Archeomatica 2 2013

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rivista trimestrale, Anno IV - Numero 2

giugno 2013

ArcheomaticA Tecnologie per i Beni Culturali

Analisi

multispettrale

sul tablet

ArcGIS per i Musei Civici umbri Musei multimediali e interattivi Restauro virtuale di mosaici Analysis of an amber artifact


17-18 Ottobre Real Collegio, Lucca 19 Ottobre “Lucca aperta per LuBeC”

LuBeC 2013 CULTURA: PASSWORD PER IL FUTURO L’occupazione nella filiera beni culturali tecnologia - turismo. Ruolo delle istituzioni e opportunità per imprese e operatori

CONVEGNI, SEMINARI, WORKSHOP RASSEGNA ESPOSITIVA LUBEC DIGITAL TECHNOLOGY LuBeC è un evento di

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EDITORIALE

Gli

archeomatici e le guerre

In questi mesi sono stati spesso alcuni reportage dai più cruenti teatri bellici a raccontarci che la tragedia della guerra non è solo uccisione di uomini, disgregazione di famiglie e comunità, distruzione di territori, abitazioni, infrastrutture e sistemi produttivi. Dopo la Seconda Guerra Mondiale i conflitti degli ultimi decenni, dai Balcani al Caucaso, dal Libano a Cipro, dalla Palestina all’Iraq e all’Afghanistan, dalla Libia alla Siria, dalla Nigeria al Sudan, hanno continuato a investire con il loro orrore anche il patrimonio culturale. Con una novità: i monumenti del nemico sembrano essere diventati obiettivo strategico e non collaterale di atti distruttivi, a volte altamente simbolici, come l’abbattimento del ponte di Mostar, simbolo di una cultura multietnica secolare, o la distruzione dei Buddha di Bamiyan. La negazione dell’altro trova il suo compimento nella distruzione della sua memoria, della sua arte, della sua storia. Polemos vuole luoghi scardinati dal loro secolare orientamento simbolico e valoriale, destrutturati e rinominati in modo da annichilire ogni possibilità di riconoscere il legame vitale tra la cultura nemica e l'ambiente che questa ha connotato e in cui ha espresso storicamente e simbolicamente con monumenti e assetti la propria identità. E’ una storia antica, già i romani mutarono il nome di Dikearchia (luogo ove regna la giustizia) in Puteoli (la città della puzza). E questo perché ciò che forma e soprattutto tiene veramente insieme una comunità, la fa durare nel tempo, al di là di ogni regolazione dei rapporti assicurata dal diritto, è un sentire più profondo, condiviso, un sentimento di appartenenza ad una vicenda capace di legare saldamente nel tempo le generazioni che si realizza ed esprime nel paesaggio culturale, nel territorio qualificato dalla storia e dalla cultura. E’ questo l’obiettivo vero della follia distruttiva della guerra. Un patrimonio forte ma insieme fragile. Non a caso la Convenzione adottata all’Aja il 14 maggio 1954 sulla protezione dei beni culturali in caso di conflitto armato marchia come crimine far oggetto di attacco, distruzione, saccheggio, furto o vandalismo i beni culturali dato che: “ i gravi danni arrecati ai beni culturali, a qualsiasi popolo essi appartengano, costituiscono danno al patrimonio culturale dell'umanità intera, poiché ogni popolo contribuisce alla cultura mondiale”. Quanto esecrato nella Convenzione è proprio quello che invece accade ai giorni nostri ordinariamente. Vi assistiamo in Siria: siti archeologici abbandonati e preda degli scavi clandestini, trasformati in accasermamenti e campi di battaglia. A Tell Mardikh, dove Matthiae e il suo team hanno scoperto Ebla portando alla luce migliaia di tavolette cuneiformi, ma anche ad Apamea, Palmira, Dura Europos, Aleppo con l’antico Souk, Homs con il centro storico. In questo scenario anche gli archeomatici sono in prima linea: sul fronte a difendere i monumenti dalla distruzione, con tante esperienze di documentazione, monitoraggio, rilievo, molte volte innovative. La guerra, si è detto (Hobsbawm), costituisce un grande volano di accelerazione del progresso tecnico ma questo è anche in parte vero anche per chi ogni giorno deve escogitare soluzioni per difendersi dalla guerra. E gli archeomatici soprattutto saranno ancora al loro posto quando verrà il momento di passare ai restauri e alle ricostruzioni. Al riguardo una studiosa, Elena Franchi, giustamente auspica che le ricostruzioni siano “condotte scientificamente e non asservite alla logica dei vincitori e delle imprese associate. Perché la ricostruzione di un Paese è solo apparentemente neutrale. Con l’imposizione di imprese, tecniche costruttive e materiali estranei alla cultura locale, può causare danni gravi quanto quelli di un bombardamento”. Michele Fasolo michele . fasolo @ archeomatica . it


IN QUESTO NUMERO DOCUMENTAZIONE 6 iPad e tablet per l'indagine multispettrale di opere d'arte di Antonino

Cosentino

12 I Musei civici umbri, la Commissione Guardabassi e il GIS di

Elena Latini

16 La fotografia per i Beni Culturali. Tecniche avanzate di trattamento digitale. Variante al metodo di creazione delle RTI

Esempio di applicazione di un dispositivo iPad per la visualizzazione di immagini multispettrali acquisite su un dipinto su tela.

di

Mario Annunziata

ARTE E SCIENZA 20 Una restituzione documentale del Martirio di S. Orsola di

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ArcheomaticA Tecnologie per i Beni Culturali Anno IV, N° 2 - giugno 2013

Archeomatica, trimestrale pubblicata dal 2009, è la prima rivista italiana interamente dedicata alla divulgazione, promozione e interscambio di conoscenze sulle tecnologie per la tutela, la conservazione, la valorizzazione e la fruizione del patrimonio culturale italiano ed internazionale. Pubblica argomenti su tecnologie per il rilievo e la documentazione, per l'analisi e la diagnosi, per l'intervento di restauro o per la manutenzione e, in ultimo, per la fruizione legata all'indotto dei musei e dei parchi archeologici, senza tralasciare le modalità di fruizione avanzata del web con il suo social networking e le periferiche "smart". Collabora con tutti i riferimenti del settore sia italiani che stranieri, tra i quali professionisti, istituzioni, accademia, enti di ricerca e pubbliche amministrazioni.

Direttore Renzo Carlucci direttore@archeomatica.it Direttore Responsabile Michele Fasolo michele.fasolo@archeomatica.it Comitato scientifico Maurizio Forte, Bernard Frischer Sandro Massa, Maura Medri Mario Micheli, Stefano Monti Francesco Prosperetti Marco Ramazzotti, Antonino Saggio Francesca Salvemini

Redazione Fulvio Bernardini redazione@archeomatica.it Giovanna Castelli giovanna.castelli@archeomatica.it Elena Latini elena.latini@archeomatica.it Sandra Leonardi sandra.leonardi@archeomatica.it Daniele Pipitone daniele.pipitone@archeomatica.it Amalia Russo amalia.russo@archeomatica.it Domenico Santarsiero domenico.santarsiero@archeomatica.it


RESTAURO 30 I mosaici di Piazza Anita Garibaldi a Ravenna: ipotesi di restauro virtuale di Mariapaola Monti e Giuseppe Maino

RUBRICHE 27 RECENSIONI Non solo "ri-restauri" per la durabilità dell'arte

MUSEI 34 Strumenti interattivi alla scoperta di Colombo e del Porto di Genova

di

Serena Boglione

42 AGORÀ Notizie dal mondo delle Tecnologie dei Beni Culturali

44 AZIENDE E

PRODOTTI

GUEST PAPER 46 The analysis, identification and treatment of an amber artifact by Niccolo Caldararo, Jena Hirschbein, Pete Palmer, Heather Shepard

Soluzioni allo Stato dell'Arte

50 EVENTI

INSERZIONISTI

SCHEDE TECNICHE 28 Dallo studio del passato allo studio di applicazioni per comunicare il passato di Matteo Sicios 29 #MuseiMultimediali Tra passato e futuro: i beni culturali e le nuove tecnologie di NoideaLab

Marketing e distribuzione Alfonso Quaglione a.quaglione@archeomatica.it

Progetto grafico e impaginazione Daniele Carlucci daniele@archeomatica.it

Diffusione e Amministrazione Tatiana Iasillo diffusione@archeomatica.it

Editore MediaGEO soc. coop. Archeomatica è una testata registrata al Tribunale di Roma con il numero 395/2009 del 19 novembre 2009 ISSN 2037-2485

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Stampa SPADAMEDIA S.r.l. Viale del Lavoro 31 - 0043 Ciampino (Roma)

ArcheoDigital 25 Artemis 22 Borsa del turismo archeologico 50 Codevintec 51 Ecox 14 Essetech 11 Geogrà 15 Geotop 19 Gruppo Meta 26 Leica Geosystems 23 LuBeC 2 NoReal 18 SJM Tech 10 T. for Quality 21 UnoCad 52 Virtualgeo 41

Condizioni di abbonamento La quota annuale di abbonamento alla rivista è di € 45,00. Il prezzo di ciascun fascicolo compreso nell’abbonamento è di € 12,00. Il prezzo di ciascun fascicolo arretrato è di € 15,00. I prezzi indicati si intendono Iva inclusa. Per abbonarsi: www.archeomatica.it Gli articoli firmati impegnano solo la responsabilità dell’autore. È vietata la riproduzione anche parziale del contenuto di questo numero della Rivista in qualsiasi forma e con qualsiasi procedimento elettronico o meccanico, ivi inclusi i sistemi di archiviazione e prelievo dati, senza il consenso scritto dell’editore.


DOCUMENTAZIONE

iPad e tablet per l’indagine

multispettrale di opere d’arte di Antonino Cosentino L’iPad e itablet Android avranno un ruolo importante nel campo della diagnostica per le opere d’arte. Già trovano immediata applicazione nel settore della diagnostica per immagini. Le loro limitate risorse di memoria e processore possono essere superate utilizzando un web-server con streaming tile-based come IIPImage che permette la transizione tra immagini multispettrali utilizzando un normale browser web.

Fig. 1 - L’iPad è utilizzato per visualizzare il disegno preparatorio

J. C. Dahl, Museo d’Arte di Bergen, Norvegia.

su un quadro di

I

Pad e tablet Android troveranno larga applicazione nel campo della documentazione e dell’indagine di opere d’arte. Permetteranno di rendere gli interventi di conservazione, documentazione e restauro più semplici, veloci e collaborativi. La loro applicazione come sussidio per l’indagine multispettrale è immediata, dal momento che questi dispositivi sono stati creati proprio per rendere più facile la fruizione di contenuti multimediali, come appunto le immagini. Il tablet trova già applicazioni sperimentali in alcuni musei per la fruizione sia da parte dei professionisti che del pubblico delle immagini multispettrali. Ci sono esempi di app sviluppate per esaminare immagini multispettrali come quella realizzata dal museo Kimbell Art Museum in occasione della mostra Picasso and Braque: The Cubist Experiment 1910-1912. I visitatori della mostra hanno avuto a disposizione 40 iPad con l’app iCubist caricata che permette di visualizzare le immagini all’infrarosso e all’ultravioletto di alcune opere selezionate così da notare dettagli altrimenti invisibili. Questo articolo riporta le esperienze dell’autore nell’applicazione di questi dispositivi sia per l’uso professionale nell’ambito della diagnostica per immagini - che per la fruizione da parte del pubblico interessato a osservare dettagli delle opere d’arte oltre il visibile. L’autore ha realizzato per il Museo d’Arte di Bergen, Norvegia, la documentazione multispettrale della collezione di J. C Dahl (1788-1857) considerato il padre della pittura norvegese di paesaggio - e la documentazione della collezione di dipinti e stampe di Edvard Munch (1863-1944). Questo museo è particolarmente interessato all’applicazione dei dispositivi mobili per aumentare l’interattività della visita e ha già una considerevole esperienza in questo campo con la realizzazione di

una mostra su Nikolai Astrup (1880-1928) che permette al visitatore di ricevere nuove informazioni sui quadri esposti utilizzando il proprio iphone. In figura 1 il personale del museo usa l’iPad per esaminare la documentazione multispettrale su J. C. Dahl. DIAGNOSTICA PER IMMAGINI Il contributo dei tablet sarà particolarmente importante per tutti quei metodi che richiedono l’esame d’immagini, come la diagnostica multispettrale [1], soprattutto quando ci sono più di una decina d’immagini da esaminare e confrontare. Ad esempio, nel caso del dipinto in figura 2, l’indagine realizzata dall’autore per un collezionista privato è composta da 11 immagini: ci sono 3 coppie di fotografie per il fronte e per il retro rispettivamente nel visibile [1], nell’infrarosso [2] e nella fluorescenza ultravioletta [3, 4] a cui si aggiungono - solo per il fronte – l’ultravioletto riflesso [5], l’infrarosso falso colore [6], l’infrarosso trasmesso [7, 8] e la fluorescenza infrarossa [9].

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Fig. 2 - L’impiego di tablet è particolarmente utile nel campo della diagnostica per immagini dove è necessario confrontare più di 10 immagini per ogni singola opera d’arte esaminata. In questo esempio, olio su tela 20x10 cm, sono state acquisite 11 immagini multispettrali, 3 nel visibile, 5 nell’infrarosso e 3 utilizzando una sorgente ultravioletta.

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Tecnologie per i Beni Culturali

Fig. 3 - Olio su tela 30x20 cm. Collezione privata. L’infrarosso trasmesso rivela la presenza di un pentimento, un disegno preparatorio che è stato coperto.

L’accesso a servizi commerciali che si occupano della modificazione di fotocamere digitali per l’infrarosso e l’ultravioletto ad un costo contenuto sta rendendo popolare la diagnostica multispettrale. Solo le videocamere InGaAs continuano ad essere costose ma una fotocamera digitale modificata per l’infrarosso è soddisfacente per una buona parte dei pigmenti storici. Il costo dei filtri e delle sorgenti è anch’esso contenuto e le ottiche comunemente utilizzate per la fotografia possono essere utilizzate con buoni risultati. Le immagini multispettrali proposte in quest’articolo sono state realizzate dall’autore con strumentazione che viene utilizzata sia per l’insegnamento della materia che per relazioni diagnostiche multispettrali su opere d’arte. In sintesi, la strumentazione consiste in una camera Nikon D800 36MP modificata per infrarosso-ultravioletto, una camera InGaAs Merlin Indigo System, ottica Nikon 200 mm (per foto panoramica) e 85 mm e una testa automatica panoramica Gigapan Epic Pro. Il sistema panoramico composto dalla testa automatica e dall’ottica telefoto da 200 mm viene utilizzato per produrre immagini ad alta risoluzione tramite il processo di stitching, cioè di sovrapposizione e incollaggio di matrici d’immagini [10]. Le sorgenti utilizzate sono lampade alogene per il visibile e l’infrarosso, LED per la fluorescenza infrarossa e la lampada ultravioletta forense TIGERUV 790UV. Il set di filtri da 52 mm è costituito da un filtro X-NiteCC1 per la normale fotografia, un filtro infrarosso a 950 mm, un filtro B+W 486 per la fluorescenza ultravioletta ed il filtro B+W 403 per l’ultravioletto riflesso. Nell’esame della serie d’immagini multispettrali è preferibile che quest’ultime siano state registrate – cioè siano perfettamente sovrapponibili. Infatti, l’uso di differenti filtri, ottiche e strumenti per il visibile, l’ultravioletto e l’infrarosso produce immagini con deformazioni e scale diverse che possono comunque essere corrette così da registrarle tutte. Una volta che le immagini sono registrate e quindi facile estrapolare informazioni e arrivare a conclusioni valide perché si può valutare facilmente il comportamento di ogni singola area d’interesse alle diverse lunghezze d’onda e nei diversi metodi d’imaging. Così nell’esempio del quadro in figura 2, grazie alla sovrapposizione delle due immagini nel visibile e nell’infrarosso trasmesso, è facile riconoscere e distinguere il disegno preparatorio dall’esecuzione finale, figura 3. Maggiori e più complete informazioni si possono estrapolare quando si comparano più di due immagini multispettrali. Figura 4 mostra un particolare dello stesso quadro che presenta un’anomalia già nella fluorescenza ultravioletta (UVF). Generalmente le macchie scure in un’immagine UVF rappresentano restauri recenti giacché la vernice e il legante che non hanno subito un processo d’invecchiamento

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Fig. 4 - Dettaglio di un quadro ad olio su tela 30x20 cm. Sono riportate alcune delle tecniche d’imaging multispettrale il cui esame incrociato permette di ricavare maggiori informazioni che le singole immagini.

naturale sufficientemente lungo – si parla dell’ordine di almeno 50 anni - non presentano fluorescenza ultravioletta. Inoltre questa stessa area assorbe l’ultravioletto riflesso. Tra i pigmenti bianchi che hanno questo comportamento ci sono il bianco di titanio e il bianco di zinco, mentre il bianco di piombo riflette l’ultravioletto [5]. La figura 5 mostra le immagini multispettrali per i 4 più comuni pigmenti bianchi: bianco di titanio, bianco di zinco, bianco di piombo e gesso. Si vede l’assorbimento dell’ultravioletto da parte dei due bianchi moderni, bianco di titanio e bianco di zinco.

Fig. 5 - I quattro pigmenti bianchi di uso più comune stesi con gomma arabica e fotografati con quattro tecniche: fotografia normale, fluorescenza ultravioletta, ultravioletto riflesso, infrarosso. Dall’alto verso il basso i pigmenti sono: gesso, bianco di piombo, bianco di titanio, bianco di zinco.

Si può escludere che si tratti di bianco di zinco perché quest’ultimo mostra una caratteristica emissione di fluorescenza nel giallo. L’immagine nell’infrarosso conferma questa ipotesi in quanto l’area di interesse si presenta omogenea. Infatti, questi quattro pigmenti bianchi non mostrano alcuna differenza nell’infrarosso e nell’infrarosso falso colore, figura 5. Infine, una volta assodato che si tratta di un ritocco, l’infrarosso trasmesso ci permette di determinare se questo interessa solo la superficie o ci sono discontinuità in profondità nella preparazione pittorica. In questo caso l’infrarosso attraversa in maniera omogenea la tela e quindi suggerisce l’integrità del film pittorico. Infine, la fluorescenza infrarossa indica la presenza di pigmenti a base di cadmio che in questo tipo di fotografia appaiono come aree luminose. La figura 6 mostra possibili ritocchi a base di rosso di cadmio sul drappo di un angelo.

Fig. 6 - Madonna in gloria con angeli (80x66 cm), autore ignoto, olio su tela, fine ‘800. La Fluorescenza Infrarossa è capace di evidenziare la presenza di pigmenti a base di cadmio, rosso e giallo di cadmio.I ritocchi per il drappo che copre l'angelo a sinlistra, emettono un'intensa fluorescenza infrarossa.


APP GRATUITE PER VISUALIZZAZIONE DI GALLERIE FOTOGRAFICHE Ci sono diverse app gratuite per la visualizzazione di gallerie fotografiche come “immagini” che è installata di default su iPad. Questa è la soluzione più semplice ed economica per visualizzare immagini multispettrali su iPad per un confronto diretto con l’opera in esame, come in figura 6. Tuttavia, la dimensione delle immagini che possono essere caricate sull’iPad con questa e altre applicazioni è limitata. Infatti, durante il processo di trasferimento – in particolare per iPad con iTunes - le immagini vengono sotto dimensionate a circa il doppio della risoluzione dello schermo del dispositivo così da permettere un minimo di zoom. Per quest’articolo è stato utilizzato l’iPad 2 che ha una risoluzione dello schermo di 1024 x 768 pixel. Altre soluzioni per mantenere invariate le dimensioni delle immagini caricate su iPad o altro tablet non sono da perseguire. Le risorse di calcolo di questi dispositivi sono limitate se confrontate con un desktop e la gestione di grandi immagini rallenterebbe conseguentemente la fluidità della visualizzazione sul touchscreen. Queste app create per visualizzare fotografie scattate con macchine digitali commerciali vanno bene se ci si limita da una camera digitale da poco più di 10 megapixel. In questo caso, infatti,le dimensioni dell’immagine non vengono sacrificate con un processo di sotto dimensionamento. Per tutti gli altri casi si consiglia una soluzione che faccia uso di un webserver e di un processo di visualizzazione a “mattonella” (streaming tile-based) che mantiene fluida la visualizzazione di file immagine teoricamente di qualsiasi dimensione. PHOTOSHOP TOUCH Photoshop per desktop è utilizzato per la documentazione multispettrale in quanto permette di allocare le immagini multispettrali e già registrate di una stessa opera su livel-

li separati all’interno di uno stesso file psd. Questi livelli possono essere resi invisibili o parzialmente trasparenti a seconda che si voglia visualizzare o confrontare l’infrarosso, l’ultravioletto, infrarosso falso colore, etc., figura 7. Photoshop risulta quindi un valido strumento per esaminare una sequenza d’immagini multispettrali ed è ampiamente utilizzato nel settore. Photoshop Touch è la versione per iPad e tablet Android. Questa app ha un costo molto contenuto di meno di 10 euro e permette di disporre le immagini multispettrali su singoli livelli come la sua versione desktop. Tuttavia, al momento l’app permette solo di caricare immagini di dimensione massima 1024x768 pixel, cioè la risoluzione dell’iPad 2. L’autore non ha ancora testato l’app su iPad 3 che ha una risoluzione dello schermo circa 4 volte maggiore. Comunque anche per Photoshop Touch vale quanto detto per le altre app di visualizzazione di gallerie fotografiche. La dimensione dei file immagini caricabili è limitata e la soluzione va cercata in un web-server. WEB-HOSTING Fin qui sono state presentate alcune app per visualizzare immagini multispettrali già caricate sui tablet. Molto più versatile è la possibilità di gestire immagini multispettrali caricate su un server di rete. In questo modo si può superare il problema della memoria e delle risorse di calcolo limitate di questi dispositivi mobili e inoltre si permette l’accesso alle immagini contemporaneamente a più utenti. Quest’ultimo è un grande vantaggio perché permette la collaborazione di tutti i soggetti coinvolti nel progetto d’indagine senza vincoli spaziali e temporali. La diffusione di fotocamere con numero di pixel sempre maggiore - come la Nikon D800 da 36 MP utilizzata negli esempi riportati in questo articolo - e la possibilità di otFig. 7 - Una

qualsiasi app per visualizzare gallerie

fotografiche su iPad o altro tablet permette di sovrapporre agevolmente le immagini multispettrali

(in

questo esempio, ultravioletto riflesso) all’opera da analizzare per un esame immediato e intuitivo.

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Fig. 8 - Photoshop Touch è la versione per iPad e tablet di Photoshop. Permette di navigare tra le immagini multispettrali caricate sui singoli livelli con funzioni zoom, e trasparenza.

tenere immagini a risoluzione ancora maggiore col metodo dello stitching fotografico dimatrici d’immagini rendono indispensabile l’implementazione di appositi server per ospitare e gestire questi file di grandi dimensioni. Quanto segue non va confuso con servizi quali Dropbox.com che permettono di creare cartelle virtuali dove l’utente può caricare le immagini e condividerle con altri. Questo tipo di servizi funziona solo per immagini di dimensioni contenute perché per poter visualizzare l’immagine, questa dev’essere prima scaricata sul dispositivo mobile utilizzando una rete WiFi. Si ritorna così a problemi precedentemente sottolineati. Si cerca ora invece una soluzione per lavorare su tablet con molte immagini di grande dimensione. Si utilizza in questo caso il metodo implementato ad esempio da Google Maps per la visualizzazione satellitare. Un server trasferisce sul dispositivo che ne fa richiesta (client) solo la porzione d’immagine che interessa. In questo modo il dispositivo client non è sovraccaricato e la navigazione rimane fluida e rapida. Esistono diversi servizi di cui ci si può avvalere. Il primo che presentiamo è il server di Gigapan.com. Questa azienda commercializza il sistema innovativo per fotografia panoramica che l’autore utilizza per realizzare fotografia multispettrale e riflettografica infrarossa ad alta risoluzione. L’azienda, con lo scopo di promuovere la fotografia panoramica realizzata con il metodo dello stitching, mette a disposizione gratuitamente il loro server per caricare e fruire immagini di grandissima dimensione, anche dell’ordine del gigabyte. Una volta caricate, le immagini possono essere visualizzate sul sito web dell’azienda con il metodo a mattonella (streaming tile-based) - una sezione per volta, figura 8. Questo sistema permette a chiunque in possesso del collegamento alla corrispondente pagina websul server gigapan.com di visualizzare le immagini multispettrali ad altissima risoluzione. In realtà le immagini possono essere visualizzate anche all’interno di altri siti web tramite il metodo iframe, inglobando un codice HTML in qualsiasi altra pagina web, figura 9 [11]. Utilizzando il server di Gigapan.com è infine possibile navigare le immagini utilizzando un qualsiasi browser web su tablet e iPad con la stessa fluidità che se le immagini fossero caricate sul proprio dispositivo. Tuttavia, Gigapan. com è consigliato solo per chi voglia provare queste tecnologie. Se si vuole invece utilizzare in maniera sistematica il tablet per esaminare le immagini multispettrali, come ad esempio, una ditta di diagnostica o un’istituzione come un museo, è allora certamente necessario passare a un server autonomo.

