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Fiat, globalizzazione

Gallino: a Pomigliano i sindacati si svendono l’anima Intervista al sociologo. L’accordo sottoscritto da Cisl e Uil “lancia un segnale forte di arretramento e rischia di creare un precedente pericoloso per tutte le categorie. Qui la vera partita si sta giocando non sull’occupazione ma sui diritti” di Giuliano Rosciarelli, Gli italiani.it

“Con questo accordo i sindacati stanno svendendo la loro anima, il loro essere altro dai ‘padroni’. Qui la vera partita si sta giocando non sull’occupazione ma sui diritti”. Luciano Gallino, sociologo esperto del mercato del lavoro boccia senza appello l’intesa raggiunta da Fiat insieme a Cisl e Uil. Crede che questo accordo cambi in maniera irreversibile le relazioni industriali? Non so se in maniera irreversibile ma certo questo accordo lancia un segnale forte di arretramento e rischia di creare un precedente pericoloso per tutte le categorie. Sicuramente in questo momento altre aziende stanno alla finestra ad aspettare di vedere come va a finire per poi chiedere anche loro deroghe ai contratti nazionali, nuove prestazioni ecc. E’ ormai evidente che la vera natura della globalizzazione è venuta allo scoperto. Si dice in maniera chiara che per competere bisogna accettare condizioni di lavoro meno favorevoli in linea con quelle dei paesi in via di sviluppo. La globalizzazione non è il messia che volevano farci credere. Certo in Cina, in India, in Brasile una gran fetta della popolazione ha oggi più possibilità di ieri ma per l’insieme dei lavoratori è stata una grande sconfitta. La precondizione alla globalizzazione economica, ci hanno sempre detto, era che i diritti dei paesi benestanti si sarebbero diffusi, oggi scopriamo che avviene il contrario. Non solo, questo arretramento addirittura si teorizza come unico modello di sviluppo. Sull’accordo di Pomigliano, la vera partita che si sta giocando è sui diritti. Alcuni punti entrano in contrasto aperto con la costituzione e lo Statuto. Che ne pensa?


Che è una operazione in perfetto stile neoliberista. Mi ricorda un po’ l’America di Reagan o l’Inghilterra della Thatcher. L’obiettivo qui è ridurre il più possibile il potere del sindacato ed è una idea che si sta consolidando grazie al sostengo di innumerevoli studi economici e dei media. L’assunto da cui si parte è che il sindacato sia qualcosa di vecchio, non corrispondente alla vera sfida per il futuro. C’è chi ha paragonato l’accordo tra Fiat e sindacati a Pomigliano alla marcia dei 40mila. Per molti aspetti è peggio. Quella fu una manifestazione, certo significativa e dall’alto valore simbolico, ma qui parliamo di un contratto. Un passaggio decisivo che porta a compimento più di dieci anni di interventi che hanno stravolto il mercato del lavoro destrutturandolo e rendendo i lavoratori sempre più indifesi. L’attuale fase economico­industriale sembra non lasciare scampo: o si riducono le tutele e i diritti o si chiude. E’ così o c’è un’altra via di uscita? Fare fronte a questo, al punto in cui siamo, è veramente difficile. La classe dominante ha vinto su tutta la linea. La politica ha abbandonato il sindacato spostandosi sempre più a destra e introiettando il credo neoliberista. C’è anche da dire che in questi anni è mancata una analisi seria, documentata e critica di quanto stava accadendo. I movimenti Altermondialisti, per fare un esempio, non sono stati in grado di dare risposte convincenti alla crisi. L’aspetto finanziario ad esempio non è mai stato argomento di discussione seria ed oggi ti ritrovi con la peggiore crisi degli ultimi cento anni senza poter nemmeno riuscire a capire dove ci porterà


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