Voce per la Comunità

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UNITA’ PASTORALE “S.ARCANGELO TADINI“ PARROCCHIE DI BOTTICINO

VOCE per la COMUNITA´

strumento di informazione e formazione pastorale

PASQUA 2012 1


RECAPITO DEI SACERDOTI E ISTITUTI Licini don Raffaele, parroco cell. 3283108944 e-mail parrocchia:parrocchiasera@alice.it rafaellic@tin.it fax segreteria: 0302193343 Segreteria tel. 0302692094 Mussinelli don Fausto tel. 3287322176 e-mail : donmussi80@gmail.com Zini don Giovanni tel. 3355379014 Loda don Bruno tel. 0302199768 Pietro Oprandi, diacono tel 0302199881 Scuola don Orione tel. 0302691141 sito web : www.parrocchiebotticino.it Suore Operaie abit. villaggio 0302693689 Suore Operaie Casa Madre tel. 0302691138 BATTESIMI BOTTICINO SERA

Presentazione

In occasione della Pasqua il Notiziario per le famiglie delle tre Parrocchie di Botticino. E’ un notiziario-documento perchè non si limita a dare notizie, ma presenta pagine di formazione nei vari ambiti della pastorale. Abbondanti le pagine di pastorale: il programma della conclusione dell’anno giubilare e la festa dell’Unità Pastorale; in cammino verso il Sinodo diocesano, l’orizzonte vita di Chiesa, il decreto vescovile sulle feste in parrocchia e la presentazione della nuova edizione del Rito delle Esequie. Alcune pagine sono dedicate alla riscoperta e attualizzazione dei segni della fede: il ‘accogliere la Parola’ e ‘starein piedi, camminare’, ripresi anche nella parte dedicata alle famiglie per la valorizzazione nella quotidianità Domenica 15 aprile ore 9,30 familiare. Domenica 27 maggio ore 11,00 Non mancano temi di formazioDomenica 1 luglio ore 18,45 ne socio-politica, lo scritto di Isidoro con BATTESIMI BOTTICINO MATTINA le pagine dedicate alla sua ordinazione Domenica 15 aprile ore 11,00 Diaconale e il progetto di solidarietà per Sabato 26 e Domenica 27 maggio ore 17,30 i bambini di Dilla; pagine di pastorale familiare, il ConveDomenica 1 luglio gno diocesano Caritas a Botticino, l’oraBATTESIMI SAN GALLO torio, la scuola don Orione, le Acli a BotDomenica 22 aprile ore 10,00 ticino e altre iniziative in programma. Dopo la presentazione dei conI genitori che intendono chiedere il Battesimo per i figli sono invitati a contattare, per tempo, per accor- suntivi 2011, la proposta del pellegridarsi sulla preparazione e sulla data della celebrazio- naggio mariano, il viaggio in Francia e il ne, il parroco personalmente o tel.3283108944 calendario per le Celebrazioni Pasquali.

la busta per l’offerta in occasione della Pasqua

Anche in occasione della Pasqua, viene ricordato ad ogni famiglia l’invito a contribuire ai bisogni della parrocchia mediante un offerta strordinaria. Anche questo è un modo per esprimere la propria appartenenza alla comunità parrocchiale. I Sacerdoti e i Consigli Parrocchiali delle tre parrocchie colgono l’occasione per ringraziare anticipatamente quanti vorranno cogliere questo appello e per esprimere l’augurio per le prossime festività. 2


Rimani con noi perche’ si fa sera N

el giro di una settimana a Gerusalemme è capitato di tutto. Gesù è stato accolto in maniera trionfale, acclamato come un re; ha trasmesso il comandamento dell’amore; durante la cena per la pasqua ha rivelato il valore del servizio con la lavanda dei piedi, ha garantito la sua presenza reale spezzando un pane e versando del vino; è stato arrestato; ha sopportato tradimenti e rinnegamenti; è stato arrestato, processato, condannato a morte, trafitto su una croce, sepolto… E basta. Tutto è finito. Nel giro di una settimana sono sfumati progetti, speranze e illusioni tessuti pazien- re era visibilmente animato, tanto che è facile temente in tre anni di sequela fedele e at- per lo sconosciuto permettersi di domandare tenta. Tutte le cose che abbiamo costruito, loro: “Ma di che cosa state parlando così caloper le quali ci siamo spesi, per le quali abbia- rosamente?”. Anche qui, con il nostro stile poco apermo sudato, lottato e pianto, per le quali abbiamo anche rischiato, ci siamo esposti, sono to al dialogo, verrebbe voglia di sostituirci alla definitivamente sigillate e oscurate dietro risposta dei due discepoli: “Ma cosa vuoi? Fatquella grande pietra rotolata contro l’entrata ti i fatti tuoi!”. E forse, dopo che essi rispondi quel sepolcro nuovo, scavato nella roccia. dono: “Di quanto è capitato a Gerusalemme Sembra di sentirli: “…che delusione… e chi se in questi giorni” ed egli incalza: “E che cosa è l’aspettava… lasciamo perdere, andiamo via… successo?”, non verrebbe voglia di rispondere: “Ma scusa, dove vivi? Dove hai la testa?” Basta, torniamo ad Emmaus!”. Invece è talmente forte la ferita che Sono i discorsi di due persone che, dopo aver vissuto una esperienza affascinante ed sentono dentro, la sensazione di essere stati esaltante con Gesù, si ritrovano soli, abban- ingannati, che essi sentono il bisogno di sfodonati, sconfitti e decidono di abbandonare il garsi. D’altronde chiunque avrebbe convenuto “cuore” di questa vicenda per dirigersi ver- con loro sull’assurdità della vicenda, quindi non so il definitivo ritorno alla realtà di prima, al esitano a raccontare e esprimere tutta la loro delusione. “Fu profeta grande… speravamo quotidiano di ogni giorno. A questo punto, se non conoscessimo fosse lui a liberare Israele… “ I discepoli avevano i loro progetti e le loro l’esito della vicenda e se dovessimo completare la storia con i nostri sistemi, è facile speranze; certamente ritenevano che la libeintuire le reazioni: “…e fate come volete… pa- razione dovesse esprimersi con atti militari e zienza… peggio per voi… siete grandi e vacci- tendere alla ricerca della prosperità economica e del benessere materiale. Invece Gesù nati... arrangiatevi…”. C’è qualcuno che non la pensa così. “… Gesù non solo è condannato a morte, ma alla morte in persona si accostò e camminava con loro” in croce, infamante, riservata ai malfattori. e non perché gli piace mettersi in mostra e Questo non rientra nei loro progetti. Anche noi abbiamo desideri, progetti, speaffermare la sua supremazia, tant’è che “…i loro occhi erano incapaci di riconoscerlo”. E’ ranze cui ci aggrappiamo con tanta passione, lui che prende l’iniziativa e soprattutto cam- senza considerare che alcuni accadimenti posmina al loro fianco, si fa compagno di quella sono rivelarci che esiste un progetto di Dio, strada, di quella determinata fase del loro diverso dal nostro, che naturalmente non possiamo prevedere o preventivare, più grande cammino. Certamente il loro discutere e discorre- dei nostri pensieri. Per questo non riusciamo a pensare che possa essere più bello, più utile, 3


più entusiasmante per noi e più capace di fare fiato e speranza. Certo, non è facile aprirsi e abbandonarsi al progetto di Dio e al mistero che lo accompagna. Ma per cosa pensate che Gesù “…si accosta e cammina con noi”? Non certo per una sterile comprensione affettiva o per assecondare delusioni o incomprensioni. Egli è la via, la verità e la vita. Per questo cammina con noi: per condurci sulla via; per questo ci spiega le scritture: per portarci alla verità; per questo spezza il pane: per donarci la vita. Gesù, novità sempre nuova Mentre i discepoli parlano Gesù li ascolta e li fa parlare. Ascolta e fa in modo che l’altro possa esprimere le proprie ansie e possa spiegarsi bene. L’iniziativa dell’incontro, è presa da Gesù. I discepoli non solo non fanno nulla perché l’incontro possa accadere, ma quasi accettano il viandante con indifferenza, a malincuore e frappongono l’ostacolo della delusione, della rinuncia a credere e a sperare. Gesù però dà rilievo alla libertà dei discepoli, che dapprima scoraggiata e rinunciataria, viene via via rigenerata e aperta alla speranza, alla fiducia nel disegno di Dio sulla storia dell’uomo. Gesù fa questo senza dire cose nuove. Ma sono cose che avevano bisogno di sentirsi ridire e che assumevano, in quel determinato

momento e in quella specifica situazione, un significato nuovo. E’ per questa ragione che i due, a loro volta, lo ascoltano e lo lasciano parlare: perché si tratta di parole che aprono, spiegano, illustrano, indicano, fanno vedere gli eventi della vita, anche i più oscuri, in un modo nuovo e pieno di speranza. Ed è proprio l’Eucaristia la chiave di svolta di questi due uomini. Quando due persone si amano si parlano anche solo con uno sguardo, basta un segno, la comunicazione è immediata. Di colpo balzarono in piedi, lasciano la cena a metà e corrono verso Gerusalemme. Quel Gesù che fu profeta, che speravano liberasse Israele, che è stato ucciso in croce era apparso loro, aveva camminato con loro e aveva spezzato per loro il pane. Ecco l’insegnamento per noi oggi: balzare in piedi, lasciare la mensa, correre nel buio per gridare a tutti: “Il Signore è veramente risorto! Noi l’abbiamo visto”. Gesù ha acceso il loro cuore ed essi non riescono più a contenere l’ardore: sentono il bisogno di comunicarlo agli altri. E’ fonte di commozione e di responsabilità sapere che Gesù chiede la nostra collaborazione per raggiungere gli altri uomini. L’Eucaristia, alimento della comunità L’adesione a Gesù si esprime nell’adesione alla comunità cristiana e si alimenta nell’Eucaristia, senza della quale non esiste comunità. I due discepoli di Emmaus, dopo aver incontrato il Signore e dopo averlo riconosciuto nel segno del pane, ritornano a quella comunità che avevano abbandonato con il cuore pieno di tristezza. La vita comunitaria deve offrire il clima di fede e di carità, che sostiene la testimonianza insieme alla preghiera. Chiedo a Gesù che lui stesso accompagni ciascuno di noi, come ha accompagnato i due discepoli di Emmaus, così anche noi, al termine del cammino, possiamo ripetere la loro preghiera: “Resta con noi perché si fa sera”.

don Raffaele Il dipinto della copertina,delle pagine 3, 4 e dello sfondo dell’ultima pagina rffigurano l’incontro di Gesù Risorto con i due discepoli di Emmaus. Sono opera di Barbara Goshu e sono collocati sul presbiterio della chiesa della missione cattolica di Zway in Etiopia. 4


UN INCONTRO APPASSIONATO: LA MADDALENA E IL RISORTO “ Quando il Signore prende posto e spazio nel cuore delle persone, la vita diventa fascino, passione e missione”. Mi piace condividere con i lettori e soprattutto le lettrici di:”Voce per la comunità” alcune riflessioni sul Vangelo di Giovanni (20,1-18): Un racconto che mi ha sempre preso il cuore e mi ha fatto innamorare di Gesù e del suo amore per una nuova umanità Maria Maddalena piangeva, quando si era alzata presto per correre nel buio, dopo il mattino di sabato per ungere con aromi il corpo dell’amato Maestro. Fuori di sé ella grida:” Hanno portato via il mio Signore dal sepolcro e non sappiamo dove l’hanno posto!”. Perché parla al plurale, quando ella era sola? Agli occhi dell’evangelista, questa donna rappresenta l’immagine della comunità nuova, la comunità sposa. La Maddalena si mette in cammino quando ancora non erano fugate le tenebre. Buio fuori e anche dentro? Difficile distinguere le due situazioni. Infatti vede e non comprende il perché la pietra del sepolcro è stata ribaltata e interpreta il fatto come una violazione del sepolcro! E’ in preda all’angoscia…e grida la sua disperazione. Quali sentimenti o reazioni proviamo quando barcolliamo nel buio interore e non sappiamo a chi e dove aggrapparci per sollevarci e riprendere il cammino dell’incontro con QUALCUNO? Comincia il cammino della fede per ritrovare sicurezza e correre nella speranza. La Maddalena non si stacca dal sepolcro: piange e non vuole conforto neppure dagli Angeli che custodivano il sepolcro. Lei è troppo “terrena” e non è interessata agli angeli, ma al corpo del suo Signore. Ella cerca Gesù morto. Vedo in questo la dimensione umana del lutto ed è la persona innaCon tanc ram de ulia e parat la via, morata che cerca l’Amato, finchè non lo trova. E’ non a caso Gesù el gà fat l’ingréss a Gerusalem che l’incontro avviene nel giardino come ci ricorda il Cantico a caàl de l' asinel. dei Cantici :” Dov’è andato il tuo amato tu che sei bellissima tra le donne? Dove ha diretto i suoi passi il tuo amato, perTanc óm én sinuciù i sa prostaa ché lo cerchiamo con te? L’amato mio è sceso nel suo giare i l' acclamaa. dino a pascolare nei giardini e a cogliere gigli…”(Cdc.6,1-2). Le allusioni al giardino sono molte: il giardino dell’Eden Ma dopo quach de tanc mia isè i dove Dio ha iniziato la storia d’amore con l’umanità; il giardila pensaa, perché bè el predicaa: no dove Gesù viene tradito e arrestato e in un giardino Gesù la pace e l'amur, e a ogne óm venne sepolto… el sies perdonat él sò pecat e dulur. Povera donna, non riesce a staccare lo sguardo da quella tomba, dove Lui non c’è più, finchè Gesù non la chiama per El vulia che a tòc ga mancaes mia nome: Maria. Fuori dal lutto e dal pianto, fuori dal cercare il én tócchèl de pà e i sies tratac con Vivente tra i morti: Il tuo Maestro è vivo, non piangerlo mordignità. to…Allora il giardino del lutto diventa il giardino della gioia, il luogo della morte diventa il luogo dell’incontro con Gesù Da chi ghira én prima fila a acclamal vivo perchè Gesù è al di là di ogni delusione... l'è stat tradit e con la crus su le spale La Maddalena diventa allora l’apostola degli apostoli, al Calvario l'è stat spedit. perché Gesà le affida una missione. “Va dai miei fratelli…” Maria Maddalena ha visto il Signore e va ad annunciarlo, diCol sò sanc e sudur per él be de noter ventando così la prima missionaria della risurrezione del Siél ga patit. gnore. Ecco cosa significa incontrare il Signore: portarlo nella libertà, nella gioia della Pasqua cristiana a tutti i fratelli della Ma con la Pasqua de ressuresiù el ga dit: comunità, forse ancora nelle tenebre del lutto e della ricerca Chi farà én me nóm del be el sarà sicur per una risurrezione. de esser én paradis' con mè Auguri a tutti di buona Pasqua nell’incontro del Risorto. sr Maria Regina e suore Pietro Stefana

Ulie e Paradis

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basilica s.maria assunta santuario s.arcangelo tadini anno giubilare 20 maggio 2011 / 21 maggio 2012

CONCLUSIONE

ANNO GIUBILARE e FESTA UNITA’ PASTORALE PARROCCHIE DI BOTTICINO

LA TUNICA DI GESU’ TUTTA D’UN PEZZO, SENZA CUCITURE, divisa sul Calvario è il simbolo di ogni divisione causata dal potere delle tenebre. Le comunità parrocchiali di Botticino sono un pezzo di questa tunica. A conclusione di questo Anno Giubilare, siamo invitati a ricomporre questa Tunica, segno della identità cristiana battesimale che si ritrova nella COMUNIONE, nell’UNITA’. Ogni comunità parrocchiale confrontandosi sulla Parola di Dio (il lunedì prima della presenza dell’urna in parrocchia) è invitata a trovare i motivi di questa comunione e a compiere cammini in questa direzione che culminerà nella processione e Celebrazione Eucaristica di LUNEDI’ 21 MAGGIO. L’URNA CON IL CORPO DI S.ARCANGELO TADINI A

SAN GALLO

L’URNA CON IL CORPO DI S.ARCANGELO TADINI A

BOTTICINO MATTINA

- lunedì 23 aprile centri di ascolto componendo la parte di Tunica di Gesù - sabato 28 aprile ore 18 ACCOGLIENZA DELL’URNA presso CASE NUOVE RUINE,PROCESSIONE ALLA CHIESA e S.MESSA - domenica 29 aprile L’Urna rimane in chiesa per la preghiera personale, familiare e a gruppi - lunedì 30 aprile ore 20,00 processione con L’Urna dalla Chiesa alla Trinità, preghiera e benedizione finale. - lunedì 30 aprile centri di ascolto componendo la parte di Tunica di Gesù - sabato 5 maggio ore 17,00 ACCOGLIENZA DELL’URNA presso MADONNA DEL CAVATORE, PROCESSIONE ALLA CHIESA e S.MESSA - domenica 6 maggio L’Urna rimane in chiesa per la preghiera personale, familiare e a gruppi - lunedì 7maggio ore 20,00 processione con L’Urna dalla Chiesa al piazzale in via Marconi, inizio Bott. Mattina ,preghiera e benedizione finale. L’URNA CON IL CORPO DI S.ARCANGELO TADINI A

Incontri e celebrazioni diocesane:

9 aprile : Giubileo delle Suore Operaie della Santa Casa di Nazareth. 18 aprile ANIMATORI VOCAZIONALI 28 aprile CONVEGNO DIOCESANO CARITAS 1 maggio SEMINARIO DIOCESANO 4 maggio VEGLIA DIOCESANA VOCAZIONI con il Vescovo sabato 16 giugno SANTIFICAZIONE DEL CLERO con il Vescovo

Incontri e celebrazioni parr. di Botticino: - ogni MARTEDÌ sera

ore 17,30 S.Messa, segue esposizione e Adorazione Eucaristica fino alle ore 22,00 (dalle ore 20,30 alle ore 21,00 preghiera guidata) - primo martedì del mese in preghiera con il gruppo famiglie Tadini - terzo martedì del mese in preghiera “cammino sentieri di stelle” - ultimo martedì del mese particolare preghiera di intercessione alle ore 20,30

BOTTICINO sera

- lunedì 7 maggio centri di ascolto componendo la parte di Tunica di Gesù - domenica 13 maggio. Celebrazioni e preghiera personale, familiare e a gruppi

LUNEDI’ 21 MAGGIO CONCLUSIONE ANNO GIUBILARE PER LE TRE PARROCCHIE DI BOTTICINO

ore 20,00 l’Urna accompagnata dai Sacerdoti e dalle Suore parte dalla Basilica-Santuario all’incrocio con via Panoramica/via Valverde accoglienza della Parrocchia di San Gallo con il pezzo di Tunica di Gesu’, si prosegue per via Valverde; all’incrocio con via Carini accoglienza della Parrocchia di Botticino Mattina con la seconda parte della Tunica di Gesù, si prosegue verso la chiesa e all’incrocio con via Franzoni accoglienza della parrocchia di Botticino Sera con la terza parte della Tunica di Gesù . Arrivo in Basilica Santuario e Celebrazione Eucaristica di conclusione Anno Giubilare. 6


MANIFESTAZIONI IN PROGRAMMA sabato 5 maggio ore 20,30

“FESTA GRANDA AL CAMPOSANT” presso teatro Centro Lucia ••••••••• sabato 12 maggio ore 20,00

INAUGURAZIONE MOSTRA OPERE ARTISTICHE su S.ARCANGELO TADINI in Sala Tadini segue

CONCERTO DELLA BANDA “G.FORTI” DI BOTTICINO presso Basilica-Santuario

- altre manifestazioni e occasioni di incontro che verranno comunicate nel programma definitivo.

DOMENICA 20 MAGGIO

FESTA UNITA’ PASTORALE u Gi

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21 maggio: giornata del patrono dell’unità pastorale e del comune di Botticino S. Arcangelo Tadini per tale occasione, nel centenario della morte di Tadini, la parrocchia indice un concorso di poesia avente per tema la figura di questo sacerdote santo possono partecipare tutti gli alunni delle scuole locali: secondo ciclo della scuola primaria scuola secondaria di primo grado tutti coloro che desiderano scrivere in versi le opere potranno essere scritte in lingua italiana o in dialetto non dovranno superare 20 versi dovranno essere consegnate in duplice copia( dattiloscritte) senza nome entro e non oltre il 2 maggio 2012 presso la segreteria della scuola Don Orione. Sarà nominata una commissione di esperti che valuterà le opere e decreterà tre vincitori( primo , secondo terzo) nell’ambito dialettale e tre nell’ambito opere in lingua italiana. le poesie saranno lette in occasione deI FESTEGGIAMENTI del 21 maggio p.v.

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parrocchie botticino TADINIFEST

Giubileo per DI le famiCONCORSO POESIA glie

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100 per tutti

Sabato 19 - ore 20,30 Spettacolo in piazza Domenica 20 - ore 11,00- 12,00 incontro per le famiglie presso Sala Tadini con don Giorgio Comini - ore 12,30 Pranzo in piazza e ...canti accompagnati dalle chitarre - ore 15,00 Festa e giochi per le famiglie - ore 18,30 : CELEBRAZIONE EUCARISTICA

GIUBILARE PER LE FAMIGLIE INIZIAZIONE CRISTIANA

presieduta dal Vescovo Mons. Luciano Monari il quale impartirà la Benedizione Papale. 7


COMUNITA’ IN CAMMINO - SINODO SIOCESANO SULLE “UNITÀ PASTORALI”

VOCI NELL’AGORÀ

Una consultazione ampia e coinvolgente Ci sono argomenti che meritano di essere discussi. Il Sinodo diocesano vuole essere un ‘esperienza particolare di discernimento spirituale comunitario, in vista della definizione di alcuni orientamenti per una migliore realizzazione della missione ecclesiale. Sotto il profilo pastorale, infatti, “per arrivare ad una decisione saggia, bisogna prendere in esame tutti i dati rilevanti del problema, poi immaginare tutti i possibili corsi di azione che rispondono a questi dati e infine scegliere un corso concreto di azione abbandonando gli altri. Ebbene, questo complesso itinerario può essere compiuto nel modo migliore proprio con la partecipazione di tutti”, dal momento che “tutti i battezzati sono portatori della sapienza del Vangelo e sono mossi dallo Spinto Santo”. Di conseguenza, se “le decisioni appartengono al Vescovo, il processo che conduce alle decisioni deve coinvolgere tutta la comunità “. È questo il senso della consultazione diocesana in vista del Sinodo sulle unità pastorali, per la quale sono state elaborate nove schede per nove temi in discussione. Oltre alla consultazione in gruppo e quella individuale l’itinerario di Voci nell’Agorà intende promuovere, con l’obiettivo di dare spazio a più voci (giornalisti, ospiti, pubblico), nove incontri sul territorio diocesano sui temi del Sinodo per far emergere non ciò che preferiamo, ma cosa ciascuno, ponendosi sotto lo sguardo di Dio, ritenga più giusto per la Chiesa bresciana. MONS. CESARE POLVARA PROVICARIO GENERALE

“OGNI SITUAZIONE CHE VIVIAMO E PER NOI UNA DOMANDA ALLA QUALE DOBBIAMO CERCARE DI RISPONDERE ALLA LUCE DEL VANGELO”. MONS. LUCIANO MONARI, VESCOVO DI BRESCIA

II mio parroco,la mia suora e i miei laici I ministeri nelle unità pastorali

Villa Carcina 26 aprile 2012 Auditorium scuole medie

Il mio oratorio e i miei giovani Pastorale giovanile e oratorio nelle unità pastorali Calcinato7 maggio 2012Auditorium Berlini Ore 20.30

I miei gruppi e le mie associazioni Aggregazioni e unità pastorali

Maderno 14 maggio 2012 oratorio Ore 20.30

I miei vicini e i miei lontani Unità pastorali e segni dei tempi Palazzolo s/O 19 marzo 2012 Sala della comunità Aurora Ore 20.30

La mia e la tua unità pastorale La fisionomia delle unità pastorali

Bienno 26 marzo 2012 Sala della comunità Ore 20.30

Il mio catechismo, la mia messa e i miei poveri Annuncio, liturgia e carità nelle unità pastorali Odolo 16 aprile 2012 SaLa della comunità Ore 20.30

Le mie riunionie il mio consiglio pastorale Organismi di comunione e unità pastorali Orzinuovi 23 aprile 2012 Oratorio Ore 20.30

Ogni martedì dal 13 marzo alle ore 13 su Radio Voce (fm 88.3-88.5) “Brescia in diretta speciale Sinodo” con i commenti degli ascoltatori sugli appuntamenti di “Voci nell’agorà” tel. 030.3774592 sms 338.9722994 www.facebook.com/radiovoce 8


COMUNITA’ IN CAMMINO - SINODO SIOCESANO SULLE “UNITÀ PASTORALI”

Spunti di riflessione sulla quarta scheda di consultazione

Metterci la testa

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Come abitare da cristiani? L’unità pastorale è una risorsa, un luogo per riflettere, per valutare e cambiare

el leggere la quarta scheda “Annuncio, liturgia e carità nelle unità pastorali” ho colto un sorta di imbarazzo soprattutto per la seconda parte della provocazione: “... al tempo stesso, nella pastorale della Chiesa non può mancare l’attenzione alle situazioni della vita umana, sulle quali ha richiamato l’attenzione il Convegno ecclesiale di Verona (vita affettiva, lavoro e festa, tradizione, cittadinanza). In che misura l’attenzione alle situazioni umane richiede un ripensamento delle strutture pastorali?”. Verrebbe da dire che più che ripensamento è necessario una vera e propria pensata. È chiaro che i contenuti espressi nel Convegno ecclesiale sono stati oggetto di riflessione e approfondimento nell’immediato dopo-convegno, ma poi, non si sono diffusi, non sono divenuti patrimonio della quotidianità pastorale. Io credo che uno dei motivi per cui non si intravedono azioni o reazioni a questo tipo di richieste, sia perché essere richiedono un impegno particolare, più complesso e da costruire. In questo mi sembra ci sia qualche difficoltà. Chiedere ai presbiteri di strutturare dei percorsi che aiutino i fedeli (e anche i non fedeli) laici ad “abitare” da cristiani questi ambiti, che non sono altro che la nostra quotidianità, non è facile. E su questo punto La forza di un percorso l’unità pastorale penso possa essere una risorsa. proposto, pensato Sicuramente in termini di confronto, perché si e organizzato da una va oltre l’appartenenza al proprio territorio e il unità pastorale è molto legame alla propria parrocchia. E anche in ter- maggiore di quella mini formativi. Come non essere stimolati da un di una parrocchia percorso formativo che metta al centro il senso e il significato della “festa” piuttosto che il mio essere “buon cittadino”? Non c’è dubbio che la forza di un percorso proposto, pensato e organizzato da una unità pastorale sia molto maggiore di quello di una parrocchia E penso anche alla attenzione progettuale necessaria per non perdere di vista i bisogni e le necessità che emergono dal quotidiano, capillarmente nelle parrocchie, ma condivisi ed elaborati a un livello più ampio come quello delle unità pastorali. Rispetto alla liturgia credo che una possibile lettura dei segni dei tempi sia da dedicare alla partecipazione alla Messa domenicale. Ogni parrocchia ha strutturato e pensato degli orari e delle modalità a seconda delle fasce di età a cui si rivolge: bambini, adulti e giovani. Cito una frase tratta da un saggio sulla progettazione educativa che condivido: “L’educazione passa attraverso il metodo, non passa attraverso le cose che si fanno, o meglio le cose che si fanno cambiano molto a seconda del metodo con cui le facciamo, non è soltanto un problema di tecniche, non è soltanto riempire un menù di attività, dobbiamo domandarci ogni volta questa attività, con quale stile, con quali modalità la realizziamo”. Io credo che sia un principio valido anche per la celebrazione eucaristica, soprattutto rivolta ai giovani. In questo l’unità pastorale non può essere che una risorsa, un luogo per riflettere, valutare, cambiare. L’educazione passa attraverso il metodo, non attraverso le cose che si fanno, o meglio le cose che si fanno cambiano a seconda del metodo con cui le facciamo, non è solo un problema di tecniche.

Convegno ecclesiale di Verona 2006 9

LA QUARTA SCHEDA

Parola,liturgia e carità La proposta del Convegno di Verona di riflettere su . quelli che vengono da allora definiti “i cinque ambiti” (vita affettiva, lavoro e festa, fragilità, tradizione, cittadinanza), ha generato una discussione, feconda, su come armonizzare questa nuova proposta di schematizzazione con quella classica, costituita appunto dal trinomio “Parola-Liturgia-Carità”. Questo trinomio ha dato origine nelle nostre parrocchie anche a tre “gruppi” (catechistico, liturgico, caritativo), che hanno il compito non di realizzare, ma di stimolare la comunità a vivere questi aspetti fondamentali della vita cristiana. La prospettiva delle unità pastorali esige perciò di ripensare in forma nuova non solo le relazioni tra gli ambiti di Verona egli aspetti strutturali della vita ecclesiale ma anche l’organizzazione stessa dei gruppi di animazione della Parola/ catechesi, della liturgia e della carità. Nella prospettiva delle unità pastorali il servizio della catechesi, della liturgia e della carità coi rispettivi gruppi deve rimanere prerogativa propria di ogni parròcchia oppure si può ipotizzare una dimensione sovraparrocchiale? Come? Per questa triade che cosa dovrebbe essere tipico della parrocchia e che cosa dell’unità pastorale? Come si potrebbe organizzare il cammino dell’iniziazione cristiana dei bambini e dei ragazzi nelle unità pastorali? In che modo l’unità pastorale potrebbe favorire una più efficace pastorale della famiglia, del lavoro, dei malati, della vita sociale e politica?


COMUNITA’ IN CAMMINO - SINODO SIOCESANO SULLE “UNITÀ PASTORALI”

Organismi di comunione - Spunti di riflessione sulla quinta scheda di consultazione

Valutare senso e metodo di Michele Busi

Il tema della comunione e della corresponsabilità si colloca sullo sfondo della coscienza ecclesiologica conciliare

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el 2010, a tappe successive, si sono rinnovati nella nostra diocesi i consigli pastorali parrocchiali, quelli degli affari economici, i consigli pastorali zonali e, infine, il consiglio pastorale diocesano. Già la faticosa modalità con cui tutto ciò è avvenuto ha messo in rilievo più di una criticità. La casistica di come si è giunti alla composizione di questi organismi di comunione è stata la più varia: dalla cooptazione di gran parte dei componenti, perché non si trovavano persone disponibili, alla riproposizione tout-court degli stessi membri dei cpp ormai scaduti. Al di là di tali “patologie”, è evidente che si tratta di segnali che ci dicono come sia urgente una riflessione su quesitì organismi nati negli anni successivi al Concilio (Brescia è stata una delle prime “Non è secondario diocesi ad attivarsi in proposito grazie all’impulso del vescovo Morstabilini). La il tema della preparazione prospettiva delle unità pastorali, che prevede la nascita dei consigli dell’unità e della formazione pastorale, può forse essere l’occasione per un ripensamento. Si pongono a mio dei consiglieri: è prioritario parere condizioni di senso e di metodo. Di senso, anzitutto. Il tema della comulo sforzo di far crescere nione e della corresponsabilità si laici adulti nella fede”. colloca sullo sfondo della coscienza QUINTA SCHEDA ecclesiologica conciliare. Per questo non è secondario il tema della preparazione e della formazione dei consiglieri: è prioritario lo sforzo di far crescere laici adulti nella fede e maturi nel sapersi assumere concrete responsabilità ecclesiali. Non secondarie sono anche le questioni di metodo. È indubbio che la scarsa incisività che interessa alcune esperienze di cpp debba essere Per realizzare la sua missione la Chiesa ha fatta risalire alla poca attenzione prestata alle dinamiche di gestione bisogno di tutti i battezzati che godono di questi organismi, alle metodologie capaci di favorire una migliore di “una vera uguaglianza riguardo alla qualità del lavoro pastorale. Non si tratta di un mero aspetto tecnico- dignità” (Lumen Gentium 32) e alla coorganizzativo: il discorso investe la fisionomia e lo stile ecclesiale che mune responsabilità . per l’edificazione deve animare questi organismi, chiamati a essere luoghi effettivi di della Chiesa. Si tratta di una responsabidiscernimento e di corresponsabilità. Un consiglio chiamato a discu- lità “originaria”, connessa al Battesimo tere solo di aspetti secondari o a ratificare scelte senza invece esse- e alla Confermazione (Lumen Gentium re provocato e aiutato a discernere quello che il Signore chiede oggi 33). I pastori “sanno di non essere stati alla comunità cristiana, è svuotato al proprio interno. Con la nascita istituiti da Cristo per assumersi da soli la dei Consigli dell’unità pastorale, forse, alla luce della creazione delle missione di salvezza”, ma di essere chiaéquipe ministeriali e considerando l’obbligatorietà del consiglio degli mati a “pascere i fedeli e a riconoscere i affari economici in ogni parrocchia, il consiglio pastorale parrocchiale loro servizi e i loro carismi, in modo che rischia di divenire eccessivo. Valorizzerei invece il consiglio pastora- tutti concordemente cooperino, nella le zonale come organismo di coordinamento a livello più ampio e di loro misura, all’opera comune” (Lumen Gentium 30). Oggi la diminuzione dei effettivo aiuto al consiglio pastorale diocesano, In ogni caso, qualsiasi clero può diventare un’opportunità per decisione venga presa, ritengo che questi cambiamenti possano es- realizzare quanto il Vaticano 11 ci ha insesere l’occasione da cogliere da gnato facendo più spazio alla corresponparte di . tutti per puntare sulle sabilità di tutti i battezzati. La coscienza (poche) cose essenziali per la della corresponsabilità e complementacomunità cristiana senza la- rità dei battezzati ha già dato origine, a sciarsi travolgere dall’ansia del livello locale, ai seguenti “organismi di “fare”. comunione”: il consiglio pastorale par-

Non siano un peso burocratico

Un consiglio chiamato a discutere solo di aspetti secondari senza essere provocato e aiutato a discernere quello che il Signore chiede alla comunità cristiana è svuotato al proprio interno 10

rocchiale, il consiglio parrocchiale per gli affari economici; il consiglio pastorale zonale. La revisione della struttura diocesana secondo la prospettiva delle unità pastorali non può non indurre a un ripensamento su questi organismi di comunione in modo che non perdano il loro significato ecclesiale (discernere insieme i segni dei tempi), ma neppure diventino, nella nuova situazione, un inutile peso burocratico.


COMUNITA’ IN CAMMINO - SINODO SIOCESANO SULLE “UNITÀ PASTORALI”

Ministeri nelle unità pastorali .Spunti di riflessione sulla sesta scheda di consultazione

Opportunità per i laici

Essere compagni di strada, colmare i vuoti, andare incontro alla gente, fa farte della missionarietà

SESTA SCHEDA

I ministeri La missione particolare La diminuzione del clero rende impossibile assicurare un prete a tutte le parrocchie. D’altro canto negli ultimi 30 anni è cresciuta la consapevolezza ministeriale nei battezzati e nei laici, non solo impegnati nella pastorale, ma anche formati alla lettura della Bibbia. Inoltre oggi si sottolinea che il isacramento del matrimonio, Insieme con l’ordine, fa parte dei “sacramenti del servizio della comunione”, per cui ambedue - afferma il Catechismo della Chiesa cattolica - ”conferiscono una missione particolare nella Chiesa e servono all’edificazione del popolo di Dio” (n. 1534). Non va poi dimenticata l’importanza attuale della forma associativa della testimonianza cristiana, che vede come “esemplare”, per lo stretto rapporto con la parrocchia e la diocesi, l’Azione cattolica. In tale situazione le unità pastorali possono essere una risposta a un fenomeno che si profila coi tratti della crisi ma che sollecita e favorisce in forma più evidente quel mutuo riconoscimento fra clero e laici, richiesto e avviato con il Concilio Vaticano II. Le unità pastorali possono favorire la nascita di nuovi ministeri laicali? Quali? Quali problemi potrebbero sorgere nel rapporto fra sacerdoti e laici all’interno delle unità pastorale? Come è possibile conservare la specificità di entrambi?Vista la reciprocità vocazionale tra i sacramenti dell’Ordine e del matrimonio in ordine alla missione della Chiesa, quali vie nuove potrebbero aprirsi nelle unità pastorali per la complementarità tra ministero sponsale e ministero presbiterale?

Il Concilio Vaticano II ha indicato no. I laici, in particolare, potrebbero eschiaramente per i laici il compito di “ri- sere chiamati a un maggiore impegno condurre il mondo a Cristo”. Una cor- sul territorio. Le unità pastorali, infatti, responsabilità che condividono con i richiedono un lavoro (più o meno comministri ordinati. Una vera rivoluzione plesso a seconda della situazione di che il Concilio ha sottolineato, ma che partenza) per costituire una comunità stenta ancora a trovare le sue strade. C’è coesa, che non sia solo la somma delle chi dice che il calo delle vocazioni sia, in parrocchie che le compongono. Orgaquesto senso, quasi una grazia perché nizzazione di momenti aggregativi, vispingerebbe, finalmente, a dare spa- sita delle famiglie, ascolto delle esigenzio a tutto il popolo di Dio, laici inclusi. ze del territorio sono solo alcuni dei Catechisti, animatori, responsabili di compiti che attendono i laici. Chiamati “gruppi di forse anche a un ministero nuovo, ascolto” “Possono essere una quello della ricerca di senso. Essenelle case, straordinaria occasione re compagni di strada, colmare i visitato- sia per valorizzare vuoti, andare incontro alla gente, ri delle i ministeri già esistenti parte di quella missionarietà sia per esplorare nuove fa famiglie, che oggi coinvolge i laici più che strade” accomi preti. Stando attenti però a lavopagnatori delle giovani coppie non rare insieme. Dividere chiaramente i avrebbero così soltanto un ruolo mar- compiti dei sacerdoti da quelli dei laici ginale o occasionale, non sarebbero non è possibile e forse neanche auspisoltanto collaboratori dei ministri or- cabile. C’è sicuramente una sfera che dinati, ma appunto corresponsabili spetta ai soli ministri ordinati e campi all’interno della Chiesa. Rileggere oggi che spettano ai soli laici, ma gli uni e l’Apostolicam Actuositatem ci pone di gli altri non agiscono separatamente. fronte al tema di quanto siano stati ef- Su molti terreni l’azione è comune e fettivamente coinvolti i laici nell’adem- sarebbe probabilmente un errore penpimento della missione della Chiesa e sare a sacerdoti tutti dediti al proprio nell’opera di evangelizzazione e santi- ministero che lasciano i laici andare ficazione dell’umanità intera Non solo per proprio conto, con una divisione ci ricorda anche una ..’ “particolare che è forma di ministerialità laicale” che è tutto il II rischio di quella esercitata - ed - espressamente contra- clericalizzazione è in riconosciuta dal Concilio - dall’Azione rio della agguato, laddove non cattolica. Le unità pastorali possono, c o r r e - si riesce a lavorare in équipe. Un gruppo in questo, essere una straordinaria oc- sponsa- stabile sembrerebbe casione sia per valorizzare i ministeri bilità. più adatto a valorizzare già esistenti, in particolare il lettorato nelle differenze il ruolo e l’accolitato, sia per “esplorare” nuove di ciascuno strade e capire se esistono - e quali siano.- altri, doni da valorizzare. Con l’avvertenza di rispettare la laicità, il calo di vocazioni non può trasformare i laici in “quasi preti”. Un certo rischio di clericalizzazione è sempre in agguato, soprattutto laddove non si riesce a lavorare in équipe. Un gruppo stabile, infatti, sembrerebbe più adatto a valorizzare nelle differenze il ruolo di ciascu11


COMUNITA’ IN CAMMINO - SINODO SIOCESANO SULLE “UNITÀ PASTORALI”

Oratorio e pastorale giovanile.Spunti di riflessione sulla settima scheda di consultazione

L’ oratorio forma ancora?