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Fig. 9 - Gigapan.com offre un servizio web-server per ospitare e gestire immagini di grandi dimensioni e distribuirle con il metodo streaming tile-based. La fruizione risulta estremamente fluida e gradevole.

Fig. 10 - Gigapan.com permette di avere il codice HTML per inglobare un iframe all’interno di qualsiasi pagina web. In questo modo è possibile avere sulla stessa pagina tutte le immagini multispettrali di una stessa opera. La figura riporta una porzione della pagina web che ospita 8 iframe per altrettante immagini multispettrali [11].

La soluzione migliore è rappresentata dal server web IIPImage [12], una applicazione server gratuita e open source, figura 10. Una volta installata, permette di caricare qualsiasi immagine senza alcuna limitazione. IIPImage lavora bene con il tablet perché necessita di limitate risorse di sistema, cioè, processore e memoria. Le immagini (TIFF o JPEG2000) possono essere dell’ordine del gigabyte e sia a 8 che a 16 bit. È possibile anche aggiungere note alle immagini. IIPImage sta diventando uno standard in questo settore, infatti è già utilizzato da molte istituzioni come ad esempio: il C2RMF, the French National Restoration and Research Centre al museo del Louvre che usa IIPImage per gestire la sua collezione di 250.000 immagini digitali; la National Gallery, Londra; The Rembrandt Database gestito da The Netherlands Institute for Art History, il Musée d’Orsay, progetti internazionali quali Raphael Research Resource. I collegamenti a questi e molti altri esempi si possono trovare sul sito di IIPImage. IIPImage ha l’importantissimo vantaggio di permettere la sovrapposizione e la variazione di trasparenza tra due livelli multispettrali, così come avviene tra i livelli di Photoshop ma con la possibilita’ di gestirla su internet utilizzando solo il browser [13]. Questo video riassume quanto fin qui detto riguardo l’uso di dispositivi mobile nel campo della diagnostica per l’arte [14].


Riferimenti

Fig. 11 - IIPImage è una applicazione gratuita e open source che una volta installata su un web server permette all’utente di caricare serie di immagini multispettrali di qualsiasi dimensione e di visualizzarle in trasparenza così come su Photoshop. Edvard Munch (1895), Death Bed. Fluorescenza Ultravioletta. Una cortesia del Museo D’Arte di Bergen, Norvegia.

CONCLUSIONI È auspicabile l’implementazione di alcune funzioni su IIPImage espressamente per il multispettrale e per la diagnostica delle opere d’arte. Ad esempio, la possibilità di caricare oltre ai livelli dell’imaging multispettrale anche uno per contenere dati puntuali come le sezioni stratigrafiche dei micro campionamenti o gli spettri acquisiti con le varie metodologie analitiche. Altrettanto utile sarebbe introdurre un livello per le annotazioni e alcune funzioni di misura. La possibilità di misurare aree su una superfice pittorica tornerebbe utile per quantificare rapidamente il tempo necessario a un intervento di restauro. Sicuramente ci saranno sviluppi sull’uso dei tablet anche in altri ambiti come ad esempio la RTI (Imaging di Trasformata di Riflettanza) di cui ancora non è al momento disponibile un’app per visualizzare un modello RTI su tablet.

[1] AA.VV., “The AIC guide to digital photography and conservation documentation – second edition” Jeffrey Warda editor, American Institute for Conservation, 2011. [2] Creagh D.C. Bradley D.A.“Radiation in Art and Archeometry” Elsevier, 2000, pp 40-55. [3] Savage G.“Forgeries, fakes, and reproductions, a handbook for collectors” London, White Lion Publishers Ltd., appendix 3, 1976. [4] Rorimer J.J.“Ultraviolet rays and their use in the examination of works of art” Metropolitan Museum of Art; 1st Ed. Edition, 1931. [5] Aldrovandi A., Buzzegoli E., Keller A., Kunzelman D. “Investigation of painted surfaces with a reflected UV false color technique. Art’05 – 8th International Conference on “Non Destructive Investigations and Micronalysis for the Diagnostics and Conservation of the Cultural and Environmental Heritage” Lecce (Italy), May 15th – 19th, 2005. [6] Moon T., SchillingM. R., Thirkettle S. “A Note on the Use of False-Color Infrared Photography in Conservation” Studies in Conservation, Vol. 37, No. 1, pp. 42-52, 1992. [7] KushelD. A. “Applications of Transmitted Infrared Radiation to the Examination of Artifacts” Studies in Conservation, Vol. 30, No. 1, pp. 1-10, 1985. [8] Moutsatsou A., Skapoula D., Doulgeridis M. “The Contribution of Transmitted Infrared Imaging to Non-Invasive Study of Canvas Paintings at the National Gallery – Alexandros Soutzos Museum, Greece”e-conservation magazine 22 pp. 53-61, 2011http://www.e-conservationline.com/content/ view/1038 [9] BridgmanC. F., Gibson H. L. “Infrared Luminescence in the Photographic Examination of Paintings and Other Art Objects” Studies in Conservation, Vol. 8, No. 3, pp. 77-83,1963. [10] Cosentino A. “A practical guide to Panoramic Multispectral Imaging” econservation Magazine, 25, pp 64–73, 2013. [11] Esempio di iframe e gigapan.com server. http://www.antoninocosentino. it/multispectral%20Imaging.html [12] Server webIIPImage.http://iipimage.sourceforge.net [13] Esempio di immagini multispettrali su Web-server IIPImage http://www.antoninocosentino.it/Edvard%20Munch.html [14] http://vimeo.com/54095417

Abstract

The iPad and Android iTablet will have an important role in the field of diagnostic works of art. Already are immediately applicable in the field of diagnostic for imaging. Their limited resources of the processor and memory can be overcome by using a web-server with tile-based streaming as IIPImage that allows the transition between multispectral images using a standard web browser

Parole

chiave

Beni Culturali;

indagini multispettrali; iPad tablet

Autori

Antonino Cosentino Cultural Heritage Scientist, PhD Physicist antoninocose@gmail.com

3D Technologies & Multimedia

Soluzioni 3D per la valorizzazione dei Beni Culturali Trattamento dati cartografici e laser scanner Modellazione 3D fotorealistica Visualizzazione 3D real-time, tour virtuali Sviluppo applicazioni 3D interattive multipiattaforma

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Tecnologie per i Beni Culturali

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DOCUMENTAZIONE

I la

musei civici umbri,

Commissione Guardabassi

e il

GIS

di Elena Latini Obiettivo dell’intervento è di indagare l’esposizione dei dipinti murali staccati e esposti nei musei civici e proporre il recupero “virtuale” del loro contesto storico, rintracciandone gli immobili di provenienza. Il campo di applicazione è l’Umbria, vista come luogo esemplare per la sperimentazione di un modello di fruizione culturale applicabile in maniera generalizzata per la valorizzazione consapevole della storia dei musei, delle loro opere e degli archivi. L’arco cronologico è relativo alle normative elaborate con l’Unità di Italia quando in Umbria era particolarmente impegnata la Commissione Artistica che ha lasciato una ampia testimonianza con la documentazione inedita contenuta nei 14 manoscritti custoditi presso la Biblioteca Augusta. Viene presentata una proposta dedicata alla Pinacoteca di Assisi, come esempio di sperimentazione per localizzare i dipinti staccati a seguito delle valutazioni della Commissione, definirne l’analisi dei luoghi da cui provengono, la tecnica di distacco e i supporti, il tutto su un sistema GIS.

L

o studio delle opere d’arte, la loro conservazione e la loro tutela non possono esimersi dall’analisi del territorio in cui vengono conservate. Il progredire informatico e l’approfondimento dell’analisi complessiva dell’opera d’arte volta ad essere inquadrata sempre più spesso in un ambito geografico hanno generato il coinvolgimento di uno strumento di supporto alla cartografia tradizionale quale il GIS, dando la possibilità di un indubbio approfondimento di ogni singola opera. Infatti, se è sicuramente vero che quando si mettono in relazione i GIS con i Beni Culturali la prima operazione che viene alla mente è la realizzazione della Carta del Rischio, ove collocare tutte le emergenze storico-archeologiche, monumentali e paesaggistiche che potrebbero incorrere in eventuali rischi che insistono sul territorio, è pur noto che con il supporto dello strumento informatico e la metodologia propria della Geografia è possibile individuare altri campi di utilizzo. Coloro che utilizzano i GIS sanno che questi sistemi non hanno come obiettivo unico la catalogazione, a cui invece sono prettamente destinati i database, ma sono a disposizione per evidenziare un’opportuna ricerca di chiavi di lettura utili per identificare una efficiente ed efficace correlazione di dati che possono essere relativi ai reperti di uno scavo archeologico o alle opere allestite in un museo. Infatti, dato che i GIS contengono di base una banca dati e considerando che le peculiarità della Geografia, permettono di considerare una quantità di interrogativi che spaziano dalla semplice localizzazione a relazioni più complesse tra i dati presi in esame e quindi il loro scopo può essere molto vario. Nel settore dei beni culturali, l’uso del GIS è imprescindibile dall’implementazione dei dati provenienti dagli archivi che, in molti casi non comunicano tra loro, e quindi offrono la possibilità di compiere relazioni utili per studiare, analizzare e valorizzare il territorio e le opere ivi poste. A tale proposito si affaccia a questo ambito lo studio di una disciplina, che a fatica tende a emergere e che risulta fondamentale per la comprensione dei numerosi musei italiani, ossia l’archivistica museale. Gli esiti devastanti delle operazioni che hanno portato alla separazione tra gli archivi storici dei musei e le opere in essi contenuti sono datati negli anni

della costituzione dello stato unitario e al momento della fondazione dei musei civici e presentano le tracce della diseguale tutela nelle diverse regioni italiane, delle normative pre-unitarie ma anche delle varie prassi di restauro o di valorizzazione. Questi legami possono essere recuperati attraverso gli strumenti informatici che possono ricostruire ciò che oggi viene conservato in sedi differenti e gestite da enti diversi. In particolare, la realizzazione di un GIS relativo alla collezione delle varie pinacoteche umbre può consentire di ricontestualizzare le opere sul territorio e ricomporre quell’unità tra i dipinti murali staccati e allestiti nei musei e le architetture che erano da questi decorati. Il sistema risulta essere ancora più convincente ed utile quando propone un approfondimento nell’ambito dello studio delle opere contenute nel museo e lo arricchisce attraverso le informazioni dei documenti di archivio che possono essere utili al visitatore per comprendere le collezioni museali. ARCGIS ONLINE E LA COMMISSIONE GUARDABASSI Si propone la lettura della situazione che viene a crearsi nei primi anni della nascita dello stato unitario in cui si sviluppa il ruolo della Commissione Artistica della provincia dell’Umbria. Viene analiticamente ricostruito il lavoro condotto, delineandone la finalità di censire il patrimonio artistico del territorio, di analizzarne lo stato di conservazione e di selezionare le opere da salvaguardare. L’attività di verifica e di conoscenza promossa dalla Commissione venne guidata da Mariano Guardabassi e lavorò tra il 1862 e il 1869 percorrendo tutta l’Umbria con l’obiettivo di redigere le pagelle delle opere d’arte in cui si indicava lo stato di conservazione attraverso tre categorie di valutazione dei dipinti ed evidenziandone la necessità di collocarle altrove. Nella fattispecie è possibile leggere sulle pagelle queste indicazioni: la I categoria evidenziava una opera che poteva essere spostata, mentre la II veniva espressa per le opere che potevano essere traslocate e sostituite da una copia ed infine, la III categoria veniva segnalata per le opere che Commissione valutava opportuno lasciare in situ.

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Tecnologie per i Beni Culturali Grazie a questa attività, si realizzò il primo inventario scientifico dei reperti archeologici, dei monumenti e dei beni, insistenti nel territorio e il focus del progetto venne fissato sulla valutazione in situ dello stato di conservazione attraverso la documentazione svolta anche con l’uso della neonata tecnica della fotografia. Vennero così redatti quattordici manoscritti denominati Inventari e descrizioni degli oggetti di Belle Arti rinvenuti nelle chiese e nelle case di Corporazioni e collegiate soppresse in Umbria che - nel solo territorio perugino - elencano 5268 opere d’arte censite. Per poter gestire, localizzare e valorizzare questa mole di informazioni, è stato utilizzato il programma ArcGIS Online® - ESRI che presenta caratteristiche estremamente semplificate per la diffusione dell’informazione geografica via web. Il prodotto risulta gratuito e utilizzabile on-line senza richiedere particolare e costosi software. ArcGIS Online permette la localizzazione su livelli informativi geografici ed insieme la possibilità di introdurre altre informazioni, inseribili anche successivamente, in modalità userfriendly. Questo programma è un sistema Cloud che consente la gestione di mappe, applicazioni, dati e altre informazioni geografiche nella modalità collaborativa tipica dei social networks. Risulta essere una piattaforma tecnologica facilmente fruibile, gestita in modo autonomo e sempre disponibile, perché è in rete e permette di utilizzare una serie di applicazioni in grado di soddisfare le varie esigenze del progetto. Con questo sistema è possibile localizzare ogni elemento, con estrema facilità ed è consentito associare testi, immagini, video, hyperlink e tutto ciò che occorre per la descrizione dell’oggetto stesso ad ogni elemento. Avvalendosi della capacità di geocoding offerta da ArcGIS Online, che mette a disposizione diverse tipologie di ortofoto e di mappe sia stradali che topografiche, si sono localizzati i ventotto comuni della provincia di Perugia inserirti nel database realizzato con i dati provenienti “Inventari e descrizioni degli oggetti di Belle Arti rinvenuti nelle Chiese o Case delle Corporazioni e Collegiate soppresse dell’Umbria” relativi ai 158 beni immobili analizzati. Il programma si interfaccia con i più moderni social networks quali Facebook® e Twitter®, cliccando sugli appositi tasti, identificati con le icone e permette di raggiungere un pubblico, non solo specialistico, attraverso un linguaggio di comunicazione che riunisce le informazioni storiche e scientifiche relative alla conservazione e al restauro delle opere georeferite proponendo la realizzazione di percorsi che possano offrire una nuova lettura dei dipinti stessi. Per accedere ai contenuti della mappa realizzata relativa alla Commissione Artistica presieduta da Guardabassi è necessario collegarsi al sito e una volta entrati nel programma si sceglie il progetto, ossia la mappa denominata “Commissione Guardabassi”. La caratteristica fondamentale dei GIS è il procedimento dell’overlay mapping, attraverso il quale si possono visualizzare i vari dati specifici del progetto che si sta elaborando legandoli con gli aspetti geografici. Sono stati realizzati una serie di layers che si possono via via sovrapporre e che permettono di gestire i dati provenienti dal database con i dati provenienti dagli Inventari prima descritti. Il layer denominato “Commissione” permette di visualizzare i ventotto comuni perugini oggetto delle attività condotte che hanno avuto una estensione che supera i confini attuali della regione Umbria per comprendere una parte della Sabina e del reatino. Quindi è stata realizzata una serie di layers che localizzano i 977 dipinti oggetto della schedatura della Commissione e li suddividono per tipologia di manufatto (affresco, tela a tempera, pittura a olio, tavola) ed inoltre, per le categorie indicate dalla Commissione.

13 LA PINACOTECA COMUNALE DI ASSISI E ARCGIS ON-LINE Il museo, attraverso le sue attività di studio e di ricerca, di documentazione, di informazione e di tutela delle opere d’arte, nonché di gestione e di valorizzazione del patrimonio storico-artistico, svolge anche un importante ruolo di responsabilità territoriale. Il quadro delle finalità del museo è definito nello statuto e nei regolamenti e nelle programmazioni calibrate da una attenta valutazione degli accordi e convenzioni che gli stessi possono definire con gli enti locali competenti.

Il rapporto di relazione tra il museo e l’area geografica in cui insiste è ben definito nell’ambito VIII dell’Atto di indirizzo e il legame tra museo e territorio è l’elemento caratterizzante nella fattispecie del museo civico volto a tutelare il patrimonio culturale presente nell’area municipale. Il territorio è il perimetro, il confine che delimita l’area delle opere raccolte nel museo civico che nasce con il preciso scopo di salvaguardare il patrimonio culturale dalla dispersione nel periodo in cui si stavano definendo le norme dell’Italia Unita. Nel caso della Pinacoteca di Assisi, il GIS realizzato ha come oggetto i dipinti murali staccati e ne propone una contestualizzazione geografica, una lettura della documentazione di archivio, relativa anche ai restauri, nonché una visualizzazione degli immobili di provenienza dei dipinti stessi e può stimolare una crescita delle conoscenze del territorio municipale. Si possono quindi definire gli aspetti legati alla vicenda costitutiva della Pinacoteca comunale, evidenziare al visitatore le dinamiche che ne hanno incrementato la collezione evidenziandone i luoghi di provenienza nel territorio. In particolare, il progetto permette di localizzare i luoghi da cui sono stati staccati i dipinti murali. Si è introdotto un simbolo che identifica il luogo da cui è stato staccato/strappato il dipinto e scorrendo sulla immagine con il mouse, attivando l’icona, è possibile evidenziare una etichetta che indica la denominazione dell’immobile.


Qualora si volesse conoscere esattamente i dipinti provenienti dall’immobile, è possibile cliccare sulle immagini delle opere per aprire una pagina dedicata di Flickr®, sito di condivisione delle fotografie, dove sono state inserite le foto dei dipinti ed è implementabile con le immagini dei documenti di archivio e con le fotografie delle attività di restauro. In conclusione è bene ricordare la necessità di avviare una metodologia di fruizione della documentazione inerente al patrimonio artistico ma rispettando le garanzie di tutela dei dati, delle foto e del diritto d’autore.

Ambito

di

Lavoro

Comune di Assisi, Pinacoteca comunale (progetto è completato). Possibili ampliamenti: tutto il territorio umbro (in corso di analisi).

Bibliografia • M. GUARDABASSI, Indice e guida dei Monumenti Pagani e Cristiani riguardanti l’Istoria e l’Arte insistenti nella provincia dell’Umbria, Perugia 1872. • ICR (a cura di), Memorabilia: il futuro della memoria. Per una carta del rischio del patrimonio culturale, ICR, Roma 1987 • E. LATINI, I dipinti murali conservati nei “Musei della Colpa” e la loro contestualizzazione attraverso l’uso del GIS, tesi di dottorato in Memoria e materia delle opere d’arte attraverso i processi di produzione, storicizzazione, conservazione, musealizzazione, XXIV ciclo, Università della Tuscia. • MiBAC (a cura di), Atto di indirizzo sui criteri tecnico-scientifici e sugli standard di funzionamento e sviluppo dei musei (D.M. 25/7/2000).

Abstract

RINGRAZIAMENTI Si ringrazia la 14 Conferenza Utenti Esri per aver autorizzato la diffusione dell’articolo.

The aim of the project is to investigate the exposure of the murals removed and exhibited in museums and civic propose recovery "virtual" in their historical context and discovers the property of origin. The scope is Umbria, seen as exemplary place for the testing of a model of cultural enjoyment applicable in a general manner for the enhancement appears aware of the history of museums, and archives of their work. The time span is related to the regulations drawn up by the unit when in Umbria Italy was particularly committed the Artistic Committee that has left a ample testimony to the unpublished documents contained in the 14 manuscripts preserved in the Library Augusta. Submitting a proposal dedicated to the Art Gallery of Assisi as an example of experimentation to locate the paintings detached as a result of the Commission's assessments, define the analysis of the places from which they come, the technique of detachment and media.

Parole

chiave

Beni Culturali;

conservazione;

ArcGis

online;

Commissione Guardabassi

Autore

Elena Latini Docente “Museografia e Museotecnica” Università degli studi di Bologna – Alma Mater Studiorum elena.latini3@unibo.it

Technology and services for art and environment diagnostics • Imaging and Scanning IR reflectography; False Colour IR imaging; UV Fluorescence imaging; IR Termography Digital X-Rays and CT; XRF analysis and mapping; Ultrasonic testing; GPR surveys; Microclimate monitoring

S.T.Art

Diagnostica per Arte, Territorio e Ambienti

Test

S.T.ART-TEST DI S. SCHIAVONE & C. S.A.S. info@start-test.it, www. start-test.it

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Tecnologie per i Beni Culturali

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DOCUMENTAZIONE

La fotografia per i Beni Culturali Tecniche avanzate di trattamento digitale.Variante al metodo di creazione delle RTI di Mario Annunziata Le note che seguono sono il tentativo di individuare degli spunti, sollecitazioni per quanti nel proprio percorso di studi e ricerche affrontano problemi di documentazione e visualizzazione fotografica. Pur non avendo pretese, che potrebbero apparire velleitarie e comunque oltre le intenzioni, si è voluto comunque fornire il più possibile un quadro di riferimento complessivo. Quanto segue è inoltre occasione per provare a fare una sintesi dell’esperienza personale maturata nel campo fotografico e del trattamento delle immagini digitali nell’ambito dei beni culturali e ambientali.

