"Perché stessero con Lui"

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NALECTA NALE LECTA IIBLICA BLICA 180

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Progetto grafico di copertina: Serena Aureli Impaginazione: Servizi Grafici Editoriali Srl - Roma

Š 2010 Gregorian & Biblical Press Piazza della Pilotta, 35 - 00187 Roma, Italy books@biblicum.com - www.gbpress.net

ISBN: 978-88-7653-180-4


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“Perché stessero con lui” Scritti in onore del Prof. Klemens Stock, SJ, nel suo 75° compleanno a cura di LORENZO DE SANTOS e SANTI GRASSO

ROMA 2010


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Un maestro creyente. El P. Klemens Stock llena 35 años de la centenaria historia del Pontificio Instituto Bíblico. Se dice en una frase, pero significa cientos de alumnos, miles de preocupaciones y, sobre todo, quintales de servicio. Si el servicio se pudiera medir por su peso en oro, el P. Stock sería sin duda una de las mayores riquezas del Instituto. Ha pasado por todos los servicios académicos y ha cubierto durante estos años la enseñanza e investigación en el área de los evangelios. Le recordarán los muchos doctores a los que inició en el camino de la investigación bíblica. Pero su recuerdo perdurará en sus amigos por su personalidad y su fe. No es extraño que sus antiguos discípulos hayan querido homenajearle con esta obra. Se trata de subrayar su cercanía humana, junto a su pasión por los Evangelios. Últimamente lleva siete años trabajando para la Comisión Bíblica como Secretario de la misma. Un trabajo paciente y meticuloso que expresa claramente su vocación de servicio y su adhesión a la “Iglesia militante”, como diría S. Ignacio. No es fácil aplicar la crítica racional a la metodología bíblica sin dejar en la gatera gotas de compromiso con la fe y con la integridad de vida religiosa. Sin embargo, el P. Stock ha sabido unir su compromiso creyente con la fe y la ciencia.

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En nombre del Pontificio Instituto Bíblico, y en representación de todos sus colegas, quisiera sumarme a este homenaje que promueven al unísono el cariño y la admiración. Tal vez sean muchos quienes merecen ser recordados por su servicio a la Sagrada Escritura en la Iglesia, pero pocos como Klemens Stock pueden gloriarse de hacerlo con sentido del humor y con calidad humana. Que esta obra atraiga nuevas vocaciones al servicio de la Palabra y al trabajo exegético que en la Iglesia realiza el Pontificio Instituto Bíblico. José Ma Abrego S.J. Rettore Pontificio Istituto Biblico

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INTRODUZIONE

Un gruppo di studiosi, colleghi del Pontificio Istituto Biblico, membri della Pontificia Commissione Biblica ed ex studenti ora professori in diverse facoltà teologiche, con grande senso di gratitudine nei confronti del Signore festeggia il professore Klemens Stock S.J. in occasione del suo settantacinquesimo compleanno. Tale ricordo non vuole essere soltanto formale, ma intende diventare un contribuito significativo alla ricerca biblica mediante i diversi studi scientifici che in questo volume si susseguono. Nella prima sezione da noi intitolata “Bibbia e Magistero”, Prosper Grech nel suo articolo mette in rilievo le linee guida del Documento formulato dalla Pontificia Commissione Biblica su “Bibbia e Morale”. Quest’ultima è innanzitutto una risposta libera e grata al dono di Dio che si attua nella creazione e nella salvezza. Il primo dono fondamentale è quello della vita della persona quale essere relazionale. Il secondo è quello dell’alleanza che viene analizzata nelle varie teologie del Nuovo Testamento. La seconda parte del Documento contiene l’enunciazione dei criteri morali fondamentali.Tra essi il primo è antropologico in conformità con il concetto biblico di natura umana. Il secondo è cristologico: Cristo prototipo-immagine di Dio, le cui parole e azioni sono modello del comportamento umano. A seguire Donald Senior studia gli sviluppi del documento conciliare Nostra Aetate che mentre discute le relazioni tra Chiesa, Islam, Induismo, Buddismo, conferisce particolare attenzione a quella con il giudaismo. Le ultime scoperte hanno portato a concludere che non si può più parlare di esso, come se fosse una real7


