Il Sommelier n.1/2011

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Organo Organoufficiale ufficialedella dellaFISAR FISAR- -Tariffa TariffaR.O.C.: R.O.C.:“Poste “PosteItaliane ItalianeS.p.A. S.p.A.- -Sped. Sped.Abb. Abb.Post. Post.D.L. D.L.353/2003 353/2003(conv. (conv.ininL.L.27/02/2004) 27/02/2004)v46, v46,art. art.11comma comma1,1,DCB Po” DCB Po”

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AnnoXXIX XXVIII - Numero - Maggio-Giugno 2010 Anno - Numero 1 -3Gennaio-Febbraio 2011

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Karen Casagrande

miglior Sommelier dell’Anno Trofeo Rastal 2010

speciale

Toscana

2a Parte



Comunicazione Istituzionale

Pag.

La contraffazione alimentare vale 60 miliardi - Roberto Rabachino

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Fisar in Rosa - Gladys Torres

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News dal Mondo

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In famiglia Il CTN Comunica

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Speciale Congresso 2010

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ENOGASTRONOMIA • TURISMO • CURIOSITà

Una famiglia frantoiana dove regna un’antica armonia Giancarlo Roversi

Portogallo: la terra dei Montado Luigi Terzago

Produrre vino rispettando l’ambiente Gladys Torres

Parigi preferisce il bio Enza Bettelli

Seconda Parte

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Il primo icewine brasiliano Roberto Rabachino notizie di enogastronomia e turismo Le a cura della redazione di Quality ADV

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Dalla Valle del Rodano al Vulcano Etna: alla scoperta dei vini del Canton Vallese - Antonio Iacona

Toscana

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Le Eccellenze dell'Espresso 201. I nostri assaggi - Davide Amadei

speciale

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L'opinione di Marcello Masi

sommario

L’opinione del Presidente

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ROMA VINOEXCELLENCE & MERANO WINEFESTIVAL - a cura della redazione di Quality ADV 82

Chiude i battenti l’ottavo Salone del Gusto: Roberto Rabachino

SCIENZA • TECNICA • APPROFONDIMENTI

Gorgona! “l’isola che non c’è” Luca Iacopini e Massimo Bracci

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L’anno che sarà Presidente Vittorio Cardaci Ama per comunicare con il Presidente: presidente@fisar.com

D

ai primi albori del nuovo anno, nonostante

Si sta lavorando per la revisione delle lezioni in PowerPoint

qualcuno insiste ancora nel volere far credere

di primo livello, mentre a seguire l’uscita dei volumi prima

che la crisi che attanaglia il nostro Paese sia

citati ci saranno anche le relative lezioni in PowerPoint.

passata, nonostante siano trascorsi i cento giorni per la

È in preparazione un corso destinato ai Docenti, sulla

ricostruzione del dopo terremoto nelle Marche così come

tecnica della comunicazione e degustazione dei vini,

i dieci giorni per la risoluzione del problema dei rifiuti in Campania, per non parlare delle aziende che continuano a chiudere i battenti e di quanti, di conseguenza, seguitano a perdere il posto di lavoro; senza ignorare l’inquietudine, ma forse sarebbe meglio dire agitazione, di tutte quelle categorie coinvolte nei tentativi di riforme istituzionali

il Centro Tecnico Nazionale, unitamente ai Direttori di corso, saranno chiamati a svolgere un ruolo di primaria importanza per il conseguimento di un livello qualitativo sempre più altro dei corsi di formazione.

pensate per uscire da questo inarrestabile disfacimento,

Il tutto per garantire ai nostri Soci l’uniformità didattica che

quali Sanità, Università, Magistratura... tutto ciò in nome

ci distingue per il rigore formale ma anche per l’eleganza e

del progresso che viene quindi trasformato in un ciclo

la sobrietà nello stile. Uno stile chiaro e preciso diventato

di riforme, anche se non sempre vincenti, tendenti ad

un punto di riferimento della sommelleria italiana. Le parole

escludere dall’agenda politica le istanze provenienti da

chiave della nostra Federazione sono infatti Sobrietà e

ampi settori della società, senza potere più contare su

Misura, cioè essere consapevoli di offrire un “prodotto”

una certa, seppur minima, qualità della vita, sempre più

di alta qualità senza necessariamente essere costoso

compromessa. E si potrebbe continuare, ma la nostra

o accessibile solo a pochi eletti; e senza compromessi

rivista si occupa d’altro, e allora vediamo quali “riforme”

sapere coniugare professionalità e passione con la

ci aspettano, concretamente, in questo nuovo anno: innanzi tutto la didattica in tutte le sue forme: libri di testo, lezioni in PowerPoint, revisione dell’albo docenti, ruolo primario del Centro Tecnico Nazionale. La nuova edizione dei libri di testo riguardanti gli argomenti trattati nei corsi per sommelier di secondo

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dopo che è stato aggiornato l’Albo Docenti. I componenti

costante ambizione di affermare uno stile mai gridato, ma raffinato e che duri nel tempo senza inseguire mode o effimere tendenze, ma il proprio gusto. Tutti i giorni. Il vero lusso è semplice, consapevole e unico come la vera bellezza, a tutto tondo.

livello, enografia nazionale ed internazionale, sono in fase

Auguro ai nostri Soci e a tutti i Lettori che le avversità

avanzata e saranno pronti per la prossima primavera,

eventualmente subite possano affondare nel mare del

in più volumi. Così come il nuovo testo per i corsi di

passato mentre tutti i sogni possano concretizzarsi in

terzo livello, la tecnica dell’abbinamento vino-cibo, sarà

questo duemilaeundici, con il consueto auspicio che il

stampato nelle prossime settimane.

vostro calice sia sempre colmo.

Il Sommelier Gennaio-Febbraio 2011 • n. 1


Rivista di Enologia, Gastronomia e Turismo

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L'immagine di copertina è del fotografo Arcangelo Piai - Susegana (TV)

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L’internazionalizzazione dei mercati: una strada obbligata per l’agroalimentare italiano

di Roberto Rabachino per comunicare con il Direttore: direttore@ilsommelier.com

Il tema dell’internazionalizzazione richiede un nuovo modo di pensare e un nuovo tipo d’approccio.

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on si può più solo esportare soltanto il semplice prodotto senza promuovere anche l’intero territorio con la sua storia e le sue tradizioni. Contestualmente vanno incentivate tutte le iniziative che possano favorire la verifica dei risultati, la trasparenza delle scelte. Per poter affrontare i mercati più difficili, a mio avviso, dovrebbe essere costituito un’aggregazione di tutti i fondi pubblici già destinati alla promozione delle produzioni agricole ed agroalimentari al quale si dovrebbero anche aggiungerebbero quote sempre più cospicue di cofinanziamenti anche di origine privata.

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Una cosa è certa: la dispersione degli interventi, la scarsa organizzazione della domanda e, in certi casi, dell’offerta crea purtroppo una situazione di scarsa e decisamente insufficiente finalizzazione degli interventi, con il risultato di sovrapporre iniziative spesso contraddittorie se non addirittura contrastanti. Uno strumento indispensabile da non sottovalutare è la comunicazione agroalimentare. Al consumatore estero bisogna ribadire il messaggio che vede premiato il concetto delle produzioni di qualità come affermazione di quello "stile di vita italiano" che in tutto il mondo è r simbolo di naturalezza, benessere ed eleganza. Il modello agroalimentare italiano deve essere percepito come un bisogno di genuinità e salute da coniugare con quello di gusto e piacere sensoriale. Credo che, insieme, politica ed imprenditoria possono raggiungere e trovare quel giusto equilibrio indispensabile all’esportazioni di quei valori che hanno nell’agroalimentare la loro principale peculiarità anche sull’onda del riconoscimento ottenuto della nostra “Dieta Mediterranea” proclamata patrimonio dell’Umanità.

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Vino di qualità senza compromessi di Marcello Masi Vice Direttore TG2 RAI e responsabile rubrica Eat Parade

“ A

Milioni di bottiglie di vino invendute giacciono nelle cantine in attesa di conoscere il proprio destino

vviene in Italia come in Francia, negli Stati Uniti come nel resto del mondo. I riflessi della crisi economica si riflettono sui mercati come bagliori di un temporale che è appena passato sulle nostre colline, ma resta vicino. Sugli scaffali del super mercato la guerra dei prezzi non conosce più limiti. Vitigni, blasonati e non, chiedono pochi euro ma tante etichette non garantiscono la qualità promessa. Nello Champagne e non solo le promozioni esagerate sono diventate la norma. Per mantenere il mercato molti produttori sono costretti ai salti tripli. In Nuova Zelanda una ricerca choc ha rivelato che il vino sfuso all’ingrosso ormai costa meno dell’acqua minerale: 0,67 centesimi contro 0,78 centesimi al litro. In Italia come documenta la Cia il prodotto sfuso in alcune zone registra un arretramento che costringe gli agricoltori a vendere sottocosto con conseguenti ed evidenti riflessi negativi sui redditi. Naturalmente è la crisi il principale attore

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di questa situazione negativa, ma non è il solo. Come è noto il consumo procapite di vino in Italia diminuisce anno dopo anno. Tra i motivi non solo i prezzi, ma anche esigenze dietetiche ed una cattiva informazione che troppe volte confonde la cultura del vino con l’abuso di alcol. Nessuno può difendere l’abuso, mentre dovremmo moltiplicare gli sforzi per affermare nel nostro Paese la vera cultura del bere bene e del bere giusto. In questo contesto può essere inquadrata l’esigenza di un vino non esageratamente alcolico. Oggi fa quasi sorridere l’idea che fino ad una decina di anni fa era diffusissima la pratica del taglio per conferire, specie ai vini del nord, un tasso alcometrico accettabile: molte leggende, ma anche molte verità. Non molti sanno che oggi, però, con il costante innalzamento della temperatura terrestre è possibile coltivare la vite in regioni del mondo che fino a pochi anni fa non erano assolutamente adatte per produrre l’uva. Un esempio su tutti l’Inghil-

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terra che già sta sperimentando sulla sua terra l’impianto di molti ettari di vigna. Ma pochi sanno anche che il maggiore calore e la maggiore insolazione dei vitigni ha aumentato praticamente in tutto il mondo il contenuto di zuccheri nell’uva e di conseguenza il valore alcolico del vino. E questo è un grosso problema. Vini che hanno combattuto sempre con i disciplinare per raggiungere il minimo consentito oggi si trovano a combattere con l’eccessivo carico alcolico. Difficile per i produttori intervenire in vigna, delicatissimo intervenire in cantina. Gli enologi stanno sperimentando una serie di procedimenti altamente tecnologici per porre rimedio a questi eccessi. La strada della sperimentazione incoraggia la speranza di mantenere il prodotto integro, ma dubbi ed incertezze non mancano. La dealcolizzazione parziale non può e non deve essere un rimedio qualunque. Soprattutto se applicata a grandi vini non può lasciare margini di errore. Un prodotto non integro e non all’altezza della qualità delle nostre ec-

cellenze immesso frettolosamente sul mercato sarebbe un errore gravissimo. Altra cosa è il discorso del vino non vino, e cioè del vino senza alcol. Stati Uniti, Germania e Giappone rappresentano già mercati maturi per questa bevanda gustosa e dissetante. Un successo che potrebbe doppiare quello della birra analcolica che in Spagna, lo segnalo, ha già raggiunto il 10 per cento del mercato complessivo delle bionde. Anche in questo settore produttivo l’Italia non dovrebbe rimanere indietro, abbiamo tantissima ottima materia prima e imprenditorialità capace di affermare il proprio valore. Inoltre confiniamo con l’immenso mercato del mondo islamico che alla bevanda di vino senza alcol potrebbe rivolgere molta attenzione. Comunque, vorrei rassicurare le bottiglie citate all’inizio del mio articolo: tranquille, nessuno vi torcerà un alcole, a voi vi berremo così come siete e con grande gusto.

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È nuovamente una donna la miglior sommelier FISAR dell’anno FISAR in rosa

in rosa

di Gladys Torres

Dopo Laura Sandoli della Delegazione di Pavia lo scettro passa a Karen Casagrande

L

FISAR

a proclamazione ufficiale dei vincitori è avvenuta sabato 13 novembre 2010 durante la Cena di Gala del Congresso Nazionale FISAR di a Castelbrando (12-14 novembre) nella magnifica cornice del Ristorante La Fucina all'interno del prestigioso Castello che domina la cittadina di Cison di Valmarino (Tv) alla presenza del Vicepresidente della Provincia di Treviso Floriano Zambon e dei rappresentati dei Consorzi di Tutela

del territorio oltre alle numerose autorità amministrative amministrative ed accademiche e ai 200 fisariani. Il Presidente Nazionale FISAR Vittorio Cardaci Ama insieme a Paolo Fulgosi della Rastal hanno consegnato alla neo sommelier dell'anno il prestigioso Trofeo Rastal e un soggiorno per due persone in Sicilia. Al secondo e al terzo posto a pari merito al Luigi Valter Piaggesi della Delegazione di Varazze e Piero D'Acunto della Delegazione di Roma. Mariapia Gori di Alessandria, Orietta Ferrari di Genova, Raffaele Porceddu di Valdichiana, Gaetano Augusto Prosperini di Catania e Giorgio Mantovani di Treviso hanno partecipato anch’essi al concorso classificandosi a pari merito al quarto posto. Importante e significativa la presenza femminile al Congresso Nazionale con le tre Consigliere elette Graziella Cescon, Luisella Rubin e Mariateresa Lanza ad accogliere le tante associate provenienti da tutta Italia.

Karen Casagrande

Negli ultimi anni per ben 5 volte il concorso è stato declinato al femminile 1993 - Claudia Marinelli della Delegazione Pontedera 2000 - Mara Annunziata Lamanna della Delegazione di Roma 2007 - Marta Chiavacci della Delegazione di Lucca 2009 - Laura Sandoli della Delegazione di Pavia 2010 - Karen Casagrande della Delegazione di Treviso I tre finalisti: Piagges, Casagrande e D'Acunt

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FISAR

in rosa

Un gruppo di associati alla CarpenĂŠ Malvolti

Il Presidente Vittorio Cardaci Ama con Karen Casagrande che riceve il premio del soggiorno presso l'Azienda Barone di Villagrande - Milo (CT)

Graziella Cescon (al centro) con alcune sommelier

Karen Casagrande con il trofeo Rastal

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Una famiglia frantoiana dove regna un’antica armonia

di Giancarlo Roversi

Ci sono famiglie di artisti, famiglie di attori, famiglie di grandi giornalisti, di atleti, di imprenditori, e molte altre ancora, dove ci si tramanda di padre in figlio lo scettro del primato.

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Il Sommelier Gennaio-Febbraio 2011 • n. 1 Elisabetta e Gabriella Gabrielloni


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a ci sono anche le grandi famiglie dell’olio, ossia degli olivicoltori e frangitori di olive, che, di generazione in generazione, si trasmettono i segreti del mestiere per mantenere viva un’antica tradizione di eccellenza. Una di queste, una delle più emblematiche, è quella dei Gabrielloni che ha le sue radici a Montefiore, una manciata di case in ridente posizione panoramica in comune di Recanati e a un tiro di schioppo da Montefano in provincia di Macerata. Quattro gradi di discendenza si sono passati il testimone della nobile arte della molitura delle olive in una filogenesi armoniosa che parte dal fondatore, il nonno Marino, trasferitosi a cent’anni su una nuvola per deliziare col suo olio gli angeli del Paradiso, e poi attraversa il figlio Emilio e la moglie Cesarina, per approdare oggi alle nipoti Gabriella ed Elisabetta, due dinamiche frantoiane stregate dall’olio, quello che seduce e crea nel consumatore una sottile, invincibile, “dipendenza”. Due donne di garbo, legate ai valori veri della vita e di sottile sensibilità, che abbinano il culto della tradizione con quello della qualità nell’ambito di una intrigante e moderna concezione dello stile di vita alimentare. Ma soprattutto che fanno l’amore con l’olio e sanno trasmettere, a chi ha l’opportunità di avvicinarle, un senso di antica armonia. Sì perchè entrare in dimestichezza con la famiglia Gabrielloni, semmai sedendosi al desco con loro per assaporare i cibi gustosi e non sofisticati di mamma Cesarina, è un piccolo privilegio. Significa poter toccare con mano gli oliveti di famiglia, che si distendono sugli ameni declivi più a valle del frantoio, dove sorge ancora la vecchia casa patriarcale dei

Gabrielloni. Significa conoscere quasi uno ad uno gli olivi, accarezzati dal sole e lambiti dalla brezza vivificatrice dell’Adriatico, e gustare dal vivo carciofi, ortaggi e frutta dal sapore antico. Significa apprendere le storie di quasi un secolo di olivicoltura, le storie di sacrifici, delle piccole grandi gioie quotidiane della vita dei campi. E significa, soprattutto, imparare a rispettare la natura e i suoi frutti, gli stessi da cui viene estratta la loro essenza più autentica e profonda. Vale a dire quel nettare inestimabile che è l’olio Gabrielloni nella sua espressione più sublime, il Laudato, sgorgato dall’incanto

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per le olive di due giovani figlie d’arte e della loro famiglia frantoiana. Basta un sorriso rassicurante di mamma Cesarina, ma anche un sorriso di Gabriella ed Eisabetta e di Sonia, l’amabile e dinamica cugina oggi parte attiva nell’azienda, e, perchè no, un sorriso divertito di Emilio per farti sentire a tuo agio, uno di famiglia. Basta mangiare alla tavola dei Gabrielloni con vista sulle colline maceratesi per sentirsi dei privilegiati. Perchè si è attorniati da un’atmosfera di gioia serena, di cose buo-

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ne, di tentazioni per il palato e per lo spirito. Specie se si sosta all’agriturismo “Al crepuscolo”, l’ultima “creatura” dei Gabrielloni, che hanno magnificamente ristrutturato la vecchia casa patriarcale, dove, insieme a Gabriella ed Elisabetta, è all’opera Sonia Gabrielloni, la giovane e dinamica cugina anche lei innamorata della campagna e della natura Anche questa nuova struttura agrituristica è destinata a diventare un approdo dello spirito oltre che del gusto, il gusto semplice e irresistibile delle buone cose di una volta. Perchè quando qualcosa nasce dall’amore il risultato non può mai tradire il visitatore, anche quello dal palato più esigente e raffinato. Per descrivere l’olio o, meglio, i distillati suadenti di olive, che scivolano via leggeri dai fiscoli e zampillano coi loro colori dorati e smeraldini nel glorioso Frantoio Gabrielloni, sarebbe necessario un critico d’arte o, almeno, il lessico artistico, ossia quelle espressioni sottili e vibranti che i critici figurativi impiegano per descrivere un dipinto, una scultura. Le “creature olearie” di Gabriella ed Elisabetta sono riservate esclusivamente a chi ama l’olio, quello che non solo porta la specifica di extravergine, che ormai hanno tutti gli oli, ma che racchiude nella sua struttura una carica di umori terragni sapientemente mescolati con i valori della tradizione e della qualità. Quando le due figlie di Emilio hanno preso in mano le redini del frantoio si sono trovate di fronte a una scommessa, a una sfida:

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tradire il passato e adeguarsi agli standard produttivi moderni oppure tenere duro, facendo tesoro solo dello stretto necessario che l’odierna tecnologia offre come garanzia di qualità e igiene per il consumatore. Insomma, passare all’estrazione a caldo ormai massificata oppure continuare a molire le olive a freddo con le solenni molazze di pietra, le stesse che hanno accompagnato l’evoluzione della vita della civiltà mediterranea e il cammino del frantoio Gabrielloni. Per fortuna nostra ha avuto il sopravvento la fedeltà al sistema tradizionale. E così il molino oleario di Montefiore spreme dalle olive, selezionate quasi una ad una, un olio che sa ancora...d’olio come rivelano gli effluvi tra il dolce e l’erbaceo che avvolgono chi vi mette piede e creano un’ aura di armonia che sa di valori antichi e buoni, quelli che pensavamo di non potere più ritrovare. D’altronde magnificare le doti del Laudato, del Solivo e del Virgoro, la trimurti del frantoio Gabrielloni (ma è in arrivo anche l’olio monovarietale di Mignola !), è quasi superfluo se si considerano i riconoscimenti nazionali e internazionali che li pongono ai vertici del gotha oleario. Forse aveva assaporato quest’olio anche Giacomo Leopardi che qui era di casa. Con un pizzico di fantasia possiamo scorgere il suo spirito mentre ci sorride compiaciuto dall’alto della torre di Montefiore che domina il frantoio Gabrielloni. Oggi il tormentato poeta recanatese sarebbe sicuramente orgoglioso di quest’olio dei suoi “ermi colli”, che sgorga dagli oliveti che abbracciava con lo sguardo, sulle colline da lui tanto celebrate. Le stesse pregiate olive, maturate al sole dell’Adriatico e insaporite

dalla brezza dei Monti Azzurri, le olive che accarezzava fra le dita vengono raccolte ancora manualmente come ai suoi tempi. Il miracolo della loro trasformazione nel migliore condimento del mondo, il succo d’oliva, avviene il giorno stesso della brucatura., entro 48 ore dalla brucatura. Al termine della lavorazione l’olio, filtrato a cotone con il metodo goccia a goccia prende poi il magico nome di “Laudato”, la gemma più preziosa del frantoio Gabrielloni, apprezzata dai buongustai di mezzo mondo, cui fanno da corona, a seconda delle varietà di olive utilizzate, il “Solivo” e il “Virgoro”, che è un monovarietale di eccellenza. Anche quest’anno, caratterizzato da un raccolto scarso, gli oli del Frantoio Gabrielloni evidenziano una eccezionale qualità e fragranza di gusto. In particolare il “Laudato”, un extravergine ottenuto da una selezione di olive raccolte nei poderi di famiglia, presenta un tasso di acidità incredibile: lo 0,11%. Veramente poco se si considera che è già considerata molto bassa una percentuale dello 0,25% ! Il “Laudato”, di sapore dolce e delicato, è particolarmente indicato per il pesce, ma valorizza pure paste e verdure fresche. Il "Solivo" dona un tocco inconfondibile a bruschette, spaghetti e bolliti mentre il “Virgoro” può essere ottimamente utilizzato per impreziosire carni alla brace e per insaporire zuppe di legumi. L’effetto straordinario degli impeccabili oli del Frantoio Gabrielloni va oltre l’utilizzo culinario. A comprovarlo è stato Marino (nonno di Gabriella ed Elisabetta), che è campato 100 anni compiuti e ora sta in cielo su una nuvola a frangere le olive per fare l’olio per il Paradiso, il Laudato naturalmente.

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Portogallo: la terra dei Montado di Luigi Terzago - Consigliere Nazionale di Giunta

I tappi di sughero sono arrivati in Portogallo verso il 1700. Dopo circa 70 anni furono usati a Porto per tappare delle bottiglie cilindriche, permettendo per la prima volta l’invecchiamento di un vino in un recipiente di vetro.

L

a produzione è esplosa notevolmente verso la fine del diciannovesimo secolo. Fra il 1890 ed il 1917 la mano d'opera è raddoppiata e nel 1930 addirittura quintuplicata, per un totale di 10.000 operai. A quel tempo il Portogallo era divenuto il principale produttore di sughero a livello mondiale, una posizione che detiene tutt’oggi. Circa il 70 per cento delle assi di sughero, è attualmente utilizzato per la produzione di tappi, inclusi tappi naturali (43%), tappi per spumante, tappi con testa (bar-Top) per vini fortificati e superalcolici e piccoli tappi per altri usi. Le foreste da quercia da sughero danno un contributo notevole all'economia portoghese ( 40 milioni di tappi prodotti al giorno, con 12 mila lavoratori) ed all'ecologia (secondo un recente studio effettuato dalla Scuola di Agraria ISA di Lisbona il Portogallo con le sue foreste di sughero trattiene 4,8 milioni di tonnellate di CO2 nel corso di un’anno) e di parecchi paesi mediterranei coprendo una superficie mondiale di 2,2 milioni di ettari.

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Un'analisi della distribuzione per singolo stato delle sugherete (montado in portoghese) indica che il Portogallo detiene il 33% del totale mondiale, che corrisponde ad una superficie di circa 730.000 ettari dei quali 50.000 hanno ottenuto la certificazione FSC (Forest Stewardship Council) che consente di promuovere una gestione forestale, in modo che risulti adeguata, che produca benefici sociali e tenga conto anche di quelli economici. Altri 150.000 ettari di sugherete portoghesi potrebbero essere certificate entro il 2010. In Portogallo si producono oltre 150.000 tonnellate di sughero l’anno, ovvero il 52,5% della produzione del mondo in volume (l’italia è al terzo posto con il 5,5%, seconda la Spagna con il 29,5%). Nello scorso mese di novembre la FISAR è stata invitata da APCOR (Associaçào Portuguesa de Cortiça) alla visita delle sugherete di Coruche, piccola cittadina situata ai confini della provincia

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di Ribatejo con l’Alto Alentejo. Dopo il pernottamento a Lisbona e l’incontro con Carlos de Jesus (APCOR Project Operational Director) visitiamo le foreste di querce da sughero (Quercus suber), pianta sempreverde, longeva (vive circa 200 anni) e con una grande capacità di rigenerarsi (la corteccia si rigenera circa 16 volte). Perché la quercia cominci a produrre sughero occorrono 20/25 anni: il tronco deve misurare almeno 1,3 metri di altezza e raggiungere una circonferenza di 70 cm. Da quel momento, il sughero può essere raccolto dall’albero per circa 150 anni, con un intervallo minimo di 9 anni. Solo dopo la terza decortica si ottiene il sughero con le migliori proprietà, adatto alla produzione di sugheri di qualità, chiamato “amadia” o sughero da riproduzione, dopo tale operazione sull’albero viene dipinto un numero corrispondente all’ultimo numero dell’anno in cui è stata fatta l’estrazione. In tarda mattinata la visita si sposta agli

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impianti industriali Amorim& Irmàos con strutture per l’immagazzinamento del sughero pari a 11 ettari, in questa fabbrica conosciamo come avviene il processo della lavorazione del sughero. Nel primo pomeriggio visitiamo Equipar: sono i più moderni impianti del Gruppo Amorim, i più grandi stabilimenti al mondo per la produzione di tappi di sughero, in serata raggiungiamo Oporto. Il mattino seguente ci rechiamo a Santa Maria de Lamas nella sede di APCOR per la presentazione tecnica di ricerca avanzata da parte del dr Paulo Lopes (Enologist PhD Research & Development) su uno degli aspetti più indagati il cosiddetto “sapore di tappo”, causato principalmente dalla contaminazione da parte di molecole di TCA (Tricloroanisole) che impattano sulle proprietà organolettiche del vino. Grazie a questo impegno, nel giro di soli cinque anni, il numero di bottiglie danneggiate dal TCA è diminuito dell’80%. Il tour termina con il trasferimento alla sede storica degli impianti Amorim sempre a Santa Maria de Lamas, dopo aver rivisto le varie fasi di lavorazione per produrre tappi di sughero e il museo storico di famiglia siamo invitati a pranzo nella Casa do Fundador da Antònio Rios de Amorim

(Presidente di APCOR e della Corticeria Amorim S.G.P.S., S.A.).

regalli FERTUNA SOMMELIER 22-12-2010 10:43 Pagina 1 C

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Rossi d’Autore “Le tre età dell’uomo” - Tiziano -

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Fertuna, l’arte del vino.

“Annunciazione” - Botticelli “Lodai - Messiio - Plato” - Fertuna -

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Distribuito in esclusiva da

meregalli.com


Produrre vino rispettando l’ambiente di Gladys Torres

“Emissioni zero”, un impegnativo programma di investimenti avviato all’inizio del 2009 – nell’anno del Pianeta Terra – per la tutela dell’ambiente: oggi quel progetto è divenuto realtà.

“S

iamo orgogliosi di poter mostrare che è possibile produrre vino ad emissioni zero”, dichiara Salvatore Avallone che insieme alla sorella Maria Ida oggi guida Villa Matilde a Cellole (CE). Fare vino tutelando l’ambiente è una scelta derivata dalla consapevolezza che il settore vitivinicolo rappresenta uno dei settori a maggior consumo energetico e più alto impatto ambientale. Ma al tempo stesso l’intero comparto offre un considerevole potenziale di miglioramento nell’efficienza energetica sia nel senso del risparmio che nella possibilità di utilizzo di energie alternative. L’audit energetico di Villa Matilde è stato il punto di partenza dell’intero progetto. Attraverso lo studio approfondito di ogni fase del processo produttivo è stato possibile stilare un bilancio energetico in grado di individuare sprechi e contemporaneamente supportare l’accresciuto fabbisogno dovuto ad un ampliamento dei sistemi di stoccaggio dei vini. Si è scelto di adottare un sistema composito tra fotovoltaico, produzione ad olio di colza e, a parziale supporto, rete elettrica tradizionale. Il ricorso alle energie alternative rappresenta

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dunque, uno dei punti cardine dell’intero programma “Emissioni Zero di Villa Matilde”, che ha appena completato l’installazione di un impianto fotovoltaico di 339 pannelli. I pannelli sono stati applicati sui tetti di 6 strutture del complesso aziendale, senza alterare il paesaggio agricolo circostante. La produzione da energia solare che ne deriva dà un contributo alla salvaguardia dell’ambiente e del clima garantendo una mancata emissione in aria di oltre 73 tonnellate all’anno di anidride carbonica altrimenti prodotte dagli impianti

Villa Matilde

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Impianto raccolta di energia solare di Villa Matilde

tradizionali. Una quantità rilevante se si pensa che in un anno la stessa viene assorbita da circa 110 alberi. Accanto alla produzione di energia alternativa si è lavorato alla razionalizzazione di tutti gli impianti dell’azienda con interventi strutturali sostanziali per un attento risparmio energetico. In primo piano si stanno compiendo una serie di azioni per il risparmio delle acque utilizzate per l’irrigazione e la lavorazione delle uve, l’utilizzo di materiali da costruzione altamente coibenti fino all’utilizzo delle più moderne tecnologie per il contenimento dei consumi. Ma il progetto è vasto e

la politica produttiva di Villa Matilde non è nuova ad interventi per salvaguardare la natura: da oltre 15 anni l’azienda produce uve in regime di lotta guidata ed integrata a basso impatto; contribuisce alla riduzione di emissioni di CO2 prodotte dal ciclo fermentativo attraverso l’impianto continuo di nuovi alberi; utilizza elettricità per tutti i mezzi di movimentazione interna delle merci e macchine agricole a basso consumo. Ma non è tutto. Anche le bottiglie bordolesi utilizzate vanno nella direzione dell’eco-sostenibile: il peso vetro è stato abbattuto di 100 grammi per bottiglia che significa un abbattimento di pari peso trasporto con la conseguente riduzione di carburante.

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Parigi preferisce il bio di Enza Bettelli

Nella capitale francese la nuova tendenza gastronomica ridimensiona le esagerazioni e porta verso cibi più semplici e possibilmente biologici. Vino compreso e scegliendo gli indirizzi “giusti”.

C

on migliaia di ristoranti, brasseries e bar-tabac aperti a tutte le ore del giorno e della notte, Parigi si può paragonare a un’immensa vetrina della gastronomia e dell’enologia francesi, in grado di soddisfare tutti i gusti, dal più semplice al più raffinato, dal più economico al più costoso. Tra le proposte più classiche c’è ovviamente il vino, il cui consumo non risente né del ritorno alle ricette di una volta, soppiantando a volte l’abbinamento più tradizionale con la birra, né al dilagare di happy hours con relativi bocconcini più o meno esotici. Però è finita l’era degli ingredienti sofisticati e delle ricette elaborate e creative a tutti i costi e anche in Francia c’è voglia di ritornare alla naturalità. I locali si sono subito adeguati e a Parigi pure le brasseries più modeste propongono i prodotti bio e le semplici verdure di campagna di antica tradizione coltivate nel modo il più possibile spontaneo. A questo bisogno di semplicità non si sottrae nemmeno il mondo del vino e questa esigenza è stata recepita dai produttori che, sempre più numerosi, evitano quindi le aggiunte di zuccheri, di lieviti artificiali e di solfiti, ottenendo gusti e aromi più caratteristici e meno livellati. Di conseguenza i locali e gli indirizzi

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preferiti dai Parigini per consumare e acquistare questi prodotti sono subito diventanti bobo, cioè un po’ bourgeois e un po’ bohème come le persone che li frequentano, e per fare tendenza non devono necessariamente trovarsi nei mitici quartieri trasgressivi di Montparnasse e di Saint Germain. Un bicchiere di vino all’ora dell’aperitivo si può ordinare in tutte le brasseries o, meglio ancora, nei bar à vins che offrono un maggiore assortimento. Per seguire corsi di degustazione ci si rivolge alle enoteche o a scuole di cucina blasonate, come quella di Ducasse che presenta un percorso provocatorio, iniziando dai vini rossi anziché da quelli bianchi. Ottimo indirizzo il Museo del Vino di Parigi che ha sede in un convento del 1500 e sotto le antiche e suggestive volte raccoglie una notevole collezione di antichi oggetti legati al mondo del vino. Si possono seguire corsi di degustazione, acquistare vini, qualche specialità gastronomica e fermarsi a pranzo scegliendo dal menu tra pochi piatti, ma di buon livello, e il vino dalla carta con 300 etichette rigorosamente francesi. Del tutto speciale anche l’offerta delle Galeries Lafayette che hanno recentemente aperto

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Interno dell'enoteca parigina Bordeauxthèque

Brasserie

quello che si può considerare un monumento

categoria di locali. Le ostriche sono molto diffuse

al vino francese dove è possibile anche fare

anche come semplice spuntino e si gustano

degustazioni. Si chiama Bordeauxthèque, è la

perfino in piedi presso i vari banchi all’esterno

più grande raccolta di vino Bordeaux al mondo

di ristoranti, brasseries e nei mercati. La scelta

e in 250 metri quadrati riunisce 12 mila bottiglie

è fra varie tipologie, almeno 3, e abitualmente

con etichette dalle più diffuse fino a quelle più

vengono servite con una salsina a base di

antiche (p.e. Mouton 1945 o Yquem 1899), alcune di cui rimangono ormai solo uno o due esemplari con prezzi a dir poco da capogiro. Una sala circolare con vini bianchi e Sauternes ugualmente pregiati costituisce il cuore della Bordeauxthèque. Ma a Parigi le sorprese enologiche non finiscono qui perché anche la ville lumière ha la sua vigna. Pochissimi ettari a Montparnasse, proprio sotto il Sacré Coeur, quanto rimane degli antichi vigneti e che dal 1935, ogni secondo fine settimana di

aceto e cipolla che sembra non disturbare il palato dei Parigini che vi abbinano di solito un bicchiere di Muscadet. Il plateau royal è invece un monumentale piatto di frutti di mare assortiti che comprende tra l’altro scampi e granchi, con il quale si abbinano vini più importanti, come per esempio il Pouilly Fumé. Il civet è a base di Bordeaux e ovviamente lo si serve con un Bordeaux mentre la choucroute, che verrebbe spontaneo abbinare con la birra alsaziana, si

ottobre, ospita una vera e propria festa del vino

sposa perfettamente con il Riesling con il quale

con relative degustazioni in una allegra cornice

è spesso preparata. E arrivati al formaggio,

di musica e sfilate folcloristiche.