L

e applicazioni della fotografia, come ben sappiamo, sono molteplici così come molteplici sono gli approcci e gli utilizzi possibili: dalla ricerca artistica pura alla indagine scientifica ( microscopia, fotogrammetrica, multispetrale) nel campo dei beni culturali tradizionalmente la fotografia ha svolto essenzialmente la funzione di riproduzione della realtà fattuale, di descrizione (pensiamo per esempio alla classica immagine da allegare alle schede nella catalogazione dei reperti archeologici o per altri versi la serialità delle immagini Alinari), in sostanza un documento. Con la evoluzione della rivoluzione digitale, che inizialmente pur in presenza di grande flessibilità non era in grado di offrire risultati visivi paragonabili alle tecnologie tradizionali, si sono aperte nuove possibilità. Nel mondo attualmente si scattano più di 5 milioni di foto al giorno, lo sviluppo del trattamento digitale delle immagini ha consentito più che la semplice sostituzione del supporto evidentemente, l’immagine è diventata punto focale della comunicazione all’epoca digitale. L’immagine digitale ha introdotto, e portato poi a livello capillare, i concetti di virtuale, simulazione, modello . Per l’ambito di cui ci occupiamo questi concetti sono molto importanti e riguardano i due livelli fondamentali del tema Beni Culturali: la valorizzazione e lo studio. Pensiamo alla introduzione dei panorami orbicolari interattivi (qtvr) che consentono non solo la rappresentazione (il documento) ma la esplorazione virtuale dei luoghi, luoghi prima mai visti vuoi per inaccesibilità vuoi per distanze: il mondo qui e adesso. I luoghi virtuali non sono sostitutivi, sono virtuali ma la esperienza, condotta dall'utente, è reale e apre alla simultaneità dei confronti (contemporaneamente il sito del Taj Mahal Mausoleum e il Barco Borghese) generando quella rete di collegamenti personali, rizomatica, che supera la dicotomia virtuale/ reale. La simulazione che già nella sua doppia accezione (imitazione/riproduzione e finzione/inganno) apre scenari inquietanti grazie al passaggio dalle immagini digitali a due dimensioni alle immagini a tre dimensioni e se già è interessante l’apertura di significato in direzione del simulacro, contemporaneo alla realtà stessa o comunque collegato all’oggetto sostituito, pensiamo alla simulazione in assenza totale del referente (Bettetini 1991). L’evento epistemologico del trattamento digitale delle immagini (l’Eidiomatica declinata attraverso le diverse componenti quali il bitmap

fotografico, la computer graphics, la computer animation, il CAD ecc ) è costituito dalla costruzione sintetica delle stesse: l’immagine è il prodotto di un gioco di astrazione formale. Quéau considera queste nuove possibilità di simulazione come strumenti di una esplorazione efficace del reale e, nello stesso tempo, come utensili creativi, volti verso mondi immaginari (Quéau 2012). Qualunque simulazione ( e in particolare quella della Computer Graphics) può dunque essere definita come un’arte dei modelli. TECNICHE AVANZATE DI TRATTAMENTO DELLE IMMAGINI Abbiamo molto brevemente accennato alle grandi ed interessanti possibilità che le tecnologie e le metodologie digitali attuali permettono nel settore della rappresentazione. Tecniche come la Image Interpretation, la Remote Sensing, la Image Based Modeling ecc tecniche basate sulle fotografia con possibilità di analisi interessanti. Ci soffermeremo in particolare su una tecnica relativamente recente che vede la presenza quasi ontologica della fotografia, la capacità, cioè, di catturare e lavorare con la luce. LA REFLECTANCE TRANSFORMATION IMAGING RTI. Questa tecnica ha suscitato grande interesse ed attenzione negli operatori dei Beni Culturali ed è importante allora capirne bene gli ambiti di utilizzo onde evitare un uso improprio. Rimandando alla bibliografia e ai link dei siti internet per gli approfondimenti ricordiamo solo che tale tecnica si basa su uno studio originariamente sviluppato da Tom Malzbender della Hewlett-Packard Labs con il nome di Polynomial Texture Mapping (Hp-labs 2001). Successivamente è stato sviluppato dalla University of Oxford in collaborazione con University of Southampton una metodologia ed un software per la creazione delle immagini RTI: RTIviewer (open source sotto licenza GNU). La reflectance (riflettanza) è il rapporto tra illuminazione e illuminanza cioè tra la quantità di luce incidente e quella riflessa ed è chiamata anche fattore di riflessione. La metodologia è basata quindi su uno dei tre fenomeni luminosi principali (rifrazione, riflessione ed assorbimento) che qualunque fotografo del settore conosce seppur indirettamente:la riflessione. Quando per esempio per effettuare la riproduzione fotografica tipicamente di un dipinto si dispongono le luci a 45°

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Tecnologie per i Beni Culturali rispetto alla superficie e la camera in asse perpendicolare all’oggetto, si segue la seconda legge per evitare riflessi. La riflessione di onde elettromagnetiche, di cui la luce fa parte, è regolata da due leggi fondamentali: • Il raggio incidente, il raggio riflesso e la normale al piano nel punto di incidenza giacciono sullo stesso piano. • L’angolo di incidenza e l’angolo di riflessione sono uguali. La riflessione può essere di due tipi: speculare o diffusa. La riflessione speculare è quella che si osserva su una superficie perfettamente liscia.

Fig. 01 - l’angolo del raggio incidente è uguale all’angolo del raggio riflesso. La riflessione diffusa si presenta sulle superfici non perfettamente lisce e gran parte delle superfici reali sono di questo tipo (fig. 02).

Fig. 02 - Riflessione diffusa.

La normale è il vettore perpendicolare al punto preso in esame e che mostra il verso delle riflessioni (Fig.03). LA METODOLOGIA CLASSICA Basata su questi principi la tecnica che normalmente viene proposta consiste in una serie di riprese fotografiche con la sorgente luminosa che orbita intorno al soggetto (fig. 03/04) e il punto di ripresa fisso. Fig. 03 - La Normale è perpendicolare al punto © Cultural Heritage Imaging.

17 Al variare della posizione della sorgente luminosa sul piano zenitale (verticale) avremo differenti angoli di incidenza e quindi differenti angoli di riflessione. Al variare della posizione sul piano sagittale (orizzontale) avremo sulla stessa orbita informazioni da diversi posizioni. La normale al punto indicherà la direzione e il verso. Più saranno le immagini più informazioni avremo sulla riflessione. Un elemento sferico riflettente viene posto nel campo inquadrato e serve a determinare la matrice della posizione della luce. Fondamentale è naturalmente l’utilizzo del già citato software di post produzione RTIFig.05 - Sfera riflettente posta nel campo di ripresa utilizzata per la ma- viewer che permette di trice della posizione della luce. © En- assemblare ed elaboraglish Heritage Museum re le diverse immagini consentendo sostanzialmente quella tecnica conosciuta nel mondo del 3D come re-lighting o post direzione della fotografia, modificare a posteriori la illuminazione di un oggetto (link.01). Il risultato è quello di attribuire rilievo apparente, di scoprire elementi non percepibili, di rafforzare dettagli che non si evidenziano nelle immagini tradizionali. VARIANTE INTRODOTTA AL METODO Dopo aver analizzato i punti principali del metodo si è realizzato che l’elemento centrale della metodica è in buona sostanza la creazione di una Mappa delle Normali su cui poi intervenire. Supportati dall’esperienza specifica in campo fotografico e avendo chiaro il workflow mutuato dal mondo del 3D si è sperimentata una via leggermente differente per raggiungere risultati paragonabili alla metodica esposta. La mappa delle normali è la descrizione della direzione del punto in esame, l’orientamento rispetto alla luce, se in ombra o in luce quindi se c’è rilievo o depressione. Molte immagini, con angolo di luce differente, offrono molte informazioni. La NormalMap non è una fotografia ma una rappresentazione delle coordinate dei vettori che gli shader dei software 3D interpretano. L’immagine RGB contiene incapsulati nei canali colore le coordinate xyz delle Normali(fig.06).

Fig.04 - Light Array. Photo ©Worchester Art Museum

Fig. 06 - Sfera riflettente posta nel campo di ripresa utilizzata per la matrice della posizione della luce. L'immagine della Normal Map RGB contiene le coordinate spaziali delle Normal.

Tuttavia non essendoci alcun vincolo esclusivo alla creazione della Normal Map e alla successiva gestione, si è provveduto ad una semplificazione del delicato e critico processo di acquisizione delle immagini realizzando quattro fotografie del soggetto con illuminazione Up-Down-Left-Right più una immagine illuminata uniformemente.


La semplificazione non ha inficiato il rigore necessario: la posizione della fotocamera, il parallelismo, la distanza della sorgente luminosa sono state debitamente monitorate attraverso l’uso di un distanziometro laser, mentre per il controllo dell’uniformità della illuminazione si è utilizzato un luxmetro digitale.

Fig. 07 - L’immagine della Normal Map RGB contiene le coordinate spaziali delle Normal.

Trasformando le quattro immagini RGB in scala di grigi, utilizzando un normale software di image editing, e associando ognuna di esse a un canale-coordinata (red-x, green-y, blue-z) è possibile generare una Normal Map sufficientemente corretta da inviare al software 3D. Dall’immagine ripresa normalmente è possibile ricavare le altre mappe necessarie quali la mappa speculare e la mappa di riflessione. Esistono anche software dedicati alla generazione di Normal Map a partire da una singola immagine RGB ma è chiaro che in quel caso l’interpretazione ha un grado di approssimazione minore. Per la gestione della NormalMap e la realizzazione dell’immagine RTI si è utilizzato il software Lightwave 3D della Newtek ma in pratica qualunque altro software 3D sarebbe idoneo purchè in grado di gestire le NormalMap. Il set vede l’impostazione di una luce virtuale di tipo puntiforme orientata direttamente sulla superficie dell’oggetto, un semplice modello poligonale con le proporzioni della immagine (altezza e larghezza in pixel), sottoposto a procedura di texturing e shading. L’orientamneto e intensità della sorgente luminosa determina il grado di evidenziazione della simulazione richiesta per quella specifica vista.

METODO STANDARD Pro: maggiori informazioni, buon microdettaglio, buona resa del rilievo, non necessita di conoscenza specifiche approfondite, un unico software (Opensource) per la gestione e la restituzione delle immagini, basso costo di realizzazione ( in assenza di apposita attrezzatura per illuminazione) Contro: necessita di due operatori (in assenza di specifica attrezzatura) oppure di specifica attrezzatura (Dome) costosa, alto numero di immagini, set di ripresa con probe light ( sfere riflettenti), minore versatilità ( impossibile generare una animazione o una roto-traslazione dell’oggetto). VARIANTE Pro: set di ripresa semplificato, un solo operatore, ottima resa del rilievo, versatilità (possibilità di generare animazioni, Panoramiche 360°, risoluzione in uscita delle immagini scalabile ecc) Contro: minor resa del microdettaglio, necessità di alcune conoscenze di base, costo più elevato del software, la restituzione finale necessita di rendering. Riferimenti • • • • • • • • •

Quéau Ph.(1986) Éloge de la simulation, Champ Vallon:INA Quéau Ph. (2012) Realtà e virtualità, intervista RAI-edu/filosofia Bettetini G. (1991) La simulazione visiva, Milano:Studi Bompiani Marcolli A. (1994) Teoria del campo, corso di educazione alla visione, Milano:Sansoni Stroebel L. Compton J. Current I. Zakia R. Basic Photographic Materials and Process Rochester Institute of Technology Stonheame, Massachussets:Focal Press Parolini G. Paribeni M. (1977) Tecnica dell'illuminazione Torino:UTET Hewlett-Packard Labs (2001) Polynomial Texture Mapping http://www.hpl. hp.com/research/ptm/index.html Choen J.D. (1998) Appearance-Preserving Simplification of Polygonal Models, Ph.D. Dissertazion, Univerity of North Carolina Annunziata M. (2013) Reflectance Transformation Imaging and Pano 360° http:// vimeo.com/marioannunziata

Abstract

The following notes are attempting to locate some ideas, requests for those in their studies and research dealing with problems of documentation and photographic visualization. Despite not having pretensions, which may appear unrealistic and beyond the intentions however, we wanted to still provide as much as possible a framework overall. The following is also an opportunity to try to make a synthesis of personal experience gained in the field of photography and digital image processing in the field of cultural and environmental heritage.

Parole Chiave

Beni Culturali; documentazione digitale; RTI

Autori Mario Annunziata Fotografo di paesaggio e beni ma.annunziata@fastwebnet.it

culturali

Fig. 08 – Rendering

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Tecnologie per i Beni Culturali

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ARTE E SCIENZA

Una restituzione documentale Martirio di S.Orsola

del

Fig. 1 – ‘Maddalena’, Galleria Doria Pamphilj

di Francesca Salvemini

Il martirio di S.Orsola e la Maddalena Doria Pamphilj, espiazione e grazia nell’ultimo itinerario di Caravaggio verso Roma attraverso il messaggio autobiografico, la memoria storica e l’interpretazione dei suoi fautori, artisti, committenti e personalità nel corso del tempo.

L

a stringa del carteggio del Martirio di S.Orsola di Caravaggio, filtrata in rapporto al complesso panorama documentale degli avvenimenti biografici del 1610, ricomponeva la cronaca degli ultimi mesi di vita del pittore secondo la seguente cronologia: la feluca che il 27 maggio 1610 aveva imbarcato al porto di Napoli, oltre la cassa del dipinto diretta a Genova, la lettera del procuratore dei Doria Lanfranco Massa del 26 maggio, vi depositerà il 18 giugno successivo un carico a Marcantonio Doria. Intrapelabile come potesse essere lo stesso battello sul quale il pittore sarà partito alla volta di Roma, che, nella scarna e ravvicinata tempistica dei resoconti del suo ultimo viaggio, aveva fatto ritorno a Napoli nel mese di luglio con almeno tre quadri. La storiografia della prima metà del Novecento aveva stilisticamente ricostruito il corpus delle sue opere attraverso le fonti storiche secondo il doppio criterio della fruizione e della significativa ricezione dei caravaggeschi, nel silenzio generale dei biografi, senza affrontare il dibattito di quel soggetto. Bernardo Strozzi la Matthiesen (V. Pacelli 2002), la S.Orsola ‘confitta dal tiranno’, marcata con la sigla sciolta in ‘Marcantonio Doria’ sul verso della tela datato 1616, inventariata nel 1620 nella raccolta genovese, emergeva agli studi nel 1963 nella mostra Caravaggio e caravaggeschi a Napoli come “soggetto allegorico” di Mattia Preti, precedente la pubblicazione in estratto dall’esteso epistolario Massa cui è stata riferita (F. Bologna; V. Pacelli 1980). Venne esposta da Palazzo Doria d’Angri nel 1985 (già Collezione Romano Avezzano; BCI 1973, Banca Intesa S. Paolo), dettagliate dalla pulitura (F. Bologna 1980; 1990) le iscrizioni sul retro della tela e della foderatura: ‘D. Michelangelo da caravagio’ e la data ‘1616’, la croce greca uncinata seguita dalle capitali ‘MAD’ (F. Bologna 1990; V. Pacelli 1994; 2002). Restaurata nel 2004 nella collocazione a Palazzo Zevallos Colonna di Stigliano in via Toledo prima di essere riesposta, è stata di nuovo osservata attualmente (V. Pacelli; G. Forgione 2012). La S. Orsola descritta nella collezione Doria tra Angri e Napoli nelle guide di Gaetano Nobile della città e dei suoi dintorni dal 1830, il Martirio spedito a Genova da Lanfranco Massa nel 1610, era la ‘S. Ursula del Caravaggio’ da lui testata e rivendicata in suo possesso nel 1630, insieme ad altri soggetti dibattuti, documentati autografi

dal legato (ASR), personalmente procurata al committente. L’approdo genovese del quadro era stato preavvisato l’11 maggio 1610 per un data imminente dalla lettera di Lanfranco Massa a Marcantonio che precedeva la spedizione del 27 maggio, dove, in vista del genetliaco di Orsola del 21 ottobre, nella rubrica calendariale dei Martirologi, ne descriveva lo stato della finitura non ancora essiccata. La freccia che in Vittore Carpaccio scoccava diritta al cuore, situava idealmente la cocca della linea di tiro tra mani angeliche nella ‘S.Orsola confitta dal tiranno’. L’anonimità romantica del ‘racano’ per antonomasia, Gauno re degli Unni nella dilatata cronologia della peregrinazione della Santa bretone, vi era rappresentata dall’effigie in antico di Giuliano l’Apostata, invecchiata e con l’arco imbracciato, che precipitava nell’anacronismo drammatico della caduta di Aquileia i comes Ezio e Marcellino nell’ombra. Nel carteggio Gentili, la lettera di Ottavio del 3 luglio del 1607 da Napoli aveva avvertito il duca Gonzaga di volersi avvalere delle stime di Caravaggio negli acquisti intrapresi per procura, riconoscendogli esplicitamente lo stato dell’arte di connoisseur come interprete dei quadri proposti a Mantova dai collezionisti, sollecitando nel contempo il parere di Pietro Paolo Rubens, ancora a Roma. Il fatto che, stabilito il contatto di Massa con il pittore per la S. Orsola, fosse stato il nunzio Deodato Gentile (Gentile Pignolo), vescovo di Caserta, ad informare a Roma con un’altra lettera del 29 luglio 1610 tra quanti ne reclamarono il carico il Vicerè - il cardinal nipote Scipione Borghese Caffarelli, segretario di stato del pontefice, del Caffarelli, segretario di stato del pontefice, del ritorno a Napoli dell’imbarcazione diretta a Palo, non toglie che gli avvisi pontifici l’avessero precisata come avvenuta a Porto Ercole. Ed era stata la lettera di Deodato, osservatore ed inquisitore di Tommaso Campanella prigioniero a Castel Sant’Elmo, ad aggiungere alla precisazione biografica diramata da Roma il 28 ed il 31 luglio, come fossero tre soltanto, tornati al punto di partenza sul bastimento, i dipinti di cui potesse rendere conto personalmente come dei ‘Doi S. Giovanni ed una Maddalena’. Fra i quali, laconiche se non contraddittorie tra loro le successive trascrizioni della testimonianza, avrebbero dovuto essere la Salomé, se da altra fonte la notizia circostanziata dalle Vite

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Tecnologie per i Beni Culturali di Giovan Pietro Bellori del 1672 che, respinto, il quadro tornato indietro da Genova o da altro approdo della costa dovesse essere reindirizzato a Malta, ed il S. Giovanni Battista Borghese. Dipinto che, inviato al secondo tentativo il 26 agosto dell’anno seguente da Gentile a Roma, e nel Palazzo Borghese a Ripetta, l’aretino Scipione Francucci esalterà tra i capolavori della raccolta nel 1613 nei versi della Galleria (ASV, Fondo Borghese), edita nel 1647: l’autore di un poema drammatico dato alle stampe nel 1615 dal titolo Il Pentimento di Maria Maddalena. Del mese successivo l’arrivo del veliero a Genova l’atto di morte che, annotatavi in data 18 luglio del 1609, non sarà smentito dai biografi. Del 15 agosto 1610 l’epitaffio del giureconsulto linceo Marzio Milesi, che, composto l’elogio in morte all’amico di “eximia indolis”, considerandolo appena trentasettenne, senza piena concordanza avrà commemorato la sua fine prematura come sopraggiunta a Porto Ercole: “…obiit in portu Herculis e Partenope illuc: se conferens Romam repetens”, da Napoli ritornando a Roma. Scomparsa che l’avviso barberiniano del 31 luglio aveva concisamente confermato incorsa a Porto Ercole mentre il pittore ‘da Napoli veniva a Roma per la gratia da sua santità fattali dal bando capitale, che haveva.’ Del 19 agosto il discusso documento della notizia a Napoli, letta in copia la data dell’avviso dell’11 luglio, secondo il quale Caravaggio, come nel borghesiano del 28 luglio, era deceduto a Porto Ercole. Come la tarda biografia di Francesco Susinno, anche la Descrizzione [n.d.r.: nel testo] di Vincenzo Fanti edita nel 1767 lo vorrà di rientro a Roma: “…Per intercessione del Cardinale Gonzaga1 ebbe il permesso di rendersi nuovamente a Roma, così postosi in cammino fu per sbaglio imprigionato lungo la strada, e riposto alquanto tempo nella sua prima libertà; ma essendo rimasto spogliato di quanto aveva, costreto [sic!] si vide a finire il suo Viaggio, lo che avendo eseguito con qualche veemenza, fu poi cagione dell’ultima sua malattia. Morì di anni 40. Nel 1609.” La stringa documentale aveva dimostrato come un Martirio di S. Orsola di Caravaggio per Marcantonio Doria, di più quadri imbarcati a Napoli ricordati nei documenti, forse l’unico, approdato a Genova, inviatovi da chi ne sarebbe stato per lascito testimone oculare, dovesse esservi stato destinato laddove il patrizio genovese cinque anni prima, nell’agosto del 1605, aveva ingaggiato inutilmente il pitto1 Ferdinando Gonzaga.

21 re: ‘a dipingergli una Loggia’, che il permanente mandato di curatela del carteggio Massa nel suo insieme avrà precisato come la Sampierdarena, di Vittoria Doria (m. 1618) e di Ferrante Gonzaga “signore di Guastalla” uditore del regno di Napoli. Vivendo stabilmente Giacomo Doria alla corte dei Savoia a Torino (Murtola 1608), Marcantonio a Genova, la residenza romana a Borgo S. Spirito, al tempo della designazione del principato d’Avella, e del vicariato della diocesi di Roma del cardinale Gerolamo Pamphilj (1606-1610), apparteneva alla famiglia Doria-Spinola, della quale l’intraprendente Giovan Carlo Doria era esponente collezionista e mecenate. La conversione della Maddalena (fg1) Doria, nella repulsione carnale, sprigionava tra le lacrime della pietas mariana la compassione di Maddalena che in abiti regali ha unto di essenza i piedi e le piaghe di Cristo nella missione attiva. La “Maddalena convertita” nella nota biografica del contemporaneo Giulio Mancini, seduta su una sedia: “…la finse per Maddalena” avrebbe detto Bellori, umilmente preconizzava lo stato di grazia salvifica dallo sterminio della passione del martire. L’immedesimazione di Orsola nel martirio perpetuato ‘De die natalis’, il giorno di dedicazione della chiesa di Colonia alle converse presbiteriane del vaso di nardo deflorato sul pavimento, della pronuncia di rifiuto e del conseguente ripudio e condanna a morte contra moenia del tiranno fuoriscena, forzava il testo di Bellori a precisarla Maddalena “…in atto di asciugarsi li capelli”: il colto frasario della poetica di Scipione e delle Lagrime della Maddalena di Erasmo da Valvasone, miscellanea ai versi di Luigi Tansillo editi nel 1587, sembrava espunto da Giovanni Baglione nella Vita di Raffaello Mòtta, detto Raffaellino da Reggio, evolto a sottolinearne inappropriata la verosimiglianza. Nel S. Sebastiano Mattei (Musée des Beaux Arts, Rouen) legato alla colonna dai carnefici, nel dire “che gli legano le mani di dietro”, Bellori evidenziava come dissacrante il disfarsi degli strumenti della passione sul patibolo. Nella Villa Pamphilj poco oltre la metà del Seicento sarà stato ascritto a Caravaggio come Maddalena la figura intera di uno dei quadri del paragone del Microcosmo di Francesco Scannelli, da esperto, insinuando la genericità sul primo soggetto a confronto, avrà sottolineato nel secondo, per significante autografico continuo, il genere della composizione di formato differente, fino a farvi apparire nella punteggiatura un terzo termine contiguo nello stile più congeniale


al pittore. “Ad un giovane” la Buona ventura della “cingana” dei versi di Gaspare Murtola nella versione al Louvre: “…e nella Vigna Pamfilia fuori della porta S. Pancratio il Quadro della Zingara, che dà ad un Giovane la buona ventura, & in un altro Quadro una Maddalena, figura intera al naturale, e l’altro a mezze figure.” Il vertice raggiunto nei Bari Del Monte poi Barberini che, in coppia con la Buona ventura di Fillide nell’inganno dell’anello, aveva colto la morale del gentiluomo ozioso da Pietro Aretino a Giordano Bruno, parafrasata dall’indulgenza imperterrita del signore, era nella tolleranza della parabola del Figliol prodigo alle avversità della sorte: la soldatesca intenta al gioco d’azzardo, in palio le vesti di Cristo, e ‘Anania e Saffira’ dagli Atti degli Apostoli. “Sono questi li primi tratti del pennello di Michele in quella schietta maniera di Giorgione, con oscuri temperati…” avvertirà Bellori, conferendo significante al “trompe l’oeil ” come estetica dell’inganno dell’Idea di Federico Zuccari, la luce dello specchio del Venere e Vulcano a Monaco in cui il dio ha scorto Marte curioso di Cupido. In posa drammatica le due versioni della Buona ventura, come l’interprete di Phyllis cantata da Francesca Caccini (n.1582), forse la Filli della grottesca di Ottavio Menini del 1596, testato a Giulio Strozzi e rivendicato autografo nel 1614 dalla senese Fillide Melandroni (m.1618) ‘in eius domo unum quadrum seu retractum’. Nel Discorso sopra la musica dei suoi tempi di Vincenzo Giustiniani tra le soliste celebri era ricordata nel 1628 Vittoria Concarini Archilèi, amata per il capriccio armonico di musica da camera nelle vesti di angelo. Il compianto della Maddalena, seduta con la testa e il dorso anatomicamente reclinati come fossero scoperti sul patibolo, era in primo piano nella Morte della Madonna. Caravaggio era stato più che spettatore partecipe di episodi della

cronaca romana nel dire di Luigi Lanzi, che, identificando un cadavere nella modella della Vergine, attingeva dall’anonimato testimoniale del biografo Giulio Mancini. Concordanze di metodo avvicinavano alla contrizione della storica regina di Sicilia e del senatore della S. Lucia, il coinvolgimento di supplici dell’anziana marchesa di Sortino e di Cesare Caetani Della Torre, che non erano sminuite dalla portata storica e di cronaca nell’esecuzione di Beatrice Cenci nel 1599, dell’alternante opera di dissuasione di Ippolito Aldobrandini degli Origo e di Cesare Baronio, come dell’inflessibilità di Marzio Colonna, duca di Zagarolo, ancora suscitata nella monografia di Corrado Ricci a lei dedicata nel 1923. La committenza siracusana dei Caetani della Torre, marchesi di Sortino, e il ruolo avuto da Ascanio Colonna e Giannettino Doria, arcivescovo di Palermo e vicerè di Sicilia, nella legazia siciliana e nelle confutazioni edite nel 1609 a Cesare Baronio, erano filtrate dallo scenario storico, più che un’aura di reminiscenza belloriana, della grande tela per il convento omonimo, dove la Santa impassibile all’evocazione, la gola ferita, aberrate le teste recise di Medusa e della Giuditta, spirava con la sonorità persuasiva di un armonio ai piedi del “vescovo benedicente”. La Congregazione benedettina anglicana, i Collegi inglese e spagnolo di S. Giacomo, il Collegio Neri in via di Monserrato a Roma e il Collegio germanico di S. Apollinare (Francino 1588) non meno degli oratoriani nella liberalità dei Caetani e degli Herrera, fiancheggiavano l’ordine benedettino del Convento di S. Ambrogio della Massima (o dei Massimo) in via di S. Ambrogio, finito di restaurare nel 1622 dalla badessa Olimpia de Torres. Di fronte alla chiesa della Compagnia di S. Orsola e di S. Caterina ai Funari (Martinelli 1650 2a, 1687; Gregorovius 1835), la confraternita rifondata a Roma

