il Fatto Nisseno - marzo 2012

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Marzo

Mensile di approfondimento Direzione Editoriale: Michele Spena

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redazione: Viale della Regione, 6 Caltanissetta

ISSN: 2039/7070

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Anno II Num. 11

- Tel/Fax: 0934 594864

Poste Italiane S.p.A. - Sped. in Abbonamento Postale D.L. 353/2003 conv. N. 46 art. 1 comma 1. Sud /CL

- Stampa: STS S.p.A. Zona industriale Vª Strada, Catania - Reg. Tribunale di Caltanissetta n° 224 del 24/02/2011

SAN CATALDO

CALCIO NEL CAPOLUOGO

SETTIMANA SANTA

Il sindaco Di Forti: “Non mi ricandido”

La Nissa nel pallone nell’anno dei 3 presidenti

Il Capitano Ricotta e il suo sogno di sempre

C. Costanzo

alle pagine 22 e 23

a pagina 14

M. Benanti

a pagina 5

...da Palazzo del Carmine S. Mingoia

Revisori, la “patata bollente” nelle mani di Zummo

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ischia di finire a colpi di carta bollata la contestata elezione dei componenti del collegio dei Revisori dei Conti di Palazzo del Carmine. Allora da una parte ci sono i revisori eletti: Massimo Bellomo presidente e Luigi Tricoli e Paolo Buono che sono pronti a fare ricorso nell’eventualità che la seduta del consiglio per le votazioni dovesse ripetersi con esito sfavorevole per loro; dall’altro c’è il primo dei non eletti Fausto Assennato (in quota amministrazione comunale e consiglieri di maggioranza) che minaccia pure lui ricorso perché ritiene illegittima quella votazione per la presenza ed il voto in aula di Lorenzo Tricoli fratello di Luigi. Sul fronte del consiglio e dei consiglieri comunali i pareri sono discordanti. segue a pagina 2

Fatti e Territorio

La Bcc Toniolo orgogliosa del suo futuro “Beato” “La notizia della beatificazione di Giuseppe Toniolo, grande economista e sociologo cattolico italiano, ha un significato molto importante non solo per la Banca di Credito Cooperativo di San Cataldo, che ne porta il nome, ma anche per tutto il movimento del credito cooperativo e per la comunità locale”. Dice così il presidente della BCC sancataldese Salvatore Saporito. “E’ una notizia – continua – che in qualche modo ribadisce il significato del nostro impegno economico e sociale che, oggi a maggior ragione, deve continuare ad ispirarsi al pensiero cristiano che pone l’uomo al centro della società. segue a pagina 24

Caltanissetta

capitale della legalità, adesso occorre lo sviluppo “Sono arrivata in Sicilia otto anni fa ed era una camminata nel deserto. C’era Crocetta che aveva intrapreso una vera e propria battaglia contro la mafia. Ho detto: “che Dio lo aiuti”. Poi sono arriva-

ti Montante e Lo Bello, ma erano molto soli. Hanno continuato cocciutamente a portare avanti la loro battaglia e a Caltanissetta erano come apostoli nel deserto”. Ha esordito così il ministro dell’Interno

Fatti in Redazione

L’assessore Calafato parla di sviluppo Questo mese è venuto a trovarci in redazione, l’assessore al bilancio e allo sviluppo economico Salvatore Calafato. Lucida la sua analisi sullo stato attuale del capoluogo nisseno e sulle strade da percorrere.

a pagina 10 e 11 scrivi alla redazione: lettere@ilfattonisseno.it

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Annamaria Cancellieri, a Caltanissetta per siglare un patto per la legalità e per illustrare l’apertura di uno sportello che assista gli imprenditori nella ribellione al pizzo. alle paginae 6 e 7


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IL CASO: l’avvenuta elezione dell’organo contabile tra dubbi, “parenti” e perplessità

Comune, revisori dei conti ...patata “molto” bollente di Salvatore Mingoia ...Segue dalla prima

Mentre questo giornale va in stampa è in corso l’ennesima riunione dei capigruppo alla presenza e con la partecipazione del segretario generale del Comune Eugenio Alessi allo scopo di tentare di sciogliere definitivamente il nodo della elezione e della nomina dei componenti il Collegio dei Revisori dei Conti. Un nodo che rischia di complicarsi ulteriormente per la presa di posizione assunta da alcuni capigruppo in netto contrasto con quella del segretario generale del comune che ha formalizzato al presidente del consiglio comunale Calogero Zummo una proposta di delibera di annullamento in autotutela della elezione del collegio dei Revisori dei Conti ritenuta irregolare per la presenza in quel momento in aula del consigliere dell’Api Lorenzo Tricoli, fratello di uno dei componenti del collegio dei Revisori dei Conti, Luigi Tricoli eletto in quella seduta. Secondo Eugenio Alessi, in quel momento, e più precisamente al momento del voto, il consigliere Lorenzo Tricoli interessato alla elezione del fratello Luigi, non doveva essere in aula ed in pratica doveva esimersi dal votare. Per completezza di informazione va detto che Luigi Tricoli in quella occasione riportò sei voti, tanti quanti ne aveva riportato anche il primo dei

Direzione Editoriale Michele Spena

Direttore responsabile Salvatore Mingoia

Collaborazioni:

Ivana Baiunco Osvaldo Barba Marco Benanti Donata Calabrese Claudio Costanzo Salvatore Falzone Leda Ingrassia Lello Lombardo Cecilia Miraglia Vincenzo Pane Donatello Polizzi Laura Spitali Gianbattista Tona

'LVHJQR JUD¿FR Michele Spena

Impaginazione

Claudia Di Dino

Redazione Viale della Regione, 6 Caltanissetta redazione@ilfattonisseno.it Tel/Fax: 0934 - 594864 info pubblicità: 389/7876789

non eletti tra i candidati alla nomina dei revisori dei Conti, Fausto Assennato, che non venne eletto parchè meno anziano di età. In quella occasione, come detto, vennero eletti oltre a Luigi Tricoli, il commercialista Paolo Buono anche lui componente e il commercialista Massimo Bellomo in qualità di presidente. Adesso c’è da scegliere e decidere sul cosa fare e anche in fretta, se ritenere valida o meno quella votazione, per evitare la paralisi del consiglio che senza la presenza dei revisori dei conti non potrebbe deliberare su questioni di natura finanziaria o comunque su problemi di natura economica connessi con l’operato dell’amministrazione e dello stesso consiglio comunale. Ma su questa nomina e sulla revoca in autotutela proposta dal segretario generale si profila uno scontro istituzionale. Contro la proposta del segretario generale si sono schierati apertamente il capogruppo dell’Api Adriana Ricotta, seguita anche dai consiglieri Lorenzo Tricoli e Ritalba Mazzè, mentre non molto convinti a ritornare in aula, sullo

stesso argomento, sono anche i consiglieri del Partito Democratico alcuni dei quali hanno anche avanzato l’ipotesi di chiedere un parere terzo alla Regione circa la validità o meno della votazione. Più esplicita il capogruppo dell’Api Adriana Ricotta che senza mezzi termine lascia intendere di non essere disposta a togliere le castagne dal fuoco a chi quella sera al momento del voto per la nomina dei revisori dei conti aveva il dovere e l’obbligo di vigilare sulla validità e la regolarità delle operazioni di voto, cioè lo stesso segretario generale che oggi propone al consiglio la revoca della delibera in autotutela . “Io non sono disposta a tornare in aula per fare un dietro front; se qualcuno ha sbagliato è giusto che si assuma le responsabilità”. Al di la di quella presenza, ritenuta ingombrante, del consigliere Lorenzo Tricoli, ci sarebbe stata u n a ragione in più

che avrebbe dovuto sconsigliare allo stesso di esercitare la prerogativa del voto con l’applicazione del codice deontologico voluto, redatto ed approvato dal consiglio comunale nella parte che vieta ai consiglieri ed agli amministratori di esimersi dal diritto di voto in presenza di atti deliberativi che riguardano direttamente o che comunque interessano gli stessi consiglieri o parenti prossimi. E qui l’articolo del codice deontologico ci starebbe tutto anche se, in altre occasioni, dei consiglieri interessati alle votazioni non hanno abbandonato l’aula. La patata bollente per adesso è nella mani del presidente del consiglio Calogero Zummo, stretto nella morsa della proposta del segretario generale e in quella dei consiglieri contrari ad una nuova seduta del consiglio. Il nodo si dovrebbe sciogliere nelle prossime ore, ma l’ultima parola spetta al presidente del consiglio, anche se fino ad oggi lo stesso presidente prima di ogni convocazione, secondo quella che è divenuta una regola, ha sempre sentito il parere dei capigruppo.

I Fatti di

Etico

“Pensiero Unico” a Caltanissetta

A

Caltanissetta, ma non solo a Caltanissetta, nella politica (se questo non suonasse come termine improprio per la classe umana che vi alberga) si manifesta da tempo ormai un fenomeno che definiremmo oggi “pensiero unico”. Cioè si sta creando un unico pensiero, che va bene per tutto e che ha praticamente sfasciato i partiti di destra e di sinistra e annichilito l’amore per la nostra città. Questo è un pensiero, facilmente riscontrabile anche in altre comunità, pericoloso perché c’è il rischio, se non la certezza, che si perdano, più che i valori dell’individuo, i valori della persona; perché la persona è l’individuo con un volto, con un’anima, con una storia, e vale di più di un individuo, che è soltanto una entità nuda e insignificante. Deputati, amministratori, consiglieri comunali sembrano in preda ad una labirintite cronica e irreversibile, quasi fossero guidati da una forza soprannaturale verso quello che tanti definiscono “inciucio”. Ma il termine inciucio è brutto e inappropriato; brutto perché sciatto e volgare, inappropriato perché presuppone una raziona-

lità legata a principi e valori che sembrano essere svaniti. Di certo, lo si chiami come si vuole, ma certi atti hanno portato al decadimento morale della nostra politica. L’irreversibilità del “pensiero unico” porta alla considerazione che per uscire dal marasma in cui i nostri politici e i nostri amministratori sono finiti, alla luce dell’attuale quadro normativo, occorre operare una rivoluzione culturale che porti ad una modernizzazione del territorio grazie al cambiamento dell’intera classe dirigente locale. Ma attenti alle rivoluzioni. Modernizzare lo si può fare soltanto se si vive una certa continuità con il nostro passato, altrimenti diventiamo figli di nessuno e andiamo verso il nulla. Quindi rivoluzione e tradizione devono convivere. Si deve trovare un punto comune; il cittadino deve discernere chi presenta pensieri diversi, senza mischiare destra e sinistra ma allo stesso tempo trovare il punto comune fra queste ideologie: il punto comune che non è l’individuo secondo la considerazione dei nostri governanti ma la persona, cioè il cittadino. Non è semplice, si tratta di una scommessa che vale la pena di accettare se vogliamo che ci sia una differenza fra le persone che vogliono un mondo dove tutto abbia un prezzo e coloro che credono che il mondo debba avere un senso e quindi un valore. Abbiamo parlato di mondo perché quello di cui parliamo è il nostro mondo. Guardate con attenzione, se ne avete la pazienza, a quello che un succede al Comune di Caltanissetta e vi rendete conto che il pensiero unico impera e che al massimo più che di tendenza al bipolarismo possiamo parlare di tendenza bipolare. Vi spaventa o vi sembra esagerato parlare di rivoluzione? Allora parliamo di innovazione, di qualità, di passione, di amore. Sono termini ormai desueti ma di cui sentiamo ossessivamente il bisogno e che vanno coniugati con l’imprescindibile continuità con il nostro passato. Guardiamo alla nostra storia e alle persone che amano la nostra città e che hanno radici in essa; avranno vivaddio pensieri diversi e diversi pensieri ma almeno potranno gridare e gridarci di essere orgogliosamente nisseni!


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Ornamenti

di Ivana Baiunco

Politica maleducata È

il rumore il simbolo del consiglio comunale nisseno. Una sorta di stemma araldico, un marchio di qualità per il civico consesso, che sembra essere il più litigioso, ostile e trasversale degli ultimi dieci anni. Ha fatto storia la mortadella sventolata in parlamento, ci siamo abituati a scene di pubblica inutilità, urla, grida, improperie, uno spettacolo fastidioso, a tratti divertente e al contempo disarmante e deludente. E’ sempre la stessa solfa, sempre le stesse discussioni alle quale i giornalisti sono costretti loro malgrado ad assistere. Una volta aperta la seduta, nella maggior parte dei casi con un ritardo imbarazzante per chi del tempo fa un lavoro. Primo punto all’ordine del giorno; un consigliere si immola ad iniziare le danze, fa da b att ist rada e dal tenore dell’intervento si capisce gia’ come si evolverà la vicenda. Se l’argomento è caldo, se c’è da votare per assegnare incarichi, consolidare potere e quant’altro, allora è tutta un’altra storia. In quelle occasioni si vedono i coltelli tra i denti e le scene diventano da guerriglia, non risparmiano nessuno, i consiglieri da destra e da sinistra si accusano delle cose più nefande, sono state scomodate

le famiglie, i parenti, e gli incarichi loro assegnati, la vita privata diventa improvvisamente pubblica. I volti si trasformano in maschere di rossore e tensione, le gote si gonfiano e in quel momento sembrano stiano per discutere dei destini del mondo o dell’entrata in guerra, niente e’ più impartante per loro rispetto all’argo-

mento di cui stanno dibattendo, mentre fuori dai palazzi del potere c’è tutta una città, che chiede, anela, vuole e pretende altro. Se non fosse che, anche ad un occhio non troppo attento, questi novelli “Ciceroni”, “Robespierre” che amano ascoltarsi sentire il suono della loro voce, per attestare a se stessi e all’universo mondo la loro esistenza, una volta usciti dall’aula, le loro parole diventano impalpabili

come borotalco. E’ tra i capannelli che si formano in sala gialla o nei corridoi della politica dove realmente si sanciscono gli accordi che poi con buona pace di tutti e qualche scena madre saranno comunque ratificati in pubblico in nome della più alta delle trasversalità istituzionali. Mai luogo, l’aula consiliare, fu più idoneo a dimostrare come la teoria della “Scena nascosta e della Scena manifesta” di Goffman e’ sempre attuale, se da un lato il teatrino avviene tra gli scranni con una gara a chi urla prima, gli “urlatori” così veniva definita una corrente musicale negli anni 60, sicuramente più piacevoli da sentire per forme e contenuti, nei luoghi istituzionali la maggior parte delle volte niente e’ come appare. Ah si, i contenuti, quelli meriterebbero un pezzo a parte per un’altra rubrica. Più e’ più volte ho pensato, a conclusione spesso ad orari improponibili dal consiglio comunale di scrivere un commento a ciò a cui avevo assistito ma troppo speranzosa ho sempre giustificato i fatti con un caso sporadico. Come si dice tra gli addetti ai lavori una volta e’ il caso, due volte è un indizio, tre volte è una prova, allora mi sono trovata tra le mani e nel mio taccuino una serie di prove degne di un racconto. Uno degli elementi fondamentali per dare la carica ai nostri oratori e’ la diretta radiofonica, sembra essere una sorta di spinta propulsiva un palcoscenico mediatico dal

quale non si vuole scendere che li porta a snocciolare filippiche nelle quali i protagonisti preferiti da attaccare sono gli avversari politici e per l’opposizione ovviamente l’amministrazione, l’assessore di turno seduto tra gli scranni del governo della città pronto alla crocifissione. E pensare che e’ tutto aleatorio che quello che si sente potrebbe essere ribaltato da un momento all’altro, se il presunto accordo salta, se si percepisce uno sguardo, una frase da parte di qualcuno che non va’ giù in quel momento, una sorta di battaglia tattica fatta anche di analogico di sguardi, smorfie uscite dall’aula e rientri. Tutto quello che vi sto raccontando avviene nel caos più totale, non si pensi o non si immagini un’aula consiliare ordinata e composta dove ciascuno sta al proprio posto e interviene soltanto ad alta voce, troppo riduttivo, troppo semplice, troppo composto. Tutti, e se dico tutti, sono tutti, si alzano parlano tra loro, come degli scolari indisciplinati, mentre un consigliere sta svolgendo il suo intervento, se gli va bene e la fortuna lo assiste lo riesce a completare tra l’indifferenza collettiva, se no, pena l’interruzione continua. Sembrano un lontano ricordo quei consigli in cui i decani si alzavano per intervenire ed il silenzio calava in aula tutti pronti ad ascoltare e quasi timorosi di essere tirati in ballo, le parole in quei momenti, si che erano dardi.