Non si tratta di affidarsi solo alla ricerca di figure educative nuove, quanto piuttosto di reinterpretare il progetto educativo dedicando energie e competenze anche all’individuazione di percorsi formativi e di impegno L’oratorio è ancora un luogo significativo? La risposta non può essere formulata semplicemente attraverso un sì o un no. C’è da domandarsi quali sono le condizioni affinchè un luogo come l’oratorio possa dirsi significativo per questi ragazzi, adolescenti e giovani, il problema dell’organizzazione degli spazi o il tema del coordinamento tra le strutture dell’unità pastorale passa in secondo piano e rischia di diventare fuorviante se non si risponde con lucidità e schiettezza alla precedente domanda Così anche la preoccupazione di cosa possa.succedere con il venire meno del numero Se vogliamo dare nuovadei curalinfa all'esperienzali e delle oratoriana non possiamoenergie non accettare la sfida diche queuna progettazione chesti sono contempli la possibilitàin grado di proposte veramentedi dedicristianecare al presidio dello spazio oratoriano, magari distoglie l’attenzione dalle domande cruciali che ogni comunità deve porsi circa la propria capacità di orientamento reale alle sortì della pastorale giovanile nei propri tenitori. E cosa significa fare pastorale giovanile? Mi sento di poter individuare almeno due elementi che possono diventare altrettante piste di lavoro. L’oratorio è uno strumento della pastorale e non il suo obiettivo. Esso rappresenta l’offerta che la comunità cristiana fa ai giovani di uno spazio e un tempo di partecipazione che permetta loro di radicarsi nell’ambiente sociale ed ecclesiale. In questa prospettiva esso è a tutti gli effetti un lab-oratorio di vita che permetta ai giovani (in modo corrispondente alle esigenze delle diverse età) di riconoscere e dare senso alle azioni della propria vita quotidiana e di maturare una propria identità dentro la cultura del proprio ambiente, del proprio territorio. L’oratorio è allora uno spazio aperto, in continua relazione con i mondi abitati dai giovani e in continuo dialogo e confronto con tutti i soggetti

(pubblici e privati) che operano per e diverse forme attraverso le quali una con i giovani. All’oratorio oggi è richie- persona può realizzarsi nella propria sto di entrare in rete non soltanto con dimensione sociale e cristiana. le altre strutture oratoriane, ma con SETTIMA SCHEDA le politiche giovanili e con le diverse esperienze di volontariato che animano i paesi. L’oratorio è un luogo di incontro tra i giovani ed è l’offerta di uno spazio da animare, da costruire nello scambio generazionale. Se vogliamo dare nuova linfa all’esperienza Nella nostra diocesi l’oratorio raporatoriana non possiamo non accet- presenta un luogo ancora signi-

Pastorale giovanile Volto e passione educativa

tare la sfida di una progettazione che contempli la possibilità di proposte cristiane (ahimè solo C’è da domandarsi per pochi) non se l’oratorio è un luogo e l’offerta di significativo, aggregazioma quali sono ne per tanti le condizioni giovani oggi scarsamen- affinchè questo te impegnati luogo possa dirsi significativo e interrogati dalla fede. Non si tratta di affidarsi soltanto alla ricerca di figure educative “nuove”, quanto piuttosto di fare lo sforzo di reinterpretare il progetto educativo dell’oratorio dedicando energie e competenze anche all’individuazione di percorsi formativi e di impegno per i giovani che non riguardino soltanto ruoli educativi, ma che accompagnino la strutturazione dell’identità di ciascuno attraverso un orientamento (vocazionale) alle 12

ficativo per tanti fanciulli, ragazzi e adolescenti, che in esso trovano un ambiente adatto per la distensione, il dialogo, l’ascolto della Parola di Dio, la catechesi, la preghiera e un primo discernimento vocazionale. “L’oratorio accompagna nella crescita umana e spirituale le nuove generazioni e rende i laici protagonisti, affidando loro responsabilità educative. Adattandosi ai diversi contesti, l’oratorio esprime il volto e la passione educativa della comunità, che impegna animatori, catechisti e genitori in un progetto volto a condurre il ragazzo a una sintesi armoniosa tra fede e vita. I suoi strumenti e il suo linguaggio sono quelli dell’esperienza quotidiana dei più giovani: aggregazione, sport, musica, teatro, gioco, studio” (Cei, “Educare alla vita buona del Vangelo”, Roma 2010, n. 42). Di contro a questa autorevole illustrazione dell’attività pastorale negli oratori si osserva la crisi di alcuni oratori vuoti o scarsamente frequentati forse perché non possono contare sulla presenza costante del prete. In ogni caso, in vista della riorganizzazione della diocesi nella forma delle unità pastorali un ripensamento si impone anche nei confronti della pastorale giovanile e oratoriana. Quale coordinamento può assicurare una reale progettualità educativa agli oratori dell’unità pastorale? Quali azioni educative possono essere condotte insieme? Con quali strumenti e con quale rappresentanza dei singoli oratori?


COMUNITA’ IN CAMMINO - SINODO SIOCESANO SULLE “UNITÀ PASTORALI”

Aggregazioni e unità pastorali - Spunti di riflessione sull’ ottava scheda di consultazione

Per l’unica missione

Parlare di unità pastorali significa riprendere tutto a partire dallo scopo: testimoniare e mostrare una Chiesa viva e presente nella storia concreta degli uomini. In questo compito i movimenti e le aggregazioni sono una risorsa Quando si parla delle unità pastorali, viene I evidenziato che non si tratta di semplice strategia dovuta alla mancanza di clero, ma di, una opportunità per ripensare l'evangelizzazione e l'incidenza del cristianesimo nell'attuale contesto sociale. Si tratta cioè di La parrocchia riprendere tutto a non coincide partire dallo scopiù con le sue testimoniare “istituzioni”, ma po: e mostrare una si sviluppa con Chiesa viva e preil movimento di sente nella storia fede e di vita dei concreta degli uosuoi fedeli mini. Questa nuovo impulso missionario ha una conseguenza: allarga i confini della parrocchia. La parrocchia non coincide più con le sue "istituzioni", ma si sviluppa con il movimento di fede e di vita dei suoi fedeli. Certamente rimane come un punto "territorialmente" significativo, ma con uno sguardo e una passione che vanno oltre. Resta "Chiesa locale", ma con una coscienza più consapevole della "cattolicità" e dell'"universalità". Da questo punto di vista i "movimenti" e le "nuove aggregazioni" non costituiscono un problema, ma una risorsa. E saranno tanto più una risorsa quanto più si metteranno concretamente al servizio dell'unica missione per cui un prete è un prete e un laico è un laico. Certamente esiste anche un problema di giuste relazioni. E la voce del Magistero si è già più volte espressa su questa questione. Come semplice contributo a me preme ricordare che quando si usa la parola movimento più ancora che una realtà sociologicamente identificata si descrive quel dinamismo globale in base al quale la Chiesa continuamente si edifica: è il movimento

dell'Amore del Dio-Trinità che viene incontro all'uomo; è il movimento dell'uomo che va incontro al Figlio di Dio che viene; è il movimento dell'uomo che, guidato dallo Spirito Santo, aderisce alla convocazione ecclesiale entrando in comunione con i suoi fratelli di fede; è il movimento della comunità cristiana verso il mondo che ancora non conosce il Signore della vita; è il movimento del credente che, aiutato dalla grazia, penetra nelle misteriose profondità della realtà tutta, di cui Cristo stesso è il centro; è il movimento del fedele che scende sempre più addentro alle misteriose profondità del proprio cuore dove Dio abita. In nessun caso può essere giustificato un conflitto tra unità pastorali e movimenti. Ci possono essere momenti di fatica, di incomprensione o di peccato. L'incomunicabilità totale, se c'è, è perché nell'una o nell'altro sono all'opera germi di settarismo.

OTTAVA SCHEDA

Verso la pastorale integrata

Le aggregazioni ecclesiali vanno al di là dei confini parrocchiali e per questo possono favorire una maggiore apertura missionaria, come sottolineano i Vescovi proponendo ai movimenti e alle nuove realtà ecclesiali di incontrare nell'ottica della missione, la parrocchia, rispetto alla quale non devono essere alternativi: L'attuale situazione chiede di andare verso una "pastorale integrata", intesa come stile della parrocchia missionaria. Ciò significa realizzare gesti di visibile convergenza, all'interno di percorsi costruiti insieme fra le diverse I movimenti e le nuove parrocchie. In questo l'Azione aggregazioni non costituiscono Cattolica ha una rilevanza parun problema, ma una risorsa. ticolare, a motivo della sua deSaranno tanto più una risorsa dizione stabile alla Chiesa dioquanto più si metteranno cesana e per la sua collocazione al servizio dell'unica missione all'interno della parrocchia. Non essendo un'aggregazione tra le altre, dovrebbe essere attivamente promossa in ogni parrocchia o unità pastorale. Da essa è lecito attendersi che continui ad essere quella scuola dì santità laicale che ha sempre garantito presenze qualificate di laici per il mondo e per la Chiesa. Nella prospettiva delle unità pastorali, due punti appaiono particolarmente critici: la "competenza" del presbitero coordinatore a presiedere una realtà così complessa nella valorizzazione delle diversità all'interno di un progetto comune; II maturo senso ecclesiale di movimenti e associazioni, nel sapersi far carico delle esigenze del territorio, dei bisogni della missione e della edificazione della Chiesa, rifuggendo da logiche di visibilità e di contrapposizione. 13


COMUNITA’ IN CAMMINO - SINODO SIOCESANO SULLE “UNITÀ PASTORALI”

Cultura e comunicazione- Spunti di riflessione sull’ nona scheda di consultazione

L’anima vitale dei media II caporedattore della redazione bresciana del “Corriere della Sera” racconta come gestire al meglio i mezzi di comunicazione del territorio che possono facilitare il cammino verso l’unità pastorale delle parrocchie

La Chiesa è sempre stata maestra di comunicazione. Per secoli dai pulpiti, dalle pagine intrise d’inchiostro e persino dalle pareti dipinte delle chiesa ha svolto il suo compito - l’annuncio - secondo modalità aggiornate, colte o popolari, emoI Giornali della zionali o raffinacomunità te a seconda del godono di pubblico. Nepbuona tradizione pure la società di e rispettabile massa ha spiazreputazione, zato la Chiesa che entrano in case nella temperie che serrano la del Secolo breve porta agli altri ha forgiato megiornali dia (radio, giornali, riviste, case editrici) di assoluta modernità. Le cose sono cambiate negli ultimi tré-quattro decenni, quando la società di massa è andata trasformandosi in civiltà dei media dominata dall’immagine. In concomitanza i media cattolici sono stati messi all’angolo, relegati al rango di strumenti specialistici o di nicchia L’immagine che meglio rispecchia questa situazione è la disposizione dei libri nella grandi librerie generaliste: i libri cattolici, quasi fossero destinati a una setta di lettori, sono affogati in mezzo a testi di culture orientali e voga, nella sezione “religioni” che di solito viene dopo rispetto a “Viaggi” e “cucina”. Un singolare destino attribuisce compiti specialistici e ruoli marginali ai media cattolici, lasciandoli esposti alle occasionali, bislacche reprimende alla Celentano. Ora, non saranno certo gli strumenti di cui dispongono le parrocchie (e le unità pastorali) a ribaltare una situazione che ha radici vaste e profonde. E tuttavia è giusto che tenga conto di questo contesto chi si occupa dei media delle comunità cristiane locali. Media che godono spesso di buona tradizione e rispettabile reputazione, entrano in case che serrano la porta a ogni altro giornale, raggiungono un pubblico selettivo, susci-

tano interesse per la prossimità assoluta a lettori e temi toccati. Come gestire al meglio questi rispettati mezzi di comunicazione? Guardando con la stessa cura agli strumenti e ai contenuti. Lo strumento essenziale è una redazione. Perché questi media non si sottraggono al destino dei loro confratelli “laici”: sono imprese collettive in cui è importante si trovino persone che hanno il dono, la vocazione, la grazia della comunicazione nelle forme più diverse: grafica .e fotografia, inchiesta e articolo di fondo, intervista e infografica, stampa e diffusione. Mettere in circolo ed esaltare le qualità di un gruppo di persone simili è necessità primaria. C’è poi il contenuto, non meno essenziale. Meglio sarebbe parlare di “anima” che questi media devono avere. Essa sarà tanto più spiccata, personale, forte, quanto più ci sarà fedeltà all’ispirazione di fondo e adesione ed empatia con la comunità a cui ci si rivolge. Solo così questi strumenti (giornale, radio, sito internet) eviteranno di essere stanca riproduzione di materiali confezionati altrove e diventeranno lievito, sguardo critico, fermento, indagine, agorà locale. Nella fase fondativa di tante unità pastorali, questi mezzi potranno risultare essenziali per mettere in comunicazione esperienze, problemi, soluzioni. Purché ci siano una redazione viva e un’”anima” autentica a plasmarli.

Nella fase fondativa di tante unità pastorali, questi mezzi potranno risultare essenziali per mettere in comunicazione esperienze, problemi, soluzioni

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NONA SCHEDA

Crescere nel senso di appartenenza Anche la comunità cristiana, come qualsiasi corpo sociale, trova nella qualità della comunicazione una delle forme necessarie per la crescita del senso di appartenenza, dello “spirito di comunione”. Più la qualità della comunicazione è buona, più le relazioni tra le persone sono autentiche, più cresce la percezione della bellezza del cammino comune. La pastorale della cultura e della comunicazione si deve ‘muovere entro la progettualità della comunità cristiana. La progettualità immette la comunità cristiana nel tessuto vivo della società, dando spessore alla missione. Essa si rivolge all’interno della comunità e all’esterno, nel territorio. Dentro la comunità cristiana occorre richiamare l’attenzione sui cambiamenti del mondo e sulla cultura che in generale costituiscono opportunità pastorali e motivo di crescita pertutti. Dentro il territorio, le comunità cristiane devono stabilire relazioni costruttive con le realtà culturali, sociali, amministrative e associative, senza sudditanze e sottomissioni. Si ritiene necessario che in ogni unità pastorale ci sia un numero di animatori della comunicazione e della cultura che potrebbero farsi carico di una progettazione comune a livello di unità pastorale? Come prepararli? Quali strumenti di comunicazione (giornale della comunità, sito internet, sala della comunità...) potrebbero favorire il cammino e la vita stessa delle unità pastorali? Quali strumenti dovrebbero restare a servizio della singola parrocchia e quali a livello di unità pastorale?


Voci fuori coro, voci nella comunità, voci ... Ecco le nostre impressioni sulla catechesi che stiamo svolgendo insieme agli altri genitori La nostra testimonianza sulle riunioni per i genitori che partecipano al percorso della nuova iniziazione cristiana, è sicuramente positiva. Pensavamo non fosse facile riuscire ad interagire ottimamente su alcune tematiche, di approccio delicato e importante, invece c’è sempre un rapporto di quasi totale collaborazione, ricco di spunti personali,religiosi ed emotivi. Risulta piacevole il dibattito, anche perchè il terreno era fertile già l’anno scorso nella scorrevolezza del dialogo, quest’ anno c’ è stata una fluidità ancora maggiore che ci ha permesso di riflettere e approfondire alcuni aspetti presenti nella vita di ognuno di noi. Tutto ciò rappresenta, grazie ai nostri figli, un’ altra bella opportunità di umiltà e di crescita. Giancarlo e Maria Rosa, Botticino Mattina Egregio don Raffaele e comunita’ tutta, abbiamo iniziato questo cammino sei anni fa con il catechismo di nostra figlia in preparazione alla cresima e comunione, che tuttora continua. Una domenica al mese noi genitori ci riuniamo presso Parole, parole, parole (verifica in un centro di ascolto) l’oratorio di Botticino Sera e parliamo della nuova catechesi. A presiedere per noi genitori c’è il signor Cesare Ca- L’interrogativo più ricorrente : come essere collaborativi sali, persona molto erudita, possiamo dire una vita per la prima e corresponsabili poi in una realtà dove esistono sì molteplici occasioni per incontrarci e confrontarci, che punChiesa. Durante il periodo dell’avvento dello scarso anno ci è stato tualmente però vengono disattese . Non ci si conosce più, chiesto se volevamo ospitare il centro d’ascolto presso la si fa fatica a trovare il tempo per parlarci, soprattutto per nostra abitazione e noi con piacere abbiamo accolto que- i giovani mancano punti di riferimento, adulti significativi sta richiesta. Tutto ciò ci aiuta molto nel nostro cammino che si occupino di loro e con loro costruiscano progetti fatdi fede, ad ogni incontro si impara qualcosa di nuovo e il tibili. nostro bagaglio di fede si arrichisce di più, quindi si e’ sti- Il nostro essere comunità deve partire dalla condivisione del progetto cristiano, che Gesù ha pensato per noi, Cristo molati ad un impegno maggiore in tutto. Avendo tre figli piccoli, lavorando entrambi e non avendo non è un’utopia, è una persona che ci ha indicato chiaranessun parente qui, abbiamo poco tempo a disposizione, mente un percorso, sta a noi condividerlo e incamminarci su questa strada tracciata, senza fingere di non sapere più ma siamo felici di fare questa bellissima esperienza. Auguriamo a tutti una buona Pasqua e invitiamo tutti a dove andare in questa selva che la società attuale costruipartecipare ai centri d’ascolto. Parlare di Dio fa solo bene sce intorno a noi. E’ problema la mancanza di visibilità del nostro essere coall’anima. Famiglia Di Maio munità, ancora imperfetta, ma in itinere ;dobbiamo cercare ciò che unisce , nel rispetto delle differenze, evitando il Anche i Centri di Ascolto di questa Quaresima 2012 pericolo dell’omologazione. sono una bella ed utile esperienza. La nostra fede, ben fer- Sarebbe opportuno formalizzare momenti che permettano ma e inamovibile sulle sue basi (fede, speranza e carità) ha di incontrarci al di là della messa domenicale, essere “conperò bisogno dell’orientamento necessario per affrontare vincenti” e “concorrenziali” con la molteplicità di proposte le nuove circostanze di vita sopravvenute negli ultimi anni. apparentemente più allettanti e comode. La nostra mentalità, fossilizzata negli antichi schemi di Basta leggere i numeri di chi partecipa alle varie iniziativita, stenta ad aprirsi verso quella novità che è l’unità pa- ve proposte dalla parrocchia, è proprio così vero che sono storale, che pur dovrà entrare a far parte del nostro modo troppo impegnative, oppure facciamo sempre e soltanto scelte di comodo? A chi interessa la formazione, la musica, di vita. I nostri animatori sono per fortuna molto ben preparati la poesia, la cultura, la fede? O ci siamo proprio imbarper guidarci in tal senso. La nostra animatrice, cui siamo bariti o le nostre proposte non sono appetibili, ma non affezionati, ascolta simpaticamente i nostri brontolamen- vogliamo il consenso a tutti i costi…… ti, le nostre reazioni a volte impulsive, dandoci poi sempre Allora? …. bisogna avere ben chiaro dove siamo e dove vogliamo andare , con pazienza tessere una rete di reladelle risposte equilibrate quando non illuminanti. Non manca comunque la buona volontà di tutti per an- zioni positive ed essere testimoni di uno stile di vita sobrio, aperto al dialogo, uno stile di ricerca del bene comune, sendare avanti. Sarebbe un bene che i partecipanti fossero più numerosi. za lasciarsi scoraggiare da una realtà sociale e politica che Bisognerebbe saper promuovere questa partecipazione. apparentemente sembra ignorarlo o boicottarlo. Inoltre il distacco tra Pasqua e Natale è notevole. Non si Contiamo sulle nostre forze e convinzioni che devono dipotrebbe colmarlo? Che la divina Provvidenza ci assi- ventare sempre più salde e sull’impegno presbiteriale capace di dialogo, di sintesi, di confronto, di coordinamento , sta e ci benedica! Giovanni Pescimoro di discernimento e stimolo. 15


VITA SIALEug E ECCL

Tempo e cuore per l’altro

La Chiesa senza relazioni è una comunità senza anima. L’incontro e l’ascolto reciproco alimentano la persona e la fanno crescere. Le parole appassionate di un parroco raccontano la vita del prete, la sua sete di relazioni umane, la consapevolezza dei suoi limiti, la coscienza della missione che gli è affidata. Chiamando in causa anche il laicato a cui spetta sostenere e condividere, ma pure scuotere e spronare.

“P

rete, sacerdote, reverendo, padre, don ...». Non ha importanza come viene chiamato. Non ha neppure importanza se è vecchio o giovane. Se è al passo con i tempi oppure in ritardo con il tempo, se è coraggioso o timido, brillante o impacciato, capace o incapace. È sempre una persona chiamata a seguire più da vicino il suo Maestro per poi essere ributtata in mezzo agli uomini del suo tempo. È un prete che corre. Corre da Dio per parlargli della sua gente. Corre dalla sua gente per parlarle di Dio. Questa sua missione la fa, a volte bene e a volte male. In modo convincente o in modo abitudinario. Un prete si sente sempre inadeguato di fronte al mistero di questa chiamata gratuita. Un prete si sente sempre in ritardo di fronte al mistero di una missione mai terminata. Un prete si sente sempre distante di fronte al mistero di tutti i misteri di cui è ministro. Il prete è chiamato e mandato, e vive la sua esistenza fatta di debolezze, di slanci, di eroismo, di entusiasmo...

Preti giovani e preti vecchi. Preti pieni di difetti, peccatori, deboli, fragili. Ma preti. Preti che tirano come dei muli e preti che fanno il meno possibile. Preti che abbandonano. Preti che stentano. Preti che resistono. Preti peccatori e preti santi. È difficile aver a che fare con i preti. Ma non è impossibile. E voi, laici, come potete prendervi cura di un prete?

Il servizio dell’affetto II prete ha bisogno di affetto. Di sentirsi amato, stimato, capito. Se nessuno ha diritto di giudicare gli altri a maggior ragione lo deve fare sull’uomo sulle cui spalle Cristo ha gettato il suo mantello, come Elia ha fatto con Eliseo. Affetto. Aiuto ad essere pienamente ed autenticamente uomo. Amate il prete così com’è, senza pretendere che diventi una persona come la gente vorrebbe. Amateli tutti, i preti, simpatici o no, in gamba o no. Anche se fossero incostanti. Anche se fossero burberi. Anche se fossero in crisi di identità. Il vostro sguardo sia sempre uno sguardo buono. La lingua usi sempre parole benevoli. Il cuore sia sempre gentile. O c c o r r e essere affettuosi verso i preti c o m e 16

lo sono i nonni. Indulgenti come lo sono le mamme. Concreti come lo sono i papà. Focosi come lo sono gli innamorati. Con il cuore in mano come lo sono gli adolescenti. Semplici e affettuosi come lo sono i bambini. Se è difficile amarli per la loro «carrozzeria», amateli per quello che sono.

Il servizio della disponibilità Una disponibilità, prima di tutto, intcriore. Aiutateli a portare le croci. Sovente il prete ha la sensazione di non essere capito, di essere travisato. La croce nasce per la distanza che si instaura tra l’ansia del prete e la calma e la cautela della gente. Nasce così lo scoraggiamento cui si aggiunge il pettegolezzo, la critica, la mormorazione. E il prete cerca di far capire, di spiegare che le cose dovrebbero andare invece in un altro modo. Una disponibilità che si traduce, per voi laici, in gesti concreti. Non tanto nel fare questo o quello, ma nel fargli capire che si condividono le scelte che fa. Qualcuno che condivida le sue proposte. Qualcuno che condivida il peso stressante e continuo di un lavoro che, tutto sommato, è sempre al servizio della comunità cristiana Una disponibilità che si trasforma in condivisione. Almeno sulle cose essenziali. Disponibilità nell’aiuto, nell’ascolto. Ascoltate i loro sfoghi. Ma anche disponibilità a scuoterli un po’, qualche volta.

Il servizio del servire Fategli capire che è utile ma non indispensabile. Servite senza giudicare. Servite mandando giù, a volte, un boccone amaro. Mettendo da parte un proprio progetto. Servite con delicatezza, senza far pesare.


suoi progetti, nella sue gioie, nelle sue difficoltà, nelle sue mancanze, nelle sue vittorie, nelle sue sconfitte, nelle sue delusioni, nelle sue amarezze, nelle sue aspirazioni. Quando una casa parrocchiale non ha le poltrone e le sedie logore, è una casa parrocchiale senza anima. Significa che in quella casa si va sempre di corsa. Non c’è tempo per fermarsi. Non c’è tempo da dedicare all’altro. Qualunque esso sia. Qualunque sia il suo problema. Fosse anche un prete. Un tempo per dare speranza. Un tempo, forse senza dire niente, ma passato solamente ad ascoltare. Un tempo prezioso. Un tempo che mette al centro la persona.

Ecco il servizio della sostituzione. Pregate per i preti. Perché si convertano. Perché siano fedeli. Perché siano contenti. Perché siano coraggiosi. Ecco il servizio della preghiera. Siate amici dei preti. Un’amicizia semplice, essenziale, di poche parole. Un’amicizia che vi permette di offrire la vostra spalla, la vostra casa, la vostra tavola. Gli amici veri ascoltano, correggono, sopportano, camminano insieme. Ecco il servizio dell’amicizia. Ed io, prete, cosa posso fare per Il servizio della fraternità un mio confratello? Essere «compagno di viaggio» come è successo in quella prima Il servizio dell’ascolto Pasqua cristiana sulla strada per Oggi tutti sentiamo il bisogno Emmaus. La fraternità mi porta a suche ci sia qualcuno che ci ascolti. perare l’individualismo che è in me In famiglia, nel mondo del lavoro. e nell’altro. Un individualismo che Tra gli amici. A maggior ragione per rischia di essere una seconda pelle chi è chiamato ad essere «uomo dalla corteccia molto dura. Una fraternità sullo stile della Bedell’ascolto». tania del Vangelo: Perdere un po’ del mio tempo per • luogo di serenità e di pace che un prete come me, tutto sommato Gesù trovava nell’amicizia con Marnon è una perdita di tempo. Tempo in qualsiasi momento. In qualsiasi ta, Maria e Lazzaro; • luogo del pianto di Gesù, della ora. Trovare un po’ di tempo e non morte dell’amico e della vita che fioliquidarlo con due parole fredde e risce dalla tomba al risuonare della scortesi. Un tempo che non si può programmare. Ma va accolto quan- voce del Figlio dell’uomo; ma anche do arriva. Ascoltarlo come uomo e luogo del pianto di Gesù per l’ostilità come prete: nei suoi desideri, nei delle autorità nei confronti della sua parola; •luogo del confronto schietto e sincero, un confronto che porta all’ascolto reciproco per essere sempre più fedeli a Dio e all’uomo; •luogo dell’accoglienza che si trasforma in servizio e in disponibilità ad accogliere la parola del Maestro; • luogo in cui azione e contemplazione si intrecciano in una perfetta armonia. Una fraternità che Relazioni fraterne tra ministri ordinati trova la sua concretez17

za nel presbiterio diocesano. Siamo preti per l’ordinazione sacerdotale. Siamo ordinati preti ed inseriti in un presbiterio. Aiutare un mio confratello a non vivere isolato (anche se lo vorrebbe), ma a sentirsi accolto e rispettato. Una fraternità semplice, delicata. Una fraternità che mette al primo posto innanzitutto la persona, senza dimenticare i lati deboli della vita sacerdotale. Una fraternità fatta di piccole cose: un pranzo insieme, una gita fuori porta, un pellegrinaggio, un viaggio... Tutto serve per testimoniare agli occhi del mondo la nostra gioia di essere preti. Prima si è testimoni e poi si è preti.

Il servizio del perdono È la strada del disgelo. È liberante! È la grande parola di speranza che il Padre pronuncia su una persona. Anche su di un prete. Tutti sentiamo il bisogno di questo amore. A maggior ragione un prete. Credo che il prete, quando ascolta e poi assolve, può con tutta sincerità dire: «Anch’io». Prima di trasmettere il perdono di Dio: «Va in pace; la tua fede ti ha salvato», questa parola è anche per chi la pronuncia. Per il prete stesso. Egli non può dare l’assoluzione senza prima sentirla indirizzata verso di sé. La misericordia di un prete ha il suo segreto: egli sa di essere peccatore più di quelli che confessa. Per questo motivo, la misericordia non è merito nostro ma dono di Dio per tutti. In primo luogo per il prete che deve donare questo amore. Un prete che riceve il perdono di Dio da un altro prete è il segno più bello e più eloquente del filo conduttore che lo unisce a Dio e nello stesso tempo lo riaggancia ai suoi fratelli. Quel segno di croce tracciato e fatto sulla mia persona dice tutto l’affetto e l’amore che Dio ha per me e per il mio confratello. Il perdono è accoglienza e non esclusione. Il perdono è compassione e non giudizio. Il perdono è abbraccio e non dito puntato contro qualcuno. Il perdono è avere cuore per le miserie altrui, di qualsiasi genere (quelle miserie che, prima di tutto, trovo dentro di me). La misericordia e il perdono sono innanzitutto un atteggiamento, un modo di sentire e di vedere. La misericordia mi ricorda che devo «vedere con il cuore». Prima viene il perdono e la misericordia e poi vengono le opere di misericordia.


l’orizzonte vita di chiesa

“demondanizzare”

la Chiesa

La Chiesa deve essere demondanizzata. È il severo monito espresso da papa Benedetto nel suo viaggio apostolico in Germania. È un richiamo a rinserrare le file? È, al contrario, una sollecitazione ad eliminare ambiguità? Papa Benedetto XVI, nel suo viaggio apostolico in Germania, ha avuto modo di ribadire alcuni concetti che a molti sembreranno “rivoluzionari” e ad altri semplicemente aderenti al Vangelo. Altri ancora riconosceranno il fatto che è proprio il Vangelo ad essere “rivoluzionario” e portatore di “scandalo”, cioè di quello “sandalo primario della Croce”, ricordato proprio dal papa nel suo discorso al Konzerthaus di Friburgo. Così, nella stampa del giorno dopo, il sommario pressoché unanime che sviluppava le titolazioni recitava “per compiere la sua missione, la Chiesa prenderà continuamente le distanze dal suo ambiente, deve, per così dire, essere demondanizzata”. E proprio quest’ultima parola ha scatenato interpretazioni di segno opposto. Chi ha visto un nuovo richiamo a rinserrarsi nelle sacrestie per non essere contaminati dal mondo; e chi si è messo in attesa di una ripulitura da segni di potere che assimilano al mondo. I più papisti del papa - vedi certi siti online e certa radio - si sono messi subito in difesa, prendendo come sempre ciò che piace, e stracciando il resto: non ci può essere nulla nella

Ritorno nostalgico al passato

Chiesa che debba essere cambiato. E se proprio si deve cambiare, si torni alle Messe barocche, con i camici a pizzo, con presuli che riesumano code episcopali; e ci si metta con le mani strettamente giunte, e ci si inginocchi per ricevere il corpo del Signore, naturalmente solo in bocca; e, se appena si riesce, si tolgano le nuove mense per celebrare rivolti alla parete. A proposito gira una leggenda: che la volta in cui si è fatto celebrare il papa nella cappella Sistina sul vecchio altare sotteso al Giudizio michelangiolesco, gli sia caduto l’anello piscatorio: sarà un segno? O solo una malignità? Nonostante le precise parole che potrebbero finalmente soffiar via stereotipi in cui ci si è adagiati: “Come deve configurarsi allora concretamente questo cambiamento? Si tratta qui forse di un rinnovamento come lo realizza ad esempio un proprietario di casa attraverso una ristrutturazione o la tinteggiatura del suo stabile? Oppure si tratta qui di una correzione, per riprendere la rotta e percorrere in modo più spedito e diretto un cammino?”. Ci stanno, nel quotidiano della Chiesa, vecchie problematiche che rischiano di diventare antiche, e rinnovati ripassi, magari di assalto anticlericale, che domandano spazio. Ci sta soprattutto ciò che nella Chiesa si pensa della Chiesa. Veniamo ascoltati? Da molte parti e molte volte è risuonata la parola parresia: nei Sinodi dei vescovi, negli scritti di teologi, nelle assemblee ecclesiali di base. Si vuole il parlare franco che corregge e indirizza, nel rispetto delle persone, ma nella denuncia di situazioni poco chiare. Prendere come manna l’impegno del cardinale presidente dei vescovi italiani a rivedere situazioni ambigue riguardo alle tasse sugli immobili ecclesiastici, non è forse disconoscersi quella ordinarietà di cittadini alla 18


l’orizzonte vita di chiesa Diogneto? Che, se sono diversi, lo sono nel precedere i non cristiani nella legalità? “Certamente, anche le opere caritative della Chiesa devono continuamente prestare attenzione all’esigenza di un adeguato distacco dal mondo per evitare che, di fronte ad un crescente allontanamento dalla Chiesa, le loro radici si secchino”. È ancora ammonimento del papa. Ma a volte uno si chiede se nella Chiesa non ci sia una specie di dissociazione: testi e discorsi che rincuorano, e azioni che non conseguono; uomini chiamati alla responsabilità apostolica che sono scelti in forza di una affidabilità che non scomponga, per un’obbedienza senza parresia; uomini e donne divorziati con i quali si pensa d’aver chiuso la domanda di una fede che chiede comunione. Demondanizzarsi è rifiutare le logiche del denaro: che ne direste se lasciassimo mancare strumenti di evangelizzazione, solo per non impoverirsi di sostanze terrene? Solo per il pretesto di non poter perdere, neppure per il Vangelo? Ci si domanda, sui sagrati domenicali: Chiesa della misericordia, o chiesa di burocrazia? Chiesa che si centra sugli uomini, o chiesa che si arrocca nel centro? e dunque si mette nella tentazione del potere? (cinque mesi prima di essere eletto papa, il cardinal Ratzinger disse: una Chiesa dalle dimensioni mondiali … non può essere governata in modo monarchico). “Essere aperti alle vicende del mondo significa quindi, per la Chiesa “demondanizzata”, testimoniare, secondo il Vangelo, con parole ed opere qui ed oggi la signoria dell’amore di Dio”. Fare quaresima e poi in seguito - può chiamarci finalmente a uscir fuori da devozioni che non cambiano, per interrogarci sul vaglio severo che ci sta chiedendo la storia: chiese deserte, seminari vuoti, conventi in vendita. Lo sa Dio perché, dicono. E noi no? Ritorno nostalgico al passato

ÈL PRÈT DEL’UNITÀ La séra che a Matina ta sèt riàt Siem en tàncc ‘en césa aspetàt Ma a dil tra me e tè Sie mia convitò ne sudisfat Del cambiament che ghièf ambiat (u.p.) Tanto lè che dòpo mesa a dat la ma somiò fermat Mia a tocc sté noetà la gha piasia E me riae miò a capi el bisògn de sté muli I Spuditù i staò là, i gha l’ha bela e grandò la cèsa I Sangali la cèsa so la i gha l’hà Noter Maranù nela nosò cèsa staem bé Lìo a poch che lìem gìostada Che bisògn ghìà de ambià fora sté menàdà L’unità Pastorale la capie pròpe mìò La zént la mogognàò e le us che giraò le dizìa “Sapolmia, ghàrom on prèt che fàa e brigà De ché de sà e de là e èl tègnarà pè e ma En tré frasiù, el sarà on calderù Tra Sangali Spodecc e Maranù” Ma ucurit òn pòde tép e j’eventi che ghè stàt: (La visita del papa e chel S.Tadi che sent agn fà Le stàt prét a butizi i mà aidàt e fat capì) Che divider le fadighe e afrontà en sema le difficoltà Ghè pò bèl e sa trùbùla la metà Le feste fade en sèma i’è pò grande e pò bèle Sa le gòstà de piò e le da felicità, chesto fa comunità Aidas Condivider e Partecipa Prèt dela zènt che gha gnamò digerite l cambiamènt Prèt dela zènt dei sé e dei mà Prèt dela zènt che scultà e sta a ardà Prèt dela zènt che con te laurà e sa dà de fa Prèt che con impegn e volontà él mà portàl all’unità Ta set tè chel prèt, èl nòs prèt, èl prèt de tòcc nòtèr Óna ròba òi dì amò, al tò capo (nòst pastur) Dighe che le unità pastorali j’a faghe por sènso timur Gha sarà difidensà ostacoi e dificoltà de supera Sé sa le afrontà ènsèma con tòtó la comunità Con òna guida che indica la strada de fa Le unità pastorali le sarà na realtà.

Botticino 4-marzo2012 Antonio Coccoli

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l’orizzonte vita di chiesa

Una brutta bestia: il clericalismo Quali i segnali di questo fenomeno? È possibile identificare le cause e individuare le terapie? Una delle conseguenze più preoccupanti dell’abbandono dello spirito del Vaticano II è una recrudescenza del clericalismo. Si pensi ad atteggiamenti quali: concezione del proprio ministero come ruolo sociale legato a privilegi e forme di potere, non valorizzazione del laicato fino al dispezzo di esso, maschilismo verso laiche e religiose impegnate in parrocchia, chiusura verso il mondo esterno, liturgie ampollose e spettacolari, propensione a ostentare il proprio status attraverso titoli (persino su Facebook si sente il bisogno di anteporre il “don” o il “mons”, dimenticando la natura e lo spirito del social network che non annulla i ruoli, ma li pone in altro contesto: è il “libro” delle “facce” non dei titoli!). Sturzo, in uno scritto del 1902, descriveva il clericalismo come l’essere “in segregazione completa, totale della vita”, tanto da non conoscere “nulla di civiltà, di progresso, di scienze, di nuovi libri, di politica, di agitazione di partiti, di relazioni economiche, di aspirazioni popolari, di liberalismo o di socialismo, di democrazia cristiana e di Opera dei Congressi, di lotte amministrative e di documenti pontifici (elementi giornalistici della giornata)”, capace solo di pensare “alla benedizione, al messale, al breviario e al predicozzo a pochi fedeli, riuniti in chiesa”, spesso “senza tradizioni vive, né adeguata educazione, senza palpiti, senza idee (che si matu-

rano negli anni giovanili), disorientato, impacciato, inadatto”, che scrive “il giornale come la predica, crede il Comitato (d’azione cattolica) un seminario, la Sezione giovani una camera di alunni, e finendo per portare nell’ambiente delle associazioni cattoliche un piccolo mondo antico, che si potrebbe chiamare l’anticamera del Seminario, della Sacrestia”. Descrizione di 110 anni fa: molto differente dal nuovo clericalismo? All’origine: la paura Ma veniamo alle cause. È ovvio che, parlando di una sfera personale ed educativa, non si vuole giudicare nessuno, ma solo comprendere perché l’essere pastori, ministero così bello e profondo, venga vissuto in una maniera così deteriore che ha poco a che fare con l’essere di Gesù tra i suoi e con i suoi, con il suo rifiutare ogni forma di ipocrisia, saccenteria, ampollosità, privilegi di casta, ma ponendosi come servo di tutti, con umiltà e tenerezza. Ho conosciuto da vicino un vescovo: Michele Mincuzzi (1913-1997). La sua amicizia e la sua profondità mi hanno insegnato tante cose. Del clericalismo lui scriveva: esso è “potere: e come ogni potere ha paura ed è portato a quantificare. La paura, che è l’opposto della fede, porta alla diffidenza, alla disistima, alla solitudine; porta a confidare nei mezzi terreni, nell’astuzia, nell’organizzazione, nelle alleanze compromettenti”. Interessante il binomio potere-paura. Ovviamente Mincuzzi non si riferiva al potere testimoniato da Gesù, in parole e opere, ma a quella forma di potere immaturo e spesso deleterio; per intenderci quello che Gesù rimprovera ai farisei e agli scribi (Mt 23). “Il partito clericale non è il partito della religione di Cristo. Grattategli la vernice e troverete sotto il partito dei farisei, cioè dei padroni”, tagliava corto Agostino Gemelli. In fondo parliamo di un modo di 20


l’orizzonte vita di chiesa vivere il potere molto simile a quello dei politici immaturi e immorali, che spesso (giustamente) critichiamo, cogliendo la loro “pagliuzza” e trascurando la “trave” clericale.

minario, parrocchie, gruppi e movimenti - che il clericalismo sia la risposta più adeguata alla crescente scristianizzazione odierna. Ma è esattamente il contrario: ogni recrudescenza clericale genera, in maniera opposta e contraria, una recrudescenza Questo tipo di potere malsano genera paura. Difatti anticlericale (altra “bestia” di cui dovremmo parlamolto spesso i pastori affetti da clericalismo sono re). anche molto paurosi. Hanno paura dei mondi lontano dal nostro, di coloro che non frequentano o Per evitare clericalismi (e anticlericalismi) ci è chienon credono, di particolari persone verso cui spes- sto di monitorare continuamente il rispetto e la so esprimono fobia (donne, omossesuali, separati, prudenza nel valutare la realtà di oggi. Un pastodivorziati), delle persone preparate e critiche, del re autentico ha cura per le persone e amore per lo ritrovarsi fuori dal piccolo mondo antico della sacre- studio, insieme a tanta calma, pazienza, coraggio e stia. lungimiranza nello studiare quanto succede dentro e fuori di noi: ciò vale sia nelle relazioni interpersoLa terapia: la novità della Parola nali che nella pastorale. Il clericalismo è integralista, reazionario, arroccato nella difesa a qualsiasi “Il clericalismo - continuava Mincuzzi - è tendenzial- costo, poco rispettoso della complessità e poco atmente conservatore, cioè antistorico, antibiblico: tento alla gradualità del ricercare, sapere e trasmetperché la novità della Parola porta ad una visione tere. Il clericalismo preferisce condannare il mondo della storia che non è chiudersi nel ciclo ma rom- nonsalvarlo. E la condanna è frutto di gente, come pere il ciclo per andare avanti verso i tempi ultimi, ricorda Maritain, dall’intelletto molle e dal cuore arii cieli e la terra nuovi. Il peggio si verifica quando do; l’amore, invece, appartiene a chi ha l’intelletto contagiamo i laici con il nostro clericalismo. Il cleri- duro e il cuore dolce. O, con le parole di Benedetto calismo è pieno di saccenteria, è individualismo, è XVI, dovremmo dire: «Non c’è l’intelligenza e poi parrocchialismo come difesa del feudo”. l’amore: ci sono l’amore ricco di intelligenza e l’intelligenza piena di amore». Pensare il proprio ministero o comunità come un “feudo” vuol dire ritornare a posizioni preconcilia- La tentazione clericale è più forte di quello che può ri, se non proprio medioevali. Non a caso Mincuz- sembrare. Aiutano tanto le pagine dei grandi prozi denuncia l’anacronismo dello stile clericale della feti. Come quelle di Bernanos. Scrive nel Diario di Chiesa, che spesso arriva a costituirsi come una un curato di campagna: “Noi paghiamo cara, molto caricatura e per questo risulta insopportabile fino a cara la dignità sovrumana della nostra vocazione. Il provocare rigetto nei credenti, già a partire dai più ridicolo è sempre così vicino al sublime! E il mondo, giovani. di solito così indulgente verso tutte le forme del ridicolo, odia la nostra, d’istinto. La stupidità femminile è già molto irritante; la stupidità clericale è ancora Il clericalismo laicale più irritante della stupidità femminile, di cui d’altronLo stile clericale non colpisce solo i pastori, ma de sembra spesso il misterioso rampollo. L’allontaanche i laici. Un po’ tutti, molto spesso abbiamo namento di tanta povera gente dal prete, la sua anbisogno di una più chiara inversione di tendenza tipatia profonda, forse non si spiega soltanto, come rispetto al tanto ingiustificato clericalismo, duro a ci si vorrebbe far credere, con la rivolta più o meno morire. Esso - aggiunge Mincuzzi - “nella concre- inconscia degli appetiti contro la Legge o contro tezza storica delle sue manifestazioni è dominan- coloro che la incarnano”. za sul popolo dei battezzati e dei confermati, quasi che la partecipazione al sacerdozio di Cristo, sia dei ministri ordinati sia dei laici, avesse all’origine due sacramenti dipendenti. Il Battesimo e l’Ordine sacro sono due fonti autonome di partecipazione all’unico sacerdozio di Cristo”. Il riferimento ecclesiologico di Mincuzzi ci fa ben comprendere come i germi del clericalismo vengano seminati negli ambienti educativi attraverso approcci antropologici e teologici deboli e infondati, certamente non in sintonia con il Vaticano II. Alcuni pensano addirittura - ho in mente educatori di se21


l’orizzonte vita di chiesa

Fidarsi è meglio Che cosa c’è dietro l’espressione “mi fido”? Sicuramente tante attese ed esigenze. Coerenza, amore, competenza sono come il telaio su cui si tesse la fiducia Lo stato di crisi (culturale, economica, politica, relazionale, familiare) mette in discussione molti degli atteggiamenti fondamentali, sia dal punto di vista antropologico che etico. Uno di questi - non il solo, ma certamente tra i più importanti - è quello della fiducia: si va dalla fiducia nella politica a quella nei mercati e nel mondo del lavoro, dalla fiducia nell’affidabilità di alcune istituzioni a quella relativa alle relazioni quotidiane (amici, parenti, vicinato, colleghi, mondo ecclesiale). Ci chiediamo: la crisi di fiducia tocca anche l’ambiente cattolico? Credo proprio di sì. Si pensi, per esempio, a quello che sta succendendo nelle Chiese toccate dagli scandali della pedofilia o da scandali sociali, economici, razziali.

