorso un’intera vita.”

che garantisce professionalità. Abbiamo ideato un sistema di gestione elettroniche delle gare che ha cambiato la modalità dei giudici, degli atleti e dei tecnici di stare in gara. Nel 2006 è stato acquistato dall’Eleiko ed è diventato lo standard per tutto il mondo. Abbiamo acqui-

diventato a quarantacinque anni, dopo un illuminato di questo sport, Waldemar Baszanowski, emerito della pesistica. Quando decise di ritirarsi tutti attendevamo che designasse il suo successore; era partito il toto-nomi che ovviamente, in termini di previsioni, non conteneva il mio. Lui, a sorpresa, durante i campionati europei di Lignano del 2008, (fino ad adesso la migliore manifestazione mai organizzata, e questo è un vanto nazionale) chiese che la fiducia che per anni era stata accordata a lui, fosse riversata su di me. Ero incredulo ma orgoglioso. Il mio secondo mandato europeo, iniziato nel febbraio di quest’anno, è anche l’ultimo, così come per quello italiano. Diamo spazio ad altri. Tocca ai..giovani”. Adesso cosa rimane da fare? “Ancora tanto! Io guiderò la Fipe fino alle Olimpiadi di Rio del 2016 e poi, …sto studiando chitarra brasiliana, magari resto a Copacabana. A parte ogni scherzo, voglio tornare alla scienza dell’allenamento”. Determinato, volitivo, propositivo e non attaccato alla poltrona; ce ne vorrebbero molti di più come lui in tutti i settori. Antonio Urso, è un uomo di…peso, anzi di pesistica!


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Fatti & Vallone

“FIAT LUX”

il Manfredi

rinasce dalle “ceneri”

Dopo oltre 30 anni il nuovo cineteatro, che sarà inaugurato nel 2013, si candida a “capitale” della cultura del Vallone. Calogero Moscato

di Osvaldo Barba

S

embra destino di questa testata giornalistica occuparsi di cineteatri del Vallone. Dopo aver trattato e quasi profetizzato il destino del “Marconi” di San Cataldo, riconsegnato qualche settimana fa all’amministrazéne comunale, tocca adesso all’altrettanto conosciuto “cugino” mussomelese, il “Cine-teatro Manfreda”. Completamente ristrutturato e con un investimento di qualche milione di euro, dopo oltre tre anni di lavoro, nel 2013 dovrebbe ufficialmente rivedere la luce con una nuova veste. Con oltre 500 posti a sedere il cineteatro mussomelese si candida a diventare il secondo di tutta la provincia nissena in ordine di capienza. Abbiamo incontrato il consulente esterno del sindaco, il dott Calogero Moscato, che è stato incaricato dell’organizzazione e della programmazione del nuovo cineteatro “Manfreda”. 30 anni fa circa l’allora storico “CINE MANFREDA” proiettava l’ultima pellicola. Prima di questo incarico, aveva mai sentito parlare di questo pezzo di storia mussomelese? Come qualcuno sa, frequento Mussomeli da una ventina d’anni, ed essendomi occupato, da sempre di attività culturali e di teatri, è stata una delle prime domande che ho fatto ai miei amici mussomelesi. E così come accade “normalmente” in Sicilia, mi hanno raccontato della parabola discendente del cineteatro Manfreda che è molto simile a tanti altri teatri della nostra Italia. Poi nel 2005, quando venni a Mussomeli con Angelo Branduardi per presentare la sua Opera musicale e teatrale su San Francesco il sindaco di allora mi portò davanti alla porta del Cine-Teatro Manfreda e mi confesso che il suo sogno era di riuscire a riaprire quel teatro. Sono passati sette anni ed eccomi qua con un altro sindaco galantuomo che si è messo in testa di restituire

alla città un teatro, mentre in altri luoghi, i cinema e i teatri continuano a trasformarsi in sale bingo e supermercati. Il “CINE MANFREDA” come la feni-

ce: dalle sue ceneri un nuovo grande cineteatro. Funzionerà? Come ho avuto modo di dire già in altre occasioni, ritengo sia già un evento pensare di riaprire un teatro. Quando il sindaco Calà, nel nostro primo incontro mi parlò del ci-

