Ceglie Plurale marzo aprile 2011

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Anno X - n. 96-97 marzo-aprile 2011

Euro 1,50

Mensile indipendente di informazione, sport, cultura, attualitĂ e politica

Ospedale e salute CEGLIE PRETENDE RISPETTO!


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Ceglie Plurale

Anno X - n. 96-97 marzo-aprile 2011

A cura di Vincenzo GASPARRO

Libri libri libri Un capolavoro della piccola memoria

Ceglie Plurale Giornale indipendente Anno X n. 96-97 marzo-aprile 2011 Autorizzazione del Tribunale di Brindisi n. 05 del 18/05/2002

Direttore responsabile Antonio ACQUAVIVA

Direttore Michele CIRACI’

Solo un intellettuale innamora to pazzo d ella sua terra e della sua città, poteva ideare e realizzare un libro come questo che, nonostante le sue oltre settecento pagine, si fa leggere d’un fiato per la sua le gg er ez za e o ri gi na li tà . Giuseppe Gaetano Marangi non è, però, solo un martinese che ama visceralmente la sua città, ma anche un intellettuale colto che ha respirato e si è nutrito della migliore cultura contemporanea che magistralmente innerva sulla cul tur a pop ola re del la sua piccola patria. La parlata ma rt in es e co in ci de co n il pensiero dell’essere comunitario martinese. Nella prefazione l’autore annota: ” Questo è solamente un libro di ricordi e nello stesso tempo un atto d’amore nostalg ico per qualcosa che non esiste più, ma di cui ancora nei cuori di alcuni vibr a l’ul timo pa lp ito. Mi riferisco agli ultimi vecchi di lingua m adre marti nese nel senso che, all’alba della nostra vita, il parlare ci fu comunicato da adulti parlanti esclusivamen te in martinese:

l’ it al ia no , p er no i, ve nn e sol ame nte più tar di, com e str ume nto nec ess ita to dal le suc ces siv e re laz ion i so cia li. Ricordo come nei primissimi anni della scol ariz za z i o n e occorresse uno sforzo d i rei nse rim e n t o nell’uso dell’italia no dopo la vacanza estiva, tr as co rs a i n campagna , a contatto di persone t u t t e st ret ta me nte ed es cl us iv a men te di parl ata m arti nese . La v era lingua della Città era il dialetto; l’italiano stava nei libri e nei documenti”. La lingua di una comunità

Cancellato il lavoro manuale In questi anni nel nostro paese è stato massacrato il concetto di lavoro manuale. Ha spopolato l'idea che si potesse vivere scrivendo quattro righe su un foglio o facendo girare dei numeri. È stata un'illusione che oggi si sta palesando drammaticamente. Gli ultimi dati Istat rilevano una disoccupazione giovanile che si aggira attorno al 30 pe r ce nt o. Ai n os tr i g io va ni dobbiamo spiegare che il lavoro è sudore, fatica e impegno. Serve una rivoluzione culturale, altrimenti siamo destinati a diventare un paese di serie B, che non cresce in termini economici, produttivi e di benessere generale». A par lar e co sì è Gio rgi o Guerrini, presidente di Confartigianato, confederazione che raccoglie più di settecentomila aziende artigiane e che, proprio in questa situazione è costretta a vivere un paradosso: nonostante l'alto numero di giovani, tra i 15 e 24 anni, che si ritrovano senza lavoro, esi sto no circ a 150 mil a pos ti disponibili che non trovano persone dis pos te ad occ upa rli . Fig ure pro fes sio nal i ch e un tem po ra pp re se nt av an o i l f io re all'occhiello della nostra penisola come cuochi, meccanici, parrucchieri, baristi e idraulici. «O gg i - co nt in ua G io rg io Guerrini - quando in una famiglia un giovane va a fare l'apprendista in una falegnameria, esiste quasi un pudore nel dichiararlo, quasi fosse una vergogna. Questo è un errore madornale in termini culturali. Non solo perché un giovane apprendista guadagna molto di più di un operatore nei cali center e l'85

pe r ce nt o de i co nt ra tt i si trasformano, dopo tre anni, in occupazione a tempo in de te rm in at o, ma pe rc hé imparare una professione, un mestiere apre sviluppi incredibili per il futuro. Questa è la storia della nostra nazione, di un popolo di lavoratori che dopo aver appreso un lavoro son o div ent ati imp ren dit ori . Questo meccanismo virtuoso negli ultimi anni si è bloccato. Oggi noi abbiamo il compito e il dovere di far ripartire questo processo. Bisogna sanare il gap creatosi tra scu ola e mon do del lav oro , r i c o l l e g a re l a f o r m a z i o n e scolastica con la realtà dell'impresa e coprire così il disallineamento tra domanda e offerta di lavoro. Quest o vulnu s può essere recuperato e riempito attraverso una cultura diversa da quella che ha condizionato l'impostazione dei percorsi scolastici di questo paese. Cultura che per molti anni ha inteso il ruolo dell'impresa e de ll 'i mp re nd it or e co me un nemico da combattere. In verità se non si restituisce un valore positivo all'impresa come creatrice di ricchezza e benessere, non si va da alcuna parte. Il nostro è un paese manifatturiero, e le nostre imprese hanno retto al cospetto della crisi degli ultimi due anni. Per ridare slancio anche ai tanti imprendi tori che hanno con tin uat o ad inv est ire e a mantenere.

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coincide con la sua cultura e attraverso la lingua è possibile cogliere in profondità l’anima della comunità. Non a caso Marangi nella postfazione in e s e r g o richiama q u e s t a cit azi one di Ludwi g von Moses:” L’essenza di un a ci vi lt à sono le idee”, ma le idee appunto si esprimono in l i n g u a . Pe rt an to il dizi onar iett o botanico e il l e s s i c o martinese risultano e s s e re n o n d u e f re d d i strumenti di con sul taz ion e , m a l’app arato conce ttual e dell a martinesità con le relative frasi idiomatiche, storie della tradizione e la memoria vivente dell’autore. Sul piano

strettamente stilistico l’autore si es ib is ce in un a p ros a c he pot rem mo def ini re di sti le medio, elegante e leggero ed essa dispiega tutta la propria carica e vo ca ti va a tt ra ve rs at a da hum or tag lie nte e inc isi vo. Magistrale, così, risultano i ritratti dipinti nel libro da quello del fascistissimo preside del locale liceo, agli uomini della trad izio ne e dell a sagg ezza popolare martinese per passare alle descrizioni del clero. Si ritrovano pezzi d’autentica prosa poetica che conciliano con la lettura. In questo libro tutto è poesia, dagli animali, agli attrezzi della fatica del lavoro, ai riti della cucina. Possiamo dire che ci si imbatte nella poesia della piccola memoria. Nel suo gene re un capo lavo ro. Non fatevi mancare questo gioiello in biblioteca, scritto da un liberalconservatore che del progresso prende il meglio, criticand o l’opera distruttiva di una falsa modernità e che, con garbo tagliente, annienta l’incapacità della classe dirigente martinese del dopoguerra che tante ferite ha inferto al suo bellissimo territorio, non risparmiando gli

Hanno collaborato a questo numero: Vincenzo GASPARRO Nicola SANTORO Antonio CIRACI’ Giovanni PUTIGNANO Giancarlo ALBANESE Stefano GIANFREDA Mariagiovanna CIRACI’ Antonio PUTIGNANO Cataldo CALIANDRO Carlo LEONE Franco Antonio MASTROLIA

Abbonamenti (12 numeri) Ordinario città - € 20,00 Ordinario per altre città - € 40,00 Sostenitore - € 50,00 Onorario - € 100,00 Studenti - € 5,00 Copie arretrate - € 4,00

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Redazione Via Papa Giovanni XXIII, 17 72013 Ceglie Messapica (BR) Tel. 0831382483 Email: redazione@ceglieplurale.it Http://www.ceglieplurale.it

Stemmario delle famiglie cegliesi A cura di

Michele CIRACI’

