la Gazzetta 16 ottobre 2013

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CresCentino

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Inaugurato mercoledì sul sito ex Teksid l’impianto Beta Renewables di produzione di etanolo da biomasse e di energia elettrica

Finita la festa, ora vediamo come funziona

Mentre proseguono le prove sotto il controllo della Provincia e dell’Arpa

Ghisolfi: «è il primo impianto di una lunga serie» CresCentino.

L’inaugurazione dello stabilimento crescentinese della Beta Renewables, avvenuta mercoledì 9 ottobre, è stata essenzialmente un evento tecnico-economico. I punti salienti sono stati la realizzazione effettiva di un impianto di seconda generazione e la spinta alla ricerca. È stato lo stesso Guido Ghisolfi a ricordare l’incredulità internazionale ed il progressivo ricredersi di fronte al cabotaggio che ha portato alla messa in funzione dell’impianto di Crescentino. Altri tre impianti sono già prenotati nel continente americano, ma è fondamentale per la società proseguire le collaborazione con gli attuali partners, a cominciare dalla Novozymes e da Tpg, rappresentati da Thomas Videbæk e da Roman Batichev, intervenuti a ribadire il loro appoggio. I terreni annualmente abbandonati nel meridione d’Italia possono essere una fonte di materia prima per nuovi impianti, che avrebbero vita più semplice e attuazione più veloce grazie al nuovo regolamento firmato dai ministri Zanonato e Orlando. Per Zanonato è già esemplare che la Ibp abbia concluso l’iter in due anni; meno entusiasmo in platea alle promesse di snellimento delle procedure.

Andrea Fluttero, la sindaca Marinella Venegoni, il ministro Flavio Zanonato, Guido Ghisolfi e il prefetto Salvatore Malfi

Per Ghisolfi il fulcro resta la ricerca: «una situazione Silicon Valley, non è un problema di costi o finanziamenti, è un problema di non poter evitare di venire lì», non è importante cosa si può produrre, ma che per produrre qualunque cosa si debba passare dal loro centro di ricerca. Interrogato in sala stampa sulle criticità dell’impianto Ghisolfi ha parlato del trasporto della biomassa: «paradossalmente gli alfieri della filiera corta dicono di portarla da vicino, 10-15 km, allora l’unica possibilità è il trattore, ma così c’è traffico per il numero dei mezzi, se il container

arriva dal Canada la filiera è lunga. C’è un oggettivo problema e dopo un momento di baruffa istituzionale-mediatica la Comunità europea, lo Stato, l’Mgo, gli enti hanno capito che bisogna sedersi ad un tavolo e discutere». In merito alle emissioni: «non aggiungiamo elementi chimici, non produciamo diossina, non abbiamo emissioni nocive di nessun genere, naturalmente l’attività impatta su aria e acqua». Interpellata in precedenza sul periodo di prova per il bruciatore che si sta allungando a dismisura, Manuela Ranghino, funzionario della Provincia, spiega: «la no-

stra finalità è che l’impianto, a pieno regime, abbia le emissioni nei parametri. Le fasi di prova sono cinque, adesso siamo alla seconda e stiamo analizzando i dati che arrivano. In questi mesi, quando noi o loro individuavamo una criticità, si fermava tutto, veniva risoltoo il problema e poi il conteggio delle ore ripartiva». Nulla di ufficiale è ancora giunto in merito alle “voci” sullo sforamento delle soglie di emissioni che sarebbe avvenuto la scorsa settimana; il Comune ha inviato una richiesta di spiegazioni alla Provincia. Silvia Baratto

