Vivere e morire a Los Angeles - anteprima

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I MIGLIORI FILM DELLA NOSTRA VITA Collana diretta da Enrico Giacovelli

Copertina: Patrizia Marrocco Crediti fotografici: La gran parte delle immagini di questo volume per la scuola e l’università è tratta da fotogrammi delle pellicole. Quanto alle altre foto, per quanto possibile l’Editore ha cercato di risalire al nome del loro autore così da darne la doverosa menzione, ma le ricerche si sono rivelate infruttuose. Nel chiedere dunque scusa per qualunque eventuale omissione, l’Editore si dichiara disposto sin d’ora a revisioni in sede di ristampa e al riconoscimento dei relativi diritti ai sensi dell’art. 70 della legge n. 633 del 1941 e successive modifiche. Stampa: Reggiani (Varese) 2022 © Gremese International s.r.l.s. – Roma Tutti i diritti riservati. Nessuna parte di questo volume può essere registrata, riprodotta o trasmessa, in alcun modo e con qualsiasi mezzo, senza il preventivo consenso formale dell’Editore. ISBN 978-88-6692-132-5


VIVERE E MORIRE A LOS ANGELES [To Live and Die in L.A., 1985] di

WILLIAM FRIEDKIN FABIO ZANELLO

A cura di Simone Tarditi


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VIVERE E MORIRE A LOS ANGELES DI WILLIAM FRIEDKIN

Cognome

Friedkin

Nome

William

nato il

29 agosto 1935

a

Chicago, Illinois (Stati Uniti)

Filmografia The People vs. Paul Crump (1962, documentario televisivo) The Bold Men (1965, documentario televisivo) The Alfred Hitchcock Hour (1965, l’episodio tv Off Season) Pro Football: Mayhem on a Sunday Afternoon (1965, documentario televisivo) Time-Life Specials: The March of Time (1965, documentario televisivo) The Thin Blue Line (1966, documentario televisivo) Good Times (1967) Festa di compleanno (The Birthday Party, 1968) Quella notte inventarono lo spogliarello (The Night They Raided Minsky’s, 1968)


LA CARTA D’IDENTITÀ DEL REGISTA

Festa per il compleanno del caro amico Harold (The Boys in the Band, 1970) Il braccio violento della legge (The French Connection, 1971) L’esorcista (The Exorcist, 1973) Conversation with Fritz Lang (1975, documentario) Il salario della paura (Sorcerer, 1977) Pollice da scasso (The Brink’s Job, 1978) Cruising (1980) L’affare del secolo (Deal of the Century, 1983) Ai confini della realtà (The Twilight Zone, 1985, il segmento Nightcrawlers del quarto episodio della prima stagione) Vivere e morire a Los Angeles (To Live and Die in L.A., 1985) C.A.T. Squad (1986, film televisivo) Assassino senza colpa? (Rampage, 1987) C.A.T. Squad: Python Wolf (1988, film televisivo) L’albero del male (The Guardian, 1990) I racconti della cripta (Tales from the Crypt, 1992, l’episodio tv On a Deadman’s Chest) Basta vincere (Blue Chips, 1994) Rebel Highway (1994, l’episodio tv Jailbreakers) Jade (1995) La parola ai giurati (12 Angry Men, film televisivo, 1997) Regole d’onore (Rules of Engagement, 2000) The Hunted – La preda (The Hunted, 2003) Bug – La paranoia è contagiosa (Bug, 2006) The Painter’s Voice (2007, documentario breve) CSI – Scena del crimine (CSI: Crime Scene Investigation, due episodi tv, Cockroaches del 2007 e Mascara del 2009) Killer Joe (2011) The Devil and Father Amorth (2017, documentario)

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VIVERE E MORIRE A LOS ANGELES DI WILLIAM FRIEDKIN

VIVERE E MORIRE A LOS ANGELES (To Live and Die in L.A., 1985)

Regia: William Friedkin; soggetto: Gerald Petievich (autore dell’omonimo romanzo); sceneggiatura: William Friedkin, Gerald Petievich; fotografia: Robby Müller; scenografia: Lilly Kilvert (art direction: Buddy Cone; set decoration: Cricket Rowland); costumi: Linda M. Bass; montaggio: M. Scott Smith; regista seconda unità: Bud S. Smith; musica originale: Wang Chung; casting: Robert Weiner; stunt coordinator: Buddy Joe Hooker. Interpreti e personaggi: William L. Petersen (Richard Chance), Willem Dafoe (Eric Masters), John Pankow (John Vukovich), Debra Feuer (Bianca Torres), John Turturro (Carl Cody), Darlanne Fluegel (Ruth Lanier), Dean Stockwell (Bob Grimes), Steve James (Jeff Rice), Robert Downey Sr. (Thomas Bateman), Michael Greene (Jimmy Hart), Christopher Allport (Max Waxman), Jack Hoar (Jack), Jane Leeves (Serena), Valentin de Vargas (giudice Cedillo), Dwier Brown (dottore), Michael Chong (Thomas Ling), Jacqueline Giroux (Claudia Leith), Michael Zand (terrorista), Bobby Bass (agente FBI), Dar Robinson (agente FBI), Anne Betancourt (infermiera). Origine: Stati Uniti Produzione: Irving H. Levin (produttore), Samuel Schulman (produttore esecutivo), Bud S. Smith (co-produttore) Distribuzione: MGM Prima proiezione: 1° Novembre 1985 (Stati Uniti) Durata cinematografica: 116’ Format: 1.85:1