TALARICO

Unità d’Italia e musica I l R i s or g i m e nt o n a z io n a l e sviluppò nei decenni dal 1815 al 1861 un fervore creativo e propositivo in ogni settore delle arti, esaltando e rinnovando la variegata densità di opere prodotte nel lontano e recente passato. Gli artisti più coscienti, sensibili e attenti alla cultura romantica europea elaborarono nelle arti figurative, letterarie, drammatiche e nella musica i temi consoni al vero e al vissuto, alla libertà, ai sentimenti comuni, dando voce al passato storico e al divenire di un rinnovamento sorprendente, decisivo del presente e del futuro. L'inestricabile intreccio di patriottismo, attese libertarie e rivendicazioni caratterizza nell'Ottocento la musica popolare e colta, i canti e gli inni ritmati e ripetuti, che rimasero nella memoria collettiva dalle Alpi alla Sicilia. Musica e parole scritte da poeti occasionali o specifici, divennero la colonna sonora di eventi irripetibili, che risuona dentro di noi a evocare il nostro Risorgimento: senza distinzioni sociali e generazionali, prima, durante e dopo le guerre combattute, i plebisciti e le annessioni, oltre il 1861 e sino alla breccia di Porta Pia «1870» che pose fine al potere temporale dei Papi. Il genio musicale di Giuseppe Verdi, l'artista dominante del Risorgimento, mazziniano, esaltò nelle sue opere la libertà del popolo, l'opposizione ai tiranni, la lotta contro le ingiustizie e i soprusi risvegliando i temi forti della storia e dell’identità italiana, recepiti da tutti perché efficacemente allusivi delle rivendicazioni e attese del periodo storico.Non solo i temi dei suoi libretti ma anche il ritmo trascinante e gli episodi corali contribuirono alla nascita e al perpetuarsi del suo mito che non conosce confini di spazio e di tempo. L'enfasi emotiva e

partecipata del patriottismo ottocentesco qualifica le com pos izi oni anc he dei nos tri musicisti. S a re b b e s t a t a u n ' o t t i m a occasione proporre alcuni brani mus ica li com pos ti dai Ma est ri Gi ov an ni Mo ret ti , S al va to re Ca la mi ta e P ie tro Alt av il la , intervalla ti da letture d i testi patriottici per festeggiare degnamente i 150 anni dell'Unità nazionale anche a Ceglie Messapica. Un’ennesima occasione persa!

M.A.C.

Troncato nel I° d; nel 2° d’argento, a tre fasce di nero, il tutto attraversato da una colonna di marmo spezzata con base, accollata da un ramo d’alloro al naturale e ad un leone coronato d’oro,rivoltato, posto dietro la colonna e che l’avvolge con le zampe anteriori nella parte inferiore; la colonna accompagnata alla sua base da tre palle d’oro male ordinate’azzurro alla fascia d’oro,accompagnata da cinque stelle di sei raggi del medesimo disposte in fascia, tre in capo e due in punta.


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Nicola SANTORO

Poesia e impegno Caelium e Lyons

gli eventi che hanno UnDue giovanissimo Vincenzo Parisi caratterizzato la serata tenutasi lo prima di partire per l’America scorso 6 marzo presso il Teatro Comunale della nostra città: si dava il quarto concerto della XVII St ag io ne "C ae li um " e ne l contempo si teneva il Premio Donna 2011 organizzato dal Lions Club di Ceglie Messapica - Alto salento. Iniziativa, quest'ultima, giunta alla IV edizione e che quest'anno ha visto riconosciute la professionalità e le qualità della dottoressa Lucia Palazzo, nostra concittadina. Le note di Liszt e Chopin hanno occupato la parte precipua della manifestazione, eseguite al pianoforte dal musicista Raffaele D'Aniello, diplomatosi al

conservatorio "Respighi" di Latina, perfezionatosi poi all'Accademia Musicale Pescarese e in composizione presso il "Santa Cecilia" di Roma sotto la guida del Maestro Gianfreda e oggi titolare di cattedra di pianoforte principale presso il conservatorio "F.Venezze" di Rovigo. Se nei due notturni op. 62 n. 1,2 e nello scherzo op.31 in sib min. di Chopin D'Aniello non sembrava perfettamete a suo agio nel rimarcare gli episodi di puro lirismo interiore caretteristici della musica del polacco, così come i vari momenti di agogica spinta, nel repertorio di Liszt (1811-1886) del quale quest'anno r ic or re il bi ce nt en ar io de ll a

nascita, ha dato dimostrazione di rendere meglio l'esaltazione del temperamento focoso e diabolico del l'u ngh ere se, neg li E tud es d'exécu tion transce ndante che pre sen tan o eno rmi dif fic olt à tecniche, trascendendentali appunto, così come nella prima parte che prevedeva tre pezzi dei celebri "Années de Pèlerinage" dal compositore concepiti durante il lungo soggiorno italiano (183639). Un'occasione di incontro tra l'alta musica di stampo poetico come quella di Liszt e l'impegno sociale nella quale ben si inseriva l'i niz iat iva del Lyon s Cl ub presieduto dall'avv.Isabella Vitale e dal dott. Nicola Ricci che ha voluto gratificare la dott.ssa Palazzo per la sua figura che da anni si spende nella cura pubblica degli ospedali del territorio. Laureatasi nel 1982 in Medicina e Chirurgia presso l'Università di Bari, la dott.ssa Palazzo inizia ben presto il suo percorso professionale già l'anno dopo presso il Pronto Soccorso estivo di Villanova di Ostuni e, successivamente, presso quello dell'ospedale di Ceglie. Specializzatasi in Chirurgia d'Urgenza e Pronto Soccorso presso l'Università di Bari, nel 1994 diviene coadiutore sanitario del Pronto Soccorso e nel 1996 Aiuto di Chirurgia Generale

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sempre a Ceglie. Dal 2003 effettiva presso l'Unità Operativa Co mp le ss a di Ch ir.G en . de l presidio ospedaliero di Francavilla F. prodigandosi fino ad oggi nel lavoro quotidiano e sd op pi an do si pr es so gl i ambulatori di entrambi i nosocomi. Membro della Società Italian a di Chir urgia e d ella A.C.O.I. negli anni '90 è stata a lungo presidente della Acos e in tempi più recenti ha partecipato all'organizzazione dei corsi per infe rmie ri insi eme all' Equi pe dell'Unità.op. di Chirurgia del "Camberlingo". I suoi campi di interesse particolare risultano essere la chirurgia ambulatoriale, la proctologia in campo femminile

e la costante azione di informazione e prevenzione delle malattie sul territorio. Con questo riconoscimento che si aggiunge alle donne già premiate nelle passate edizioni (la dott.ssa - pediatra Vincenza Bar let ta, edu cat ric e; l o ch ef Antonella Ricci; il vice questore Giuseppina Suma), il Lyons Club ha così inteso portare a modello l'impegno di un medico sempre pronta e disponibile nei confronti dei bisognosi soprattutto al di fuori del suo contesto lavorativo canonico e sempre all'insegna della gratuità e del disinteresse personale, come è stato sotto linea to nella motiv azion e letta in pubblico.

Cegghije nnu paijse sciliscijate Ceglie non è un paese come tutti gli altri. Non è una città del Nord, non è del Sud. Ceglie è Ceglie. Oggi, purtroppo è una città solo sulla carta. In realtà è un luogo sgangherato dove ognuno di noi fa quello che gli pare e piace, infischiandosene di veti, divieti e prescrizioni. Nessuno di noi vuole rendere conto a nessuno e nessuno deve ficcare il naso nelle nostre faccen de person ali. Siamo dei cittadini tolleranti o intolleranti a seconda della convenienza. Si am o se mp re vi ss ut i, e viviamo, furbescamente. Un tempo non lontano, la nostra gente era maestra in tante co se , ne ll 'a rt ig ia na to , ne ll a sartoria, nella musica, ecc., Oggi, purtroppo, tutte perse. Ci tengono a galla l’enogastronomia, le tante sagre e i due mesi estivi vissuti senza regole. E la nostr a movida e stiva rispecchia fedelmente quello che è diventata questa città. Non esiste, a quanto pare un regolamento di polizia municipale approvato dal Consigli o comunale che regoli spazi, posizionamento di tavolini, sedie, gazebo e bancarelle, perché, se ci fosse un Regolamento, in presenza di inadempienze le forze del l’o rdi ne dov rebb ero pri ma bonariamente avvisare, prima di sanzionare chi le vìola. Abbiamo più volte affrontato l’argomento e come sempre ne parliamo prima dell’inizio della stagione estiva, proprio perché non vi sia l’alibi che la nostra denuncia non consenta agli esercizi di lavora re e offrire serviz i alla