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tà unica, ma di giudaismi, cioè di una varietà di espressioni. Inoltre oggi si riscontra una tendenza a vedere il giudaismo sotto una forte influenza ellenizzante. Esistono revisioni su interpretazioni dei testi che classicamente sono apparsi come antigiudaici quali, ad esempio, il vangelo di Matteo e gli scritti paolini che non escludono la salvezza a Israele, ma al contrario la implicano. Nel secondo ambito di studi, quello della tradizione sinottica, Santi Grasso analizza i peculiari riferimenti all’uso della parola che compaiono nel vangelo di Matteo. Se le relazioni interpersonali sono autentiche non c’è bisogno di ricorrere ai giuramenti. La preghiera non è il luogo del verbalismo, ma del rapporto profondo con Dio che ha la sua stabilità o consistenza in una forte esperienza spirituale. Spesso nell’ambito religioso si fa un uso incontrollato delle parole che tendono a stupire l’interlocutore, più che a comunicare una fede autentica. Il verbalismo inoltre non può essere un’arma usata dai responsabili della comunità per nascondere le proprie incoerenze. Sebbene i testi in cui si affronta questo tema sembrino riflettere a primo acchito un milieu giudaico, in realtà con un’osservazione più approfondita troviamo le medesime esigenze anche nell’ambiente ellenistico. Luis Sánchez Navarro studia la figura di Dio Padre diffusamente indicata in tutta la narrazione di Matteo. Essa emerge non solo quando Dio prende posizione nei confronti di Gesù come nella scena del Battesimo con la sua rivelazione sulla identità filiale, ma anche al momento della trasfigurazione, quando dopo l’annuncio del suo prossimo destino di passione, morte e risurrezione, egli riceve la conferma del suo statuto messianico filiale proprio da Dio Padre. Anche in altri testi come nelle due preghiere, quella di ringraziamento e quella del Getsemani, si può desumere quale sia il ruolo attivo del Padre nell’opera di rivelazione svolta dal messia. Nel vangelo di Matteo solo ponendo attenzione all’azione-manifestazione del Padre si può avere l’esatta percezione del ruolo fondamentale e irrinunciabile che Gesù svolge nella narrazione evangelica. In sintonia con lo studio precedente Artur Malina osserva la presentazione “patrocentrica” di Dio nel vangelo di Matteo, anche se l’autore evangelico non si sofferma direttamente sulla descrizione di Dio come Padre. L’assenza dei termini “padre” e “figlio” non 8


