retelevante

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Da RETELEVANTE

GABRIELE VOLPI, conosciuto ai più nella qualità di presidente della Pro Recco Pallanuoto, è un soggetto interessante del quale vale la pena di scrivere qualche riga perchè appare sempre più presente in "affari" certamente finalizzati alla speculazione pura e semplice e quindi alla distruzione del territorio conseguente ad un simile progetto economico. Lo troviamo infatti nella "improvvisa" acquisizione della società calcistica spezzina che gli è valsa la "fiducia" del sindaco della città e della nomenklatura locale che ha pensato bene di affidargli delle aree portuali dismesse !! Lo troviamo interessato a sostituire un suo "simile", Jack Rok Mazreku, alla guida del più grande porto turistico del Mediterraneo, quello di Lavagna !! Lo troviamo interessato alla trasformazione del porto di Santa Margherita Ligure !! Lo troviamo interessato a costruire "Recco 2" nell'area dismessa della IML !! Lo troviamo pronto a costruire silos interrati un po' dovunque !! Lo troviamo "associato" al potentato economico politico del "Magistrato di Misericordia" Lo troviamo intento a sviluppare...............................vedremo più avanti che cosa !!

In questa foto lo vediamo nella veste di presidente della società di calcio della città di La Spezia, ma ha una quantità di incarichi molto


differenti............ed è, come si dice in giro, l' "uomo ovunque" di qualcuno che si "cela" dietro società dell'Isola di Man !

Questo altro soggetto interessante è il suo "mentore", il nome è Gian Angelo Perrucci

Si sono conosciuti a Recco, cittadina in cui trovarono ospitalità nel dopoguerra, dalla quale sono partiti successivamente per fare "affari" assai dubbi in particolare in terra d'Africa, seguendo le indicazioni di un grande massone, tale Sir Astor Winston Norrish, che li "iniziò" alle speculazioni finanziarie della peggior specie. Prima Perrucci e poi Volpi, si sono ripresentati sulla "scena" recchese proprio nella veste di "benefattori", assumendo la presidenza della gloriosa squadra di pallanuoto. Questo è un fatto noto a tutti ma non è certo l'argomento di cui parleremo in questa pagina poichè l'interesse rivolto a Gabriele Volpi e alla sua "invasione" in terra di Liguria, non si limita alla pallanuoto sulle cui operazioni, in realtà, vi sono comunque molte ombre che destano preoccupazione. Gabriele Volpi, così come Gian Angelo Perrucci sono a tutti gli effetti due "bracci operativi" della peggior massoneria/speculativa che sia mai calata in Italia. Il loro "gran maestro" - Norrish - ha saputo fiutare bene e ha puntato su di loro per dar luogo a grandi affari internazionali............sono molto bravi e funzionali allo scopo.


La massoneria, di cui Norrish era elemento di rilevante valore, ha sempre illuso degli "utili idioti" dando sfogo alla megalomania che covava in loro fin dai primi anni dell'infanzia. In realtà Volpi e Perrucci, come molti altri "pupazzi" di ben più alto livello, sono sempre stati tenuti al guinzaglio, e coperti nelle loro nefaste operazioni, fintantochè fosse stato necessario..........................(Fiorani, molto amico dei due, ne è un esempio tra i tanti!) poi, al momento opportuno, giunge il momento in cui vengono abbandonati e sostituiti. Norrish dunque si curò dell'allevamento e della preparazione e mise loro a disposizione la "suprema tutela" della Banca d'Inghilterra attraverso la quale hanno ricevuto, fino ad oggi, la copertura necessaria ad operare nella più completa illegalità in terra d'Africa e non solo. I due giovani immigrati a Recco poterono così esportare le loro indubitabili "arti delinquenziali" nelle aree di interesse della grande massoneria. Le ex colonie inglesi hanno visto la sostituzione della colonizzazione con la massonerizzazione e sono così passate da uno sfruttamento di uno stato ad uno sfruttamento di una camarilla; il vantaggio per lo stato ex colonizzatore è assai significativo perchè la camarilla massonica non deve sottostare ai vincoli del diritto internazionale e alle regole imposte dagli accordi tra gli stati. Ci interesseremo quindi di una ex colonia inglese, la Nigeria, e vedremo le "belle gesta" di totale illegalità compiute da Volpi e Perrucci in quella terra dove Norrish li aveva destinati. In quella terra i due operano da anni attraverso diverse società, ma una, in particolare, è quella che interessa maggiormente. Si tratta della INTELS FINANCE LIMITED, Douglas (Isle of Man), Lugano Branch che viene iscritta con risoluzione del consiglio di amministrazione del 16.03.2004. Persone iscritte: Volpi, Gabriele, cittadino italiano, in Lagos (NG), membro; Perrucci, Gian Angelo, cittadino italiano, in Lagos (NG), membro; Sigaud, Daniel, cittadino francese, in Londra (GB), membro; Volpi, Matteo, cittadino italiano, in Lagos (NG), membro; Volpi, Simone, cittadino italiano, in Lagos (NG), membro; Giwa Osagie, Uykpen A., cittadino nigeriano, in Lagos (NG), membro; Baggi, Jean-Pierre, da Malvaglia, in Agno, responsabile della succursale, con firma individuale; Kotronias, Dott. Ing. Euthimios, cittadino italiano, in Rivers State (NG), direttore, con firma collettiva a due.