propria clientela. La città vive male senza regole. Que sto val e anc he per il Comune che fa svolgere qualsiasi ma ni fe st az io ne es ti va , an ch e quelle che per la loro c o m p l e s s i t à do vr eb be ro es se re dirottate in spazi più adeguati, sempre in Pi az za Pl eb is ci to , dove l’estate ogni sera si vive in un rumore assordante e ingiustificato. Il turista viene a Ceglie oltre che per vi si ta re le no st re bellez ze stor iche e ar ti st ic he , pe r gl i ottimi ristoran ti, ma sop rat tut to per ché vuole scappare dalle grandi città o i piccoli centri diventati arrosterie all’aperto, dove regna il caos e non si riposa mai. Il va ca nz ie re giunge a Ceglie perché spera di t r o v a r e p i ù tranquillità e la possibilità di vivere una vacanza a misura d’uomo che non esiste nei paesi e sulle coste ad altissima densità turistica. Benissimo la movida, ma con regole precise. Il Comune, dopo aver sentito tutti gli esercizi commerciali che oc cu pa no sp az i pu bb li ci ed ero ga no se rv iz i, pro vv ed a a mettere a punto un regolamento,

ch e te ng a co nt o de ll e le gg i nazionali in materia disciplinate dal D.Pcm. 1.3.1991 art.1, comma 4 Legge 447/95 art. 6 e D. Pcm. 14.11.1997.

E’ indispensabile fissare parametri per gli arredi da posizionare in Piazza Plebiscito e vie adiacenti, oggi di dubbio gusto. Ma è anche indispensabile liberare le strade cittadine dal parcheggio selvaggio che rende impossibile il passeggio a piedi. Un’attenzione particolare

dovrebbe essere riservata al centro storico che, pur in presenza di ordinanze sindacali che impongono solo il transito degli autoveicoli è invaso da qualsiasi tipo di automezzo 24 ore al giorno. Una parte della città che anche per colpa di noi cittadini vede regnare sovrana la sporcizia, per molte ore del giorno e della notte autentica terra di nessuno. L’ A m m i n i s t r a z i o n e Comunale, nella riunione che si è tenuta il 27 novembre 2010 con gli ab it an ti de l c en tr o s to ri co , comunicò che sarebbe partita la riqualificazione della zona che dovrebbe diventare, finalmente, isola pedonale. A noi cegliesi ci piace vivere, lamentandoci di tutto, dai partiti alle istituzioni, prima fra tutte l'Amministrazione comunale che additiamo spesso come il male di tutto. Ad alimentare la sfiducia è il fatto che da decenni i partiti e gli uomini che si succedono alla guida della città, di Destra o di Sinistra, parlano di cambiare le cose, di riforme che dovrebbero mettere un po' d'ordine e fissare regole chiare e valide per tutti i cittadini. Ne parlano, le annunciano ad ogni ca mp ag na el et to ra le ma ,d a cinquant'anni è sempre la stessa musica. Gli amministratori sbandierano e cercano di fare qualcosa, non tanto perché la città ne ha bi so gn o, qu an to pe r acc red ita rsi con l'a ure ola di benefattori del bene pubblico. Non è facile, intendiamo ci, mettere ordine in questo paese che ama vivere nel caos che consente

ad ognuno di fare quel che vuole, ma senza un minimo di ordine, e un continuo ed energico controllo del territorio, la città diventa terra di nessuno. Chi amministra ha molti compiti e molti doveri, primo fra tutti quello di e ducare i suoi amministrati, parlare chiaro e non perdere tempo in chiacchiere. Un’Amministrazione degna di questo nome non deve emanare solo buone ordinanze ma deve adoperare tutti gli strumenti utili a farl e oss erva re. Le armi per svolgere al meglio le sue funzioni le ha. Perché non le usa, o le usa male? È semplice: perché da noi nessuno ha rispetto dell'altro. Però non possiamo fare all'infinito i nostri comodi. Il male peggiore siamo noi cittadini che niente facciamo per far crescere la nostra Ceglie . Viviamo alla giornata e tiriamo a campare. Fi nchè la barc a va, andiamo anche noi, senza preoccuparci e senza chiederci dov’è diretta. Ci mettiamo nella sua scia e che Dio ce la mandi buona. Prima o poi, però, i nodi verranno al pettine e qualcuno, domani, ci chiederà conto delle nostre azioni, del nostro me ne fr eg hi sm o, de ll a no st ra cosiddetta furbizia che si traduce nel non voler bene alla città dove siamo nati e dove ancora qualcuno spera anche di terminare i propri giorni degnamente.

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Ceglie, il Teatro Comunale “Figlio di nessuno”

Tutti i teatri, anche quelli del più piccolo paesello d’Italia hanno un nome. Il nostro, dopo quasi 150 anni dalla sua edificazione, è ancora “figlio di nessuno”. Da anni chi redige questa nota porta all’attenzione della civica amministrazione questo problema, facendo nel contempo proposte affinché a questo nostro contenitore culturale si dia un nome. E quale nome è il più indicato? Certamente quello di Giuseppe Elia. Il personaggio più importante della Ceglie tra Ottocento e Novecento. Un grande uomo dai molteplici interessi: politici, industriali, vero patriota e sindaco lungimirante della città per più decenni. Un uomo profondamente innamorata della sua città. Una figura che meriterebbe un monumento su

un alto piedistallo nella storia di questo nostro paese. Invece Giuseppe Elia è stato dimenticato. Se oggi Ceglie dispone di un teatro (nonostante sia stato

snaturato nel corso degli anni con interventi di restauro molto discutibili e chiuso per più di 40 anni) lo si deve a Giuseppe Elia. Lui lo volle fortemente, così come si legge

nel discorso inaugurale del consiglio comunale del 23 ottobre 1872: “...Nello schema del Bilancio, che la vostra Giunta vi presenta pel prossimo anno 1873, vi ha piazzato la proposta per lo impianto delle scuole tecniche, mezzo potente di civiltà e benessere cittadino; nonché un pingue articolo, che senza offendere le altre opere pubbliche, è destinato alla pronta costruzione di un Teatro Comunale, scuola che corregge i costumi, votando le scuole tecniche e la costruzione del Teatro., Avrete votato la luce che fugherà le tenebre, e il mezzo più potente a lacerare l’abito della rozzezza...” E quando si palesarono difficoltà economiche tali che non avrebbero consentito il suo completamento, questo straordinario primo cittadino

Michele CIRACI’

finanziò con risorse proprie la sua ultimazione. È giunto o no il momento di pagare il nostro debito di riconoscenza, anche se con colpevole ritardo, verso una persona che seppe svolgere il suo ruolo di primo cittadino nell’esclusivo interesse della comunità? L’ A m m i n i s t r a z i o n e comunale, se lo ritiene opportuno, faccia propria questa proposta e in tempi brevi dia un nome a questo “figlio di nessuno”, intitolando il Teatro Comunale a Giuseppe Elia, eternando la sua figura con una targa nel foyer che tracci un suo ritratto e con una semplice scritta posta sulla facciata del Teatro tramandi alle future generazione la sua opera.