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significa necessariamente la mancanza di riferimenti teologici alla paternità divina. Questo studio si concentra particolarmente sul racconto delle origini (Mt 1-2) sulla scena del Battesimo nel fiume Giordano e nelle tentazioni nel deserto, proprio quando Gesù viene messo alla prova in qualità di Figlio dal diavolo, il quale implicitamente vuole fare entrare in crisi il rapporto con il Padre. Questi testi provvedono alla fondazione dell’intero insegnamento di Gesù che chiama Dio Padre suo e di tutti. Denis Farkasfalvy esamina il racconto dell’unzione di Betania riportata da Matteo, da Luca, ma anche da Giovanni. L’episodio viene studiato nelle singole redazioni mettendo così in rilievo le specificità di ciascuna di esse. Con questa scena gli autori sacri vogliono mostrare come Gesù, pur avendo avuto una morte infamante, compia un gesto prolettico di anticipazione della sua sepoltura che adempie la profezia di Is 53,9. È questa la ragione per cui l’episodio ha ricevuto tanta attenzione nel tempo post-pasquale. Il logion gesuano centrato sul termine euaggelion, per molto tempo è stato ritenuto di derivazione paolina, mentre con un’analisi basata su una strumentazione più affinata si deve concludere che ha le sue radici nella predicazione galilaica di Gesù. Ancora per ciò che concerne il vangelo di Matteo, Salvador Villota prende in esame la sentenza finale dell’ultima antitesi nel discorso del monte la quale verte sul tema della perfezione (Mt 5,48). Si tratta di un detto che non solo traccia una sintesi della posizione di Gesù relativamente a questa antitesi, ma è un compendio a tutta la sezione (Mt 5,17-48). La perfezione divina passa nei figli come principio generante. Essa prima di tutto qualifica Dio Padre come espressione del suo essere, attributo essenziale della sua propria identità. Solo in unione a Gesù è possibile raggiungere la “perfezione del Padre” che secondo i testi si ottiene offrendo il vero culto nella riconciliazione con il fratello, conformando i propri pensieri alla luce di quelli del vangelo, vivendo nella fedeltà matrimoniale, restando integri con le proprie parole, essendo luce e guida per gli altri nell’incontro con Cristo. Petr Mareček invece studia la parabola degli operai inviati nella vigna, visto già come un testo di paolinismo matteano o come un evangelium in nuce. Questo racconto annuncia che la 9


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passività e l’indifferenza non consentono agli uomini l’accesso al regno di Dio che invece avviene solo con l’esercizio della giustizia superiore. Gesù ribadisce l’indispensabilità del comportamento giusto che non sarà mai vano, ma verrà ricompensato da Dio. Però con la parabola egli aggiunge un nuovo insegnamento: non è possibile identificare norme di ricompensa o restringere la libertà sovrana di Dio nella sua sconfinata bontà. Con valutazioni di tipo umano non si è in grado di comprendere il rapporto tra Dio e gli uomini. Il primo nella sua giustizia ricompensa ogni sforzo dei secondi, ma d’altra parte è assolutamente libero nel manifestare il suo amore senza limiti. Passando al vangelo di Marco Joy Palachuvattil studia la figura dei discepoli, a partire dalla constatazione che il testo contiene non solo la presentazione dell’identità di Gesù, ma anche quella degli stessi discepoli. Inizialmente viene esaminato il rapporto con i quattro che sono chiamati per primi. Di questi, tre (Pietro, Giacomo, Giovanni) formano il circolo più stretto. La loro relazione con lui è completamente differente da quella con gli altri discepoli. Ciò che differenzia i Dodici dai discepoli non è solo il tipo di legame con Gesù, ma anche i compiti che i primi devono assumere a favore del popolo. L’identità del discepolo si connota in una continua disponibilità ad accogliere l’insegnamento di Gesù. La loro comunione con lui va compresa anche come comunione con Dio e tra di loro in ordine soprattutto all’esercizio del loro ministero. Georg Fischer osserva l’influenza che il libro del profeta Geremia ha avuto nella composizione del vangelo di Marco. Sebbene si debba constatare un influsso maggiore del libro di Isaia, non si può però fare a meno di individuare molteplici e numerosi contatti tra Geremia e Marco. Non basta considerare la valenza di questo libro anticotestamentario sul secondo vangelo soltanto per le due citazioni esplicite. Molte infatti sono le suggestioni che con una certa continuità ed abbondanza nella narrazione marciana derivano da questo libro profetico, come, ad esempio, il motivo della missione e quello del profeta sofferente. Jorge Humberto Morales Ríos nel suo contributo parte dalla considerazione che il vangelo di Marco è fortemente centrato sulla 10