Il comune deve fare la propria parte nell’utilizzo e nella gestione degli spazi ne-teatro, gli dissi subito che secondo me a Mussomeli non aveva senso riaprire un Cineteatro per gestirlo in maniera “classica” ma piuttosto pensare ad uno spazio culturale attrezzato e funzionale a diverse attività. Un cinema che potesse anche essere anche uno “spazio” per la musica, la danza, il teatro, convegni, incontri culturali ecc.ecc. Per la crisi economica il Governo ha tagliato anche e soprattutto fondi per lo spettacolo. Chiudono grandi teatri e cinema storici. Cosa prevede per Mussomeli? Sono ormai diversi decenni che nei momenti di crisi il

primo taglio ai fondi si faccia sulla cultura, anzi cultura e attività so-

ciali per essere precisi. Nonostante ciò, alcuni teatri sono stati riaperti e funzionano, altri si sono riaperti e richiusi o trasformati in altro. Io ritengo che la gestione di uno spazio culturale sia il vero “tema” da affrontare. E, infatti, secondo me, riaprire un cinema commerciale a Mussomeli, avrebbe poco senso. Siamo nell’era della multisala, e tutte le monosale, anche in grandi città, soffrono o sono prossime alla chiusura o se possono, si trasformano in multisala. Da subito, quindi, ho fatto presente al sindaco che il cinema si doveva fare, ma non lo si poteva lasciare come unica attività. Dalla vicino San Cataldo giunge l’idea di creare una rete di cineteatri provinciali e regionali. Cosa ne pensa in merito? Penso che sia un’ottima idea, dobbiamo imparare a “fare rete”, collaborare, creare sinergie con altri spazi culturali. E’ di fondamentale importanza instaurare un dialogo trai teatri vicini senza invidie e gelosie, creando occasioni ed opportunità di crescita culturale per le nostre città ed i nostri cittadini. Non so quanto durerà il mio incarico, ma io sono pronto già da subito ad incontrarmi con gli altri responsabili dei teatri del “vallone” e della provincia ed anche con chi un teatro non ce l’ha, per dirgli che quello di Mussomeli può essere anche il suo.

L’associazione teatrale sancataldese “Officina Teatro” si è affidata alla consulenza artistica di Alberto Longoni, in arte Jack La Cayenne. Condivide, sottoscrive o “rilancia”? Essere supportati da professionisti che hanno fatto dell’arte e del teatro la propria vita, e mettere questa esperienza e professionalità al servizio di chi non ce l’ha, non può che essere cosa buona. L’Associazione teatrale sancataldese “Officina Teatro”, secondo me ha fatto benissimo ad affidarsi ad un consulente

esterno di questo calibro, da un punto di vista artistico può mettere a disposizione tutta la sua esperienza e tutta la sua “rubrica”, aspetto questo che non va sottovalutato, i contatti personali in questo come in altri ambienti sono fondamentali. Fantastichiamo un po’ e parliamo di risvolti socioeconomici del nuovo cinemateatro. Ce ne saranno? L’aspetto della gestione è sicuramente il più “rognoso” . Scegliere uno o più modelli di gestione che consentano ai teatri minori di autogestire le proprie risorse economiche e divenire strumento di sviluppo per il territorio circostante e il primo problema da risolvere, ma è anche il primo

obiettivo da raggiungere. La cultura costa, può diventare una risorsa anche economica, ma ci vuole tempo e competenze. Ho suggerito al sindaco di pensare ad una gestione pubblico-privata dove il Comune deve fare la propria parte nell’utilizzo e la gestione dello spazio, dando però la possibilità ad un privato, attraverso un bando pubblico, di svolgere la propria attività con proprie risorse. Per questo abbiamo predisposto un avviso pubblico per una manifestazione di interesse, nella quale il comune chiede ai privati di farsi avanti per dire come intende svolgere la sua attività con quale progetto artistico, con quali risorse finanziarie. A questo punto


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Ottobre

Dobbiamo “fare rete”, creare sinergie con altri spazi culturali diventa fondamentale per la scelta del gestore che questo sia in grado di reperire fondi sia pubblici che privati. Un mio amico consulente aziendale mi dice sempre che in Sicilia tutto è finanziabile basta sapere e conoscere gli strumenti per ricevere tali finanziamenti. La definiscono una persona intellettualmente onesta. Mi dica dunque: quante sono le reali probabilità che il cineteatro possa funzionare…… inaugurazione a parte? La ringrazio per la definizione, le posso assicurare che è vero. Quando il sindaco, dopo qualche giorno dal mio incarico mi comunica che da qualcuno era stato giudicato prematuro, decidemmo subito di spiegare agli scettici che l’intento era stato quello di evitare di riaprire un cineteatro, fare l’inaugurazione, e poi decidere cosa farne. E’ siccome parliamo di cinema, le confesso che di questi “film” in giro ne ho visto parecchi. Invece, partire per tempo, organizzarsi con i futuri gestori, avere il tempo di

