Estratto mestiere estraneazione

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Vasilij Belov

Il mestiere dell’estraniazione Burocrazia ed ecologia. Riessioni e analisi dei documenti

Libreria Editrice Fiorentina


Diciamo la terra madre, mamma e nutrice, le innalziamo inni e lodi. Ma sono solo parole. In realtà ci comportiamo con lei in modo immorale e crudele, da tempo abbiamo dimenticato che è viva. Come tutto ciò che è vivo, si attendeva misericordia. Ma è avvenuta una estraniazione. Al posto di amore e misericodia, alla terra sono stati riservati disprezzo e indifferenza. Vasilij Belov


Nota dell’Editore

�uesto importante scrittore, Vasilij Belov, che come pochi altri ha rappresentato il lamento e la verità della terra e dell�umanità allontanata forzatamente da essa, è morto a Vologda, nella sua regione natale, il 4 dicembre 2012, ed è in sua memoria e gratitudine che questo libro ora ritorna come testimonianza valida per il mondo intero. Pochi scritti come questo dimostrano l�ideologia della guerra alla terra e ai contadini portata avanti nello stesso modo, con le stesse idee di progresso e conservazione, con la stessa violenza contro il passato cioè contro le radici stesse della civiltà e della cultura, nei paesi capitalisti ed ex-comunisti. La destra e la sinistra nella loro apparente contrapposizione sono state pienamente funzionali l�una all�altra nella barbarie tecnologica della distruzione, dimostrando storicamente che la vera contrapposizione è un�altra e cioè fra le logiche della modernizzazione, della colonizzazione e sfruttamento degli uomini e della natura da una parte e dall�altra la civiltà, cioè le comunità umane nel loro progresso di simbiosi con la terra e con gli ideali spirituali ed etici. La memoria di Belov è intrisa di fede e forza morale, da queste e dai suoi imperativi interiori si può ritrovare la luce per un cammino di rinascita.

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Introduzione7

“Una volta, circa vent�anni fa, andai a pesca sul lago Kubenskoe. Ricordo ancora la profondità quasi primaverile del cielo, il chiarore dell�aria di marzo e le distese azzurrastre dei campi innevati, orlati da abetaie verde scuro. Ho ancora negli occhi la strada sterrata che conduceva a Nikol�skoe. L�odore della prima acqua del disgelo, o meglio, della neve sul punto di sciogliersi, ricordava quello del pesce appena pulito. Ero convinto che senza pesce non sarei ritornato a Vologda. A dire il vero, il pesce era solo una scusa. Desideravo con tutta l�anima non tanto una zuppa di pesce fresco, quanto un incontro primaverile con dei pescatori veri, non dilettanti. Per bere un tè fatto con acqua senza cloro mi fermai dinanzi a un paesino di cinque, forse sei case. Spensi la macchina e mi avvicinai alla prima. Davanti all�ingresso neppure un�impronta. Mi avvicinai alla seconda: sprangata. La terza non era chiusa, ma i vetri delle �nestre erano rotti. L�intero paese era in rovina, abbandonato. Non volevo crederci. Corsi sino all�ultima casa. Anche questa era vuota, con le porte spalancate davanti a cui giacevano Si ripropone qui l’Introduzione di Aldo Ferrari alla sua traduzione del pamphlet di Vasilij Belov, comparsa nel 1989 con il titolo Il mestiere dello straniamento. Alcuni riferimenti appariranno inevitabilmente datati, resta il valore del sentimento e della lettura del pensiero di Belov. Anche la traduzione, ampiamente revisionata, resta fondamentalmente quella di Aldo Ferrari.