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cristologia. Sulla base di questo assunto l’interrogativo sull’identità di Gesù posto dai discepoli ha un grande ruolo narrativo e teologico (Mc 4,41). La questione che trova un primo responso nella dichiarazione messianica di Pietro sicuramente ancora inficiata da un messianismo glorioso e trionfalista, ne ha uno più approfondito nella scena della trasfigurazione quando egli viene proclamato Figlio dalla voce celeste (Mt 9,7). Se è necessario conoscere la totalità del destino di Gesù per avere la risposta completa, essa si può desumere dall’annuncio sul Risorto (Mt 16,7).Tuttavia per il lettore la vera e propria risoluzione al quesito si trova soltanto nel titolo del libro “Vangelo di Gesù Cristo Figlio di Dio” (Mc 1,1). Lorenzo de Santos Martín studia la pericope marciana della guarigione del sordomuto (Mc 7,31-37). L’osservazione si focalizza soprattutto sulla richiesta del gesto di imporre la mano rivolta a Gesù. Non si può ridurre l’azione del messia riportata in questo avvenimento a una interpretazione di tipo magico, così come avveniva nella cultura ellenistica oppure soltanto a una forma di contatto solidarizzante con l’infermo. Il gesto invece ricorda nella tradizione biblica l’azione divina, mediante la quale in forma antropomorfica si descrive l’intervento salvifico di Dio per manifestare la sua gloria. Nell’azione di Gesù per la guarigione pertanto si rivela tutta la forza divina che adesso viene esperita anche dai pagani. Sempre in ambito marciano Gastone Boscolo esamina la pericope delle donne al sepolcro. Dal punto di vista dell’analisi storica, il racconto della tomba vuota non può essere una invenzione dei narratori perché nell’ambiente giudaico le donne non avevano nessun ruolo sociale. Se lo fosse esse non ne sarebbero certo state le protagoniste. Inoltre nelle varie tradizioni il loro numero e il loro nome non varierebbero, ma sarebbero concordi. Il credo della comunità cristiana primitiva non fa accenno al sepolcro vuoto, ma solo alla risurrezione. Invece il racconto della tomba vuota sembra ignorare la tradizione della risurrezione al terzo giorno e parla semplicemente del primo giorno della settimana. Con questo racconto l’evangelista Marco veicola la sua teologia sulla risurrezione: non sono le donne che comunicano questa esperienza, ma tutto dipende dall’annuncio della parola:“È risorto”. 11


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Jaroslav Rindos˘ indaga sul ruolo di Giovanni Battista nell’opera lucana. Sostiene che questo personaggio viene inserito all’interno della dinamica del regno di Dio e che la sua missione dà adito all’avvio del ministero di Gesù. Le origini del Battista sono presentate come momento di inaugurazione dell’azione salvifica divina. Luca vede nella regione della Galilea non sono l’inizio dell’attività pubblica del messia, ma anche lo spazio privilegiato in cui si svolge l’azione battesimale di Giovanni. A comprova dell’indispensabilità della missione di Giovanni per l’esperienza evangelica vi è il criterio con cui definire lo statuto apostolico in At 1,21-22: il dodicesimo deve essere stato testimone dall’inizio della vicenda messianica di Gesù proprio a partire dal Battesimo somministrato da Giovanni. Nell’ambito della tradizione giovannea Maksimilijan Matjaz˘ analizza il termine logos ritenendolo come una delle più importanti espressioni polisemantiche non solo in Giovanni, ma in tutta la Bibbia greca. Nel Quarto vangelo Gesù è costantemente descritto come la rivelazione del Padre e figura di comunicazione. Nel prologo emergono sia il tema cristologico che quello soteriologico i quali poi vengono sviluppati nel corso della narrazione evangelica. Il primo è svolto attraverso la dinamica di rivelazione e conoscenza di Gesù come Figlio di Dio. Il secondo, connesso con il primo, è stabilito dalla relazione tra il Padre e il Figlio e nella sua comunicazione. In questi procedimenti il termine logos ha una grande funzione ermeneutica che già la cultura giudaico-ellenistica gli aveva attribuito, ma con la differenza che in Giovanni il logos identifica una persona vivente. Marc Girard invece compie una attenta analisi strutturale della pericope dell’incontro tra Gesù e Nicodemo. Questo testo si compone fondamentalmente di un dialogo e un monologo. Da un punto di vista ermeneutico, mediante l’analisi dei simboli, emerge che il paradigma della nascita si applica a tutta la pericope. Ogni nascita mette in opera un triplo elemento al contempo naturale e simbolico: l’acqua, l’aria e la luce. Sebbene non si tratti in prima istanza di un testo battesimale, piuttosto cristologico, pneumatologico e antropologico, come ha messo in evidenza la Wirkungsgeschichte, esso tuttavia può dar adito in un 12