(peccato non sceglierne uno ben stagionato per gustarlo con un prezioso Sauternes,

MATRIMONI DI GUSTO

lasciandone un poco anche per chiudere il pasto

Tra le offerte gastronomiche parigine, i frutti

con qualche colorato macaron, inconfondibile

di mare sono una costante nei menu di ogni

specialità dolce di Parigi.

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di Antonio Iacona

Dalla Valle del Rodano al Vulcano Etna:

alla scoperta dei vini del Canton Vallese

La passione enoica elvetica svelata tra le onde dello Jonio

I

Paesi confinanti avrebbero potuto rivelarsi scomodi, vere e proprie spine nel fianco, ammantati come sono dalla legittima aura di prestigio che li accompagna da secoli. Già, Italia e Francia, storici e nobili produttori di vino a livello mondiale, avrebbero potuto stonare sonoramente, o almeno disturbare, come “vicini di casa”. Invece, la calma glaciale della Svizzera, e più in particolare la serenità dei ghiacciai del Canton Vallese, si confermano un’autentica risorsa anche per il mondo enoico. Sì, perché il terzo Cantone più grande della Confederazione elvetica (dopo Grigioni e Berna) alla tradizione turistica, con le storiche Alpi “tradotte” in eleganti impianti sciistici, unisce una lunga e altrettanto storica tradizione vitivinicola, riuscendo a presentare oggi un terroir ricco e tra i più interessanti di tutta la Svizzera. Ancora più interessante se poi la nordica realtà della Valle del Rodano, che domina la regione, la si accosta a realtà tutte mediterranee, come la cucina e le produzioni vitivinicole dell’Etna, che se di nordico ha le sue cime innevate, di mediterraneo ha le sue lingue di fuoco. Come per la viticoltura siciliana, infatti, anche nel Canton Vallese si riscontrano tracce antichissime di agricoltura, già dal periodo romano o addirittura antecedenti. Molti dei vitigni autoctoni della Croce elvetica sono rintracciabili in questa regione, con risultati

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eccellenti nella produzione di vini. Le statistiche ufficiali parlano di oltre un terzo delle produzioni elvetiche provenienti dalla Valle superiore del Rodano, con un’alta adattabilità della regione per la coltivazione dei vigneti. Numerose sono anche le manifestazioni che la regione organizza per far conoscere questa ricchezza enoica. Tra gli incontri di prestigio, spicca sicuramente “Vinea Sierre”, evento allestito annualmente con centinaia di viticoltori, 1.500 vigneti diversi e una quarantina di vitigni che vanno dal Pinot Noir al Syrah, da Petite Arvine a Marsanne Blanche a Chasselas. E ancora, le degustazioni del vino del ghiacciaio, nelle cantine del paese di Grimentz; le visite al Museo Vallesano della vigna e del vino,

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diviso tra Sierre e Salgesch, collegate attraverso il sentiero viticolo; le passeggiate nella Via del vino, tra Martigny e Leuk; fino alle Settimane del vino di Varen. Ma sicuramente originale, proprio per quell’accostamento di cui scrivevamo tra Alpi Pennine e Valle del Rodano con il vulcano Etna e il mare Jonio, si è rivelata la “passione alpina” per i vini svelata nel contesto della Delegazione Fisar di Catania, opportunamente guidata per l’occasione, oltre che dal Delegato Gaetano Prosperini e dal Segretario Carlo Guzzardi, con i sommelier Fisar Evaristo Gallo, Giuseppe Milazzo e Angelo Sapienza, anche dal presidente nazionale Fisar Vittorio Cardaci Ama e da Michele Scammacca, tra i maggiori produttori vitivinicoli italiani. Un viaggio culturale e sensoriale, per poter apprezzare le abili “esibizioni” di etichette che si fanno bardi e portavoci del terroir vallese. Esibizioni, certo, perché musiche dai caratteri diversi e dalle diverse tonalità sono apparsi, infatti, i cinque vini degustati della Svizzera sudoccidentale. Fendant AOC 2009 Pierrafeu da uve: Chasselas (l’uva bianca più tipica della Svizzera e del Basso Reno), un vino consigliato per aprire le danze a vini e pasti successivi, che tradisce la sua gioiosa giovinezza, con “bouquet très fruité et intense avec une vive expression des arômes de jeunesse”, lo presenta ufficialmente la Provins Valais; Petite Arvine du Valais AOC 2009 “Maitre de Chais” uve: Petite Arvine, vitigno simbolo per il Vallese e per il vino svizzero di qualità, con sentori minerali e buona persistenza; Heida AOC 2008 “Maitre de Chais” uve: “Heida” o Payen o Savagny (3 nomi per la stessa uva! Queste uve vengono coltivate fino a 1300 metri ed i vini vengono anche chiamati “i vini del ghiacciaio”!), non è

un caso che sia tra i prestigiosi vini premiati, tra i numerosi concorsi, anche dal Cervim, che raggruppa i produttori di vino di alta montagna; Pinot Noir du Valais AOC 2009 St. Guérin uve: Pinot Noir nel particolare terroir: questo vitigno raggiunge dei notevoli livelli di complessità, molto equilibrato nei tannini; Cornalin du Valais AOC 2009 (Grand Métral) uve: Cornalin (una delle uve rosse più tipiche del Vallese da cui si ottengono vini molto interessanti), con sentori di frutta rossa che denota la supremazia del bosco. Di grande eleganza, dunque, i tre bianchi, che hanno saputo unire armoniosamente il fascino di riflessi dorati con i sapori accesi delle terre da cui provengono: buona acidità e la voglia di non passare inosservati al degustatore. Di carattere i due rossi, a tratti scontrosi, dalla presentazione forse con qualche parentesi aspra, ma a voler rivelare la durezza di una terra spartana, che non vede il mare, anche se possiede un altro paradiso di boschi e di montagne. Eleganza e durezza, equilibrio e armonia, bianco e rosso di Alpi e foreste che hanno saputo accompagnare, infine, con il prestigio che meritano, alcune degustazioni della gastronomia etnea, firmate dallo chef Giulio (Ylii) Dedei, sposando degnamente il mare e le montagne, il sale e il ghiaccio, le campagne siciliane con i loro formaggi e i pascoli alpini con i loro vitigni: arancinetti di calamari, crostini con ricotta e maggiorana, tocchetti di caciocavallo semistagionato e miele, melanzane grigliate in emulsione di basilico, crostoni in salsa verde, insalata di pomodoro e tonno sott’olio e capperi di Salina, gnocchetti di grano duro con pesto di mandorle e cozze. Il tutto concluso con un “prosit” che ha riecheggiato dalle onde dello Jonio fino alla Valle del Rodano.

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di Roberto Rabachino

Il primo icewine brasiliano

Abbiamo preparato i nostri vigneti per realizzare una nostra idea - dichiara Wandér Weege, fondatore della Vinícola Pericó

S

iamo nel distretto di Pericó a São Joaquim nello Stato di Santa Catarina in Brasile. A causa di un eccezionale evento climatico da quest’anno l’azienda Vinicola Peric, ha tra i suoi vini un Icewine. Si avete letto bene. A queste latitudini! Il Brasile, terra di sole, samba, spiagge, di grandi parchi, della foresta amazzonica può iscrivere il suo nome tra i paesi produttori dell’icewine. Un miracolo? Assolutamente no! L’Icewine Pericò è stato coltivato a 1.300 mt. di quota dove, tra il 4 e il 12 giugno 2009, la temperatura è scesa a -7,5 °C consentendo l’elaborazione di questo raro vino prodotto esclusivamente con Cabernet Sauvignon. “Abbiamo scelto questa varietà perché era l’unica in grado di sostenere una vendemmia tardiva in vigneto – dichiara l’enologo e agronomo Jefferson Sancineto Nunes responsabile del progetto. La natura poi è stata favorevole consentendoci di poter scendere a quella temperatura minima che potesse garantirci la

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Il vigneto di Cabernet Sauvignon dell'Azienda Pericò

produzione di questo importante

metodo OIV.

ed unico prodotto”.

La

“Questo prodotto rappresenta il

di questo primo icewine del

nostro punto di partenza e non certamente un punto d’arrivo – dichiara Wandér Weege.

presentazione

mondiale

Brasile è stata fatta a Sao Paulo il giorno 5 di Ottobre di

e

quest’anno dove, alla presenza

scelta dei collaboratori hanno

di giornalisti ed opinion leader,

portato a questo straordinario

il fondatore dell’azienda Pericò

risultato. L’obiettivo era portare

Wandér Weege ha raccontato

Ricerca,

sperimentazione

all’attenzione del mondo intero il prodotto enoico brasiliano. Con orgoglio

ed

emozione

credo

che l’Azienda Pericò sia stata

la storia di quest’ azienda che in meno di 10 anni è diventata un esempio di qualità e successo.

protagonista di un momento unico

scrivendo

importante

nella

una

pagina

storia

del

comparto vitivinicolo brasiliano e non solo”. La

scheda

organolettica

di

valutazione è stata fatta a Torino

Unico che

vero l’Icewine

rammarico

è

Pericò

è

non

commercializzato in Italia anche se è stato presentato ufficialmente nella sede del Consolato Generale

FISAR

di Milano con la partecipazione

ed ha ottenuto la valutazione

attiva dei sommelier FISAR della

straordinaria di 90/100 con il

locale delegazione.

dai

sommelier

della

La bottiglia dell'Icewine

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a cura della redazione di

le notizie di enogastronomia e turismo

UN ROSE’ IN PIENA “REGOLA” L’azienda Podere La Regola di Riparbella (PI), nella Costa Toscana (www.laregola.com) ha lanciato un nuovo vino tipico della Costa degli Etruschi, ovvero il rosato. Con Il “Rosègola”, cioè il rosè de La Regola, l’azienda intende rivalutare il vino della tradizione costiera da sempre abbinato ai piatti della cucina livornese. Dalla vinificazione “in rosa”, con raccolta precoce (agosto) delle uve a bacca rossa di Sangiovese, Merlot e Syrah, per garantirne adeguata freschezza ed una bassa alcolicità (12,5 %), nasce questo vino IGT dal sentore floreale di rosa dai petali essiccati, poi ciliegie e ribes. In bocca è polposo, la frutta è fresca e vivace con una croccante ciliegia, mirtillo rosso e lampone, note di mandarino e arancio. Buona freschezza e persistenza, “uno dei migliori rosati toscani dell’anno” (Guida Espresso 2010 15/20). PODERE LA REGOLA - www.laregola.com

IL MOSCATO DI SCANZO HA TUTTE LE CARTE IN REGOLA Si è svolto il 10 novembre a Palazzo Maestri (Cenate Sopra) il convegno nazionale dedicato al Moscato di Scanzo decretandolo come la DOCG più preziosa per la sua poca quantità prodotta. Grande partecipazione ed entusiasmo da parte del pubblico e della stampa intervenuta da tutta

Italia per il primo Convegno nazionale dedicato al Moscato di Scanzo DOCG. Questo vino rosso passito, prodotto su una superficie di soli 30 ettari nella provincia di Bergamo, e più precisamente nella zona di Scanzorosciate, ha 22 produttori consorziati che insieme producono non più di 60mila bottiglie da mezzo litro l’anno. Un piccolo quantitativo rende il Moscato di Scanzo ancora più prezioso e ricercato, non sono in Italia ma anche all’estero. La Denominazione di Origine Controllata e Garantita, ottenuta con impegno e passione da parte di tutti i produttori, è stata ottenuta nel 2009 e per questo durante la cena sono stati premiati con pergamena d’onore Paolo Bendinelli, presidente per 17 anni del Consorzio Tutela Moscato di Scanzo, e Corrado Fumagalli, storico sostenitore di questa associazione. Questo è stato il primo Convegno nazionale sul Moscato di Scanzo, ma il Consorzio darà presto nuovi appuntamenti che permetteranno di portare sempre più in auge questo prezioso vino in Italia e all’estero. CONSORZIO DI TUTELA MOSCATO DI SCANZO www.consorziomoscatodiscanzo.it

MUNDUS VINI 2010: UN POKER D’ASSI AL CONCORSO ENOLOGICO! Tre Ori ed un Argento... è questo l’eccezionale risultato ottenuto in Germania dai vini Gerardo Cesari al Gran Premio Internazionale del Vino MUNDUSvini 2010: MEDAGLIA D’ORO all’Amarone della Valpolicella DOC Bosan 2003 - MEDAGLIA D’ORO all’Amarone della Valpolicella Classico DOC 2007 MEDAGLIA D’ORO al Ripasso Valpolicella Superiore Bosan DOC 2007 MEDAGLIA D’ARGENTO al Lugana DOC Cento Filari 2009. 5800 i vini provenienti da 42 paesi e solamente al 30% delle bottiglie presentate viene assegnato un riconoscimento. Il giudizio è infatti legato alla valutazione di numerosi elementi: corpo, eleganza e gamma aromatica del vino. «Questi risultati ci rendono orgogliosi del lavoro fatto sia in vigna che in cantina - dichiara Franco Cesari, presidente della Gerardo Cesari - sono premi che hanno un valore soprattutto tecnico, quindi di grande soddisfazione, e testimoniano la grande cura e qualità delle nostre produzioni, da sempre incentrate sui vini della Valpolicella. Lo dimostra anche la scelta della giuria di premiare quattro diversi vini che rappresentano al meglio il nostro territorio». Non certamente una sorpresa, ma una conferma per quanto riguarda l’Amarone Bosan, già premiato


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le notizie di enogastronomia e turismo

nelle precedenti edizioni del concorso per l’annata 2000 e 2001 con la Medaglia d’oro e il riconoscimento di Miglior vino rosso d’Europa, che ottiene ancora una volta una medaglia d’oro. È il segno che la qualità di questi vini non si discute, lo sforzo e l’impegno per mantenere e migliorare la qualità è costante. Non per niente l’azienda ha scelto di non produrre alcuna versione di Amarone nell’annata 2002 a differenza di molte altre aziende del territorio, anche molto blasonate. Un risultato che sarà un ottimo biglietto da visita e permetterà all’azienda di affrontare l’importante mercato tedesco con una marcia in più: la Germania rappresenta infatti ancor oggi un mercato di riferimento per tutto l’export del vino italiano. GERARDO CESARI S.P.A. - www.cesariverona.it

NASCE PACTIO, CELEBRAZIONE DI 25 ANNI DI UNIONE TRA DUE GRANDI UOMINI DEL VINO “PACTIO, un nome, un vino che nascono dall’unione di ben 25 anni, tra due uomini che al vino hanno dato una vita: il Marchese Nicolò Incisa della Rocchetta e Giuseppe Meregalli. Forse 25 anni fa non pensavano di sancire con un vino l’unione che si è cementata successo dopo successo, ma oggi il PACTIO ne celebra le ricorrenze e ne conferma nel tempo la stima e la grande amicizia”. Nasce dunque un nuovo vino che unisce due uomini ma che suggella anche la grandezza di una terra vinicola feconda come la Maremma toscana. La Maremma, che venne scelta grazie alla lungimiranza del Marchese Mario Incisa della Rocchetta per la sua Tenuta San Guido, è diventata famosa in tutto il mondo grazie al celebre Sassicaia che è oggi considerato il vertice della produzione vitivinicola italiana, per il livello raggiunto e per la costante qualità. Nessuno poi aveva mai pensato di fare un vino “bordolese” su terreno italiano.

Ma anche Fertuna nasce in Maremma, in un luogo semplice e solitario dove la nota dominante è data dalla natura, quella della vegetazione spontanea e quella su cui ha agito, senza sopraffazione, la mano dell’uomo, disegnando un anfiteatro di vigneti. La tenuta conta 150 ettari di cui 50 di produzione viticola con varietà di uve selezionate per ottenere vini di grande qualità. Tutte le vigne sono dotate di impianto d’irrigazione a goccia, alimentato da un grande lago artificiale di circa 1.500mq. La cantina è ipertecnologica e posta al centro dei vigneti. Fertuna è la materializzazione del concetto di azienda vitivinicola, che ha sempre avuto la famiglia Meregalli, nata dalla lungimiranza dell’enologo manager, il Cav. Ezio Rivella, e non da precedenti impianti vitivinicoli, ma dalla sua percezione istintiva che il luogo era quello giusto per realizzare in Maremma. Il nome scelto è di pura fantasia e piace riferirlo all’atmosfera quasi rarefatta che vi si respira. Si avverte il senso di un luogo sospeso nel tempo e nello spazio, pervaso da un senso magico. I vini di questa tenuta sono distribuiti già in 18 paesi nel mondo e sono riconosciuti anche a livello internazionale da critici del calibro di James Suckling che ha segnalato nella Buying Guide di WineSpectator, considerato la bibbia del settore, il Messiio con 91 punti e il Lodai (primo nella sua categoria) con 88 punti. “Il PACTIO nasce così dall’incontro tra Fertuna ed il Marchese Nicolò Incisa della Rocchetta. Un vino che vuole celebrare l’amore per la Maremma, terra di grandi uomini e di grandi vini. Il suo simbolo, il Giano Bifronte, che vigila fiero sull’etichetta, diventa il simbolo di questa unione, creato in onore dell’amicizia tra Fertuna ed il Marchese Nicolò Incisa della Rocchetta”. Assemblaggio di tre vitigni, Sangiovese, Cabernet Sauvignon e Merlot, invecchia 4 mesi in barriques nuove di rovere francese e termina l’affinamento in bottiglia. Ha profumo vinoso, intenso, fruttato con sentori di vaniglia, di sapore morbido ed elegante, ben strutturato, con tannino dolce si abbina perfettamente con salumi, formaggi ed affettati, piatti di grande cucina con carni anche elaborate, selvaggina e pollame nobile. MEREGALLI GIUSEPPE s.r.l. - www.meregalli.com


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le notizie di enogastronomia e turismo

MAZZETTI D’ALTAVILLA “REGINA” DELL’ECCELLENZA Un 2010 all’insegna dei riconoscimenti nazionali e internazionali per Mazzetti d’Altavilla. I “Distillatori dal 1846” vincono in Italia e all’estero e convincono il pubblico di appassionati attirando in cima alla collina di Altavilla una pioggia di importanti premi. La giuria del XXVIII° Alambicco d’Oro, storico concorso astigiano, ha infatti premiato le grappe Mazzetti Riserva 18.46 e la Collezione Nebbiolo da Barbaresco. Inoltre l’ANAG (Associazione Nazionale Assaggiatori Grappa ed Acqueviti) ha consegnato a Mazzetti d’Altavilla un’esclusiva targa di riconoscimento per le continue vincite nell’ultimo decennio. Spostando l’attenzione in terra tedesca, il concorso “Internationaler Spirituosen Wettbewerb 2010” ha attribuito a Mazzetti d’Altavilla il premio “Oro” per Incontro, grappa invecchiata di Nebbiolo da Barbaresco e Barolo e il premio “Argento” per la Grappa di Moscato da Collezione. Mazzetti d’Altavilla: il Regno dell’eccellenza! MAZZETTI D’ALTAVILLA S.r.l. - www.mazzetti.it

MERANO WINEFESTIVAL, NUMERI A TRE ZERI PER L’EDIZIONE 2010 Questa 19ª edizione del WineFestival, dopo quattro intense giornate, passa agli archivi con numeri di tutto rispetto. Oltre 4500 i visitatori e più di 330 i giornalisti giunti da tutto il mondo appositamente per degustare i “nettari” proposti dai 664 produttori italiani e stranieri selezionati, e per poter parlare con loro per conoscere e approfondire la storia delle aziende e le caratteristiche dei loro prodotti. Ottimi i riscontri in termini di pubblico e stampa anche per bio&dynamica, la giornata interamente dedicata ai vini bio, e per Culinaria, spazio di vere delizie con chicche gastronomiche fra le più ricercate dall’Italia e dal mondo. Helmuth Köcher, patron del Festival, si dichiara soddisfatto di essere riuscito anche quest’anno a rispettare gli obiettivi dell’evento fin dal 1992, ovvero proporre agli appassionati solo l’eccellenza, quanto di meglio il panorama

italiano e internazionale può offrire. Ora l’appuntamento è con il ROMA VINOEXCELLENCE & MERANO WINEFESTIVAL, l’evento di portata internazionale che dal 5 al 7 febbraio 2011, raccoglierà a convegno alcuni fra i più importanti enologi, giornalisti, wine writer ed esperti che tratteranno dei più grandi vitigni esistenti. Un’occasione unica in Italia per approfondire le proprie conoscenze guidati da esperti di fama mondiale e per degustare vini eccezionali presentati da 100 aziende di altissimo livello selezionate personalmente da Ian D’Agata ed Helmuth Köcher. www.meranowinefestival.com

NOMACORC PUNTA IN ALTO CON SELECT SERIES Il primo produttore al mondo di chiusure alternative per il vino non poteva non puntare in alto per il lancio, avvenuto in anteprima mondiale a Merano lo scorso 6 novembre, della sua nuova gamma Select Series, dedicata in particolare ai vini rossi e commercializzata dal 2011. I nuovi tappi, sempre in polietilene coestruso ma con prestazioni ancora più elevate dei precedenti, sono realizzati con un processo brevettato


a cura della redazione di

le notizie di enogastronomia e turismo che permette la stampigliatura delle estremità e rende, alla vista, un effetto praticamente identico al sughero. Eliminata l’apparenza di plastica, i tappi Select Series puntano ad essere la vera alternativa al sughero completando l’offerta Nomacorc non solo per l’eliminazione di difetti, a cominciare dal noto TCA (che contamina circa 1 milione di bottiglie al giorno nel mondo), ma anche nella complessa trafila della gestione dell’ossigeno. La gamma Select Series è frutto delle più recenti ricerche realizzate da Nomacorc e, grazie agli innovativi sistemi di misurazione dell’ossigeno NomaSense basati sulla oxo-luminescenza, permette un controllo completo delle interazioni tra ossigeno e vino anche dopo l’imbottigliamento. Nomacorc S.A. - www.it.nomacorc.com

OCTOMORE ORPHEUS PROCLAMATO MIGLIOR MALTO AL MONDO Nella sua “The Whisky Bible 2011”, appena uscita, il celebre guru mondiale del Whisky Jim Murray ha degustato e valutato oltre 4500 prodotti provenienti da tutto il mondo. Al termine delle sue valutazioni, Murray ha proclamato Octomore Orpheus Single Malt of the Year: detto da lui, ciò equivale al titolo di migliore Malto al mondo per il 2011. Jim McEwan, il Master Distiller che ha creato Octomore Orpheus, ha dichiarato: “Sono felice e orgoglioso per questo grande riconoscimento. Octomore Orpheus è un pugno di ferro in un guanto di velluto. È quanto è possibile ottenere combinando un orzo potentemente affumicato col distillato più puro che esista. Non c’è nient’altro di simile al mondo”. Viene fatto invecchiare a Islay per cinque anni in fusti che hanno contenuto bourbon, per poi subire una seconda maturazione nelle rare e straordinarie barrique originali del leggendario Château Pétrus. Il suo contenuto di torba è 140 ppm. Viene imbottigliato senza taglio (cask strength), sull’isola di Islay, alla gradazione di 61% vol. La sua disponibilità è di sole 15mila bottiglie per tutto il mondo. All’esame visivo si presenta con

un magnifico color rosso acajou non troppo intenso. Al naso le fragranze e gli aromi inebriano anche a distanza. È un sublime assemblaggio di fumo e di torba, con note d’alghe fresche, finissime note boisé ed essenze di mare. Aggiungendo alcune gocce d’acqua esplodono i ricordi di frutti rossi, generati dai fusti di rovere di Château Pétrus: ciliegie, mirtilli e melograno. A seguire si percepiscono deliziosi sentori orientali, la dolcezza della quercia e ancora un meraviglioso vortice fenolico, che viene accompagnato dal soffio dell’orzo magistralmente distillato. In bocca si avvertono un corpo robusto e una consistenza incredibilmente morbida e vellutata. All’assaggio si viene sommersi da un incredibile afflato di calore, poi si avvertono la sua ricchezza, la sua eleganza e la sua finezza, fuse assieme con una delicatezza e al tempo stesso una forza fuori del comune. Fratelli Rinaldi Importatori - www.rinaldi.biz

LA MONTINA, NUOVO IL ROSE’ EXTRA BRUT Le Tenute La Montina si trovano a Monticelli Brusati (Bs), nell’estremo lembo nord orientale della Franciacorta, a ridosso di un ampio anfiteatro morenico. Si sviluppano su una superficie vitata di 72 ettari, dislocati in 7 Comuni della Franciacorta. Vigneti, con giacitura preminentemente collinare, impiantati su terreni calcarei e limo-argillosi. La produzione media è di 450.000 bottiglie annue. Ultimo nato in Casa Montina il Franciacorta Rosatum Rosé Extra Brut, ottenuto soprattutto da uve di Pinot Nero raccolte in vigneti la cui storia e qualità sono tradizionalmente consolidate. Le classiche spremiture soffici ed il giusto tempo di macerazione sulle bucce danno alle basi di questo vino nerbo e vinosità, ma anche piacevolezza e finezza conferiti dallo Chardonnay che lo completa. Ha spuma soffice ed abbondante. Al naso vengono esaltate le note marcate dei frutti di bosco e della frutta matura. Al palato è pieno, morbido ma con buon corpo. Ottimo come aperitivo, ma sicuramente dà il massimo di sé con salumi, carni grigliate formaggi erborinati. LA MONTINA S.R.L. - www.lamontina.it


speciale

Toscana

Chianti Classico: una storia toscana Un viaggio alla scoperta del Chianti Classico non può che iniziare con le tappe storiche più importanti che hanno portato la Denominazione a essere oggi uno dei sistemi socioeconomici del vino più importanti del mondo.

L

a Toscana esprime da sempre un’identità culturale e storica costruita nei secoli dai suoi amministratori, artisti, letterati e da tutto quel tessuto socioeconomico formato dai suoi artigiani e contadini. Tra i tesori che la Toscana regala al mondo vi è senza dubbio il suo territorio, da sempre votato alla produzione di grandi vini tra cui pri-

meggia per tradizione, notorietà e livello qualitativo il Chianti Classico. Il Medioevo e l’attuale fisionomia del territorio. Numerose sono le testimonianze che ricordano, nella zona del Chianti, la presenza degli Etruschi e dei Romani, ma è a partire dal Medio Evo che il Chianti comincia ad acquistare quel

paesaggio architettonico che ancor oggi lo contraddistingue. Fu proprio in epoca medievale, infatti, che questo lembo di Toscana fu teatro di aspre battaglie fra Firenze e Siena, impegnate a contendersi quello che pochi secoli dopo diverrà il territorio di uno dei vini più noti al mondo. Così accanto ai villaggi, alle pievi e alle badie, furono costruiti castelli e roccaforti, che in tempo di pace, furono poi in parte trasformati in ville e residenze. Fu la consacrazione del rapporto che sin dall’epoca etrusca legava la gente del Chianti con la propria terra. L’espressione più intensa e nobile di questa simbiosi fu da subito la produzione del vino, già in documenti del 1400 chiamato “Chianti”. 1716: nasce il Vino Chianti. Il territorio del Chianti acquistò

Marco Pallanti - Presidente Consorzio Vino Chianti Classico

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Il Sommelier Gennaio-Febbraio 2011 • n. 1


Toscana

Il Sommelier Gennaio-Febbraio 2011 • n. 1

speciale

un tale prestigio da indurre, nel 1716, il Granduca di Toscana Cosimo III a tutelarne il nome, fissando in un bando i confini della zona di produzione, che ancora corrispondono approssimativamente agli attuali 70.000 ettari. Il bando del 1716 rappresenta il primo documento legale nella storia che istituisce la delimitazione di un’area viticola di produzione. E’ di fatto il primo esempio di DOC ante litteram. 1924: nasce il primo Consorzio Vitivinicolo d’Italia. A tutela della produzione del Chianti, il 14 maggio 1924 un gruppo di 33 produttori si riunì a Radda in Chianti per dar vita al Consorzio per la difesa del vino Chianti e della sua marca d’origine. Il simbolo scelto fin da subito fu il Gallo Nero, storico simbolo dell’antica Lega Militare del Chianti, riprodotto fra l’altro dal pittore Giorgio Vasari sul soffitto del Salone dei Cinquecento, nel fiorentino Palazzo Vecchio. 1932: il “Classico” è l’unico, l’originale. Negli stessi anni però, proprio per la notorietà che aveva acquistato il Chianti, si trovò conveniente produrlo anche negli altri territori toscani dotati di una certa vocazione viticola, adottando le stesse pratiche e gli stessi uvaggi del territorio d’origine. Questo vino venne commercializzato con il nome di Chianti, sottolineandone la caratteristica di essere fatto “all’uso” del Chianti, e da quel momento l’indicazione geografica si trasformò in una e vera e propria denominazione enologica. Accanto all’originario Chianti, nacquero così altre sei diverse tipologie di vino. Così, nel testo del decreto ministeriale del 1932 che sancì questo stato di cose, su impulso del Consorzio per la difesa del vino Chianti e della sua marca d’origine la zona del Chianti venne definita come “zona di origine più antica” e al vino prodotto nel suo territorio fu aggiunto il suffisso “Classico”, proprio per distinguere il primo, l’originale, dagli altri “Chianti” realizzati fuori dal territorio storico di produzione.

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Toscana speciale 32

1984: arriva la DOCG. Nel 1984 l’intera denominazione Chianti, e quindi anche la sua zona di origine più antica, il Chianti Classico, ottenne la DOCG 1996: il Chianti Classico diviene una DOCG autonoma. Con il decreto ministeriale del 5 agosto 1996, viene approvato il disciplinare separato per la denominazione Chianti Classico, che trasforma il Chianti Classico non più in sottozona della denominazione “Chianti”, ma in denominazione autonoma. 2005: il Gallo Nero arriva in fascetta. Nel giugno del 2005, il marchio del Gallo Nero viene inserito all’interno del contrassegno di Stato e quindi applicato obbligatoriamente su tutte le bottiglie di vino Chianti Classico. Se fino ad allora era possibile apporre il marchio del Gallo Nero solo sulle bottiglie dei soci del Consorzio, con l’immissione del marchio in fascetta di stato il Gallo Nero distingue ogni bottiglia di Chianti Classico prodotta, dai soci del Consorzio ma anche dai produttori non soci. Il Gallo Nero rafforza così il ruolo di simbolo univoco e unificante di tutto il Chianti Classico, assumendo un connotato fortemente identificativo del territorio e dell’intera filiera produttiva.

Il Sommelier Gennaio-Febbraio 2011 • n. 1


va. Vino ricco di struttura e

prende nelle sue terre i comu-

capace di affrontare un lungo

ni di Castellina, Gaiole, Greve

periodo di maturazione, può

e Radda in Chianti per intero

essere definito riserva solo

ed, in parte, quelli di Barberino

se raggiunge una maggiore

Val d’Elsa, Castelnuovo Berar-

gradazione alcolica (12,5°) e

denga, Poggibonsi, San Ca-

dopo aver trascorso un invec-

sciano Val di Pesa e Tavarnelle

chiamento minimo di venti-

Val di Pesa. Dei 10.000 ettari

quattro mesi, di cui almeno tre

coltivati a vite, circa 7.000

di affinamento in bottiglia.

sono destinati al vino Chianti

La riserva, vino in cui prevale

Classico DOCG, la cui produ-

la possente struttura del San-

zione si aggira mediamente

giovese, è il compagno ideale

ogni anno attorno ai 270.000 ettolitri.

Oltre al Sangiovese possono essere presenti fino a un

Toscana

Il territorio del Chianti com-

speciale

Il Chianti Classico Riser-

Il territorio

per carni importanti, grigliate, arrosti, brasati, selvaggina o formaggi stagionati.

massimo del 20% altre uve a

Il vino Chianti Classico I criteri di definizione del Chianti Classico. Il Chianti Classico è un vero e proprio vino di territorio. Da nessun

bacca rossa autorizzate e/o come il Canaiolo e il Colori-

Il Consorzio Vino Chianti Classico

no o internazionali (Cabernet

Il

Sauvignon, Merlot etc.).

Pallanti, ci parla del Consorzio

A partire dalla vendemmia

Vino Chianti Classico.

raccomandate,

autoctone

Presidente,

Dr.

