Stefano Ciol - Ombre di luce_Shadows of light

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ISBN 978-88-95157-25-2

Stefano Ciol

shadows of light

S. Ciol - Ombre di luce

Stefano Ciol


edizioni publishers Punto Marte traduzione testi inglesi translation QTS srlu - Stefania Cellot

ISBN 978-88-95157-25-2 Copyright Punto Marte edizioni Š per le immagini Stefano Ciol

shadows of light

coordinamento grafico graphic designer Carolina Tomasin per


Stefano Ciol

testo di text by

Fabio Amodeo


La fotografia di paesaggio è libertà. Non racchiude nessun tipo di sforzo per convincere qualcuno di qualcosa. Non è obbligata a fare, o suggerire, o dimostrare qualcosa. Deve solo mostrare se stessa, e il sentire delle persone coinvolte, si tratti del creatore delle immagini o del loro fruitore. La fotografia di paesaggio in bianco e nero è anche una trasformazione della realtà. In nessun altro genere fotografico il processo visionario penetra così profondamente nel prodotto finale. Non è solo la trasformazione di un mondo colorato in un’immagine monocromatica. Si tratta anche del fatto che il fotografo controlla tutto: l’inquadratura e l’illuminazione al momento dello scatto, e le sfumature di grigio nel successivo percorso che porta al prodotto finale, la stampa che viene presentata a chi guarda. Come ci ha insegnato Jeff Wall, sin dall’inizio della comunicazione la monocromia è stata il terreno attraverso il quale il pensiero è stato visualizzato. Ottant’anni fa, Ansel Adams ha teorizzato la possibilità da parte del fotografo di previsualizzare e controllare le differenti sfumature di grigio nel paesaggio. La ragione principale è che il paesaggio in bianco e nero è fatto essenzialmente di bianco, nero, e delle sfumature di grigio intermedie. Il controllo creativo da parte del fotografo di tutti questi elementi rappresenta un’arma potente nel processo creativo. Apparentemente, tuttavia, il procedimento è semplice. La luce è bianco, l’assenza di luce è nero. Ma nulla è poi tanto semplice, e questo caso non rappresenta un’eccezione. La luce ha anche la capacità di modellare. I volumi prendono consistenza emergendo dal buio attraverso la luce. La luce fornisce apparenza a linee e forme. La visione del fotografo è una struttura di elementi naturali che emergono dal nero attraverso la luce. Qualcosa di molto simile alla creazione, se l’equivalenza non ci inquieta. Da questo punto di vista, Ansel Adams ci ha indicato un processo tecnico che diventa anche percorso estetico. C’è un altro passo nell’equazione bianco/nero, luce/oscurità. Il nero non è solo sé stesso. Esso nasconde anche i dettagli, le forme, le linee. Il fotografo controlla ciò che sarà visto e ciò che sarà solamente immaginato attraverso il controllo della profondità e dell’estensione dei neri. La prima parte del lavoro di Stefano Ciol rappresenta un’antologia esemplare di


questo processo: nasconde, mostra, sceglie. In contrasto, la parte finale del libro è un’antologia dell’assenza di neri; di bianchi e grigi che sfumano in un nulla candido. Possiamo leggere il libro come una transizione dal nero al bianco. Normalmente accettiamo come un elemento dato che la fotografia di paesaggio rappresenti sé stessa, e abbia in sé i valori creativi e formali che catturano il nostro occhio. Tuttavia c’è un altra domanda nascosta che questo libro porta all’attenzione di ciascuno di noi. Cosa ci dice la fotografia di paesaggio del mondo in cui viviamo? Come influenza la nostra visione del mondo? E ci consente davvero di avvicinarci alla comprensione della natura delle cose? Da questo punto di vista la risposta deve essere personale, e dipende dall’esperienza, dalla cultura e dal credere che anima ciascuno di noi. Possiamo aver fede in un mondo come creazione alla quale tutti apparteniamo. Oppure possiamo sentire il mondo come organismo universale che, ancora una volta, ci coinvolge tutti. Qualunque sfumatura intermedia è ovviamente possibile. In ogni caso, la fotografia di paesaggio rende questo processo più evidente. Ancora una volta, la perfezione del procedimento tecnico, il controllo dell’immagine da parte del fotografo, ha la capacità di farci raggiungere un sentimento più profondo della nostra appartenenza a qualcosa di più grande, più solenne, universale. La capacità tecnica è strumentale a un percorso spirituale, e questo dovrebbe farci riflettere sull’unità dei differenti saperi e delle fedi personali, un qualcosa che la nostra civiltà affronta sempre con difficoltà. Il saggista contemporaneo più prolifico sulla fotografia di paesaggio è un artista, Jean Paul Caponigro. Non deve sorprendere. Una costante della storia della fotografia è rappresentata dal fatto che le cose di maggior valore sul medium sono state dette, o scritte, da fotografi. Essi conoscono il processo più profondamente di qualunque storico. E il processo è, più che in qualunque altro caso, il messaggio. In uno dei suoi scritti, Caponigro suggerisce l’equivalenza tra due attività apparentemente differenti, la fotografia di paesaggio e il pellegrinaggio. Il pellegrinaggio, argomenta Caponigro, è una delle manifestazioni più forti di libertà umana. «I pellegrinaggi soddisfano il nostro desiderio di automiglioramento. I pellegrinaggi rendono una persona migliore per il semplice fatto di aver affrontato il viaggio. Ci prendiamo un impegno, e lo rispettiamo. Il nostro contatto con un luogo o un qualcosa di speciale ci distingue e nobilita. Dopo il viaggio, possiamo dire di essere andati direttamente alla fonte» (il testo completo può essere letto al sito www.johnpaulcaponigro.com/ lib/statements/pilgrimage.php). La fotografia di paesaggio, dice ancora Caponigro, è una forma di pellegrinaggio, Scegliamo di raggiungere un luogo. Lo esploriamo, lo confrontiamo con le nostre conoscenze, credenze, e con la storia e la natura profonda del luogo. Alla fine, siamo arricchiti da questo processo, e la visualizzazione è una parte importante di questo arricchimento. Penso che la parte migliore del lavoro di Stefano CIol sia la capacità di rendere chiari questi meccanismi. Esso ci rende più consci della natura visiva di una natura alla quale tutti apparteniamo. Come conseguenza automatica, ciò dovrebbe renderci più rispettosi di ciò che ci circonda, più attenti a tutto ciò. La tecnica può diventare arricchimento visivo, e questo può trasformarsi in meditazione sulla natura delle cose. La libertà creativa rappresenta davvero una strada molto lunga.