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secondo momento anche a questa interpretazione sacramentale. Johannes Beutler nel suo studio sull’intervento diTommaso nella pericope della risurrezione di Lazzaro:“Andiamo anche noi a morire con lui” ne enuncia le diverse interpretazioni. A primo acchito potrebbe sembrare che la parola sia espressione di superficialità, in realtà risulta che vi è in essa un doppio senso, uno più esteriore o superficiale, un altro più profondo, legato all’interpretazione postpasquale. Dall’analisi della figura di Tommaso nell’intero vangelo si desume che il discepolo sia capace di farsi carico della stessa ostilità subita dal messia. Questa disponibilità risulterebbe in linea con diverse parole di Gesù registrate all’interno del vangelo giovanneo, secondo le quali i discepoli devono dare la propria disponibilità a offrire la propria vita. Questa parola diventa programmatica anche per i lettori di oggi nel saper affrontare i conflitti. Konrad Huber pone attenzione sull’uso del termine apostolos in Apocalisse. Delle tre ricorrenze, soltanto una è indiscutibilmente riferita al gruppo dei Dodici (Apc 21,4). Essi sono anche definiti “apostoli dell’agnello”. Quest’ultimo termine è uno dei simboli più importanti nell’Apocalisse per riferirsi a Cristo nella sua forza vittoriosa per il dono della propria vita. Come apostoli dell’agnello essi sono chiamati a vivere proprio questa attitudine cristologica. Inoltre il numero dodici indica che essi sono gli esponenti della nuova comunità della salvezza, simboleggiata dalla città di Gerusalemme e al contempo sono i rappresentanti dello straordinario splendore della città. I loro compiti e ruoli tuttavia non sono presentati unicamente in Apocalisse, ma hanno altri paralleli nei testi del Nuovo Testamento. Per ciò che concerne le lettere della tradizione paolina Martin Hasitschka studia il termine eikōn nelle lettere. La parola contiene in sé due significati. Il primo deriva da Genesi, dove Adamo, come unità di uomo e donna, è creato a immagine di Dio. Il secondo proviene dal pensiero greco secondo cui il termine significa non solo riproduzione, copia di un oggetto o di una persona, ma anche manifestazione o rivelazione della sua essenza. Le affermazioni di Paolo che contengono questo termine implicano le due concezioni, così come si può constatare dalla serie di testi paolini analizzati. 13


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Per Giuseppe Ghiberti il tema dello studio è suggerito dalla prossima ostensione della Sindone a Torino, il lenzuolo che mostra un corpo che ha sofferto il soffribile. L’autore parte allora dalla domanda: perché Dio ha dato all’uomo un corpo se poi deve patire? L’attenzione alla corporeità emerge fin dalla prima pagina della Bibbia, quella della creazione. Nella Lettera agli Ebrei, per illustrare la vicenda di Gesù si fa ricorso al Sal 40,7-9: “Tu non hai voluto né sacrificio né offerta, un corpo invece mi hai preparato”. È Cristo quindi che opera la sostituzione con una nuova offerta: quella del corpo. In essa si compie la volontà del Padre. I testi eucaristici vengono a confermare quanto l’offerta del corpo sia importante in ordine alla salvezza dell’umanità. I curatori

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INDICE GENERALE

Premessa, José Ma Abrego Introduzione, Lorenzo De Santos - Santi Grasso

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BIBBIA E MAGISTERO

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Reading through the P.B.C. Document Prosper Grech