Marco

altra parte al mondo potrebbe

2006 non possono più essere

nascere con le caratteristiche

utilizzate le due uve a bacca

L’attività

che lo distinguono nei mercati

bianca, il Trebbiano e la Mal-

Dalla sua nascita il Consorzio

di tutto il mondo, proprio per-

vasia, il cui impiego era prece-

Vino Chianti Classico si occu-

ché il suo vitigno principale, il

dentemente consentito fino a

pa della tutela, della vigilanza

Sangiovese, nel Chianti tro-

un massimo del 6%.

e della valorizzazione della de-

del

Consorzio.

va la sua naturale consacra-

nominazione Chianti Classico.

zione. Vitigno a bacca rossa

Dal Consorzio per la difesa del

originario dell’Italia centrale, il

Il Chianti Classico Annata.

vino Chianti e della sua marca

Sangiovese dà vita a vini dal

Vino relativamente giovane e

d’origine del 1924 al Consor-

colore rosso rubino che con

ricco di frutto, viene messo in

zio Vino Chianti Classico di

l’invecchiamento tende al gra-

commercio a partire dal 1° ot-

oggi, l’organismo consortile

nato, dal profumo di spezie

tobre successivo alla vendem-

ha cambiato nomi e stili grafici

e piccoli frutti di bosco, dalla

mia perfetto in abbinamento a

del suo marchio dove da sem-

buona struttura, eleganti, ro-

primi piatti e a piatti a base di

pre però campeggia il simbolo

tondi, vellutati.

carni bianche e rosse.

storico del Gallo Nero. Oggi il Consorzio si conferma

Il Sommelier Gennaio-Febbraio 2011 • n. 1

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Toscana speciale Uva Sangiovese

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come uno dei principali refe-

luppa in diversi organi legati

inoltre, un severo controllo sul

renti delle istituzioni nazionali e

dal comune impegno verso

prodotto confezionato già pre-

comunitarie per il settore viti-

produttori e consumatori del

sente nei canali di vendita per

vinicolo. La sua organizzazio-

Chianti Classico e della sua

verificare la corrispondenza al

ne interna prevede strutture

terra di origine.

prodotto certificato.

necessarie ad assolvere i suoi

Per questo l’intera filiera, dalla

Un’altra importante attività è

compiti istituzionali: dal fronte

produzione delle uve all’im-

la ricerca e sperimentazione in

della salvaguardia e dei servizi,

bottigliamento del prodotto,

ambito agronomico ed enolo-

che vede impegnati il labora-

è sottoposta ad un sistema di

gico.

torio di analisi e quello legale,

tracciabilità, i cui dati vengono

Numerose, infine, sono le atti-

a quello della valorizzazione,

gestiti direttamente dal Con-

vità promozionali, di pubbliche

affidato all’ufficio marketing e

sorzio e inseriti in un databa-

relazioni,

comunicazione, il Consorzio

se informatizzato di pubblica

marketing che vengono realiz-

Vino Chianti Classico si svi-

fruibilità. Il Consorzio attua,

zate nel corso degli anni al fine

Il Sommelier Gennaio-Febbraio 2011 • n. 1

comunicazione

e


Se da un lato, quindi, i Con-

dare lustro all’immagine del vino

di nuove vigne che viene sta-

sorzi hanno ceduto la pura

Chianti Classico nel mondo.

bilita in 4.400 ceppi per ettaro

attività di controllo, dall’altro

e l’entrata in produzione dei

gli organismi con una rappre-

Il nuovo disciplinare di pro-

vigneti: a questo proposito i

sentatività di almeno il 66%

duzione. Allo scopo di tu-

vigneti non possono entrare

della denominazione avranno

telare in maniera sempre più

in produzione prima del terzo

la possibilità di gestire tutta

efficace la qualità del Chian-

anno dall’impianto per una

l’attività di vigilanza, tutela e

ti Classico, il Ministero delle

resa massima del 40% della

valorizzazione “erga omnes”.

Politiche Agricole e Forestali

quantità consentita dal di-

Un grande risultato che raffor-

ha recentemente approvato

sciplinare (30 qt di uva). Dal

za il ruolo del Consorzio come

le nuove modifiche al discipli-

quarto anno entrano a pieno

reale gestore della denomi-

nare di produzione del Chianti

regime per una resa del 100%

nazione. Oltre a quanto sud-

Classico

(75 qt di uva).

detto, secondo la proposta

proposte

dall’As-

semblea generale dei soci del

ministeriale il Consorzio potrà

Consorzio. Il testo che rego-

Il ruolo del Consorzio a

la la produzione del Chianti

seguito della nuova OCM

Classico ha così subito alcune

Vino. A seguito del regola-

piccole ma significative modi-

mento comunitario 1234/08

fiche, volte a garantire ulterior-

sull’OCM vino è stato appro-

mente la qualità del prodotto,

vato a livello nazionale il Dgls

in particolar modo per quanto

n. 61 che ha sostituito la vec-

riguarda il vino sfuso.

chia legge 164/92 sulle deno-

In questo senso si inserisce la

minazioni di origine.

modifica riguardante la “Co-

In questo contesto la novità

municazione

di

più significativa per i Consorzi

vendita” che prevede di co-

di tutela che hanno una rap-

municare all’ente di certifica-

presentatività di almeno il 66%

zione la commercializzazione

della denominazione è data

dello sfuso “atto a divenire,

dal fatto che l’attività di valo-

almeno due giorni prima del

rizzazione svolta da quest’ul-

trasferimento dello stesso”.

timi, diversamente da quanto

Il 15 e 16 Febbraio prossi-

Tale prodotto oggetto della

fino ad oggi avvenuto, sarà

mi alla Stazione Leopolda

commercializzazione deve ri-

sostenuta da tutti gli utilizzato-

di Firenze si terrà il tradi-

spondere alle caratteristiche

ri della denominazione e non

zionale appuntamento del

chimico-fisiche” previste dal

più soltanto dagli associati al

Gallo Nero con la stampa e

disciplinare per il vino già cer-

Consorzio.

gli addetti ai lavori

tificato Chianti Classico.

In sostanza una sorta di “erga

Altri criteri che regolano la pro-

omnes” per la valorizzazione

Anche quest’anno le prota-

duzione dei vini del Gallo Nero,

della denominazione e del suo

goniste saranno le centinaia

alla luce delle recenti modifiche

marchio.

di bottiglie di Chianti Classico

preventiva

del disciplinare riguardano la

Toscana

densità minima per l’impianto

speciale

di promuovere, diffondere e

anche definire l’attivazione di politiche di governo dell’offerta, al fine di salvaguardare e tutelare la qualità del prodotto e contribuire al miglior coordinamento dell’immissione sul mercato della denominazione tutelata. Prossimi appuntamenti con il Chianti Classico

Chianti Classico Collection 2011

in degustazione nell’arco di

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Toscana speciale

due giorni dedicati a uno dei

Serbia; Olanda; Repubblica

librati, che lasciano spazio a

territorio vinicoli più prestigiosi

Ceca; Russia; Svezia; Norve-

un ricco bagaglio aromatico.

del mondo. La “Chianti Clas-

gia; Austria; Ucraina; Finlan-

Qualità che sarà possibile ap-

sico Collection 2011” andrà in

dia; Francia; Belgio; Grecia;

scena come di consueto alla

Svizzera; Croazia; USA; Giap-

prezzare direttamente insieme

Stazione Leopolda di Firenze

pone; Canada; Cina; Corea

dove verranno presentate a

del Sud; Australia; India; Isra-

stampa e addetti ai lavori le

ele; Brasile.

ultime annate e le principali

senti alla Leopolda durante la seconda giornata di degustazioni.

Il 17 febbraio entreranno in

Dalle 13.00 la giornata sarà

scena anche gli IGT prodotti

dedicata agli operatori del

Il via è previsto per le 9.30 di

nel territorio e le anteprime di

settore che avranno tempo

martedì 16 febbraio, giornata

un 2010 che promette delle

fino alle 20.00 per incontrare i

dedicata esclusivamente alla

gran belle sorprese. Il neonato

produttori e testare le diverse

stampa che avrà la possibili-

Chianti Classico infatti si sta

tà di assaggiare oltre 350 eti-

comportando bene in cantina,

etichette in degustazione.

chette delle ultime annate di

intenso nei colori e nei profu-

Chianti Classico. Previsti an-

mi, presenta livelli di acidità tali

che quest’anno oltre 200 gior-

da fare prevedere una buona

nalisti provenienti da 29 diversi

attitudine all’invecchiamento;

un modulo di iscrizione on line

paesi europei e extraeuropei:

le gradazioni alcoliche risulta-

che sarà accessibile dal 22 di-

Italia;

Spagna;

no elevate ma senza eccessi,

cembre su

Germania; Inghilterra; Polonia;

a vantaggio di prodotti equi-

www.chianticlassicocollection.it.

novità del Gallo Nero.

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ai produttori che saranno pre-

Danimarca;

Proprio per gli operatori il Consorzio sta approntando

Il Sommelier Gennaio-Febbraio 2011 • n. 1


speciale

Toscana

La cucina fiorentina: piatti poveri ricchi di storia. a cura di Laura Maggi

Percorso tra i piatti della tradizione.

I

l piatto fiorentino più famoso è sicuramente la bistecca alla fiorentina. Pellegrino Artusi in “La scienza in cucina e l’arte di

Medici. In occasione della ce-

le verdure dell’orto.

lebrazione della festa di San Lorenzo, il 10 agosto, Firenze

Proprio il pane è l’ingrediente

si illuminava della luce di grandi falò dove venivano arrostite grosse quantità di carne di vitello che venivano poi distribuite alla popolazione. Proprio in occasione delle celebrazioni di un San Lorenzo, si narra fossero presenti in città alcuni cavalieri inglesi i quali riferendosi alla carne arrostita sui fuochi

mangiar bene” la descriveva così: “da beef steak, parola inglese che vale la costola di bue, è derivato il nome della nostra bistecca, la quale non è altro che una braciuola col suo osso, grossa un dito o un dito e mezzo, tagliata dalla lombata di vitella o nelle sue estremità”. Possiamo ricondurre il nome e la tradizione della bistecca alla famiglia De’

la chiamarono beef steak. Da qui una traduzione adattata alla lingua corrente creò la parola bistecca che è giunta fino ai giorni nostri. Ma la cucina fiorentina non si ferma alla bistecca ed è rappresentata a pieno dai piatti “poveri”, quelli della gente comune, tramandati nelle famiglie, basati su ingredienti semplici come il pane, l’olio e

principale di tanti piatti della cucina fiorentina. Rigorosamente sciapo, o come di dice a Firenze “sciocco”, caratterizzato dalla mancanza assoluta di sale. Questa caratteristica ha origine nel XII secolo quando le lotte tra Pisa e Firenze portarono la repubblica marinara a bloccare il commercio del sale verso l’interno e fu così che i fiorentini decisero di panificare senza sale. Dante nella Divina Commedia scriveva “Tu proverai sì come sa di

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La pappa al pomodoro è una zuppa semplicissima ma gustosissimo fatta con pane

speciale

Toscana

sale lo pane altrui,... ”.

raffermo, pomodori, spicchi d’aglio, basilico, brodo e olio di oliva extravergine. Da ricordare che nella vera pappa al pomodoro non deve essere aggiunto alcun tipo di formaggio. La fettunta è tipica dei mesi di novembre e dicembre. È una fetta di pane caldo e croccante insaporita con uno spicchio d’aglio strofinato sulla superficie e condita con sale e olio extra vergine di oliva “novo” appena uscito dal frantoio. Il pane con il cavolo nero viene fatto in inverno usando pane arrostito e cavolo nero bollito e condito con olio extravergine e sale. Il cavolo usato è quello nero riccio di Toscana dalle foglie lunghe d’un verde scuro quasi nero che viene prodotto durante tutto l’inverno. Per essere più buono è necessario che il cavolo nero abbia “preso il ghiaccio”, cioè che sia passato da una o più gelate invernali che ne am-

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morbidiscono le foglie. La ribollita è una zuppa il cui nome deriva dal fatto che un tempo le contadine ne cucinavano una gran quantità e quindi veniva “ribollita” per riscaldarla e presentata di nuovo in tavola nei giorni successivi. La panzanella è un primo piatto estivo fatta con pane bagnato, “ammollato” nell’acqua, pomodori maturi, cetrioli, cipolla rossa e basilico, condita con olio extra vergine, aceto di vino e sale. Passando poi ai piatti più saporiti che si sposano perfettamente con il pane sciapo che ne esalta il gusto. I crostini di fegatini fatti con una salsa a base di fegatini di pollo cotti sfumandoli con del Vin Santo, tritati finemente a

mano, e portati a fine cottura con burro, capperi tritati, filetti di acciuga e brodo. La salsa ottenuta viene spalmata su delle fette di “frusta”, una pezzatura di pane simile alla baguette, precedentemente bagnate con del brodo. I fagioli all’uccelletto sono

un piatto tipico della cucina fiorentina. Un vecchio detto fiorentino inizia con “Fiorentin mangia fagioli” proprio per

sottolineare quanto sono popolari i fagioli a Firenze. Per la preparazione la tradizione vuole che si usi una pentola di coccio, iniziando con un leggero soffritto di olio e aglio dove si mettono ad insaporire i fagioli cannellini, precedentemente lessati, si aggiunge la salsa di pomodoro con un poco di acqua di cottura dei fagioli, sale, pepe e un ciuffo di salvia. Secondo Pellegrino Artusi, che chiamava la ricetta “fagioli a guisa d’uccellini”, il nome deriva proprio dalla salvia usata anche per insaporire gli “uccelletti” tanto cari all’antica trazione culinaria toscana. In questo percorso tra i piatti della tradizione fiorentina non possiamo dimenticare la trippa e il lampredotto. A Firenze si trovano ancora oggi diversi “lampredottai” che, in piccoli chioschi o furgoni attrezzati, stazionano nei mercati e nelle

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attorniati da fiorentini che si predotto il tipico cibo da strada di Firenze. Il lampredotto è la parte più scura della trippa detta gala, caratterizzata da piccole creste (dette gale) dal sapore forte e deciso. Viene cotto a lun-

più leggera che prevede l’uso di olio extravergine di oliva, farina, zucchero, latte e uova. Ricorda la torta margherita. La zuppa inglese è un dolce al cucchiaio realizzato alternando strati di pan di spagna bagnati con alchermes a strati

go in acqua con pomodoro,

di crema pasticciera e crema

cipolla, prezzemolo e sedano.

al cacao. Le origini risalgono

Una volta cotto, è possibile

alla prima metà del 1800. Si

gustarlo sia come un normale

racconta, infatti, che la zuppa

bollito condito con salsa verde, sia alla maniera più amata

inglese sia stata “inventata” da

dai fiorentini, ovvero tagliato

una donna di servizio di una

a pezzetti come ripieno di un “semelle”, un panino la cui fetta superiore viene bagnata nel brodo di cottura del lampredotto, e condito con sale, pepe, salsa verde e peperoncino piccante. La trippa alla fiorentina è un secondo piatto tipico della città di Firenze ed è molto gustoso. Si prepara tagliando la trippa lavata a striscioline e aggiungendola ad un soffritto di cipolle, carote e sedani

Toscana

gustano un panino con il lam-

vero uno stracotto nato proprio all’Impruneta il paese delle fornaci dove viene prodotto il cotto. Per concludere con i dolci della tradizione fiorentina. La schiacciata con l’uva è un dolce che un tempo veniva cucinato durante il periodo della vendemmia per le sagre

speciale

piazze e all’ora di pranzo sono

contadine e le sue modeste origini sono testimoniate dalla semplicità degli ingredienti: pasta per il pane, olio d’oliva, zucchero e uva nera. La schiacciata alla fiorentina è il dolce tipico di Firenze del periodo di Carnevale, che una volta veniva chiamato “schiacciata unta” perché per prepararlo veniva usato lo strutto. Oggi viene fatta una versione

famiglia inglese residente sulle colline di Fiesole. La domestica non volendo buttare via i biscotti serviti con il tè diventati secchi, pensò di riutilizzarli bagnandoli con del liquore per ammorbidirli e unendoli con altri “avanzi” che aveva a disposizione: la crema pasticceria (detta anche crema inglese) e il budino al cioccolato.

tagliati a pezzettini. Si aggiungono poi dei pomodori pelati e si lascia cuocere fino a far ritirare l’acqua della trippa e

I fiorentini vanno particolar-

dei pomodori. Si serve calda

mente fieri dei piatti della loro

con una spolverata di pepe e

tradizione perché rappresen-

un filo d’olio extravergine.

tano un importante patrimonio

Spostandosi

appena

fuori

storico, culturale e artistico

porta, all’Impruneta troviamo

del territorio da difendere e

il peposo alla fornacina, ov-

diffondere.

Il Sommelier Gennaio-Febbraio 2011 • n. 1

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4 edizione di Anteprima Chianti Rufina

speciale

Toscana

a

a cura di Virgilio Pronzati

Toscana Vino & Cultura

V

ite e ulivo disegnano da sempre colli e colline della campagna toscana. Dove tutto ciò è rappresentato al massimo, è la vasta zona del Chianti. Un nome che echeggia antiche scene di caccia, eletto sin dal passato lontano, a vero e proprio simbolo della Toscana. Uno dei quattro vini toscani citati nel famoso Bando del 24 settembre 1716, emanato da Cosimo III de’ Medici, nel quale sono già tracciate le rispettive zone di produzione. In tempi più recenti, un Decreto Ministeriale del 31/7/1932 che ne tutela la storica zona, riconosciuta poi Doc col DPR del 9/8/1967 ed infine, Docg col DPR del 2/7/1984. Una grande area vitivinicola conosciuta in tutto il mondo, comprendente i territori vocati di sei province, suddivisa in ben sette sottozone: Rufina, Colli Aretini, Colli Fiorentini,

40

Colline Senesi, Colline Pisane, Montalbano, Montespertoli. Rufina: Altitudine e Qualità Rùfina, situata nella provincia di Firenze, oltre ad essere la più piccola sottozona è anche la più alta. Le sue particolari condizioni pedo-climatiche (terreni ricchi di sali minerali, con estati calde di giorno e fresche di notte) che gli conferiscono un colore rubino intenso, un ampio e persistente bouquet, molta sapidità e freschezza, e maggiore longevità. Singolari peculiarità che differenziano sostanzialmente il Chianti Rufina dagli altri Chianti. La zona di produzione comprende i territori comunali di Pontassieve, Rufina, Pelago, Lonta e Dicomano in provincia di Firenze. La superficie vitata è di 12.483 ettari di cui circa 770 iscritti all’Albo (che saliranno nel tempo a

1.000 ettari), con una produzione di circa 27.000 ettolitri. Come per Colli Fiorentini e Montespertoli, Il Chianti Rufina Docg ha un contenuto alcolico minimo del 12% (mezzo grado in più rispetto alle altre 4 sottozone), se con 12,5% ed invecchiato almeno 2 anni (dal 1 gennaio successivo alla vendemmia) di cui almeno 9 mesi in botte di rovere e, affinato tre mesi in bottiglia, può portare la qualifica Riserva. Anteprima Chianti Rufina 2010 Creata ed organizzata nel migliore dei modi, Anteprima Rùfina anche se nata solo 4 anni fa, è oggi una delle più importanti manifestazione di settore. L’evento, svoltosi il 12 e 13 novembre scorso ed articolato nell’arco di 2 giorni in due parti, ha richiamato numerosi giornalisti specializzati provenienti da tutta Italia

Il Sommelier Gennaio-Febbraio 2011 • n. 1


Le degustazioni di Rùfina Riserva 2007

Chianti Rùfina Docg Riserva 2007 Marchesi Gondi Tenuta Bossi Aspetto: limpido, di colore rubino carico con orlo granato. Al naso è abbastanza intenso, persistente e fine, con sentori fruttati e speziati di frutti rossi maturi e pepe nero. In bocca è secco, poco fresco ma sapido, appena tannico, caldo, pieno e continuo. Retrogusto:

Toscana

la zona, il vino e i produttori del Chianti Rufina e, per la prima volta, un confronto con altrettanti Bourgogne 1er Cru, lasciava la parola ai giornalisti Ian D’Agata e Jens Priewe, brillanti conduttori delle degustazioni. Altri brevi ma precisi interventi, dai tre produttori borgognoni presenti. Nell’impegnativo tasting, si sono alternati 6 Chianti Rùfina Riserva ed altrettanti Premier Cru della Borgogna, entrambi dell’annata 2007.

speciale

e, in parte, dall’estero. Nella prima parte, un tasting esclusivo come la location. Teatro dell’evento il regale salone Vespucci Meeting Room del fastoso Hotel Westin Excelsior, situato in Piazza Ognissanti nel centro di Firenze. A presentare l’evento, il dinamico Giovanni Busi, presidente del Consorzio di Tutela Chianti e Chianti Rufina e patron della Fattoria Travignoli. Busi dopo avere illustrato ai giornalisti che gremivano la sala, un quadro completo comprendente


Toscana speciale note fruttata Discretamente quasi pronto.

e

speziata. armonico,

Chianti Rùfina Docg Riserva 2007 Azienda Agricola Frascole Aspetto: limpido, di colore rubino carico. Al naso è discretamente intenso, persistente e fine, con sentori fruttati di piccoli frutti rossi maturi, boisè, spezie, balsamico e lievi di cacao e cuoio. In bocca è secco, sufficientemente fresco, sapido, caldo, giustamente tannico, di buon corpo e persistenza. Retrogusto: vena tannica con note fruttata e speziata. Deve affinare ancora 1 o 2 anni.

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Chianti Rùfina Docg Riserva 2007 Fattoria I Veroni Aspetto: limpido, di colore rubino carico. Al naso è abbastanza intenso e persistente, discretamente fine, con sentori di giaggiolo, piccoli frutti rossi maturi e un po’ disidratati. In bocca è secco, fresco, sapido, caldo, giustamente tannico, pieno e continuo. Retrogusto: note sapida, fruttata e floreale. Quasi pronto.

Chianti Rùfina Docg Riserva Cedro 2007 Fattoria Lavacchio Aspetto: limpido, di colore rubino vivo. Al naso è intenso e persistente, fine, ampio, con

sentori floreali, fruttati e speziati. In bocca è secco, sufficientemente fresco, molto sapido, caldo, piacevolmente astringente, pieno e continuo. Retrogusto: note tannica, fruttata e speziata. Quasi armonico.

Chianti Rùfina Docg Riserva Montesodi 2007 Marchesi de’ Frescobaldi Aspetto: limpido, di colore. Al naso è discretamente intenso e persistente e fine, con sentori fruttati e boisé. In bocca è secco, poco fresco, sapido, caldo, leggermente astringente, pieno e abbastanza continuo. Retrogusto: note tannica, fruttata e boisé. Quasi pronto.

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speciale

Aspetto: limpido, di colore rubino vivo. Al naso è abbastanza intenso, persistente e fine, con sentori fruttati, vegetali e boisé. In bocca è secco, poco fresco, sapido, caldo, un po’ astringente, pieno e continuo, con fondo amarognolo. Retrogusto: note tannica, fruttato-vegetale e boisé. Ancora giovane.

Anteprima dei Rufina 2008 e 2009 Il giorno dopo, degna conclusione con la presentazione e degustazione delle annate 2009 e 2008 Riserva. Anche in questo caso la location è senz’altro ideale, in quanto si tratta della stupenda Villa Poggio Reale di Rufina, già proprietà degli Spalletti ed oggi sede del Consorzio di Tutela. Nell’affollato grande salone, posti in fondo ed ai lati, vari tavolini, uno per azienda, dove il titolare o l’enotecnico presentava e serviva ai giornalisti i propri vini. All’interno, alcune raccolte salette dove comodamente seduti si poteva degustare al meglio i 31 vini prodotti da diciannove aziende, serviti da impeccabili

Toscana

Chianti Rùfina Docg Riserva Bucerchiale 2007 Fattoria Selvapiana

sommelier.

Le mie valutazione personali Facendo una valutazione globale dei vini, i sedici Chianti Rufina Docg 2009, hanno espresso in generale buoni colore e struttura. Al naso oltre il fruttato - maturo in alcuni - discreta finezza, alcune note boisé; mentre in bocca oltre a sapidità e astringenza, evidenziavano abbastanza corpo e continuità, ma ovvia limitata armonia. Nel dettaglio: 2 sono risultati ottimi, 4 buoni, 6 discreti e 4 sufficienti. Ovviamente gran parte di

loro, data la discreta annata, maturando, raggiungeranno maggiore armonia. Gli altri 16 Chianti Rùfina Docg 2008 Riserva, hanno in generale espresso al naso una qual certa complessità, con profumi fruttati, speziati e note balsamiche, ma anche di tostato e boisé. Mentre al sapore si presentavano sufficientemente freschi, sapidi, giustamente astringenti e continui, e in minor parte, poco freschi, magri e duri. Quindi 2 ottimi, 5 buoni, 6 discreti e 3 sufficienti. In generale, un bilancio positivo che attesta il Chianti Rufina tra i grandi rossi d’ Italia.

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Toscana speciale

CARMIGNANO La più piccola docg del nostro paese con meno di 200 ettari di vigneto ed una produzione di altissima qualità, in un territorio unico dal punto di vista ambientale e paesaggistico.

L

a fama dei vini di Carmignano si accompagna indubbiamente all’antica storia di questa zona: sin dal 1300 infatti, era così grande la sua reputazione che nel 1716 il granduca di Toscana Cosimo III de medici emise un bando con cui stabiliva precise norme per la vendemmia e con cui delimitava la zona di produzione, creando il primo esempio al mondo di denominazione di origine controllata, ben un secolo prima della francese appellation d’origine controllè. Negli ultimi venti anni il Carmignano è stata protagonista di un’importante crescita in termini di qualità e quantità. Agli inizi degli anni Novanta gli ettari a vigneto erano poco più di 100 - praticamente gli stessi dai tempi di Cosimo III de’ Medici - mentre oggi superano i 200,

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di cui 150 destinati a docg e doc. In crescita anche il numero dei produttori aderenti al Consorzio, che da 6 sono passati a 13. La ricerca della qualità ha significato investimenti nel rinnovo delle vigne, con filari distanti 1 metro e 80 centimetri (come si usava ai tempi della mezzadria), e la scelta di potature decise, per ottenere meno grappoli a vantaggio della qualità.

Il disciplinare, le caratteristiche organolettiche Il Carmignano nasce da una miscela di Sangiovese (almeno per il 50%), Cabernet (dal 10 al 20%), Canaiolo nero (fino al 20%) altri vitigni rossi (fino al 10%). La composizione rispetta i dettami del disciplinare in vigore, pubblicato il 9 luglio 1998 sulla Gazzetta

Ufficiale, che ha dato risposta alle richieste dello stesso Consorzio dei vini di Carmignano, modificando il primo disciplinare di produzione risalente al 20 ottobre 1990. Il testo del disciplinare individua come componenti del Carmignano docg: Sangiovese minimo 50%, Canaiolo nero fino al 20%, Cabernet Franc e Cabernet Sauvignon, da soli o congiuntamente, dal 10 al 20%, Trebbiano toscano, Canaiolo bianco e Malvasia del Chianti da soli o congiuntamente, fino ad un massimo del 10%. Inoltre possono concorrere alla produzione le uve di altri vitigni a bacca rossa raccomandati o autorizzati per la provincia di Prato fino a un massimo del 10% del totale. Il periodo di invecchiamento deve essere effettuato in botti di rovere e/o di castagno,

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speciale

Toscana

Silvia Vannucci - neo Presidente del Consorzio di tutela dei vini di Carmignano

rispettivamente per almeno otto mesi per il Carmignano e per almeno dodici mesi per il Carmignano tipologia riserva.

Altri prodotti, stessa qualità: Barco Reale e Vin Ruspo Dalle stesse uve con cui si produce il Carmignano si ottiene anche il Barco Reale doc, fratello più giovane del docg, vino di più rapido consumo, ma sempre con caratteristiche di alta qualità, il cui nome deriva dalla grande proprietà medicea che copriva gran parte del territorio dei Comuni

di Carmignano e di Poggio a Caiano e che era circondata dal Muro del Barco Reale, lungo più di trenta miglia. E ancora dalla stessa materia prima nasce il Vin Ruspo, Rosato di Carmignano doc (circa 500 ettolitri all’anno), che viene prodotto svinando il 5 o 10% del mosto delle vasche del Carmignano docg prima della fermentazione, e che deriva il proprio nome dall’usanza dei mezzadri di rubare, e da qui vino ‘ruspato’, cioè ‘grattato’, una o due damigiane dagli ultimi tinelli che venivano portati in fattoria. Un ‘furto’ che col

tempo si codificò in un diritto.

Il territorio La zona di produzione del Carmignano si trova sulle pendici orientali del Montallbano, in un’area di circa 40 chilometri quadrati costituita per la maggior parte da splendide colline che vanno dai pochi metri di elevazione di Comeana e Seano, ai 200 metri del capoluogo, Carmignano appunto, ai 600 metri della vetta più alta del Monte Albano: Poggio Ciliegio. Rispetto ad altre zone del Chianti, e soprattutto a gran

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Toscana speciale

Vigneti Carmignano

parte del Chianti Classico, c’è

Il Consorzio

Silvia Vannucci, (giovane ti-

dunque una netta differenza di

Da pochi giorni sono ufficiali le

tolare dell’azienda di famiglia

altitudine media. Questa è in-

nuove nomine del Consorzio

Piaggia), mentre il direttore

feriore a Carmignano di alme-

di tutela dei vini di Carmignano

generale della Promozione è

no 150-200 metri. Pertanto si

che per la prima volta si dota,

Realmo Cavalieri (somme-

oltre alla figura del presidente,

lier di comprovata esperienza

di uno staff tecnico di provata

e conoscenza del territorio e

esperienza a supporto di tutte

dei vini del Carmignano) e il re-

le attività del Consorzio:

sponsabile del settore tecnico

ha un più lungo periodo vegetativo, una maggiore quantità di calore immagazzinato nel

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terreno, più regolare e com-

il

del

Giuseppe Rigoli (enotecnico

piuta maturazione delle uve

Consorzio di tutela dei vini

di grande esperienza, titolare

nelle annate meno favorevoli.

di Carmignano è la dott.ssa

dell’azienda Ambra).

nuovo

presidente

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Vin Santo: emblema dell’ospitalità toscana e antico rito dei giorni della festa.

I

l Vin Santo, è un prodotto che ha radici e origini che si perdono nella notte dei tempi, da sempre viene realizzato con tecniche tramandate oralmente di padre in figlio, come una preziosa eredità. E’ un antico vino di colore ambrato più o meno carico, che per le sue particolari caratteristiche organolettiche viene consumato in abbinamento al dessert quando ha caratteristiche dolci (celebre in tutto il mondo il binomio con i cantuccini) e, può benissimo essere accompagnato a dei formaggi erborinati o dai crostini neri di fegato, quando si presenta in forma secca. Nell’enologia toscana occupa un posto importante e di grande prestigio sin dal Medio Evo. Un po’ di storia Sono varie le teorie sull’etimologia del termine. Una

versione senese parla di un frate francescano che durante la Grande Peste del 1348 curava le vittime del morbo con un vino che era comunemente utilizzato dai confratelli per celebrare messa; da ciò si sarebbe diffusa la convinzione che tale vino avesse miracolose proprietà taumaturgiche, attribuendogli l’appellativo di “santo”. Un’altra versione è quella di origine fiorentina secondo la quale durante il Concilio di Firenze del 1439, il metropolita greco Giovanni Bessarione proclamò, mentre stava bevendo il vin pretto: “Questo è il vino di Xantos!”, forse riferendosi ad un certo vino passito greco (un vino fatto con uva sultanina pressata) di Santorini. I suoi commensali, che avevano confuso la parola “Xantos” con ‘santos’, credettero che egli avesse scoperto nel vino qualità degne di essere

Toscana

a cura di Giovanni D’Alessandro

speciale

Vin Santo

definite “sante”. In ogni caso, da quel momento il vin pretto fu chiamato Vin Santo. Una variante della storia narra che egli abbia usato la parola Xanthos (in greco ξάνθος significa giallo) mentre parlava del vino. L’ origine meno romantica, ma probabilmente più verosimile, è l’associazione di questo vino con il suo uso comune durante la messa. Varietà delle uve per il Vin Santo e loro caratteristiche enologiche Il Vin Santo, dal punto di vista enologico, può essere classificato fra i vini passiti e si produce con uve che variano con il variare della località. Da noi in Toscana le uve più adatte a fare il Vin Santo sono il Trebbiano toscano, la Malvasia del Chianti, il Canaiolo bianco, il San Colombano (utlizzato per lo più a Carmignano) e il Sangiovese (per la

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Toscana speciale

versione “occhio di pernice”; anche se le ricette dei vitigni sono varie ed incostanti. La vendemmia è effettuata nella maggior parte dei casi, con grappoli scelti, ottenendo già una selezione preliminare; solo per una bassa percentuale l’uva è raccolta tardivamente. L’appassimento delle uve Il problema dell’appassimento delle uve rappresenta da sempre una sfida, costosa e poco pratica, quando si devono trattare grandi quantità. Il Vin Santo è prodotto grazie alla vinificazione di uva appassita, posta in condizioni tali da arrivare a disidratazione. In tal modo si ottiene una separazione dell’acqua dagli acini, e di conseguenza una concentrazione zuccherina maggiore. Esistono vari metodi per fare appassire l’uva: - appassimento sulla pianta (pratica generalmente non seguita in Toscana); - appassimento negli appassitoi (sistema tradizionale seguito in Toscana); - appassimento in appositi locali con ventilazione forzata. L’appassitoio deve essere un locale molto sano, ben esposto e molto ventilato, con temperature di circa 10°C-15°C. Nella preparazione del Vin Santo toscano il metodo classico e più comune è quello di mantenerla nell’appassitoio e

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di rinnovare l’aria molto spesso, collocando i grappoli scelti su graticci di canne. Sui cannicci, i grappoli devono essere disposti su un solo strato e meglio se fra un grappolo e l’altro rimane un po’ di spazio libero per la circolazione dell’aria. Durante l’appassimento l’uva non deve essere abbandonata a se stessa: periodicamente deve essere ripulita da quelle parti di grappolo che si presentano marcite, affinché la muffa non si diffonda sull’intera massa per eccessivo contagio, alterando il carattere fruttato dell’uva e conferendo ad essa odori sgradevoli. Lavorazione del mosto Quando la percentuale zuccherina ha raggiunto tassi soddisfacenti (30%-40% per i Vinsanti dolci, e 25%28% per i Vinsanti secchi), e le percentuali di contenuto di acqua hanno subito una sensibile diminuzione, i grappoli vengono avviati al processo di ammostamento. L’uva così concentrata, passa alla pressatura previa un’attenta selezione che consiste nel separare i grappoli marciti, oppure troppo carichi di muffa non buona (es. peronospora) o, se si vuol eseguire un lavoro più accurato, anche gli acini marciti, quelli immaturi e quelli vuotati dagli insetti. Buona pratica è mantenere questo mosto carico di feccia

e di vinaccia per 3-4 giorni ad una temperatura di 20-22°C allontanando successivamente il mosto e pressando la vinaccia. Ottenuto il mosto, inizia la fase di fermentazione nel caratello. La fermentazione nel caratello Dopo la decantazione più o meno parziale, ha inizio una delle fasi più importanti e determinanti per la qualità del Vin Santo: la fermentazione nei caratelli. Entrano quindi in gioco due fattori: quello microbiologico e quello della qualità del caratello. Il caratello per il mosto del Vin Santo deve essere robusto è ben cerchiato in ferro, per una maggior tenuta anche durante la fermentazione, per non riscontrare inconvenienti di cedimento. Questo vaso vinario è costituito da doghe in legno (in genere rovere o castagno ma anche acacia e ciliegio ), con struttura simile alle botti, ma con capacità molto più piccole (da 50 a 200 litri circa). In esso avviene sia la fermentazione del mosto che l’invecchiamento del Vin Santo. Dopo essere stato riempito fino all’80-85% del suo volume. Il caratello viene chiuso ermeticamente in modo che possa avvenire la fermentazione. I caratelli sono posti in locali chiamati vinsantaie caratterizzati da sensibili variazioni delle temperature,

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ti arresti della fermentazione,

L’unico effetto negativo può

che permettono il seleziona-

essere quello della formazione

mento già dal 2° anno dei lie-

di aldeide acetica in eccesso.

viti.