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in disordine un forcone, il tronco cavo di un pioppo tremulo, una lunga forca da forno e una cesta rotta. Entrai. Nell�angolo sinistro dell�isba tutto appariva sottosopra. In questo modo i turisti si procurano le icone...” La desolazione della campagna russa, la rovina a un tempo economica e spirituale della società sovietica, questi i temi fondamentali di Il mestiere dell�estraniazione di Vasilij Belov. È uno scritto breve, intenso, un accorato “lamento della terra russa” depauperata umanamente e culturalmente, prostrata da un�ideologia astratta e totalitaria che ha condotto, dopo decenni di inaudite violenze e privazioni, l�intero paese sull�orlo della fame e della disintegrazione. Per questa ragione l�operetta di Belov, che ripercorre la tragedia della società agricola russa a partire dalla collettivizzazione forzata degli anni ’20-’30, passando per la distruzione sistematica delle tradizioni religiose e culturali del popolo, sino all�attuale disastro ecologico e demogra�co, presenta un notevole interesse per lo studioso di storia e cultura russa. Belov è con Astaf �ev, Zalygin, Rasputin tra gli esponenti principali della cosiddetta “prosa di campagna”. Fu proprio il suo romanzo breve Così è la vita... (1966) a segnare l�inizio di questa scuola che nel corso di un quarto di secolo ha molto dato alla Russia, nella sfera sociale oltre che in quella letteraria; tutti i suoi rappresentanti si sono infatti intensamente impegnati nella difesa dei monumenti artistici e dell�ambiente minacciati da una politica economica e culturale persino più dissennata di quella occidentale. 34


La “prosa di campagna” a�onda le sue radici letterarie in Dal’ e Grigorovič e certo risente dell�opera di Bunin, ma soprattutto appare segnata dall�evento immane della rivoluzione. Pur senza prese di posizione in senso anticomunista, questa linea letteraria descrive con sentita partecipazione gli e�etti devastanti prodotti sulla campagna russa dalla collettivizzazione, dall�urbanizzazione e dallo sradicamento culturale; emerge in questi scrittori un millenario mondo contadino dai profondi valori sociali e spirituali, la cui persecuzione da parte del potere e dell�ideologia u�ciale è stata un tragico errore. Un errore che l�intera Unione Sovietica paga ancora oggi a caro prezzo. Di questa tendenza ideologica oltreché letteraria, Belov è forse l�esponente più signi�cativo, pur se non certo l�artista maggiore. Anche dopo Così è la vita... la sua produzione letteraria consiste principalmente di vivide descrizioni della vita rurale russa post-rivoluzionaria; particolarmente notevole è il quadro degli anni terribili della collettivizzazione contenuto nel romanzo Vigilie (197277). Attento e partecipe narratore della vita contadina, profondo conoscitore della natura e del folklore russosettentrionale, Belov è scrittore tutt�altro che limitato e provinciale. Certo, quasi tutti i suoi romanzi e racconti sono ambientati nella regione di Vologda, ma non è di�cile intravedervi più vasti motivi e suggestioni. Non a caso il suo recente romanzo Tutto davanti (1987), incentrato su problemi politici e ideologici di rilevanza universale, ha suscitato in Unione Sovietica intensissime e contrastanti reazioni. L�appassionata difesa della tradizione na35


zionale russa e della organicità sociale del mondo rurale, nonché il ri�uto dell�acritica assimilazione delle mode e delle immoralità occidentali incoraggiata dal “nuovo corso” gorbačëviano, fanno di Belov uno dei principali bersagli dell�intellighenzia “progressista” di Mosca e Leningrado. Una polemica che pone Belov e gli altri scrittori della “prosa di campagna” in una posizione sorprendentemente simile a quella degli slavo�li ottocenteschi che combatterono una nobile quanto vana battaglia in difesa della peculiarità spirituale e sociale della Russia contro l�inarrestabile di�usione delle correnti culturali e politiche provenienti dall�Europa.8 Non è facile inquadrare la posizione di Belov attraverso le consuete categorie ideologiche dell�Occidente, così come appare necessario essere molto cauti nel de�nire chi, nell�attuale Unione Sovietica, rappresenti il progresso e chi la reazione. Da un punto di vista morale Belov è sicuramente un conservatore, ma è discutibile che politicamente possa essere de�nito tale, anche se non condivide l�impostazione radicale e occidentalizzante della perestrojka gorbačëviana. Belov non è un nemico del rinnovamento, ma lo vorrebbe diverso, teso non a inseguire l�Occidente capitalista nella sua disgregazione spirituale e morale, bensì rivolto alla tradizione nazionale e al recupero dei suoi valori più autentici: la terra, la famiglia, la comunità rurale (forse anche nella sua variante post-riPer chi sia interessato a queste tematiche si consiglia l’eccellente saggio di Andrzej Walicki (1930) Un’utopia conservatrice, Einaudi, Milano 1973 e l’antologia di testi slavo�li La Russia e la storia universale, Il Cerchio, Rimini 1988, a cura di Aldo Ferrari.