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Nostra Aetate and the Catholic Biblical Renewal Donald Senior

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1.The Pastoral Impact of Dei Verbum and Nostra Aetate 1.1 The “Conversion” of Biblical Scholarship 1.2 New Models for the Relationship of Christianity to Judaism 1.3 The Impact on New Testament Interpretation: Matthew and Paul as Examples 1.4 “The Jewish People and Their Sacred Scriptures in the Christian Bible” TRADIZIONE SINOTTICA

28 29 32 33 38 43

L’uso della Parola: test sulla giudaicità nella comunità del PrimoVangelo Canonico Santi Grasso 45 1. Il giuramento (Mt 5,33–37) 45 2. Il verbalismo nella preghiera (Mt 6,7-8) 48 3. I criteri del giudizio finale (Mt 7,21-23) 51 4. La testimonianza mediante la parola (Mt 12,33-37) 57 5. La parabola dei due figli (Mt 21,28-32) 59 6. La differenza tra l’insegnamento e il comportamento dei leader giudaici (Mt 23,1-7) 63 421


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The Revealer of the Son Luis Sánchez-Navarro 1.The voice of the Father 1.1 At the baptism of Jesus (Matt 3:17) 1.2 At the transfiguration of Jesus (Matt 17:5) 1.3 Conclusion

71 72 72 74

2.The prayer of the Son 2.1 The great thanksgiving (Matt 11:25-26) 2.2 The double entreaty in Gethsemane (Matt 26:39,42) 2.3 Conclusion

76 76 77 78

3.The testimony of Scripture 3.1 The «fulfillment quotations» 3.2 The Father who calls his Son out of Egypt (Matt 2:15) 3.3 The Father who is pleased with his Son (Matt 12:18-21)

79 79 80

Image of God the Father in Matthew 1–4 Artur Malina 1. Introductory Issues 2. Before Jesus’ Public Ministry (1:1–4:11) 2.1 God the Father in the Infancy Narrative (1:1–2:23) 2.2 God the Father in the Baptismal Theophany and the Temptation (3:13–4:11)

81 85 85 86 86 89

3.The Significance of Matt 1–4 for the Teaching on God the Father 93 “La Perfección Del Padre” En Los Hijos Estudio Contextual De Mt 5,48 Salvador Villota 97 1. La “perfección” en Mt 5,43-48 98 1.1 El “enemigo” (evcqro,j) a amar 99 1.2 El significado del “amor” (avgapa,w) al enemigo 101 1.3 “La perfección” pedida y su fundamento teológico 104 2. Dios-Padre hace posible la imposibilidad humana (Mt 19,26) 107 422


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2.1 La imposibilidad para el ser humano de alcanzar “la perfección” 2.2 Dios-Padre lo puede todo (Mt 19,26) 110 3. La perfección divina alcanza el corazón del discípulo 3.1 Jesús es “la perfección del Padre” que cumple y da cumplido Mt 5,48 3.1.1 Jesús ama a todos orando por ellos 3.1.2 Jesús ama a todos entregando su vida por ellos 3.2 Acoger a Jesús, “la perfección del Padre”, en el discipulado 3.2.1 La necesidad del discipulado 3.2.2 Discipulado pospascual y asimilación del “amor al enemigo” 4. Jesús, “la perfección del Padre” dada cumplida en los discípulos-hijos

108 111 112 112 113 115 115 117 118

Libertà di Dio: Giusto e Buono 123 Petr Mareček 1. Forma letteraria del testo 124 2. Critica testuale 126 3. Contesto 128 4. Articolazione del testo 129 5. Problematica della tradizione e redazione del testo 132 6. Analisi del testo 133 6.1 L’ingaggio degli operai (Mt 20,1-7) 133 6.1.1 Il primo ingaggio all’alba (Mt 20,1-2) 133 6.1.2 Altri tre ingaggi - durante la giornata (Mt 20,3-5) 137 6.1.3 L’ultimo ingaggio un’ora prima della fine della giornata lavorativa (MT 20,6-7) 138 6.2 Resa dei conti (Mt 20,8-15) 140 6.2.1 Pagamento della mercede (Mt 20,8-10) 140 6.2.2 Protesta degli operai ingaggiati alla prima ora (Mt 20,11-12) 143 6.2.3 Risposta del padrone di casa (Mt 20,13-15) 144 6.3 Applicazione della parabola (Mt 20,16) 147