Da tutto il mondo per la grande giornata di presentazione CresCentino. (s.b.) Se il buongiorno si vede dal mattino, quella dell’inaugurazione dello stabilimento Beta Renewables è stata una magnifica giornata: una lunga coda di auto si snodava dall’ingresso, controllata dalla polizia locale e dalla Protezione civile. Come si entrava cambiavano le divise, Carabinieri e Polizia hanno fornito un valido apparato di sicurezza; a loro si sono comunque affiancate silenziose e attente guardie del corpo. Appena dentro di nuovo tutti in fila per accreditarsi; per i giornalisti il passaggio alla reception era più veloce. Borsa di tela e cartellina, folder con i prodotti locali, paglia, lignina e fiala di bioetanolo, ecco il visitatore pronto per prendere caffè, pasticcini, salutare e farsi presentare, atto centrale in una giornata dedicata al varo finanziario. L’ampia tensostruttura brulicava essenzialmente di uomini, abito scuro e cravatta, per lo più indossati con la

disinvoltura di chi in quella tenuta ci vive, non ci passa un giorno per l’occasione. Tanti stranieri, accomunati da un inglese sciolto e da conti bancari cosmopoliti. I saluti delle autorità sono serviti anche per ricordare al ministro, caso mai non lo sapesse, che c’è disoccupazione (sindaco Marinella Venegoni), che il patto di stabilità è soffocante (presidente Carlo Riva Vercellotti); un breve e stanco applauso ha salutato il governatore Roberto Cota, un battimani deciso e prorompente Guido Ghisolfi. I due relatori stranieri hanno parlato in un’atmosfera in cui era palpabile l’attenzione. Alla fine un video di pochi minuti, la ricostruzione della costruzione, e poi, colpo scenografico, il telone è caduto e attraverso le vetrate è apparsa nel sole la centrale. Tutti fuori a vedere che c’era davvero. Terminate le parole pubbliche sono iniziate quelle private, magari nella privacy

di uno dei due salottini bianchi. Intanto i giornalisti sono stati portati a fare un rapido giro in pullman per vedere l’impianto, rigorosamente da fuori, tubi e cilindri, rotaie e magazzini. Al ritorno un’attesa indecisa e poi finalmente l’arrivo di Ghisolfi, pronto a rispondere a tutte le domande. L’incontro è stato interrotto perchè l’ingegnere non ha tenuto conto del tempo, ma c’è stato chi l’ha fatto per lui. Videointerviste, personaggi in attesa, finanziatori e possibili acquirenti lo attendevano; intanto ai tavoli la colazione di lavoro procedeva. Usciti dalla sala stampa e raggiunta la sala da pranzo ecco i camerieri con i dolci, fuori tempo per la seconda volta (la visita all’impianto al posto dell’aperitivo). Pranzo essenzialmente vegetariano, dalle alghe nere secche ai cavolfiori che sembravano disidratati, accompagnati da formaggi e, per i ghiottoni nostrani, salame. Per una volta, niente panissa.