Quando dico “mi fido”

Partiamo con il richiamare innanzitutto che cosa intendiamo per fiducia. Essa, in ogni ambiente umano, a scuola o all’università, in un’organizzazione economica o politica, in una comunità di fede religiosa o in un’associazione culturale - direbbe Emmanuel Mounier - riveste un posto eminente e costituisce un sentimento irriducibile, in quanto ha origine nella fiducia incondizionata del bambino nell’adulto. Di là passa ad essere fiducia nell’altro, nelle istituzioni. Quando diciamo mi fido - dei miei genitori, di alcuni miei insegnanti e colleghi di lavoro, del mio parroco o catechista, del mio medico e del consulente della mia banca, del presidente di quel partito o associazione culturale, di alcuni politici e così via - in fondo stiamo dicendo che, da queste persone, mi aspetto che si comportino in una certa maniera e ciò succede. Per esempio affermare che mi fido del mio medico, vuol dire aspettarsi che mi accolga, mi comprenda, sia capace di dare un nome alla mia malattia (o disagio) e sappia come intervenire 22

per risolverla. Ovviamente, tutto questo, non come un automa ma come una persona che unisce competenza scientifica, tatto, maturità umana ed etica.

Aspirazioni, richieste, esigenze

Il processo del mi fido, dal punto di vista antropologico, come precisa Mary Douglas, comprende tutti i generi di aspirazioni, richieste, diritti, aspettative, esigenze. La fiducia nasce e si sviluppa nel momento in cui sappiamo e sentiamo che tali aspettative saranno realizzate. Il riferimento al sapere e al sentire ci porta così ad affermare che la fiducia coinvolge sia la dimensione intellettuale che emotiva; senza escludere né l’una né l’altra. Precisati questi punti possiamo ora introdurre una definizione. «Fiducia - scrive Antony Giddens - significa confidare nell’affidabilità di una persona o di un sistema in relazione a una determinata serie di risultati o di eventi, laddove questo confidare esprime una fede nella probità o nell’amore di un altro oppure nella correttezza di principi astratti (sapere tecnico)». Perché possiamo fidarci di una persona o gruppo, la sua affidabilità deve essere valutata in termini di correttezza morale, di amore e di competenze tecniche. I tre termini richiamano tre sfere della


l’orizzonte vita di chiesa nostra vita: il comportamento onesto (per i greci l’èthos eccellente o la probitas latina), la dimensione emotiva e quella cognitiva. Ovviamente è facile distinguere i tre elementi in sede teorica; sul piano pratico è quasi impossibile. Si pensi, per esempio, all’inserimento in parrocchia o in un gruppo di catechesi: quante emozioni, cognizioni e professionalità sono coinvolte e in quale modo?!

Il telaio della fiducia Consideriamo allora i tre elementi - correttezza morale, amore e competenze tecniche - come il telaio su cui si tesse la fiducia. Se si prende come esempio fondamentale quello della fiducia nei genitori - dalla psicologia ritenuta matrice di riferimento per le altre relazioni istituzionali - ci si accorge come il rapporto del figlio con i suoi genitori è un insieme di affetti, aspettative esaudite, conoscenza di comportamenti provati nel tempo. Succede lo stesso negli ambienti ecclesiali? In genere sì. In essi, come in ogni istituzione, va da sé che la fiducia non è automatica: non basta aderire e appartenere a una parrocchia o gruppo per fidarsi di esso. Ciò che pensiamo e sentiamo di esso è frutto di un cammino storico, necessitiamo di tempi congrui per verificare moralità, amore e competenze tecniche. Come dire che la fiducia si costruisce nel tempo e

vari sono i percorsi di costruzione talmente il riconoscere il valore e consolidamento. dell’altro, la sua potenzialità relazionale e la sua disponibilità ad Non va dimenticato che, specie in operare per il bene, nella misura ambiente cattolico, il tema della in cui ragionevolmente si prevede fiducia nelle relazioni si interseca che l’altro risponderà positivamencon quello della fiducia (o fede) te al mio invito-atteggiamento di in Dio. Non è questo il luogo per collaborazione. Questo tipo di atparlarne, ma va ricordato che teggiamenti richiama un principio chi vive con maturità e coerenza etico noto: quello della solidarietà. la sua fede in Dio, “riporta” tutto Riguardo a essa va precisato che questo anche sul piano umano, a la letteratura scientifica considera dimostrazione che non siamo sta- i due termini, cooperazione e soti creati a compartimenti stagni, lidarietà, strettamente collegati, ma siamo un’unica persona. Di- visto che il termine cooperazione ventare ed essere se stessi vuol si riferisce al concorso e alla coldire prendere coscienza di essere laborazione nella realizzazione di un’unità fisica, cognitiva ed emo- qualcosa, mentre il termine solitiva che deve relazionarsi con il darietà fa riferimento al sentire un proprio io, con gli altri, con Dio e vincolo, un legame con l’altro tancon la natura, includendo in essa to da operare in suo favore. la capacità lavorativa. E la fiducia tocca tutte le dimensioni costituti- Precisato questo percorso - fiduve e relazionali di una persona. cia-cooperazione-solidarietà - la nostra attenzione si volge al dato educativo. E qui ci sono di grande Fiducia e cooperazione aiuto le parole di Giovanni Paolo La fiducia, inoltre, vissuta e verifi- II: “La Chiesa ha fiducia anche cata nel tempo, porta chi aderisce nell’uomo, pur conoscendo la al gruppo a diventare soggetto at- malvagità di cui è capace, perché tivo in essa, ad offrire, cioè, il pro- sa bene che - nonostante il pecprio contributo di cooperazione. cato ereditato e quello che ciascuEsiste, infatti, uno stretto rapporto no può commettere - ci sono nella tra fiducia e cooperazione, come persona umana sufficienti qualità afferma con estrema chiarezza ed energie, c’è una fondamentale Robert Putnam: «la fiducia è il «bontà» (Gen1,31), perché è imlubrificante della cooperazione». magine del Creatore, posta sotto Ciò significa che decido di spen- l’influsso redentore di Cristo, «che dermi per gli altri, all’interno di una si è unito in certo modo a ogni comunità, (anche) perché mi fido. uomo», e perché l’azione efficace Dove per fiducia - vale la pena ri- dello Spirito Santo «riempie la tercordarlo - intendiamo fondamen- ra» (Sap1,7). Non sono, pertanto, giustificabili né la disperazione né il pessimismo, né la passività. Anche se con amarezza occorre dire che, come si può peccare per egoismo, per brama di guadagno esagerato e di potere, si può anche mancare, di fronte alle urgenti necessità di moltitudini umane immerse nel sottosviluppo, per timore, indecisione e, in fondo, per codardia. Siamo tutti chiamati, anzi obbligati, ad affrontare la tremenda sfida dell’ultima decade del secondo Millennio. Anche perché i pericoli incombenti minacciano tutti: una crisi economica mondiale, una guerra senza frontiere, senza vincitori né vinti” (SRS, 47). 23


si’ sono diacono A tre settimane dalla mia ordinazione diaconale mi trovo buttato a pensare al mistero della vita e della morte. Piangendoci. “Uno verra’ preso e l’altro lasciato”, uno chiamato e l’altro fatto attendere; uno afferrato chiaramente fin dal grembo materno, l’altro inspiegabilmente solo verso il tramonto… E’ la mia storia, cosi’ come la vostra. Mi e’ appena morto un compagno di viaggio, salesiano in Etiopia, a soli 48 anni non compiuti. Prete. La Pasqua dice del chicco di grano che se non muore non porta frutto, ma e’ il peso di questo morire che mi rivolta dentro e confonde coi suoi turbolenti interrogativi. “Le mie vie non sono le vostre vie.” “Non la mia, ma la tua volonta’ sia fatta.” “Nelle tue mani affido il mio spirito.” Era il 21 marzo, primo giorno di primavera. Un piccolo segno di sicura speranza combinato per attrarre lo sguardo nella profondita’ del Cielo, insondabile, ma in qualche modo magneticamente dolce e affabile. Primavera! <In fondo me lo sono preso io, suo Padre. Faro’ cosi’ anche con voi. Un traguardo che dovreste conoscere e a cui aspirare. Non e’ che si nasce e si muore; e’ che si muore e si rinasce per sempre. La spiga viene da li’, da quel seme marcito e tolto ai vostri occhi. A che serve un chicco pulito e lucente sulla vostra scrivania? Il bello viene dal distacco,dalla perdita, dalla morte. La Resurrezione vi sbalordira’.> Lui e’ il Padre. Noi i figli. Solo la fiducia ci salva. Questa fiducia e’ lo stesso atteggiamento di fede di Gesu’. Come Lui anche noi. Capire talvolta poco, ma fidarsi comunque totalmente, perche’ alla base c’e’ questa Paternita’ che ci ha creato, con arte ed affetto, per la grande bellezza di un eterno rapporto d’amore senza ombre. Si’, sono diacono. E’ un inizio fondato sull’imposizione delle mani di un abuna, per la garanzia del passaggio di abbondanza di Spirito Santo nella vita (testa e bocca, cuore e mani) che mi viene rinnovata. Tutte parole impegnative quelle udite nella celebrazione sacramentale. Parole che mi sbattono un po’ in pasto al possible giudizio di chi sa cosa dovrei essere e fare. E’ un ministero, un servizio, un dono-per. L’onore che ne viene, se mai ci fosse, il che non credo, e’ quello della fedelta’, della dedizione al compito a cui sono stato chiamato. Vale per ciascuno di noi. Riceviamo doni diversi; dovremmo condividerli. Menarne vanto o chiederne in cambio onore e’ semplicemente un non-senso. Per un dono si ringrazia solo. Il dono rimanda alla fonte che ne rivela anche il significato. Ogni dono e’ per la comunita’ tutta che ne puo’ reclamare il godimento, e che godendone cresce e si perfeziona. 24


Mi piace ricordare che possiamo avere I diaconi e I preti che ci meritiamo, in un certo senso. In un corpo sociale la bravura di uno, l’onesta’ e la disponibilita’ di qualcuno, la solidarieta’ di tutti lo fa crescere e lo consolida. Il vantaggio si riversa su tutti e tutto l’organismo, il sistema, ne benficia. E’ lapalissiano, come si dice. Per la comunita’ Cristiana, un corpo sociale speciale, avviene lo stesso. Si cammina insieme. La bonta’ dei nostri atti fa lievitare tutto il corpo. E’ la legge del corpo mistico, la legge dell’essere chiesa. Ci influenziamo e santifichiamo a vicenda. San Paolo diceva che se e’ andata male in Adamo, va molto meglio e alla grande in Cristo. Quindi, il dono e il ministero-servizio di uno va sostenuto e aiutato a raggiungere tutti. Vi chiedo ancora una volta di camminare e di prepararvi con me. Il 22 settembre prossimo sia una data che ci attira per la ricezione di un dono che e’ per tutti. Semplifichiamo e sciogliamo il cuore facendogli le trasfusioni di sangue compatibile e giusto, quello di Cristo. Col suo sangue a scorrerci dentro vivremo la sua stessa vita, vita donata agli altri, buoni e cattivi. Non e’ che la Pasqua dice altro. La Pasqua racconta di Uno che muore perche’ gli altri vivano; narra dello stesso Morto che risorge e vive negli altri col suo Spirito. Riprodurne il mistero e’ realizzare il massimo, e’ diventare somiglianti al Figlio ed ereditare quanto Lui, per primo e quindi garante e primizia, ha ricevuto. Auguri! Cristo e’ Risorto. Il Padre l’ha resuscitato. Il mio amico prete di soli 48 anni ci sia l’immagine-richiamo della Pasqua che raggiunge tutti noi: Morire per amore non e’ che seminare la Resurrezione. Isidoro, diacono

ORDINAZIONE SACERDOTALE di

ISIDORO

SABATO 22 SETTEMBRE 2012 ore 16,00 Basilica-Santuario S.Arcangelo Tadini Botticino Sera

con l’imposizione delle mani di

mons. ANGELO MORESCHI Prefetto Apostolico di Gambella (Etiopia)

segue presso la sala polivalente dell’oratorio momento conviviale ***

PRIMA S.MESSA DOMENICA 23 SETTEMBRE ORE 10,00 CHIESA PARROCCHIALE SAN GALLO segue presso l’oratorio aperitivo ORE 17,30 CHIESA PARROCCHIALE BOTTICINO MATTINA segue presso l’oratorio rinfresco ***

Isidoro nei giorni a seguire visiterà le persone ammalate e anziane che non hanno potuto essere presenti alle celebrazione

*** Le comunità parrocchiali di Botticino saranno coinvolte con incontri di preparazione all’ordinazione sacerdotale di Isidoro. Preghiera, ascolto della Parola di Dio, riflessione e approfondimento della vocazione sacerdotale religiosa missionaria e sulla figura di San Giovanni Bosco e l’opera da lui fondata per il bene della gioventù. 25


progetto

“LE DILLA ETSANAT”

“per i bambini di Dilla” Come Botticino può esprimere con un segno concreto la vicinanza a Isidoro in occasione della sua Ordinazione Diaconale avvenuta il 3 marzo a Zway e per la prossima Ordinazione Sacerdotale, a Botticino, il 22 settembre?

foto della mensa di Dilla per i bambini poveri

Durante la permanenza in Etiopia per l’Ordinazione Diaconale di Isidoro abbiamo avuto la possibilità di incontrare e conoscere parecchie attività che i Salesiani svolgono in Etiopia per i bambini, giovani, donne e famiglie. Oltre all’attività strettamente pastorale di servizio religioso, sono numerose le scuole con migliaia di bambini e giovani coinvolti, l’accoglienza dei ragazzi di strada, scuole professionali e botteghe lavoro per adulti, anche per chi in mezzo a tanta povertà generale si trovano in maggiore difficoltà... Innumerevoli le necessità... Isidoro e i Salesiani di Dilla, ci hanno fatto la richiesta di contribuire alla costruzione della nuova cucina per la mensa dei bambini poveri, vista la situazione precaria di quella esistente, come appare dalle fotografie qui allegate e dallo scritto che descrive la priorità di intervento e il progettino. Da subito si apre la raccolta per raggiungere la somma necessaria. Si invitano a contribuire le parrocchie ma anche associazioni e realtà botticinesi che dediderano con questa iniziative esprimere solidarità e partecipazione comunitaria per Isidoro e la sua Etiopia.

Il mondo visto dal basso

INDET MEBLAT ICILALLU KUSHINA SAISERALLACCIO come possono mangiare se non gli si da una cucina

Dilla è a 365 km chilometri a sud di Addis Abeba, dove comincia la Rift Valley, territorio Sidamo. La missione “più verde” d’Etiopia accoglie centinaia di studenti nelle sue scuole tecniche. Ma Dilla interpreta anche un altro importante carisma: l’umanità. Centinaia di persone arrivano ogni giorno davanti ai cancelli della missione seguendo il ritmo imprevedibile della carestia, di un raccolto svanito, di un’epidemia di malaria. Arrivano gli ultimi degli ultimi alla missione di Dilla. Qui si pensano e sviluppano progetti piccoli e seguiti con cura, dove si fanno programmi alimentari per i bambini denutriti, si danno consigli alle mamme, si crea una casa famiglia per i bambini orfani. Perché se si guarda il mondo dal basso, gli ultimi sono sempre i primi. 26


Dalla Missione di Dilla Premessa Questo progetto in favore di bambini denutriti si sta realizzando a Dilla, Ghedeo, Sud Etiopia. Dilla e` la capitale della zona Ghedeo e si trova a 90 chilometri da Hawassa (capitale regionale) e 365 chilometri dalla capitale etiopica Addis Abeba. La popolazione di Dilla in questi anni e` cresciuta enormemente. Adesso si aggira sui 90.000 abitanti. Il motivo pincipale per questa crescita e` dovuto al fatto che la popolazione si sta spostando sempre piu` dalla campagna fotografie rigaurdanti l’attuale cucina alla citta`. Questo avviene in tutte le citta` etiopiche. Questa situazione contribuisce ad amplificare i problemi gia` esistenti e a formare una classe di persone sotto il livello di poverta`. Noi come Salesiani ci siamo posti di fronte a questa situazione ed abbiamo cercato di fare qualcosa. Siamo consapevoli che quello che facciamo non e`molto, ma almeno per i bambini che riusciamo a raggiungere e` un raggio di speranza per un futuro migliore. Progetto In breve, questo progetto coinvolge 300 bambini con problemi di denutrizione o con gravi problemi in famiglia, da 1 anno a 12 circa ed una trentina di mamme. Oltre a dare loro cibo, che consiste in una farina di granoturco o di fafa (una farina nutriente) e un brodo di verdure e patate con carne o fagioli, cerchiamo di seguirli anche dal punto di vista igienico/sanitario e scolastico. Siamo convinti che l’educazione potra` aiutarli a crescere e a migliorare la loro condizione di vita. Richiesta Ormai sono poco piu` di 25 anni che stiamo svolgendo questa attivita`. Eravamo partiti con un piccolo gruppo di bambini. Adesso abbiamo raggiunto, come ho scritto prima, la quota di 300. La cucina dove si prepara il cibo per loro ormai e` stretta e richiede anche di essere rinnovata. Per questo attraverso il vostro parroco e in occasione dell’ordinazione sacerdotale di Isidoro Apostoli ci accingiamo a mandarvi questa richiesta di aiuto. Vi chiederemmo di aiutarci a ricostruire la cucina per preparare in modo piu` appropriato il cibo a questi bambini. Vi aggiungiamo il piccolo progetto della possibile cucina. Il valore si aggira intorno a 317.200 birr (15.000,00 Euro). Vi ringraziamo in anticipo per tutto quello che potrete fare per noi. Grazie di cuore anche a nome dei nostri bambini che vi ricordano nelle loro preghiere. Abba Roberto progetto nuova struttura di 63,44 mq comprendente ufficio e cucina 27


Botticino da Isidoro, nella sua Africa

a cura di Giulio

Scriveva Isidoro sull’ultimo numero “Voce per la Comunità”: “Ho trascorso il mese di luglio in Etiopia e lavato i panni nel Baro abitato da coccodrilli. Un’altra Africa per me. Verdi foreste e pianure … genti diverse … nere non cioccolatini. Ovunque ebano lucente, per il sole che si lascia affascinare da certi colori … E’ ora che ci abbronziamo anche noi.” Era un invito? Certamente, sottointeso. Ed è stato accettato. Il gruppo dell’Unità Pastorale di Botticino è partito verso quella terra lontana, l’Etiopia, nella lingua dei faraoni neri “paese della pace più alta”. La compagnia, composta da: l’organizzatore don Raffaele, il diacono Pietro, il salesiano don Angelo Rodella, (preziosissimo interprete), il sindaco Mario Benetti con moglie (che rappresenta la comunità civile di Botticino), Emer con i due amici di Treviglio (esperti di Trekking), i coniugi Masserdotti e il volontario Giovanni Longhi, è stata sin da subito messa a dura prova dalle preoccupazioni di carattere sanitario a causa delle numerose vaccinazioni e dintorni, ma la volontà di arrivare da Isidoro ha prevalso. Si aggregano dopo alcuni giorni raggiungendoci ad Addis Abeba Suor Erminia ed il nipote Davide. Le lunghe ore di volo ci portano, via Dubai, ad Addis Abeba, in lingua locale “nuovo fiore”; l’impatto con la città e con le baraccopoli della periferia è scioccante! Il nostro Isidoro ci ospita nella casa dei salesiani, angolo delizioso in una cornice desolante. Dopo i lunghi sette giorni trascorsi nel nord Etiopia, ne parleremo in seguito, imbocchiamo l’asfalto , cosa rara in questo Paese, in direzione della missione di Isidoro, Zway. È il 3 marzo, giorno dell’ordinazione a diaconato. Noi non siamo voluti mancare, siamo giunti da lontano per Isidoro! La grande chiesa è gremita. Le donne avvolte negli scialli bianchi ed i bambini silenziosi: grande silenzio e raccoglimento. Immaginate coloratissimi ombrelloni che cingono come petali di un fiore il corteo del vescovo nero e dei presbiteri e gruppi di bambini che lanciano al passaggio profumatissime rose; provate ad udire il solo canto dei due cori ritmato dal tamburo di pelle di capra che introducono il rito di consacrazione che dura già ben tre ore ma che si vorrebbe non finisse mai. Il culmine della cerimonia sta proprio in quell’ “Eccomi” pronunciato da Isidoro, prostrato dinnanzi al Vescovo. È bello in quel momento ripercorre con la memoria quegli “Eccomi” pronunciati a suo tempo da suor Erminia, l’emozionatissima sorella missionaria in Burundi e da don Valentino, missionario in Bolivia. Tre misAl cimitero italiano a Adigrat sionari nati e cresciuti in un piccolo paese quale San Gallo, che hanno risposto alla chiamata Universale dell’annuncio del Vangelo. I tempi sono però frenetici, il viaggio prosegue sino alla soglia dei confini del Kenia. Arriviamo a Dilla nel grande centro salesiano dove don Roberto Bergamaschi ci accoglie con ospitalità per tre giorni. Ma non si batte la fiacca! Don Roberto ci guida verso lontane chiesette arroccate su colline sperdute, attraverso strade quasi impraticabili, percorse altresì da persone di lingua e costumi così diverse, che spingono Mercato a Lalibela asini, capre e mucche scheletriche, in quella che appare come una confusione babelica. La visita ad una capanna è uno schock emotivo incontrolsacerdote Chiesa Etiope labile, da farti girare la faccia altrove per cercare di nascon28


dere commozione e qualche lacrima. Lì, in pochi metri quadrati, “convivono” uomini e animali; si dorme per terra su pelli di capra. Il fumo del fuoco esce dalle interconnessioni di pali e paglia! Visitiamo il grande centro salesiano: un vero miracolo alla Don Bosco. Il complesso scolastico frequentato da centinaia di alunni, in divise sgargianti ed educatissimi, i grandi orti, la fattoria, i laboratori di falegnameria e meccanica. Nello spirito salesiano: educare, formare, insegnare un lavoro. Ma galeotto è il missionario, come in altre pagine scrisse Isidoro, che per amore di forti contrasti e per “buttarci un po’ di acido sulla coscienza” ci porta a visitare la mensa degli ultimi tra i poveri: duecento-trecento bambini con mamme, con davanti un piatto di njera, farina con acqua; di solito è molto meno. Il tutto da prendere a mani nude, con un po’ d’acqua! Oggi è il pranzo è speciale per l’arrivo dei visitatori! Il nostro missionario ci ha voluto dare un pugno nello stomaco! Nella settimana precedente, il gruppo su tre robusti fuoristrada, su tratturi quasi impraticabili, in un mare di polveri e sassi, aveva compiuto l’intero tour del nord Etiopia: paesaggi mozzafiato, montagne, vallate, altipiani riarsi dal sole popolati da capre scheletriche, asini, pecore brucanti pochi steli di paglia. Visitiamo l’antico Gondar, la cittadella fortificata del re Fasilidas con architetture portoghesi, la bella chiesa della Trinità, con affreschi di giovani cherubini dai grandi occhi. Saliamo verso Lalibela, famosa per le dodici chiese scavate nella roccia. La sacerdote Chiesa Etiope più famosa, la Bet (chiesa) Giorgis, ricavata in un enorme blocco, impreziosita da decorazioni, dipinti, affreschi, croci greche … Nella sacerdote con croce d’oro penombra, immobili monaci vestiti di bianco. Un giro nel mercato: sotto un sole implacabile, in un vero inferno di polvere, un’incredibile mescolanza di uomini, animali di ogni genere, sgangherate bancarelle … Uno spettacolo che ricorda un girone dantesco! Un’escursione sul grande lago Tana su un barcone non accomandabile, una visita ad un monastero che conserva le Sacre Tavole, le cascate del Nilo Azzurro. Indi su verso Axum, famosa per il parco delle steli: enormi monoliti funebri. La più maestosa, istoriata, alta 23 metri. Tra le altre “la stele italiana”, trafugata da Mussolini negli anni dell’Impero e restituita all’Etiopia nel 2002 dal Governo italiano. chiesa a Lalibela Ma la vera perla di Axun è la chiesa di Mariam Sion con annessa la grande costruzione ove è conservata l’Arca dell’Alleanza. Ma l’ingresso è vietato a chiunque: l’Arca è custodita da un monaco con il compito di sorvegliarla fino alla sua morte. Si dice contenga l’urna con le tavole consegnate da Dio a Mosè sul Sinai. Attraverso bei paesaggi di colline, montagne rosso-bruno, raggiungiamo Adua, famosa per la sconfitta subita nel 1896 dalla spedizione coloniale italiana. Ora solo una croce trascurata ricorda l’avvenimento. C’è anche ad Adigrat un piccolo cimitero italiano. Con commozione entriamo e cerchiamo il nome del nostro compaesano Battista Oprandi morto proprio ad Adua. È un parente del nostro diacono Pietro. Ma il suo nome non c’è, è nascosto dietro un’anonima dicitura di soldato ignoto. Una preghiera, una frase sul libro, uno sguardo alla bandiera italiana che Bury Khalifa sventola alta. 870 metri Attraversiamo ora lo stupendo Tigray, terra straordinaria di picchi altissimi, distese di sabbia, savane, grandi mandrie al pascolo. Un altro volo interno ci riporta ad Addis Abeba. È ora di salutare l’Africa con le sue bellezze straordinarie, le sue povertà e la tragicità delle sue genti. Scrive Claudio Tomatis, un innamorato dell’Africa: “laggiù sembra il tempo passare nell’indifferenza del passato e del presente che dialogano avendo come vocabolario il silenzio e il vento lasciando tutto intatto …“. Il volo di rientro ci riporta a Dubaj incredibile città dai cento grattacieli con l’interminabile Bury Khalifa alto 870 metri: uno sfarzo sfacciato, ricchezze esibite. Una nuova Babilonia? ma che ne sarà quando finirà l’epopea dei petrol-dollari? Come l’antica città finirà nella polvere e nella dimenticanza del tempo anche questa Dubaj? A Botticino ci salutiamo: nell’animo di ciascuno un universo di emozioni, visioni, volti umani e realtà sconvolgenti. Ma ognuno si sente cresciuto dentro. 29


I GESTI DELLA FEDE riscoperti in famiglia - Accogliere la Parola- I GESTI DELLA FEDE

LA FEDE HA I SUOI GESTI La fede ha le sue feste. La fede ha i suoi gesti. Attraversano tutta la sua esistenza anche feriale. Dopo aver presentato i segni del recarsi al tempio e dell’ entrare in queste pagine riscopriamo il valore dell’ascoltare la Parola di Dio..

I gesti della fede

ACCOGLIERE LA PAROLA SE MI PARLI IO ESISTO

“Mia figlia e vostro figlio si parlano”. Così si dicevano, un tempo, i nostri anziani. Intendevano dire che stava nascendo una relazione tra due fidanzati. La parola era come un ponte. Si intensificava poi per un periodo (allora molto prolungato) negli incontri tra i due (che allora erano solo domenicali e festivi). In questa scheda ci occupiamo di un gesto: accogliere la parola. È presente nella vita (fa nascere e mantiene vivo un rapporto). È presente nella liturgia. Gli interrogativi-guida sono questi: . Qual è il suo spessore antropologico? . Come viene “narrato” nella Bibbia? In quali epoche e figure? .Che senso ha il “sedersi per ascoltare” presente nella liturgia e nella vita? Ed ecco gli elementi: . 2 opere d’arte: Il sermone della montagna del Beato Angelico e Il pulpito di Giovanni Pisano .I relativi commenti . Il Percorso biblico e il Vademecum liturgico . Tramate con noi per attivare genitori e figli. Commento artistico

SUL MONTE ATTORNO A GESU’

Nella miniatura di un messale di Cambrai del 1120C’è sempre molto silenzio nelle scene del Beato Angelico. Per lui l’attività suprema dell’uomo sembra essere quella di mettersi in ascolto. Qui il tema dell’affresco è esplicitamente questo. Non della natura, non delle parole umane, ma del Vangelo. È Gesù che parla e dodici persone stanno ad ascoltare. Evidentemente sono gli apostoli, ma dodici è il numero della totalità. Qui c’è tutta la Chiesa. Qualcuno vede la Chiesa come piramide e insiste nel dire che ci vogliono i vari ministeri. Qualcun altro vede la Chiesa come popolo che cammina. Qualcuno la vede come sale e come lievito. L’Angelico ce la mostra come cerchio in ascolto. In un’epoca in cui l’uomo sente di essere al centro del creato (siamo nel ‘400), lui ci tiene a conservare alta questa dignità, mettendola esplicitamente in compagnia del Dio che s’è fatto uomo. È una grande

Beato Angelico, Il sermone della montagna, 1440 Firenze, Museo di S. Marco

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E riscoperti in famiglia - Accogliere la Parola - I GESTI DELLA FEDE riscoperti in famigliamissione quella della Chiesa: testimoniare Lui, far memoria di Lui, contemplare Lui. Non perdere nessuna parola di Lui. Qui però non c’è nessun guardiano a difesa del cerchio e quindi non c’è nessuna preclusione ad entrare nel cerchio. Dodici è il numero simbolico; sta per dodicimila, sta per dodicimila milioni… La fortuna di sentire proclamare nell’assemblea eucaristica la Sacra Scrittura (Antico e Nuovo Testamento) è un privilegio di cui dovremo rendere conto. Ci verrà chiesto se il nostro volto e il nostro cuore si saranno lasciati plasmare da questa Parola. Ma chi può negare la sensazione che la scena sappia molto di aria aperta, di spazi infiniti? È troppo immaginare il Cristo come fiume di acqua viva che lambisce gli apostoli e non si arresta stagnando tra loro, ma va giù a valle, giù giù fino a raggiungere il più lontano e il più miserabile tra gli uomini? Chi può negare che il Cristo, per mezzo del quale il mondo fu creato, non stia cantando nel cuore di ogni uomo il suo Vangelo? Ma occorrono dei “traghettatori”, rappresentati qui dai Dodici, che, scesi dal monte, prenderanno il largo e aiuteranno l’uomo, ogni uomo che incontreranno, a riconoscere nel profondo del proprio cuore quella Voce, di cui la stessa Scrittura è solo un tramite.

Percorso biblico

STORIA DELLA PAROLA, STORIA DI UNA RELAZIONE Secondo la Bibbia, la parola di Dio ha una storia. Noi la rappresentiamo al vivo attraverso alcune figure. L’esito sarà questo: vedremo crescere una relazione. • Il popolo al Sinai. Dio si è rivelato a Mosè (Es 3,115). Ha fatto esistere il suo popolo traendolo fuori dalla casa di schiavitù. Ora lo sposa ai piedi del Sinai. Mosè è testimone alle nozze: compie il rito di sangue. Parte lo sparge sul popolo e parte sull’altare. La Parola è la base di questa alleanza (Es 24,1-8). Il popolo proclama: “Quanto ha detto il Signore, lo eseguiremo e vi presteremo ascolto” (Es 24,7). Quel giorno non si cammina. Ci si ferma per udire il parlare di Dio. Poi si fa festa (Es 24,11). • Samuele. Il popolo si trova ora nella terra promessa. È tentato di infedeltà al Signore. La classe dirigente è corrotta. Anche il sacerdote Eli è impotente. Ma, con grande coraggio, sa farsi da parte quando intuisce che la parola di Dio viene rivolta al piccolo Samuele. Gli mette in bocca le sillabe giuste. Parla, Signore, perché il tuo servo ascolta” (1 Sam 3,9). Samuele obbedisce al padre (1 Sam 3,10). Ha allora la chiara percezione che Dio sta aprendo ad Israele un’epoca nuova. Samuele rappresenta il giusto atteggiamento: porsi in ascolto, diventare coscienzioso uditore. Mai pretende di essere veggente. La parola diventa base per la missione. Samuele apre la serie dei profeti. È un’an-tenna sensibile al parlare di Dio. Diventa suo portavoce e interprete • I discepoli sul monte. Facciamo riferimento a Mt 5,1-12. Il Beato Angelico visualizza molto bene la scena. Gesù sale sul monte, cerca il suo abbà, colui che è per lui

fonte, patria, riposo. Egli siede sul monte: quella è la sua casa. I discepoli sono accanto a lui. Gli israeliti, invece, stavano ai piedi del Sinai intimoriti ed attoniti (Es 24,8). Gesù non cita né maestri, né referenti. Lui è la parola fatta carne. Egli interpreta in modo sommo, definitivo il parlare di Dio. Non usa più né il tono delle proibizioni (non uccidere, non sequestrare, non dir falsa testimonianza…) né quello delle prescrizioni (osserva il sabato, onora il padre e la madre). Ripete in modo quasi ossessivo un termine: beati. Rivela così il volto di Dio. Egli è un padre, che, in Gesù, ci indica le vie per divenire felici. Per ora ci parla. Poi, anche noi, lo vedremo sul monte faccia a faccia (1 Cor 13,12). • Maria, sorella di Marta. Il riferimento è al testo di Lc 10,38-42. Gesù sta andando verso Gerusalemme. Maria interpreta molto bene l’urgenza del momento: occorre stare ai piedi del Signore e ascoltare la sua parola (Lc 10,39). Si tratta non di servirlo, ma di seguirlo. Questo avviene solo se si sa dove egli vada. Maria è l’espressione più alta del discepolo. Occorre fissare gli occhi, su Gesù, aprire le orecchie. Così lo si accoglie come Signore della nostra vita. In Maria c’è l’anticipazione anche di ciò che faremo in cielo. Gesù non avrà più bisogno dei nostri servizi. Saremo seduti attorno a lui. Egli ci ospiterà nella sua casa. Passerà lui stesso a servirci, mentre noi saremo assisi a mensa (Lc 12,37).

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I GESTI DELLA FEDE riscoperti in famiglia - Accogliere la Parola- I GESTI DELLA FEDE r Commento artistico

UN RACCONTO SCOLPITO SUL PULPITO Quello che abbiamo qui in immagine si chiama pulpito e non più ambone. Ciò è dovuto al fatto che ora non vi salgono più solo i Lettori e il Diacono per proclamare la Sacra Scrittura e per intonare il grande Alleluia. Ora vi sale il “predicatore”, colui che ha il compito di riprendere il Vangelo, di ridirlo mescolandolo alla nostra vita. Siccome le letture erano in latino, il vescovo o il sacerdote dovevano fare un breve cenno a ciò che era stato proclamato in lingua ormai incomprensibile e buttarsi nel commento infuocato che intendeva “attualizzare” la Parola. La grande curva liturgica l’aveva avviata S. Francesco. Con il Presepe di Greccio, con le Stigmate e con il suo modo di parlare alle folle, il Poverello rendeva vivo e toccabile il Vangelo. Predicando nelle chiese ora i francescani ( e in contemporanea i domenicani) avevano bisogno di una piattaforma molto rialzata e un po’ più vicina alla gente. Dal ‘400 questo nuovo manufatto (ora non più luogo liturgico) si sposterà decisamente in mezzo alla chiesa per guadagnare in acustica nei confronti dei fedeli. La curva del’200, che è qui da vedere nel pulpito di Pistoia, coincide anche con il ritorno deciso della scultura nelle chiese e con il desiderio di dar corpo ai gesti, ai sentimenti. Il predicatore ora è come avvolto da una pellicola cinematografica continuamente proiettata e leggibile da tutti. Prima erano i monaci a capire. Ora tutti vedono e tutti sentono il racconto “ridetto” dal Predicatore e scolpito sul pulpito. Il pulpito di Giovanni Pisano esplicitamente (come volevano i committenti) ripete i soggetti che papà Nicola aveva illustrato nel pulpito del Duomo di Siena: 1. Annunciazione, Natività, Bagno di Gesù e Annuncio ai pastori. 2. Sogno e adorazione dei Magi. 3. Strage degli Innocenti. 4. Crocifissione 5. Giudizio Universale. Ma che differenza rispetto al padre! Dalla compostezza di Nicola si passa a uno squassamento impressionante e a drammatici contrasti. Certo, verrà presto Giotto a portarvi lo spazio, utilizzando la meno adatta delle arti, la pittura, l’arte che era rimasta ferma alle icone. Con lui la curva diventerà addirittura una curva quasi a “U”, mantenendo però la rivoluzione del messaggio cristiano. Vademecum liturgico

PAROLA DEL SIGNORE All’interno della celebrazione eucaristica, ci lasciamo guidare da queste persuasioni: • Quando nella Chiesa vengono aperte le Scritture, ancora Dio scende nel giardino e conversa con l’uomo (Gen 3,8): così diceva S. Ambrogio. Non dobbiamo avere preoccupazioni improprie (domandarsi che cosa offriamo noi a Dio, voler capire tutto…). È bello che ci concentriamo su di una lieta notizia: Dio ci sta parlando. Per questo ci sediamo, assumiamo la posizione più comoda. Due le convinzioni: Dio parla a noi e di noi; rivela il suo volto e ci fa scoprire la nostra autentica fisionomia • Quando il lettore sale sull’ambone, trasforma una realtà statica (lo scritto) in realtà dinamica e interpellante, la voce. È il supremo dialogo a noi concesso sulla terra. Ha la forma di appuntamento comunitario, di convocazione. Dio parla a tutti e simultaneamente. • Quando le Scritture entrano nel-l’azione liturgica, assumono un significato nuovo, inedito (OLM 3). Per noi, qua e ora, quegli avvenimenti accadono: noi siamo pellegrini come i patriarchi, noi attraversiamo i Laghi Amari, noi siamo frantumati nella diaspora dell’esilio, noi siamo sul Tabor come Pietro, Giacomo e Giovanni, noi riviviamo la croce o la resurrezione… • Alla parola deve corrispondere il silenzio. Lo dobbiamo fare a conclusione della Colletta nel momento in cui ci sediamo. È un evento grande: viene aperta la Scrittura, la lettera che Dio ci ha inviato. Dobbiamo stare in silenzio dopo la proclamazione: quelle parole devono, attraverso le orecchie, toccare il cuore. Per questa assimilazione lenta ci aiuta il salmo responsoriale. Le strofe sono affidate al cantore (o al lettore). Noi ripetiamo il versetto: è una specie di sintesi per ricordare l’evento, celebrarlo, viverlo. Può essere utilmente valorizzato nella preghiera personale, lungo tutta la settimana. • 32


E riscoperti in famiglia - Accogliere la Parola-- I GESTI DELLA FEDE riscoperti in famiglia Il silenzio è la maniera più alta per affermare la sovranità di Dio. È anche la premessa per custodire, nel cuore (come faceva Maria, Lc 2,19) il seme della Parola. • Nella liturgia abbiamo l’inter-pretazione più alta della Scrittura. È espressa da questi 2 movimenti: - stiamo seduti per il brano dell’AT e dell’Apostolo; - ci alziamo in piedi al Vangelo. Entra la parola viva, ultimativa, insuperabile di Dio che è Gesù stesso. Ciò che era velato diventa palese, Celebrare ciò che era atteso arriva. Ciò che era promesso viene donato. Ciò che era complesso, confuso si unifica e semplifica (Eb 1,1). GLI OCCHI RIVOLTI • Nella Messa abbiamo una duplice mensa, quella della parola e quella del pane (DV 21). In realtà si tratta di un unico atto di culto. AL SIGNORE Ciò che viene narrato (liturgia della parola) diventa vero per noi (Li turgia Eucaristica). Tutto questo è espresso nell’invito che colui che A te alzo i miei occhi, presiede fa alla comunione. Se si è parlato dello sposo, si dirà “Ecco a te che siedi nei cieli. lo sposo che viene; uscitegli incontro” (Mt 25,6); Ecco, come gli occhi dei servi se si è parlato dell’agnello si dirà “Ecco l’agnello di Dio che toglie i peccati del mondo” (Gv 1,19). alla mano dei loro padroni, Se si è come gli occhi di una schiava parlato alla mano della sua padrona, del pacosì i nostri occhi store, si dirà al Signore nostro Dio, “Ecco finché abbia pietà di noi. il buon Pietà di noi, Signore, pastopietà di noi, re che dona siamo già troppo sazi di disprezzo, la vita troppo sazi noi siamo per le dello scherno dei gaudenti, sue pedel disprezzo dei superbi. corelle!” (Gv 10,11). Salmo 124 (123)