programmare e di pensare ad un vero Progetto Culturale per la città e per la provincia è fondamentale. Avere qualche mese per lavorare, per conoscere, selezionare e pensare al miglior modello di gestione possibile le assicuro che è importante. Ed è proprio per questo che credo possa funzionare, però dobbiamo crederci in tanti perché poi è facile, non fare niente, non impegnarsi per raggiungere l’obiettivo, e poi dire “io l’avevo detto”. Il teatro non è del sindaco né

tanto meno mio, è di Mussomeli e quindi la sua riapertura e il suo funzionamento diven-

ta importante per la città, per i suoi giovani e per chi crede che nella crescita di qualsiasi individuo la cultura abbia un ruolo fondamentale, dove per cultura intendo, istruzione, emozione, esperienza, creatività, curiosità, benessere, socialità, condivisione, ecc. ecc. Quanto ha potuto fare da consulente in appena tre mesi di incarico? Sono stati tre mesi

molto intensi, il mio intervento si articola su due aspetti: uno prettamente tecnico,

AVVISI GIUDIZIARI TRIBUNALE DI CALTANISSETTA

ESPROPRIAZIONE IMMOBILIARE Procedimento esecutivo n.45/2006 R. Es. Imm. Il Cancelliere rende che il 21/11/12 ore 12,30 nella sala delle pubbliche udienze di questo Tribunale avrà luogo la vendita senza incanto dei seguenti beni immobili: Lotto Uno: Diritto reale di proprietà su casa di abitazione in Caltanissetta Via Vicolo Stella n.3 ,piano secondo, in catasto al foglio 296, part. 535 sub 5, ctg A/5,Cl. II, vani 2,5, Rendita 77,73. Lotto Due: Diritto reale di proprietà su piccolo appartamento di abitazione in Caltanissetta Via Vicolo Stella n.3, piano primo composto da due piccoli vani e un sottoscala, in catasto al fg 296, part.535 sub 3, ctg A/5, cl IV, vani 1,5, rendita 43,38. Il tutto come meglio descritto in perizia agli atti Prezzo minimo dell’offerta €.11,250,00 lotto Uno; Prezzo minimo dell’offerta € 10.284,00 lotto Due; Le offerte – redatte secondo le modalità e le indicazioni contenute nell’ordinanza di vendita - dovranno essere presentate in bollo, in busta chiusa indirizzata alla Cancelleria del Tribunale Civile di Caltanissetta – Ufficio Esecuzioni Immobiliari- entro le ore 12,00 del giorno precedente la data fissata per l’esame delle offerte. Nel caso in cui la vendita senza incanto per qualsiasi motivo non dovesse avere luogo, si terrà la vendita con incanto il giorno 12/12//2012 alle ore 12;30 al prezzo base d’asta di cui alla vendita senza incanto e con offerta minima in aumento per ciascun lotto di €1000,00. Le domande di partecipazione alla vendita con incanto redatte con le modalità ed indicazioni contenute nell’ordinanza di vendita dovranno essere presentante in bollo, in busta chiusa ed indirizzate alla cancelleria del Tribunale Civile di Caltanissetta- Ufficio Esecuzioni Immobiliari, entro le ore 12 del giorno precedente a quello stabilito per l’incanto. Maggiori informazioni, possono essere fornite dalla cancelleria e dal custode giudiziario Avv. Vincenza Caruso con studio in Mussomeli P.tta P. Sorce, 5 Tel 0934/991512 e sul sito internet www.astegiudiziarie.it Ulteriori informazioni possono essere richiesti presso il nominato delegato e custode giudiziario ed è possibile visionare l’avviso di vendita e la perizia di stima sui siti www.astegiudiziarie.it e www. asteannunci.it Mussomeli 14/07/2011. Il delegato Avv. Vincenza Caruso