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dal cardinale Benedetto Giustiniani nel 1607, la chiesa e i chiostri del monastero ambrosiano erano nell’insula Mattei nel quartiere ebraico là dove si ergeva la torretta ai Cetrangoli (o Merangoli), limitrofi al Palazzo Lovatelli a poca distanza da quello di Ermete Cavalletti: la fortificazione mozza a due ali, consistente anche oggi dell’edificio ad un marcapiano, a dire della postilla a Giulio Mancini situata nel perimetro dell’antica chiesa di “S. Lorenzino” dei Cavalluzzi, vi avrebbe ospitato il pittore su di un “pagliericcio”, sopra l’assito dell’impalcatura di una cella del vecchio convento. Compiuto il Bacchino malato Borghese “di sbiecho” nella glossa a margine letta da Lionello Venturi (Venturi 1910) nella locanda di Tarquinio a Tor di Nona, tra i quadri di genere nelle admiranda di Borromeo vi avrebbe dipinto una “storia non di figure”, ricordati da Gaspare Celio oltre che da Giovanni Baglione i quadri Mattei. Influente il ruolo degli Origo nel riassetto degli isolati in cui la torretta del convento di S. Ambrogio mirava in lontananza la casa dei Crescenzi, discosta dall’Ospedale della Consolazione, sotto il priorato o governatorato del Collegio dei medici e speziali di S. Lorenzo in Miranda, retto da Tiberio Cerasi mentre era in vita il cardinale Francesco Barberini (1528-1600). Aveva dipinto l’autoritratto di Medusa, dono del cardinale Francesco Maria Del Monte all’armeria medicea nel 1598, nelle Rime di Gaspare Murtola l’automa che nascondeva lo specchio telescopico osservato a distanza, nel quale il prestigiatore indovinava le carte nelle mani degli avversari, con lo stratagemma di Perseo proprio al cerusico: tra i giochi di corte sullo scorcio del secolo, non meno ustorio dello specchio di Archimede, era adoperato il cannocchiale sperimentato da Galileo Galilei, il “picciol cannone” della curiosità di Giambattista Marino, per mezzo del quale era dipinta in scala la Farfalla (Milano, Brera). Federico Borromeo nel Musaeum eleggeva argutamente nella sua collezione milanese il frammento solitario della ‘Fiscella caravagiensis’, tacito riguardo il genere d’ispirazione della Farfalla inventariata nel lascito ambrosiano del 1618. Opera unica la prima per Borromeo, che esibiva personalmente un rigore pliniano, era nel Fruttarolo, forse il fanciullo che mondava pere e mele per strada in Mancini, il cesto colmo di frutta fresca più desiderabile che il cardinale avrebbe voluto per sé e a paragone del quale, altrettanto senza citarlo, la canestra si mostrava a suo dire solitaria e “relicta”, dimenticata sulla finestra. Dell’estate del 1606 la Maddalena nelle Vite di Giovan Pietro Bellori, la Vita di Caravaggio di Giovanni Baglione nell’edizione del 1642 si era limitata ad elencare: “…e Michelangelo andossene a Pellestrina, ove dipinse une S. Maria Maddalena” senza precisarne il formato, le Maddalene corretto in “una S. Maria Maddalena” nell’edizione aumentata da Giambattista Passeri (1733). Bellori avrà affermato come il pittore eseguisse la seconda Maddalena a mezza figura per la Cattedrale di La Valletta del cosmopolita Ordine di Malta sotto la sovranità spagnola, e in Sicilia un Martirio di S. Lucia. Le precisazioni inventariali del 1646 focalizzavano sui più minuti dettagli un soggetto Aldobrandini ugualmente per metà indecifrato. Disparata somaticamente oltre che iconologicamente dal frammento storicizzato di prepotente astrazione della convertita nella Resurrezione di Lazzaro, la Marta e Maddalena all’Art Institute of Detroit, calzante il legato di Ottavio Costa del 1606, meno generico nel dire un quadro di ‘Santa Marta e Maddalena’ disomogeneamente all’inventario del 1639, enucleava nella collezione a quest’ultima data uno di due dipinti della Santa che vi restavano inattribuiti fino alla quarta decade del secolo, di una sua piccola immagine e di un veridico grande ritratto. “Marta che converte Maddalena” era a Napoli in casa di Santi Francucci, decantata Saraceni da Il Forastiero, i dialoghi postumi di Giulio Cesare Capaccio editi

dal 1634 al 1642. Giungeva nella prima metà del secolo scorso ad essere pubblicata in due tele quasi identiche fra loro, nella raccolta romana di Francesco Manzella la Detroit (Christie’s 1971) e alla Christ Church di Oxford, lascito Guise del 1765 (R. Longhi 1943), fedeli alla ritrattistica di Fillide del quadro Giustiniani riprodotto in quadricromia disperso a Berlino nel 1945. Dalla raccolta del poeta Giovanni de Tassis Peralta di Villamediana, a Napoli al seguito del cugino Pedro Fernandez de Castro Andrade conte di Lemos nel 1610, poeta che Gaspare Murtola nelle Pescatorie precisava morto nel 1618, Fillide con il fiore di nardo allusivo alla Maddalena penitente, che era identificata dai cataloghi di vendita della collezione appartenuta a Vincenzo Giustiniani, redatti da Alexandre Paillet e Philippe Hyrcan Delaroche, e da Charles Paul Landon, editi dal 1811 al 1812 a cura di Ennio Quirino Visconti, in ‘un altro quadro con un ritratto di una cortigiana chiamata filide in tela da testa con sua cornice negra’ tra i ritratti di cortigiana non attribuiti nello strumento inventariale del 1638. La morosa Fillide protagonista fra i due secoli di pastorali ed egloghe barocche, estasiata nel simbolismo dei capelli dorati dai sonetti di Siméon-Guillaume de La Roque del 1590, veniva ritrovata da Visconti nella giovane col mazzolino del ritratto dalla vistosa acconciatura già a Berlino, che Giovanni Michele Silos avrà immortalato nel concettismo narcisistico di rosea “Thais” sul palcoscenico della Pinacotheca del 1673. Estraniata nella Maddalena la modella del Gentileschi a Washington e della S. Caterina Barberini, Thyssen nel 1934, in collezione Thyssen-Bornemisza a Madrid, un “Martirio di Santa Caterina” nell’Itinerario di Mariano Vasi della fine del Settecento, la cui apoteosi trionfante della spada e della ruota e il cui tocco gentileschiano e caravaggesco saranno stati spinti da Roberto Longhi fino a Dosso Dossi. Jerome Richard era il connoisseur che nel 1769 nel Palazzo Doria Pamphilj aveva descritto il Riposo dalla fuga in Egitto della collezione, annotato ‘copia del Caravaggio’ nell’inventario di villa Aldobrandini del 1622, come una “composition de caprice du Giorgion”, il ‘tableau vivant’ che il pittore rendeva meglio di ogni altro. Era l’arcangelo Gabriele l’“argumentum amori” al vertice del rigore umanistico del dialogo di Pietro Bembo De Aetna, l’“incedit opus artifex” dalle viscere della terra all’orizzonte dei Tre filosofi della Scuola d’Atene di Giorgione. Edita l’Angeleide di Erasmo da Valvasone, Uriel l’angelo in lotta con Giacobbe, una modernità più che carraccesca le ali di rondine dell’angelo della “Madonna che va in Egitto”, in Mancini, nel vortice sonoramente centripeto. L’“Amore divino” sorvolato da Giovanni Baglione suggestionava, nel fulgore della cometa sul frinire del paesaggio, il sonno della famiglia di ritorno dal tempio sull’asino, la cavalcatura di Mosè in Egitto (Exodus: 4), annunciando nel pianissimo monodico e onirico in chiave di basso della laude: “…a Giuseppe la congiura di Herode” nell’attesa dei Magi2. Bellori: “Dipinse in un maggior quadro la Madonna che si riposa dalla fuga in Egitto: Evvi un angelo in piedi, che suona il violino, San Giuseppe sedente gli tiene avanti il libro delle note, e l’Angelo è bellissimo; poiché volgendo la testa dolcemente in profilo và discoprendo le spalle alate, e ‘l resto dell’ignudo interrotto da un pannolino. Dall’altro lato siede la Madonna, e piegando il capo sembra dormire col bambino in seno. Veggonsi questi quadri nel palazzo del Principe Pamphilio .”. Il Riposo sotto la stella, dono soprannaturale dell’amore della carità nella Gratia de’ principi di Federico Borromeo, era nella cappella privata del casino di Villa Pamphilj nella Roma moderna di Ridolfino Venuti, stampata nel 1767: “Nella cappella contigua, il quadro dell’altare con Maria Vergine, fu dipinto da Michel’Angiolo da Caravaggio.” La suggestione di luce incorruttibile del baleno ierati2 Giambattista Marino, Le Dicerie sacre [1621].

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Tecnologie per i Beni Culturali co sull’ala dell’arcangelo ‘nudo e putto’, l’“Amorino” agli Uffizi, epifania evocata nel processo di canonizzazione di Santa Francesca Romana, concluso nel 1607 con la redazione del padre gesuita Giulio Orsini della Vita della Santa, che convinse Filippo Baldinucci quando era nel palazzo granducale con altri dipinti a lui attribuiti. Ricordato nel 1657 da Filippo Scannelli l’“Amoretto” nel Palazzo Giustiniani, a paragone nelle Rime di Gaspare Murtola del 1603 con l’amore dormiente da copia romana, che quasi ogni corte principesca possedeva, tra gli exempla di Michelangelo, era il Cupido che ha teso l’arco, “l’aureo baston” [n.d.r.: lo scettro della pittura], il ritratto vivente del pittore dalla folta capigliatura a farsi avanti tra le meraviglie della Pittura trionfante di Giulio Cesare Gigli del 1615, l’Amore a Berlino la scienza dello specchio di Polimate. L’”Amorino”, composizione originale “del Caravaggio” nell’esegesi di Baldinucci, che ebbe il merito di essere copiata da Giovanni da San Giovanni sulla facciata di Palazzo dell’Antella, dove il “cigno”si mostra come un’ala distesa allo stato attuale, e dove il “Cupido abbattuto” nell’altro riquadro di Giovanni Mannozzi, iscritto a Firenze all’Accademia del disegno di cui console era Aurelio Lomi, fratello di Orazio Gentileschi, assurgeva a paragone. Annotata sul retro della tela l’autografia e la provenienza maltese alla data 1608, nel 1675 nella quadreria medicea: ‘Un quadro in tela alto palmi 1/8, largo 2 e 1/5 dipintovi un Amorino che dorme con Carcasso e freccie di mano del Caravaggio con adornamento simile’, che nel 1881 era descritto con “…una veduta di paese.” Idea

25 rivendicata nel 1603 da Orazio Gentileschi nella gara di San Giovanni dei Fiorentini a Roma: “havendio messo un quadro di S. Michele Arcangelo à S. Giovanni de fiorentini (Cassa depositi e prestiti, Roma), lui [G. Baglione] se mostrò mio concorrente et ne mise un altro all’incontro che era un Amor Devino che lui haveva fatto à concorrenza d’un amor terreno de Michelangelo da Caravaggio…”, un putto nudo l’angelo, a paragone di Cupido. A dire di Caravaggio in competizione con lui e Gentileschi, Giovanni Baglione, per suo stesso dire, aveva eseguito al cardinale Benedetto Giustiniani due “Amori divini”, a Berlino e a Palazzo Barberini, troppo grandi a giudizio di Orazio, che dal 1621 erano nel palazzo a S. Eustachio: ‘un quadro grande di mano del Baglione della caduta del Lucifero con ornamenti intorno di pittura’ e ‘un quadro della caduta di Lucifero di mano del Baglioni con cornice negra’, l’immanente microcosmo angelico dell’Idea di Federico Zuccari, edita nel 1607. Gentileschi era acuto interprete nella Santa Francesca Romana Rosei di Fabriano della Galleria nazionale delle Marche a Urbino (Longhi 1943) del paragone letterario tra “fanciullino” e “serafino” della cronaca Orsini, e lo Spadarino nella Koelliker (R. Spear 1975; G. Papi 2006). Il filo di perle per terra della Maddalena Doria slacciato, appariva strappato vicino alla Vanità Corsini, il quadro che avrà meritato l’autografia caravaggesca dallo stesso Richard nella Galleria Doria Pamphilj, liasonnel paragone di Scannelli, dove era indossato allo specchio: la testa della vecchia serva, le sue dita riflesse e la caraffa, l’enigmatica regalità svilita di Se-


miramide del tromp l’oeil a bassorilievo. Senza smentire la provenienza Vittrice della Buona ventura al Louvre attestata da Giulio Mancini, alla Galleria nazionale d’arte antica Corsini pubblicata da Hermann Voss nel 1925, e a Carlo Saraceni in forza della persistenza, pur sempre epica nel dipinto, dell’episodio veneto della ‘toletta’ così com’era stata accesa da Richard, “la vielle proxenète” che dissuade un’Orsola, indubbia l’appartenenza alla Galleria Doria Pamphilj della Maddalena a figura intera, verrà esposta nel 1963 e nuovamente pubblicata da Alfred Moir oltre un decennio dopo. Dominique Magnan 3 aveva ammirato nella collezione Mattei a Roma nell’antica collocazione del palazzo: “Parmi les bustes qu’il y a dans les appartemens on distingue celui de Trebonién Galle & le fameux buste de Ciceron, où le nom est antique; & parmi les peintures on remarques une Assomption, de Raphael; J. C. arreté dans le jardin, du Carravage…” Nel 1802 William Hamilton Nisbet acquisterà come originale di Gerrit van Honthorst, la tela copia nella stessa raccolta fra i quadri dello stesso soggetto che sarà esportata a Edinburgo, pubblicata nel secolo scorso a Dublino, che la Rome et ses environs di Andrea Manazzale nel 1802 solamente descriveva nel palazzo romano: “La prèse de N. S. au jardin des olives, superbe tableau de Gherard de nuit”. Definito ‘forestiero’ nell’inventario di Leopoldo dei Medici il Cristo legato Bassano agli Uffizi, Jerome Richard nel 1769 vi aveva riferito a Tiziano nella Description historique et critique de l’Italie il pittoresco “Judas qui sé presente pour donner le baiser à Jesus-Christ. Les figures n’y sont qu’en buste, très-bien dessinées & d’un caractère bien exprimé”, che nel 1802 sarà stato inventariato nella Guardaroba medicea senza alcuna attribuzione.

Abstract

The Martyrdom of St. Ursula and Mary Magdalene Doria Pamphili, atonement and grace of Caravaggio's last journey to Rome through the message autobiographical, historical memory and interpretation of its advocates, artists, developers and personality over time.

Parole

chiave

BENI CULTURALI; DOCUMENTAZIONE; MARTIRIO DI S. ORSOLA

Autore

Francesca Salvemini

3 La Ville de Rome tradotta ed aumentata da Stefano Piale nel 1826, integrale il passo sul Palazzo Mattei.

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RECENSIONI

NON SOLO "RI-RESTAURI" PER LA DURABILITÀ DELL'ARTE AUTORE: A CURA DI DARIO BENEDETTI, RUGGERO BOSCHI, STEFANIA BOSSI, CARLOTTA COCCOLI, RENATO GIANGUALANO, CARLO MINELLI, SABRINA SALVADORI, PIETRO SEGALA EDIZIONE: NARDINI EDITORE PAGINE: 165 PREZZO: 12,50€ ISBN: 978-88-404-4214-3

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resentato alla terza edizione del Salone dell'Arte e del Restauro di Firenze, l'ebook "Non solo ri-restauri per la durabilità dell'arte", realizzato dall'Istituto Mnemosyne (Istituto per la salvaguardia del patrimonio storico) apre una riflessione critica nell'ambito del restauro e della conservazione dei beni culturali. Partendo dal concetto di durabilità, caro a Giovanni Urbani, direttore dell’ISCR dal 1973 al 1983, in questo volume gli autori propongono azioni concrete per favorire le condizioni di conservazione dell’arte e promuovere quindi misure di conservazione programmata. Dopo una presentazione dell'Istituto Mneomosyne che da otto anni diffonde la "Rivoluzione Copernicana" di Giovanni Urbani, gli autori affrontano l'analisi sulle attuali conoscenze delle condizioni di durabilità dei materiali denunciando la mancata "emergenza della durabilità dell'arte" soprattutto nel caso di eventi naturali catastrofici, ma anche di interventi sistematici, di un'attenzione programmata verso le "quotidiane emergenze" del patrimonio culturale. Il vivace dibattito sul restauro che nel secolo scorso ha portato all'affermarsi di importanti capisaldi nella teoria del restauro ha promosso numerosi interventi sull'arte tralasciando però il dibattito sulla conservazione preventiva. Solo negli ultimi anni pare approfondirsi un interesse verso la salvaguardia dell'arte. Nel testo viene quindi presentata la problematica degli ambienti di conservazione e dell'utilizzo attuale degli edifici storici come, ad esempio, le chiese che conservano gran parte del nostro patrimonio artistico ma devono allo stesso tempo garantire la convivenza con le persone che hanno ereditato quel patrimonio. Il riscaldamento degli edifici religiosi, infatti pone un interrogativo importante sulla conservazione dell'arte che non può non tener conto delle condizioni microclimatiche che variando sia quotidianamente che stagionalmente influenzano la salute dei beni conservati. "Non solo ri-restauri per la durabilità dell'arte" è quindi una critica alla pratica del restauro quando ridotta ad una serie di azioni eseguite solo dopo che il degrado si è manifestato e per ripristinare o rinnovare l'estetica di un'opera d'arte, più che per garantire la conservazione nel tempo dei materiali che la compongono. Un invito ad abbandonare la strada del "restauro di rivelazione", intento a confrontare il "prima e dopo", verso interventi che valorizzino le attuali conoscenze scientifiche: il controllo del microclima, gli studi sul ruolo dei fattori per la durabilità (temperatura, umidità, organismi biodeteriogeni), le ricerche sulle interazioni chimiche e fisiche tra i materiali costitutivi e in relazioni agli agenti atmosferici ed inquinanti. In questo modo il testo intende promuovere la cultura e la ricerca per la durabilità dell'arte, finalizzata a studiare le cause e i meccanismi di degrado dei materiali nei diversi ambienti di conservazione.

Il volume vuole diffondere l'importanza della conservazione “programmata” già introdotta nel 1973 da Giovanni Urbani e sviluppato recentemente da alcuni centri di ricerca nazionali. Una conservazione intesa come un'attività di gestione del bene continuativa nel tempo, di studio approfondito delle sue caratteristiche e delle sue relazioni con l'ambiente. Non si vuole chiaramente far perdere il valore e lo spazio al restauro ma valorizzare un'attività di studio e manutenzione quotidiano. In tal senso le nuove tecnologie giocano un ruolo fondamentale nella loro capacità di indagare i materiali, diagnosticare il "male" dell'opera e fornire informazioni sulle condizioni di conservazione dei beni. Vengono presentati alcuni esempi significativi di manutenzione programmata in Europa offrendo spunti di lavoro per attuare simili interventi in Italia. Il volume infatti non vuole solo osservare lo stato attuale della conservazione preventiva in Italia ma anche offrire concrete indicazioni per una salvaguardia diffusa del patrimonio. E' quindi un testo che richiama anche alla responsabilità personale, delle associazioni di tutela, degli enti locali e per il turismo, delle parrocchie. Si apre quindi un interessante dibattito sul futuro del restauro che parte da una riflessione approfondita del modo di concepire la conservazione stessa: "un processo di lungo periodo e come capacità di governare la durabilità dei beni culturali nel tempo". Il libro riporta anche l'ipotesi per una prima "Carta della durabilità dei materiali di storia e d'arte" dal titolo "Etica, cultura e scienza per la durabilità del patrimonio storico-ambientale" nata con lo scopo di "sviluppare la “rivoluzione copernicana” indicata da Giovanni Urbani, che proponeva di uscire dal 'restaurocentrismo' richiamando che “oggi i fenomeni di deterioramento investono l’insieme del patrimonio e [richiedono] quindi un’azione conservativa dimensionata e portata a tale insieme”, ipotesi maturata con la preparazione dei Seminari del Progetto Ecologia per l'Arte". Infine è presente anche una sintesi delle attività formative e divulgative svolte dall'Istituto Mnemosyne (www.istituto-mnemosyne.it). Il volume fa parte della collana digitale "@nteprima" di Nardini Editore dedicata allo scambio di risultati, ricerche ed esperienze disciplinari e professionali.

di Daniele Pipitone


SCHEDA TECNICA Dallo studio del passato allo studio di applicazioni per comunicare il passato di

Matteo Sicios

Fig. 1 – Il lavoro dello studio di laboratorio.

La "Matteo Sicios – Comunicazione dei Beni Culturali" si è occupata fin dalla sua nascita di comunicazione attraverso l'uso delle tecnologie. Dalla produzione di video e documenti per i beni culturali sino alle applicazioni per smartphone e tablet.

L

a ditta "Matteo Sicios – Comunicazione dei Beni Culturali" (www.matteosicios. com) si è occupata fin dalla sua nascita di comunicazione attraverso l'uso delle tecnologie. Oltre alla produzione di video e di documentari per i beni culturali, a cui si sono aggiunte le tecniche di video grafica, la video animazione, il 3D e le installazioni immersive multimediali per musei e mostre, si stanno sviluppando nuovi interessanti servizi. Uno di questi sono le applicazioni per smartophone e tablet, curate in tutte le sue parti dalla progettazione, alla programmazione, dalla veste grafica, fino ad arrivare ai test. Dato il crescente numero di utenti che possiedono un dispositivo mobile, ed essendo nota da recenti studi in materia la propensione ad utilizzarli per ricevere informazioni commerciali, su servizi e servizi turistici, si è deciso di intraprendere un accurato studio di questi strumenti per la comunicazione del passato.

Fig. 2 – Il primo pannello del percorso “Andar per Chiesette”.