E chiaro che se la madre è precedentemente derivata da

Il Vin Santo viene tenuto nei

un vinsanto dalle qualità or-

caratelli per un minimo di 3

ganolettiche non buone, verrà

anni, periodo durante il quale avviene sia la fermentazione alcolica (specialmente in primavera ed autunno quando le temperature favoriscono i fermenti alcoligeni ) sia altre fermentazioni

condotte

da

diversi tipi di batteri e muffe, le quali conferiscono al Vin Santo sostanze importanti per l’acquisizione di determinanti sapori ed odori. Nel periodo di invecchiamento, durante il quale continua la produzione di alcool etilico, si possono rendere necessari i travasi, che consentono di separare il Vin Santo dalla componente fecciosa; tale operazione può essere anche evitata, ma così facendo si aumentano i rischi di creare insediamenti di bat-

scartata; al contrario le madri teri dannosi, che nutrendosi di composti fecciosi, causano alterazioni alla qualità del prodotto.

migliori verranno riutilizzate.

La madre del Vin Santo Il metodo tradizionale, valido ancora oggi, è di usufruire del deposito feccioso finale avuto dall’ultimo travaso del vinsanto, ossia la Madre, contenente quei ceppi di microrganismi re-

ammostata, in assenza quin-

sistenti atti alla fermentazione. Essa è costituita da gommoresine (sostanze solide di origine vegetale), pectine, proteine, da lieviti e da batteri. Le pectine, le gommoresine, e le proteine apportano il vellutato, mentre i lieviti, generano composti aromatici gradevo-

La fermentazione può venire affidata anche ai soli lieviti derivanti dalla feccia dell’uva di della madre, anche se tale pratica è meno abituale in Toscana. L’imbottigliamento Terminato

l’invecchiamento

(3 anni minimo), il Vin Santo viene tolto dal caratello per essere imbottigliato, subendo un processo di filtrazione, vengono usati filtri di cellulosa o filtri a cartone, in modo da separare le eventuali sospensioni presenti nel liquido.

Toscana

li in questa categoria di vini.

speciale

cosicché si verificano ripetu-


speciale

Toscana

Livorno, terra di grandi vini a cura di Gianfranco Grossi

La realtà vinicola della provincia di Livorno da molti anni si è imposta all’attenzione del mondo intero per alcune produzioni, grazie in primis al marchese Mario Incisa della Rocchetta che impianta il primo vigneto di Cabernet a Castiglioncello di Bolgheri nel 1944.

L

a prima bottiglia di “Sassicaia”, con la stessa etichetta che conosciamo oggi, esce nel 1968. Il “Sassicaia” (85% Cabernet Sauvignon e 15% Cabernet Franc) ha aperto la strada a tanti altri grandi produttori, locali e “nazionali” perchè tutti vogliono fare grandi rossi a Bolgheri, ma anche a Castagneto Carducci e Suvereto. La nuova cantina della Tenuta San Guido inaugurata con la vendemmia 2009 è tutta tecnologia, non lasciando niente alla esteriorità. Dopo qualche anno a Bolgheri un “giovane” produttore Eugenio Campolmi (venuto a manca-

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re troppo presto), aveva deciso dal 2001 di cambiare il suo “Paleo” con il Cabernet Franc in purezza. Una intuizione che ha premiato il bravo “contadino” e che ora la mo-

glie Cinzia Merli ne continua caparbiamente la produzione. Aldo Santini, il grande giornalista e scrittore livornese che conosce molto bene la “sua” provincia, anni addietro in

Gianfranco Grossi con il Marchese Niccolò Incisa della Rocchetta

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speciale

Toscana

Porto di Livorno

omaggio al territorio di Bolgheri scrisse: “Davanti a questi vini, giù il cappello”. Il merito della nascita di vini moderni e importanti a Bolgheri è di due contessine Della Gherardesca che fanno innamorare un Antinori e un Incisa della Rocchetta (che frequentava l’Università a Pisa) e poi li sposano. È proprio il marchese Mario Incisa che mette a dimora i ceppi di Cabernet coltivati dai duchi Salviati a Migliarino. Poi, con l’intervento di un allora “giovane promettente” Giacomo Tachis il “Sas-

sicaia” trova la sua dimensione mondiale. La passione del marchese, oltre al vino, erano i cavalli: i meno giovani ricordano le vittorie di Ribot allevato a Bolgheri con il socio Tesio. Una passione che il marchese Nicolò “coltiva” ancora. Bolgheri ha una sua “Denominazione di Origine Controllata” riservata ai vini bianco, rosso, rosato, Vermentino, Sauvignon e Vin Santo Occhio di Pernice, mentre la DOC “Bolgheri” con riferimento alla sottozona “Sassicaia” è riservata al vino proveniente dalla omo-

nima sottozona. Il prof. Attilio Scienza con Luca Toninato e Paolo Krasnig hanno fatto uno studio approfondito del territorio di Bolgheri, “Un piccolo territorio, zonazione e indicazioni pratiche per la valorizzazione delle risorse ambientali e viticole della DOC Bolgheri”: azienda per azienda, indicando il vitigno più adatto a quei terreni. Tra i produttori tradizionali (a Bolgheri e Castagneto) ci sono, tra gli altri, gli Antinori (tutti ricordiamo il “Rosè”, poi abbandonato e da qualche

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Toscana speciale 52

anno “rientrato” prepotentemente nella produzione) e Antonino Tringali Casanuova, tanto per fare alcuni nomi, ma anche Gaia, Satta, Grattamacco Collemassari e, “I Luoghi” di Stefano Granata, Podere Sapaio di Massimo Piccin, “Batzella”, “Chiappini”, i Frollani di “Casa di Terra” ed i Fuselli di “Terre del Marchesato”. Non me ne vogliano di qualche dimenticanza. Oltre a Bolgheri, Castagneto e Suvereto buoni vini sono prodotti anche a Bibbona (che ha la sua Doc Terratico): da citare Villa Caprareccia dei Fratelli Galli e “Ferrari Iris e figli”. La provincia di Livorno insie-

me ai grandi rossi ed a bianchi di tutto rispetto (il Vermentino è più sapido quando “vede” il mare), “offre” molta cultura: a iniziare dalla poesia del Carducci “I cipressi che a Bolgheri alti e schietti van da San Guido in duplice filar” (ben 2525!!!), il viale che è un inno alla civiltà della campagna toscana. Poi, seguendo il profumo del vino che proviene dalle cantine, siamo invitati a visitare musei, paesi che sembrano usciti dalle fiabe, ammirare tramonti da mozzafiato e dedicarsi anche ad appuntamenti culturali, l’ultimo dei quali “Bolgheri Melody” ha riportato un successo strepitoso. Dalla fine degli

anni ‘50 il marchese Incisa ha concesso un ampio terreno al WWF per farne un’oasi faunistica che è visitata da migliaia di amanti della natura. La Doc Val di Cornia comprende, tra le altre, le aziende “Tua Rita”: di Rita e Virgilio Bisti (venuto a mancare recentemente): al suo “Redigaffi” (Merlot in purezza) Robert Parker, autore della rivista “The Wine advocate”, aveva dato una valutazione di 100/100, una cosa mai esistita, mentre il “Giusto di Notri” da tantissimi anni è apprezzato e ricercato in tutto il mondo; “Gualdo del Re” di Nico e Maria Teresa Rossi e anche Pietro Petricci e

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speciale

Toscana

Il pesce: l'altra ricchezza dei livornesi

Marilena Del Pianta: sono

lare Anna Maria Toni Tolomei,

do il giovane Lorenzo Signo-

aziende “storiche” di Suvere-

Fratelli Gigli di “Sant’Agnese”

to. Credo buon ultimo, i Mo-

e Bonti di San Giusto. Per

rini ha preso in mano le redini

retti con la grandissima Can-

l’Isola d’Elba le aziende “in-

tina “Petra” (progettata da

teressanti”: Pier Mario Meletti

nell’isola di Capraia nasce un

Mario Botta), “La Bulichella”

Cavallari (dopo aver ceduto

rosso: “La Piana” di Linda Ca-

di Hideyuki Miyakawa, Rus-

“Grattamacco” sta coltivando

so del Podere Metocchina

9 ettari a Capoliveri dove na-

ioli. Della “Strada del Vino Co-

e Jacopo Banti e la grande

sce un grande Aleatico), ”Ac-

azienda“Fratelli Muratori”.

quabona” di Marello Fioretti e

anche alcune aziende della

A Piombino mi piace segna-

“Cecilia” soprattutto da quan-

provincia di Pisa.

dell’azienda. Da poco anche

sta degli Etruschi” fanno parte

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speciale

Toscana

Bolgheri: invito alla visita a cura di Paolo Valdastri

Bolgheri è soprattutto uno stato d’animo, un modo di vivere, un’atmosfera rarefatta di un mondo che si pensa estinto.

C

ome in un mosaico, le singole tessere che lo compongono sono costituite da materiali e colori preziosi, ma, osservandole una ad una, non si ha la percezione dell’insieme. La natura è ancora incontaminata: il bosco domina le colline che, correndo parallele alla costa, proteggono dal gelo invernale. E ad occidente domina l’azzurro del mare, che mitiga, con le sue brezze, le grandi calure estive. La vigna, spesso incastonata nel verde della foresta, e gli antichi olivi, dominano, insieme al silenzioso frusciare del vento, un paesaggio pennellato con discrezione dalla presenza umana. La popolazione è cordiale e accogliente, sorridente e contenta di condividere la propria fortunata condizione esistenziale

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con il visitatore attento. I borghi sono ben conservati, senza alcuna concessione alla spettacolarizzazione turistica: percorrendo a piedi le piccole strade, si entra immediatamente in sintonia con una vita reale ancora a misura umana, senza stress e senza affanni. Anche la cultura ha la sua giusta collocazione, con eventi saggi e misurati, mai fuori dalle righe. Ma la tessera più preziosa del mosaico, quella di oro zecchino, è costituita dai vini di questa terra, vini che hanno fatto la storia recente dell’enologia italiana e che si raccordano in maniera perfetta con la gastronomia locale. Vini profumati, complessi, generosi, vini che parlano di territorio al di là del loro specifico uvaggio. Ecco allora, che il mosaico

è composto, ed il quadro è completo e affascinante. Immergersi nella natura bolgherese e nel suo ambiente umano e storico, assaporandone i frutti dolci e maturi della sua terra, è un’operazione che conduce molto vicino a quello stato di aponia tanto ricercato dai filosofi epicurei e tanto difficile da raggiungere nella morsa degli attuali ritmi di vita. Questa condizione di grazia la si può percepire già attraverso l’assaggio di un bicchiere di vino Bolgheri. Dietro l’etichetta, in quel rosso elegante e complesso si percepisce tutta la naturale gioia di questo territorio. L’etichetta evoca un mondo che ci si accorge di aver sempre sognato, e che esiste ed è reale. La visita dei vigneti, delle cantine, dei borghi medievali, delle colline

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Toscana Foto a cura di Luca Silvestri

Ornellaia, vigneto Bellaria

e del mare, la degustazione dei vini in compagnia dei produttori, rendono conto di quanto questo mondo sia vero, concreto e a portata di mano. Gli assaggi di vino Bolgheri che seguiranno, a casa propria oppure ovunque nel mondo, riporteranno alla memoria queste sensazioni e le renderanno di nuovo vive, animando il desiderio di ripeterle il più spesso possibile.

BOLGHERI: I LUOGHI Bolgheri: un Castello che racchiude poche case, una piccola chiesa dallo stile asciutto, il Tinaione e il

Cantinone, testimonianza di un’importante attività agricola padronale, una piccola piazzetta con la rassicurante statua di Nonna Lucia, qualche negozio di artigianato, molte semplici e tranquille trattorie, alcuni rocciosi, immensi olivi pluricentenari. Tutt’intorno boschi e colline, vigne ed olivi a perdita d’occhio. Nelle giornate più limpide, dall’alto del campanile, la visione, quasi un sogno, delle vette innevate dei monti di Capo Corso ed un mare intensamente blu nel mezzo. Castagneto Carducci: a differenza di Bolgheri ha tutte le caratteristiche di paese con i suoi negozi, il suo traffico, i

suoi affari. Ma l’armonia del luogo è sempre la stessa. Qui si percepisce ovunque la presenza del Poeta, per i suoi versi, ricordati efficacemente nel Parco Letterario, ma soprattutto per l’impronta lasciata nella gastronomia locale,con le sue pantagrueliche ricette di cacciagione.

BOLGHERI: IL VINO Mario Incisa della Rocchetta impianta il primo vigneto di cabernet a Castiglioncello di Bolgheri nel 1944. La prima bottiglia di Sassicaia, con la stessa etichetta che conosciamo oggi, esce nel 1968.

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Toscana speciale 56

La DOC per il vino rosso arriva solo nel 1994 e disciplina i Bolgheri Superiore ed il Bolgheri Sassicaia, come primo esempio di “cru” italiano. Tanti anni ci sono voluti perché si capisse che le geniali intuizioni del Marchese Incisa avevano creato un fenomeno particolare per la storia del vino italiano: quel fenomeno che rende i vini bolgheresi, vini di piena e grande espressione di “terroir”, vini profondamente legati al suolo ed al clima del territorio da cui provengono. Vini di carattere e razza originale e personale, i più famosi dei quali derivano da un perfetto adattamento dei vitigni bordolesi al clima di Bolgheri, un’espressione mediterranea di cabernet e merlot, altrettanto affascinante di quella atlantica offerta nel loro territorio di origine. La vocazione ai grandi vini si esprime, però, anche con i tradizionali autoctoni Sangiovese e Vermentino, sempre molto diffusi nella zona. Sassicaia tra i più grandi vini del mondo, ma non da solo. Già dalla fine degli anni ’80 altri produttori, anch’essi oggi famosi, si affiancano al “mito” per dimostrare che “grande” è l’intero territorio e non solo il singolo vino. La DOC Bolgheri ha avuto una rapida espansione negli ultimi dieci

anni, passando dai 250 ettari della fine anni ’90 agli oltre 960 attuali. Le aziende attualmente associate al Consorzio sono 36 su circa 50 operanti sul territorio.

GEOGRAFIA E CLIMA L’area di produzione corre parallela alle spiagge della Maremma settentrionale situate in provincia di Livorno, nel Comune di Castagneto Carducci. Ad est una catena di colline corre tra Bibbona e Castagneto e protegge vigneti e oliveti dai gelidi venti del nord, che, durante l’inverno, provocano spesso micidiali gelate. In estate, invece, questo corridoio è percorso da venti rinfrescanti che si generano tra le valli del fiume Cecina a nord e del torrente Cornia a sud. Gli anziani dicevano che non si potevano fare grandi vini in vicinanza del mare. Per questo il primo vigneto del Sassicaia fu piantato, nel 1944 a Castiglioncello di Bolgheri, esposto ad est e a 400 m. slm. Oggi si è dimostrato che è proprio la vicinanza del mare a dare grandi vini.

GEOLOGIA I terreni di Bolgheri hanno una grande variabilità in un ambito piuttosto ristretto. Vi sono dei terreni alluvionali,

di origine fluviale, con ciottoli tondi depositati dagli antichi corsi d’acqua. Il nome Sassicaia deriva proprio da questa caratteristica. Vi sono terreni di origine marina, con sabbie eoliche, dei calcari e delle argille. E ancora rocce vulcaniche provenienti dalle Colline Metallifere ad est. Secondo le ricerche di LizioBruno, si possono individuare tre grandi zone: le colline, la zona intermedia e la zona più vicina al mare. Sulle colline si trovano i depositi alluvionali più antichi. L’alluvione ciottolosa sulla quale si trova il vigneto Sassicaia è inoltre caratterizzata da una buona presenza di ossido di ferro. In basso i depositi fluviali sono più giovani e si mescolano, ad ovest, con quelli marini.

VIGNETO E VITIGNI La densità dei vigneti è molto variabile. I più vecchi hanno una densità di 5.500-6.000 ceppi per ettaro, mentre in alcuni più recenti si arriva alla soglia dei 10.000 ceppi per ettaro, con necessità di utilizzo di trattori scavallanti. La maggioranza dei nuovi impianti si attesta oggi su una densità di circa 7.000 ceppi per ettaro. Il sistema di allevamento prevalente è il cordone speronato singolo, ma non mancano esempi di guyot e addirittura di alberello.

Il Sommelier Gennaio-Febbraio 2011 • n. 1


speciale

Toscana Foto a cura di Luca Silvestri

Castello di Bolgheri: veduta dalle vigne

I vitigni più impiantati sono ovviamente quelli la cui vocazione è stata largamente dimostrata da Sassicaia prima e dagli altri storici, Ornellaia, Grattamacco, Macchiole, Guado al Tasso, Satta, dopo. Si tratta di Cabernet Sauvignon, Cabernet Franc, Merlot. La sperimentazione che dura ormai da quasi un ventennio, ha dimostrato le grandi potenzialità di altri vitigni come Syrah e Petit Verdot. Il Sangiovese continua comunque ad avere un suo zoccolo duro di sostenitori. Per i vini bianchi, il Vermentino

è attualmente il più impiantato. Il Sauvignon Blanc, dopo alterne vicende, sta ritrovando una sua dimensione altamente qualitativa, ed è spesso affiancato dal Viognier. VINI ROSSI L’attuale configurazione del disciplinare, con la possibilità di utilizzare Cabernet Sauvignon fino all’80%, Merlot fino al 70%, Sangiovese fino al 70%, non consente di definire uno stile unico del vino Bolgheri. In realtà i vini sono generalmente basati sul blend Cabernet (Sauvignon

e Franc) e Merlot, spesso accompagnato da Petit Verdot. Non mancano blend con sangiovese o addirittura sangiovese in purezza. Siamo sempre di fronte a vini rossi dai colori intensi di un rubino cupo, spesso impenetrabile, che dimostra grande tenuta nel tempo. I profumi sono caratterizzati da frutto nero maturo e dolce, a volte con note balsamiche di macchia mediterranea, con speziature del rovere sempre ben integrate. Al palato colpisce la rotondità e la morbidezza, la dolcezza del

Il Sommelier Gennaio-Febbraio 2011 • n. 1

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Toscana speciale Tenuta Ornellaia

frutto sempre ben vivacizzata dalla freschezza della componente acida, la trama tannica fitta e matura, il finale di buona lunghezza. L’eleganza e la struttura potente ma slanciata grazie all’acidità, sono le caratteristiche positive più frequenti, anche se il clima mediterraneo offre sempre delle gradazioni alcoliche di tutto rispetto. Lo stile ideale può comunque essere ricercato nel solco della linea tracciata dal Bolgheri Sassicaia e dai grandi storici “Bolgheri Superiore”, senza però trascurare gli IGT assurti ormai a fama mondiale come Masseto e Messorio (Merlot 100%), Paleo (Cabernet Franc 100%), Cavaliere (Sangiovese 100%). Sotto il Bolgheri Sassicaia, i Bolgheri Superiore ed i grandi IGT, troviamo l’ampia gamma dei Bolgheri Rosso. Si tratta di vini di grande piacevolezza

58

e bevibilità, anch’essi morbidi, eleganti e maturi, meno impegnativi rispetto ai “superiori”, ma pur sempre in grado di accompagnare una saporita cucina di carni rosse e selvaggina. È importante puntualizzare che il grosso di questi vini deriva, attualmente, da impianti giovani, che, anno dopo anno, dimostrano un costante miglioramento qualitativo dovuto alla sopravvenuta maturità dei vigneti. La critica internazionale è concorde nell’affermare che il potenziale del vino Bolgheri è “gigantesco”. Vini ROSATI Il vino rosato ha una sua tradizione radicata fin dagli anni ’70, quando era famosa la produzione del “Rosé di Bolgheri” degli Antinori. Le uve più utilizzate sono il Sangiovese e la Malvasia

nera, ma anche il Cabernet, Merlot e Syrah che danno dei rosati freschi, fruttati e saporiti, perfettamente adatti alle molte ricette della cucina marinara della costa. vini BIANCHI Il Vermentino è il vino bianco preferito da molti produttori di Bolgheri. É di solito vinificato in purezza, ma si trova anche in uvaggio con Sauvignon Blanc e Viognier. La tipologia più diffusa è quella dei bianchi freschi e fragranti vinificati in acciaio, da accompagnare al saporito pescato mediterraneo. Si trovano alcuni esempi di Vermentino e di Viognier raccolti a piena maturità delle uve e vinificati in barrique. Lo stile è più complesso ed impegnativo e si adatta a preparazioni di mare più elaborate, ma anche ad una cucina di carni bianche e pollame.

Il Sommelier Gennaio-Febbraio 2011 • n. 1


speciale

Toscana

ISOLA D’ELBA “Un grandioso museo mineralogico all’aperto” a cura di Marzio Berrugi

Questa è la definizione dell’isola che dette il Lotti, geologo di fine ‘800: a numerosi rilievi di poche centinaia di metri si alternano alcune valli e tratti pianeggianti costieri come il Pian di Mola, fitto di viti.

S

ul tutto svetta il monte Capanne con i suoi poco più di mille metri. Il mare che la circonda mitiga il suo clima riducendo le escursioni termiche giorno/notte con scarsa piovosità più accentuata nella parte occidentale. Tracce del suo vino risalgono all’epoca greco-romana e vien preso in considerazione anche nel Bando delle Vigne di Ferdinando I dei Medici con la raccomandazione di recingere le vigne per tener alla larga

i bovini, ma soprattutto i cinghiali oggi veramente dannosi. Anche Napoleone I dette una mano agli elbani con tecnici del sud della Francia che migliorarono molto la qualità della produzione. Attualmente è poca la superficie vitata perché il turismo appare business più redditizio e meno faticoso del duro coltivar in terrazzamenti ed a mano. Dai 5000 ha di fine ‘800 ai 3000 degli anni ’50 ai 560 degli anni ’90 ai circa 300 odierni dei quali solo il 10% -

trenta ! – coltivati ad aleatico. Forse la recentissima proposta di DOCG per l’Aleatico Passito, scorporandolo dalla DOC Elba, farà ricredere i vignaioli elbani riportandoli sul loro vitigno più illustre e pregiato. Le zone a maggior densità viticola son le centro-orientali con il territorio intorno al capoluogo Portoferraio,il Pian di Mola, Lacona e Porto Azzurro nonché l’intorno di Capoliveri con il colle che la sovrasta, particolarmente vocato per l’aleatico.

Vigneto Tenuta Ripalte

Il Sommelier Gennaio-Febbraio 2011 • n. 1

59


Toscana speciale 60

Una curiosità: scrive il prof.

questo grande vino. Valgono

maturi e zuccherini, rosso non

Scienza che esiste anche un

ancora, a distanza di ottanta

troppo carico acidità ben av-

aleatico a bacca bianca “liati-

anni, le regole del Foresi, elba-

vertibile che, aiutata dal tanni-

co” o “viatico” noto agli scrit-

no: raccolta alla seconda metà

no, alleggerisce la sensazione

tori di vino fin dal 1300, che ha

di settembre,cernita rigosa,

dolce: piacevole la salinità fina-

fatto sostenere ad un enologo

appassimento al sole su gra-

le. Può avere anche un anno o

dell’800 la sua apparteneza

ticci che vengono coperti con

due di affinamento ed allora il

al ceppo dei moscati. Mah. Il

teli la notte o se piove. Come

colore si ispessisce, la frutta di-

nostro aleatico ha produzione

il “soleo” di Jerez de la Fronte-

venta sotto spirito o confettura,

media e costante, ama climi

ra. Usati anche tunnel ricoperti

affiorano leggere speziature e

caldi ed asciutti, terreni in colli-

di teli con ventilazione naturale

note di legno legate al tipo di

na e ben esposti con suoli bruni

specialmente per grosso par-

affinamento. Spesso visitando

mediterranei e sopporta le piu

tite da appassire. Quando gli

i vigneti si viene distratti dal

diffuse malattie crittogamiche

zuccheri oltrepassano di poco

magnifico panorama che l’isola

un po’ meno le muffe che ac-

il 30%, diraspatura spesso ma-

offre, come nella tarda prima-

compagnano tarde primavere

nuale, pigiatura e fermentazio-

vera quando il verde delle viti si

marcatamente umide. Talvolta

ne per una settimana o poco

confonde con il ricco verde che

se ne esce con acinellature fit-

più con lieve macerazione di 5

le circonda, spesso lucente di

te e demoralizzanti: allega me-

o 6 giorni poi inox o recipienti

gioventù perché rinato dopo

glio con l’archetto del Guyot e

in legno, la cui capacità varia

uno dei numerosi incendi che

con l’alberello che con il cor-

secondo le intenzioni del pro-

talvolta affliggono l’Elba. Come

done. I suoi grappoli, piccoli,

duttore, nei quali la fermenta-

avviene alle Ripalte sopra Ca-

pesano spesso meno di 300

zione continua lentamente con

poliveri dove i vigneti più in alto

grammi hanno buccia legge-

possibili riprese

offrono a NE

rissima e vengono mortifi cati

Quando il rapporto tra zuccheri

con sullo sfondo Portoferraio

dalla vendemmia tardiva che

residui ed alcol è di 1 a 5, ovve-

ed a SO Montecristo con dietro

ne demolisce l’acidità: ideale è

ro almeno 16°C totali di cui 13

l’isola del Giglio, mentre dall’al-

la vendemmia un po’ precoce

svolti siamo arrivati. Esce sul

to le vigne più in basso sem-

che brilla per zuccheri ed aci-

mercato nell’anno successivo

brano sospese sull’azzurro del

dità. È perciò l’appassimento

alla vendemmia fragrante di

mare. Qui si mette a punto un

la parola chiave che fa capire

amarena, ciliegia, ribes e mora

Aleatico passito fuori dal coro

primaverili.

Il Sommelier Gennaio-Febbraio 2011 • n. 1

Porto Azzurro


speciale

Toscana

Primo a dx Marzio Berrugi, ultimo a sx Piermario Meletti Cavallari;

il cui nome, Alea Ludendo,

di salvia ed essenze mediter-

no. Di assoluto rilievo gli alea-

sembra sottintendere i rischi

ranee eppur pieno e morbido

tici di due aziende del pian di

e le difficoltà che comporta la

con finale di mandorla, legger-

Mola, la Sapereta e la Mola:

messa a punto. Il timone lo tie-

mente amarognolo ed il rosso

ne Permario Meletti Cavallari,

da alicante-grenache che con

vini caldi, color rosso vivo in-

già stella a Bolgheri, e la rotta

piccola macerazione scarica il

che ha tracciato conduce ad

colore e la percezione tannica

un vino che ha sì amarena, ma

tanto da poter figurare, fresco,

anche vegetali mediterranei

su piatti robusti di pesce. Inte-

secchi, legni leggermente af-

ressante anche Arrighi, piccolo

venti anni orsono, mentre ai

fumicati, carruba ed altra frutta

produttore di Porto Azzurro la

Magazzini di fronte a Portofer-

secca con leggera terziarizza-

cui piccola produzione di Ale-

raio l’Azienda La Chiusa tiene

zione. Corpo pieno, morbido

atico passito, decisamente di

botta e tradizione con un pas-

con zucchero tutt’altro che in-

qualità, è sul versante tradi-

sito intenso, morbido e caldo,

vadente, tannino che asciuga

zionale: corpo robusto,colore

intriso di ogni tipo di ciliegia,

le sensazioni dolci ed acidità

intenso, amarena e ciliegia

frasca che sostiene e pulisce

evidenti, zuccheri residui ben

amarena in primis. L’augurio è

piacevolmente. Siamo in effetti

percettibili.

un po’ lontani dal vino dolce,

presenza di sagrantino, primo

ciliegioso ed piuttosto ovvio.

all’Elba, in parti uguali con san-

Quando i 5 ha di vigneto avran-

gioveto e syrah che spiega l’in-

no qualche vendemmia in più,

solito nome del suo rosso Tres-

li spinga a sempre meglio in-

sarà sicuramente una bottiglia

se. Procanico in purezza ed in

terpretare il vitigno e la grandi

eccellente. Notevole anche il

taglio con ansonica e biancone

potenzialità della sua bacca

vermentino fresco di acidità,

ribadiscono il suo essere elba-

appassita.