TRIBUNALE DI CALTANISSETTA

ESEC. IMM. N. 162/88 R.G.E. Lotto Unico - Comune di Riesi (CL), Via Mirisola, 56. Unità abitativa sviluppantesi su 2 piani composta da ripostiglio di mq 34 al p. terra e vano, cucina, bagno e balcone di mq 37 al p. 1º. In catasto Fg 34, part. 1479, sub 9. Prezzo base: Euro 31.865,53. Vendita senza incanto: 20/12/2012 ore 16.30, innanzi al professionista delegato Avv. Rita Iannello presso lo studio in Caltanissetta, Via M. Guttadauria, 6. Deposito offerte entro le 12 del 19/12/2012 presso lo studio del delegato. In caso di mancanza di offerte, vendita con incanto: 10/01/2013 ore 17.00 allo stesso prezzo base aumento minimo Euro 1.600,00. Maggiori info presso il delegato, tel. 0934/565538 h. 16.30 - 18.30 e su www.astegiudiziarie. it. (Cod. A207681).

sui lavori e sulle attrezzature di cui sarà dotato il CineTeatro. Con l’aiuto di alcuni tecnici specializzati ho provato a

attrezzature da utilizzare per rendere lo spazio più moderno e funzionale alle attività che potranno essere ospitate. L’altro invece, consiste nel

dare dei suggerimenti su alcuni interventi che potevano migliorare la struttura e sulle

provare a gettare le basi, attraverso la stesura di un avviso di manifestazione di interesse, che potesse già da subito dare un identikit del gestore che ci piacerebbe avere al Manfredi. In ogni caso sarà nostra cura accertarci che l’aggiudicatario abbia veramente tutti i requisiti che gli hanno permesso di essere il primo in graduatoria e che queste sue prerogative siano verificabili in concreto attraverso un progetto culturale vero e sostenibile. La sensazione quasi generale è che questa nuova imponente opera possa essere

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l’ennesimo spreco di denaro pubblico. Condivide? Secondo me gli sprechi di denaro sono altri, non quando si parla di riaprire un teatro e creare le condizioni per farlo funzionare, ce ne fossero di sprechi così. Di sprechi in campo culturale per fortuna ce ne sono pochi, mi spiego meglio, non entro nel merito dei finanziamenti direttamente promossi dagli enti pubblici locali, gli assessorati regionali per esempio in tempi recenti “sprecavano” denaro pubblico con iniziative che per fortuna hanno destato sospetto anche negli organi inquirenti e per i quali stanno indagando. Il rovescio della medaglia è che invece ci sono delle ottime leggi regionali che invece finanziano varie attività (musicali, teatro, cinema ecc.) che dettano delle regole precise per attingere ai contributi, che lasciano poco spazio alla “creatività” del politico di turno. Il punto è, che i capitoli di spesa di queste leggi andrebbero aumentati, spostando lì i soldi che invece adesso “sprecano” i “creativi”. Su questo argomento potrei parlare per ore, magari un’altra volta. Per concludere, so che il suo incarico non lo prevede, ma se dovesse suggerire un nome per questo nuovo cineteatro, a cosa si inspirerebbe? Il nome c’è, Cine-Teatro Manfredi, non ci sono dubbi per quanto mi riguarda.


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Comunicazione Pubblicitaria

A Caltanissetta apre Café Crème “Esportare le tradizioni della nostra terra…importare l’atmosfera di altre… un tocco di eleganza… ricerca della Qualità. Il nostro obiettivo.” Era questo il primo messaggio che, nella scorsa primavera, principalmente per celare l’inizio dei lavori di una nuova attività , era apparso all’esterno del locale sito tra il Mc Donald’s e la filiale della banca Sant’Angelo in via Leone XIII. Messaggio che, allora lanciato senza fare rumore, vuole introdurre la filosofia di questa nuova azienda, che il mese scorso ha iniziato a pubblicizzarsi in diversi modi nell’ambito nisseno. Il metodo è stato sempre lo stesso, quello di una pubblicità “teaser” ovvero un crescendo di messaggi e immagini volti a incuriosire il pubblico che è giunto fino alla fase

attuale, dove l’ incremento del materiale pubblicitario vuole intendere che questo progetto imprenditoriale è pronto per diventare una realtà : proprio all’ingresso della città apre

Café Creme Caltanissetta. Un nuovo punto vendita di caffetteria – pasticceria - gelateria del marchio italiano che vuole fare

