Sono viva. La strada e i sogni di una donna nuova

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Sono libera BRUNELLA

La strada e i sogni di una donna nuova

Romanzo

auto da fĂŠ


D

opo il matrimonio con un uomo duro e senza amore, le emozioni trattenute e nascoste per decenni finalmente deflagrano in una nuova consapevolezza: per ogni sconfitta ricevuta, la protagonista scopre di essere sempre più forte. Questo libro è il diario di una donna che prende in mano la propria vita per un viaggio a volte doloroso, ma in cui ogni difficoltà fa emergere un pezzetto della propria anima. Seguendo questo sentiero, anche per le strade del Nepal, ritrova la curiosità, l’Amore e la passione necessari per sognare una nuova libertà.

BRUNELLA nasce nel 1960 a Broni, paese collinare dell’Oltrepò pavese. Vive a stretto contatto con la natura e gli animali in una piccola fattoria, dove si diverte a coltivare ortaggi e frutta in modo naturale.

ISBN ISBN 9781717507716 978-1717507716

€ 12,90

9 781717 507716


Auto da fé … Licenziando queste cronache ho l’impressione di buttarle nel fuoco e di liberarmene per sempre (E. Montale)


© Brunella, 2018 © FdBooks, 2018. Edizione 1.0 L’edizione digitale di questo libro è disponibile online in formato .mobi su Amazon e in formato .epub su Google Play e altri store online. In copertina: Disegno di Mattia Marchetti.

ISBN 978-1717507716

Quest’opera è protetta dalla Legge sul diritto d’autore. È vietata ogni riproduzione, anche parziale, non autorizzata.


BRUNELLA

Sono libera

La strada e i sogni di una donna nuova



A quel tempo danzavano per le strade come pazzi, e io li seguivo a fatica come ho fatto tutta la vita con le persone che mi interessano, perché le uniche persone che esistono per me sono i pazzi, i pazzi di voglia di vivere, di parole, di salvezza, i pazzi del tutto e subito, quelli che non sbadigliano mai e non dicono mai banalità ma bruciano, bruciano, bruciano come favolosi fuochi d’artificio gialli che esplodono simili a ragni sopra le stelle e nel mezzo si vede scoppiare la luce azzurra e tutti fanno “Oooooh!”. Jack Kerouac, Sulla strada



Brunella

Sono libera La strada e i sogni di una donna nuova

Sono episodi della mia vita sono lettere inviate alle amiche sono appunti per i miei figli sono emozioni taciute sono urla silenziose scritte per alleviare certe giornate buie.

È il riassunto di una parte della mia vita. È una parte che ha cambiato il mio essere.

È un viaggio, una lunga via piena di avventure. È un cammino a volte difficile, con strade impervie, piene di buche, di fango e di tranelli, ma dove io sono sempre la protagonista, con le mie paure, le mie sicurezze, le mie scelte e i miei sogni.

È un sogno a occhi aperti.


Domande a ruota libera a un uomo che è stato mio marito e che non lo è più da tempo. Domande a me stessa. Domande alle quali probabilmente non sarà mai data una risposta esauriente perché le risposte non sono mai assolute; mutano con il passare dei momenti come noi, di giorno in giorno. Ciò che ieri era, oggi non è e domani si vedrà… È il bello della vita!


Febbraio 2006

Perché? Perché tu sì e io no? Perché tu puoi, o hai potuto, e io ora no? Perché se sono una donna sposata non posso andare in vacanza una settimana con una mia amica e con nostra figlia? Quest’anno ho voglia di andare al mare sola, di stare con un’amica, di rilassarmi, di staccare finalmente la spina da te. Sintomo di una crisi coniugale? Voglia di stare da sola, di provare a me stessa che posso cavarmela anche senza di te che decidi tutto. Io con mia figlia, in una stanza d’albergo, al mare, una settimana! Questo ti ho chiesto, dopo venti anni di matrimonio. Ne ho bisogno e non ci trovo nulla di male.


Certo! Quando te l’ho chiesto avevo già deciso: vado! Che tu voglia o no! Ti ho solo informato, non avevo bisogno del tuo benestare. Ho preso una decisione. Per quanto assurdo, pazzo, incoerente con il mio passato di moglie e mamma possa sembrarti, non hai il diritto di dirmi di no o di fare scenate. Non voglio andare di nuovo con te, non potrei sopportarti ancora! Le tue assurde manie, i tuoi modi da padre padrone, i tuoi rimproveri continui, non li potrei più digerire. Dopo tre giorni avrei voglia di scappare… come del resto è sempre andata, ricordi? Dopo tre giorni volevo tornare a casa… Quest’anno cambio, quest’anno voglio diventare grande, camminare con le mie forze, sbagliare e correggermi. È vero, sono stata tanti anni alle tue decisioni, alle tue intemperanze; ho vissuto cercando in tutti i modi di non farti arrabbiare, di evitare situazioni o discorsi che potessero scatenare i tuoi nervi. E credimi, ci vuole veramente poco per provocarli.