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Al maestro barbiere Ricotta le chiavi della città, è lui il Capitano di Marco Benanti

È

una storia di realizzazione personale prima e professionale poi quella del nuovo capitano della Real Maestranza di Caltanissetta. Classe 1945, appartenente alla categoria dei Barbieri Gioacchino Ricotta, si trova quest’anno a vestire un ruolo, quello di capitano che sembra fatto apposta per lui, come se nella sua storia personale, quello di vestire i panni del Capitano, fosse un passaggio già scritto. Ma per essere Capitano della storica milizia armata della città, occorre prima di tutto essere un artigiano di lungo corso, e di fatto il curriculum professionale del maestro Gioacchino Ricotta parla chiaro, anche se l’aspetto professionale non è tutto, occorre grande devozione, abnegazione nel rispetto della tradizione ed ovviamente un rapporto con la fede ed i riti cristiani molto intenso e sentito. Ma chi è Gioacchino Ricotta? Lo abbiamo incontrato a casa sua, gustando un buon caffè (rigorosamente fatto con la moka), e sfogliando l’album dei ricordi di famiglia, tenuto sempre sul tavolo della sala da pranzo. Tra le prime ingiallite istantanee a richiamare l’attenzione è quella di un affollato salone da barba a Serradifalco, paese d’origine di Ricotta, il salone era quello del barbiere Iacuzzo, e la foto ritrae un momento in cui in pochissimi metri quadrati, ad attorniare due clienti ci sono diversi ragazzini compiaciuti di assistere o partecipare ad un taglio di capelli o una barba, una scena forse oggi impensabile. Da quella foto e da come Ricotta la commenta è facile intuire il suo grande rispetto per i grandi, per chi lavora, un rispetto che gli evoca ricordi d’infanzia. “All’età di sei anni, il pomeriggio dopo il mio primo giorno di scuola, mio padre, minatore a Trabonella e Gessolungo mi presentò al suo amico Iacuzzo, e da quel giorno iniziai a fare le prime esperienze tagliando i capelli ai bambini. Stavo in piedi su uno sgabello in legno che ancora oggi ricordo molto bene”. L’odore di acqua di colonia e borotalco accompagnerà Ricotta sino ad oggi. Nel 1959 si trasferisce a Caltanissetta con la famiglia, quattro anni dopo, apre già con il suo talentuoso amico Saro Zappia il salone For Men, la parrucchieria per uomo che negli anni ha maggiormente ispirato

nuove tendenze presente ancora oggi in viale Sicilia. In quegli anni Ricotta subisce il fascino delle processioni che vedono gli artigiani protagonisti, “li vedevo sin da bambino nel mio paese con il rito della annacata dei mastri, provavo una emozione incredibile nel vederli così, eleganti e compiti. Già nel 1960 un anno dopo il mio arrivo a Caltanissetta ebbi la fortuna di affiancare il Capitano Giuseppe Giallombardo”. Passano pochi anni e Gioacchino Ricotta sposa la signora Maria Rosaria, una unione da cui nasceranno quattro figli, Enzo, Ivan Giuseppe, Stefania e Marina. Negli anni settanta comincia ad uscire in processione nella Real Maestranza e nel 1979 vien e

Nel 1991 Gioacchino Ricotta incontrò Giovanni Paolo II nella “Sala Clementina” in Vaticano. Il 26 aprile del 2001 la Real Maestranza fu ricevuta al Qurinale dal Presidente Ciampi.

quell’anno, ripristina, assieme al presidente dei Barbieri di allora Totò Diminuco, la carica di Alfiere Maggiore, che nella milizia era una carica di ufficiale secondo solo al Capitano, non uscita più dal 1854, in quella occasione Ricotta disegna e fa rea-

stro Cerimoniere, una responsabilità resa ancor più importante con la consegna al Presidente della Repubblica di allora Carlo Azeglio Ciampi dei doni portati dalla Real Maestranza. Il 26 Aprile del 2001 infatti la Real Maestranza di Caltanissetta viene ricevuta dal Presidente, un momento carico di alto significato per la Città e per i maestri artigiani. “E’ quello un altro momento che ricordo come tra i più significativi della mia vita, il nostro cerimoniale fu perfetto, una s o ddisfazione per me essere

eletto Portabandiera. Nel 1991 partecipa all’organizzazione ed alla realizzazione della visita a Roma di Papa Giovanni Paolo II. Quello sicuramente uno dei momenti più toccanti della sua vita. Ricotta insie-

Oggi che ho questo onore, realizzo il sogno di una vita

me ad una ristretta delegazione viene ricevuto in udienza privata nella Sala Clementina. “Ricordo quell’episodio come fosse ieri, è stata una emozione indescrivibile, che ha influenzato tante mie scelte di vita”. Nel 1992 oltre ad organizzare il capitanato dei maestri Barbieri di

lizzare il gonfalone divenendo il primo nuovo Alfiere Maggiore. Dal 1990 ricopre un ruolo che sembra fatto apposta per lui, ovvero quello di Mae-

chiamato collega dal Responsabile del Cerimoniale del Quirinale, proprio io, che non ho fatto studi specifici in tal senso, nessun master, nessuna specializzazione, soltanto un diploma delle elementari”. Gioacchino Ricotta conserva una vena artistica anche figurativa essendosi da poco scoperto pittore.

Altra curiosità? Il Capitano colleziona da anni statue ed icone di San Michele. “Oggi che ho questo onore realizzo il sogno della mia vita, nella speranza di far bene, di non deludere le categorie, non dimenticando mai che la Settimana Santa è in primis la maggiore espressione di devozione popolare della nostra tradizione cristiana”.


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Dall’entroterra siciliano spinte antimafia

L’ evento

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idea partorita da Antonello Montante, responsabile nazionale di Con¿QGXVWULD SHU OD OHJDOLWj VL q GLPRVWUDWD OXQJLPLUDQWH H IRULHUD GL VSXQWL SRVLWLYL SHU OœDGR]LRQH GHO ³&RGLFH HWLFR´ /œLQL]LDWLYD KD VWLPRODWR JOL LPSUHQGLWRUL QHOOD ULEHOOLR-

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LunedÏ 27 febbraio, giornata storica per il capoluogo, in Prefettura siglato il progetto promosso dall’ufficio del commissario straordinario del governo antiraket e usura, dall’associazione degli industriali, nell’ambito del Pon sicurezza. Presenti il ministro dell’Interno Annamaria Cancellieri, e per Confindustria Emma Marcegaglia e Antonello Montante di Donata Calabrese ...Segue dalla prima

Un’iniziativa che rientra nell’ambito del progetto denominato “Caltanissetta e Caserta, cittĂ sicure e moderneâ€? promosso dall’ufficio del commissario straordinario del governo antiracket e usura, dall’associazione degli industriali, nell’ambito del Pon Sicurezza. Un protocollo, presentato dal ministro Cancellieri accolta dal prefetto Umberto Guidato che ha fatto gli onori di casa. Poi l’accorato appello

“

Cancellieri: brillante l’inuizione di Montante sul rating antimafia delle imprese

di Confindustria Emma Marcegaglia, che suggella un’iniziativa coltivata da Antonello Montante, responsabile nazionale di Con-

Caltanissetta avvia il patto per la legalitĂ , il ministro Cancellieri sprona i siciliani rivolto ai siciliani, ricordando anche le parole pronunciate da Papa Giovanni Paolo II dopo le stragi del ’92. “Uomini e donne di Sicilia abbiate il coraggio e la voglia di sfidare la criminalitĂ organizzata, avete vinto battaglie ma bisogna vincere la guerraâ€?. Un’intesa, siglata anche alla presenza del presidente nazionale

findustria per la legalitĂ che nel 2007 diede una svolta in Sicilia nella lotta contro la mafia, con l’adozione di un codice etico ben presto adottato a livello nazionale. A lui il merito di aver dato inizio a quella che è stata definita la “primavera sicilianaâ€?, trascinando con sĂŠ imprenditori, artigiani, commercianti che coraggiosa-

mente ogni giorno si ribellano al racket delle estorsioni. Una svolta impensabile e inimmaginabile fino ad alcuni anni fa, come ha sottolineato il Commissario per l’Antiracket Giancarlo Trevisone che ha introdotto la presentazione del progetto. “Venti anni fa, quando fu ucciso Libero Grassi, la societĂ era cieca e omertosa.

Ora il vento è cambiato: i ragazzi di Addiopizzo, Ivan Lo Bello, Antonello Montante, con la scelta del codice etico e la nuova primavera hanno provocato una rivoluzioneâ€?. Sulla stessa scia il Vicecapo della Polizia Nicola Izzo. “E’ necessario - ha sottolineato - fare sistema contro le mafie per l’affermazione della legalitĂ ,

dando sostegno e coinvolgendo le imprese sane del territorio. Questo è uno dei 338 Piani Operativi Nazionali attivi sul territorio


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La platea dell’ASI

Arriva la Zona Franca

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italianoâ€?. Il modello Confindustria Caltanissetta in pochi anni ha preso il volo, estendendosi in tutta la penisola. Il presidente nazionale di Confindustria, Emma Marcegaglia, lo ha esteso a tutta l’associazione degli industriali. “Posso affermare che la lotta alla legalità è ormai una mission di Confindustria e continuerĂ anche dopo la fine del mio mandato (si concluderĂ a maggio, ndr) perchĂŠ la legalitĂ non è solo un dovere morale, ma anche e soprattutto una necessitĂ vitale delle aziende e del mercato. Le organizzazioni criminali deformano la

libera concorrenza, si riprendono con violenza ciò che hanno prestato alle aziende e non creano cosÏ uno sviluppo economico reale e sostenibile. Bisogna che si renda ancora piÚ marca-

“

Marcegaglia: sono arrivata in Sicilia otto anni fa ed era una camminata nel deserto

ta la differenza tra chi opera in nome della legalitĂ e chi invece no. Io vivo a Mantova e, anche se ci sono delle infiltrazioni mafiose, lĂŹ è piĂš facile denunciare. Ringrazio Antonello Montante, Ivan Lo Bello, Marco Venturi e Rosario Crocetta per aver avuto il coraggio di intraprendere questa strada, con l’intento di dare sempre maggior forza a questa che potremmo definire una seconda fase della lotta per la legalitĂ e lo sviluppoâ€?. E per non far sentire sole le imprese virtuose, è arrivata la proposta di Montante di introdurre il rating antimafia che tanto piace anche al ministro Cancellieri. L’idea di Confindustria per le aziende che operano nella legalitĂ , che adottano codici anticorruzione e che denunciano il racket delle estorsioni sin da subito ha trovato consensi trasversali nella politica ed

è stata giĂ inserita nel pacchetto delle liberalizzazioni. Il rating, parola entrata prepotentemente nel gergo quotidiano a causa della crisi e che viene utilizzata per indicare la soliditĂ finanziaria di un’impresa attribuita da particolari societĂ sulla base di determinati parametri, dovrebbe, secondo la proposta di Montante, tenere in considerazione adesso anche l’atteggiamento delle imprese che operano in un circuito di legalitĂ e trasparenza denunciando il racket e che contribuiscono fattivamente alle associazioni antimafia. In sostanza, l’idea partita dal cuore della Sicilia, da uno degli imprenditori coraggio dell’isola è quella di premiare l’accesso al credito di quelle imprese che scelgono un percorso etico di trasparenza contro la criminalitĂ . Una giornata storica per Caltanissetta. La presenza del ministro Cancellieri che ha ulteriormente incoraggiato la gente di Sicilia a tenere la schiena dritta, a continuare a percorrere il cammino intrapreso nella lotta contro il racket e i condizionamenti mafiosi non ha fatto altro che aggiungere un altro tassello nella lotta alla criminalitĂ intrapresa con coraggio inizialmente da un gruppo di imprenditori e che adesso si è estesa ad un intero popolo.

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Dicono del rating Angelino Alfano: “Rating, proposta rivoluzionaria� “La legalita’ deve sempre piu’ diventare leva per la competitivita’. L’ introduzione di un rating di legalita’ per le imprese che operano sul territorio nazionale ha quindi una doppia valenza. Offre agli investitori un parametro oggettivo di verifica di rispetto delle regole e promuove e incentiva comportamenti in linea con le stesse, prevedendo forme di premialita’ per l’accesso al credito e per l’ottenimento di eventuali agevolazioni pubbliche. L ‘approvazione di questo emendamento, contenuto nel decreto sulle liberalizzazioni, e’ uno straordinario risultato per il Pdl poiche’ si e’ impegnato in prima linea affinche’ fosse conseguito, aderendo cosi’ alla proposta del vice presidente di Confindustria, Antonello Monante. E’ una proposta rivoluzionaria perche’ interpreta la lotta al crimine in chiave incentivante e non solo repressiva, trasformandola in un prezioso valore aggiuntivo�. E’ quanto dichiara il segretario politico nazionale del Pdl, Angelino Alfano.

Anna Finocchiaro: “Giusto premio alle imprese saneâ€? “La previsione di premiare le imprese che, sull’intero territorio nazionale, agiscono nella legalità è davvero un significativo e importante passo avanti. Il rating sulla legalitĂ ripristina infatti una sana competizione tra le aziende e avvia un circuito virtuoso che fa bene all’economia e quindi al Paese: necessario accrescere la consapevolezza che la legalitĂ â€˜conviene’ alle imprese e fa bene alla crescita. Le imprese che agiscono correttamente sul mercato, rispettando le leggi, saranno premiate e non subiranno piĂš, al contrario, un’ingiusta discriminazione dettata dal fatto che qualcuno prende scorciatoie. Per noi questo è un fattore che sottolinea ancor piĂš il carattere innovativo del provvedimento sulle liberalizzazioniâ€?. Lo dice Anna Finocchiaro, presidente del gruppo del Pd al Senato.