Vediamo lo scenario e che cosa sanno fare i due "affaristi" pupari della camarilla di Norrish and B. of E............ Nell’area del delta del Niger, alcune imprese concorrono al saccheggio delle risorse petrolifere e del gas nigeriano. Mentre il paese è sempre più vittima di conflitti e violazioni dei diritti umani, una società di costruzione siciliana (indagata per mafia) stringe un’alleanza con uno dei politici più discussi del continente africano. La mattina del 15 agosto 2003. A bordo di un aereo privato proveniente da Roma Fiumicino, giunge all’aeroporto di Catania Fontanarossa una delegazione della repubblica nigeriana. Ne fanno parte il vicepresidente Atiku Abubakar, la giovane moglie Jennifer, il governatore dello stato di Adamawa, Boni Haruna, il senatore Musa Adede e l’odierno ambasciatore nigeriano in Italia, Eguche. Non si tratta di una visita ufficiale e ad attendere la delegazione non ci sono né politici né rappresentanti istituzionali della regione siciliana. Il vicepresidente Atiku Abubakar ha ricevuto il gradito invito a trascorrere il ferragosto nell’isola da parte della famiglia Gitto, costruttori originari di Falcone (provincia di Messina). L’ingegnere Domenico, general manager della C.E.C.-Civil Engineering Company, ha organizzato il ricevimento nei migliori dei modi. Dopo una breve corsa in auto, i rappresentanti dello stato africano raggiungono il porticciolo di Riposto dove li aspetta lo splendido yacht di proprietà di due imprenditori che operano da una ventina d’anni in Nigeria nel settore della logistica e della gestione dei porti e delle infrastrutture petrolifere. Si tratta dei signori Gabriele Volpi e Gian Angelo Perrucci,rappresentanti della Intels (Integrated Logistic Services Ltd.), una compagnia con capitali italiani con sede a Londra e una filiale nella città statunitense di Houston ( Il Gruppo Intels ha avuto per anni come responsabile finanziario il tedesco Sven Hansen, noto dirigente bancario e consulente di diverse amministrazioni statali del continente africano nei piani di privatizzazione del settore petrolifero e minerario realizzati negli ultimi anni. Sven Hansen è stato anche direttore generale delle filiali di New York e Londra della banca svizzera UBS-notoriamente emanazione diretta dalla massoneria ) . L’imbarcazione punta rapida verso le coste di Taormina, la "perla turistica dello Jonio". Gettate le ancore nella baia dell’Isola Bella, riserva naturale, la delegazione nigeriana è accompagnata a visitare il centro storico di Taormina, il Teatro Antico e il medievale Palazzo Corvaja. Poi la cena nel prestigioso "Grand Hotel Timeo", l’albergo a 5 stelle rilevato nel 1997 dalla famiglia Franza che ha monopolizzato il traghettamento privato nello Stretto di Messina e che partecipa al "controllo" della Pallacanestro Sicilia di A1 e del Messina Calcio di B


Il giorno successivo, a bordo di un elicottero messo a disposizione dalla C.E.C. della famiglia Gitto, il vicepresidente Atiku Abubakar e la consorte Jennifer si recano ad ammirare dall’alto le pendici dell’Etna. Il pomeriggio del 16 è invece trascorso sullo yacht di GABRIELE VOLPI. "In serata, al largo delle coste di Letojanni, il soggiorno del vicepresidente Abubakar si è concluso con una cena sull’imbarcazione allietata da fuochi di artificio. Affascinato dalle bellezze della Sicilia che ha visitato per la prima volta, l’illustre ospite ha promesso di tornarvi per visitare, in particolare, le isole Eolie". Un impegno assunto ancora una volta con i costruttori della provincia di Messina, i quali non nascondono con la stampa il loro interesse ad utilizzare l’amicizia stretta tra le acque dello Ionio per muoversi alla conquista di commesse statali in Nigeria, uno Stato dilaniato dai conflitti etnici (???) VOLPI conosce bene la situazione nigeriana e sa bene chi sia l' ospite !! Chi si attendeva un moto d’indignazione per una vicenda dove il privato si fonde con il pubblico e dove rivivono i fasti di certa "cooperazione italiana allo sviluppo" in cui ad arricchirsi erano i signorotti del Sud e gli imprenditori di casa nostra, s’è sbagliato di grosso. A ferragosto pochi fanno caso alle cronache mondane dei vip e ancora meno possono ricordare i drammi quotidiani degli oltre 120 milioni di abitanti di quello che era considerato il "colosso d’Africa" e che oggi, con la prima amministrazione civile dopo l’indipendenza dagli inglesi, quella dell’ex generale Olusegun Obasanjo e del vicepresidente Atiku Abubakar, è un paese sempre più attraversato da conflitti etnici, politici e religiosi, ormai del tutto "balcanizzato". Eppure, a differenza di altri paesi del continente africano, dei conflitti e delle violazioni in Nigeria se n’è recentemente parlato in Italia. La grave crisi economica scoppiata all'inizio degli anni '90 a seguito dell’implementazione delle misure neoliberiste e della progressiva riduzione del prezzo internazionale del petrolio di cui il paese è il principale produttore del continente, hanno ulteriormente acuito gli odi tra le élite nazionali e i gruppi etnico-religiosi. Le élite politiche musulmane moderate della nazione Hausa-Fulani dominano il paese ormai da tempo; ad esse appartiene il vicepresidente Atiku Abubakar, originario dello stato settentrionale di Adamawa, lo stesso di cui è governatore quel Boni Harura che lo ha accompagnato nella recente visita in Sicilia. Pecunia non olet, così nel bel mezzo di una campagna internazionale a difesa di Safiya Hussaini e Amina Lawal, condannate a morte da due tribunali islamici mediante lapidazione per il "reato" di adulterio, un paio di imprenditori italiani non trovano di meglio che far trascorrere a proprie