Fiorisce il teatro popolare A Ceglie Di recente mi è capitato di assistere a due rappresentazioni teatrali in vernacolo del Gruppo Tea tr al e A ma to ri al e “ Ma ri a SS.Assunta” e della Compagnia Teatrale “Nunzia Stoppa”. Il primo ha adattato in dialetto cegliese “U pacce di case” dell’ostunese Mario Crescenzio e la seconda “Agenzia investigativa” di Samy Fayad. Gli attori, tutti diletta nti nel senso etimolo gico del termin e perché recitano per diletto, sono capaci, ad ogni rappresentazione e a ogni replica, di riempire il teatro in ogni ordine di posti, rendendo lo spazio teatrale il punto d’incontro per eccellenza della nostra comunità con degli adattamenti ben riusciti di commedie d ’intreccio e del l’e qui voc o, che por tan o in visibilio gli spettatori. In queste riuscite performance spiccano talenti innati nell’arte recitativa come Oronzo Chirico dalla travolgente vis

comi ca o A nton ella Be llan ova dotata di sottile e perfida ironia, ma tu tt i g li at to ri so no br av i e contribuiscono a creare situazioni divertenti e brillanti. Un discorso a parte merita Mino Gervasi che ormai da oltre trent’anni è l’animatore della Co mp ag ni a Tea tr al e “N un zi a Stoppa” a cui si dedica con costanza e amore per il teatro. Bravo anche si rivela alla regia Mimmo Turrisi, e Pino Santoro che costruisce le sue scenografie con cura. Il lavoro di questi concittadini va segnalato anche per il loro alto valore sociale, perché contribuisce a realizzare importanti momenti di beneficenz a devolvendo tutto il ricavato in opere meritorie. In due rappresentazioni hanno raccolto 12 mila euro devoluti per il recupero della Chiesa di S.Demetrio e quando la chiesa sarà ricostruita sarebbe be ll o c he qu es ti br av is si mi concittadini fossero adeguatamente

ricordati. Essi sono una lezione vi ve nt e i n u n m on do or ma i dominato solo dal mercantilismo e dall’egoismo. Il discorso, inoltre, merita almeno altre due considerazioni. L a compagnie locali rappresentano, purtroppo, solo testi adattati da altri dialetti perché la tra diz ion e tea tra le loc ale non presenta autori che si siano mai cimentati in lavori organici. Se ne conserva qualche rara e ins ign ifi can te tra cci a. Sar ebb e auspicab ile che autori locali si prodigassero a scrivere testi per il teatro. Solo nel Secondo Novecento Ceglie ha prodotto qualcosa di significativo nel campo delle arti letterarie ed è bene incoraggiare tutti gli autori che si cimentano per realizzare dei prodotti di qualità leg ati al mon do del la nos tra tradizione e cultura. C’è poi il d iscorso, orma i n e c e s s a r i o, e d a f f e re n t e all’organizzazione della produzione culturale. Per il teatro, per esempio, si potrebbe pensare, con l’aiuto dell’Amministrazione Comunale, a organizzare un raduno annuale in un festival del teatro dialettale Sono esperienze che si realizzano anche in altri centri, ma puntando sulla qualità si possono raggiungere importanti traguardi. L’organizzazione della cultura. Già, ma interessa veramente a qualcuno?

Vincenzo GASPARRO

Compagnia teatrale “Nunzia Stoppa”

Assinetwork Srl Via Angelo Petracca, 2 Ceglie Messapica - Brindisi Tel. 0831/384238 - 383860


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A mio nonno Il porto e la città di Brindisi LEO Tra l’età ferdinandea e la Valigia delle Indie Di fronte ai nuovi assetti geo-politici successi nel corso della prima metà dell’Ottocento nel bacino del Mediterraneo, che vedono nel 1829 nelle vicine coste balcaniche finalmente l’affermazione della libertà della Grecia dal dominio dell’Impero turco e poi, frutto delle conquiste coloniali europee, nel ‘65 l’apertura del canale di Suez, il governo borbonico ed ancora quello unitario italiano sono costretti, sotto la formidabile spinta degli enormi interessi economici e di prestigio internazionale, a prendere in seria considerazione le potenzialità offerte dal magnifico porto naturale di Brindisi, situato strategicamente all’imboccatura del mare Adriatico. La splendida realtà del porto e della città di Brindisi, fulgida al tempo del dominio romano sull’intero bacino del Mediterraneo, viene condannata a causa delle violenze successe tra Medioevo ed età Moderna, ad un lento ed inarrestabile declino. Ai primi dell’Ottocento l’intero porto di Brindisi è ormai ridotto ad un enorme pantano e la città è in lenta agonia. A causa della malaria imperante, le ormai poche migliaia di abitanti allungano solo stancamente la lista dei defunti. Non certo e non facile è stato per la città ed il porto di Brindisi raggiungere un nuovo destino, a causa della complessità delle diverse opere da realizzare e delle conseguenti risorse economiche da impiegare. Bisogna ricordare che, in questo periodo come nei secoli precedenti, in mancanza di una rete viaria soddisfacente e considerate le trascurabili capacità dei mezzi di trasporto, sostanzialmente i porti, sono gli unici punti di grande comunicazione per lo smercio delle considerevoli derrate provenienti da tutto il retrostante territorio. Il porto di Brindisi, unico porto naturale della costa adriatica fino a Venezia, situato strategicamente all’imboccatura del canale

d’Otranto, è completamente ostruito ed impraticabile. La secolare azione d’interrimento che il mare esercita su di esso ed i continui apporti di fango e detriti che i canali, Cillarese e Pandi, Fiume grande e Fiume piccolo, depositano rispettivamente nelle insenature di ponente e levante, costituenti il porto stesso, hanno trasformato questo in una enorme

Regno, la pone in primissimo piano. Ma nonostante l’evidenza delle cifre dell’olio esportato, l’enorme gettito del dazio d’esportazione introitato, pure non dispone di un porto. Tutte le necessarie operazioni commerciali si sv ol go no pr at ic am en te su ll a spiaggia, che, per essere esposta ai venti di ponente e maestro, è soggetta a terribili disastri con la perdita

della bonifica di Brindisi”, svolta tra il 1843 ed il 1865, testimonia l’incredibile e veramente gigantesca opera realizzata. Nel Consiglio ordinario di Stato del 27 luglio 1842 si approva il progetto di bonifica della città e restaurazione del porto di Brindisi, elaborato in bas e agl i stu di con dot ti dal la Commissione già nominata nel ’34,

palude che insieme alle paludi di Ponte g rande e Ponte p icc olo formano per la città un abbraccio mortale. Parlare di Brindisi in questo period o, significa q uindi parlare di un luogo malarico da evitare precauzionalmente per la vita. Data l’urgenza ed il bisogno di dotare di un buon porto Terra d’Otranto, si comincia a pensare a Gallipoli come porto alternativo. Gallipoli è infatti, al contrario di Brindisi, una città in pieno accrescimento, ricca e salubre, ma priva di porto ed esposta sul mare aperto. Mantiene un secolare ricco rapporto con i mercati esteri per l’e spo rt azi one del l’o lio d’o liv a salentino e per la sua quantità esportata, superando tutti i porti del

delle navi, della merce caricata e de ll e v it e u ma ne . N é p er la costruzione del porto valgono il biasimo internazionale e le continue suppliche che l’Amministrazione comunale ed i Consigli distrettuali e provinciali inoltrano in ogni tempo al Consiglio di Stato. In sintonia e sotto la spinta dei suddetti avvenimenti internazionali gli impegni del governo borbonico prima ed unitario poi, cercano di realizzare il recupero del porto e lo sviluppo della città di Brindisi. Enormi sono sia gli sforzi profusi dalle istituzioni e dagli uomini impegnati, sia le relative risorse economiche profuse, dati gli apprezzabili obiettivi da raggiungere. L’attività dell’”Opera del porto e

ed importante la spesa complessiva di 336.000 ducati a quasi totale carico della provi ncia di Terra d’Otranto , a cui il Comune di Brindisi contribuisce con la somma di 10.000 ducati, ed ancora con la contribuzione da parte dello Stato, quando le esigenze lo richiedano, con la vendita di rendita iscritta sul Gran Libro del Debito Pubblico. La di re zi on e de ll ’o pe ra , es cl us a interamente la Direzione generale di ponti e strade da qualsiasi ingerenza nei lavori, è affidata al tenente colonn ello del Corpo del Genio Albino Ma yo, presi dente del la Commissione autrice del progetto. Ad affiancarlo, per vigilare sull’esecuzione dei lavori e per assolvere prontamente ai problemi contabili, si nomina una