Fabio Amodeo


shadows of light

Landscape photography is freedom. It does not include any effort to convince anybody of anything. It is not obliged to do, or support, or demonstrate anything. It has only to show itself, and the feelings of those involved, either the creator of the images or the looker. Black and white landscape is also a transformation of reality. In no other field of photography the visionary process penetrates so deeply in the final product. It is not only a factor of transformation of a colourful world in a monochromatic final product. It derives also from the fact that the photographer controls everything: framing and lighting at the moment of the shoot, and the palette of greys in the subsequent processes that bring to the final product, the print that is presented to the viewer. As Jeff Wall has taught us, since the beginning of visual communication monochrome has been the domain through which thought is being visualized. Eighty years ago, Ansel Adams theorized the capability of the photographer to preview and control the different shades of grey in landscape. The main reason is that black and white landscape is made essentially of black, white and the greys in between. The capability of the photographer to control all those factor is a powerful weapon in the creative process. At first glance, the process is simple. Light is white, the absence of light is black. But nothing is so simple, and this case is no exception. Light has also a modelling capability. Shapes take form with light emerging from black. Light shapes: lines, volumes, shades are guided by this interaction. The vision of the photographer is a structure of natural elements emerging from black into light. Something very near to creation, if we don’t mind the equivalence. From this point of view, Ansel Adams showed us a technical process that is also an aesthetic one. There is another step in the white/black, light/darkness equation. Black is not only itself. It also hides details, shapes, lines. Through the control of the extension and the nature of black, the photographer is in control of what will be seen and what will be only guessed. The first part of Stefano Ciol images is an exemplary anthology of this process: hide, show, choose. In contrast, the final part of the book is an anthology of the absence of blacks; of whites and greys fading into a candid nothingness.


We can read the book as a transition from black to white. Normally we accept as given that landscape photography shows itself, and has in itself the creative and formal values that capture our eye. Still, there is another hidden question that this book brings to the attention of any of us. What does landscape photography tell us about the world we live in? How does it affect our vision of the world? And does it brig us nearer to the understanding of the nature of things? From this point of view, the response must be personal, and depends upon the experience, culture and beliefs of any of us. We can believe in the world as a creation we all belong to. Or we can feel the world as an universal organism that, again involves us all. Any in-between nuance is possible. In any case, landscape photography makes this process more evident. Once again, the perfection of the technical process, the control of the image by the photographer has the capability to achieve a deeper feeling of our belonging to something greater, more solemn, universal. The technical ability is instrumental to a spiritual road, and this should make us reflect about the unity of different knowledge and personal beliefs, something our civilization has always great difficulty in dealing with. The most prolific contemporary writer about landscape photography is an artist, Jean Paul Caponigro. That should not surprise. It is a constant of the history of photography that the most valuable things about the medium have been written, or said, by photographers. They simply know the process more deeply than any historian. And the process is, more than in any other case, the message. In one of his writings, Caponigro suggests the equivalence between two apparently different activities, landscape photography and pilgrimage. Pilgrimage, says Caponigro, is one of the strongest manifestations of human freedom. Pilgrimages satisfy the desire for self-improvement. Pilgrimages make one a better person for having made the journey. We make a commitment and fulfill it. Our contact with a special place or thing distinguishes and ennobles us. After the journey, we can say we went directly to the source (the complete text can be read at www.johnpaulcaponigro.com/lib/statements/pilgrimage.php). Landscape photography, arguments Caponigro, is a form of pilgrimage. We choose to go to a place. We explore it, confront it with our knowledge, beliefs, and with its history and deep nature. In the end, we are enriched in the process, and visualization is an essential part of this enrichment. I think the best part of Stefano Ciol’s work is the capability to make these schemes clear. It makes us more conscious of the visual nature of a world we all belong to. As a natural consequence, this should make us more respectful, more careful of what surrounds us. The tecnique can become visual enrichment, and this can become a spiritual meditation about the nature of things. Creative freedom is indeed a very long road.