TRAMATE CON NOI - per attivarsi in famiglia genitori e figli IO SONO TUTTO PER TE Possiamo mimare queste situazioni, senza pronunciare neanche una sillaba: • Una persona si rivolge ad un’altra. Si rappresentano tutte le possibili ipotesi: l’altro neanche si ferma, oppure si volta dall’altra parte, sbadiglia. • Al contrario invece si ferma subito, si siede ed invita l’altro a fare altrettanto. Ci chiediamo: Che differenza c’è tra i due casi? • Guardiamo la prima immagine Il discorso della montagna del Beato Angelico. Sentiamoci anche noi “cerchio di ascoltatori” attorno a Gesù. Che cosa ci dice? Che cosa vogliamo dirgli noi? • Come ascoltano i 12 seduti accanto a Gesù? • Leggiamo e interpretiamo la scena di 1 Sam 3,1-21. Osserviamo i personaggi visibili (Eli, Samuele). Intuiamo quello invisibile. Alla fine diciamo anche noi “Parla, Signore che il tuo servo ti ascolta”. • Leggiamo Lc 10,38-42. Lo facciamo rappresentare da 3 attori. Invitiamo tutti a identificare le differenze tra Marta e Maria. Ascoltiamo ciò che dice in proposito Gesù. • Poniamo al centro della stanza la bibbia. Gesù parla ancora. Cerchiamo un luogo bello e ben visibile per porre attenzione alla Parola di Dio durante la giornata. • Invitiamo a guardare il pulpito che è riprodotto nella scheda. Un tempo nelle chiese si costruiva un luogo bello e prezioso per proclamare da questo luogo la Parola di Dio. Anche noi vogliamo mettere in un “luogo” prezioso e importante della nostra vita la Parola • Osserviamo che cosa c’è nella nostra chiesa parrocchiale. Notiamo nella liturgia come viene dato valore alla lettura della Bibbia (candele, incenso, atteggiamenti del corpo, bacio del vangelo …). Che cosa ci dice tutto questo? • Lungo la giornata, in casa, lasciamo aperta la Bibbia. In chiesa, di solito, rimane al suo posto il lezionario. Valorizziamo, in particolare, il salmo responsoriale. Possiamo agevolmente fare tutte queste operazioni con il messalino. 33


I GESTI DELLA FEDE riscoperti in famiglia - Stare in piedi,camminare- I GESTI DEL

I gesti della fede

STARE IN PIEDI, CAMMINARE

L’UOMO , UN BIPIDE CHE CAMMINA

“Balzato in piedi, si mise a camminare” così si dice in At 3,8 a proposito dello storpio che chiede l’elemosina a Pietro e Giovanni al tempio. È il segnale preciso che Cristo si è rialzato (At 3,12). Ha riaperto all’uomo la possibilità di essere se stesso: un bipede che sta eretto, si muove, procede verso una determinata direzione. La nostra scheda (la sesta della serie) mette a tema 2 gesti: alzarsi e camminare. Sono presenti nella vita; appartengono all’universo della fede. Ci chiediamo: a) Quale valenza antropologica hanno? b) Come li vede la Bibbia? c) Dove compaiono nella ritualità cristiana? Commento artistico

ECCO COME CAMMINA “L’ UOMO NUOVO”

Molti miracoli e prodigi avvenivano fra il popolo per opera degli apostoli. Tutti erano soliti stare insieme nel portico di Salomone; degli altri, nessuno osava associarsi a loro, ma il popolo li esaltava. Intanto andava aumentando il numero degli uomini e delle donne che credevano nel Signore fino al punto che portavano gli am-malati nelle piazze, ponendoli su lettucci e giacigli, perché, quando Pietro passava, anche solo la sua ombra coprisse qualcuno di loro. Anche la folla delle città vicine a Gerusalemme accorreva, portando malati e persone tormentate da spiriti immondi e tutti venivano guariti (Atti,12-14). Masaccio ci mostra come cammina l’uomo “nuovo”. Lui è alle prese con il grande Umanesimo del ‘400, che lo vede, insieme a Brunelleschi e a Donatello, dar corpo alla dignità dell’uomo come mai era stato fatto prima. Il suo Umanesimo (così viene ufficialmente etichettato il periodo che abbraccia i primi decenni del ‘400) profuma ancora e soprattutto di Battesimo, di Uomo redento, di salvezza che sa di eternità donata. Così come cammina Pietro, camminano tutti i batMasaccio, S. Pietro risana gli storpi tezzati. Masaccio riesce a dirlo non con le parole, ma con le con la sua ombra, 1425 forme. Con lui (che finalmente riprende e sviluppa, a un seFirenze, Cappella Brancacci colo di distanza, la rivoluzione di Giotto) esse ricevono luci e in S.M. del Carmine ombre in uno spazio nostro, reso nella prospettiva ora anche scientifica. Limpidissime e potenti forme prendono corpo nel nostro mondo a partire dai volti quasi scolpiti, al corpo robusto e costruito a misura del canone della perfezione, giù giù fino ai piedi in cui la solidità si coniuga con la leggerezza della grazia. Questi piedi camminano e danzano. Sanno dove andare. Pietro porta agli uomini la lieta notizia. E gli uomini subito si ravvivano, anche gli storpi e i vecchi. Sullo sfondo c’è un tempio. Dovrebbe essere quello di Gerusalemme, dal quale le autorità religiose spiavano gli Apostoli e i seguaci di Cristo. Ora invece viene spontaneo interpretare questo edificio come la chiesa da cui partono i nostri passi e a cui essi si dirigono, per fare dell’Eucarestia la fonte e il culmine del nostro culto sacramentale, che si incarna nei gesti, negli sguardi e nel modo di costruire e di abitare la città dell’uomo. Percorso biblico

LE CAMMINATE DI DIO

Raccontiamo la “storia sacra” a partire dai 2 verbi: “alzarsi” e “camminare”. Procediamo per flashes. I patriarchi. Così Giacobbe parla del Signore: “Il Dio alla cui presenza hanno camminato i miei padri Abramo e Isacco”.È proprio una svolta nella Rivelazione. C’era la persuasione che le divinità abitassero nei cieli o sulle montagne. Si fa presente il Dio che ha i piedi e cammina (Salmo 115,17). È entrato nella storia. Poggia i piedi sulla terra, parla, accompagna. Non è da ricercare nella penombra del passato: è lui che sospinge l’uomo. Provoca uno sradicamento (Gen 12,1-3), orienta verso il futuro. L’uomo è un essere dinamico che, camminando, deve relazionarsi con persone, situazioni, mondi culturali 34


ELLA FEDE riscoperti in famiglia -

Stare in piedi,camminare- I GESTI DELLA FEDE

sempre nuovi. Il “patto” è semplice ma radicale: cammina davanti a me (Gen 17,1). Il Signore garantisce che la strada sia quella della vita. È molto interessato al fatto che l’uomo cammini lungo i suoi sentieri (Dt 28,9; 30,16). Non deve aver paura, né smarrirsi, né sentirsi solo. Il Dio che si rivela ad Abramo lo precede ovunque. • Mosè, l’esodo. In Es 3,1-15 si parla di Mosè che sale sul monte Oreb e calpesta forse un luogo sacro. Da persona educata alla corte del faraone, concepisce la divinità come astro, o come vento, o come fuoco, o come grande luce. Compie eventualmente atti di culto per ricevere garanzie, protezioni. Si fa incontro a lui Yahvè, il Vivente che ha visto la miseria del suo popolo. Con le sue orecchie ha udito il grido degli oppressi, nel suo cuore ne ha sentito la risonanza, è sceso per attuare la liberazione. Chiama Mosè per nome. Gli si rivela come Dio di Abramo, Isacco e Giacobbe e, ciò che è più impegnativo, non risolve i problemi che come uomo ha. Dio gli carica sulle spalle le sue preoccupazioni. Mosè tornerà sui suoi passi. Non si fermerà più. Ci rivelerà così la logica della fede: - incontro con il Signore che gratuitamente ama - interminabile cammino nel deserto - patto al Sinai a sigillo e salvaguardia della liberazione avvenuta. • Giuseppe è alle soglie del NT. Si muove lungo la linea di Abramo. In una genealogia tutta segnata da tragedie (tradimenti, deportazioni) si inserisce Giuseppe; è chiamato in causa, come figlio di Davide. Rappresenta la fedeltà di Dio alla sua promessa. Dio lo risveglia. Lo scuote dalla sua paura. Deve rischiare sulla parola che gli viene annunciata. È l’uomo che entra come di traverso nel progetto di Dio. Ha la misura esatta di sé: è custode ma non padre. È invitato a credere che la discesa di Dio raggiunge in Gesù il suo vertice. Il figlio di Maria si manifesta come “Dio con noi”. D’ora in poi la sua esistenza è sotto il segno di un duplice imperativo: Alzati e và. Con Maria deve ascoltare le Scritture. Ogniqualvolta ha trovato un assetto (a Nazareth, a Betlemme, in Egitto), è rimesso in discussione (Mt 1,18-25; 2,13-15; 19-23). Il Risorto, i risorti Con tante immagini è rappresentata la condizione nuova di Gesù a partire dal terzo giorno. La prima è “si è rialzato”. Era steso, esangue nella morte, non viveva più. Ora Dio lo ha fatto risorgere. Gli ha dato lo Spirito in pienezza. Il primo segnale di questo, per i discepoli, è la guarigione dello storpio. Gli dice Pietro: “Alzati e cammina!”. Quando, nei vangeli, i discepoli racconteranno l’esistenza terrestre di Gesù, avranno nel cuore e negli occhi la resurrezione di Gesù. La vedranno in tutti i casi in cui ci sono paralisi (Alzati e cammina di Mt 2,9; Lc 5,23), legami con un passato da cui è impossibile schiodarsi (Matteo in Mt 9,9; Zaccheo in Lc 18,18…). Commento artistico

ALZATI E VA’

George de La Tour, Il sogno di S. Giuseppe, 1640 Nantes, Musée des Beaux-Arts

In Georges de La Tour (nella seconda metà della sua vita di pittore) prevale il notturno. Abbiamo vari tipi di notte a partire dal Caravaggio, che ne è quasi l’inventore. Per costui la luce nella notte è un urlo-rivelazione, per Rembrandt un dialogo-confessione, per George de La Tour (l’autore che qui ci interessa) un sussurro che ti avvolge di una presenza che è una promessa. La luce flebile e tenera di una candela guida spesso la composizione. San Giuseppe ha avuto tre sogni secondo il Vangelo di Matteo: nel primo l’angelo intima a Giuseppe di non ripudiare Maria incinta, nel secondo gli suggerisce di fuggire in Egitto e nel terzo lo esorta a ritornare al suo paese. Quale dei tre è qui rappresentato? Il pittore non risponde. Allora il discorso, che resta volutamente ambiguo sul soggetto, può allargarsi a un tema affascinante: l’uomo è spesso appesantito. Stanchezza? Languore dello spirito? Paura del futuro? C’è anche la rassegnazione di chi si è ormai convinto che i giochi della vita sono fatti, che ormai sono le cinque della sera e che niente e nessuno potrà mai liberarti dal tempo passato inutilmente. Non c’è altro da fare che lasciarsi inghiottire dalla notte. Non è questa la situazione di Giuseppe. Mentre negli altri casi non ci si aspetta niente e non si permette al proprio cuore di lasciare emergere il desiderio inconscio: “Magari qualcuno dall’alto mi chiamasse, mi comandasse qualcosa che sappia di promessa vera, mi convincesse che è possibile rialzarsi e buttarsi nel resto della vita!”, Giuseppe invece attende intensamente questa Voce. Egli ha solo paura di non essere sufficientemente disponibile, di non capire bene, di cadere in quell’altro sonno, quello che appesantisce la vita facendola spegnere nella disperazione o nella piattezza di un quotidiano che non ha nessun colore. Egli prega: “È questo il momento? Ho capito bene?”. E lo splendido angelo (pittoricamente disegnato anche con l’aiuto della candela) lo prende con una mano e con l’altra dà il via a una danza che risveglia e ringiovanisce la vita. Beato Giuseppe! Ma perché una volta (come anche in questo quadro) ti immaginavano sempre vecchio, fino a diventare il protettore della buona morte? 35


I GESTI DELLA FEDE riscoperti in famiglia - Stare in piedi,camminare- I GESTI DELLA FEDE

Vademecum liturgico

STANDO IN PIEDI

“Noi preghiamo in piedi perché è un segno della resurrezione” (S. Agostino). Siamo stati “destati dai morti” (Ef 5,14) come Gesù. Non siamo più servi ma figli. Per questo, nella Chiesa dei padri, la domenica era proibito inginocchiarsi. La posizione verticale è “Il segno dell’azione liturgia” (S. Giovanni Crisostomo). Proseguiamo in tale direzione lo stile d’Israele. In piedi accogliamo il presidente dell’assemblea. Ci sentiamo in sintonia con lui nella Colletta. Ci alziamo in segno di rispetto al Vangelo quando giunge il Signore, parola vivente. Affermiamo la nostra dignità di partecipi della natura divina nella professione di fede, nella preghiera universale e lungo tutta la lode che va dal Prefazio alla Dossologia. I cammini liturgici Nel giorno del Signore dalle nostre case convergiamo verso il tempio. Siamo i chiamati, gli invitati alle nozze (Mt 22,113). Lasciamo la vita privata e familiare. Ci mostriamo come ecclesia. Un evento ci convoca: la croce e resurrezione del Signore. Da quel momento la nostra parola d’ordine sarà “insieme”. • Nella processione d’ingresso si forma un piccolo corteo. Sta davanti la croce: evidenzia il fatto che siamo discepoli del Crocifisso. • La processione con l’evangelario pre-

cede la proclamazione della parola di saliamo a Gerusalemme” (Lc 18,31). Dio. Pone in rilievo questo evento: il Andiamo verso un santuario. LasciaSignore sta per parlarci. mo indietro abitudini, lavoro, relazioni. • Ci sono poi due movimenti conver- Siamo ospiti e pellegrini. Sentiamo la genti, a conclusione della Liturgia della sete di Dio, acqua di vita. Accettiamo la nostra condizione di provvisorietà. SiaParola: mo come Abramo che ha accettato di - Il presidente va verso i fedeli senza sapere dove andava (Eb - questi avanzano fino all’altare per partire 11,8). La nostra sicurezza è questa: presentare i doni. Fede e vita si incon- ancora Gesù cammina davanti a noi trano. La nostra fatica incrocia il sacrifi- (Mc 10,32). Egli è il capo che conducio di Cristo. ce alla vita (At 3,15). • Alla processione di comunione Celebrare siamo come figli che accedono alla mensa per prendere il pane. Siamo MI GUIDA PER anche il simbolo dell’umanità che va IL GIUSTO CAMMINO verso la mensa del Regno. • La liturgia battesimale è costruita Il Signore è il mio pastore: come cammino. Si accolgono le pernon manco di nulla. sone alla porta. Vengono accompaSu pascoli erbosi mi fa riposare, gnate al fonte. Giungono poi all’alad acque tranquille mi conduce. tare. C’è la raffigurazione dell’intera Rinfranca l’anima mia, Iniziazione Cristiana. mi guida per il giusto cammino a motivo del suo nome. • Nei funerali andiamo anzitutto nella casa del defunto. AccompagniaAnche se vado per una valle oscura, mo la bara in chiesa. Ci rechiamo al non temo alcun male, cimitero. È il nostro modo per vivere perché tu sei con me. la comunione dei Santi. Neanche la Il tuo bastone e il tuo vincastro morte riesce a separarci dall’amore mi danno sicurezza. di Dio manifestatosi nella croce di Davanti a me tu prepari una mensa Cristo (Rom 8,35). sotto gli occhi dei miei nemici. • Nella domenica delle Palme acco- Ungi di olio il mio capo; gliamo il nostro re che, tutto solo, va il mio calice trabocca. a donare la vita per noi. Così iniziamo Sì, bontà e fedeltà mi saranno compagne la Grande Settimana. Ora per ora ri- tutti i giorni della mia vita, vivremo la sua passione sino a giun- abiterò ancora nella casa del Signore per lunghi giorni. gere al giorno della resurrezione. • Nei pellegrinaggi sentiamo det- Salmo 23 (22) to a noi l’invito di Gesù: “Ecco, noi

Tramate con noi

CAMMINARE E’ VIVERE Attività da realizzare in famiglia • Sarà rimasto nella mente e nel cuore dei genitori il giorno in cui il loro bambino ha cominciato a camminare da solo. Ci chiediamo: a) Che ricordo ne abbiamo? b) Che cosa è cambiato da quel giorno? • A puntate, con i fumetti o le immagini, possiamo rappresentare la figura di Giuseppe (Mt 1,18-25; 2,1-23). Metteremo in rilievo: il suo problema, la rivelazione, il viaggio a Betlemme, la fuga in Egitto, il ritorno a Nazareth. • At 3,1-26 è molto adatto per essere drammatizzato. Divideremo il brano in scene: la salita al tempio, la richiesta dello storpio, l’intimazione perentoria di Simone: “Nel nome di Gesù, alzati a cammina”, l’esito prodigioso, l’interpretazione data da Simon Pietro nella predicazione. Osserviamo l’immagine che è nella scheda: racconta l’epi-

sodio che abbiamo letto. Mettiamoci al posto di quell’uomo che non cammina. Che cosa avrà provato? •Con una attività/gioco proviamo a cercare quante volte Gesù invita a camminare: Alzati e cammina, Andiamo, Saliamo a Gerusalemme, Scendi … Il camminare è un gesto umano che attraversa tutta la bibbia, tutta la storia della salvezza. Il popolo ha camminato per 40 anni: è andato in esilio, è ritornato. In questo popolo ci siamo anche noi che camminiamo sicuri della presenza di Dio. • Cantiamo il Salmo 23 (22). Ci dice che il Signore ci guida . Proviamo a metterci nei panni d’Israele nel deserto, di Gesù che va verso Gerusalemme, dell’uomo di oggi, di ciascuno di noi. •Nella liturgia anche noi ripetiamo il gesto del camminare: proviamo e ricordare quante volte lo facciamo. Ci confrontiamo con il Vademecum che è dentro la scheda. • Ogni giorno noi camminiamo. Andiamo al lavoro, a scuola, dagli amici, dai vicini, alle occupazioni. Mentre ci muoviamo, ringraziamo il Signore perché ci permette di “andare” e sentiamo che Lui ci guida, ci è vicino. 36


LA PASQUA DEL CRISTIANO

liturgia

LA 2^ EDIZIONE ITALIANA DEL RITO DELLE ESEQUIE

Di fronte al mistero della morte

Funerali “spettacolari” (l’ultimo in ordine di tempo quello di Lucio Dalla a Bologna) ed esequie che una volta venivano bollate di “quarta”, quasi anonime per numero di presenti e per qualità di partecipazione al dolore dei parenti del de cuius. Come capita per tanti altri momenti della vita (e ovviamente, della morte), anche quello dell’ultimo saluto vive di situazioni estreme: dal troppo al niente. Anche se molti sembrano averlo dimenticato, però, il momento centrale del funerale cristiano è costituito dal rito delle esequie. A ribadirlo, la presentazione della seconda edizione del Rito delle esequie, predisposta dalla Conferenza episcopale italiana, una risposta alla tendenza, diffusa soprattutto nei contesti urbani, a “privatizzare” l‘esperienza del morire e a “nascondere” i segni della sepoltura e del lutto. Il testo liturgico, il cui uso diverrà obbligatorio in Italia a partire dal 2 novembre 2012, risponde appunto alla diffusa esigenza pastorale di annunciare il Vangelo della risurrezione di Cristo in un contesto culturale ed ecclesiale caratterizzato da significativi mutamenti e che sembra mettere in secondo piano proprio questo aspetto centrale. Il volume offre una più ampia e articolata proposta rituale, a partire dal primo incontro del sacerdote con la famiglia del defunto fino alla tumulazione del feretro. E fornisce, in appendice, alcune indicazioni circa la cremazione dei corpi. Il tutto nel solco dell‘impegno nell‘applicazione della riforma liturgica conciliare. Il nuovo rito può essere un contributo a umanizzare il momento della morte, sottraendolo alla sua invisibilità e alla sua individualità, quando non alla sua spettacolarizzazione. Grazie alla liturgia, infatti, ritroviamo una grammatica e una sintassi in grado di dar voce alla morte, anzi di farne una parola che interpella la vita di tutti. In una società in cui la morte è rimossa dall’orizzonte della vita quotidiana, o al massimo intesa come un evento che si affronta in solitudine, un fatto privato per le persone comuni o ‘pubblico’ per le celebrità, è urgente riscoprire il “carattere di mistero” e il “carattere collettivo” di questo evento.

La forza educativa del rito delle Esequie Premessa Per la stragrande maggioranza di quella Chiesa, che è la prima destinataria di quei libri rituali, la cui celebrazione in atto resta sempre il primo (se non l’unico!) strumento per la trasmissione della fede e la formazione progressiva dei battezzati (cf SC 14; CVMC 49; EVBV 39). I soli incontri di catechesi verbale, sebbene doverosi e assai utili, toccano una minima parte. Questa è l’esperienza di tutti i pastori che hanno creduto nella riforma liturgica del Vaticano II e hanno cercato di applicarla correttamente con arte e competenza. II rinnovamento conciliare (riscoperta della Chiesa come comunione, il primato della Parola, il significato del sacerdozio cristiano, l’ecumenismo, il rapporto con il mondo...) è entrato nel tessuto ecclesiale soprattutto attraverso la liturgia celebrata. La seconda edizione italiana del rito delle Esequie, a prescindere dalle novità rituali ed eucologiche è, e dovrebbe essere, un’occasione per riprendere daccapo la catechesi e la pastorale attorno al mistero e alla

celebrazione dell’ultimo passaggio (cf RE, Presentazione CEI, 5). Infatti, anche la celebrazione delle Esequie, come tante altre celebrazioni liturgiche, ha ricevuto dalla riforma conciliare un abito nuovo che sovente non si sa indossare bene, correttamente, con stile e buon gusto. Per cui anche il bello diventa goffo, banale. In breve: senza ars celebrandi. Si tratta, quindi, di fare della seconda edizione italiana del rito delle Esequie un’occasione per riscoprire e cogliere il progetto globale (= la fede che esso intende trasmettere attraverso il programma rituale) e verificare la correttezza della celebrazione in atto. L’itinerario educativo per la comunità, senza escludere la catechesi verbale, è costituito soprattutto dalla celebrazione in atto ed è suggerito dallo stesso tradizionale programma rituale che «valorizza tre luoghi particolarmente significativi: la casa, luogo della vita e degli affetti familiari del defunto; la chiesa parrocchiale, dove si è generati nella fede e nutriti dai sacramenti pasquali; il cimitero, luogo del riposo nell’attesa della risurrezione» (RE, Presentazione CEI, 4). È a partire dalla presentazione liturgico-teologica di queste «stazioni» e soprattutto dalla loro pratica pastorale che è possibile fare del libro rituale un autentico strumento di educazione alla vita buona del Vangelo. I rituali, come gli spartiti musicali, sono fatti per essere eseguiti, non semplicemente letti. È opportuno ribadire fortemente che il 99% dei fedeli conosceranno il nuovo rito, e soprattutto il messaggio 37


di fede che esso veicola, soltanto dalle celebrazioni che messaggio che il rituale sperimenteranno. Nessun’altra celebrazione liturgica intende comunicare. tocca tante persone, più o meno credenti, più o meno praticanti, quanto la celebrazione delle Esequie, e in 2 - LA CHIESA una circostanza che rende tutti più disponibili alla receII rito delle Esezione del messaggio cristiano. quie Per quanto riguar1 - LA CASA da la celebrazione in a) Visita alla famiglia chiesa vale ciò che è Non possiamo nasconderci che la stragrande maggio- detto per qualsiasi alranza dei fedeli compie oggi l’ultimo esodo nelle strutture tra celebrazione liturgiospedaliere. Né possiamo negare che, quasi sempre, l’an- ca: deve essere «seria, nuncio della morte giunge in parrocchia tramite le agenzie semplice e bella,., veifunebri. Con tutto ciò, tenendo presente le diverse situa- colo del mistero, rimazioni il rituale italiano ha inserito uno schema di preghiera nendo al tempo stesso presso la famiglia, sia che il defunto sia morto in casa o in al- intelligibile, capace di tro luogo. Preghiera che, per quanto possibile, ci si aspetta narrare la perenne alledi elevare insieme al ministro ordinato, ma che il rituale op- anza di Dio con gli uoportunamente affida anche ad un laico idoneo. Eventualità mini» (CVMC 49). che sarà sempre più frequente e non solo per la preghiera in famiglia. Situazione che, pertanto, impegna a progettare 3-IL CIMITERO con un atto di coraggio la formazione di ministri laici (cf RE, È più che opportuna, la preghiera che accompagna il Presentazione CEI, 5; Premesse, 19). Un ministero pastora- momento della sepoltura o tumulazione. Il rituale offre le che, in ogni caso, concorre anche a liberare la parrocchia opportuni schemi di preghiera. Se in questo momento da un’immagine che la riduce troppo sovente ad un ente conclusivo delle Esequie è sempre più difficile la presenper l’erogazione di servizi religiosi dalla culla alla tomba. za del ministro ordinato, è assai auspicabile la presenza della comunità locale almeno attraverso un ministro laico b) La veglia accompagni questo momento traumatico con la luce Il rosario non sembra costituire oggi la forma di pre- che della Parola di Dio e con il conforto di quella preghiera che ghiera più adatta per fare di tale circostanza un’autentica esprime e alimenta la speranza cristiana. Ancora una volopportunità di «evangelizzazione», né di esperienza oran- ta emerge pastorale di formare un gruppo di laici te. Qualificare liturgicamente questa veglia con la Parola di preparato el’urgenza dignitoso per assolvere a questo compito che, Dio, con opportuni e brevi interventi, senza lungaggini, non tra l’altro, cambia l’immagine della parrocchia. senza qualche elemento che si richiami alla devozione popolare, sembra un’urgenza tutt’altro che secondaria anche 4 - LA CREMAZIONE se impegna maggiormente per la scelta e la composizione La cremazione non suscita più tanta meraviglia, né scandei testi secondo le circostanze (cf RE, Presentazione CEI, 6). dalizza, pur nella diversità di opinione e di scelta. In alcune c) Chiusura della bara grandi città del nord Italia la scelta della cremazione sta ragLa chiusura della bara (= la perdita del volto) costituisce giungendo il 30%. La scelta preferenziale dell’inumazione un momento traumatico, di forte emozione che necessita da parte della Chiesa deve essere non solo affermata, ma di essere supportato dalla fede e dalla preghiera cristiana e anche giustificata alla luce della tradizione, della storia e non lasciato ad una fredda prassi funzionale. Per questo la della Parola di Dio, ma senza insostenibili ostracismi colpeseconda edizione del rituale italiano prevede che anche un volizzanti. laico idoneo possa guidare questo momento di preghiera. Il capitolo del RE riguardante la cremazione è la vera È da queste piccole cose che tutti, compresi i poco o per novità della seconda edizione del rituale. Novità che può nulla praticanti, si accorgeranno che qualcosa è cambiato costituire il «pretesto» per informare i fedeli sulle origini e nel rituale, anzi, nella Chiesa, e soprattutto recepiranno il la storia dì questa prassi che non contraddice affatto la fede nella risurrezione. In questo contesto più ampio è possibile far comprendere l’inopportunità della dispersione delle ceneri, che non permette l’elaborazione del lutto e favorisce più facilmente la perdita della memoria. CONCLUSIONE Nell’attuale situazione parrocchiale, sebbene in evoluzione anche a causa della crescente diminuzione del clero, il pastore resta ancora, per il momento, il tramite più importante per una corretta e fruttuosa recezione del messaggio di fede contenuto nel rito delle Esequie. È quindi il parroco, o chi per lui, che deve essere convinto per primo della forza educativa della celebrazione liturgica e sentire pertanto la necessità di acquisire formazione e competenza (= arte del celebrare) non senza l’aiuto di sussidi che servano anche per itinerari di formazione per ministri laici la cui presenza e idoneità sarà determinante in un futuro assai prossimo. 38


il nuovo rito delle esequie

un rituale con ampi orizzonti Il rinnovato rito delle Esequie: - offre una più ampia e articolata proposta rituale a partire dal primo incontro con la famiglia, appresa la notizia della morte, fino alla tumulazione del feretro; - presenta una traduzione rinnovata dei testi di preghiera, delle letture bibliche e dei salmi secondo la nuova versione ufficiale della Conferenza Episcopale Italiana; - integra i testi delle monizioni e delle preghiere presenti nella prima edizione con nuove proposte, attente alle diverse situazioni (visita alla famiglia, veglia, chiusura del feretro, preghiera dei fedeli, ultimo commiato); - risponde con apposite indicazioni a nuove situazioni pastorali, in particolare per quanto concerne la questione della cremazione dei corpi; - provvede a suggerire nuove melodie per alcune parti della celebrazione. C'è il rischio concreto tuttavia, come insegna l'esperienza, che appena il nuovo rituale vedrà la luce si presti attenzione unicamente alla cremazione e alla sua regolamentazione rituale, che è sicuramente la novità più appariscente. Sarebbe un vero peccato e un'occasione sprecata per le nostre comunità. Il rituale infatti ha orizzonti più ampi. Nasce dal desiderio di rispondere al nuovo contesto culturale caratterizzato dalla tendenza, accentuatesi negli ultimi decenni, a fuggire dal pensiero della morte, quasi a volerla escludere dall’orizzonte delle concrete esperienze. La morte ha fatto sempre paura all’uomo che si sente fatto per la vita, ma oggi si vuole rimuovere persino il pensiero della morte. È sotto gli occhi di tutti la rimozione o tabuizzazione della morte, le cui cause complesse dagli studiosi vengono collegati con la mercificazione della morte e dei rapporti umani in genere, con il fatto che la morte non entra a far parte di una concezione globale della vita che diventa essa pure insignificante, con

la concezione edonistica della società moderna, con la tecnicizzazione del morire e del vivere (ospedalizzazione, accanimento terapeutico, mercato della morte). Vediamo così che si muore spesso in ospedale o nelle case per anziani, lontani dalla propria casa e dai propri cari. Molte volte il defunto passa direttamente dall’ospedale al cimitero, scompaiono in casa e nella città i segni del lutto, si impedisce ai bambini di vedere i propri cari morti, si evita persino di nominare la morte, e anche la vecchiaia, ricorrendo ad eufemismi per indicarle. E questo non è soltanto un dramma per chi muore, ma anche un impoverimento per chi vive, che viene privato dell’umanissima esperienza della morte dei propri cari, tirocinio alla propria. Anche se poi i mezzi di comunicazione lo spettacolo della morte si premurano di mettercelo continuamente sotto gli occhi, in diretta e in maniera spietata, con i quotidiani incidenti stradali, ferroviari, aerei, marittimi e sul lavoro, i morti per droga, i disastri naturali fortuiti o provocati dalla cattiveria o dall’insipienza umana, i terremoti, le alluvioni, le frane, gli attentati, le stragi, le scene di guerra, i suicidi. E se essi lo fanno, vuol dire che ritengono di poter contare su un’audience tale da non risultare in perdita sul mercato. Queste situazioni, come avvertono i vescovi, tuttavia recano con sé anche una profonda domanda di prossimità solidale e aprono a un’autentica ricerca di senso. L’azione pastorale della Chiesa in questa situazione è più che mai sollecitata ad annunciare la speranza della risurrezione fondata sulla fede nel mistero pasquale di Cristo e a proporre un cammino di fede, scandito a tappe mediante celebrazioni comunitarie, per aiutare ad affrontare nella fede e nella speranza l’ora del distacco e a riscoprire il senso cristiano del vivere e del morire. II rito delle Esequie è sempre e in tutti i suoi momenti celebrazione del-

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la morte e risurrezione di Cristo a cui il cristiano già in forza del battesimo è associato, a cui ha partecipato tante con l’Eucaristia, memoriale della Pasqua, farmaco d’immortalità e pegno di risurrezione. Con la morte si compie anche per il corpo la sua conformazione a Cristo in vista della risurrezione. Nasce da qui l’esigenza di scegliere i testi più adatti alle diverse situazioni del defunto e delle persone presenti al rito: le letture, le orazioni, l’omelia, le monizioni, i canti, i gesti. Una caratteristica del nuovo rituale è la rafforzata insistenza sulla celebrazione comunitaria che raccoglie i familiari, i parenti gli amici anche se tante volte non credenti. Il rito è celebrazione della comunità che accompagna un suo figlio all’estrema dimora e lo consegna all’abbraccio dell’assemblea celeste. Spinge perciò a coinvolgere la comunità e a sviluppare una variegata ministerialità: presbitero, diacono, lettori, cantori, ministranti, ma anche un ministero della consolazione che non si esaurisca nella celebrazione ma si presti ad accompagnare il defunto nel suo passaggio da questo mondo e sostenga i familiari nell’elaborazione del lutto. Vanno sottolineati la ricchezza e la varietà dei testi come monizioni, orazioni, preghiere dei fedeli per le diverse situazioni: giovane, adulto, persona anziana, impegnata nella vita cristiana, morte improvvisa, incidente tragico, sacerdote, religioso, religiosa. II rito va conosciuto e utilizzato infine in tutte le sue componenti: letture brevi, lezionario, l’omelia, la professione di fede, che può essere proposta in casa, nella celebrazione o presso il sepolcro, il canto, i ministeri, i simboli rituali (il velo posto sul volto del defunto al momento della deposizione nella bara, croce, il cero pasquale presso il feretro, l’aspersione con l’acqua benedetta memoria del battesimo, l’incenso del corpo tempio dello Spirito, il sepolcro che richiama quello lasciato vuoto dal Signore risorto).


DECRETO VESCOVILE DIOCESI DI BRESCIA

Ecco le condizioni per fare le feste II Vescovo con un decreto ha approvato il vademecum “La festa in parrocchia” realizzato dagli Uffici e servizi diocesani. Si fa così chiarezza su alcuni punti controversi come le feste della birra (o simili) e Halloween, ma anche sugli spazi per i partiti politici.

Tutte le parrocchie, chi più e chi meno, organizzano attività diverse rispetto a quelle più propriamente “di religione e di culto” per aggregare ma anche “per fare cassa”. In diocesi si sentiva, però, la necessità di aggiornare quanto stabilito dal vescovo Foresti nel lontano 1984; lo scorso 26 gennaio mons. Monari ha così approvato il vademecum “La festa in parrocchia”: indicazioni e disposizioni pastorali per l’organizzazione e l’ospitalità di feste, eventi e manifestazioni in ambienti parrocchiali (oratori, sale della comunità, luoghi di culto). Alla stesura del documento che colma alcune lacune e fa chiarezza su tante zone d’ombra hanno collaborato Uffici e servizi diocesani. La precondizione indispensabile è che le iniziative devono avere uno stretto rapporto con le finalità pastorali della parrocchia. A questo si aggiungono anche lo stile della sobrietà (si fa riferimento esplicito alla prudenza nell ‘invitare artisti particolarmente onerosi e si incentiva l’uso di materiale biodegradabile) e il rispetto doveroso in ossequio alla legalità delle norme civili in materia. La festa, come è scritto nel vademecum, può essere un elemento di aiuto o, al contrario, può invece rivelarsi un ostacolo nel cammino di crescita di una comunità cristiana. Da questo punto di vista la normativa ecclesiastica e civile è chiara: la festa deve rientrare nel quadro della programmazione pastorale della parrocchia; si possono inserire raccolta fondi per le opere parrocchiali o per altro, ma non deve venire meno la dimensione religiosa e pastorale. Anche se può sembrare scontato va ricordato che la titolarità giuridica è del parroco e che ci sono alcuni adempimenti giuridici da seguire e rispettare. Nel secondo capitolo il documento entra nel merito delle feste o delle manifestazioni di enti pubblici o provati in ambienti parrocchiali. Alcuni “no” possono essere necessari o opportuni sia per garantire il rispetto delle identità delle opere della parrocchia sia per educare le persone a quei valori che costituiscono motivo di crescita per i singoli e per l’intera comunità cristiana. Non mancano gli esempi concreti: le manifestazioni non legate a tradizioni cristiane come Hallowe-en non sono ammesse, così come non è possibile rendere disponibili gli spazi parrocchiali per riunioni di partito; non sono

LUCIANO MONARI

PER GRAZIA DI DIO E DELLA SEDE APOSTOLICA

VESCOVO DI BRESCIA

Prot. n. 95/12

DECRETO Preso atto che in questi ultimi tempi da più parti in Diocesi è stata avanzata la richiesta di indicazioni in tema di feste, eventi e manifestazioni che, in forme e modalità diverse, si svolgono negli ambienti parrocchiali, Vista l’opportunità di ribadire gli aspetti di fondo che possono garantire le condizioni perchè questo momento particolare dell’attività parrocchiale venga svolto in forma corretta e pastoralmente efficace, nel rispetto delle normative civili in materia, Vista la necessità di aggiornare le linee guida diocesane in materia contenute nelle indicazioni e disposizioni per l’ospitalità a Enti pubblici o società private negli ambienti e nelle strutture oratoriane, emanate dal Nostro predecessore, mons. Bruno Foresti, il 31 agosto 1984, Sentito il parere del Consiglio Presbiterale in data 18 gennaio 2012 e degli Uffici diocesani competenti, con il presente atto DECRETO l’approvazione del Vademecum “LA FESTA IN PARROCCHIA. Indicazioni e disposizioni pastorali per l’organizzazione e l’ospitalità di feste, eventi e manifestazioni in ambienti parrocchiali (oratori, sale della comunità, luoghi di culto)”. nel testo allegato al presente Decreto, di cui costituisce parte integrante. Brescia, 26 gennio 2012 Il Vescovo diocesano + Luciano Monari Il Cancelliere diocesano Don Marco Alba

neppure ammesse negli ambienti parrocchiali feste della birra o manifestazioni legate ad altre bevande alcoliche. Saggezza e prudenza anche nei confronti delle feste di fine anno o feste particolari, mentre non sono ammesse le feste legate a giochi di ruolo che simulano l’uso delle armi; sono altresì da evitare atteggiamenti, abiti o comportamenti non decorosi nei saggi di danza o di musica. Sobrietà anche per quanto riguarda le feste di compleanno. Le parrocchie devono anche rispondere no alle richieste di ambienti per il culto di religioni non cristiane, ma anche per attività religiose psico-terapeutiche o sociali che fanno riferimento a gruppi di confessione religiosa o spiritualità non cristiano-cattolica. La parte finale del documento ospita anche un’appendice con le procedure corrette da seguire nell’organizzazione di feste, eventi e manifestazioni. Il vademecum interrogherà sicuramente le comunità cristiane. 40


Vademecum: la festa in parrocchia

Indicazioni e disposizioni pastorali per l’organizzazione e l’ospitalità di feste, eventi e manifestazioni in ambienti parrocchiali (oratori,sale della comunità, luoghi di culto)

1. L’ORGANIZZAZIONE DI FESTE/ EVENTI /MANIFESTA ZIONI IN AMBIENTI PARROCCHIALI 1.1 Orientamenti generali

«In quanto ente ecclesiastico civilmente riconosciuto, la parrocchia può svolgere direttamente non solo attività religiose e di culto (cfr. art. 16, lett. a, legge n. 222/1985), ma anche attività diverse (cfr. artt. 15 e 16, lett. b, legge n. 222/1985). Queste ultime restano però soggette, nel rispetto della struttura e della finalità dell’ente ecclesiastico, alle leggi dello Stato concernenti tali attività e al regime tributario previsto per le medesime (cfr. art. 7, comma 3, dell’Accordo 18 febbraio 1984)». [CEI, Istruzione in materia amministrativa, n. 100 (2005)] Tra le “attività diverse” rispetto a quelle propriamente “di religione e di culto” svolte dalla parrocchia possono certo rientrare le feste e le varie manifestazioni culturali e ludico-ricreative. Non occorre spendere molte parole per richiamare i discorsi di fondo sottesi al tema della “festa” in senso cristiano. Va invece evidenziato un fatto particolare: oggi anche la festa cristiana è spesso esposta alle provocazioni della secolarizzazione che investe la nostra società. La festa cristiana si trova cioè a dover fare i conti con gli aspetti connessi al “divertimento”, fattore segnato in modo del tutto singolare dalla deriva secolaristica. Si pensi, in questo senso ad esempio, al fenomeno dello “sballo”, elemento connotativo del “fare festa” e del “divertirsi” di larga parte dei giovani di oggi. Ebbene, a fronte di questi fatti, la parrocchia, proprio per il suo essere “la Chiesa tra le case”, è chiamata da un lato a continuare al di là di tutto la sua apertura generosa e accogliente verso alcune espressioni positive dell’esperienza umana come appunto la “festa”, dall’altro deve però far risaltare ancora di più la “qualità cristiana” di tali espressioni. In questo senso non sembra improprio parlare di un vero “stile cristiano” che fa la differenza nel modo di proporre valori umani connessi al fare festa come lo stare insieme, l’aggregarsi, il condividere, ecc. Questo “stile” deve poi improntare le iniziative concrete come sono le varie iniziative ludicoricreative, le “feste” appunto, che la parrocchia promuove nell’ambito delle sua attività. Non sarà inutile ricordare che tali iniziative dovranno connotarsi per alcuni aspetti che vanno dalla sottolineatura della dimensione religiosa (in alcuni casi si parla di “sagre”) in stretto rapporto con le finalità propriamente pastorali della comunità cristiana, alla promozione di valori umani come l’accoglienza, l’aggregazione, il favorire i rapporti umani. Non può poi mancare un richiamo alla sobrietà nei mezzi e nelle risorse (es. va osservata una certa prudenza nell’invito di artisti particolarmente onerosi, come pure va incentivato l’utilizzo di materiali biodegradabili e l’attenzione ad un corretto

smaltimento dei rifiuti) e non si può altresì trascurare il rispetto delle norme civili in materia, in un quadro di attenzione alla legalità. Ancora una volta emerge infine la necessità di una cura del tutto particolare da parte di chi ha il compito della guida della comunità. Il parroco, oltre che rappresentante legale della parrocchia, è anche e soprattutto colui che ha una responsabilità diretta sul bene della comunità. E la “festa” può essere un elemento di aiuto o, al contrario, può invece rivelarsi un ostacolo nel cammino di crescita di una comunità cristiana. Un ruolo non secondario in questo senso lo gioca allora chi in forza del suo ruolo di guida pastorale è chiamato ad una vigilanza prudente e intelligente per garantire la “qualità cristiana” del fare festa.