LE TECNICHE DI INFORMAZIONE PER LA CULTURA ATTRAVERSO LA TECNOLOGIA MOBILE Il primo caso nel quale si è sperimentato l'uso di pannelli dotati di tecnologia QrCode è stato per il progetto "Andar per Chiesette" nel Comune di San Bartolomeo al Mare. Le dieci chiesette del paese, quasi sempre chiuse, ma con all'interno beni rilevanti come statue, quadri e architetture, verranno dotate di un pannello con questa tecnologia, alla quale si aggiungerà anche un'applicazione dedicata, per permetterne la completa fruizione. Il visitatore, seguendo l'itinerario pedonale del Comune, si troverà di fronte all'edificio (in futuro: guidato all'applicazione che sfrutta le mappe e il gps) e potrà con una semplice foto al pannello, fruire di un filmato illustrativo dell'interno della chiesetta, i suoi beni e la sua storia. Un caso molto simile è il progetto "Vetrine di Storia" pensato e proposto agli esercizi commerciali del centro di Genova, in collaborazione con l'ISCUM (Istituto di Sotria della Cultura Materiale, www.iscum.it). Attraverso un'applicazione, dei piccoli pannelli da porre sulle vetrine dei negozi, e un progetto telematico molto complesso, i passanti potranno visionare foto, audio, testo e filmati sulla storia passata della Città sul loro dispositivo, facendo riferimento – in caso di necessità o ulteriori informazioni – ai negozianti stessi, che diventano quindi anche guide e punti di riferimento, in un'ottica di marketing territoriale. La peculiarità di questo importante progetto è la comunicazione di dati archeologici molto poco conosciuti, in un contesto – per antitesi – estremamente frequentato ed eterogeneo. Sono tanti i progetti che si stanno realizzando con l'uso di queste tecnologie, ma si deve tenere conto di due cose molto importanti. La prima, non è semplice far comprendere la straordinaria efficacia di questi strumenti; per questo si adotta spes-

Fig. 3 – Un pannello del percorso “Vetrine di Storia”

so la tecnica dell'accompagnamento presso altre realtà, spesso reliazzate dallo studiolaboratorio, in modo che si possa "toccare con mano" il risultato finale. La seconda, è semplice cadere nel solito errore da parte di chi realizza questi strumenti di comunicazione; usare questi strumenti in modo non appropriato (spesso quando non ce ne sarebbe bisogno) e comunicare i contenuti in maniera superficiale, non corretta. Cosa comunichiamo rimane quindi la parte più importante del lavoro, non bisogna dimenticarlo. PUNTI DI FORZA E NON PUNTI DI DEBOLEZZA Fin qui abbiamo visto tutti i punti di forza di questi strumenti: aprono edifici ormai chiusi, fanno quindi risparmiare risorse, possono ottimizzare lavori già svolti (testi, foto, video), accolgono facilmente target spesso trascurati come turisti stranieri, giovani, etc. "Non tutti usano questi strumenti", "sono difficili da manutere", "costeranno troppo", "funzionano solo via web e non sempre c'è una rete" sono solo alcune delle obiezioni che si sentono spesso ripetere al momento delle proposte. Bene, se sono questi i vosti dubbi, provate a fare un progetto per la comunicazione del passato con questi strumenti, e vi ricrederete.

Autori Matteo Sicios Matteo Sicios – Comunicazione dei Beni Culturali www.matteosicios.com info@matteosicios.com

Abstract The company “Matteo Sicios – Comunicazione dei Beni Culturali” has always dealt with communication through the use of technologies. In

Parole chiave Beni Culturali; comunicazione; installazioni mutlimediali; qr-code

exhibitions, are developing exciting new services.One of these appli-

addition to the production of videos and documentaries for cultural heritage, to which were added the techniques of video graphics, video animation,

3D and immersive multimedia installations for museums and

cations are for smartophone and tablet, perfect in all its parts, from design to programming, from graphic design, up to the test.

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Tecnologie per i Beni Culturali

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SCHEDA TECNICA

#MuseiMultimediali Tra passato e futuro: i beni culturali e le nuove tecnologie

di

NoideaLab Fig. 1 - Museo Multimediale

della

Civiltà Nuragica, Villa Verde (Or)

Il lavoro di studio e progettazione di NoideaLab verte verso una divulgazione scientifica più immediata e coinvolgente. Gli approfondimenti realizzati dagli esperti creano approcci alternativi e trasformano il visitatore in vero protagonista dello spazio che sta visitando, aprendo nuove finestre dalle quali è possibile osservare e rievocare storie ed eventi del passato.

L’arte non consiste nel rappresentare cose nuove, bensì nel rappresentarle con novità”. E’ questo quanto scriveva il poeta Foscolo il secolo scorso. Provare a darne oggi un’accezione specifica è impresa assai complessa poiché l’arte è da sempre indefinibile e indefinita, portatrice di innovazione, stupore e curiosità. Tuttavia questo desiderio di conoscenza oggi sta sempre più scomparendo se si considera la condizione di crisi in cui versa il concetto tradizionale di “museo”, inteso come mero luogo di esposizione e conservazione dei beni culturali. E’ spesso la noia a farla da padrone sulla fruizione passiva della cultura e dell’arte in particolare. Un rimedio contro l’iperpassività caratteristica di un determinato tipo di fruizione, agli antipodi rispetto la dinamicità e l’interazione del modo di comunicare contemporaneo, potrebbe essere rappresentato dalla tecnologia a sostegno dell’arte. Negli ultimi anni infatti, le nuove tecnologie hanno aperto strade per la progettazione di allestimenti espositivi integrati ai sistemi tradizionali, offrendo in tal modo nuove possibilità narrative e creando altresì ambienti di grande attrattiva. Suggestione creata da immagini, suoni, proiezioni, giochi di luci, voci

narranti, sensori, unitamente ad una progettazione architettonico-spaziale ad hoc per gli ambienti da valorizzare e il tipo di contenuto da voler trattare. Non sono più tecnici gli attori della progettazione di spazi espositivi per un pubblico d'élite, ma professionisti che hanno a cuore una fruizione il più estesa possibile, adatta ad un pubblico di ogni età. Ai fini di una divulgazione scientifica più immediata e coinvolgente, gli approfondimenti realizzati dagli esperti, creano approcci alternativi e trasformano il visitatore in vero protagonista dello spazio che sta visitando, aprendo nuove finestre dalle quali è possibile osservare e rievocare storie ed eventi del passato. In questa direzione va il lavoro di studio e progettazione di NoideaLab, società di interaction design con sede a Roma, tra i pionieri in Italia di questa sperimentazione. Tra i suoi ultimi lavori, un esempio è il primo Museo Multimediale della Civiltà Nuragica a Villa Verde (OR) che aprirà i battenti entro fine anno. Posto a pochi km di distanza da uno dei villaggi nuragici più estesi di tutta la Sardegna, il museo è stato pensato come centro di documentazione e divulgazione scientifica dove, attraverso un percorso immer-

sivo ed emozionale, poter permettere all’utente di vestire per qualche istante i panni di un uomo primitivo. Un concentrato di installazioni multimediali e interattive che portano il visitatore a “toccare con mano” rendendolo protagonista dello spazio ricostruito nei minimi dettagli, scenari dell’epoca che lo trasportano di getto nel vivo della vita del villaggio. Risale allo scorso anno, invece, l'inaugurazione di un viaggio-racconto nel mondo degli Etruschi nella Necropoli della Banditaccia a Cerveteri, già area patrimonio dell’Unesco, la più antica ed estesa del Mediterraneo. Corredi, ampolle, arredi multimediali sono stati, infatti, ricostruiti nelle tombe con assoluto rigore scientifico e rispetto per la sacralità dei luoghi. Proiezioni, effetti luminosi e sonori, accompagnati da una voce narrante, rievocano usanze e riti funebri dell'epoca facendo rivivere gli oggetti, oggi custoditi nel museo, che un tempo ornavano e riempivano la tomba. Il digitale diventa cosi una seconda pelle che riveste oggetti e spazi da far rivivere e l’arte un’ibrido perfetto fatto di linguaggi multipli e discipline differenti, con uno stampo verso il futuro sempre più multimediale.

Fig. 2 - Dettaglio intervento multimediale nella Tomba della Cornice, Necropoli della Banditaccia, Cerveteri (Rm)

Autori NoideaLab Snc Via Gaio Melisso, 14 00174 Roma Tel. 06.64731326 yeah@noidealab.com www.noidealab.com Parole chiave Musei; tecnologie multimediali; tecnologie interattive

Abstract The work

of study and design of

NoideaLab

relates to a scientific

divulgation more immediate and engaging. Insights developed by experts create alternative approaches and transform the visitor in real protagonist of the area they are visiting, opening new windows from which you can observe and recall stories and events of the past.

The digital

thus becomes a second skin that covers objects and spaces to revive and perfect the art of a hybrid made up of multiple languages and different disciplines, with a mold into the future more and more multimedia.


RESTAURO

I mosaici di Piazza Anita Garibaldi a Ravenna: ipotesi di restauro virtuale di Mariapaola Monti e Giuseppe Maino

Nel corso degli scavi effettuati durante l’estate 2011 da Hera azienda che si occupa della gestione di acqua, energia e rifiuti in Emilia Romagna in Piazza Anita Garibaldi a Ravenna per la realizzazione della nuova isola ecologica interrata, sono stati rinvenuti cinque ambienti decorati con pavimentazioni musive, probabilmente risalenti alla prima età imperiale (I-II sec. D.C.). I mosaici sono stati asportati per essere restaurati e musealizzati, tuttavia – data l’entità delle lacune – non sarebbe possibile reintegrarle in sede di restauro tradizionale senza creare ricostruzioni arbitrarie; per questo motivo abbiamo optato per una ricostruzione digitale delle lacune, realizzando alcune ipotesi di restauro virtuale dei mosaici recuperati, che consentano di cogliere l’andamento della figurazione come poteva essere in origine.

LO SCAVO Gli scavi realizzati a partire da fine giugno 2011 in Piazza Anita Garibaldi a Ravenna erano finalizzati alla realizzazione di una nuova isola ecologica interrata per la raccolta differenziata da parte di Hera, azienda multiutility che si occupa della gestione di acqua, energia e rifiuti in Emilia Romagna. La probabilità di rinvenire reperti antichi in occasione di uno scavo in una città di fondazione molto antica come Ravenna è sempre assai frequente, tuttavia in questo caso non ci si aspettava alcun ritrovamento degno di nota, poiché si riteneva – sulla base di prospezioni effettuate negli anni ’60 del ‘900 – che sotto la zona in cui sono stati effettuati gli scavi passasse la Fossa Augusta, ossia un canale artificiale fatto costruire dall’Imperatore Augusto (27 a.C. – 14 d.C.), per collegare Ravenna al porto di Classe (che sotto Augusto divenne un’importante base militare). La Fossa Augusta, che tagliava Ravenna longitudinalmente, finì interrata dai detriti portati dai fiumi e – probabilmente verso la fine del V secolo – sul suo corso fu realizzata la Platea Maior, oggi corrispondente alla Via di Roma.

Fig. 1 - Lo scavo in Piazza Anita Garibaldi, Ravenna.

Gli scavi invece hanno portato alla luce diversi strati archeologici e in particolare una domus romana di età imperiale dai pavimenti decorati a mosaico. Si tratta di una scoperta archeologica molto importante perché costringerà a riscrivere parte della storia della città di Ravenna, che non prevedeva la presenza di abitazioni romane in questa zona. Per questo motivo sarebbe stato interessente allargare la zona dello scavo oltre quella prevista per l’interramento dei bidoni per la raccolta differenziata. Questo scavo infatti ha portato alla luce solo parte di cinque ambienti di una domus, che si estende chiaramente in tutte le direzioni oltre i margini delimitati dalle palancole inserite per mettere in sicurezza lo scavo. Per il momento dunque non è possibile determinare con sicurezza la planimetria della casa cui appartengono i mosaici rinvenuti. Ulteriori scavi sarebbero possibili ma molto costosi per via dell’acqua affiorante da una faglia molto superficiale che tende ad allagare continuamente gli scavi e richiede quindi un sistema di contenimento dei margini dello scavo e di drenaggio continuo dell’acqua. Lo scavo archeologico stratigrafico, realizzato sotto la direzione della Soprintendenza per i Beni Archeologici dell’Emilia-Romagna, ha portato alla luce inizialmente una serie di livelli di frequentazione di età bassomedievale, sotto di essi i resti di un’abitazione di età altomedievale, realizzata in argilla e legno, e quelli di un’abitazione di età tardoantica (VI secolo d.C. ca), cui appartiene un muro in mattoni (ben visibile in Fig. 1, sulla sinistra, perché taglia due delle pavimentazioni musive sottostanti). Scavando ancora, ad una profondità di circa 3,2 metri, coperti da livelli di abbandono, sono venuti alla luce i resti di una domus di età romana imperiale (fine I – II secolo d.C.), costituiti da cinque ambienti decorati con pavimentazioni musive. Si tratta probabilmente di un ambiente centrale (C) con mosaico bianco e pozzo (Fig. 2), circondato da quattro altri ambienti: a ovest due ambienti decorati con un mosaico a esagoni (ambiente

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Tecnologie per i Beni Culturali A; Fig. 3) e col mosaico detto “del Nettuno” (ambiente B; Fig. 5); a est due ambienti decorati con un mosaico a ottagoni (ambiente D; Fig. 7) e con un mosaico a scacchiera (ambiente E; Fig. 9).

31 In questo caso particolare tuttavia, nonostante i lacerti musivi residui rappresentino probabilmente meno di un quarto della superficie musiva originaria, abbiamo comunque tentato una ricostruzione completa per due ordini di motivi: 4l’andamento in gran parte prevedibile di una decorazione di tipo geometrico; 4l’intento di rendere percepibile la complessità della decorazione originaria, la cui fruizione risulta ostacolata dall’entità delle lacune presenti.

Fig. 2 - Ambiente centrale (C) col pozzo e il mosaico bianco

I mosaici sono realizzati con tessere bianche e nere; i motivi decorativi sono di tipologia simile a quelli rinvenuti a Faenza e nella villa di Russi, in provincia di Ravenna. Si tratta di mosaici pavimentali, ossia realizzati, oltre che per decorare, per rendere impermeabile e resistente al calpestio la pavimentazione. I mosaici pavimentali si diffusero per primi (IV millennio a.C.), mentre quelli parietali in seguito (dal I secolo d.C.), a partire dalle terme, per via della loro resistenza all’umidità. La città di Ravenna vanta una tradizione del mosaico che risale all’epoca romana e mostra i suoi più fulgidi esempi in epoca bizantina. Questi nuovi ritrovamenti vanno ad arricchire il già vasto patrimonio musivo della città di Ravenna. I mosaici sono stati infatti rimossi per essere restaurati e musealizzati ad opera della Fondazione RavennAntica. IL RESTAURO VIRTUALE DEI MOSAICI Le ricostruzioni digitali dei mosaici rinvenuti negli scavi di Piazza Anita Garibaldi sono state effettuate sulle fotografie di documentazione dello scavo archeologico. Le immagini sono state acquisite con una fotocamera reflex digitale Nikon D90, dotata di sensore CMOS Nikon DX da 12,3 megapixel. Lo spazio colore utilizzato dalla fotocamera è sRGB e la dimensione delle fotografie è di 4288x2848 pixel (36,31x24,11 cm a 300 ppi). Il restauro virtuale su ogni mosaico pavimentale (Figg. 4, 6, 8, 10) è stato eseguito utilizzando Adobe Photoshop CS5 e ha comportato diverse fasi: 4studio dell’andamento della figurazione; 4studio della planimetria; 4raddrizzamento prospettico dell’immagine; 4bilanciamento di luminosità e contrasto e regolazione delle dominanti cromatiche; 4riparazione delle crepe; 4raddrizzamento delle parti deformate; 4integrazione delle lacune; 4ripetizione modulare del motivo decorativo su tutta l’area presumibilmente occupata dal mosaico. Come regola generale, ogni restauro virtuale dovrebbe evitare le ricostruzioni arbitrarie, che sono però difficilmente evitabili nel caso siano presenti lacune di grande entità.

Per via della dimensione dello scavo – limitato all’area di interramento dei bidoni della raccolta differenziata – non è stato possibile ricostruire la planimetria della domus, le cui stanze si potrebbero estendere oltre le dimensioni ipotizzate dalle ricostruzioni, che restano però valide nel loro intento di dare un’idea di come doveva apparire la pavimentazione musiva in origine. Una ricostruzione digitale di questo tipo può essere utile in sede di musealizzazione dei reperti. I mosaici recuperati devono infatti essere restaurati, consolidati e conservati in un museo, tuttavia non è possibile ricostruire fisicamente le parti mancanti poiché si verrebbe a creare un falso storico. Le lacune vanno invece stuccate con un intonaco di colore neutro e uniforme. Perciò, per consentire e facilitare la fruizione e la comprensione della decorazione dei mosaici ritrovati è possibile affiancare – nell’esposizione museale – la ricostruzione virtuale al lacerto musivo. I QUATTRO MOSAICI Il mosaico dell’ambiente A (Fig. 3) è caratterizzato da una serie di fiori a sei petali entro esagoni circondati da motivi a treccia.

Fig. 3 - Ambiente A, decorato con un mosaico a esagoni.

Più della metà della superficie musiva risulta mancante; inoltre lungo il margine superiore si nota un antico restauro realizzato - come si usava allora - con tessere bianche e nere disposte casualmente, senza ripristinare il motivo decorativo. La deformazione del terreno ha causato l’aprirsi di numerose crepe nella parte destra del mosaico, oltre al notevole abbassamento dell’angolo in alto a destra. Proprio su questo aspetto è intervenuta la prima parte del restauro virtuale: le parti allontanate dal corpo del mosaico per via delle crepe sono state selezionate e riavvicinate, mentre la parte deformata dall’abbassamento del piano pavimentale è stata rialzata. Nessuno degli esagoni rimanenti risultava integro, perciò le parti mancanti sono state ricostruite campionando le parti integre di ognuno per riportarle su quelle lesionate degli altri; lo stesso è stato fatto per ricostruire le parti mancanti della cornice e del motivo a treccia che circonda gli esagoni. Questa parte superiore del mosaico così ricostruita è stata poi replicata e


ribaltata (grazie alla funzione “Rifletti quadro verticale” di Photoshop) per ricreare la parte inferiore del mosaico stesso. Infine è stata ricostruita anche la parte centrale mancante sulla base dello stesso motivo. Il risultato è visibile in Fig. 4.

toshop) per ricostruire anche la metà destra del mosaico. La pavimentazioni musiva è stata così completata sulla base dell’ipotesi di una ripetitività modulare anche per questo mosaico. Il motivo centrale del cerchio minore è sconosciuto, mentre i motivi centrali dei due cerchi maggiori sono stati ricostruiti sulla base di un frammento musivo - emerso in seguito a ulteriori scavi - che mostra parte di un cosiddetto “nodo di Salomone”, molto diffuso nei mosaici coevi. Il risultato, per quanto in parte ipotetico, è visibile in Fig. 6.

Fig. 6 - Ipotesi ricostruttiva del mosaico dell’ambiente B

Il mosaico dell’ambiente D (Fig. 7) è caratterizzato da fiori a otto petali entro ottagoni, circondati da motivi a quadrati, losanghe e triangoli. Fig. 4 - Ipotesi ricostruttiva del mosaico dell’ambiente A

Il mosaico dell’ambiente B (Fig. 5) è detto “del Nettuno” per via del mascherone raffigurato nell’angolo in basso a sinistra, che ricorda le coeve rappresentazioni stilizzate di divinità acquatiche da parte dei romani. Di questa pavimentazione musiva ci resta meno di un quarto della superficie.

Fig. 7 - Ambiente D, decorato con un mosaico a ottagoni

Fig. 5 - Ambiente B, decorato col cd. mosaico del “Nettuno”.

Anche in questo caso è stato necessario riavvicinare le due parti del mosaico separate da una grossa crepa. In seguito, dopo aver ricostruito le parti lacunose campionando quelle residue, il mosaico è stato replicato e ribaltato verticalmente per ricreare la parte superiore del mosaico. Le due parti sono poi state raccordate sulla base dell’andamento della figurazione. Completata in questo modo la metà sinistra del mosaico, questa è stata replicata e ribaltata orizzontalmente (grazie alla funzione “Rifletti quadro orizzontale” di Pho-

È forse il più rovinato dei mosaici ritrovati in questo scavo: la superficie residua è probabilmente meno di un quarto di quella originale e i colori risultano molto attenuati (il nero è schiarito e il bianco ingrigito). Le lacune sono state ricostruite sulla base del campionamento delle parti integre. Il motivo a pelte, presente nei quattro rettangoli inclinati, è stato ipotizzato sulla base della figurazione residua e della diffusione di questo tipo di decorazione nei mosaici coevi. Una volta ricostruito il quadrante inferiore sinistro della pavimentazione musiva, questo è stato replicato e ribaltato verticalmente per ricreare la parte superiore sinistra del mosaico; in seguito quest’insieme è stato di nuovo replicato e ribaltato orizzontalmente per riformare la parte destra del mosaico. Il bilanciamento di luminosità e contrasto (per mezzo delle “Curve” di Photoshop) è stato necessario sul restauro virtuale di ogni mosaico, al fine di mettere in evidenza i motivi decorativi; tuttavia in questo caso, per via dell’aspetto particolarmente offuscato di questo mosaico, è stato necessario utilizzare particolari filtri di Photoshop (come “Maschera di contrasto”, “Accentua Passaggio”,

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“Massimo” e “Minimo”) che consentissero di mettere ulteriormente in evidenza la figurazione aumentando la contrapposizione tra le tessere bianche e quelle nere. Il risultato finale è visibile in Fig. 8.

Fig.8 - Ipotesi ricostruttiva del mosaico dell’ambiente D.

Il mosaico dell’ambiente E (Fig. 9) raffigura una scacchiera composta da quadrati neri e bianchi e da croci nere.

Fig. 10 - Ipotesi ricostruttiva del mosaico dell’ambiente E.

CONCLUSIONI Pur sottolineando che si tratta solo di ipotesi di ricostruzione dei mosaici ritrovati in Piazza Anita Garibaldi e che sono sempre possibili piccole correzioni circa l’andamento della decorazione e modifiche delle dimensioni delle pavimentazioni musive, riteniamo che questi esercizi di restauro virtuale possano essere utili sia ai fini della fruizione museale, sia come ausilio allo studio dei motivi decorativi (per confronto con altri consimili), sia come base per l’eventuale ricostruzione della planimetria della domus e del suo alzato (ricostruzione tridimensionale). REFERENZE FOTOGRAFICHE Le fotografie degli scavi sono state realizzate dalla Fondazione RavennAntica per conto della Soprintendenza per i Beni Archeologici dell’Emilia Romagna. Le ricostruzioni digitali dei mosaici sono state realizzate da Mariapaola Monti. Fig. 9 - Ambiente E, decorato con un mosaico a “scacchiera”

Nell’angolo in basso a destra si può notare un restauro antico eseguito con tessere bianche e nere mischiate casualmente tra loro. È un mosaico molto lacunoso: ci resta forse un ottavo della decorazione musiva originaria. Ciononostante la ricostruzione digitale risulta relativamente facilitata per via della semplicità della figurazione. Le poche zone residue sono state campionate in modo tale da andare a riempire le lacune e le zone ricostruite replicate fino a ricreare l’intera pavimentazione musiva, come vediamo in Fig. 10. Riferimenti [1] Rafael C. Gonzalez, Richard E. Woods, Digital Image Processing, Addison-Wesley, N.Y, 1993. [2] Severo Bignami, Saturno Carnoli, Paolo Racagni, Il mosaico ravennate: cronistoria dalle origini ai giorni nostri, Associazione Giuliano Argentario, Ravenna, 2000. [3] Cesare Fiori, Mariangela Vandini, Teoria e tecniche per la conservazione del mosaico, Il Prato, Padova, 2002. [4] Irene Bortolotti, Grafica al computer per il restauratore, Il Prato, Padova, 2006. [5] Domenico Bennardi, Rocco Furferi, Il restauro virtuale. Tra ideologia e metodologia, Edifir, Firenze, 2007.