Affrontare la crisi alla radice Fino alla metà degli anni sessanta del secolo scorso, la nostra classe dirigente politica auspicava, forse addirittura in b u o n a f e d e , c h e l'industrializzazione del Mezzogiorno potesse lentamente ma inesorabilmente debellare il fe no me no de ll a c ri mi na li tà organizzata che fino ad allora era stato essenzialmente un fenomeno in g ran par te f ond ato sul lo sfruttamento della manodopera br ac ci an ti le e l a d if es a d el latifondo. Così ovviamente non poteva essere: oggi le varie organizzazioni criminali (in Italia ma anche negli altri paesi del mondo) si sono sapute riciclare assumendo la veste di holdings multinazionali e facendo affari in tutti i settori a più alto valore aggiunto. Così una organizzazione c riminale, oggigiorno, è, ad esempio, capace di pro du rre in Afg ha ni st an , trasformare a Marsiglia o Palermo

e vendere in qualsiasi grande città del m ondo . Da q uest o cic lo produttivo "di ba se", poi, gli ingenti profitti vengono investiti nell'economia c.d. legale, con una particolarità però: che i legami con la classe politica ed i conseguenti effetti di corruzione diffusa nella so ci et à c iv il e, in du co no un a situazione di "logorìo concorrenziale" nel mercato delle aziende sane che, un poco alla volta, so no messe f uori gioc o las cia ndo cos ì il cam po a lle azi end e no n co mpe tit ive ma "affiliate". La grande crisi finanziaria ed economica di questi tempi, aldilà del la con sid era zio ne che s ia passata oppure sia ancora in essere, un grande effetto lo sta già dimostr ando: un inaspri mento delle sperequazioni sociali con un impo veri ment o gene rale d ella classe media a tutto vantaggio di un ac cu mu lo di "f or tu ne " riferibili una sempre più sparuta

(ma sempre più ricca) classe imprenditori ale che, per proprio per la sua esiguità e riconoscibilità, ha molte pro ba bi li tà di fi ni re preda dei grandi cartelli (quando non nasce già in conformità ad essi). Nel film "La zona" questo fenomeno è ric ono sci bil iss imo : la vicenda, molto realistica, ha per palcoscenico un quartiere di una città mess ican a abi tato da una classe ricca; "la zona" è completamente blindata e difesa da guardie private. Così come dal Me ss ic o ci ve ng on o notizie di assassini! di massa e di fosse comuni in città border -line come Tijuana e Ciudad Juarez

Pantaleo Palma ‘Deputazione speciale dell’opera del porto e della bonifica di Brindisi’. La bonifica delle paludi di Ponte grande e Ponte piccolo e l’escavazione dei seni di levante e di ponente del porto interno con una superficie di 727.000 metri quadrati, ci danno il senso della grandezza e de ll ’i mp or ta nz a de ll ’o pe ra da realizzare. Si tratta, nella diversità e complessità degli interventi, di far cambiare completamente aspetto ad una vasta area geografica. Anche la città di conseguenza, in tutta la sua parte prospiciente il bacino interno del porto viene sottoposta ad una profonda rimodulazione degli spazi sia per permettere la realizzazione di ampie banchine d’ormeggio per le navi ed ampi piazzali prospicienti le stesse destinati al deposito, al carico e scarico di uomini e merci, come per consentire la costruzione degli uffici destinati al governo del porto. Per permettere tutto ciò si demoliscono le antiche mura ed gli antichi bastioni eretti a difesa delle stesse. Per quanto riguarda il porto, la realizzazione delle diverse opere secondo il progetto elaborato, porta alla demolizione delle antiche banchine situate all’ingresso del porto ultimate dall’ingegnere Andrea Pigonati nel 1778, alla demolizione di antiche costruzioni e manufatti risalenti al periodo medievale presenti sull’isola presso il canale Angioino ed ancora alla demolizione delle antiche terme risalenti all’epoca romana, ricche di marmi e di mosaici, riemerse in seguito ai cavamenti eseguiti sulla costa Nord Ovest del canale Borbonico. Il tutto demoliti e trasportati, “serviti pel coronamento della banchina a Ponte grande; nonché dalle pietre più piccole servite per la costruzione di parte del muraglione da descriversi adiacente alla conformazione del nuovo Canale”. ...Continua

Cataldo CALIANDRO ormai prede della criminalità delle bande di narcos. In un quadro come questo, fa ridere un giochino apparso sul web dove viene assegnato un punteggio alle varie nazioni in base al BIL (B en es se re In te rn o Lo rd o) composto a sua volta da voci (che sono rapportate al PIL, Prodotto Interno Lordo) quali: Spese per l'educazione (un investimento sul fut uro del pae se) ; In dic i di svi lup po u man o e d i li ber tà economica; Fiducia nella classe politica e Tasso di partecipazione al vo to (u n p re si di o d el la demo craz ia); poi i para metr i demografici, ambientali e della sicurezza (aspettativa di vita, tasso di mortalità infantile, tutela ambientale, impatto della criminalità sull'economia); infine il Reddito prò-capite (perché se è vero che i soldi non fanno la felicità, un buon tenore di vita certamente "aiuta").


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Presunta vendita di Ceglie nel 1361 S t u d i o particolareggiato dei personaggi Pino o Pietro Giso (all’epoca arcivescovo di Brindisi e Oria), nacque a Genova, ap pa rt en en te al l’ Or di ne de i Pre dic ato ri ( dom eni can o), già vescovo di Ventimiglia fu trasferito a Brindisi il 2 novembre 1352 dove assunse la carica di Archiepiscopus Brundusinus et Horitanus e vi rimase fino alla morte avvenuta nel 1378 (Cronotassi, Iconografia e Araldica dell’Episcopato Pugliese – Regione Puglia - Edizione Levante Bari 1986, pag. 139).

Pietro II di Rocco (detto Petrillo + post 1364/1377), riceve, nel 1353, da Giovanna I d’Angiò (1343 -1380), Martina e i feudi sull’isola di Corfù ; viene, nel 1364, decorato con il titolo di Conte di Martina ; sposa, ante 13.4.1359, in seconde nozze Isa bel la d e Sa bra n, f igl ia d i Gu gl ie lm o Co nt e di Ce la no , Governatore di Abruzzo e Molise e di Francesca dei Conti di Celano (e st ra tt o da Fa mi gl ie No bi li Napo leta ne). Tutti gli stud iosi

Isabella”, per fregiarsi del titolo di “Contessa di Tocco” (cognome del suo primo marito) dovremmo far risalire la sua vedovanza successiva all’anno 1364, anno in cui Pietro di Tocco ricevet te l’inves titura di Conte su Martina. Alla luce di

Figura 1 quanto sopra, quindi, la “Contessa Isabella di Tocco” non può avere convolato in seconde nozze con il Potens vir (così viene indicato nell’atto) Francesco Sanseverino prima della morte del suo primo marito avvenuta tra il 1364 e il 1377. Il nostro rogito (si dice del 1361), se fosse vero, dovrebbe risalire, quanto meno, ad una data posteriore al periodo 1364/1377.

F r a n c e s c o Sanseverino

Figura 2 unanimemente concordano nell’affermare che la morte di “Pietro di Tocco” è avvenuta molto dopo il 1364, ovvero tra il 1364 e il 1377.

Isabella de Sabran nell’atto notarile che abbiamo minuziosamente analizzato in ogni sua parte, viene conosciuta quale ...Magnificam mulierem dominam Comitissam Tochij… La Contessa

Il Magnificus Francesco di San Severino miles, terzogenito figlio di Guglielmo, signore di Policastro, Padula, Sansa e Montesano, non è connotato in alcun modo, cioè non è “duca di” o “conte di” o “signore di” o più semplicemente “filius”, è solo “potens vir” Sposa la vedova del Conte di Martina Pietro II di Tocco, Isabella de Sabran (non si conosce la data del matrimonio, comunque certamente dopo l’investitura di Pietro II di Tocco

con il titolo di Conte su Martina avvenuta nel 1364.

Conclusioni Prima di chiudere questa mia analisi sulla presunta vendita di Ceglie a Francesco Sanseverino da parte dell’arcivescovo di Brindisi e Oria, mi sia permesso fare due considerazioni: 1)- è prassi universale che in questi INCONTRI (Giornate di Studio o Convegni), ciascun relatore porta, all’attenzione dei convenuti, documentazione inedita. Così non è stato. Nel nostro caso, infatti, sono stati trattati argomenti che, gli studiosi dilettanti cegliesi, conoscevano da almeno un quarto di secolo. L’unico, tra i relatori ufficiali di quel convegno, che ha portato un soffio di novità, un contributo davvero importante ed inedito fino a quel momento, è stato il Prof. Isidoro Conte con la sua cornice di uno stemma araldico e la data (1602) finalmente accertata posta sul portone d’ingresso del castello. Peccato che non siamo riusciti a capire a chi potesse appartenere quello scudo araldico. 2)- Bene è stato fatto a far partecipare gli studenti di alcune scuole cittadine. Meglio sarebbe stato, a mio parere, programmare, alla fine dei lavori, un briefing di circa mezz’ora – un’ora, per instaurare una discussione con i vari relatori sui temi trattati. Gli interventi degli oratori, così come organizzati, sono stati tutti a senso unico, ovvero IPSE DIXIT. L’unico relatore che sento di ringraziare pubblicamente, è stato il Prof. Pasquale CORDASCO, il quale, ha accettato con tanta umiltà la critica mossa dimostrandosi immediatamente disponibile per una fattiva collaborazione con lo scrivente e con Michele Ciracì per risolvere assieme il dilemma dell’atto notarile in questione.