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Storia & Cultura

Fatti contro la mafia

per non dimenticare

Maria, suo figlio

e le vittime della mafia che non hanno voluto raccontarsi

di Giovanbattista Tona

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a giornalista Roselina Salemi aveva incontrato Maria agli inizi degli anni “90, mentre stava preparando un libro che si doveva intitolare “Ragazzi di Palermo”. Maria aveva 24 anni e la grazia misteriosa della Madonna di Antonello da Messina. I suoi capelli lunghi e nerissimi cadevano sul suo abito rigorosamente nero e mettevano ancor di più in risalto la sua bellezza discreta e disarmante. Stava sopra un autobus cittadino; teneva in braccio un bambino addormentato e con un’amica parlava di sé e di quello che le era capitato. Il suo uomo era un poliziotto e ora non c’era più; era successa una “disgrazia”, di quelle che capitavano ai servitori dello Stato in una città che si lasciava sedurre e poi violentare dalla mafia. Avevano fissato la data delle nozze e

Roselina Salemi, autrice del libro “Ragazzi di Palermo”

Maria, vedova non “legale”, il desiderio del silenzio che prevale sul dolore

fatto in tutta fretta le pubblicazioni, perchè lei era incinta. Ma la cerimonia non si potè fare più. Sicchè Maria non era considerata nemmeno vedova e non le avevano dato un soldo. Lo sposalizio non si fece perchè si fece il funerale e in quella grande città di Palermo accorsero tutti, anche tanti personaggi importanti che al loro matrimonio non si sarebbero certamente potuti permettere di invitare; anche se Maria non era moglie di quella vittima di mafia, gli uomini importanti le si avvicinarono, le strinsero la mano, la consolarono. “Il sindaco”, raccontava Maria all’amica sull’autobus, “mi ha abbracciata davanti a tutti, mi ha detto vieni, da oggi tu sei mia figlia e quando poi sono tornata per chiedergli un lavoro, non mi ha voluto

ricevere”. Ora le cose andavano un po’ meglio: era stata assunta a servizio in casa di un politico e si guadagnava da vivere per sé e per il piccolo che le dormiva in braccio. La giornalista aveva ascoltato per caso il colloquio tra Maria e la sua amica e l’aveva avvicinata: “vorrei raccontare la tua storia”, le aveva detto, “in questo modo potrei aiutarti”. Maria era già finita sui giornali e per lei da questa notorietà non era scaturito nulla, se non che tutti sapevano che era una ragazza madre, senza marito; aveva cambiato quartiere e ora non voleva essere riconosciuta. Disse alla giornalista che non se la sentiva di raccontarsi: “forse dimenticherò... o forse no... sicuramente sarò dimenticata...”. E così nel libro di Roselina Salemi questa storia non c’è; non sappiamo il nome del poliziotto che Maria non riuscì a sposare, non sappiamo dov’è suo figlio e cosa fa oggi che sarà grande. In fondo non sappiamo nemmeno chi è lei e, chissà, forse oramai è passato troppo tempo per saperne di più e scoprire cosa le ha riservato la vita. Ma questo potrebbe essere poco importante per capire il messaggio che ci ha lasciato il silenzio di Maria e del suo bambino addormentato: dinanzi alle ferite concrete che la mafia produce nella vita delle persone e nelle pieghe della società, se si vuole fare antimaf ia, allora si

devono realizzare azioni concrete e forme di solidarietà reale. Tutto il resto vale a poco o a nulla; come il pianto delle prefiche ai funerali, che è finto ma sembra vero, che non nasce da un sentimento profondo ma dalla prospettiva di

un generoso compenso. E’ un messaggio importante quello di Maria in terra di Sicilia, dove oramai tutti sono contro la mafia e si stringono attorno alle sue vittime.

pare alle commemorazioni pubbliche (a costo di essere giudicato omertoso). Una via di mezzo non esiste”. Così sembra. Ma una via di mezzo

nacce e ai pericoli che provengono dalla mafia, si deve decidere se farsi travolgere dalla paura e indietreggiare, se, all’opposto, farsi prendere dall’eccitazione del rischio e dram-

Ma poi chi ha perduto un familiare o dalla mafia ha subito danni o minacce, come scriveva proprio la Salemi, deve decidere “se stare in trincea, gridare, protestare, andare in tivù (a costo di essere bollato come antimafioso in carriera) o farsi dimenticare. Non dare interviste, non rispondere al telefono, non parteci-

c’è ed è quella che potrebbe incoraggiare le persone come Maria: una via fatta di concretezza e di equilibrio. Dinanzi ai drammi provocati dalla mafia, si deve decidere se lasciarsi trascinare dal dolore e dalla disperazione o rimettersi in gioco e continuare a rischiare per esigere da tutti un contributo comune per cambiare le cose; dinanzi alle mi-

matizzare, se, invece, vivere con consapevolezza le tensioni quotidiane e andare avanti senza autocelebrarsi. Si tratta di scelte difficili, perchè la mafia crea situazioni difficili. Ma anche perchè è complicato riuscire ad essere concreti ed equilibrati. E di questi tempi, talvolta, sembra che non sia molto apprezzato.


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Viale della Regione Fatti in Redazione

Ho trasferito i locali dell’assessorato che dirigo da via Kennedy dove il Comune pagava il canone di locazione, a via Largo Barile, sito di nostra proprietà. L’azione amministrativa deve essere improntata alla diligenza del buon padre di famiglia

“Botteghe, arti e mestieri”, l’invito di Calafato ai giovani 3

di Leda Ingrassia

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iù se ne parla e più sembra non volerci lasciare. Mai come in questo periodo storico infatti l’argomento che balza, quasi c om e una tortura, dai salotti televisivi alle quotidiane convers azio-

ni della gente comune è sempre lo stesso, nonostante i vari sinonimi coniati ad hoc per riferirsi ad essa: “crisi economica”. E’ proprio a causa di questa che molti negozi chiudono, il Pil non cresce, lo Spread aumenta, le aziende falliscono o mettono in cassa integrazione gli operai, le città si riducono ad agglomerati di case e persone sempre più tristi e desolate dove i problemi e le necessità, per essere risolti, devono aspettare tempi migliori (che si spera ci saranno presto!). Una situazione che, in linea con altre realtà, anche quella nissena sta vivendo, quasi avvolta da un vortice che di giorno in giorno ne causa una discesa, sotto vari punti di vista, sempre più verso il basso. In una città dove, a detta dei suoi abitanti, ci sono tante cose che

non vanno, le strade sono piene di buche, le attività commerciali chiudono i battenti un giorno si e uno no, dove secondo i genitori i propri figli fanno bene ad andar via perché non c’è lavoro e futuro per loro e dove la rassegnazione sembra avere la meglio, ad occuparsi di una materia

Puntiamo allo sviluppo ed al recupero del centro storico, agevolazioni per chi investe

molto delicata come quella del bilancio e dello sviluppo economico c’è l’assessore Salvatore Calafato. A chiedergli di ricoprire questo ruolo abbastanza impegnativo, nel Febbraio 2011, fu il sindaco Michele Campisi, quando decise di comporre la seconda edizione della sua giunta, quella tecnica. Ed è proprio un tecnico, un esperto contabile e di attività gestio-

nale, Calafato: laureato in economia aziendale, da più di vent’anni esercita la professione di commercialista ed è dunque abituato, per così dire, a far quadrare i conti di attività commerciali e imprese. Ma far quadrare i conti dell’azienda “Comune” forse è un po’ meno semplice. “Il 2011 è stato un anno molto pesante - dice l’assessore comunale al bilancio - profondamente segnato dalla vicenda dei netturbini, degli asili nido, oltre che dai tagli, ovvero dalle minori erogazioni, che lo Stato ha elargito agli Enti locali e che ci hanno portato alla condizione di non poter chiudere il bilancio di previsione fino a Novembre. Mentre quello consuntivo era stato approvato a Giugno ad-

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4 Viale Regina Margherita, la Badia, Santa Lucia e viale Conte Testasecca: il poligono della “depressione economica”, evidenziato nella mappa sovrastante.

dirittura con degli avanzi, il documento di previsione, che si dovrebbe per legge approvare entro Marzo, è stato fortemente minacciato non da


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In alto corso Umberto, ormai diventato famoso come la strada dei “lucchetti”: troppe...le attività commerciali che hanno chiuso

questioni interne al Comune ma per l’incertezza relativa alle somme che dovevano essere trasferite dal governo nazionale e regionale”. Una situazione però che, a detta di Calafato, si verificherà anche quest’anno. “Nel 2012 il bilancio di previsione avrà invece una serie di problemi legati alla famosa Imu che va a surrogare l’Ici ma che, per via del meccanismo per cui dovrebbe entrare a regime, vedrebbe comunque minori entrate certe per il Comune. Per questo, con il ragioniere generale siamo a lavoro per capire come fare. Peraltro, nel frattempo, attendiamo che l’assessore al ramo esiti il Piano triennale delle opere pubbliche”. Un ritardo, quello relativo all’approvazione degli strumenti di programmazione economica comunale, che, come ci conferma Salvatore Calafato, stanno registrando tutti i Comuni. La crisi in città comunque riguarderebbe in misura

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La badia

Zona Testasecca

Santa Lucia

maggiore il centro storico. “A Caltanisetta dice Calafato vediamo chiudere tanti negozi: per la maggior parte, però, si tratta di quelli ricadenti nel nel poligono tracciato tra viale Regina Margherita, la Badia, santa Lucia e viale Conte Testasecca. Zone e viuzze che in passato, fino a circa vent’anni fa, erano ricche di attività commerciali di grande prestigio e punto di riferimento per tutti i Nisseni. Ora invece si assiste ad un depauperamento del centro storico, popolato solo da extracomunitari e barboni, a vantaggio delle aree periferiche, come ad esempio il quartiere san Luca che è diventato quasi una città nella città. Per cercare di frenare questa spinta centrifuga con l’assessore Andrea Milazzo abbiamo elaborato una delibera di giunta in modo da contenere l’allargamento verso l’esterno della città e favorire lo sviluppo del centro storico. Tra questi provvedimenti rientrano, ad esempio, alcuni incentivi a favore di chi decide di investire aprendo attività commerciali in centro che escluderebbero il pagamento dell’Imu, della Tosap e forme agevolate che garantiscano alle imprese un maggiore accesso al credito”. La situazione a Caltanissetta però, secondo l’assessore al bilancio, non sarebbe così grave come si pensa e non è come potrebbe apparire. “Basta infatti dare un’occhiata al dato generale proveniente dalle comunicazioni di inizio attività: nel 2011 delle 250 nuove attività avviate, con 53 nel campo alimentare, a chiudere i battenti sono state 52 di cui 18 alimentari. Per non parlare poi delle

autorizzazioni rilasciate per il commercio ambulante: l’anno scorso sono state 80 e 18 le cessazioni di attività. Dunque è facile capire come non esiste la catastrofe che si vuol fare apparire”. L’assessore, che sogna di riportare il centro nisseno al suo antico splendore, propone anche una serie di ricette per farlo. “Le aziende - aggiunge Calafato - e i singoli cittadini devono scommettere sul voler fare qualcosa, devono capire le prerogative con cui si vogliono confrontare e credere nelle loro capacità senza cercare l’assistenzialismo: un sistema quest’ultimo che ormai funziona forse all’80% e che non prevede più i famosi finanziamenti a pioggia d’un tempo. Oggi più che mai gli Enti locali stanno vivendo un momento di difficoltà: basti pensare alla situazione che presente non solo al resto d’Europa ma anche in America. In

giovani. “Dobbiamo agevolare i ragazzi, fossilizzati davanti ad un pc o ad un I-pad con Facebook: anche loro dovrebbero credere in un progetto e portarlo avanti. Dovremmo anche ritornare alle botteghe, alle arti e ai mestieri: perché i giovani non hanno più questa forma di affezione per il territorio e il lavoro? Tutto questo contribuirebbe al cambiamento di rotta che potrebbe portare Caltanissetta a superare la fase di crisi globale ed essere pronta, appena questa sarà definitivamente archiviata, a ripartire al passo con gli altri paesi”. L’assessore al bilancio garantisce comunque la vicinanza e la disponibilità dell’amministrazione comunale a favore della gente e dello sviluppo della città e ricorda le iniziative da lui promosse in tal senso. “In un’ottica di risparmio e razionalizzazione delle spese, nei primi giorni del 2012 ho

Italia si registrano i redditi più bassi e l’incidenza contributiva e fiscale si attesta quasi al 50%. Occorre anche e sicuramente un monitoraggio del sistema bancario, perché lì se si sbaglia è finita”. Calafato ribadisce poi che le aziende devono poter crescere e mettersi in discussione puntando sulle proprie capacità imprenditoriali e sui

disposto il trasferimento dei locali dell’assessorato che dirigo da via Kennedy a via Largo Barile: nella sede iniziale, scelta nel lontano 1994, c’erano infatti circa 380 mq a disposizione di soli tre impiegati e due uscieri che costavano quasi 50 mila euro l’anno al Comune tra canone di locazione e bollette varie. In via Largo Barile in-

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Viale Regina Margherita

vece i locali sono comunali, dunque non paghiamo affitto, e siamo riusciti a sistemare nella stessa struttura l’ufficio ragioneria e tributi, lo sviluppo economico e quello delle case popolari. Tutto ciò è la testimonianza che ci deve essere volontà per fare le cose

Politica: non mi dispiacerebbe mettermi in gioco alle prossime elezioni

con la diligenza del buon padre di famiglia. Per non parlare poi del parziale condono della Tarsu che abbiamo realizzato con l’Ato Ambiente e della fiera “Caltanissetta cuore del gusto” a villa Amedeo: nessuno avrebbe mai creduto che riuscissi ad organizzarla in 45 giorni e impiegando solo dieci mila euro del Comune. Quest’anno, il 7 Giugno, sarà inaugurata la seconda edizione di questo grande evento economico-turistico che sta registrando molte più richieste di partecipazione del 2011. Un’altra importante iniziativa da me promossa è stata “A Fera Bio”, il mercatino del biologico di via L. Rizzo che prossimamente aprirà le porte anche al mercato degli agricoltori”. Nel congedarci l’assessore, pur assumendo in questo momento le vesti di tecnico all’interno della giunta, non nasconde però un certo amore per la politica. “Ho sempre fatto politica nelle retrovie: ho cominciato con la Dc ai tempi dell’on. Volpe per passare a Forza Italia e ai suoi successivi sviluppi dopo la vicenda Tangentopoli. Nel 2003 mi ero anche proposto alle provinciali ma poi, per un triste accaduto familiare, ritirai la mia candidatura. Non mi dispiacerebbe mettermi in gioco alle prossime elezioni purchè possa contare sull’appoggio e il consenso della mia famiglia”.


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INCONTRI CURIOSI. Lo psichiatra Guzzo ha incontrato il boss corleonese per stabilirne la “lucidità”

Face to face con Totò Riina di Vincenzo Pane

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ecentemente il nome del capomafia corleonese Totò Riina (82 anni) è tornato alla ribalta quando si è appresa la notizia che doveva essere sottoposto a una perizia medico-legale per stabilire se fosse mentalmente lucido per essere processato per una vicenda riguardante alcuni omicidi di mafia commessi nella zona di Enna fra gli anni ’80 e ’90. L’accertamento, deciso dai giudici della Corte d’Assise d’Appello nissena, è stato eseguito da un collegio di periti composto esclusivamente da professionisti nisseni, ovvero lo

La prima cosa che ha tenuto a precisare il boss: “Non ho disturbi mentali”

psichiatra Pasquale Guzzo, il medico legale Vito Milisenna e lo psicologo Felice Di Buono. Di tutto questo abbiamo parlato con il prof. Pasquale Guzzo, il quale si è anche soffermato brevemente su una vicenda giudiziaria che lo vide coinvolto alcuni anni fa, quando era direttore del Dipartimento di salute mentale di Caltanissetta, e dalla quale uscì completamente riabilitato, con l’assoluzione “perché il fatto non sussiste”, così come tutti gli imputati di quel processo. La vicenda sfociò in un processo per abuso d’ufficio e abbandono d’incapace in merito a dei presunti

ricoveri di malati mentali. Ricoveri che sarebbero stati “pilotati”, in strutture di cura i cui responsabili vennero ritenuti compiacenti dall’autorità giudiziaria. Professore, quale è stata la sua reazione quando le è stato comunicato l’incarico? “Devo dire che ho sentito la particolarità del compito, ma soprattutto con riferimento al soggetto, non tanto per l’incarico in se stesso. Era da molto tempo che non svolgevo incarichi di questo tipo per il Tribunale; mi sono anche soffermato a riflettere se accettare o meno, però alla fine non ho avuto alcuna perplessità”. Come mai ha avuto bisogno di soffermarsi a riflettere? “Non mi va di entrare troppo nel dettaglio, però ci sono stati alcuni, tra colleghi e amici, che mi hanno consigliato di non accettare l’incarico. Però non ho realmente pensato di tirarmi indietro, intanto per una questione…diciamo così…di spirito di servizio e poi anche per curiosità professionale”. Come è stato il contatto con Riina? “Lui è una persona abbastanza avvezza, ormai, a questo tipo di accertamenti. Ha avuto un comportamento tranquillo, ha mostrato prontezza nelle risposte e sinceramente devo dire di non avere avuto l’impressione che fingesse o cercasse di trarci in inganno”. Quindi vi è sembrato lucido a livello mentale? “Si, a livello mentale è lucido anche perché non soffre di alcun disturbo di questo tipo e lui stesso ne è con-

sapevole. Quando siamo arrivati a Milano (Riina è detenuto nel carcere di Milano Opera, n.d.r.) e io mi presentai come psichiatra ci tenne a precisare di non avere disturbi mentali”.

L’ho vista come un attestato di stima nei miei confronti”. La vicenda che la vide coin-

Con i colleghi avete discusso di qualcosa in particolare prima di espletare l’accertamento peritale? “No, siamo tre professionisti piuttosto navigati, non c’era nessuna tensione o preoccupazione. Ripeto, l’aspetto più singolare era legato al soggetto, ma non al compito che abbiamo portato tranquillamente a termine”. Questo incarico ha avuto un significato particolare per lei? “Si trattava del primo incarico che mi veniva affidato da un ufficio giudiziario dopo il processo che ho subito e dal quale sono uscito con una piena assoluzione e non posso certo negare che mi abbia fatto piacere.

volto si è protratta per sei anni, dalla chiusura delle indagini nel 2002, alla fine del processo nel gennaio 2008. Come ha vissuto quel periodo? “Io sono una persona abbastanza tranquilla e anche nei momenti di difficoltà ho sempre cercato di mantenere una certa positività di pensiero. Anche durante il processo sono rimasto sereno; mia moglie mi fu molto vicina, arrivando anche a “studiare” le carte processuali”.