Fabio Amodeo


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Giordania, Wadi Rum – gennaio 1989 Giordania, Wadi Rum – gennaio 1989 Giordania, Wadi Rum – gennaio 1989 Giordania, Petra – gennaio 1989 Giordania, Petra – gennaio 1989 Francia, Entretat – agosto 1993 Francia, Entretat – agosto 1993 Friuli, Golfo di Trieste – novembre 1992 Sardegna, Marina di Orosei – luglio 2003 Sardegna, Marina di Orosei – luglio 2003 Sardegna, Marina di Orosei – luglio 2003 Toscana, Crete Senesi – luglio 2009

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Toscana, Crete Senesi – luglio 2009 Emilia Romagna, Neviano degli Arduini – aprile 2002 Emilia Romagna, Neviano degli Arduini – aprile 2002 Marche, Sassocorvaro – maggio 1997 Marche, Auditore – maggio 1997 Marche, Montefano – dicembre 2008 Veneto, San Vendemmiano – marzo 2004 Friuli, Sesto al Reghena – giugno 2007 Friuli, Sesto al Reghena – giugno 2007 Friuli, Sesto al Reghena – giugno 2007 Spagna, Andalusia – settembre 1995 Spagna, Andalusia – settembre 1995 Campania, Candela – luglio 2010 Emilia Romagna, Respiccio Fornovo del Taro – aprile 2002 Campania, Candela – luglio 2010 Campania, Candela – luglio 2010 Veneto, San Vendemmiano – marzo 2004 Veneto, San Vendemmiano – marzo 2004 Friuli, Casarsa – dicembre 2010 Friuli, Casarsa – dicembre 2010 Friuli, Casarsa – dicembre 2010 Friuli, Zoppola – luglio 2010 Veneto, Bibione (IV Bacino) – settembre 2007 Friuli, Vivaro – maggio 1999

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stefano ciol

Stefano Ciol, erede di una dinastia di fotografi, affianca al lavoro professionale la ricerca personale. Un’opera continua di aggiornamento tecnologico lo porta a incrociare le tecniche tradizionali con quelle più recenti e avanzate allo scopo di perfezionare la corrispondenza tra la propria visione e l’immagine finale. Questo processo trova piena evidenza nel controllo delle tonalità della sua fotografia di paesaggio in bianco e nero, rilettura in chiave contemporanea di un genere che affonda le proprie radici nella storia stessa della fotografia. Vive e lavora a Casarsa della Delizia.

Stefano Ciol, erede di una dinastia di fotografi, affianca al lavoro professionale la ricerca personale. Un’opera continua di aggiornamento tecnologico lo porta a incrociare le tecniche tradizionali con quelle più recenti e avanzate allo scopo di perfezionare la corrispondenza tra la propria visione e l’immagine finale. Questo processo trova piena evidenza nel controllo delle tonalità della sua fotografia di paesaggio in bianco e nero, rilettura in chiave contemporanea di un genere che affonda le proprie radici nella storia stessa della fotografia. Vive e lavora a Casarsa della Delizia.


fabio amodeo

(Trieste, 1945) ha lavorato a lungo nel settore dell’informazione in quotidiani, settimanali e mensili. Nel campo

della fotografia ha collaborato alle riviste“Photo 13” e “Photo Italia”. Attualmente si occupa di ideare e realizzare libri e pubblicazioni,

e di promuovere e curare mostre nel settore della fotografia. È vicepresidente e responsabile del settore

mostre del Teatro Miela di Trieste e direttore

responsabile della rivista “Juliet”; cura inoltre il settore fotografia per la rivista “Arte”. Ha insegnato allo IULM di Milano e all’Università di Trieste.

worked extensively in the sphere of information in dailies, weeklies and monthlies.

In the field of photography he collaborated with

the reviews Photo 13 and Photo Italia. Presently he conceives and creates books

and publications and also promotes and curates exhibitions concerning photography.

He is Vice-President and in charge of exhibitions for the Teatro Miela in Trieste and Director in charge of the review Juliet, as well as

handling the photography section for the review Arte. He has teached at the IULM university in Milan and at the University of Trieste.



Stampato nel mese di maggio 2011 presso Eurostampa 2000 (VR) Printed in may 2011 by Eurostampa 2000 (VR)


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