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voluzionaria costituita dai kolchoz9, liberi, però, dall�oppressione burocratica). Ma prima di tutto viene la terra; anche in questo scritto di carattere pubblicistico, Belov si rivolge a essa con accenti di intenso e partecipe amore, forse echi di quel particolarissimo rapporto che il popolo russo ha sempre avuto con “la nostra Madre, l�umida Terra”. Di famiglia contadina, Belov è nato nel 1932 nei pressi di Vologda, cittadina di quel Nord-Ovest russo che costituisce l�orizzonte spirituale oltre che geogra�co di Il mestiere dell�estraniazione. Non sorprende dunque che, a parte i frequenti viaggi, egli viva tra Vologda e la nativa Timonicha di cui è quasi l�ultimo abitante. È proprio attraverso il prisma costituito da questo villaggetto che Belov descrive e interpreta le ragioni della tragedia della campagna russa a partire dalla rivoluzione. Belov non è anticomunista, approva la rivoluzione nella sua primitiva aspirazione popolare al possesso della terra e dei mezzi di produzione, ma dichiara esplicitamente che questo moto impetuoso e liberatorio è stato tradito, imbrigliato e in�ne distorto dalla massa parassitaria dei burocrati e degli ideologi di partito. Il genocidio operato ai danni del popolo russo e la conseguente rovina della I kolchoz (kollektivnoe chozjajstvo, agricoltura collettiva) così come i sovchoz (so�etskoe chozjajstvo, impresa agricola statale) sono le grandi imprese agricole introdotte in seguito alla collettivizzazione degli anni ’20. I costi umani di questa operazione sono stati spaventosi e la Russia ha pagato un prezzo altissimo per l’assurdità di questo sistema economico che contraddice il più importante slogan della rivoluzione: “La terra ai contadini”.

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vita economica e rurale nelle campagne sono stati provocati proprio da questa classe di astratti funzionari (spesso di nazionalità non russa), dal loro piani�care contro ogni senso storico e logico tutti gli aspetti dell�esistenza nazionale. Così la distruzione della nazione cosacca negli anni ’20, l�eccidio dei contadini più ricchi (i cosiddetti kulak), la costante persecuzione della vita religiosa del popolo, le assurde avventure pseudo-scienti�che, l�ottusa politica agricola, il disastro ecologico. E tutto questo a opera di una “nuova classe” (secondo la celebre espressione di Gilas) di feudatari-sfruttatori, di 18 milioni di burocrati di partito che con il loro impero cartaceo hanno tormentato, impoverito e umiliato l�intero paese. Belov non si chiede se questa situazione non discenda dalla stessa ideologia comunista e rivoluzionaria; per lui il nemico è, almeno in queste pagine, la classe burocratica che ha tradito la rivoluzione e il popolo. Ri�essioni su burocrazia ed ecologia, questo il sottotitolo di Il mestiere dell�estraniazione; in e�etti in questo volumetto le grandi questioni ideologiche rimangono parzialmente sullo sfondo, presenti ma non sviluppate. L�attenzione di Belov è qui principalmente rivolta alla situazione agricola ed economica in generale dello stato sovietico, nel tentativo di spiegare come sia stato possibile precipitare un paese di quasi scon�nate potenzialità economiche come l�Unione Sovietica nel baratro di una sempre più umiliante dipendenza dall�estero. Dice anche molto Belov (non tutto, però) sulla impressionante situazione di vuoto spirituale e culturale in cui versano soprattutto le giovani generazioni sovietiche. 38


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