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Ho imparato a reprimere i miei desideri, dimenticare tutti i miei sogni, risolvere i miei problemi, quelli dei figli, quelli della mia famiglia, senza bisogno del tuo aiuto nĂŠ morale nĂŠ materiale. Senza, a volte, farti sapere nulla. Per evitare litigi, perchĂŠ, naturalmente, su ogni questione avresti trovato soluzioni migliori e ottimali. Avremmo dovuto fare a modo tuo altrimenti sarebbero volati rimproveri, parolacce, insulti. Hai sempre avuto il potere di farmi sentire idiota, diminuendo di giorno in giorno la stima di me stessa raggiungendo limiti non normalmente accettabili. Mi hai allontanata da tutti. Hai tentato per una vita intera di allontanarmi dalla mia famiglia cercando di farmi odiare mia madre affermando, ogni occasione si presentasse, che voleva piĂš bene a mia sorella che a me. E io morivo un poco ogni volta. Solo tu potevi volermi bene. Non mi hai mai chiesto una sola volta cosa facessi prima di conoscere te, quali fossero stati i miei giochi, le mie paure, i miei studi, i

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miei interessi. Per te ero nata quando ti avevo conosciuto, non ti interessava altro. Eri geloso di ogni altro essere vivente potesse distogliermi da te. Ero giovane, timida, insicura, avevo appena aperto le porte alla vita e sei arrivato tu! Sicuro di te, sbruffone e bullo, forte e bello! E hai cominciato a scavare nella mia anima; avevi trovato la persona giusta per te, una ragazza che ti adorasse, ti idolatrasse, facesse ciò che volevi. Ho avuto due figli, meravigliosi, per i quali ho dato la vita e la ridarei ancora senza tentennamenti; ma quanti patimenti, anche loro, hanno dovuto sopportare! Il ragazzo è cresciuto con un padre che lo sgridava per ogni nonnulla. Qualsiasi cosa facesse era sbagliata, e più cercava di rimediare più falliva ed era incalzato a parolacce e insulti urlando e bestemmiando. E quanti litigi allora tra noi due perché lo difendevo. E quante volte invece sono stata nervosa con lui e l’ho bloccato per non scatenare in te insane reazioni. Ti ricordi quando

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gli impedivi di giocare a pallone in corte la sera d’estate solo perché ti dava fastidio il vociare? E io cercavo di assecondarti. Questa è stata la mia grande colpa, della quale non mi perdonerò mai. Non avevo la forza di combattere; avrei dovuto, allora, abbandonare tutto ma anch’io ero sopraffatta dal tuo carattere, troppo presa a compiacerti per non irritarti. Ero sempre nervosa, di corsa, alla ricerca di perfezione. Quest’anno sono cambiata e tu mi hai dato della matta. Va bene così! Sono matta ma non torno indietro, voglio andare avanti, voglio vivere, voglio dimostrare che non sono un’inetta. Voglio poter sbagliare e avere magari una persona vicina che mi accolga sempre con un lungo abbraccio e mi consoli, mi sproni e mi dica: «Tu vali, hai la tua vita in mano, fanne ciò che vuoi! Io sono qui con te» e mi abbracci ancora e ancora. Tu non l’hai mai fatto! Sai che non mi hai mai abbracciato una sola volta? Neppure quando eravamo ragazzini, ora che ci penso. Mai!

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Io non l’ho mai cercato, è vero. Non ero abituata, avevo paura di te e di essere derisa. Dimostrare con te un cedimento, un abbraccio, una carezza, un mano sulla spalla, un bacio per strada in pubblico, erano cose da bambini. Sdolcinature melense che dimostravano debolezza. E io pensavo che ti vergognassi di me! Non ero alla tua altezza, così sicuro di te stesso, così conscio della tua forza fisica, così uomo! Io così fragile, insicura, timida e con tante enormi paure! E allora mi sono costruita una corazza, ho dovuto sopravvivere. Sono diventata una “dura”, una “sicura di se stessa”, una donna gelida e felice fuori; tanto dentro di me non poteva vedere nessuno. Ciò che avevo dentro era qualcosa da nascondere a tutti, anche a me stessa. Non avevo amici o amiche, se non i tuoi. Uno sport mio? Ma sia mai! «Sei una donna sposata!» mi hai urlato una sera nella quale avevo espresso il desiderio di andare a un corso di danza latinoamericana con un’amica.

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Ho pianto, e ho desistito, per il quieto vivere… Il tuo sport invece? La caccia, per la quale mi dicevi: «Da agosto a febbraio fai conto che io non ci sia, sono a caccia!». E in quei mesi ho imparato a fare senza di te, anzi alla fine ero contenta. Arrivavi a casa la sera stanco morto e ti addormentavi secco sul divano. Almeno non dovevo far l’amore con te la sera. Gli altri mesi dell’anno? Lavoravi, e ciò che gli altri facevano in sei ore tu lo dovevi fare in tre, diventando però nervosissimo. Naturalmente tutto era svolto in modo perfetto – per te – nel minor tempo e con la maggior rabbia possibile in corpo. E la tua rabbia poi ti portava a giorni di “crisi assoluta” in cui non ti reggevi in piedi. Pressione bassa, ulcera recidiva che mai guariva, emorroidi, mal di testa; e allora, steso sul divano, innervosivi tutta la famiglia. Quante medicine, che non servivano a curare il male che avevi. Era rabbia contro il mondo intero, contro gli altri.