Café Crème un marchio che vuole fare della qualità in tutti gli ambiti la sua identità della qualità in tutti gli ambiti, la sua identità. Principalmente i prodotti, sui quali è iniziato da tempo un lavoro di ricerca e perfezionamento da parte di un team di professionisti selezionati di caratura internazionale, ma altrettanto importanti per la direzione sono il servizio, l’ambient , la cura dei minimi dettagli. Café Creme vuole presentarsi come punto di riferimento del Food nisseno, riunendo in un unico punto vendita più concetti:- Quello della Gran Caffetteria, offrendo realmente un nuovo “mondo” esemplificabile con una delle tantissime novità, quella di proporre in esclusiva diversi tipi di caffè provenienti dalle migliori zone di tre diversi continenti, tra cui miscele e le pregiatissime monoorigini, con cui dare vita a un vero e proprio atelier del chicco; - Il concetto della Dolceria,

volutamente chiamata cosi per importare un termine oggi poco utilizzato ma ricco di tradizione, e al tempo stesso, per presentare una Pasticceria dal punto di vista qualitativo rivoluzionaria – anche qui – per via di golosissime novità, che si affiancano a quelle più eclatanti che Café Creme vuole proporre fregiandosi già di un prodotto di eccellenza : il Gelato. Un dolce nobile e antichissimo che oggi è vittima della modernizzazione dei processi produttivi ma soprattutto di politiche aziendali che decantano “ il gelato come una volta “. A questo punto è necessario dire chiaramente che, purtroppo, questo slogan tende attualmente a tradursi in fatti concreti solo in una mossa di marketing: cosa si intende per “ il gelato come una volta” ? Forse si intende “rea-

lizzare un gelato nel modo più naturale possibile”? Altro non si potrebbe affermare, anche perché una volta il gelato ,si può ricordare , veniva fatto in cucina , in parole povere “ai fornelli” e con molto meno ingredienti, chimici

Via Leone XIII, 101 Caltanissetta

e non. E si dovrebbe dire molto altro ovviamente ; ma in breve, queste politiche sono volte in realtà a una produzione conveniente in tutti i sensi, ingannando il consumatore alla ricerca del vero gelato. Invece sarebbe d’obbligo in generale fare vedere chiaramente come e cosa si lavora in laboratorio,altra grande innovazione che sarà possibile apprezzare all’interno del punto vendita del franchising italiano; e nella fattispecie la differenza tra un gelato apparentemente e uno veramente naturale, realizzato da chi è in grado di farlo e vuole farlo. Chi grazie alle sue conoscenze professionali , mette a punto nient’altro che un sistema di produzione , grazie a strutture e know-how,

che permette di iniziare la lavorazione del prodotto dagli ingredienti principali senza l’utilizzo di basi, addensanti chimici e molto altro per arrivare

passo passo a un risultato assolutamente d’eccezione. tutte queste idee non possono che essere mostrate in un Ambient all’altezza della situazione dove forme, spazio,colori,profumi e anche suoni ricercati sublimano in un atmosfera di respiro continentale. Dunque le premesse per poter una realtà del genere a Caltanissetta ci sono tutte e per poterla apprezzare in attività non resta che aspettare che venga comunicata la ormai prossima data di inaugurazione. Dunque… Ladies and Gentlemen… vi presentiamo…


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Fatti & società

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Festività dei defunti

“u pupu ri zuccaru”

C’era una volta... di Annalisa Giunta Si avvicina la “Festa dei morti”, una ricorrenza risalente al X secolo, molto sentita in Sicilia. Le nuove generazioni hanno un po’ dimenticato il vero significato della festa dei defunti, trasformata dalla società del consumo e dello spettacolo in occasione per intensificare le strategie di marketing e speculare sulla ricorrenza della commemorazione dei defunti. Con l’inizio dell’autunno impazzano ormai ovunque le teste di zucca e si pensa al veglione di Halloween; ed ecco che si vedono in giro maschere di streghe, mostri, fantasmi, teschi, vampiri e pipistrelli. Una festa quest’ultima di tradizione americana che si è italianizzata riscuotendo negli ultimi anni successo tra i più giovani con serate organizzate all’insegna dell’horror nelle discoteche, nei pub e altri locali. Un’idea lontana da quella che è la tradizione. Si narra che anticamente nella notte tra l’1 ed il 2 novembre i defunti visitassero i propri cari portando doni ai più piccini. Ancora oggi, nel primo mattino, molti bambini ricevono giocattoli che vengono acquistati dai genitori e dai parenti nelle tradizionali “fiere” e opportunamente nascosti nella notte in qualche angolo della casa, per poi essere presentati ai destinatari come doni ricevuti dai parenti scomparsi. Tradizione vuole che i bambini vengano destati alle prime luci dell’alba ed invitati a cercare i regali dopo aver recitato i versi: “Armi santi, armi santi/ io sugnu unu e vuatri tanti/ Mentri sugnu’ni stu munnu di guai/ cosi ri morti mittiminni assai”. Oltre a giocattoli di ogni sorta, esiste l’usanza di regalare scarpe nuove, tal-