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The Story Of Discipleship In The Gospel Of Mark Joy Palachuvattil 1. Communion with Jesus 1.1 Jesus’ Rapport with those whom he Sees and Calls 1.1.1 Jesus and the Four 1.1.2 Jesus and the Three 1.1.3 Jesus and the Zebedee Brothers 1.1.4 Jesus and Peter 1.1.5 Jesus and the Twelve 1.2 The Disciples Entering into Communion as Portrayed in the Gospel 1.2.1 The Disciples Recognise the Identity of Jesus 1.2.2 The Instruction on the Way to Jerusalem (8,31–10,52) 1.2.3 Institution of the Supreme Mode of Communion 1.3 The Disciples’ Incomprehension and Interruption of Communion 1.4 Communion Restored 1.4.1 The Meaning of proa,geinin 14,28 and 16,7 1.4.2 «There you will see him» (16,7) 1.4.3 The Disciples shall indeed See the Risen Jesus as Sign of Restoration of Communion 2. Communion with God 180 3. Communion among Themselves 182 Motivparallelen Zwischen Dem Jeremiabuch Und Dem Markusevangelium Georg Fischer 1. Die Auffassung von Sendung 2. Berührungen zwischen Jer und Mk 7-16 3. Ergebnis

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151 152 152 152 154 156 157 157 160 162 166 169 170 172 173 174 177

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La Respuesta A La Pregunta De Los Discípulos En Mc 4,41: Todo Un Itinerario Narrativo Jorge Humberto Morales Ríos 1. La identificación de Jesús, Mesías e Hijo de Dios: la secuencias 4,1-9,13 1.1 Las escenas de multiplicación y en la barca 1.2 La pregunta por la identidad de Jesús y algunos acercamientos a la respuesta 2. La capacitación de los discípulos para confesar a Jesús, Mesías e Hijo de Dios 2.1 El alcance del sentido de la curación del ciego de Betsaida (8,22-26) 2.2 El camino de 8,29 a 9,7 respecto a la pregunta por la identidad de Jesús

214

La Mano De Jesús: Signo De Su Identidad Y Manifestación De La Presencia Del Reino (Mc 7,31-37) Lorenzo de Santos Martín 1. Introducción 2. Jesús entre gentiles 3. Presentación y petición 3.1 Presentación del sordomudo 3.2 Petición a Jesús 4. La respuesta de Jesús 4.1 Encuentro de Jesús con el enfermo 4.2 Los dedos de Jesús 4.2.1 El dedo en la tradición veterotestamentaria 4.2.2 Sentido en Marcos 4.3 Jesús toca la lengua del enfermo 4.4 La palabra curativa de Jesús 5. Anuncio y admiración de la gente 5.1 Hacer de Dios. Hacer de Jesús 5.2 Jesús manifiesta la presencia del reino de Dios

219 219 222 223 224 225 226 227 228 228 230 231 233 236 237 239

199 201 203 204 210 211

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The Meaning Of The Word Euaggelion In The Story Of The Anointment In Bethany Denis Farkasvalvy 241 1. Similarities and Dissimilarities 241 2. Contextual Similarities and Differences 243 3.The Dominical Pronouncement in Mt/Mk 245 4.The Use of euvagge,lionin the Pericope 246 5. Concluding Remarks 247 Le Donne Al Sepolcro (Mc 16,1-8) Gastone Boscolo 1. Introduzione 2. Le fonti della Tradizione 3. Il testo 4. Struttura del brano 5. Analisi del testo 5.1 Preparazione della visita e venuta al sepolcro 5.2 La scoperta del sepolcro vuoto 5.3 L’annuncio pasquale del messaggero celeste 5.4 Reazione delle donne 6.Valore storico del racconto della visita al sepolcro 7. Messaggio pasquale di Marco 8. Significato per il lettore (messaggio)