Abstract

During the excavations carried out in summer 2011 by Hera (a multiutility company that deals with the management of water, energy and waste in Emilia Romagna) in Piazza Anita Garibaldi in Ravenna for the making of new underground waste containers for the separate collection, five rooms decorated with mosaic floors were found, probably dating to the early Roman Empire (I-II century A.D.). The mosaics were removed for restoration and musealization, however - given the size of the lacunae – it would not be possible to reintegrate them in a traditional restoration without creating arbitrary reconstructions. For this reason we opted for a digital reconstruction of the lacunae, making some virtual restoration hypothesis for the recovered mosaics;by this way it is possible to grasp the trend of the figuration how it could have been in the past.

Parole

chiave

Mosaico; Restauro virtuale; Elaborazione digitale delle immagini

Autore

Mariapaola Monti Scuola di Lettere e Beni Culturali, Università Via Mariani 5 – 48100 Ravenna

di

Bologna, Sede

Giuseppe Maino giuseppe.maino@enea.it ENEA, Via Martiri di Montesole 4 - 40128 Bologna

di

Ravenna


MUSEI

S trumenti interattivi alla scoperta di C olombo e del P orto di G enova Fig. 1 – Galata Museo del Mare

di Serena Boglione Nel nome di Cristoforo Colombo si identifica, simbolicamente, la nuova idea di museo, realizzato con il supporto tecnologico di ETT: la scoperta e la riscoperta della storia e del patrimonio culturale attraverso nuovi linguaggi, nuovi strumenti e nuove chiavi di lettura capaci di coinvolgere, appassionare ed agire da detonatore alla curiosità del visitatore trasformando una semplice visita al museo in una autentica esperienza multisensoriale.

C

on le nuove sale allestite al Mu.MA di Genova, dedicate alla figura del navigatore genovese e alla storia del Porto di Genova, si parte alla scoperta di Cristoforo Colombo. E’ un ulteriore tassello che arricchisce un allestimento già fortemente caratterizzato dalla presenza di contenuti interattivi e che prosegue sulla linea del rinnovamento, accentuando i propri attributi di immersività e connettività, proponendo al visitatore un dialogo sempre più diretto e stimolante. Nel nome di Cristoforo Colombo si identifica, simbolicamente, la nuova idea di museo, realizzato con il supporto tecnologico di ETT: la scoperta e la riscoperta della storia e del patrimonio culturale attraverso nuovi linguaggi, nuovi strumenti e nuove chiavi di lettura capaci di coinvolgere, appassionare ed agire da detonatore alla curiosità del visitatore trasformando una semplice visita al museo in una autentica esperienza multisensoriale. Le ampie competenze maturate da ETT S.p.a. nei diversi ambiti in cui opera, che abbracciano e-government, e-business, ricerca e new technology, concorrono a definire l’approccio dell’area New Media e ad arricchire la ricerca in ambito tecnico scientifico con l’obiettivo di valorizzazione e divulgazione del patrimonio storico-culturale attraverso le potenzialità offerte dalle nuove tecnologie. L’esperienza e la visione di ETT in ambito museale si esprimono nella continua ricerca di una sempre più efficace sinergia tra Museo e nuove tecnologie e nell’introduzione di innovativi metodi di comunicazione e di strumenti di “ultima generazione” (interfacce touch screen, realtà aumentata, immagini 3D, interazione con oggetti, riconoscimento vocale) più adatti ad agevolare la fruizione e a rendere “attivo” il ruolo del visitatore all’interno del museo. La continua evoluzione della tecnologia di supporto alle esposizioni museali è stimolata dalla moltiplicazione dei flussi turistici e dalla globalizzazione, che richiedono uno sforzo costante per raggiungere differenti target di visitatori, di diverse lingue e culture. La tecnologia diventa così il mezzo più efficace per valorizzare l’esperienza cognitiva ed informativa e per consentire al visitatore di interagire in modo personalizzato con l’ambiente che si trova a visitare. In questa differente concezione di Museo, ETT mette il proprio carattere innovativo al servizio delle molteplici attività che contribuiscono a realizzare una progettazione globale dell’allestimento museale: i processi di

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Tecnologie per i Beni Culturali elaborazione del Concept, in stretta collaborazione con la Committenza; la progettazione e l’allestimento degli spazi espositivi; la definizione dei contenuti; la realizzazione dell’infrastruttura sistemistica e la creazione di ambienti interattivi. La capacità di gestire e coordinare questo complesso insieme di processi consente di seguire e portare a termine la realizzazione di un allestimento museale in modo completo. Il sistema museo realizzato da ETT si attua attraverso l’utilizzo di dispositivi di diverso tipo. In ambito educational, per la didattica e il laboratorio multimediale, vengono utilizzati strumenti costituiti da oggetti “parlanti” (RFID, NFC, Visual Tag), giochi interattivi o tavoli multitouch per la rielaborazione dell’esperienza museale; la narrazione dei contenuti viene affidata a proiezioni a fruizione passiva, tramite video, retroproiezioni, videowall e ologrammi, capaci di creare effetti spettacolari che favoriscono il coinvolgimento e l’immersività del visitatore nell’ambiente visitato. Effetti di ancora maggiore suggestione vengono raggiunti con l’utilizzo di ricostruzioni 3D, realizzate con proiezioni stereoscopiche ed auto-stereoscopiche, immagini olografiche ed ambienti virtuali e con l’impiego dell’Augmented Reality (marker tag recognition, markerless, GPS), in grado di attuare esperienze e processi di conoscenza e di ricreare atmosfere del passato anche in assenza di oggetti fisici. La partecipazione interattiva e la creazione di percorsi personalizzati avvengono attraverso la presenza di superfici touchscreen, che, integrate nell’allestimento tramite tavoli multi-touch, vetrine e superfici con sensori capacitivi, consentono al visitatore di esplorare i diversi contenuti museali grazie a un semplice tocco delle dita. L’installazione di sensori (digitali, sonar, capacitivi, a infrarossi o di profondità) collegati a fonti luminose, sistemi audiovisivi, proiezioni e monitor touch consente inoltre di creare esperienze polisensoriali basate sull’interazione naturale.

Fig. 2 – Il nuovo allestimento della sala dedicata a Cristoforo Colombo

35 Un ulteriore strumento che contribuisce a rendere ancora più avvincente l’esperienza è Kinect, un sensore che consente di ricreare un ambiente in cui il fruitore può muoversi utilizzando solo la sua gestualità come in un contesto reale, senza bisogno di usare dispositivi né di indossare niente di estraneo, adoperando il proprio corpo come interfaccia. Il coinvolgimento e la curiosità del visitatore vengono inoltre stimolate dalle applicazioni per dispositivi Mobile (Smartphone e Tablet) dedicate alla visita museale, con diversi sistemi di attivazione del contenuto, Realtà aumentata, NFC, RFID e QR Code, che consentono di approfondire i temi di maggiore interesse. RILEGGERE LA STORIA: UN NUOVO ALLESTIMENTO PER ANTICHI REPERTI Il Galata Museo del Mare, in occasione del recente restyling di una delle sue aree più antiche, si è affidato all’esperienza di ETT per la realizzazione di un allestimento ad alto contenuto tecnologico. Fin dagli inizi, nel 2004, il Galata Museo del Mare si è affermato come una delle realtà culturali italiane più avanzate tecnologicamente, grazie alla particolare cura del dettaglio e alla continua ricerca di allestimenti fortemente scenografici e improntati a multimedialità e interattività. La formula allestitiva seguita dal Museo è da sempre fondata su una costante rivisitazione delle collezioni permanenti, che vengono dotate, di volta in volta, di nuove strutture informatizzate per la loro migliore valorizzazione. Rientra in quest’ottica il già citato rinnovamento dell’area espositiva introduttiva del percorso, relativa al porto di Genova alla fine del Medioevo e alla storia di Cristoforo Colombo. Per valorizzare quest’area, che espone i masterpiece più rilevanti dell’intera collezione del museo, sono stati allestiti grandi monitor interattivi che assolvono alla duplice funzione di “spiegare” e “suggestionare” il pubblico.


DIDASCALIE INTERATTIVE IN QR CODE Per creare un dialogo diretto e personale con il percorso museale, per la prima volta, a Genova, in un contesto permanente, viene utilizzata la tecnologia QR Code. Nel nuovo approccio sperimentale adottato dal Galata, il visitatore riceve istruzioni prima di entrare nella sala del museo ed è chiamato a utilizzare la sua applicazione per leggere i QR Code, strategicamente collocati vicino a una vetrina o in prossimità di un oggetto. Scannerizzando il codice il visitatore viene invitato a scegliere la lingua desiderata (italiano, inglese o francese) e ha così accesso a pagine web in cui leggere o ascoltare testi di approfondimento sugli oggetti esposti e visualizzare immagini e didascalie. La selezione degli oggetti accompagnati da QR Code nella prima sala riguarda: 4 Il Porto dopo il Medioevo 4 Una veduta di Genova nel 1481 4 La lotta per i fondali 4 Dai pontili in legno ai moli 4 Le grandi navi dei Genovesi Nella sala dedicata a Colombo, grazie al proprio smartphone è possibile navigare nei seguenti temi: 4 4 4 4 4 4 4

Colombo: un marinaio genovese? I quattro viaggi di Colombo Navi o caravelle? Carta, bussola, astrolabio e clessidra Erdapfel, la mela terrestre I molti volti di Colombo I documenti “genovesi”

L’introduzione di questi nuovi strumenti dà al visitatore l’opportunità di scegliere quando e quanto approfondire i temi

che suscitano maggiormente il suo interesse, rendendo la visita museale un’esperienza esplorativa più consapevole e coinvolgente. Ma anche di dilatare l’esperienza nel tempo, rendendo possibile scaricare le immagini e i testi da rileggere e da condividere a visita ultimata. POSTAZIONE TOUCH SCREEN “GENOVA NEL 1481” Mentre la tecnologia QR Code accompagna il visitatore lungo il percorso appena rinnovato, l’introduzione alla prima sala è affidata a un’installazione multimediale dedicata a Cristoforo Grassi e ai suoi dipinti: “I Genovesi all’assedio di Otranto” e “Genova nel 1481”, la straordinaria veduta a volo d’uccello del porto ritenuta il più antico dipinto raffigurante Genova, vero “pilastro” dell’iconografia della città. La postazione multimediale, con il suo straordinario impatto visivo, propone livelli diversi di lettura: 1) la storia della “Crociata” di Otranto: la città pugliese venne conquistata dai turchi e una coalizione di flotte ed eserciti italiani si pose al suo assedio al fine di impedire che divenisse una testa di ponte per l’espansione turca in Italia. Nel quadro compaiono diversi episodi della vicenda; 2) il porto di Genova, le sue navi e le sue strutture: Grassi è uno dei maggiori iconografi marittimi genovesi. Le sue riproduzioni di navi e galee sono molto attente e precise, e raccontano dettagliatamente la navigazione dell’epoca e le strutture del porto; 3) la città di Genova: nel dipinto sono riconoscibili decine di “punti” rilevanti della città, molti dei quali ancora esistenti: dalla Lanterna a Palazzo Ducale, da Palazzo San Giorgio alla Cattedrale di San Lorenzo. Il significato intrinseco del dipinto e il complesso rapporto di Genova con il suo porto vengono approfonditi grazie all’installazione di un monitor touch screen incassato a muro che consente al visitatore di “navigare” i diversi contenuti presenti. L’esperienza dell’osservazione del dipinto si trasfor-

Fig. 3, 4, 5, 6 – Il nuovo allestimento della sala dedicata a Cristoforo Colombo

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37 Fig. 7 – Il nuovo allestimento della sala dedicata a Cristoforo Colombo

ma, quindi, in un’esplorazione alla scoperta di particolari e significati in esso nascosti, fruibili in modo interattivo e personalizzato, espandendo i dettagli grafici e trasformandoli in punti di contatto con la storia e la cultura dell’epoca. L’introduzione è affidata a un video che accoglie il visitatore e lo orienta alla scelta degli argomenti. Con un semplice tocco sull’icona del dipinto “I Genovesi all’assedio di Otranto” viene attivato un video di presentazione e, a seguire, la possibilità di approfondire con ulteriori filmati riguardanti la storia del dipinto e la storia dell’autore. Selezionando, invece, l’icona della città – Genova nel ‘400 – appare il dipinto a schermo intero con una serie di punti irradianti su cui toccare per far comparire didascalie e immagini di approfondimento. Con questo approccio “tattile”, a cambiare profondamente è il modo di vivere l’esperienza visiva del dipinto: non più come una contemplazione passiva e, eventualmente, distratta, ma come uno stimolo continuo alla curiosità e all’interazione. POSTAZIONE TOUCH SCREEN “I DOCUMENTI DI CRISTOFORO COLOMBO” La figura di Cristoforo Colombo è protagonista dell’altra sala recentemente rinnovata. Un video collocato a fianco del ritratto attribuito a Ridolfo del Ghirlandaio mette a confronto l’iconografia raffigurante il volto del grande navigatore, dimostrando la superiorità qualitativa del dipinto conservato al Galata. Ma la postazione che garantisce il vero effetto scenografico è il grande schermo touch screen posto in verticale che consente al visitatore di visionare una selezione dei documenti “genovesi” di Colombo. Tra i tanti documenti proposti sono anche presenti, in originale, le celebri lettere a Oderico e al Banco di San Giorgio. Sono custodite in teche che si illuminano solo se il visitatore si avvicina, così da garantirne la conservazione. Le altre lettere, i cui originali si trovano negli Archivi di Stato di Genova, di Savona e alla Biblioteca Apostolica Vaticana, sono presenti virtualmente e navigabili grazie al touch screen. Utilizzando lo schermo touch il visitatore può scegliere il do-

cumento, la lingua in cui vedere la traduzione e ascoltare il testo in lingua originale: il latino medievale dei notai genovesi, l’italiano arcaico e lo spagnolo del ‘500, la lingua in cui si esprimeva Cristoforo Colombo. MUSEI APERTI AL FUTURO: L’ESPERIENZA DEL GALATA Il nuovo allestimento, inaugurato il 5 luglio, si aggiunge alle altre realizzazioni museali create da ETT per il Galata Museo del Mare, una delle realtà culturali italiane tecnologicamente più avanzate. All’interno del Galata convivono diverse sezioni permanenti, che vantano interessanti percorsi multimediali ed interattivi: 4 La Sala Pre-show Nazario Sauro (maggio 2010), costituita da una fedele riproduzione dell’ambiente del sommergibile allestita con monitor multi-touch, grazie ai quali il visitatore può interagire con il capitano virtuale, conoscere la storia e la vita del Nazario Sauro, scoprire i segreti di bordo ed esplorarne l’interno. Grazie allo sviluppo di innovativi strumenti multi-touch, la visita coinvolge i visitatori coniugando sapere e curiosità, divertimento e gioco. Collegata alla visita è anche la partecipazione al corso interattivo con prove e simulazioni delle attività di bordo, che permettono di conseguire il diploma da sommergibilista. 4 MEM - Memoria E Migrazioni (novembre 2011), è incentrata sul tema del viaggio, per documentare, narrare ed evocare “la memoria storica” degli emigranti, grazie ad un percorso soggettivo e pieno di rimandi simbolici. Questo suggestivo quadro storico e culturale viene delineato attraverso 40 postazioni multimediali ed interattive che raccontano le storie degli immigrati coinvolgendo il visitatore durante tutto il percorso. Con l’impiego delle dotazioni multimediali sono state ricreate ambientazioni tipiche dell’800’, dando voce ai personaggi e alle loro storie con lo scopo di collegare la conoscenza alla responsabilità sociale e di ricordare, con l’aiuto della multimedialità, come questo fenomeno riguardi l’Italia molto da vicino.


Fig. 8 – La sala del Pre-Show esterno

Fig. 9 – La sala del Pre-Show interno

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Fig. 10 – La sala del Pre-Show (il principio di Archimede)

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Fig. 11 – La sezione MEM (Il Caruggio)

Fig. 13 – La sezione MEM (L’immigrazione)

Fig. 12 – La sezione MEM (Il Doganiere)

Fig. 14 – La sezione MEM (Tavolo delle Lettere)

Fig. 15 – Scrittoi della conoscenza (presso la Commenda di Prè)


Le tecnologie utilizzate sono le più svariate: dai giochi di suoni, agli schermi olografici, dal riconoscimento vocale, ai monitor ad alta risoluzione, ai tavoli interattivi touchscreen e alla tecnologia RFID. 4 Gli “Scrittoi della Conoscenza” (giugno 2012) allestiti presso il Museoteatro della Commenda di Prè: postazioni multimediali che permettono di scoprire e approfondire la storia delle crociate e dell’ordine cavalleresco degli Ospitalieri di San Giovanni di Gerusalemme. Un viaggio emozionante sulla Commenda nel Medio Evo, i tragitti dei pellegrinaggi e la vita quotidiana testimoniata dai racconti di viaggio di personaggi noti e meno noti, attraverso un monitor multi-touch e, per la prima volta in Italia, l’innovativa piattaforma multimediale Samsung SUR40. 4 “Sali a bordo della Galea” (luglio 2012) è un percorso espositivo che esprime in pieno la filosofia museale del Galata: il visit-attore ha l’occasione di conoscere la storia interagendo con le installazioni e salendo a bordo di una Galea genovese del ‘600 ricostruita a grandezza naturale. All’interno può vestire i panni di un membro dell’equipaggio della galea genovese, scegliendo uno dei possibili ruoli tra schiavi, forzati e papassi, può esplorarne l’interno e scoprire la vita di bordo interagendo con personaggi tipici dell’epoca, assistendo a dialoghi tra autorità storiche e ammirando reperti e opere rare ed originali. Secondo una ricerca dello Skal International di Roma, l’Associazione Internazionale dei Professionisti del Turismo, il Galata Museo del Mare di Genova è entrato a far parte delle “eccellenze museali multimediali” nel panorama italiano, grazie al suo spirito innovativo ed alla capacità di allargare gli orizzonti della cultura e della storia per mezzo delle nuove tecnologie multimediali. La creazione di nuovi metodi e

nuove possibilità di fruizione dei contenuti museali si riflette nell’incremento del numero di visitatori che hanno dedicato il loro tempo ed il loro interesse al museo. Il Galata conferma infatti, con oltre 200.000 visitatori – di cui 150.000 paganti – la sua leadership di museo più visitato di tutta la Liguria e il più visitato tra i Musei tematici in Italia. In base alle indagini condotte da Costa Edutainment, in collaborazione con GFK Eurisko, il numero di visitatori del Galata Museo del Mare è passato da 65.000 nel 2005 e 2006, a 230.000 nel 2010, anno in cui è stato inaugurato il Sommergibile, assestandosi a 200.000 nel 2011 e 2012. Da tale trend si evince come le innovative installazioni multimediali, di volta in volta integrate nei percorsi espositivi, abbiano dato un decisivo contributo al successo del museo. Nel panorama museale, il Galata Museo del Mare non si distingue solo per i numeri ma anche per la qualità dell’offerta: nel 2012 ha ottenuto il certificato di eccellenza per l’anno in corso da TripAdvisor, celebre sito dedicato al turismo in cui gli utenti stessi posso postare la propria opinione; da ottobre 2012 è segnalato dalla prestigiosa guida “The New York Times, 36 Hours in 125 weekends”. ULTERIORI ALLESTIMENTI MUSEALI REALIZZATI DA ETT L’esperienza di ETT in ambito museale si è estesa anche a livello regionale con la realizzazione degli allestimenti multimediali per la Riserva Naturale dell’Isola Gallinara, il Sistema Museale dei Poli Museale di Sestri Levante e Castiglione Chiavarese e l’Emporio Via del Campo29 rosso, e, a livello nazionale, con la creazione dei percorsi allestitivi per i Musei Capitolini, il Museo di Storia Naturale del Vulture e il Castello del Malconsiglio di Miglionico (MT). Crediti immagini: Costa Edutainment POH Merlofotografia e Carlo Bertolotto

Fig. 16 – Il Museoteatro della Commenda di Prè

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Fig. 17 – Il percorso “Sali a bordo della Galea”

Abstract

The new rooms created at Mu.Ma Genoa are dedicated to the history of the Port of Genoa and to the discoveries of the Genoese navigator Christopher Columbus. This new addition, which enriches an already highly interactive content setting, continues the policy of renewal and the development of immersive connetivity. The visitor is offered more direct and stimulating dialogue.