Interessante

la

tenso, fruttati, di gran struttura, eccezionalmente lunghi in bocca, tipici, ma distanti anni luce da ciò che si produceva solo

che la DOCG cui accennavo in partenza non faccia sentire “arrivati” questi benemeriti della rinascita dell’aleatico, ma

Il Sommelier Gennaio-Febbraio 2011 • n. 1

61


Toscana

Il Cacciucco:

speciale

tradizionale bandiera della gastronomia livornese a cura di Gianfranco Grossi

Tra le ricette livornesi quella più ricercata è senz’altro il “cacciucco”, quello con 5 “C”, mi raccomando, altrimenti si troverebbe subito da litigare…

L

ivorno è città giovane nata da una mescolanza di genti con usi, colori, riti, lingue e sapori: così è nato il cacciucco, piatto nazionale della policroma colonia dei Granduchi. Ecco perchè spesso viene usata l’espressione: “Cacciucco di pesci e cacciucco di genti”. Il cacciucco è la “gloria” di Livorno, come la cacciuccata è la festa di Livorno. E i livornesi sono toscani soltanto perché lo dicono le leggi e le carte geografiche. Le sue origini sono antichissime. E’ un piatto nato senza regole perché fatto con quanto avanzava ai pescatori (soprattutto pesci “rotti” che nessuno voleva). Sono in molti ancora oggi a dire e raccontare che quello “suo” è il cacciucco “vero”. Ma non è così: ognuno lo fa a modo suo

e magari è anche un… buon cacciucco. Negli ultimi anni, poi, è stato “inventato” il cacciucco per i turisti (qualcuno dice ingentilito, roba da signorine): cioè senza pesci liscosi, con il pane abbrustolito ma non agliato e, peccato grave, senza o con pochissimo peperoncino. Sono molti gli ingredienti comandati dal Signore che compongono (o dovrebbero) un bel piatto di cacciucco: grongo e scorpano, palombo e nocciolo, cicale, boccacce, seppie e polpetti, sugarelli, gallinelle, murene, ghiozzi, triglie, ecc. e pane ben agliato in fondo che poi l’alito “guarisce” con un potente “ponce”. Al confronto del “cacciucco viareggino”, molto caro a Lorenzo Viani, squisito non c’è che dire, il cacciucco livornese

è tutta un’altra cosa. Anche se recentemente Claudio Mollo ha organizzato una gara di cacciucco tra livornesi e viareggini che ha riportato un grande successo di pubblico attratto da questo confronto: alla fine un pareggio ha messo tutti d’accordo. Aldo Santini recentemente ha scritto un libretto sul cacciucco (distribuito con Il Tirreno), preparato dal alcuni grandi chef

Claudio Mollo

62

Il Sommelier Gennaio-Febbraio 2011 • n. 1


speciale

Toscana

“pluridecorati” e l’ha chiamato “Per un cacciucco del 2000”. E’ una pubblicazione che ha suscitato un “vespaio” di polemiche, attirandosi le proteste di quasi tutti i ristoratori livornesi. Ma lui ha tenuto “duro” dicendo che “quando è nato non c’erano gli ingredienti che abbiamo a disposizione oggi, a cominciare dal pomodoro e dal peperoncino (giunti a noi alla fine del ‘500) e da un raffinato “olio extravergine di oliva”. Una raccomandazione: per degustare al meglio questo piatto “sostanzioso” mettiamoci un buon rosso giovane. NASCE UN COMITATO DI VALORIZZAZIONE PER IL CACCIUCCO Proprio per difendere que-

sto piatto tradizionale ha preso definitivamente vita il Comitato di Valorizzazione del Cacciucco e delle Ricette della Tradizione Gastronomica Livornese. Voluto da Claudio Mollo, giornalista e critico gastronomico, cultore delle tradizioni culinarie della Toscana che, insieme ad un gruppo di esperti del settore della comunicazione e dell’alimentazione ha deciso di dare il via ad una iniziativa coccolata da tempo. “Non esiste “una ricetta” o “la ricetta” del Cacciucco – afferma Claudio Mollo - ma esistono una serie di ricette che documentano quanto questo piatto, come altri, oggi non trovino più rispondenza sui menù proposti dalla maggior parte dei locali della città. Aspetto negativo quello della perdita di

identità di un piatto tradizionale e tipico come il Cacciucco, che non fa altro che aggiungersi alla spaventosa crisi di immagine nel panorama italiano che la ristorazione livornese sta vivendo ormai da molti anni a questa parte. Con il Comitato di Valorizzazione, la speranza è quella di portare “nuovamente” alla luce certi piatti evitando di cadere in polemiche con chicchessia o gare su chi fa meglio questo o quello. Del resto ognuno di noi è libero di portare avanti le proprie idee e noi porteremo avanti la cultura gastronomica senza tanti discorsi intorno, supportati dalla stampa specializzata nazionale, dai professionisti della comunicazione, e dagli operatori del settore ittico, invitando chiunque fosse interessato

Il Sommelier Gennaio-Febbraio 2011 • n. 1

63


Toscana speciale

ad avvicinarsi all’iniziativa, per

ca. Il piatto che più di altri in-

provare a tornare, almeno una

contra il favore dei buongustai

volta a mangiare un piatto

è il “Cuscus” che a Livorno è

“vero” e schietto.

presente fin dal 1700 quando

Al suo esordio, appoggiano

gli ebrei cominciarono ad arri-

il Comitato, con il loro patro-

vare dalla Tunisia e dalla Libia.

cinio, l’ASA – Associazione

Altre ricette, tanto per citar-

Stampa Agrolimentare Italiana;

ne alcune, sono le Reginette

L’Associazione Nazionale Città

con bietole, Zuppa di azzime,

del Pesce di Mare e il Pesce

Impanata, Animelle, Cardoni

Dimenticato. Organizzazione

ripieni, Baccalà in ghiotta, Tri-

che seguiranno da vicino le

glie (di scoglio) alla livornese,

vicissitudini del neonato grup-

altra specialità molto richiesta

po.

dagli amanti della buona cuci-

Presto verrà attivato un sito

na, ecc.

internet dedicato al Comitato,

Anche le “roschette” a Livor-

mentre è già disponibile un

no sono popolarissime e ne

indirizzo e-mail: comitatodel-

siamo debitori agli ebrei “se-

cacciucco@tiscali.it al quale

farditi” venuti dalla Spagna

si può richiedere informazio-

che qui furono liberi e ricevet-

ni e precisazioni. Possibile

tero numerosi privilegi. Ce ne

anche un contatto postale

sono di due tipi: “Roschette di

all’indirizzo: COMITATO DEL

Pasqua” (per la Pesah non si

CACCIUCCO – c/o Casella

mangiano cibi lievitati) e “Ro-

Postale 1062 – Fil. 6 – 57121

schette di Purin” che è la festa

LIVORNO.

dell’allegria. Per quanto riguarda i piatti

64

ALTRI PIATTI DELLA CU-

tipicamente livornesi, oltre al

CINA LIVORNESE E DEL-

cacciucco ed alle triglie non si

LA SUA PROVINCIA

può non ricordare, tra gli altri,

Livorno è stata da sempre cro-

lo “stoccafisso alla livornese”,

cevia di popoli e religioni. La

il “Brodo di sassi” (ai tempi

presenza ebraica è massiccia

della miseria… nera), il Cavolo

e bene integrata, da sempre,

“strasciato”, le Cée alla sal-

nel tessuto cittadino. La cuci-

via (ormai introvabili), i Datteri

na livornese quindi ha subito

ripieni alla livornese,

forti influenze da quella ebrai-

beroni alla Calafuria, l’Inno di

Gam-

Garibaldi (il “lesso” tagliato a pezzi e “rifatto” con le patate), Palombo con piselli, la Torta di ceci (e il “5 e 5” con il pane francese con una spruzzata di pepe). L’elenco sarebbe ancora lungo… La cucina dell‘isola d’Elba e Capraia (Montecristo e Gorgona sono inaccessibili, mentre l’accesso a Pianosa è contingentato) naturtalmente, ci presentano una infinita varietà di piatti di pesce. Dall’Elba ci vengono anche dei buoni vini bianchi. E un tradizionale buon “Aleatico”. Per l’entroterra, il Bordatino che è un piatto originario della Garfagnana e della Lucchesia, è arrivato a Castagneto Della Gherardesca (oggi Castagneto Carducci) e a Bolgheri nel 1814 ed ha sfamato tantissime famiglie. Sempre a Bolgheri e in tutta l’Alta Maremma, molto ricercati i Crostini di coglionella, la “Soprassata di cignale”, Testa di cinghiale alla castagnetana, Zuppa di fosso, Cinghiale in umido, Pappardelle al cinghiale. Tutti piatti che richiedono grandi “rossi”. Sulla costa, invece, Sarde ripiene, Zerri sotto pesto, Pastasciutta “insulla palamita”, Spaghetti con le triglie, “Baccalà dell’uliva”, Calamari in zimino, Orata al Sassicaia e Triglie di Castiglioncello. Tra i dolci: Campigliese, Castagnaccio, Cenci, Corollo o ciambella, Frittelle di riso, Schiaccia briaca dell’Elba e a Livorno la “stiacciata” di Pasqua, ecc.

Il Sommelier Gennaio-Febbraio 2011 • n. 1


speciale

Val di Cornia “Qualità” è stata fin da subito la parola d’ordine di questa giovane zona di produzione, in un territorio in cui la viticoltura è molto attiva fin da epoche antichissime.

L

a

nasce

perimetro della stessa tutti i

Campiglia). Col passare degli

ufficialmente nel 1990

terreni non vocati. Una storia

anni al nucleo dei “pionieri” si

dopo 4 anni di intensa

articolata

appassionata

sono aggiunte nuove realtà che

che Walter Gasperini, uno

hanno contribuito a tenere alto

costituita

dei protagonisti di allora, ha

il livello di qualità, come non

fra i comuni di Piombino,

raccolto in un volume fresco

citare Tua Rita, produttrice del

Campiglia

di stampa.

pluridecorato Redigaffi, merlot

Diciannove furono i produttori

in purezza, con un dinamismo

Vincenzo e Monteverdi, che

“fondatori”

della

e

che è ancora lungi dall’essersi

ha guidato a livello istituzionale

molte

quelle

aziende

esaurito. Nel 1999 è stato

il percorso di riconoscimento

rappresentano ancora oggi

rivisto il disciplinare andando

della DOC affidando, in tale

l’eccellenza

del

ad inserire accanto agli storici

ambito,

territorio

Re,

Sangiovese,

attività

Doc

dell’Associazione

Intercomunale,

Suvereto,

Marittima, Sassetta,

all’enologo

San

Marco

ed

di

DOC

qualitativa

(Gualdo

del

Trebbiano

e

Stefanini il compito di studiare

Bulichella, Petricci e Del Pianta

Vermentino anche i vitigni

rigorosamente vocazione

terreni

e

a Suvereto, Az. San Giusto a

internazionali

escludendo

dal

Piombino e Jacopo Banti a

Merlot e Syrah) e l’Aleatico,

Il Sommelier Gennaio-Febbraio 2011 • n. 1

Toscana

a cura di Alessandro Alcamo

(Cabernet,

65


Toscana speciale a coronare un’ espansione di

Attualmente nella DOC operano

antichi come il Promontorio di

gamma e di prodotti che negli

49 aziende (29 a Suvereto,

Piombino, quelli di Suvereto

anni novanta si era già venuta

8 a Campiglia Marittima, 7 a

collina, a Campiglia Marittima e

affermando

La

Piombino, 3 a Monteverdi, 1

Sassetta, mentre nei terreni più

definitiva consacrazione della

rispettivamente a San Vincenzo

a valle si conferma il Cabernet

zona è avvenuta con l’ingresso

e Sassetta) con una superficie

e danno il meglio di sé vitigni

di grandi realtà nazionali del

vitata complessiva di 561 ha.

come il Syrah ed il Vermentino.

mondo vitivinicolo sul territorio,

La natura dei terreni varia

I vini della Val di Cornia assumono

dove sono state realizzate

sensibilmente in funzione delle

sovente una mineralità lieve,

autentiche

modello

zone, nel giro di pochi metri

conferita da terreni di coltura

(Petra-

con

forza.

cantine

Moretti,

si passa da argille calcaree a

antichi

Tenuta Rubbia al Colle – F.lli

Gruppo

terreni galestrosi, fino a trovarsi

rendono intriganti e originali

Muratori). Ma, come detto, la

di fronte ad argille plioceniche

molti prodotti.

zona è di per sé in continua

e terreni calcarei affioranti.

La DOC Val di Cornia sia da un

evoluzione ed oggi vive un’altra

Questa enorme e preziosa

punto di vista geologico che

trasformazione: dai “pionieri”

variabilità

di

viticolo rappresenta un anello di

della

concetto

ricchezza per il territorio e i suoi

congiunzione tra i territori della

di viticoltura biologica si sta

prodotti in quanto i vini che qui

Maremma, con i sui vini robusti,

estendendo a numerose altre

nascono diventano complessi

minerali e ricchi di carattere ed

aziende e in 3 casi (I Mandorli e

e strutturati.

il Bolgherese, caratterizzato da

Macchion de’Lupi a Suvereto e

Il Sangiovese, il Merlot ed

prodotti intriganti, eleganti e

La Cerreta a Sassetta) si pratica

il

ad

signorili, raggiungendo nei suoi

già la coltura biodinamica.

esprimersi

bene,

vini di eccellenza un equilibrio

Bulichella

il

una

Cabernet

soprattutto

66

è

fonte

riescono molto nei

terreni

più

e

importanti,

raro di tutte queste virtù.

Il Sommelier Gennaio-Febbraio 2011 • n. 1

che


Il piccolo comune posto sulla lieve collina che divide la piana di Lucca dalla Valdinievole è sicuramente uno dei territori più vocati per la coltivazione della vite in tutta la Toscana.

D

a secoli si coltivano,

borgo medioevale, Montecarlo

miava, ancora oggi in con-

su questi dolci pendii

è stato infatti costruito nel

trotendenza con i tipici vitigni

la vigne e da secoli

1333, ma sul colle il lavoro agri-

Toscani, la produzione dei vini

se ne trae il nettare di Bacco.

colo era sicuramente dedito

bianchi tanto che, una volta de-

Viene fatta risalire ai Romani la

alla viticultura; il piccolo paese

caduta la Repubblica di Lucca

coltivazione della vite nel terri-

di contadini che lì vicino sorge-

ed il territorio inglobato nel

torio ma è “soltanto” nel 846

va si chiamava infatti Vivinaia,

granducato di Toscana, il Duca

d.c. che viene menzionata in

derivante dall’antica Via Vinaria,

Cosimo dei Medici “rallegrava

un atto ufficiale la produzione

strada romana che attraversa-

i commensali” bevendo i vini

di vino: “A tertiam vices uba le-

va la collina da oriente ad occi-

prodotti con uva Trebbiano sul

gittima calcata” - “vino puro, di

dente e che congiungeva la Via

colle Montecarlese e li stessi

uva pigiata tre volte secondo le

Cassia presso Buggiano con la

vini raggiungevano contratta-

regole, e poi svinata”

Via Romea presso Altopascio.

zioni superiori, sul mercato di

Ancora non era nato il piccolo

La coltivazione della vite pre-

Firenze, a qualsiasi altro vino.

Il Sommelier Gennaio-Febbraio 2011 • n. 1

Toscana

a cura di Roberto Forassiepi

speciale

Montecarlo: 40 anni di D.O.C.

67


Toscana speciale

Ma l’evento che ha cambiato ra-

dei blend tra vitigni autoctoni e

un territorio ventilato con una

dicalmente il vino di Montecarlo

vitigni internazionali. Introdusse

discreta diffrenza termica tra

è avvenuto circa nel 1870 quan-

anche tecniche di vinificazione

giorno e notte, diverso da ogni

do Giulio Magnani, proprietario

innovative per il territorio e per

della Fattoria Marchi-Magnani,

il periodo, imparate in Francia,

altra parte della regione etru-

decise di andare a visitare la

tanto che intorno agli anni ’30

Francia per apprendere le tec-

del secolo scorso, il vino era

niche di vinificazione di quei

conosciuto come “lo Chablis di

territori e decise di riportare

Montecarlo” e fini con l’allietare

delle barbatelle di vite di alcune

i commensali del banchetto di

produce in particolare vini bian-

varietà che, secondo il suo giu-

nozze tra il Principe Umberto di

chi freschi e profumati, da abbi-

dizio, potessero essere coltiva-

Savoia e Maria Josè.

narsi alle tante portate di pesce

te nel suo territorio di origine.

L’assegnazione della D.O.C.

che la cucina costiera propo-

Visitando la valle del Rodano

nel 1969 al vino bianco di

ne e vini rossi giovani, freschi,

ritenne che il Roussanne, il

Montecarlo, una delle prime in

Semillon, il Viogner ed il Syrah

Toscana, è un riconoscimento

equilibrati da abbinarsi con i

potessero

vini

sia della qualità del prodotto

Montecarlesi, bianco e rosso,

sia della sua storia, insieme alla

donandogli più corpo e profu-

Vernaccia di San Gimignano,

mi ed andando ad ingentilire

D.O.C. nel 1966, risulta esse-

quelli prodotti con gli autoctoni

re l’alternativa in bianco in una

e tutti quei piatti legati ai pic-

Trebbiano e Sangiovese, antici-

regione conosciuta per i grandi

coli allevamenti di conigli e polli

pando notevolmente la tenden-

vini rossi. Un bianco risultato

che i contadini producevano “in

za degli ultimi anni di realizzare

di un microclima particolare,

proprio”.

migliorare

i

sca. Il vino di Montecarlo ha comunque seguito l’evolversi della tecnologia in cantina ed oggi

piatti della pianura Lucchese, dove la cultura contadina proponeva la Farinata col Cavolo Nero, la Zuppa alla Frantoiana

Montecarlo

68

Il Sommelier Gennaio-Febbraio 2011 • n. 1


speciale

Toscana

Sulle Colline Lucchesi alla scoperta della viticoltura biodinamica a cura di Fabio Pracchia

D

ieci anni fa, all’inizio del mio percorso di giornalista, venni incaricato dal mensile Euposia di scrivere un articolo sulla biodinamica applicata alla viticoltura. Questo compito mi venne assegnato non tanto per le mie capacità, ma, piuttosto per la mia posizione geografica. Abitavo, ancora oggi, a Lucca e sulle mie colline, allora, covava un focolaio di un nuovo modo di interpretare la viticoltura; se ne sapeva poco, ma era certo che questo metodo era svincolato dall’uso della chimica nel vigneto. I riverberi di questo piccolo fuoco erano localizzati precisamente a Valgiano, dove un giovane enologo stava mettendo in discussione i saperi istituzionali acquisiti all’Università per iniziare un cammino personale

di sperimentazione. Il giovane enologo è Saverio Petrilli e oggi il piccolo fuoco è un incendio appiccato a tutta la viticoltura italiana.

Origine L’origine dell’applicazione del metodo biodinamico

in agricoltura risale al secolo scorso nel celebre incontro tra gli agricoltori di Koberwitz e l’antroposofo Rudolf Steiner. Durante questo ciclo di otto conferenze, Steiner dettò i principi per un’agricoltura naturale indipendente dalla crescente e invasiva industria

Podere dei Concori

Il Sommelier Gennaio-Febbraio 2011 • n. 1

69


Toscana speciale

Gabriele Da Prato - Podere Concori

della chimica. Le tesi steineriane furono le fondamenta di una filosofia agricola destinata a rivoluzionare il concetto di agricoltura. Tra i punti di questi enunciati vale la pena ricordare il concetto fondamentale di

70

Saverio Petrilli - Tenuta di Valgiano, premio Vini di Toscana 2009 per la viticoltura sostenibile

organismo agricolo in relazione continua con terra e cielo. La reciproca influenza tra i corpi celesti, il suolo e ciò che vive sopra esso, piante, uomini e animali e tale da generare un ciclo chiuso, che ripropone un

modello universale di equilibrio. Questo equilibrio è possibile a patto di conservare il più possibile la biodiversità delle colture e degli animali. Difficile mantenere questa situazione nell’agricoltura moderna dove

Il Sommelier Gennaio-Febbraio 2011 • n. 1


questi

estensione hanno depauperato

denominati

provincia. La monocultura è

comunemente

poco diffusa, spesso la vite

i terreni di sostanza organica

500 e 501. Ce ne sono altri,

interrompe una teoria di oliveti,

e gli uomini di capacità di

ma comunemente vengono

orti e campi per l’allevamento.

osservazione. Chi ha reso

impiegati questi due.

Ancora, spesso il vino non

possibile

l’applicazione

di

è l’unica fonte di reddito e

questo metodo alla morfologia

Lucca

quindi convive spesso con

della nuova agricoltura è stato

Saverio Petrilli ha incontrato

altre attività come agriturismo,

Alex

in

più volte Podolinsky e ne

ristorazione o altre professioni.

Russia e emigrato in Australia,

ha colto l’insegnamento. A

Ultimo, in base a quanto detto

Podolinksy riuscì a realizzare

Lucca l’enologo della Tenuta

sopra, molti vignaioli hanno

una serie di preparati, veri e

di Valgiano ha formato una

una rara apertura mentale,

propri stimolatori di fertilità,

sorta di circolo virtuoso di

culturalmente avanzata e perciò

che applicati in piccole dosi

piccoli viticultori che praticano

pronta al nuovo. In termini di

riuscivano ad attivare l’attività

la biodinamica all’interno delle

sostenibilità la biodinamica

radicale

loro proprietà. Non è un caso

permette di portare avanti

maniera

che questa enclave si sia

un vigneto senza inquinare

sorprendente. Il metodo di

formata sulle colline lucchesi.

e stimolando la vegetazione

preparazione

Innanzi

nonostante

a guadagnarsi da sola ciò di

delle

Podolinsky.

e

Nato

fotosintetica

piante

in dei

preparati

tutto,

sfiora la normale comprensione

l’aspetto

conservatore,

cui ha bisogno, attraverso una

ma

si

Lucca ha sempre mostrato

brulicante attività radicale e

basano sulla moltiplicazione

l’interesse per l’altro da sé,

fogliare. I terreni sono salubri

dell’attività

e

per la scoperta: basti pensare

e

sull’aumento delle rifrazione

che in viticoltura le uve francesi

che

dei raggi del sole. Base

compaiono

suolo,

della moderna biodinamica,

nei declivi vitati di questa

basti

sapere

che

microbiotica

da

sempre

che

Il Sommelier Gennaio-Febbraio 2011 • n. 1

ricchi

di

danno

microrganismi ossigeno

tornano regolano

Toscana

vengono

preparati

speciale

la monocultura e la grande

gli

al

insetti

l’ecosistema

71


Toscana speciale 72

e predano quelli pericolosi

Concori in Garfagnana. In

Parliamo di Vino

per le colture. Le aziende

questi luoghi, meno facili per

Purtroppo

che

abbracciato

la viticoltura in quanto più a

diffusa anche tra gli addetti

l’agricoltura biodinamica a

nord e meno assolati, proprio

ai lavori è che i vini ottenuti

Lucca sono disseminate per

la conoscenza delle vecchie

da agricoltura biodinamica

il comprensorio delle colline

generazioni ha permesso a

abbiano qualche imprecisione

con

hanno

qualche

interessante

una

diceria

queste aziende di salvare non

stilistica. Smettiamola una

zona.

solo una sorta di viticoltura

Fabbrica di San Martino,

volta per tutte: non è vero. Un

ancestrale, ma addirittura

Fattoria

di riportare alla luce vitigni

esempio per tutti: il Domaine

inserzione

fuori Colle

Verde

e

de

la

Romanée-Conti

è

naturalmente la Tenuta di

locali

Valgiano occupano in pieno

all’estinzione. La biodinamica

la

Per

ha aiutato queste aziende in

queste aziende l’agricoltura

molti modi. Proprio l’utilizzo

biodinamica ha significato

dei preparati, citati sopra, ha

un’interpretazione

sempre

permesso un radicamento

più fedele del concetto di

delle viti e un apporto di luce

appartenenza. Ciò si è tradotto

sufficiente per condurre a

in

progressivamente

maturazione le uve che in

più personali e scevri da

questi luoghi necessitano di

conformismi gustativi. Anzi

particolare attenzione. Ma

il vino per loro ha cessato

non si tratta solo di qualità

di essere una sola voce di

delle uve. In Garfagnana,

guadagno ma la naturale

data la pendenza dei terreni,

conclusione di un processo

ci sono pericolosi periodi

agricolo armonico e ampio.

dell’anno dove le frane non

Diverso il discorso per le altre

sono così rare. L’attenzione

due aziende, principali attrici

alla biodiversità delle specie

di questo movimento. Macea

vegetali e al fitto radicamento

e Podere Còncori. Queste

delle stesse ha permesso una

schierati. A parte Valgiano,

aziende sorgono in un’area

naturale tenuta del terreno.

da tempo al vertice della

dove la tradizione vitivinicola

Circa tre anni fa in una frana

qualità

è affidata ai saperi contadini,

che aveva coinvolto la zona di

specialmente

capaci di individuare con la

Gallicano dove sorge Podere

di San Martino e Podere

propria sensibilità i migliori

Còncori gli unici terreni che

Còncori stanno raccogliendo

appezzamenti per le uve.

avevano tenuto erano quelli

molti consensi dalla stampa di

Siamo, per quanto riguarda

dell’unica azienda vitivinicola

settore e dagli appassionati,

Macea nella Media Valle del

presente. Che coincidenza

grazie a vini al tempo stesso

Serchio, e, nel caso di Podere

vero?

originali e profondi.

denominazione.

vini

altrimenti

destinati

condotto Punto.

in

Detto

biodinamica. questo

un

tratto comune di questo approccio agricolo è che origina vini capaci di rivelare la reale vocazione dei vigneti. A Lucca è precisamente così.

Soprattutto

perché

stiamo parlando di vignaioli che

non

delegano

il

compito della vinificazione e

dell’affinamento

delle

proprie uve. Il risultato è stato eccellente. In parallelo a un cambiamento della critica enologica sempre più attento ai vini di territorio, i vini lucchesi si sono trovati

Il Sommelier Gennaio-Febbraio 2011 • n. 1

enologica la

italiana, Fabbrica


Immersa tra le Alpi Apuane e l’Appennino Tosco Emiliano, attraversata dal fiume Serchio e brulicante di valli, laghi e boschi si trova uno dei patrimoni naturalistici ed enogastronomici più importanti della Toscana, la Garfagnana. Siamo in provincia di Lucca, ad un passo dal Modenese, a sud della Lunigiana, altra grande terra di antichi sapori.

R

isalendo il corso del fiume Serchio troviamo i paesi di Castelnuovo Garfagnana, la città più grande, Pieve Fosciana, Castiglione di Garfagnana, Villa Collemandina, Camporgiano, Piazza al Serchio e tanti altri incantevoli borghi come Corfino, Careggine, Minucciano, Vagli, luoghi dove il tempo sembra essersi fermato ed aver iniziato a correre indietro verso i primi decenni del secolo scorso. Chi visita questi paesi sente i profumi ed i sapori di un tempo, incontra la cultura contadina, viene inebriato dalla tranquillità e dalla lentezza dello scorrere delle giornate, senza frenesia, fuori da ingorghi, file caotiche.

Una terra dai sapori “poveri”, semplici, contadini, una cucina che riscopre il farro, la farina di neccio, la polenta, il pane di patate, il miele, i funghi porcini, il formenton e salumi poveri come il biroldo (del maiale si sa, non si butta via nulla). E quindi iniziamo il nostro viaggio con una panoramica delle delizie che questa valle nasconde, solo una piccola parte naturalmente perché ogni piccolo borgo va fiero di una specialità locale, magari prodotta solo da una piccola macelleria o da un contadino o da un paio di pastori o da una vecchietta che abita in quella casa là in fondo al paese.

Toscana

a cura di Livio Del Chiaro

speciale

La Garfagnana: viaggio tra i sapori di un tempo

I Presidi Slow Food Anche in questa antica terra bisogna ringraziare Slow Food che ha aiutato alcuni piccoli produttori a continuare la produzione di piccole perle di bontà che altrimenti sarebbero andate perdute e avrebbero continuato a vivere solo nella memoria degli anziani fino ad andare, piano piano, perdute. Il Biroldo della Garfagnana è una tipologia di sanguinaccio in cui viene utilizzata esclusivamente la testa del maiale, il cuore e la lingua con l’aggiunta di spezie che variano a seconda dell’artigiano che lo produce. Non vengono aggiunti i pinoli o l’uvetta come nel biroldo lucchese.

Il Sommelier Gennaio-Febbraio 2011 • n. 1

73


Toscana speciale

Biroldo

Farina di Neccio

Un tempo era considerato un cibo povero che nel corso degli anni è stato dimenticato ma poi fortunatamente riscoperto da alcuni macellai e protetto come presidio Slow Food. Il Prosciutto Bazzone deve il suo nome alla sua forma particolarmente allungata che ricorda una bazza (nome locale per un mento pronunciato). Questo è un prosciutto prodotto con maiali locali allevati allo stato semi-brado che vengono macellati intorno ai 15 mesi, quando hanno raggiunto un peso di circa 200 kg. Il bazzone è molto grande e deve essere tagliato solo col coltello per esaltare le sue caratteristiche organolettiche. E’ una vera rarità prodotta da 3 soli produttori che hanno ricostruito la filiera produttiva. L’ultimo presidio Slow Food è il Pane di Patate della Garfagnana, che viene prodotto aggiungendo alla farina di grano un 15% di patate

74

lesse (spesso quelle di Sillano) e facendo lievitare con lievito madre. È un pane morbido e molto saporito che fa venire in mente quei tempi in cui le patate venivano usate perché costavano poco e perché il pane così prodotto si conservava più a lungo.

DOP e IGP La Farina di Neccio della Garfagnana DOP è una farina di castagne (neccio in garfagnino significa castagno) per produrre la quale le castagne vengono essiccate in “metati” (apposite strutture in muratura collocate nei castagneti in cui le castagne vengono fatte essiccare sopra un fuoco leggero, alimentato con ciocchi di castagno). Con la farina di neccio si prepara la polenta, i manafregoli, il castagnaccio ed i necci, spesso accompagnati con ricotta. Il Farro della Garfagnana

Farro della Garfagnana

IGP viene coltivato in terreni idonei tra 300 e 1100 m s.l.m., viene seminato in autunno, coltivato secondo i dettami dell’agricoltura biologica e raccolto in estate. Col farro si preparano zuppe, torte, minestre di fagioli, formaggi.

Altri Prodotti Tipici Il Formenton otto file della Garfagnana è un particolare tipo di granturco con grandi chicchi di colore oro, coltivato praticamente da sempre in Garfagnana. Viene macinato in mulini a pietra ed usato per preparare un’ottima polenta. Il Miele della Garfagnana è un altro prodotto dalle caratteristiche organolettiche particolari, dovute al territorio di produzione ancora praticamente

Il Sommelier Gennaio-Febbraio 2011 • n. 1


speciale

Toscana

Formenton

Prosciutto bazzone

incontaminato. I più tipici sono quello di acacia e naturalmente quello di castagno. Altri prodotti tipici sono i funghi porcini, qui particolarmente abbondanti e saporiti, il pecorino, prodotto solitamente con pecore di razza massese allevate brade. Questo viene sottoposto ad una stagionatura più o meno prolungata ed affinato con diversi ingredienti (vinacce, cenere, foglie di noce, farro, castagne). Ma troviamo anche il pesce, naturalmente non di mare ma di torrente, la trota, in particolare quella marinata di Gallicano, preparata già nel 1500. E per finire vi sono anche altri salumi tipici come il Manzo di pozza, carne di manzo tagliata a pezzi e messa in una cavità (pozza) con una salamoia naturale fatta di sale ed erbe aromatiche e la Mondiola della Garfagnana, un salame con la tipica forma ad “U” ed

una foglia di alloro nel mezzo.

nel 1999 decise di continuare l’opera del padre ed iniziare un

Il Vino

progetto basato sull’agricoltura biodinamica per produrre un vino al livello degli altri vini toscani nelle colline di Fiattoni a Gallicano. Con l’aiuto del maestro Saverio Petrilli e dopo aver visitato diverse zone di eccellenza per la produzione di vino tra cui la Borgogna, Gabriele decise di scegliere vitigni capaci di adattarsi bene a questo clima, recuperò alcuni vitigni autoctoni, intraprese la via della biodinamica, iniziò a concepire il singolo vigneto come cru...ed il miracolo avvenne. Secondo Gabriele non sono mai stati prodotti vini di qualità in Garfagnana non per una reale incapacità del terroir ma per una chiusura mentale ed una convinzione che questa terra non poteva dare buon vino. Le possibilità sono però molto grandi per tutta la zona dalle valli un poco più basse e vicine al fiume Serchio dove

Fino a non molti anni fa nella lucchesia ed in Versilia venivano decantate le lodi dei prodotti alimentari della Garfagnana ma si raccomandava di non bere mai vino garfagnino perché pessimo. Negli ultimi anni questa affermazione è stata smentita visto la capacità di alcuni produttori di riuscire ad ottenere ottimi vini anche in questa zona dove non c’era mai stata una vera produzione di qualità. Ma basta ricordare che fino a non molti anni fa nessuno avrebbe scommesso un centesimo su Bolgheri ed invece.... Una chiaccherata con Gabriele da Prato, proprietario dell’azienda Poderi Concori e precursore della viticoltura di qualità in Garfagnana, mi ha un poco chiarito le idee. Gabriele è stato il primo vigneron della Garfagnana, che

Il Sommelier Gennaio-Febbraio 2011 • n. 1

75


Toscana speciale

Parco dell'Orecchiella

76

Garfagnana

Chenin Blanc, Pinot Bianco,

e un bel “tombolo” di polen-

di necci (crepes di farina di

Syrah e Pinot nero si sono

ta. Per cominciare, il padrone

castagne preparate con i testi

ben adattati, fino alle zone ad

di casa ci porta un tagliere di

su fuoco a legna) con ricotta

altitudine più elevata dove ad

affettati misti dove spicca al

e miele.

esempio il Riesling potrebbe

centro il colore nero del birol-

Per concludere un digesti-

dare risultati inattesi.

do che accompagniamo con

vo, l’Elisir di China di Pieve

un poco di pane di patate ed

Fosciana (famoso negli anni

La Cucina Garfagnina

un bicchiere abbondante di

20’-30’).

vino rosso.

A questo punto soddisfatti ci

Immaginiamo per un attimo

Poi passiamo ad una minestra

alziamo con difficoltà dal tavo-

non di trovarci nel solito ri-

di farro e fagiolo mascherino

lo e siamo felici che esistano

storante all’ultimo grido ma

della Garfagnana, seguita da

ancora dei luoghi come que-

in un vecchio casolare in una

cinghiale in umido e funghi

sto, dove il tempo scorre un

piccola conca con una vista

porcini con polenta di formen-

po’ più lentamente, dove si

sul fiume Serchio da un lato

ton otto file. A questo punto,

apprezzano cibi semplici e ge-

ed un immenso bosco di ca-

anche se siamo già pratica-

nuini e dove la tradizione non

stagni dall’altro. Ci troviamo

mente sazi, ci viene portato un

viene vista come arretratezza

seduti ad un rustico tavolo in

vassoio di pecorini locali, fre-

e quasi con disprezzo ma con

legno apparecchiato in manie-

schi, semistagionati ed anche

ammirazione e come qualco-

ra piuttosto spartana con una

a lunga stagionatura sotto pa-

sa da preservare. Un valore

vecchia tovaglia a quadri rossi

glia e fieno. E si arriva al dolce,

che stiamo perdendo, ma che

e bianchi, con in mezzo al ta-

una fetta di castagnaccio (con

ancora possiamo recuperare.

volo una brocca di vino rosso

rosmarino e noci) ed un paio

Benvenuti in Garfagnana!

Il Sommelier Gennaio-Febbraio 2011 • n. 1



speciale

Toscana

ANDREA BERTUCCI “l’ecogastronomo” a cura di Mario Del Debbio

urante una delle mie ulti-

D

posizione: seduto al taglio del

damenta medievali del duomo

me visite all’ Osteria del

prosciutto. Andrea sorride e

cittadino, e che custodisce

Vecchio Mulino di Castelnuovo

dice, quasi candidamente: “si,

intatta l’atmosfera dell’antico

di Garfagnana, ho assistito ad

si, sono proprio io, questo è

ristoro con il grande bancone

una scena che testimonia da

il mio posto”. In questa foto

e le alte scaffalature dell’epo-

sola la caratura di questo per-

c’è tutto Andrea, un gigante

ca, Andrea Bertucci da oltre

sonaggio.

Sono seduto alla

buono con la faccia da Bacco,

20 anni porta avanti il suo pro-

lunga tavola comune proprio

che trasmette a tutti una pas-

getto tirando dritto sulla sua

di fronte al vecchio bancone

sione grande come il mare: la

strada. Una strada che lui non

quando una coppia di stra-

ricerca costante della qualità.

ha solo percorso ma letteral-

nieri di mezza età, riconoscibili

La stessa che evidentemen-

mente costruito parlando di

come tali per l’abbigliamen-

te cercava quella coppia che

qualità, di eco-sostenibilità, di

to ampiamente corredato da

dalla lontana Scozia, giran-

tutela del territorio e di risco-

macchine fotografiche e l’im-

do e rigirando per le terre di

perta dei prodotti tipici quan-

mancabile guida tra le mani,

Toscana, era finita in questo

do queste cose ancora non

entra nel locale presumibil-

angolo di paradiso gastrono-

erano di moda.

mente per mangiare. Dopo

mico che è la Garfagnana. In

Assieme a pochi amici, e mi

un primo sguardo misto tra

questa osteria nata ai primi del

piace citare il compianto Enzo

curiosità e timore vedo il viso

novecento, ubicata nelle fon-

Pedrieschi, ha riscoperto e

della signora illuminarsi di un grande sorriso. Con la guida ben aperta si dirige verso Andrea Bertucci intento ad affettare,

rigorosamente

a

mano, un superbo prosciutto e, pronunciando qualcosa in un dialetto che sul momento non riconosco ma sicuramente nord-europeo, mostra prima al marito e poi allo stesso Andrea la foto sulla guida che lo ritrae nella stessa identica Andrea Bertucci

78

Il Sommelier Gennaio-Febbraio 2011 • n. 1


speciale

Toscana

fatto conoscere i prodotti della sua terra come il Formenton Otto File una qualità di granturco che stava per essere perduta e che Andrea con grande intuito ha contribuito a salvare convincendo alcuni contadini locali non solo a non abbandonarne la produzione ma piuttosto ad incrementarla, od ancora come il Biroldo della Garfagnana, un sanguinaccio cotto oggi Presidio Slow Food, e tanti altri senza dimenticare ovviamente il Farro, prodotto per il quale il nostro Andrea si è guadagnato il titolo di “faro del Farro” proprio per il suo ruolo guida nella salvaguardia del patrimonio gastronomico garfagnino. Per questo la sua bottega è diventata meta di viandanti di ogni dove, persone semplici in cerca di cose semplici da gustare seduti accanto ad altre persone sconosciute che la buona tavola sa rendere subito grandi amiche.