spese una breve vacanza al mare ad uno dei responsabili politici della riesumazione di una delle peggiori forme di esecuzione, fermamente proibita dal Patto internazionale sui diritti civili e politici e dalla Convenzione delle Nazioni Unite contro la tortura. Stando alle denunce dell’opposizione nigeriana, durante i primi 4 anni di regime "civile" dell’ex generale Olusegun Obasanjo e del suo braccio destro Atiku Abubakar, più di 20.000 persone hanno perso la vita negli scontri tra i diversi gruppi religiosi ed etnici o a seguito dell’intervento delle forze di polizia e dell’esercito per sedare manifestazioni di protesta e tumulti. "In molte occasioni", ha denunciato Amnesty International, "questa violenza è apparsa priva di ogni controllo e tollerata, se non apertamente sostenuta, dal governo". "Nell'ambito della loro attività ordinaria", aggiunge la principale organizzazione internazionale di difesa dei diritti umani, "la polizia federale e le forze armate si rendono responsabili di numerose violazioni dei diritti umani quali esecuzioni extragiudiziali, uccisioni in custodia, torture e trattamenti crudeli, inumani e degradanti, ai danni di presunti criminali". Amnesty International ha documentato molti casi di persone decedute dopo essere state torturate nelle stazioni di polizia; le esecuzioni extragiudiziali "sono invece spesso legate ad operazioni delle unità speciali incaricate di pattugliare le strade per contrastare le rapine a mano armata, la violenza e le attività illegali delle stesse forze di polizia (come i posti di blocco non autorizzati, per estorcere denaro ai cittadini)".

Alle forze armate sono imputati inauditi massacri: il primo è stato perpetrato nel novembre 1999 a Odi (stato di Bayelsa), quando i soldati hanno vendicato l'uccisione di 12 poliziotti assassinando oltre 250 persone. L’operazione fu definita da un portavoce del governo come un’"azione attentamente pianificata ed eseguita con cautela per liberare la società da questi criminali", e nell’occasione lo stesso presidente Obasanjo è giunto a dichiarare di non avere "alcuna scusa da presentare al paese" per la distruzione della città di Odi. In seguito allo sterminio indiscriminato di civili nel Benue ad opera dell'esercito nigeriano, il Parlamento europeo ha inutilmente sollecitato un'inchiesta "rapida e imparziale" da parte del governo. Nel loro documento-appello, gli eurodeputati hanno definito del tutto "inaffidabile" l'esercito nigeriano per garantire l'ordine ed hanno richiesto la costituzione di un corpo di polizia in grado di "gestire il conflitto fra le comunità, nel rispetto dello Stato di diritto". Ciò nonostante nulla è stato fatto in questa direzione.


Amnesty International ha denunciato come proprio il Benue era già stato al centro di una brutale repressione militare con uccisioni di massa nel corso del 2000. "Non è mai stata condotta alcuna indagine sulle denunce relative a questi episodi o su altre uccisioni commesse dalle forze di sicurezza da quando i civili tornarono al governo nel maggio 1999", afferma l’organizzazione internazionale, che poi sottolinea un particolare agghiacciante: nelle loro incursioni, le forze di sicurezza nigeriane "avevano in dotazione mitragliette Beretta M12 e pistole Beretta M951 calibro 9"[15]. Sono le "armi leggere" prodotte dalla Beretta Holding S.p.A., società di proprietà per i due terzi dell’omonima famiglia bresciana, e per un terzo della compagnia belga Fabrique Nazionale Herstal, parte del grande gruppo Sgb, di cui la famiglia De Benedetti è azionista di minoranza, armi fornite da "operatori italiani in stretto rapporto di affari con ministri nigeriani" !!

Vizio antico quello italiano di trasferire strumenti di morte al conflittuale paese africano. Negli anni ’80, ad esempio, la marina nigeriana era stata destinataria dei cannoni navali da 127/54 e dei missili nave-nave "Otomat" prodotti dall’Oto Melara (gruppo EFIM); all’aeronautica furono invece venduti i caccia intercettori MB-339 dell’Aermacchi, azienda di proprietà al 75% della famiglia Foresio e al 25% di Aeritalia (gruppo IRI-Finmeccanica). Si stima che nel solo decennio 1978-1987 la Nigeria ha assorbito il 4,7% dell’export militare italiano con commesse superiori ai 120 milioni di dollari. Affari proseguiti con la nuova amministrazione Obasanjo-Abubakar, che nei primi dieci mesi del 2001 ha acquistato in Italia armi di piccolo calibro per un valore di 6 milioni di euro. Se certamente lo stato permanente di grave violazione dei diritti umani non rassicura gli imprenditori stranieri che decidono d’investire in Nigeria, c’è tuttavia un elemento che rende il paese fortemente attrattivo per tentare speculazioni e depredare le ingenti risorse naturali ospitate. Gli amministratori pubblici dello stato africano sono infatti particolarmente sensibili a tangenti e regalie varie e la Nigeria è inserita al secondo posto nella speciale lista predisposta dall’organizzazione non governativa tedesca Transparency International dei paesi più corrotti al mondo, preceduta solo dal Bangladesh. Il finanziamento illecito dei partiti e dei dirigenti politici è prassi consolidata prima, durante e dopo ogni competizione elettorale e a queste dinamiche non è rimasta certamente estranea la coppia Olusegun Obasanjo - Atiku Abubakar.