LA CARTA D’IDENTITÀ DEL FILM

Plot Los Angeles. La scorta presidenziale accompagna il veicolo di Ronald Reagan, Presidente degli Stati Uniti d’America, verso un hotel dove egli dovrà tenere un discorso. Gli agenti federali Richard Chance e Jimmy Hart sono preposti al controllo antiterroristico e nell’arco di quella serata sventeranno insieme un attentato. Hart si scopre essere anche sulle tracce del pittore e falsario Eric Masters, ma l’anziano agente, alle soglie della pensione, viene ucciso dallo stesso Eric e dal suo tirapiedi Jack dopo che è entrato da solo nella fabbrica dove i dollari vengono contraffatti. Mosso dalla vendetta, Chance è pronto a tutto pur di catturare Masters ed è disposto anche a utilizzare metodi illegali per portare a termine l’indagine, mentre il suo nuovo collega, Vukovich, ha una concezione diversa dei procedimenti d’adottare. Chance non esita a servirsi della criminale Ruth Lanier, sua confidente e amante, per ottenere informazioni e procurarsi i soldi necessari al fine di intrappolare Masters. Così, su suggerimento di Ruth, Chance e Vukovich rapinano Thomas Ling, un sedicente uomo d’affari che con sé trasporta una somma consistente in contanti. Ling rimane ucciso nella sparatoria susseguente alla rapina, mentre i due agenti sfuggono avventurosamente agli inseguitori, gettandosi in contromano nella tangenziale. In seguito vengono informati del fatto che Ling fosse un agente dell’FBI impegnato in un’azione sotto copertura. Convinti di essere al binario morto delle loro carriere, i due, sotto false identità, incontrano Masters spacciandosi per investitori e manifestano l’intenzione di acquistare del denaro falso dal malvivente per poter così incriminarlo. Quando si recano all’incontro decisivo con Masters provano ad arrestarlo, ma avviene uno scontro a fuoco nel corso del quale Chance viene ucciso. Masters approfitta dello scompiglio per fuggire, ma Vukovich lo rintraccia ed elimina il falsario una volta per tutte. Alla fine, Vukovich si presenta a Ruth, assoldandola come informatrice e sostituendosi così all’amico Chance.

Si raccomanda di guardare questo film, come tutti i film, in lingua originale, con o senza sottotitoli, per gustare le voci, i rumori, le musiche e i dialoghi originali, quasi sempre traditi dalle versioni italiane.

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b

a

c

Illustrazione della prima edizione del Dracula di Stoker (ungherese, del 1898) [a]; spartito del Dracula cha cha dal film di Steno Tempi duri per i vampiri (1959) [b]; illustrazione di Tyra Kleen per La Fontaine de Sang di Baudelaire (1903) [c]; manifesto cinematografico del Dracula di Tod Browning (1931) [d].

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INTRODUZIONE

Los Angeles anni Ottanta: Friedkin e il voyeurismo dell’anima A cura di Daniela Catelli

Il cinema di William Friedkin non è sempre stato popolare. La sua fortuna critica, dopo un primo, isolato omaggio del festival di Spoleto nel 1990, prende il via in Italia solo sul finire del secolo, per la precisione nel 1997, quando chi scrive invitò il regista al Noir in Festival in occasione di una retrospettiva dei suoi lavori accompagnata da un volume. Fino ad allora i critici dei quotidiani, con poche eccezioni, avevano considerato con sufficienza il filmmaker di Chicago, non ritenendolo nemmeno degno di uno studio monografico. Nel resto del mondo le cose non erano molto diverse: in patria nel 1990 era stato oggetto di una discutibile biografia non autorizzata e di un serio e dettagliato saggio critico di Thomas D. Clagett, mentre in Europa solo la Francia e l’Inghilterra avevano prestato attenzione alla sua carriera, con monografie sui singoli film e studi importanti su riviste di settore come i «Cahiers du Cinéma» e «Cinefantastique». Di nuovo in Italia, nel 2003, il Torino Film Festival gli dedicò un corposo omaggio e un volume collettivo, invitando per l’occasione anche Jack Hues dei Wang Chang, autore della colonna sonora di Vivere e morire a Los Angeles. Poi, a cascata, sono arrivati Deauville, la Mostra del Cinema di Venezia col Leone d’oro alla carriera, Sitges, Cannes, Gérardmer, Bruxelles, Lucca e così via. Insomma, tutta l’Europa ha fatto a gara per celebrarlo, tanto che negli anni Duemila ‒ dopo tre film indipendenti, il documentario The Devil and Father Amorth, una splendida autobiografia, diverse regie operistiche e