Falsi storici affibbiati a Ceglie Non tutti sono a conoscenza che questa nostra bella e antica città è vittima di molti falsi storici, attribuiti certamente in buona fede, principalmente dovuti alla superficialità nelle ricerche di alcuni Autori. Riuscire in seguito ad eliminarli diventa molto difficile. Eccone alcuni esempi:

a)- nel 1937, Padre Primaldo Coco, affermava che nello stemma araldico di Ceglie era raffigurata una “civetta”. Negli anni seguenti tutti hann o accettato bovinamente quella informazione, in realtà poi, nel 2004, è stato accertato che si tra tta va inv ece di “un ’aq uil a

Figura3 imperiale a volo spiegato col capo rivolto a sinistra” (fig. 1). Confondere un aquila con una civetta, ce ne passa. b)- alcuni studiosi cegliesi hanno dichiarato, in passato, che sul portone d’ingresso del castello era stampigliata la data 1492, quale “…….data significativa dell’ampliamento rinascimentale del castello…”, poi categoricamente smentita dall’articolo apparso sul giornale Ceglie Plurale, ottobre 2001, pag.6 dal titolo, Iscrizione castello...l’enigma è stato sciolto alcuni mesi fa, con la collaborazione della ditta IMIEL che ha messo a disposizione la sua attrezzatura per ripulire la lapide murata sul portone d’ingresso del castello che ha rivelato questa iscrizione: Degli Sanseverini Fabritio al fabro diè per l’estive gioie, il marmo scabro 1602” a firma di Antonio Ciracì. c)- Donna Cornelia Pignatelli, moglie di Giovanni Giacomo Sanseverino, IV Conte di Saponara e Barone di Ceglie viene indicata al maschile, e non per un errore di stampa come si potrebbe pensare, ma per convinzione dell’Autore. La Contessa e Baronessa Cornelia, infatti, viene riportata quale Cornelio Pignatelli (tuttora fa bella mostra su internet). La rettifica sarebbe oltremodo urgente, necessaria e d’obbligo;

Pasquale ELIA d)- la porta del “Monterrone” (fig. 2) una tra le due ancora esistenti - in dialetto conosciuta come Mundurròn o purtuscedd’ - la più caratteristica porta medievale della città, è stata erroneamente scambiata con la cosiddetta porta “Antelmi”, l’altra è la porta di Giuso (fig.3). Un BRAVO! al funzionario comunale è d’obbligo. Il madornale erroreFabrizio sta nel fatto che Gatti il dirigente responsabile di cui sop ra, for se n on è nem men o cegliese, non conosce la toponomastica di questa città. Se così fosse sarebbe bene incominciasse a studiare i toponimi st or ic i d el Bo rg o A nt ic o e pr ov ve de ss e ad ap po rt ar e le rettifiche del caso. La porta Antelmi era una stalla della famiglia omonima, fu aperta nella seconda metà del XIX secolo per permettere agli abitanti del rione “mamma cara = Sant’Anna”, in particolare per le donne di raggiungere la Chiesa Madre, all’epoca unica Chiesa nella città, senza attraversare Corso Garibaldi Giovanni Gianfredae Piazza Plebiscito. Devo ricordare che fino a circa cinquanta – sessanta anni fa, le nostre mamme e Giovanni Gianfreda le nostre nonne abbigliate, fin sopra la testa, con il cosiddetto “faccirtton” erano restie ad attraversare luoghi frequentati principalmente da uomini. La Chiesa di San RoccoDaniele era ancora in Gioia

Figura 4 Nicola Ricci costruzione. E)- sulla locandina posizionata davanti all’ingresso del castello compare una bella foto a colori della torre con il sottotitolo “mastio quattrocentesco”, qualche rigo più sotto, solo qualche rigo : “torre quadrangolare normanna edificata intorno al XI secolo”. Nessun commento. Cataldo Rodio


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Pasquale ELIA

150 anniversario dell’Unità d’Italia La mattin a di gioved ì 17 marzo scorso, in occasione dei 150 anni dell'unificazione dell'Italia, Festa Nazionale, verso le ore 10.00 ho voluto raggiungere a piedi Piazza Plebiscito, dove credevo di trovare gente, molta gente, con a capo il nostro beneamato Sindaco, a ce le br ar e l' av ve ni me nt o: ANNIVERSARIO dei centocinquanta anni dell'UNITA' D'ITALIA. Pensavo di trovare via San Rocco, Piazza Sant'Antonio, Corso Garibaldi, Via Dante, il centro, tutto il centro cittadino, pavesato a festa con la Bandiera Tricolore, la banda che eseguiva brani di musica per le principali strade cittadine per annunciare lo storico evento, invece, ho trovato negozi, quei pochi ancora rimasti, con le saracinesche abbassate. E il Tricolore? Nemmeno l'ombra del Vessillo Nazionale. Solo nel Corso Garibaldi faceva bella figura un Drappo Tricolore che sventolava ad una finestra, poco più tardi due, solo due bandiere di privati cittadini in tutti i circa trecento metri della principale via della città a ricordare quel giorno di un secolo e mezzo fa. Che tristezza ! In Piazza Plebiscito, alcune bandierine lasciate lì appese fin dal giorno precedente. Mercoledì 16 marzo, rientrando da Bari e percorrendo l a S . S . 1 6 Ad r i a t i c a h o attraversato il Borgo di Pezze di Greco. Tutto il corso principale circa mille metri - di quell'abitato er a ad do bb at o a fe st a co n bandiere tricolori, da una parte e dall'altra della strada e locandine multicolori attaccate ai muri per ricordare l'evento. Sembrava proprio la Sagra paesana. In

Antonio PUTIGNANO

questa nostra città niente. Niente bandiere tricolori, niente banda cittadina in giro per la città, niente deposizione di corona al Mo nu me nt o ai Ca du ti pe r ricordare il loro sacrificio, niente S. Messa a suffragio di quei Caduti che sacrificarono la loro vita per l'ITALIA UNITA, niente locandine per celebrare l'avvenimento, niente striscioni con la scritta VIVA L'ITALIA, insomma, niente di niente. Che squallore ! Sono fermame nte convint o che i nostri antenati ci guardano in or ri di ti da ll 'a lt ro mo nd o, almeno quei pochi o molti cegliesi che vollero fortemente l' un if ic az io ne de ll 'I ta li a e

soprattutto degli italiani. E chi può avere il coraggio di biasimarli? Non mi si venga a dire che non ci sono soldi. Sarebbe troppo facile scaricare tutta la colpa sul bilancio comunale in rosso. Diciamola tutta: è mancata la volontà, come sempre d'altronde in questa nostra bella città. Anche poche bandierine di carta agganciate ai balconi, a mio parere, al modico costo complessivo di alcune decina di

Euro, avrebbero fatto la loro bella figura, avrebbero adornate le st ra de so pr a in di ca te . Ch e desolazione! Mi è stato detto che il Sindaco ha partecipato ai festeggiamenti con le scola resch e in Pi azza Plebiscito il giorno precedente. Era suo preciso dovere. Ma quanti erano i partecipanti, compreso i Docenti e qualche curiosone di tu rn o? Du ec en to , tr ec en to , cinquecento, o, forse, mille? E gli al tr i 2 1. 00 0 c eg li es i n on meritavano forse anche costoro la stes sa atte nzio ne? Ma siam o proprio sicuri che esiste un'Ammin istrazio ne in questa nostra città? Che delusione ! Il Pr im o C it ta di no no n dovrebbe essere il pr om ot or e u ni co di manifestazioni pat rio tti che di que sto genere? Vorrei ricordare ch e i n t ut te le ci tt à d' It al ia , an ch e ne ll a co si dd et ta “ Pa da ni a” dove, qualche tempo fa, la Lega Nord chiedeva la se ce ss io ne da ll 'I ta li a U n i t a è s t a t a commemorata la ri co rr en za co n va ri e manifestazioni. E che dire po i de ll 'A lt o Ad ig e? Vipiteno, Merano, Colle Isarco tanto per citare alcune città, nonostante che centocinquanta anni fa quelle terre appartenessero all'Austria, hanno addobbate le finestre e le strade, tutte le strade cittadine con il TRICOLORE. A Ceglie niente di tutto ciò. Come è caduta in basso questa nostra bella città! Peccato! Comunque sia, AUGURI ITALIA.