Parole

chiave

MUSEI, TECNOLOGIE MULTIMEDIALI, QR CODE

Autori

Serena Boglione serena.boglione@ettsolutions.com ETT S.p.a. - Electronic Technology Team


AGORÀ

Wiki Loves Monuments, II edizione - Dopo la prima edizione ritorna quest'anno Wiki Loves Monuments Italia, il Concorso Fotografico dedicato alla valorizzazione del Patrimonio Culturale internazionale mediante la messa in rete di fotografie di monumenti su Wikipedia con licenza CC-BY-SA. Le fotografie illustreranno le schede relative ad ogni monumento e permetteranno di far conoscere, attraverso il web, il ricco patrimonio culturale: edifici storici, fontane, siti archeologici, castelli, ecc, tutte le tipologie di monumenti possono essere fotografati per il concorso. Il concorso è aperto a tutti i cittadini interessati a valorizzare il patrimonio culturale, soprattuto quello più sconosciuto. E' possibile presentare anche più fotografie, salvo autorizzazione dell'ente o privato competente. Le fotografie parteciperanno anche alla competizione internazionale del concorso durante la quale, nel 2012, vinsero due fotografie italiane. E' altresì possibile dare il proprio contributo per richiedere le autorizzazioni per fotografare i monumenti, le quali devono essere rilasciate dalle amministrazioni comunali e da aziende, privati e fondazioni che li hanno in carico (ulteriori info). Wiki Loves Monuments è un'occasione per valorizzare e diffondere il patrimonio culturale delle città e del territorio. La fotografia della Rotonda Fraschini del Teatro Comunale di Ferrara (Andrea Parisi, terzo classificato al concorso nazionale e quarto al concorso internazionale), ad esempio, è stata scelta come copertina della Guida sulla città di Ferrara "Viaggio nel Territorio Patrimonio dell'Umanità Unesco" realizzata dalla Provincia di Ferrara. www.wikilovesmonuments.it

Aperte le iscrizioni al Master in Tecnologie Open Source per i Beni Culturali - L'Istituto di Formazione e Ricerca della Federazione Italiana Club e Centri UNESCO, in collaborazione con il Centro di GeoTecnologie dell'Università di Siena e la Fondazione Masaccio, organizza per l'a.a. 2013/2014 la seconda edizione del Master in Tecnologie Open Source per i Beni Culturali (Master Open Téchne). Il Master Open Téchne nasce con l'obiettivo di formare professionisti in possesso di competenze trasversali, che, partendo da una solida formazione universitaria tradizionale, siano capaci di sfruttare le opportunità offerte dalle nuove tecnologie e in grado di orientarsi, in modo competitivo, nelle evoluzioni del settore culturale. Il Master si pone tre obiettivi fondamentali: 4formare professionisti nell’uso di tecnologie innovative applicate allo studio e alla valorizzazione dei Beni Culturali: GIS, fotogrammetria, rilievo 2D e 3D, modellazione 3D, database, analisi spaziali, webGIS e realtà virtuale; 4mostrare come non sia ormai più necessario ricorrere a tecnologie commerciali, che spesso hanno costi di licenza insostenibili per chi opera nel settore culturale, poiché tali tecnologie sono disponibili nel formato libero Open Source, ormai di livello pari alle soluzioni commerciali; 4accompagnare il professionista ad introdurre le tecnologie Open Source nel proprio ambito lavorativo, attraverso il confronto con professionisti del settore e attraverso un periodo di stage in cui poter sviluppare e applicare le tecnologie apprese. L’attività didattica prevede 440 ore di lezioni ed

esercitazioni in campagna e di laboratorio. Al termine delle lezioni è previsto un periodo di stage di 300 ore presso un’azienda, un ente o un centro di ricerca. Lo stage è un importante valore aggiunto del Master in quanto permette di continuare la propria formazione in un ambiente lavorativo e rappresenta un accesso privilegiato al mondo del lavoro reso possibile dal network di contatti dell’Istituto FICLU. Le strutture che hanno dato disponibilità ad ospitare gli studenti dell'edizione 2013 sono 33, per un totale di 49 posti di stage. La quota di partecipazione è di € 2.900 + IVA. Per sostenere i partecipanti è previsto il conferimento di 2 borse di studio a copertura del 50% della quota di partecipazione. Inoltre, l’Istituto FICLU ha stipulato una convenzione con la Banca del Valdarno Credito Cooperativo, che garantisce la possibilità di accedere ad un prestito d’onore fino € 2.800, ottenibile senza presentazione di garanzie e restituibile in due anni a tasso zero. Tutti i partecipanti al Master Open Téchne avranno anche la possibilità di alloggiare presso il Collegio Universitario del Centro di GeoTecnologie ad un prezzo convenzionato; l’alloggio è gratuito per tutti coloro che accedono al Master con una votazione di laurea maggiore di 107/110. C'è tempo per iscriversi fino all'11 dicembre 2013. Maggiori informazioni sul sito web: www.istitutoficlu.org/open-techne-master/ Per informazioni: dr. Giulio Bigliardi, E-mail:bigliardi@istitutoficlu.org, Tel. 0559119479

INSIDDE, Terahertz e realtà aumentata per l'arte - INSIDDE (INtegration of technological Solutions for Imaging Detection and Digitization of hidden Elements in artworks) è un progetto finanziato dall'Unione Europea (Seventh Framework Programe FP7/2007-2013) dedicato alla conservazione di opere d'arte con tecnologie innovative. Il progetto, partito lo scorso gennaio verrà portato avanti fino al 2015 da un consorzio di ricerca di cui fanno parte diverse società e enti di ricerca e musei europei: Treelogic, Università di Oviedo, ITMA Material Technology, Technische Universiteit di Delft, 3DDynamics BVBA, CNR -INO, Regionalen Istoricheski Muzei Stara Zagora, Doerner Institute. L'obiettivo del progetto INSIDDE è quello di "svelare caratteristiche sconosciute" di opere d'arte quali strati di pittura nascosti, ridipinture, disegni preparatori, forma delle pennellate, sia in 2D e 3D per migliorare la condivisione delle conoscenze e l'accesso a modelli digitalizzati delle risorse culturali originali. Questo sarà possibile grazie alla tecnologia terahertz, alle tecniche di elaborazione delle immagini, e alla scansione in 3D ad alte prestazioni che costituiscono la base per lo sviluppo di una applicazione interattiva per smartphone basata sulla Realtà Aumentata da utilizzare nei musei e l'integrazione dei modelli digitali in Europeana. Queste le diverse fasi del progetto: 4Sviluppo di componenti ad alte prestazioni per la generazione efficiente e la rilevazione di segnali terahertz 4Sviluppo di spettroscopia terahertz imaging 2D e 3D per la digitalizzazione di opere d'arte 4Sviluppo di nuove tecniche per elaborare e analizzare le immagini terahertz per estrarre preziose informazioni di immagini terahertz ottenute sui dipinti 4Sviluppo e miglioramento delle tecniche e modifiche di impianti esistenti per una migliore modellazione di dipinti e opere d'arte in 3D 4Integrazione dei modelli digitali di opere d'arte in Europeana 4Sviluppo di una applicazione smartphone basato sulla realtà aumentata per i musei Ulteriori informazioni sul sito web del progetto: www.insidde-fp7.eu

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Culturali Tecnologie per i Beni Culturali

Nuovi musei fruibili in 3D - Il Museo della Scienza di Londra ha digitalizzato le storiche Gallerie sulla Navigazione, aperte nel 1963 e chiuse nel 2012, creando un modello 3D di ben 2 miliardi di punti. Utilizzando 275 scansioni laser delle gallerie, è stato così realizzato uno splendido modello virtuale di tutta l'esposizione. Il video ottenuto utilizza solo una parte dei dati acquisiti, il 10%, il restante verrà messo a disposizione del pubblico entro la fine dell'anno. Le Gallerie della Naviazione erano ospitate presso la collezione marittima del Museo fino al 2012, quando le gallerie sono state chiuse. Prima che i 1.800 oggetti esposti sono stati spostati nel deposito, è stato creato un modello 3D con una nuvola di punti dello spazio. Le gallerie contengono alcuni oggetti molto significativi, tra cui la prima turbina a gas marina del mondo. Questo motore del Metropolitan-Vickers 1947 è stato derivato da un jet in tempo di guerra e adattato ad un motore da cannoniera sperimentale. In mostra vi è anche il modello orginale dei costruttori della famosa Great Eastern, una volta la nave più grande del mondo. Questa grande nave, originariamente chiamata Leviathan e costruita sull'isola dei cani a Londra, è stato utilizzata per gettare il primo cavo telegrafico transatlantico di successo nel 1866. Fonte: www.sciencemuseum.org.uk

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ICCROM Forum on Conservation Science - Il 16 e 18 ottobre 2013 presso l'Istituto per la Grafica di Roma, più di 80 professionisti della conservazione, scienziati, educatori e dirigenti di tutto il mondo saranno impegnati in un'importante forum di discussione incentrato sul ruolo della scienza in aiuto alla conservazione del patrimonio culturale presente ed il futuro su scala globale. Questo evento è il culmine di un progetto di collaborazione che da due anni coinvolge 15 istituzioni partner in tutto il mondo ed è sostenuto una varietà di raccolta e analisi di dati che andranno ad alimentare i dibattiti del Forum. Questi includeranno le indagini di istituzioni e professionisti, analisi strategiche nazionali e regionali e di tendenze della letteratura di scienza della conservazione. Utilizzando le lezioni apprese dagli innovativi casi di studio, il Forum si propone di definire gli strumenti e gli approcci per anticipare le esigenze della conservazione del patrimonio culturale e sviluppare attività rilevanti e di grande impatto della scienza della conservazione. Per fornire nuove intuizioni e ispirazioni, all'inizio di ogni giornata, un tema chiave sarà assegnato da uno speaker proveniente da un campo al di fuori della conservazione del patrimonio culturale. A seguito di questo, l'incontro continuerà con piccoli gruppi di discussione ciascuno dedicato ad un aspetto particolare, un tema chiave per le connessioni tra conservazione, scienza e società. Il Forum è aperto a blogger che vogliono partecipare alle discussioni. Fonte: ICCROM

Al via il restauro della Nike di Samotracia - Sono iniziati i lavori di restauro della celebre scultura alata greca (II sec. a.C.) che ogni giorno accoglie migliaia di visitatori in cima alla scalinata monumentale Daru del Museo del Louvre a Parigi. L'operazione costerà ben 4 milioni di euro di cui tre donati da sponsor e uno che verrà ricavato mediante le donazioni di privati e imprese. L'iniziativa "tous mécènes" (tutti mecenati) vuole sensibilizzare i visitatori promuovendo il restauro mediante la raccolta crowfunding. E' possibile partecipare donando qualsiasi cifra direttamente sul sito dedicato www.louvresamothrace.fr; qui verranno anche caricati gli aggiornamenti sulle attività di restauro. Tutti i donatori che avranno effettuato una donazione maggiore ai 20€ riceveranno un invito ad ammirare l'opera restaurata. Per doni maggiori sono previste ulteriori visite eccezionali. L'intervento di restauro permetterà di migliorare l'assemblaggio del monumento e di pulire i differenti marmi utilizzati nella sua realizzazione (ben 23 blocchi). Il restauro servirà anche ad integrare qualche frammento attualmente conservato nei magazzini. Il Centro di ricerca e restauro dei Musei di Francia (C2RMF) interverrà per effettuare un programma di analisi scientifiche per ottenere più informazioni sullo stato di conservazione del monumento. L'insieme di tali operazioni verrà eseguito sotto il controllo di una commissione composta da esperti internazionali. Per l'occasione la statua verrà digitalizzata per creare un modello 3D completo che verrà utilizzato per applicazioni interattive ed internet. Fonte: Musée du Louvre

Annuciati i vincitori del concorso ARS - Si è da poco conclusa una fase decisiva di “ARS. Arte che realizza occupazione sociale”, il concorso della Fondazione Italiana Accenture che assegna risorse fino a un milione di euro al progetto che meglio saprà generare occupazione sociale sostenibile facendo leva sul patrimonio artistico italiano. Dal numero totale di proposte inviate attraverso la piattaforma digitale ideaTRE60, tra dicembre 2012 e maggio del 2013, oltre 500 sono passate al vaglio delle diverse giurie per le fasi successive del concorso, fino ad arrivare all’inizio di settembre alle 10 idee finaliste. Ecco i progetti selezionati: • "(h)all" presentato dall’Associazione Porto Arte di Barbara Fornasir, Guendalina Ciancimino e Irene Mursia; • "CULTIVARS" presentato dall’Associazione Orto di San Lorenzo; • "Discover Italy" presentato da Cesare Arietti; • "È tempo di una nuova Brera" presentato dall’Associazione Amici di Brera e dei Musei Milanesi; • "Favara Urban Network" presentato da Giovanni di Matteo; • "Il MU.SP.A.C. per la rinascita dell’Aquila" presentato dall'Associazione Culturale Quarto di San Giusta; • "Il Parco delle Mura di Verona" presentato dall'Associazione Legambiente Volontariato Verona con la collaborazione del Comitato per il Verde, della cooperativa sociale Il MaggioCiondolo, della Società di Mutuo Soccorso Porta Palio, della Fondazione Accademia di Belle Arti di Verona, della Cooperativa sociale la Fonte, dell'Associazione Forte Sofia e della cooperativa sociale CE.I.S. Verona; • "Pupi Siciliani: pitture, sculture e canovacci" presentato dal team capitanato da Lara Pastore Stocchi con la collaborazione di Marco Napoli e dell'Associazione Mangiacarte; • "TourismA" presentato dal team capitanato dal Touring Club Italiano con la collaborazione dell'Associazione Atlha onlus e dall'Associazione Mapability; • "Trame di Lunigiana" presentato dalla Fondazione Promo P.A. con la collaborazione di Sebastiano Peluso, della società Geographike, di Radio Papesse, di Florencetown, di Global Base Srl, dell' Associazione culturale Lo Spino Bianco e dell'Istituto per la valorizzazione dei castelli della Lunigiana. Il 28 ottobre verrà decretato il vincitore che otterrà il finanziamento in occasione di un evento dedicato che si terrà presso Palazzo Barberini a Roma. Fonte: Fondazione Italiana Accenture


AZIENDE E PRODOTTI

GS250 DI PARADOX UN SISTEMA SENZA FILI PER LA PROTEZIONE DELL'ARTE GS250 di PARADOX distribuito da DIAS è un rivelatore di movimento da interno senza fili che utilizza la tecnologia avanzata accelerometrica a tre assi (X, Y e Z) con sofisticato algoritmo software per una rilevazione sicura. Di dimensioni estremamente ridotte (mm 75x27x7) e quindi facilmente occultabile alla vista, quando viene fissato a un oggetto da proteggere, quale un quadro o un vaso, attiva un allarme che scatta a ogni rimozione o spostamento dell’oggetto. La possibilità di regolare la sensibilità permette di realizzare la migliore protezione per ogni singolo oggetto e per ogni installazione. Le impostazioni possono essere effettuate per alta sicurezza (movimenti da 1 a 3 secondi) o sicurezza standard (movimenti da 3 a 5 secondi). Inoltre, si possono aggiungere fino a 4 secondi per ciascuna impostazione di sensibilità. GS250 offre una doppia protezione: antimanomissione, per l’apertura del coperchio del rivelatore, e antirimozione dell’oggetto protetto, se viene spostato impropriamente. Ogni volta che viene inserita la batteria (avviamento), o quando si apre il coperchio, GS250 entra in modalità prova, per uscirne dopo circa 15 minuti, o dopo un periodo di 5 minuti senza alcun movimento. Il rivelatore GS250 offre anche la modalità di risparmio energetico: se due allarmi consecutivi avvengono entro un periodo di 5 minuti l’uno dall’altro, il rivelatore entra in questa modalità per un periodo di 3 minuti. Tutte queste caratteristiche fanno del rivelatore GS250 la soluzione ideale e più innovativa per la protezione di quadri, oggetti antichi e collezioni di valore, ma anche di casseforti, apparecchiature elettroniche e pannelli solari. Il rivelatore GS250 è particolarmente adatto per la protezione delle collezioni museali per l’altissima affidabilità unita ai vantaggi della tecnologia senza fili, indispensabile in tutte quelle situazioni in cui la protezione delle opere non può avvenire tramite soluzioni cablate. La tecnologia senza fili e le dimensioni estremamente ridotte del dispositivo permettono di non compromettere in alcun modo l’estetica degli ambienti e delle opere d’arte, tanto che nemmeno il visitatore più attento potrebbe accorgersi della presenza di GS250. Questo dispositivo si rivela una soluzione vincente per la protezione delle opere esposte nei musei anche dal punto di vista economico. Soprattutto nel caso delle esposizioni temporanee, l’utilizzo di GS250 permette di contenere enormemente i costi della messa in sicurezza perché ciascun rivelatore si adatta perfettamente a tutte le opere da proteggere - siano esse sculture, dipinti, ceramiche, vetri o reperti archeologici - e può quindi essere utilizzato di volta in volta per tutte le mostre, attraverso una semplice e veloce installazione. Fonte: DIAS (www.dias.it)

MOBILE LAB, IL SISTEMA DI DIAGNOSTICA PER IL RESTAURO FIRMATO IBIX Mobile Lab è un laboratorio portatile che apre ai professionisti le porte della diagnosi delle superfici direttamente sul luogo dei lavori. Un’innovazione di grande rilevanza utile da un lato nella professionalizzazione degli operatori che agiscono direttamente in cantiere, che vengono dotati di uno strumento versatile in grado di renderli protagonisti della parte diagnostica del lavoro, e dall’altro per la possibilità di

oltrepassare i lunghi tempi di laboratorio con test pratici e veloci da svolgere sul luogo dei lavori. Varie le applicazioni del Lab che comprendono un sistema completo di analisi di laboratorio: prelievo di campioni in situ, analisi delle superfici al microscopio ottico, analisi colorimetriche e spettrofotometriche in riflettanza, prove di assorbimento acqua a bassa pressione, misura dell’umidità con metodo ponderale, analisi dei Sali solubili, analisi qualitativa di solfati, nitrati e cloruri; misura dei parametri ambientali. Uno specifico software ha poi il compito di guidare tutte le operazioni e fornisce riscontri oggettivi in grado di orientare l’opera dei restauratori. Senza necessariamente sostituire le analisi di laboratorio il Lab può affiancarle efficacemente offrendo le migliore soluzioni per la preparazione di campioni seguendo le procedure standard riconosciute a livello internazionale e di calcolare in modo autonomo i costi delle indagini da effettuare. Infine, la funzione “stampa report” integrata nel software permette la creazione di un pdf con un’esaustiva relazione tecnica. Il report è costituito dai risultati di tutte le analisi effettuate sotto forma di tabelle e grafici completi di riferimenti normativi, condizioni di prova, immagini per la localizzazione dei punti di prelievo e guida alla lettura. Lo strumento ha già conquistato importanti referenze in tutto il mondo. Fonte: IBIX (www.ibix.it)

ARCHEODIGITAL A LUBEC 2013 ArcheoDigital® Srls, giovane società impegnata nella documentazione e valorizzazione del Patrimonio Culturale attraverso le nuove tecnologie digitali, parteciperà alla IX edizione di LuBeC “Lucca Beni Culturali”, manifestazione di eccellenza nell’ambito dell’hi-tech per i BB.CC. Chi parteciperà alla manifestazione potrà visitare lo stand e scoprire alcune applicazioni di realtà virtuale finalizzate alla realizzazione della sua mission, prodotte con alto rigore scientifico e con la passione che accompagna l'impegno attivo della società nella cultura. ArcheoDigital lavora con l'obiettivo di utilizzare le nuove tecnologie per la scienza, la didattica e la comunicazione avanzata e si avvale delle più moderne applicazioni per creare contenuti di alto profilo scientifico in grado di fornire al pubblico ed agli studiosi esperienze di fruizione ed apprendimento in linea con un mondo digitalizzato. ArcheoDigital vi aspetta a Lucca il 17-18 ottobre 2013. Fonte: ArcheoDigital (www.archeodigital.it)

GEA, UNA NUOVA SOLUZIONE PER LA MISURA DI VIBRAZIONI IN AMBITO CIVILE Nello strumento, oltre alla sensoristica triassiale MEMS a basso rumore di fondo, sono integrate l’elettronica per l’alimentazione ed il condizionamento del segnale in ingresso e la conversione digitale. Il GEA è stato sviluppato in conformità alla UNI

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Tecnologie per per ii Beni Beni Culturali Culturali Tecnologie

9916 e DIN 4150-3 per la valutazione del danno strutturale degli edifici a seguito di esposizione alle vibrazioni. I vantaggi del GEA, rispetto alle soluzioni tradizionali presenti sul mercato sono: 4trasmissione dei dati direttamente al PC, ove risiede il software per l’elaborazione, chiamato GEALab, senza la necessità di hardware aggiuntivi come sistemi di acquisizione; 4possibilità di collegare più sensori contemporaneamente per il monitoraggio di più punti, senza dover comprare un nuovo sistema di acquisizione con più canali; 4possibilità di essere usato sia per indagini in giornata sia per lunghi monitoraggi in palazzi o cantieri; 4i cavi di collegamento sono molto meno costosi dei cavi tradizionali utilizzati con i sensori analogici in quanto è superata la necessità di una elevata schermatura da disturbi elettromagnetici; 4la sensoristica MEMS, in grado di leggere anche le componenti continue dell’accelerazione, consente il livellamento elettronico del sensore, evitando la fastidiosa necessità di mettere in “bolla” manualmente il sensore; 4invio automatico di e-mail in caso di superamento delle soglie previste; 4check dello stato del sistema ogni giorno e invio automatico di e-mail ogni qualvolta si verifica un problema, come ad esempio la disconnessione di un sensore. Il Kit base del GEA comprende il sensore, il software dedicato, un cavo standard di 3 metri, piastra e piedini per l’installazione, un certificato di calibrazione e una valigia standard antiurto. Queste caratteristiche rendono la soluzione unica nel settore, consentendo vantaggi in termini di costi, ottimizzazione delle tempistiche nella fase di preparazione ed esecuzione delle misure, flessibilità e scalabilità della soluzione. Fonte: Sequoia (www.sequoia.it)

UN SISTEMA PROFESSIONALE PER ALLESTITORI E SYSTEM INTEGRATORS DEL SETTORE MUSEALE Next.Pro è un eccezionale sistema sviluppato da Vimage per rendere facilmente interattivi vari tipi di superfici di visualizzazione tra le quali: videoproiezioni, displays, ledwalls. Si tratta di una soluzione unica e potente destinata al pubblico di professionisti dell’audiovisivo e del multimediale. Questo innovativo strumento si rivolge a installatori, system integrators, allestitori alla ricerca di una soluzione flessibile ed affidabile per trasformare qualsiasi superficie in un’area interattiva ed offrire così ai visitatori museali delle soluzioni di comunicazione e design interattivo di alto valore, impatto e dinamicità. Il prodotto si compone di elementi hardware e software: 4Sensore Vimage IMUV 4Mediaserver Vimage embedded 4Software per la gestione e creazione di scenari interattivi predefiniti Il sistema può essere interfacciato a proiettori, displays, videowall e altre tecnologie di visualizzazione per una fruizione dinamica e interattiva dei contenuti multimediali. Esistono numerosi contenuti standard, ma è anche possibile richiedere il servizio di sviluppo e personalizzazione degli scenari digitali

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interattivi in base alle necessità comunicative del singolo contesto. I professionisti che scelgono Next.Pro avranno così la possibilità di plasmare contesti multimediali interattivi altamente differenti e rispondere alle più variegate necessità di design e comunicazione richieste dal mondo culturale. Sapranno pertanto rispondere alle richieste di supporti innovativi di edutainment e didattica interattiva, secondo le più recenti tendenze del settore culturale. Cosa è possibile realizzare con Next.Pro: proiezioni interattive a pavimento, a parete, su superfici rialzate, giochi interattivi su display o videowall, banconi interattivi e molto altro… Fonte: Vimage (www.vimage.it)

DIAGNOSTICA STORICO ARTISTICA E FRUIZIONE: UN CONNUBIO INSPERATO PER UN ZANDOMENIGHI (?) A PALERMO La mostra “Il Museo tra storia e costume. Opere dai depositi” realizzata dal Comune di Palermo in collaborazione con Civita Sicilia, a cura di Antonella Purpura e di Fernando Mazzocca - espone un cospicuo numero di opere provenienti dai depositi della Galleria d'Arte Moderna normalmente non visibili al pubblico. Il percorso proposto attraversa la storia dell'arte dell'Ottocento e del Novecento in Sicilia e in Italia. L’evento ha fornito l’occasione, attraverso il supporto della Fondazione Salvare Palermo, per condurre interventi conservativi su alcune delle opere custodite nei depositi. Inoltre, su uno dei dipinti restaurati e presentati lungo il percorso espositivo, la società di servizi diagnostici per l'arte S.T.Art-Test di S. Schiavone & C. - sta portando avanti una campagna diagnostica volta all’attribuzione e alla datazione di un’opera tuttora oggetto di dibattito e approfondimento scientifico. Si tratta del Ritratto di Domenico Galati di Riella, un dipinto su tela finora attribuito a Federico Zandomeneghi sottoposto oggi a uno studio scientifico e storico-artistico che restituirà preziose informazioni per la conoscenza della tecnica pittorica, dei materiali originali e di restauro, dello stato di conservazione della superficie dipinta e per la comprensione delle iscrizioni presenti sullo sfondo del ritratto, giustapposte in periodi differenti della vita dell’opera, che fanno riferimento a più circostante, date e luoghi. Le indagini scientifiche, in particolare attraverso differenti tecniche di imaging diagnostico, eseguite sia prima che subito dopo l’assottigliamento della vernice durante l’intervento di restauro ad opera di Franco Fazzio, forniranno un importante supporto agli storici dell’arte e potranno, quindi, contribuire presto alla completa conoscenza del dipinto, confermando eventualmente l’ipotesi che ad oggi lo attribuisce al pittore veneto. Gli studi in corso, i cui risultati saranno presentati nel prossimo autunno, confermano quanto la correlazione tra gli aspetti scientifici e fruizione, meno diffusa rispetto a quella sempre più finalmente accettata tra analisi diagnostica e intervento di restauro, si avvalori in maniera sempre più chiara anche nell’accrescere la curiosità per l’opera stessa e per il suo contesto. Fonte: Start-Test (www.start-test.it)


GUEST PAPER

The Analysis, Identification and Treatment of an Amber Artifact by Niccolo Caldararo, Jena Hirschbein, Pete Palmer, Heather Shepard

This study describes the identification and treatment of an amber necklace, which came into the conservation lab of Conservation Art Service, with an opaque bloom caused by a previous cleaning with a household ammonia cleanser. This paper also includes an overview of amber and its historical use, methods to definitively identify amber, and the identification and treatment of this particular object using infrared spectroscopy.