I fumi dell’alcol di Umberto Lorini

In tutta questa esaltazione delle “magnifiche sorti e progressive” dell’inaugurato stabilimento crescentinese, qualcuno che non si fodera gli occhi con i comunicati stampa ci dovrà pur essere. Non avendolo trovato, in nessuno dei giornali anche prestigiosi sfogliati questa settimana, ci assumiamo noi questo compito, da apoti («quelli che non la bevono») fedeli al motto di San Tommaso che da sempre contraddistingue queste pagine: “quando vedrò, crederò”. La prima leggenda metropolitana - meglio: campestre - che va sfatata è quella della “burocrazia che rallenta i progetti”, fil rouge di parecchi interventi della mattinata inaugurale. Il progetto dell’impianto della Mossi & Ghisolfi (iter portato avanti come Italian Bio Products, e ora diventato Beta Renewables) è stato esaminato e approvato dalla Provincia in tempi record. Peccato che, una volta approvato, Ghisolfi e i suoi ingegneri abbiano deciso - avendo preso atto di contesto e sperimentazioni - di modificarlo in alcune parti essenziali, ed allora la Provincia ha dovuto riesaminarlo e riapprovarlo. Se io vado ad immatricolare una Fiat Punto e poi esco dalla concessionaria con una Jeep Cherokee, non posso prendermela con la Motorizzazione se ci mette qualche giorno a rifare i documenti. *** Forse qualcuno ricorda l’ingegner Ghisolfi che, seduto accanto alla sindaca in un teatro Angelini gremito, mostrava campioni della canna arundo donax, che avrebbe dovuto costituire la materia prima principale - se non quasi esclusiva - per la distillazione di bioetanolo. E a quelli che gli dicevano «ma dove la coltivi tutta ‘sta canna? non è meglio se usi i residui agricoli, le paglie di grano e di riso?», ripondeva: «non preoccupatevi, l’imprenditore sono io e so quel che faccio: ci sono tante aree marginali...». Dopo qualche mese trascorso a cercare aree in cui piantar canne (tutt’altro che “marginali”: a molti agricoltori è stato proposto di convertire ad arundo donax ettari di terreno attualmente coltivato a frumento, riso e mais...), Ghisolfi ha dovuto fare i conti con la realtà. E l’Arpa oggi scrive: “per la produzione di bioetanolo, le biomasse di riferimento considerate per la progettazione sono arundo donax e paglia di grano. Ad oggi l’arundo donax, considerata la difficoltà di avviare una pratica di approvvigionamento sufficiente ai volumi dell’impianto a regime, non

è mai stato impiegato». E allora vai di paglia di grano, come volevasi dimostrare. Utilizzando, per scaldare il pentolone, almeno (dato di progetto) 24 milioni di metri cubi di gas all’anno. Insomma: per produrre un sostituto - quantomeno parziale - della benzina si bruciano enormi quantità di metano, che le auto le farebbe viaggiare comunque. E’ questa la “rivoluzione verde”, la via verso la “green economy”? *** L’uso dell’arundo donax per la produzione di etanolo avrebbe prodotto, quale “scarto”, tonnellate di lignina. E Ghisolfi diceva: «la utilizzeremo, bruciandola, per produrre energia elettrica». Ed ecco quindi spuntare, accanto alla raffineria, una delle più grandi centrali termoelettriche a biomasse del Piemonte. Ma siccome di lignina dalla raffineria ne esce ben poca, ecco la modifica di progetto: Provincia, lasciaci bruciare tante altre cose. Non solo il sottoprodotto dell’etanolo, ma anche combustibile fatto arrivare apposta e buttato nel forno. Cippato, soprattuto. Decine di camion di cippato, proveniente da mezzo Piemonte (ci diranno mai da dove?), che finisce direttamente nel bruciatore, e che con la distillazione dell’etanolo non ha nulla a che vedere (ma che porta a Ghisolfi dei gran soldoni per l’energia elettrica che cede alla rete). Ma di questo secondo impianto, e della quantità di fumi che scarica nel cielo sopra Crescentino, nessuno parla mai. Nemmeno l’assessore comunale all’ambiente, che dirama comunicati trionfalistici su Crescentino che salverà il mondo e non dice una parola sul peggioramento dell’aria della città che amministra. *** Altro mistero (gaudioso?) è la potenza dell’impianto per la produzione di etanolo. Ne sono autorizzate 40 mila tonnellate all’anno, che equivalgono a 50,7 milioni di litri. Eppure Ghisolfi da qualche settimana dichiara, anche nei comunicati stampa, che la raffineria crescentinese «produrrà a regime 75 milioni di litri all’anno». Per tornare all’esempio dell’auto, si è fatto autorizzare una cilindrata 1000 e dice che circolerà con una 1500. C’erano centinaia di giornalisti da tutto il mondo (compresa una con la fascia tricolore), e nessuno che gli abbia chiesto come pensa di sforare dai limiti autorizzativi. Ma ormai s’era fatta quell’ora, si cominciava a sentire un certo languorino e si era in area buffet, glielo si chiederà la prossima volta.


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