Miacard basket Ceglie Obiettivo paly off ancora possibile

Mancano poche partite alla fine della regular season del campionato di serie B dilettanti. La Miacard Ceglie di coach Binetti proverà a vincere le restanti quattro pa rti te pe r c en tr ar e l a qualificazione ai playoff pro moz ion e. I mes sap ici attu alme nte o ccup ano l a nona posizione in classifica con 20 punti e dovranno rincorrere principalmente il Catanzaro e la Mens Sana Campobasso in vantaggio su i p ug li es i d i q ua tt ro lunghezze (entrambe con 24 punti in classifica) e che occupano le ultime posizioni ut il i p er ac ce de re ag li spareggi promozione. Ceglie ha il dovere di crederci anche pe r l e b el le pre st az io ni ottenute nelle ultime partite disputate che hanno ridato morale ad un gruppo fa lc id ia to da nu me ro si

infortuni ma che è pronto a dare sempre il massimo sul parquet. La prima della “q ua tt ro fi na li ” p er la Miacard sarà a Melfi contro una squadra che era stata costruita per ambizioni di medio –alta classifica ed invece si è ritrovata nelle zone “per icol ose” . Dop o Melfi, la Miacard Ceglie affronterà tra le mura amiche i l C a p o d ’ O r l a n d o, formazione siciliana, che è una delle più accreditate al salto di categoria. Una forma zione solida e con giocatori in grado di ca mb ia re la pa r ti ta in qualsiasi momento, ma che in trasferta stenta e non poco, e questo per i messapici potrebbe rivelarsi un enorme vantaggio. Le ultime due partite sulla carta appaiono abbordabili per la squadra di coach Binetti. Ceglie infatti

dopo il Capo d’Orlando affronterà prima in trasferta il Bernalda e poi chiuderà il campionato in casa affrontando il Benevento. Sia Bernald a che Bene vent o lottano per non retrocedere e se la Miacard Ceglie giocherà con la concentrazione giusta no n d ov rebb er o e ss erci problemi per la formazione pugliese. Nelle ultime due

giornate invece il calendario non sorride al Catanzaro che dovrà affrontare prima la ca po li st a V io la Re gg io Calabria e poi dovrà far visita a l C o r a t o u n’ a l t r a formazione che bene sta facendo in questo campionato. Se i pronostici dovessero venire rispettati il Ceglie h a ancora buone chance per qualificarsi ai

playoff, anche perché se Catanzaro e Ceglie dovessero arrivare alla fine del campionato con gli stessi punti, sarebbe Ceglie ad accedere agli spare ggi promozione in virtù della migliore differenza canestri con i calabresi. Spesso però questo sport ci ha insegnato che i pronostici non vengono rispettati, ma la Miacard Ceglie deve crederci anche perché dall’arrivo di coach Binetti questa squadra ha giocato alla pari con tutte le squadre anche quelle più f o r Donato t i . C o nGianfreda c entr azio ne massi ma e l’ obiet tivo d i conquistare otto punti nelle restanti gare, queste dovranno essere le direttive per centrare la qualificazione ai playoff, sperando in qu al ch e pa ss o fa ls o di Catanzaro e Mens Sana Campobasso. Donato Gianfreda


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La Pasqua dei cegliesi A Ceglie, anticamente, l'ultima fa se de ll a Qu ar es im a ve ni va rigorosamente sentita e rispettata. Infatti, durante la Settimana San ta, la m agg ior p art e de lla popolazi one non trascura va riti tradizionali ai quali si aggiungevano il digiuno e le privazioni di carattere penitenziale. I primi tre giorni della suddetta settimana, le donne si recavano in chiesa a fare l'ore de Criste (l'ora di Cristo, l'ora di adorazione). Nei giorni di lunedì, martedì e mercoledì Santo, ogni credente che poteva permetterselo, portava in chiesa un piatto di grano germogliato (tenuto 40 giorni sotto il letto al buio) e una candela. Altro rito religioso rispettato dalle donne era quello di lavarsi per sette volte le mani prima di prendere la comunione. Le ca mpan e del le ch iese , nell'ultimo periodo della Quaresima, non venivano suonate per cui i sagrestani per avvisare i fedeli che si celebrava una funzione liturgica andavano in giro per le strade facendo girare le “trenle”. Quindi, nella Settimana Santa, si doveva rispettare il più assoluto silenzio. Si legavano o venivano tolte le campanelle appese al collo delle capre, i campanacci dei buoi e le sonagliere agli equini. Si bloccavano i battenti dei portoni e i cocchieri non facevano schioccare u scuriate (la frusta). Il Giovedì Santo si visitavano i sepolcri allestiti nelle chiese. Le persone dove vano entr are i n chi esa i n numero dispari e maggiore di sette e mai in numero pari. Tra Giovedì e Venerdi Santo, a intervalli regolari, da tutte le chiese cittadine, usciva in processione la statua della Madonna Addolorata. La s era d el Venerdì l a processione dei simulacri dei Misteri at tr av er sa va le vi e c it ta di ne , tradizione che resiste ancora oggi, allora accompagnata dalle storiche confraternite, c ome q uella dell'Immacolata che aveva la sua cappella privata nella chiesa di San Demetrio e quella dedi cata alla Purificazione di stanza nella chiesa

di S. Domenico. Processioni in cui la devozione e la fede autentica erano le assolute protagoniste. Fede manifestata dalle migliaia di persone che vi partecipavano sotto l'occhio vigile e attento dei sacerdoti. Tutti i fedeli portavano in mano grosse torce accese. La fiamma veniva circondata da robuste carte che raccoglieva la cera che veniva poi venduta allo scopo di riciclare le candele. Non molti decenni fa la statua del Cristo Morto era accompagnata da persone dalle “brutte facce” che si travestivano da Giudei. Con la luce fioca delle torce e con le f a c c e c h e mettevano i brividi addosso, la pr oc es si on e att rav ers ava le vie cittadine tra ali di folla. Chi pregava, chi voleva il miracolo e chi implorava gr az ie ad al ta voce piangendo. C h i s i in gi no cc hi av a, chi si gettava per terra chieden do perdono dei peccati che pe sa va no su ll a sua coscienza. Si fac eva a gara per portare a spalle i simulacri della Passione c’era gente disposta a pagare somme molto rilevanti pur di accaparrarsi una statua da portare in processione. Spe sso , anc he pag and o era impossibile ottenere il privilegio di portare una statua. In quel caso si era costretti a ricorrere al sorteggio e i nomi dei fortunati venivano estratti da un cappello. Di et ro le pr oc es si on i n on mancava mai la banda musicale. Il celebre e mai dimenticato Maestro Vincenzo Chirico ha scritto pagine preziose per i riti della Settimana Santa Cegliese. Ancora oggi viene eseguita la sua Stava Maria nel Pianto che ormai siamo riusciti a

decifrare nella sua genesi e nelle varie versioni di cui vi è traccia sul pentagramma. Fino agli anni ‘60 il tutt o acco mpag nato dal coro formato dalle voci del popolo. Di tanto in tanto la processione si fe rm av a pe r fa r ri po sa re i portatori,era l’occasione per i fedeli per offrire denaro per le spese oc co rre nt i al la ma ni fe st az io ne religiosa. Non mancava mai la coda delle biatèlle (bigotte) o di persone che avevano fatto il voto. Le donne, finita la processione, si af fr et ta va no a ri nc as ar e pe r