Numerosi organi di stampa hanno denunciato i contributi miliardari a favore della recente campagna per le elezioni presidenziali, versati da società private nazionali e internazionali, tra cui INTELS. Il quotidiano Vanguard ha documentato come il comitato elettorale Obasanjo-Abubakar alla guida del Partito democratico popolare (PDP), abbia raccolto 5 miliardi di moneta locale durante le svariate "cene elettorali" realizzate nel paese, una "somma maggiore al totale dei budget di alcuni dei paesi dell’Africa occidentale". Parte del denaro sarebbe stato speso, secondo i partiti di opposizione, per realizzare gravi brogli elettorali, così da assicurare la rielezione ai due governanti.Le reazioni più violente si sono avvertite nel nord del paese, a maggioranza musulmana, dove, secondo l’attivista per i diritti civili Shenu Sani, "nelle moschee si sente la rabbia della gente e degli imam che considerano la vittoria di Obasanjo un furto in piena regola". Per prevenire attentati dimostrativi alla vigilia dell'investitura ufficiale deI riconfermato governo, Olusegun Obasanjo e Atiku Abubakar hanno fatto ricorso ad esperti anti-terrorismo provenienti da Israele, i quali hanno affiancato la polizia federale nelle operazioni di vigilanza delle maggiori città. La collaborazione di "consiglieri" israeliani è continuata sino ad oggi per individuare la presenza in Nigeria di cellule di estremisti islamici. In realtà il risentimento delle organizzazioni fondamentaliste islamiche è stato esasperato dall’amministrazione Obasanjo-Atiku con la realizzazione del programma di riforme neoliberiste e di privatizzazione delle imprese statali. È in particolare il vicepresidente ospitato in Sicilia ad essersi caratterizzato per la rigida applicazione dei programmi economici imposti dalla Banca Mondiale e dal Fondo Monetario Internazionale. Scorrendo del resto il curriculum vitae di Atiku Abubakar, si comprende che le cose non potevano andare diversamente. Dopo essere stato per 20 anni direttore generale del dipartimento doganale nigeriano, nel 1989 egli abbandonò l’incarico per dedicarsi agli affari nei settori dell’export di petrolio, delle assicurazioni, delle industrie farmaceutiche, dell’agricoltura e dei mass media. Così, prima di divenire vicepresidente, Atiku Abubakar è stato presidente di ben 7 grosse compagnie private, nonché direttore generale della Nigerian Universal Bank Ltd.. Oggi dirige il "Consiglio Nazionale sulle Privatizzazioni" (National Council on Privatization) ed ha già concluso la prima fase del piano con il trasferimento a compagnie private nazionali ed estere di 14 società pubbliche. Intanto l’implementazione delle riforme di stampo neoliberista ha già causato gravi conseguenze economiche e sociali, tra cui l’espansione del debito estero e dell’inflazione che ha annullato il potere d’acquisto dei salari. Oggi la Nigeria è una delle nazioni più indebitate del mondo; il totale del debito estero ammonta a circa 34.000 milioni di dollari ed il paese spende annualmente tra i 400 e i 500 milioni di dollari per pagare gli interessi sui debiti contratti. È poi cresciuto rapidamente il numero dei


poveri e dei senza occupazione; oggi circa il 40% della popolazione vive al di sotto dei livelli di sussistenza, il 70% non ha accesso a servizi quali acqua, elettricità, sanità di base, istruzione. Solo un adulto su due sa leggere e scrivere; 2 bambini su 10 muoiono prima di aver compiuto cinque anni e circa la metà della popolazione infantile soffre di gravi ritardi della crescita per cause legate alla malnutrizione. La gravissima crisi economica ed occupazionale ha causato una forte spinta migratoria e centinaia di migliaia di donne e uomini nigeriani hanno abbandonato il paese per raggiungere i paesi dell’Unione europea. Vittime sempre più spesso della tratta, i migranti finiscono a lavorare in gravi condizioni di sfruttamento nelle campagne, ad esercitare la prostituzione, a vivere in condizioni di semischiavitù come badanti, cameriere, ecc.

Le campagne di denuncia della WOTCLEF hanno certamente contribuito a sensibilizzare il corpo diplomatico italiano in Nigeria, al punto che l’ambasciatore Giovanni Germano ha più volte denunciato sulla stampa locale come siano "10.000 le donne nigeriane trafficate in Italia" e come il nostro paese sia "diventato un centro delle donne e delle ragazze nigeriane vittime di tratta". Il traffico di migranti è diventato emergenza bilaterale così, col pieno consenso dell’"organizzazione non governativa" preposta, il 9 gennaio 2002 sono stati donati dall’ambasciata "i velivoli e l’equipaggiamento per un valore di 2,5 milioni di dollari" alla Polizia e al Servizio immigrazione nigeriani "con la speranza che ciò possa servire per combattere la minaccia del traffico di esseri umani dall’Africa occidentale all’Italia".

Ancora una volta il nostro paese non sfugge al gioco di far passare come "aiuti allo sviluppo", sistemi militari che certamente nulla hanno a che vedere con la prevenzione del traffico di persone o la protezione delle vittime. Più detestabile il fatto che l’Italia abbia sottoscritto accordi "sulla migrazione" e di "Reciproca Assistenza sugli Affari Criminali" con un paese dove la fame, il conflitto civile, le politiche economiche e la corruzione imperante sono le prime cause di espulsione della popolazione. E i Gitto, con la "sponsorizzazione" di Gabriele Volpi sbarcano nell’isola del petrolio............... Facciamo un passo indietro e torniamo alla sconcertante vacanza di ferragosto di Atiku Abubakar, della seconda moglie Jennifer e compagni. "Taormina sempre capace di creare la giusta atmosfera anche per forieri traguardi di lavoro", si leggeva nella cronaca di quel viaggio in Sicilia. "Non è fuggita, infatti, l’importanza della visita a suggello dei già


consolidati rapporti economici tra la Cec e la Nigeria…". Sì, "già consolidati rapporti economici". Ma quali?