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LA CONFERENZA STAMPA. L’annuncio del sindaco: “Non mi ricandido”

Giuseppe Di Forti, emozioni a fine mandato di Claudio Costanzo

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an Cataldo dovrà cercarsi un nuovo sindaco. Il 6 e 7 maggio prossimi, infatti, quando i cittadini saranno chiamati alle urne per il rinnovo dell’amministrazione comunale, avranno diversi “santini” da sfogliare: tra le immagini dei candidati allo scranno più alto di Palazzo delle Spighe, però, non vi sarà quella di Giuseppe Di Forti il quale ha annunciato ufficialmente che, una volta portato a termine il proprio mandato, tornerà a ricoprire a tempo pieno il ruolo di presidente della Banca di Credito Cooperativo

Di Forti: “Ho mantenuto la barra dritta e ho governato nella legalità”

del Nisseno. Ha aspettato un po’, il primo cittadino, per rendere nota la sua decisione: già a Natale, incalzato sullo scioglimento della riserva, Di Forti aveva dichiarato che avrebbe fugato i dubbi sul proprio futuro dopo l’Epifania. Ora, però, ad ormai poche settimane dal voto, ha fatto chiarezza, convocando una conferenza stampa gremita da organi di stampa e membri di Giunta, Consiglio ed amministrazione comunale. All’interno del suo ufficio, Giuseppe Di Forti ha riunito i componenti di quella che, dal 2007 ad oggi, è stata la sua “squadra”. Tante le parole, i gesti, gli sguardi: dichiarazioni di volontà e temperamento nel ri-

vendicare l’operato di un’amministrazione continuamente al centro del dibattito politico ed oggetto di giudizi sempre contrastanti. Lealtà, coerenza, servizio sono le parole più ricorrenti nel discorso del sindaco che ha esordito spiegando: <<Approssimandosi la scadenza del mandato sindacale, si impone una scelta importante. Sono stato chiamato a rendere questo servizio alla mia città da tecnico prestato alla politica e come tale ho amministrato con il massimo dell’impegno, sacrificando la mia attività professionale per massimizzare il contributo in favore della collettività. Con spirito di abnegazione, ho mantenuto un solo impegno ulteriore e cioè quello che da un decennio mi vede alla guida di una Banca di Credito Cooperativo, nella qualità di presidente; ciò perché l’attività della Banca, in quanto impresa a responsabilità sociale, ha una ricaduta altrettanto importante per la collettività. E’ noto che, per effetto di una normativa sopraggiunta, la carica di vertice nella Bcc è divenuta incompatibile con quella di sindaco e, quindi, una eventuale riconferma nel ruolo di primo cittadino mi costringerebbe ad abbandonare un servizio parimenti importante, stante la valenza sociale dell’attività della Banca sul nostro territorio. Per tale motivo, in coerenza con l’approccio dichiarato di tecnico prestato alla politica, ritengo di dover mantenere il mio impegno pre-

esistente nel Credito Cooperativo e lasciare spazio a nuove energie alla guida della città. Ho espletato il mio mandato in autentico spirito di servizio. Una esperienza impegnativa ma gratificante, vissuta con il sentimento di sancataldese che ama la propria città. In un

momento storico non facile caratterizzato da una forte contrazione delle risorse finanziarie disponibili e in una fase politica connotata da una accentuata conflittualità non è stato facile amministrare ma, proprio per questo, considero l’esperienza compiuta unica, eccezionale e irripetibile>>. Sulla propria amministrazione, il sindaco ha sottolineato: <<Ho mantenuto la “barra dritta” e governato nella legalità, dimostrando che si può praticare una buona politica e assicurare un buon governo senza consentire il malaf-

collettività. Ho pagato anche prezzi politici per non aver sposato logiche di azione da Prima Repubblica e di questo sono fiero. Ho amministrato con correttezza, trasparenza e rigore morale. Sui risultati lascio ai mie cittadini la valutazione; quello che posso assicurare è di aver profuso le mie energie con il massimo impegno e con costante dedizione. Concludo questi cinque anni con un lungo elenco di opere pubbliche realizzate, il più lungo della storia di questa città. Tra esse opere particolarmente qualificanti per la comuni-

fare o alimentare le clientele. Non essendomi ammalato di politica, la mia forza è stata la libertà che mi ha consentito di fare scelte forti, sempre ed unicamente nell’interesse della

tà quali il teatro Marconi, il campo sportivo in erba, la riqualificazione della piazza Calvario, il raddoppio del viale dei Cipressi, la costruzione della casa-albergo per anziani, la


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ristrutturazione del piano terra di Palazzo delle Spighe, le varie piazze e vie cittadine; altre sono in corso di realizzazione (mi riferisco al contratto di quartiere per Santa Fara, la manutenzione straordinaria delle strade, la riqualificazio-

ne del piazzale degli Eroi, l’urbanizzazione del quartiere Bigini, il completamento del consolidamento del

un mandato da sindaco ndr) e da ultimo la battaglia politica sul bilancio in difesa delle fasce deboli>>. Sul finire della conferenza stampa, il pensiero del sindaco è per chi

ha collaborato con lui. Con emozione, ricordando <<gioie e dolori>> dei cinque anni vissuti a Palazzo delle Spighe, Di Forti ha affermato: <<Lascio la città pulita e con i

mi riferisco innanzitutto agli assessori (i cinque in carica dopo le dimissioni di Fabio Favata ed i tre che si sono succeduti secondo un turn-over programmato ndr) e ai nove consiglieri, oggi ex maggioranza, con i quali ho condiviso fino in fondo l’impegno politico e l’ispirazione valoriale. Del pari posso dire del direttore generale, dei dirigenti in servizio, del personale dello staff del sindaco e dei tanti dipendenti di buona volontà che hanno compreso l’azione di modernizzazione della macchina comunale intrapresa. A tutti loro, ai cittadini che mi hanno dato sostegno e manifestato stima e ai responsabili dei gruppi politici che mi hanno sostenuto va il mio riconoscimento e il mio sentito ringraziamento. Un grazie di cuore. Sono un uomo di servizio e farò in modo che l’investimento della collettività sulla mia persona non vada disperso. Auspico che la scelta dei cittadini, in primavera chiamati alle urne, sia serena e non influenzata dai rancori alimentati da chi si propone in odio personale con l’obiettivo del “contro”; il rischio è che a farne le spese sia la città, che non lo merita ciò. Le grandi opere sono state realizzate; oggi prioritariamente serve la riconciliazione fra le parti e una stagione di pacificazione sociale.

In alto il sindaco Di Forti insieme allo staff dell’ufficio di gabinetto. A destra il progetto di Piazzale degli eroi, ultima opera in cantiere

centro storico), ma anche i tanti servizi sociali mantenuti e quelli di nuova istituzione come il telesoccorso per gli anziani e il servizio di asilo nido per i bambini. Ricordo anche le battaglie con l’Ato, la mediazione per la realizzazione della Radioterapia (definito un obiettivo che da solo vale

conti a posto. Tutto ciò, ovviamente, non è stato solo merito mio ma di quanti mi hanno sostenuto e collaborato con lealtà;

In questo sento di dover contribuire da comune cittadino sancataldese, onorato di aver reso un servizio alla mia città>>.

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ELEZIONI. Si prevede una dura battaglia voto su voto

Sale la tensione a San Cataldo in vista delle amministrative Partiti, movimenti e liste si preparano a vivere le prossime elezioni amministrative. Dinanzi alle segreterie politiche è affisso il cartello “lavori in corso”: si tesse la tela delle alleanze (scontate, convenienti, “scomode” e chi più ne ha più ne metta), si tracciano gli obiettivi, si aprono le campagne di reclutamento di simpatizzanti e collaboratori. Obiettivo farsi trovare pronti il 6 e 7 maggio prossimi, quando le urne si spalancheranno ed i sancataldesi saranno chiamati a scegliere i loro rappresentanti in Consiglio comunale. Una stagione sta per concludersi: dopo cinque anni, si avrà un nuovo inquilino di Palazzo delle Spighe: l’attuale sindaco Giuseppe Di Forti, infatti, ha annunciato la volontà di non candidarsi per un secondo mandato. Chi al suo posto? E’ questo il grande punto interrogativo che ci accompagnerà in una campagna elettorale che si annuncia combattuta ed incerta, come non accadeva da tempo. Sarà una “battaglia” voto su voto: la posta in gioco è altissima. Si tratta dell’amministrazione della città, di stabilire la consistenza e gli equilibri delle forze in campo, ma ne va anche della credibilità di chi ha deciso di mettersi “in ballo”. Il governo di un Comune rappresenta, infatti, un grande banco di prova per uomini di partito e promotori di liste civiche. Soprattutto a livello locale, chiedere il voto significa chiedere la fiducia da parte del cittadino nei confronti della persona e delle idee che porta. E’ chiaro che, nelle piccole realtà, ci si conosce un po’ tutti e, più o meno, si “immagina” il punto di vista della gente e che intenzioni potrebbe avere per il futuro. Per questo, ogni candidato punta prima di tutto a mantenere intatto il proprio serbatoio di preferenze, oppure, se non è mai “sceso in campo”, a costituire una base. Vi sono, poi, altre risorse cui attingere: i soliti indecisi, gli scontenti, i disillusi (quelli che magari a votare non ci andrebbero proprio) e le nuove generazioni di elettori ”freschi di

maggiore età”. Tutti da convincere. Ultimamente, c’è stato anche da fronteggiare l’ “onda anomala” dell’anti-politica, che ha dato uno “scossone” a certe consuetudini che sembravano immutabili. Insomma, il “movimento” politico vive una fase importante e di sicuro interesse. A proposito, bisognerà vedere anche il tipo di coinvolgimento che sentirà la cittadinanza nei confronti dei candidati e delle elezioni. Dipenderà da diversi fattori, come la stima verso chi li vorrà rappresentare in Consiglio comunale, o la determinazione nel far prevalere l’uno o l’altro schieramento. Si vedrà. Per il momento, chi veramente “sente” l’avvicinarsi delle elezioni sono i candidati, gli esponenti di partito, i fomentatori di alleanze, gli apprendisti leader di lista, coloro che si vogliono “lanciare” ed i veterani della politica: per le strade, nei pub, nei luoghi di ritrovo, in Municipio, davanti alle sedi dei loro schieramenti, essi si fanno vedere, dimostrano che ci sono e che la campagna elettorale è ormai entrata nel vivo. La macchina della diplomazia, del raggruppamento e della strategia politica è in moto da un pezzo ed ora spinge a tavoletta: mancano ancora i comizi nella pubblica piazza, così come devono essere stampati i “santini” in cui i vari candidati ci metteranno la faccia, ma è questione di tempo. Intanto, però, si fanno…i numeri. Segretari, capigruppo ed esponenti di ogni colore e simbolo cercano di stimare la forza elettorale propria e degli altri: <<io posso raccogliere 2000 voti, quello 600 e quell’altro ancora 1000. Noi ce la possiamo fare, quelli dovranno superare lo sbarramento, quegli altri da soli non andranno da nessuna parte>>. Cifre e percentuali, per ora solo ipotetiche, riempiono i dibattiti, i confronti e le semplici chiacchiere da bar. Quel che è certo è che a maggio ci saranno facce nuove nell’ufficio del sindaco ed in Consiglio comunale. Ai cittadini l’onore e l’onere di sceglierle. C.C.


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EMOZINI. Il patron Maganuco come un papà con la sua creatura

Il mio 21° festival tra ricordi e futuro di Donatello Polizzi

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n quarto di secolo, ben venticinque anni sono trascorsi dalla prima serata del Festival Città di Caltanissetta. Generazioni di spettatori ed artisti che hanno consegnato sogni e speranze alle tavole di un palcoscenico. Artefice, demiurgo della rassegna canora nissena è Tony Maganuco che abbiamo incontrato e con il quale abbiamo tentato di riannodare i ricordi che lo legano al suo festival. Prima uscita sul palco, cinque lustri orsono: ricordi qualcosa? “La scenografia era di polistirolo, un castello che rappresentava la città di Caltanissetta e che riempiva il palco del teatro Bauffremont. Tre giorni di pienone, situazione inaspettata, persone in piedi per mancanza di posti, un tutto esaurito senza precedenti, la stampa sorpresa e disponibile, la politica entusiasta, non racconto una bugia se dico che dal 1989 ‘qualcosa’ è cambiato in città. Il primo Festival città di Caltanissetta aprì le porte del mondo dello spettacolo: cantanti, attori, tecnici, sale di registrazione, negozi di dischi, tournèe, e sogni, tanti, forse troppi”. Quale rapporto affettivo si è sviluppato con la tua ‘creatura’ artistica

più longeva? “Per me era nato un figlio, da accudire, coccolare, proteggere, e soprattutto crescere nel miglior modo possibile, ed è stato così per ventuno anni. Ora che ha raggiunto la maggiore età ed oltre, dovrebbe raccogliere i frutti. Ed è per questo che proseguirà il suo cammino, a prescindere dai comportamenti della sua ‘famiglia’, la politica, gli sponsor, la classe dirigente, ‘famiglia’ adottata, poiché la vera famiglia è il pubblico, che ha amato il festival seguendolo con entusiasmo da sempre”.

meno noti che hanno allietato le varie edizioni? Qualcuno che ha avuto ‘fortuna’ dopo la sua partecipazione? “Il resto è storia, quella storia che vuole il festival ‘portafortuna’ per alcuni ospiti. Ha ‘scoperto’ Giobbe Covatta, allora illustre sconosciuto,

certo Giulio Rapetti, in arte Mogol, che con questo festival collabora da anni”. Pensi già alla ventiduesima edizione o inizi a valutare il ‘pensionamento’? “Il futuro? Un po’ come la filosofia canora di Bennato ‘seconda stella a

come Aldo e Giovanni quando Giacomo non c’era ancora; Enzo Iacchetti, Francesco Baccini. E’ stato anche il palcoscenico per l’ultima esibizione live del compianto Alex Baroni, e soprattutto ha fatto innamorare un

destra, questo è il cammino, poi dritto fino al mattino, non ti puoi sbagliare perché, questa è l’isola che non c’è’ ma si insammadì a truvu..poi nni parlamu… (tradotto: ma se dovessi trovarla allora poi ne discutiamo)”.

Per me il festival è come un figlio da accudire, coccolare e far crescere il meglio possibile

La nostra città sempre bistrattata, nel corso degli anni, è stata capace di esprimere grandi professionalità e maestranze eccellenti che hanno contribuito alla crescita ed al radicamento della kermesse nel territorio e nel calendario delle manifestazioni di rilevanza nazionale: l’esercito dei ‘senza volto’. Una spinta all’occupazione? “Quel che resterà nella mia memoria è il fatto che tanti artisti e tante maestranze con e grazie al Festival hanno intrapreso carriere nel settore, magari non li vediamo in tv, ma lavorano tanto e guadagnano quanto basta per vivere ed anche bene”. Quali sono i personaggi celebri o


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In 16 a contendersi tre posti per la finale di Novembre

La kermesse canora in cifre

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l Festival Città di Caltanissetta, vetrina privilegiata del capoluogo nisseno e delle sue bellezze. L’incidenza positiva sul territorio degli eventi musicali, culturali, religiosi e di spettacolo, rappresenta un elemento concreto che induce a circostanziate riflessioni. Naturalmente il ragionamento s’indirizza alle manifestazioni di lunga durata, professionali e che hanno un radicamento affettivo ed economico nel territorio. L’inferenza dovrebbe

essere condotta sui dati e sulla rilevanza mediatica che accresce la visibilità del nome della nostra città e dunque alimenta un’economia asfittica. Il Festival rientra fra queste kermesse ma non è il solo; Settimana Santa, Challenger Città di Caltanissetta, Med Moda, Coppa Nissena, sono gli esempi sostanziali di avvenimenti assolutamente performanti e che andrebbero sostenuti dagli enti pubblici. Non disperdere le scarse contribuzioni (considerato il momento di crisi generale) ma suddividerle per gli eventi che sono realmente tali o comunque incoraggiarli con servizi e sgravi fiscali. Gli americani sono soliti leggere gli eventi attraverso le cifre ed i dati. Diamo un’occhiata alle cifre del Festival. Iniziamo dai partecipanti: 3470 richieste di partecipazione; 1.102 partecipanti oltre stretto; 390 finalisti. Valutiamo quale possa essere l’impatto della manifestazione nel tessuto economico cittadino: 1415 pernottamenti; 5400 ristorazioni; 183 aziende coinvolte; 1.037 nisseni interessati all’organizzazione; 1.223 voli aerei. Rilevanza mediatica: 180 ospiti vip nazionali; 12 ospiti vip internazionali; 7 dirette televi-

sive nazionali, 5 differite; 5 dirette radiofoniche nazionali. La vittoria o la partecipazione a quest’evento hanno un valore spendibile sul mercato musicale o della crescita professionale artistica? Massimo Butera vince con Sarai (1992) ed approda alla finale Rai di Castrocaro; Lorenzo Roccaro vince con “Oltre ogni dubbio” (1994) ed arriva alla finale discografica di Castrocaro; Zenima vince con “Labririnti” (1995) e vola alla finale Rai di San Remo giovani , e poi tra i big in coppia con Mango; Caterina Monti (2002) viene notata da Lucio Dalla (ospite del Festival) e firma un contratto discografico; Morena Parlagreco vince nel 2004 e partecipa gratuitamente ad uno stage presso il CET (Centro Tuscolano Europeo) diretto da Mogol; 2007 il cantante dei Famelika, gruppo vincitore, partecipa gratuitamente ad uno stage presso il CET. Adesso…si alzi il sipario.