1.2 Disposizioni e norme 1.2.1 Tipologia di feste/eventi/ manifestazioni organizzate in parrocchia

Vale la pena precisare che si intendono qui prendere in considerazione feste/eventi/manifestazioni di tipo culturale e ludico-ricreativo organizzate dalla parrocchia nell’ambito delle sue attività pastorali. Una rapida recensione non certo esaustiva delle “feste” o “sagre” attualmente in circolazione nei nostri ambienti fa rilevare l’esistenza di “festa dell’oratorio”, “festa dello sportivo”, “festa della comunità”, “festa del patrono”, “festa del giovane”, “festa di …”, “sagra di …”, “palio”, ecc. La tipologia di feste/eventi/manifestazioni si configura poi in riferimento al soggetto promotore. Allo stato attuale si possono riscontrare i seguenti soggetti promotori: 1. la parrocchia; 2. realtà parrocchiali autonome ma senza identità giuridica propria: oratorio, gruppi parrocchiali vari; 3. realtà sovraparrocchiali (zone pastorali, unità pastorali); 4. realtà civili che vogliono collaborare con la parrocchia oppure chiedono ospitalità negli ambienti parrocchiali; 5. privati che chiedono ospitalità in ambienti parrocchiali. [Per i punti 4 e 5 si rinvia alla seconda parte del documento sul tema: “Ospitalità”]

1.2.2 La normativa ecclesiastica e civile in materia

A. Normativa ecclesiastica Una festa organizzata in parrocchia si connota per una esplicita finalità pastorale. Ne consegue che la festa deve rientrare nel quadro della programmazione pastorale della parrocchia e, anche se si possono inserire elementi accessori (es. raccolta di fondi per le opere parrocchiali o per altri scopi), la dimensione religiosa e pastorale non può mai essere trascurata. Nella stesura del programma questo aspetto dovrà essere particolarmente curato, per cui accanto a momenti ludicoricreativi non dovranno mancare anche quelli propriamente religiosi. Un cenno particolare merita le celebrazione della Messa in tali circostanze, tenendo conto che 41

una certa prudenza pastorale invita a verificare se ne sussistano sempre le condizioni. Può in ogni caso valere quanto raccomandato dall’Esortazione Apostolica Redemptionis Sacramentum, che al numero 78 dice: “Non è lecito collegare la celebrazione della Messa con eventi politici o mondani o con circostanze che non rispondano pienamente al Magistero della Chiesa cattolica. Si deve, inoltre, evitare del tutto di celebrare la Messa per puro desiderio di ostentazione o di celebrarla secondo lo stile di altre cerimonie, tanto più se profane, per non svuotare il significato autentico dell’Eucaristia” Per quanto concerne invece il luogo della celebrazione, il numero 77 della stessa Esortazione Apostolica afferma: “Salvo che in casi di grave necessità, non si celebri la Messa su di un tavolo da pranzo o in un luogo utilizzato per tale finalità conviviale, né in qualunque aula in cui sia presente del cibo, né coloro che partecipano alla Messa si siedano a mensa nel corso stesso della celebrazione”. La normativa canonica richiama poi il tema della “titolarità” della festa, cioè della responsabilità a cui ricondurre lo svolgimento della festa stessa in tutti suoi aspetti. Trattandosi di un’iniziativa parrocchiale, è ovvio che il titolare sia la parrocchia nella persona del suo rappresentante legale, cioè il parroco. Trattandosi poi di materia con risvolti civili, è altresì evidente che vi dovrà essere ogni cura per l’adempimento delle apposite disposizioni di legge. Altri soggetti che a vario titolo intervengono nell’organizzazione della festa/evento/manifestazione in parrocchia (collaboratori, volontari, ecc.) dovranno essere consapevoli che la “titolarità” giuridica è ultimamente del parroco. Tuttavia anche tali soggetti sono tenuti al rispetto delle norme di legge e all’attenzione e prudenza nei comportamenti personali. Nell’organizzazione di feste/eventi/manifestazioni va infine richiamato un carattere di sobrietà che sia in sintonia con lo “stile cristiano” e non profano e consumistico del fare festa. B. Normativa civile Gli aspetti che interessano la normativa civile in tema di feste/ eventi/manifestazioni in parrocchia sono principalmente i seguenti: la presenza di giochi, la presenza di musica e di balli, la somministrazione di alimenti e bevande, la realizzazione o il montaggio di strutture, palchi, impianti di illuminazione e amplificazione temporanee. Va tenuto presente che tale normativa è in costante aggiornamento e pertanto ciò che è riportato in questo documento fa riferimento a quanto disposto allo stato attuale. In ogni caso, per gli aggiornamenti si faccia riferimento all’Osservatorio Giuridico Legislativo Diocesano. Gli adempimenti necessari per la realizzazione di una festa/ evento/manifestazione sono i seguenti: 1. controllo dell’agibilità e della sicurezza degli spazi dove si terrà la festa/evento/manifestazione; 2. controllo dell’adeguatezza delle polizze assicurative della parrocchia; 3. comunicazione al Comune (con il documento


S.C.I.A.), in caso di presenza di musica e ballo e/o di somministrazione di alimenti o bevande; 4. compilazione della Licenza di Pubblico Spettacolo, in caso di presenza di palco e posti a sedere superiori a 100 posti, in strutture temporanee; 5. controllo degli spazi per la preparazione dei cibi, manuale HACCP, formazione igienico- sanitaria dei volontari in caso di produzione e/o somministrazione di alimenti o bevande; 6. regolarizzazione fiscale dell’attività; 7. adempimenti SIAE e SCF in caso di musica (dal vivo o registrata) o di altri spettacoli di intrattenimento. Per una ripresa in dettaglio dei vari aspetti sopra richiamati si rimanda all’Appendice. 1.2.3 Alcuni aspetti particolari Vi sono poi alcuni aspetti particolari che rientrano nell’ambito dell’organizzazione di una festa/ evento/manifestazione per i quali è necessaria una attenzione specifica. Si tratta di: • tombole e pesche di beneficenza; • giochi che prevedono la presenza di animali; • premi; • sponsorizzazioni. Per la ripresa in dettaglio di tali aspetti si rimanda agli approfondimenti disponibili sul sito www.diocesi.brescia.it e curati dall’Osservatorio Giuridico Legislativo.

2. L’ OSPITALITÀ DI FESTE/EVENTI / MANIFESTA ZIONI DI ENTI PUBBLICI O DI PRIVATI IN AMBIENTI PARROCCHIALI 2.1 Orientamenti generali

«È importante mantenere in questo campo un atteggiamento di prudenza, per evitare il rischio che le iniziative e le stesse strutture parrocchiali vengano sottratte alla soggettività della parrocchia, per essere gestiti da enti con propria autonomia e senza un esplicito collegamento ecclesiale […]. In ogni caso è necessario che i rapporti tra la parrocchia e altri enti eventualmente operanti nel suo ambito siano chiaramente definiti sia nel contesto della programmazione pastorale sia sotto il profilo giuridico (utilizzazione degli ambienti, responsabilità civili, amministrative e penali, obblighi fiscali, ecc.)». [CEI, Istruzione in materia amministrativa, n. 100 (2005)] La dimensione dell’accoglienza è da sempre una caratteristica peculiare delle strutture delle nostre parrocchie. Gli ambienti parrocchiali, in particolare l’oratorio e la “sala della comunità”, sono sempre stati, oltre che luogo di formazione religiosa, anche momento di incontro e di aggregazione. E questo anche per chi nelle nostre comunità non vive con pienezza la propria apparte-

nenza ecclesiale. Questa apertura delle strutture parrocchiali ha fatto sì che a volte alcune realtà legate al territorio in cui la parrocchia si trova inserita chiedano, per alcune loro iniziative, di poter trovare ospitalità nelle strutture stesse. Si tratta, in alcuni casi, di iniziative stabili (come ad es. attività di società sportive o altre realtà che usufruiscono delle strutture dell’oratorio), mentre in altri casi si tratta di iniziative temporanee come feste, eventi e manifestazioni. In tema di ospitalità negli ambienti oratoriani era intervenuto a suo tempo (1984) il Vescovo mons. Bruno Foresti, considerando in particolare la concessione delle strutture sportive in modo prolungato e duraturo. Nel nostro caso vogliamo invece occuparci dell’ospitalità di eventi e manifestazioni, a proposito delle quali possono valere le indicazioni già date da mons. Foresti: “La struttura oratoriana si colloca come servizio sociale all’interno del territorio e mantiene un giusto rapporto con esso e con le sue realtà civiche. Non esiste contraddizione tra il mantenere la propria identità e il partecipare profondamente alla vita del territorio; ne deriva che non sono ammissibili né una totale collaborazione con esso che ne svuoti l’identità, né una sua chiusura aprioristica”. A questo va poi aggiunto che, in tema di utilizzo degli ambienti della parrocchia, si rende necessario un attento discernimento, soprattutto da parte di chi ha il ruolo della guida della comunità ecclesiale, per poter valutare l’opportunità di accogliere le richieste più varie. In alcuni casi possono essere iniziative o realtà promotrici non in sintonia e talvolta in aperto contrasto con la proposta cristiana. Allora alcuni “no” possono essere necessari e opportuni sia per garantire il rispetto dell’identità delle opere della parrocchia, sia per educare le persone a quei valori (ad es. la chiarezza, la libertà, la sobrietà, ecc.) che costituiscono motivo di crescita per i singoli e per l’intera comunità cristiana.

2.2 Disposizioni e norme

2.2.1 Tipologia di richieste di ospitalità di feste/eventi/ manifestazioni di enti pubblici o di privati in ambienti parrocchiali

Allo stato attuale si possono registrare diverse richieste rivolte alla parrocchia per l’uso dei suoi ambienti in vista di feste/eventi/manifestazioni. Ne richiamiamo alcune: feste di compleanno di bambini in oratorio, halloween, iniziative a scopi commerciali gestite da privati (es. sfilate di moda, corsi vari di formazione), feste/eventi/manifestazioni di organizzazioni di volontariato, feste/eventi/manifestazioni organizzate dal Comune o da Enti civili, feste/eventi/manifestazioni politiche o parapolitiche.

2.2.2 Normativa ecclesiastica e civile in materia

A. Normativa ecclesiastica Le disposizioni ecclesiastiche in materia riguardano lo specifico delle feste/eventi/ manifestazioni sopra richiamate. • Feste di compleanno di bambini in oratorio, feste di laurea o feste legate ad eventi privati: si possono accettare a condizione che non intralcino la normale attività dell’oratorio e non abbiano carattere di esclusività; dovranno comunque rispettare le indicazioni contenute nel regolamento dell’oratorio per quanto riguarda i tempi, le modalità e gli spazi. • Halloween e manifestazioni 42

legate a tradizioni non cristiane: tali manifestazioni non sono ammesse. • Iniziative a scopi commerciali gestite da privati: le sfilate di moda non sono ammesse; per i corsi di formazione vi deve essere un accordo ben preciso tra la ditta e la parrocchia, vigilando, in particolare, sulla serietà e la affidabilità della ditta richiedente (vedi in Appendice). • Feste/eventi/manifestazioni di organizzazioni di volontariato: occorre verificare previamente se si tratta di organizzazioni non contrarie alla fede cristiana. Sarà in ogni caso necessario un accordo scritto (vedi in Appendice). • Feste/eventi/manifestazioni organizzate dal Comune o da Enti civili: è necessario un accordo scritto in cui si precisano tempi e modi di svolgimento (vedi in Appendice). • Feste/eventi/manifestazioni politiche o parapolitiche: non è possibile rendere disponibili gli spazi parrocchiali per riunioni di partito, per propaganda politica, per feste di partito. Richiede poi un particolare discernimento la richiesta di uso degli ambienti parrocchiali da parte di gruppi culturali o folkloristici che facciano riferimento diretto o indiretto ai partiti. Si sconsiglia, in ogni caso, l’accoglienza di gruppi che, pur col nome di cattolici o cristiani, non hanno riconoscimento da parte della Chiesa. In proposito un collegamento con l’Ufficio diocesano di pastorale sociale sarà di aiuto. Tutto questo non preclude certo una valutazione positiva dell’organizzazione di incontri su tematiche politiche e sociali realizzate dalla parrocchia in collaborazione con altre realtà. • Feste della birra (o legate ad altre bevande alcoliche): raccomandando pur sempre prudenza nella distribuzione di bevande alcoliche e fermo restando il rispetto per la normativa vigente in materia, non sono ammesse negli ambienti parrocchiali feste/ eventi/manifestazioni che portino denominazioni di questo genere. • Feste di fine anno o feste particolari (es. Rogo della Vecchia, Carnevale): per quanto riguarda le feste/eventi/manifestazioni che superano l’orario consueto di apertura e chiusura stabilito dal regolamento del proprio oratorio, è opportuno agire con saggezza e prudenza. • Feste legate a giochi di ruolo (live) o uso e/o simulazione d’uso di armi e campi sopravvivenza, manifestazioni paramilitari, ecc.: non sono ammesse. • Eventi musicali particolarmente costosi che appaiano in deciso contrasto con la sobrietà: non sono ammessi. • Saggi di danza, saggi di musica: si possono accogliere, tenendo però conto che negli ambienti parrocchiali sono da evitare atteggiamenti, abiti o comportamenti non decorosi. B. Normativa civile Una volta fissato un accordo (o eventualmente stipulato un contratto di comodato/affitto, rispettando al riguardo le indicazioni del Decreto Vescovile 1294/08 e del Decreto Vescovile 356/10 in materia di “Atti di straordinaria amministrazione”) con l’ente pubblico o privato organizzatore della festa/evento/manifestazione, la parrocchia mantiene comunque, in ambito civile, alcune precise responsabilità. Ad esempio, rimane a carico della parrocchia tutto ciò che attiene alla sicurezza e all’agibilità degli spazi ove viene effettuata la festa/evento/manifestazione: rispetto delle norme in materia, copertura assicurativa, ecc. Inoltre, pur non essendo la diretta organizzatrice della festa/ evento/manifestazione, la parrocchia deve farsi carico di richiedere all’ente organizzatore il rispetto delle norme vigenti. Questo anche al fine di evitare spiacevoli inconvenienti.

2.2.3 Alcune situazioni particolari

• Concessione di ambienti parrocchiali per fe-


ste/eventi/manifestazioni di movimenti religiosi alternativi In merito alla richiesta di ospitalità in locali di proprietà ecclesiale per attività religiose psicoterapeutiche o sociali riferentesi a gruppi di confessione religiosa o “spiritualità” non cristiano-cattolica, si suggerisce un atteggiamento di diniego. In ogni caso ci si rivolga all’apposito Servizio Diocesano per i Movimenti Religiosi Alternativi e per le Spiritualità Alternative. • Concessione di ambienti parrocchiali per feste/eventi/manifestazionidi stranieri La presenza nelle nostre parrocchie di stranieri, appartenenti a religioni diverse, si accompagna spesso alla richiesta di spazi per iniziative rivolte a gruppi o comunità straniere. Se tali feste sono organizzate dalla parrocchia o da gruppi parrocchiali o associazioni ed enti territoriali impegnati nell’accoglienza, nel dialogo e nell’integrazione (es. festa dei popoli), tali iniziative sono da incoraggiare. Talvolta si tratta invece della richiesta di ambienti parrocchiali per il culto. Al riguardo va fatta una distinzione tra le confessioni cristiane e le religioni non cristiane. La concessione di locali parrocchiali per il culto di confessioni cristiane riconosciute come tali è riservata all’Ordinario diocesano. Solitamente vengono deputati alcuni ambienti (es. una chiesa) solo per una determinata confessione, evitando che negli stessi ambienti si svolgano celebrazioni di cattolici o di altre confessioni cristiane. Questo al fine di evitare qualsiasi idea di sincretismo religioso. Nessun ambiente parrocchiale può essere invece concesso per il culto di religioni non cristiane, neppure in situazioni occasionali. Al riguardo, a volte, alle parrocchie giungono richieste di ambienti per i funerali di stranieri di altre religioni, specialmente africane. È bene non acconsentire a tale richiesta, coinvolgendo invece l’autorità civile, la quale è tenuta a garantire nel proprio territorio le condizioni per una corretta espressione delle manifestazioni religiose. In caso di dubbio e per qualsiasi necessità in proposito, ci si rivolga agli Uffici diocesani migranti e per il dialogo interreligioso. • Concessione di chiese e luoghi di culto per

eventi e manifestazioni artistico-culturali Tra le attività diverse da quelle di culto che più frequentemente si chiede di poter svolgere nelle chiese vi sono concerti, manifestazioni del cosiddetto “teatro sacro”, mostre ed esposizioni artistiche. è anzitutto da richiamare la necessità di evitare un uso troppo frequente e prolungato di chiese o luoghi di culto per manifestazioni di questo genere, per non correre il rischio di ridurli a spazi profani. Un’attenzione particolare andrà poi riservata alla custodia dell’Eucaristia durante tali manifestazioni, ricordando che dovrà essere traslata dal tabernacolo in un luogo adatto e raccolto. Per quanto riguarda i concerti, la materia è stata normata recentemente (22/2/2008) da una lettera del Segretario della CEI ai Vescovi Italiani, che richiama quanto disposto dal documento De concertibus in ecclesiis della Congregazione per i Sacramenti e il Culto Divino. A sua volta, l’Istruzione in materia amministrativa della CEI al n. 130 afferma che non è richiesta l’autorizzazione dell’Ordinario diocesano per le esecuzioni musicali in chiesa al di fuori della liturgia “quando ricorrono congiuntamente le seguenti condizioni: • organizzazione da parte di un ente ecclesiastico; • esecuzione prevalente di musica sacra; • ingresso libero e gratuito. Venendo a mancare una di queste tre condizioni, il concerto costituisce un’attività culturale, diversa da quella di culto, che richiede, a norma del can. 1210, la licenza scritta dell’Ordinario diocesano per l’uso profano della chiesa per modum actus ed è assoggettabile alla normativa sugli spettacoli”. Rappresentazioni e manifestazioni che rientrano nel cosiddetto “teatro sacro” possono svolgersi nei luoghi di culto a condizioneì che i testi rappresentati abbiano un carattere esplicitamente religioso. Da parte del Parroco vi sia poi una particolare vigilanza sul rispetto dell’ambiente sacro (spostamenti di arredi, installazione di attrezzature tecniche, ecc). In ogni caso, prima della concessione del luogo di culto, ci si avvalga della consulenza dell’Ufficio liturgico diocesano e dell’Ufficio comunicazioni sociali diocesano. Le stesse indicazioni sul carattere esplicitamente religioso dei soggetti e sul rispetto dell’ambiente sacro possono valere anche per l’allestimento di mostre o esposizioni artistiche. Ci si può in proposito avvalere della consulenza dell’Ufficio diocesano per i beni culturali ecclesiastici.

3. APPENDICE 3.1 Procedure da seguire nell’organizzazione di feste/ eventi/manifestazioni in parrocchia 3.1.1 Prima della festa/evento/ manifestazione

In fase preventiva, l’organizzazione di una festa/evento/manifestazione prevede una serie di attenzioni e verifiche che riguardano spazi, tempi e modi. È anzitutto opportuno fare una scelta ponderata e precisa degli spazi dove sarà effettuata la festa/evento/manifestazione. Al riguardo, è utile ricordare che alcuni spazi hanno strutture già predisposte e “a norma” per le quali la parrocchia deve disporre di apposita certificazione (impianti elettrici, strutture fisse…). In caso invece si opti per strutture temporanee, queste dovranno essere predisposte “a regola d’arte”. È poi necessario fissare i tempi precisi di durata della festa/evento/ manifestazione con un 43

apposito programma che preveda i vari appuntamenti. La stesura del programma diventa momento di crescita nella corresponsabilità da parte di quanti si rendono disponibili alla buona riuscita di tale momento. I modi di organizzazione di una festa/evento/ manifestazione possono essere diversi. Vi sono feste/eventi/manifestazioni con musica o con cucina, oppure con pesche di beneficenza o con giochi, ecc. … Vediamo alcune di queste modalità. * Se la festa/evento/manifestazione prevede la somministrazione di alimenti o bevande (con la consumazione in loco o la vendita d’asporto, es. spiedo, pizza, ecc.), o comunque una vendita per corrispettivi (es. mercatini…), sarà necessario compilare e consegnare la S.C.I.A. (Segnalazione Certificata Inizio/Modifica di Attività) presso il proprio Comune. Segnaliamo due aspetti particolari da tenere presenti nella compilazione di tale documento: • è probabile che il parroco non abbia i requisiti professionali per svolgere l’attività di somministrazione di alimenti, per cui si dovrà chiedere a un “preposto” (es. un operatore dell’ambito alimentare abilitato) che consenta la realizzazione di tale attività; • è necessario che gli spazi destinati alla manipolazione dei cibi siano provvisti di attrezzature “a norma” e prevedano magazzino e toilette riservata al personale. Ricevuta la documentazione debitamente compilata, il Comune passa parte della pratica all’ASL, che considera autorizzata l’attività. Le modalità pratiche di tale compilazione e consegna possono variare da Comune a Comune: generalmente tutta la documentazione necessaria è scaricabile da internet sul sito del proprio Comune di riferimento. Il Comune (e non l’ASL) resta in ogni caso l’unico interlocutore diretto cui riferirsi. * Se la festa/evento/manifestazione prevede un concerto o una performance teatrale, ma anche la semplice realizzazione o il montaggio di un palco, di tensostrutture o l’utilizzo di sedie mobili, sarà necessario compilare la richiesta di Licenza di Pubblico Spettacolo. Tale richiesta, che va fatta al Comune, prevede in particolare: • impianti elettrici fissi “a norma”; • certificazione di corretto montaggio dell’impianto elettrico predisposto per l’occasione, rilasciata da un tecnico abilitato; • certificazione di corretto montaggio di tutte le strutture (palchi, tensostrutture, ecc.), rilasciata da un tecnico abilitato (es.geometra). * Sempre in tema di Licenza di Pubblico Spettacolo va tenuto presente che, in caso di manifestazioni con grande afflusso di pubblico, potrebbe essere richiesta anche la presenza di personale antincendio. Una volta avviata la pratica con la S.C.I.A. sarà necessario predisporre gli spazi per la manipolazione dei cibi con tre attenzioni particolari: 1. suddivisione degli spazi e dei compiti, corretto uso e pulizia delle attrezzature; 2. formazione del personale addetto alla manipolazione dei cibi (con corso per alimentaristi dal valore biennale); 3. compilazione del manuale HACCP. Si ricorda che i prodotti fatti in casa e portati per essere consumati o venduti durante le feste (es. torte, dolcetti) non sono ammessi dalla normativa igienico-sanitaria, perché impossibile verificare la tracciabilità degli ingredienti e le modalità di produzione. Per quanto riguarda la condivisione di pranzi


negli ambienti dell’oratorio ricordiamo quanto segue: • La normativa igienico-sanitaria in materia è sempre da rispettare, quindi gli alimenti da consumare devono essere prodotti e serviti correttamente o acquistati preparati in porzioni già pronte all’uso: non possono essere portati da casa. • La normativa fiscale, fermo restando le esenzioni di seguito riportate, è da rispettare ogniqualvolta avvenga una somministrazione di alimenti o bevande a pagamento. * Se la festa/evento/manifestazione prevede la produzione di musica dal vivo (o registrata), oppure la realizzazione di spettacoli o recite (letture di testi, spettacoli cinematografici, ecc.), è necessario pagare un compenso presso la SIAE, secondo la convenzione CEI-SIAE. Si tenga presente che la SIAE chiede un deposito cauzionale prima dell’evento e il saldo entro cinque giorni dalla conclusione dell’evento. • È bene ricordare che la musica (e più in generale i rumori prodotti dalla festa) non devono superare i limiti di legge. In caso contrario è necessario fare richiesta al Comune di deroga per le emissioni sonore. • Per quanto riguarda gli spettacoli a pagamento, si ricorda la necessità di una opportuna regolarizzazione fiscale e di una specifica determinazione delle tariffe con la SIAE. Infine, si consideri che in caso di vendita di prodotti, di somministrazione di alimenti o bevande a pagamento come anche per la eventuale raccolta di sponsorizzazioni si dovrà rispettare la vigente normativa fiscale in materia. Cerchiamo qui di accennare ad alcuni aspetti importanti su tale argomento, tenendo conto che tale normativa allo stato attuale presenta alcuni caratteri suscettibili di interpretazione. Si consideri che, in tema di esenzioni (cfr. art. 143, Testo Unico delle Imposte sui Redditi), sono previste a favore degli enti non commerciali, e quindi anche della parrocchia, alcune agevolazioni in relazione alle attività occasionali di raccolta pubblica di fondi. In particolare è prevista la non imponibilità IRES dei fondi pervenuti a seguito di “raccolte pubbliche effettuate occasionalmente, anche mediante offerte di beni di modico valore o di servizi ai sovventori, in concomitanza di celebrazioni, ricorrenze o compagne di sensibilizzazione” (art. 143). In questi casi, non è prevista neppure l’applicazione dell’IVA. Si possono notare le caratteristiche che deve avere la raccolta di fondi che si svolge in caso feste/eventi/manifestazioni: deve trattarsi di raccolta pubblica (rivolta ad una massa indistinta di

soggetti); deve essere occasionale; può avvenire anche mediante l’offerta ai sovventori di servizi o beni di modico valore; deve avvenire in concomitanza di celebrazioni, di ricorrenze o campagne di sensibilizzazione. Circa il “carattere di occasionalità” della manifestazione: la norma è interpretata identificando in un massimo di due (in un anno) il numero delle feste/eventi/manifestazioni per le quali è possibile la non imponibilità IRES. Circa, invece, il “carattere celebrativo” della festa/evento/manifestazione, è possibile considerare rispondenti a tale carattere feste come la celebrazione del Santo Patrono, l’apertura dell’anno oratoriano, una raccolta fondi a favore di una iniziativa missionaria, ecc. Quindi, accertati il “carattere di occasionalità” e il “carattere celebrativo” della festa/ evento/manifestazione, è possibile godere delle agevolazioni per quanto riguarda la somministrazione di alimenti e bevande, che sono considerate esenti da imposte dirette ed indirette. Anche per queste attività rimane comunque necessario rendicontare le entrate e le uscite. Le agevolazioni fiscali, però, vengono parzialmente o totalmente meno nel caso in cui non siano soddisfatte le condizioni summenzionate: qualora non sia soddisfatto il “carattere celebrativo” della festa/ evento/manifestazione, i proventi che ne derivano configurano per la parrocchia “redditi diversi” da inserire in dichiarazione dei redditi e soggetti ad IRES; qualora, invece, venga a mancare per la festa/evento/manifestazione il “carattere di occasionalità”, l’attività di somministrazione di alimenti e bevande si configurerà come attività commerciale a tutti gli effetti, con le implicazioni che ne conseguono relativamente alla necessità di apertura della partita IVA (come, del resto, per quanto riguarda tutte le attività di tipo commerciale non occasionali), alla fatturazione delle vendite, agli adempimenti contabili e dichiarativi connessi.

3.1.2 Durante la festa/evento/manifestazione

Ricevute previamente le autorizzazioni necessarie, sarà quindi opportuno: • rispettare programma, orari e spazi per i quali si è ricevuta l’autorizzazione. Si tenga conto che è possibile un sopralluogo dell’ASL durante la festa/evento/manifestazione; • rispettare le norme vigenti in materia di igiene, sicurezza ed emissioni sonore. È possibile un sopralluogo della Polizia Locale e della SIAE; • registrare correttamente le vendite per corrispettivi (emissione degli scontrini fiscali e compilazione del registro dei corrispettivi). In caso di sospensione del programma musicale o di intrattenimento della serata, è opportuno inviare subito alla SIAE un fax così da evitare il pagamento del compenso per una prestazione non effettuata.

entro quattro mesi dalla chiusura della festa/ evento/manifestazione, un apposito rendiconto da cui risultino le entrate e le spese connesse a ciascuna raccolta di fondi. I rendiconti, uno per ciascuna raccolta, devono essere predisposti in ogni caso. Il rendiconto e la documentazione giustificativa delle entrate e delle spese deve essere conservata per poter essere esibita in caso di controllo da parte dell’Amministrazione finanziaria.

3.2 Procedure da seguire nel dare ospitalità a feste/ eventi/manifestazioni di enti pubblici o di privati in ambienti parrocchiali 3.2.1 Prima della festa/evento/manifestazione

Pervenuta alla parrocchia la richiesta da parte di un gruppo, di un’associazione o di un privato di organizzare una festa/evento/ manifestazione all’interno degli ambienti parrocchiali, saranno da verificare preventivamente questi aspetti: 1. Indicazione precisa della titolarità dell’ente promotore. Se si tratta di un gruppo, verificare se è costituito in associazione oppure se la responsabilità è di un singolo privato. Va tenuto presente che la documentazione necessaria (permessi, autorizzazioni, moduli, ecc.) dovrà riportare sempre il nome dello stesso organizzatore. Un’attenzione particolare va data ai gruppi parrocchiali (caritas, missioni, coro…) i quali, non avendo personalità giuridica propria, non hanno i requisiti per essere individuati civilmente come “enti organizzatori”. In questo caso, la parrocchia è chiamata ad assumere il ruolo di soggetto organizzatore con quanto questo comporta come detto nella prima parte del presente documento. 2. Verifica del rispetto dei criteri di opportunità. 3. Verifica previa del programma della festa/ evento/manifestazione, sia per quanto riguarda la presenza di spettacoli o attività non opportune, sia per quanto riguarda sovrapposizioni con attività parrocchiali, in particolare le celebrazioni liturgiche. 4. Verifica del materiale pubblicitario della festa/evento manifestazione prima della diffusione dello stesso; è necessario il pagamento dei diritti di affissione (a carico dell’organizzatore) in caso di diffusione a mezzo di manifesti. 5. Verifica dell’esistenza di una polizza assicurativa che risponda circa i danni a terzi e gli infortuni per l’attività svolta. 6. Richiesta di rispetto della normative civile e canonica in materia. 7. Predisposizione di una apposita “scrittura privata” tra ente organizzatore e parrocchia per definire tempi e modi di realizzazione della festa/evento/manifestazione. Un fac-simile di tale documento è disponibile sul sito www.diocesi. brescia.it nella sezione Osservatorio Giuridico Legislativo Diocesano. 8. Richiesta di avere copia delle autorizzazioni in materia.

3.1.3 Dopo la 3.2.2 Durante la festa/evento/manifefesta/evento/mani- stazione festazione È sempre necessario il rispetto della normative

Dal punto di vista degli adempimenti civili, dopo la festa/ evento/ manifestazione è necessario provvedere al saldo della propria posizione SIAE. Inoltre, vi è poi l’obbligo di redigere, 44

civile e canonica in materia.

3.2.3 Dopo la festa/evento/manifestazione

È bene che il parroco o un suo delegato verifichi insieme all’organizzatore l’esito della festa/evento/manifestazione. Eventuali inadempimenti o irregolarità a carico dell’ente organizzatore sono da segnalare subito, in modo da evitare problemi in futuro.


EMPI T I E D I N G E S LEGGERE I

La questione della disuguaglianza

Giustizia è efficienza Non c'è democrazia senza uguaglianza sociale, la sola che può determinare anche un buon funzionamento del mercato. È l'uguaglianza, dunque, che garantisce libertà e stabilità economica. È quanto sta mettendo in luce l'attuale crisi che attraversa l'Europa. Dati statistici inequivocabili denunciano il forte divario di ricchezza e di opportunità tra i cittadini del nostro Paese che ricordano i ben noti squilibri sociali ed economici esistenti a livello mondiale.

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on c'è democrazia senza uguaglianza sociale, la sola che può determinare anche un buon funzionamento del mercato. È l'uguaglianza, dunque, che garantisce libertà e stabilità economica. È quanto sta mettendo in luce l'attuale crisi che attraversa l'Europa. Dati statistici inequivocabili denunciano il forte divario di ricchezza e di opportunità tra i cittadini del nostro Paese che ricordano i ben noti squilibri sociali ed economici esistenti a livello mondiale. Dieci anni fa, Ermanno Corrieri, figura di punta del cattolicesimo democratico italiano, ministro del Lavoro nel VI Governo Fanfani e curatore in più occasioni di Rapporti redatti da Commissioni governative dedicate a povertà, famiglia, reddito, lavoro e pensioni, scrisse un libro agile ma di notevole spessore culturale e politico dal titolo Parti uguali fra disuguali. Povertà, disuguaglianza e politiche redistributive nell'Italia di oggi '.

L'uguaglianza sociale condizione della libertà

dini possono godere anche dei diritti sociali «che garantiscono la partecipazione ai beni materiali e immateriali, di cui dispone la società». È infatti «la diversa distribuzione di quei beni - dal livello d'istruzione all'occupazione, dal tipo di lavoro svolto alle risorse eco-nomiche di cui si dispone - (che) influenza l'effettivo esercizio della libertà e l'effettiva parità dei cittadini di fronte alle possibilità offerte dalla società»3. L'uguaglianza sociale dunque non è un corollario della democrazia ma la sua condizione, perché permette l'accesso ai diritti di libertà da parte di tutti e di ciascun cittadino. Non solo. L'uguaglianza, generando coesione sociale determina anche il buon funzionamento del mercato che non sopporta, perché cagionevoli di instabilità, un conflitto sociale aspro e disparità troppo ampie: «quanto più alta e garantita sarà la soglia del benessere il cui raggiungimento è assicurato a tutti - scriveva in proposito Corrieri -tanto più ampi potranno essere gli spazi del libero esplicarsi della competizione sociale e del conseguente perseguimento di livelli di efficienza e di eccellenza»4. Su questo punto, il pensiero sociale di Gorrieri - che non è un residuo dell’egualitarismo sessantottino, come egli stesso teneva a sottolineare - incrocia le tesi di uno dei più grandi economisti italiani del ‘900, Federico Caffè, che contrastava l’assioma secondo il quale esisterebbe un trade-offtra uguaglianza sociale ed efficienza economica, cioè che una maggiore uguaglianza tra i cittadini produce una perdita di competitivita del sistema economico; per Caffè invece una società può essere più efficiente solo se è più giusta5. Il messaggio è chiaro ed è attualissimo: senza uguaglianza non c’è libertà (nell’accezione ricca del termine) e neanche stabilità economica.

L'obiettivo di Corrieri - come è scritto nella premessa - era quello di «richiamare l'attenzione sull'argomento». Dopo anni di battaglie su questo terreno, voleva in qualche modo ridare lustro e riportare al centro del dibattito pubblico la parola «uguaglianza», a suo avviso trascurata sia dai cattolici «che hanno investito il loro impegno nel generoso esercizio della solidarietà più che nella lotta politica per la giustizia sociale», sia dalla sinistra riformista «nell'intento di liberarsi dalle ideologie del passato e di crearsi una nuova identità», nonché svuotata dagli «sterili massimalismi di altre posizioni di sinistra»2. Corrieri, peraltro, aveva ben presente che in un contesto mondiale di liberismo economico crescente, l'individualismo montante nella società, assecondato cinicamente dalla politica, avrebbe condotto all'impoverimento del significato della libertà, valore per eccellenza della modernità, lasciando prevalere la dimensione dell'avere su quella dell'essere. Secondo Corrieri, invece, si da libertà autentica della persona soltanto se le offerte speciali nei supermercati insieme ai diritti civili e politici i citta- Si moltipllcano per venire incontro alle famiglie in difficoltà 45

Senza uguaglianza non c’è neanche stabilità economica Dieci anni dopo, le parole di Ermanno Gorrieri risuonano come una profezia amara in un contesto mondiale alle prese con pesanti shock sociali prodotti da un sistema economico fuori controllo, generatore di nuovi poveri


formazione socio-politica anche nei paesi industriali avanzati e di scenari incerti per il futuro, soprattutto delle giovani generazioni. Per la prima volta nella storia recente, segnata da uno sviluppo costante e progressivo, siamo di fronte alla possibilità di una decrescita e si comincia a pensare che i figli vivranno con meno risorse a disposizione rispetto ai loro padri. L’aumento delle disuguaglianze sociali non è tuttavia soltanto uno degli sbocchi della crisi economico-finanziaria che avvolge il mondo dal 2007 ad oggi. A causa, infatti, dell’eccesso di indebitamento privato delle famiglie in difficoltà a sbarcare il lunario, questo fenomeno ha avuto (non da solo) un ruolo crucia le nel creare le bolle speculative finanziarie e immobiliari, che una volta esplose hanno ulteriormente ridotto il reddito delle fasce sociali deboli, penalizzando lo stesso mercato con una forte depressione della domanda mondiale di beni e servizi, e imponendo agli stati esborsi consistenti di denaro pubblico per far fronte alla situazione. «Questo crollo - spiega l’economista Jean Paul Fitoussi ha fatto diminuire le entrate fiscali e quindi aumentare il disavanzo pubblico. I governi hanno provato a contrastare Teff etto della crisi con piani di rilancio finanziati con risorse pubbliche: c’è stata una sostituzione fra debito privato e debito pubblico. Ha contribuito all’aumento della disuguaglianza la diffusa fede che per guadagnare in competitivitaà in un’epoca di globalizzazione le cose più importanti fossero diminuire lo stato di protezione sociale, ridurre il costo del lavoro, non tassare i ricchi per evitare che cambiassero Paese. Si è diminuita la progressività dell’imposta e si sono alleggerite le tasse solo sulle imprese»(6). Senza dunque un’assunzione del tema dell’uguaglianza sociale nelle politiche pubbliche, qualsiasi altra ricetta per fronteggiare la crisi avrà il fiato corto e finirà per cristallizzare invece che rimuovere le ingiustizie strutturali, mantenendo bloccato il sistema economico in un’impasse. Ciò tuttavia è possibile ripartendo dai vincitori e dai vinti dell’era della neoglobalizzazione e impegnandosi a modificare il paradigma che oggi governa l’economia e tiene in scacco una politica debole. Non mancano peraltro mappe precise che descrivono i divari (in alcuni casi enormi) di ricchezza di reddito e di opportunità tra i cittadini. Eclatante, al riguardo, è il dato relativo agli Usa: secondo gli esperti all’1% delle famiglie più ricche è andato il 60% dei frutti della crescita economica avvenuta tra il 1976 e il 2002 (7).

sintetico del grado di disuguaglianza tra i redditi) in Italia è superiore alla media europea. Nel dettaglio, l’ISTAT9 registra che il 50% delle famiglie italiane, nel 2009, ha percepito un reddito netto non superiore a 24.500 euro (2.050 euro mensili), che al Sud scende attorno ai 20.000 euro (1700 mensili). Inoltre il 20% più ricco delle famiglie possiede oltre il 37% del reddito nazionale mentre solo l’8% va al 20% più povero. Resta alta infine l’esposizione al rischio di povertà che riguarda 11 milioni di persone. A queste se ne aggiungono 4 milioni che sono già in condizioni di deprivazione materiale, mentre altre 6 milioni vivono in contesti familiari con forti problemi di lavoro . Va da sé che le situazioni di maggiore svantaggio sono nel Sud del paese e a carico di famiglie monoreddito e di quelle numerose.