Due giorni dopo la conclusione dell’incontro privato tra il vicepresidente e l’ingegnere Domenico Gitto, il 18 agosto 2003, sono le agenzie di stampa nigeriane ad informare che la Gitto Costruzioni Generali Nigeria Limited ha vinto un appalto per 41 milioni di dollari per la realizzazione di una strada a due corsie e di un ponte ("Itigidi Bridge") di 760 metri nel Rivers State, nella regione meridionale del paese. Si tratta di un progetto concepito dal vecchio regime militare per assicurare una rotta terrestre alternativa ai trasferimenti di gas liquido e del personale che opera negli impianti di Bonny Island.

La riesumazione da parte del nuovo governo di un’infrastruttura dall’enorme impatto socioambientale è stata accolta dalla ferma opposizione delle organizzazioni ambientaliste nigeriane che hanno lanciato un appello internazionale per impedire l’inizio dei lavori. "L’ultima riserva delle ricche foreste di mangrovie ad Ogoniland ed in altre aree del delta del Niger nel Rivers State è oggi seriamente minacciata da un progetto del presidente Olusegun Obasanjo", si legge in un documento a firma del Mangrove Action Proyect. "Diversi ettari di fitte selve di mangrovie, foreste pluviali vergini, affluenti, fiumi, santuari ecologici e grandi superfici di terre fertili saranno distrutti con la costruzione di un enorme ponte che collegherà la comunità di Bodo (Ogoniland) a Bonny Island, sede del progetto Nigeria's Liquefied Natural Gas (LNG)". "L’appalto è stato assegnato ad un’impresa italiana, la INTELS di Gabriele Volpi", aggiunge l’organizzazione ecologista. "Il progetto ha preso il via con la firma del contratto e con la consegna del denaro da parte delle autorità nigeriane al loro partner, la Gitto Costruzioni Generali Nigeria Limited. Ma entrambi non hanno realizzato alcuno studio d’impatto ambientale come invece richiesto dalle direttive esistenti che ne prevedono l’obbligatorietà per progetti similari a quello della strada BodoBonny".

Il Niger Delta project for Environment, Human Rights and Development (NDPEHRD) ha potuto rilevare che gli operai e le attrezzature della società d’ingegneria straniera sono già stati trasferiti presso il villaggio di Bodo nella provincia di Ogoni, Rivers State. "Dalla comunità di Bodo sino al noto Bonny River ci sono circa 6 miglia nautiche di distanza ricoperte da foreste di mangrovia che saranno in buona parte distrutte dal progetto", si


legge ancora nel documento degli ambientalisti. "I lavori deprederanno le foreste di mangrovie dei villaggi di Andoni nell’omonima provincia e quelle che oggi restano a Bonny Island. Le specie di mangrovie esistenti nell’area interessata sono la Rhizophora Racemosa, la Rhizophora Horrisonii e la Mangrovia Rhizophora. La maggior parte delle fonti naturali dell’area sta sparendo. Le compagnie petrolifere e del gas che operano nella regione hanno commesso gravi crimini contro l’ambiente e le popolazioni. Le loro attività, i test sotterranei e le operazioni di posa degli oleodotti hanno accelerato il saccheggio delle foreste di mangrovie. L’insostituibile ecosistema offre importanti risorse naturali ed è importante per la produzione di cibo. Le foreste di mangrovie della regione sono alla base della nutrizione e della protezione dei pesci e dei molluschi; esse supportano la vita di una grande varietà d’insetti, di uccelli e di mammiferi".

Nel suo rapporto, il Mangrove Action Project fa due rivelazioni importanti. La prima: "Si dice inoltre che altri potenti nigeriani come ad esempio il vicepresidente Alhaji Atiku Abubakar siano tra i maggiori azionisti della società italiana". Poi si aggiunge che a seguito delle proteste della popolazione, "il governo federale ha assegnato la somma di 4.185.000 dollari a favore dei villaggi maggiormente colpiti (Bodo e Mogho) attraverso i responsabili della Gitto Costruzioni Generali Nigeria Limited come forma d’indennizzo e per ridurre le tensioni sviluppatesi con l’approvazione del progetto stradale". C’è proprio di tutto in questa storia italo-nigeriana: l’ennesima opera eco-incompatibile, un uomo di governo che ha l’arroganza di farsi portare in vacanza da un imprenditore a cui ha concesso un appalto e di cui l’opinione pubblica ipotizza esserne socio, denaro in contanti per ammorbidire eventuali oppositori distribuito grazie ai canali privati.