volta piene di dolcetti, come i particolari biscotti tipici di questa festa: le ossa di morto, i taralli, le ramette, la frutta secca e i cioccolatini, la frutta martorana e i ‘Pupi ri zuccaru’ statuette di zucchero dipinte, rappresentanti figure tradizionali come i Paladini. “Da piccolo - ricorda Lillo Defraia, presidente dell’associazione Ducezio - non riuscivo a dormine la notte aspettando i nonni e i parenti defunti che dovevano portarmi i regali da scartare l’indomani mattina come era usanza fare e confrontare con gli altri bambini il pupo di zucchero più grande che per noi maschietti era il cavaliere, mentre per le bambine erano le ballerine e le bambole. Oltre questi dolci trovavamo le ossa di morto, la frutta martorana, le rame di miele, i taralli e un paio di scarpe ed era una grande festa. Questo gesto suscitava in noi il senso di riconoscenza verso i nostri cari defunti e così ci recavamo al cimitero per ringraziarli portando loro un fiore. Oggi la tradizione si è persa e si sente sempre più spesso parlare di Halloween, una ricorrenza pagana”. “Noi pasticceri aderenti all’associazione Ducezio – prosegue Defraia – lottiamo per valorizzare le materie prime che ci offre il nostro territorio e mantenere vive le tradizioni. A tal fine abbiamo organizzato diverse manifestazioni, tra le quali ‘S-culture di zucchero’ occasione durante la quale abbiamo realizzato con le colate di

zucchero delle vere e proprie opere d’arte sui calchi creati da artisti e scultori locali. Un modo di rappresentare i ‘pupi ri zuccaro’ del futuro, una manifestazione che ha avuto un grande successo e un risveglio di questa tradizione, anche se per motivi di certo non legati a noi non abbiamo potuto continuare questo percorso, rischiando così di far morire certe tradizioni”. “Ricordi amo –

aggiunge Defraia – che i ‘pupi ri zucchero’ sono una tradizione esclusivamente palermitana, dove vengono chiamati ‘pupi a cena’ o ‘pupaccena’, per via di una leggenda che narra di un nobile arabo caduto in miseria, che li offrì ai suoi ospiti per sopperire

Il pasticcere Lillo Defraia presidente dell’associazione Ducezio

alla mancanza di cibo prelibato. Tracce delle lavorazione dello zucchero si riscontrano già nel settecento dove si realizzavano delle vere e proprie opere d’arte come quelle realizzate con il vetro di murano di cui la lavorazione è simile. Nell’ottocento anche noi pasticceri

opere d’arte per la sorprendente somiglianza ai frutti veri. Il nome martorana deriva dalla chiesa della Martorana di Palermo, dove a partire dal XII secolo le monache di clausura per sostituire i frutti raccolti dal loro giardino ne crearono di nuovi con mandorla e zucchero, per abbellire il convento in occasione della visita del papa. Tradizione che

nisseni abbiamo cominciato a lavorare lo zucchero diventando una presenza stabile su i banconi delle pasticcerie e nelle bancarelle. Mentre la frutta martorana è un dolce lavorato con la farina di mandorle e poi dipinto, a cui viene data la forma di vari tipi di frutta, alcune elaborazioni sono delle vere e proprie

è stata portata avanti dai pasticceri siciliani che hanno con il tempo arricchito e trasformato quest’arte”. “I bambini oggi – conclude Lillo Defraia – prediligono giocattoli e i ‘morti li accontentano’, ma sino a qualche anno fa, mangiare un dolce era già un lusso. Invito i genitori nella notte di halloween a nascondere un dono sotto il letto dei propri figli e a raccontare che nella notte i morti hanno portato loro questo regalo, sarebbe un modo meraviglioso per farli rivivere”.