Enoteca Vecchiomulino

Ma oggi Andrea non si ferma solo alla sua amata Garfagnana, nella sua missione di “Eco-Gastronomo” va in cerca di qualità ovunque essa si trovi, nei grandi vini, nei salumi, nei formaggi italiani ed anche in certe piccole chicche che provengono da altri paesi accompagnandole con le torte di farro e di patate preparate in casa come facevano le nostre nonne. Un prodotto per

essere di qualità, dice Carlin Petrini anima di Slow Food, deve essere “buono, pulito e giusto”. Buono per le caratteristiche organolettiche, che provocano esaltanti sensazioni in bocca; pulito, perche deve essere il più possibile prodotto in modo adeguato, utilizzando metodi poco impattanti; giusto, perche chi coltiva e lavora in questo modo deve essere remunerato adeguatamente. Un comandamento sposato in toto dal nostro Oste garfagnino. La sua bottega dei sapori vi attende e lui, potete esserne certi, vi accoglierà seduto intento a tagliare una fetta della sua ultima scoperta, che sia un salume, un formaggio o altro ancora ma sempre e comunque con un garanzia infallibile: selezionata con cura da Andrea Bertucci “l’ecogastronomo.”

Il Sommelier Gennaio-Febbraio 2011 • n. 1

79


Toscana speciale

Degustando Le Pergole Torte 2007 - Montevertine - Radda in Chianti (SI) Al naso è un catalogo delle note tipiche del sangiovese, con marasca, tanta mineralità, terra bagnata, cui unisce, in un insieme di inarrivabile distinzione, note terziarie di caffè e tabacco dolce. In bocca è emozionante, grazie alla perfetta fusione di morbidezza, tannini finissimi, acidità e, soprattutto, una grande sapidità. Il finale, su piacevoli sensazioni di piccoli frutti rossi freschi e dolci, di pepe e di terra, è lunghissimo e rinfrescante. E la dimostrazione delle vette di finezza e profondità di cui il sangiovese è capace. Bolgheri Sassicaia 2007 - Tenuta San Guido – Bolgheri (LI) Il naso, decisamente distinto ed elegante, ha netta mineralità, note di caffè e tostatura, liquirizia, piccoli frutti neri (mora), arbusti mediterranei, note balsamiche fresche. La bocca si caratterizza per una bellissima sapidità, i tannini finissimi sono da ammorbidire, ma l equilibrio è già notevole; il finale, pulitissimo e lungo, è segnato da intriganti sensazioni marine, iodate, saline. Masseto 2007 - Tenuta dell’Ornellaia - Castagneto Carducci (LI) Colore rosso rubino molto concentrato, impenetrabile. Al naso è decisamente ricco, con note minerali (evidente talco), liquirizia, prugna, frutta rossa matura, sentori mentolati freschi; solo accennati e discreti i caratteri vegetali del vitigno; la bocca è grassa, ma con notevoli acidità e sapidità; la materia è notevole, senza alcun cedimento, ma il finale, molto lungo, è fresco e corrispondente alla complessità olfattiva. E un Masseto magari non concentrato come suoi altri millesimi, ma decisamente più elegante e piacevole. Chianti Classico 2007 - Riecine - Gaiole in Chianti (SI) Olfatto molto tipico con nettissima marasca, terra, note di viola; in bocca ha un tannino leggermente ruvido, da affinare, ma ha grande freschezza, è molto sapido, il finale è decisamente persistente ed elegante, invitante con netti sentori minerali e fruttati. Un grande vino di territorio, godibilissimo, ad un piccolo prezzo.

80

Chianti Classico Riserva 2007 - Villa Cafaggio – Panzano (FI) Il Chianti Classico Riserva ha un colore rosso rubino, con una leggera nuance granata riconducibile al Sangiovese. Al naso si riconosce subito la frutta matura con note di mirtillo nero e di ciliegia con un piacevole sottofondo floreale. Palato pieno giustamente tannico di buona dolcezza. Finale lungo ed asciutto. Vino strutturato ed elegante ottimo compagno della cucina toscana.


Al naso esprime eleganza e finezza aromatica con note di amarena, cannella e pepe, profumo intenso e persistente. In bocca si ritrova immediatamente la piacevolezza del frutto, la struttura denota una trama di tannini, fitta ed elegante, ottima maturazione e morbidezza. Chiude in lunghezza sulle stesse note speziate e minerali Un vino equilibrato di gran classe sicuramente di grande durata

Toscana

Tenuta di Valgiano 2007 - Tenuta di Valgiano - Valgiano (LU)

speciale

Bolgheri Superiore Ornellaia 2007 - Tenuta dell’Ornellaia - Castagneto Carducci (LI) All olfatto si esprime su note dolci, molte spezie, caffè, discreti aromi vegetali varietali. In bocca è ricco, ha grande materia, struttura, concentrazione; il calore alcolico è subito integrato e contrastato da una piacevole ed elevata sapidità; i tannini sono quasi vellutati, l acidità non è eccessiva; il finale, molto lungo, è segnato da piacevoli note balsamiche da legno.

Melograno Rosso 2008 - Podere di Concori – Gallicano (LU) Rosso rubino. Profumo accattivante e diretto, di frutta rossa di bosco giovane, con note di ciliegia amarena, spezie (pepe sopratutto) ed erbe aromatiche. Al palato è fresco e deciso mantenendo però eleganza e equilibrio. Tannini non oppressivi ben integrati. Finale di buona lunghezza che gioca ancora con le spezie e retro-olfattiva di leggera aromaticità. Un vino che invita alla beva. Piaggia 2007 riserva - Piaggia – Poggio a Caiano (PO) Rubino di trama fitta. Al naso attacco di frutti di bosco maturi con note di mora, seguono spezie e note aromatiche dolci di discreta persistenza. Attacco in bocca di grande impatto con tannini dolci ed integrati. Finale lungo che lascia un sentore di frutta matura con note di terziario. Da bersi e ribersi. Tenuta di Capezzana 2007 – Villa di Capezzana – Carmignano (PO) Rosso di buona intensità. Si presenta al naso con profumi toscani con note di viola e piccoli frutti a polpa scura. Al palato si dimostra vivo e di buona freschezza. Tannini in evidenza ma senza eccessi. Buona struttura e complessità. Finale di giusta durata che lascia in bocca le note fruttate con leggere sfumature vegetali. Casalferro 2007 - Barone di Ricasoli – Gaiole in Chianti (SI) L’azienda storica del Chianti propone l’ultima versione del Casalferro in Merlot in purezza. Di colore rubino intenso presenta un olfatto elegante con di frutta di bosco – ribes e more – con note floreali e sottofondo di leggera speziatura. Fresco al palato con tannini ancora in evidenza ma nel complesso equilibrato ed elegante. Finale che gratifica il palato con un ricordo fruttato. I’ Rennero 2007 - Gualdo del Re – Suvereto (LI) Da uve Merlot un rosso rubino profondo. Naso avvolgente con frutta matura a polpa scura dalla ciliegia marasca alla mora. Note speziate sul fondo. In bocca denota la sua struttura, caldo e pieno, di piacevole morbidezza. Tannini di grande trama e di giusta dolcezza. Sul finale ampio e lungo si riconoscono ancora le note fruttate ravvivate dalla freschezza delle spezie. Soc. Agr. I Balzini - Black Label 2007 - Igt Colli della Toscana Centrale Cabernet Sauvignon - Sangiovese - Merlot Limpido. Rosso rubino con leggero granato all’unghia. Al naso intenso e persistente con floreale di Mammolo e rosa. Speziatura elegante con finale di cacao. Fruttato di prugna e frutti di bosco maturi, in evidenza il lampone. Al gusto caldo, di corpo, leggera dominanza tannica già evoluta, sapido e con acidità vestita. Molto persistente.

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a cura della redazione di Quality ADV

U

n evento di assoluta rilevanza internazionale che persegue l’ambizioso obiettivo di creare cultura nel mondo del vino, permettendo ad appassionati e winelovers di conoscere i più autorevoli esperti mondiali, di partecipare a focus e seminari di grande interesse, nonché di poter degustare vini davvero unici provenienti da tutto il mondo, insieme a quelli proposti dalle 100 aziende italiane selezionate da Ian d’Agata

Ian D'Agata ed Helmuth Köcher

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Dal 5 al 7 febbraio 2011 il Salone delle Fontane del Quartiere EUR a Roma ospiterà la seconda edizione del ROMA VINOEXCELLENCE & MERANO WINEFESTIVAL.

ed Helmuth Köcher. I CONVEGNI SCIENTIFICI si apriranno sabato 5 febbraio con L’Osservatorio 2011: Méthode Classique e Méthode Charmat, e proseguiranno con il Secondo Simposio Internazionale del Riesling, con contributi da Germania, Austria, Canada, Francia e Italia. Domenica 6 febbraio si punteranno i riflettori su un vitigno sempre più apprezzato da pubblico e critica, il Merlot,

con The Rome International Focus on Merlot con esperti di calibro mondiale quali JeanClaude Berrouet di Petrus, Kees Van Leeuwen di Cheval Blanc e altri ancora. Lunedì 7 febbraio la Round Table Conference sul Cabernet Sauvignon con relatori quali il Marchese Incisa della Rocchetta, Eric Boissenot, Axel Heinz, Gonzague Lurton e Claire Villars.

GLI INCONTRI INTERNAZIONALI e LE GRANDI VERTICALI DI IAN D’AGATA faranno conoscere al pubblico veri e propri cult wines quail l’Araujo e i Passiti d’Austria, e sapranno sapere emozionare i palati con annate epiche, dai Capezzana degli anni ’30 ai Riesling austriaci degli anni ’70, passando per il Chianti Classico Monsanto al 1964 fino ad approdare a Veuve Cliquot e Bordeaux di annate difficili da dimenticare.

Il Sommelier Novembre-Dicembre 2010 • n. 6


Sabato 5, domenica 6 e lunedì 7 febbraio 2011 Salone delle Fontane, Roma LE GRANDI DEGUSTAZIONI ogni giorno dalle ore 14 alle ore 20 • • • •

100 aziende vitivinicole italiane con oltre 500 vini in degustazione Più di 100 grandi vini esteri in assaggio I Grandi vini e prodotti gastronomici del Friuli Venezia Giulia Incontri con esperti ed enologi di fama internazionale

GLI ESPERTI - giornalisti e wine writer Bernard Burtschy (Le Figaro, F), Abi Dhur (Lussemburgo), Charles Metcalfe (International Wine Challenge, GB), Jens Priewe (Der Feinschmecker, D), Margaret Rand (Decanter, GB), Eric Riewer (La Revue du Vin de France,, F), Luzia Schrampf (Der Standard, A), Rocco Lettieri (giornalista, CH), Massimo Claudio Comparini (New Wine Journal), Fabio Turchetti (Il Messaggero) e tanti altri.

I CONVEGNI • Sabato 5 febbraio: 9.30-12.00 - L’Osservatorio 2011: Champagne, Metodo Classico e Metodo Charmat • Sabato 5 febbraio: 15.30-17.30 - Il Secondo Simposio Internazionale sul Riesling • Domenica 6 febbraio: 9.30-12.00 - The Rome International Focus on Merlot • Lunedì 7 febbraio: 9.30-12.00 - Conferenza-tavola rotonda sul Cabernet Sauvignon Ad ogni convegno seguirà una degustazione di 18 vini da tutto il mondo con i loro produttori. Degustate Sassicaia, Ornellaia, Château Durfort-Vivens, Château Haut-Bages Libéral, Messorio Le Macchiole, Redigaffi Tua Rita, Champagne Billecart-Salmon ed altri.

LE GRANDI VERTICALI E DEGUSTAZIONI GUIDATE DA IAN D’AGATA • • • • • • • • • • • • •

Jean-Claude Berrouet (Ch. Petrus) e i grandi Merlot di Pomerol e Saint Emilion incluso il mitico Château Petrus Kees van Leuwen e espressioni del Merlot nel territorio del Cheval Blanc con Petit Cheval e Cheval Blanc 1997 - 2001 Jaime Araujo e Araujo, verticale del vino cult americano Luzia Schrampf e gli Eiswein e Passiti d’Austria Ricardo Freitas e il Madeira Barbeito dal 1987 (!) - 1920 - 2000 - 2002 Dominique Demarville e Champagne Veuve Cliquot dal 1975 al 1990 Denis Blée e Champagne Billecart Salmon dal 1988 al 2000 Beatrice Contini Bonacossi e Carmignano di Capezzana dal 1930 al 2000 Laura Bianchi e il Castello di Monsanto Chianti Classico Riserva Il Poggio dal 1964 al 2006 Maurizio Castelli e Francesco Marone Cinzano e il Brunello di Montalcino Col d’Orcia MG 1985-2001 Delia Viader e Viader degustazione Cabernet cult del Napa Valley Clair Villars e Gonzague Lurton e verticale di Château Haut Bages-Libéral e Durfort-Vivens Riesling d’Austria e Riesling della Germania, verticale dal 1970

Ingresso € 35

(i soci FISAR usufruiranno di uno sconto riservato)

Per maggiori informazioni, visitate il www.meranowinefestival.com Organisation:

Partner:


Chiude i battenti l’ottavo Salone del Gusto: di Roberto Rabachino

L

l’edizione dei record con la FISAR protagonista

a FISAR ha risposto positivamente all’invito di Slow Food partecipando attivamente al Salone del Gusto che si è svolto a Torino dal 21 al 25 ottobre 2010. Nei giorni di apertura sono stati impiegati 100 sommelier provenienti dalle Delegazioni di Alessandria, Asti, Biella, Torino e Vercelli.

I nostri sommelier hanno “versato”, consigliato e descritto qualcosa come 120.000 bicchieri di vino dall’ENOTECA PIU’ GRANDE DEL MONDO (come ha scritto il New York Times) scelti tra le 1.759 etichette dei migliori vini al mondo nell’Enoteca e le 547 etichette nell’esclusiva Banca del Vino - Slow Wine.

di Slow Food Roberto Burdese. E venendo ai numeri: “Se è difficile fare una stima precisa, possiamo però affermare che è stato raggiunto l’obiettivo dei 200.000 visitatori. Tra questi il 30% sono stranieri. Rispetto al 2008 poi si sono venduti più libri: un dato che rivela una mutazione culturale in atto nel pubblico del Salone, rispetto alla prima edizione del 1998: grande successo ovviamente della nuova guida Slow Wine e anche, a sorpresa, de Il piacere dell’orto, entrambi titoli di Slow Food Editore”.

“È stato un piacere e un orgoglio partecipare ad un’importante manifestazione mondiale come è il da sx.: Vincenzo Fragomeni, Davide Scabin, Salone del Gusto di Fiorenza Cambiaghi, Giangiacomo Stella e Gladys Torres Torino - dichiara il Presidente FISAR Vittorio Cardaci Ama. “Un ringraziamento sincero va alla FISAR - I nostri sommelier hanno dimostrato con i - dichiara il Presidente di Slow Food fatti e con la loro assoluta eleganza la nostra Roberto Burdese. - La professionalità e la genetica vocazione indirizzata alla promozione disponibilità dei sommelier ha trasformato la e divulgazione dell’eccellenza del comparto manifestazione in un evento che sarà ricordato certificando la nostra riconosciuta professionalità negli anni per molti motivi: uno è sicuramente la in Italia e all’estero”. professionalità dimostrata dai sommelier. E poi. Gli espositori sono soddisfatti, hanno stretto I nostri sommelier sono stati anche impiegati contatti importanti con gli operatori di settore, si per la presentazione della prima guida Slow sono divertiti ed era tempo che non si vedevano Wine 2011 nella stupenda cornice della Reggia così tante facce allegre” continua il Presidente di Venaria Reale.

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Il Sommelier Gennaio-Febbraio 2011 • n. 1


Un gruppo di Sommelier con Luigi Mastrocicco Resp. Nazionale dei Sommelier

Roberto Burdese, presidente Slow Food con due nostri Sommelier

Il nostro stand al Salone del Gusto

Il Segretario Nazionale Mario Del Debbio ringrazia Vincenzo Fragomeni, capo servizi Da sx.: Luigi Terzago, il Presidente Vittorio Cardaci Ama, Roberto Rabachino, Mario Del Debbio, Luigi Mastrocicco

Il Sommelier Gennaio-Febbraio 2011 • n. 1

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Gorgona! “l’isola che non c’è” di Luca Iacopini e Massimo Bracci

È l’isola più piccola dell’Arcipelago Toscano ed è sede di una colonia penale ad indirizzo agro-zootecnico dal 1869.

Q

uesta volta non ci occuperemo di una

Parco Nazionale dell’Arcipelago Toscano. Dista 34

vera e propria doc e neanche di una realtà

Km da Livorno e 60 Km dalla Corsica. La sua su-

commerciale ben definita ma piuttosto di

perficie è circa 2,50 Kmq per capirsi il lato più lungo

esempio di viticoltura di qualità realizzato attraverso

è circa 2 km.

una struttura abbastanza singolare quale è la colo-

La storia di quest’isola è stata legata per molti secoli

nia penale dell’isola di Gorgona. La Gorgona è la

alla chiesa, infatti fin dagli albori del Cristianesimo

più piccola e la più settentrionale isola dell’Arcipela-

ha visto vari insediamenti di ordini religiosi a

go Toscano. Il Territorio ricade amministrativamen-

carattere eremitico a cominciare da Sant’Agostino

te nel comune di Livorno, ed è parte integrante del

che vi soggiornò per un certo periodo. L’egemonia

La Rocca Vecchia

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Il Sommelier Gennaio-Febbraio 2011 • n. 1


religiosa continuò fino quasi alla fine del 1700

parte della Direzione della Casa di Reclutamento.

quando l’ultimo ordine dei certosini abbandonò

Il Clima in Gorgona è generalmente definibile di

definitivamente l’isola e da quel periodo divenne

tipo mediterraneo ossia inverni miti con piovosità

un importante centro per la pesca delle acciughe

concentrate in autunno e primavera e stagioni estive

fino ad arrivare al 1869 in cui buona parte dell’isola

calde e tendenzialmente siccitose. In un ampia area

fu destinata a colonia penale. Gorgona mostra un

definita “agricola” si svolgono la maggior parte delle

territorio collinare, con una sorta di piccola dorsale

produzioni vegetali e animali. Sono allevati tutti gli

montuosa con la massima punta a quota 255 s.l.m..

animali domestici (bovini, suini, ovo-caprini, equini,

Nonostante sull’isola siano presenti alcune sorgenti

asini, pollame, api) e coltivate le tipiche specie

non esistono corsi d’acqua perenni. Sono presenti

vegetali della nostra zona (vigna, olivi, ortaggi, piante

zone umide ma di piccole dimensioni. Il versante

aromatiche e officinali). I principi ai quali si ispirano

orientale mostra ampi terrazzamenti, realizzati

le varie produzioni agro-alimentari della casa di

principalmente alla fine dell’ottocento. Alcune

reclusione sono fondati sul rispetto dell’ambiente

di queste terrazze ospitano tuttora coltivazioni;

e del consumatore, sul benessere degli animali

altre sono in corso di rinaturalizzazione con le

allevati e sulla qualità delle coltivazioni. I prodotti

principali essenze floristiche mediterranee o dalla

vengono venduti in un circuito interno perché le

pineta di pino d’Aleppo. L’unico punto di approdo

finalità principali dell’amministrazione carceraria non

dell’isola è una piccola insenatura denominata

è economica ma formativa e rieducativa.

Cala dello Scalo dove per altro si sviluppa l’unico

In questa realtà agricola esiste anche una piccola

insediamento di tipo civile. Quasi la totalità dell’isola

produzione di vino, che due anni fa è stata presente

è dedicata all’insediamento penitenziario. L’Isola

anche al Vinitaly. Sono 2 ettari di vigneto con circa

ospita attualmente 60 detenuti e 30 agenti di polizia

6.000 piante allevate a cordone speronato impiantati

penitenziaria, stagionalmente alcuni risiedono con

nel 1999 con vari vitigni come il Vermentino e

la propria famiglia. La comunità autoctona residente

l’Ansonica per i vitigni a bacca bianca; il Sangiovese, il

sull’isola è ormai ridotta a una sola persona,

Merlot e l’Alicante per i vitigni a bacca rossa. Sull’isola

gorgonese veracemente e fortemente affezionata

è presente anche una cantina per la vinificazione

alla sua terra la signora: Luisa Citti di 85 anni. Altri

dove vengono eseguite tutte le operazioni sino

gorgonesi hanno mantenuto la residenza ma si

all’imbottigliamento. Tutte le fasi della produzione

recano sull’isola solo nei periodi di vacanza. L’intero

sono svolte dal personale detenuto dirette da un

territorio di Gorgona, comprese le abitazioni del

enologo esterno incaricato dal Ministero di Grazia

villaggio sono di proprietà del Demanio. Dal 1986

e Giustizia. Durante il nostro pranzo, fatto sotto una

è possibile visitare l’Isola con i permessi speciali da

piccola pineta di Pino marittimo, in uno scenario

Il Sommelier Gennaio-Febbraio 2011 • n. 1

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Cala Maestra

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mozzafiato con il mare a pochi metri e in lontananza

il meteo, etc. Abbiamo fatto i nostri complimenti

il continente, ci hanno fatto bere il “loro” rosso come

perché in quel posto, con quel pranzo, non avremmo

lo ha definito Paolo (nome simbolico che abbiamo

voluto bere nessun altro vino al mondo.

dato al nostro “sommelier” detenuto su quell’isola

Gorgona con umiltà e impegno cerca di soddisfare

oramai da dieci anni). Questo vino composto per il

il fine ultimo del carcere: restituire persone migliori

circa 70% di Sangiovese e il restante di Merlot si

alla società di oggi. La terra, le piante e gli animali

mostra nel bicchiere con un coloroe rosso rubino

rappresentano educatori fondamentali per ogni

carico poco trasparente. Al naso un vino complesso

essere umano; L’isola offre questa opportunità in

dove predomina la viola ma decisamente il Merlot fa

un contesto ambientale e paesaggistico di immenso

la sua parte con intensi frutti rossi maturi. In bocca

valore. In virtù delle molteplici attività svolte sull’isola

un vino di corpo, intenso, fortemente tannico con

oggi sono diversi i percorsi di collaborazione con la

le componenti dure piuttosto rilevanti comunque

società esterna, il tutto per permettere a ciascun

sufficientemente equilibrato. Qui si percepisce tutta

individuo un nuovo reinserimento socio-lavorativo.

la voglia di queste persone: la volontà di fare un

Visitare Gorgona è stata un’emozione unica, ed è

ottimo prodotto ma con mezzi non più adatti alle

impossibile rimanere insensibili alle bellezze che

vinificazioni moderne. Parlando con il personale

essa ci propone o alle quantità di punti di interesse

si capisce che non sempre è facile conciliare la

che, concentrare in un così minuscolo territorio, ci

detenzione con i tempi di madre natura come la

rivela. Auguriamo a tutti di vedere questo gioiello

raccolta, la fermentazione, le temperature, gli orari,

della nostra bellissima Italia.

Il Sommelier Gennaio-Febbraio 2011 • n. 1


le migliori

bollicine emiliane

Tenuta Farnè S.r.l. - Sede produttiva Castello di Serravalle (Bo) - Sede logistica Nord Italia Portogruaro (Ve) Tel. 0421 770619 - Fax 0421 770112 - E-Mail: info@tenutafarne.it - http://www.tenutafarne.it


News dal MONDO

Viaggio in Mosella

a cura di Enrico Folpini sommelier della Delegazione di Bareggio

Ogni passo mosso in questa valle è un’occasione per scoprire idilliaci scorci panoramici dei vigneti che dominano il paesaggio.

C

più ripido d’Europa con i suoi 68°. In questa parte di Mosella si trovano i più rinomati vigneti come il Doctor di Bernkastel, l’Ürziger würtzgarten, l’Erdener Treppchen e l’Erdener Prälat.

I riesling di qualità sono vini dotati di un’elevata acidità, con spiccate note minerali che presentano note vegetali e fruttate che con l’invecchiamento virano verso i caratteristici sentori di idrocarburo tipici di questo vitigno. Un ottimo standard di qualità si può trovare nella regione compresa tra i comuni di Brauneberg e Erdener, dove è anche ubicato il vigneto Calmont, presso Bremm che presenta il pendio

A donare ai vini grande qualità è la presenza di vari tipi di ardesia (grigia, blu e rossa) che li arricchiscono di una spiccata mineralità ed in alcuni casi di note affumicate. Altra caratteristica peculiare è che il terreno di questa regione assorbe calore durante il giorno e lo rilascia nelle ore notturne favorendo la maturazione dei grappoli. Nel comune di Ürzig il suolo cambia. Il terreno è vulcanico, per cui ricco di ferro. Questa caratteristica trasmette ai vini particolari note speziate che possono ritrovarsi accompagnate da sentori di frutta esotica e tropicale nei vini provenienti dal vigneto Prälat, situato nel comune di Erden, il cui terreno è composto da ardesia rossa e la cui esposizione è la migliore di tutta quest’area. Passeggiando in questa terra si coglie un aspetto, che in parte l’accomuna con la Borgogna, e cioè che i vigneti sono suddivisi in moltissime proprietà, con rare eccezioni, in cui un singolo vigneto è di proprietà di un unico produttore. Questa frammentazione

onosciuta in tutto il mondo, la Mosella è, insieme alla vicina Rheingau , la regione vitivinicola tedesca più rinomata. Un paesaggio fluviale romantico e profumato che segue lo snodarsi del fiume omonimo. Di origini antichissime, le prime viti vi furono impiantate in epoca romana. La produzione è quasi completamente dedicata ai vini bianchi anche se alcuni produttori hanno destinato piccoli appezzamenti alla coltivazione di pinot nero con risultati contrastanti. Il vitigno più importante qualitativamente parlando è il celebrato Riesling renano, che originario di queste regioni quando riesce a trovare i pendii con le giuste esposizioni e le giuste composizioni del suolo può dare vini di eccezionale qualità caratterizzati da una longevità incredibile.

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causa non poche difficoltà ai produttori, il cui lavoro in vigna è già reso complicato dalle pendenze importanti. A colpire i visitatori sono i sorrisi e la cordialità dei produttori della zona, grandi o piccoli che siano, sempre disponibili ed ospitali nei confronti di chiunque. Per quanto riguarda i produttori più importanti di questa regione è consigliabile prenotare le visite ed essere in gruppi non eccessivamente numerosi perché i locali destinati alle degustazioni non sono particolarmente ampi. Le spiegazioni puntuali dei sommelier e degli enologi qualificati (che generalmente parlano un ottimo inglese) rendono ineccepibili le degustazioni. Permettono di cogliere le differenze e le diverse sfumature tra i vini prodotti con uve provenienti da vigneti differenti, che qui vengono vinificati separatamente ed indicati sulle etichette delle bottiglie. Da non perdere sono le visite a produttori come J.J.Prumm, Dr Loosen, Markus Molitor e Fritz Haag dove è possibile degustare alcune delle migliori etichette della e visitare alcuni dei vigneti più caratteristici della mittel mosel. Effettuando più visite è anche interessante cogliere le differenti caratteristiche e filosofie che contraddistinguono i diversi produttori, ad esempio Markus Molitor produce

vini con un residuo zuccherino più elevato che risultano meno secchi e di conseguenza più facili per chi li consuma, Dr. Loosen astro nascente della mosella e vincitore del “Decanter Man of the year 2005” si distingue per la grande eleganza e raffinatezza dei suoi vini provenienti da viti situate nelle zone migliori, che hanno la caratteristica di essere molto longeve, con un’età compresa tra i 60 e i 100 anni, ed ancora a piede franco (quindi non innestate su piede americano) poiché l’ardesia ed il clima di queste latitudini non consentono l’attacco da parte della fillossera,responsabile in altre zone di una distruzione quasi totale delle vigne. Il vantaggio delle viti a piede franco consiste nel fatto che si hanno produzioni inferiori quantitativamente ma migliori qualitativamente rispetto alle viti innestate, inoltre essendo solitamente anche piuttosto vecchie hanno radici molto sviluppate che permettono una migliore e maggiore estrazione delle sostanze presenti nel sottosuolo che donano ai vini una più alta concentrazione delle note minerali e speziate. Un aspetto interessante che merita un approfondimento è la classificazione dei vini tedeschi. Conoscerla è necessario per sapersi orientare tra la moltitudine di tipologie diverse,

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soprattutto per quanto riguarda le vendemmie tardive botritizzate, che da queste parti venivano già realizzate un secolo prima che nel rinomato bordolese, che stando ad alcune fonti avrebbe importato la muffa nobile proprio da queste regioni. Altra meta da non perdere è la Ruwer. La zona prende il nome da un piccolo affluente di destra della Mosella, che si trova poco a sud di Trier, città romana che regala piacevoli scoperte. Nella Ruwer spesso i vigneti sono proprietà di un unico produttore e i suoi vini hanno spiccate note vegetali ed un grado di acidità superiore rispetto a quelli prodotti in Mosella. Le due più significative aziende vinicole della zona sono Maximin Grunhaus e Karlsmühle. Maximin Grunhaus è una storica proprietà. Le sue origini risalgono all’anno mille. In passato è appartenuta al clero e a famiglie nobili. L’attuale proprietario è la famiglia Von Schubert nella persona del Dott. Carl, pluripremiato enologo di grande esperienza che produce vini di grande eleganza e longevità, il quale fa anche da eccezionale anfitrione durante la visita alla tenuta ed alle splendide e storiche cantine, le cui pareti sono interamente

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ricoperte di muffa. Una curiosità è il fatto che le botti da circa 800 litri utilizzate per l’affinamento, vengono prodotte utilizzando legno di rovere proveniente da alberi presenti nella tenuta; per i primi passaggi le botti vengono destinate all’affinamento del pinot bianco e solo successivamente, quando la cessione dei profumi si riduce, vengono invece utilizzate per il Riesling. Karlsmühle è l’altro produttore di riferimento e si trova a poche centinaia di metri dalla Maximin Grunhaus. Qui la visita è facilitata poiché l’agronomo Kay Hausen parla un ottimo italiano. La filosofia dell’azienda prevede vini molto freschi e secchi che presentano sentori fruttati e vegetali molto eleganti e persistenti. Questi risultati si ottengono grazie alla fermentazione spontanea la cui temperatura viene mantenuto a circa 11°c. Questi produttori non effettuano trattamenti con pesticidi e anticrittogamici e utilizzano prevalentemente fertilizzanti naturali come la paglia delle stalle e la legna delle vecchie vigne mentre per quanto riguarda la vinificazione utilizzano i solfiti in quantità molto basse . In conclusione, il consiglio è di venire a visitare questa regione per scoprire una gamma di vini

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veramente interessanti in una terra che offre degli scorci paesaggistici eccezionali. Classificazione dei Vini La legislazione tedesca prevede per i vini ottenuti da uve di qualità la denominazione QpM (Qualitätswein mit Prädikat), all’interno della quale troviamo una decina di denominazioni. Quelle da ricordare sono: Kabinett Vini leggeri e freschi da bere giovani, anche se sopportano senza problemi un invecchiamento superiore ai dieci anni. Sono definiti trocken (secco) nel caso in cui il residuo zuccherino sia basso o halbtrocken (semisecco) e fineherb quando il residuo di zuccheri è più elevato. Spätlese Vini ottenuti da uve leggermente sovra mature. Si prestano a un buon invecchiamento. Auslese Vini ottenuti da uve sovramature, in alcuni casi botritizzate, con una selezione dei grappoli e con uve più mature rispetto agli spatlese. Questi vini sono molto morbidi per il contenuto zuccherino elevato e necessitano di un buon invecchiamento.

Beerenauslese Vini ottenuti da uve sovramature e botritizzate raccolte a mano che prevodono l’utilizzo dei soli acini attaccati dalla muffa i quali vengono selezionati dureante la vende; questi vini sono generalmente dolci e presentano i sentori caratteristici della muffa nobile e si prestano ad un lungo invecchiamento. Trocckenbeerenauslese Vini ottenuti da uve botritizzate completamente disidratate. Risultano molto dolci, hanno basso contenuto alcolico e un periodo d’invecchiamento quasi illimitato. Questi vini possono competere con i migliori Sauternes. Eiswein Vini ottenuti da uve gelate sulle vigne che presentano un alto grado di acidità e una grande concentrazione di zuccheri. La parte ghiacciata degli acini, quasi completamente composta da acqua, viene eliminata durante la pressatura. Sono vini che, se prodotti in maniera perfetta, sono dotati di grande eleganza e dolcezza ma non risultano stucchevoli grazie all’elevata acidità. Anche per gli eiswein l’invecchiamento è pressoché illimitato.