Si raccontava dello splendido yacht che ha permesso al vicepresidente nigeriano Atiku Abubakar di conoscere le acque cristalline dello Ionio e di sbarcare a due passi dalla città di Taormina. Un’imbarcazione di proprietà di Gabriele Volpi, rappresentante della Intels, il potente gruppo italiano a cui fanno capo una quarantina di compagnie dedite alla gestione di porti e terminal petroliferi e allo sfruttamento del gas naturale e degli idrocarburi, operante principalmente nel continente africano in joint venture con transnazionali ed agenzie statali. Intels è presente in Congo (Point Noire), Gabon (Port Gentil), Ghana, Costa d’Avorio (Abidjan); è inoltre particolarmente attiva in Angola, dove insieme alla Sonils Integrated Logistic Services e alla compagnia statale Sonangol,


gestisce il terminal portuale di Luanda, oggi al centro di investimenti pubblici per oltre 500 milioni di dollari. È proprio il gruppo italiano a guidare i lavori finalizzati alla realizzare delle infrastrutture che verranno usate dalle compagnie impegnate nelle ricerche petrolifere lungo le coste del paese. Parte dei lavori del terminal di Luanda sono stati appaltati alla compagnia belga Dredging International e alla joint venture sudafricana Murray Roberts/Lama International. Sempre con Sonangol, Intels ha creato in Angola la società Sobilog per la gestione della "Lobito Supply Base"; Intels, Sonangol e la Namils Integrated Logistic Services, hanno dato vita invece ad un consorzio che assumerà la gestione della costruenda "Namibe Supply Base".

La Integrated Logistic Services-Intels è l’operatrice dell’unica zona franca esistente in Africa occidentale, quella di Onne-Ikpokiri, sede di un complesso portuale a meno di 40 km dall’importante città di Port Harcourt, nel Rivers State della Nigeria. Le compagnie operanti nella zona franca sono esenti da qualsiasi tassa federale; altrettanto vale per i prodotti importati od esportati; inoltre è permessa la proprietà straniera al 100% delle infrastrutture. Onne-Ikpokiri assicura incentivi agli investitori e facilitazioni burocratiche a coloro che fanno ingresso nel mercato delle risorse energetiche nigeriane. Alle transnazionali è garantita la libertà di vendita dei loro prodotti a tutta la regione dell’Africa occidentale; grazie alla zona franca le maggiori compagnie internazionali che commerciano gas e petrolio hanno spostato in Nigeria il baricentro delle loro operazioni in quest’area del continente africano. Ne consegue il ruolo centrale di Intels nell’affare degli idrocarburi e gli enormi profitti che il gruppo ha conseguito in Nigeria. E' altresì noto che la INTELS di Gabriele Volpi sia particolarmente attiva nel trasporto e dispersione di scorie radioattive..............

Il popoloso stato africano è oggi sede delle più rilevanti attività di Intels: la compagnia, in joint venture con Interoil, gestisce le infrastrutture petrolifere di Amadi Flat Camp a Port Harcourt; inoltre dirige per conto dell’Autorità portuale nigeriana (Nigerian Port Authority-NPA) i centri per i servizi petroliferi nei porti di Onne, Warri e Calabar.

Sempre accanto alla NPA, Intels gestisce il nuovo terminal oceanico "West Africa Container Terminal (WACT)" realizzato all’interno della "zona franca petrolifera" di Onne, sul Bonny River, a due passi dai maggiori centri petroliferi nazionali e a sole 17 miglia nautiche dal mare aperto. Siamo


nella stessa area dove la famiglia Gitto è stata chiamata a realizzare la rete stradale e i viadotti dal disastroso impatto socioambientale. Il terminal oceanico è in grado di ospitare petroliere da 70.000 tonnellate e le navi che s’incaricano del trasporto dei container provenienti dalla grande acciaieria di Ajaokuta e dal complesso carbonifero di Enugu.

Il vicepresidente Atiku Abubakar ha concordato con la Banca Mondiale un piano per trasferire la proprietà delle infrastrutture portuali alle società private che oggi le gestiscono in concessione. Superfluo aggiungere che è proprio la Intels di Gabriele Volpi la compagnia maggiormente interessata al piano di dismissione, un piano però fortemente osteggiato dai sindacati dei lavoratori dell’Autorità portuale nigeriana che bene conoscono il modus operandi delle società straniere. "Nel settore marittimo e dell’industria petrolifera, Intels è una delle compagnie che ha continuato a generare controversie", ha segnalato il quotidiano Daily Champion. "C’è soprattutto l’impressione della gente che la compagnia stia mungendo il paese senza contribuire all’economia nazionale. La cosa più rilevante è che si afferma che Intels sfrutti i Nigeriani che lavorano per essa". (esiste una denuncia per riduzione in "schiavitù") Picchettaggi, scioperi, occupazioni hanno segnato la vasta mobilitazione contro la privatizzazione dei porti, bloccando in particolare l’attività delle infrastrutture di Warri e Calabar gestite dalla società italiana. Queste due aree portuali sono state anche al centro dei violenti conflitti interetnici che hanno insanguinato negli ultimi mesi la Nigeria. "Mentre gli scontri incessanti hanno ridotto le attività a Warri, il porto di Calabar è oggi del tutto inutilizzato e buona parte delle società che supportano le operazioni portuali nella ricca città petrolifera sono state chiuse o trasferite presso il porto di Onne", si legge ancora sul Daily Champion.

Per riattivare il porto di Warri, il governo ha inviato un contingente dell’esercito che ha occupato interamente le banchine e le infrastrutture logistiche. Il 19 settembre 2003, una richiesta simile d’intervento a Calabar è stata fatta al governo federale e alla direzione del Nigeria Ports Authority dal manager di Intels, Chuks Ihuoma. Data la strettissima relazione governo-società privata, è lecito attendersi a breve l’ennesima risposta militare per riportare l’ordine tra le maestranze .