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Le

“Opere inedite” del Biangardi

di Alessandro Maria Barrafranca

E

siste in città un gruppo di opere “inedite” realizzate dal noto scultore napoletano Francesco Biangardi, autore – insieme al figlio Vincenzo – delle nostre “vare” del giovedì santo e di molti altri capolavori presenti sul territorio regionale. I nuovi studi, che consentono di arricchire ulteriormente il già cospicuo patrimonio statuario lasciato dall’artista partenopeo, per cui i nisseni nutrono una particolare predilezione, hanno portato all’individuazione di tre sculture di grande interesse storico-devozionale, ancora non annoverate nel catalogo delle opere biangardiane.

martire eseguita in tecnica mista - uniforme a quella adoperata per i gruppi sacri del giovedì santo (tela-olona, gesso, colla, cartapesta, legno e sughero) – presenta tutte le caratteristiche dell’arte figurativa popolare napoletana tipica delle opere presepiali di fine Ottocento, nella quale si denota, nonostante la ridipintura, un’equilibrata vivacità di colore e una ricercata lettura della spiritualità interiore, più che della perfezione delle forme, concetto questo proprio della scuola partenopea del XIX secolo. La Santa, riprodotta con dimensioni uguali al naturale, è ritratta distesa su di un fianco con il viso rivolto verso l’alto

Una delle statue scoperte dallo scrivente, alcune delle quali non riscontrabili fra le fonti bibliografiche lasciateci dagli storiografi locali, è da anni posta, senza che alcuno si accorgesse della sua paternità, alla pubblica venerazione presso l’antica chiesa dell’Immacolata dei Padri Conventuali di San Francesco, sotto il secondo altare della navata di destra. La scultura raffigurante Santa Agnese

in atteggiamento di contemplazione, mentre stringe, sotto il braccio destro, un piccolo agnello simbolo del suo martirio – pare utilizzato anche come soprannome per esplicarne le sue qualità – e divenuto con il tempo attributo iconografico, ovvero, una propria ed esclusiva caratteristica formale. Nel basamento – celato dal telaio che sorregge il vetro della teca che la custodisce – è riscontrabile la firma dell’au-

in città

tore e la data di realizzazione (al centro «S. Agnese V. e M.», sulla sinistra «Costruita dallo scultore Francesco Biangardi 1900, Emma G. restaurò 1975 in San Cataldo»). Una seconda statua, individuata nel corso delle ricerche è quella che da anni giace abbandonata e ricoperta dal guano dei colombi nel sottotetto della chiesa di Sant’Agata al Collegio, senza che alcuno, dopo la scoperta fatta anni addietro dallo scrivente, se ne sia curato. L’opera attribuibile al Biangardi, dai tratti somigliantissimi alle sculture presenti nei Misteri del giovedì santo nisseno, mostra, nel delicato equilibrio cromatico del volto e nella trattazione dei panneggi, la firma autografa dell’autore, facendo inoltre ipotizzare, per via della perfetta esecuzione delle parti anatomiche e della minuziosa cura d’intaglio delle mani lignee, ad un lavoro eseguito con il figlio Vincenzo morto prematuramente a Caltanissetta il 23 settembre del 1890. La statua, simile nella posa all’immagine di Santa Agnese, raffigura un monaco, dalle vesti color antracite, in posizione sdraiata nel classico atteggiamento di chi sta per riposare. La particolare colorazione del saio fa pensare che la stessa ritragga un religioso dell’ordine dei Benedettini, o meglio un abate - identificabile per mezzo della mitra di colore bianco che figura ai suoi piedi - il ché potrebbe essere riconducibile ad una raffigurazione di San Benedetto da Norcia (Norcia 480 – monastero di Montecassino 21 marzo 547), religioso italiano, fratello di Santa Scolastica, fondatore dell’ordine dei Benedettini proclamato nel 1964, da Papa Paolo VI, patrono d’Europa, i cui attributi iconografici sono proprio l’abito nero e la mitra da abate.