È tuttavia l’indagine annuale della Banca d’Italia sulla ricchezza delle famiglie italiane10 (immobili, depositi in banca, titoli azionar! e di Stato) a mostrare il vero volto della disuguaglianza in Italia, giacché se la media matematica vuole che ogni nucleo famigliare disponga oggi di 356.000 euro, la realtà dice che il 45% di tale ricchezza è concentrata nelle mani del 10% delle famiglie, mentre la metà più povera ne detiene solo il 10%. Si può concludere che l’Italia è un paese ricco, ma profondamente ingiusto e diseguale. Luigi Campiglio, economista all’Università Cattolica di Milano, parla addirittura di società a somma zero, nella quale «la mancanza di crescita economica ha comportato che all’aumento di reddito, risparmio o consumo di qualcuno corrispondesse necessariamente una simmetrica diminuzione Italia paese ricco assoluta di qualcun altro, come per l’appunto in un gioco a ma ingiusto e diseguale somma zero. Per questo motivo le ragioni dell’equità distributiva, e quindi una precisa comprensione di chi perde e Anche l’Italia tuttavia registra significativi squilibri di be- chi guadagna nella crisi in corso, hanno oggi un ruolo prionessere tra i ceti sociali, peraltro in crescita. Lo attestano ritario per qualunque proposta che riguardi la ripresa dello indagini condotte da Istituti nazionali e internazionali a fine sviluppo»”. anno 2011 che offrono indicatori univoci e inequivocabili CORRIERI, Parti uguali fra disuguali, Povertà, disuguaglianza e posul tasso di ingiustizia sociale presente nel nostro paese. ‘E. lìtiche redistrìbutive nell’Italia di oggi. II Mulino, 2002. ‘-Idem, pag. 10. L’OCSE8, ad esempio, stima che la disuguaglianza tra i red- ‘Idem, pag. 13. ‘Idem, pag. 10. diti in Italia è superiore alla media dei paesi industrializzati 5F. CAFFÈ, Realtà e crìtica del capitalismo storico, Meridiana Libri, 1995. e che sia in aumento rispetto agli anni ‘90: nel 2008, il 10% 6J.P. FITOUSSI, Aumenta la disuguaglianza diminuisce la democrazia. più ricco vantava un reddito medio di 49.300 euro contro i La Repubblica 6.6.11. 7Cfr. E. GRANAGUA, Redditi e ricchezza. Chi ha poco o troppo poco, www.fondazionegnrrieri.it, 1.12.2011. 4.877 euro medi del 10% più povero. Peraltro, l’incremen- troppo, ‘OECD, 2011, Dìvided we stand: why inequality keeps rising. to maggiore di reddito si è avuto tra i lavoratori autonomi, “ISTAT, Reddito e condizioni di vita, Anno 2010, Report. 29.12.2011. mentre ha allargato significativamente la forbice della di- www.istat.it “BANCA D’ITALIA, La ricchezza delle famiglie italiane 2010, suguaglianza il fatto che i matrimoni avvengono sempre Supplementi al Bollettino Statistico, 14.12.2011. “L. CAMPIGLIO, Crisi, più tra persone con redditi simili. Anche l’ISTAT conferma cresce la disuguaglianza, Vita e Pensiero, 5/11. questo trend, segnalando che l’Indice di Gini (l’indicatore 46


formazione socio-politica

La crisi e le sue figlie

La crisi imperversa. Mette in luce le disfunzioni della nostra società. Fa passare al vaglio i modi di vita personali e collettivi. Genera figlie di opposto segno morale. La crisi imperversa. Mette in luce le disfunzioni della nostra società. Fa passare al vaglio i modi di vita personali e collettivi. Genera figlie di opposto segno morale. Le figlie positive In senso positivo ci pare di poter dire che la crisi ha fatto scoprire l’importanza della politica in relazione all’economia e il ruolo imprescindibile degli Stati nella difesa del bene comune. Da molto tempo ci si sta preoccupando di riabilitare la politica. È dall’azione politica e dall’impegno di tutti che verranno, col tempo, le soluzioni alla crisi, sotto forma di un nuovo modello di sviluppo, che accordi maggiore importanza alla qualità delle relazioni interpersonali e al rispetto del creato. È indubbio che la “crisi” in alcuni casi sta diventando un’opportunità. Essa costituisce l’occasione per recuperare la capacità e il gusto del risparmio, della misura, del non spreco, dei consumi “sostenibili”. Rivela delle virtualità educative. Insegna che occorre educare le emozioni, impegnarsi sulle virtù personali e sociali, dar valore “anche” all’anima. Si è fatta strada anche la ricerca di una società più giusta. Essa rappresenta il fondamento di un’autentica trasformazione degli stili di vita che non può che essere incoraggiata dai cristiani. Sta ad ognuno di noi coltivare la consapevolezza che i desideri personali non possono essere l’unica molla del proprio agire e del proprio giudizio. La complessità delle situazioni ci ha permesso di riscoprire una visione relazionale dell’uomo, che non vive solo per se stesso, ma con altri, e costruisce la propria felicità insieme agli altri e non a danno degli altri.

Si è preso atto che non tutto è mosso dai soldi. Ci sono esempi di gente dalla vita “sobria” che con il suo lavoro ha mosso l’economia. Nei momenti di difficoltà, di stretta, si vede di che “pasta” è fatto un uomo, e un Paese. Se di fronte al calo dei consumi, la reazione è solo il panico, o l’allarme o il lamento, può darsi che da questo “fossato” non si esca. E che ci si dibatta “isterici” e tendenti alla “rapina” reciproca. Le figlie negative Sul versante negativo la crisi ha rivelato il volto indefinito di chi il mercato globale lo patisce sulla pelle. Più che parteciparvi, ne è parte che subisce: lo si accoglie e impiega se serve, lo si sposta dove più conviene. È il viso di quei milioni di ragazzi e ragazze che nel mondo vivono forme preoccupanti di emarginazione e di sfruttamento, con crescenti situazioni di disagio personale. Giovani lavoratori nell’era dell’incertezza, precari all’infinita ricerca di una stabilità, soprattutto emigranti sbattuti sulle nostre spiagge a ondate, come naufraghi dopo uno “tsunami”. In alcuni contesti si sono accese nuove speranze e il benessere complessivo è aumentato, ma la sua distribuzione appare squilibrata, e la possibilità di accesso alle diverse potenzialità resta diseguale. Chi parte in svantaggio rimane indietro e a volte non finisce nemmeno la corsa. In altre realtà al calo dei consumi si potrebbe affiancare, e forse già si affianca, lo “spettro” dello scontro, della guerra tra poveri, dell’insoddisfazione scaricata sul vicino, o chiamatelo il “prossimo”. Già ora, di fronte alla necessità di non far mancare il necessario a chi ha più bisogno, e di cambiare certi assetti, si registrano i primi irrigidi47

menti, le dure erezioni di “barricate” a difesa dei propri interessi. La negatività tocca in modo forte la famiglia. È piallata a dovere, perché siamo già in troppi a questo mondo e soprattutto abbiamo troppo da fare: da lavorare, da produrre, da consumare e per giunta tutto in fretta. E il domani, gli anni futuri, le prossime generazioni sono concetti inafferrabili quando tutto cambia così velocemente nel mondo e intorno a ciascuno. Quando il futuro non si avverte come una meta e una necessità, non ha molto senso progettare un qualcosa che sia “per sempre”. La famiglia vive certo nel presente, ma la sua dimensione più vera, è la proiezione continua nel futuro, in un orizzonte che è sempre oltre: nel tempo e nel dono continuo capace di andare al di là di se stessi. Le figlie della crisi ci dicono che non conta soltanto divenire più “competitivi” e “produttivi”; occorre essere “testimoni della carità”. Questa è la sfida lanciata a tutti e “per” noi. Se gli scambi sono segnati dalla diffidenza e dall’imperativo del tornaconto, i cristiani dovranno coltivare la fiducia e la dimensione della gratuità. In un mondo globale e competitivo, cos’altro c’è di più rivoluzionario della carità, dell’amore dell’uomo per suo fratello? La carità è la figlia prediletta del Padre, e sarà lei a resistere fino alla fine dei tempi.


ANNO PASTORALE 2011-2012

CARITAS PARROCCHIE DI BOTTICINO

Convegno Diocesano Caritas Parrocchiali 2012 sabato 28 aprile a Botticino A un anno di distanza da “Chiesa, profumo di relazioni”, in cui si è condivisa l’opportunità di “so|stare” sull’esperienza dell’essere

consegnati gli uni gli altri, nella piena comunione, alla comunità, sabato 28 aprile ritorna l’annuale appuntamento degli uomini e delle donne della carità. Un appuntamento che, richiamando l’attenzione sulla prevalente funzione pedagogica della caritas, permette di dare rinnovato vigore alla “scelta pastorale delle relazioni” all’interno di un’esperienza di comunità, di chiesa. “A voi, infatti, è affidato un importante compito educativo nei confronti delle comunità, delle famiglie, della società civile in cui la Chiesa è chiamata ad essere luce. Si tratta di assumere la responsabilità di educare alla vita buona del Vangelo, che è tale solo se comprende in maniera organica la testimonianza della carità”, così Benedetto XVI in occasione dei 40 anni di Caritas Italiana (24 novembre 2011) Nel solco del cammino intrapreso negli ultimi anni, “Farsi Convegno. Un luogo per narrare la speranza” (2008), “Animare…la carità in parrocchia” (2009), “Nella Carità… riscoprirsi comunità” (2010), “Chiesa, profumo di relazioni” (2011), la proposta del prossimo 28 aprile pone nuovamente al centro i rapporti, i legami, il “contesto”, offrendo la prospettiva dell’animatore quale “artigiano di carità”. Come lo scorso anno, oltre al tema e alle modalità di svolgimento della giornata, un segno ulteriore permetterà di avvalorare la “scelta pastorale delle relazioni”: il “convegno” si svolgerà presso gli ambienti di una comunità. Dopo la Parrocchia Maria Immacolata di Nave, il prossimo 28 aprile sarà la volta dell’Unità Pastorale di Botticino S. Arcangelo Tadini. Un’opzione volta a rimarcare il valore della vicinanza della Caritas Diocesana alle Caritas parrocchiali, tanto più in quest’anno pastorale in cui sono chiamate a contribuire all’armonizzazione del tessuto pastorale, rinnovando il loro essere “presenze di comunione” nella capillarità” (vedi: Mandato per la Giornata delle caritas parrocchiali). Il Convegno diocesano Caritas si svolgerà nel grande salone dell’oratorio di Botticino Sera per tutta la giornata di sabato 28 aprile. Sarà un evento importante non solo per i partecipanti raapresentanti di tutta la diocesi, ma anche per le parrocchie di Botticino che verranno coinvolte nei giorni precedenti con iniziative in particolare per le famiglie della Iniziazione Cristiana e nello stesso giorno per i ragazzi e i giovani. 48


pastorale familiare e di coppia - pastorale familiare e di coppia - pastorale familiare e di coppia -

UNITA’ PASTORALE -PARROCCHIE BOTTICINO Commissione pastorale familiare e coppia Associazione PUNTO FAMIGLIA E DINTORNI

pagine per la famiglia e... dintorni

Segni e sogni

e se Dio sognasse con noi?

L

marzo 2012

a comunità cristiana è il “luogo” voluto da Gesù in cui in maniera storica viene continuata la sua presenza salvifica. In essa si attingono a piene mani doni di grazia, con la Parola annunciata e i sacramenti celebrati, con la carità operosa e l’educazione alla fede nella testimonianza sincera. Ministeri e Carismi formano il tessuto fondamentale della comunità, attraverso l’opera feconda dello Spirito Santo e la piena ma sempre fragile disponibilità umana, come utili strumenti per la diffusione del Regno di Dio. Tra i vari ministeri, due sgorgano proprio da fonti sacramentali e sono direttamente preposti per il servizio dell’intera comunità, secondo le loro particolari caratteristiche, ma sempre per far crescere e curare il dono della comunione. Dallo stesso costato di Cristo, dallo stesso cuore trafitto, ecco che matrimonio e sacerdozio nascono insieme per completarsi a vicenda nel servire il corpo ecclesiale. Condividono non solo l’origine e la finalità, ma sono anche imbevuti dello stesso DNA, ovvero lo Spirito della nuzialità: carità di dono di sé completo e gratuito, fedele e fecondo. Che grande sogno ha avuto Dio Padre nel suo Figlio Gesù Cristo, quello cioè che presbiteri e sposi si rafforzino a vicenda nel reciproco riconoscersi e promuoversi, nella preghiera e nell’azione. La Chiesa ha così bisogno di respirare con entrambi questi “polmoni” pieni di grazia servizievole, che, per non avere il “fiato corto” nella testimonianza e nella speranza, li supporta con il dono sacramentale e con un costante sforzo educativo. Quanto tempo serve per avere un sacerdote? E quante energie per ottenere bravi sposi e genitori?... Oggigiorno, però, mi sembra che nonostante il bel “Libro dei sogni” inventato dallo Spirito Santo negli anni ’60, i Documenti del Concilio Vaticano II, anche in merito al legame tra matrimonio e sacerdozio, tra sposi e presbiteri, stiamo rischiando di lasciar sognare Dio da solo! La stola e il grembiule, per usare un’immagine evocativa del compianto vescovo Tonino Bello, potrebbe ben descrivere anche la complementarietà e ugualmente la specificità dei due Ministeri: servire Cristo nella grande Chiesa universale e servirlo nella piccola chiesa domestica, la fa-

miglia. E tuttavia, sempre con la medesima intensità insegnataci dal Signore Gesù: da celibi, con animo sponsale; da sposi, con animo celibatario! Sicuramente, se confrontiamo tutto questo con la pratica pastorale attuale delle nostre parrocchie, possono sorgere in noi una serie di sentimenti e di pensieri, tra loro magari contrastanti. Infatti, si potrebbe riuscire a dire che forse questo Dio di Gesù Cristo è un po’ un illuso, un sognatore appunto; oppure, di contro, potremmo iniziare un elenco mai del tutto completo di lamentele, rivendicazioni e critiche a raffica Una cosa è certa, di questo passo faremmo della Chiesa un campo di battaglia con fortificazioni e trincee di sponde contrapposte, dell’esercito degli sposi, forte nel numero ma con armi spuntate, e di quello dei presbiteri, in pochi ma ben organizzati. É questa la strada voluta da Dio? É questo il cammino di testimonianza di comunione che costruisce il Regno? Certamente no! Bisogna ritornare ad ascoltare insieme la voce potente di Gesù, che nel drammatico momento dell’Orto degli Ulivi, ci ha lasciato la stupenda preghiera/ testamento in cui scorre ancor oggi il grido appassionato: “Siate perfetti nell’unità, perché il mondo creda” (Cfr. Gv 17). Urge, allora, il riconoscersi tutti in Cristo, nel suo cuore e nel suo amore, solo così sposi e presbiteri potranno finalmente apprezzarsi ed ascoltarsi a vicenda. Identità e missione vanno di pari passo, come conversione e comunione. Mi piacerebbe intuire il sogno di Dio sulla sua Chiesa, proprio in questo momento delicato per la nostra diocesi di Brescia, in cui ciascuno è chiamato a pregare – riflettere – rispondere in merito al tema della Unità pastorali. In quest’ottica, pur nel quadro ancora nebuloso e complesso delle soluzioni, appare lampante che finché sposi e presbiteri non vivranno appieno la propria vocazione e non ricercheranno insieme la vera comunione, tutto quanto verrà deciso e messo in opera rischierà di essere un mero riassetto organizzativo, più consono ad una Corporation che alla Chiesa di Cristo. aprile 2012 “Un uomo scendeva da Gerusalemme a Gerico e incappò nei briganti...Un Samaritano, che era in viaggio, passandogli accanto lo vide e n’ebbe compassione. Gli si fece vicino, gli fasciò le ferite, versandovi olio e vino; poi, caricatolo sopra il suo giumento, lo portò a una locanda e si prese cura di lui. Il giorno seguente, estrasse due denari e li diede all’albergatore, dicendo: Abbi cura di lui e ciò che spenderai in più, te lo rifonderò al mio ritorno”. (Cfr. Lc 10) Questo brano narrativo tolto dal Vangelo di Luca, mette in evidenza un insegnamento fondamentale di 49


pastorale familiare e di coppia - pastorale familiare e di coppia - pastorale familiare e di coppia Gesù riferito al nostro prossimo e al comportamento da tenere nei suoi confronti. Ora, mi piace immaginare che in Gesù, Dio stia sognando per noi e ci chieda di sognare con Lui, calando il sogno nel mondo della vita familiare, dove in effetti la prossimità è all’ordine del giorno. Quindi, la domanda investigativa per entrare davvero nei particolare del sogno divino potrebbe suonare così: quali stili di vita e atteggiamenti dovrebbero connotare la cura vicendevole nelle relazioni di casa? Ciascuno di noi è chiamato ad essere questo “Buon Samaritano” e aprire gli occhi (vide) sulle persone che ci stanno accanto, quei compagni di viaggio che condividono la vocazione familiare. Certo, per aver cura del proprio coniuge, figlio o genitore, bisogna prima di tutto accorgersi della sua presenza, sentire i suoi bisogni – desideri; insomma, avere occhi e orecchie per l’altro che è parte di me, in quanto mio familiare. Può capitare, invece, che l’ordinarietà di incontrarsi e la comunanza di vita ci porti a chiudere i recettori di cura e standardizzarci su alcune funzioni, parole, pensieri. L’abitudine scivola facilmente nell’abitudinario, misconoscendo e banalizzando domande di aiuto e richieste di cammini più alti, nuovi e originali. Bisogna ritornare al gusto della meraviglia e, di conseguenza, all’azione di ringraziamento su tutte le persone che il Signore ci ha donato come prossimi in casa. Il pregiudizio di conoscersi completamente e la fatica nel perdonarsi, porta con facilità a non provare molta compassione, per esempio verso il proprio coniuge o il proprio fratello (n’ebbe compassio-

ne). Per assurdo, questo sentimento di vicinanza d’amore ci viene più spontaneo con degli sconosciuti o con coloro che eleggiamo a nostro gradimento, piuttosto che verso coloro che ci siamo trovati come dono, appunto i familiari. E qui si aprirebbe un lungo discorso sull’impostare la vita come vocazione, al contrario che come impresa personale e autoreferenziale; tuttavia, per quanto affascinante, andremmo per meandri troppo lontani. Invece, mi piace ritornare al sogno di Dio e scoprire come per insegnarci fede e amore ci abbia creato nei legami e per i legami umani. Questo comporta vicinanza (gli si fece vicino), condivisione e responsabilità reciproca (gli fasciò le ferite), farsi carico e custodire (caricatolo sopra il suo giumento, lo portò a una locanda). Si può abitare sotto lo stesso tetto, eppure essere distanti anni luce; ugualmente, si possono inventare “profumi” altamente coprenti (menzogne o tecniche di evitamento dei problemi), pur di non accorgersi e inginocchiarsi a curare le ferite casalinghe, soprattutto nel mondo spirituale e delle relazioni. Di contro, sono davvero lodevoli quei genitori che con forza e carità assistono le intemperanze dei figli (adolescenti e tardo adolescenti), usando lo stile delle pazienza divina e gli strumenti dell’educazione cristiana. In molte famiglie, poi, senza sosta ci sono degli angeli della cura, che si dedicano completamente ai propri anziani, con un grande contatto con il loro corpo e magari con poche soddisfazioni nel dialogo confidente. Il prossimo di casa, non solo va accudito – curato e custodito, ma necessita anche di

Il ruolo del padre è decisivo per i figli

Se leggiamo con attenzione gli orientamenti: “Educare alla vita buona del Vangelo” che i vescovi italiani hanno proposto per questo decennio tutto dedicato all’educazione, scopriamo una particolare attenzione per gli adulti. Lì si legge, ad esempio, che l’apporto di padre e madre, nella loro complementa-rietà, ha un influsso “decisivo” sulla vita dei figli (n. 27); un influsso quindi non importante o determinante, no! “Decisivo”! E non per la loro educazione o formazione, addirittura per la ‘Vita”. Ecco perché, alla vigilia della festa del papà, mi pare doveroso sottolineare che il suo ruolo, per la vita dei figli è appunto-”decisivo” e lo è in ogni caso, sia che si tratti di un padre bravo, modello nel bene, che di un padre incapace, con idee sbagliate che i suoi bambini assorbono semplicemente osservandolo. Perché se io, papà, penso: che Dio, sì..., forse c’è qualcosa, ma io sono coi piedi ben piantati in terra; che la vita è uno schifo, stiamo male, va tutto male; che l’amore vero è cosa da romanzi, tutto avviene se non per danaro almeno per interesse; che l’educazione andava meglio una volta, quando due calci nel sedere risplvevano tutto; che è meglio il vizio del fumo piuttosto che altri; che l’alcool io lo reggo benissimo e che una bevuta ogni tanto non fa male; che gli incidenti stradali non si possono eliminare e che finiscono sotto gli imbranati; che le droghe leggere non hanno mai ucciso nessuno e quelle pesanti liberalizziamole per ridurre il danno. Se penso questo (e tanto altro) sono un padre pedagogicamente negativo e non proteggo mio figlio dai pericoli del mondo d’oggi. Applico, invece, la pedagogia positiva se sono un uomo autorevole e consapevole del mio ruolo: lo esercito e non lo delego; un uomo semplice, serio, sereno è allegro, che non si agita, ma agisce; un uomo che manifesta e trasmette, senza paura, le sue idee e ragioni, i suoi valori, la sua fede, perché è sicuro di ciò in cui crede. Un uomo con un alto livello di autostima, che ama la vita, che stimola al successo; un papà insomma, protagonista nella famiglia e nell’educazione dei figli. Un papà che dice sì e che dice anche no, consapevole che i sì aiutano a crescere e a sperimentare il mondo come i no aiutano a evitare gli errori e a imparare che a tutti sono richieste delle rinunce. Questo papà sa che i figli non impareranno mai a dire di no a sé stessi, se non l’hanno sentito dire dai genitori quanto era necessario... E loro imparano comportamenti buoni - mi si perdoni la ripetizione- semplicemente guardandolo. Lo so infine che esitono anche i papa soli per lutti o separazioni, che da soli è più difficile essere sereni nell’educazione, perciò consiglio a loro, e a quelli in difficoltà per altri motivi, di farsi aiutare (ad esempio rivolgendosi al consultorio cattolico). Questi papà, a maggior ragione sono chiamati a dare la vita per le persone amate, e non c’è amore più grande di questo, un amore decisivo per i figli, un amore che produrrà sicuramente frutti buoni. 50


pastorale familiare e di coppia - pastorale familiare e di coppia - pastorale familiare e di coppia essere proiettato nel futuro, di trovare un buon trampolino di lancio e un autentico paracadute di speranza (Il giorno seguente, estrasse due denari e li diede all’albergatore). Solo così si possono fugare e superare le tante paure esistenziali, quelle che ad esempio impediscono di godere del bene presente (ansie, separazioni, egoismi, ecc.) o di fare progetti definitivi per il domani (conviIN PREPARAZIONE venze, bassa fecondità, ecc.). Prendiamo sul serio il sogno di Dio e impariamo ancora una volta ALL’INCONTRO MONDIALE da questo “Buon Samaritano”, che è Gesù stesso, a saper ritornare davvero a casa riscoprendo il prossimo che lì abbiamo lasciato (lo rifonderò al mio ritorno). don Giorgio Comini segretariato diocesano pastorale familiare Questa vignetta per caso mi è stata passata prima che rileggessi la sesta Catechesi che all’inizio propone il brano di Pr 31,10-31, un ritratto tutto al femminile. Alla donna descritta è riconosciuto Tre giorni per giovani il grande lavoro che svolge “solo” dentro le mura domestiche. coppie di sposi Il contesto storico e culturale nel quale il “Le giovani famiglie: testo è stato scritto certo non prevedeva altro. Oggi non è più così, per esempio il 52% tra lavoro e festa”. dei laureati in Italia sono donne e hanno dal 28 al 30 aprile 2012 una media di voti più alta dei maschi. Ma non è questo il punto. Perché la laboriosiVillaggio Paolo VI - Gaver (Bagolino). tà descritta nei Proverbi, libro sapienziale, è vissuta come una precisa responsabilità Sabato 28 aprile dalla quale trae beneficio sia il marito che i figli, e perciò tutta la • Inizio col pranzo ore 12.30 – sistemazione comunità. C’è un modo di percepire ogni lavoro, sia quello retri– introduzione alle giornate e preghiera. buito e riconosciuto, sia quello domestico, che rende possibile il “La vita altrove”: storia di ordinario stress lavoro del coniuge, la crescita globale dei figli, la giustizia sociale, e fatica nel mondo del lavoro.(presentala solidarietà. La Catechesi lo definisce “adoperarsi vicendevolzione e lavoro di coppia). • “La benedizione di Dio nel lavoro e nella mente (mio) perché l’altro possa meglio esprimere i suoi talenti”. festa”: la chiamata alla felicità.(presentaI talenti sono dati perché la vita è da viversi come vocazione. La zione e dibattito in assemblea) cura per la dimensione domestica della famiglia, che significa an• Serata di animazione per tutta la famiglia che pulire, lavare, stirare, cucinare, ordinare, non sprecare.... non Domenica 29 aprile è da sottovalutare o dare per scontata perché è la modalità con la • “Una domenica speciale”: vivere il giorno del quale e dentro la quale vivo tutte le relazioni famigliari e quelle Signore infamiglia e con i fratelli. (laboratorio) • Proiezione di un film sul tema e condivisione. con il resto del mondo. Lunedì 30 aprile A servire ed impegnarsi anche con fatica s’impara in famiglia. • “Insieme è meglio”: la rete solidale tra Essa educa alle virtù quando abitua ad andare oltre la propria famiglie (sostegno morale; tempo offerto; necessità, a superare la pigrizia, vedere i bisogni degli altri, siano cose scambiate; competenze condivise). i genitori, i fratelli, i cugini, gli zii, il compagno di lavoro, di scuo• La parrocchia e le unità pastorali come la, di catechismo, il genitore che frequenta l’ICFR, il fratello che luoghi di costruzione di relazioni nuove. chiede cibo sulla strada. Essa permette ai figli di considerare per Costi (dal pranzo del 28 alla cena del 30 aprile) Per adulto: 80 euro (30 euro al giorno). Bambini fino a 1 anno esempio il lavoro dello studio non finalizzato unicamente ad un non compiuto: gratis. Bambini fino a 5 anni non compiuimpiego che renda bene, ma che sia fatto con coscienza e senso di ti: 26 euro (10 al giorno) Bambini fino ai 9 anni non comresponsabilità, qualsiasi esso sia. Abituare a fare il bene e desidepiuti: 40 euro (15 al giorno) Ragazzi fino ai 13 anni non rarlo (virtù) rende più forti di fronte alla tentazione delle cattive compiuti: 60 euro (22 al giorno) Il pagamento si effettua abitudini (vizi). direttamente sul luogo. Animazione per i figli Durante i E questo non è richiesto solo al genio femminile (Giovanni Paolo lavori dei genitori, i figli avranno a disposizione tempi e II, Lettera alle donne) e all’ “insostituibile contributo della donna luoghi appropriati per vivere una bella esperienza di comunione, di gioco e di attività educative, accompagnati alla formazione della famiglia e allo sviluppo della società (che) atda personale qualificato. tende ancora il dovuto riconoscimento e l’adeguata valorizzazioNote utili ne”. Vale la pena rileggere la Lettera ai Vescovi della Chiesa Cattolica • Il luogo si trova a 1500 metri di altitudine e richiede sulla collaborazione dell’uomo e della donna nella Chiesa e nel mondo abbigliamento adatto. del 2004. • Per i cellulari: c’è la copertura rete TIM. La collaborazione non fissa l’uomo e la donna in un rigido elenco • Portare lenzuola (solo singole) e asciugamani e per delle competenze e dei doveri ma invita entrambi a vedere i bisochi ha bambini piccoli, ricordarsi il seggiolino per il gni e cercare di adeguarvisi con le proprie capacità e differenze. tavolo e il lettino da campeggio La scusa di non essere stati abituate/i cade di fronte alla necessità ISCRIZIONI e INFO ENTRO il 10 APRILE 2012 richiesta in quel momento per il bene della famiglia e dal fatto che c/o Uff. Famiglia tel. 030/3722232 non si finisce mai d’imparare. dal martedì al venerdì 8.30-12.30 Chiara Pedraccini

LA FAMIGLIA IL LAVORO LA FESTA

6 - il lavoro risorsa della famiglia

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pastorale familiare e di coppia - pastorale familiare e di coppia - pastorale familiare e di coppia - p Il Gruppo Galilea un cammino di fede per persone che vivono situazioni matrimoniali difficili o irregolari (es. divorziati-risposati). Gli incontri sono mensili, al centro la Parola di Dio, con ampi spazi di ascolto, riflessione e condivisione. Ogni primo sabato del mese. Gli incontri si tengono da calendario annuale, presso il Centro Pastorale “Paolo VI”, (situato in via Gezio Calini, 30 - Brescia) un sabato al mese, dalle ore 17.00 alle ore 19.00. Guida e accompagnatore del Gruppo è don Giorgio Comini, direttore dell’Ufficio Diocesano di Pastorale Familiare.

numero verde da numero fisso 800-123958 da cellulare 3462225896

“Retrouvaille” propone weekend per coniugi che vivono un momento di difficoltà, di grave crisi, che pensano alla separazione o sono già separati ma desiderano ritrovare se stessi e una relazione di coppia chiara e stabile. Per info: info@retrouvaille.it e www.retrouvaille.it.

Appuntamento.

Santa Messa per sposi coi loro figli, fidanzati e animatori della pastorale familiare. Ogni ultimo sabato del mese, alle ore 21,00 presso Centro Pastorale “Paolo VI” a Brescia.

LA FAMIGLIA IL LAVORO LA FESTA IN PREPARAZIONE ALL’INCONTRO MONDIALE

7 - il lavoro sfida per la famiglia La scheda precedente definiva il lavoro come una risorsa per la famiglia, la settima invece lo definisce una sfida. Sembra strano in un periodo dove i dati ci parlano di disoccupazione sempre in aumento, di cassa integrazione, di perdita della propria occupazione. Allora ho scelto tre passaggi della catechesi, alle quali seguiranno riflessioni sintetiche per interrogare il nostro quotidiano. 1) “Il lavoro è una forma con cui l’uomo vive la sua relazione e la sua fedeltà a Dio.... Il fine è la comunione e la corresponsabilità degli uomini con il loro Creatore”. Non si dice che questo valga solo per una certa professione ma per ogni lavoro. Questo allarga la prospettiva nella quale dare un senso alla fatica del lavoro, che non è solo un mezzo di sostentamento o fonte di arricchimento personale/familiare. E’ una dimensione della vita con la quale e nella quale esprimiamo la nostra fede in scelte concrete: l’essere onesti, sinceri, puntuali, aiutare altri a crescere professionalmente, dare la giusta retribuzione, non sfruttare l’emigrato, non disincentivare/programmare la gravidanza delle proprie dipendenti. Pensate quando troviamo ad uno sportello una persona competente, disponibile, che ascolta .... 2) “Promuovere la creazione senza stravolgerla, far tesoro delle leggi inscritte nella natura, porsi a servizio dell’umanità, di ogni uomo e donna, operare per liberarli da ogni forma di schiavitù, anche lavorativa: sono alcuni dei compiti assegnati all’uomo, affinché contribuisca a fare dell’umanità un’unica grande famiglia”. Pensiamo allo sfruttamento della terra che porta disequilibri nutrizionali e carestia (es. monoculture e latifondi), alle guerre alimentate dalla sete di potere e dalle ricchezze di alcune terre - il petrolio, diamanti e altri beni - che non essendo custodite e coltivate secondo giustizia diventano un’ impoverimento per le popolazioni che le abitano, addirittura motivo di sfruttamento anche minorile, analfabetismo, malattie, disgregazione sociale, perdita della propria identità culturale, migrazioni forzate..... Quando ci sono denunce di sfruttamento e ingiustizia legate a prodotti di abbigliamento, alimentari e altro, riflettiamo prima di cedere alla tentazione di comprarle solo perché ci piacciono o sono convenienti. Possiamo educare a riciclare, a smaltire bene i rifiuti, a non inquinare, non sprecare l’acqua. 3) “Il rischio che il lavoro divenga un idolo vale anche per la famiglia. Ciò accade quando l’attività lavorativa detiene il primato assoluto rispetto alle relazioni familiari ... e ripongono la felicità nel solo benessere materiale”. Così perdiamo anche il valore della condivisione, la possibilità di diventare Provvidenza per il vicino che sappiamo in difficoltà. Chiara Pedraccini 52


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La potente Parola di Dio

FAMIGLIA E RITUALITA’

a risposta concreta al perdono implorato e ricevuto è la disponibilità gnitosa del leggio, il pregio dell’evangelario, il lume dei ceri e il profumo L attiva alla conversione. Dopo aver chiesto con umiltà e pentimento il d’incenso, la lettura accurata, la proclamazione efficace. perdono di Dio, ora si è pronti a volgere lo sguardo a Colui che ha convoLa Sacra Scrittura non è, infatti, parola morta, ma testo che, ogni

cato l’assemblea e che ad essa rivolge la Parola. volta interrogato, continua a parlare, che quando è pronunciato non si diNella Rivelazione ebraico-cristiana la Parola di Dio è potenza. Vince il sperde nel nulla ma comincia ad agire. Sfida ogni aumento di complessità, nulla e crea: «Sia la luce! E la luce fu» (Gen 1,1.3). Il Signore «parlò, e la cosa eccede ogni sua possibile interpretazione. Nessun commento, nessuna fu; egli comandò e la cosa apparve» (Sai 33,9). esegesi, infatti, potrà mai esaurire la spiegazione della Parola di Dio. Essa Al principio, all’origine di ogni cosa non c’è il cieco caso o la nuda ogni volta è un appello: interroga l’assemblea in modo nuovo. Non lascia necessità, ma un atto di potenza: «In principio c’era la Parola» (Gv 1,1). mai le cose come le trova. Non torna a vuoto, senza aver compiuto ciò che La Parola di Dio proclamata nell’assemblea domenicale è, allo stesso Dio vuole e aver condotto a buon fine ciò per cui il Signore l’ha mandata modo e con la medesima potenza, un appello che convoca alla vita, «che (cf Is 55,11). fa rivivere i morti, e chiama all’esisten Alla mensa eucaristica la Parola di Dio ha «vaza le cose che non sono» (Rm 4,17). Un «centro di ascolto» lore nutritivo» come il Corpo di Cristo: i riti perforLa vita cristiana è generata nella della Parola di Dio con più famiglie mativi dell’ambone rendono corpo la stessa Parola. risposta a Colui che convoca attra- e la presenza di adulti, giovani e bambini. In chiesa s’impara a dialogare con Dio attraverso la verso la Parola. La comunità cristiana partecipazione liturgica, la risposta corale, il dialogo è costantemente creata e fatta rinascandito dal rituale. Nella celebrazione eucaristica scere dalla Parola di Dio. Quando i avviene, quindi, una sorta di «conversazione» tra cristiani amano, celebrano, agiscono, l’invisibile Presente e il suo popolo. Dio parla e la coprogrammano, lo fanno in quanto rimunità risponde: «Amen», «Alleluia», «Lode a Te!», spondono a quella Parola. Non diven«Rendiamo grazie a Dio»... tiamo cristiani da soli, per autodeterAvviene in po’ come capita in famiglia, durante minazione, ma solo rispondendo a un i pasti o quando si rientra a casa o si trova un po’ dono. di pace, prima del riposo. Vivere in famiglia comporL’esperienza che facciamo in ta il diritto-dovere della conversazione: poter fare chiesa, quando ascoltiamo Dio che all’altro qualsiasi genere di domanda e rispondere parla, la viviamo, in una certa misura, in modo esaustivo, parlare di sé e ascoltare l’altro, anche nelle nostre relazioni umane, partecipare in modo attivo al dialogo e non solo particolarmente nei legami familiari. chiacchierare del più o del meno. Le persone non si fanno da sé. Nessuno ha scelto di nascere né può creLa tavola, per esempio, unisce la famiglia anche in quanto è opera scere senza gli altri. Siamo stati donati; siamo stati chiamati. Noi «rispon- partecipata. Il consumo dei pasti è una pratica abitudinaria (mangiare si diamo» al nome che altri ci hanno dato. Ogni giorno riprendiamo a vivere deve) ma, se ci si vuole bene, è ogni volta un piacere nuovo (l’incontro, la perché qualcuno ci chiama. Sono i nostri legami che ci motivano ad alzarci conversazione, il gusto del cibo). Sono però necessarie delle regole peral mattino e ci fanno affrontare la vita. Immaginiamo una giornata in cui, ché l’ascolto rigeneri le persone e non le sottoponga a ulteriori stress e in famiglia, nessuno parlasse, nessuno si rivolgesse all’altro e ognuno fa- fatiche. Spegnere il televisore, chiudere il telefono, togliere le distrazioni cesse i fatti suoi in totale disinteresse! Sarebbe una giornata devastante. sono scelte, dettate dall’amore, per rendere feconda l’attenzione alle perCi sentiremmo annullati. sone e per riconoscere, grati, la fatica di chi ha preparato il pasto. Non alNoi riprendiamo a vivere quando qualcuno ci parla. L’appello e la lontanarsi da tavola, aspettare gli altri prima della portata successiva, non risposta possiedono una prodigiosa forza generativa: creano immedia- alzarsi, servirsi vicendevolmente, seguire le regole fondamentali dell’igietamente un legame. Chi parla lo fa perché ha ascoltato o presuppone di ne e delle buone maniere, sono una disciplina indispensabile perché la taessere ascoltato (altrimenti parlerebbe «da solo» e la parola perderebbe vola dia piacere e, così, ricostruisca (nutra) ogni volta la famiglia. il suo senso). Ascoltare, d’altra parte, non significa solo sentire ma anche Anche la liturgia ha le sue regole che presidente e assemblea seguocomprendere. Ora comprendere è già un po’ come rispondere, perché no con scrupolo e amore, perché il rito si compia come si deve e, in esso, significa essere «sintonizzati», essersi messi nei panni dell’altro. La paro- la Grazia produca i suoi la genera quindi reciprocità: anche quando si è ripetitivi, non si comunica effetti. A tavola,se ci si vuoi bene, mai la medesima cosa. Le cose ripetute aiutano, o annoiano, o infastidiIn ogni comuniè ogni volta un piacere nuovo. scono. Ogni risposta reagisce alla domanda, sviluppa e rafforza l’appello cazione umana, infatti, iniziale. La risposta degli altri stabilisce l’evolvere della propria parola. si possono distinguere Che cosa vede chi, dall’esterno, osserva un’assemblea liturgica tut- due livelli: uno si riferita «presa» dall’ascolto della Parola proclamata? Un racconto di cronaca? sce ai contenuti e l’altro La lettura di una poesia? L’esposizione di un discorso? No. L’appello di un definisce la relazione. Presente. Parlando si affermano La Scrittura esce dalla forma del testo antico scritto e diventa un se- delle verità ma, al temgno vivo quando è letta, proclamata, ascoltata, come parola che interpel- po stesso, attraverso lo la, che è performativa (= opera ciò che dice). stile della comunicazioLa Parola di Dio, per rivestirsi di potenza comunicativa, richiede la ne, il tono della voce, cura della ritualità: la solennità della processione all’ambone, la forma di- la partecipazione del 53


pastorale familiare e di coppia - pastorale familiare e di coppia - pastorale familiare e di coppia - p corpo, chi parla o ascolta stabilisce oltre me, mi tocca e mi trasforma. un legame con l’altro. Se dimentica Questo appello è contenuto in ciò che è chi ha di fronte, la conversazione si letto e proclamato ma va oltre, perché mi ragriduce a pura chiacchiera o diventa giunge personalmente, diventa Parola detta una «parlata» autocentrata. per me, che chiede risposte che io solo posso Così è nella preghiera liturgica: dare. Accogliendo quella Parola comprendo se si dimentica o si trascura l’Altro, il immediatamente che non potrò conseguire da rito scade immediatamente in sterime quanto mi è dato percepire, e che quindi dole ritualismo. I segni non parlano più. vrò imparare ancora a ricevere: dall’omelia che Nelle liturgie spente e ritualistiche la mi aiuterà a comprendere e a rispondere con voce contraddice ciò che le parole maggiore precisione, dall’offertorio che solleraccontano, il corpo impacciato dice citerà la mia generosità, dal canto della lode al che il cuore è assente, il mutismo è volte Santo che mi reindirizza a Colui che ha La Parola di Dio, in un Centro di Ascolto, tre rumore più che devoto silenzio. Il parlato. Soprattutto, poi, dalla comunione con il produce vita e gioia. ritualismo liturgico corrisponde alla Signore nel sacramento del Corpo e del Sangue. casa-albergo; le celebrazioni brevi e Colgo ogni volta un appello che è sempre frettolose fanno la pari con i fast-food sbrigativi e veloci. oltre, in eccesso rispetto a quanto riesco a rispondere. Diventa così chiaro Ascoltare sinceramente le persone, però, è sacrificio: l’altro doman- che la Parola, mentre è pronunciata, apre nuovi spazi, dove la concretezza da, invade lo spazio della prossimità, si differenzia, scava un distacco che del sacrificio si confonde con la sorpresa della Grazia. è necessario per ospitare la risposta. Nelle relazioni familiari non è dato fare della comunicazione e della L’io deve retrocedere e fare spazio, l’egocentrismo dev’essere conversazione un’esperienza tanto intensa. Nella liturgia si entra nel mistesmontato per lasciarsi trasformare. ro (dal greco myein: fare silenzio). Per accorgersi di Dio occorre tacere; per Per i medesimi motivi, anche l’ascolto della Parola di Dio è già sacri- coltivare i legami occorre parlare. ficio eucaristico. All’offertorio non si va a mani vuote: si porta lo sforzo Il mistero è colto attraverso il silenzio che segue, almeno per qualche dell’ascolto come sacrificio personale. L’attenzione, infatti, è una vera istante, ogni brano proclamato, per evitare il rischio mortale che la liturgia ascesi. Nella liturgia non si rinuncia, di per sé, ai sensi ma si sospende la della Parola di Dio diventi, poi, l’occasione per pensare o parlare d’altro loro funzione usuale per esercitarli diversamente. (come avviene in certe omelie) o, peggio, sia solo uno spunto in più per S’impara a volgere lo sguardo, a orientare l’orecchio, a disporsi alla considerare sé e per parlare di sé. Parola, a muovere il corpo, secondo le sapienti (e antiche) regole del rito. Ma ancora una volta l’esperienza familiare ci è d’aiuto. Quando riLa distrazione si combatte, infatti, attraverso la concentrazione sui gesti spondo «sì» anche se non ne ho voglia, quando dico «grazie!», fermando semplici e solenni che alludono all’azione di Gesù. Il ritualismo si contrasta l’impulso della pretesa o la distrazione dell’irriconoscenza, le parole umane quando si entra nella celebrazione con cuore libero e aperto, disposto a raggiungono, nell’amore, la più alta possibilità performativa. La vita familialasciarsi guardare e incontrare dal Signore che parla. Sono veri sacrifici. re si rigenera! Rispondendo, la parola produce vita. Anche la liturgia della Parola potrebbe, infatti, scadere in chiacchieIn modo simile, la disponibilità a lasciarsi toccare dalla Parola di Dio ra o degenerare fino a diventare «parlata» irriconoscibile. La Parola di riempie di commossa riconoscenza la comunità (L’Eucaristia è ringraziaDio è detta, invece, per trasformare. Non è proclamata per trasmettere mento), la converte e la manda nel mondo (l’Eucaristia è missione), a coninformazioni, fosse pure a riguardo di Verità essenziali, né per produrre tinuare l’opera di un Dio che ama così appassionatamente da salvarlo, emotivamente un possibile senso della vita. La Parola di Dio è prima di attraverso il sacrificio di suo Figlio (cf Gv 3,16). tutto dono di una Presenza. È l’appello del Signore a me, che mi raggiunge nell’interiorità emozionale più profonda, e apre un orizzonte che sta