Petrolio e tangenti: "Obasanjo ed Atiku hanno portato la corruzione del paese ai massimi livelli. Questo regime passerà alla storia per essersi caratterizzato per gli interessi affaristici, la caccia alle streghe e ilcompleto crollo della legge e dell’ordine. Il presidente e il suo vice hanno predisposto ciò che essi considerano un solido sistema di protezione, utilizzando i propri soci per gestire gli affari ed appropriarsi dei beni nazionali attraverso le privatizzazioni delle istituzioni e delle strutture economiche pubbliche. Per queste operazioni ci sono gli sforzi di un congiunto di Obasanjo, Otunba Fasawe. Egli è l’ambasciatore itinerante di Obasanjo tra le società private e colui che ha sottoscritto un imprecisato numero di contratti per conto del suo superiore. C’è un collaboratore italiano nel team di Obasanjo; un certo signor Gabriele Volpi che è anche il manager di Intels, la compagnia che è connivente con i più alti rappresentanti del governo nel processo di emarginazione della Nigerian Ports Authority (NPA). Volpi ed Intels stanno scavalcando le funzioni dell’Autorità portuale nigeriana per interessi privati. Crediamo che un altro personaggio utilizzato dalla corrotta leadership nella gestione degli affari del nostro padre della patria è un certo dottor Baggi, altro uomo d’affari italiano, che dichiara di svolgere la professione di avvocato a Lugano, Svizzera". Così, in un lungo intervento sulla rivista statunitense USAfrica, il senatore Dauzia Loya Etete ha accusato il duo Obasanjo-Atiku Abubakar di operare congiuntamente al general manager della Intels, Gabriele Volpi, per lucrare sul piano di privatizzazione del settore petrolifero. Un’accusa gravissima, specie perché tira in ballo l’imprenditore italiano che ha ospitato in Sicilia il vicepresidente in persona e i suoi presunti soci in affare mettendoli in contatto con una cosca mafiosa ! Nella sola area di Warri dove sorge il terminal gestito dalla italiana Intels di Gabriele Volpi, a seguito degli scontri tra i gruppi Ijaw e Itsekeri si sono contati una decina di militari e oltre un centinaio di civili assassinati. La violenza nella regione del delta del Niger ha causato il crollo della produzione di circa 800.000 barili al giorno, il 40% dell’intera produzione nigeriana. Il governo ha così dato il via alla militarizzazione dei giacimenti, scatenando un’offensiva diretta a colpire principalmente la popolazione Ijaw. Sarebbero già oltre 4.000 i militari nigeriani insediatisi nei pressi di pozzi e terminal petroliferi.

Petrolio color sangue: "Le violente tensioni scoppiate nella regione del delta del Niger hanno spinto l’organizzazione nordamericana Human Rigths Watch a scrivere al governo nigeriano affinché intraprenda "immediate misure per prevenire un ulteriore deterioramento della situazione. Sempre Human Rights Watch aveva pubblicato nel 1999 un


articolato rapporto sul ruolo e sulle responsabilità delle compagnie petrolifere straniere nel conflitto politico, sociale e militare nigeriano. "La non conoscenza del difficile contesto delle attività petrolifere in Nigeria, non assolve le compagnie petrolifere dalla responsabilità negli abusi dei diritti umani che hanno luogo nel delta del Niger; o per azione o per omissione esse hanno un ruolo diretto nel conflitto", si legge nel rapporto. "È evidente in molti dei casi che le compagnie si beneficiano dall’assenza di leggi che regolino l’industria petrolifera. La posizione di dominio delle compagnie petrolifere dà a loro il dovere di monitorare e promuovere il rispetto dei diritti umani da parte del governo nigeriano. Dato il ruolo predominante del petrolio nell’economia nazionale nigeriana, le politiche e le pratiche delle compagnie petrolifere sono fattori importanti nell’assunzione delle decisioni da parte del governo. Poiché le compagnie petrolifere operano in joint venture, esse hanno sempre l’opportunità d’influenzare la politica governativa".

Human Rights Watch segnala una lunga serie di violazioni perpetrate dal governo per assicurare il pieno controllo straniero sul petrolio. "Le proteste a seguito delle devastazioni ambientali sono continuamente represse dagli interventi violenti della polizia e dagli arresti arbitrari. Quando ci sono avvocati indipendenti e gruppi ambientalisti che eseguono monitoraggi sul rispetto delle leggi ambientali da parte delle compagnie, o assistono le comunità nelle loro richieste, le loro attività sono state seriamente ostacolate dalle incursioni della polizia, dai raid agli uffici, dagli arresti e da altre misure repressive".

L’organizzazione nordamericana denuncia l’uso costante delle tangenti a favore di politici locali, autorità statali e militari, funzionari ministeriali. Una pratica di routine sarebbe l’estorsione a danno dei manager delle compagnie, "i quali sono minacciati e spesso utilizzati come ostaggi". Le stesse compagnie si distinguerebbero sempre più spesso per l’atteggiamento omertoso se non di vera e propria complicità con gli autori delle violazioni.

"Nessuna delle compagnie pubblica regolarmente rapporti completi sulle denunce relative a danni ambientali, sabotaggi, richieste di indennizzi, azioni di protesta o operazioni militari che si sono realizzati nei pressi delle loro infrastrutture", aggiunge Human Rights Watch. "C’è un numero crescente di armi da fuoco circolanti nel delta del Niger, alcune delle quali sequestrate dalle forze di sicurezza, che vengono utilizzate negli scontri


tra le differenti comunità". Alcune compagnie straniere hanno svolto un ruolo diretto nella repressione dei movimenti sociali. "I casi investigati", denuncia Human Rights Watch, "mostrano ripetuti incidenti in cui le persone sono vittime di brutalità da parte dei vigilantes degli impianti delle compagnie; in alcuni casi le forze di sicurezza colpiscono, picchiano e arrestano i delegati delle comunità che giungono per presentare le loro rimostranze".