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f in

amiglia Festa del decennale della FISAR di Cosenza

Nel Rinascimento dei vini del Mezzogiorno la Calabria sta cominciando a segnalarsi con qualche etichetta, qualche produttore ma soprattutto con l’orgoglio di questi ristoratori “ambasciatori” della propria terra che, assieme a piatti gustosissimi e tenacemente locali, cominciano a proporre sempre di più i vini calabresi. In questi ultimi anni, si e potuto assaporare il gusto di questo cambiamento: che è prima di tutto culturale, e sta avvenendo nella stessa terra che gli antichi greci chiamavano Enotria. L’occasione più recente è stata il 26 agosto, quando Francesco Pingitore (che cura la delegazione della provincia di Cosenza) mi ha voluto fra i relatori del decennale. Scenario incantevole il Miramare Palace Hotel di Trebisacce ma, soprattutto, mi hanno colpito le testimonianze di stima che sono arrivate da tutta Italia.

La nostra amata penisola ha la fortuna di racchiudere in natura una enorme varietà di vitigni e, di conseguenza, di Doc e, chi come me ama il vino, è perennemente alla ricerca di qualcosa di nuovo. Quello stesso desiderio di scoperta, anzi di riscoperta vista l’antichissima tradizione dei vini calabresi, ha animato anche le altre relatrici che da Toscana e Campania hanno voluto celebrare i dieci anni della FISAR di Cosenza. La piscina del Roof Garden e la luna rossa affacciata sulle acque dello Jonio hanno fatto da coreografia al talk show serale condotto da Francesco Pingitore, attuale delegato della Federazione, dal titolo “Vino, arte, cultura e le donne”. Dopo i saluti di rito dei componenti del direttivo associativo, sommelier e titolari delle cantine associate, e quelli istituzionali del sindaco di Trebisacce, Mariano Bianchi e del consigliere regionale Gianluca Gallo, al tavolo degli interventi si sono, succedute

diverse esponenti femminili del mondo dell’enogastronomia. Tra tutte Maria Teresa Lanza, consigliere nazionale FISAR e responsabile del settore sviluppo, Elisa Niccoli, sommelier professionista toscana, volto iperfotografato dalle riviste di settore. Con loro anche io che, a distanza di poche settimane, nell’ambito della mia attività di food expert e sommelier in lingua inglese mi sarei ritrovata a New York con il sapore della Calabria e dei suoi vini ancora freschi sul palato. Vino & cibo, la Calabria ha tanto da esprimere e lo abbiamo potuto apprezzare nella degustazione del decennale della FISAR di Cosenza con vini bianchi e rosati provenienti da otto cantine associate: Rivera, Spadafora, Tramontana, Farneto del Principe, Russo & Longo, Vignaioli del Pollino, Tenuta del Castello e Feudi San Severino. Notizia inviata da Antonella Millarte per la Delegazione di Cosenza

Forte divino Sotto le Stelle con la Fisar

impossibile assaggiarli se provengono da varie parti del mondo. Nasce piano piano...un po’ in sordina ma già con idee ed obiettivi ben chiari: raccogliere in un solo evento tutto ciò che di meglio è acquistabile in Italia. Negli intenti degli organizzatori c’è la volontà di far diventare questa serata sulla spiaggia l’evento più mondano dell’estate, in una delle località italiane più esclusive. Gli ingredienti di “Forte divino Sotto le Stelle” sono semplici ma creano un’alchimia incredibilmente affascinante. Una notte speciale

in compagnia di grandi vini e gastronomia d’eccellenza, nella cornice di una spiaggia tra le più belle d’Italia per un incontro unico nel suo genere, ambientato in uno scenario straordinario come la spiaggia di Forte dei Marmi, conosciuta in tutto il mondo per i suoi bellissimi tramonti oltre che per la cura della propria offerta turistica. Una serata di degustazione dedicata al vino bianco, bollicine e ai prodotti della terra di Versilia. Molte le cantine presenti che hanno accompagnano con i loro vini una cena di ottimo livello, all’interno di

Si è svolta quest’estate sulla bellissima spiaggia di Forte dei Marmi “Forte divino Sotto le Stelle”. Questa manifestazione nasce perché troppo spesso i vini bianchi, anche se importanti, non ricevono l’attenzione che meritano; troppo difficile riuscire ad assaggiare in comparazione diretta molti vini spumanti; praticamente

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uno dei più bei stabilimenti balneari di Forte dei Marmi il tutto coordinato dai sommellier della F.I.S.A.R. della delegazione Versilia. Una serata magica dall’atmosfera avvolgente dove sono stati assaggiano i vini più rappresentativi di alcune della cantine più prestigiose e dove è stato possibile conoscere direttamente i produttori in un ambiente tranquillo e rilassato. Da contorno un ricco menù fortemarmino, seduti ad una tavola elegantemente apparecchiata per l’occasione sulla sabbia, a pochi metri dal mare. Notizia inviata da Luca Iacopini

La Fisar presenta i “Chianti delle colline Pisane” alla tv Globo In questi giorni 8 ragazzi protagonisti del programma “Viages sen sin” che tradotto suona “viaggi senza fine” sono stati ospiti dell’APT di Pisa con tanto di telecamere al seguito per registrare un nuovo format per la televisione brasiliana. L’occasione è stata sfruttata per proporre una cena a base di Tartufo, accompagnata da una degustazione dei vini locali e un corso di cucina su come preparare la pasta secondo la tradizione Toscana. La degustazione dei dieci vini presenti è stata fatta dal sommelier Iacopini dove oltre a relazionare e degustare i vini è stato simpaticamente affrontato l’abbinamento con i piatti degli entrambi paesi, in un vero e proprio gemellaggio enogastronomico. Il tutto firmato per essere trasmesso in uno dei paesi a più alto sviluppo economico del mondo: il Brasile, da Globo sat la più grande pay tv dell’America Latina. Basti pensare che il Brasile, nei prossimi anni si svolgeranno i Mondiali di calcio e le Olimpiadi e che la crescita stimata del prodotto interno lordo per il 2010 è superiore al 7%. Potenziali

Turisti che potranno prendere visione della bellezza della Toscana attraverso questa sorta di grande fratello itinerante dalla Spagna all’Italia. Gli 8 ragazzi che caratterizzeranno le puntate dello show viaggiano su un camper, seguito da operatori della produzione per tutti i 26 giorni del viaggio. Le tappe sono Valencia, Tarragona, Leida, Andorra, Barcellona e Girona in Spagna, Perpignan, Marsiglia, Nizza,la Corsica e il principato di Monaco in Francia Genova, Pisa, Firenze Siena, Perugia

e Roma in Italia. Un format giovane e accattivante dove si raffigura le quotidiane abitudini dei giovani in paesaggi mozzafiato. Per il territorio Toscano è una promozione di rilievo, in modo particolare quella pisana che nel recente passato è stata celebrata da giornali autorevoli Usa proprio come meta di facoltosi acquirenti di tenute su cui investire in alternativa alla “vicina” Siena. Notizia inviata da Luca Iacopini

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amiglia Consegna degli attestati al primo sommelier della Delegazione di Lodi

Festa grande a Lodi, giovedi 7 ottobre, presso il ristorante “La Quinta”, la giovane delegazione Fisar, ha consegnato i diplomi ai primi sei sommelier del territorio: Rocco Chiarillo, Antonio Fusarpoli, Riccardi Ursula, Alberto Sabbioni, Manola Suzzani, Rinaldo

Zuccarello. La giovane delegazione, capeggiata dalla delegata Annarita Granata, si propone allo scenario lodigiano con entusiasmo, brio e spirito innovativo. La voglia di diffondere la cultura e la conoscenza del vino rende la delega-

IX edizione selezione vini di Toscana

contatti a livello nazionale ed internazionale. I sommelier chiamati sono stati ( da sx nella fotografia) : Marco Barbi -Del. Valdichiana, Fabio Cartei - Del. Le Due Valli, Andrea Bencini - Del. Firenze, Davide Cecio e Davide Amadei - Del. Livorno. Alcuni numeri. 1364 campioni di vino in degustazione in rappresentanza di 467 aziende (nel 2008 i campioni erano 1207). I campioni sono divisi in 19 categorie. I degustatori sono 7 per commissio-

La FISAR è stata chiamata nuovamente all’importante degustazione. Il concorso ha l’obiettivo di selezionare e premiare i migliori vini toscani per creare un vero e proprio bouquet d’eccellenza da utilizzare in azioni di promozione, e per realizzare uno strumento di consultazione multimediale e cartaceo pensato per favorire nuovi

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zione propositiva e vogliosa di collaborare anche con enti esterni e realtà enogastronomiche del territorio. I festeggiamenti sono avvenuti alla presenza di amici, colleghi, della produttrice friulana Antonella Cantarutti ( i cui prodotti hanno deliziato gli astanti) e di Roberto Pace, delegato della Fisar di Pavia; delegazione che si ringrazia per l’appoggio e la disponibile collaborazione fornita nei tre corsi di formazione dei neosommelier. La delegazione di Lodi, che sta per cominciare i nuovi corsi, di cui un secondo livello, propone un autunno ed un inverno caldi: corsi professionali per sommelier, minicorsi per avvicinare i neofiti ancora indecisi, serate di abbinamento cibovino, serate di degustazione a tema.

Notizia inviata da Annarita Granata della Delegazione di Lodi

ne, la valutazione è singola e non per commissione. Le commissioni sono 11 e sono composte da 1 sommelier, il resto sono enologi nazionali ed internazionali, giornalisti del settore nazionali ed internazionali. Le commissioni hanno fatto 5 sessioni di lavoro, ogni sessione si divide in due segmenti di 12-14 vini ciascuno. La scheda di valutazione è quella internazionale dell’ Union Internationale des Enologues. I vini che raggiungeranno un risultato pari o superiore ad 85/100


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saranno premiati con una menzione speciale, i primi 5 vini che per ogni categoria avranno ottenuto il punteggio più alto in assoluto, riceveranno invece un diploma d’onore.

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Notizia inviata da Claudia Marinelli, consigliere nazionale FISAR

La FISAR di Padova in Ungheria

La Delegazione di Padova il 17 ottobre scorso ha con piacere partecipato attivamente alla Festa del Vino denominata “VII Berényi Borünnep”, nella bella cittadina Ungherese di Jászberény, accompagnando alcuni produttori del Padovano e portando senza ombra di dubbio un’importante e significativa nota di professionalità nel servizio ma soprattutto, dando lustro alla Sansovino Vigneti e Cantine di Conselve (PD), che anche grazie ai Sommelier FISAR, ha ricevuto un consenso inaspettato, valorizzando la qualità dei prodotti del Veneto e il made in Italy. FISAR Padova rappresentata dal Delegato Andrea Zampieri e dai tre Sommelier Anna Oksana Kolyuzheva, Diego Chiaro e Filippo Girotto, prima di effettuare il servizio hanno avuto modo di visitare alcune cantine di Eger, tra cui una piccola ma pregevole realtà, Kovàcs Nimròd Winery.

Accompagnati da alcune guide locali, la delegazione ha potuto osservare le tecniche di lavorazione delle uve, ancora molto artigianali, visitando poi la caratteristica cantina, che affina e conserva i vini esclusivamente in barrique e tonneau, disposti lungo un’interminabile galleria scavata nella roccia e nel sottosuolo. La Delegazione ha avuto anche modo di visitare uno stabilimento di produzione di botti, dove si è potuto apprezzare la bontà dei legnami impiegati e le tecniche di lavorazione, ancora artigianali e di pregevole fattura. Lavorazioni che non utilizzano moderne attrezzature di taglio, ma il semplice impiego delle sapienti mani, basate sull’esperienza centenaria di un’azienda locale. La manifestazione svoltasi in un contesto folcloristico con tutto il sapore dei bei tempi andati, ha offerto visibilità ad una trentina di cantine ungheresi, tra

cui alcune dell’area Tokaj, con grande interesse da parte del pubblico. Unica cantina italiana presente alla manifestazione, è stata l’azienda vinicola Sansovino Vigneti e Cantine, che con il prodotto di punta “Friularo Ambasciatore”, ha letteralmente entusiasmato gli avventori. La manifestazione ha avuto un notevole successo per noi italiani, anche grazie al binomio stretto in quell’occasione, con la FISAR di Padova e due produttori di formaggio e salumi del Padovano, evidenziando l’alta qualità del food Italiano, particolarmente apprezzato con esaurimento di tutti i prodotti esportati a Jászberény. FISAR Padova, per mano del Delegato Zampieri, ha voluto inoltre ringraziare per l’ospitalità ricevuta, le autorità, donando la rivista Il Sommelier, con lo speciale Veneto, e il gagliardetto FISAR con l’emblema della nostra Federazione al Sindaco Dr. Szabò Tomàs, che apprezzando il gesto, oltre a notare la qualità dei prodotti della nostra Regione e l’eleganza del servizio FISAR, ha potuto constatare che questa occasione ha valorizzato ulteriormente il gemellaggio tra Conselve e Jászberény, auspicando che questa manifestazione, dedicata alle tradizioni e al vino, meriti in futuro la giusta attenzione e possa diventare punto di riferimento, utile anche ad incrementare i rapporti e gli scambi tra Italia e Ungheria. Notizia inviata da Andrea Zampieri della Delegazione di Padova

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amiglia La FISAR di Pontedera Valdera a Pisaunicaterra 2010

Nei giorni 13 e 14 novembre si è svolta per la prima volta a Pontedera, presso il Centro Sete Sois Sete Luas, la rassegna dell’enologia pisana PISAUNICATERRA DI VINO 2010, giunta alla quattordicesima edizione, promossa dalla Provincia di Pisa Assessorato allo Sviluppo Rurale e con il contributo del Comune di Pontedera. L’evento che ha visto circa 700 visitatori in una sede innovativa a ciò preposta, e con un allestimento fatto con materiali naturali, ove il prodotto vino ha mostrato ancor più il proprio fascino. Hanno partecipato 59 aziende della Provincia di Pisa, supportate dal servizio dei sommelier Fisar della Delegazione di Pontedera Valdera, Pisa e Livorno; un caloroso ringraziamento al Delegato di Pisa Maria Cristina Messina, che insieme a Daniela Mattiacci hanno coordinato l’evento, ai responsabili dei servizi

Alla Delegazione di Pisa si presenta il tartufo Il tradizionale appuntamento autunnale della FISAR di Pisa e Litorale ha registrato un grande successo con la presentazione di una cena in onore a sua maestà il Tartufo. Doverosamente, lo chef Atima ha sottolineato come dal suo menu proposto fossero bandite qualsiasi sorta di essenza ma fosse presente esclusivamente il tartufo

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di Pontedera- Valdera Massimiliano Chelli, di Pisa, Liana Benini e di Livorno Silvia Puccini, per la collaborazione. Si ringraziano inoltre i sommelier che hanno prestato servizio, per l’ottimo lavoro di squadra svolto: Cappelli Stefano, Angiolini Valeriano, Moretto Dario, Chelli Massimiliano, Pandolfi Simone, Ciompi Alessandro, Ciampi Alessandro, Carraro Flavio (PontederaValdera), Maggiani Manuela, Barsotti

vero. La cena, organizzata dal delegato Maria Cristina Messina al ristorante Circolo I° Maggio a Buti in via Panicale 1, ha avuto inizio con antipasti di crostini al tartufo, salumi al tartufo, formaggio al tartufo e formaggio con miele al tartufo, quest’ultimo particolarmente apprezzato per le sottili fettine del prezioso tubero annegate nel dolce e filante prodotto. Ottimi i due primi: tagliolini freschi e mezzelune naturalmente ambedue con ricche e profumate scaglie di tartufo e seguite da un tenerissimo filet-

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Franco, Marchi Massimo, Di Sacco Stefania, Marrucci Alessandro, Due’ Tiziana, Ruffini Monica, Agostini Cinzia , Botti Flavia, Lena Gerado, Noferi Stefano (Pisa), Baglini Carla, Gaspardin Mario, Materassi Doriana, Raimondi Giovanni, Ucciferri Nadia, Del Chiaro Alessandro, Cricchio Gabriele, (Livorno). Notizia inviata da Daniela Mattiacci della Delegazione Pontedera Valdera


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to, cotto al punto giusto, accompagnato da porcini e tartufo. Ha chiuso il numero delle portate uno squisito dessert di panna cotta al caramello tartufato, che ha stupito per la gentilezza dell’accoppiamento che poteva sembrare azzardato. Ottimo il servizio vini, espletato dall’esperto sommelier

Piero Ristori che ha abbinato in ordine i seguenti vini: Lerner dell’Abbazia di Novacella, Schiava Gentile dell’Alto Adige, Lacryma Christi Vesuvio Rosso di Mastroberardino e Dolce Peccato Toscana Passito di Torre a Cenaia, quest’ultimo, forse, sovrastato dal sapore deciso e penetrante

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del caramello. Grandi applausi finali alla Brigata di cucina che ha deliziato e soddisfatto i sensibili palati dei convenuti in un tripudio di sapori, aromi e profumi a base di tartufo. Notizia inviata da Tiziano Taccola della Delegazione di Pisa e Litorale

La Delegazione di Milano in visita a Cà Rugate Davvero ben riuscita la visita nel veronese organizzata dalla delegazione di Milano lo scorso 6 novembre. Le premesse non erano certo favorevoli, dato che nel corso della settimana precedente in buona parte del Veneto si era scatenata la gravissima e ben nota alluvione, ma alla fine tutto è andato per il meglio. Oggetto della visita è stata la cantina “Cà Rugate” di Montecchia di Crosara, una tra le aziende più dinamiche e affermate del veronese. Perfetta l’accoglienza e molto interessante la visita agli impianti,

collocati in spazi ampi e perfettamente ordinati, moderni e computerizzati ma con una particolare attenzione alla tradizione, come testimonia il suggestivo “ecomuseo”, ambiente dedicato alla ricostruzione della tradizione contadina, con attrezzi e impianti d’epoca collocati in ambienti accuratamente allestiti. Davvero suggestivo. Altrettanto stimolante la degustazione: una selezione di salumi, formaggi e dolci del territorio da abbinare con gli ottimi prodotti dell’azienda: dal particolare spumante metodo classico

da uve Molinara in purezza (!) “Fulvio Beo” ai Soave classico “San Michele” (l’ottimo prodotto base) e “Monte Fiorentine” (selezione da vigneti con resa inferiore, dai Valpolicella fino all’ottimo Amarone della casa. Tutto davvero benfatto e servito con grande disponibilità a raccontare vicende e prodotti, rispondendo con cortesia a tutte le domande. Complimenti a Cà Rugate e… alla prossima. Notizia inviata da Mario Zerbini della Delegazione di Milano

Divise ufficiali FISAR. Trova i rivenditori su:

www.fisar.com ®

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La Delegazione FISAR di Prato incontra i vini di un esperto produttore calabrese

Riservata ai Soci ed agli amici della FISAR, la Delegazione di Prato ha organizzato una serata di incontro con i vini di Roberto CERAUDO, un rinomato produttore vinicolo della fascia ionica calabrese, in località Dattilo. La degustazione si è tenuta presso la sede dell’Accademia del Peperoncino di via Franchi in Prato ed è stata molto apprezzata dai partecipanti. La zona di produzione dei vini di Roberto CERAUDO sono le colline di Strongoli, una fascia di terreni baciati dal sole e accarezzati dal mare Jonio, tanto vicino “da sentirne il profumo trasportato dalla brezza…e il fruscio della risacca nelle quiete sere d’estate”; e odoranti ancora di antico. È l’antica Petelia, infatti, la sede naturale di produzione dei vini di cui parliamo. La città, fondata da Filottete, fu capitale dei Lucani; presa dai Bretti, in seguito alle guerre di Pirro, entrò nell’orbita romana;durante le guerre puniche fu espugnata a lungo dai Cartaginesi e, dopo la disfatta seguita alla battaglia di Canne, rimase fedele a Roma. Petelia, per la sua fedeltà alla Repubblica, fu premiata da Roma, ricevendo il titolo di città e la possibilità di coniare moneta propria. Questo antefatto per dire che tutti i vini di Ceraudo hanno come marchio di riconoscimento una di queste monete, che rappresentano la dea Minerva, una volta coniate dalla città di Petelia. Era ed è la terra del KRIMISSA, il vino degno di essere servito agli dei ed ai

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vincitori dei giochi di Olimpia, antenato dell’attuale Cirò. Una terra dagli antichi fasti, i cui vini in gran parte ottenuti da vitigni autoctoni coltivati da millenni, traspirano ampiamente, oltre alla gloria, odori e sapori di quelle colline sempre uguali. Il GAGLIOPPO, che è la base di molti di questi vini, di origine greca, è ritenuto da molti il vitigno più antico del mondo. Oltre ai vitigni tradizionali, quali il Greco bianco, Mantonico e, recentemente anche il Magliocco e Pecorella, l’Azienda Ceraudo ha impiantato vitigni stranieri quali Chardonnay e Cabernet Sauvignon. Una delle prime fra le aziende calabresi ad usare un’agricoltura biologica e tecniche avanzate. L’IMYR è stato il primo fra i vini ad essere degustato. Si tratta di un bianco di colore giallo paglierino, dal profumo pieno armonico e persistente e dal sapore fresco e rotondo. È un bianco IGT Val di Neto, a base di Chardonnay 100%. È affinato in barrique di rovere francese per quattro mesi. Grandi apprezzamenti per il GRAYASUSI IGT Val di Neto, rosè, etichetta argento, a base di Gaglioppo in purezza. Vino dal colore rosato, di rango eccellente e di vivace violacità, gustoso per i sapori di ribes e lamponi, dal profumo intenso e persistente, affinato per 4 mesi in barrique. Il DATTILO, un rosso dal colore rosso rubino, speziato, con affinamento in barrique per 18 mesi, un IGT Val di Neto, è caratterizzato da un profumo armonico di frutti di bosco, dal sapore fresco, vellutato e rotondo.

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Altro

Vino

interessante

si

è

mostrato il PETRARO, prodotto con GAGLIOPPO AL 50% E CABERNET SAUVIGNON al 50%. Un IGT rosso val di Neto, dal colore rosso rubino, dall’odore gradevole con sentori di frutta di bosco, dal sapore fresco e rotondo, caldo e armonico, corposo, piacevolmente vellutato; affinato in barrique per 24 mesi. All’esame organolettico questi vini risultano tutti molto eleganti e si distinguono per la complessità e persistenza dei profumi oltre che per una significativa consistenza. In

accompagnamento

a

queste

“perle” dell’enologia calabrese sono stati gustati alcuni prodotti tipici dell’Enotria, come la ‘NDUJA di Spilinga, il PECORINO crotonese, SOPPRESSATA caserecci,

e

CAPICOLLO

PEPERONI

RIPIENI

con TONNO E ACCIUGA oltre ai PACCHERI alla calabrese… Il successo della serata sarà di stimolo per ripetere un nuovo incontro che permetta di conoscere vini

di

eccellenza e grande personalità delle varie regioni italiane, spesso poco conosciuti dal pubblico. Tali incontri favoriscono

l’approfondimento

di quanti frequentano i corsi per il conseguimento del diploma di Sommelier e deliziano il palato dei molti simpatizzanti FISAR che seguono le nostre iniziative. Notizia inviata da Vanda Ingarozza della Delegazione di Prato


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Il nettare di Bacco alla corte di sua maestà il Gelato Tentiamo l’impossibile? Questo era il titolo della serata che la F.I.S.A.R. Delegazione Siena Valdelsa aveva scelto per abbinare due mondi, quello del vino e del gelato, che non sempre vanno in simbiosi, cercando di far apprezzare la bontà del gelato con le caratteristiche organolettiche del vino proposto. La serata, svoltasi lo scorso 14 Ottobre presso la “SALA RICEVIMENTI” della Pubblica Assistenza di Poggibonsi, in collaborazione con la premiata e rinomata gelateria DONDOLI di San Gimignano, ha avuto un grandissimo successo di pubblico e gradimento, riuscendo a vincere questa difficile sfida, cioè abbinare dell’ottimo vino, a gusti di gelato molto particolari che lo stesso Sergio Dondoli aveva preparato in esclusiva per l’occasione. In una sala gremita e apparechiata per le grandi occasioni (i settanta posti disponibili erano andati esauriti già dalla mattinata di mercoledì), l’amico e docente F.I.S.A.R. della Delegazione di Brescia, Giampaolo Zuliani, ha avuto il difficile quanto gradito compito di condurre la degustazione, accompagnando gli ospiti ad apprezzare e contrapporre gusti e sapori diversi che man mano si andavano scoprendo esaltando le qualità del gelato con quelle del vino. Il lavoro di preparazione della degustazione si è basato su alcuni elementi fondamentali per riuscire ad armonizzare l’alimento gelato con il vino: il controllo della temperatura di mantecazione del gelato, per riuscire ad innalzare la temperatura di servizio, la presenza di spezie ed aromi che potessero creare richiami e delicati contrappunti con i profumi e gli aromi del vino ed alcune accortezze durante l’esercizio di abbinamento per riuscire a contenere lo sbalzo termico tra il gelato e il vino. L’attenzione e la scrupolosità con cui gli intervenuti seguivano tutto lo svolgimento della serata, facevano ben capire che gli abbinamenti con tanta cura e dedizione scelti, avevano fatto sicuramente centro, invogliando il pubblico più volte a chiedere il bis per poter “gustare” certe prelibatezze, sottolineando il gradimento degli abbinamenti proposti. Lo stesso Sergio Dondoli, intervenendo durante le varie portate, ha spiegato con cura ed amore per il proprio lavoro, quanto sia difficile “creare” gusti nuovi di gelato e quanto studio ci sia alla base di ogni singola nuova creazione. Il “Maestro Gelataio” più volte ha allietato il pubblico con aneddoti, racconti e storie sulla sua pluripremiata carriera, diventando così il vero valore aggiunto della serata, narrando dei difficili inizi in Germania, alla sua vocazione per il gelato

arrivata quasi per caso, che ne hanno poi nel tempo determinato la sua fama internazionale. L’evento, aperto come si conviene in certe occasioni dal responsabile di Delegazione Franco Aiazzi, ha visto come primo assaggio un crostino al gelato di acciughe con pomodori confit, abbinato ad un vino bianco dell’Abbazia di Novacella (BZ) della linea Praepositus, Weiss 2005 IGT molto apprezzato dal pubblico. I Sommelier FISAR hanno poi continuato la degustazione servendo ai convenuti, un Moscato di Noto DOC, Notissimo 2008 dell’azienda Riofavara, Ispica (RG) che accompagnava un gelato con caprino stagionato e noci di una delicatezza sopraffina che ha davvero entusiasmato il palato di tutti i presenti. Il terzo assaggio proposto e scelto dalla Delegazione e dallo stesso Dondoli, vedeva “scontrarsi” un gelato alla crema con zafferano e pinoli tostati con un ottimo Sauternes ASC, Chateau La Garenne 2005, Nicole Christian Ferbos, Gaec Garenne, Preignac (France) definito da molti un abbinamento al limite della perfezione, dove gelato e vino si fondevano in una prelibata nota armonica. La chiusura della degustazione era lasciata (e non poteva essere altrimenti) da un gelato di zabaione con cantucci e vin santo in abbinamento ad un Vin Santo, Caratello 2005, dell’Azienda Monterotondo di Gaiole in Chianti (SI) che come detto chiudeva degnamente la serata iniziata con tante perplessità e molta curiosità, ma finita con la certezza che gelato e vino, almeno qui a Poggibonsi, hanno trovato il così detto quieto vivere. Notizia inviata da Filippo Franchini della delegazione di Siena Valdensa

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amiglia Florence Wine Event 2010

Firenze, dal 19 al 21 novembre, ha festeggiato la quarta edizione di Florence Wine Event, nella prestigiosa cornice del Cortile dell’Ammannati di Palazzo Pitti. L’evento è stato Organizzato dal Comitato Oltrarno Promuove (a cui aderiscono Confesercenti, CNA, Confartigianato e Confcommercio) e Promowine, con il contributo della Camera di Commercio di Firenze. Un ricco momento alla presenza di numerosi consorzi vinicoli, produttori di vino e altri prodotti d’eccellenza toscani. La Delegazione Fisar di firenze, guidata da Laura.Maggi ha gestito le degustazioni in modo vivace grazie anche ai wine tour guidati tra i tavoli dei produttori per accompagnare il pubblico desideroso di conoscere i particolari delle numerose etichette presenti. La manifestazione, ben organizzata, ha visto la partecipazione di un pubblico

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variegato: dal semplice appassionato e curioso all’appassionato evoluto, fidelizzato a questo tipo di manifestazioni e i membri delle associazioni di settore. Molti i turisti presenti anche se i primi freddi e la pioggia si facevano sentire sull’Arno. Il Florence Wine Event è stato voluto anche per promuovere l’Oltrarno fiorentino: infatti esso rappresenta non solo una grande opportunità di degustazione ma anche l’occasione di scoprire o riscoprire questa parte di Firenze ancora molto tradizionale e affascinante. Infatti, alla base di Palazzo Pitti, in San Frediano, si sviluppano il dedalo di stradine ricche di ristoranti e locali, di botteghe artigiane, di antiquari, di negozi di moda giovane e vintage. Tra gli extra event che hanno arricchito la kermesse l’educational “l’Arte della tavola” organizzato dalla produttrice fiorentina Antonella d’Isanto, titolare

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con il marito Vincenzo dell’azienda vitivinicola I Balzini, in collaborazione con la Richard Ginori 1735, che ha fornito la prestigiosa mise en place. Due chef fiorentini, hanno accolto il folto pubblico, femminile e maschile, al Rondò di Bacco spiegando i segreti dell’arte di ricevere a tavola, secondo una semplice filosofia di base: una bella tavola, la giusta atmosfera, il garbo della padrona di casa, fanno da contorno per la riuscita dell’occasione conviviale. Durante l’ educational, a cui il pubblico ha partecipato attivamente con domande e curiosità, sono stati trattati tutti i temi per accogliere gli ospiti quali gli inviti, l’apparecchiatura, come costruire un menù con le basilari tecniche di abbinamento cibo-vino, il servizio, compresi utili suggerimenti di sommellerie. Il tutto in modalità elegante e rilassante al tempo stesso.

Notizia inviata da Valentina Niccolai


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amiglia La Delegazione di Verona in gita nello Jura

Inevitabile partenza ad ore antelucane da Verona il giorno 6 ottobre 2010, dopo l’attraversata della Valle d’Aosta con splendide vedute, ora sugli eroici vigneti, ora sulle severe dimore-fortezza, ora sulle vette incoronate dai ghiacciai, beneficiati da un sole oserei dire “agostano”, siamo approdati a metà pomeriggio nello Jura. Ai nostri occhi la regione si è offerta con una gamma variegata di paesaggi e colori: dai boschi impenetrabili ai pascoli popolati di bianchi bovini, dai laghi smeraldo alle colline color ocra intessute di vigneti. Lo Jura le cui “marne” e i “calcari”, hanno offerto al mondo della geologia il termine “Giurassico”, ospitano una gamma di vitigni di carattere che donano vini che non lasciano mai indifferenti. I “rossi” dello Jura devono la loro origine a tre “cépages” di pregio che danno luogo a dei vini luminosi e leggeri (Trousseau, Poulsard, Pinot noir): rosati o rubino ciascuno con il suo colore e rotondità, ma tutti generosi di aromi di frutti rossi. Due sono le grandi famiglie che danno origine ai “bianchi”: lo Chardonnay con eleganti nuance di fiori bianchi e l’impetuoso “Savagnin” vera identità del terroir della regione. Vale la pena a questo punto, prima di proseguire nel racconto del viaggio, di soffermarci nell’analisi dei due vini simbolo: le Vin Jaune (il Vino Giallo) e le Vin de Paille (il Vino di Paglia). Le Vin Jaune è il più rappresentativo dei vini giurassiani. Il colore è giallo dorato brillante ed impiega molti anni a raggiungere la sua intensità. I profumi, felicità per l’olfatto, presentano una scala aromatica sempre più complessa con il trascorrere degli anni, uno straordinario fuoco d’artificio, una

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compiuta melodia che inframmezza la frutta secca (in particolare la noce), con avvolgenti spezie (noce moscata, zafferano, ginger), passando per la frutta a polpa bianca e note floreali, senza tralasciare una piacevole mineralità. La bocca rimane a “bocca aperta”. Questo nettare raro e ragguardevole viene vinificato oltre che ad Arbois, L’Etoile e nella Côtes du Jura, anche attorno a Château-Chalon, uno sperone roccioso di una cinquantina di ettari che offre la migliore versione del territorio. Le Vin Jaune invecchia, per legge, in fusti di quercia per sei anni e tre mesi prima di essere posto in vendita, esso ha quindi il tempo di concentrare gli aromi inimitabili, grazie al “mistero del velo”, che solo il vitigno Savagnin è in grado di esprimere. Vediamo cosa accade. La permeabilità della botte lascia evaporare una parte del contenuto e poiché nessun rabbocco è permesso, la botte rimane incompleta e un velo di lieviti naturali si forma sulla superficie del vino “sigillandolo” (se questo non accadesse verrebbe declassato a Côtes de Jura Savagnin). Sorvegliato con grande attenzione dai mastri cantinieri, il vino acquisisce allora, anno dopo anno, le sue qualità e i suoi aromi particolari. Le Vin de Paille nasce dalla scelta dei migliori grappoli dei vitigni bianchi giurassiani. Appassiti per più mesi su un letto di paglia (da cui il nome) o più spesso all’aria aperta. Dopo la pressatura, il vino viene messo ad invecchiare in botti di rovere e, a seconda della vinificazione, si veste di un bel giallo dorato intenso o della dolcezza di un biondo caramello. Gli anziani attribuiscono a questo vino delle vir-

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tù medicinali , ma è per l’esplosione dei profumi di frutti canditi (ananas e dattero), di marmellata d’arancia, di the e spezie e la sua profonda morbidezza, che viene soprattutto apprezzato. In bocca è perfetta l’armonia tra l’alcool, gli zuccheri e l’acidità. La visita alla prima cantina è avvenuta presso Chateau d’Arlay ricevuti nell’avita magione dal proprietario il conte d’Arlay. Non abbiamo ricevuto una buona impressione dai vini degustati: leggeri e squilibrati ora per acidità ora per tannini in eccesso. Soprattutto perplessità ha suscitato il Vin Jaune che sia nei profumi sia in bocca ha presentato note ossidative eccessivamente invasive. L’indomani 7 ottobre tutti ad Arbois, dopo una interessante visita alla cattedrale gotica con tour della cittadina, vista al Domaine de la Pinte. Dopo un breve giro per i vigneti, condotti secondo le regole dell’agricoltura biodinamica e dov’era ancora in corso la vendemmia, siamo stati ospitati nella sala degustazioni dove abbiamo potuto avere un’ampia panoramica dei vini prodotti. Possiamo dire che sia nei vini più semplici (Arbois Pupillin blanc 2007, Arbois Poulsard 2007, Arbois Trousseau 2007, Arbois pinot noir 2006) sia in quelli di maggior struttura (Arbois Savagnin 2003 di buona personalità, Cuvèe Vieilles Vignes Rouge 2005 in divenire) abbiamo potuto apprezzare la qualità proposta. Non degno di menzione il Cremant du Jura. All’altezza delle aspettative il Vin Jaune 2003 e il Vin de Paille 2005. Un trionfo di profumi di frutta secca e mineralità il primo, morbido e suadente il secondo con spiccate note di dattero candito.