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VIVERE E MORIRE A LOS ANGELES DI WILLIAM FRIEDKIN

molti progetti in fase di sviluppo ‒ questo gigante del nuovo cinema americano ha passato una parte consistente del suo tempo in giro per il mondo a ricevere premi e tenere masterclass. Infine, nel 2018 ancora un italiano, Francesco Zippel, lo ha messo al centro del documentario Friedkin Uncut. Nella rilettura critica della sua filmografia, avvenuta spesso in coincidenza con gli anniversari dell’uscita e le varie riedizioni per l’home video, il titolo più studiato è stato ovviamente L’esorcista, con libri usciti in Italia, Francia e Inghilterra, mentre a Il salario della paura è stato dedicato un recente volume francese, ma l’assenza di approfondimenti su un film seminale e in anticipo sui tempi come Vivere e morire a Los Angeles balzava agli occhi come una lacuna che andava assolutamente colmata. Spinto dalla voglia di tornare alla libertà degli inizi della carriera, sulla base di un romanzo di Gerald Petievich, ex agente dei Servizi Segreti nonché suo amico e consulente, William Friedkin interpreta a modo suo lo Zeitgeist degli anni Ottanta declinandone in modo innovativo e originale l’estetica, spesso superficialmente accostata a quella di Miami Vice. Il ritmo teso e nervoso, i drumbeat, i colori accesi e in forte contrasto, il fuoco, i dipinti espressionisti di Rainer Fetting e la scansione del tempo in sovrimpressione danno vita a una memorabile variazione sul tema che ha attraversato la sua filmografia fin dal documentario sulla polizia The Thin Blue Line e che è stato esplicitato in modo magistrale dal film premio Oscar Il braccio violento della legge, ambientato nella New York livida e fredda degli anni Settanta. È Friedkin stesso – che conosce l’argomento, per esperienza personale, da entrambi i lati della barricata – a parlare più volte di quella che è una costante del suo cinema: l’interesse per la sottile, confusa linea di confine che divide poliziotti e criminali, ossia il Bene e il Male. Oltre dieci anni dopo il suo primo poliziesco, il regista torna a rivisitare questo tema in un’epoca drasticamente cambiata e in una metropoli agli antipodi di New York, dove i protagonisti non sono poliziotti dell’antidroga, ma agenti dei servizi segreti, tra i cui compiti, oltre alla sicurezza del Presidente, c’è la lotta allo spaccio di denaro contraffatto. A scontrarsi sono


INTRODUZIONE

ancora una volta due personaggi estremi, caratterizzati già dal nome: il drogato di adrenalina Chance e il crudele falsario/artista Masters. Vivere e morire a Los Angeles è un film di doppi e specchi, tradimenti e ambiguità sessuale, un’opera fluida e mutante come il tempo in cui si svolge. Nell’epoca della Reaganomics e dello yuppismo, a essere contraffatto non è solo il denaro (valore primario in una società capitalistica fuori controllo), ma soprattutto i rapporti umani. Un sotteso desiderio di morte sembra motivare i due protagonisti, il freddo killer e l’agente disposto a tutto pur di incastrarlo. Uscito in America il 1° novembre 1985, Vivere e morire a Los Angeles incassa poco più di 17 milioni di dollari, piazzandosi al cinquantunesimo posto nella classifica dell’anno, dominata da Ritorno al futuro, Rambo II e Rocky IV. In Italia passa pressoché inosservato e in pochissimi lo recensiscono. In ogni caso, non rilancia ad alti livelli la carriera di Friedkin, “colpevole” ancora una volta – come otto anni prima col suo (più costoso) capolavoro, Il salario della paura – di perseguire un cinema adulto e ricco di sfumature, mentre il pubblico, composto ormai in gran parte da adolescenti, è sempre più orientato su prodotti ottimisti e di facile consumo. Ciononostante, è un film che acquista negli anni uno status di culto e ancora oggi sorprende chi lo vede per la prima volta, tappa imprescindibile nella carriera di un cineasta in sintonia coi tempi e che, pur detestando la definizione di autore, segue da sempre un percorso personale spesso in controtendenza rispetto al cinema hollywoodiano. È una magistrale opera voyeuristica, dove tutto si vede tranne il vero significato, un puzzle in cui ogni suono e ogni immagine – un autoritratto dato alle fiamme, la laboriosa creazione di dollari falsi, una danza ispirata al teatro kabuki, un tuffo da un ponte, un colpo di pistola e un battito d’ali, un rapporto sessuale e uno sparo in pieno volto – creano una fotografia iperrealista del mondo ingannevole in cui viviamo, quello che solo l’ispirata finzione del miglior cinema di genere è in grado di raccontare e rendere vero per sempre.

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