impastare la farina che doveva servire per confezionare i dolci casalinghi di Pasqua. Il Sabato Santo, nell'attesa gioiosa della Domenica di Pasqua, nell'aria si respirava un'atmosfera di grande fervore. Ognuno davanti alla propria casa era pronto con un bastone in mano per batterlo sulle porte allo scopo di fare gioioso rumore. Si esponevano le coperte di seta ai balconi, si staccavano i battenti dei portoni, si slegavano le campane alle capre. Si riattaccavano i campanelli e i campanacci agli equini e ai buoi, ma si attuavano accorgimenti per non farli suonare fino al momento giusto, quello della Resurrezione di Cristo. Il via al grande avvenimento lo

davano, a mezzogiorno del Sabato Santo, le campane delle chiese che erano state liberate dai pezzi di stoffa o di vecchi sacchi in cui erano stati avvolti i batacchi sin dal primo giorno della Quaresima. Ma quello che più colpiva negli anni passati rimane ancora oggi quella semplicità con cui le persone si scambiavano gli auguri di buona Pasqua. Un ch ia ss o si mp at ic o, un frastuono e una gioia totale. I fidanzati mandavano subito, tramite un ragazzo (u portapannariedde), la carne a casa delle fidanzate e q u e s t e ric amb iav ano il dono del loro pro me ss o sp os o con biscotti e “p ic hi ru zz e de zzù cch ere ” (l a pecorella di zucchero) “u curr ucle ” a cui sraà dedicata una mo st ra a c ur a dell ’Ass ocia zion e “Amici del Borgo Antico” 8dal 17 al 26 aprile). Nel giorno della Santa Pasqua a tavola l'agnello la faceva da padrone. Non mancava mai “u marrette” (involtino di interiora di agnello), uova lesse e frutta. Con un rametto di ulivo bagnato nell'acqua santa si benedivano le pietanze. Ma di tutte queste tradizioni cosa è rimasto? Quasi niente e nel breve volgere di qualche anno, anche tutto questo sarà un ricordo, mentre in altri paesi queste tradiz ioni religiose e civili sono ancora un punto fermo sia della fede che della partecipazione della comunità. A tes tim oni anz a di qua nto affermato riporto quanto scriveva giovedì 7 aprile 2011 sul Nuovo Quotidiano di Brindisi, pag. 20 Gian ni Can nal ire: Le tra diz ion i della Settimana Santa raccolte in un libro “promozionale”. Le tradizioni

che car att eri zza no Fra nca vil la tra man dat e di gen era zio ne in generazione, son ben radicate nei cuori. Del resto più la vita diventa convulsa e frenetica, più gli uomini avvertono il bisogno dei propri riti e usi che connotino l’identià. Un posto di rilievo acquistano a Francavilla le tradizioni religiose della Settimana Santa che, sacerdoti, confraternite (da noi sono state cancellate con un colpo di spugna!) E associazioni ha saputo tener deste e vive” commenta così nel libro “Fede e tradizioni” edito dal Comune, dall’Apt e dalla Camera di Commercio, il vescovo della diocesi di Oria Vincenzo Pisanello. Il volume che riporta alcuni tra i più suggestivi momenti de ll e v ar ie ce le br az io ni de ll a Settimana Santa, libro che è stato presentato sabato 9 aprile nella chiesa dei Padri Liquorini. Per il sindaco di Francavilla queste iniziative religoose rappresentano un punto di forza della città: “In una società dove i valori fondamentali di riferimento della vita, si perdono sp es so tr a l a n eb bi a, pe r l a mancanza , talvolta , delle regole basilari di convivenza civile, ecco che la Settimana Santa con i suoi riti rappresenta un momento di riscatto nella vita della nostra comunità, un patrimonio fondamentale nella vita religiosa della città”. Tutto questo non avviene sulla luna, ma a pochi chilometri da noi.

A Ceglie tutto si può distruggere nell’assoluto disinteresse di noi cegliesi, come si sta facendo con l’ormai ex chiesa di San Demetrio, dove si sta cancellando un altro pezzo della storia culturale e religiosa di questo popolo.

A.M.C,

Ciro Argese

Riportare a casa i talenti cegliesi Far ritornare a Ceglie Messapica i nostri talenti "prestati" alle altre regioni d'Italia o emigrati all'estero, questo potrebbe essere l'obiettivo principale dei prossimi anni da parte di Comune, Provincia, Regione, banche, aziende locali e di ogni singolo cittadino. Negli ul timi ann i è ripres a l'emigrazione di centinaia di cegliesi e questa volta a prendere la valigia non sono più contadini e operai ma gli intellettuali, i laureati e tanti giovani che già a 18-19 anni sono costretti ad allontanarsi per motivi di studio e quasi mai fanno ritorno a Ceglie. Nei settori della cultura, della ricerca gastronomica, dell'innovazione tecnologica e delle idee, i nostri giovani si fanno onore e hanno raggiunto posti di grande prestigio in molte città italiane. Nostri giovani cegliesi sono oggi impegnati in tanti campi del sapere, in aziende, enti o in proprio e partecipano a progetti nazionali e internazionali; fanno sistema, come si usa dire oggi. T Tutto questo impegno rende possibile attivare iniziative che qui da no i sa re bb e di ff ic il is si mo portare avanti. Il Comune potrebbe iniziare

questo percorso di avvicinamento dei nost ri giov ani, asse gnan do proprio ad uno di loro una speciale delega al fine di predisporre un piano a medio e lungo termine (3-4 anni) che sia in grado di individuare campi e settori di intervento che possono favorire il rientro di giovani concittadini, coinvolgendo in questo piano tutte le parti attive presenti sul territorio pugliese. Un protocollo d'intesa con le università pugliesi, di altre regioni e nazioni, che potrebbero garantire

un su ppor to st raor dina rio n el campo delle conoscenze dei vari settori di intervento su cui lavorare. Nelle nostre università sono stati preparati professionisti di grande capacità e conoscenza in grado di svolgere un ruolo importante per la c re s c i t a d i u n a “ c o s c i e n z a campanilistica attiva”. Gli enti locali, gli istituti di credi to, le azie nde dovre bbero so st en er e il gr os so im pe gn o economico e implementare i fondi necessari per avviare il piano di

rientro e consentire a tanti giovani di impegnarsi nei campi in cui è possibile attrarre risorse in grado di far rientrare qualcuno dei nostri "talenti" sparsi per il mondo. Progetti di questo tipo non sono rari in molte nazioni della vecchia Europa, dove da tempo si è passati dal le p aro le a i fa tti , fa cen do rien trare a cas a tan ti gi ovan i emigra nti, offrend o loro nuove opport unità di inseri mento nel m o n d o d e l l a v o r o , responsabilizzando la comunità ad un nuovo impegno, senza il quale qualsiasi progetto non può avere futuro. Certo, l'impegno dovrà essere notevole, ma se tutti, ognuno per la parte propria facessero di tutto, sicuramente ci sarebbero risultati eclatanti. Bisogna almeno provarci. Questo articolo non ha alcuna pretesa di risolvere tutto, vuole solo aprire un dibattito su dove sta andando questa città e che futuro prepariamo per i nostri figli, ma soprattutto su che cosa si può e si deve fare per trattenere nel luogo dove è nato un giovane che il Padreterno ha dotato di talento. Certo, non è con le parole che si risolve un problema atavico, ma se

non ne parliamo e se non assumiamo iniziative di studio e conoscenza del problema, non riusciremo a trovare la soluzione e invertire la rotta. L'argomento giovani sta molto a cuore a questo giornale e quasi ad o g n i n u m e Domenico r o r i t o Convertino rniamo sull'argomento al fine di sensibilizzare l'opinione pubblica, le forze poli tiche e soc iali su un problema che investe le famiglie cegliesi. Una prima iniziativa concreta dovrà essere quella di non staccare il cordone ombelicare con la propria terra, mantenendo con quanti sono lontani da Ceglie un rapporto filiale e costant e, seguend oli nel loro percorso di vita e facendo conoscere loro le vicissitudini quotidiane di chi vive qui, verificando nel tempo quanto sia forte il loro at ta cc am en to , l' am ore pe r la propria terra. Nell'era dell'inf ormatica per fare questo basta un clik. Questo articolo e questo pensare è verosimilmente utopistico in una realtà così piccola e povera come la no st ra , m a q ua lc he vo lt a è necessario anche sognare! M.C.


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