Si alza il sipario sulla Finale Regionale del ventunesimo Festival Città di Caltanissetta; dal 16 al 18 marzo, presso il teatro comunale “Margherita”, in gara sedici artisti per conquistare i primi tre posti ed accedere alla fase nazionale in programma a Caltanissetta il 15,16 e 17 Novembre 2012. La situazione economica di crisi che attanaglia la nostra nazione sembrava potesse bloccare la kermesse canora. Un dato rende l’idea delle difficoltà: gli enti pubblici hanno diminuito i contributi di oltre il cinquanta per cento e gli sponsor privati hanno registrato un decremento del settanta per cento. Nonostante tutto il desiderio del patron Tony Maganuco di mantenere in vita questa manifestazione si è rivelato determinante. Giuria di grande qualità compo-

sta dai produttori discografici Mara Maionchi (per la serata conclusiva di domenica 18 marzo), Susan Duncan Smith e Gianluca Giudici, dai Maestri Fio Zanotti e Maria Sicari, dal produttore ed organizzatore di eventi Nuccio La Ferlita, dal comico Sasà Salvaggio e dall’arrangiatore-musicista Ignazio Cianciolo. Ospite, il 18 marzo, l’astro nascente del-

la musica italiana, Eleonora Crupi. Articolato e variegato il programma delle tre serate che scommette molto sui talenti nisseni. Venerdì 16 marzo: ospiti, il duo comico “I Fusibili” e la sassofonista Romina Formica. Cantanti in gara: 1) Chiarenza Lia Manuela con “Sono qui” (Caltanissetta); 2) Guastella Daniele con “Good night” (Alessandria della Rocca); 3) Venturella Florinda con “Piove su di noi” (Villalba); 4) Maktub con “Luce chiama luce” (Gela); 5) Giordano Martina con “Libero l’anima” (Caltanissetta); 6) Galati Emanuele con “Note in libertà” (Palermo); 7) Nottefonda con “Macerie” (Caltanissetta); 8) Bellomo Manuel con “Maledetto Settembre” (Caltanissetta). Sabato 17 marzo: ospiti il gruppo comico “Tre uomini e un cervello” e gli Armonyosa. Cantanti in gara: 1) Polymenes con “Lei un’altra” (Fiume Freddo di Sicilia); 2) Sillitti Marianna con “Splash” (Caltanissetta); 3) Ninotta Ivana con “Pace e silenzio” (Ravanusa); 4) Paruzzo Manuela con “ Il profumo di te” (Caltanissetta); 5) Croce Rosario con “Sempre lo stesso” (Palermo); 6) Riggio Gero con “Mountain bike” (Mussomeli); 7) Marotta Paola con “Lunatica” (Caltanissetta); 8) Polidoro Simone con “Poesia” (Caltanissetta).Domenica 18 marzo: ospiti, la cantante Eleonora Crupi, il comico Sasà Salvaggio, la band musicale Virginia Gold, la corale Polifonica Euterpe ed i Tafano Broders. Cantanti in gara: gli otto finalisti selezionati. Costi dei biglietti: venerdì 16 marzo, sette euro; sabato 17 marzo, sette euro; domenica 18 marzo, dodici euro; abbonamento per l’intera manifestazione, venti euro. Le tre serate saranno trasmesse in diretta da Radio CL1


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Ficarra e Picone e il blitz in Città di Laura Spitali

Sul palco dell’Oasi della Cultura il duo comico palermitano per rodare il nuovo spettacolo. Tra “test” e dimenticanze, il pubblico nisseno ha apprezzato la bontà dell’iniziativa

P

ossono due comici portare scompiglio in una città pressoché assopita come Caltanissetta? A quanto pare si. Soprattutto se si tratta dei due comici siciliani per eccellenza

come Ficarra e Picone. Lo scorso mese i due attori palermitani hanno fatto un’ “incursione” a Caltanissetta, portando in scena il “work in progress” del loro ultimo spettacolo “Apriti cielo”. Si è trattato, infatti, della messa in scena delle prove generali di uno spettacolo teatrale in divenire, al quale Ficarra e Picone lavorano da più di un anno. Proprio per questo il duo palermitano ha scelto di esibirsi al Teatro dell’Oasi della Cultura, ex oratorio salesiano, fondato lo scorso anno dal loro amico e direttore artistico del Teatro Stabile Nisseno Giuseppe Speciale. Ovvero, per avere la possibilità di confrontarsi con una piccola platea,

che potesse ospitare meno di 200 spettatori con i quali colloquiare e confrontarsi durante lo spettacolo. E capire dal vivo i punti di forza dello spettacolo stesso. I nisseni, appena saputa la notizia delle cinque repliche di Ficarra e Picone in città, hanno fatto una corsa contro il tempo per accaparrarsi i biglietti, che nel giro di due giorni dalla prevendita sono andati esauriti. E così è partita la polemica sul perché i due comici non abbiano scelto un teatro più capiente, in grado di ospitare molto più pubblico ed accontentare i tantissimi fan. In molti hanno chiesto all’organizzazione dell’Oasi della Cultura di aumentare il numero di repliche,

non considerando che il tour di Ficarra e Picone era già stato definito da tempo. Sembrava fosse arrivato un ciclone in città, con tanti nisseni alla ricerca di una foto o di un autografo dei loro beniamini televisivi. Chi ha avuto la prontezza di accaparrarsi un biglietto ha potuto assistere ad uno spettacolo esilarante, grazie all’innata comicità del duo palermitano che si esprime soprattutto quando Salvo e Valentino improvvisano, “vanno a braccio” e non seguono alla lettera il copione. Tante le dimenticanze delle battute, molte volute ed altre forse fatte ad arte, che inducevano i due comici ad interagire con il pubblico. Anche i non previsti problemi tecnici hanno dato l’impulso ad una serie di gag involontarie, dimostratesi più spassose di quelle programmate. Lo spettacolo “Apriti cielo” è stato suddiviso in tre sketch. Nel primo i due comici hanno indossato i panni di tecnici della televisione, alle prese con una riparazione in casa di un uomo che scoprono essere stato da poco assassinato, dando vita ad un “thriller alla sicula” carico di strane coincidenze. Nel secondo sketch la satira politica ha fatto da filo conduttore, grazie ad un parallelismo tra l’era berlusconiana ed il rigido governo Monti: “Eri ad un passo dall’arbitrio fiscale”,

ra nera di catechismo”, il quale nel confessare di essere stato “posseduto dal peccato” ha messo in piedi una gag che ha estasiato il pubblico in sala. Al termine dello spettacolo Ficarra e Picone hanno proposto la lettura di un brano molto suggestivo sulla Sicilia, la quale stanca di tutti noi decideva, per una volta, di abbandonare lei i suoi abitanti e non viceversa. Un’ora e mezza di sano intrattenimento, che ha coinvolto e soddisfatto gli spettatori come se avessero partecipato ad una grande festa. Anche se qualcuno ha lamentato il fatto di essersi sentito quasi una cavia, per aver assistito alla prova generale di uno spettacolo che, quando sarà rodato, andrà invece in scena nei teatri delle grandi

Hanno regalato ai fortunati presenti, momenti di raro e sano divertimento

città. Assistendo allo spettacolo sorge, però, una riflessione: sembra che Ficarra e Picone siano divenuti ormai più “animali” da cinema e tv che da palcoscenico.

Ficarra e Picone insieme a Giuseppe Speciale e lo staff del Teatro Stabile Nisseno

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ha detto Ficarra rivolgendosi al grande quadro raffigurante Berlusconi, aggiungendo “Grazie a te noi comici ci siamo potuti comprare le case!”. Nel terzo ed ultimo sketch Ficarra ha interpretato il ruolo di un prete “sui generis”, intento a sfilare le classifiche su quale chiesa avesse ricevuto più offerte dai devoti, mentre Picone la parte di un chierichetto “cintu-

Hanno dato l’impressione di aver perso il ritmo che consente loro di portare avanti uno spettacolo ininterrotto di un’ora e mezzo. Come se fossero più propensi a sketch di pochi minuti “alla Zelig”, o anche a scene di film inframezzate dai “ciak”. Ma senza dubbio in “Apriti cielo” Ficarra e Picone hanno riconfermato di essere due campioni di comicità.


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Fatti & territorio L’INTERVISTA. L’analisi del parlamentare radicale dopo il decreto “svuota-carceri”

Carceri, la “battaglia” di Rita Bernardini di Lello Lombardo

È

legge il decreto “svuota-carceri” che introduce una serie di misure per attenuare il sovraffollamento dei penitenziari italiani. Una legge che cerca di “mettere una pezza” su una problematica che ha “molti padri” e che ha scatenato le critiche degli schieramenti politici dell’opposizione; qualcuno lo ha definito “decretino contentino”, ma una cosa è certa: i penitenziari italiani versano in condizioni assai disagiate, stracolmi di detenuti (… con il paradosso Gela) e con servizi molto carenti, anche sotto il profilo strutturale. Sulla questione abbiamo intervistato l’Onorevole Rita Bernardini, eletta nell’aprile 2008 alla Camera dei deputati nelle liste del Partito Democratico, all’interno della delegazione Radicale nel PD e membro della II^ Commissione Giustizia. Onorevole Bernardini, subito dopo l’approvazione in via definita della Camera del decreto svuota-carceri, il Ministro Severino, in merito ha dichiarato: «non è né un indulto mascherato, né una resa dello Stato alla delinquenza». Lei condivide le affermazioni del Guardasigilli? Il Ministro si è preoccupata di ri-

spondere ai giustizialisti, agli agitatori di cappi della Lega Nord Tanzania e dell’Italia dei Valori illiberali. Un gioco cinico delle parti che ha portato al risultato di una legge pressoché inutile per far rientrare nella legalità le carceri italiane. I nu-

I numeri parlano chiaro, mancano 23000 posti nelle galere italiane

meri, purtroppo, parlano chiaro: in un anno andranno alla detenzione domiciliare circa 3000 detenuti, ma nelle nostre galere mancano 23.000 posti e questo determina condizioni indecenti di vita sia per i carcerati che per chi nelle carceri ci lavora. Prevista, inoltre, la chiusura degli ospedali psichiatrici giudiziari, entro il primo febbraio 2013… E’ un buon passo avanti, ma noi radicali stiamo con gli occhi bene aperti perché non vorremmo che il tutto si trasformasse in una beffa, passando dagli Opg ai “ repartini psichiatrici carcerati” o ad altri

tristi luoghi di privazione di diritti umani fondamentali che sfuggono a qualsiasi tipo di controllo. Da radicali, promotori del referendum del 1977 per la chiusura dei manicomi, siamo attentissimi a che non si ripeta il tradimento di allora che portò al tradimento referendario con l’approvazione della legge 180 frutto di un accordo partitocratico che, per evitare il voto popolare, chiuse i manicomi senza destinare adeguate risorse e aiuto sul territorio per i soggetti “liberati” e per i loro familiari o tutori. Il problema della sanità: istituti dove manca l’acqua durante il giorno, celle sovraffollate (emblematico il caso del vecchio penitenziario catanese di piazza Lanza dove sono reclusi 569 detenuti a fronte di una capienza di 155 posti letto). E’ un Paese civile il nostro dove esistono simili condizioni di vita nelle carceri? Tutti sanno che la situazione non solo è incivile, ma totalmente illegale. Lo sa il Ministro Severino, che uscendo dal carcere di Solliciano ha detto che le celle sono luoghi di tortura. Lo sa il Presidente Napolitano che al convegno organizzato dai radicali e dal Senato alla fine

del mese di luglio dello scorso anno descrisse la detenzione italiana come qualcosa che “ci umilia in Europa” e che richiede interventi di una “prepotente urgenza”. Parole alle quali non sono seguiti fatti. Uno Stato che si comporta come un delinquente abituale, che non è credibile di fronte a chi ha la pretesa di riabilitare secondo quanto previsto dalla nostra carta costituzionale. Onorevole, nello scorso mese di dicembre Lei ha visitato le case di reclusione della nostra provincia; c’è il paradosso Gela, dove esiste un carcere nuovissimo che può ospitare 96 detenuti, mentre ce ne sono solo 39. . . L’elenco delle carceri costruite e chiuse o utilizzate parzialmente è lunghissimo. Sta lì a testimoniare lo sperpero di denaro pubblico. Non si possono aprire perché non c’è il personale. Già solo per la gestione dei 206 istituti penitenziari esistenti mancano 7.000 agenti penitenziari, centinaia di educatori, psicologi, assistenti sociali, personale amministrativo e sanitario e persino direttori! A chi vogliono prendere in giro? Chi devono foraggiare con la costruzione di nuove carceri? Il governatore Lombardo, in Sicilia, ha abolito la figura del garante dei detenuti; era un ruolo inutile? No, nel modo più assoluto. La delegazione radicale in parlamento ha depositato una proposta di legge per l’istituzione di un garante nazionale collegato con i garanti sul territorio dove esistono le carceri. Il controllo, soprattutto nei confronti dei luoghi dove vi sono persone private della libertà, è fondamentale in democrazia. Un carcerato che ha scontato la pena, ha la possibilità di uscire da “persona onesta”? Se ci riesce dopo il “tratt a m e n t o” sopportato

nelle carceri italiane - dove è costretto all’ozio forzato, senza cure sia psicologiche che sanitarie, senza attività di alcun tipo, privato quasi completamente dei rapporti affettivi - merita una medaglia. Capita spesso che per la disperazione si impicchi o si ammali gravemente fino a morire. Per avere un idea chiara di come si vive da detenuti, e di quali sono i problemi delle carceri italiane, consiglio vivamente la lettura del libro “Leone bianco - Leone nero” del vostro concittadino Giuseppe Nicosia. Il proibizionismo sugli stupefacenti in che termini contribuisce al collasso del sistema carcerario? Il proibizionismo è criminogeno. Fiumi di droghe di tutti i tipi circolano 24 ore su 24 in ogni angolo del paese. Anche in carcere! Se fossero legalizzate avrebbero il valore del

A volte strutture nuove non si aprono per mancanza di personale, è uno sperpero

carciofo, degli spinaci o, volendo rimanere in tema, del tabacco la cui coltivazione e vendita è regolamentata senza causare il disastro provocato dalle sostanze proibite. La droga proibita ha un potere di corruzione delle istituzioni immenso. In carcere ci vanno a finire soprattutto i tossicodipendenti, cioè persone malate che dovrebbero essere curate e che commettono reati su reati per procurarsi la sostanza dalla quale dipendono. I grandi spacciatori è difficile incontrarli... D’altra parte le forze dell’ordine sono premiate e promosse per il numero totale di arresti non per le indagini serie e approfondite che portano all’arresto dei veri narcotrafficanti. Assistiamo attoniti alle notizie inerenti a suicidi di detenuti ma anche di agenti di custodia… Isolato e bandito, Marco Pannella continua ad affermare da una vita che dove c’è strage di legalità prima o poi c’è strage di popoli. E’ inutile fare gli scongiuri di fronte a questo ammonimento se la banalità del male è già dentro di noi e devasta i nostri cuori e le nostre menti rendendoci incapaci di comprendere e quindi di cambiare ciò che ci accade o che rischia di accadere. Marco Pannella parla delle nostre carceri come generatrici di nuclei consistenti di Shoha.