251 251 253 255 256 257 257 260 261 264 265 265 266

The Place Of John The Baptist Within Luke’s Sacred History Jaroslav Rindos˘ 1. A Part of the Time in Which the Kingdom of God is Preached 2. Occasion and Beginning of Jesus’ Mission

269 281

TRADIZIONE GIOVANNEA

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The Significance Of The Logos In The Relational Aspect Of John’s Theology Maksimilijan Matjaz˘ 1. Introduction

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2.The semantics of the term logosin the New Testament and in the Gospel of John 3.The term logosin the structure of the Prologue 4.The Logosas the authentic interpreter of God – exclusivity of the Christian revelation 5.The Logos– from the Word to the Person 301

291 296 298

Le Paradigme De La Naissance Dans Jn 3,1-21 Marc Girard 1. Le préambule narratif (2,23–3,2a) 2. Le dialogue proprement dit (3,2b-11) 3. Le monologue (3,11-21) 4. L’unité de tout l’épisode (2,23–3,21) 5. Une unité plus large: la méga-structure des chapitres 2–4 6. Intégration herméneutique: le paradigme de la naissance

307 308 310 313 318 318 321

Lasst Uns Mit Ihm Gehen, Um Mit Ihm Zu Sterben (Joh 11,16) Johannes Beutler 1. Das Wort des Thomas in der neueren Diskussion 2. Das Wort des Thomas in seinem näheren Kontext 3. Das Wort des Thomas in seinem weiteren Kontext

327 328 331 335

CORPUS PAOLINUM

345

Dem „Bild“ Des Sohnes Gottes „Gleichgestaltet“ Werden (Röm 8,29) Martin Hasitschka 347 1. Adam und Christus in 1 Kor 15 348 1.1.1 Kor 15,20-22 - Adam und Christus als Begründer eines Schicksalszusammenhanges 348 1.2.1Kor 15,44b-49 - Frage nach der Leiblichkeit der Auferstehung 349 2. Der Begriff „Bild“ in 2 Kor 3,4-4,6 350 2.1.2 Kor 3,18 – Verwandelt werden in sein Bild 351 2.2.2 Kor 4,4 – Christus, das Bild Gottes 352 3. Dem „Bild“ des Sohnes Gottes „gleichgestaltet“ werden Röm 8,28-30 352 4. Bild des unsichtbaren Gottes – Kol 1,15 354 427


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INDICE GENERALE

5. Zusammenfassung

355

«Un Corpo Mi Hai Preparato» (Eb 10,5): Il Corpo Di Cristo E Dell’uomo Giuseppe Ghiberti 357 1. Il tema 357 2. Un corpo mi hai preparato (Eb 10,5.10): un punto di partenza 358 3. Corpo di Cristo (e dei suoi) per l’alleanza 362 4. Corpo di peccato (Rm 6,6 + 8,10.11.13.23) 364 5. Impressioni di una conclusione interlocutoria 366 Fundament Und Kostbarer Schmuck Konrad Huber 1. «Apostel» in der Johannesoffenbarung 2. Charakterisierung der zwölf Apostel in Offb 21,14.19-20 2.1 Apostel des Lammes 2.2 Zwölf 2.3 Namen 2.4 Grundsteine 2.5 Mauer 2.6 Jederlei wertvolles Gestein 3. Apostel als Fundament im übrigen Neuen Testament 4. Rückblick und Ausblick

369 370 373 373 375 376 376 377 379 380 384

Bibliografia

387

Indice degli Autori

413

Note biografiche

429

428


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