L’omelia come carbone ardente La Parola di Dio, spada a doppio taglio «La Parola di Dio è viva, efficace e più tagliente di ogni spada a doppio taglio; essa penetra fino al punto di divisione dell’anima e dello spirito, delle giunture e delle midolla e scruta i sentimenti e i pensieri del cuore» (Eb 4,12). a Parola di Dio è pronunciata per operare. Non è proclamata per trasmetere informazioni, fosse pure a riguardo di verità essenziali, né per produrre un possibile senso della vita. La Parola di Dio è, prima di tutto, dono di una Presenza. Si rivolge a me e mi raggiunge nella mia interiorità emozionale più profonda. Mi tocca e mi trasforma perché apre un orizzonte che non sospettavo, che non sapevo di attendere. Ma è anche tagliente: chiede risposte che io solo posso dare, ma anche un appello che è sempre in eccesso rispetto a quanto riesco a rispondere. Accogliendo la Parola comprendo immediatamente che non potrò conseguire da me quanto mi è dato percepire, e che quindi dovrò imparare an-

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cora a ricevere. Ho bisogno del silenzio per farla risuonare, dell’omelia che mi aiuterà a comprendere e a rispondere con maggiore precisione, dell’offertorio che solleciterà la mia generosità, del canto della lode al tre volte Santo che mi reindirizza a Colui che ha parlato. Soprattutto, poi, ho bisogno della comunione con il Signore, nel sacramento del Corpo e del Sangue. La Parola di Dio, quindi, appena pronunciata e ascoltata, apre nuovi spazi, dove la concretezza del sacrificio si unisce alla sorpresa della Grazia. Il sacrificio, infatti, inizia già dall’ascolto della Parola di Dio, poiché essa è tagliente e penetra nelle giunture e nelle midolla. È sempre così? È questo l’effetto che si coglie nell’assemblea che ascolta, nel lettore che proclama? Già l’ascolto è sacrifìcio? Occorre vigilare. L’indicazione biblica è chiara e inequivocabile. La Parola di Dio è materia incandescente, nella testimonianza dei profeti: «Con un carbone ardente, tolto con le molle dall’altare, mi toccò la bocca» (Is 6,6-7). È «gioia piena nella Presenza, dolcezza senza fine» nei Salmi. La Parola di Dio è sempre potente e creativa: «Dio disse... e così fu» (cf Gen 1). Fa tutt’uno con l’azione, nella predicazione di Gesù: «Oggi si è adempiuta questa Scrittura, che voi 54


- pastorale familiare e di coppia - pastorale familiare e di coppia - pastorale familiare e di coppia udite» (Lc 4,21). una casa che accoglie La liturgia della Parola rischia, invece, ogni volta di passare veloce, il centro di ascolto a Mattina distratta e disattesa. Può sempre scadere in semplice lettura o degenerare fino a diventare «parlata» irriconoscibile. Si rischia, ogni volta, di non creare un incontro, di non celebrare una Presenza. Se l’ascolto dimentica Chi c’è di fronte, non è più Parola di Dio; se si trascura l’Essenziale, la ritualità della proclamazione della Parola di Dio scade immediatamente in noioso e sterile ritualismo. Per incontrare il Signore, è necessario che la Parola produca il dolore del suo «taglio», deve avvenire la ferita del sacrificio. Lo si coglie già nel silenzio che segue, almeno per qualche istante, ogni brano proclamato. È un silenzio tanto più profondo e intenso, commosso e partecipe, espressione di gratitudine ma anche di turbamento, quanto più rende evidente la percezione dell’incontro con l’invisibile Presenza che parla. spirituale al suo servizio e nella completa rinuncia a se stesso per diventaIl silenzio e la lentezza dell’ascolto sono il tempo e lo spazio in cui la re trasparente alla Parola. Parola inizia a risuonare e a penetrare nel cuore (per essere «ricordata»). Il rischio mortale dell’omelia, infatti, è che diventi l’occasione per penLa necessaria omelia sare o parlare d’altro o, peggio, che sia solo uno spunto in più per consideLe parole della Bibbia, essendo vive, sono paragonate da Gesù ad un rare sé e per parlare di sé. seme che ha in sé tutta la potenza di germogliare e di diventare spiga piena, Che cosa si aspettano i laici dall’omelia? ma che ha bisogno di un terreno adatto. L’abbondanza del raccolto dipende, Può essere utile, considerata l’importanza del tema, un rapido cenno a infatti, dalla qualità del terreno, poiché il seme è sempre buono. La Parola una recente indagine sulle celebrazioni liturgiche nelle parrocchie piemonproclamata, quindi, è viva ma diventa efficace solo nella misura in cui è tesi (D. GRAVERÒ, Una riforma in cammino, Effatà, 2007). Dalle risposte comaccolta nel terreno ben disposto della vita personale e comunitaria. Il testo plessive si può dedurre una buona consapevolezza dei fedeli circa il signifideve ridiventare Parola viva per la specifica comunità che ascolta. L’ebraico cato di questo momento della celebrazione. L’omelia appartiene all’azione dò-bar, parola, significa anche avvenimento, fatto, realtà concreta. L’«attua- liturgica e non è considerata come una parentesi, pur necessaria. Il ministro lizzazione» della Parola di Dio è, quindi, indispensabile perché le Scritture dell’omelia viene chiaramente individuato nel presidente; più della metà diventino vive ed efficaci per l’assemblea che celebra. Si tratta di Dio che degli inchiestati gradisce, però, che il sacerdote si faccia aiutare anche dalle parla; attualizzare non significa, quindi, principalmente, avere chiaro il si- indicazioni dei laici, per intercettare meglio la loro vita. La quasi totalità gnificato di un testo o comprendere il senso di una dottrina, ma compiere delle risposte intende l’omelia come un commento della Parola di Dio, rifeun’esperienza: un incontro e l’avvio di dialogo, vero e continuo, tra Parola e rita alla vita quotidiana e all’attualità. Venire in chiesa e sentire parole alte vita. e sublimi, ma astratte e lontane nella loro applicabilità, produrrebbe una La mediazione tra assemblea che ascolta e Dio che parla, è affidata reazione di delusione e un movimento di ribellione. alla parola dell’omelia. Importante è anche la richiesta e l’attesa di un’omelia che sia un «L’omelia costituisce un’attualizzazione del messaggio scritturistico, approfondimento delle verità della fede (il 53,3% del campione). Sembra in modo tale che i fedeli siano indotti a scoprire la presenza e l’efficacia trasparire una certa consapevolezza che nella liturgia si celebra un mistedella Parola di Dio nell’oggi della propria vita» (Verbum Domini, n 59). ro: una Verità che interpella la vita. I cercatori di sole emozioni vanno alAll’omelia spetta il compito di impedire la caduta della celebrazione trove. La spiegazione esegetica delle letture è ritenuta, quindi, importante nel ritualismo. Perché vi sia storia (l‘«oggi della vita») devono accadere de- nell’omelia, soprattutto se tiene conto dell’esperienza quotidiana di chi gli eventi ed è necessaria una comunità che ne avverta il senso, lo compren- ascolta. Contrariamente a molti luoghi comuni, non emerge dalla ricerca da e lo dichiari. Gli eventi diventano storia quando una una vera preoccupazione a proposito della durata comunità ne rimane coinvolta. La Parola di Dio indica il dell’omelia (è sensibile all’assillo del tempo solo il senso ultimo della vita: ne svela la logica di fondo, im20,4% del campione). Il tempo liturgico è un tempo prime una direzione. Letta, compresa, va concretizzaparticolare, un tempo che «non si conta». Semmai è ta. Scritta sotto la guida dello Spirito Santo, testimonia questione di stile del sacerdote, più che del tempo che Dio ha parlato (ma non ha «dettato» un testo). La impiegato. Parola scritta deve ridiventare Parola viva, qui e adesI fedeli inchiestati dimostrano una grande atso, per la comunità. La storia della salvezza s’incarna tesa nei confronti dell’omelia e altrettanta pazienza così dentro la storia ordinaria. Interpretando i «segni nei confronti dei sacerdoti che vorrebbero, però, dei tempi» si può comprendere il Vangelo come Parola più preparati e attenti alla concretezza. In alcuni vivente del Signore. L’omelia è come l’eco della gioia casi - ammettono - le omelie, invece di orientare pasquale, della fede nel Signore presente. e guidare la vita cristiana e suscitare la lode e la Per tutto questo c’è bisogno di una comunità che riconoscenza, sono eccessivamente moralistiche, sappia pregare con intensità e continuità, in una cooppure sono più una lezione esegetica che un aiuto sciente disponibilità al dono dello Spirito. per l’attualizzazione. Nel complesso delle risposte È necessaria quindi l’azione dello Spirito per atemerge una domanda insistente perché l’omelia tualizzare la Parola di Dio. La predicazione è traspaaiuti a rendere vivo ed efficace l’ascolto. rente allo Spirito quando chi la pronuncia è guidato La qualità «tagliente» della Parola rimane però dal solo desiderio di essere di aiuto a chi ascolta, di in ombra. Più che il sale (Mt 5,13), sembra spesso mettersi nei loro panni, di rivolgersi a tutti i presenche si cerchi piuttosto il miele. Si preferisce la paroti, compresi i bambini e la gente semplice. Il sacrificio la che addolcisce, incoraggia, commuove. Eppure se dell’assemblea consiste nella preparazione remota e non «penetra nelle giunture e nelle midolla», come prossima all’ascolto e nell’esercizio dell’attenzione. può la Parola di Dio essere efficace? Occorre cercare Il sacrificio dell’omileta consiste nella preparazione ancora. 55


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Genitori e figli nella Bibbia

Imparare dalla famiglia Possiamo forse imparare dai riti familiari che cosa sono e come operano le parole «taglienti». Oltre che vive ed efficaci, in casa, sono taglienti le parole che richiedono obbedienza. La comunicazione che avviene in famiglia non è solo scambio di affetto; spesso è piuttosto una dolorosa reciproca «perturbazione». Nella relazione familiare quotidiana, i comportamenti e i punti di vista con cui si considera se stessi e gli altri, sono rimessi continuamente in discussione. In questo consiste, infatti, l’educazione. Certe parole sono come una spada: quando dicono «no», quando pongono limiti, quando correggono e rimproverano, quando esigono ciò che non si ha voglia di fare. Obbedire è perturbante perché non comporta solo di rinunciare a un’azione che si trova piacevole o a un bene che provvisoriamente viene sbarrato. L’obbedienza richiede sacrifìcio e il sacrificio è molto più della rinuncia. Nella frustrazione delle pulsioni non avviene soltanto una perdita, ma si produce umiliazione. Obbedire comporta la mortificazione dell’io, la resa di fronte all’altro, l’opposizione radicale alla pulsione del voler essere io. Il bambino (e meno ancora l’adulto) non può accettare l’obbedienza: non vi intravedere alcun vantaggio, vede solo il proprio dissolversi. L’io reagisce protestando, insistendo nella sua determinazione fino allo sfinimento, perseguendo il circolo vizioso della ripicca. Il capriccioso instaura sempre un rapporto di arroganza: «lo faccio ciò che voglio»; «lo non ho bisogno di mio padre né di mia madre (di mia moglie, di mio marito...), lo sono forte,- io posso». E lancia la sfida. Negli antichi sacrifici, l’offerta è bruciata e non rimane che la cenere. Lo spettacolo del sacrificio è cruento: sconvolge un ordine e non ne crea immediatamente un altro. Il vuoto si ripresenta in tutta la sua insostenibile crudezza. Nella «perturbazione familiare» (che comprende il travaglio dellbbbedienza dei figli, la disponibilità all’ascolto da parte dei genitori, la premura reciproca uomo-donna) si è davvero toccati e feriti «fino al punto di divisione dell’anima e dello spirito». Nel doloroso percorso del sacrificio dellbbbedienza, ognuno ha così modo di imparare a «scrutare i sentimenti e i pensieri del cuore». Deve smettere il pianto, la mormorazione, il risentimento. Deve incominciare ad accettare le ragioni dell’altro, con la riflessione e il dialogo. Deve aprirsi coraggiosamente al perdono e all’incontro, riacquistando, solo così, la fiducia e la stima di sé. Prima, il pianto era sconsolato, la rabbia cieca, la voglia di rivincita irremovibile: l’io si rispecchiava in sé, ripeteva e riproduceva l’identico. Poi, il sacrificio, accettato, dispiega un mondo dove l’io, pur senza essere più autore (cede nell’umiltà la sua pretesa), tocca il vertice della sua creatività: si rinnova! Solo in questo travaglio avviene l’educazione (che in passato si chiamava, popolarmente, in modo più preciso: ascolto). I genitori che risparmiano ai figli le pene di questo sacrificio annullano la loro possibilità di crescere. Lo stesso avviene nella vita di coppia (per amare ci vogliono anche i «no»). Come si fa a sopportare il sacrificio dell’io e come si esce dalla sindrome di angoscia che lo accompagna? Sembrano essere almeno tre le condizioni necessarie: un ambiente affettivo, profondo, stabile e sicuro, che sia in grado di accogliere anche le temporanee ribellioni; l’accettazione sincera di valori ai quali il capriccioso alla fine si arrende; la disponibilità di modelli convincenti di vita in cui identificarsi. Infine, la possibilità e la capacità di esprimere il travaglio della crescita in un’intensa esperienza emozionale e intcriore, ricca di ritualità (dopo i capricci, la pace; dopo la ribellione, il comportamento giusto...). L’omelia ha molto da imparare dal sacrificio familiare. Dobbiamo ritornarci.

La prima famiglia nella Bibbia: Adamo ed Èva e i loro figli (Gen 4,1-16) La nuova serie della rubrica «Viaggio attraverso la Bibbia» ha per tema la famiglia, in tutte le sue componenti, personali e relazionali. Particolare attenzione sarà dedicata al significato dei nomi dei protagonisti. Essi, nella Bibbia, non sono casuali, ma fanno da «contenitore», offrono la chiave di lettura di un messaggio teologico, indicano la missione stessa di ciascun personaggio. L’amore fraterno non è scontato ma si sviluppa giorno dopo giorno anche attraverso il conflitto e lo scontro; non basta un legame di sangue a renderlo solido ed inattaccabile. Amore e odio, bene e male si fronteggiano già dalle primissime origini dell’uomo. Questa realtà è sufficiente per scatenare molti interrogativi: esiste davvero l’amore fraterno o solo rapporti di rivalità? Cos’è il libero arbitrio? Dio è muto di fronte alla violenza? E ancora, come e quando Egli interviene?

L’offerta di Abele gradita a Dio. Dipinto del secolo XVII di Charles Mellin. Nancy, Museo storico lorenese. 56


- pastorale familiare e di coppia - pastorale familiare e di coppia - pastorale familiare e di coppia La storia della prima famiglia dell’Antico Testamento è narrata nel libro della Genesi. I due racconti della creazione (Gen 1,16-30 e 2,4b-24) concordano nel dire che l’uomo trae la sua esistenza da Dio; egli è un essere sociale (Gen 1,26-30). L’uomo (‘ish) creato da Dio diventa Adamo (‘adamah «suolo/terra») che allude anche al termine «umanità» per il fatto che apre la serie delle generazioni. Benché espulsi dall’Eden, a dispetto dell’apparente rottura fra Dio e l’uomo, il Signore resta in stretto contatto con Adamo ed Èva (chawwah dal verbo «essere», cioè, «colei che da vita»). Con il concepimento di Caino ed Abele, essi segnano la bipolarità «congenita» di tutto il genere umano: il male e il bene. Condensamento dell’umanità, i due fratelli interessano l’autore sacro nella loro conflittualità. La rivolta dell’uomo contro Dio (Gen 3), si concretizza palesemente nella lotta dell’uomo contro l’uomo, nell’omicidio. Il peccato di Caino assurge a massima espressione dell’ingiustizia umana, trascinandosi nel tempo, fino ad oggi, fino a noi. • (vv 1-2) «Adamo conobbe Eva sua moglie, che concepì e partorì Caino e disse: “Ho acquistato un uomo grazie al Signore” Poi partorì ancora Abele, suo fratello. Ora Abele era pastore di greggi, mentre Caino era lavoratore del suolo». I nomi Caino e Abele evidenziano l’origine e il destino di ciascuno. Il primogenito, accolto con un grido di giubilo, si chiama Caino, in ebraico Qayin, perché, continua il versetto, «Ho acquistato un uomo grazie al Signore» (v 1b). L’etimologia popolare fa derivare il nome Qayin dalla radice del verbo qanàh, ovvero «acquistare» ed anche «generare/creare» (cf Gen 14,19.22; Pr 8,22; Sai 139,13). Caino è un «uomo acquisito dal e con il Signore». Qayin però, sia in ebraico sia in siriaco e in arabo, indica il «fabbro ambulante»; per questo i discendenti di Caino saranno chiamati Tubal-Qayin, i lavoratori di metalli (Cf Gen 4,22). Ma è un terzo significato di questo nome che spiega il triste epilogo: «essere geloso» e le radici - per assonanza sono q.n.’, qana’. Il secondo genito è chiamato Abele (Hebel in ebraico), nome che evoca un cattivo presagio, un non-nome, una realtà coniata dell’esistenza effimera. Hebel infatti indica «vapore», «soffio», «inconsistente», ed anche «spreco», quasi anticipando l’esito della storia:

• (vv 3-5) «Trascorso del tempo, Caino presentò frutti del suolo come offerta al Signore, mentre Abele presentò a sua volta primogeniti del suo e il loro grasso. Il Signore gradì Abele e la sua offerta, ma non gradì Caino e la sua offerta. Caino ne fu molto irritato e il suo volto era abbattuto». Come spesso succede, i due fratelli erano profondamente diversi per gusti, attitudini e inclinazioni. Agricoltura e pastorizia sono mestieri complementari, che a quell’epoca erano i due settori più importanti dell’economia. Però la collaborazione possibile diventa concorrenza. Caino sente di trovarsi davanti ad un potenziale rivale che potrebbe sottrargli l’affetto e le attenzioni sia dei genitori sia del Signore. Due fratelli, due mondi diversi, anche riguardo al modo che ognuno ha di relazionarsi con Dio e la divinità con essi: l’offerta di Abele è più gradita al Signore, rispetto a quella di Caino. Gelosia e invidia sono i sentimenti più torvi e pericolosi dell’animo umano, nessuno di noi può dire di esserne immune. La gelosia di Caino non tarda a manifestarsi, traspare perfino nei suoi tratti somatici, con «abbattimento del volto». Allarmato da ciò il Signore gli parla direttamente, nel tentativo di dissiparne il disappunto: • (vv 6-7) «II Signore disse allora a Caino: “Perché sei Irritato e perché è abbattuto il tuo volto? Se agisci bene, non dovresti forse tenerlo alto? Ma se non agisci bene, il peccato è accovacciato alla tua porta; verso di te è il suo istinto, e tu lo dominerai”». Per indicare l’inclinazione al male l’autore adopera il termine «peccato», personificato sotto tratti umani, come «rannicchiato» alla porta della decisione del cuore con l’intenzione di divorarlo. Ma Dio indica a Qayin, al «Geloso», l’alternativa, cioè opporsi all’istinto primordiale, all’ira: «Tu dominalo». Dio istruisce Caino a conoscere se stesso e vincere l’inclinazione al male. Mashal è il verbo che il Signore usa all’imperativo e che nei sui vari significati indica anche la capacità di «governare/dominare». Il libero arbitrio che tutti abbiamo, ci permette di controllare, se vogliamo, i nostri moti istintivi.

Il segno di Caino Gelosia e rivalità sono sentimenti che nascono dalla paura di essere amati meno e di perdere i propri privilegi. Ci viene naturale pensare che i fratelli si amino perché appartengono alla stessa famiglia. La Bibbia sembra confermare che è vero il contrario. Nel tragitto verso la campagna Caino ha tutto il tempo di pensare, di ritornare sui suoi passi, ma non lo fa. v. 8 Caino parlò al fratello Abele. Mentre erano in campagna, Caino alzò la mano contro il fratello Abele e lo uccise. e la traduzione greca (LXX) afferma che Caino rivolse ad Abele le parole: «Andiamo in ‘campagna» (Gen 4,8), il testo ebraico qui ha un vuoto: «Caino disse ad Abele, suo fratello,... e quando furono in campagna, Caino si innalzò su Abele e lo uccise». Questa lacuna è spesso interpretata come l’incapacità relazionale: «II rifiuto dell’altro prende origine dall’incapacità a instaurare una relazione con l’altro attraverso la parola. L’altro non è più un interlocutore: diviene un nemico da eliminare». A Caino è mancata la parola, che avrebbe potuto addomesticare la violenza accovacciata come belva alla porta del cuore; quella parola che, rivolta ad Abele, avrebbe potuto instaurare il dialogo, unico strumento a disposizione dell’uomo per dominare la violenza ed esercitare la mitezza; parola che avrebbe potuto farlo uscire dal circolo infernale dell’invidia. vv. 9-10 Allora il Signore disse a Caino: «Dov’è Abele, tuo fratello?». Egli rispose: «Non lo so. Sono forse io il custode di mio fratello?». Riprese: «Che hai fatto? La voce del sangue di tuo fratello grida a me dal suolo!».

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pastorale familiare e di coppia - pastorale familiare e di coppia - pastorale familiare e di coppia - p Il segno di Caino

Il sangue di Abele grida a Dio. Mosaico del XII secolo del Duomo di Monreale (Palermo). La vita recisa di Abele segna così il primo lutto della storia sacra che, secondo il narratore biblico, deriva da uno zelo religioso, da una concorrenza fatale, fino ad arrivare a mettere in esecuzione il piano omicida. Il Signore interroga Caino sul suo concreto fare ed egli si difende, negando. Anzi, Caino osa sfidare il suo interlocutore, rispondendogli con un’altra domanda. «Voce di sangui del tuo fratello sono gridanti verso di me dal suolo». Così è in ebraico. Il participio presente del verbo «gridare» attualizza il dolore, refluidificandone il sangue, fino ad estenderlo alle generazioni future: quei «sangui» (plurale!) mai smetteranno, è sangue che non si lascia coprire. vv. 11-12 «Ora sii maledetto, lontano dal suolo che ha aperto la bocca per ricevere il sangue di tuo fratello dalla tua mano. Quando lavorerai il suolo, esso non ti darà più i suoi prodotti: ramingo e fuggiasco sarai sulla terra». Come in un processo giudiziario, Dio pronuncia la sentenza: inesorabile ed inappellabile. Solo ora Caino realizza la gravita del gesto commesso, perché l’ha commisurata all’enormità della pena inflitta. L’esecuzione della pena non è ancora cominciata, e già «si pente», terrorizzato da quello che lo aspetta, forse temendo più la vendetta che la pena in sé: vv. 13-15 Disse Caino al Signore: «Troppo grande è la mia colpa per ottenere perdono. Ecco, tu mi scacci oggi da questo suolo e dovrò nasconder-mi lontano da te; io sarò ramingo e fuggiasco sulla terra e chiunque mi incontrerà mi ucciderà». Ma il Signore gli disse: «Ebbene, chiunque ucciderà Caino subirà la vendetta sette volte!».

In questa storia, il tema dell’espiazione della colpa si accompagna a quello della redenzione, al recupero di Caino e alla speranza. Se la «dimensione» di Abele, «soffio/vento/nulla», è la morte, quella di Caino sta nell’umana fallibilità: è la dimostrazione dell’infinita benevolenza di Dio che non abbandona i colpevoli. Egli è giusto nel punire il peccato, ma misericordioso nell’applicare la pena. Come nel capitolo precedente (Gen 3) solo il serpente e la terra erano maledetti, anche qui, non è l’umanità intera ad essere maledetta ma solo Caino, per dare spazio, appunto, alla speranza: non l’umanità ma un uomo solo. Ciò dice molto sull’assurdo di una libertà capace di ribellioni e di rifiuti a Dio. Il «segno» di Caino non è affatto un segno di vergogna e d’infamia, ma di protezione. Esso implica una conoscenza e un vincolo per altre persone, in quanto attesta che Caino è sotto la protezione del Signore e perciò dev’essere rispettato da chi gli sta intorno. In ogni essere umano alberga una dose di Caino-invidioso. Il pubblico che ascolta la storia di Caino e Abele, è un’umanità infante da educare. Quel Caino siamo noi, l’umanità, ed è per questo che la storia non può finire semplicemente con la nostra morte. Il Signore ci ha mostrato l’alternativa. È Qayin-Caino-Geloso che si deve evolvere, che ha la possibilità di evolversi, di redimersi. In lui, gli ascoltatori riconoscono la figura dell’uomo assassino, ma anche la presenza di Dio che si oppone alla catena degli assassini, anche soltanto per «legge di vendetta». Sin dall’esperienza primordiale delle relazioni fraterne l’amore partecipa del conflitto vita-morte, giustizia-malvagità, fino a ricomparire nel conflitto comunità-mondo. Solo nella novità di Cristo i suoi discepoli scoprono una possibilità di cambiamento: l’amore è passaggio dalla morte alla vita. Cristo, che ha dato la vita per noi, cambia dall’interno la.realtà della «morte» (il nonamore) per farne amore. Credere in Lui ed amarsi reciprocamente: è qui che risiede la «formula» dell’unico comandamento che abbraccia tutti gli altri: quello dell’amore. Dio non respinge il malvagio, neanche Caino. Egli è un Padre che fa sorgere il sole sui malvagi e sui buoni (Mt 5,45). Egli, davanti al male si rivela per quello che è: amore senza condizioni, amore assoluto di un Padre verso i figli. Il nostro atteggiamento dinanzi al male ci da la nostra «carta d’identità divina» la cui misura è la misericordia che riceviamo e accordiamo.

La relazione tra fratelli è a volte conflittuale: la parola e l’amore di Dio, singolare per ognuno. conduce a comporre ogni dissidio.

Caino non osa chiedere protezione: è Dio che glielo accorda, proteggendolo con l’imposizione di un segno perché nessuno lo possa toccare (v 16). 58


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Congrega della carità apostolica - Anno europeo dell'invecchiamento attivo

II senso della vecchiaia

Mons. Luciano Monaci è intervenuto, durante la presentazione del volume "II delirium" del dottor Alessandro Morandi, geriatra, con la relazione "II vecchio nella Bibbia" Nell'occasione della presentazione del libro "II delirium", curato da Alessandro Morandi, medico geriatra e ricercatore, presso l'Università Cattolica di Brescia, mons. Luciano Monari è intervenuto con una relazione dal titolo "II vecchio nella Bibbia". Il Vescovo afferma che nel Libro di Qoelet, nella parte finale, è presente una magistrale descrizione della condizione dell'anziano. Il testo biblico fa emergere la fragilità e la caducità dell'esistenza umana, che fiorisce nella giovinezza e decade negli anni della vecchiaia, "quando si abbasserà il rumore della mola e si attenuerà il cinguettio degli uccelli e si affievoliranno tutti i toni del canto; quando si avrà paura delle alture e degli spauracchi della strada". Ogni età della vita, ricorda mons. Monari, ha un suo valore intrinseco, una sua cifra peculiare: l'essere umano dev'essere capace di vivere bene ogni momento del suo percorso terreno. Nella giovinezza esso deve attuare tutte le sue migliori potenzialità, evitando di sprecare il tempo, di bruciarsi nell’immediatezza dell’istante effimero e nella logica del “carpe diem”. Nel pieno delle sue forze, l’uomo deve saper dosare nel modo migliore le sue energie per compiersi, realizzarsi nelle sue qualità umane. Nell’età avanzata, dobbiamo vivere con saggezza, con sobrietà, chiudendo il ciclo dell’esistenza, dando un significato al tempo passato, riassumendo la nostra vita nel presente del pensiero e della spiritualità, evitando di consumarci nella presunzione e nella saccenteria, che possono scaturire dal tempo che abbiamo alle nostre spalle.

Abramo ha un figlio da Sara nella vecchiaia; dimostra che l'età anziana non è sterile e inutile, ma fertile, propositiva e attiva Come ci avvisa Qoelel, “Vanità delle vanità, e tutto è vanità”, in una frase, che sembra un aforisma inciso sulla roccia. Secondo mons. Monari, non possiamo ignorare la caducità della nostra esistenza: in un’epoca connotata dalla velocità della tecnologia e dalla superficialità dei rapporti umani, rischiamo di perdere di vista la nostra natura, di non “vedere” la nostra fragilità, la nostra finitezza. I progetti, le costruzioni, le conquiste umane sono “vanità”, se intese come qualcosa di autonomo, di autosufficiente, di fine a se stesso; la nostra esistenza può avere un senso se rapportata ad “altro”, a ciò che non muta, al fondamento stabile dell’essere. La vecchiaia, a tale riguardo, è l’occasione più preziosa per riflettere sulla natura umana: essa ci può dare la giusta dimensione della nostra vita, che, vista sul piano meramente fisico, è misera, precaria, fallimentare, ma che, se assunta nell’orizzonte più vasto della spiritualità e del trascendente, può rivelarsi grande, nobile, destinata

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all’eternità. Inoltre, il Vescovo richiama anche Paolo, che, nella Lettera ai Romani, parla di Abramo, che ha un figlio proprio durante la vecchiaia da Sara. Questo fatto dimostra che l’età anziana non è sterile, vuota, inutile, ma può essere fertile, propositiva, attiva, II vecchio ha una sua “generatività”, arricchita dalla sua esperienza, dalla sua saggezza, per cui può comprendere meglio le proprie azioni. Per Paolo, la vecchiaia non e uno “stato” fisso, predeterminato, ma è un compito, che implica una forte responsabilità. Se l’anziano chiude bene la sua vita, nella compiutezza del suo essere umano, può morire “sazio di giorni”, felice di avere portato a compimento la sua esistenza. Nel nostro tempo, la riflessione biblica può aiutarci a capire il valore delle fasi della vita. Noi siamo abituati a vedere tutto nell’ottica del consumo, della quantità, della misurazione economica, del successo immediato, e spesso non riusciamo a comprendere i significati i più profondi dell’esistenza. In questo modo, rischiamo di considerare i deboli, le persone anziane come esseri marginali, inutili, residui del passato da sistemare come oggetti in luoghi isolati dalla società. In realtà, il vecchio è un valore assoluto, che porta in sé un segmento di storia, un bagaglio di tempo e di pensiero: è la sintesi vivente dell’esistere, che può illuminare la vita delle persone più giovani. Una società che non rispetta gli anziani è destinata a declinare e a imbarbarirsi, perché perde se stessa, il proprio passato, quindi non sa più capire il presente e aprirsi al futuro.


no a i or t a or 2 no 201 n a io 011 r a 2 er n iti

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tempo pasquale

“Provarono una gioia grandissima”. Anche nel racconto dei Magi la gioia non sta all’inizio, ma alla fine della ricerca. È una gioia che viene dopo la fatica, da scelte autentiche e non improvvisate. È una gioia frutto dell’incontro, della relazione profonda. I Magi incontrano Gesù, noi possiamo incontrarlo nella comunione con i fratelli. La Pasqua ci ha mostrato il Cristo vivente, presente in mezzo a noi. La strada da percorrere ci incoraggia a cercare il nostro prossimo, a superare l’indifferenza e il pregiudizio, a costruire rapporti di amore fraterno.

Gua erarla rea i desid eta, sperare duna r o conc zare almen ediarealiz di ciò che v iuta a parte Questo ci ae sulla mo… re e pregar nione. La qualità delle attività estive che iniziamo a preparare e la loro calavora della comu strada pacità di diventare un momento importante per la maturazione dei nostri

PER LA COMUNITÀ EDUCATIVA

ragazzi dipende in gran parte da quanto le avranno pensate, desiderate, immaginate, da quanto avremo accompagnato i nostri animatori nella realizzazione. In questo tempo abbiamo la proposta dei Grestival e dei corsi Grest, momenti da non perdere per aiutare i ragazzi in questo cammino.

INTERROGATIVI L’invito a percorrere la strada della comunione è un serio richiamo alla nostra comunità educativa. 1. Sappiamo vivere dei momenti di comunione, formazione, preghiera insieme, nei quali ci accorgiamo del bene che vogliamo ai nostri fratelli più piccoli e condividiamo proposte e attenzioni? 2. Sappiamo cercare i giovani da tempo usciti dal giro del nostro oratorio e offrire loro un modo affascinante per entrare in contatto la comunità e la proposta di fede?

il Soffio della Vita Risorta

con Maria verso PENTECOSTE

soste di preghiera presso alcuni Santuari guidate dal Vescovo nel Tempo Pasquale - ore 20.30 venerdì 20 aprile Santuario della Madonna a Rovato venerdì 27 aprile Santuario della B.V. a Bovegno

venerdì 4 maggio (veglia per la 49^ GMPV e per gli ordinandi presbiteri) nella Basilica a Botticino (Santuario)

venerdì 11 maggio Santuario dell’Annunciata a Piancogno venerdì 18 maggio Santuario della Stella a Bagnolo sabato 26 maggio VEGLIA DI PENTECOSTE 60


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estate

Lo s “Per un’altra strada fecero ritorno al loro paese”. Il viaggio dei Magi guar Ed o non è finito. La gioia, la scoperta, l’incontro, tracciano nuove vie. Un do r a sogno suggerisce un’altra strada. Gli sguardi troppo stretti, bassi, ncoerchiamalziamo lontan orientati al nostro ombelico o alle soddisfazioni più banali, oppure pioggtte stellao lontanlo sgua o rd ia t o distratti dalle paure lasciano il posto ad UN’ALTRA STRADA: ango, un ciea o un g: che sio, la strada del cielo. Il cammino ci suggerisce di esplorare l’inconqual lo griglio limpidiorno da i cosa o da o sueto, di cercare il Signore, di sorprenderci per il bello che è intorgran lla cit o un di es de a tà… no a noi e dentro di noi. Sulla scorta dei Magi scopriamo che un’alsere spet cerc ta tra strada è possibile: una strada che non è troppo distante eppure è ato! molto differente da quella che ci viene costantemente proposta.

PER LA COMUNITÀ EDUCATIVA

Arriva l’estate e bisogna organizzarsi, anche personalmente, per conciliare i momenti di animazione e di impegno, con lo studio o il lavoro e le proprie vacanze. È il momento di capire cosa ci chiede la strada del cielo: prima di affastellare impegni, scegliamo cosa vorremmo trovare in questa estate, cosa vorremo donare. La strada del cielo ci insegna che di fronte all’infinitamente bello ogni cosa assume proporzionatamente un valore diverso e ci offre priorità.

INTERROGATIVI L’invito a percorrere la strada del cielo è uno stimolo perché l’estate sia occasione per continuare a proporre orizzonti alti e affascinanti: 1. Sappiamo guardare al cielo (attraverso la preghiera, la fiducia, la speranza) quando affrontiamo i problemi della nostra comunità e dei nostri ragazzi? 2. Sappiamo offrire anche prospettive alte, proposte impegnative che offrano possibilità di crescita spirituale?

L’USOBOTTICINO ORGANIZZA IITORNEONOTTURNO DICALCIO

(CAT.PULCINI 2002-2003) Dal

22maggio al 9 giugno

si svolgera’ all’oratorio di Botticino Sera il II torneo di calcio per bambini nati nel 2002-2003. Si giocheranno 3 partite per sera nelle giornate di lunedi, martedi,giovedi,venerdi,sabato alle 19,30-20,15-21,00. Il 7-6 e 9-6 si svolgerà il memorial “Anna Demetrio e Fausto”, quadrangolare di calcio categoria pulcini 2001. Durante le serate funzionerà lo stand gastonomico. 61


grand’estate 2011 - PARROCCHIE DI BOTTICINO

GREST: Giochest - Passpartù

Proposta di animazione e attività per i bambini e ragazzi dalla 1° elementare alla 2° media; la proposta è pensata secondo una specie di rotazione che coinvolga tutte le nostre comunità parrocchiali: sarà attivato un apposito servizio di trasporto per permettere a tutti di partecipare. L’attività si svolgerà dal lunedì al venerdì con inizio alle ore 9.00 e termine alle 17.30; sarà possibile inoltre usufruire del servizio di accoglienza dalle ore 8.00. La parola “estate” evoca festa, gioia, gioco, divertimento: è proprio questo il senso di vivere insieme il tempo estivo: i bambini e ragazzi saranno aiutati con giochi, attività e varie proposte a comprendere l’importanza della comunicazione, delle parole che aprono il cuore alle persone, ma anche della forza negativa di parole che provocano divisione e odio. Per fare tutto questo c’è bisogno dell’aiuto di tutti: • degli adolescenti e giovani che con una giusta preparazione, fin dal mese di aprile, possono animare, cioè rendere piene le parole della gioia e svuotare le parole della divisione! • dei genitori che fidandosi della comunità cristiana pensano ad una esperienza di crescita completa per i propri figli e si rendono partecipi con la propria attenzione, disponibilità, comprensione e, perché no, con un po’ di aiuto nei servizi necessari al buon funzionamento dell’esperienza. • di tutta la comunità pronta a sostenere, più che criticare, l’impegno e la buona volontà di chi decide di dare tempo all’educazione anche durante l’estate! Così quest’estate potremo scoprire insieme il “passpartù” del cuore: buona ricerca a tutti con il contributo di ciascuno!

SETTIMANE (da Lunedì a venerdì) ATTIVITA’ 11-22 GIUGNO ENGLISH CAMP 11-15 GIUGNO GREST-GIOCHEST 18-22 GIUGNO GREST-GIOCHEST 25 GIU - 29 GIU GREST-GIOCHEST 2 LU - 6 LU GREST-GIOCHEST 9 LU -13 LU GREST-GIOCHEST 16 LU - 20 LU GREST-GIOCHEST 23 LU - 27 LU GREST-GIOCHEST 30 LU - 3AGO GREST-GIOCHEST 15 LU - 22 LU CAMPEGGIO 22 LU- 29 LU CAMPEGGIO 20 AGO-24 AGO CAMPUS 27 AGO- 31 AGO CAMPUS 3 SET -7 SET CAMPUS

LUOGO ORARI don Orione 9.00-16,30 SAN GALLO 9,00-17.30 SAN GALLO 9,00-17.30 ORAT.MATTINA 9,00-17.30 ORAT.MATTINA 9,00-17.30 ORAT.MATTINA 9,00-17.30 ORAT.SERA 9,00-17.30 ORAT.SERA 9,00-17.30 ORAT.SERA 9,00-17.30 Meritz Meritz don Orione 8.00-17,30 don Orione 8.00-17,30 don Orione 8.00-17,30 62

DESTINATARI elem -2 media ele e medie ele e medie ele e medie ele e medie ele e medie ele e medie ele e medie ele e medie cresimandi adolescenti ele.-medie ele.-medie ele.-medie


Un Passpartù per il Grest 2012

DARE VALORE ALLA PAROLA

Il progetto di quest’anno gira intorno all’in- si creano dei legami; quando non lo sono, ci si tenzione educativa di dare valore alla parola. scontra e ci si combatte. Noi esistiamo grazie alle parole: abbiamo caSiamo in mezzo alle parole e per certi versi abbiamo a disposizione molti strumenti che potreb- pito di esserci, proprio quando qualcuno ha cobero favorire la comunicazione e il dialogo tra le minciato a rivolgersi a noi, a chiamarci, a dire qualcosa di noi e del mondo. persone. Trent’anni fa, il cardinal Martini scriveva la sua Ma – come dicono i Vescovi negli orientamenti pastorali per questo decennio – c’è un’emergen- prima lettera pastorale intitolata “In principio la za educativa che riguarda anche il tema della parola” e nell’introduzione diceva: È stata la Parola per prima a rompere il silenzio, a dire il nocomunicazione. Ci piace pensare che i bambini e i ragazzi nei stro nome, a dare un progetto alla nostra vita. È in questa parola che il nascere e il morire, nostri oratori quest’estate abbiano la possibilità l’amare e il donarsi, il lavoro e la società hanno di riflettere sull’importanza della parola. Per qualcuno la parola è obsoleta: è una for- un senso ultimo e una speranza. È grazie a quema comunicativa largamente superata dalle im- sta Parola che io sono qui e tento di esprimermi. magini e dalla tecnologia. Ne siamo così sicuri? “Nella tua luce vediamo la luce” (Sal 35, 10). Non è una riflessione nata a caso: il cristiaI linguaggi per comunicare sono molti. È però attraverso la parola che possiamo dare corpo a nesimo presenta la figura di Gesù come Parola di Dio offerta agli uomini; essi non pensieri e immaginazione; esplicitare sono semplicemente di fronte alla e comunicare quello che ciascuno ha aiutare a capire vissuto o porta nel cuore. Gli animali che prima di dire una novità di Dio che offre parole al suo popolo. La novità vera è nella comunicano, ma solo gli uomini par- parola dovresti lano. chiederti se è bella, sua fi gura: in lui Dio è anche voce È con la parola che possiamo en- se è utile, se serve a e presenza in prima persona. Parole buone non sono solo quelle trare dappertutto (passepartout, ap- qualcosa di buono eleganti. Parole buone sono quelpunto): nel nostro cuore per dare un le che sanno raccontare il bene nome ai sentimenti e consistenza ai pensieri, nel cuore delle cose per usare le parole ricevuto, il sogno di una vita buona per tutti. Non giuste e adatte, nel cuore degli altri per costruire si tratterà, quindi, di insegnare ai ragazzi a “non relazioni buone e positive, nel cuore di Dio se dire le parolacce”, ma di aiutarli a trovare quelle impariamo a capire quando e come ci fa arrivare parole che permettono di costruire il mondo. Per questo l’estate continuerà a essere una la sua parola. Non funziona automaticamente. Occorre grande occasione educativa.Dice Italo Calvino averne cura, altrimenti non si entra da nessuna alla fine delle Città invisibili: “l’inferno dei viventi parte e riempiamo il mondo di tanti bla bla che non è qualcosa che sarà; se ce n’è uno, è quello creano disordine, rumore, confusione (come era che è già qui, l’inferno che abitiamo tutti i giorni, già successo, a suo tempo, intorno a una certa che formiamo stando insieme. Due modi ci sono torre che poi non stava in piedi). Una parola (an- per non soffrirne. Il primo riesce facile a molti: che soltanto una parola) al posto giusto rende la accettare l’inferno e diventarne parte fino al punto di non vederlo più. Il secondo è rischioso ed vita più bella e stiamo tutti molto meglio. La possibilità di parlare è forse la più impor- esige attenzione e apprendimento continui: certante caratteristica che distingue l’uomo dagli care e saper riconoscere chi e cosa, in mezzo animali: le parole permettono la comunicazione all’inferno, non è inferno, e farlo durare, e dargli di pensieri e sentimenti, di idee e progetti. Con le spazio”. Cominciando dalle parole, usando le parole. parole gli uomini possono determinare gli umori e creare un clima: quando le parole sono buone,

CAMPI

AL

ESTIVI

MERITZ

dal 15 al 29 luglio per i cresimandi dal 24 al 31 luglio per gli adolescenti

MiniSunBottiGame e SunBottiGame

in date da definire

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Scuola Parrocchiale don Orione

QUI SCUOLA

DALLA PEDAGOGIA AI SANTI: LA SCUOLA PROPONE MODELLI DI EDUCAZIONE.