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IL LIBRO. “200 giorni” l’ultimo romanzo di Lucia Collerone

Un metodo “nisseno” che varca i confini siciliani

che diventera’ un film per la Rai

“200 giorni”

per cambiare

di Ivana Baiunco

La scrittrice nissena racconta la condizione di un’adolescente che affronta i problemi gionalieri con l’aggravante della dislessia

E’

al suo secondo romanzo” 200 giorni” che è già un caso letterario e diventerà un film per la tv, diritti della prima stesura acquistati dalla Rai. Lucia Collerone premio Cimitile 2003 nella categoria inediti con “Lungo il cammino” adesso ci riprova. Trentadue capitoli in cui la scrittrice racconta con uno stile sobrio, giovane,

scorrevole, la condizione di un’adolescente, Lorena che si trova ad affrontare i problemi di tutti i giorni con un aggravante la dislessia. “La storia di una ragazza di sedici anni nel cuore della Sicilia fra scuola e famiglia e un mondo di parole difficile da governare” come recita la quarta di copertina. E’ una sorta di inno alla caparbietà ed alla lotta per il cambiamento, con un occhio attento alla leggerezza ed alla vivacità dei sedici anni. Lucia Collerone racconta del romanzo, come si parla di un figlio, dei suoi progressi, con la stesso stupore e la stessa ingenuità che traspare dalle parole del libro, rigo dopo rigo, emoticon dopo emoticon. Lei Lucia, scevra da qualsiasi prosopopea da scrittrice colta, appare invece come una donna

dagli occhi lucidi e vivaci, la parlata veloce, come veloce è il suo pensiero da dislessica della seconda ora. La dislessia l’ha seguita ed inseguita per tutta la vita durante i suoi 23 anni di insegnamento delle lingue nelle scuole e nella sua vita privata, due figli con lo stesso disturbo e da “mamma coraggio” ha anche studiato e sperimentato un metodo che è oramai divenuto avanguardia per molte scuole. La lettoscrittura. E’ diventata anche ricercatrice universitaria

per passione e per amore di aiutare tanti bambini che ne hanno bisogno, si sta dunque perfezionando con una ricerca di dottorato, sull’Educazione Neuroscientifica, riguarda la neurobiologia della lettura e la didattica della letto scrittura. Quanto c’è dell’autrice in Lorena la protagonista del libro? C’è tutto il mondo di esperienze e relazioni, ma anche emozioni e sentimenti che mi hanno reso quella che sono, ci sono tutte le persone che sono entrate in vario modo nella mia vita, che ho vissuto, perché in fondo siamo chi incontriamo. Dislessia, mondo della scuola, inquietudini dell’adolescenza. Qual’ è il tema narrativo del romanzo? Il tema è la conoscenza, il sapere, la consapevolezza che esistono tante diversità, tanti mondi quanti sono le esistenze che incontriamo e che non si può restare indifferenti o insensibili ai cambiamenti che la complessità dell’esperienza vita ci propone. La scuola è raccontata in chiave critica con possibilità di assoluzione? La critica stigmatizza incongruenze, incapacità, contraddizioni e inadeguatezze, volute o incolpevoli, ma propone modelli di soluzione possibili, percorsi di scelte di cambiamento,azione, costruzione, innovazione come ogni progetto d’esperienza dovrebbe essere. Cambiare si può, basta iniziare e

E’ una sorta di inno alla caparbietà ed alla lotta per il cambiamento

credere che non si è soli o che non lo si sarà lungo. Cos’è il cambiamento per te? Conoscenza, competenza, empatia, condivisione, coraggio, innovazione, volontà e capacità di andare oltre ciò che appare, lo sguardo ironico e bonario sulle difficoltà e la consapevolezza che cambiare

si può se non si è soli. Perché le protagoniste dei suoi romanzi sono donne? Perché i grandi cambiamenti sono nati da donne, che in modo diretto o indiretto li hanno creati o ne hanno dato

Auguro ai lettori del libro di non sentirsi più soli e di essere seme di

cambiamento inizio. Lo sguardo al femminile è uno sguardo di cura verso gli altri e verso il reale, è un comportamento materno che permette alle donne di

Il Metodo di letto scrittura di Lucia Collerone è stato sperimentato in 31 classi prime e in 9 sezioni di scuola dell’infanzia della provincia nissena negli anni scolastici 2008/2010, fa parte dei PRIN (progetti di ricerca a interesse nazionale) dell’unità di ricerca del Professor Antonino Pennisi della Facoltà di Scienze della Formazione di Messina, tutor di ricerca dottorale in Scienze Cognitive di Lucia Collerone. Il metodo è attualmente adottato e utilizzato a Caltanissetta dai docenti del Plesso Michele Abbate del V circolo didattico, nel II circolo di San Cataldo, scuola primaria e dell’Infanzia, nella scuola dell’Infanzia del I circolo, nella scuola primaria plesso “San Michele “ di Caltanissetta, a Marianopoli scuola primaria. In queste scuole le insegnanti sperimentatrici del metodo formano e seguono le colleghe e implementano il metodo in ogni classe prima o sezione perché ne riconoscono la validità. Inoltre, in questo anno scolastico, sarà divulgato in Sardegna, Lombardia, Campania, Puglia, ma anche nel resto della Regione siciliana attraverso azioni di formazione richieste da reti scolastiche o dagli uffici scolastici regionali o provinciali. Il metodo ha le sue basi nell’innovativo filone di ricerca scientifica chiamato Mind, Brain and Education o come è definito Educazione Neuroscientifica, che ha i suoi centri di ricerca presso l’Università di Harvard e nel Regno Unito presso il Centro per le Neuroscienze e l’Educazione dell’Università di Cambridge e il Forum per le Scienze cognitive e l’educazione di Oxford.

assurgere ad eroine del quotidiano, promotrici di cambiamenti arditi, di lotte titaniche, partendo dalle piccole cose. Gli uomini combattono grandi battaglie e ottengono cambiamenti significativi solo quando il loro sguardo è al femminile. Cosa le piacerebbe che restasse nel lettore? Che cambiare il male in bene si può solo se non si è soli e

che l’Amore è la carta vincente, l’arma del cambiamento: solo l’Amore conta. Cosa auguri al tuo libro? Spero che chi lo leggerà, non si senta più solo, abbia voglia di essere seme di cambiamento e che sappia a chi donarlo perché quella persona amata abbia la stessa sua stessa possibilità di vedere una luce al di là di qualunque tunnel tenebroso.


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La Nissa nel pallone Redazione

Tre presidenti, tre allenatori, tanti i dirigenti o pseudo tali, tanti i tifosi delusi da una stagione sicuramente “anomala”

L

a “Nissa nel Pallone”: forse per salvare questa squadra dall’inferno dell’Eccellenza bisognerebbe fare ricorso alla mitica “Bi-Zona”, l’avveniristico schema 5-5-5 del celeberrimo Oronzo Canà (interpretato da Lino Banfi) protagonista del celebre

film comico (1984) di Sergio Martino. Ripercorriamo, con un tono ironico che speriamo induca al sorriso, le vicende (di quest’ultima stagione agonistica) del più glorioso sodalizio calcistico cittadino che oltre un evi-

dente crisi tecnica, vive un momento particolare sotto il profilo societario. Dopo l’era della presidenza Mannino, i tifosi hanno vissuto vicende “divertenti” come neanche i cinepanettoni natalizi. Alla data 10 mar-

zo, le quote societarie sono in mano ai fratelli Dugo, il presidente è Nino Monterosso ma la squadra è gestita (in conformità a un accordo verbale del 16 febbraio 2012) da un gruppo di nisseni guidati da Gabriele Roccia e Carmelo Milazzo. C’era una volta ... iniziamo il racconto dal “lontano” 16 giugno 2011, dal centro polivalente “Michele Abbate”; l’allora presidente Umberto Ilardo, in compagnia del Sindaco Michele Campisi, dell’ex assessore allo sport Danilo Tipo e del dirigente Alessandro Silverio, illustra ai tifosi, il “Contratto tra la Nissa e la città”. Quest’operazione, dovrebbe consentire la presentazione della domanda di ripescaggio in Seconda Divisione; ruolo importante riveste il “Comitato dei Nisseni per la C2”. Sale la febbre biancoscudata più di quella del…sabato sera! Il Comitato

sai che fa cerca… la pubblicità. Fondamentale si ritiene l’apporto degli imprenditori nisseni e dei supporter che sono invitati a sottoscrivere mille abbonamenti. Trascorrono giorni di alterne notizie, di riunioni fra il Comitato ed il numero uno della Nissa ma la telenovela si termina il 5 agosto con la notizia dell’ammissione in Seconda Divisione del Rimini, squadra vincitrice dei play-off della serie D. Ci si tuffa nel campionato, i tifosi sperano ma la Longobarda-Nissa in sede di mercato non trova l’Aristoteles di turno. L’undici cittadino, con panchina Sasà Marra, parte al rallentatore; le prime tre partite equivalgono ad altrettante sconfitte. L’ambiente si spacca, i tifosi contestano la società, il Comitato…evapora: la crisi è servita. “Canà, Canà ma che sei venuto a fa ?”. Il 25 settembre dopo il pareggio interno con il Licata per uno ad uno, arrivano le dimissioni di Umberto Ilardo. Il clima è mefitico, la squadra indossa stabilmente la


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IL CAPITANO. Le emozioni di 10 anni in biancoscudato

Avola: “Stagione tribolata, la più strana che io ricordi”

La redazione de “il Fatto Nisseno” ha cercato di fare una cronistoria, farcita da un pizzico di ironia, della vicenda della Nissa. E’ imbarazzante per noi affermare che nonostante gli sforzi, abbiamo capito ben poco maglia di fanalino di coda e tutti cominciano ad allontanarsi. Sempre più corpose diventano le voci della cessione del sodalizio nisseno e si materializzano numerose cordate: roba che neanche a Milanofiori in tempo di calcio mercato. Esclusa la famiglia Agnelli, tutti sembrano volere la Nissa: tutti la vogliono ma nessuno la prende. Si avvia una trattativa seria e corposa con un gruppo nisseno: Gabriele Roccia è il capofila; potremmo chiamarlo gruppo “Roccia 1”. Il 21 novembre, come nei thriller più coinvolgenti, arriva il colpo di scena: dopo una serie infinita di telefonate, e-mail ed incontri sembrerebbe tutto fatto ma nella riunione decisiva dall’avvocato Ilardo …salta tutto. Intervengono anche i tifosi ma nulla da fare. Il gruppo nisseno promette un’esplosiva conferenza stampa per svelare i retroscena della trattativa ma…salta anche la conferenza stampa! Salta tutto ma è calcio o corsa ad ostacoli??? Il Mitico Canà avrebbe esclamato “Qui a qualcuno gli rompo la noce del…capocollo”! Fuochi pirotecnici in atto ed a sorpresa arrivano gli zii d’America anzi in questo caso di Avola, i fratelli Dugo che acquisiscono la Nissa gratuitamente e nominano presidente Nino Monterosso. In panchina, esonerato Sasà Marra, arriva Gaspare Cacciola (quattro partite un punto) che dopo neanche due settimane è sostituito dal “professore” Salvo Bianchetti. I tifosi biancoscudati ci rimettono in salute: ulcera, stress, perdita dei capelli ed incazzature bibliche! E’ tempo di calcio mercato: altro che Aristoteles! Un via vai di atleti che si decide di allenare a giorni alterni: numeri pari e poi i dispari. Canà e Spero-

ni trattavano “mezzo polpaccio di Platini per una natica di Rumenigge” ma in casa bianco scudata si riesce ad andare ..oltre! Qualcuno si augura possa arrivare l’indimenticabile Fulgenzio Crisantemi, la riserva che tiene spesso compagnia a Canà in panchina: comprato “ai primi di novembre”, con la sua espressione pallida e le sue osservazioni negative sull’andamento delle partite, personifica il “porta-sfiga” Nissa sempre ultima in graduatoria! Il sistema societario Dugo inizia a mostrare delle pecche: qualcosa non va, se ne accorgono i tifosi e anche i giocatori iniziano a lamentarsi! Si vivono sceneggiate napoletana che neanche Mario Merola nel suo celebre cavallo di Battaglia “O’ Zappatore”! Il 16 febbraio (guarda caso giovedì grasso, effettivamente c’è qualcosa di carnevalesco) dopo l’ennesimo allenamento saltato per via del mancato rimborso degli emolumenti, la squadra si reca al Comune in cerca di conforto. Si materializza la cordata nissena (riveduta corretta) ossia Roccia 2 “la vendetta” (come il mitico Rambo). Dugo, alle strette, che in un incontro svoltosi a porte chiuse, sotto l’egida dell’assessore allo sport Getano Angilella, cedono verbalmente la società ai Nisseni in attesa di un successivo incontro per la cessione delle quote (incontro finora mai avvenuto). La nuova cordata, come consuetudine, esonera Salvo Binchetti e richiama Sasà Marra: ossia Marra 2, “il ritorno”. Nel frattempo la panchina della Nissa è dotata di porte girevoli: c’è un traffico maggiore su quella panchina che all’aeroporto di Fontanarossa. I giocatori quando arrivano al campo, oltre agli orari chiedono anche chi sia.il tecnico. Situazione attuale (10 marzo): Nissa ultima in graduatoria, playout distanti quattro punti, proprietà della società amministrativamente dei Dugo, in concreto del gruppo Nisseno. La “Nissa” nel pallone….con la speranza che non si sgonfi!

Il capitano, dieci anni in maglia biancoscudata, un icona di tecnica calcistica e doti caratteriali: Salvatore Avola, l’indiscusso emblema della Nissa. Ricordi, gioie, lacrime, successi, sconfitte, un enormità di emozioni che è difficile convogliare nei pensieri che poi sfociano nelle parole. “Arrivai a Caltanissetta nella stagione 2001-02; mi volle Angelo Cartone, ero reduce da una stagione a Vittoria, conclusasi con un grave infortunio, provenivo da alcuni mesi di inattività; il mio primo presidente fu Franco Galiano”. Caltanissetta cosa rappresenta per te? “Questa maglia è diventata per me una seconda pelle e mi auguro con tutto il cuore, dirigenti permettendo, di concludere in questa straordinaria città la mia carriera”. Con quali compagni hai legato di più? “Ricordo nel mio primo anno che ho stabilito un bellissimo rapporto con Peppe Compagno, un professionista esemplare, sempre prodigo di consigli. Cito, anche, Ciccio Di Gaetano, Emanuele Lupo e Roberto Boscaglia, con il quale, inizialmente, le difficoltà furono parecchie; poi costruimmo un legame saldo, di reciproca fiducia e stima. Delle ultime generazioni, cresciute con me, voglio menzionare Cristian Guerreri e Cosimo Bruno”. Ricordi sportivi più esaltanti? “Senza dubbio la mia seconda stagione alla Nissa, con Peppe Colombo in panchina ed un girone di ritorno (Eccellenza) assolutamente strepitoso. Poi, il campionato vinto e l’accesso in serie D; aggiungo il primo campionato in Interregionale e l’inaspettata, quanto meritata, conquista dei play-off ”. Le gare che ricordi con maggiore suggestione? “Indiscutibilmente la gara dell’1104-2008 contro l’Enna che sancisce la nostra vittoria del campionato e dopo lo storico 13-12-2008 per l’epico 4 a 1 rifilato alla corazzata Sira-

cusa”. La partita, invece, che a tutt’oggi ti tormenta? “Ci penso sempre, play-off di serie D il match giocato in casa contro l’Adrano; sconfitta determinata da un rigore inesistente trasformato da Madonia; era il 27 maggio del 2009”. Vogliamo parlare dei presidenti? La risposta viene anticipata da un grande sorriso: “Niente nomi, tutti importanti con un cenno alla rinascita targata Navarra poi concretizzatasi con l’arrivo di Luca Mannino, anni splendidi”. C’è mai stata la possibilità concreta di un tuo cambio di squadra? “Sì. La prima volta, coincise con l’arrivo di Di Maria sulla panchina della Nissa. Mi aveva cercato insistentemente il Siracusa ed anche il Trapani; ero davvero ad un passo dall’addio ma si rivelò troppo forte

La maglia biacoscudata è diventata per me come una seconda pelle

l’attaccamento a questi colori. L’altra occasione è stata questa estate ma non volevo abbandonare la nave nel momento di difficoltà; ancora una volta l’amore per la Nissa mi ha bloccato. Ormai dopo dieci anni mi sento a casa mia”. Torniamo a questa estate, cosa pensavi, avevi sentore di qualcosa? “Effettivamente dopo il ritiro, progressivamente, mi sono reso conto che la situazione non era delle migliori. I continui cambi di società e di allenatori, hanno pesantemente complicato il lavoro dei mie compagni. Non siamo una compagine che merita l’ultimo posto in classifica”. I tifosi? “Niente da dire un rapporto straordinario. Loro sono una componente determinante del mio crescere, negli anni, del legame con la città. Non ho parole adeguate per ringraziarli dell’atteggiamento benevolo che hanno sempre avuto nei miei riguardi”. Come finirà questo campionato? “Stagione tribolata, la più strana che io ricordi da quando indosso questa maglia. Adesso ci sono delle persone che ci stanno vicino e ci stanno davvero mettendo nelle migliori condizioni per tentare di raggiungere la salvezza, in cui io credo fermamente, non sarebbe un miracolo. Una situazione strana dei Dugo proprietari e di altri che gestiscono ma noi giocatori vogliamo assolutamente raggiungere la salvezza”. Un capitano… esiste solo un capitano: Salvatore Avola.