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mber is a fossilized tree resin, formed through a complex series of steps over millions of years. Its chemical composition varies depending on the origin of the resin, but Baltic amber is synonymous with the chemical name butanedioic acid (C4H6O4), more commonly known as succinic acid, Beck, 1986. Although roughly 80% of all amber samples are Baltic amber, there are other types of amber, not all of which contain succinic acid. It has been theorized that succinic acid may not be contained in the original amber material, and that it may be formed as a product of the aging process through a transition state byproduct, the abietic acid (C20H30O2) (Rottlander, 1970). Amber objects have been treated with a variety of materials to repair damage or clarify abrasions and imperfections. Few records exist of most of these treatments and few treatments have been published (Beck, 1982). DEFINITIONS AND HISTORY Amber has a very rich history of varied uses. It is easily carved and polished, which has made it popular for jewelry and decorative artifacts and a common find at archaeological sites. It was also used medicinally in classical times. The oil of amber has a pleasant, musky scent, and is still used today as a perfume. A more solid resinous stage of the aging process of amber provides the resin that dresses the bow hairs of stringed instruments throughout history and through today. Amber can vary in color from a clear light yellow to a deep red. Samples can also have many inclusions, such as air bubbles, insects, and (in some very rare occasions) vertebrates. Many important scientific and anthropological discoveries resulted from the trapping of insects or animals in amber, allowing them to be preserved for modern study. Amber is rarely formed without impurities, either in the form of inclusions or in the form of fractures or stress lines. The majority of amber samples today are thought to have come from several different source trees, all of which are believed to be extinct today (Beck, 1986). In fact, there are only two types of trees living that produce a resin capable of becoming amber: the Kauri pine and the legume Hymenaea (Ross, 1998). Amber forms when the exuded resin of such trees hardens and the volatile components dissipate, allowing the resin to polymerize into copal, which is the intermediate stage of polymerization between “gummy

resin� and amber. The copal is then incorporated into the earth, where it continues to polymerize and release volatile compounds until it is completely inert, at which point the transformation into amber is complete (Ross, 1998). Amber that we find today was exuded millions of years ago from the early Cretaceous Period (145-65 million years ago) to the Miocene Period (23-5 million years ago) (Thickett, 1995) and from trees located in many regions around modern-day Europe and the Dominican Republic. The trees in different regions were distinct enough to have recognizable characteristics in the resin they exuded, and thus have chemical differences in their amber forms. The identification of amber is difficult, particularly when one tries to define its provenance, which is important for investigating trade routes in ancient settlements. Sophisticated analytical methods have been developed to distinguish Baltic amber, which contains succinic acid, from other types such as Sicilian or Dominican amber and imitations like Bakelite (a thermoplastic). These analytical methods include Raman and Infrared Spectroscopy, which can recognize the characteristic frequencies at which molecules vibrate to identify specific chemical forms in these materials. These methods are described in more detail below. Establishing the age of amber can be difficult as well. This is usually estimated from the age of the fossils and sediment deposits found within the sample. Unfortunately, the amber may not have originated at the site where it is found and may have ended up there after a series of erosions. In such cases, dating the amber from the surrounding materials is compromised (Ross, 1998). As such, though the age of the resin is important for dating the species of inclusions trapped inside the amber as it hardened, a method has not yet been confirmed reliable to pinpoint the date of formation. IDENTIFYING AMBER As a polymerized resin with many components, amber is difficult to identify. Different tests have been developed to address this problem. Some are more traditional and/ or invasive and can be performed with common household materials, while others are more technical and require access to sophisticated equipment. As amber contains a complex combination of organic molecules that vary from region to region, it is very difficult to identify amber with

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Tecnologie per i Beni Culturali a high degree of confidence using only one method. Typically, a combination of analytical techniques is employed to distinguish between amber and other synthetic natural resins. For example, it is relatively easy to differentiate between synthetics, copal, non-Baltic, and Baltic amber if the analyst can use a combination of analytical techniques.

Tab. 1 – List of traditional and instrumental methods to identify amber.

TRADITIONAL IDENTIFICATION METHODS The following list includes techniques that have proved effective in identifying amber. Some of these are more traditional methods and therefore require little in the way of specialized equipment or chemicals. By their very nature, however, these traditional methods are more limited, are highly invasive, and may be unreliable for a positive identification. Depending on the sample, it may be helpful to use either a combination of traditional methods, or to focus specifically on the noninvasive methods that do not damage the artifact. One might argue that many of these could be seen today as outdated and as inappropriate. 1. Ultraviolet (UV) light test (highly invasive): Expose a freshly cut sample to UV light. Baltic amber (succinite) produces visible fluorescence if the sample has been cut recently1.Non-Baltic amber, copal, bakelite, and synthetic plastics will not fluoresce. (Mills and White, 1987) 2. Hot needle test (highly invasive): Apply a hot needle to an inconspicuous test area. If the needle enters the sample easily and gives off an acrid odor, the sample is a synthetic substance such as bakelite. If the needle enters easily but gives off a sweet odor, this indicates copal. If the sample offers resistance (the needle is difficult to push into the sample) and gives off a sweet smell, this indicates amber. 3. Static electricity test (noninvasive): Rub the sample with a wool cloth and hold it next to small strips of paper. Amber and bakelite develop a charge and will draw the paper to them; copal and most synthetic imitation amber will not (Beck 1982, Dahlstrom 1996). 4. Knife test (highly invasive): Cut an inconspicuous test area with a sharp tool such as a scalpel. Amber and copal crumble, bakelite will produce larger splinters (Dahlstrom and Bronst, 1996), and plastics should cut more easily. 5. Melting point test (moderately invasive): The expected melting point of amber is 287-300°C (Stout et al. 1995). The melting point of copal is slightly lower, while bakelite is expected to decompose without passing through a liquid phase (Beck, 1982). 6. Solvent tests (moderately invasive): The solvents used

47 (acetone, diacetone alcohol, turpentine and trichloroethylene) should be chosen based on their known solubility effects on amber and its imitations (Stout et al. 1995, Anon. 1937). For instance, because copal is not fossilized (i.e., completely polymerized and cross linked), it is soluble in acetone, while the others are not (Poinar and Poinar, 1999 p.192). Beck (1982) also suggests the moistening of broken amber surfaces with potassium hydroxide and pressing them together as both a repair method and a means of authenticating amber. 7. Density test (noninvasive): Determine the mass of the sample and the volume of the water it displaces. The density of the sample is its mass divided by its volume. This technique is only truly useful if there are not many inclusions in the sample. The recorded value for the density of amber is 1.058-1.096 g/mL (Stout et al., 1995). These methods were applied to our amber artifact after discussion with the owner. The UV test indicated Baltic amber. Our sample produced static electricity when rubbed. Solvent tests indicated Baltic amber. Density and specific gravity tests indicated Baltic amber also. None of the destructive tests were undertaken as they seemed subjective given the non-destructive methods available. It was decided to reserve destructive testing for IR. AMBER IDENTIFICATION BY INSTRUMENTAL METHODS INSTRUMENTAL METHODS TO IDENTIFY AMBER A number of more sophisticated instrument-based methods have been used to identify amber. These are predominantly based on the use of Fourier Transform Infrared spectroscopy (FTIR) (Poiner and Poiner 1999; Angelini et al 2005; Shashova et al 2006; Guilianoa et al 2007; Zhu and Xing 2008, Teodor et al 2009; Wolfe et al 2009;), although some investigators have also used FTIR in conjunction with Gas Chromatography/Mass Spectrometry (GC/MS) (Virgolici et al 2010; Shedrinsky et al 2004) and Raman spectroscopy (Teodor et al 2010). Advantages of these methods are that they are more accurate, provide more information about the artifact, and are some less invasive and some can be noninvasive. The major disadvantage is that they usually require much more expensive equipment, involve complex data analysis, and are typically inaccessible to many researchers. For those who have access to such tools, however, these methods are superior and preferable. So far, these techniques can distinguish amber from synthetic imitations, and can differentiate Baltic amber from amber of other origins. A variety of claims of origin have been made, especially regarding the use of X-ray diffraction (Frondel, 1968). Though more recently, IR techniques were shown to identify the provenance of the amber beyond the basic Baltic/Non-Baltic distinction (Shashoua, et al. 2006). FTIR: Grind a small (~50 micrograms) amount of sample, mix with KBr to prepare a pellet, and record an IR spectrum of the sample in the region of 4000-400 cm-1. The most relevant area is between 1300 and 800 cm-1. Baltic amber has a characteristic horizontal shelf or shoulder in the IR spectrum between 1250 and 1175 cm-1, followed by a sharp peak between 1160 and 1150 cm-1 (Beck, et al. 1965 : 103). This peak has been associated with the spectrum of diethyl succinate, the ester of succinic acid (Beck and Langenheim 1965 : 52-3). While succinic acid is found in more than just Baltic amber and can be the result of an aging process (Rottlander, 1979b in Beck 1986), Baltic amber will always contain succinic acid (Beck 1986 p.74). For this reason, FTIR is not effective at differentiating between different types of non-Baltic amber except in the context constructed by Shashoua, et al., 2006.


FTIR is currently the most accurate and cost-effective method for identifying amber. FTIR instruments are fairly accessible (standard equipment in most academic chemistry departments), and Beck and his colleagues at the Amber Research Institute have provided numerous reference IR spectra of different types of amber (Personal Communications). However, FTIR methods are not foolproof and early work was often confused by the fact that impurities can interfere with the spectrum and produce biased results (Beck et al. 1965: 108). Improvement of FTIR techniques has reduced some problems that plagued results in the 60s and 1970s. (Teodor, et al., 2009). Amber fakes, especially those where the amber is true and the inclusion is false, will not show up as false based solely on FTIR results. Conservation treatments performed on amber to prevent degradation have been particularly detrimental to future identification (Beck 1982: 106). Amber is vulnerable to environmental decay such as oxidation, the exposure of the sample to oxygen and light (Beck 1982; Beck et al. 1971). In the past, methods used to prevent this process, such as applying a coat of wax or synthetic resin, were invasive and contaminated the sample. These “signatures” of preservation methods show up in IR spectra and often complicate the identification of amber (Beck et al. 1971: 236). Currently, the preservation of amber today involves creating a non-oxidizing environment, with a consistent temperature and relative humidity, and minimal exposure to light. Treatments have included having samples immersed in water with various preservatives (Beck 1982: 105). More recently, they have been embedded in bio-plastics (Poinar and Poinar 1999: 191) or paraffin, which do not absorb in the crucial Baltic amber region (Beck 1982 : 106). Amber oil has been used to produce possible fakes to fool instrumentation as well as restoration effects (Beck, 1982). THE AMBER NECKLACE: ITS TREATMENT The amber necklace (Figure 1) contained a number of individual pieces of amber that were rounded, varying greatly in size and shape, and had been bored into to create a passage for stringing. The amber necklace (Figure 1) contained a number of individual pieces of amber that had these holes for stringing. They uniformly displayed a haze or cloudy nature on the surface. This was presented to us as the result of an earlier attempt to clean dirt off the surface. Some minor scratches appeared on the individual pieces and obvious areas of wear or abrasion. Materials and Methods Treating the sample in question required first authenticating and proving its general origin. With respect to the sample’s integrity, a small amount of amber material was taken for FTIR analysis causing as little damage as possible to a discreet area of the necklace, from the area near the hole for stringing. This sample was ground down using an agate mortar and pestle. Several samples were prepared using both KBr pellet and nujol mull sample preparation methods in order to obtain a useful IR spectra. The analysis was performed on an Nicolet model DXB FTIR instrument running OMNIC software in the Department of Chemistry and Biochemistry at San Francisco State University. RESULTS After comparing the samples prepared with KBr pellet and nujol mull, a good IR spectrum was obtained using a KBr pellet. The sample was identified positively as Baltic amber. As the literature predicted, identification was confirmed by the broad absorption around 3450 cm1 indicating the presence of carboxylic acid of succinic acid (Chart1).

THE PROOF OF GENERALORIGIN was provided by the “Baltic shelf” between 1250-1175 cm1, followed by a sharp peak between 1160 and 1150 cm1. The IR spectrum also shows the presence of both water and carbon dioxide, as evidenced by H2O peaks above 3600 cm1 and between 1500 and 1600 cm1, and CO2 peaks around 2350 cm1. These substances are present in the air background of the sample cell of the FTIR instrument, and did not adversely effect the positive identification of the sample as Baltic amber. IR spectrum of suspected amber sample in the form of a KBr pellet. Note the broad absorption around 3450 cm-1 indicating the presence of the carboxylic acid of succinic acid.. CONSERVATION TREATMENT Mitigating the opaque bloom of the sample proved difficult to research. The literature available on the treatment of amber is very limited, and most available articles do not discuss thorough treatment options, but rather are limited to housing, consolidation and documentation of amber samples. Thickett and his colleagues wrote a comprehensive article on amber conservation that focuses on consolidation and investigates the properties of various consolidants, including age testing, solubility, and interference with FTIR (Thickett 1995). They also discuss retreatability of materials in consideration of analysis such as IR. The success of treatment and retreatment depends on the durability of a treatment and materials used need to be monitored over time (Caldararo, 1997). In the case of our treatment, the owner reports no change. Solvent testing was performed on the sample to the end of developing a cleaning methodology, using acetone, diethyl ether and ethanol (Stout, et al., 1995). These solvents had little mitigating effect on the blooming issue. After a suggestion from amber scholar Curt Beck, a dilute solution of 1% hydrochloric acid was tested and proved effective and safe to the amber. This method was used to resolve the blooming using a cotton swab under magnification. CONCLUSION The sample in question has been confirmed by FTIR as Baltic Amber. The Amber Research Institute and Curt Beck have provided very helpful references for IR spectra of amber and related materials against which, an expected and confirmed identity of the sample were measured. However, if the sample had been any other type of amber besides Baltic, it would have proved more difficult to narrow the results. Now that FTIR is more available to researchers, more testing of amber and related materials such as thermoplastics and copal will only provide researchers with better tools and information. Furthermore, the availability of FTIR technology should allow researchers to avoid older

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49 ACKNOWLEDGEMENTS A special thank you to Curt Beck for his time, information and expertise, as well as IR spectra used as references in testing. Thanks to Assistant Professor Andrew Ichimura for assistance in testing amber samples at San Francisco State University, and to. References

IR spectrum of suspected amber sample in the form of a KBr pellet. Note the broad absorption around 3450 cm-1 indicating the presence of the carboxylic acid of succinic acid..

and more invasive testing methods. Figure 2 Shows the “after” condition of the segments of the necklace. The central purpose of this paper is to report the results of evaluations of methods in the literature for addressing problems with the appearance of amber. The ability of conservators to extract information from earlier studies, both in terms of treatments (given the variation of material treated and reagents used and operator skill) can be useful in treatment outcome. Comparison of numerous results of samples provides a background to understand amber variation and may help establish a foundation for distinguishing not only amber origin in geographic terms, but also variation in aging, inclusion effects and composition. The means of using the literature for designing treatments has been discussed in regards to other objects (Caldararo, 2008). Such evaluations should become more common so that practitioners can be confident that current methods are not unique outcomes but reflect the body of knowledge of the field. Abstract

This study describes the identification and treatment of an amber necklace, which came into the conservation lab of Conservation Art Service, with an opaque bloom caused by a previous cleaning with a household ammonia cleanser. There was no information given its origin available from the owner. Prior to the conservation intervention, it is accepted practice to identify correctly the material the beads were made of and, depending on the results, research the past treatment of the amber to identify the most appropriate means to remove the opaque bloom. A review of the literature of both the amber conservation treatments and identification of false amber indicated little useful published work on these topics in conservation journals, particularly in the form of a single, comprehensive review. Treatment and retreatment issues have become a significant subject in conservation in the past two decades (Caldararo, 1997; Caple, 2000). The goals of treatment or “no treatment,” must be clearly discovered and developed in each case. This prompted us to assemble a list of relevant articles on various methods for testing and identifying amber. This paper also includes an overview of amber and its historical use, methods to definitively identify amber, and the identification and treatment of this particular object using infrared spectroscopy.

Keywords

conservation;

Author

FTIR; amber

Niccolo Caldararo, Department of Anthropology, San Francisco State University Jena Hirschbein, Antonetti Fine Arts Conservation Pete Palmer, Department of Chemistry & Biochemistry, San Francisco State University; Heather Shepard, Conservation Art Service

[1] Anon. 1937. Trial Data on Painting Materials-Mediums, Adhesives and Film Substances, Technical Studies in the Field of the Fine Arts, 6, p. 116. [2] Angelini, I., Bellintani, P. 2005. Archaeological Ambers From Northern Italy: An Ftir–Drift Study Of Provenance By Comparison With The Geological Amber Database, Archaeometry, 47, 441–454. [3] Beck, Curt. 1982. “Authentication and Conservation of Amber: Conflict of Interest,” Science and Technology in the Service of Conservation, Preprints of the Contribution to the Washington Congress, pp. 104-107. [4] Beck, C. W. 1986. Spectroscopic Investigations of Amber. Applied Spectroscopy Reviews, 22, 57-110. [5] Beck, Curt W., Audrey Adams, Gretchen Southard, and Constance Fellows. 1971 “Determination of the Origin of Greek Amber Artifacts by Computer Classification of Infrared Spectra.” Science and Archaeology, (ed. R.H. Brill) Cambridge, MA, pp. 235-240. [6] Beck, Curt W., Langenheim, Jean. 1965. “Infrared Spectra as a Means of Determining Botanical Sources of Amber,” Science, 149, 52-5. [7] Beck, Curt W., Wilbur, E., Meret, S., Kossove, D., Kermani, K.. 1965 “The Infrared Spectra of Amber and the Identification of Baltic Amber.” Archaeometry, 8, 96-109. 8. Caldararo, Niccolo, 1997 “Conservation treatments of paintings on ceramic and glass: two case studies,” Studies in Conservation, v. 42, n. pp. 157-164. 9. Caple, Chris, Conservation Skills: Judgement, Method and Decision Making, London, Routledge, 2000. [10] Dahlstrom, A., Bronst, L. 1996. The Amber Book, trans. By Leijonhufvud, Jonas, Geoscience Press, Tucson, AZ. [11] Galletti, G.C., Mazzeo, R. 1993. Pyrolysis/ Gas Chromatography/ Mass Spectrometry and Fourier-transform Infrared Spectroscopy of Amber. Rapid Communications in Mass Spectrometry, 7, 646-650. [12] Grimaldi, D. 1993. The Care and Study of Fossiliferous Amber. Curator, 36, pp. 31-49. [13] Grimaldi, D., Shedrinsky, A., Ross, A., Baer, N. S. 1994. Forgeries of Fossils in “Amber”: History, Identification, and Case Studies. Curator, 37, 251-274. [14] Guilianoa, Michel, Asiaa, Laurence, Onoratinib, Gérard, Millea, Gilbert. 2007. Applications of Diamond Crystal ATR FTIR Spectroscopy to the Characterization of Ambers, Spectrochimica Acta Part A: Molecular and Biomolecular Spectroscopy, 67, 1407–1411. [15] Mills, J.S., White, R. 1987. The Organic Chemistry of Museum Objects, Butterworths, London. [16] Poinar Jr., George, Poinar, Roberta. 1999. The Amber Forest, Princeton University Press, New Jersey. [17] Poinar, George O., Mastalerz, M. 2000. Taphonomy of Fossilized Resins: Determining the Biostratinomy of Amber, Acta Geologica Hispanica, 35, 171-182. [18] Ross, Andrew. 1998. Amber, Harvard University Press, Cambridge, MA. 19. Rottlander, R.C.A., 1970, “Formation of amber from Pinus resin,” Archaeometry, 35-52. 20 Shashoua, Yvonne, Berthelsen, Mai-Britt Lund Degn, Nielsen, Ole Faurskov. 2006. Raman and ATR-FTIR Spectroscopies Applied to the Conservation of Archaeological Baltic Amber, Journal of Raman Spectroscopy, 37, 1221–1227. 21 Shedrinsky, A.M., Wampler, T.P., Chugunov, K.V. 2004. The Examination of Amber Beads from the Collection of the State Hermitage Museum found in Arzhan-2 Burial Memorial Site, Journal of Analytical and Applied Pyrolysis, 71, 69–81. 22. Stout, E.C., Beck, C., Kosmowska-Ceranowicz, B. “Gedanite and Gedano-Succinite,” in Amber, Resinite and Fossil Resins, ed. K. B. Anderson and J. C. Crelling, ACS Symposium Series 617, American Chemical Society, Washington D.C., 1995, pp. 130-148. 23 Teodor, Eugenia D., Liţescu, Simona C., Neacşu, Antonela, Truică, Georgiana, Albu, Camelia. 2009. Analytical Methods to Differentiate Romanian Amber and Baltic Amber for Archaeological Applications, Central European Journal Of Chemistry, 7, 560-568. 24] Teodor, E.S., Teodor, E.D., Virgolici, M., Manea, M.M., Truică, G., Liţescu, S.C. 2010. Non-Destructive Analysis of Amber Artefacts from the Prehistoric Cioclovina Hoard (Romania), Journal of Archaeological Science, 37, 2386–2396. 25 Thickett, D., Cruickshank, P., Ward, C. 1995. The Conservation of Amber, Studies in Conservation, 40, 217-226. 26 Vîrgolici, Marian, Petroviciu, Irina, Teodor, Eugenia, Liţescu, Simona, Manea, Mihaela, Ponta, Corneliu, Niculescu, Gheorghe, Sârbu, Costel, Medvedovici, Andrei. 2010. TD/CGC/MS and FT-IR Characterization of Archaeological Amber Artefacts from Romanian Collections (Roman age), Revue Roumaine de Chimie, 55, 349-355 27 Wolfe, Alexander, Tappert, P., Muehlenbachs, Ralf, Boudreau, Karlis, McKellar, Marc, Basinger, Ryan C., Garrett, James F. 2009. A New Proposal Concerning the Botanical Origin of Baltic Amber, Proc. R. Soc. B7 , 276, 3403-3412. 28 Zhu, Li,Xing, Ying-ying. 2008. Infrared Absorption Spectrum Representation of Amber and Its Imitation, Journal of Gems and Gemmology, 283, 619. 29. Caldararo, Niccolo, “Restoring Ansel Adams,” Topics in Photographic Preservation, v. 13, 2009:242-262.


EVENTI 2 - 5 SETTEMBRE 2013 Lisbona 10th International Conference on Preservation of Digital Objects iPRES2013 Web: http://ipres2013.ist.utl.pt/index.html 2 - 6 SETTEMBRE 2013 Ljubljana 7th International Congress on the Application of Raman Spectroscopy in Art and Archaeology (RAA 2013) Web: http://raa13.zvkds.si/ 2 - 6 SETTEMBRE 2013 Strasburgo CIPA 2013 Symposium: Recording, Documentation and Cooperation for Cultural Heritage Web: www.cipa2013.org 8 - 13 SETTEMBRE 2013 Namur Ecaart - 11th European Conference on Accelerators in Applied Research and Technology Web: www.ecaart-11.be 23 - 27 SETTEMBRE 2013 Amsterdam Technart 2013 Web: www.rijksmuseum.nl/technart-2013

25 - 28 SETTEMBRE 2013 Delphi Virtual Archaeology Web: http://vamct13.syros.aegean.gr 10 -12 OTTOBRE 2013 Bologna Lo Stato dell'arte 11 - Congresso annuale IGIIC Web: www.igiic.org 17 - 19 OTTOBRE 2013 Lucca Lu.Be.C. Lucca Beni Culturali 2013 Web: www.lubec.it 28 OTTOBRE - 1 NOVEMBRE 2013 Marsiglia Digital Heritage 2013 Web: www.digitalheritage2013.org

14 - 17 NOVEMBRE 2013 Paestum XVI Borsa Mediterranea del Turismo Archeologico Web: www.bmta.it 27 - 29 NOVEMBRE 2013 Venezia NanotechItaly 2013 Web: www.nanotechitaly.it 12 - 13 DICEMBRE 2013 Napoli IV Convegno Internazionale Diagnosis of Cultural Heritage Web: www.diagnosisculturalheritage.com

11 - 13 NOVEMBRE 2013 Vienna 18th International Conference on Cultural Heritage and New Technologies (CHNT) Web: www.stadarchaeologie.at 11 - 13 NOVEMBRE 2013 Antalya ISPRS Workshop Laser Scanning 2013 Web: www.cirgeo.unipd.it/laserscanning2013

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