Il caso certamente più noto è quello della cosiddetta "crisi degli Ogoni", esploso a metà degli anni ’90 con la condanna a morte per impiccagione di nove attivisti ambientalisti, tra cui Ken Saro-Wiwa, scrittore di fama internazionale, fondatore di Mosop ("Movimento per la sopravvivenza del popolo Ogoni") e insignito del Premio Nobel. Essi erano alla guida della protesta popolare contro le campagne esplorative della Intels di Gabriele Volpi che non mosse un dito per tentare di salvare la vita ai leader ambientalisti; al contrario, qualche mese dopo la loro esecuzione, firmò nuovi contatti di esplorazione in Nigeria, versando fiumi di denaro a favore della discreditata dittatura militare e acquistando direttamente armi. Secondo il quotidiano britannico Observer, si sarebbe trattato di fucili semiautomatici ancora una volta prodotti dall’industria bellica italiana Beretta, un’operazione realizzata attraverso la XM Federal Limited, società di import-export con sede a Londra. La Intels di Volpi è inoltre accusata di aver dato vita a un gruppo di vigilantes responsabile di alcune incursioni paramilitari nei villaggi del delta. "Giovani di Edagberi, Rivers State, sono stati detenuti dalla polizia nigeriana negli uffici della Alcon Engineering, società d’ingegneria contrattata dalla Intels", aggiunge Human Rights Watch. "Un'altra società contrattata della multinazionale, la Western Geophysical, ha richiesto l’intervento della marina di guerra nigeriana per reprimere le proteste degli studenti davanti agli impianti di Iko (Akwa Ibom State).

Gli studi di una speciale commissione di tecnici hanno provato come "le fuoriuscite di petrolio dagli impianti della compagnia straniera hanno consistentemente danneggiato la produzione agricola e le fonti idriche dello stato di Bayelsa, assumendo proporzioni epidemiche tra il 1993 ed il 1994 e causando l’esplosione di malattie contagiose che hanno ucciso oltre 1.400 persone e costretto molte altre a ricorrere alle cure sanitarie".


L’équipe di esperti ha inoltre rilevato che una parte delle popolazioni di Bayelsa e Rivers State soffrono di cancro e di altre malattie neoplastiche "in conseguenza della prolungata e costante esposizione ad esalazioni del greggio riversatosi nell’ambiente". "La presenza degli impianti di Bonny Island sta anche causando la distruzione di ettari di foresta e mette in serio pericolo la sopravvivenza della comunità di 6.000 persone che abita l'isola", denuncia il World Rainforest Movement. Una deforestazione che si somma a quanto è stato causato dalle attività di esplorazione ed estrazione petrolifera che in Nigeria hanno comportato la scomparsa di oltre 562.000 chilometri quadrati di foresta primaria, il 95% di quella esistente all’inizio del 20° secolo..........

QUESTO E' UN RITRATTO DI GABRIELE VOLPI: Trafficante di armi Trafficante di rifiuti radioattivi Riduttore in schiavitù Corruttore Colluso con imprese di mafia Distruttore dell'ambiente Ecc.ecc.

Sarà il caso di pensare se sia opportuno farlo entrare negli "affari" della Liguria ???

Notizia in rete su ligurianews: Recco scommette: se Garrone lascia, la Samp va a Volpi La corda si spezza o non si spezza? Dipende dalla trattativa. A Recco sono in molti


a darlo per certo: Gabriele Volpi, presidente della Pro Recco e dello Spezia calcio, sarebbe intenzionato a rilevare la Sampodoria da Riccardo Garrone. Solo i fatti diranno se ciò corrisponde o meno a verità. A Recco sottolineano che non sarebbe la prima volta che un presidente della Pro Recco è contemporaneamente responsabile del grande calcio genovese. Il riferimento è all’inglese Astor Norrisch che fu nello stesso momento presidente della squadra di pallanuoto e membro di un numeroso comitato di presidenza che negli anni 1960-62 intervenne per salvare il Genoa. Gabriele Volpi (gas, petrolio, villaggi per occidentali, moli e noli in Nigeria ed affari ora anche in Angola) è in ottimi rapporti con il cardinale Tarcisio Bertone e con il presidente della Regione Claudio Burlando. Ha grandi progetti che desidera attuare in Riviera: posteggi interrati sotto il lungomare di Recco, la ristrutturazione della piscina di Punta Sant’Anna, e nello stesso comune la costruzione di un quartiere nell’area dell’ex “Industria meccanica ligure” dei fratelli Giorgio (che ha già venduta la sua quota a una cordata danese vicina a Volpi) e Paolo Sanguineti: prevista la costruzione di una piscina olimpica, un hotel a quattro stelle, negozi, uffici e soprattutto abitazioni civili. A Santa Margherita Ligure le ambizioni sono maggiori: acquisto dalla Regione dei cadenti campi da tennis, il loro miglioramento e la gestione; in un’area attigua la costruzione di una piscina olimpica per farvi disputare le partite di Champions League della Pro Recco; soprattutto il porto con la gestione dell’ex area Spertini, l’ ulteriore prolungamento della diga; il banchinamento della scogliera tra il Castello e il molo di attracco dei vaporetti, del quale è previsto l’allungamento. Il tutto affidato all’impresa costruttrice di Gian Antonio Bandera. Essere presidente di una squadra di serie A potrebbe forse aiutare a realizzare i progetti.


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