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Giuseppe Toniolo

proclamato beato il 29Aprile Redazione ...Segue dalla prima

Si tratta di un significato storico ma anche attuale”. In che senso? “Il significato storico è evidente. Giuseppe Toniolo, che il papa Benedetto XVI proclamerà beato il 29 aprile nella basilica romana di San Paolo fuori le Mura, fu uno dei protagonisti indiscussi di quel movimento cattolico che, all’indomani dell’enciclica di Leone XIII, la Rerum Novarum, portò alla nascita delle casse rurali. La nostra banca, fondata nel 1895 da un gruppo di preti sociali illuminati, è stata la prima ad aprire i battenti in diocesi e una delle primissime in Sicilia. Del resto, proprio nella diocesi nissena il movimento cattolico ha manifestato un dinamismo assai operativo e una vivacità del tutto peculiare”. E il significato attuale? “E’ quello di mantenere sempre viva la memoria della nostra identità, che si concretizza in una visione che pone l’uomo al centro del progetto economico e mira a saldare l’interesse del singolo con il bene della collettività. Sono convinto che la nostra cooperativa di credito, e l’intero movimento cooperativo, può ancora incidere positivamente sulla realtà solo se rimane fedele alla sua tradizione e alla sua etica costitutiva”. Che vuol dire oggi fare banca in un territorio depresso come il nostro? “Per noi è importante non soltanto

mantenere uno standard di competenza e professionalità al passo con i tempi, ma anche rispettare uno stile di azione improntato ai valori della solidarietà, all’attenzione nei confronti dei bisogni della gente, alla vocazione di servizio al territorio, alla conoscenza perso-

nale del cliente, che non può e non deve essere soltanto un numero. Il rapporto umano è imprescindibile. Penso che questo particolare aspetto della nostra identità rappresenti un’opportunità e un valore aggiunto anche in

momento di gravissima crisi come quello attuale”. A proposito, qual è la vostra percezione della crisi?

Salvatore Saporito, presidente della BCC sancataldese Toniolo

“Purtroppo la crisi investe vari reparti e settori della quotidianità, dalla vita sociale a quella lavorativa. E’ una situazione davvero drammatica per le famiglie, per le imprese, per i risparmiatori, per l’agricoltura. Tra l’altro il nostro è un osservatorio privilegiato perché la nostra Banca ha 20 sportelli dislocati in varie parti della Sicilia: non soltanto in provincia di Caltanissetta ma anche in provincia di Palermo e Trapani. La situazione è grave. Ma proprio in questo momento il nostro compito è quello di andare incontro al cliente e di offrigli un

Giuseppe Toniolo

sostegno continuo”. Può fare un esempio concreto? “Noi continuiamo ad erogare credito alle famiglie e alle imprese, prestando al cliente la stessa assistenza indipendentemente dall’importo richiesto. Non solo. La Toniolo ha anche ampliato, rispetto all’accordo ABI, i casi di sospensione totale o parziale delle rate di mutuo delle famiglie e delle imprese in difficoltà. In questo contesto di incertezza e di instabilità, ma anche di sfiducia generale, la nostra Banca rimane un punto di riferimento sicuro. Abbiamo sempre aiutato i nostri

L’insegnamento di Toniolo ci guida costantemente nell’azione sul territorio

clienti e, a maggior ragione adesso, continueremo a farlo. Per tornare a Toniolo, mi piace ricordare come questo grande italiano abbia elaborato una sua teoria, personale, sociologica, che impone il prevalere dell’etica e dello spirito cristiano sulle dure leggi dell’economia”.


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Un “forcone sancataldese” tra i leaders del movimento di Laura Spitali

Il ‘Movimento’ sta via via crescendo, ed accoglie ogni giorno categorie che finora erano rimaste solo a guardare, come professionisti, commercianti, artisti e mondo universitario

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ono trascorsi due mesi dall’arrivo della ‘Forza d’urto’ che ha investito la Sicilia. La protesta, creata dal ‘Movimento dei Forconi’ con lo scopo di reclamare i diritti di tutta la collettività, ha scosso da gennaio la rassegnata terra sicula. Dopo il corteo del 25 gennaio, il 6 marzo si è svolta la seconda maxi manifestazione a Palermo, dove alcune migliaia di siciliani hanno sfilato per le vie del capoluogo. Parte di essi ha bruciato simbolicamente le cartelle esattoriali davanti la sede della Serit, mentre una delegazione ha occupato per due giorni l’Assemblea Regionale ed ha avuto un incontro con il presidente Cascio ed alcuni assessori e consiglieri. Al termine del vertice è stato stilato un documento programmatico contenente sei punti d’intesa da mettere in atto fin da subito. Ma quella dei Forconi è soltanto una protesta come tante, un tentativo di ribellione, o l’incipit di un processo di rinnovamento a cui ambiscono i suoi promotori? Per saperne di più sul ‘Movimento dei Forconi’ e sugli obiettivi a cui punta abbiamo intervistato uno dei suoi leader, il sancataldese Giuseppe Scarlata. “Da quando si è svolto lo sciopero regionale lo scorso gennaio il ‘Movimento’ sta via via crescendo, ed accoglie ogni giorno categorie che finora erano rimaste

solo a guardare, come professionisti, commercianti, artisti e mondo universitario. Abbiamo deciso di continuare la nostra protesta seguendo strade collaterali, perché se avessimo protratto lo sciopero ad oltranza avremmo soltanto arrecato danno ai nostri conterranei. Ma quei cinque giorni di sciopero sono serviti a far accendere i riflettori sui problemi della Sicilia, e a far sentire al mondo politico la voce di una terra che non ne può più di essere vessata e maltrattata”. Dopo la storica occupazione dell’Ars cosa vi aspettate dalla politica? “Che rispetti i punti riportati nel documento d’intesa e la relativa calendarizzazione. Noi non abbasseremo la guardia, e vigileremo affinché quanto promessoci venga mantenuto. Ci rendiamo conto

che il nostro ‘Movimento’ preoccupa molto sia il mondo politico che quello sindacale, perché scuote le coscienze della gente e mette in

risalto la prassi politica degli sperperi e della cattiva amministrazione. Nelle scorse settimane avete

coinvolto i consigli comunali siciliani affinché vi sostenessero. Cosa avete ottenuto? “Le massime assise cittadine hanno fatto la loro parte, stilando dei verbali di consiglio in cui sostengono le nostre ragioni. Ma nessun consigliere ha fatto pressioni sui propri partiti affinché

partito politico? “Non abbiamo alcun interesse a presentare delle liste elettorali né alle prossime amministrative né in futuro. Ma faremo informazione attiva fra i cittadini, vagliando e monitorando cosa proporranno i partiti. Non vogliamo accaparrarci nessuna poltrona, ma vogliamo capire se e chi si occuperà realmente degli interessi sociali. Ciò, però, non esclude che in futuro potremo contribuire a selezionare chi potrà seriamente guidare la nostra terra, la nuova classe politica fatta da giovani seri, volenterosi e non ‘impastati’ dal solito modo di far politica”. Infine, a quando risale la nascita del ‘Movimento dei Forconi’ e perché avete scelto proprio questo nome? “Prende il via nel 2008 attraverso dei comitati spontanei, ma il

fossero poste risoluzioni concrete”. Visto il vostro consenso popolare avete intenzione di trasformare il ‘Movimento dei Forconi’ in un

‘Movimento’ si compatta nel 2010, dopo essersi affiancato al movimento dei ‘Pastori Sardi’ guidato da Felice Flores. E

Non abbasseremo la guardia e vigileremo affinchè le promesse siano mantenute

grazie a lui abbiamo scelto il nome ‘Forconi’, dopo aver sentito una sua dichiarazione nella trasmissione Annozero di Michele Santoro del 2011 in cui disse: ‘Se in Italia non si prenderanno provvedimenti, noi cittadini scenderemo in piazza con i forconi!’. Il ‘Movimento’ non mollerà, vogliamo unirci a livello nazionale a quei gruppi che hanno i nostri stessi problemi, e che vogliono tutelare e risollevare le sorti della propria terra”.


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L’INIZIATIVA. Fotoracconti ed escursioni domenicali per promuovere la cultura del viaggio

L’ Angolo dell’ Avventura, le ragioni di un successo I

n questo numero incontriamo Claudio Arcarese, Ulisse Segretario e Costanza Calderone, Responsabili del “L’Angolo dell’Avventura di Caltanissetta” che, in breve tempo è diventato, nell’ambito della socialità culturale, una realtà riconosciuta e consolidata in città. Cercheremo con loro di individuare i principali fattori che ne hanno determinato il successo e la buona affermazione nel contesto locale, cercando di capire quali sono le motivazioni che inducono un numero sempre maggiore di persone a partecipare con crescente entusiasmo ed interesse alle diver-

se iniziative che ne costituiscono il variegato programma: fotoracconti, videoproiezioni di viaggio, escursioni domenicali in libertà nel territorio siciliano, serate evento nell’ambito del caffè letterario e quant’altro. Ma cosa sono gli Angoli dell’Avventura e, prima ancora, cosa è Avventure nel Mondo? “A.n.M. -ci dice il Presidente dell’Angolo nisseno Claudio Arcarese- è il tour operator leader nel

campo dei viaggi alternativi, il primo in Italia con i suoi oltre 900 itinerari diversi nei cinque continenti, che ha fatto del viaggiare in modo spartano e autogestito una vera e propria filosofia di viaggio, indirizzata soprattutto a chi nel viaggio vede un’occasione di arricchimento culturale, di conoscenza e di scoperta del mondo che ci circonda. Oggi ci si trova ad essere spettatori, talora smarriti, di un mondo che, attraverso una rapida globalizzazione mette a tacere le diversità culturali: ma all’omologazione occorre opporre la conoscenza ed il

I nostri incontri nascono anche per salvaguardare l’uguale dignità di tutte le culture

rispetto per i vari popoli del mondo e per la loro storia, cultura, usi e tradizioni diverse. Per difendere e salvaguardare, insomma, oltre che l’ambiente, anche l’uguale dignità di tutte le culture e la loro vocazione ad arricchirsi ed a compenetrarsi

lo sguardo oltre le dune il libro di Carla Perrotti e Fabio Pasinetti presentato lo corso 8 marzo

l’una con l’altra. Ed è proprio al fine di promuovere la diffusione della cultura del viaggio, che, in seno ad A.n.M., sono nati dapprima i Centri Studi, poi i Caffè Letterari che si occupano di letteratura di viaggio ed infi-

Da sinistra: Ulisse Segretario, Costanza Calderone e Claudio Arcarese

ne gli Angoli dell’Avventura: centri di aggregazione, frutto di iniziative spontanee sparsi in più di centotrenta città d’Italia, di natura apolitica, apartitica e senza scopo di lucro”. Nello specifico, L’Angolo di Caltanissetta nasce nel 2009 da un progetto di Claudio Arcarese, appassionato viaggiatore e dal 2006, coordinatore di A.n.M., assieme ad Ulisse Segretario, altro coordinatore nisseno di A.n.M., e di Costanza Calderone. “Diversi sono i fattori che concorrono al successo dell’Angolo -sostengono all’unisono gli intervistati,- il tema del viaggio innanzitutto, argomento sempre di grande fascino e forte richiamo”. “Chi viene alle nostre serate, -afferma Costanza Calderone,- ha la possibilità, con la proiezione del foto o videoracconto di evadere dal quot idi ano e di visitare, seppur vir-


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Lo spirito di gruppo che contraddistigue e caratterizza le gite domenicali, sembra essere la giusta rcetta per far socializzare i partecipanti con l’ambiente ed il territorio, tutto all’insegna dell’amicizia I due gruppi coordinati da Ulisse Segretario e Claudio Arcarese in Siria e Giordania

L’Angolo dell’Avventura di Caltanissetta sul Monte Alzacuda a Mazzarino

tualmente, paesi lontani e realtà diverse, ma, soprattutto di averlo fatto in modo inusuale. Ciò che colpisce dei viaggi di A.n.M. sono, infatti, soprattutto l’autogestione, lo spirito di gruppo e la pratica oramai consolidata di evitare i canali del grande turismo organizzato che consente al viaggiatore di avvicinarsi pienamente alla realtà del paese visitato”. “Lo spirito di gruppo in particolare -continua Ulisse Segretario- è quello che si sta affermando sempre più nelle nostre escursioni domenicali alla scoperta ed alla riscoperta della nostra Sicilia. Sin dalla prima escursione a Mazzarino, nel gennaio 2011, abbiamo registrato un numero di adesioni elevato, al di là di ogni nostra più rosea aspettativa, fino a toccare gli ottanta partecipanti in occasione della visita, che ha aperto la nuova stagione, alle ville barocche ed al museo Guttuso a Bagheria, lo scorso 26 febbraio. Riscontriamo di volta in volta il piacere dei partecipanti di ritrovarsi e la sensazione è che si sia creato un gruppo di amici via via sempre più numeroso che condivide con entusiasmo l’opportunità di conoscer-

si meglio e di conoscere meglio il proprio territorio, con il supporto, peraltro, di esperte guide locali”. E le serate evento? “Bè, quelle costituiscono il nostro fiore all’occhiello, -risponde Claudio Arcarese- ed un motivo per noi di particolare orgoglio, per essere riusciti a portare nella nostra città, ospiti illustri che, con le loro storie, le loro imprese e le esperienze personali hanno suscitato forti emozioni. Già nel 2011 abbiamo promosso incontri con scrittori e personaggi legati al mondo della

Chi viene alle nostre serate evade dal quotidiano e gira virtualmente il mondo

letteratura di viaggio e non solo. Cito, a questo proposito, le serate con il grande scrittore Enzo Russo, il magistrato antimafia Giovanbattista Tona, Laura Mancuso, vedova

di Angelo d’Arrigo, l’antropologo Roberto Virgili e tanti altri. Data la straordinaria partecipazione di pubblico, che sembra aver apprezzato moltissimo queste parentesi culturali, abbiamo deciso, anche per quest’anno, di continuare su questa strada con la serata dell’otto marzo dedicata a Carla Perrotti, “la Signora dei deserti” e al maratoneta non vedente Fabio Pasinetti che ci hanno raccontato la loro esperienza nel deserto bianco egiziano, attraverso le pagine del loro libro “Lo sguardo oltre le dune”. Ed ancora con lo straordinario incontro del 28 marzo con il grande Folco Quilici ed Enzo Russo”. “Ci tengo, da coordinatore, a sottolineare -continua Ulisse Segretario- che un ruolo determinante nel successo dell’Angolo, l’ha giocato anche il confronto e la sinergia con gli altri Angoli siciliani, con i quali è nata presto una preziosa amicizia ed una interessante collaborazione. Tanti i coordinatori di A.n.M. che, da tutta Italia sono disponibili a venire a Caltanissetta per condividere le proprie esperienze di viaggio con foto e video di altissimo livello. Una parentesi a parte, -prosegue- la merita poi la sede che ospita il nostro Angolo, il centro culturale Villa Barile, splendido palazzo ottocentesco, magnificamente ristrutturato, con una sala attrezzata di tutto punto ed un accogliente caffè letterario, nel quale è già da tempo consuetudine incontrarci con i tanti amici ogni giovedì per il nostro “ aperitivo del viaggiatore”. A questo punto una domanda d’obbligo. E voi, che ruolo giocate

in tutto questo? I tre si guardano velocemente e sorridono, ma è Costanza Calderone che risponde. ”Occorre sapere che noi siamo colleghi di lavoro, ma soprattutto, grandi amici. In questi anni abbiamo condiviso tante esperienze e abbiamo anche viaggiato insieme; memorabili un capodanno a Berlino ed un meraviglioso viaggio in Siria e Giordania che nel 2010, ha tenuto a battesimo Ulisse come coordinatore di A.n.M.. Posso dire che, molte volte, è tra noi superfluo perfino parlare, in quanto riusciamo spesso ad anticipare i pensieri gli uni degli altri. Non c’è dubbio che la buona intesa e la sintonia tra di noi rappresentano il valore aggiunto per l’Angolo che, as-

sieme alla passione, all’entusiasmo ed al piacere che mettiamo in tutto ciò che facciamo riescono a suscitare interesse e curiosità ed a creare coinvolgimento e partecipazione. “A chi aderisce alle nostre iniziative -conclude Claudio Arcarese- ripetiamo spesso che L’Angolo dell’Avventura è un’entità in continuo movimento dove tutti possono partecipare dando suggerimenti, proponendo iniziative, o segnalando idee interessanti”. A questo punto possiamo considerare l’incontro concluso e quando chiediamo ai nostri ospiti se vogliono aggiungere qualcosa, quasi in coro dicono: “Venite a vivere con noi nuove Avventure e naturalmente……..vi aspettiamo numerosi! Appassionatamente”.