S

i può ancora educare nella società della complessità, del relativismo etico e della globalizzazione? Se lo chiedono studiosi, insegnati e genitori (G. Chiosso, Luoghi e pratiche dell’educazione, Mondatori 2009), e se lo chiede anche la Chiesa quando parla di emergenza educativa. Mentre il dibattito a più voci continua, la scuola parrocchiale “Don Orione”, in qualità di agenzia educativa, raccoglie la sfida avanzando e sperimentando ogni giorno risposte concrete, animata dalla convinzione che non si può smettere di educare all’Amore! E’ ben chiaro a tutti il legame che unisce educazione e istruzione, è altrettanto chiaro che famiglia e scuola devono collaborare per ben educare i ragazzi, “sentinelle del mattino” a cui è affidato il futuro della nostra società. L’attenzione alla persona al “Don Orione” passa attraverso tutte le discipline, ma è soprattutto nell’ora settimanale di “Cittadinanza e Costituzione” che la scuola dedica tempo e spazio alle virtù civiche e alla formazione dell’uomo morale. La materia citata, pur prevista dal Ministero dell’Istruzione, nel mondo della scuola è molto spesso sacrificata al “programma” delle conoscenze storico-geografiche, fondamentali sì, ma inconcepibili senza l’etica. Tra i modelli di convivenza civile e di buona educazione la scuola presenta, inoltre, anche le figure dei santi e dei beati: in questa Quaresima gli studenti della secondaria sono, infatti, impegnati nella conoscenza di Giovanni Paolo II e di San Tadini attraverso attività laboratoriali che porteranno alla produzione di elaborati destinati a partecipare a concorsi scolastici. Tornando alla domanda iniziale, potremmo concludere che la risposta della scuola “Don Orione” è che non solo si può, ma si deve educare: tocca, infatti, agli adulti assumersi la responsabilità dell’educazione, nella consapevolezza che non è un “mestiere” sempre bello, gratificante e senza il rischio di fallimento. I bisogni dei ragazzi sono davvero tanti: affettivi, cognitivi, sociali, etici. Al solo elencarli viene la paura di non farcela, ecco perché è importante unire le forze, tenere sempre aperto il dialogo tra scuola e famiglia e dare vita ad una vera e propria co-educazione.

L

a scuola oggi forse più di ieri svolge un compito sinergico con la famiglia nell’educazione dei nostri figli. Educazione che non può e non deve fermarsi al trasferimento di nozioni, poiché è convinzione nostra che prima di essere medici, avvocati, ingegneri, operai, commercianti, casalinghe, bisogna essere uomini e donne con valori universali dettati dall’etica e dalla morale. Se si domandasse ad ogni genitore qual è la prima cosa che chiederebbe alla scuola ed in particolare alla scuola cattolica, la risposta sarebbe : “che mio figlio stia bene”. Dietro questa risposta apparentemente scontata sono celate richieste tutt’altro che superficiali: che il bambino si senta accolto ed accettato per ciò che è; che si senta parte della comunità scolastica; che venga valorizzato per “i suoi talenti” e prenda coscienza dei suoi limiti; che viva con serenità il proprio percorso formativo........ Oggi per legge ciascuna scuola, sia pubblica che privata, deve esplicitare la propria offerta formativa in quel documento chiamato “POF – Piano dell’Offerta Formativa”, che rappresenta la propria carta d’identità. È qui che spesso leggiamo come “finalità”, l’accoglienza, l’inclusione, l’integrazione, il rispetto dell’altro, sintetizzate nella frase “attenzione alla persona”. Non sempre queste parole vengono però tradotte nella realtà e restano così parole vuote. Questo purtroppo non riguarda solo la scuola, ma è diventato un denominatore comune nella nostra società, in cui l’apparire conta più dell’essere. E così, per caso (anche se in realtà nulla succede per caso) abbiamo sentito parlare di una piccola scuola di Botticino Sera: la scuola Don Orione. Un po’ prevenuti, a dir la verità, abbiamo deciso di andare a chiedere informazioni alla Preside e, qualche giorno più tardi i nostri figli hanno iniziato a frequentare questa scuola. Quali le ragioni di questa scelta, che ogni giorno rinnoviamo? Il fatto che cogliamo che i nostri bambini “stanno bene”, sono sereni, perché si sentono accolti e rispettati. Oltre alla professionalità, vi è una cosa fondamentale che contraddistingue l’istituto Don Orione, che non è affatto scontata : l’amore. L’amore è la molla che anima tutte le persone che lavorano con semplicità, passione ed umiltà in questa piccola, “grande” scuola, o meglio ancora in questa autentica famiglia, di cui siamo lieti di far parte.

Un’idea di scuola..... e quaranta minuti al giorno per ringraziare di averla trovata.

Una famiglia

LA SCUOLA CATTOLICA NON È DI PARTE

“Educare alla vita buona del Vangelo a scuola e nella formazione professionale”: era il tema del convegno nazionale del Centro studi per la scuola cattolica, durante il quale sono emerse numerose suggestioni legate al rapporto tra scuola, Chiesa e società civile, così come è stata sottolineata la tematica forte dell’impegno educativo. Azioni che comprendono la valorizzazione dei diversi soggetti protagonisti della scuola, la ricerca di qualità, la “competizione” al meglio, soprattutto l’attenzione prioritaria e costante alla persona. La scuola cattolica si gioca tra questi riferimenti e, come ha ricordato il segretario della Cei, mons. Mariano Crociata, “rappresenta un luogo ideale per l’intreccio di alleanze educative, in cui riconciliare famiglie e nuove generazioni aperte alla fede cristiana, nella determinazione fondata e coraggiosa di poter vivere una vita buona anche in questo mondo e in questo tempo”. L’obiettivo è la vita buona, l’educazione alla pienezza, lo sviluppo umano di ciascuno. Ed è questo, in verità, compito della scuola “senza aggettivi”, la scuola tutta e di tutti. Le istituzioni cattoliche possono svolgere, con la propria proposta di qualità, una funzione importante di stimolo e richiamo continuo. 64


Un buon motivo per essere

aclisti

A Botticino Mattina come siamo messi?

Da circa un anno il bar del Circolo Acli è chiuso. Ciò ha indotto alcuni a pensare ad una cessata attività delle ACLI di Botticino Mattina. Niente affatto! È giusta l’occasione per precisare che il bar, essendo locale pubblico, costituisce sì un punto di incontro per tante persone ma non è da confondere con il Circolo Acli che, grazie alla volontà degli aclisti, esiste ed è attivo, anzi è rinnovato. È attivo e funzionante infatti il servizio di patronato: con sede in via Verdi 36, presso il quale lavorano (senza compenso alcuno) Giovita Gorni, Ilario Stefana , Ennio Coccoli. Il patronato si occupa di pratiche assistenziali e fiscali ed è’ funzionalmente collegato agli uffici centrali del Patronato Acli Provinciale. Presso le sedi del patronato ACLI di Botticino Mattina, Sera e S.Gallo, vengono svolte più di un migliaio di pratiche amministrative all’anno. È attivo il programma di formazione: in collaborazione con la Parrocchia e con altre associazioni sono programmati incontri formativi su temi di interesse sociale con esperti di vari settori. È attivo il programma di solidarietà con l’assiLe Acli, Associazioni cristiane lavoratori italiani, sono stenza particolare agli immigrati. nate nel 1944. Sono un’associazione di laici cristiani che promuove il Il nostro circolo ACLI è forse l’associazione più lavoro e i lavoratori, educa ed incoraggia alla cittadinan- longeva che esista a Botticino: nel 1946 inizia l’atza attiva, difende, aiuta e sostiene i cittadini, in partico- tività di patronato, nel 1948 è istituito il Circolo con lare quanti si trovano in condizione di emarginazione o sede in via Cave e nel 1956 l’insediamento della nuova sede. Questa longevità conferma due cose: a rischio di esclusione sociale. la validità dell’operato che esso svolge, la fiducia Attraverso una rete diffusa e organizzata di circoli, servizi, imprese, progetti ed associazioni specifiche, le Acli della gente in questa istituzione. Il Circolo ACLI contribuiscono a tessere i legami della società, favoren- vuole continuare pertanto la sua presenza, cercando il continuo miglioramento del servizio offerto alla do forme di partecipazione e di democrazia. nostra comunità. Le Acli sono una “associazione di promozione sociale”, È inoltre Circolo di riferimento per tutta l’area coun soggetto autorevole della società civile e del mondo munale, quindi anche per Botticino Sera e S.Gallo . del terzo settore: il volontariato, il non profit, l’impresa In linea con gli orientamenti delle Acli nazionali sociale. vogliamo impegnarci per la tutela e la promozione L’Associazione conta oggi oltre 986.000 iscritti, in Italia dei diritti sociali e l'educazione alla “cittadinanza e all’estero, e 8.100 strutture territoriali, tra cui 3.500 attiva”. circoli, 106 sedi provinciali e 21 regionali; ogni anno for- Siamo impegnati a portare sul nostro territorio niamo servizi a circa 3 milioni e mezzo di persone. quelle iniziative e quei servizi che sono proposti Oggi, l’Associazione è presente in quasi 30 Paesi nel dai vari organismi delle ACLI, quali: l'assistenza mondo, con esperienze antiche ed iniziative nuove. previdenziale (Patronato) e fiscale (Caf); la difesa Dalla presenza lungo le strade dell’emigrazione italiana dell'ambiente (Acli Ambiente Anni Verdi), del con(dall’Europa al Sudafrica, dall’America del Nord a quella sumatore (Lega consumatori Acli) e degli inquilini del Sud, per finire all’Australia), alle numerose e ormai (Sicet); la formazione professionale (Enaip); la coconsolidate esperienze di gemellaggio, cooperazione e operazione (Coop. di ristorazione "G. Agazzi"; promozione sociale in Brasile, in Argentina, nei Balcani (Kosovo, Bosnia Erzegovina, Albania), e in Africa (Kenya Coop. Acli Duemila; Consorzio Acli Solidale); l'animazione sportiva (Us Acli); il turismo sociale e Mozambico). (Cta); la promozione della donna (Coordinamen-

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Dallo STATUTO delle ACLI

il nuovo Consiglio Acli Botticino

Approvato dal XXIII Congresso Nazionale

FINALITÀ SCOPI

to Donne), degli anziani (Fap Acli), del volontariato (Aval) e della condizione giovanile (Ga); l'impegno per la pace, lo sviluppo, la solidarietà internazionale (Acli Senza Confini e Ipsia); l'impegno con gli immigrati (Acli Colf e Progetto Immigrati). Domenica 5 febbraio è stato eletto il nuovo consiglio del Circolo ACLI di Botticino Mattina. Sono stati eletti: Cavagnini Sergio, Noventa Lidia, Noventa Ester, Noventa Irma, Casali Italo, Tregambe Giuseppe, Cremonesi Armando, Stefana Ilario, Luzzardi Giacomo, Pinelli Battista, Zani Giuseppe. L’assistente spirituale è il parroco don Raffaele. Nella prima convocazione il nuovo Consiglio ha riconfermato Presidente Sergio Cavagnini ed ha espresso la volontà di proseguire sulla strada finora percorsa dalle ACLI locali, intensificando l’impegno per i programmi di formazione e per le attività acliste. Nel consiglio attuale c’è una grande assenza: quella di Battista Benetti. Presidente del Circolo Acli per 32 anni, ha svolto il suo compito con molta passione e dedizione, facendo tesoro dell’eredità di ideali e di valori che gli sono stati trasmessi e testimoniati da don Giovanni Vespa, anima ispiratrice e sostenitore instancabile del Circolo di Botticino Mattina. Siamo rispettosi della scelta che Battista ha fatto e apprezziamo il gesto tramite il quale ha voluto costringerci ad un sereno avvicendamento, dimostrando ancora una volta estrema saggezza e serietà. Per questa significativa esperienza gli aclisti di Botticino Mattina esprimono il grazie più sincero a Battista Benetti. Gli ideali che ispirano il movimento aclista, le iniziative che esso svolge e le testimonianze che hanno arricchito la storia delle nostre Acli, costituiscono un buon motivo per essere aclisti! Il Consiglio del Circolo Acli Botticino Mattina

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Art. 1 Le Associazioni Cristiane Lavoratori Italiani (ACLI) fondano sul Messaggio Evangelico e sull’insegnamento della Chiesa la loro azione per la promozione dei lavoratori e operano per una società in cui sia assicurato, secondo democrazia e giustizia, lo sviluppo integrale di ogni persona. Art.2 Le ACLI promuovono solidarietà e responsabilità per costruire una nuova qualità del lavoro e del vivere civile, nella convivenza e cooperazione fra culture ed etnie diverse, nella costruzione della pace, nella salvaguardia del creato. Le ACLI associano lavoratori e cittadini, uomini e donne, di qualsiasi nazionalità che ne condividano le finalità e ne sottoscrivano il Patto Associativo. Possono aderire alle ACLI associazioni che si riconoscano negli scopi del Movimento e si impegnino a collaborare alla realizzazione delle attività. Art. 3 Le ACLI, Movimento educativo e sociale, operano nella propria autonoma responsabilità per favorire la crescita e l’aggregazione dei diversi soggetti sociali e delle famiglie, attraverso la formazione, l’azione sociale, la promozione di servizi, imprese a finalità sociale e realtà associative. La formazione aclista, nel considerare la trascendente dignità della persona, sostiene processi volti alla maturazione di coscienza critica e all’esercizio di responsabilità in una coerente testimonianza di vita cristiana ecumenicamente aperta al dialogo. L’azione sociale delle ACLI, a partire dall’esperienza di vita e di lavoro di uomini e di donne, favorisce l’esercizio di responsabilità e sviluppa opportunità di partecipazione dei cittadini per la crescita della società civile e la vitalità delle istituzioni. Le Acli, nonché le associazioni specifiche, i Servizi e le imprese a finalità sociale ed ogni altro soggetto del sistema associativo, adottano, ad integrazione del metodo di governo, il processo di governance basato sulla sussidiarietà e condivisione, sia al loro interno che nei rapporti reciproci. I Servizi sociali, le Imprese a finalità sociale e le Associazioni specifiche promosse dalle ACLI o ad esse aderenti costituiscono una rete di esperienze di solidarietà, di autorganizzazione, di volontariato e di imprenditività sociale nonché di rappresentanza di interessi collettivi, per rispondere ai bisogni culturali, materiali, sociali e di tutela delle persone... ...Le ACLI ad ogni livello: a) favoriscono la partecipazione attiva degli associati per la realizzazione delle finalità statutarie... b) promuovono la crescita spirituale ed alimentano la vita cristiana degli associati con itinerari di ascolto della Parola di Dio avvalendosi del sostegno pastorale di sacerdoti quali accompagnatori spirituali richiesti alle comunità ecclesiali, ai vari livelli; i sacerdoti, comprendendo il carisma delle ACLI, hanno il compito di alimentare la crescita formativa dei soci e di orientare l’associazione nell’appartenenza alla Chiesa, alla sua vita e alla sua missione; ... d) assumono iniziative atte a sviluppare la vita associativa promuovendo attività formative di azione sociale, di volontariato, di autorganizzazione di servizi e di imprese a finalità sociale, con attenzione a promuovere pari opportunità tra uomo e donna; ... f) promuovono una cultura della legalità, basata sui principi della Costituzione, nella valorizzazione della memoria storica per le persone che hanno operato contro la mafia ed ogni forma di criminalità organizzata; promuovono l’elaborazione di strategie di lotta non violenta contro il dominio mafioso e malavitoso del territorio e di resistenza alle infiltrazioni di tipo mafioso e malavitoso ...


INSIEME SI PUO’

H

anno creatività e coraggio, vogliono contribuire a cambiare l’andamento non solo economico, ma anche culturale, non certo esaltante nel nostro Paese. Donne che ancora oggi devono confrontarsi con i tanti ostacoli di genere che incontrano sul proprio cammino. Poche le misure adottate per migliorar la conciliazione dei tempi di vita e di lavoro, ancor meno i servizi a disposizione e tanta, troppo la distanza con quello che succede in Europa. Temi che le donne del coordinamento vogliono affrontare anche con il Congresso Nazionale, dal titolo “Rigenerare la comunità per ricostruire il Paese, acli artefici di democrazia partecipativa e di buona economia”. Le donne vogliono contribuire ai cambiamenti, le donne vogliono dire la loro. Hanno capacità, voglia di fare, talento e tenacia, doti che possono aiutare a dare un nuovo slancio alla nostra Italia. Vogliono affrontare le sfide, riducendo le disuguaglianze di genere, migliorando le condizioni di accesso al mercato del lavoro. Un confronto necessario per riscrivere il sistema delle politiche sociali del nostro Paese. Quest’anno, in occasione della giornata della donna, il coordinamento donne si vuole esprimere attraverso la metafora dell’albero ginko biloba pianta antichissima, molto resistente. Non teme le basse temperature, non si lascia “corrompere” dall’inquinamento, dagli agenti esterni. E’ una pianta che offre nutrimento, infatti i suoi semi sono commestibili ed apprezzati. Tagliata soffre, e non si lascia plasmare, piuttosto si spezza. Un po’ come noi donne: diamo nutrimento, siamo tenaci, amiamo mantenere le nostre idealità, senza cedere a facili compromessi. E su quest’albero abbiamo collocato 12 parole,come i mesi dell’anno in corso, il 2012, a rappresentarci, noi del Coordinamento Donne delle ACLI e tutte le altre che abitano il pianeta e per esso operano. Rigenerare: idee, comportamenti, visioni, con lo sguardo attento agli obiettivi. Rispettare:la vita, gli altri, il mondo, l’ambiente, il futuro e la memoria. Ricostruire: nella storia tante volte abbiamo raccolto le nostre forze e ripreso dalle macerie ciò che era stato distrutto, per farne cose di nuovo belle. Rilanciare: l’attenzione e l’impegno sulle cose importanti, quelle fondamentali per la vita. Risolvere: caratteristica della pragmaticità del saper gestire la molteplicità e la complessità. Riflettere: capaci di fermarci per andare a fondo nelle cose. Perché nulla va affrontato con superficialità, ma richiede pensiero e lungimiranza. Rinascere: dopo le sconfitte, nella speranza e con sentimenti nuovi. Ripercorrere:la forza della memoria e di ritornare ogni volta al punto, passo dopo passo, per guadagnare l’obiettivo. Rieducare: disponibili a riprendere in mano progetti di vita, orientando chi ci sta vicino a nuove strade e a nuovi percorsi. Riformare: dare forma nuova e attuale a valori e significati. Riprodurre: l’economia della riproduzione è quella che tiene in piedi il mondo, riproduzione biologica, riproduzione domestica, riproduzione sociale in tutti i suoi aspetti. Risparmiare:preservare la capacità di spesa non destinando all’oggi più di quanto necessario, ma investendo nel domani per realizzare sogni e progetti. Coordinamento Donne

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percorsi - percorsi - percorsi - percorsi - percorsi - percorsi - percorsi - percorsi

un libro da leggere EDUCARE

La ricerca della felicità

Scommetere sulle virtù

Sono passate di moda le virtù? Ha ancora un senso educare ad esse? A queste domande cerca di rispondere Giuseppe Savagnone nel suo ultimo libro. In un tempo in cui è la trasgressione a rappresentare un valore, perché la morale delle regole e dei doveri è in crisi, l’autore propone un altro modo di concepire le virtù valorizzando la sfera affettiva, i desideri e la ricerca della felicità. Il testo qui riportato è l’incipit del volume, che lascia già intravedere la bellezza e l’audacia della proposta che si snoda nelle sue pagine.

I

giovani», scrive un osservatore non sospetto di moralismo, «anche se non ne sono consci, stanno male» (Galimberti U., L’ospite inquietante. Il nichilismo e i giovani, Feltrinelli, Milano 2007, p. 11). Non bisogna lasciarsi ingannare dalla loro chiassosa euforia nelle notti in discoteca, dal vorticoso succedersi delle loro esperienze sessuali, dalla loro corsa dietro le mode. Essi «cercano i divertimenti perché non sanno gioire» (ivi, p. 34). Quella che sembra pienezza di vita è in realtà solo l’antidoto a un profondo disagio intcriore: «II presente diventa un assoluto da vivere con la massima intensità, non perché questa intensità procuri gioia, ma perché promette di seppellire l’angoscia» (ivi, p. 11). Un tragico sintomo di questo malessere sono i suicidi ? quattromila l’anno! ? che nel nostro Paese, tra i giovani sotto i venticinque anni, costituiscono la seconda causa di morte dopo gli incidenti stradali. Per non parlare dei gesti di violenza gratuita, insensata, archiviati con l’agghiacciante formula burocratica: «Omicidio volontario premeditato senza movente». Al fondo del problema È stato, tuttavia, osservato da più parti che le nuove generazioni, piuttosto che le responsabili di questo smarrimento, ne sono soprattutto le vittime. Il nuovo libro di Savagnone Ed.LDC TO L’«emergenza educativa» non andrebbe, per68

ciò, attribuita tanto a loro, quanto, agli educatori, che non sanno più trovare parole convincenti da dire, né esempi da offrire. Come si dice negli Orientamenti pastorali della CEI: «I giovani si trovano spesso a confronto con figure adulte demotivate e poco autorevoli, incapaci di testimoniare ragioni di vita che suscitino amore e dedizione» (Educare alla vita buona del Vangelo, n. 12). Ma forse neanche questa considerazione va al fondo del problema. In realtà, se i giovani sono in crisi, è «perché un ospite inquietante, il nichilismo, si aggira tra loro, penetra nei loro sentimenti, confonde i loro pensieri, cancella prospettive e orizzonti, fiacca la loro anima, intristisce le passioni rendendole esangui (...) Nel deserto dell’insensatezza che l’atmosfera nichilista del nostro tempo diffonde, il disagio non è più psicologico, ma culturale» (Galimberti,pp. 11-12). Colpisce la sintonia tra la diagnosi dell’intellettuale «laico» e quella di Benedetto XVI nella Lettera sull’educazione, da lui indirizzata, alla fine del gennaio 2008, alla diocesi e alla città di Roma: «Troppe incertezze e troppi dubbi circolano nella nostra società e nella nostra cultura, troppe immagini distorte sono veicolate dai mezzi di comunicazione sociale. Diventa difficile, così, proporre alle nuove generazioni qualcosa di valido e di certo, delle regole di comportamento e degli obiettivi per i quali meriti spendere la propria vita». La stessa crisi degli adulti, piuttosto che esserne la causa ultima, dipende a sua volta da questo clima, che va ben al di là delle responsabilità dei singoli: «Quando infatti» ? notava il pontefice ? «in una società e in una cultura segnate da un relativismo pervasivo e non di rado aggressivo, sembrano venir meno le certezze basilari, i valori e le speranze che danno un senso alla vita, si diffonde facilmente, tra i genitori come tra gli insegnanti, la tentazione di rinunciare al proprio compito, e ancor prima il rischio di non comprendere più quale sia il proprio ruolo e la propria missione. Così i fanciulli, gli adolescenti e i giovani, pur circondati da molte attenzioni e tenuti forse


percorsi - percorsi - percorsi - percorsi - percorsi - percorsi - percorsi - percorsi eccessivamente al riparo dalle prove e dalle difficoltà della tornano ad esvita, si sentono alla fine lasciati soli davanti alle grandi do- sere oggetto del mande che nascono inevitabilmente dentro di loro». vivo interesse di studiosi e penIncidere sulla cultura satori, al di là di Dalla diagnosi si può ricavare la terapia: se la crisi si pone ogni appartenensul terreno culturale, «è sulla cultura collettiva e non sul- za ideologica o la sofferenza individuale che bisogna agire, perché questa religiosa. Da quesofferenza non è la causa, ma la conseguenza di un’implo- sto punto di vista, sione culturale di cui i giovani (...) sono le prime vittime» la stessa cultura (Galimberti,p. 12). Un elemento centrale di questa «implo- p o s t m o d e r n a sione» è sicuramente la crisi del concetto di virtù. Nella che ha generato pratica educativa tradizionale esso giocava un ruolo fon- la crisi della modamentale. Oggi perfino il termine sembra ormai desue- rale tradizionale, to. Lo si usa quasi solo per scherzo, o per deridere soggetti offre nuove prorepressi. Piuttosto, sono i vizi che interessano, che «intri- spettive che forse gano», che appaiono insomma molto più attraenti della possono portare loro controparte, come evidenzia la fioritura di studi a loro oltre di essa. Tra i giovani è forte la ricerca Questo ci spinriguardo. Forse perché hanno l’aria di esprimere con magdi punti di riferimento gior verità la realtà dell’essere umano così com’è effettiva- ge a chiederci se mente, al contrario delle virtù, che sembrano richiamare non sia possibile, avvalendoci degli studi più recenti, rivisitare il concetto di l’insincerità e l’ipocrisia. Il discorso sulle virtù sarebbe, a questo punto, da consi- virtù in una prospettiva diversa da quella del passato, per derarsi chiuso, se non fosse per la curiosa circostanza che, riproporlo nei nuovi termini anche al di fuori degli ambienproprio mentre esse toccano nella mentalità corrente il li- ti accademici e puntare su di esso, a livello educativo, per vello più basso di considerazione, invece nell’ambito della fronteggiare con qualche speranza di successo 1’«ospite filosofia morale esse, soprattutto nei paesi anglosassoni, inquietante».

GITA-PELLEGRINAGGIO NEL MESE MARIANO

SACRO MONTE DI VARALLO PARROCCHIE DI BOTTICINO

mercoledì 23 maggio

Il Sacro Monte sorse per iniziativa del Beato Bernardino Caimi, che, di ritorno dalla Terra Santa (alla fine del 1400), volle ricreare in piccolo i luoghi della Palestina. S. Carlo Borromeo, che diede nuovo impulso all’opera e la denominò “Nuova Gerusalemme”, ovvero le riproduzioni dei luoghi santi della Palestina e delle 45 cappelle: architettura, scultura (oltre 800 statue in terracotta policroma e legno) e pittura danno vita a scene coinvolgenti a grandezza naturale per un impatto emotivo senza pari. Il complesso degli edifici, è stato costruito nel corso di un paio di secoli. Ogni cappella rappresenta, con affreschi (circa 4.000 figure) e con gruppi di statue, scene della vita di Gesù e di Maria. Il S. Monte di Varallo, per la bellezza del luogo, per le sue testimonianze di fede e di arte, costituisce un monumento unico nel suo genere.La Basilica è il Santuario dove si venera la Vergine dormiente.E’ la Madonna del Sacro Monte.

PROGRAMMA

PARTENZA ORE 7,00, presso le chiese di Mattina,Sera e 6,45 a S.Gallo. Arrivo al Sacro Monte in mattinata. Tempo per le devozioni personali e Celebrazione Eucaristica. Dopo il pranzo visita guidata alle cappelle che rappresentano i luoghi della Terra Santa ecc. S.Rosario comunitario e ritorno a Botticino.

Quota E 50,00 (comprende pullman,pranzo in ristorante, visita guidata alle cappelle,funvia) Iscrizioni presso segreteria e sacrestie. 69


PARROCCHIA BOTTICINO SERA RESOCONTO ECONOMICO 2011 al 31.12.2011

ENTRATE

USCITE 25.197,00 Collette messe - Servizi religiosi -candele 46.602,01 Uscite per personale Arredi sacri-cera-vino 8.636,00 Offerte (Liberalità e varie) 8.400,00 Utenze luce-gas-acqua- 40.587,98 Contributi pubblici-diocesi e privati 70.102,10 17.945,05 Offerte/Entrate da attività parrocch. 87.732,30 Assicurazioni Manutenzione ordinaria 7.810,31 Offerte x rimborso utenze e ut. strutt. 45.034,30 imposte e tasse e commerc. 1.542,96 interessi attivi 185,42 Diocesi 2% off.ord. 2010 2.250,00 Rimborsi da privati 6.602,00 Attività parrocch. (orat.-stampa,segret.) 55.856.58 Partite di giro 4.918,29 44.437,60 Da mutuo x pannelli fotovoltaici 65.000,00 Comp. bancarie,fidi,mutui, azioni Manutenzione straordinaria( acc.fotov.... ) 46.746,00 TOTALE ENTRATE 334.576,42 rimb. prestiti e sospesi 9.550,00 Partite di giro 4.369,23 TOTALE USCITE 264.929,55 POSIZIONE DEBITORIA AL 31/12/2011

Nuovo mutuo UBI 990.000,00 Mutuo pannelli fotovoltaici 65.000,00 Mutui CONI (finiscono nel 2015) 255.000,00 Mutuo BCC (termina nel 2016) 55.000,00 totale mutui 1.365.000,00 Residuo lavori 90.000,00 Prestiti da restituire 172.000,00 La Scuola don Orione ha chiuso l’esercizio con 1.627.0 00,00 un avanzo di cassa di € 8.414,00 che con l’agCrediti terremoto e altri 140.492,00 giunta delle rette ancora da incassare, si copre TOTALE DEBITO AL 31.12.2011 1.486.508,00 il TFR.

Al fine di contenere i costi per interessi passivi su fidi bancari nel sett.2011 l’esposizione dei c/c è stata tra sformata in un unico mutuo per 15 anni di 990.000,00 Si fa notare che l’esposizione debitoria tra lavori ora- torio e per interventi in conseguenza del terremoto ammontava ad otre 5.000.000,00 di Euro.

PARROCCHIA BOTTICINO MATTINA RESOCONTO ECONOMICO 2011 al 31.12.2011 ENTRATE Entrate ordinarie e str. 56.193,98 Interessi Attivi 742,40 Feste e oratorio 38.512,53 Contributi Enti privati 4.598,00 Contributi Enti per torre campanaria 4.500,00 Contributi Curia 13.215,00 Partite di giro 3.356,41 TOTALE ENTRATE

121.118,32

USCITE Uscite Ordinarie Imposte 2% curia Interessi passivi Rimb.spese in c.capitale e professionisti Assicurazioni Oratorio e att. educ. Rate mutuo Partire di giro TOTALE USCITE SALDO conti correnti Mutuo residuo DEBITO al 31 -12-2010

33.046,79 472,00 1.576,55 38.062,53 7.560,00 14.569,77 45.280,01 3.356,41

143.925,06

+93.100.00 - 312.792,38

- 219.692,38

PARROCCHIA SAN GALLO RESOCONTO ECONOMICO 2011 al 31 .12.2011 ENTRATE elemosine fer.e fest. serv.liturgico straordinarie off.candele uso strutture feste (utile) bar (utile) contributi partite giro totale entrate

3.427,00 1.140,00 1.450,00 1.479,00 2.125,00 23.565,00 9.400,00 1.067,00 1.475,00 45.128,00

USCITE tasse/imposte culto e attrezz. oblazioni zona past. remuneraz. sacerdoti e rel. assicurazioni Ris.luce,ac,gas,tel. stampe. strisc.sussidi manutenzioni varie manut. str. e acc. fotov. progetti oratorio partite di giro totale uscite

1.062,00 2.081,00 300,00 2.300,00 3.989,86 12.111,00 2.553,00 3.287,00 27.786,00 3.800,80 1.475,00 60.745,00

Per la sistemazione del tetto dell’oratorio e per l’impianto fotovoltaico è stato necessario aprire il mutuo di Euro 94.000,00 per coprire le spese di acconto del 2011 e il saldo nel 2012. 70


PARROCCHIE DI BOTTICINO

LOIRA -BRETAGNA -NORMANDIA E PARIGI 11 – 19 giugno 2012 ( 9 giorni )

1° giorno:BOTTICINO-BOURGES

Partenza dalla località convenuta in pullman GTL in direzione di Bourges con soste facoltative lungo il percorso e per il pranzo in ristorante. Nel primo pomeriggio proseguimento per Nevers e visita al Convento di Saint-Gildard situato sulla collina, dove visse dal 1866 Bernardette Soubirous, che ebbe a Lourdes le apparizioni della Vergine, e dove morì nel 1879. Il suo corpo, intatto, è venerato nella cappella. In serata arrivo Bourges. sistemazione in hotel nelle camere riservate. Cena e pernottamento. 2° BOURGES–CHENONCEAUX–QUIMPER

Prima colazione in hotel. Dopo la visita della Cattedrale di Bourges, una delle più belle creazioni del gotico francese e una delle più imponenti chiese vescovili di Francia, partenza per Chenonceaux con sosta per la visita guidata del bellissimo Castello costruito sul fiume Cher nel XVI secolo. Pranzo in ristorante e partenza per Quimper. All’arrivo sistemazione in hotel nelle camere riservate. Cena e pernottamento. 3°QUIMPER–CALVARIBRETONI–CAPFREHEL–ST.MALO

Prima colazione in hotel e partenza per la visita guidata dei Calvari Bretoni di Plouastel Daoulas, Saint Thegonnec. Pranzo in ristorante durante le visite. Proseguimento delle visite a Saint Brieuc, capoluogo della Cotes d’Amor, dove si possono ammirare i quartieri antichi e la CattedraleFortezza di Santo Stefano. Visita di Cap Frehel, centro che sovrasta le acque marine dalle sue falesie di arenaria rosa porfido. Esso rappresenta uno dei siti più importanti della Bretagna: i colori vivaci della landa e le tinte profonde del mare formano un insieme stupendo. Ultimate le visite, proseguimento per Saint Malo. Arrivo in serata e sistemazione in hotel nelle camere riservate. Cena e pernottamento. 4° SAINT MALO – MONT ST. MICHEL – CAEN

Prima colazione in hotel. Incontro con la guida per la visita della pittoresca città fortificata, oggi nota stazione balneare, adagiata nel golfo omonimo; qui si potranno ammirare i suoi bastioni lambiti dal mare e il caratteristico centro storico antico covo dei corsari. Ultimate le visite, proseguimento per Mont Saint Michel, l’isolotto che durante la bassa marea si unisce alla terra ferma e sul quale sorge un’imponente abbazia e un villaggio cinto da mura quattrocentesche. Pranzo in ristorante. Nel pomeriggio visita alla famosissima Abbazia. Al termine delle visite, proseguimento per Caen e sistemazione in hotel nelle camere riservate. Cena e pernottamento. 5° CAEN – ARROMANCHES – HONFLEUR – PARIGI

6° giorno: PARIGI

Prima colazione in hotel. Incontro con la guida ed intera giornata dedicata alla visita della città: Il Trocadero, gli Champs Elyseès, la Place de la concorde, l’Hotel e l’Esplanade des Invalides, il Palais e I Jardins du Luxembourg, il Grand ed il Petit Palais. Pranzo in ristorante. Proseguo delle visite guidate della città. Rientro in serata in hotel. Cena e pernottamento. Dopo cena escursione facoltativa in pullman e battello sulla Senna a bordo dei tipici “ Bateaux” per scoprire il fascino notturno della “ Ville Lumier”. 7° giorno: PARIGI

Prima colazione in hotel. Incontro con la guida e mattina dedicata alla visita della città: la Madeleine, l’Opèra, la Place Vendome, il Palais Royal, la Tour St. Jacques, la Conciergerie, il Palais de Justice, la ste. Chapelle, il Quartiere Latino, il Panthèon. Pranzo in ristorante. Nel pomeriggio escursione a Versailles per la visita alla Reggia. Visita del Palazzo espressione della magnificenza e raffinatezza francese, dove spiccano l’appartamento del Re, quello della Regina e la Galleria degli Specchi, illuminata da 300 candele. Cena in ristorante sulla collina di Montmartre Rientro in hotel per il pernottamento. 8° giorno: PARIGI-DIGIONE

Prima colazione in hotel. Completamento delle visite con particolare attenzione alla Cattedrale di Notre Dame. Pranzo in ristorante e partenza per Digione. Arrivo sistemazione in hotel. Cena e pernottamento. 9° giorno: DIGIONE – BOTTICINO

Prima colazione visita guidata del centro storico: Palazzo dei Duchi di Borgonia, Notre Dame, il Palazzo di Giustizia, la Cattedrale di San Benigno. Al termine partenza per Besancon con sosta per il pranzo. Proseguimento del viaggio con arrivo a Botticino in serata.

Quota individuale di partecipazione € 1.160,00 + € 40,00 (cassa comune) totale € 1.200,00 - (Supp camera singola € 290,00) LA QUOTA COMPRENDE:

Viaggio in pullman GTL a disposizione per l’effettuazione del tour-Sistemazione in hotel 2 e 3 stelle in camere doppie con servizi privati-Trattamento di pensione completa, dal pranzo del primo giorno al pranzo dell’ultimo giorno-Cena in ristorante a Montmartre-Bevande ai pasti-Visite guidate come da programmaAssicurazione medico–sanitaria e bagaglio-Organizzazione tecnica Vadus Viaggi s.r.l.

Prima colazione in hotel. Tempo a disposizione per la visita panoramica di Caen LA QUOTA NON COMPRENDE: durante la quale si potranno ammirare Il Castello, la Chiesa di St. Pierre che mance, ingressi musei, extra personali e tutto quanto non espressamente indisorge fi fronte al castello con una facciata dominata dal bel campanile di tipo cato nella voce “la quota comprende”. normanno. Quindi trasferimento ad Arromanches e La Pointe du Hoc per la visita alle famose spiagge dove avvenne lo sbarco delle truppe Americane. Tra- ISCRIZIONI PRESSO: sferimento ad Honfleur e pranzo in ristorante. Tempo a disposizione per la visita Segreteria Parrocchiale tel 0302692094, presso i saacerlibera di questo grazioso porticciolo e villaggio prediletto dai pittori e visitato da doti e diacono, e tel 0302190738 una clientela cosmopolita. Al termine, partenza per Parigi. Arrivo e sistemazione All’atto dell’iscrizione versamento della caparra di € 200,00. in hotel nelle camere riservate. Cena e pernottamento in hotel.

visita il SITO WEB delle parrocchie di Botticino:

www.parrocchiebotticino.it 71


DOMENICA DELLE PALME

XXVI Giornata della gioventù

SAN GALLO ore 17,00 benedizione ulivi presso oratorio e S.Messa BOTTICINO SERA ore 9,30 benedizione ulivi presso il don Orione, processione e S.Messa in Basilica BOTTICINO MATTINA ore 11,00 benedizione ulivi presso parco piazza del comune,processione, S.Messa in chiesa Giornate penitenziali Celebrazioni comunitarie della Riconciliazione con la presenza di più sacerdoti per laConfessione SAN GALLO BOTTICINO MATTINA BOTTICINO SERA

LUNEDÌ’ SANTO ore 16,30 e 20,30 MARTEDI’ SANTO ore 16,30 e 20,30 (ch.parr) MERCOLEDI’ SANTO ore 16,30 e 20,30 (ch.parr) martedì ore 9,00 (villaggio)

***GIOVEDI’ SANTO

Solenne celebrazione della Cena del Signore

con il rito della lavanda dei piedi BOTTICINO MATTINA ore 18,00 SAN GALLO ore 19,30 BOTTICINO SERA ore 21,00

(Ogni famiglia è invitata a consegnare la cassettina-salvadanaio per le missioni frutto dell’impegno quaresimale)

segue adorazione eucaristica dopo la celebrazione e nel giorno seguente

***VENERDI’ SANTO

Durante il giorno adorazione al Santissimo Sacramento Nelle tre parrocchie Ufficio delle letture e lodi ore 9.00 .Incontro per i ragazzi in chiesa ore 10.30 Confessioni individuali ore 16-17 (Botticino Mattina) .

Solenne celebrazione della passione e morte del Signore

BOTTICINO MATTINA ore 15,00 SAN GALLO ore 17,30 BOTTICINO SERA ore 21,00 Adorazione e bacio del Crocifisso. Comunione. A Bott.Sera segue processione

La Croce rimarrà esposta in chiesa per la preghiera e la meditazione dopo la celebrazione e nel giorno seguente.

***SABATO SANTO Giornata di preghiera e adorazione alla Croce

Nelle tre parrocchie: Ufficio delle letture e lodi ore 9.00 Incontro per i ragazzi ore 10.30 Confessioni individuali a Botticino Sera 9,30-11,00 e 15,00-19,00 a Botticino Mattina ore 15,00 -18,00 a San Gallo 17,00-19,00

Solenne Celebrazione della Veglia Pasquale

SAN GALLO ore 19,00 BOTTICINO MATTINA ore 21,00 BOTTICINO SERA ORE 23.00

***DOMENICA DI PASQUA

*S.MESSE come orario festivo

Ore 16,00: Vespri e Benedizione a Sera e a S.Gallo Ore 17,00: Vespri e Benedizione a Botticino Mattina

LUNEDÌ DI PASQUA Botticino Sera: S.Messe ore 9,00 e 10,30 (chiesa parrocchiale) San Gallo:ore 11,00 S.Messa al Monte Dragone Botticino Mattina S.Messe ore 10 in chiesa parr. e ore 15,30 alla Croce degli alpini monte Paine


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