La scultura plausibilmente è realizzata, alcuni anni dopo il trasferimento del Biangardi a Caltanissetta, su commissione dell’allora parroco della chiesa di Sant’Agata Don Nicolò Sciales appartenente alla Congregazione monastica Olivetana dal latino Congregatio Sanctae Mariae Montis Oliveti - appartenente proprio all’ordine di San Benedetto. Questa congregazione sorta presso la città di Siena, come comunità eremita a opera del beato Benedetto Tolomei, passo al cenobitismo sotto la regola di San Benedetto e da qui il legame e la profonda devozione per il santo. Tuttavia, in assenza di documentazione cartacea o di qualunque iscrizione posta sul basamento dell’opera, che confermi tale ipotesi, i dubbi sulla committenza e su chi effettivamente questa rappresenti permangono. A queste due “inedite” statue, di cui finora non era stata accertata la paternità, se ne aggiunge una terza raffigurante la Madonna Ausiliatrice, un tempo custodiva presso la chiesa di Santa Maria Maggiore detta della Saccara, nell’omonimo quartiere. La scultura polimaterica, della quale oggi non si trova più traccia, effigiava la Vergine secondo il concetto iconografico definito, su indicazione di San Giovanni Bosco, nel corso del XIX secolo dal pittore Tommaso Andrea Lorenzone (1824 – 1902). Questa immagine mariana voluta dal cooperatore Salesiano professore Michele Cucugliata, fautore insieme alla moglie Gaetana Amico della diffusione in città del culto per l’Ausiliatrice nella piccola cappella rurale di contrada Firrio, venne commissionata al Biangardi nel 1905, con l’intendo di accrescerne ancor più la devozione per tale immagine. Questi, sobbarcandosi le non indifferenti spese, fa costruire dall’artista napoletano anche un elegante piedistallo su cui la nuova statua trova posto per una processione che si organizza nel capoluogo la sera del 28 maggio, giorno in cui – come attestano le cronache locali del tempo – questa, abbellita da una collana d’oro, un bracciale, due anelli e un paio di orecchini (dono dalla signora Amico), uscendo dal Duomo, è condotta, con l’intervento del Capitolo, del Seminario, delle congregazioni religiose e della banda musicale dell’Ospizio di Beneficenza Umberto I, presso la chiesa della Saccara. Lì, la scultura è consegnata all’allora Rettore come sacro deposito insieme al basamento, con l’obbligo che questi la restituisca nel momento in cui, per mezzo dell’opera dei cooperatori salesiani, si edifichi un tempio dedicato all’Ausiliatrice. Tuttavia della sacra immagine, trasferita presso la chiesa di San Sebastiano nella prima metà del secolo scorso, si perde ogni traccia. Oltre alle tre sculture individuate in città, nel corso delle indagini si è rinvenuta una quarta raffigurante il Cristo Risorto, scoperta fuori regione e precisamente nella città di Rizziconi, paesino della Piana di Gioia Tauro, in provincia di Reggio Calabria. L’opera, visibile nella chiesa del Santissimo Ro-

Sopra la statua di Sant’Agnese realizzata dal Biangardi nel 1900. A sinistra San Benedetto da Norcia (?) Sotto la statua del Cristo risorto (Rizziconi)

sario insieme alle statue della Vergine Maria e di San Giovanni Apostolo - di altri autori - si presenta uniforme nello stile a quella realizzata a Caltanissetta per la rettoria di San Sebastiano e oggi nella sacrestia del Vescovo presso la Cattedrale. L’immagine del Risorto posta su base lignea con angoli smussati e dipinta in finto marmo con cornici in argento meccato - supporto tipico dell’arte popolare napoletana di fine Ottocento - si rifà alla tradizione iconografica della Resurrezione in cui il Cristo appare, avvolto da un manto color cinabro, benedicente e armato di bandiera bianca crociata. La scultura, adoperata per la tradizionale “Affruntata”, ovvero la rappresentazione dell’incontro tra la Madonna e il figlio risorto svolta per merito della laicale Confraternita del Santissimo Rosario il giorno di Pasqua, può essere annoverata fra le numerose opere realizzate dal Biangardi sul territorio calabrese, in cui lo scultore risedette in un periodo compreso tra il 1864 e il 1873, anno del suo trasferimento a Mussomeli. Ciò comunque non escluderebbe che la stessa sia stata commissionata anche in un periodo di tempo successivo all’arrivo dell’artista in Sicilia. Il ritrovamento di queste quattro opere d’arte, dal carattere spiccatamente devozionale, si rivela, pertanto, un’interessante scoperta che offre l’opportunità di arricchire ulteriormente il già cospicuo patrimonio statuario lasciato dall’artista napoletano, il quale ricordiamo lavorò a Caltanissetta tra la fine degli anni ottanta dell’Ottocento e i primi anni del secolo seguente, offrendo al contempo un’occasione per rileggere correttamente l’operato e le tecniche di questo scultore molto amato dai nisseni.


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