Folco Quilici


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Sul Pianeta di Cecilia Miraglia

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o scorrere del tempo è il fattore inesorabile attorno al quale gravita ogni nostra azione, soprattutto quando si tratta di azioni che dipendono decisamente dal susseguirsi delle stagioni. “E’ bene ricordarsene sempre!” dice Santi. Ecco perché in cima al vecchio baglio hanno piazzato una macchina fotografica che scatta 6 foto al giorno per 365 giorni l’anno, e se visitate il sito online avrete le previsioni meteo in tempo reale. Cambiamenti climatici,luna calante o crescente,tasso d’umidità. Non siamo in un osservatorio astronomico ma più semplicemente a casa della famiglia Planeta di Santa Cecilia. Nome troppo roboante per essere scritto sulle etichette e così Santi, Alessio e Francesca hanno avuto la felice idea di sezionarlo per praticità: Planeta è il nome con cui firmano tutte le loro bottiglie e che li ha resi riconoscibili in tutto il mondo, mentre Santa Cecilia è rimasto il privilegio di una sola etichetta,ma una delle più significative. Mi sono recata a trovarli due volte ,una d’estate e una d’inverno, ma sempre presso il baglio ristrutturato di Sambuca di Sicilia. In realtà loro possiedono ben 6 cantine sparse per tutto il territorio siciliano da oriente a occidente: dal comune di Noto a quello di Vittoria per passare attraverso Menfi e Sambuca di Sicilia riposandoci alle pendici dell’Etna a Castiglione di Sicilia e concludendo il viaggio a capo Milazzo. Ogni posto è differente, ogni terreno ha la sua vocazione per uno specifico vitigno e quindi ogni azienda è progettata per trasmettere l’identità dei singoli territori attraverso il vino. Certo a Sambuca il fascino del lago Arancio e del bosco La Segreta creano un ambiente ideale per una sosta accanto ad un bicchiere di vino e infatti non lontano da lì hanno aperto una Foresteria per ospitare durante tutto l’anno chi volesse

Planeta

farsi coccolare dallo chef Pumilia e da una vista strabiliante sul mare di Porto Palo, senza contare che con un salto si può visitare il parco archeologico di Selinunte,la valle dei Templi di Agrigento e il

paesaggistico perché ricavata interamente nel sottosuolo, il Sentiero Natura attraverso il bosco La segreta a Sambuca di Sicilia, 300 mt quadri di pannelli fotovoltaici e impianto ad energia solare per La

diversi colleghi dai nomi altrettanto famosi, che hanno scelto di impiantare vigneti all’estero,addirittura in America e creare delle tenute (estates) indirizzate principalmente al turismo. “No” risponde lui con uno sguardo che mi fa vergognare della domanda appena postagli “Siamo siciliani,preferiamo giocare in casa e concentrarci su ciò che la nostra terra può offrire. In Sicilia la vendemmia dura anche tre mesi grazie alle caratteristiche pedoclimatiche,solo in Sud America succede una cosa simile. Cioè …ho l’America in casa e la vado a

Nella foto a fianco i tre cugini Santi, Alessio e Francesca. Sopra la cantina dell’Ulmo a Sambuca di Sicilia sullo sfondo del lago Arancio. In alto a destra “Cometa”, una bottiglia della loro produzione, fatta a base di uve Fiano.

sito di Segesta. Tutto ciò che la Sicilia può offrire, dal mare, ai monti ,ai laghi fino alle nostrane bellezze culturali, sono lì a portata di mano. In un posto così idilliaco, la famiglia Planeta non poteva non sposare un progetto ecosostenibile, chiamato Sos Tain (insieme a Tasca d’Almerita) e che consiste in un protocollo di comportamenti e procedure che si adottano per contribuire alla tutela dell’ambiente sull’esempio della California Suistainable Winegrowing Alliance: la Cantina invisibile a Noto che limita al massimo l’impatto

vulcanico. In realtà è solo in fase sperimentale, ne hanno prodotte 3,000 bottiglie ad uso quasi personale ma mettendoci la passione che li contraddistingue non faticheranno ad arrivare alla produzione minima per la vendita. Un’altra scelta interessante è stata quella di spostare sulle etichette il peso del nome dal vitigno alla vigna, cioè dare vita a dei crus come succede in Francia,per cui quello che si chiamava semplicemente Syrah in etichetta si chiamerà Marroccoli dal nome della vigna dove è impiantato. Sono tutti movimenti che denotano una continua ricerca della qualità senza perdere di vista la valorizzazione del territorio, una famiglia che guarda il futuro con un occhio sempre rivolto al passato perché sono da generazioni radicati in una realtà

“ Foresteria, l’ambizioso progetto di recupero e rilancio del Mamertino, vino di grande storia prediletto da Cesare e infine l’uso di materiale riciclato e addirittura il riutilizzo delle vinacce come ammendante organico. Chiedo a Santi se hanno intenzione di seguire l’esempio di

cercare fuori?”. Questo forte legame li ha portati a sperimentare anche un brut metodo classico con uve carricante proprio nei vigneti posti alle pendici dell’Etna,territorio assolutamente privilegiato alle uve da spumantizzare, per la peculiarità fresca e minerale del suolo

Siamo siciliani e preferiamo giocare in casa, l’America è qua

agricola siciliana. Rispetto dell’ambiente, responsabilità sociale, qualità: sono in fin dei conti dei progetti così ambiziosi? Non mi pare. Ogni giorno tutti noi sobbarchiamo la nostra meravigliosa terra di pesi che non riuscirà a sostenere a lungo e quando poi siamo stufi ce ne andiamo alla ricerca di altre mete da distruggere. Pensate se un giorno la Sicilia Intera, si stancasse di noi e dei nostri soprusi, e decidesse di abbandonarci e scomparire all’improvviso. Il mare ,i monti, le dolci colline, il verde degli ulivi, il profumo dei mandorli in fiore, il vulcano, tutta l’isola insomma. Fermiamoci un secondo e pensiamoci. Se continuiamo così purtroppo non è una possibilità remota.


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di Salvatore Falzone

La “pazzia” di Michele: l’amore per il vino D

icono che sia la seconda enoteca più fornita dell’isola. Classifiche a parte, è certo che soltanto un “pazzo” poteva scavare da solo una nicchia del genere nel cuore della provincia più depressa d’Italia. Solo un “pazzo”, o un sancataldese, che poi – come da antica tradizione - sono la stessa cosa. Entrateci, se vi capita: Enoteca Nero D’Avola& co, San Cataldo, di Bonfanti Michele, sommelier, figlio di Gaetano, ai tempi produttore di vino nelle campagne dell’entroterra. Entrateci, ma in punta di piedi, come

si entra dentro una cripta.Scenderete a tre metri sotto terra e vi guarderete intorno:ordinatiall’interno di due grandi caveau, su scaffali di legno, riposano vini nazionali

e isolani, passiti, champagne, rhum e distillati di tutto il mondo. L’occhio cadrà su scintillantiriserve dietichette di vaglia: Sassicaia, Gaja, vini francesi di altissimo pregio (e costo):da ChâteauxLa Tour a Château Lafite Rothschild, ad Armagnac e così via.Duemilasettecento

musicale, calici di vetro.Il resto viene da sé. Ma – attenzione non è un posto snob e dunque non è un posto per snob. E’ una cantinetta inebriante per innamorati di vino. Non datevi arie, non ce n’è bisogno: anche perché la semplicità del proprietario vi spiazzerà. “Si può dire

cadut i per terra. Da qui nasce la mia passione per il vino”. Il vino è per Michele una materia viva. “Quando stappo una bottigliadi pregio – continua - provo una grande emozione e una sensazioneesaltante che coinvolge tutti i sensi”. Gira

bottiglie da invecchiamento: tra cui una trentina di etichette di Amarone, Barolo, Barbaresco, Sauternes e grandi Bordeaux.Luci soffuse, sottofondo

che in mezzo le vigne ci sono nato” racconta.“Mio padre era un produttore di vino e ricordo che quando ero piccolo mi permetteva di raccogliere i grappoli

il bicchiere: “Perché ho deciso di aprire un’enoteca del genere? Perché ho sempre avuto una grande curiosità e una voglia di confrontare i vini di tutte le

regioni per coglierne appieno le sfumature. La mia enoteca, infatti, è diversa dalle altre. Ho deciso di puntare sulla qualità dei vini e sulla varietà delle etichette: abbiamo bottiglie che superano i cinquemila euro”. È stato difficile? “All’inizio sì. Del resto, il vino non è un prodotto di massa e in provincia non c’è un mercato così florido. Eppure dall’apertura a oggi abbiamo registrato un incremento del 30 per cento ogni mese. Esporto in tutto il mondo. E ho deciso di aprire una cantinettaper dare la possibilità ai miei clienti di degustare il vino che intendono comprare. Non solo. Ho voluto creare un luogo di incontro per stare insieme, per parlare, sorseggiando vini di qualità. Organizzo anche serate con enologi e produttori. Del resto anche bere vino può essere cultura”. Progetti per futuro?“Creare un salotto letterario dove associare cultura letteraria e buon bere. Insomma un buon posto da vedere e da assaporare in tutto il suo fascino”.Porta il bicchiere alla bocca e beve, poi indica col dito una fila di bottiglie: “Quelle sono edizioni limitate.E quelle accanto sono le migliori annate delle migliori etichette”. Un pazzo, appunto…


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Fatti & dintorni

Curiosità, a Villalba “Il presepe della Passione” di Osvaldo Barba

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e c’è una peculiarità che di recente contraddistingue la piccola comunità di Villalba, oltre al pomodoro e alle rinomate lenticchie è senza dubbio il presepe. Sembra proprio una passione innata quella che accomuna i circa 1700 abitanti del piccolo centro nisseno che ha raggiunto il massimo per quello che riguarda estro e creatività, con il ventiquattrenne Enrico Garofalo capace di trasformare la passione per il presepe in “Il presepe della Passione”. L’idea del presepe della Passione di Enrico, segretario della secolare congregazione di Maria SS. dell’Annunziata non è assolutamente nuova. Se nell’ennese è oramai famoso quanto visitato l’omologo presepe di Barrafranca che si estende su una superficie di 150 mq quello del giovane villalbese ha in sé genio ed estro doti finora uniche per questo tipo di passione. Già perché Enrico Garofalo con il suo presepe non ripercorre le consuete tappe della Passione di Cristo che partono dal suo ingresso a Gerusalemme per concludersi con la crocefissione e deposizione delle spoglie mortali del Figlio di Dio. Enrico alza l’ingegno è propone la storia di Cristo in tutta la sua essenza: dall’Annunciazione a Maria dell’Arcangelo Gabriele della sua preziosa quanto imminente divina maternità fino alla resurrezione di Gesù e al trionfo della vita sulla morte. Enrico ha investito tre anni della sua vita alla ricerca meticolosa quanto quasi ossessiva di personaggi e scene che nel suo immaginario facevano parte di un grande progetto. Ha acquistato in internet materiale in Germania senza mai

smettere però di contattare esperti e collezionisti regionali e dell’intero territorio nazionale. Il prodotto che ne è venuto fuori è un affascinante viaggio che parte dalla Palestina del tempo per rivivere la Vita di Cristo. Le varie scene sono arricchite di personaggi, giochi di luce e suoni. Il presepe della Natività, Passione, Morte e Resurrezione di Gesù negli occhi e nell’animo di chi lo ha già visitato assume anche un valore “pedagogico”, evidenziando le tappe più importanti del ciclo esistenziale di Gesù Cristo e cioè il Suo Battesimo, la Domenica delle Palme, l’Ul-

zare la tragedia umana e divina di Cristo, abbellendo il tutto con scene o figure tratte dalla nostra attuale realtà storica e quotidiana. Enrico è la dimostrazione che i giovani rappresentano la scommessa per un futuro di programmazione e di rilancio socio-economico. Una tesi questa diffusa e sostenuta da tutti i politici nisseni ma mai messa in pratica da

ogni eletto dal popolo attribuisce al concetto di creatività che non è quello che generalmente

Enrico Garofalo e le foto di alcune stazioni del suo “presepe”

loro credono. Non è solo immaginazione, fantasia o estro. Enrico e la miriade di giovani del tessuto socio-economico del Vallone è la

tima Cena, l’Orto degli Ulivi, i processi davanti al Sinedrio e a Ponzio Pilato, la Flagellazione, la Crocifissione, la Resurrezione, l’Ascensione e la Pentecoste. Tali tappe sono rappresentate in modo ciclico come se fossero disposte su una ruota poiché è ciclica la vita di ognuno di noi, nella forma libera e creativa in cui si intende interiorizzare ed esterioriz-

nessuno di loro in tutta la realtà della provincia di Caltanissetta con particolare riferimento alla disastrata quanto mai valorizzata comunità giovanile del Vallone. Basta capire l’importanza che

dimostrazione lampante che la creatività è soprattutto metodo, volontà, “ostinato rigore”, tesi sostenuta già 500 anni fa dal più grande genio italiano: Leonardo da Vinci. In provincia di Caltanissetta così come in Sicilia in genere, l’élite intellettuale ha sempre ignorato e disprezzato questo tema, troppo idealistico, troppo americano per loro. Se avrete modo di visitare il presepe di Enrico nelle prime ore antimeridiane con ingresso gratuito vi accorgerete che la povertà intellettuale che ci assedia e che avanza con passi da gigante ha modo di arretrare solo se continuiamo a fare sforzi sovrumani per contrastarla. A noi gente del Vallonenon ci è concesso abbandonare la lotta perché la fatica è la nostra croce quotidiana dalla quale non possiamo sfuggire. Il presepe della Natività, Passione, Morte e Resurrezione di Gesù di Enrico Garofalo rappresenta l’invito a far si che genio ed estro siano il pane quotidiano per i giovani di questo territorio spesso sempre più stanchi e sempre più fomentatori diuna povertà intellettuale che alita sul loro collo, incentivata a piene mani da chi, a volte, è semplicemente molto più miserabile, intellettualmente parlando, di loro.


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www.ilfattonisseno.it

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