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Tu, unico uomo giusto in una massa di ignoranti; Tu, unico paladino di una guerra tua personale; Tu, che odi i neri perché sono deboli, gli americani perché sono forti, i ricchi perché se sono ricchi hanno sopraffatto e rubato, i poveri perché si sono lasciati schiacciare; Tu che odi chi studia perché lo ritieni un peso per la società. Odi gli scrittori, i poeti, i matematici, i fisici, gli astronomi, gli attori, gli sportivi, gli artisti: tutta gente che non produce. Tu hai cominciato a lavorare a tredici anni, e così dovrebbe essere per tutti. Tu hai sofferto come nessuno! Ma che ne sai tu di sofferenza degli altri? Non t’interessa. Tu sei l’unico essere umano che merita di essere aiutato, naturalmente con il criterio che decidi tu, l’unico possibile e giusto! Ma la tua giustizia è distruttiva e io ho passato metà della mia vita combattendo queste posizioni assolutamente ipocrite e ignoranti, rifiutando e litigando quotidianamente per tali affermazioni e assurde posizioni mentali. Ma sono stata con te e ho provato a capirti, a compatirti, ad aiutarti, a farti capire.

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E tu sei riuscito quasi a distruggermi. Moralmente sono viva, curiosa, indipendente, sensibile; amo gli altri con tutte le loro debolezze. Amo leggere, la poesia e lo scrivere. Amo confrontarmi quotidianamente con le altrui opinioni e ho due regole fondamentali: rispetta il prossimo tuo come te stesso e la tua libertà finisce dove inizia quella degli altri. E cerco di seguirle e di insegnarle ai miei figli. Odio nel profondo le ingiustizie e la povertà nel mondo. Amo i bambini con tutta me stessa, sono il nostro futuro! Amo gli anziani, sono il nostro passato di cui non dobbiamo mai perdere traccia. Sono consapevole che quando leggo non produco per la società e in quel momento sono probabilmente un peso, ma lo faccio lo stesso, per me stessa, perché mi dà piacere. Nutro la mia anima, mi aiuta a sviluppare idee, a conoscermi nel profondo, ad amarmi. Perché se sono stata venti anni con te significa che non mi amavo proprio per nulla.

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Ho imparato e sto continuando con l’aiuto degli altri, che non sono stati messi al mondo allo scopo esclusivo di farmi del male, come hai sempre sostenuto. L’unico a farmi tanto soffrire sei stato proprio tu. Ora ho davanti a me un futuro, una via da disegnare e da percorrere, tutta mia. Una donna nuova che vuole capire perché abbia sopportato per tanto tempo una vita fatta di sottomissione, di umiliazioni, di mancanza di rispetto. Per i figli? No, per il loro bene sarei dovuta scappare dopo le prime arrabbiature e i primi insulti. Per amore? Certo l’innamoramento è stato folle, mi faceva sentire indispensabile per te. La tua gelosia mi proteggeva dagli altri. Ma così facendo non mi sono accorta di quanto fosse interessante il mondo al di fuori dei tuoi occhi. Non è stata nemmeno l’indipendenza economica, perché ho sempre guadagnato molto.

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Avevo un lavoro che mi dava tante soddisfazioni, per il quale mi sono sempre battuta e per il quale ho sempre litigato. Eri geloso anche del mio lavoro. Non ne volevi sentir parlare, contento solo quando portavo a casa lo stipendio. Gongolavi a portare soldi in banca, a investire, economizzare e risparmiare. Quando ho perso il lavoro a causa di un fallimento per me è stato un trauma e da te mi sono sentita dare della stupida, dell’oca e dell’incapace. Era colpa mia se non avevo più uno stipendio e ora toccava a te tutto il peso della famiglia. E io mi sentivo in colpa… Perché mi sono fatta così male?

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Aprile 2006

Oggi ho pianto fino a non avere più lacrime. Ho pianto per aver buttato venti anni della mia vita. Ho pianto per la mia stupidaggine, cocciutaggine, debolezza e per il mio egoismo. Ho vissuto venti anni senza sapere cos’è l’amore. La mia anima era assopita, il mio cuore batteva solo per i figli, credevo di essere insensibile alle passioni, fredda, dura, calma, razionale, ma ora che ho scoperto che non sono così mi chiedo perché ho lasciato morire la parte più vera di me. Ho quarant’anni e mi sento una ragazzina con i sentimenti di una ventenne per le tante cose non provate, mai avute e delle quali pensavo di non aver bisogno. Quanto mi sbagliavo!


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