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Molte le bottiglie acquistate. Dopo il pranzo a base di piatti locali (su tutti un soddisfacente poularde de Bresse) e la visita alle saline di Salins le Bains (una antica vena d’acqua che attraversando uno strato di salgemma si carica di sali e, pompata in superficie e riscaldata, lascia su appositi banchi di lavorazione il suo prezioso carico), visita alla Fromagerie Vagne dove si produce il famoso “fromage Comté” (per capirci un formaggio che ricorda un po’ il gruviera). Venerdì 8 ottobre di buon mattino visita alle saline reali di Arc et Senans, una imponente complesso architettonico (progettato dall’architetto di re Luigi XIV) che ha potuto svolgere le sue funzioni per pochi anni a causa di sopraggiunte difficoltà tecniche (di fatto produrre sale costava più di quanto si ricavasse dalla vendita). Nel pomeriggio visita al Domaine Jean Bourdy dove si conferma per le viti la metodologia di conduzione biodinamica. La cantina è presente sul territorio fin dal 1579 e da allora è sempre appartenuta alla stessa famiglia. Accolti da un simpatico anfitrione (Jean François Bourdy) siamo penetrati nelle caves (brutta impressione, muri anneriti dalla muffa con fusti molto vecchi e talora malandati) ed abbiamo iniziato la degustazione che inizialmente doveva essere di due soli vini, ma che in breve, contrariamente alle abitudini francesi, grazie alla nostra curiosità e alla disponibilità dell’ospite si è (fortunatamente) allargata a ben 6 tipologie. Dobbiamo dire subito che, finalmente, abbiamo trovato vini del tutto soddisfacenti. Nell’ordine di entrata (alla moda giurassiana prima i rossi e poi i bianchi): Côtes du Jura Rouge 2006 (pinot nero e trousseau, profumo in-

tenso con spiccata ciliegia, leggere spezie, tannini levigati, buona acidità, il tutto in discreto equilibrio), Côtes du Jura Blanc 2005 (buona tonalità di colore, profumi dove la frutta fresca domina senza nulla concedere agli anni, leggera vaniglia, piacevole nota minerale sul fondo, fresco vivo l’acidità, ancora più di qualche anno di vita davanti), Côtes du Jura Savagnin 2005 (fratello minore del Vin Jaune, si rivela potente nei profumi e in bocca, allo stato attuale manca di equilibrio ma non c’è dubbio che con i molti anni di vita davanti saprà ben recuperare), Vin Jaune 2002 (che dire, semplicemente affascinante nonostante “la giovane età”, giallo dorato, frutta fresca e secca a profusione, spezie orientali, pietra focaia, acidità importante, il tutto ovviamente ancora alla ricerca del suo equilibrio). A questo punto si accende una animata discussone sulla longevità dei vini (il titolare afferma oltre cinquant’anni) e mentre noi esprimiamo i nostri dubbi ecco il colpo di scena, il sig. Bourdy si volta di scatto va verso la scaffalatura più lontana dai nostri occhi e ne estrae una bottiglia, senza nulla aggiungere l’apre e ce la offre, dopo qualche minuto di ossigenazione esplode al naso un tripudio di profumi di noce, nocciola, mandorla amara, di muschio, di curry, leggera mela e nuance di fiori secchi, marna e gesso; in bocca un’acidità ancora viva ma in buon equilibrio con il tutto, retrogusto-olfatto che rimanda ai profumi, finale lunghissimo. Era un “semplice” Côtes du Jura Blanc 1953. Lunga vita al re. Non mi dilungherò oltre, ma sappiate che in questa cantina sono stoccate circa 30.000 bottiglie a partire dal 1778 per arrivare ai nostri giorni e che in vendita ci

amiglia

sono annate a partire (a seconda dei vini) dal 1865!!! (carta canta, mi sono trattenuto il listino e detto per inciso per soddisfare la curiosità vi rivelerò che l’annata di Château-Chalon 1865 viene proposta a € 5000, certamente costoso, ma non mi sembra uno sproposito data la rarità). Vin de Paille 2002: emotivamente sorprendente per la soavità e lo spessore della materia. Sabato 9 ottobre gita a Macon breve giro della città e proseguimento per Pouilly-Fuissé per l’appuntamento con la cantina di Dominique Cornin Giovane imprenditore (forse alle prime esperienze di produttore) non ci ha impressionato con i suoi vini. Tecnicamente ben fatti, ma senza colpi d’ala come ci saremmo aspettati da una qualità così affermata. Pochine le annate a disposizione (la più vecchia datava 2002). Vitigno chardonnay con affinamento in barrique; le annate degustate dal 2008 al 2006 abbastanza costanti nella loro espressione. Al naso profumi molto freschi di mela, pesca, limoncello, lieve vaniglia; in bocca difetto di morbidezza con una acidità da vivace a molto vivace; finale discretamente lungo. Vini rossi senza meriti. Interessante il pranzo al ristorante “Au Pouilly-Fuissé” con piatti tipicamente Jurassienne. Domenica 10 ottobre chiusura con la visita a Bourg en Bresse del monastero reale di Brou, capolavoro del periodo gotico. Al pomeriggio, rientro in Italia con la nostra doverosa scorta di vini dello Jura, una regione sicuramente poco conosciuta dai più, ma certamente meritevole.

Notizia inviata da Gianni Vincenzi Consigliere della Delegazione di Verona

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Prima serie di corsi 2010 per direttore di corso per sommelier Fisar

Il CTN comunica a cura di Giorgio Pennazzato

Alla fine dello scorso ottobre si è conclusa la prima serie di corsi dedicati alla formazione di nuovi Direttore di Corso per Sommelier Fisar (DCSF), con la possibilità di parteciparvi anche a chi era già Direttore, ma aveva il desiderio o sentiva la necessità di aggiornarsi.

G

li incontri, organizzati con l’intento di nominare nuovi Direttori nelle zone non adeguatamente coperte, si sono prefissi di rispondere alle seguenti domande: “Chi è il Direttore di Corso Fisar? Quale ruolo importante svolge il Direttore? Quali capacità e conoscenze deve avere?” Questa prima iniziativa è stata sviluppata come esperimento per ulteriori corsi di aggiornamento da svolgersi sul territorio nazionale, per rendere sempre più efficienti e preparati i DCSF, aprendoli di volta in volta a nuovi ingressi a seconda delle esigenze del territorio. La didattica ha trattato i temi fondamentali per la formazione di un DCSF: - “Comunicazione efficace” (docente il dott. Giorgio Pennazzato, consulente aziendale, libero docente al Politecnico di Milano e Consigliere nazionale Fisar) - “Degustazione e valutazione di un vino” (docente il prof. Vanino Negro, docente del Corso di Laurea in Enologia dell’Università di Padova)

- “Servizio del Sommelier” (docente il Sommelier Franco Jurassich, Responsabile dei Sommelier della Delegazione di Venezia) - “Regole operative per organizzare e gestire un corso” (docente la sommelier e prof.ssa Antonietta Turrin, Insegnante scolastica). I quattro temi riguardavano appunto aspetti essenziali alla formazione di un DCSF, il cui ruolo è fondamentale nella organizzazione

Giorgio Pennazzato

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Vanino Negro durante le lezioni

territoriale della nostra Associazione, poiché cura

dall’esame, perché ha impegnato al massimo

la realizzazione dei corsi da cui devono uscire i

l’attenzione dei partecipanti, ben consci che alla

nuovi Sommelier, ossatura della FISAR.

fine li aspettava l’esame; inoltre l’immediatezza

Due al momento i corsi realizzati: a Capua,

dell’esame stesso ha consentito nei corsisti

nei giorni 19 e 20 giugno; e a Desenzano sul

un buon ricordo di quanto appena appreso,

Garda, nei giorni 23 e 24 ottobre; in entrambi i casi tutti i partecipanti hanno superato il test finale ed hanno ricevuto un DVD personalizzato, che riporta le slides delle 4 lezioni del corso, per consentire un ripasso nel tempo ed un personale aggiornamento. Per la maggior parte dei partecipanti è stata giudicata positiva la durata di due giorni di corso,

controllato e verificato con la compilazione e correzione dei test di comprensione, tenuti alla fine di ogni “lezione”. Si è così utilizzata la didattica nota come “full immersion concentrated”, seguita anche a livello della grande industria e delle primarie attività commerciali e di servizi per una adeguata

collocati di sabato e domenica. Tale soluzione ha

preparazione

del

permesso agevolmente la partecipazione dei soci

particolari.

interessati, senza dover chiedere ferie e senza

Lasciamo la conclusione ad una frase ricavata

ingenerare problemi famigliari.

dal test CS di un corsista: “Sicuramente le

In particolare si è dimostrata indovinata la

espressioni e i volti dei docenti mi rimarranno

concentrazione in due giornate, seguite subito

in testa per la passione trasmessa”.

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personale

con

mansioni

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Le Eccellenze dell’Espresso 2011

®

I nostri assaggi

a cura di Davide Amadei

I

l 7 ottobre 2010, al Mercato di San Lorenzo di Firenze, è stata presentata la Guida I Vini d’Italia 2011 dell’Espresso, curata da Enzo Vizzari, Ernesto Gentili e Fabio Rizzari, con la grande degustazione dei 231 (17 in più rispetto alla precedente edizione) vini che hanno ottenuto le "5 bottiglie", cioè un voto uguale o superiore ai 18/20, serviti con grande professionalità da più di 100 sommelier FISAR. L’elenco degli Eccellenti contiene, accanto ad alcuni “mostri sacri”, molti vini “originali”, poco noti o comunque non famosi; e mancano molti prodotti che costantemente vengono premiati nelle altre importanti pubblicazioni analoghe. Questo dimostra la serietà del metodo, ma soprattutto manifesta la “scelta di campo” ed il criterio di fondo della Guida: i vini “migliori” sono quelli bevibili, eleganti, legati al territorio di provenienza; come si legge nell'Introduzione, la chiave oggi è «produrre meglio», che significa «vini più autentici e facili da bere». Se poi si sfoglia la Guida, si vede che alcuni vini blasonati raggiungono solo le 4 bottiglie, sono giudicati ottimi, ma non raggiungono l’eccellenza in quanto carenti di quel qualcosa in più che li renda, appunto, eleganti e bevibili. Molta materia, tanto

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frutto, elevata concentrazione ed estrazione, di per sé non premiano se non ci sono profumi sfaccettati e distinti al naso, profili contrastati in bocca, pulizia e freschezza del finale gusto-olfattivo. Dalle degustazioni effettuate la scelta dei curatori della Guida risulta decisamente confermata: emerge la valorizzazione di vini che, nell’eleganza e nella naturalezza, sono invitanti ed espressivi del territorio. Alle eccellenze di Toscana è dedicata un'autonoma sezione in questa Rivista, nell'ambito dell'ampio servizio monografico sulla Regione. Barolo Riserva Monfortino 2002 Giacomo Conterno Il colore è decisamente granato piuttosto scarico. All’olfatto, inizialmente chiuso, il vino progressivamente si apre, cresce, fino a diventare sontuoso, con terra, fiori rossi macerati, un’evidente e tipica rosa, note balsamiche, erbe medicinali, china, piccoli frutti di bosco rossi, e tanto altro. In bocca l'ingresso rotondo è subito contrastato dalla grande massa dei tannini, di grana finissima, e da una vena acida che percorre tutta la bocca; colpisce l’infinita

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persistenza del finale, pulito su sentori netti di fiori secchi e cioccolato. Potenza ed eleganza coniugate alla perfezione. La quintessenza del nebbiolo. Sette anni in botte grande per un vino figlio dell’annata 2002, in cui moltissimi produttori neppure hanno prodotto Barolo; ma l’area di Serralunga, in particolare la zona dove sono i cru Francia, da cui viene il Monfortino, e Vigna Rionda, non è stata colpita dalle grandinate. Non si può fare a meno di pensare alla potenziale longevità di questo vino, al suo futuro radioso, al piacere di aspettarlo anche per molti anni.

sensazioni balsamiche e di erbe aromatiche.

Barolo Riserva Monprivato Cà d'Morissio 2003 Mascarello Giuseppe & Figli Naso molto complesso, multiforme, con tante spezie dolci, soprattutto note di sottobosco e di terra umida, note balsamiche e agrumate, tamarindo, poi piccoli frutti rossi maturi. In bocca è caldo all'attacco, ha imponente struttura, ma ha acidità sorprendente e tannini dolcissimi, in un insieme di grandissimo equilibrio, sia pur nella estrema gioventù; il finale non finisce mai, su intriganti sensazioni anche di caramella d’orzo. Un grande lavoro in vigna e le peculiari condizioni pedoclimatiche del cru Monprivato di Castiglione Falletto hanno consentito di produrre una monumentale Riserva anche in un'annata difficile, caldissima, in cui per molti è stato impossibile raggiungere questi livelli di maturità dei tannini e di acidità: il 2003 di Mauro Mascarello, con una persistenza quasi incommensurabile, non ha nulla da invidiare al suo omologo della celebratissima annata 2001.

Montepulciano d’Abruzzo 2006

Barolo Cannubi San Lorenzo Ravera 2006 Giuseppe Rinaldi Un Barolo di territorio, del Comune di Barolo, di grande classicità con molta frutta rossa di bosco (lampone), fiori e spezie eleganti, note minerali, accenni di piante officinali; in bocca ha una gran quantità di tannini, da addomesticare ma dolci, grande struttura, lunghissimo finale, anche fresco, con continui ritorni di frutta, fiori e spezie. Senz’altro un “infanticidio”, ma si gode tanto fin da ora. Non è da meno il “fratello”, proveniente dal famoso vigneto condiviso col terroir di La Morra, il Barolo Brunate Le Coste 2006, con intriganti aromi minerali di cipria e di ciliegia al naso, gran tannino, giovanissimo, finale molto persistente su

lampone), nette sensazioni minerali e floreali,

Lessona Omaggio a Quintino Sella 2005 Sella Fiori, tanti fiori, per un nebbiolo del Nord nella sua più tipica espressione giocata sull'eleganza e sulla finezza dei profumi, sottili ma netti e diretti, sfaccettati. Grande freschezza e bevibilità, tanta naturalezza in bocca, con finale lungo elegantissimo su sensazioni di rosa e piccoli frutti rossi.

Valentini Non manca all’olfatto la consueta nota riduttiva, quasi una “puzzetta”, che, come l’esperienza dimostra, col tempo l'affinamento in bottiglia eliminerà; è comunque molto fine quanto a distinzione dei profumi, con piccoli frutti rossi, lievi note affumicate ed un’inaspettata nocciola fresca; è decisamente equilibrato in bocca, con notevole estratto e tannini di grana molto fine, fresco e sapido, con grande facilità di beva e piacevolezza; il finale, anche con netti sentori di caffè, è lungo e rinfrescante. Etna Rosso Contrada Rampante 2008 Passopisciaro Colore rosso rubino quasi trasparente, tipico del Nerello Mascalese così come del Pinot Nero. Ed all'eleganza di un grande Chambolle-Musigny questo vino non ha nulla da invidiare, a partire dall’olfatto ricco di piccoli frutti rossi (fragola, resine da legno. In bocca la pulizia e la finezza sono estreme, il tannino è di gran quantità e grana fittissima, il finale, segnato da freschezza ed elevata sapidità minerale, è lunghissimo. Da segnalare la nuova scelta aziendale di valorizzare le singole “contrade”, per far emergere le diversità dei vari cru del territorio del vocatissimo versante Nord del vulcano. Il vino premiato con l'eccellenza proviene dalla Contrada più elevata dell'azienda, ad oltre 1000 metri sul livello del mare, da piante di più di 80 anni: le grandi escursioni termiche, l’equilibrio delle vecchie viti, i terreni vulcanici spiegano facilmente la qualità del prodotto.

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Trento doc Riserva Lunelli 2003 Ferrari Naso non espresso e non particolarmente complesso, con note boisé, lieviti e pasticceria; in bocca le bollicine sono finissime, carezzevoli, il vino è morbido e subito fresco grazie anche alla “esplosione” della carbonica. Finale piuttosto lungo e pulito. Manna 2008 Franz Haas Bianco d'assemblaggio in cui, al naso, possono facilmente riconoscersi alcune note varietali di grande distinzione e finezza, quali la foglia di pomodoro e la salvia del sauvignon, ed il litchi, netto, del gewurztraminer; poi escono note minerali, quasi “rocciose”, e dopo si scopre che c'è riesling. In bocca colpisce subito l'acidità citrina estrema, nonostante i due anni dalla vendemmia, ma subito si percepiscono elevata struttura e limpida sapidità minerale, verso un finale cristallino abbastanza lungo e senz’altro freschissimo. Carso Vitovska 2008 Zidarich Il colore giallo dorato tradisce subito lo stile macerativo di questo bianco della viticoltura “eroica” del Carso. Naso “dolce”, con miele d’acacia, albicocca matura, fiori gialli, ma non mancano sentori marini freschi, quasi salmastri; in bocca è delizioso, grasso ma subito fresco e molto sapido, con tannino accennato; colpisce la persistenza del finale, con leggere ed eleganti note ossidative, su continue sensazioni fresche minerali. Malvasia di Bosa 2006 Columbu Giallo dorato vivo ed intenso, che lascia presagire grande ricchezza olfattiva e gustativa. Al naso impressiona con un’emozionante complessità e, soprattutto, originalità, con intensi sentori di tè, camomilla, noce, note ossidative, rabarbaro, agrumi freschi. In bocca la dolcezza è accennata e discreta, il finale è freschissimo e lungo su note ossidative e perfetta corrispondenza con le

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sensazioni dell’olfatto. Non è certamente un caso che sia stato l'unico vino ad avere il massimo punteggio della Guida (20/20). Colli Piacentini Vin Santo di Vigoleno 2000 Lusignani Il colore è davvero particolare, decisamente ambrato, quasi marrone (caffè diluito), a ricordare un Pedro Ximenes; il naso è complesso, con frutta secca, noce, fico secco, caramello; al gusto è travolgente, pastoso all'ingresso ma immediatamente rinfrescato da netta acidità, con un perfetto equilibrio in un contesto di grande struttura; il finale non finisce mai. Dalle uve dei vitigni tradizionali Santa Maria, Melara, Bervedino, e di quelli aggiunti di recente Marsanne, Sauvignon, Ortrugo e Trebbiano, appassite su graticci fino a dicembre, nasce questa perla piccola ma preziosissima dei Colli Piacentini. Il Caberlot 2007 Podere Il Carnasciale Naso intenso, con netto aroma di menta fresca, note vegetali eleganti, sentori di frutta nera matura (mora) e di spezie; leggero boisé. In bocca l'armonia gustativa è eccezionale: è perfetto connubio di materia e finezza, i tannini sono seta, è decisamente fresco e sapido, con una morbidezza avvolgente che percorre tutto l'assaggio; il retrolfatto è intenso e complesso, con orzo maltato e tanta menta rinfrescante; il finale, molto lungo, è invitante e succoso. Brunello di Montalcino Riserva Piaggione 2004 Salicutti Naso molto sfaccettato, da sangiovese di razza, con sentori terrosi e salini, fiori freschi e secchi, poi spezie, tabacco, cuoio, note balsamiche. In bocca è grande, c'è tanta materia, il tannino è tantissimo ma davvero molto fine; ci sono abbondanti dosi di freschezza e sapidità; la persistenza è infinita, con continui ritorni di tutti i sentori dell’olfatto, in un contesto di naturalezza e tipicità.

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Il Convegno sull’Enoturismo al Congresso FISAR 2010 di Filippo Terrasini

Come da programma, domenica il 14 novembre scorso, in occasione dell’Assemblea Nazionale, a CastelBrando, la FISAR ha dato spazio ad un tema di grande rilievo, per il mondo del vino e non solo, quale è quello dell’enoturismo.

A

l confronto, davanti ad ad una affollata e attenta platea, nel Teatro Magno di Castelbrando, hanno partecipato assieme al nostro Presidente Vittorio Cardaci Ama, e al sottoscritto che ha coordinato i lavori: Vasco Boatto Professore di Economia Agraria e Forestale preso l’Università di Padova e Direttore del CIRVE presso il Campus di Conegliano, Luca Giavi, Direttore Forum Spumanti d’Italia e Presidente emerito della FISAR, Roberto

Rabachino, Direttore responsabile del portale giornalistico Turismo del Gusto. La discussione, nella quale ciascuno dei relatori ha portato il proprio contributo a partire dalla propria attività e professionalità ha confermato il rilievo che il turismo del vino ha assunto negli ultimi anni. Di fronte al calo generale del turismo in Italia, 3% nel 2009, il turismo del vino ha migliorato le proprie posizioni: dai 5,5 milioni ai 6 milioni

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gli enoturisti con un volume di affari che vale 3 miliardi di euro, segnando un + 20% sul 2008. Questo grazie ad una offerta sul territorio che si è sempre meglio strutturata, tipicizzata esprimendo livelli diffusi di qualità: per citare soltanto alcuni dati sono 140 le strade del vino operanti, 1.300 i Comuni a vocazione vitivinicola con circa 400 denominazioni territoriali di vini. Un altro aspetto in termini di valore aggiunto per il territorio, è stato evidenziato nella discussione, è l’impegno al quale questa rete di Enti Locali sta ponendo nell’affrontare, e risolvere al meglio, temi come il rinnovo o l’impianto di nuovi vigneti, il controllo dell’erosione e la tutela idrogeologica, insomma la complessiva salvaguardia dell’ambiente. Rispetto ai due aspetti, però, di risorsa economica e di salvaguardia dell’ambiente, si riscontrano e si rischiano effetti contrari: non sempre l’offerta è della qualità necessaria, la difesa del territori, oltre a

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buona volontà, ha bisogno di investimenti che continuano ad essere indisponibili e comunque inadeguati alle necessità. Da questo punto di vista l’intervento di Boatto, a partire da uno studio condotto su realtà di diversi paesi Stati Uniti, Australia, America Latina, ha ribadito come dalla grande professionalità del comparto dell’enoturismo possa venire un importante risposta anche ai problemi dell’occupazione e costituire quindi una reale risorsa per l’economia, sottolineando nello stesso tempo quanto in Italia sia ancora molto da fare per raggiungere livelli di qualità che risultino attrativi soprattutto per il turismo del vino internazionale. Anche da questo punto di vista puntuale l’intervento di Rabachino che ha insistito sugli aspetti della comunicazione: di come debba distribuirsi adeguatamente fra i diversi media, televisione, radio, carta stampata, e soprattutto raggiungere livelli di efficacia, in termini di risultati attesi, che

ha bisogno di coordinamento e professionalità. Un ultimo aspetto del turismo enogastronomico che è stato messo in evidenza è il legame del vino (e dei prodotti gastronomici tipici) con il proprio territorio e non solo con qualità ed esposizione dei terreni, microclima, ma anche soria e cutura del territorio, dei suoi abitanti, e di quanto questo confermi quanto la tipicità dei nostri vini sia la carta vincente per competere sui mercati del mondo. Sulla questione della tipicità puntuale è stato il contributo di Giavi che ha marcato la differenza fra prodotti territoriali, quelli che si trovano esclusivamente su un territorio, e prodotti tipici quelli che del territorio, si è detto, racchiudono storia e cultura e che costituiscono la reale risorsa. Il Presidente Cardaci, alla conclusione dei lavori, ha sottolineato, quanto la FISAR, con i suoi sommelier quali ambasciatori di una consapevole cultura del vino, hanno fatto e faranno sul territorio per garantire quel livello di qualità dell’offerta indispensabile a garantire il consolidamento e l’ampliamento dei flussi turistici legati ai prodotti tipici del territorio ed in particolare al vino.

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Treviso asso pigliatutto al terzo Trofeo a cura di Mario Del Debbio per comunicare con il Segretario Nazionale: segretario@fisar.com

La delegazione veneta si afferma sia nel concorso a squadre sia nel Trofeo Rastal con Karen Casagrande Miglior Sommelier Fisar dell’anno. A Treviso anche il premio come miglior delegazione.

È

Treviso a conquistare il terzo Trofeo Divinando - concorso a squadre riservato alle delegazioni di sommelier provenienti da tutta Italia e organizzato da Fisar insieme a Carpené Malvolti - e a piazzare sul gradino più alto del podio del Trofeo Rastal per Miglior Sommelier dell’anno 2010 Karen

Casagrande, sommelier trevigiana di 24 anni. Un en plein arrivato al termine di una lunga giornata iniziata con la visita in cantina di Carpené Malvolti a cui hanno preso parte oltre 130 sommelier e l’annuale congresso Fisar che quest’anno ha scelto come location il suggestivo castello di Castelbrando a Cison di Valmarino (TV).

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Fisar Treviso - con il Trofeo Divinando

La delegazione trevigiana, già vincitrice del Trofeo nel 2008 e seconda classificata nel 2009, quest’anno ha messo in campo cinque “alfieri” che hanno dominato la sfida combattuta a colpi di bicchiere - ovvero Michela Taffarel (capitano) con Francesco Del Bello, Matteo Bruniera, Sara Fracassi e Cinzia Sandre - e hanno avuto la meglio sulle delegazioni di Firenze - seconda classificata con Anna Paola Coppi capitano, Leonardo Finetti,

Fisar Firenze - seconda classificata

Fisar Varazze - terza classificata

Marco Naldi, Livio Del Chiaro e Giovanni d’Alessandro - e Varazze, sul terzo gradino del podio con il capitano Antonio Zinno, Gloria Freddini, Donatella Ribaudo, Alessandro Pellegrini e Angelo De Gasparis. Quarto posto ex aequo per le altre tre squadre di Torino, Livorno e Castello di Jesi, tutte meritevolmente giunte nella finale a sei dopo una lunga serie di quesiti sulle tipologie di vino, sui territori di produzione e il riconoscimento “bendato” di un vino.

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Premio Jeroboam-Carpené alla Delegazione di Treviso

Ma Treviso non si è accontentata di vincere il Trofeo Divinando e ha voluto stravincere, aggiudicandosi oltre al il titolo di Miglior Sommelier dell’anno Fisar con Karen Casagrande, sommelier ventiquattrenne che si è imposta su Luigi Valter Piaggesi della delegazione di Varazze e Piero D’Acunto della delegazione di Roma anche il premio come miglior delegazione per la più alta crescita di iscritti, ricevendo in premio una jeroboam appositamente creata per l’occasione dalla Carpenè Malvolti. La premiazione del Trofeo Divinando è avvenuta alla presenza del Presidente nazionale Fisar Vittorio Cardaci Ama, che ha consegnato nelle mani dei vincitori la targa premio.

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a cura di Graziella Cescon

Congresso FISAR 2010

Un successo di presenze in una straordinaria cornice nella terra del Prosecco

I

l Congresso di Treviso, tenutosi il 13 e 14 novembre scorso nella stupenda cornice del rinascimentale Castello Brandolini (conosciuto come Castelbrando), nella pedemontana trevigiana, terra dove nasce il vino Prosecco, ha rappresentato una tappa importante nella storia della Fisar. Il luogo che è stato prescelto per il Congresso, arroccato su un alto sperone roccioso, oltre che imponente e di grande fascino, è ricchissimo di storia. Il Castello si trova infatti lungo l’antico tracciato della Claudia Augusta Altinate, la strada romana realizzata nel 15 a.C. per congiungere la città di Altinum (alle porte di Venezia) con Augusta Vindelicorum, l’attuale città di Augsburg in Baviera. Filologicamente restaurato negli anni ’80 del secolo scorso, il Castello ospita attualmente un albergo, diversi ristoranti e idonee strutture congressuali. Qui dunque, in un luogo che i partecipanti hanno conosciuto e ammirato, si è tenuto il Congresso e la partecipazione di delegati, consiglieri di delegazione e soci Fisar è stata molto elevata, più di sempre, dimostrando anche che la Fisar è cresciuta nella realtà enologica e ristorativa italiana e che l’organizzazione è stata impeccabile, già in fase di preparazione dell’avvenimento. A dimostrare il successo del Congresso di Treviso ci sono i numeri dei partecipanti ai diversi momenti dell’avvenimento. Per il brindisi di apertura di venerdì sera, ospiti di Altamarca Associazione Colline del Veneto, e per la visita della storica Cartina Carpenè Malvolti, dove, sul finire dell’800, è nato il Prosecco Spumante, nella mattinata di sabato 13 sono arrivati ben 150 soci da ogni par-

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te d’Italia, i quali hanno potuto constatare il notevole impegno dell’azienda per ottenere sempre dei vini e degli spumanti di alta qualità. Lo stesso numero di presenze si è avuto poi a pranzo in un ristorante storico trevigiano, la “Locanda da Lino”, tanto amata dal soprano Toti Dal Monte; una delle grandi interpreti d’opera della prima metà del secolo scorso, dal mai dimenticato Alberto Sordi, da Rodolfo Sonego, uno dei più celebri sceneggiatori italiani della seconda metà del ‘900 e da molti altri artisti, scrittori e poeti. La sera, poi, al tradizionale Galà con premiazione del “Sommelier dell’anno- Trofeo Rastal” e della squadra vincitrice del “Trofeo Divinando - Carpenè Malvolti”, tenuta nella Sala degli Stemmi del Teatro Magno del Castello sono intervenuti ben 230 commensali e già questa straordinaria presenza di autorità e fisariani ha rappresentato un successo di cui la Fisar può andare giustamente fiera. La domenica mattina al Convegno sull’Enoturismo ha partecipato un centinaio di soci che hanno seguito con molta attenzione gli interessanti interventi dei relatori, quindi alla riunione dei delegati sono intervenuti circa 140 tra soci, segretari e delegati. I numeri che hanno decretato il successo del Congresso di Treviso non sono finiti, perché la domenica pomeriggio al Teatro Sansovino c’è stata una interessantissima degustazione con i vini dei Consorzi Tutela Vini Docg e Doc trevigiani – Conegliano Valdobbiadene Prosecco Superiore, Montello e Colli Asolani, Piave e Lison Pramaggiore – accompagnati da prodotti tipici locali e alla degustazione sono intervenute oltre duecento persone.

Il Sommelier Gennaio-Febbraio 2011 • n. 1


Mi preme aggiungere che durante la serata di gala di sabato è stato premiato con il Tastevin d’Argento il Direttore del Merano Wine Festival Helmuth Koecher ed è stato insignito del titolo di socio benemerito Giancarlo Moretto, socio fondatore di numerose delegazioni venete, già fondatore della Serenissima Signoria dei Vini del Piave, un uomo che alla cultura del vino ha dato veramente tanto.. Da trevigiana e consigliere nazionale mi consentirete di esprimere anche da queste colonne la mia soddisfazione per la meritata vittoria di Karen Casagrande, quale Sommelier Fisar dell’anno 2010-2011 e della Squadra Trevigiana Fisar che ha conquistato il Terzo Trofeo Divinando. E i motivi della soddisfazione, che non è solo mia, ma di tutti i soci Fisar, sta nel fatto che dai nostri corsi escono ormai da tempo sommelier molto preparati, capaci di accrescere di continuo la propria cultura professionale, chiamati sempre più spesso anche dalle Istituzioni per svolgere il proprio servizio. Dal Congresso di Treviso parte dunque un duplice invito a tutte le Delegazioni Fisar italiane. Se, infatti, la preparazione dei sommelier, la serietà e validità culturale e professionale dei corsi, la qualità del servizio restano il costante obiettivo primario di ogni delegazione, non deve mancare l’impegno a mettere in giusto risalto l’Associazione stessa con manifestazioni – che già ci sono in molti luoghi – realizzate in luoghi prestigiosi, capaci di ulteriormente valorizzare la Fisar, che si prepara a celebrare i suoi primi intensi quarant’anni di vita.

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Il Sommelier Gennaio-Febbraio 2011 • n. 1 Brindisi da Carpenè


Graziella Cescon

Degustazione Consorzi

Il Presidente alla Cena di Gala

Il Socio Benemerito Giancarlo Moretto con il Presidente

Helmuth Kocher (dx) alla Cena di Gala

Giancarlo Moretto con Graziella Cescon

Incontro con Altamarca

Karen Casagrande riceve il premio del soggiorno presso l'Azienda Barone di Villagrande - Milo (CT) www.villagrande.it

Roberto Donadini

2010


Ospiti alla Cena di Gala

Pupitres Carpenè Malvolti

Ristorante da Lino Sommelier in Servizio alla Cena di Gala

Sommelier in servizio

Il Sommelier Gennaio-Febbraio 2011 • n. 1

Visita in Carpenè Malvolti

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Concorso Sommelier dell'anno FISAR 2010 TROFEO RASTAL Karen Casagrande Miglior Sommelier dell'anno 2010


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Organo Ufficiale della FISAR Federazione Italiana Sommelier Albergatori Ristoratori



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